Untitled - Edises

MALATTIE
DELL’APPARATO VISIVO
S. Miglior
T. Avitabile, S. Bonini, E. Campos, L. Mastropasqua
S. Miglior, T. Avitabile, S. Bonini, E. Campos, L. Mastropasqua
Malattie dell’Apparato Visivo
Copyright © 2014, EdiSES s.r.l. – Napoli
9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
2018 2017 2016 2015 2014
Le cifre sulla destra indicano il numero e l’anno dell’ultima ristampa effettuata
A norma di legge è vietata la riproduzione, anche parziale,
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L’Editore
L’Editore ha effettuato quanto in suo potere per richiedere il permesso di riproduzione del materiale
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Oltrepagina – Verona
Stampato presso
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per conto della
EdiSES – Piazza Dante, 89 – Napoli
www.edises.it
ISBN 978 88 7959 828 6
info@edises.it
Autori
■ Stefano Miglior
professore ordinario
Direttore della Clinica Oculistica
Policlinico di Monza
Università Bicocca, Milano
■ Teresio Avitabile
professore ordinario
Direttore della Clinica Oculistica
Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”
Università degli Studi di Catania
■ Stefano Bonini
professore ordinario
Direttore della Clinica Oculistica
Università Campus Biomedico di Roma
■ Emilio Campos
professore ordinario
Direttore della Clinica Oculistica
Ospedale S. Orsola - Malpighi
Università degli Studi di Bologna
■ Leonardo Mastropasqua
professore ordinario
Direttore della Clinica Oftalmologica
Centro di Eccellenza in Oftalmologia
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
III
Coautori
■ Luca Agnifili
ricercatore
Clinica Oftalmologica, Centro di Eccellenza in Oftalmologia
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
■ Silvia Armando
contrattista
Clinica Oculistica Università di Verona
■ Vincenza Bonfiglio
dirigente medico di i livello
Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”
Università degli Studi di Catania
■ Adriana Bonora
dirigente medico di i livello
Clinica Oculistica Università di Verona
■ Piero Ceruti
dirigente medico di i livello
Clinica Oculistica Università di Verona
■ Michela Fresina
ricercatore confermato
Clinica Oculistica Ospedale S. Orsola - Malpighi
Università degli Studi di Bologna
■ Antonio Longo
ricercatore
Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”
Università degli Studi di Catania
IV
COAUTORI
■ Luca Maestroni
ricercatore
Clinica Oculista Policlinico di Monza
Università Bicocca, Milano
■ Flavio Mantelli
dottore di ricerca
Clinica Oculistica
Università Campus Biomedico di Roma
■ Roberta Morbio
ricercatore
Clinica Oculistica Università di Verona
■ Mario Nubile
ricercatore
Clinica Oftalmologica, Centro di Eccellenza in Oftalmologia
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
■ Andrea Russo
medico volontario oftalmologo
Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”
Università degli Studi di Catania
■ Laura Sapigni
medico specializzando
Clinica Oculistica Ospedale S. Orsola - Malpighi
Università degli Studi di Bologna
■ Davide Scollo
dirigente medico di i livello
Azienda Ospedaliera Universitaria “Policlinico Vittorio Emanuele”
Università degli Studi di Catania
■ Chiara Spinelli
borsista
Clinica Oculistica Università di Verona
■ Marco Toscani
medico specializzando
Clinica Oculistica Università di Verona
V
COAUTORI
■ Lisa Toto
ricercatore
Clinica Oftalmologica, Centro di Eccellenza in Oftalmologia
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
■ Luca Vecchiarino
dottorando di ricerca
Clinica Oftalmologica, Centro di Eccellenza in Oftalmologia
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
■ Gabriele Vizzari
medico specializzando
Clinica Oculistica Università di Verona
VI
Prefazione
Il Corso di Malattie dell’Apparato Visivo nel Corso di Laurea Magistrale in Medicina e
Chirurgia è oggi spesso inserito in un Corso di Specializzazione Medico-Chirurgico o
similari (a seconda dell’Ateneo) che comprende il Corso di Otorinolaringologia, Chirurgia Maxillo-Facciale e altre eventuali.
Rispetto a diversi anni fa, le esigenze didattiche dell’allora “Clinica Oculistica” e dell’attuale “Malattie dell’Apparato Visivo” al fine della formazione del Dottore in Medicina e
Chirurgia sono sicuramente mutate e snellite. Oggi si richiede al giovane laureato in Medicina e Chirurgia di avere una conoscenza delle materie specialistiche che permetta, nel
corso dell’attività professionale futura, di: poter sospettare/riconoscere le più importanti
malattie oculari, saper prendere in taluni casi decisioni diagnostiche-terapeutiche anche
importanti, saper indirizzare i pazienti oftalmici allo specialista del settore e, comunque,
saper informare i pazienti non oftalmici delle necessità cliniche a scopo preventivo per
specifiche malattie oculari sia dell’adulto sia del bambino.
