successo criminale

ALL’INTERNO
SPECIALE
STORIE&IMPRESE
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
distribuzione gratuita
Graphic designer Tony Baldini
Anno IX - numero 3/4 - maggio 2014
SUCCESSO
CRIMINALE
Napoli sulla bocca del mondo per la serie Gomorra e Genny ‘a Carogna:
bellezza e cultura della città sconfitte dallo spettacolo del male. Chiudono
le librerie e aprono le patatinerie: un presente doloroso e fritto.
www.chiaiamagazine.it
IUPPITER EDIZIONI
OBLÒ
LA LETTERA
Napoli ultima in classifica
Gentile Direttore,
la recente classifica sulla
vivibilità delle città italiane
pubblicata dal Sole 24 Ore, che
vede Napoli all’ultimo posto,
credo non debba essere
liquidata con frasi di
circostanza o considerata
l’ennesima congiura, ma debba
essere motivo di riflessione e di
crescita. E infatti considerando
la città di Trento, prima in
classifica, quello che andrebbe
osservato non sono solo la
civiltà, l’ordine, la pulizia, la
vicinanza delle istituzioni.
Quello che appare interessante e
per certi versi eccezionale è che
tutti, cittadini, istituzioni,
organi di informazione e forze
dell’ordine lavorano uniti
perseguendo gli stessi obiettivi
per far crescere la comunità e
per migliorare la vivibilità. Lo
conferma anche l’eccezionale
impegno del volontariato in
quella realtà. Tutto questo credo
debba essere di esempio per
Napoli. Non più piangerci
addosso aspettando il
Masaniello di turno, ma
lavorare tutti insieme, cittadini
ed istituzioni, per migliorare. Il
problema nella nostra realtà è
che i cittadini hanno perso i
punti di riferimento e il contatto
con la realtà. E la colpa è anche
degli organi di informazione e
dei soggetti culturali. Non si
spiegherebbe altrimenti un
fenomeno per certi versi unico
nelle città occidentali. Dopo il
doppio tragico Iervolino, chiede
i voti e li ottiene un candidato
sindaco che non promette di
riparare le buche stradali, di
mettere i vigili in strada, di
liberare i semafori, di scovare i
giardinieri assenteisti della villa
comunale. No, il candidato
promette di non far realizzare il
termovalorizzatore a Napoli
ovest, promette la democrazia
diretta, il wi-fi libero, la pace nel
mondo ed un’astratta politica
ambientale. Ecco, con queste
chiacchiere inutili viene votato.
Bisogna riportare al centro
dell’agenda cittadina i bisogni
reali. La pulizia delle strade,
l’efficienza del trasporto
pubblico, i vigili urbani, il
controllo del territorio con
riunioni settimanali con le forze
dell’ordine, la chiusura del ciclo
dei rifiuti con tutte le tecnologie
altrove utilizzate, la lotta alla
criminalità, il traffico selvaggio,
il commercio abusivo.
Io chiedo su questi punti una
grande mobilitazione delle
coscienze e un appoggio dei
media e del suo giornale anche
con dibattiti, incontri. Bisogna
lavorare sui bisogni concreti ed
educarci tutti perché la politica
delle chiacchiere sia tenuta
lontana.
GIUSEPPE MARASCO
(COMITATO SANTA TERESA A CHIAIA)
(2)
Villa Comunale, lo scempio è compiuto
Napoli è prima in tanti campi. È la capitale
dello scippo al turista, del borseggio sui
pullman (quando passano). Abbiamo le
strade più sporche d’Italia, con le tasse
sulla spazzatura più alte, e amministratori
talmente incompetenti in materia di
smaltimento dei rifiuti da averli dovuti
spedire (i rifiuti, non gli assessori) in
Olanda, dove vengono trasformati in calore
per le case . Abbiamo i migliori medici, ma
Napoli è città di malasanità, e ben 12mila
parassiti comunali tutelati dal sindaco.
Vantiamo anche la Villa comunale più
rovinata del mondo, con la Cassa armonica
smembrata e il Circolo della stampa
distrutto, e i lavori più lenti del mondo: chi
potrà battere il record dei 100 metri di via
discesa Coroglio aperta dopo un senso
alternato durato 15 anni? Abbiamo anche i
lavori pubblici più costosi del mondo, che
provocano crolli di edifici storici e danni a
quelli adiacenti. C’è poi la metro più bella
d’Europa (quella di via Toledo), ma che ce
ne facciamo se i treni saltano le corse?
MARIO FAIDO
L’aperitivo che umilia
ANDY
L’editoriale
Napoli oggi? Le tre scuole di pensiero
e un presente doloroso e fritto.
pagina 3
Il paginone
Occasioni mancate: la denuncia
dell’associazione «Napoli Punto a Capo».
pagine 4-5
Gentile direttore, qualche giorno fa ho assistito ad uno dei più grossi svilimenti della pseudo
cultura (se ancora esiste) napoletana. Un evento-aperitivo ha
aperto la mostra dedicata ad Andy Warhol ospitata nei saloni del Pan
fino 20 luglio. Ma del re della pop art, purtroppo, nulla abbiamo visto se non
delle tremende copie in cartone realizzate probabilmente dallo scenografo di turno. Sono un organizzatore di eventi, in cui c'è ben poco di artistico se non la musica
meravigliosa che passano gli artisti, ma davvero non riesco a capire come si possa vendere tanta pochezza facendola passare per uno degli eventi mondani dell’anno e, soprattutto, come i miei concittadini siano cosi “pecore” da “agghindarsi” per bene, indossare il
vestito buono e aggirarsi per le sei-sette stanze della mostra senza contenuto, ammirando il
niente, un po’ come i pazzi di "Fuga di Mezzanotte".
Ci sarebbe tanto da dire anche sul “rinfresco”: un bicchiere di vino rosso (quello bianco non
è pervenuto), alla temperatura interna di 38 gradi, nemmeno una pizzetta da sgranocchiare
e qualche pezzetto di sushi. In pratca, un aperitivo fatto di nulla. Il tutto alla modica cifra
di 10 euro. E, soprattutto, senza rilasciare scontrini. È ammissibile all’interno una struttura pubblica? Tutto questo per sottolineare che è inutile travestirsi e riempirsi la
bocca di contenuti inesistenti. Molto meglio ammettere di voler organizzare un
evento mondano e guadagnare qualcosa. Warhol lasciatelo in pace, che
credo detestasse la tempura. (Un laureato in storia dell'arte che cercava un briciolo d'arte tra calze color carne, tripudi di Hogan e cinture Gucci)
Quartierissime
Buche in crescita e il Comune latita.
L’inziativa di «Fuossbook».
pagina 9
L’inchiesta
Verso la Città metropolitana:
Grande Napoli, la rivoluzione complessa,
pagina 11
Sollecitazioni
Anglicismi nella lingua napoletana
tra slang e «barbarismi».
pagina 12
Mobilità
Operazione Irisbus, nasce il polo
nazionale della produzione di autobus.
pagina 15
Divinazione
Le ragioni del fato: il mito di Edipo
e il segno del Cancro.
pagina 19
Saper Vivere
Ritratto di Gennaro Esposito,
il poeta che bacchettò Eduardo.
pagina 27
n u m q u a m
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
Anno IX n. 3/4- Aprile-Maggio 2014
Direttore responsabile
Max De Francesco
Redazione
Laura Cocozza
Progetto e realizzazione grafica
Fly&Fly
h o r u m
l u x
c e d e t
Società editrice
IUPPITER GROUP S.C.G.
Sede legale e redazione:
via dei Mille, 59 - 80121 Napoli
Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666
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Presidente: Laura Cocozza
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Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005
Iscrizione al Roc n°18263
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Responsabile area web
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Pubblicità (Tel. 081.19361500)
Michele Tempesta (392.1803608)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
Si ringraziano Tony Baldini per cover
e fotomontaggi, e l’archivio Ruggieri
per le fotografie
Lancia il tuo Sos,
indica disservizi e
problemi del tuo
quartiere e proponi soluzioni per
rendere più vivibile
la città. Contiamo
su di te.
Le lettere, firmate
con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia
Magazine» - via
dei mille, 59
80121 Napoli, oppure alla e-mail
info@chiaiamagazine.it
L’EDITORIALE
Un presente doloroso e fritto
Max De Francesco
Ogni volta che accadimenti fuori
controllo, come l’apparizione british
di Genny ‘a Carogna in mondovisione
o eventi mediatici come la serie tv
Gomorra, impongono lo spettacolo
del crimine, a Napoli si fronteggiano,
o meglio fingono di farlo, le due millenarie scuole di pensiero: quella del
“farsi del male” e quella di “negarlo”.
La prima tende a perdersi nel disincanto, a mostrare con puntiglio la
collezione di maglie nere, a rifugiarsi
in affermazioni del tipo “siamo a
Napoli e non c’è niente da fare”; la
seconda, invece, mira a minimizzare
istintivamente violenze e incivili
reazioni, a produrre giustificazioni nel
nome della “diversità” della “magnifica gente” partenopea, a prendersela
sempre e comunque con chi muove
critiche alla città.
Alla prima scuola ha risposto, giorni
fa, con perentoria efficacia, il questore
di Napoli Guido Marino: «Mi rifiuto di
credere che quattro parassiti di camorristi possano avere la meglio su
una popolazione come questa. Napoli
è un’esperienza unica e questo non
significa che mi metto a polemizzare
con chi dice che va tutto male, dicendo stupidamente che va tutto bene,
ma ignorare quello che va bene non
rende un servizio ai napoletani e si
manca di rispetto a chi fa il suo dovere. Al cittadino nessuno chiede di fare
l’eroe ma di essere consapevole dei
suoi diritti e doveri».
Alla seconda scuola, invece, Luigi
Compagnone consegnò nel 1992 su
“la Repubblica” parole di fuoco intervenendo nel ciclico dibattito “Napoli
vista da fuori”: «In realtà fummo (e
siamo) tutto un popolo di complici.
Complici di tutti i dominatori. In
quanto tali, non appena qualcuno per esempio un Giorgio Bocca - ci
mette nell’Inferno, gli diamo del
razzista. La nostra complicità consiste
anche nel negare il male che ci assedia insultando i nostri ‘denigratori’.
Perciò i razzisti siamo noi. I razzisti di
noi stessi, che vogliamo ignorare i
nostri mali fisici e morali. Daremo del
razzista anche al Cardinale, che ci ha
collocati in Purgatorio? Ma fiamme
purgatoriali, qui, non ce ne sono. C’è
il sole, il mare, questo cielo sempre
blu. Non c’è Forcella (la casbah di
Forcella). Ci sono, urlano i perbenisti
della nazione napoletana, Posillipo,
via Petrarca, Marechiaro. Le strade
belle e profumate. E ci sono anche gli
uomini di penna. Talora tormentati
dai rimorsi della coscienza, ma ciò
non ci impedisce di fabbricare la
nostra parte di falso. Perché, a ben
pensarci, siamo tutti, sotto tanti
aspetti, anche dei falsari».
Se il “successo criminale” mette
Napoli sulla bocca del mondo e alimenta in questi giorni stanche tribune a cui partecipano un po’ tutti –
immancabili i soloni del meridionalismo, i fustigatori del sudismo e gli
stimolatori della borghesia rattrappita
e fuggitiva - in città la connivenza tra
le due scuole, col tempo, ha contribuito a formare una terza accademia di
pensiero in cui la politica è salita in
cattedra imponendo una filosofia di
“non azione” nata proprio dalla miscela dei due pensieri, fintamente
contrapposti: il tafazzismo e il negazionismo. Senza rotolare troppo
indietro gli anni, basta guardare i
governanti di oggi per capire che il
“farsi del male” e il “negarlo”, sono
stati surclassati dal più deleterio dei
pensieri: quello del “far del male”.
Una terza via che i politici, di governo
e anche di opposizione, hanno attuato con ignobile rigore ora annunciando svolte decisive, ora simulando
rivoluzioni impossibili, ora proclamandosi paladini senza macchia del
bene “napoletano”, ogni volta affidandosi al contro-ideale dell’immobilismo. Il concetto del “far del male”,
sintesi estrema delle due scuole d’origine, è tutto qui: volere Napoli ferma
come una bella statuina ignorandone
il decadimento economico, civico e
culturale. Far del male significa agire
come se si vivesse in un’altra comunità: il senso di appartenenza alla città,
infatti, rimane esclusivamente nelle
dichiarazioni ma latita nelle azioni.
Far del male provoca così l’abbruttimento dei luoghi, le vie “bucate”,
l’illegalità senza freni, l’assenza di un
piano di rilancio del terziario e del
turismo, il rifiuto di virare verso una
città “intelligente” e funzionale, la fine
di ogni opportunità di sviluppo come
ad esempio il Forum delle Culture e,
salvo recuperi in extremis, l’Expo
2015. Certamente in città vive una
giusta società, operante nell’onestà e
promotrice del sentimento del bene
pubblico di crociana memoria. Questa società antagonista della scuola
del “far del male” dove il mantenimento del bene particolare è dottrina
di punta, non può più permettersi, se
a Napoli ci tiene e a Napoli desidera
continuare a vivere, di rimanere alla
finestra. Di discutere nel guado. Siamo tutti responsabili. Napoli oggi non
ha più bisogno di un associazionismo
volenteroso ma di un movimentismo
civico che maturi, trovi una convincente sintesi politica e metta la faccia
per la guida della città. Il rischio, se
non si tenta la soluzione di un’alleanza civica, è di assistere presto all’invasione di vecchie glorie, alla riproposizione di condottieri arancioni e alla
circolazione di politici digitali con la
soluzione nella slide e un linguaggio
infarcito di “faremo” e “spetta a noi”.
Siamo tutti responsabili. Napoli oggi
conserva un passato glorioso, vede un
futuro lento e vive un presente doloroso e fritto. Non è un caso, forse, che
in città chiudono le librerie e aprono
le patatinerie.
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(3)
IL PAGINONE
LA CITTA` DELLE BELLE STATUINE
Occasioni mancate
Dal Forum delle Culture all’Expo 2015: l’associazione «Napoli Punto a Capo»
denuncia l’immobilismo delle istituzioni. L’incontro con l’assessore Panini
T
ra le associazioni civiche più attive a Napoli
c’è senza dubbio «Napoli Punto a Capo» che
da anni, attraverso manifestazioni di protesta e proposta, è impegnata in battaglie di
civiltà e d’idee per il miglioramento della
vivibilità del territorio. Chiaia Magazine
pubblica un significativo resoconto che i
componenti di «Napoli Punto a Capo»
hanno postato sul sito ufficiale dell’associazione (www.napolipuntoacapo.it) dopo
l’incontro sull’Expo 2015 con l’assessore al
Lavoro e alle Attività produttive del Comune di Napoli Enrico Panini. Un resoconto
che, ancora una volta, inchioda l’irresponsabile politica delle istituzioni locali, immobili come la statua dell’Expo sul lungomare
Caracciolo. Oltre le conseguenze disastrose
dovute alla corruzione esistono le conseguenze disastrose dovute all’immobilismo.
(4)
CHIAIA MAGAZINE •MAGGIO 2014
LA SCHEDA
L’associazione «Napoli
Punto a Capo» è
formata da
imprenditori,
commercianti, artigiani,
manager, liberi
professionisti, docenti,
operatori sociali uniti
tutti, come si legge sul
sito ufficiale «dalla
volontà di migliorare il
contesto nel quale
viviamo». Il Comitato
direttivo è costituito da
Antonello Baratto
Maurizio Campopiano,
Claudio Cimmino,
Sergio Fedele, Ruggero
Fimiani, Pasquale
Legora De Feo, Paolo
Monorchio, Francesco
Musella, Rossella
Paliotto, Stefano Pisani
Ludovico Russo.
Martedì 13 maggio 2014, come associazione «Napoli Punto a Capo», abbiamo
partecipato alla riunione convocata
dall’assessore al Lavoro e alle Attività
produttive del Comune di Napoli Enrico
Panini sulle iniziative da mettere in
campo per dare un ruolo a Napoli in
Expo 2015 e per illustrare la «Chiamata
delle Idee» ad associazioni e cittadini.
Premettiamo che abbiamo una grande
stima dell’assessore Panini cui riconosciamo il tentativo che, su nostra sollecitazione, ha avviato da mesi per cercare
di non far perdere un’altra opportunità
alla nostra città. Purtroppo nel nostro
intervento abbiamo come prima cosa
sottolineato le perplessità in relazione
alla «Chiamata delle Idee» e ai tempi.
Sulla Chiamata delle Idee, a nostro
avviso, si percorre la strada fallimentare
seguita dal Forum delle Culture che è
agonizzato in micro iniziative finanziate
da bandi di 8000 e 20.000 euro.
Le proposte che vengono dal «basso»,
infatti, non possono essere sostitutive di
un programma strutturato per un’iniziativa del livello «Napoli-Expo».
Queste proposte dal «basso» possono
implementare il programma strutturato
e definito dalle istituzioni e dai rappresentanti dell’economia locale.
Ma non certo sostituirlo. E al momento
non esiste tale programma.
Per quanto riguarda la perplessità
sui tempi, è evidente che, a meno di 11
mesi all’inizio della manifestazione,
siamo oramai quasi con le spalle al
muro. La rabbia e l’amarezza sta nel
fatto che «Napolipuntoacapo» dal lontano 2008 ha cercato di sollecitare il sistema istituzionale locale a non perdere
l’occasione Expo 2015.
Cominciammo promuovendo,
appunto 6 anni fa, il protocollo MilanoNapoli per un gemellaggio «attivo» tra
Forum delle Culture ed Expo 2015.
Sarebbe stata un’occasione per dare
forza e programmazione al Forum delle
Culture e nello stesso tempo prepararsi
per Expo 2015. Dopo tanto insistere
riuscimmo ad arrivare alla fatidica firma
tra i sindaci Iervolino e Moratti. Ma un
gemellaggio è «attivo» se il giorno dopo
la firma si comincia a lavorare per dare
contenuti e progettualità al protocollo.
Ed invece nulla è stato fatto. Né dalla
giunta Iervolino né dalla giunta De
Magistris, a meno di qualche riunione
propagandistica.
A nulla sono servite le ulteriori iniziative
di sollecitazione in questi anni: cinque
incontri con l’assessore comunale Enrico Panini; due incontri con l’assessore
regionale Pasquale Sommese; un incontro con l’assessore regionale Fulvio
Martusciello; un incontro con il segretario regionale della Cisl Lina Lucci;
la richiesta al Presidente della Regione
Campania Stefano Caldoro di convocare
il tavolo di partnerariato regionale
sull’argomento; la partecipazione al
primo ed un unico incontro convocato
dal Presidente Caldoro; incontri con i
principali quotidiani locali; lettere a
Camera di Commercio e Unione degli
industriali di Napoli; lettere e richieste
di intervento a tutti i partiti politici
locali.
Non è successo nulla. Ecco i tre obiettivi di Expo 2015 per Napoli.
Il primo, quello della presenza delle
eccellenza campane al Padiglione Italia,
è importante e sarà centrato. Ma è assolutamente marginale rispetto a quanto
può dare alla città Expo 2015.
Il secondo è presentare una serie di
iniziative al massimo livello da
programmare per il semestre di Expo
2015 in modo da attrarre parte
dell’enorme flusso turistico.
Ma è il terzo obiettivo quello più importante e quello su cui siamo irresponsabilmente in ritardo.
Napoli deve presentarsi a Expo 2015 per
candidarsi a divenire Polo alimentare
euro-mediterraneo.
Expo 2015 può rappresentare un trampolino per «disegnare» il futuro industriale ed economico della città.
Può sembrare un’ambizione eccessiva
ma non è così.
Come è noto, Expo 2015 ha come
tema «L’ alimentazione nel pianeta» e
dedicherà particolare attenzione alla
«produzione», alla «conservazione», alla
«distribuzione» e alla «sicurezza» dei
prodotti alimentari, con l’obiettivo
primario di ridurre i gravi squilibri
alimentari esistenti nel pianeta, di
facilitare i paesi che soffrono di approvvigionamento alimentare, di
ottimizzare gli attuali sprechi alimentari, di elevare gli standard qualitativi
degli alimenti, di far conoscere le produzioni alimentari, di contrastare
l’avvelenamento degli alimenti.
Rispetto ai grandi temi di Expo 2015, la
Campania dispone di un vero e
proprio «patrimonio» costituito da una
straordinaria filiera agro-alimentare
e una varietà di prodotti tipici locali
(produzione alimentare), industrie
leader nel packaging alimentare (conservazione alimentare), strutture
impiantistiche come il Polo del Freddo
(conservazione alimentare), strutture
logistiche portuali e interne come il
Porto con la Darsena di Levante e gli
Interporti (Distribuzione Alimentare),
Centri di Ricerca in grado di
divenire riferimenti per la produzione,
la conservazione, la distribuzione e
soprattutto la sicurezza alimentare in
un momento decisivo per ribaltare
l’immagine causata dall’avvelenamento causato da rifiuti tossici.
Da questo «patrimonio» si può
sviluppare non solo un’azione di promozione e diffusione «planetaria» delle
potenzialità campane nella produzione, nella conservazione, nella distribuzione, nella sicurezza alimentare, ma
soprattutto sviluppare in tali settori
nuovi programmi, alleanze, progetti.
Con una certezza: in tale direzione ci
sarà mercato e ci saranno enormi
flussi economici attraverso la Banca
Mondiale e centinaia di paesi coinvolti.
Un’occasione irripetibile.
Martedì 13 maggio abbiamo concluso il nostro intervento con cinque
proposte precise rilanciate all’assessore
Enrico Panini (nella foto in alto):
1) Recepire il Progetto integrato «Napoli, Polo Alimentare euro-mediterraneo»
con immediata convocazione del Tavolo delle Competenze (Associazioni di
Categoria - Paolo Scudieri - Gianni
Punzo - Pasquale Legora de Feo - Antonio D’Amato - Nicolais).
2) Immediato incontro con l’assessore
regionale Pasquale Sommese per definire il progetto «Gran Tour Napoli 2015
-Expo 2015».
3) Protocollo Dubai-Napoli.
4) Organizzare presentazione del Progetto Integrato «Napoli, Polo Alimentare euro-mediterraneo» e di tutte le
iniziative messe in campo per Expo
2015 per l’incontro del 5 dicembre
previsto a Napoli ed organizzato da
Anci che chiude il tour di incontri nei
principali Comuni italiani.
