Listino 3-2014 - Libreria Antiquaria Alberto Govi

Listino 3-2014
catalogo d’asta con prezzi
1) AGAZZI, Pietro. Catalogo di una scelta libreria appartenente ad un personaggio illustre e dotto contenente autori storici sacri, e
profani, SS. Padri, classici greci, e latini delle migliori edizioni: opere di varia letteratura italiana, e francese: storie di città, e molti
autori recenti inglesi e tedeschi. Questa si venderà per auzione publica nel negozio di Pietro Agazzi al Corso num. 250, incominciando venerdì 27 marzo 1846, e giorni consecutivi alle ore 22 in punto. Il catalogo si dispensa gratuitamente nel suddetto negozio, ove
si ricevono le commissioni. Roma, Tipografia Menicanti, 1846.
In 12mo; brossura originale stampata; pp. 110. Piccoli strappi alla brossura, qualche lieve ingiallitura, ma ottima copia genuina.
Raro catalogo d’asta di libri, che include 1210 lotti, tra cui anche, curiosamente, varie pubblicazioni americane. Negli Avvertimenti si dice che verranno battuti 140 lotti al giorno, che questi sono
visionabili durante la giornata prima della vendita e che non sono in alcun modo restituibili, inoltre
che :«l’aumento non potrà essere minore di due bajocchi e mezzo sotto i paoli cinque, quali giunti
a baj. 50 dovrà essere l’aumento a baj. 5. Il prezzo, rilasciato che sarà il libro, dovrà pagarsi a pronto
contante».
Manca al Catalogo Unico ICCU.
€ 280,00
un ritratto di G.B. Amici all’età di 55 anni
2) AMICI, Giovanni Battista (1786-1863). Ritratto fatto in occasione della terza riunione degli scienziati italiani tenutasi a
Firenze nel 1841.
Litografia (mm 395x300) realizzata dal litografo O. Muzzi su disegno dal vero di C.E. Liverati. Ottimamente conservata in cornice di epoca
posteriore.
Giovanni Battista Amici, modenese, è stato uno dei maggiori costruttori di strumenti ottici del suo tempo. In particolare, egli perfezionò il
moderno microscopio composto catadiottrico e acromatico e realizzò telescopi riflettori e rifrattori, micrometri, cannocchiali, livelli, meridiane,
prismi e camere lucide. Nel 1837 introdusse la tecnica dell’immersione in acqua e in diversi tipi
di olio e intorno al 1860 inventò il prisma a visione diretta che porta il suo nome, tutt’ora usato
in spettroscopia.
Laureatosi in ingegneria a Bologna nel 1808, tra il 1811 e il 1825 Amici insegnò algebra, geometria e trigonometria piana prima al liceo di Modena, quindi presso l’università della stessa città.
Nel 1817 fece un lungo viaggio che lo portò a Napoli, passando per Bologna, Firenze e Roma.
Nel frattempo, essendo già celebre in tutta Europa come costruttore, compì importanti osservazioni sulle cellule di piante acquatiche e, in campo astronomico, sui satelliti di Giove.
Nel 1827 si recò per la prima volta a Parigi e Londra per presentare i suoi strumenti alla comunità scientifica. Nel 1831 successe a Jean-Louis Pons in qualità di astronomo presso l’Imperial
Regio Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze e venne nominato professore di astronomia
presso l’Università di Pisa.
Nel 1844 compì un secondo viaggio a Parigi e Londra, durante il quale visitò anche Berlino,
Vienna e Monaco. Due anni dopo, in occasione dell’ottava riunione degli scienziati italiani a Genova, Amici presentò un’importante relazione (Sulla fecondazione delle Orchidee), nella quale per
la prima volta è descritto l’intero processo di fecondazione di una pianta, dall’impollinazione allo
sviluppo dell’embrione. Nel 1855 presentò fuori concorso all’Esposizione universale di Parigi
alcuni suoi obbiettivi da microscopio. Nel 1859 fu nominato professore onorario di astronomia.
Morì a Firenze il 10 aprile del 1863.
€ 590,00
il primo procedimento per conservare il cibo in scatola
3) APPERT, François Nicolas (1749-1840). L’art de conserver, pendant plusieurs années toutes les substances animales et végétales…
Paris, chez Patris, 1811.
In 8vo; cartone marmorizzato originale con etichetta manoscritta sul dorso recante il titolo (minime mancanze); pp. 225, (1) con una tavola in
rame fuori testo. Intonso con barbe.
SECONDA EDIZIONE AUMENTATA di nuove osservazioni e nuovi esperimenti. La prima del 1810, tirata a 5000 esemplari, si era esaurita
rapidamente. La presente fu tirata a 4000 esemplari, una terza uscì nel 1813. Nessuna di esse tuttavia può dirsi comune.
Si tratta di un’opera fondamentale sull’argomento, che segnò una rivoluzione nell’alimentazione in Europa,
«describing the first workable process for canning foods, the foundation of today’s vast canning industry. Pasteur later admitted that his process of “pasteurization” was chiefly a refinement of, and scientific explanation
for, Appert’s invention» (J. Norman, Catalogue 10. Science and Medicine, San Francisco, 1982, nr. 8).
Appert, figlio di un albergatore, egli stesso officier de bouche presso nobili famiglie, si mise in proprio nel 1780,
aprendo una pasticcieria in Rue des Lombards a Parigi. Intorno al 1795 il Governo del Direttorio offrì un premio di 12.000 franchi a chi avesse realizzato un processo di conservazione del cibo destinato all’esercito napoleonico impegnato in lunghe spedizioni militari. Appert concepì un metodo di sterilizzazione così riuscito che
prese da lui il nome di appertisation e conseguì in tal modo il premio del Governo. «Appert mit au point un
procédé qui consistait à dégager l’oxygène des substances en les faisant boullir au point juste de leur cuisson,
et à les enfermer ensuite dans des boîtes de fer-blanc, chauffées au bain-marie, puis fermées hermétiquement»
(G. Oberlé, Les fastes de Bacchus et de Comus, Paris, 1989, nr. 184). Rivestendo un’importanza strategico-militare, ad Appert non fu concesso di pubblicare il suo metodo fino al 1810. L’opera ebbe grande successo e fu
presto tradotta in inglese e in tedesco (1811).