Già da anni lo svolgimento del Corso e degli esami è molto mutato. A fronte di una divulgazione “classica”, improntata alla tradizionale descrizione della singola patologia, si
tende oggi a privilegiare una divulgazione più diretta che offra allo studente la possibilità di partire, quando possibile, dal Caso Clinico, quindi dalla sintomatologia riferita dal
paziente o dai segni clinici osservati dal clinico, cercando di descrivere le varie forme
morbose che possono essere ricondotte al Caso Clinico Iniziale. Questo percorso didattico permette allo studente innanzitutto di confrontarsi con la realtà clinica, mantenendo
quindi la sua attenzione ben mirata alla situazione in oggetto, e poi di poter capire che
partendo da quel Caso Clinico esistono diverse specifiche entità nosologiche che possono entrare in diagnosi differenziale e che devono, quindi, essere considerate al fine di
giungere alla corretta diagnosi.
Questo manuale di Malattie dell’Apparato Visivo cerca di essere il compendio delle
esperienze maturate negli anni più recenti. Infatti, viene dato elevato rilievo alle patologie oculari più frequenti e clinicamente più rilevanti dal punto di vista sia clinico
sia sociale. Esiste sicuramente un certo squilibrio nella trattazione di alcuni argomenti
rispetto ad altri, squilibrio che vuole proprio rispettare l’importanza clinica delle varie
VII
PREFAZIONE
affezioni sia in termini di frequenza che di importanza clinica e possibilità terapeutiche.
Personalmente ho preferito (nonostante le intenzioni iniziali) evitare di tagliare alcuni
argomenti che potrebbero sembrare trattati con eccessivo dettaglio. Questo, semplicemente per rispettare le esigenze didattiche che potrebbero variare da Ateneo ad Ateneo,
tendendo a privilegiare alcuni argomenti a discapito di altri. Sarà quindi compito del
singolo docente confrontarsi con i propri studenti al fine di indicare quali argomenti
approfondire di più e quali meno.
Credo altresì che la diffusa iconografia possa facilitare lo studente alla migliore comprensione degli argomenti trattati. Mi piace sempre ricordare che solo l’Oftalmologia,
oltre alla Dermatologia, si basa sull’osservazione diretta, o mediata da strumenti dedicati, di tutti gli aspetti della Patologia Oculare. Sta quindi solo all’esperienza e alla capacità
del singolo saper interpretare correttamente ciò che tutti i colleghi possono vedere (ma
talora non saper riconoscere).
Desidero ringraziare i Prof. Teresio Avitabile, Stefano Bonini, Emilio Campos e Leonardo Mastropasqua per il contributo didattico dato alla stesura del manuale e tutti i nostri
giovani collaboratori che hanno sostanzialmente contribuito alla stesura di numerosi
capitoli.
Un grazie di cuore va al Prof. Giorgio Marchini e ai suoi collaboratori per aver accettato di essere parte integrante del manuale, avendo attivamente contribuito alla stesura
di parte di esso, nonostante l’impossibilità tecnica del Prof. Marchini di poter essere
coinvolto tra gli Autori.
Caro studente, buono studio! Ti porgo i migliori auguri per una proficua carriera di
Medico, con l’auspicio che questo manuale possa esserti utile anche nel corso della tua
professione.
Stefano Miglior
VIII
Indice generale
SEZIONE 1. Anatomia e fisiologia oculare
1.
Richiami di anatomia e fisiologia oculare E. Campos, L. Sapigni
Occhi o bulbi oculari
Vie ottiche o vie visive
Annessi oculari
3
3
14
17
SEZIONE 2. Semeiotica oculare
2. Disturbi soggettivi S. Miglior, L. Maestroni
Calo del visus
Dolore oculare
Fotofobia
Scotoma
Fotopsia
Miodesopsie
Amaurosi fugace
Diplopia
Alterazione della percezione dei colori
31
31
31
32
32
32
32
32
32
33
3. Segni obiettivi S. Miglior, L. Maestroni
Iperemia congiuntivale e pericheratica
Emorragia congiuntivale
Chemosi congiuntivale
Secrezione congiuntivale
Papille tarsali Leucocoria
Esoftalmo
34
34
35
35
35
36
36
36
4. Esami strumentali S. Miglior, L. Maestroni
Esame del fundus oculi
37
37
IX
INDICE GENER ALE
Gonioscopia
Tonometria
Esame del campo visivo
Tomografia a coerenza ottica (OCT)
Fluorangiografia
Angiografia con verde di indocianina
GDx
HRT Pachimetria corneale Topografia corneale
Microscopia endoteliale
Ecografia oculare
37
37
39
39
40
42
45
45
45
45
46
46
SEZIONE 3. Vizi di refrazione
5.