5) Valutare la possibilità di organizzare
un’iniziativa con Città del Vaticano
(presente ad Expo), Croce Rossa e
Comune di Napoli sulle eccedenze
alimentari e il loro recupero.
Anche ieri abbiamo partecipato, protestato e proposto. Anche ieri però, nonostante qualche attestato di stima, abbiamo sentito chiaramente il peso
dell’inefficacia. Napoli sta perdendo
un’altra occasione. Abbiamo provato in
tutti i modi ad evitarlo. Ma non ci siamo riusciti.
ASSOCIAZIONISMO SPUNTATO
Tempi grami per il mondo della politica. Su quello
nazionale e per conseguenza negli ambiti locali. Neanche
l’apertura della stagione elettorale è servita a dare slancio ad
iniziative in grado di intercettare realmente i bisogni sempre
più pressanti dei cittadini. A Napoli non ne parliamo, anzi no,
occorre parlarne... Napoli vive stancamente e con deteriore
rassegnazione la sua vita di sempre. Senza un sussulto o un
tentativo orgoglioso e determinato di ritrovare un assetto dignitoso in linea con la sua millenaria storia e con una cultura
prestigiosa che non abbisogna certo di avventure scalcagnate
quanto illegittime “dal basso” per essere rinnovata. Così ce ne
sentiamo dire di cotte e di crude, mentre le classifiche internazionali del vivere civile ci sprofondano sempre di più nelle
ultime posizioni (ovvero nelle primissime se si tratta di fenomeni negativi). Le reazioni a questi ormai sistematici attacchi
all’immagine cittadina sono sempre più rare e, se possibile,
flebili. Fino a non molto tempo fa, il napoletano era uso reagire
almeno con arrabbiature e indignazione. Oggi neanche più
questo. E l’associazionismo civico? Il tasso di partecipazione
alla soluzione delle questioni (grandi ma anche piccole)
lasciate irrisolte dalle amministrazioni che si sono succedute
negli ultimi anni con risultati disastrosi è veramente ridicolo.
Solo poche associazioni insistono e resistono nel battersi unitamente ad alcune che si sono aggiunte più di recente, anche se la
modalità dell’azione di protesta va senza dubbio aggiornata e
rivista: al grado di inefficacia già registrato, anche in rapporto ad
un ruolo molto spesso frainteso che vorrebbe addirittura le
associazioni sostituirsi alle istituzioni nella gestione dei problemi cittadini.
In merito, non vi è chi non veda l’assoluta incongruità di tale
tesi che in questo caso sovvertirebbe ogni logica di azione
amministrativa. Ma c’è di più: la già scarsa e dispersiva attività
dell’associazionismo napoletano viene ulteriormente vanificata
da inopinate baruffe a cui singoli esponenti dell’associazionismo locale danno vita sui social, dimostrando di avere tempo
da dedicare a queste tecnologie, ma perdendo assolutamente di
vista i contenuti di partenza e soprattutto il ruolo di confronto e
di sprone nei confronti delle istituzioni e dei cosiddetti Enti
organizzatori. Il diritto alla primogenitura delle iniziative ed una
fasulla interpretazione dell’efficacia di quanto intrapreso, sono
alla base di questi malcomportamenti, che portano fatalmente i
risultati delle iniziative associazioniste, soprattutto in termini di
impatto sulla popolazione, ad essere ignorati oppure blanditi
dalle forze istituzionali che “pesano”.
È da ritenere quindi urgente ed indispensabile cambiare
strada, costituendo strutture organizzate confederate in
rapporto con le diverse questioni, specie quelle da maggior
tempo in sofferenza, in cui ciascuna associazione, in piena
autonomia, contribuisca a realizzare specifici progetti comuni da sottoporre agli enti istituzionali che si devono occupare
dei singoli problemi. In un momento di completa assenza di
contributi, anche minimi, delle forze politiche al rilancio della
Città, uno schieramento più funzionale ed organizzato dell’associazionismo napoletano potrebbe far conseguire risultati
finalmente significativi. A questo proposito, non si può tacere
che l’amministrazione attuale si è consentita un lusso, quello di
giocare a perdere due occasionissime. Una (quella del Forum
delle Culture) invero clamorosa, sciupando l’opportunità di
regalare ai giovani ed alle donne cittadine, destinatari istituzionali della manifestazione, un pur possibile, timido tentativo di
crescita sociale ed economica. La seconda, di cui mi ostino a
parlare al presente, a dispetto dei cincischiamenti quando non
anche della latitanza delle istituzioni, riguarda la possibilità
offerta dall’Expo 2015, di consentire alle eccellenze di Napoli e
della Campania di esprimere le enormi potenzialità di leaders
internazionali dei settori agro-alimentari, proiettando altresì
queste presenze nello spazio, ambìto da molti ma alla reale
portata delle nostre terre, di un ideale, possibile “ponte” euromediterraneo in vista, per esempio ma non solo, di Expo 2020 a
Dubai. Queste ci sembrano delle ragioni ottime per chiedere
alle forze politiche sul territorio uno sforzo di volontà e di
coraggio per puntare su obiettivi di sviluppo e di crescita che
sono realmente a portata di mano, anche con l’ausilio di un
associazionismo civico rinnovato nello spirito e nelle strategie,
per non restare al palo di una competizione internazionale
sempre più serrata ma dalla quale Napoli e la nostra Regione
non possono e non debbono restare lontane.
GIULIO CORBO
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(5)
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
QUARTIERISSIME
VIA TOLEDO, LE PROPOSTE DEI COMMERCIANTI
Soluzioni contro ambulanti e degrado
Carmine Zamprotta
Per far fronte all’attuale
crisi economica che ha determinato un forte calo di consumi in tutti i settori merceologici, i commercianti si
organizzano proponendo
nuove iniziative tese a coinvolgere i cittadini, favorendo
un concreto recupero del
territorio. In tale ottica si
muove Rosario Ferrara,
presidente del centro commerciale “Toledo Centro
Antico”, vero e proprio consorzio del centro commerciale naturale. «Abbiamo intrapreso numerose iniziative
tese a creare una fattiva
collaborazione tra esercenti
commerciali, istituzioni locali
e cittadini - ha evidenziato Un’occasione per esaltare un
diverso lato della nostra città
che non è solo cronaca nera,
ma soprattutto lavoro ed
energie sane, tese ad un reale
recupero del territorio». E
proprio partendo da quest’ottica, Ferrara ha avviato
un’organica collaborazione
con le istituzioni per combattere l’ambulantato abusivo,
diffusissimo nel tratto da
piazza Dante a piazza Carità.
«Sarebbe importante creare
delle apposite aree per gli
ambulanti, cosa che già
avviene con i numerosi
mercatini all’aperto in via
Diaz, Ponte di Tappia e piazza
Dante - ha continuato - ma
con gli extracomunitari il
discorso è più complicato,
poiché la loro merce è di
provenienza illegale, non
offre alcuna garanzia agli
utenti per quanto riguarda la
qualità del prodotto». Per far
fronte alla piaga del commercio della contraffazione, sono
aumentati in via Toledo e
nella zona dei Decumani i
controlli delle forze dell’ordine. In tale ottica nasce il
progetto di recupero di piazza Carità. «Oltre a tutti i
commercianti, una parte
attiva in queste attività è
svolta da Confcommercio ha affermato Rosario Ferrara
- Puntiamo a trasformare
piazza Carità, recuperando i
suoi tratti caratteristi di tipo
urbanistico, rispettando i
vincoli della sovrintendenza
riguardante i palazzi storici e
la stessa piazza». In questo
modo, si spera di recuperare
SANTA MARIA APPARENTE (ADZ. VICO
VASTO A CHIAIA) Vendiamo
appartamento di 30 mq c.ca al primo
piano senza ascensore molto soleggiata;
composto da 2 camere, cucinotto e
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quel decoro perso negli anni,
com’è stato confermato da
Vincenzo Ceraldi proprietario dell’omonimo bar situato
in piazza Carità: «Oggi la
piazza si è trasformata in un
campo di calcio e per noi
diventa impossibile poter
offrire un servizio adeguato ai
clienti». Con il progetto di
riqualificazione della piazza
dovrebbero sorgere degli
info-point turistici per informare i turisti su percorsi per
visitare la zona e l’area dei
decumani, vista la mancanza
di un’adeguata cartellonistica
informativa. Si punta, dunque, a un maggiore coinvolgimento da parte della giunta
comunale, sperando di ottenere maggiori risorse per gli
interventi preventivati, a
cominciare dalla potatura
degli alberi in piazza Carità, o
alla creazione di un percorso
verde che preveda la messa a
dimora di alberi lungo i
marciapiedi di via Toledo
compresi tra piazza Dante e
piazza Carità. E proprio
piazza Dante si conferma la
nota dolente, come sottolinea
Nicola Campanile, noto
imprenditore calzaturiero di
via Toledo: «La piazza si è
desertificata rischiando di
trasformarsi in un parcheggio
serale; vista la vicinanza dei
Decumani, ci auguriamo che
siano realizzando dei percorsi
alternativi per quanti giungono in città con le navi da
crociera. In questo modo, i
turisti prima di intraprendere
la strada della Napoli antica e
storica, potrebbero visitare
monumenti, chiese storiche e
musei esistenti nei dintorni,
favorendo anche uno sviluppo del commercio locale».
Critica la posizione di Assoconsum, associazione di
consumatori con sede in
piazza Municipio, come
conferma Ciro Monaco,
segretario generale: «Ci
aspettavamo da parte dell’amministrazione maggiore
attenzione, invece basta
guardarsi intorno per scorgere degrado e abbandono,
strade piene di buche, marciapiedi impraticabili, cartacce ovunque, e come sempre
trasporti nel caos». Assoconsum plaude alle iniziative
intraprese dai commercianti,
dichiarando la propria disponibilità ad appoggiare progetti e iniziative tese al recupero
del territorio.
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
QUARTIERISSIME
STRADE, IL PUNTO DI BOCCALATTE E LINIZIATIVA FUOSSBOOK
Buche in crescita e il Comune latita
Armando Yari Siporso
A cinque mesi dalla nostra
inchiesta sullo stato delle strade
di Napoli, torniamo ad occuparci delle vie più “bucate”della
città. Lo facciamo insieme ad
Alberto Boccalatte, consigliere
delegato alla manutenzione
della I Municipalità che, nel
numero di dicembre 2013, ci
aveva parlato di due progetti di
riqualificazione.
Consigliere, qual è lo stato delle
strade oggetto dei lavori (da via
del Marzano all’incrocio con
via Orazio e da questa fino a
Corso Europa)?
Il lavoro è quasi terminato,
anche grazie al buon rapporto
con l'assessore Mario Calabrese. Al di là delle tante difficoltà
siamo riusciti nell'intento che,
come Municipalità, ci eravamo
prefissati da tempo.
A dicembre ci disse che sarebbero stati approvati a breve i
lavori per la riqualificazione
straordinaria di via Maria
Cristina di Savoia e per le rampe Brancaccio e che si era
pensato di stanziare fondi per
un unico appalto triennale da
870mila euro (anziché tre da
270mila) per la manutenzione
ordinaria. Qualcosa si è mosso?
Purtroppo, a tale riguardo, pur
non volendo scaricare le responsabilità sull'Amministrazione centrale, devo dire che
come Municipalità abbiamo
rispettato tutti i tempi impostoci dal Comune, mentre Palazzo
San Giacomo latita. Al momento, dopo 5 mesi, stiamo ancora
aspettando che il Servizio Comunale competente bandisca la
gara. Come Municipalità non
possiamo far altro che attendere
e cercare di fare quel poco che
le esigue risorse ci consentono.
Un caso a parte è una stradastorica (e strategica per la
viabilità napoletana): via del
Parco Margherita, ridotta ormai ad un campo minato...
Via del Parco Margherita è uno
vero scempio. È indispensabile
prevedere la sostituzione dei
sampietrini con asfalto di ultima generazione. Sinceramente
non comprendo come l'Amministrazione non agisca in tal
senso. Eppure come Municipalità, sia per via Tasso che per
viale Maria Cristina di Savoia,
grazie ad un'attiva e propositiva
concertazione, abbiamo ottenuto il placet della Sovrintendenza, mentre al momento Palazzo
San Giacomo sembra incapace
di ottenere altrettanto per le
strade di sua diretta competenza come, appunto, Parco Margherita. Come Municipalità
abbiamo più volte sollecitato e
ci siamo messi anche a disposizione per fare da intermediari,
ma purtroppo il Comune fa,
inspiegabilmente, realmente
“orecchie da mercante”.
E intanto la gente si mobilita su
facebook. Anzi su “fuossbook”.
Questo il nome dell’iniziativa
ideata dai “Giovani in Corsa”, il
gruppo di under 35 vicino a
Gianni Lettieri, capo dell’opposizione in Consiglio comunale,
che ha invitato i cittadini a
scattarsi una foto, in stile selfie,
accanto alle buche più pericolose della città (nella foto). Una
provocazione politica, ma
anche un servizio di denuncia
sociale, dal momento che tutte
le immagini saranno inoltrate al
sindaco, per sollecitare l’intervento di manutenzione straordinaria. Per inviare una segnalazione è possibile collegarsi al
sito www.giovanincorsa.net
Al via il «Mercatino dei pulcini»
Una bella iniziativa per
Chiaia. Grazie all’intervento di
Angelo D’Andrea, intraprendente presidente dell’Associazione culturale senza scopo di
lucro “La compagnia degli
Aquiloni”, i bambini del quartiere potranno scambiarsi i
propri giocattoli in un mercato
del baratto e del riuso a loro
espressamente dedicato. Nasce
il primo “Mercatino dei pulcini”
dedicato ai più piccoli che, sotto
la supervisione di un adulto,
sono liberi di esporre i propri
oggetti su apposite strutture, in
cartone riciclato, allestite in via
gradoni di Chiaia. L’iniziativa
del 17 maggio, che vanta il
patrocinio della I Municipalità,
è il primo atto di una serie di
attività volte a riqualificare la
zona. È un esempio magnifico
di collaborazione costruttiva tra
Istituzioni, associazioni, commercianti e singoli cittadini che
uniscono le forze per valorizzare
il territorio. Ai bambini partecipanti, grazie alla collaborazione
con le botteghe della zona e la
partecipazione del bar Montò,
sarà offerta la prima colazione.
Al di là dello scambio di giochi e
di oggetti di ogni tipo, comunque particolarmente importante per educare i più giovani alla
cultura del riutilizzo, la manifestazione assume un valore
ulteriore per la possibilità di
socializzazione offerta ai ragazzi. I genitori presenti, infatti,
sono invitati a non contribuire
in alcun modo alle contrattazioni dei piccoli espositori, che
vengono dunque chiamati a
confrontarsi direttamente con i
loro coetanei. L’Associazione
“La compagnia degli Aquiloni”
porta i bambini (e i loro genitori) a rimpossessarsi della città e,
contestualmente, ad imparare il
valore delle cose e del rapportarsi con gli altri. (a.y.s.)
Via Pontano, inaugurata
la nuova sede della Steps
La “Steps”,
Accademia della
lingue, ha una nuova
casa. Da piazza
Sannazaro si
trasferisce in via
Pontano 11, all’angolo
con via Crispi. Una
zona centrale, nel
cuore del salotto di
Napoli, scelta al fine
di ottimizzare e
allargare la propria
offerta formativa. Due
piani, un piccolo cortile e spazi accoglienti (tra
questi la “Sala di re Artù”, in cui campeggia
un’elegante tavola rotonda, e la “Stanza del
sapere”, dedicata all’apprendimento dei più
piccoli) fanno della nuova sede il luogo ideale per
avvicinarsi ad una lingua straniera, a culture e
modi di pensare diversi, e diventare cittadini del
mondo. Nata come associazione nel marzo del
1995 dall’idea di un team di docenti con
esperienza decennale in questo campo, la “Steps”
offre servizi culturali e professionali di altissimo
livello e sceglie i migliori programmi offerti dalle
organizzazioni estere, di cui è rappresentante,
selezionando solo quelle riconosciute dagli organi
culturali governativi dei rispettivi paesi (British
Council, Alliance Francaise, Accept, Spanish Board
ecc). La “mission” è quella di orientare, offrendo
un servizio di consulenza personalizzato e a costi
accessibili, per clienti individuali o per gruppi. A
chiunque voglia apprendere una lingua, in vista di
esigenze di studio, lavoro o semplicemente a chi
ama viaggiare, “Steps” propone quindi un
ventaglio di iniziative, selezionando quelle più
adatte alle proprie esigenze: programmi di studio
proposti da organizzazioni e Università straniere a
studenti e professionisti, stage linguistici all’estero
per junior e adulti, programmi speciali per la terza
età, mini-soggiorni in paesi stranieri. E ancora, un
progetto “Speciale Napoli” che offre agli stranieri la
possibilità di avvicinarsi alla cultura napoletana, e
un progetto “Lingua Donna” per incoraggiare la
formazione linguistica della donna e una sua
riqualifica professionale. La “Steps” è anche centro
prenotazione esami del Trinity College London,
nonché membro FELCA, e vanta la
vicepresidenza nazionale della I.A.L.C.A.
(Associazione Italiana Agenti e Consulenti
Linguistici). (l.i.)
Finalmente la rotatoria
Parte il cantiere per la rotatoria tra via Manzoni
e via Caravaggio. Sarà uno sponsor privato
(l’azienda di Quarto, Baiano Marmi s.r.l.) a
curare la realizzazione dell’opera e la successiva
manutenzione per i prossimi vent’anni, a fronte
di uno spazio pubblicitario concesso, sulla
stessa area, dall’Amministrazione pubblica.
I lavori partiranno, dopo un ultimo sopralluogo
congiunto tra Municipalità, Polizia locale,
Servizio Mobilità Sostenibile e impresa
affidataria, nel corso della penultima settimana
di maggio e dovrebbero durare 60 giorni. (a.y.s.)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
L’INCHIESTA
IL «CONSIGLIO DEI 24»
LE NUOVE FUNZIONI
La Città metropolitana di Napoli prenderà il
via il 1 gennaio 2015. Il sindaco
metropolitano sarà di diritto il sindaco del
comune capoluogo. Il consiglio
metropolitano sarà composto da 24
membri ed eletto dai sindaci e dai
consiglieri dei Comuni della Città
metropolitana. Salvo che lo Statuto non
preveda l’elezione diretta di entrambi.
Le funzioni sono quelle fondamentali
dell’ente Provincia. A cui si aggiungono:
pianificazione territoriale generale comprese
le strutture di comunicazione, le reti di servizi
e delle infrastrutture; organizzazione dei
servizi pubblici di interesse generale di
ambito metropolitano; mobilità e viabilità;
promozione e coordinamentodello sviluppo
economico e sociale.
VERSO LA CITTA` METROPOLITANA
Grande Napoli, la rivoluzione complessa
Livia Iannotta
I governi cambiano. Nuovi
volti, freschi inquilini a palazzo Chigi. Ma le questioni sul
tavolo restano quelle di sempre. E così anche il neo premier, rottamatore di costumi e
cattive pratiche, si è trovato a
fare i conti con uno dei vecchi
buchi nell’acqua all’italiana: la
riorganizzazione degli enti locali. Dopo una sfilza di decreti, leggi, stop e ripescaggi, in
un ping pong di responsabilità partito ventiquattro anni fa,
la Provincia di Napoli si prepara (finalmente) a sparire,
per fare largo alla omonima
Città metropolitana. Il traguardo: 1 gennaio 2015. Lo ha
deciso il disegno di legge Delrio, diventato legge lo scorso 7
aprile (n. 56 del 2014), che tra
le novità di spicco ha previsto
lo svuotamento di potere delle Province (in attesa di una
legge costituzionale che le
cancelli definitivamente) e la
nascita di nove Città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria. A cui si aggiungono Roma capitale e quelle istituite
conformemente alla loro autonomia speciale da Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna,
ossia Trieste, Palermo, Catania, Messina, Cagliari.
Come illustrato nell’inchiesta
a puntate pubblicata a fine
2012 su Chiaia Magazine, già
il governo Monti provò a ripescare dal passato il progetto di
eliminazione delle Province,
nell’intenzione di semplificare l’ordinamento dello Stato e
risparmiare sulla spesa pubblica. L’obiettivo era quello di
impiantare una governance su
larga scala creando un ente
nuovo, intermedio tra Regioni
e Comuni, che riunisse l’intera area metropolitana: una
grande città e il suo hinterland.
Eppure, anche stavolta, i nodi
che “inceppavano” il meccanismo non sono stati del tutto
spazzati via.
Il primo riguarda la perimetrazione del nuovo ente. Il go-
La Città
metropolitana di
Napoli sostituirà,
dal 1 gennaio 2015,
la vecchia
provincia. 92 i
comuni che entrano
nella «Grande
Napoli»: molti di più
rispetto ai 60 di
Bologna e ai 67 di
Genova. L’area
metropolitana di
Napoli è tra le più
vaste d’Europa.
verno ha fissato i paletti: il territorio della Città metropolitana coinciderà con quello
della Provincia. Ferma restando l’iniziativa dei Comuni per
la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e l’adesione alla Città metropolitana.
Ma prendiamo il caso di Napoli: 92 comuni, 3 milioni e
mezzo di abitanti, un’altissima densità abitativa, un amalgama di centri più o meno autonomi che non sempre gravitano attorno al comune capoluogo. Un melting pot forse
senza eguali in Italia. Ognuno
di questi Comuni, ad esempio,
oggi vara un proprio piano regolatore, gestisce autonomamente distribuzione idrica,
trasporti, raccolta dei rifiuti.
Sarà su queste fondamenta
che si dovrà seppellire la vecchia Provincia per tirare su un
ente snello, moderno che abbatta i campanilismi, spargendo una ventata di efficienza. Una “Grande Napoli” moderna.
La ricerca promossa dall’Unione industriali e dalla Camera di Commercio di Napoli, dal titolo “Nuova perimetrazione e nuove funzioni per
le Città metropolitane -Il caso
Napoli”, ha tentato di fare luce sulle criticità della riforma,
strizzando l’occhio sul capo-
luogo campano. «Napoli presenta una situazione simile a
quella di Milano – si legge nel
documento – con la Provincia
che contiene soltanto una parte dell’area metropolitana. (…)
In primo luogo, dunque, si deve considerare la relazione
della futura Città metropolitana con i sistemi locali di Aversa e Caserta, tra loro contigui.