Vicaire, pp. 34-35.
€ 900,00
con oltre 200 tavole calcografiche a piena e doppia pagina
4) BIBLIA SACRA VULGATAE EDITIONIS CUM SELECTIS ANNOTATIONIBUS… AUTORE J.B. DUHAMEL.
Editio secunda accuratissima. Lovanii, M. van Overbeke, 1740.
(legato con:)
FIGURES DE LA BIBLE. À La Haye, chez Pierre de Hondt, 1728.
Due volumi in folio grande (mm 380x240), uniformemente legati in piena pelle marrone, dorsi lisci scanditi da sette fregi orizzontali in oro, due
tasselli (uno rosso ed uno verde) con titolo e tomaison, tagli rossi (ievi escoriazioni e scoloriture sparse, abile restauro alla parte superiore della
cerniera anteriore del primo volume, ma in ottimo stato e solidissima; legatura del primo Ottocento).
L’antico bibliofilo, possessore di questi volumi, ha interfogliato la Bibbia sacra di Lovanio con l’intera serie delle stampe
bibliche che compongono l’altra opera dal titolo Figures de la
Bible, collocando le bellissime tavole, di volta in volta, accanto
all’episodio biblico che intendono illustrare.
Le tavole, 29 delle quali sono su doppia pagina, furono incise
al bulino e all’acquaforte da vari artisti del calibro di B. Picart,
G. Hoet, P. de Hondt, ecc. L’intera serie si compone di 2 titoli
figurati (uno per l’Antico ed uno per il Nuovo Testamento) e
di 212 tavole. Questa collazione coincide con quella di Boissais e Deleplangue (p. 79), che tuttavia non menziona i titoli
incisi; coincide anche con la collazione della BNF (FRBNF
42307783) e con quella del Copac UK (che non menziona
i titoli). Le tavole singole misurano alla battuta del rame cm
35 x 22 circa. Le tavole doppie cm 35x43 circa. Si tratta di
uno dei più ricchi e sontuosi corredi iconografici mai realizzati
per illustrare la Bibbia. Tutte le tavole sono di bella morsura e
grande freschezza. Tavole sciolte vengono offerte singolarmente sul web.
Condizioni. Vol. I: a p. 216 la tavola con il massacro degli Assiri è tagliata a filo margine e incollata anticamente su un foglio di carta antica per
adeguarla al margine delle altre tavole; piccola macchia chiara al margine bianco esterno delle ultime 50 carte; altre macchioline sparse e qualche
fioritura; Vol. II: titolo con macchia chiara di circa cm 10x15, che continua nel margine interno bianco delle prime carte per scomparire gradualmente; carte dell’indice in parte brunite e alonate, specialmente le pp. 501-506 e la prima dell’Indice Geografico; le pp. 504-506 in particolare
sono molto macchiate e presentano antichi restauri e rinforzi marginali, senza tuttavia danno al testo. Nel complesso ottima copia.
€ 6.500,00
copia di dedica al conte Gian Luca Cavazzi della Somaglia
5) BOLOGNINI AMORINI, Antonio (1767-1845). Elogio di Sebastiano Serlio architetto bolognese dedicato alla pontificia Accademia di Belle Arti in Bologna dal marchese Antonio Bolognini Amorini. Bologna, Annesio Nobili, 1823.
In folio (mm 368); brossura editoriale muta (in parte restaurata); pp. IV, 38, (2). Ritratto calcografico di Sebastiano Serlio in antiporta, disegnato
da Pietro Fancelli e inciso da Antonio Marchi. Sul piatto anteriore dedica dell’autore al conte Gian Luca [Cavazzi] della Somaglia (1762-1838),
che nel 1814 fu presidente del Consiglio comunale di Milano ed uno degli inviati a Parigi presso le Potenze Alleate. Sul piatto interno ex-libris
inciso del conte. Qualche sporadica lieve fioritura, ma ottima copia intonsa con barbe.
EDIZIONE ORIGINALE di questa interessante bio-bibliografia dedicata al grande architetto del Rinascimento Sebastiano Serlio (1475-1555).
A p. 33 comincia l’elenco delle Edizioni che sono state fatte delle Opere di Architettura di Sebastiano Serlio…, disposte per ordine di cronologia, con
qualche osservazione.
Nato a Bologna dal marchese Giovanni Andrea e rimasto orfano di entrambe i genitori in tenera età, dal 1779 al 1786
Antonio Bolognini Amorini studiò presso il collegio dei nobili
di S. Saverio, quindi intraprese un viaggio per l’Italia, interessandosi specialmente alle opere d’arte. Fece ritorno a Bologna
nel 1792. Amico di Leopoldo Cicognara, durante l’invasione
francese si adoperò attivamente per la conservazione e il salvataggio di molte opere d’arte. Non a caso uno dei suoi primi lavori a stampa fu la Descrizione de’ quadri restituiti a Bologna, i
quali da’ Francesi che occuparono l’Italia nel MDCCXCVI erano
trasportati in Francia (Bologna 1816). Ripristinata l’Accademia di Belle Arti, il Bolognini Amorini ne divenne accademico e nel 1831 presidente. Nel corso della sua vita pronunciò
varie prolusioni per l’Accademia, pubblicò le Memorie della
vita del pittore Dionisio Calvart (Bologna, 1832) e compose
negli anni seguenti le biografie di numerosi artisti bolognesi,
tra cui Mitelli, Panfili, Albani, Primaticcio, Reni, Domenichino, Guercino e i Carracci, poi raccolte nei due volumi delle
Vite dei pittori ed artefici bolognesi (Bologna, 1841-43). Morì a Bologna nel 1845 (cfr. A. Wandruszka, Bolognini Amorini, Antonio, in: “Dizionario Biografico degli Italiani”, XI, 1969, s.v.).
Catalogo unico, IT\ICCU\VIAE\000827.