Vizi di refrazione L. Mastropasqua, L. Agnifili, M. Nubile
Difetti di refrazione
Difetti dell’accomodazione Valutazione dell’acuità visiva
Chirurgia e laser per la correzione dei difetti refrattivi
Chirurgia refrattiva assistita da laser a femtosecondi
49
49
60
61
63
68
SEZIONE 4.­ Affezioni acute invalidanti la funzione visiva
6.Emovitreo T. Avitabile, D. Scollo
Patogenesi e fattori di rischio
Diagnosi
Diagnosi differenziale
Trattamento
73
73
75
75
76
7. Occlusioni vascolari della retina T. Avitabile, A. Longo
Occlusioni arteriose
Trombosi venose retiniche
79
79
83
8. Degenerazione maculare legata all’età (DMLE) T. Avitabile, A. Longo
Epidemiologia
Eziopatogenesi e fattori di rischio
Presentazione e diagnosi
Terapia
90
90
91
93
98
9. Distacco di retina T. Avitabile, V. Bonfiglio
Patogenesi
Fattori di rischio
Storia naturale
Sintomatologia
X
100
100
101
106
108
INDICE GENER ALE
Diagnosi
Diagnosi differenziale
Timing chirurgico
108
110
111
10. Affezioni del nervo ottico S. Miglior, A. Bonora
Otticopatia ischemica anteriore
Neuriti ottiche
116
116
117
SEZIONE 5. Affezioni croniche invalidanti la funzione visiva
11.Cataratta L. Mastropasqua, L. Toto, L. Vecchiarino
Epidemiologia
Cataratta senile o correlata all’età
Cataratta acquisita
Trattamento chirurgico
125
125
125
128
129
12. Glaucoma primario ad angolo aperto S. Miglior
Storia naturale
Patogenesi e fattori di rischio
Diagnosi di POAG
Trattamento del POAG
Approccio terapeutico al POAG Trattamento con laser
Trattamento chirurgico
134
134
135
138
141
144
147
148
SEZIONE 6. Affezioni a carattere prevalentemente irritativo
13.Dacriocistiti S. Bonini, F. Mantelli
Dacriocistite acuta
Dacriocistite cronica
155
155
157
14.Congiuntiviti S. Bonini, F. Mantelli
Congiuntiviti infettive
Congiuntiviti non infettive
158
159
161
15.Cheratiti S. Bonini, F. Mantelli
Cheratiti infettive
Cheratiti non infettive
Cheratopatia da esposizione
Scompenso corneale
169
169
174
179
179
16.Iridocicliti S. Bonini, F. Mantelli
Caratteristiche cliniche
Principali forme di uveite anteriore
Terapia
181
181
183
185
XI
INDICE GENER ALE
17. Attacco acuto di glaucoma – Glaucoma ad angolo chiuso S. Miglior
Diagnosi di attacco acuto di glaucoma
Storia naturale
Patogenesi e fattori di rischio
Trattamento dell’attacco acuto di glaucoma
187
187
189
190
190
SEZIONE 7. Esoftalmo
18.Esoftalmo L. Mastropasqua, L. Agnifili
Classificazione clinica
Classificazione eziologica
197
197
199
SEZIONE 8. Tumori oculari
19. Tumori oculari S. Miglior, P. Ceruti, M. Toscani, G. Vizzari
Tumori oculari
Tumori vascolari
Tumori miogenici
Tumori neurogenici
Tumori della retina
Tumori dell’uvea
211
211
211
212
212
212
213
SEZIONE 9. Occhio e malattie sistemiche
20. Retinopatia diabetica L. Mastropasqua, L. Toto
Epidemiologia e fattori di rischio della retinopatia diabetica
Patogenesi e classificazione della retinopatia diabetica
Edema maculare
Complicanze oculari della retinopatia diabetica proliferante
Diagnosi della retinopatia diabetica
Trattamento 219
219
219
223
224
225
226
21. Retinopatia ipertensiva L. Mastropasqua, L. Agnifili
Modificazioni del microcircolo retinico
Classificazione della retinopatia ipertensiva
230
230
231
22. Immunopatologia oculare F. Mantelli, S. Bonini
Film lacrimale
Cornea e congiuntiva
Uvea e retina
234
236
237
238
23.Papilledema S. Miglior, A. Bonora, C. Spinelli
Sintomi
Diagnosi differenziale
240
241
241
XII
INDICE GENER ALE
Diagnosi
Terapia
Prognosi
242
242
243
24. Strabismi incomitanti E.Campos, L. Sapigni
Strabismi incomitanti paralitici
Strabismi incomitanti di origine anatomica
Strabismi incomitanti meccanici e restrittivi
Valutazioni utili per la terapia chirurgica
244
246
250
252
253
SEZIONE 10. Oftalmologia pediatrica
25.Ambliopia E. Campos, M. Fresina
Classificazione
Patogenesi e fisiopatologia
Diagnosi
Terapia
Concetto di guarigione
257
257
258
259
260
261
26. Strabismo concomitante E. Campos, L. Sapigni
Esodeviazioni concomitanti
Exodeviazioni concomitanti
263
263
269
27.Leucocoria E. Campos, L. Sapigni
Cause più comuni di leucocoria
273
274
28. Glaucoma congenito S. Miglior, R. Morbio, S. Armando
Caso clinico
280
281
SEZIONE 11. Traumatologia oculare
29. Traumatologia oculare T. Avitabile, A. Russo
Classificazione
Manifestazioni oculari
Diagnosi
Traumi contusivi: ferite a globo chiuso
Traumi contusivi: ferite a globo aperto
Ferite penetranti e corpi estranei endobulbari
Ferite perforanti
Ferite da agenti chimici
Uveiti simpatiche
287
287
288
288
289
294
296
298
300
301
INDICE ANALITICO
303
XIII
9
•
Distacco di retina
sua importanza clinica è dovuta alla correlazione con il distacco di retina. La degenerazione a palizzata, con o senza fori
atrofici, presenta un rischio molto basso
di evolvere in un distacco di retina (2%)
(➠ figura 9.5).