Insieme, questi sistemi identificano un territorio con popolazione di circa 700mila abitanti». Cifra che pone i due poli della Provincia casertana sullo stesso piano di altre aree
metropolitane dello Stivale:
«La Provincia di Caserta ha un
“carattere metropolitano” che
è altrettanto forte, se non maggiore, di quello delle Province
di Genova, Bari, Bologna e,
certamente, Reggio Calabria».
Le soluzioni, allora, nel disegno politico-amministrativo,
sono due: o inglobare Aversa e
Caserta nella neo Città metropolitana di Napoli, o creare un
ulteriore ente, che avrebbe appunto le stesse dimensioni di
altri previsti dalla legge.
Altro nodo, poi, riguarda il forte policentrismo del territorio.
«Nel caso di Napoli – è scritto
nella ricerca - la Provincia non
identifica un territorio che gravita in modo lineare e progressivo attorno al Comune di
Napoli. (…) La Provincia presenta un’articolazione territoriale molto complessa. Si caratterizza per la presenza, oltre
a quello di Napoli, di tre grandi sotto-sistemi locali: Nola,
Torre del Greco e Castellammare di Stabia». Sotto-sistemi
che delineano uno scenario
ben più articolato di quello
delle altre Città metropolitane. Il che potrebbe essere ostacolo al processo di integrazione istituzionale. In più, facendo automaticamente combaciare il perimetro provinciale
con quello metropolitano, non
si considera che sarebbero 92
i comuni coinvolti nell’approvazione dello Statuto. Molti di
più rispetto ai 60 di Bologna o
ai 67 di Genova.
Non meno acceso il dibattito
sulle funzioni. Il testo normativo stabilisce che al nuovo ente spettano «quelle fondamentali delle province e quelle delle città metropolitane attribuite entro il processo di
riordino delle funzioni delle
province». Tuttavia, come evidenzia lo studio dell’ente camerale partenopeo, «considerata l’autonomia che la Città
metropolitana dovrebbe avere
sul piano della pianificazione
economica e spaziale, è del
tutto evidente che la sua costituzione richiederebbe una
nuova divisione dei compiti
tra amministrazione regionale e Città metropolitana». La
legge approvata «rimette i Comuni e le Regioni al centro del
processo di costruzione delle
politiche pubbliche. Si corre
quindi il rischio che il faticoso
processo di costituzione delle
Città metropolitane faccia nascere un livello di governo con
scarso potere regolativo». Perplessità riassunte bene da Antonio Calafati, del Gran Sasso
Science Institute, che ha presentato la ricerca. «A livello nazionale – ha detto – non capiscono che si tratta di una delle più grandi aree metropolitane d’Europa, che per dimensione socio-demografica
e per specificità economiche
non può essere regolata con la
stessa normativa valida per
piccoli centri come Bologna. I
grandi centri della provincia
hanno logiche territoriali, economiche così diverse tra loro
che il disegno legislativo non
può non tener conto di tale
eterogeneità». Amalgamare
un’area così vasta, sarà questa
la vera sfida. E inculcare l’idea
che la Città metropolitana andrebbe letta come l’opportunità per una governance ottimale del territorio. Plasmare
quel “pensiero metropolitano” che a Napoli manca.
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
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SOLLECITAZIONI
MERCATO MUTUI:
L’ESPERTO RISPONDE
Con questo numero inauguriamo uno spazio
dedicato alle domande dei lettori sui temi
del risparmio e degli investimenti.Tra le
tematiche più gettonate c’è quella sui mutui.
Risponde Mauro Tempesta, business
development manager di «24Finance Spa»
(via Parco Margherita, 4 Napoli)
Che segnali abbiamo sul mercato dei
mutui?
Finalmente abbiamo i primi segnali di
risveglio del mercato immobiliare. Dopo
due anni di crollo verticale e di credit
crunch, il 2014 registra una netta inversione
di tendenza per i mutui casa. Infatti si
evince che nei primi due mesi dell'anno le
erogazioni di mutui per l'acquisto della casa
hanno registrato un aumento di oltre il 18%
rispetto allo stesso periodo 2013 quando
avevano toccato il livello minimo degli
ultimi sei anni. Bisogna precisare che anche
se in Italia «la ripresa ciclica si va
estendendo», dopo la lunga fase della
recessione, il recupero è lento, siamo
lontani dalle condizioni pre-crisi, ma il
peggio sembra passato.
Come individuare le offerte migliori in
questo momento e a chi rivolgersi?
Oggi riveste un ruolo sempre più
importante la figura del Mediatore
Creditizio, disciplinato dal decreto
legislativo 141 del 2010.Il d.Lgs. 141/2010 ha
introdotto una nuova figura, il
“collaboratore”- entrato nel linguaggio
comune di settore anche con il termine di
“promotore creditizio”- di cui il mediatore
creditizio si avvale per il contatto con il
pubblico. Difatti il “collaboratore” deve
accompagnare la clientela nella scelta delle
forme di finanziamento più adatte alle
esigenze familiari attraverso degli accordi
con più Istituti di credito rappresentando
un enorme valore aggiunto in fase di
consulenza. Inoltre più basso è il valore del
finanziamento in rapporto a quello
dell'immobile, più basso è lo spread. Se un
cliente ha disponibilità liquide vicine a metà
del valore dell'immobile viene considerato
un cliente ad alto rating che, inoltre,
potrebbe essere interessato a proposte di
strumenti di investimento dove canalizzare
la sua più elevata capacità di risparmio.
Tasso fisso o variabile cosa conviene?
Con il primo si pagano rate più alte, ma si
ha la certezza di essere al riparo da
eventuali rialzi futuri. Con il variabile si
risparmia nel breve, presentando delle
incertezze future. La preferenza comunque
continua ad essere orientata verso i variabili
che risultano come detto poc’anzi sempre
più convenienti, ma che nel tempo
potrebbero subire rialzi in base
all’andamento dell’Euribor, visto che è da
mettere in conto sul medio periodo un
aumento di due o tre punti. In aumento la
percentuale di chi chiede invece un tasso
misto. I vantaggi della soluzione ibrida sono
evidenti: ci si assicura un tasso variabile per
i primi anni, e la possibilità di passare al
tasso fisso dopo un certo periodo (che
dipende dalle condizioni applicate dalle
banche) qualora lo scenario di mercato
subisca dei rovesci improvvisi. Con una
profilatura del cliente si può decidere che
Tasso prendere.
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(12)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
ANGLICISMI NELLA LINGUA PARTENOPEA
Quant’è slang
il napoletano
Umberto Franzese
Il meglio del meglio. Tra i relatori
della tavola rotonda “Gli anglicismi
nella parlata napolitana”: Nicola De
Blasi, professore ordinario in linguistica e dialettologia all’Università di Napoli Federico II; Franco Lista, dialettofono; Sergio Zazzera,
napoletanista e il poeta Claudio
Pennino, Premio Masaniello – Napoletani Protagonisti 2011.
Linguistica e dialettologia, ma anche spettacolo, proposto da accattivanti teatranti e musici come Romeo Barbaro, Antonella Cioli, Tullio Del Matto, Anna Donato, Enzo
Fischetti, Lara Sansone. Un parterre d’eccellenze. Maestri dell’eloquio
e della scena. Chiunque voglia chiedere e saperne di più della lingua
napoletana e del come si scrive e si
legge, non ha che da approssimarsi e frequentare autentici e inarrivabili linguisti. L’apprendimento,
lo studio del napoletano rappresenta un modo per riscoprire le nostre radici, per avvicinarci a quei sistemi linguistici come il greco e il latino, lingue cosiddette morte ed invece espressione di una civiltà di
cui siamo eredi e depositari. La lingua napoletana è stata, fino al secondo Ottocento, un mezzo di efficacia artistica di matrice popolare
eccezionalmente incisiva. Questo
immenso capitale è arrivato fino ai
giorni nostri tramandato verbalmente dai canti che il popolo, lon-
tano dall’uso della scrittura, creava.
La canzone, il teatro, tutto quell’impareggiabile patrimonio artistico che ha reso meritatamente
Napoli famosa nel mondo, deve essere preservato, tutelato, valorizzato. Una lingua è attiva quando non
ricorre a prefabbricati verbali, propri o altrui, per inventare comunicazione quotidiana o creazione letteraria, ma attinge alla falda profonda delle proprie potenziali risorse espressive. Non è l’uso di
quello che spregiativamente veniva
considerato dialetto, ma che ora
dall’UNESCO è stata considerata
lingua, che ci immiserisce, ci impoverisce, piuttosto l’uso di quelli
che un tempo venivano indicati come “barbarismi”. Il napoletano, seconda lingua più parlata in Italia, a
differenza del “toscano”, quando fa
uso, introita parole straniere, le trasforma, le “napoletanizza”.
Valga ad esempio: “zumpo”, salto,
dall’inglese jump; “cresemisso”,
che deriva da Christmas o “trencio”, da trench. Comunemente parole o espressioni, modi di dire inglesi sono accettati di sana pianta
nel parlare quotidiano quando di
corrispettivi ce ne sono nella nostra bella lingua italiana: “design” in
luogo di schizzo, abbozzo; “meeting” invece di riunione, incontro;
“privacy” per intimità, riservatezza. «Fra i contributi linguistici alla
formazione del lessico napoletano
non può essere quindi trascurato,
rispetto a quelli provenienti da altri ceppi, quello offerto dalla lingua
inglese. Napoli ebbe contatti con
soggetti anglofoni, durante le occupazioni inglesi avvenute nel 1799
e durante il Decennio francese,
quando la gelida Albione venne in
soccorso di Ferdinando IV, così come n’ebbe attraverso la forma dello slang americano durante l’occupazione alleata del dopoguerra: A
questi momenti deve essere aggiunto quello del predominio universale assunto negli ultimi decenni dalla lingua inglese, dalla quale,
così, altri vocaboli sono pervenuti a
quella napoletana, attraverso la
mediazione di quella italiana» (S.
Zazzera). Quando una società si
corrompe, per primo s’imputridisce il linguaggio. E la corruzione
sbarcò a Napoli con te truppe alleate. Privilegiamo il parlare napoletano. Non abbiamo, come ci venne inculcato dopo la cosiddetta
Unità d’Italia, da vergognarcene. Viceversa, così come sosteneva Vincenzo Cuoco, «l’imitazione delle
lingue portò seco finalmente quella delle opinioni. La mania per le
nazioni estere prima avvilisce, indi
immiserisce, finalmente ruina una
nazione spegnendo in lei ogni amore per le cose sue». I sogni, la cultura, le passioni delle generazioni passate sono conservate nella nostra
madre lingua. La lingua rappresenta una forza viva nella storia di un
popolo. È il mezzo che ci porta alla
cultura del luogo attraverso poesie,
prosa, canzoni, pensiero, spettacoli e riti ancestrali da sciogliere e da
decifrare. La parlata napolitana,
dunque, come specchio della cultura.
La lingua di un popolo è la chiave
che ne svela persino la diversità spirituale. La parlata napolitana, allora, per riaffermare, salvaguardare il
patrimonio storico e la cultura del
nostro territorio, della nostra civiltà. Nel mondo attuale la diffusione
dell’inglese fa temere per la sopravvivenza dei dialetti e delle lingue locali, quindi la lingua napolitana per difendere la nostra identità con la densità della cultura, con
la volontà dei parlanti.
Bisogna risvegliare nella Nazione
napolitana quello spirito sano, lodevole, atto a rinverdire tutte quelle forme d’arte, di convenzioni di
usi, di passioni di cui ci resta grande varietà e ricchezza. Perciò, mai
okay. Pensiamo, parliamo, vestiamo, cantiamo, mangiamo alla napoletana.
SOLLECITAZIONI
la vignetta
di Malatesta
IL SUDISTA
Mimmo Della Corte
QUEI SAGGI
SENZA
PROPOSTE
Colmo
di fulmine
Diario stupendo
EDUARDO DE FILIPPO
«Il teatro è come
il potere: è di chi
se lo piglia»
Sono iniziati a Napoli
eventi e incontri
dedicati a Eduardo De
Filippo, artefice
magico del teatro
partenopeo, per
celebrare i 30 anni
dalla morte.
Pubblichiamo alcune
sue battute e
considerazioni.
«Il pubblico italiano
vuole venire a teatro
tardi, se ne vuole
andare presto a casa, e
vuole vedere uno
spettacolo lungo».
«Lo sforzo disperato
che compie l’uomo
nel tentativo di dare
alla vita un qualunque
significato è teatro».
«Lo scorrere delle
corde del sipario,
rapido o lento a
seconda dell’effetto
che si vuole
raggiungere alla fine
di uno degli atti d’una
commedia, è senza
dubbio anch’esso un
elemento
indispensabile al
successo d’uno
spettacolo».
«Non è pelle d’attore
quella che non regge
un baffo finto».
«Le vere lacrime, negli
occhi di un attore che
sta interpretando una
scena drammatica,
disincantano il
pubblico dalla
finzione scenica: non
è la propria
commozione che un
attore deve
trasmettere al
pubblico».
«Volete riconoscere un
vero uomo di teatro
da un dilettante?
Fatelo camminare
dietro le scene
durante una recita: se
inciampa cade e fa
rumore cacciatelo;
non diventerà mai un
vero attore».
«Il teatro è come il
potere: è di chi se lo
piglia».
«Non mi sono mai
preoccupato di quelli
che entrano in teatro
dopo l’inizio del
primo atto, bensì di
quelli che se ne vanno
prima che finisca il
terzo...».
«La misura è il segreto
incomunicabile del
grande attore.
Incomunicabile
perché non ci sono
regole.
L’esperienza insegna,
ma se non si ha la
dote istintiva del
senso di misura,
l’esperienza serve solo
a non farti ripetere
uno sbaglio già fatto».
di RENATO ROCCO
La morale del
chiacchierone: chi
ode scaccia chi ode.
L’amore è donare.
Il matrimonio
estorcere.
La vendetta studia
nella biblioteca
dei ricordi.
La gioventù
è un libro con tante
introduzioni.
La vecchiaia, invece,
molti libri senza
introduzioni.
La vendemmia
non riesce dove
c’è la malavite.
“Sudismo, chi era costui?”, si chiederebbe
don Abbondio. Il professore Giuseppe Galasso, forse, non sapendolo, gli risponderebbe
con quello che non è,
ovvero, “non è meridionalismo”; mentre Biagio De Giovanni, altro
storico vate della questione meridionale, gli
confiderebbe che “è il
figlio degenere ed
autistico del meridionalismo”. Anzi, peggio,
“è una tignosa protesta
priva di orizzonte”.
Forse sarà anche così,
visto che lo hanno
sostenuto nel corso di
un convegno “de roi”,
“Meridionalismo e
sudismo”, promosso
dal “Corriere del Mezzogiorno” e dall’Università Federico II, e non
sono stati smentiti. In
realtà, in nessuno dei
dizionari della lingua
italiana (che - soppiantata dall’esterofilia e dal
servilismo verso l’Europa dei nostri “maitre à
penser”- in questo
momento è in disuso,
poco considerata in
quel di Bruxelles, ma
non ancora abrogata),
se ne trova traccia. In
pratica, il “sudismo”
non è in assoluto. O
meglio, è un termine
derivato, che i vecchi ed
intramontabili saggi del
Mezzogiorno piagnone
hanno tirato fuori dai
loro eleganti “cappelli a
cilindro” per screditare
chi la pensa diversamente. È il ritorno del
vecchio schema dell’alleanza fra potentati
economici ed editoriali
del Nord e intellettuali
schierati del Sud, che
ha consentito al primo
di crescere a spese del
secondo ed ai chierici
meridionali carriere
luminose. Al punto che
De Giovanni ha anche
aggiunto che “l’élite
intellettuale meridionale è abbastanza vaccinata contro posizioni di
questo tipo”. Un sodalizio che, per continuare
a fare i propri comodi
sulla pelle del Mezzogiorno, propone un
nuovo mostro da an-
nientare: il sudismo che
“è cultura plebea. È
pura regressione”.
Insomma, “tutto va
ben, madama la marchese, a parte qualche
piccolo incidente: il
signor marchese si è
suicidato, il castello si è
incendiato, le stalle
hanno preso fuoco ed il
cavallo è morto asfissiato”. Certo, i meridionali
sono corresponsabili
dei ritardi, ma attribuirli solo a loro è inaccettabile. E comunque, il
nuovo Sud, a differenza
del loro Meridione - che
se ne andava in giro col
cappello in mano,
piatendo elemosine non aspira ad essere
assistito, ma pretende
le infrastrutture necessarie a rendere competitive le proprie aziende, una fiscalità di
compensazione, utile a
recuperare i costi aggiuntivi prodotti dalle
tante diseconomie
esterne alle aziende; di
non essere subissato da
tasse ed imposte locali,
oltre che nazionali a
livello di estorsione e di
pagare i servizi ed il
credito bancario allo
stesso prezzo che altrove. Galasso e De Giovanni continuano a
seppellirci sotto una
montagna di immagini
suggestive sulle potenzialità del Mezzogiorno,
ma mai proposte concrete per lo sviluppo
dell’area. Tant’è che,
neanche in questa
occasione, è venuto
fuori il vero problema
del Sud: la mancanza di
un progetto complessivo che ci dica quale
futuro debba avere
quest’area. Forse anche
questo è sudismo?
Se si parla di Mezzogiorno, gli intellettuali
“illuminati” offrono un
“pensiero stupendo”;
quelli di strada “una
cultura plebea” e l’opinione pubblica “una
tignosa protesta”.
Peccato che quel loro
pensiero per quanto
stupendo, abbia prodotto soltanto “chiacchiere e vuoto a perdere”, capannoni industriali abbandonati e
degradati, l’inquinamento del mare più
bello del mondo ed un
oceano di disoccupati.
CHIAIA MAGAZINE •MAGGIO 2014
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
MOBILITÀ
GIRO DAFFARI DA UN MILIARDO DI EURO LANNO
Autobus, nasce il polo per la produzione
Espedito Pistone
Trasporti in Campania
sempre tra luci e ombre. La
notizia buona, anzi ottima,
riguarda la nascita in Regione di un polo nazionale per
la produzione di autobus,
con la Irisbus di Avellino
(nella foto gli stabilimenti),
capofila del progetto. Accanto a Irisbus, aziende del
gruppo Fiat, c'è Breda Menarinibus, altro costruttore
italiano leader nella progettazione e costruzione di
mezzi per il trasporto pubblico. Le due società, risanata la prima che conta trecento operai in cassa integrazione, sono in grado di movimentare un giro d’affari da
un miliardo di euro l’anno e
fatturare almeno 300 milioni
di euro. A dar man forte al
sodalizio, la discesa in campo nientemeno che dei
colossi Cnh Industrial,
Finmeccanica e di King
Long Italia, oltre alle Regioni
Campania ed Emilia Romagna. Cnh, figlia della fusione
di New Holland con Case
Corporation, è il secondo
produttore al mondo di
macchine agricole. King
Long Italia, direttamente
collegata all’omonima
azienda cinese, è specializzata nella realizzazione di
componenti per pullman.
Nei progetti nel nuovo polo
nazionale del trasporto
pubblico si produrranno
autobus sia per le città che
per il turismo.
Con la prospettiva di coprire
il novanta per cento del
mercato italiano e mettere le
mani su quello europeo, in
grande espansione soprattutto per la richiesta di bus
elettrici. C'è, però, a guastare i sogni di gloria una nuo-
va batosta sui viaggiatori
della Campania.
Dal 1° agosto gli autobus
Sita si fermano.
L’azienda, infatti, ha confermato il licenziamento degli
oltre quattrocento dipendenti e l’abbandono del
servizio in Campania, a
causa dell'interruzione dei
rapporti con la Regione
Campania e le Province di
Avellino, Napoli e Salerno.
«È successo che dobbiamo
avere dieci milioni di euro
dagli enti locali – denuncia il
direttore di SitaSud Simone
Spinosa - un anno fa avevo
già detto che così non si
poteva andare avanti.
Ci fu imposto l'obbligo di
servizio che durava fino al
dicembre 2013. Abbiamo
rendicontato i costi relativi
all'obbligo di servizio e la
Regione non concorda sui
nostri conti». Una decisione
grave che, portata a termine,
lascerebbe a piedi oltre
34mila persone, tra pendolari, studenti e turisti. C'è,
poi, un altro urgente nodo
da sciogliere, quello della
metropolitana di Salerno, il
cui servizio è stato interrotto
prima di Pasqua. «Se fosse
per me la riaprirei subito»,
ha più volte detto l'assessore
regionale ai Trasporti Sergio
Vetrella (nella foto).
Continua, però, il braccio di
ferro con Ministero dei
Trasporti e sindaco di Salerno su chi deve mettere i
fondi per consentire la
ripresa di un servizio prezioso, molto apprezzato da
salernitani e visitatori.
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
STORIE&TERRITORI
pagina a cura di NewMediaPress
CAMPI FLEGREI
Quel turismo
mordi e fuggi
Malcontento tra gli imprenditori per il calo delle
presenze di stranieri. Alberghi a tariffe stracciate
Rosario Scavetta
Lo stato di salute del
turismo nell’area flegrea, e
più in generale della Campania, misurato con gli
indicatori statistici delle
presenze e degli arrivi
alberghieri, appare decisamente poco effervescente,
e per niente migliorato
rispetto al passato, anche a
raffronto con l’intero movimento italiano.
Eppure, ripercorrendo
alcuni secoli di storia, si
percepisce che la costa
campana è stata sempre il
centro mondano di villeggiatura più famoso al mondo: nella seconda metà del
I° secolo a.C., le cittadine di
Baia, Pozzuoli, Miseno,
costituivano il ritrovo di
tutta l’aristocrazia, imperatori compresi. I più importanti esponenti della società romana avevano una o
più ville nelle località balneari della Campania o
nelle isole prospicienti.
Queste località marittime
erano anche dei rinomati
centri termali.
La zona flegrea era ricca di
fumarole e solfatare, sulle
quali si costruivano i sudatori per l’impiego curativo
delle esalazioni gassose.
