lacasana-1-2014-arte..

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arte e cultura
due storie al femminile
sul filo della memoria
di Paolo Giardelli
A
l centro dello scambio di messaggi era la signora
Yvonne, artefice appassionata nel secolo scorso
di bambole e pupazzi. Mai avrebbe immaginato
di suscitare, dopo la sua morte, un tale interesse
planetario. Tutto inizia quando una bambina, Patty
Garbarino, riceve in regalo, da parenti di Cogoleto
Un curioso scambio di in visita negli Stati Uniti, un paio di pupazzi, una
e-mails ha coinvolto tempo coppia di pescatori, destinati a diventare compafa un ingegnere in viaggio gni inseparabili della sua infanzia. Le vicende della
di studio con i suoi studenti famiglia di Patty sono quelle esemplari di una stonella Silicon Valley; ria di emigrazione italiana, coronata dal successo.
un antropologo, all’epoca Chiara Rossi, “a Figgetta”, partorisce un figlio a Coimpegnato in Brasile; una goleto nel 1899 e un altro nell’Oregon nel 1901. In
delle curatrici del Louvre totale, dal suo matrimonio con Giuseppe Calcagno,
di Parigi; un altro ingegnere, se ne conteranno quattordici. Nel 1906 sono sorprein Kazakistan per lavoro. si dal terremoto di San Francisco, Chiara rientra in
Cosa aveva in comune questa Italia da sola, in compagnia della figlia Rosa, la futuaggregazione eterogenea ra nonna di Patty. Rosa ritorna negli Stati Uniti nel
di persone? 1927. Era stata preceduta quattro anni prima da Giovanni Garbarino, originario di Casanova di Varazze.
La reciproca conoscenza avverrà a San Francisco, favorita da amici comuni, essendo originari di paesi limitrofi. Nel giro di un anno si sposano. Rosa è una cuoca fenomenale, capace
di nutrire ogni giorno nella sua pensione una folla di immigrati italiani. Le navi provenienti
da Genova attraccavano al Pier (molo) 39. Rosa, residente nelle vicinanze, si occupava della prima accoglienza; riusciva persino a trovare loro lavoro
Emigranti liguri
presso i numerosi parenti disseminati in Oregon e Nevada.
in California: una
Durante la guerra invia con regolarità a parenti e amici liguri
vicenda straordinaria
grandi sacchi di tela bianca, contenenti cibo, vestiti, gomme
di determinazione
e ingegno, in poche
da masticare. Persino radioline perfettamente funzionangenerazioni da
ti, recuperate tra i rifiuti. Giovanni lavora come “rumentà”,
“rumentà” a imprenditori
di successo.
spazzino, un mestiere esercitato da numerosi emigranti ligu-
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ri in California. Negli anni Venti fonda con alcuni colleghi e parenti la Scavengers Protective Association.
Con il sacco in spalla, percorrono instancabilmente
le colline di San Francisco, scaricando poi l’immondizia, raccolta nei carri tirati da enormi cavalli. Allora in California si compravano estese praterie, dove
i rifiuti erano seppelliti a strati. Quando un terreno
raggiungeva la saturazione, se ne acquistava un altro.
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Nel 1948 nasce la Marin Sanitary Service, fondata da
emigranti italiani e liguri. Joe, il padre di Patty, che
aveva intrapreso studi di farmacia al college, entra a
farne parte nel 1955. L’azienda prende l’appalto per lo
smistamento dei rifiuti a San Rafael, un nuovo quartiere in costruzione sull’altra sponda della baia di San
Francisco. Negli anni ’70 si sviluppa l’intuizione del
riciclaggio, a partire dalla carta. Attualmente, con la
carica di vice presidente, è l’unico sopravvissuto degli otto soci fondatori. La Marin Sanitary Service è
attualmente la più importante azienda di riciclaggio
di rifiuti della California, all’avanguardia per la tecnologia impiegata. A dirigerla la figlia di Joe, Patty
Garbarino, prima donna eletta presidente dell’associazione di categoria in California. Numerosi cugini
lavorano nell’azienda di famiglia. Circa venticinque
anni fa, mentre si trovava a Genova, l’imprenditrice
acquista al “mercato della nonna”, nel centro storico,
un pupazzo di Yvonne, in tutto simile a quello ricevuto in regalo nell’infanzia. La scoperta suscita in lei
il desiderio di possedere tutti i suoi lavori, che le sarà
possibile rintracciare. Attraverso una ricerca instancabile, arriva a raccoglierne oltre un centinaio. Il collezionismo del resto è una passione di famiglia. Suo
padre Joe ha infatti fondato a San Rafael, un importante museo dedicato alla seconda guerra mondiale,
con tanto di carri armati perfettamente funzionanti.