€ 380,00
Acqua di Felsina
6) BORTOLOTTI, Pietro. Modo di farsi intendere senza esprimersi ossia LA PROFUMERIA divenuta il telegrafo del cuore umano. Pensiero di P.B. di Bologna sotto il portico del
Pavaglione, profumiere inventore dell’acqua di Felsina. Bologna, Nobili, 1835.
In 16mo; brossura muta; pp. 19, (1). Perfetto.
Interessante opuscolo nel quale l’autore sostiene l’importanza simbolica e morale dei diversi profumi
nella vita di società. In fine Bortolotti fornisce poi tre Cataloghi, in cui ad ogni qualità o difetto e ad
ogni moto dell’animo viene assegnato un fiore col suo profumo e colore: castità: garofano d’India;
gioia: tuberoso (sic); bellezza: rosa non aperta: orgoglio: narciso, ecc.). Si conclude con la pubblicità
dei suoi prodotti e di una polvere dentifricia di sua invenzione.
Catalogo unico, IT\ICCU\UBO\3104127 (2 sole copie).
€ 240,00
apparentemente la seconda copia conosciuta
7) BRUNELLI, Antonio (1577-1630). Regole utilissime per li scolari che desiderano imparare a cantare, sopra la pratica della
musica, con la Dichiarazione de Tempi, Proporzioni et altri accidenti, che ordinariamente s’usono, non solo per imparar a cantarli,
ma ancora a segnarli nelle composizioni… Firenze, Volcmar Timan, 1606.
In 4to; cartonato coevo (minimi restauri ad un angolo e ai capitelli); pp. 35, (1). Fregio xilografico al titolo. Ottima copia fresca e marginosa
conservata dentro un bel astuccio in cartone.
RARISSIMA PRIMA EDIZIONE, dedicata dall’autore al canonico della Collegiata di San Miniato, Valerio Ansaldo, di questo trattato sull’insegnamento del canto, frutto dell’attività dell’autore come musicista praticante ed insegnante (“the work of a practicing musician and a teacher
who was only secundarly a theorist”, P. Aldrich, Rythm in Seventeenth-Century Italian Monody,
New York, 1966, p. 22).
Diviso in 23 capitoli, ciascuno corredato da ampia esemplificazione musicale, questo agile prontuario sull’arte canora tratta della mano e mutazioni guidoniane, del significato delle chiavi e
delle figure, della classificazione delle note, delle pause e punti, della sincope e legature, dei tempi
(funzione e strutture ritmiche), delle proporzioni e delle prelazioni. In esso poi figurano numerosi riferimenti a teorici musicali del Cinquecento, quali Pietro Aaron, Nicola Vicentino, Gioseffo
Zarlino e Orazio Tigrini, e abbondano gli esempi musicali tratti sia dalla produzione sacra della
scuola polifonica romana (Cristobal de Morales, Felice Anerio e Pier Luigi da Palestrina), sia dal
repertorio profano di madrigalisti quali Ruggiero Giovannelli e Alessandro Striggio il Vecchio.
«Non opera voluminosa, rigorosamente esaustiva di tutti i molteplici aspetti della scienza musicale.
bensì agile manuale divulgativo incentrato su alcune peculiarità della materia, segnatamente
utili a chi voglia cimentarsi con la difficile arte del canto… [In contrapposizione all’]impronta
speculativa così tipica dei trattatisti del ‘500… essenziale è invece per Brunelli il ricorso ad una
trattazione più asciutta e più serrata, non appesantita da troppe divagazioni di tipo nozionistico
e arricchita, ove opportuno, da una discreta originalità di concetti e definizioni che l’autore non
esita a proporre, come per i singolari excursus sulla pausa considerata/respirata e sul punto tenuto/ribattuto e per il taglio particolarmente incisivo conferito all’analisi dei tempi e proporzioni»
(P. Gargiulo, Le regole “pratiche” e “utilissime” nei trattati di Antonio Brunelli, in: “Nuova Rivista Musicale Italiana”, XVIII, 1984, p. 565).
Originario di Santa Croce sull’Arno e non, come creduto per molto tempo, di Bagnoregio, dove la sua famiglia si trasferì dopo la sua nascita,
Antonio Brunelli ricevette la prima istruzione musicale dal padre Romolo, anch’egli musicista e maestro di cappella, presso la cappella musicale di
Orvieto. Successivamente, fino circa al 1603, Antonio continuò la sua formazione a Roma sotto la guida di Giovanni Maria Nanino. Quindi, dal
1603 al 1607, fu maestro di cappella e organista nel Duomo di S. Miniato, mentre dal 1608 al 1613 ricoprì il medesimo ruolo presso il Duomo
di Prato. L’ultimo suo incarico fu presso la Chiesa dei Cavalieri di S. Stefano a Pisa, città dove rimase fino all’anno della morte.
La produzione del Brunelli, fiorita tra il 1605 e il 1614, comprende otto raccolte di musica profana (di cui quattro perdute), tre di musica sacra
(di cui una sola pervenuta) e due trattati teorici (oltre al presente, le Regole et dichiarazioni apparse a Firenze presso i torchi del Marescotti nel
1610).
Grande ammiratore di P.L. da Palestrina, ma al contempo amico di Giulio Caccini e di tutti gli altri protagonisti della scuola monodica vicina
alla corte medicea, Brunelli fu debitore in pari misura alla scuola romana e allo stile fiorentino (cfr. P. Gargiulo, Antonio Brunelli teorico e compositore, in: “Musiche d’ingegno. Studi per Antonio Brunelli da
Santa Croce - 1577-1630”, a cura di P. Gargiulo, Pisa, 1999,
pp. 16-26).
Apparentemente l’unica copia censita è conservata presso la
Biblioteca del Conservatorio di Bologna, cfr. RISM, B/VI1, p.
184 e Gaspari, I, pp. 315-316.
€ 6.800,00
seta
8) CASTELLET, Jean Baptiste Constans de (fl. seconda metà del XVIII secolo). Istruzioni circa il modo di coltivare i gelsi, di
allevare i bachi da seta, e di filar le sete con nuove applicazioni, e riflessioni il tutto tradotto dall’originale francese. Torino, Ignazio
Soffietti, 1778.