Certo non è necessario
tornare così indietro nel
tempo per ricordare gli
anni in cui è cominciata la
flessione nel settore dell’ospitalità alberghiera, che
si è tristemente tramutata
in una sempre più drastica
assenza di stranieri, in
particolar modo nel comprensorio flegreo.
Pozzuoli e i Comuni limitrofi di Quarto, Bacoli e
Monte di Procida registrano dagli anni ’90 ad oggi un
crollo delle presenze straniere del 31%.
Gli imprenditori del settore
che anche quest’anno
avevano riposto speranze
di incrementare il lavoro
sono stati delusi dai dati, se
non proprio impietosi,
tristemente duri. «Oramai
va di moda il turismo mordi e fuggi», dice un noto
imprenditore alberghiero
di Arco Felice, frazione del
Comune di Pozzuoli. «Anziché restare fuori una setti-
mana intera i turisti si
accontentano al massimo
di un weekend. Le tariffe
migliori e i last minute dei
portali turistici su internet,
poi, sono concorrenziali.
Il vacanziero, oramai, va
in agenzia di viaggio, solo
per prenotare soggiorni
all’estero.
Negli ultimi anni si registra
un vero e proprio cambio
di tendenza nel modo di
fare vacanza. La concorrenza è spietata. Pur di mantenere la clientela, molti
alberghi praticano tariffe
stracciate, strutture a 4–5
stelle, spesso offrono prezzi
di un 3 stelle».
Le motivazioni principali di
questi mutamenti sono
diverse, a seconda degli
enti, associazioni di categoria e imprese turistiche
interpellate. Non mancano
ovviamente le lamentele,
che si appuntano sull’immagine dell’area, per niente migliorata e la mancanza
di fruizione di siti archeologici, chiusi o in pessime
condizioni strutturali.
La crisi economica pesa,
sia per le tasche degli italiani che per quelle degli
stranieri, ma a pesare di
più è la consapevolezza
della mancanza di una
politica locale che possa
migliorare l’organizzazione
imprenditoriale e il collegamento operativo con le
istituzioni e le altre categorie produttive.
«A Corto di Donne»,
le opere premiate
La VII edizione di ”A
Corto di Donne” , festival
internazionale di cortometraggi al femminile, che
si è svolto a Pozzuoli dal
10 al 13 aprile, si è chiusa
con grande successo
domenica 13 aprile 2014,
con la cerimonia alle
Terme Stufe di Nerone,
che ha assegnato i premi
della giuria, della giuria
giovani e il Premio al
Miglior Cortometraggio
Italiano. Come spiegano i
componenti dell’organizzazione, “A Corto di Donne” è un patrimonio di
storie e immagini.
Nell’edizione di quest’anno i cortometraggi hanno
affrontato temi di spessore
e profondità, che confermano la vocazione della
rassegna, puntando su
vicende intime e fenomeni
di grande rilevanza sociale. Le provenienze degli
autori formano un mosaico eterogeneo di realtà
geografiche e culturali,
distribuite tra le quattro
sezioni del concorso.
Ecco i cortometraggi
vincitori divisi per categoria. Per la categoria Animazione: “Snow”, di Ivana
Sebestová (Slovacchia /
2013 / 18). Menzione
speciale a “El Canto”, di
Inès Sedan (Francia / 2013
/ 8 30). Nella sezione
Documentari: “Love and
Rubbish”, di Hanna Polak
(Russia / 2012 / 8). Menzioni speciali a ”Ribelle e
ostinata”, di Stefania
Donaera (Italia - Bangladesh / 2013 / 29 30) e
“Una Mirada”, di Analìa
Fraser (Argentina / 2012 /
11 40). Per la categoria
Fiction: “De noche y de
pronto”, di Arantxa Echevarrìa (Spagna / 2013 / 19
56). Menzione speciale a
“The measure of man”,di
Ruth Meehan (Irlanda /
2012 / 12 42) e ”The
magic ferret”, di Alison
Parker (Canada / 2013 /
11 39). Per la sezione
Sperimentale: ”Avant la
nuit”, di Chiara Caterina
(Belgio / 2013 / 2 48).
Menzione speciale a “Mi
chiamo Franco e mi piace
il cioccolato fondente”, di
Silvia De Gennaro (Italia /
2014 / 7). Nella categoria
Premi Giuria Giovani: per
l’Animazione “Snow”, di
Ivana Sebestová (Slovacchia / 2013 / 18 ), per i
documentari ”Ribelle e
ostinata”, di Stefania
Donaera (Italia - Bangladesh / 2013 / 29 30 ), per
la fiction “Les Perruches”,
di Julie Voisin (Francia /
2013 / 13 36) e per la
sezione sperimentale “10
Fiori”, di Lalla Quintavalle
(Italia / 2014 / 7 33).
Mentre il Premio Speciale
al miglior cortometraggio
italiano va a “Recuiem”,di
Valentina Carnelutti (Italia
/ 2013 / 20).
L’elenco completo dei
cortometraggi è disponibile sul sito www.acortodidonne.it
ROSARIO SCAVETTA
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
DIVINAZIONE
IL MITO E I GIORNI
Le ragioni
del fato
Il segno del Cancro e il mito di Edipo: l’ideale
greco dell’uomo è quello di staccarsi dalla terra
Rosamaria Lentini
«È nel Cancro che si riflette
il mito d’Edipo: l’individuo vivente ha in sé il segreto bisogno
inconscio di tornare sempre alla Madre nella dimensione notturna della Luna, emersione di
tutte le silenziose nostalgie, degli struggenti rimpianti». Sono
parole di Roberto Sicuteri che
per nulla fanno pensare alla crudezza del mito a cui si riferiscono e che in estrema sintesi riporto di seguito. Quando Laio,
re di Tebe, viene a sapere dall’oracolo di Delfi che sarebbe
morto per mano di un figlio che
poi avrebbe sposato la madre e
causato la distruzione della casa, ripudia la moglie Giocasta.
Ma lei con un sotterfugio si unisce a lui, rimane incinta e partorisce un bimbo che poi abbandona sul vicino monte Citerone. Al neonato, trovato da
Peribea, moglie del re Polibo e
portato alla reggia di Corinto, è
dato il nome di Edipo, cresciuto e amato come un figlio.
Divenuto adulto, Edipo dall’oracolo appura che avrebbe
ucciso il padre e sposato la madre, per cui si allontana subito
da Corinto e s’incammina verso Tebe. Durante il tragitto a
causa di un diverbio uccide un
uomo e con questa morte, a sua
insaputa, dà l’avvio alla profezia
perché il morto è Laio, il suo vero padre. Prima di giungere a Tebe, Edipo incontra la Sfinge, un
mostro con testa di donna, cor-
po di leone, coda di serpente e
le ali, un chiaro simbolo di una
femminilità perversa e pericolosa. Ad ogni passante la Sfinge
sottopone un enigma che, se
non risolto, condanna il malcapitato ad essere divorato. Edipo
trova la giusta soluzione e la
Sfinge muore. Per aver liberato
Tebe da questa calamità è acclamato re e prende in sposa
sua madre Giocasta. Con lei regna diversi anni ed ha anche
due figli maschi, Eteocle e Polinice, e due femmine, Antigone
e Ismene. Tutto procede bene
fino a quando sulla città si abbatte una terribile peste ed Edipo, recatosi a Delfi per sapere
cosa fare, ha il responso che
l’epidemia sarebbe cessata dopo la punizione di colui che aveva ucciso Laio. Quando l’indovino Tiresia rivela tutta l’orribile verità, Giocasta si uccide, Edipo si trafigge gli occhi e dai due
figli viene cacciato da Tebe. Parte accompagnato dalle figlie e
dopo un lungo peregrinare
muore a Colono. Antigone e
Ismene allora tornano a Tebe. I
gemelli Eteocle e Polinice in un
duello si uccidono l’uno con
l’altro, il nuovo re Creonte assicura a Eteocle i riti funerari e la
sepoltura, mente si rifiuta di farlo per Polinice; Antigone, accusata di aver dato sepoltura al cadavere del fratello contro la volontà di Creonte, è condannata
alla prigione in una grotta fino
a quando porrà fine alla sua vita, impiccandosi.
Con la morte di Antigone si
compie l’intera profezia, perché
dell’intera famiglia dei Labdacidi si salva solo la mite Ismene.
Considerata nella sua interezza, ancor più che ristretta alle
vicende del solo Edipo, la storia
appare condotta da un fato
inarrestabile al cospetto del
quale nessuno può nulla. Ma
perché una stirpe così antica come quella dei Labdacidi deve
estinguersi? Quale disegno perseguivano gli dei ideatori di tale sterminio?
Gli antenati di Edipo erano Cadmo e Ctonio: il primo con l’alfabeto aveva regalato ai Greci la
scrittura, quindi il pensiero, il
logos, l’Anima Razionale, il secondo era uno Sparto, ossia un
“nato dalla terra”. In Edipo, perciò, coesistevano due nature,
una solare, apollinea, aperta,
l’altra lunare, notturna, ermetica. È con la prima che lui risolve l’enigma della Sfinge, la cui
parola chiave è appunto “l’Uomo”, ma la seconda lo porta
inesorabilmente a tornare simbolicamente figlio di Madre Terra, oltre che di Giocasta che lo
aveva generato. La cecità di Edipo come il buio della grotta nella quale viene rinchiusa Antigone appartengono al mondo lunare, il mondo della notte che
deve morire con loro. Antigone,
che non potendosi dissociare
dalla legge dal clan, prima accompagna il padre fino alla sua
morte e poi seppellisce il fratello a costo della sua vita, è anch’essa una Grande Madre che
deve restituire alla terra chi da
essa è nato mentre la mite Ismene, l’unica della stirpe che si salva, è il nuovo modello di donna
che sostituisce il precedente.
In nessun altro mito è così chiaro l’affermarsi del pantheon
olimpico solare su quello terrestre lunare e credo che sia anche
chiaramente tratteggiato l’ideale greco dell’uomo, come di colui che, nato con la doppia natura animale e spirituale, deve
dedicare la vita a staccarsi quanto più possibile da ciò che “lo
tira e trattiene in basso” per elevarsi verso le vette luminose,
quelle dove risiede Apollo.
rosalen@tin.it
LE CARTE DEL DESTINO
Il Bagatto
LA PAPESSE
E LA DEA ISIDE
La Papesse è il primo Arcano
che raffigura una donna.
Così come Il Matto e il
Bagatto, presi insieme,
rappresentano l’anima e la
personalità dell’essere
umano ovvero, in qualche
misura, la psiche come
agglomerato indistinto, la
Papessa è l’inizio della
differenziazione che si
esplicita attraverso la separazione dall’Uno del principio femminile. Il numero
due, che la contraddistingue, rafforza il concetto di
separazione, processo attraverso il quale, come in uno
specchio riflesso, può avvenire la conoscenza, di sé e
del mondo. Una volta che Il
Bagatto ha deciso di intraprendere il viaggio, la prima
fase da superare è quella
della conoscenza attraverso
la rinascita e la rivelazione,
l’uovo e il libro. Tuttavia
rivelare, se implica un lasciar emergere, ha in sé il
significato secondario, ma
non meno importante, di rivelare nel senso di nascondere nuovamente. Infatti, La
Papesse ha un velo dietro di
sé che nasconde, ma allo
stesso tempo consente di
accedere a significati più
profondi: «… il velo può
essere l’intermediario necessario per accedere alla
conoscenza: esso infatti
filtra la luce per renderla
percepibile...» (Chevalier). È
una sacerdotessa, pura,
come indica il colore bianco
della pelle, e fertile, come
l’uovo in evidenza fa intendere. Anzi è la sacerdotessa.
Gli studiosi dei Tarocchi
convengono, in modo quasi
univoco, nel ritenere che la
lama rappresenti la grande
dea Iside. Il Mito narra che
Iside, sposa e sorella di
Osiride, ricostruì il corpo del
marito, smembrato dal
fratello, raggruppando i
pezzi che erano stati sparsi
eccetto uno, che non riuscì a
trovare e che ricompose lei
stessa: il pene. Così la dea si
fece fecondare e nacque
Horus. Tuttavia Osiride,
sebbene in vita, non poteva
vivere sulla terra e così
divenne il re dei morti. Già
in questo racconto si intravedono temi che saranno
riproposti e ampliati nella
cultura greca e poi in quella
cristiana. In particolare la
morte-rinascita-morte, e la
fecondazione ottenuta per il
tramite dell’uomo ridotto
però, a mero strumento.
Nell’iconografia classica
Iside è spesso rappresentata
seduta su un trono mentre
allatta il figlio, così questa
immagine ha percorso i
millenni fino ad arrivare a
noi nella veste della Madonna. Il culto di Iside si è diffuso anche in luoghi a noi
molto vicini. Benevento è
una città rappresentativa in
questo senso, giacché costituisce un unicum del culto
della dea fuori dall’Egitto.
Domiziano, fra l’88 e l’89
d.C. fece erigere un tempio
in suo onore e si ritiene che
la splendida chiesa di Santa
Sofia, fondata nel 789 dai
Longobardi, abbia al suo
interno delle colonne di
quel tempio. Entrambe,
Iside e Sophia, sono riunite
proprio nel significato più
profondo della Sapienza,
quella Universale e mistica,
come recita uno dei tre inni
in onore ad Iside a noi pervenuti: «Perché io sono la
prima e l’ultima, Io sono la
venerata e la disprezzata, Io
sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la mamma e la figlia,
Io sono le braccia di mia
madre, Io sono la sterile,
eppure sono numerosi i
miei figli. Io sono la donna
sposata e la nubile, Io sono
colei che dà la luce e colei
che non ha mai procreato, Io
sono la consolazione dei
dolori del parto. Io sono la
sposa e lo sposo, E fu il mio
uomo che mi creò. Io sono
la madre di mio padre, Io
sono la sorella di mio marito, Ed egli è il mio figliolo
respinto. Rispettatemi sempre, Poiché io sono la scandalosa e la magnifica».
ilbagatto73@gmail.com
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
CHIAIA MAGAZINE •MAGGIO 2014
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STORIE&IMPRESE
PROFESSIONISTI E CREATIVI, FOCUS SULLA REGISTRAZIONE MARCHI
L’importanza di tutelare le proprie idee
Il marchio è il segno distintivo di un’idea. Che sia un logo,
un disegno, una parola, è la vetrina che rimanda ad un preciso prodotto o attività. Registrare le proprie creazioni, allora, è
fondamentale per tutelarsi, evitando che aziende concorrenti
se ne approprino illecitamente. Eppure ancora oggi, nell’ambito di un mercato che
spesso oltrepassa i confini nazionali, la cultura dell’importanza della registrazione di un
marchio o di un disegno/modello manca, così come la giusta informazione. Ne abbiamo
discusso con Enrico Palazzi,
dottore commercialista, e Daniela Pasquali, avvocato specializzato in materia. I due, napoletani, hanno dato vita a
“Professionisti e Creativi”
(www.professionistiecreativi.it)
una giovane e dinamica realtà
che, offre “Soluzioni per il Business” attraverso servizi e strumenti innovativi per le aziende.
«Quando si avvia un progetto il
primo step è l’ideazione del nome – spiegano – che spesso è
qualcosa di già visto o che ricorda un prodotto già commercializzato. Al contrario, per
immettersi sul mercato, è fondamentale puntare su originalità e innovazione. Prima di investire in termini di tempo e di
pubblicità, è quindi necessario
effettuare una ricerca di anteriorità, per verificare l’esistenza
di eventuali marchi simili o
(22)
identici già registrati rispetto a
quello ideato. Per fare questo è
consigliabile rivolgersi a professionisti, esperti del settore».
Cosa si può registrare?
Qualsiasi idea, logo, disegno, figura o modello di design. Non
tutti sanno che, oltre ad un marchio, si può depositare un disegno/modello, come il disegno
di una scarpa, un orologio, un
gioiello, un giocattolo, un oggetto di arredamento. A causa
della scarsa informazione, la
convinzione comune è che la
registrazione richieda costi eccessivi. In realtà non è così. Le
tasse di registrazione di un marchio hanno validità di 10 anni
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(per i modelli/disegni 5 anni). Si
tratta di un minimo investimento che garantisce una sicurezza nel tempo.
Quali rischi per chi non registra un marchio o un disegno?
Di fare un investimento a vuoto, in termini economici e di
tempo. Può accadere, laddove
si decida di utilizzare un marchio e non registrarlo, che da
un momento all’altro un terzo
esterno alla società o al progetto possa registrare lo stesso
marchio e addirittura far valere la sua registrazione contro la
mancata registrazione della
prima azienda. Lo stesso vale
per un modello di design.
E se invece si registra un marchio già esistente?
Se un soggetto sceglie un nome, crea un sito internet, commercializza del materiale il cui
marchio è già esistente sul mercato, il rischio è di incorrere in
una procedura di riappropriazione del nome a dominio, sequestro della merce, inibitorie,
misure cautelari, diffide e sanzioni pecuniarie. Questo perché la registrazione tutela non
solo il marchio ma anche l’intero packaging, ovvero tutto
quanto è connesso al brand di
un’azienda (la forma di un prodotto, la sua confezione).
Un’azienda locale che interesse può avere a registrare un
marchio?
Nel momento in cui si crea un
sito internet o una pagina Facebook non si è più “locali” o
“territoriali” ma si diventa globali, ci si immette in un mercato mondiale, in cui si può essere soggetti a imitazione/contraffazione o a diffide/inibitorie. In più, a seconda delle prospettive e della grandezza produttiva dell’azienda, la registrazione può essere effettuata a livello nazionale (valida solo in
Italia), comunitario (valida sul
territorio dell’Unione Europea)
o internazionale, ulteriore motivo per cui è fondamentale affidarsi a qualcuno che conosca
la normativa e possa individuare la strada più conveniente da
intraprendere caso per caso.
Perché conviene affidarsi a dei
professionisti?
Oltre che per le ricerche di anteriorità, uno studio di consulenza offre al cliente assistenza
legale continuativa. Quando si
deposita un marchio, infatti,
questo non viene concesso immediatamente. La domanda di
registrazione viene pubblicata
su un bollettino ufficiale ed entro tre mesi dalla pubblicazione,
chiunque abbia interesse può
proporre opposizione innanzi
agli organi competenti. Essere
seguiti da un professionista garantisce assistenza legale per
eventuali opposizioni nella fase anteriore alla concessione o
anche in quella successiva, per
utilizzo improprio del marchio
già registrato.
Cosa propone“Professionisti e
Creativi”?
Offriamo una consulenza gratuita, in cui analizziamo la situazione del cliente, facendo
uno screening dell’azienda e, a
seconda delle sue esigenze, formuliamo un preventivo. Oltre alla ricerca di anteriorità e alla registrazione del marchio, offriamo un contratto annuale di consulenza, tutela legale e assistenza per ogni attività connessa al
marchio o al disegno/modello:
redazione di contratti di cessione, licenza, franchising. Incluso
un monitoraggio del mercato,
con servizio di sorveglianza e indagine sulla contraffazione e illecito utilizzo di marchi.
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
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STORIE&IMPRESE
PROFESSIONE FASHION REPORTER
De Caro, il blogger che racconta i brand
Nuovi blogger crescono.
Sulla rete il tempo scorre
frenetico, se hai talento fai
breccia subito. Lo sa bene
Lorenzo de Caro (nella
foto), napoletano, studente
di scienze della comunicazione e modello, che dal 1°
ottobre dello scorso anno ha
lanciato sul web un suo
spazio personale (www.lorenzodecaro.com): la sua
finestra privata sulla moda e
i personaggi in vista della
Napoli bene, sui pettegolezzi e le curiosità di una città
chiacchierata come Napoli.
Lo abbiamo incontrato a
dicembre e da allora il successo del giovane volto non
ha avuto battute d’arresto. I
numeri, anzi, lievitano
giorno dopo giorno: 12 mila
follower su Instagram, 1400
su Twitter in appena un
mese dall’iscrizione, in
media 4000 visualizzazioni
del blog a settimana. Insomma, de Caro spiazza sui
social. E il suo commento, a
sette mesi dal lancio on line
del sito, non può che essere
positivo. «Sta andando
sempre meglio – ha commentato – e i progetti in
cantiere sono tanti. Sono
soddisfatto, e lo sono ancora
di più perché noto un ri-
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scontro anche fuori Napoli».
L’ambizione, ovviamente,
corre veloce: «Punto a fare
sempre di più».
Cresce lui, come cresce il
suo blog. Il 3 aprile il primo
fashion blogger di Chiaia ha
spento 23 candeline, festeggiando con un party esclusivo, riservato a una cerchia
ristretta di amici e parenti,
nella splendida location di
Terrazza Calabritto, a due
passi dal lungomare di via
Caracciolo. Tra gli ospiti,
personaggi di spicco del
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
salotto buono di Napoli:
Massimiliano Neri Kukai,
titolare del primo e più
famoso ristorante giapponese made in Naples, la conduttrice televisiva Serena
Albano, l’architetto Francesca Faraona, la giornalista
Francesca Scognamigno
Petino e la fashion designer
Caterina Chiaiese.
Aperitivo, buffet e, per chiudere con dolcezza, una torta
realizzata da Marianna
Ciano per l’occasione speciale. Serata riuscitissima
che ha messo il punto ad
una giornata condita di
attenzioni e coccole da
parte di amici e fan del neo
ventitreenne, a cui è stato
dato il buongiorno con
colazioni spedite direttamente a casa e mazzi di
fiori. Ma un fashion blogger,
se ha fama, è soprattutto un
testimonial, una vetrina che
aggiunge valore ad un prodotto. E Lorenzo de Caro
anche in questo campo sta
sbancando. Il risultato? Il
frizzante shapaholic è sem-
pre più corteggiato da
brand, aziende e marchi
locali. Lo testimonia lo
shooting fotografico per
Ileana Della Corte, titolare
di una tra le più prestigiose
gioiellerie di Chiaia. Scatti
(visibili sul blog) realizzati
dalla nuova fotografa ufficiale di Lorenzo de Caro,
Enrica Greco, in cui il blogger, elegantissimo in giacca
blu e camicia bianca, si è
lasciato catturare indossando gli splendidi accessori
della collezione di Ileana.
