32 arte e cultura due storie al femminile sul filo della memoria di Paolo Giardelli A l centro dello scambio di messaggi era la signora Yvonne, artefice appassionata nel secolo scorso di bambole e pupazzi. Mai avrebbe immaginato di suscitare, dopo la sua morte, un tale interesse planetario. Tutto inizia quando una bambina, Patty Garbarino, riceve in regalo, da parenti di Cogoleto Un curioso scambio di in visita negli Stati Uniti, un paio di pupazzi, una e-mails ha coinvolto tempo coppia di pescatori, destinati a diventare compafa un ingegnere in viaggio gni inseparabili della sua infanzia. Le vicende della di studio con i suoi studenti famiglia di Patty sono quelle esemplari di una stonella Silicon Valley; ria di emigrazione italiana, coronata dal successo. un antropologo, all’epoca Chiara Rossi, “a Figgetta”, partorisce un figlio a Coimpegnato in Brasile; una goleto nel 1899 e un altro nell’Oregon nel 1901. In delle curatrici del Louvre totale, dal suo matrimonio con Giuseppe Calcagno, di Parigi; un altro ingegnere, se ne conteranno quattordici. Nel 1906 sono sorprein Kazakistan per lavoro. si dal terremoto di San Francisco, Chiara rientra in Cosa aveva in comune questa Italia da sola, in compagnia della figlia Rosa, la futuaggregazione eterogenea ra nonna di Patty. Rosa ritorna negli Stati Uniti nel di persone? 1927. Era stata preceduta quattro anni prima da Giovanni Garbarino, originario di Casanova di Varazze. La reciproca conoscenza avverrà a San Francisco, favorita da amici comuni, essendo originari di paesi limitrofi. Nel giro di un anno si sposano. Rosa è una cuoca fenomenale, capace di nutrire ogni giorno nella sua pensione una folla di immigrati italiani. Le navi provenienti da Genova attraccavano al Pier (molo) 39. Rosa, residente nelle vicinanze, si occupava della prima accoglienza; riusciva persino a trovare loro lavoro Emigranti liguri presso i numerosi parenti disseminati in Oregon e Nevada. in California: una Durante la guerra invia con regolarità a parenti e amici liguri vicenda straordinaria grandi sacchi di tela bianca, contenenti cibo, vestiti, gomme di determinazione e ingegno, in poche da masticare. Persino radioline perfettamente funzionangenerazioni da ti, recuperate tra i rifiuti. Giovanni lavora come “rumentà”, “rumentà” a imprenditori di successo. spazzino, un mestiere esercitato da numerosi emigranti ligu- 33 ri in California. Negli anni Venti fonda con alcuni colleghi e parenti la Scavengers Protective Association. Con il sacco in spalla, percorrono instancabilmente le colline di San Francisco, scaricando poi l’immondizia, raccolta nei carri tirati da enormi cavalli. Allora in California si compravano estese praterie, dove i rifiuti erano seppelliti a strati. Quando un terreno raggiungeva la saturazione, se ne acquistava un altro. 34 Nel 1948 nasce la Marin Sanitary Service, fondata da emigranti italiani e liguri. Joe, il padre di Patty, che aveva intrapreso studi di farmacia al college, entra a farne parte nel 1955. L’azienda prende l’appalto per lo smistamento dei rifiuti a San Rafael, un nuovo quartiere in costruzione sull’altra sponda della baia di San Francisco. Negli anni ’70 si sviluppa l’intuizione del riciclaggio, a partire dalla carta. Attualmente, con la carica di vice presidente, è l’unico sopravvissuto degli otto soci fondatori. La Marin Sanitary Service è attualmente la più importante azienda di riciclaggio di rifiuti della California, all’avanguardia per la tecnologia impiegata. A dirigerla la figlia di Joe, Patty Garbarino, prima donna eletta presidente dell’associazione di categoria in California. Numerosi cugini lavorano nell’azienda di famiglia. Circa venticinque anni fa, mentre si trovava