studi scientifici. È proprio a questo livello
che si deve inserire l’opera del medico di
base, cui tale testo è rivolto, che deve opportunamente valutare sintomi importanti in soggetti a rischio e prontamente inviare il paziente dall’oculista. Sono infatti,
indispensabili controlli oculistici del fondo dell’occhio mirati all’identificazione di
lesioni retiniche regmatogene e/o rotture
retiniche abbinati a una corretta anamnesi
Ciuffi retinici cistici (tuft)
Si tratta di anomalie congenite della periferia retinica in cui si formano densi accumuli di tessuto gliale di aspetto nodulare
o a ciuffo, all’interno delle quali si trovano
delle cripte di vitreo. I “tuft” retinici cistici
sono responsabili di circa il 10% dei distacchi di retina primitivi (➠ figura 9.6).
Dialisi retinica
La dialisi retinica rappresenta una discontinuità o una disinserzione della retina
della pars plana a livello dell’ora serrata.
La maggior parte delle dialisi è traumatica, ma sono state descritte dialisi spontanee in soggetti giovani geneticamente
predisposti (➠ figura 9.7).
■ Trattamento profilattico
È importante sottolineare che il distacco
di retina regmatogeno può essere prevenuto attraverso il trattamento profilattico
delle lesioni retiniche predisponenti del
distacco di retina e/o rotture retiniche e
che la necessità e l’urgenza di eseguire tale
trattamento profilattico è stato oggetto di
figura 9.6 Tuft.
figura 9.5 Degenerazione a lattice.
figura 9.7 Dialisi retinica post-traumatica.
105
SEZIONE 4
•
Affezioni acute invalidanti la funzione visiva
del paziente che consenta di evidenziare la
presenza di sintomi come fotopsie, miodesopsie o deficit del campo visivo che sono
decisivi per identificare i pazienti ad alto
rischio di distacco di retina.
Lo scopo del trattamento profilattico
delle rotture retiniche e/o lesioni regmatogene è quello di creare una retinopessia,
cioè una cicatrice corio-retinica, capace
di determinare una solida aderenza tra retina e coroide in sede prossima alle lesioni
retiniche oppure al circoscritto accumulo
di liquido sottoretinico ad esse associato.
Questo risultato generalmente si può ottenere mediante fotocoagulazione laser (➠
figura 9.8) o criotrattamento (➠ figura 9.9).
In genere le complicanze sono rare; i
maggiori problemi della fotocoagulazione
laser sono legati a iperdosaggi (eccessiva
potenza) del trattamento che possono determinare la formazione di fori retinici per
azione diretta del laser o per l’innesco di
trazioni vitreali circostanti le aree degenerate. Altre complicanze possono essere
pucker maculare (1-3.8%), fori maculari in
miopi elevati post-cerchiaggio laser (3.811.3%), formazione di nuove rotture in aree
normali, evoluzione verso il distacco di retina nonostante il trattamento (5-8.3%).
Altri effetti collaterali potrebbero essere legati al coinvolgimento dei nervi
ciliari, con comparsa di alterazioni della
sensibilità corneale o della motilità ciliare
o pupillare.
figura 9.8 Trattamento laser profilattico attorno a
rottura a ferro di cavallo.
figura 9.9 Criotrattamento attorno a rottura a ferro
di cavallo.
rottura di un vaso retinico, l’incidenza di
rotture retiniche aumenta notevolmente
fino al 67% dei casi, con incidenza di distacco di retina nel 39% dei casi.
Pertanto i pazienti a rischio (distacco
posteriore di vitreo acuto) dovrebbero
essere educati sui sintomi (miodesopsie,
fotopsie) e sulla necessità di eseguire un
esame del vitreo e della retina nel più breve tempo possibile e sul fatto che tale esame deve essere ripetuto nel tempo.
L’evoluzione del distacco di retina regmatogeno, una volta insorto, può essere
varia essendo condizionata da diversi fattori, sia in rapporto alle caratteristiche del
distacco (localizzazione del sollevamento,
numero e localizzazione delle rotture) sia
STORIA NATURALE
Circa il 15% dei pazienti con distacco di
vitreo acuto sintomatico presenta almeno
una rottura retinica ad un iniziale esame
clinico, mentre nei pazienti in cui non si apprezzano rotture di retina la possibilità che
queste possano presentarsi dopo alcune settimane o mesi varia dal 2 al 5%. Nel caso in
cui il distacco posteriore di vitreo acuto si
associa ad emorragia vitreale, causata dalla
106
9
•
Distacco di retina
alle condizioni oculari associate (miopia
elevata con fluidificazione massiva del vitreo, afachia ecc.).