La passione di Patty per l’artista di bambole nasce
dai personaggi raffigurati, così somiglianti a quelli
incontrati per le vie dei borghi liguri dagli avi. Inoltre, l’arte di Yvonne non aveva ricevuto giusto rilievo
da esperti e collezionisti, ma era stata confusa con
l’opera di altri. Della sua vita però si sa poco. Un noto
avvocato, vicepresidente del NIAF (National Italian
American Foundation) e amico dell’interessata, ne
parla con l’ingegnere Paolo Marenco, promotore, tramite l’associazione La Storia nel Futuro, di study tour
nella Silicon Valley. Ricevo così un incarico assai più
da investigatore privato che da antropologo.
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Les originaux
de Vovonne
Il fortunato ritrovamento di una
pubblicazione della Camera di
Commercio di Genova, datata
1960, sull’artigianato ligure tradizionale, metterà sulla buona strada. La sezione “lavori in panno”
cita all’epoca dodici artigiani fabbricanti di bambole, di cui uno a
Chiavari, due in delegazioni (Cornigliano e Coronata) e gli altri
sparsi in vari quartieri della città.
Nell’inserto fotografico compare
una coppia di pescatori realizzata da Yvonne, prescelta tra i colleghi per l’eccellenza dei suoi prodotti. Ulteriori indagini aiuteranno a far luce sulla sua
vita non comune e a ritrovare i parenti, di cui uno al
momento del contatto era appunto in Kazakistan per
lavoro. Yvonne Wendremaire è di origine francese.
Nasce il 13 giugno 1895 a Bezons, in Val d’Oise (Normandia), dove si trova l’attuale aeroporto Charles de
Gaulle. Trasferitasi a Parigi, sposa, molto giovane, il
pittore parmense Silvio Spaggiari, attirato nella capitale francese dalla vita bohemienne. La coppia risiedeva nel quartiere di Montmartre, luogo d’incontro
degli artisti durante la Belle Époque. Yvonne posava come modella, un quadro del marito la riprende
in una posa angelicata. Un ritratto la mostra bella
e dallo sguardo intenso. Dalla loro unione nacque
la figlia Cecilia il 5 febbraio 1915. Silvio, richiamato
alle armi, sopravvisse al conflitto, ma non alla “spagnola”, la terribile pandemia che provocò più morti
della Grande Guerra. Dopo la perdita del marito, la
nostra protagonista andò incontro a difficoltà, con la
piccola Cecilia da crescere. Trovò occupazione come
modella nella cerchia di artisti del marito, che a questo modo l’aiutarono a sopravvivere. Yvonne realizzò
la prima bambola nel 1927, per accontentare la figlia,
che ne desiderava una. Involontariamente l’esito fu
una pupattola con le fattezze da befana. Contro ogni
aspettativa, alla bimba quella strana bambola piacque molto. Ad essa Yvonne resterà molto affezionata,
non volle separarsene mai nel corso della sua vita.
Un pittore la lodò, esortando l’amica a realizzarne
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altre. Seguito il consiglio, andò
a mostrare le sue amabili “vecchiette” al proprietario di un rinomato negozio di giocattoli in rue
de Rivoli, il quale le comprò tutte,
a 65 franchi l’una, e ne ordinò altre. Cominciò così a creare i suoi
personaggi, ottenendo un tale
successo, da tutelarsi a Parigi
con un brevetto, “Les originaux
de Vovonne”, che era il suo vezzeggiativo preferito.