Servizio fotografico a cui
seguirà anche un mini video
promozionale da spalmare
sui social network. Tra i post
più cliccati del blog, poi,
una serie di foto in cui de
Caro, armato di utensili da
cucina e fasciato dal grembiule azzurro cielo firmato
Maurizio Marinella(l’imprenditore delle cravatte di
Napoli) for Voiello, ha dato
prova di sé tra i fornelli,
cucinando un piatto in cui
l’ingediente principale era la
pasta del gruppo assorbito
da Barilla.
In pentola, però, bolle tanto
altro. I prossimi mesi preannunciano novità ed eventi
esclusivi. E allora: Napoli,
stay tuned!
STORIE&IMPRESE
INTERVISTA AL CAPITANO DEL POSILLIPO
Valentino Gallo, campione a tutta birra
Si è tuffato in una nuova
sfida con la stessa determinazione con cui ha frantumato
lo specchio d’acqua della
piscina olimpica di Londra.
Poco meno di due anni fa, in
quella partita che ha colorato
l’Italia d’argento. Perché un
campione è questo che fa.
Rischia. E lui, che da vent’anni vive di pallanuoto, ha
imparato a prendere la vita
come un gioco al cardiopalma, in cui non smetti mai di
misurarti. Anche su circuiti
mai calpestati, come quello
dell’imprenditoria. Valentino
Gallo (nella foto) è pallanuotista del Settebello, 29 anni,
siracusano. Ha mosso i primi
passi con la squadra dell’Ortigia. Da dieci stagioni, però, la
sua seconda casa è Napoli.
Attaccante della squadra del
Posillipo, in cui da due anni
indossa la fascia di capitano,
ha collezionato vittorie su
vittorie: oro ai Mondiali di
Shanghai, argento alle Olimpiadi di Londra con la Nazionale, una Coppa dei Campioni e una Supercoppa Europea
con il Posillipo. Una carrellata
di successi, frutto di tenacia e
passione. Con la stessa voglia
di mettersi in gioco che lo ha
spinto in alto, da un anno si è
lanciato in un’attività impren-
ditoriale con il suo amico e
compagno di squadra in
nazionale , l’italo-cubano
Amaurys Perez. Insieme
hanno dato vita alla birra
artigianale “Zion”.
Com’è nata l’idea di lanciarti
nel business?
«Io e Amaurys gestivamo già
una birreria a Rende, in provincia di Cosenza. L’idea di
investire in questo campo è
nata insieme al cognato di
Perez, Francesco Rende, terzo
socio in affari, che produceva
birra artigianale. Vendendola
nel locale, ci siamo resi conto
che era buona, c’era una
grande richiesta e così abbiamo pensato di commercializzarla. Inizialmente era più un
gioco, un esperimento. Ora
facciamo sul serio, da gennaio
siamo ufficialmente operativi».
Zion, perché questo nome?
«La birra si dice che sia nata
nella località di Sion. In più,
nel rastafarianesimo diffuso
nella cultura caraibica e
giamaicana, vicina ad Amaurys che è cubano, Zion voleva
dire Nirvana. Dalla fusione di
questi due termini e del loro
significato è nato il nome
della nostra birra. Abbiamo
poi continuato su questa
linea, assegnando a ogni
tipologia di birra il nome di
un santo cubano».
Che tipi di birre producete?
«Ne abbiamo sei e ognuna
porta il nome di un santo
cubano: Orula Chiara, Elegua
Strong Scotch Ale, Ogun
Black, Obatala Weizen, Chango American Ale».
Un campione che si veste da
imprenditore. Quale dei due
abiti senti più tuo?
«Mi sento più campione che
imprenditore. La nostra è una
realtà che è nata da poco,
ancora giovane. La pallanuoto
resta il mio primo pensiero.
Ma devo dire che quella che
stiamo sperimentando è
un’attività che mi piace tantissimo. Ho imparato anche il
procedimento di preparazio-
ne della birra, grazie al nostro
mastro birraio Francesco, il
cognato di Perez».
Quindi la pallanuoto resta al
primo posto…
«Sì, non abbandonerò lo
sport. La pallanuoto è la mia
vita, la mia passione più
grande. La pratico da quando
avevo nove anni, sono vent’anni che mi accompagna.
Anzi, più passa il tempo più
ho voglia di continuare. Mi
fermerà solo l’età. Adesso
punto alla mia terza Olimpiade, a Rio, nel 2016. Dopodiché
non so di preciso quale sarà il
mio futuro. Sicuramente
continuerò col Posillipo e con
Amaurys a far crescere
l’azienda il più velocemente
possibile. Lavorando il doppio, visto che qui al Sud tutto
è più complicato».
Sport e imprenditoria: c’è un
punto di contatto tra le due
realtà?
«In entrambe la strada da
imboccare è quella del sacrificio. Lo sport insegna a fare
rinunce per raggiungere
l’obiettivo che rincorri. Io e
Amaurys siamo pronti a farne
di nuovi e agguerriti per
portare in alto l’azienda che
abbiamo creato noi, di cui
siamo i padri. Questa sarà una
doppia soddisfazione». (l.i.)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(25)
STORIE&IMPRESE
CITTA` DELLA SCIENZA, L EVENTO
Napoli Salsa Festival, il ballo al potere
Salsa, ritmo caraibico e
sonorità latino-americane.
Tutto questo è “Napoli Salsa
Festival”, l’evento che permette alle migliori scuole di
ballo di Napoli e della Campania di esibirsi in una serata
coinvolgente e ricca di iniziative. L’evento nasce da un’idea
del maestro Ciro Ammendola
e di Giorgio Longobardo (nella foto), accomunati dal desiderio di associare al territorio
campano, patria indiscussa di
canzoni e musicalità famose
ovunque, il mondo latinoamericano e caraibico. Giunto
alla terza edizione, l’evento si
terrà il 27 giugno a Napoli, nella significativa location di Città della Scienza. Dopo l’incendio di un anno fa il polo
scientifico d’eccellenza, grazie al patrocinio della X Municipalità del Comune di Napoli, si apre così al ballo e alla
musica, in un’atmosfera trascinante che vedrà venti tra le
scuole più rappresentative del
movimento caraibico in Campania mettersi alla prova in un
confronto esclusivo con sé
stessi. Due universi culturali
apparentemente lontani,
quello partenopeo e quello
delle danze caraibiche, che si
intrecciano rendendo il Sud
d’Italia un nuovo centro di di-
(26)
vulgazione del ballo e del folklore latino-americani. Tanto
che il “Napoli Salsa Festival”,
in appena due anni dalla sua
creazione, è già diventato una
realtà radicata sul territorio,
capace di attrarre ballerini
(professionisti e non), uniti da
passione e ed impegno, intenzionati a mostrare quanto il
ballo e la salsa possano contribuire al benessere personale. La kermesse prevede un
programma articolato in tre
momenti. La prima parte
prenderà il via alle ore 18.00,
con lo stage gratuito di Juan
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
Matos e Barbara Jimenez. La
serata continuerà poi dalle
20.30, nella Sala Newton, con
una carrellata di esibizioni di
danze caraibiche eseguite dagli allievi delle principali scuole campane selezionate. A seguire, a partire dalle 22.30, la
Galleria Centrale ospiterà l’attesissimo “Gran Galà della Salsa e spettacoli”, cui prenderanno parte decine di ballerini ed appassionati invitati dall’ideatore della manifestazione Ciro Ammendola. L’evento,
patrocinato dal Comune, dalla Provincia, dal CONI e dal
CSEN Danze Campania, punta soprattutto a ricordare che
nel ballo, così come nella vita
di tutti i giorni, al di là dei movimenti predefiniti, sono la
fantasia del singolo e l’improvvisazione le armi del successo. Nel “Napoli Salsa Festival”, le danze caraibiche diventano anche motore di rivalutazione e riqualificazione
del territorio, lanciando un
messaggio di rinascita tramite
un’arte gioiosa e passionale
come la danza. All’evento, infatti, hanno aderito le scuole
più prestigiose della Campa-
nia, consapevoli della necessità di “ripulire” l’immagine di
una parte significativa del territorio. E così, dopo il successo delle precedenti edizioni, è
stata scelta una cornice dalla
forte valenza simbolica, che
testimonia la lotta, a ritmo di
musica, contro chi vuole distruggere la cultura del popolo campano. Già nel 2012, infatti, la manifestazione è stata
ospitata da un luogo simbolo
della ricostruzione della zona
flegrea: l’auditorium di Porta
del Parco a Bagnoli. Ma non è
tutto. Il progetto intende lanciare un messaggio di universalità, seppure nella diversità
delle varie tipologie dei balli
latino-americani. Non conta,
cioè, capire la tecnica o la gestualità dell’una o l’altra specialità quanto, piuttosto, comprendere quanta gioia possono regalare i movimenti, le
espressioni del corpo, ma soprattutto dell’anima e della
mente. Tutti possono ballare
la salsa, divertirsi sulle note
caraibiche: l’importante è lasciarsi andare. Questo e molto altro la terza edizione del
“Napoli Salsa Festival” si propone di rappresentare per il
mondo dell’arte e dello spettacolo, ma soprattutto per Napoli e il rilancio del territorio.
saper vivere
CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ
Il poeta che bacchettò Eduardo
Aldo De Francesco
V
erso la fine degli anni Settanta, quando
Napoli era ancora vivibile, e nonostante grane storiche, vi si potevano fare
ancora degni incontri, che ti arricchivano per la vitalità, l’intelligenza, la
singolare creatività della gente, conobbi Gennaro Esposito, poeta di strada,
anzi “artista’e marciappiere”, come
egli stesso amava definirsi. E in fondo
lo era, andando a zonzo per vicoli e
quartieri, dentro il ventre di Napoli.
Me lo presentò il professore Emilio
Buccafusca, ortopedico di valore, ma
allo stesso tempo, inesauribile animatore culturale, un passato da protagonista nel movimento futurista napoletano, che, ogni giorno, dopo aver
tenuto studio ambulatoriale alla cassa
Marittima in via San Nicola alla Dogana, immancabilmente saliva in redazione al “Roma” al terzo piano del
Palazzo Lauro di via Marittima, scortato quasi sempre da Gennaro, detto
Sasà, in famiglia e per gli amici. Il
professore non dava un passo senza
Sasà. Era talmente preso e invaghito
dalla sua poesia, che non solo godeva
nel leggerla, come si può fare per un
doveroso, quotidiano “officium”, ma si
sentiva appagato quando ne poteva
essere l’araldo - anche l’occasionale
divulgatore - recitandola in anteprima
agli amici, convinto, e aveva ragione di
crederlo, del privilegio che gli era
toccato d’essere lo scopritore di uno
degli ultimi, autentici poeti di Napoli.
Sulla scia, va detto, di Di Giacomo,
Dieci anni fa moriva Gennaro Esposito
uno dei più grandi cantori
di Napoli che amava
definirsi «artista ‘e marciappiere»
Ferdinando Russo e Raffaele Viviani.
Accadeva così molto spesso che, nel
mentre al giornale si discuteva dei
fatti di cronaca da sistemare in pagina,
sempre imprevedibile e varia in questa nostra spettacolare città, Gennaro,
senza che gli venisse chiesto, all’improvviso, o sfogliando qualche sua
segreta “libbretta” o facendo semplicemente ricorso alla proverbiale
memoria, riusciva sempre ad “appizzare” a un fatto il pertinente commento di un versetto poetico.
La sua duttile vena di respiro civile era
impareggiabile nel saper indicare le
“cose storte” senza mai cadere nel
vortice enfatico di logore lamentazioni, che hanno reso un pessimo servizio
alle rivendicazioni, pur legittime, di
una Napoli, ex capitale, emarginata
dell’annessione.
Poi un giorno, di inizio estate del 1979,
usci la sua prima raccolta “Pizza ,
Popolo e.. Putere”, un debutto, con
prefazione di Emilio Buccafusca,
salutato nella redazione del mio vecchio Roma di via Marittima da un
brindisi mai tanto cosi sincero, ben
riposto e bene augurante un successo,
che, di lì a poco, consacrò Gennaro
Esposito, detto Sasà, verace, autentico
poeta di Napoli.
Oltre al suo realismo di vivacità “vivianesca”- di trascinante forza interiore e
dal linguaggio di immediata presa,
nascente dalle più veraci radici parte-
Le foto che ritraggono Gennaro Esposito sono tratte dal libro di poesie in napoletano
«’E secutate» (Edizioni Intra Moenia). La sequenza fotografica è di Oreste Lanzetta.
nopee- la cosa che maggiormente mi
colpiva di lui, parlandogli da allora
sempre spesso, era il suo amore sconfinato per Napoli, declamato dovunque, con un timbro lessicale diretto,
chiaro, forte e impietoso, di una spontaneità unica.
Aveva sofferto tanto nella sua Napoli,
dove si era dovuto dar da fare, per
costruirsi un futuro decente che gli
consentisse di vivere senza quell’assillo, che ha fatto di questa città un luogo
di una dannata provvisorietà storica:
l’emblema della precarietà.
Ma questa sofferenza, che in altri
procurava spesso rifiuto delle proprie
radici, in lui ne determinò un maggiore attaccamento: difatti non riuscì mai
a giustificare, o meglio a perdonare,
coloro che abbandonavano Napoli per
fare carriera.
A riguardo mi piace citarne due frammenti poetici, prove inconfutabili della
sua sincera fedeltà: il primo è rivolto
all’amico Carlo di Rienzo, in occasione
di un furto subito a Pescara, al quale
ricorda, sorridendo: «Pe’ na carriera
facile, / te ne partiste ’a Napule, /
lassanno chistu popolo, / ca eguale
nun ’nce stà ,/ Pirciò chesta nutizia/
d’ ’o furto c’hè subìto, / a pparte
ll’amicizia, /m’ha fatto cunzulà …»
Ma Gennaro Esposito, l’irriducibile
Sasà, dallo stesso cognome del protagonista di Napoli Milionaria, non
risparmiò la ramanzina neanche al
grande Eduardo di “Ha ddà passà a
nuttata”, cui rispose, è proprio il caso
di dire, per le rime : «Quanno diciste
ha ddà passà ’a nuttata, / don Eduà
faciste cchillu guaio !/… L’ommo nu
po’ aspettà ca pass’ a notte , / nun po’
restà accussì: / sì no int’ ’a vita , onn
‘Eduà , so’ botte/ Tu quanno nnce
puteve dà n’aiuto / a stu paese te ne sì
ffujute / ..e manco muorte , po’ , nce sì
tturnate».
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(27)
ARTE
LA REGINA
Eruzione
Warhol
Sara Giuseppina D’Ambrosio
A
chille Bonito Oliva l’ha definito «il Raffaello della società di massa americana» perché «insopportabilmente grande». Artista dall’espressività plurale come quella dell’arte stessa, fruitore e
creatore al contempo, lungimirante
anticipatore, Andy Warhol ha lasciato
un retaggio difficilmente quantificabile. Per questo «Andy Warhol: Vetrine»,
l’ampia retrospettiva a lui dedicata al
PAN fino al 20 luglio, si presenta come
un crescendo di opportunità per il
pubblico di visitatori e semplificarla
col binomio contemplazione/riflessione sarebbe lacunoso. Tra le molte
mostre a lui dedicate e le parole dette
(e ancora più spesso ridette), proliferazione giustificabile se si considera la
produzione immane della sua Factory,
la rassegna napoletana trova la sua ragion d’essere particolare nell’esprimere il legame di Warhol con la città di
Napoli e mostrando, in questo modo,
per utilizzare ancora una volta le parole del curatore dell’esposizione, Achille Bonito Oliva, un tratto di «antropologia culturale». Tra le 180 opere esposte, infatti, si trovano ritratti di noti animatori della vita culturale partenopea,
ad esempio quello di Lucio Amelio, il
gallerista cui si deve il rapporto di Warhol con la città campana, o ancora di
Ernesto Esposito, Salvatore Pica. Ma
(28)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
Warhol seppe misurarsi anche con uno
dei simboli imprescindibili della città:
il Vesuvio. Nella serie di lavori Vesuvius,
l’artista americano riprodusse quest’idolo assopito che per il suo potenziale distruttivo potrebbe essere ricondotto a quel ciclo di lavori in cui l’artista dialogò con la morte e fra i quali
trovano posto anche i molti ritratti di
Marilyn Monroe, che egli iniziò a dipingere subito dopo la morte della diva, di cui è possibile vedere numerosi
esemplari. Impressionante è, però,
l’impatto che si ha appena ci si confronta con il grande trittico (270x600
cm), acrilico e serigrafia su tela, Fate
presto. In questo è riprodotta, infatti, la
copertina del Mattino che, quel mercoledì 26 Novembre del 1980, tradusse nelle due sole, significative, parole
del titolo la tragedia del terremoto dell’Irpinia. Quest’opera è l’ennesima
conferma di come Warhol fosse uno
scrupoloso osservatore del suo tempo.
Ecco le Campbells soup divenire soggetto con Mao Tse Tung, Joseph Beuys,
Regina Schrecker e lo stesso Warhol.
Cogliendo una tradizione antichissima, infatti, Andy divenne egli stesso
soggetto da ritrarre e non si sottrasse a
quel ciclo ripetitivo, volendo ossessivo,
di tutti i suoi modelli. Peculiare, per
esempio, la sorte dell’iconica Campbells soup, che dalla tela ritorna oggetto nel suo divenire stampa per un
vestito (autografato da Warhol e qui
esposto). Napoli, che fu anch’essa musa dell’artista, celebra con queste vetrine il suo dissacrante cantore restituendo a se stessa, o meglio ai suoi abitanti, parte di quella carica ispiratrice
un tempo donata.
Regina Schrecker,
stilista e musa di Andy
Warhol, ha partecipato
all’anteprima della
mostra che ha animato
il 17 aprile le sale del
Pan di via dei Mille. Il
tempo non ha
appannato il suo
fascino. Bella ed
elegante come quando
l’artista statunitense
l’ha raffigurata nei due
pannelli a lei dedicati
(anche questi inclusi
nel percorso), tra un
flash e l’altro, l'ex Miss
Universo si è lasciata
andare a qualche
confessione. «Andy
Warhol rappresenta il
mondo intero. Io l’ho
conosciuto molto bene.
Era un curioso, ironico
e auto-ironico, sapeva
prendersi in giro. Era
una persona speciale,
un amico vero. Amava
Napoli, rimase molto
impressionato dal
Vesuvio, ma soprattutto
dal calore e dalla
solarità della gente».
Leggi l’intervista
completa su
www.iuppiternews.it
Occhio di riguardo
Il giorno di Spalletti
Azzurro del cielo, rosa dell’incarnato,
bianco e grigio. Tinte pastello e nuances
pallide sporcano appena le opere di
Ettore Spalletti, scultore e pittore nato
nel 1940 a Cappelle sul Tavo, dove
ancora oggi vive e lavora. Si chiama “Un
giorno così bianco, così bianco” la
mostra a tappe che celebra uno degli
artisti più significativi del panorama
artistico contemporaneo. La particolari-
tà el progetto consiste nella sinergia fra
tre musei (il MAXXI di Roma, la GAM di
Torino e il MADRE di Napoli), che collaborerano unendo nord, centro e sud del
Paese. Le mostre raccontano tutti gli
aspetti dell’opera di Spalletti – dalla
pittura alla scultura fino alle installazioni
ambientali – all’interno di percorsi
espositivi che prevedono opere stori-
che, recenti e inedite. La tappa napoletana, curata da Andrea Villani e Alessandro Rabottini, sarà visitabile fino al
18 agosto. Mostra la varietà e la profondità della pratica dell’artista, che nell’arco di quarant’anni ha saputo mantenere
uno status individuale e sviluppare un
linguaggio capace di far dialogare
contemporaneità e classicità. In circa
quaranta operesi potrà ripercorrere
l’avventura creativa di Spalletti, dagli
esordi alla metà degli anni Settanta, fino
ad oggi, in cui caratteristici della sua
arte: la commistione tra l’esperienza
quotidiana e l’orizzonte metafisico della
visione. Fondamentale è anche il supporto: i materiali utilizzati (come i numerosi marmi o le carte veline) sono
esplorati per le loro qualità cromatiche
prima ancora che scultoree.
ANTONIO BIANCOSPINO
ARTE
mostre
Progetto
XXI, l’arte
è donna
BETTY BEE E LAURE PROUVOST
ESPONGONO ALLA FONDAZIONE
MORRA GRECO. DA SECOND LIFE
AL POLPOMOTORINO
Sara Giuseppina D’Ambrosio
Fino al 24 maggio sarà possibile visitare, alla Fondazione Morra Greco,
la mostra dedicata a due artiste contemporanee, la napoletana Betty Bee
e la francese Laure Prouvost. L’esposizione è parte del Progetto XXI, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Morra Greco e la Fondazione
Donnaregina. Una mostra duplice
perché la struttura del museo ha permesso una presentazione indipendente dei lavori delle due artiste.
Mentre Betty Bee vede la sua “Second
Life” ospitata nelle stanze di un piano dell’edificio, Laure Prouvost lascia
che il suo “Polpomotorino” si sviluppi nel seminterrato. Un habitat
speciale era, del resto, necessario per
l’istallazione site-specific della Prou-
magìe
Storie
ritrovate
d’argento
FINO AL 20 LUGLIO AL MUSEO
DEL TESORO DI SAN GENNARO
IN MOSTRA UNA COLLEZIONE
CAPOLAVORO DI 80 STATUE
vost. Il visitatore è accolto da un grande schermo su cui è proiettata un’immagine non facilmente distinguibile.
È questione di un attimo, però, perché quella criptica figura sia sostituita da una più familiare: il motorino,
ritratto dall’artista attraverso un
montaggio di riprese cittadine realizzate nel corso del suo soggiorno a
Napoli. Forse impressionata dalla sua
onnipresenza, Prouvost ne ha avvertito l’affinità con il polpo, la misteriosa figura iniziale. Come il motorino non teme gli ingorghi e i vicoli impervi, il polpo con i suoi tentacoli è in
grado di raggiungere anche gli anfratti più stretti.