La stazionarietà del distacco è un’evenienza rara che si verifica soprattutto nelle rotture periferiche inferiori; in tali casi
si può stabilire un autosbarramento del
distacco per l’insorgere spontaneo di una
cicatrice corio-retinica lineare che ne delimita i bordi. L’estensione crescente del
distacco rappresenta l’evento più comune,
specialmente quando la rottura interessa
i settori superiori; in questi casi il liquido
sottoretinico tende per gravità a spostarsi
verso il basso e a scollare l’intera retina
(distacco totale). All’esame oftalmoscopico in presenza di un distacco di retina
recente, il riflesso rosso del fondo è sostituito da uno grigiastro, che occupa più
o meno estesamente il campo pupillare;
si osservano pieghe retiniche biancastre,
che oscillano con i movimenti oculari
(buona motilità), mentre i vasi retinici appaiono tortuosi, scuri e oscillanti insieme
alla retina sollevata (➠ figura 9.10).
In presenza di un distacco totale di vecchia data la retina si presenta rigida, compaiono linee di demarcazione del distacco localizzate alla giunzione fra la retina
staccata e quella attaccata e fibrosi sottoretinica e inoltre si formano pieghe retiniche rigide per la comparsa di membrane
che trattengono la retina (proliferazione
vitreo-retinica o PVR) (➠ figura 9.11).
La PVR è causata dalla formazione di
membrane epiretiniche (sulla superficie
retinica interna) e sottoretiniche (sulla
superficie retinica esterna) che derivano
da una proliferazione e una metaplasia di
cellule originate dall’epitelio pigmentato
retinico e dalle cellule gliali della retina
(➠ figura 9.12).
Nelle forme di distacco di retina recente all’esame del segmento anteriore alla
lampada a fessura l’occhio non presenta
figura 9.10 Distacco di retina recente.
figura 9.11 Distacco di retina di vecchia data.
figura 9.12 Proliferazione vitreo-retinica (PVR) in
distacco di retina di vecchia data.
segni clinici particolari, fatta eccezione
per la pressione endoculare (PIO) minore
della norma e fenomeni di Tyndall. Quando però il distacco diventa vecchio, può
manifestarsi un’uveite torpida (silente),
107
SEZIONE 4
•
Affezioni acute invalidanti la funzione visiva
nonché un’opacizzazione del cristallino
(cataratta complicata) con sinechie iridolenticolari, evoluzione verso l’atrofia ottica e il glaucoma secondario.
Nel corso di queste diverse modalità
evolutive i fotorecettori, privati della loro
normale nutrizione da parte della coriocapillare, vanno incontro ad alterazioni
degenerative; con il perdurare del distacco di retina analoghi fenomeni degenerativi interessano gli starti retinici più interni e la coroide.
SINTOMATOLOGIA
La sintomatologia del distacco di retina è
variabile e la severità è in funzione della
localizzazione e dell’estensione del distacco stesso.
Soggettivamente il distacco di retina
può apparire all’improvviso, ma spesso è
preceduto da sintomi prodromici indotti dal distacco posteriore di vitreo acuto,
quali: la visione di lampi luminosi nel
campo visivo (fotopsie o fosfeni), dovuta
alla trazione esercitata dal vitreo sulla retina dopo un distacco posteriore di vitreo,
e di macchie scure (miodesopsie) a grande anello (anello di Weiss) e a ragnatela
dovute all’ombra che le zone di addensamento vitreale proiettano sulla retina (➠
figura 9.13).
Altre volte l’esordio del distacco di retina è più drammatico con la comparsa di
un’area di cecità che interessa un settore
più o meno ampio del campo visivo (scotoma periferico a tenda), corrispondente
alla zona opposta alla posizione del distacco. Il distacco periferico, che si estende
gradualmente verso la macula, dà spesso
origine a metamorfopsia (distorsione degli
oggetti) e micropsia (gli oggetti appaiono
più piccoli del normale); quando il distacco di retina interessa la zona centrale della retina (macula) o quando il distacco è
così bolloso da ostruire l’asse visivo, nono-
figura 9.13 Ampie zone di liquefazione vitreale responsabili delle miodesopsie o mosche volanti.
stante la fovea non sia stata interessata, si
ha perdita visiva centrale.