In 8vo; brossura originale (sciupata, dorso rifatto); antiporta in rame incisa da Stagnon (rappresenta la medaglia conferita all’autore dalla Provincia della Linguadoca per i suoi meriti), pp. XVI, 190, (2). Segni di tarlo sul margine interno di alcune carte senza danno al testo, qualche
fioritura, ma ottima copia intonsa con barbe.
SECONDA EDIZIONE della traduzione italiana con notevoli aggiunte rispetto alla prima milanese del 1766: una terza
uscì sempre a Torino nel 1788 senza ulteriori modifiche. Interessante ed esaustiva trattazione che indaga tutta l’attività
legata alla produzione della seta dalla fase della coltivazione
dei gelsi a quella della filatura e dell’incrocicchiatura passando
attraverso l’allevamento dei bachi.
Catalogo unico, IT\ICCU\TO0E\007851.
€ 190,00
legato alle armi di Wignerot de Richelieu
9) CICERO, Marcus Tullius (106-43 B.C.). Tusculanarum quaestionum lib. V. Ad vetustis. exemplaria manuscripta, nunc
summa diligentia correcti & emendati ac commentariis clariss. viroru[m] Philippi Beroaldi, & Ioachimi Camerarij: deinde Erasmi
Roterodami, Pauli Manutij, & Petri Victorij variis lectionibus & annotationibus illustrati. Quibus nunc primum accessit doctissimi
cuiusdam viri commentarius, cum annotationibus Leodegarij à Quercu… Paris, Thoams Richard, 1562.
In 4to; legatura francese del XVII secolo in piena pelle marrone, dorso a cinque nervi con titolo in oro, piatti entro filettatura dorata interamente
ricoperti da fleur-de-lys impressi in oro e, inoltre, con le iniziali WR agli angoli (ripetute anche nei comparti del dorso) e, al centro, le armi in oro
del cardinale Emanuel-Joseph de Wignerot de Richelieu (1639-1665, nipote del celebre cardinale Richelieu ed erede della biblioteca di quest’ultimo, abate di Marmoutiers e Saint-Ouen
de Rouen, nonché priore di Saint-Martin des Champs), risguardi in carta marmorizzata, tagli
dorati (minimo restauro alla cuffia inferiore e alla cerniera, leggera abrasione al piatto posteriore, ma genuina ed ottimamente conservata); pp. (8), 272, (1 bianca), (30), (2 bianche).
Marca tipografica al titolo e bella iniziale alla c. *iir. Frontespizio e qualche fascicolo bruniti,
margine superiore corto, ma nel complesso buona copia recante sul margine annotazioni in
latino e greco.
RARA EDIZIONE SCOLASTICA delle Tusculanae Quaestiones accompagnate dai commenti canonici di Erasmo, Filippo Beroaldo, Joachim Camerarius, Paolo Manuzio, Pier Vettori e
Léger Duchesne.
OCLC, 221787347; BNF, notice no. FRBNF36576684; Adams, C-1808; Olivier, Hermal &
de Roton, 2315; Guignard, I-380. € 3.600,00
stampa in oro
10) D.D.G.F. All’Illustrissima Signora Contessa Marianna MARCHISIO per le sue nozze coll’Illustrissimo Signore Vincenzo BASSOLI. Lungi mentiti auguri, Lungi profano voto... Modena, Società Tipografica, 1788.
Foglio volante di cm. 40x50 circa con ampi margini salvo il sinistro che è presente solo parzialmente. Il testo è stampato in rosso e in nero, mentre
i nomi degli sposi sono stampati in oro a caratteri cubitali. Il testo poetico, un poemetto che celebra le nozze dei due nobili, è racchiuso entro
una cornicetta floreale e scandito da eleganti fregi. Un po’ brunito e fiorito, ma ben conservato.
Piccolo capolavoro della tipografia settecentesca modenese. La Società Tipografica si era costituita a Modena ad opera del libraio provveditore
di libri della Biblioteca Estense, Mosè Beniamino Foa. Il duca
gli aveva concesso gratuitamente l’ex convento dei Gesuiti. Da
qui uscirono tutte le opere di Tiraboschi.
€ 140,00
110 e lode con abbraccio accademico
11) DOCUMENTO DI LAUREA in filosofia e medicina rilasciato al vercellese Giovanni Battista Maffiotti (o Maffiotto), il
18 marzo 1659 dall’Università di Bologna.
Manoscritto miniato su pergamena (mm. 233x160), composto da 8 carte (4 bifogli), in elegante ed elaborata legatura coeva “a ventaglio” in
marocchino rosso, riccamente impressa in oro, risguardi fissi in carta marmorizzata (tracce di legacci in seta, priva del sigillo in ceralacca entro
portasigillo metallico). Ottimo stato di conservazione.
Al verso della prima carta armi a piena pagina della famiglia del laureato (“D’azzurro al Grifone rosso, cucito, tenente una spada”). A c. 2r cartiglio floreale con le parole “In Christi nomine Amen”, sotto il quale si vede una bellissima iniziale
(mm. 70x70 ca.) che mostra Santa Caterina d’Alessandria su uno sfondo naturale con il capo
incoronato e la palma del martirio, sovrastata da un angelo che regge due corone d’alloro: tutto
a vivaci colori e oro liquido.
Il documento, come consuetudine, è scritto in inchiostro bruno e oro. Una grande lettera floreale
apre la seconda parte della laurea dedicata specificamente al neodottorando, che viene presentato
al conte Carlo Bentivoglio, Cancelliere dell’Università, dai quattro professori che lo hanno esaminato. Tra questi ricordiamo in particolare il fisico Ovidio Montalbani, autori di numerose pubblicazioni di scienze naturali, astronomia e storia. La cerimonia comporta la consegna del Berretto
dottorale e dell’Anello d’oro, che simbolizza il matrimonio con le due discipline di cui sopra, cui
segue il Bacio Accademico con benedizione (“osculum pacis magistralis”).
Nel Blasonario Subalpino 6 troviamo un G.B. Maffiotti, che fu “praeses pedemontanus”. Le sue
insegne si trovano anche dipinte all’Archiginnasio (v. Imago Universitatis, nr. 4727 e 4752).