I due attori del video sul grande
schermo iniziale si fondono nella videoistallazione vera e propria che
s’incontra poco dopo. Il Polpomoto-
Sono ottanta statue
d’argento, rimaste
per lungo tempo
nascoste, le protagoniste della mostra dal
titolo “Storie d’argento”, inaugurata il
17 aprile e visitabile
fino al 20 luglio al
Museo del Tesoro di
San Gennaro. Capolavori fino ad ora
celati al pubblico,
usciti per la prima
volta dal caveau del
museo di via Duomo,
più sei opere facenti
MARIA MULAS
Torna a Napoli per la
seconda volta la fotografa
Maria Mulas con una
personale in esposizione
dal 7 maggio alla galleria
“Al blu di Prussia”, lo
spazio multidisciplinare
diretto da Giuseppe
Mannajuolo. La mostra,
curata da Mario Pellegrino,
si intitola “Ostranenje”,
ovvero straniamento, e fa
riferimento alle astrazioni
cui dà vita soffermandosi
con l’obiettivo su scenari
architettonici. Un corpus
di sette fotografie di
architettura in bianco e
nero di grande formato
scattate tra gli anni
rino è un essere di dimensioni considerevoli, il cui corpo è formato da
brandelli di ciclomotori. Fra questi,
dei fari si accendono e si spengono
simulando, così, il comportamento
delle palpebre e divenendo gli occhi
della creatura. I tentacoli, al contrario, sono schermi rettangolari, montati verticalmente, ognuno dei quali
riproduce un particolare video. Sono ancora immagini urbane che riprendono i motorini e i loro guidatori, a volte soffermandosi sulla vita
giovanile che si articola nei dintorni.
Con Second Life, invece, cambia la
prospettiva. Ad ognuna delle tele di
Betty Bee è dedicata un’ampia stanza, in questo modo i lavori dell’artista si stagliano sulle pareti divenendone protagonisti. Fedele alla propria cifra stilistica e al suo pseudoni-
Settanta e Ottanta. Più una
brochure (Paparo
Edizioni) e, proiettato
nella saletta cinema, uno
slide show di un centinaio
di ritratti che Maria Mulas
ha dedicato a personaggi
di spicco dello spettacolo e
della cultura. Maria Mulas
è tra le più illustri
fotografe italiane. Dopo un
debutto artistico come
già parte dell’esposizione. Tutto questo
dopo il successo ottenuto in terra francese,
con la mostra “Tesoro
di San Gennaro a Parigi”, in cui il tesoro del
patrono di Napoli ha
per la prima volta
varcato i confini dell’Italia. Ma non si tratta
di un percorso esclusivamente artistico. La
mostra consentirà ai
visitatori di assistere
alla lettura da parte di
studiosi e personalità
pittrice, si dedica, dalla
metà degli anni Sessanta,
alla pittura, che resterà la
sua forma espressiva,
seguendo le orme del
fratello Ugo Mulas. Nel
2009 ha vinto il Premio
delle Arti - Premio della
Cultura per la Fotografia
con la motivazione
seguente: «L'occhio
fotografico di Maria Mulas
ha trovato, nella dialettica
del vissuto e nei ritratti
assoluti, l'attimo di un
racconto immortalato
dove valore estetico e
tecnica delle parti segnano
il capitolo più alto della
storia fotografica degli
ultimi decenni». (i.s.)
mo, Betty Bee ripropone in ben 3 delle 5 opere esposte il peculiare nido
d’api, che sembra, al contempo, proteggere e mascherare quanto vi è dipinto sotto. Un esempio è “Senza titolo” (ribattezzato in occasione della mostra La grande bellezza), glitter
e smalto su tela, nel quale una parte
della vegetazione rappresentata è
schermata da questa trama romboidale. Opera emblematica anche perché catapulta lo spettatore nel romanticismo fiabesco tipico della
nuova produzione dell’artista.
In realtà, in tutte le opere esposte,
anche quando il nido d’api manca,
c’è sempre una sorta di ostacolo che
si frappone fra l’osservatore ed il soggetto dipinto. In “Crust” è un filo spinato, in “Life/Vita” due catene, dai
grandi anelli, che s’intersecano. Con
questo espediente, si crea una linea
di continuità fra i lavori della mostra,
benché i colori scelti affermino la
chiara specificità di ogni tela. Come
per “Loneliness/Solitudine” abbiamo un marrone spento che restituisce la rappresentazione di un luogo
scarno, effettivamente solitario, così
“Couple/Coppia” presenta la quasi
totalità della tela dipinta col rosso vivo, da sempre simbolo della passione. Il titolo della mostra, poi, è esemplificativo della trasformazione fissata sulla tela dall’artista, che attraverso l’esposizione riscopre se stessa
e dà voce alle evoluzioni emozionali
che hanno caratterizzato l’ultimo periodo della sua vita.
dello spettacolo, di documenti antichi provenienti dallo storico archivio
della Cappella del Tesoro di San
Gennaro. Mastriani, Domenico Rea,
Matilde Serao, Benedetto Croce,
s’intrecceranno con le storie delle
vicende degli artisti napoletani che
hanno realizzato i più importanti
capolavori d’argento, parlando di sé
e delle opere. Il tema, infatti, scelto
quest’anno dal Ministero per i Beni
Culturali è il libro, vissuto con una
serie d’iniziative sparse sul territorio
nazionale dove i musei, gli scavi
archeologici e i monumenti diventeranno il teatro delle letture di libri.
ANTONIO BIANCOSPINO
PISANO
Fino al 29 maggio, la sala
Carlo V di Castel Nuovo
ospita la mostra
antologica dal titolo
“Chaos. Da Napoli a
Napoli" dell’artista
Edoardo Pisano. Curata
da Mimma Sardella,
l’esposizione si compone
di quaranta opere
pittoriche di varie
dimensioni, eseguite tra
la fine degli anni Settanta
e i giorni nostri, in cui
l’artista spesso rielabora
la stesura pittorica, in
tecnica mista, eseguita in
anni precedenti.
Napoletano per origine e
formazione, ma
trasferitosi in Toscana dal
1983, Edoardo Pisano
vuole ribadire con
l’esposizione napoletana i
suoi legami con la città e i
suoi miti, ripercorrendo,
nei luoghi trasfigurati
dalla densità delle
immagini e dei simboli
che le afferiscono, il suo
percorso di uomo e di
artista. (i.s.)
CHIAIA MAGAZINE •MAGGIO 2014
(29)
LIBRI&LIBRERIE
LIBRIDINE
Aurora Cacopardo
novità
Interviste
sul futuro
europeo
RACCONTI DI
NARRINELLA
DOMANDE E RISPOSTE
SUL VECCHIO CONTINENTE
NEL PREZIOSO LIBRO DI CARLO
MAZZANTI “UNA NUOVA EUROPA”
domande e risposte sul vecchio continente”, ML
Europa sì, Europa no. Da qualche tempo a
Mazzanti Libri, (realizzato grazie anche al decisivo
questa parte, non v’è dibattito in cui non aleggi
impulso di Marco Marazzi e Stefania Schipani di «Ri
questo ritornello che, senza volerne banalizzare i
Fare L’Europa»), che, attraverso il contributo di
pur giusti dubbi, è di tale insistenza da parer
ventisei interviste da lui raccolte - diciotto ad
ricalcare il popolare “refrain” delle Storie tese. Ora,
analisti e studiosi di economia, geopolitica,
per quanto possano essere anche strumentali le
relazioni internazionali, filosofia politica, storia,
motivazioni da parte di coloro, euroscettici da
sempre o diventati alla luce di risorgenti incertezze, scienza delle finanze, astrofisica e otto a politici di
area liberale, democratica,
questa oggettiva considerazione
riformista e federalista - propone
non può esimerci dal dire che il
una ricca e utilissima griglia di
cammino dell’Unione Europa si
risposte sull’Euro, sulle cause e i
sta caratterizzando sempre più
rimedi della crisi, sull’Europa e sul
per gli ostacoli e le
Mondo del futuro. Partendo dal
incomprensioni. Da considerare
convincimento che, in seguito alla
giunto il momento di riflettere
incertezza e alla paura di un
sul suo futuro, di rivederne
impoverimento tanto rapido quanto
taluni meccanismi, ruoli e
inatteso, è stato facile cercare subito
funzioni, e soprattutto di
una vittima sacrificale nell’Euro,
ridefinirne meglio i traguardi,
Mazzanti rettifica subito il tiro,
con una visione meno angusta
chiarendo come stanno realmente le
rispetto al passato e più
cose. Morale? “La moneta unica
rassicurante in vista di rinnovate
europea nasce bene ma le manca un
sfide . A riprova di una sorta di
pezzo: una unione politica a cui
disorientamento diffuso, che
appoggiarsi, uno Stato federale
non riguarda soltanto la gente
europeo di riferimento del quale
comune ma anche gli addetti ai
essere espressione”.
lavori, vogliamo citare un
UNA NUOVA EUROPA
Su questo punto nevralgico, si
passaggio emblematico di una
innervano le interviste e le analisi,
recente intervista del ministro
Carlo Mazzanti
che, spaziando sull’identikit
dell’Economia Padoan, il quale,
ML Mazzanti libri
dell’uomo nuovo europeo, sui
mentre dice che l’Europa non
380 pagine
benefici che possono venire al
può essere Europa degli Stati
Mezzogiorno e altre problematiche
Uniti perché è difficile
comunitarie, convergono quasi
raggiungere questo obiettivo,
concordemente sulla necessità che per “fare uno
poi si contraddice, affermando che, “senz’ unità
Stato che rappresenti tutti i cittadini europei,
politica non vi può essere sviluppo economico
occorrono delle istituzioni democratiche con una
competitivo”. E allora? Occorre mettersi d’accordo.
Di fronte a uno scenario, da cui salgono una serie di legittimazione di popolo che vada dal Mare del
Nord al Mediterraneo”. Ora la sfida è su chi
giuste domande, a volte anche imbarazzanti,
concretamente si deciderà a fare la prima mossa.
bisogna essere molto grati al giornalista Carlo
Mazzanti, autore del libro: “Una Nuova Europa,
ALDO DE FRANCESCO
Quel Vangelo in lingua napoletana
È stato presentato da
Maurizio Vitiello al Circolo
dei Lucani un lavoro stimolante ed insolito: il Vangelo
di Marco di padre Antonio
Luiso. Lavoro notevole, in
quanto il Vangelo è stato
tradotto nella lingua napoletana. Da qui il titolo del
libro: “O vangelo cuntato ‘a
Santu Marco vutato a llengua nosta” (Controcorrente
Edizioni). Tante le persone
presenti e molti gli interventi, tra i quali dotti e puntuali
quelli del dottor Pino Cottarelli e dell’avvocato Carlo
Spina. Padre Antonio Luiso,
(30)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
napoletano, docente di
storia e filosofia nei licei, si è
cimentato in un’impresa
ardua: tradurre nella lingua
napoletana il Vangelo di
Marco. Ho detto lingua
perché il nostro dialetto è in
realtà una lingua per musicalità, per ricchezza di parole, per sintassi e per espressività e merita, perciò, di
essere rivalutata ed amata. Il
lavoro di Luiso, dunque,
fornisce un’inedita prospettiva di lettura e rappresenta
un passo in avanti nella
rivalutazione della lingua
napoletana. Perché il Vange-
Il professor Antonio
Cervelli, con uno stile
inconfondibile di
scrittore pensoso e
pensante, ha dato vita
a “I racconti di Narrinella” (Armando
Siciliano Editore), una
raccolta di prosa
poetica, con parole
calibrate, soppesate,
utilizzate nel loro più
profondo significato,
tanto da creare una
vera e propria sinfonia. Autore di storie
poetiche e talvolta
inquietanti, dove
personaggi normali
sfidano le abitudini
per afferrare un pezzetto di vita migliore o
per difendere un
barlume di giustizia.
L’autore è una persona sensibile, narratore
dei colori di Napoli e
del Sud, i suoi racconti
sono soffusi di humor
e di tristezza, forse
generati dal paesaggio,
da quel miscuglio di
generosità e cinismo,
di ironia e malinconia,
di tradizione e follia
che Napoli e la provincia a Sud della città
creano e nutrono. Il
libro è anche biografico, narrandovi parte
della propria infanzia
e giovinezza alla luce
dell’amore per i genitori ed in particolare
per uno zio materno,
Adolfo Sbarra, sacerdote e studioso eclettico, un commosso
omaggio di amor
filiale. Si tratta di un
lavoro di grande intensità emotiva che attinge alla verità della
memoria, libro denso
lo di Marco? Forse perché come sostiene l’autore - fu
scritto anteriormente al 70
d.C. e, perché dei quattro
evangeli è quello che ha più
caratteristiche narrative,
dunque letterarie; ed è
anche il Vangelo in cui si
legge una lezione di pietà,
compassione e la capacità di
spendersi per gli altri. Credere in Gesù di Nazareth,
non con la ragione, quanto
piuttosto con i fatti e le
scelte concrete della vita
quotidiana; ciò che il grande
Cardinale Martini sosteneva:
“La lezione della pietà”. La
lingua napoletana ha retto
bene all’ardua impresa
compiuta da padre Luiso. Si
di riflessioni sul significato della vita e
dell’amore.
GLI ANGOLI
DELLA VITA
È un libro bello che
informa, preciso, di
utile apprendimento e
di piacevole lettura. Si
tratta di storie ispirate,
soprattutto, dai ricordi,
attraverso i quali l’autrice invita a lasciarsi
cullare dal ritmo lieve
della tenerezza verso gli
altri e verso se stessi. I
racconti di Concetta
Coccia trattano di
amore, sentimento del
tempo, amicizia, valori
umani espressi in
forma esemplare, la
scoperta dell’amore, la
quotidianità della vita.
Nel libro (edito da
Compagnia dei Trovatori) sono presenti
figure femminili viventi
e non. Donne baciate
dal fuoco sacro dell’arte e della poesia: Elizabeth Barrett Browning,
Emily Dickinson ed
Alda Merini. È un
allargare lo sguardo
riflesso in quello di
qualcuno. Si parla
sempre a qualcuno,
anche se può capitare
che la persona non lo
sappia né ora né mai.
L’autrice ha colto la
parabola esistenziale di
ciascuno di noi, che è
fatta di cose piccole e
grandi: la speranza di
una nuova stagione, la
realizzazione di un
progetto, il desiderio di
un ritorno. È un libro
significativo, la cui
natura rivela spazi di
dialogo, confronto e
condivisione con
l’esperienza di tutti.
è scelto, infatti, il Vangelo
perché avrebbe comportato
di meno il rischio di mandare in crisi la nostra parlata. Il
lavoro incalzante, schietto,
delicato, solenne e l’idioma
napoletano restituiscono la
profondità del testo e la
potenza del messaggio
esaltandone la sacralità ed il
mistero. Una nota di merito
va a Pietro Golia, giornalista
ed editore coraggioso che da
anni, ed oggi più che mai,
affronta imprese difficili con
grande cuore perché è convinto che la stampa libera e
qualificata debba avere voce
e stimolare altri in questa
direzione.
AURORA CACOPARDO
LIBRI&LIBRERIE
Quando
Napoli prende
la parola
pulsazione del creato, per la
natura, cosicché i mezzi stilistici
adottati conferiscono ai lavori una
scrittura elevata, fra tradizione e
moderno, capaci di interessare e
coinvolgere il lettore. Felici e
coinvolgenti le pagine dedicate a
Marinetti e Cangiullo, il quale
aderì al futurismo ideando la
poesia la poesia pentagrammatica
ed in collaborazione con
Marinetti, il Teatro a sorpresa. La
rivista, attraverso gli autori e gli
artisti, mette in evidenza profonde
meditazioni sulla vita e sul destino
- oggi - pervasa, inoltre, da un
pessimismo per le sorti dell’uomo che sembra
non saper conquistare una pacifica convivenza.
I bambini giocavano a pallone nel
parco. “Scavallavano” per ore in
quel fazzoletto di
verde tra i palazzi
di Napoli, liberi e
felici. Un po’
troppo per Eduardo De Filippo, che
ogni tanto doveva
abbandonare la
macchina da
scrivere e riprenderli. Un burbero
bonario, che un giorno addirittura scavalcò la
finestra per rincorrere le piccole pesti. Tra di
loro c’era una giovanissima Gioia Ramaglia
Ricci. Non lo ha dimenticato quell’incontro. E
neppure i tanti altri che sono venuti dopo. È
attraverso aneddoti come questo, schegge
ripescate dal passato, che la donna ricostruisce, tassello dopo tassello, la sua vita. Un’autobiografia che si compone anche grazie agli
incontri speciali con icone della storia culturale del Paese. “Lessico sentimentale. Quella
volta che Pablo Neruda” (Kairòs edizioni) è la
storia di una bambina che abbandona le bambole e si veste da adulta nell’Italia del dopoguerra. Gioia Ramaglia Ricci scopre tardi la
scrittura. Era la pittura ad averla “stregata”, fin
da piccola, ad appena dieci anni. Ma scrivere è
un po’ come dipingere, e l’autrice riesce a
regalare al lettore l’autoritratto a tinte tenui di
una crescita esteriore e al tempo stesso intimistica. In 107 pagine, le emozioni di una donna
e i suoi anni più intensi. Napoli e la guerra, il
rumore delle bombe che piovevano sulla città
e la corsa sottoterra, nei ricoveri, dove a ingannare il tempo c’erano solo la mano di una
madre e i volti pallidi, impauriti, della gente:
“Quasi tutti erano scesi come si trovavano: chi
in pigiama, chi si era infilato una giacca sulla
camicia da notte, qualcuno si era portato una
bottiglia con dentro il caffè”. I primi batticuori,
sbocciati troppo presto: “A undici anni mi
innamorai di un architetto che ne aveva trenta.
Lo vidi una sera a casa mia: era amico di mia
madre e di Paolo”. E ancora la crescita. Il fidanzamento e il matrimonio, tutto troppo in fretta,
quando ancora la vita era un gioco. E poi loro,
la crème de la crème del panorama culturale
del tempo. Personaggi sempre tratteggiati con
un sorriso e una pennellata di umorismo. È
così per Pablo Neruda. Il poeta cileno appare
“sui generis”, colto nel bel mezzo di un insolito
rituale consumato all’ombra delle lucine di
Natale e di un abete spogliato dei suoi addobbi, nel salotto della Ricci: “Neruda cominciò a
cantare in cileno e a ballare, seguito dalla
moglie e dall’amica: ballavano tutti e tre nel
nostro salotto e, quando finalmente a suo
cenno si fermarono, ci spiegò sorridendo che
aveva rotto tutte le palline perché al suo paese
portava fortuna”. Non c’è dolore nelle pagine
di “Lessico sentimentale”, quadretto dell’anima a tinte soffici. L’autrice rovista nella memoria, un po’ come faceva da bambina nei cassetti del comò della nonna. E la scrittura si accorda alla memoria, le parole scivolano dolci,
restituendo la tenerezza dell’età dell’incoscienza e i sussulti del cuore, quando si assorbivano
i discorsi dei grandi senza capirne il senso:
“Adesso la nostra casa era sempre piena di
amici di Paolo: li sentivo parlare di politica fino
a notte inoltrata. Seppi che erano quasi tutti
comunisti, anche se allora non sapevo cosa
significasse”. È a quelle serate, agli amici, ai
ricordi che l’autrice dedica il suo romanzo. A
quel lessico sentimentale con cui parla il cuore.
AURORA CACOPARDO
LIVIA IANNOTTA
ORLANDO CATALANO CON IL SAGGIO
«LE STRADE RACCONTANO» HA CREATO
UN’ORIGINALE GUIDA PER CHI
DESIDERA VIVERE MEGLIO LA CITTÀ
Ecco un libro da raccomandare a tutti: «Le strade abbandonando i corsi, i viali, le piazze e
avventurandosi lungo cavoni, cupe, salite, vicoli, in
raccontano. Itinerari napoletani (pp. 400, E.L.I.
una parola, abbandonando l’asfalto per seguire il
edizioni, 2014, 24.95 euro) di Orlando Catalano.
basolato. Ognuno dovrebbe seguire questi
L’autore - che lavora presso la Fondazione Pascale
itinerari, specie i giovani: in tutto
e rappresenta la “terza
il volume c’è l’invito ad
generazione” di una nota famiglia
abbandonare la nostra pigrizia
di radiologi - ci impressiona
turistica (è noto che gli stranieri
subito con la foto in copertina:
sanno, rispetto a noi, molte più
una veduta parziale della facciata
cose di Napoli, mentre, essendo,
della chiesa di San Giuseppe dei
come diceva l’attore comico
Nudi mostra un pallone Super
Beniamino Maggio, “indigeni del
Santos incastrato in un anfratto
luogo”, a torto riteniamo
fra la cornice e l’ornamento
superfluo fare i turisti nella nostra
floreale, scagliato da un
città). All’inizio di ogni percorso
maldestro giocatore-monello che
sono riportati alcuni parametri
probabilmente si esibiva nello
generali: “durata”, “distanza”,
spazio antistante il sacro luogo.
“altitudine”, “modalità”, che
Sfogliando il libro e ammirando le
indica se il percorso è
splendide foto mi sono venuti alla
completamente a piedi o
mente due ricordi: il primo
comprende una parte
riguarda il mio amico meneghino
motorizzata, “panorama”,
Giorgio, già direttore delle forze
“interesse antropologico” riferito
esterne di una grande
LE STRADE
all’insediamento ed all’ambiente
multinazionale farmaceutica,
umano, “interesse artistico”
che soleva dirmi di aver
RACCONTANO
specie architettonico.
comprato dopo la pensione uno
Infine, le due ultime
stradario di Milano dal quale
Orlando Catalano
raccomandazioni sono
sceglieva ogni settimana un
E.L.I Edizioni
“difficoltà” e “pericolo” e si
quartiere da visitare. Inoltre, ho
400 pagine
riferiscono allo stato precario di
presente il vecchio e caro collega
alcune strade o a scale dissestate
di pronto soccorso che riteneva
o a salite ripide e faticose, cioè
la gran parte delle strade di
tutti i problemi in cui potrebbe incappare un
Napoli non adatte per impiantare uno studio
pensionato che ha atteso troppo per fare il turista
medico perché secondo lui “erano in curva e in
salita”. Non spaventatevi della mole del libro: sono in “domo sua”. Completano il tutto le illustrazioni
cartografiche e le ortografie satellitari. Consigliamo
sì 400 pagine ma piene di bellissime foto. Si tratta
allora di gironzolare con il libro di Catalano in
di 17 itinerari - riguardanti non la Napoli
mano nelle strade de “Le Due Porte all’Arenella,
oleografica dei mandolini, del sole o del Vesuvio
fumante (aspetti anch’essi rispettabili) - ma luoghi dei “Ponti Rossi”, del “Borgo Sant’Antonio Abate”,
dei “Vasci della Sanità” fino a terminare ai
meno noti, alcuni sconosciuti agli stessi
“Quartieri Spagnoli “e ai “ Casali di Posillipo”.
napoletani, di una città più discreta, che non si fa
notare da sola e che va cercata con intenzione,
FRANCESCO IODICE
LEVANIA, LA POESIA ROMPE IL SILENZIO
Armoniche euforie ma anche
una vigile attenzione sono
presenti in Levania, rivista di
poesie diretta da Eugenio
Lucrezi. Una sorta di quaderno di
immagini disegnato dalla parola,
la quale riporta alla memoria
affetti mai dimenticati, dolori,
spiritualità, storie. I versi delle
poesie presenti nella rivista
indicano un cammino che
supera i limiti della ragione e
sprofonda, talvolta, nel mistero.