a Genova, l’imprenditrice acquista al “mercato della nonna”, nel centro storico, un pupazzo di Yvonne, in tutto simile a quello ricevuto in regalo nell’infanzia. La scoperta suscita in lei il desiderio di possedere tutti i suoi lavori, che le sarà possibile rintracciare. Attraverso una ricerca instancabile, arriva a raccoglierne oltre un centinaio. Il collezionismo del resto è una passione di famiglia. Suo padre Joe ha infatti fondato a San Rafael, un importante museo dedicato alla seconda guerra mondiale, con tanto di carri armati perfettamente funzionanti. La passione di Patty per l’artista di bambole nasce dai personaggi raffigurati, così somiglianti a quelli incontrati per le vie dei borghi liguri dagli avi. Inoltre, l’arte di Yvonne non aveva ricevuto giusto rilievo da esperti e collezionisti, ma era stata confusa con l’opera di altri. Della sua vita però si sa poco. Un noto avvocato, vicepresidente del NIAF (National Italian American Foundation) e amico dell’interessata, ne parla con l’ingegnere Paolo Marenco, promotore, tramite l’associazione La Storia nel Futuro, di study tour nella Silicon Valley. Ricevo così un incarico assai più da investigatore privato che da antropologo. 35 Les originaux de Vovonne Il fortunato ritrovamento di una pubblicazione della Camera di Commercio di Genova, datata 1960, sull’artigianato ligure tradizionale, metterà sulla buona strada. La sezione “lavori in panno” cita all’epoca dodici artigiani fabbricanti di bambole, di cui uno a Chiavari, due in delegazioni (Cornigliano e Coronata) e gli altri sparsi in vari quartieri della città. Nell’inserto fotografico compare una coppia di pescatori realizzata da Yvonne, prescelta tra i colleghi per l’eccellenza dei suoi prodotti. Ulteriori indagini aiuteranno a far luce sulla sua vita non comune e a ritrovare i parenti, di cui uno al momento del contatto era appunto in Kazakistan per lavoro. Yvonne Wendremaire è di origine francese. Nasce il 13 giugno 1895 a Bezons, in Val d’Oise (Normandia), dove si trova l’attuale aeroporto Charles de Gaulle. Trasferitasi a Parigi, sposa, molto giovane, il pittore parmense Silvio Spaggiari, attirato nella capitale francese dalla vita bohemienne. La coppia risiedeva nel quartiere di Montmartre, luogo d’incontro degli artisti durante la Belle Époque. Yvonne posava come modella, un quadro del marito la riprende in una posa angelicata. Un ritratto la mostra bella e dallo sguardo intenso. Dalla loro unione nacque la figlia Cecilia il 5 febbraio 1915. Silvio, richiamato alle armi, sopravvisse al conflitto, ma non alla “spagnola”, la terribile pandemia che provocò più morti della Grande Guerra. Dopo la perdita del marito, la nostra protagonista andò incontro a difficoltà, con la piccola Cecilia da crescere. Trovò occupazione come modella nella cerchia di artisti del marito, che a questo modo l’aiutarono a sopravvivere. Yvonne realizzò la prima bambola nel 1927, per accontentare la figlia, che ne desiderava una. Involontariamente l’esito fu una pupattola con le fattezze da befana. Contro ogni aspettativa, alla bimba quella strana bambola piacque molto. Ad essa Yvonne resterà molto affezionata, non volle separarsene mai nel corso della sua vita. Un pittore la lodò, esortando l’amica a realizzarne 36 altre. Seguito il consiglio, andò a mostrare le sue amabili “vecchiette” al proprietario di un rinomato negozio di giocattoli in rue de Rivoli, il quale le comprò tutte, a 65 franchi l’una, e ne ordinò altre. Cominciò così a creare i suoi personaggi, ottenendo un tale successo, da tutelarsi a Parigi con un brevetto, “Les originaux de Vovonne”, che era il suo vezzeggiativo preferito. Silvio Spaggiari partecipò alla guerra come soldato