€ 2.800,00
con varie tavole di musica notata per le marce
12) DUCATO DI MODENA. Atlante di ottantadue tavole che servono ai diversi regolamenti pei Reali Ducali Cacciatori Estensi.
Modena, Tipografo Lit. G. Gaddi, 1833.
In 4to (cm 31,5); brossura editoriale stampata (piatti foderati con carta di colore simile, dorso rinforzato); complessivamente 98 carte, delle quali
82 di tavole, con 3 occhielli a mo’ di titolo per tre delle quattro parti che compongono il volume. Una quarta parte con le tavole di musica notata
per le marce e i segnali di tromba non ha invece occhiello. Ottima copia a pieni margini.
Di particolare interesse la doppia tavola che descrive minuziosamente il meccanismo del fucile a pietra focaia in dotazione ai Cacciatori, le numerose tavole che mostrano il modo di combattere con la baionetta e le 10 tavole finali con la musica per i Segnali e la relativa spiegazione.
Raro. Apparentemente 2 sole copie nel Catalogo Unico (IT\
ICCU\MOD\0885455), entrambe a Modena. € 750,00
il primo manuale a stampa per apprendere il disegno delle parti anatomiche
la prima riproduzione a stampa dell’atelier di un pittore
13) FIALETTI, Odoardo (1573-ca. 1638). Il vero modo et ordine. Per dissegnar tutte le parti. Et membra del corpo humano. Di
Odoardo Fialetti pittor. [secondo frontespizio:] Tutte le parti del corpo humano diviso in più pezzi, inventato, delineato, et intagliato da Odoardo Fialetti Bolognese, Pittore. Venezia, [Justus] Sadeler, 1608.
In 4to oblungo; cartonato originale cucito alla rustica; cc. (43) di tavole calcografiche, di cui 2 frontespizi incisi, 1 dedica, 1 figura che illustra
l’atelier del pittore con i suoi apprendisti all’opera, 2 figure firmate da Jacopo Palma il Giovane e 37 tavole di illustrazioni anatomiche per i pittori. Ottima copia fresca e marginosa.
RARA EDIZIONE ORIGINALE, dedicata a Cesare d’Este
(le cui armi compaiono sul primo frontespizio) e a Giovanni Grimani (carta di dedica), del primo manuale a stampa
propedeutico al disegno delle parti anatomiche, concepito
per l’istruzione degli amatori di pittura e dei pittori dilettanti. L’opera divenne il prototipo del genere per tutto il secolo
a venire. La serie include anche una tavola che costituisce la
prima riproduzione a stampa dell’atelier di un pittore (forse
quello del Tintoretto) con i suoi allievi, di varie età, intenti a
dipingere dal vero.
«Drawing books are an important source for our knowledge
about the education of young artists. After their first
appearance, they played an important role in the fundamental
training of young artists and amateurs for more than a century.
The drawing books by Fialetti, Ciamberlano, and Gatti in
particular became major sources for inspiration for successive
drawing books in Italy and in many European countries. It
is also worth noting than the standardizing pedagogy and
design, which took firm root in Italian drawing books, were
derived from the Bolognese school and Agostino Carracci» (C. Amornpichetkul, Seventeenth-Century Italian Drawing Books: Their Origin and
Development, in: “Children of Mercury. The Education of Artists in the Sixteenth and Seventeenth Centuries”, Providence, RI, 1984, pp. 118).
L’opera del Fialetti comprendeva originariamente due serie di tavole, ciascuna recante un proprio frontespizio, che Bartsch identifica rispettivamente come Il piccolo libro dei disegni (XVII, p. 295, nn. 198-207), datato 1608 e comprendente 10 incisioni, e Il grande libro dei disegni, non
datato e composto da 36 stampe (di cui 32 numerate; XVII, p. 297, nn. 208-243). Esemplari singoli di queste due serie sono molto rari. Recentemente è stata poi identificata presso il Rijksmuseum di Amsterdam una copia particolare, che reca al verso di alcune tavole un testo esplicativo
dello stesso Fialetti (cfr. A.A. Greist, A Rediscovered Text for a Drawing Book by Odoardo Fiaetti, in: “The Burlington Magazine”, CLVI, 2014, pp.
14-17). La ragione per cui questa versione dell’opera non abbia mai avuto seguito, rimane oscura. Successivamente l’editore fiammingo Justus
Sadeler, che si era stabilito a Venezia nel 1596 (cfr. Ph. Sénéchal, Justus Sadeler Print Publisher and Art Dealer in Early Seicento Venice, in: “Print
Quarterly”, 7/1, 1990, pp. 22-35), decise di pubblicare le due serie, alterando l’ordine originario, omettendo 4 tavole della prima serie e introducendo la segnatura dei quaderni ([*]2, A-D8, E9) (cfr. L.M.
Walters, Odoardo Fialetti, 1573-ca. 1638: The Interrelation
of Venetian Art and Anatomy, and his Importance in England,
Thesis, St. Andrews, 2009, II, pp. 255-257, figg. 3.11, 3.12,
3.14 and 3.15). In questa forma l’opera ebbe ampia diffusione
(cfr. A.A. Greist, Learning to draw, drawing to learn: theory and
practice in Italian printed drawing books, 1600-1700, Thesis,
Ann Arbor, MI, 2011, pp. 107-115).
La serie si colloca sulla scia del rinnovamento nato nell’ambito
delle accademie artistiche cinquecentesche ed in particolare
nell’ambito dell’Accademia bolognese degli Incamminati, dove
operava Agostino Carracci, alla cui esperienza pedagogica, basata sulla pratica del “disegno dal naturale”come fondamento
dell’educazione artistica, si richiama direttamente il Fialetti.
I disegni anatomici del Carracci, in parte incisi al bulino da
alcuni suoi allievi, ebbero una certa diffusione, influenzando,
tra gli altri, il bolognese Francesco Cavazzoni, il cui Esemplario
della nobile arte del disegno (1602) rimase manoscritto, nonché
lo stesso Fialetti e l’amico di questi, Jacopo Palma il Giovane,
il quale contribuì con due tavole alla presente serie e nel 1611
pubblicò un manuale suo proprio, intitolato De excellentia et
nobilitate delineationis libri duo, le cui figure furono incise dal veneziano Giacomo Franco (cfr. V. Maugeri, I manuali propedeutici al disegno, a
Bologna e Venezia, agli inizi del Seicento, in: “Musei ferraresi”, XII, 1982, pp. 147-148).