Confluiscono aspetti di evidente
ricchezza lessicale e le liriche (di
autori vari) sono connotate da
modernità e classicità. Gli autori esprimono echi
velati di nostalgia per il tempo che scorre, per la
bellezza delle stagioni che passano, per la
Il lessico sentimentale
di Gioia Ramaglia Ricci
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(31)
LIBRI&LIBRERIE
novità
La storia
cruenta
di Giuditta
ANNAMARIA GHEDINA CON
«L’IMPICCATA DELLA VICARIA»
RIAPRE UN CAPITOLO INTRIGANTE
DEI MISTERI DI NAPOLI
generale Oloferne, poi da lei decaNapoli, aprile 1800. La città era
pitato, favorendo con il suo gesto la
ancora percorsa dal triste, tragico
epilogo della sfortunata rivoluzione liberazione della città natale Betulia - questa donna,
liberale, finita con il
la Guastamacchia
massacro degli
fece ben altro e di
spiriti più liberi,
molto atroce. Aniquando Giuditta
mata nella sua vita
Guastamacchia
da due sole aspirasaliva sul patibolo
zioni, intensamente
in Piazza delle
perseguite: lascivia
Pigne per esser
e ferocia, per contiimpiccata. Questa
nuare la sua depraperò è un’altra
vata e truce esistenstoria, una storia di
za con uno vecchio
feroce criminalità,
e bieco compagno,
diversa dagli ideali
si liberò di un giovanobili per i quali si
nissimo amante,
erano immolati i
patrioti rivoluzioche, invece di limitarsi a coprire le sue
nari contro la
L’IMPICCATA
nefandezze come
monarchia assoluDELLA VICARIA
pareva essere nei
tista borbonica.
di Annamaria Ghedina
patti, ebbe il torto
A differenza dalla
Adriano Gallina Editore
di rifiutare la tresca
Giuditta celebre
95 pagine
e di diventare talvedova biblica,
mente scomodo e
seduttrice del
(32)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
insopportabile da finire strangolato. Una sera, mentre il giovane
pensava a ben altro futuro, attratto
in una trappola, preparata da giorni
da Giuditta, complici il padre, un
sicario e altri tristi figuri, il giovane
venne ucciso con un cappio al collo
e poi fatto a pezzi per nasconderne
il corpo del reato.
Se oggi questa storia riemerge in
tutta la sua inquietante e documentata ricostruzione - da offrire
ulteriore e preziosa materia di
studio e di approfondimento alla
criminologia e uno spaccato autentico su anni di una tragicità davvero
inquietante - lo si deve ad Annamaria Ghedina, autrice molto rigorosa
del saggio storico dal titolo: «L’impiccata della Vicaria» e sottotitolo:
«La sanguinaria storia di Giuditta
Guastamacchia. Il fantasma degli
avvocati» (Adriano Gallina Editore).
La sua narrazione articolata su più
piani, coinvolgente nei suoi passaggi da classico thriller, della lenta
preparazione di un bieco assassinio, studiato e eseguito con feroce
determinazione, lo diventa ancora
di più, quando rivela l’origine di
una inquietante leggenda, che
racconta del fantasma della donna
aggirarsi senza pace in Castel Capuano, di qui la diceria, del fantasma degli avvocati.
Sarà che in seguito alle esecuzioni,
teste e mani furono amputati alla
donna e a suoi complici e appese
alle mura della Vicaria dietro i
graticci di ferro, secondo le leggi
del tempo, certo è che, a sentire
questa storia, c’è chi giura che “lo
spirito di Giuditta si manifesta
dapprima con un vento gelido e poi
ti sfiora come un’ombra bianca”.
Una storia tra leggenda e realtà, che
sa di contrappasso dantesco, la cui
narrazione, per merito dell’autrice,
che l’arricchisce di particolari
inediti, assume contorni da suspense.
IGNAZIO SORIANO
SOCIETÀ&COSTUME
Arte e moda
al Tunnel
Borbonico
Livia Iannotta
La modella sfila sul suo
tacco 12 lungo una passerella
traballante di pietra e polvere.
Si fa largo, nella Napoli “di
sotto”, tra sculture in ferro,
oggetti luminosi e performance live di cantanti e ballerini.
L’arte e la moda. Che si fondono, si contaminano, si
ispirano a vicenda, nel sottosuolo della città. Per una sera,
quella dell’11 aprile, i cunicoli
della Galleria borbonica di via
Morelli sono diventati contenitore dell’evento “Arte e
moda prendono forma”,
ideato dal grafico pubblicitario Ludovico Lieto e organizzato dall’agenzia Visivo Comunicazione. «Il cuore della
kermesse è il connubio tra
arte e moda», spiega l’ideatore. E camminare tra le strettoie del tunnel che si snoda da
via Morelli fino ai vicoli di
Monte di Dio, inondate di
artisti e creazioni, suggerisce
la riuscita dell’esperimento.
Alla sua V edizione, la manifestazione si riconferma un cult
per i napoletani. Lo dimostrano gli oltre 1500 visitatori che,
tra una posa davanti all’obiettivo e un assaggino di sushi
(offerto, in cambio di un
bacio, dal ristorante Giappo
nell’ambito dell’iniziativa
SushiTiAmo), hanno gremito
la città sotterranea, nel per-
corso di quella che una volta
era la via di fuga dei Borbone,
mai ultimata, oggi gestita
dalla “Borbonica Sotterranea”
di Gianluca Minin e Enzo de
Luzio. Installazioni e spettacoli di impatto quelli in programma. Dalla presentazione
delle nuove collezioni delle
aziende di moda, tra cui
Lardini, Thana e Luis Civit,
alla mostra collettiva di scultura, pittura, fotografia e
performing arts di artisti
partenopei a cura di Valeria
Viscione. Tra le esposizioni, le
creazioni di Giuseppe Savarese, Dario Di Franco, Fernando
Alfieri, Gerardo Aprea, Francesca Belmonte, Heinrich
Hölderlin, Corrado La Mattina, Eduardo Luongo, Nunzio
Meo, Marco Minin, Peppe
Petix, Anto Sullo, Zeus40.
Tante anche le performance
dal vivo. Tra queste: Brunella
D’Auria che nel suo OfficinArte, in collaborazione con Auto
Bruognolo, ha creato una
scultura in ferro per poi farla
vivere su tela. E ancora Matteo Anatrella e Flegrea Photo
con shooting fotografici dal
vivo. Non potevano mancare
la danza, con le esibizioni del
corpo di ballo Lunacy, e il
teatro con il Cafè Burlesque
portato in scena dall’associazione culturale Nartea, che ha
trapantiato nel sottosuolo
l’atmosfera della Napoli di fin
Successo
dell’evento al Tunnel
Borbonico. Nella
foto tre protagonisti
della kermesse
dedicata agli artisti
e al fashion:
Gianluca Minin,
Valeria Viscione e
Ludovico Lieto.
de siècle. Molto apprezzata la
musica dal vivo del quartetto
musicale Onadanueve. Tra gli
special guestes, adocchiati tra
le strettoie del tunnel anche
Cristina Chiabotto e Fabio
Fulco, presenti in versione
statuina di San Gregorio
Armeno, realizzata da Genny
Di Virgilio. «È un evento in
crescendo, – ha commentato
Ludovico Lieto – il riscontro
della gente è sempre maggiore, perché è una manifestazione a 360 gradi, che abbraccia
tutte le forme d’arte, compresa la moda che ritengo una
forma d’arte. Ormai è diventato un appuntamento fisso
per i napoletani, che teniamo
due volte all’anno, a novembre e ad aprile. Per la prossima edizione, a novembre,
cercheremo di fare ancora
meglio, di superarci». Ma
come nasce “Arte e moda
prendono forma”? «Organizzo
eventi da vent’anni – ha
raccontato Lieto – In ognuno
c’è un’idea di base che diventa contenitore per un party in
cui coinvolgere il pubblico. In
questo caso, visitando da
turista la Galleria borbonica,
rendendomi conto del fascino
della location, ho pensato che
sarebbe stata perfetta per un
evento del genere. La disponibilità di Gianluca Minin, a cui
ho esposto la mia idea, lo
hanno reso possibile».
Venti racconti sulle ali della Sirena
Le ali della Sirena, il libro
del professor Carmine Maggio pubblicato da Gren Edizioni, offre una selezione
ampia di fatti, di storie, di
luoghi, di paesaggi reali,
calato in una dimensione
narrativa: la città di Napoli,
Sirena per antonomasia.
Grazie ad un’attenta indagine condotta dall'autore, i
venti racconti che danno vita
al libro, offrono uno spaccato
vivo e realistico delle consuetudini del popolo napoletano, colto nei suoi aspetti più
diversi: artigiani nei vicoli,
venditori al mercato, pescatori in riva al mare e, per
amore di verità storica, il suo
sguardo va dall'ultima regina
Sophie, che si imbarca a
Gaeta, alle drammatiche
vicende che portarono Eleonora Pimentel de Fonseca che il cappio del boia rese
martire - a penzolare a Piazza
Mercato tra i lazzi dei lazzari.
L'autore non dimentica il
fantasma cruento di Maria
d'Avalos, vittima della gelosia
del marito Gesualdo, princi-
Alle «4 pareti» 4 artisti
per ritrovare il bello
Giuseppe Caracciolo di
Brienza, Adriana Pignatelli
Mangoni, Ella Knight Vinke e
Lionel Favre: quattro artisti
che esporranno alle «4 pareti» il 18 ottobre 2014. I primi
due napoletani, noti per la
rappresentazione di guaches
di viste di Napoli e vulcani;
quindi Ella Knight, che
esporrà i nuovi progetti di
ritratti, e Lionel Favre, svizzero naturalizzato viennese,
con le sue dotte manipolazioni di piante catastali di
dimore, monumenti e parchi
di pregio. La sfida ad unire
antico e moderno, per soggetti, tecniche e artisti si
rinnova in questa nuova
mostra che sarà allestita da
Maria Giovanna Villari alle
«4 pareti», pronta a dare
all'arte tutte le sue opportunità, compresa quella di
rifuggire le mode obbligate
della dittatura dell'astratto o
del contemporaneo cupo,
per ritrovare il bello.
***
Quanto vale l'opera? Vale
quanto la valuta il pubblico?
Certamente, è così, ma non
pe di Venosa, autore di madrigali ed uxoricida. Incontriamo frequentatori di taverne che parlano di fede e di
superstizione, monache
considerate sante come
l'autore sottolinea nel racconto di Maria Francesca o .
interventi la cui dimensione
appare magica, strani ante,
quasi sciamanica, quale
quella del biondo e dolce
Ariel che salverà Nando
dall'esplosione di una bomba
caduta sul ricovero durante
la II Guerra Mondiale. Paesaggi, umori, incontri, riflessioni, racconti di un viaggiatore che percorre con pietas e
ci possiamo fermare a questa
analisi, perché può trattarsi,
consapevolmente o inconsapevolmente, di un valore o di
un prezzo drogato. Ad
un'asta proviamo a sederci
in mezzo al pubblico. Il
banditore offre al pubblico, e
il pubblico, anche di ottimi
intenditori, interviene e fa
lievitare il prezzo. Nessuno
può contestare che questo
valore rappresenti quanto il
pubblico abbia decretato.
Dopo di che il quadro può
addirittura viaggiare e passare da un’asta ad un’altra, e
sempre tenendo conto di
quello che è il valore conosciuto del denaro; può salire
di prezzo come può scendere se viene abbandonato al
suo destino o congelarsi
dentro una sala di un museo.
O in un albergo o in una sala
riunione o presso un quasi
anonimo collezionista innamoratosi tanto del quadro in
sé come lo vede, quanto
dell’investimento compiuto.
E quindi certamente il ritorno economico è uno dei
motori dell'arte ai giorni
nostri.
con ironia, insieme alla
Sirena Partenope, il golfo e la
città di Napoli, ma anche la
propria vita e le stagioni della
cultura, non per risvegliare
memorie nostalgiche, quanto
per sviluppare maggiore
consapevolezza in quanti
operano e vivono la realtà
napoletana, perché non si
ripetano le condizioni di
passività da un lato e di
speculazione dall'altro che
hanno determinato l'oppressiva struttura della città ed
una realtà esistenziale che ne
ostacola tuttora una equilibrata crescita socio-culturale.
AURORA CACOPARDO
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(33)
MOVIDA&RELAX
NIGHT STORM
Fabio Tempesta
STILE E STILI
DI ANTONIO
DE LEO
Antonio De Leo, classe
’55, imprenditore della
moda inizia la sua
carriera nel mondo
Beachwear e Underwear
nel 1976, collaborando
con le più grandi
aziende leader a livello
nazionale e
internazionale. Sin da
ragazzino muove i primi
passi nel mondo
musicale fondando,
assieme a 4 amici, il
gruppo “UFO”, di cui è
chitarrista e cantante.
La musica e l’arte per
Antonio De Leo sono
state fonte principale di
ispirazione e di energie
da dedicare alla moda.
De Leo, fondatore di
molte linee Beachwear,
che tutt'oggi fanno parte
del mercato mondiale
(Inoui, Margherita
Mazzei, Michelle
Marten, Ilaria e molte
altre ancora), diventa in
poco tempo il vero
precursore dei vari stili
di vita, a cui la moda si
ispira. Tantissime e
prestigiose le
collaborazioni
dell’imprenditore
napoletano con le
aziende più famose del
mondo, che hanno
recepito la sua grande
esperienza nel settore
moda. Prima tra tutte,
Victoria Secret con i suoi
1060 Store negli Stati
Uniti, El Corte Inglés in
Spagna, Orchidea
Selvaggia in Russia,
Harrods di Londra,
Galeries La Fayette di
Parigi. Importante anche
la collaborazione italiana
con il Gruppo Coin di
Mestre. Non a caso De
Leo ha prodotto anche il
Beachwear per aziende
di grande professionalità
e prestigio come:
Emamò, Miss Bikini, Pin
up, Navigare, Phard e
tante altre ancora.
Il grande successo lo
porta a comparire su
tutti i magazine e le
riviste settoriali di moda,
e adesso è citato anche
nel Dizionario della
moda Italiana, accanto
ai più grandi stilisti del
pianeta.
Attualmente ricopre la
carica di General
manager della Fashion
Victim Spa, ideando il
marchio denominato
“Paola Ferrini Seductive Bikini”.
Per il 2015, Antonio De
Leo ha siglato un
accordo per la
realizzazione e la
produzione delle
collezioni Beachwear per
il Brand di Silvian Heach.
Bella gente
JULIUS CESAR
BUSTOS
È il maître parfumeur per
eccellenza (Emozioni
Olfattive in via Carlo
Poerio), colui che con un
solo sguardo riesce a
captare, con un pizzico di
visionaria intelligenza, ma
anche per l’innata indole,
il gusto o l’essenza che più
Poetè, viaggio tra
i romanzi d’estate
Nel salottino del Chiaja Hotel de
Charme di Napoli, nell’ambito della
rassegna letteraria Poetè diretta dal
vulcanico Claudio Finelli, sono stati
presentati due romanzi brevi «La casa
di Assos» di Gerardo Russo Kraus e
«Libreria bella estate» di Sergio
Califano pubblicati da Iuppiter
edizioni. L’attore Roberto Maiello ha
recitato alcuni brani tratti dai
rispettivi libri. Alla presentazione,
seguita come sempre da un pubblico
affezionato e in sintonia con il
programma culturale di Poetè, ha
partecipato anche Laura Coozza,
presidente della società Iuppiter
Group, che ha illustrato le prossime
uscite della casa editrice. Intanto i due
autori Califano e Russo Krauss stanno
terminando la prima stesura dei
prossimi romanzi che pubblicheranno
sempre con la casa editrice napoletana
di Tommy Totaro
si addice alla vostra
persona.
UMBERTO
CHIARIELLO
Giornalista sportivo di
Campania Sport, un
programma tv che va in
onda subito dopo le partite
del Calcio Napoli
sull’emittente televisiva
Napoli Canale 21. Grazie a
lui, il calcio non ha segreti ed
è davvero lo sport più bello
che ci sia, proprio perché
viene raccontato con la
competenza e la
gradevolezza di cui è
evidentemente capace.
Inutile dire che ha una
collezione di ricordi e
aneddoti irresistibili.
FRANCESCO
BURZO
È uno degli autori di uno
spettacolo brillante e
divertente, interpretato dai
Briganti al Teatro. Il suo
innesto nell’opera ha
(34)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
Le notti della movida made in Naples
hanno certamente tra i mattatori l’imprenditore
Nuccio Apolito (nella foto con la stilista Regina
Schrecker e con un’amica), con il suo
immancabile stile «Montecarlo» è stato visto
nella serata targata Biblò, nella suggestiva
location di Rosolino. Risate e balli a gogò.
incuriosito il pubblico
rendendolo appetitoso e
intrigante, quanto basta per
premiare i suoi sacrifici e
fare il primo sold out al
Teatro Troisi.
ROBERTO
BARONE
Il Deus ex machina di
Radio Capri Television sale
alla ribalta per la festa di
presentazione della quinta
edizione di “Lunare
Project” in occasione della
mostra di Andy Warhol al
Pan di Napoli. Perfetto lo
scenario per chi come lui
crede nella musica come
terapia dell'anima ed è
sempre pronto a percorrere
vie innovative.
L’INTERVISTA
SGUARDI LONTANI
Francesco Iodice
ANGELO PETRELLA, CUORE NOIR
Pompei
«perfetta»
Angelo Petrella,
napoletano, classe
‘78, ha appena dato
alle stampe il suo
ultimo romanzo
«Pompei. L’incubo e
il risveglio» (Rizzoli
editore). Di sé, sul
suo sito ufficiale
dice: «Ho viaggiato
molto, scritto spesso
e letto sempre... Ho
iniziato a scrivere
storie noir perché
quelle che leggevo
non mi piacevano».
Dirige il laboratorio
di scrittura «Scrivere
il noir», ed è
sceneggiatore per
cinema e televisione
Laura Cocozza
D
a «La città perfetta» (2008)
passando per «Le api randagie» (2012), a «Pompei. L’incubo e il risveglio»: l’ultimo
libro di Angelo Petrella, edito
da Rizzoli, può sembrare una
svolta narrativa a sorpresa.
Ma ai suoi sempre più numerosi fan e lettori (e lo dicono
le vendite, tre edizioni in
pochi giorni) non sfuggirà il
parallelismo tra questa Pompei e la Napoli metropolitana
narrata in precedenza, anch’essa epica e violenta,
anch’essa calata entro precise coordinate storiche e
sociali (la Pantera, Tangentopoli), anch’essa con i suoi
barbari in cerca di riscatto,
centurioni al servizio del
potere e tribuni che bestemmiano. Siamo nel ‘78 d.C. e
non c’è l’odore pungente
dell’esplosivo dopo che le
pistole hanno sparato, ma ci
sono lance, asce e gladii che
fanno schizzare sangue e
soldati che vanno a caccia di
donne e bambini. Appoggiandosi alla storia, di nuovo
l’autore, con una realizzazione linguistica secca e ritmata
degna dei suoi maestri statunitensi, fotografa il male
senza porsi domande né
risposte, proponendo una
diversa prospettiva morale.
La sua Pompei è dunque,
antica ma al tempo stesso
postmoderna, la sua fine non
è scontata.
Dalla città perfetta ad una
città antica, hai fatto un
salto nel passato, con tutta la
difficoltà di ambientare il
racconto all’interno di una
vicenda storica più volte
narrata, offrendo un nuovo
punto di vista. Com’è nata
questa scelta?
Sono sempre stato appassionato di storia e di romanzi
storici. Roma e Pompei, in
realtà, sono un vero e proprio
genere letterario, che in
tempi recenti gli americani
hanno saputo come al solito
ben sfruttare (il film appena
uscito al cinema, le serie
televisive, Spartacus). Allora
mi sono detto, perché non
provare a scrivere da me il
NAPOLI INGRATA
CON MIMÌ REA
Vent’anni fa moriva Domenico
Rea, per tutti Mimì (e nessuna
istituzione finora si è ricordata
di lui), lo scrittore vissuto con
l’eco dell’antico nascosto dietro
le storture del presente che lo
accompagnarono per tutta la
vita. Agli inizi del suo percorso
narrativo, Rea si trovò ad essere
rivolto verso il passato della
nostra letteratura piuttosto che
verso il presente, se consideriamo le sue letture sia dei classici
italiani (Boccaccio, Santa Caterina da Siena, Manzoni), sia dei
suoi prediletti scrittori partenopei (Basile, Mastriani, Imbriani),
facendosi guidare dal suo interprete più drammatico, il De
Sanctis (pare che i primi due
libri li avesse rubato da un carretto, durante un mercato a
Salerno e, uno dei due, era proprio il primo volume della letteratura italiana di De Sanctis).
Su questi autori, Rea modellò la
sua prosa, come chiariscono le
citazioni messe sotto il titolo di
molti racconti.
Da “Spaccanapoli”, da “Gesù,
fate luce”, fino alle innumerevoli
collaborazioni giornalistiche,
Domenico Rea cercò sempre di
sottrarre Napoli al luogo comune di città cartolina, di macchietta con sole, pizza e mandolino, sforzandosi di guardarla dal
basso – dal “fondo pozzo” – per
scendere nell’abisso delle passioni. Di Mimì Rea ricordo la
simpatia e la spontaneità: du-
romanzo che da tempo
sognavo? Magari mantenendovi sempre un ritmo da
thriller... Così è nato "Pompei. L'incubo e il risveglio".