DIAGNOSI
Se la retina può essere ben visualizzata, la
diagnosi di distacco di retina è eseguita
con un esame clinico del segmento posteriore mirato allo studio del vitreo e della retina. Tuttavia è importante associare
un’attenta anamnesi mirata a risalire all’epoca di insorgenza del distacco di retina
e ad evidenziare la concomitanza dell’evento con traumi oculari contusivi o penetranti e/o la preesistenza di altre patologie oculari (infiammazioni o altro) o di
pregressa chirurgia dell’occhio e di altri
fattori di rischio (es. occhio adelfo, cioè
storia clinica di distacco di retina nell’occhio controlaterale). Successivamente la
visita oftalmologica comprenderà la determinazione del visus naturale e corretto
per lontano e per vicino, che sono di fondamentale importanza ai fini della prognosi funzionale dell’occhio (cioè della
possibilità di poter recuperare una certa
capacità visiva).
L’esame della retina si può effettuare
con differenti metodiche: l’oftalmosco108
20
Retinopatia diabetica
L. Mastropasqua, L. Toto
Introduzione
40-50% dopo 10 anni e oltre il 90% dopo
i 20 anni.
I principali fattori di rischio associati
alla comparsa più precoce e a un’evoluzione più rapida della retinopatia sono
la durata del diabete, lo scompenso glicemico e l’eventuale ipertensione arteriosa
concomitante, sia nei pazienti con diabete
di tipo 1 sia in quelli con diabete di tipo 2.
Il controllo glicemico è il più importante dei fattori di rischio modificabili indipendentemente dal tipo di trattamento
ipoglicemizzante seguito. Anche il controllo intensificato dell’ipertensione arteriosa permette di ritardare l’insorgenza e
rallentare l’evoluzione della retinopatia.
Inoltre la nefropatia e l’iperlipidemia
rappresentano un rischio significativo per
lo sviluppo e il peggioramento della retinopatia diabetica. Anche la gravidanza
può determinare un rischio aumentato di
progressione della retinopatia diabetica
verso la forma proliferante, pertanto durante la gestazione le visite di controllo
dovrebbero essere intensificate.
La retinopatia diabetica è la più importante complicanza oculare del diabete mellito,
una sindrome metabolica caratterizzata
dall’iperglicemia e correlata ad un’alterata
produzione o attività dell’insulina.
Il diabete di tipo 1 o insulino-dipendente (IDDM), presente nel 10-15% della
popolazione diabetica, si manifesta generalmente prima dei 40 anni di età, mentre
il diabete di tipo 2 o non insulino-dipendente (NIDDM) viene generalmente diagnosticato dopo i 40 anni.
Le complicanze oculari correlate al
diabete sono simili nei due tipi di diabete
sebbene i pazienti con diabete di tipo 1
presentano con maggior frequenza complicanze oculari.
EPIDEMIOLOGIA E FATTORI
DI RISCHIO DELLA
RETINOPATIA DIABETICA
La retinopatia diabetica è la più comune
causa di cecità legale negli adulti in età
compresa tra i 20 e i 65 anni.
La prevalenza della malattia è trascurabile nei giovani con diabete di durata
inferiore ai 5 anni e in età prepubere.
Quando il diabete è diagnosticato dopo i
30 anni di età, la prevalenza di retinopatia è del 20% dopo 5 anni di malattia, del
PATOGENESI E
CLASSIFICAZIONE DELLA
RETINOPATIA DIABETICA
Il disordine alla base delle alterazioni retiniche è una microangiopatia vascolare.
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SEZIONE 9
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Occhio e malattie sistemiche
Si ritiene che l’esposizione all’iperglicemia per un periodo prolungato provochi
i seguenti cambiamenti biochimici e fisiologici:
danno vascolare endoteliale;
perdita di periciti e ispessimento della
membrana basale dei capillari;
aumento dell’adesività piastrinica;
aumento dell’aggregabilità eritrocitaria;
fibrinolisi difettosa;
aumentata produzione del fattore di
crescita vascolare endoteliale (VEGF),
importante nel determinare la risposta
neovascolare oculare all’ischemia oltre
che la rottura della barriera emato-retinica, responsabile dell’edema maculare.
all’aumentata pressione intracapillare che
provoca un’ernia nelle aree della parete
capillare in cui i periciti sono scomparsi.
I microaneurismi si possono osservare
all’esame oftalmoscopico del fondo come
lesioni puntiformi rossastre presenti negli
strati retinici intermedi.
La fluorangiografia retinica consente
di evidenziare in maniera più accurata i
microaneurismi, che si caratterizzano per
un accumulo di colorante, mostrando
spesso un numero di lesioni superiore a
quello osservato con l’oftalmoscopia (➠
figura 20.1).
La rottura di una parete indebolita
da un microaneurisma può dar luogo ad
un’emorragia. Se l’emorragia si localizza
in profondità, a livello dello strato nucleare o plessiforme interno, assume un aspetto a capocchia di spillo o a macchia, se invece è superficiale, nello strato delle fibre
nervose, assume una morfologia a fiamma
(➠ figura 20.2).
Nelle forme più avanzate di retinopatia diabetica non proliferante si osserva la
comparsa degli essudati molli o “noduli
cotonosi” che rappresentano dei piccoli infarti dello strato delle fibre nervose causati
da un’occlusione delle arteriole precapillari. Oftalmoscopicamente appaiono come
chiazze biancastre, di aspetto cotonoso
e fluorangiograficamente si evidenziano
come aree di non perfusione capillare (➠
figura 20.3).