Odoardo Fialetti, bolognese, apprese i rudimenti della pittura presso la scuola del pittore G. B. Cremonini. Successivamente, all’età di nove anni,
si trasferì col fratello prima a Padova, poi a Venezia, dove frequentò la bottega del Tintoretto. Trascorse probabilmente anche un periodo a Roma
per perfezionare gli studi artistici. Dopo la morte del Tintoretto (1594), il Fialetti si trovò partecipe di quel momento creativo nel quale una nuova generazione di artisti (tra cui Palma il Giovane, D. Tintoretto e S. Peranda) si dovette assumere la non facile responsabilità di continuare quella
tradizione veneziana che aveva avuto nei decenni precedenti la sua splendida fioritura. In una lettera del 1660 inviata a C. Malvasia, M. Boschini
elenca trentotto dipinti eseguiti dal Fialetti per chiese e confraternite veneziane. Tuttavia, della sua feconda attività pittorica, poche sono le opere rimaste. Ma più che per la sua attività di pittore, il Fialetti è conosciuto per la sua vasta opera grafica, oggi costituita da circa 240 acqueforti
nelle quali evidenti sono gli elementi di gusto carraccesco, in particolare di Agostino. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo una serie di incisioni
sui costumi religiosi e i disegni anatomici per lo Spigelius (cfr.
Dizionario Biografico degli Italiani, XLVII, 1997, V. Maugeri).
Catalogo unico, IT\ICCU\PUVE\014440; A. Berningham,
Learning to draw: studies in the cultural history of a polite and
useful art, New Haven, CT & London, 2000, pp. 43-45; D.
Rosand, The Crisis of the Venetian Renaissance Tradition, in:
“L’Arte”, 11/12, 1970, pp. 5-53; L.M. Walters, op. cit., II,
pp. 254-275, nos. 3.10-3.53 (at http://research-repository.
st-andrews.ac.uk/bitstream/10023/736/3/Laura%20M.%20
Walters%20PhD%20thesis%20v2.pdf ); A. Bartsch, Le peintre-graveur, Vienne, 1818, XVII, pp. 295-301.
€ 4.900,00
raro poema epico su Cristoforo Colombo
14) FORLEO, Leonardo Antonio (fl. 1a metà del XIX sec.). Il Colombo, ovvero L’America ritrovata. Tentativo epico del Regio
Giudice di Foggia Leonardo Antonio Forleo. Foggia, Giacomo Russo, 1834.
In 8vo; mezza pelle coeva con titolo in oro al dorso; pp. 144. Piccole mancanze al margine interno del titolo senza danno al testo, qualche fioritura, ma ottima copia.
PRIMA EDIZIONE (seconda: Napoli, 1835; terza con aggiunta del 5 canto: Bari, 1840). Poema in 4 canti in ottave, seguito da un Ragionamento intorno ai primi quattro canti del Colombo e da una raccolta di Sentenze morali sparse ne’ primi IV Canti del Colombo.
Catalogo unico, IT\ICCU\FOG\0137336.
Nello stesso volume miscellaneo si trovano rilegate anche le seguenti opere:
- Componimenti recitati nell’adunanza accademica pel defunto Francesco Lauria, preseduta dal
consigliere della suprema corte di giustizia D. Antonio D’Addiego. Napoli, Raffaele Miranda,
1830. In 8vo, pp. LXIV, (2 bianche), 58, (2 bianche). Strappo restaurato a p. 9, qualche fioritura. Contiene: Elogio storico di Domenico Tartaglia e Poesie di autori vari. Catalogo unico,
IT\ICCU\SBLE\007131;
- CASTELLANO, Francesco. Sullo studio delle leggi di commercio. Prolusione di Francesco Castellano per l’apertura di un corso di diritto commerciale, letta nel di 29 novembre 1835. ([Napoli], Carlo Bompard, [1835]). In 8vo, pp. 15, (1). Catalogo unico, IT\ICCU\NAP\0165993;
- [ZIGARELLI, Daniello Maria]. Discorso di un parroco di villaggio su l’infausta perdita di
S. M. Cristina di Savoja Regina delle Due Sicilie. Napoli, 1836. In 8vo, pp. 19, (1 bianca).
Catalogo unico, IT\ICCU\SBL\0415476;
- [BORRELLI, Pasquale]. Discours d’un cure de village sur la mort de s.m. Christine de Savoie
reine des deux Siciles. Traduit de l’italien. Naples, Librairie de Xavier Starita, 1836. In 8vo, pp.
29, (1 bianca). Catalogo unico, IT\ICCU\LIA\0599811;
- MONFORTE, Gaetano Maria. Memoria storico-critica di ciò che avvenne di più rimar-
chevole nello stabilimento de’ PP. Teatini nella città di Lecce. Napoli, S. Giordano, 1831. In 8vo, pp. (6), 22. Catalogo unico, IT\ICCU\
SBL\0715024;
- SULL’UTILITÀ DELLE BELLE ARTI. Prolusione recitata in occasione di una pubblica accademia di poesia sulla creazione dell’universo,
data per gli alunni del Seminario di Ariano nel di 4 agosto 1834. Napoli, dalla tipografia del Filiatre-Sebezio, 1834. In 8vo, pp. 16. Catalogo
unico, IT\ICCU\SBL\0397686;
- LIBRI, Guglielmo (1802-1869). Memoria sopra la fiamma letta alla Società dei Georgofili nella seduta del dì 3 dicembre 1826 da Guglielmo Libri. Estratto dall’Antologia numero LXXIII. Firenze, Tipografia di Luigi Pezzati, 1827. In 8vo, pp. 13, (3 bianche). Manca la tavola
descritta in ICCU. Rifilato con perdita di numero di pagina. Catalogo unico, IT\ICCU\UBOE\024559;
- VINELLA, Raimondo. Considerazioni pratiche sulla febbre biliosa remittente convertita in tifoide trattata con farmaci antiflogistici che trasse
al sepolcro il dottissimo giureconsulto signor D. Filippo Gorgoni. Napoli, dalla tipografia del Filiatre-Sebezio, 1836. In 8vo, pp. 28, (4, di cui
3 bianche). Catalogo unico, IT\ICCU\MOL\0236513;
- SIMOND. Voyage en Italie et en Grèce. Paris, 1828, 2 volumi. Estratto dall’Antologia N° 103, Luglio 1829. Recensione di Francesco Forti.