Hai spesso sottolineato
l’importanza della musica
rap nella tua scrittura, e nei
tuoi precedenti romanzi
suggerisci al lettore una
sorta di colonna sonora del
racconto. Qual è o potrebbe
essere quella di Pompei?
Anche se non lo amo particolarmente, credo che l'heavy
metal andrebbe bene...
Per la prima volta in Pompei
hai reso protagonista attiva
una donna, Camma. A cosa è
dovuta questa scelta?
Cammaè una donna ordovica, di una tribù di "barbari":
rante una cena a Marechiaro mi
rimproverò perché gli dissi che
leggevo sempre la sua rubrica
“Cartastraccia” che teneva ogni
lunedì su Repubblica di Napoli.
«No», gridò lui, «devi leggere i
miei libri, che già la cosiddetta
borghesia napoletana legge
poco.
Figurati che qualche settimana
fa, in un salotto-bene, chiesi a
molti professionisti se avessero
letto “Ninfa plebea”, vincitore
del Premio Strega, e sai quale fu
la risposta? “Mimì con tanti
cavoli per la testa, dove lo troviamo il tempo per leggere i libri!”».
Una vita dedicata alla letteratura, a riflessioni su Napoli devastata dalla cecità neocapitalistica, come quella raccolta in “Diario napoletano” del 1971: «I
napoletani riducono le loro
piazze a gigantesche pentole in
cui in perpetuo bollono migliaia
di automobili. Le piazze, così
assediate, scompaiono».
Non fu uno scrittore neorealista
in senso stretto, anche se lo
sforzo neorealistico ci fu – senza
indulgere al folclore, né alla
politica – ma umano.
Negli anni della Saletta Rossa,
con Mario Guida scosse la vita
culturale: Ungaretti, Ginsberg e
Kerouac, conobbe Gadda e
Montale, strinse un grande
rapporto di stima con Alberto
Mondadori, un amico antico e
paziente. “Gesù fate luce” vinse
il Premio Viareggio nel '51.
Calvino di lui disse: «Su un modulo di racconto movimentato,
plebeo, chi è andato più avanti
di tutti è Rea».
come tale, è quanto di più
lontano dalla libertà si possa
immaginare. Volevo un protagonista del genere per il libro:
qualcuno che deve reggere su
di sé il peso schiacciante
dell'intero impero. La condizione della donna nell'antichità, se non aristocratica o
quantomeno cittadina romana, si fa davvero tragica.
Camma rispondeva a tutti
questi requisiti.
Ne La città perfetta hai
sperimentato l’uso del
featuring in ambito letterario. Se oggi dovessi riproporlo, con chi ti piacerebbe
collaborare?
Se potessi uscire dai confini
italiani, mi piacerebbe chiedere una partecipazione a
Irvine Welsh e a James Ellroy.
La prossima sperimentazione che ti piacerebbe fare?
Un poema che narri la vita di
Maradona.
Da giovane e da scrittore
giovane, Napoli alimenta
ancora la tua immaginazione, in questo momento
storico?
Assolutamente sì, è sempre al
centro delle mie idee. Ci sono
molte cose da narrare, Napoli
è una città assolutamente
moderna, in questo senso: vi
sono presenti tutte le contraddizioni di una grande
metropoli europea, così
come anche i limiti della
società italiana. Molti scrittori - anche non partenopei sfruttano solo il brand di
Napoli, da cartolina. A me
piace affondare le mani nella
melma ribollente e sporcarmi. Napoli ti sporca, per
questo è viva.
Il noir è un genere sempre
più apprezzato dai lettori.
Credi che il motivo sia dovuto ad un cambiamento
generazionale oppure che si
tratti di una preferenza
temporanea?
Il noir è il genere che meglio
di altri sa narrare la modernità, intesa come l'impazzimento sociale ed economico,
l'eccesso - nei consumi, nelle
abitudini di vita - e anche il
capitalismo impazzito. Non è
solo la possibilità di narrare il
lato oscuro: il noir è l'espressione più precisa della violenza e dei rapporti di potere che
dominano nella nostra realtà.
Per questo credo sia un genere ormai "sdoganato" e non
solo dalla grande massa. Lo si
può considerare un macrogenere, come nell'Ottocento
lo fu il romanzo storico.
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(35)
LAPILLI
Terni&Favole. Maggio stenta a decollare,
tempo ancora incerto, ma siamo sicuri che il sole
d’estate non si farà attendere ancora per molto.
Nella Tabaccheria Postiglione a Largo Ferrandina a
Chiaia c’è il solito traffico di amanti del gratta&vinci
e di inseguitori del terno secco. Alberto Postiglione,
come in ogni numero di Chiaia Magazine ha le idee
chiare su quali combinazioni puntare: «L’estate è
alle porte, sarà l’estate dei mondiali del Brasile e
forse delle riforme renziane. Affidiamoci ai santi di
giugno! Consiglio, quindi, di giocare l’ambo di San
Luigi 6 e 21, e il terno di Sant’Antonio 13 -37-50.
Numeri da giocare sulle ruote di Napoli, Bari e
Roma almeno per 10 estrazioni». Mentre una
signora entra con un mazzo di rose
profumatissime, dono dei suoi alunni della Tito
Livio, Postiglione, ispirato più che mai, snocciola un
altro treno di combinazioni: «Nel mese mariano i
giardini fioriscono: conviene allora seguire la
primavera e giocare l’ambo dei mandorli che fa 8 e
81. Per chi, invece, vuole puntare su un terno
calcistico, credo che possa essere buono quello del
top player che fa 12 (il giorno dell’inizio dei
Mondiali in Brasile) - 90 (il popolo festante) - 10 (la
maglia dei grandi campioni). Questi numeri vanno
giocati almeno per 12 estrazioni».
Quizzle, l’app che sfida Ruzzle
Carlo Coppola
L’arcinoto social network facebook, fondato nel 2004 da
Mark Zuckenberg, grazie anche alla pellicola campione di
incassi «The Social Network»,
ha acceso la mente e le speranze degli informatici di tutto il mondo, alla ricerca della
propria idea per riuscire a calcare, almeno in parte, la via
tracciata dal colosso americano. E qualcuno ogni tanto ci
riesce sul serio. Tra le idee vincenti ricordiamo, ad esempio,
il tormentone Candy Crush
(oltre 200 milioni di download), un giochino di combinazioni di dolcetti e caramelle a
livelli progressivamente sempre più difficili da risolvere;
Ruzzle (oltre 20 milioni di download), l’ormai celeberrimo
gioco di parole da cercare che
sfrutta le sfide uno contro uno
per proclamare il vincitore di
ogni round a colpi di parole e
di moltiplicatori cercati e intrecciati dalla rapida azione
del polpastrello di un dito sul
touch screen dell’iPhone o Galaxy di turno. E poi, per citare
anche i quiz, ricordiamo Quiz
Duello o Quiz Cross, dove la
battaglia si sposta sul culturale e sulla rapidità di risposta di
uno sfidante sull’altro. Gli inventori di “app” sono presenti anche nella nostra città. Uno
di questi è il napoletano Luca
Santaniello, autore già di altre
applicazioni in passato, che
ora ci riprova con un nuovo
prodotto, denominato Quizzle, che praticamente riesce a
fondere le vincenti caratteristiche dei sopramenzionati
Ruzzle e Quiz Duello. Il gioco
di base è un quiz, anzi una sfida su 15 quiz tra due amici
fruitori dello stesso gioco ma,
per rispondere alle innumerevoli domande possibili, il dito
deve scorrere sul touch screen
come se si stesse giocando a
Ruzzle. Abbiamo provato l’applicazione e le sensazioni sono
veramente buone. Il gioco è
adatto a ogni tipologia di persona, dai bambini agli adulti, è
fluido, le domande non sempre banali e le 16 lettere proposte per la risposta spesso
aiutano a intuire un’eventuale risposta, qualora non la si
conosca o il panico da tempo
in scadenza l’abbia distorta
nella propria mente. Per vincere occorre un mix di competenza, intuito e velocità.
L’applicazione è in continua
evoluzione ed è disponibile
per ios ed android, al momento anche in inglese. Si viaggia
al ritmo di un aggiornamento
a giorni alterni, per la correzione degli eventuali piccoli
bugs segnalati e per l’aggiunta continua di domande nel
database. Ogni utente può anche proporre quesiti propri
che verranno aggiunti previa
approvazione dallo staff.
Tra le imminenti novità, l’aggiunta della chat, delle statistiche di gioco e una miriade di
personalizzazioni che faranno
felici i tanti appassionati di
Quizzle.
Cyberbullismo, il romanzo della prevenzione
Chiara, 13 anni, ha sempre desiderato di possedere un computer tutto
suo, per poter accedere ai social
network di tendenza e restare in
contatto con le sue compagne. Elisa,
sua madre, diffidente nei confronti
delle nuove tecnologie ha sempre
tenuto la figlia lontana dai potenziali
pericoli della comunicazione attraverso tastiera.
Intorno al conflitto generazionale tra
questi due personaggi si sviluppa il
libro del giornalista napoletano
Roberto Bratti (nella foto) «Bulli con
un click», edito da «Il rubino», romanzo per ragazzi incentrato sulle
possibili insidie della socializzazione
ai tempi di facebook e twitter. È
infatti proprio quando Chiara riesce,
liberandosi dal controllo esasperato
della mamma, ad iscriversi al socialnetwork più diffuso tra i giovani che
inizia il suo incubo. L’ingresso nel
mondo virtuale, in un cui una richiesta di amicizia non è affetto ed un
“mi piace” non è vero apprezzamento, sconvolge inevitabilmente le
giornate ed i pensieri della ragazzina.
Una foto compromettente, pubblicata per scherzo a sua insaputa dal
(36)
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
fratello della sua migliore amica, la
trasforma nella vittima dello scherno
e delle minacce di una compagna di
classe dal contesto familiare problematico. Tra identità false sulla rete e
voti scolastici che scendono drasticamente nella vita reale, Chiara
inizia a subire, nella vita di tutti i
giorni, il carico di offese ed inganni
che continua a ricevere pubblica-
mente online. Il tentativo di aumentare la propria popolarità attraverso
un computer si rivela dunque controproducente. I trecento “amici” di
facebook, molti dei quali in realtà
sconosciuti, acuiscono un senso di
solitudine che, i litigi con l’amica del
cuore, rendono pesantissima. La
storia affronta tutte le fasi del “cyberbullismo”, fornendo ai lettori più
giovani (ed ai loro genitori) una
possibile via d’uscita dalle angherie
che possono celarsi dietro lo schermo di un pc. Se Chiara riuscirà ad
imboccare la strada giusta lo lasciamo scoprire a chi arriverà alla fine
delle 135 pagine del romanzo. Segnaliamo però che, al termine dei 28
capitoli, oltre alle esercitazioni strutturate per gli studenti secondo i
criteri delle esercitazioni Invalsi,
sono presenti due glossari: il primo,
dedicato ai più giovani, con le spiegazioni delle parole più desuete e
dunque generalmente sconosciute
agli adolescenti moderni ed il secondo, dedicato invece agli adulti meno
informatizzati, con i termini di uso
comune nello slang giovanile.
Il conflitto generazionale, in fondo, è
una battaglia che si combatte soprattutto sul campo del linguaggio della
comunicazione. Una guerra che i
genitori di ogni tempo e luogo cercano di affrontare con un po’ di buon
senso e qualche compromesso. In
fondo “in medio (e non nei media)
stat virtus”. E se lo scrive un giornalista, deve esserci del vero.
ARMANDO YARI SIPORSO
LAPILLI
Dance Studio
Ed è subito
estate
A VIA CAPPELLA VECCHIA 8/A
SUCCESSO DELLA SCUOLA DI
BALLO DI RAFFAELE ESPOSITO,
CHE SI ISPIRA AL FILM DI GERE
Estate alle porte, voglia
di evasione e di recuperare
un po’ di tempo per il
proprio benessere. Secondo un ricerca dei neurologi
americani, il ballo stimola il
cervello e, soprattutto, è un
efficace antidepressivo.
Non è un caso che in televisione siano aumentati i
programmi dedicati alla
danza come «Ballando
sotto le stelle» o come i vari
format di talent show che
sono riusciti a conquistare
un pubblico non solo di
giovani. Insomma il ballo
aiuta a vivere meglio. A
Napoli, città sempre aperta
alle sperimentazioni, la
passione per la danza (per
tutte le danze) negli ultimi
tempi sembra essersi diffusa maggiormente. Nel
cuore di Chiaia, a via Cappella Vecchia 8/a, grazie
all’intraprendenza di Raffaele Esposito è nata
l’esperienza di Dance
Studio, scuola di ballo, anzi
di balli. Infatti, il nuovo
spazio «danzante» è stato
preso d’assalto da uomini e
donne che alla monotonia
della palestra hanno preferito il brivido del ballo.
Raffaele Esposito nel dar
vita a Dance Studio si è
ispirato al film con Richard
Gere e Jennifer Lopez «Shall
we dance»: nella sua scuola
di ballo, infatti, viene utilizzato lo stesso metodo
d’insegnamento descritto
nel lungometraggio. E
stando ai risultati, il metodo americano funziona.
Ovviamente chi decide di
intraprendere l’esperienza
di Dance Studio non solo
impara a danzare ma può
anche scegliere in quali
balli specializzarsi. (Per
info: latinsocialclub.net
tel. 081.19575855)
ANTONIO BIANCOSPINO
L’ORA LEGALE
Adelaide Caravaglios
PUCCETTA CON SORPRESA:
CONDANNA DA 900 EURO
Chi di noi, di fronte ad un bel negozio di
prodotti da forno, profumati ed invitanti,
non si ferma e compra qualcosa? Deve aver
fatto lo stesso un signore, che, in un
panificio del leccese, aveva comprato una
“puccetta alla pizzaiola”. Chissà, però, come
deve esserci rimasto male (direi soprattutto
disgustato) quando si è accorto che tra gli
ingredienti della pagnotta ve ne era uno non
proprio invitante: «un insetto della famiglia
dei blattoidei», cioè uno scarafaggio!
La vicenda, che sembra quasi ispirarsi alle
comiche in tv, è finita, però, in tribunale
(sentenza n. 175/2014), dove il povero
malcapitato ha chiamato in causa il
proprietario del panificio per vederlo
condannare, quale titolare e conduttore del
negozio, per il reato di cui agli artt. 5 lettera
b) e 6 della L. 283/1962, per aver, cioè,
detenuto all’interno della propria attività
commerciale, alimenti da forno in cattivo
stato di conservazione.
A nulla sono valse le “giustificazioni” del
legale rappresentante, il quale aveva chiesto
il patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.:
secondo il tribunale (visti gli atti contenuti
nel fascicolo del pubblico ministero e
ritenendo non sussistenti le ipotesi di cui
all’art. 129 c.p.p.) l’imputato era davvero
responsabile di quanto ascrittogli, dal
momento che teneva i prodotti da forno «in
cattivo stato di conservazione al punto da
consentire che nell’impasto della puccetta vi
finisse uno scarafaggio». Valutando, dunque,
la gravità dell’illecito e riconoscendogli le
circostanze attenuanti generiche,
condannava, pertanto, l’uomo al pagamento
non solo di un’ammenda pari a 400 euro,
ma anche di ulteriori 500 euro in favore
della costituita parte civile, oltre ad
accessori di legge.
I edizione
di Campus
Cuore
Le malattie cardiovascolari sono la
prima causa di mortalità nel mondo, ma
la cardiologia ha fatto in soli cinquant’anni passi da gigante; il tasso di mortalità per infarto acuto del miocardio si è
più che dimezzato se confrontato con
gli ultimi decenni. Tali risultati si sono
ottenuti grazie all’informazione, alla
prevenzione ed all'avvento di nuovi
farmaci così come all'affinamento di
nuove tecniche di cardiologia interventistica; tutti temi trattati nella prima
edizione di Campus Cuore, organizzata
LA GIOIELLERIA GALLOTTA
TRA INNOVAZIONE E DESIGN
Mai come in questo periodo di crisi e di disincanto, c’è
bisogno di sostenere e incoraggiare chi ancora investe a
Napoli e crede in Napoli. A Chiaia, segnaliamo con gioia
la nuova apertura di «Gallotta gioielli», store elegante e
luminoso a via dei Mille 57 A, inaugurato di recente tra
brindisi e sorrisi (nella foto un momento
dell’inagurazione). È da 50 anni che la gioielleria Gallotta
contribuisce a “scrivere” e far brillare la storia della
gioielleria napoletana: oggi Gallotta ha deciso rinnovarsi
e aprire un nuovo capitolo con un brand più innovativo e
di design. Ferdinando Gallotta, figlio di Bruno Gallotta è
il nuovo titolare dell'azienda ed insieme alla sorella
Gisella, creatrice e disegnatrice di gioielli, vuole dare la
possibilità ai clienti di personalizzare e di creare le
proprie idee attraverso le mani abili di esperti artigiani.
dal Prof. Raffaele Calabrò,dal Prof.
Bruno Trimarco e dal Prof. Marino
Scherillo, Past President dell’ANMCO
(Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), tenutasi a Napoli
presso l’Hotel Excelsior l’11 e il 12 aprile
2014. Campus Cuore è un convegno con
una nuova formula: quella dell'incontro-dibattito, aperto soprattutto ai
giovani cardiologi, che possono porre
domande agli opinion leader in cardiologia su “quello che le linee guida non
dicono…”. Grande successo per questa
prima edizione del convegno scientifico,
più di 700 iscritti, ospiti illustri, cardiologi di fama nazionale ed internazionale
che si sono confrontati rispondendo alle
domande dei giovani cardiologi. Molteplici i temi trattati: l’infarto del miocardio, la terapia antitrombotica con i
nuovi anticoagulanti orali ora disponibili anche in Italia, la prevenzione cardio-
vascolare, che salva milioni di vite ogni
anno. Il dibattito scientifico ha riservato
largo spazio alle nuove tecniche della
cardiologia interventistica, sempre più
all’avanguardia, come la TAVI, il trattamento percutaneo della stenosi valvolare aortica: si sostituisce la valvola malfunzionante per via endovascolare
evitando così le operazioni a cuore
aperto, soprattutto in pazienti ad alto
rischio cardiochirurgico. In era di spending rewiew, nonostante i sempre più
numerosi tagli alla spesa sanitaria,
secondo i dati OCSE la qualità del nostro servizio sanitario riesce ancora a
classificarsi tra le migliori del mondo; e
questo grazie anche alla passione, alla
dedizione e all'alto livello di formazione
di tanti medici, giovani e meno giovani,
che iniziative come Campus Cuore
contribuiscono sempre più a migliorare.
CATERINA DI TROIA
CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
(37)
IUPPITER i libri del mese
DIVERSI AMORI
Viaggio illustrato contro l’omofobia
HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE
La vita e il genio di Caravaggio
Autore: E. Silvestrini - B. Balbi
Costo: 14 euro
Pagine: 70
Autore: Mariano Marmo
Costo: 12 euro
Pagine: 124
Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente
scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi
emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla
famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti.
Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di
riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele.
LA GUERRA DEI SESSI
Dalla promiscuità al sesso virtuale
LIBRERIA BELLA ESTATE
Inno alla giovinezza
Autore: Gloria Persico
Costo: 12 euro
Pagine: 122
Autore: Sergio Califano
Costo: 10 euro
Pagine: 123
Indagine sull’origine della sessualità e sulla sua evoluzione, dal periodo promiscuo dei nostri antenati, al cybersex nei nostri giorni. Dalla sessualità finalizzata alla procreazione alla prospettiva di una procreazione senza sessualità. Analisi ragionata di una mutazione antropologica che sta alterando un ordine sociale che sembrava immutabile. Nella lotta tra maschi e femmine è l’amore la struttura emotiva ed intellettuale che investe il sesso dei
significati, infinitamente espandibili, che lo rendono imprevedibile.
Esplorazione di sé e del mondo che il protagonista attraversa in uno spazio tempo circolare, tra nostalgia e bellezza, spalancando memorie e costruendo realtà. Coincidenze, appuntamenti dati o mancati, vite diverse che
si sfiorano, si perdono o si ritrovano, all’incrocio delle sottili trame della sorte, invisibile e onnipotente. Uno stile avvolgente, sostanziato da una prosa intensamente limpida, conduce il lettore nell’universo dei possibili.
Dentro la vita stessa, attraverso un inno alla giovinezza più selvaggia.
LA CASA DI ASSOS
Una storia d’amore
IL GIARDINO DEI SILENZIOSI
Organi nelle chiese napoletane
Autore: Gerardo Russo Krauss
Costo: 10 euro
Pagine: 76
Autore: Mauro Castaldo
Costo: 10 euro
Pagine: 68
Nel mezzo del golfo di Cefalonia si erge una casa gialla con le persiane azzurre. La casa è stata per generazioni il perno della vita della famiglia Christacopoulos. Quando Kristina rimane sola, allora, la solidità di quelle mura rappresenta l'unica certezza fino all'arrivo di Kate. In un attimo, però,
anche l'ultimo baluardo sembra sgretolarsi come un castello di sabbia. La
casa di Assos si trasforma in un uragano inarrestabile di passioni.
Inchiesta tra storia e provocazione sugli organi nelle chiese napoletane,
strumenti nobilissimi che rinnovano l’antica arte della composizione musicale. Monsignor Vincenzo De Gregorio, organista titolare e maestro di
Cappella del Duomo di Napoli così scrive nella prefazione: «È un percorso
affascinante, quello dell’Autore, che ci fa desiderare di riavere più suono,
quello dell’organo, ad accompagnare i momenti tersi o oscuri della vita».
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dvd (48%) e
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Bandiere blu
14
le bandiere blu
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Le spiagge del
Cilento tra le più
premiate al Sud.
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Napoli sborsa ogni
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causati da buche e
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la protezione e la
ricerca ambientale).
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in Italia
Truffa
13
le misure cautelari
emesse nei
confronti degli
imprenditori di un
caseificio nel
casertano.
Producevano
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latte vaccino.
la BACHECA
Cemento selvaggio
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CHIAIA MAGAZINE • MAGGIO 2014
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