Le IRMA sono spesso circondate da
aree di ipoperfusione capillare e verosimilmente rappresentano capillari
preesistenti abnormemente dilatati che
sembrano assumere la funzione compensatoria di canali collaterali. Oftalmoscopicamente sono difficili da differenziare
dalla neovascolarizzazione retinica superficiale, mentre alla fluorangiografia
la distinzione fra le due entità è più agevole in quanto le IRMA non presentano i
Tali alterazioni determinano una progressiva compromissione del lume dei capillari e della funzione endoteliale di barriera, con conseguente ischemia e ipossia
retinica.
La retinopatia diabetica viene distinta
in due forme: la retinopatia non proliferante e la retinopatia proliferante, a seconda che le alterazioni oculari superino
o meno la membrana limitante interna.
Tale classificazione consente di tenere
distinti quadri clinici con caratteristiche
diverse dal punto di vista sia terapeutico
sia prognostico.
La retinopatia non proliferante
(RDNP) viene distinta in quattro stadi di
crescente gravità: lieve, moderata, severa
e molto severa sulla base della presenza e
numerosità delle lesioni (➠ tabella 20.1).
I reperti classici della retinopatia diabetica non proliferante sono: microaneurismi,
emorragie intraretiniche, noduli cotonosi,
alterazioni del calibro venoso e anomalie
microvascolari intraretiniche (IRMA).
I primi segni clinici della retinopatia
diabetica sono i microanueurismi che rappresentano delle ectasie sacculari dei capillari retinici e che si formano in seguito
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Retinopatia diabetica
Lieve
Almeno 1 microaneurisma, assenti i criteri per la RDNP moderata.
Moderata
Emorragie intraretiniche/microaneurismi, e/o noduli cotonosi,
vene a corona di rosario, IRMA; assenti i criteri per la diagnosi di
RDNP severa.
Severa
Almeno una delle seguenti (regola del 4-2-1):
– emorragie intraretiniche in 4 quadranti;
– vene a corona di rosario in 2 quadranti;
– IRMA in almeno 1 quadrante.
Molto severa
Almeno due dei criteri citati per la RDNP severa.
tabella 20.1 Classificazione della retinopatia diabetica non proliferante.
fenomeni di diffusione del colorante tipici dei neovasi.
Le alterazioni del calibro venoso indicano uno stato di ipossia retinica severa
e sono localizzate generalmente vicino ad
estese aree di non perfusione capillare.
Le anomalie venose possono essere costituite da dilatazioni venose, formazione di
vene a “corona di rosario” o di anse venose.
Le aree di ipoperfusione retinica causano una diminuzione del livello di ossigeno
a livello retinico e la conseguente liberazione di sostanze angiogeniche (particolarmente il VEGF) responsabili delle proliferazioni neovascolari che caratterizzano
il quadro di retinopatia diabetica proliferante. L’identificazione della retinopatia
non proliferante avanzata è importante
in quanto essa rappresenta un importante
fattore di rischio per la progressione della
retinopatia verso la forma neovascolare.
La retinopatia proliferante (RDP) è
caratterizzata dallo sviluppo di vasi neoformati che oltrepassano la membrana
limitante interna e costituisce una delle
cause più frequenti di severa riduzione
visiva nei pazienti diabetici. L’incidenza
della retinopatia diabetica proliferante è
del 23% nei pazienti con diabete di tipo 1
e del 14% e 3% nei pazienti con diabete di
tipo 2 in trattamento insulinico e non in
trattamento insulinico, rispettivamente.
figura 20.1 Retinopatia diabetica: evidenza di microaneurismi al polo posteriore (fluorangiografia).
figura 20.2 Microaneurismi ed emorragie retiniche
a capocchia di spillo e a macchia al polo posteriore
(retinografia a colori).
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SEZIONE 9
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Occhio e malattie sistemiche
A
B
figura 20.3 Microaneurismi, emorragie ed essudati cotonosi (freccia bianca) al polo posteriore visibili nella reti-
nografia a colori (A) e nella fluorangiografia (B).
Nella retinopatia proliferante le neovascolarizzazioni possono essere localizzate
sulla papilla originando da vasi della testa del nervo ottico (NVD) e/o sulla retina (neovascolarizzazione extra-papillare,
NVE) sviluppandosi dalla circolazione
retinica, prevalentemente in prossimità di
aree non perfuse (➠ figura 20.4).
I neovasi che nelle fasi precoci del processo di neovascolarizzazione sono nudi,
si accompagnano più tardivamente ad
un’impalcatura fibrosa che ha un aspetto
opaco e diviene aderente alla superficie vitreale posteriore (➠ figura 20.5).