semplice. Quando si ammalò chiese al suo colonnello, al quale lo legavano stima e amicizia, di prendersi cura di Yvonne e della piccola Cecilia. Ernesto Giordano era uno dei dirigenti a Genova di un’importante azienda petrolifera. Durante uno dei frequenti viaggi di lavoro all’estero, andò a trovare la donna, se ne innamorò e la condusse, insieme alla figlia, a Genova, dove si sposarono nella chiesa di Santa Zita nel 1935. Le bambole di Yvonne varcano l’oceano In quello stesso anno Yvonne s’iscrive alla Camera di Commercio per continuare la sua attività artigiana e subito vince la medaglia d’oro alla mostra della bambola a Lucca. I personaggi più rappresentati da lei sono il pescatore e la moglie (il modello più replicato), il contadino, il cacciatore, la dama elegante. Ai tipi del contado francese, subentrano i costumi liguri e delle regioni italiane, o altri soggetti, ad esempio Babbo Natale. Oltre alla fisionomia anziana del viso, una caratteristica sono gli zoccoli di legno a punta, probabile ricordo della fanciullezza in terra francese. La tecnica impiegata era la seguente. La prima fase consisteva nella costruzione di uno scheletro in fil di ferro, che successivamente era imbottito di bambagia. Poi l’anima era rivestita con delle calze di seta. Infine passava a dipingere il viso. La testa era costruita a parte. Racconta una parente:«Mi ricordo che prendeva questa forma, sempre con il fil di ferro e il cotone, la maglia delle calze. Si sedeva nel suo seggiolino, vicino al suo banchetto di lavoro. Prendeva la testa, me la ricordo benissimo, con i suoi occhiali sul naso, dipingeva, perché i volti sono molto espressivi». La sua famiglia stima che fabbricasse un pupazzo alla settimana, nel suo appartamento. Con un ago, facendo pressione o tirando verso l’esterno, realizzava il mento, Dalla Francia il naso, le fossette e gli a Genova e poi a bordo dei transatlantici, altri tratti somatici. le bambole di Yvonne Straordinaria la cura di varcano l’oceano ogni singolo particolae conquistano gli States. re, si trattasse della rete da pescatore, dei ferri da maglia, del fucile da caccia, del cestino delle acciughe. La figlia Cecilia aiutava la mamma dipingendo ad esempio i volti e le mani, o lavorando a maglia il berretto di lana del pescatore, i maglioni e altri indumenti. Gli accessori (cestino, pipa, certi cappellini) erano forniti da artigiani o ditte esterne. Yvonne lavorava in casa, ma i suoi pupazzi si acquistavano in negozio, ad esempio nella tabaccheria di Galleria Mazzini, a Genova o a Torino, Chiavari, Rapallo e Portofino. La rete commerciale varcava addirittura l’oceano. Infatti i suoi manufatti erano regolarmente esposti nelle vetrine di bordo e spediti per nave negli Stati Uniti, venduti a New York e altre città americane. Il marito Ernesto li portava in porto e curava le pratiche della spedizione per mare, in casse di 50 pezzi. Hanno viaggiato anche sull’Andrea Doria. Il suo lavoro è stato spesso confuso con quello di Bernard Ravca, profugo russo a Parigi, dove probabilmente vide i lavori di Yvonne e li imitò. Due anziane negozianti di Rapallo e Portofino la ricordano così: «Era straniera, molto amabile, grande lavoratrice e voleva morire con la sua arte!». Così è stato. Una comune condivisione di esperienze famigliari - intessute di vita all’estero, traversie, coraggio, impegno e capacità – ha idealmente legato questa abile artista ad un’imprenditrice di successo, che si è presa l’impegno di valorizzarne l’opera anche, se sarà possibile, allestendo una mostra in Liguria. (chi possieda opere di Yvonne o informazioni sul suo lavoro può scrivere a cerchiodeltempo@alice.it) 37
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