Pp. 33, (1 bianca). Rifilato con perdita di qualche numero di pagina;
- Comentario sull’articolo 54 della Legge sulla espropriazione promulgata nel Regno delle due Sicilie a’ 29 dicembre 1828. Napoli, Giuseppe
Severino, 1835. In 8vo, pp. 28. Catalogo unico, IT\ICCU\BAS\0251671;
- LALA, Francesco Saverio. Risposta alla critica dell’Aggiunto Sanctissimae. Lettera apologetica. Napoli, Stamperia del Fibreno, 1836. In 8vo,
pp. 14, (2 bianche). Catalogo unico, IT\ICCU\NAP\0227183;
- FORLEO, Bonaventura Maria. Carme di Bonaventura Maria Forleo composto per la Sacra Real Maestà di Francesco Primo Re del Regno
delle Due Sicilie in occasione del suo felicissimo avvenimento al trono. Napoli, Dalla tipografia di R. Marotta e G.N. Vanspandoch, 1825. In
8vo, pp. (2 bianche), 25, (1 bianca). Catalogo unico, IT\ICCU\BRIE\015384;
- FORLEO, Leonardo Antonio. La statua del grande cantica. Foggia, Pasquale Russo, 1835. In 8vo, pp. 24. Catalogo unico, IT\ICCU\
FOG\0196551;
- FORLEO, Leonardo Antonio. Elogio funebre del dottor Donato M. Forleo da Francavilla de’ Japigi. Foggia, Giacomo Russo, [dopo il
1834]. In 8vo, pp. 12. Su carta azzurrina. Catalogo unico, IT\ICCU\SBL\0715384;
- In morte dell’avv. Giovanni Valeri. Articolo estratto dall’Antologia numero 83-84. Decembre 1827. In 8vo, pp. 15, (1 bianca);
- CARRILLO, Antonio. Elogio funebre di Maria Cristina di Savoja, regina del Regno delle Due Sicilie. Napoli, Tipografia all’insegna del
Gravina, 1836. In 8vo, pp. 26. Catalogo unico, IT\ICCU\TO0\0445781.
€ 390,00
la strada Vandelli
15) FRANCESCO III D’ESTE, Duca di Modena e Reggio (1698-1780). Notificazione. “Il Ser.mo Sig. Duca Padrone affine di
rendere sempre più frequentata la nuova strada che da questa capitale conduce a Massa... permette benignamente che in avvenire si
possano estraere dalli Ducati... Formenti ed ogni altra sorta di Biade, per condurli però solamente per la nuova strada nello Stato di
Massa e Carrara e non altrimenti”. Modena, Soliani, 1754.
Manifesto di cm. 42x32 recante un grande (cm. 13x10) stemma estense in legno. Scritte coeve a penna nel margine inferiore, tracce di piegature
ma ottima copia intonsa.
La via Vandelli, dal nome del matematico, cartografo e ingegnere Domenico Vandelli (16911754), fu voluta da Francesco III per unire, in modo più diretto e agevole e stando sempre sul
territorio dello stato, la capitale Modena con Massa e Carrara, allora parte del dominio estense.
€ 120,00
Bodoni
16) GALEANI NAPIONE, Gian Francesco ed. (1748-1830). In morte di Carlotta Melania Duchi Alfieri. Versi e prose. Parma,
G.B. Bodoni, 1807.
In 8vo real folio (cm 20,5); vitello coevo con filetti a secco sui piatti, dorso con fregi, tassello e titolo in oro (minime spellature); pp. (4), 151,
(5). Ottima copia.
La raccolta si apre con una prosa di 32 pp. rivolta a Diodata Saluzzo, poetessa lodata dal Parini e dal Croce. Seguono componimenti poetici
della stessa, di Bettinelli, Bondi, G. Pindemonte e molti altri. Alla fine le notizie sulla defunta Carlotta Melania
scritte dal marito. La compianta, donna colta e istruita in tutte le arti come dice l’epitaffio di Luigi Lanzi, era
amica intima della Saluzzo, la quale, concittadina del Bodoni, promosse questa raccolta affidandone la stampa
al grande tipografo.
Brooks, 1028. € 250,00
ulivi e olio
17) GHIOTTI, Nicola (fl. 1a metà del XIX sec.). Breve trattato pratico sui vivai degli ulivi. Sul modo come si formano novelle
piantate a dimora, sulla loro coltura nello stato fruttifero e sul tempo e modo di cogliere le olive, di estrarne l’olio e di saperlo conservare… Teramo, Quintino Scalpelli, 1838.
In 8vo; legatura posteriore in mezza pelle con fregi e titoli in oro al dorso, piatti in carta marmorizzata; pp. 141, (1 bianca) e 3 tavole calcografiche
più volte ripiegate fuori testo. Lieve macchia sul frontespizio, ma ottima copia in parte a fogli chiusi.
RARA PRIMA ED UNICA EDIZIONE, dedicata al Marchese di Spaccaforno, di questo trattato pratico sulla coltura degli olivi e la manifattura dell’olio, frutto dell’esperienza
diretta dell’autore che si rivolge direttamente ai fattori e agli agricoltori, ai quali intende
fornire il frutto di anni di lavoro condotto in vivai non solo di ulivi, ma anche di gelsi,
peri, meli, olmi, ecc., con l’obiettivo di evitare loro «le omissioni ed i danni, che si cagionano nella coltura degli ulivi; pianta preziosa!» (p. 7).
L’opera tratta delle scelta e preparazione del terreno, delle tecniche per la riproduzione
degli ulivi, dell’impianto e potatura, delle varie malattie e parassiti che attaccano la pianta,
degli innesti e del modo migliore di cogliere le olive, estrarne l’olio e saperlo conservare.