La retinopatia diabetica proliferante
viene definita ad alto rischio nelle seguenti condizioni:
NVD di almeno 1/4 dell’area papillare;
NVD di ampiezza inferiore ad 1/4
dell’area papillare associata ad emorragia pre-retinica o vitreale recente;
NVE di ampiezza maggiore o uguale a
1/2 dell’area papillare associata ad emorragia pre-retinica o vitreale recente.
figura 20.4 Neovascolarizzazione discale ed extrapapillare (retinografia a colori).
All’esame fluorangiografico i vasi neoformati, a differenza dei vasi retinici normali, presentano una diffusione del colorante (leakage) (➠ figure 20.6, 20.7).
figura 20.5 Proliferazione fibrovascolare epipapillare che esercita trazione sulla retina (retinografia a
colori).
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Retinopatia diabetica
EDEMA MACULARE
L’edema maculare diabetico, la causa più comune di riduzione visiva nei pazienti diabetici, è diretta conseguenza dell’alterata
permeabilità dei capillari retinici e dei microaneurismi.
La percentuale di sviluppo di edema
maculare dopo 10 anni di diabete mellito
è del 20.1% in pazienti con diabete di tipo
1 e del 25.4% e del 13.9% in pazienti con
diabete di tipo 2 in trattamento insulinico
e non in trattamento insulinico, rispettivamente.
L’edema maculare si può riscontrare
in entrambe le forme di retinopatia diabetica e, in qualsiasi stadio e la sua prevalenza aumenta con la severità della malattia.
Esso è caratterizzato da un ispessimento della retina nella regione maculare associato o meno ad essudazione lipidica
(cosiddetti essudati duri).
L’accumulo lipidico può localizzarsi in
regione maculare o ad anello intorno ai
microaneurismi (retinopatia circinnata) (➠
figura 20.8).
L’edema maculare si considera clinicamente significativo (CSME, Clinically
Significant Macular Edema) se l’ispessimento retinico o gli essudati duri con
ispessimento della retina adiacente minacciano o coinvolgono il centro della macula e include una qualsiasi delle seguenti
condizioni:
1. ispessimento retinico in corrispondenza o entro 500 µm dal centro della macula;
2. essudati duri in corrispondenza o entro
500 µm dal centro della macula se vi è
ispessimento retinico adiacente;
3. una o più aree di ispessimento retinico
con dimensioni di almeno 1 diametro
papillare (1500 μm), una parte delle
quali sia localizzata entro 1 diametro
papillare dal centro della macula.
figura 20.6 Retinopatia diabetica proliferante ad
alto rischio: neovascolarizzazioni papillari ed extrapapillari ed emorragie pre-retiniche (fluorangiografia).
figura 20.7 Retinopatia diabetica proliferante ad
alto rischio: neovascolarizzazioni extrapapillari, estese aree ischemiche ed emorragie pre-retiniche (fluorangiografia).
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SEZIONE 9
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Occhio e malattie sistemiche
Si distinguono due forme di edema, focale e diffuso, le quali sono spesso osservabili contemporaneamente.
L’edema focale è caratterizzato dalla presenza di aree localizzate di ispessimento
retinico causate dalla diffusione, di limitata estensione, di singoli microaneurismi
o di piccoli gruppi di microaneurismi. L’edema diffuso è il risultato di un’abnorme
permeabilità di interi segmenti di capillari, microaneurismi e arteriole ed è caratterizzato da un ispessimento retinico di
maggior estensione.
Quando il fluido si raccoglie prevalentemente nello strato plessiforme esterno e
negli strati nucleari interni, l’edema assume una caratteristica disposizione cistoide, a petalo di fiore, spesso associata all’edema maculare diffuso (➠ figura 20.9).
figura 20.8 Retinopatia diabetica con microaneurismi, emorragie, edema maculare ed essudati duri a
disposizione circinnata (retinografia a colori).
COMPLICANZE OCULARI
DELLA RETINOPATIA
DIABETICA PROLIFERANTE
Emorragie vitreali e pre-retiniche
Le proliferazioni fibrovascolari in corso
di retinopatia diabetica proliferante si
sviluppano prevalentemente sulla superficie retinica e possono andare incontro a
piccoli sanguinamenti. Quando il vitreo
si distacca parzialmente, può determinare
un rapido accrescimento dei neovasi stessi
con possibili sanguinamenti di maggior
entità e comparsa di una sintomatologia
visiva.
figura 20.9 Edema maculare cistoide (fluorangio-
grafia).
fibrovascolare determinano un sollevamento retinico che generalmente inizia in
prossimità delle arcate vascolari, è concavo, non mobile e si estende all’ora serrata
(➠ figura 20.10).
Nel caso in cui la trazione provoca lacerazioni o fori della retina può determinare l’insorgenza di un distacco di retina
regmatogeno, che generalmente si estende all’ora serrata ed è mobile, con presenza di fluido sottoretinico.
Trazione vitreale e distacco di
retina
Il tessuto fibroso che accompagna i vasi
neoformati mostra una tendenza a contrarsi nel tempo, causando un distacco retinico secondario di tipo non regmatogeno trattivo e/o di tipo regmatogeno. Nel
primo caso la contrazione della superficie
vitreale posteriore e della proliferazione
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