Silvio Spaggiari partecipò alla
guerra come soldato semplice.
Quando si ammalò chiese al suo
colonnello, al quale lo legavano stima e amicizia, di
prendersi cura di Yvonne e della piccola Cecilia. Ernesto Giordano era uno dei dirigenti a Genova di
un’importante azienda petrolifera. Durante uno dei
frequenti viaggi di lavoro all’estero, andò a trovare
la donna, se ne innamorò e la condusse, insieme
alla figlia, a Genova, dove si sposarono nella chiesa
di Santa Zita nel 1935.
Le bambole di Yvonne
varcano l’oceano
In quello stesso anno Yvonne s’iscrive alla Camera
di Commercio per continuare la sua attività artigiana e subito vince la medaglia d’oro alla mostra della
bambola a Lucca. I personaggi più rappresentati da
lei sono il pescatore e la moglie (il modello più replicato), il contadino, il cacciatore, la dama elegante.
Ai tipi del contado francese, subentrano i costumi
liguri e delle regioni italiane, o altri soggetti, ad
esempio Babbo Natale. Oltre alla fisionomia anziana del viso, una caratteristica sono gli zoccoli di legno a punta, probabile ricordo della fanciullezza in
terra francese. La tecnica impiegata era la seguente.
La prima fase consisteva nella costruzione di uno
scheletro in fil di ferro, che successivamente era
imbottito di bambagia. Poi l’anima era rivestita con
delle calze di seta. Infine passava a dipingere il viso.
La testa era costruita a parte. Racconta una parente:«Mi ricordo che prendeva questa forma, sempre
con il fil di ferro e il cotone, la maglia delle calze. Si
sedeva nel suo seggiolino, vicino al suo banchetto
di lavoro. Prendeva la testa, me la ricordo benissimo, con i suoi occhiali sul naso, dipingeva, perché
i volti sono molto espressivi». La sua famiglia stima che fabbricasse un pupazzo alla settimana, nel
suo appartamento. Con un ago, facendo pressione
o tirando verso l’esterno, realizzava il mento,
Dalla Francia
il naso, le fossette e gli
a Genova e poi a bordo
dei transatlantici,
altri tratti somatici.
le bambole di Yvonne
Straordinaria la cura di
varcano l’oceano
ogni singolo particolae conquistano
gli States.
re, si trattasse della rete
da pescatore, dei ferri
da maglia, del fucile da caccia, del cestino delle acciughe. La figlia Cecilia aiutava la mamma dipingendo ad esempio i volti e le mani, o lavorando a
maglia il berretto di lana del pescatore, i maglioni
e altri indumenti. Gli accessori (cestino, pipa, certi
cappellini) erano forniti da artigiani o ditte esterne. Yvonne lavorava in casa, ma i suoi pupazzi si
acquistavano in negozio, ad esempio nella tabaccheria di Galleria Mazzini, a Genova o a Torino,
Chiavari, Rapallo e Portofino. La rete commerciale
varcava addirittura l’oceano. Infatti i suoi manufatti erano regolarmente esposti nelle vetrine di
bordo e spediti per nave negli Stati Uniti, venduti
a New York e altre città americane. Il marito Ernesto li portava in porto e curava le pratiche della
spedizione per mare, in casse di 50 pezzi. Hanno
viaggiato anche sull’Andrea Doria. Il suo lavoro è
stato spesso confuso con quello di Bernard Ravca,
profugo russo a Parigi, dove probabilmente vide i
lavori di Yvonne e li imitò. Due anziane negozianti
di Rapallo e Portofino la ricordano così: «Era straniera, molto amabile, grande lavoratrice e voleva
morire con la sua arte!». Così è stato. Una comune
condivisione di esperienze famigliari - intessute di
vita all’estero, traversie, coraggio, impegno e capacità – ha idealmente legato questa abile artista ad
un’imprenditrice di successo, che si è presa l’impegno di valorizzarne l’opera anche, se sarà possibile,
allestendo una mostra in Liguria.
(chi possieda opere di Yvonne o informazioni sul suo lavoro
può scrivere a cerchiodeltempo@alice.it)
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