Catalogo unico, IT\ICCU\SBL\0400572. G. Fumi, Fonti per la storia dell’agricoltura italiana (1800-1849): saggio bibliografico, Milano, 2003, nr. 3105; V. Niccoli, Saggio storico
e bibliografico dell’agricoltura italiana dalle origini al 1900, Torino, 1902, p. 399.
€ 780,00
il primo newtoniano italiano
18) GRANDI, Guido (1671-1742). Istituzioni meccaniche trattato… Firenze, G.G. Tartini e S. Franchi, 1739.
In 8vo; legatura coeva in piena pergamena rigida, dorso a cinque nervi con tassello e titolo in oro, taglio marmorizzato; pp. VIII, 160 con 20
tavole in rame fuori testo più volte ripiegate. Titolo stampato in rosso e nero. Capilettera e testate ornate. Leggere fioriture, ma ottima copia
genuina.
PRIMA EDIZIONE. «A pagina 128 si trovano alcune esperienze sulle resistenze dei solidi, di G. Poleni» (Riccardi, I, Ia, col. 627, nr. 451*).
G. Grandi, cremonese, è considerato come uno dei primi scienziati italiani ad interessarsi alle scoperte di Newton. Membro della Royal Society,
introdusse il calcolo leibnitziano in Italia. Nel 1700 Cosimo de’ Medici gli conferì la cattedra di filosofia straordinaria nell’Università di Pisa,
quindi nel 1714 quella di matematica. Fu autore di importanti opere di meccanica teorica e pratica. I suoi studi di idraulica suscitarono l’interesse dei governi del centro Italia (cfr. G.
Loria, Storia delle matematiche, Milano, 1950, pp. 653-657).
D.S.B., V, pp. 498-500; Sotheran, 1621; V.L. Roberts-I. Trent,
Bibliotheca mechanica, New York, 1991, 144.
€ 480,00
un punto di svolta nella storiografia diplomatica del tempo
19) HERRGOTT, Marquard (1694-1762). Genealogia diplomatica augustae gentis Hasburgicae, qua continentur vera gentis
hujus exordia, antiquitates... opera et studio R.P. Marquardi Herrgott... Wien, Leopold Johann Kaliwoda, 1737.
Tre volumi in folio grande; legatura coeva in bazzana marrone, dorso a sette nervi con fregi e titolo in oro, tagli rossi (lievi restauri, ma nel complesso ben conservata); Vol. I: pp. (24), LXXII, 337, (35); Vol. II (Codicem probationum exhibens. Quo continentur diplomata, chartae, aliaque
antiquitatis monumenta ab anno Christi 744. ad annum usque 1269): pp. (32), 411, (1); Vol. III (Codicis probationum diplomata, chartas, & reliqua monumenta ab anno Christi 1269. ad annum 147 ... accedunt indices locupletissimi): pp. 32, 414-851, 89. Tutti i volumi presentano occhietto,
antiporta incisa e frontespizio stampato in rosso e nero. L’apparato
iconografico fuori testo comprende: 2 carte geografiche ripiegate (si
tratta della stessa carta ripetuta, una delle quali ha i confini colorati:
numerata 1), 15 vedute calcografiche a doppia pagina (numerate da
2-16), 9 tavole a piena pagina di iscrizioni, stemmi araldici e sigilli
(di cui una ripiegata: numerate 17-22, tre non numerate), e 3 tabelle
fuori testo (di cui una ripiegata ed una su doppia pagina). Con inoltre
numerose figure incise in rame nel testo tra iniziali, testatine, finalini,
iscrizioni, vignette e stemmi. Lievi bruniture sparse, piccolo strappo
restaurato alle mappe senza danno, segni di tarlo abilmente restaurati
nella parte inferiore di alcune tavole con minima perdita di parte incisa, ma nel complesso ottima copia genuina in legatura coeva.
EDIZIONE ORIGINALE di questa monumentale opera storiografica sugli Asburgo, pregevole per metodo e contenuto. Commissionata
all’autore dall’imperatore Carlo VI, essa segna un punto di svolta nella
storiografia diplomatica del tempo, assurgendo a modello del genere
per tutte le altre storie dinastiche del periodo.
L’opera si divide in due parti, la prima discute i risultati e le conclusioni delle lunghe ed articolate ricerche storiche compiute da Herrgott,
mentre la seconda fornisce i documenti e le fonti da lui utilizzate. Di
grande rilevanza anche l’apparato iconografico, per lo più di mano
degli incisori Andreas e Heinrich Schmuzer. L’artista svizzero Johann Heinrich Meyer fu istruito dallo stesso Herrgott su come e dove disegnare
dal vivo i castelli e i luoghi di origine degli Asburgo che sono rappresentati nelle splendide tavole a doppia pagina.
«In many respects, historical writing in the Habsburg lands of the eighteenth century was heading in two directions. At the center a more
coherent picture of the Habsburg dynasty and its territory was emerging, perhaps best reflected in the works of Marquard Herrgott, the last of
a great line of Benedictine historians active in the Austrian baroque. A native of Vorderösterreich, Herrgott studied in Strasbourg, Rome, St.
Gallen, and Melk before being sent off to Paris to complete his training. Initially employed as the librarian of the St. Blasien Abbey, Herrgott
eventually attracted the attention of Charles VI, who commissioned him to produce a history of the imperial family. The first volume of Herrgott’s Genealogia diplomatica augustae gentis Hasburgicae [Diplomatic Genealogy of the Venerable Habsburg Family] (1737) market a significant
turning point of this genre and served as a model for other dynastic histories of the period. Herrgott did not place the genealogical emphasis
on the ancient past. He did not engage in a search for Roman
or Trojan predecessors. Instead, he carefully traced the links
between the Habsburg and the Lorraine families in an effort
to secure their territorial claims. Herrgott’s expertise in diplomatics was thus of critical importance and indicative of a
new and more pragmatic approach to genealogy. Such concerns were widespread in the era of the Pragmatic Sanction,
with the Habsburg facing a series of territorial challenges from
their political rivals» (J. Rabasa, M. Sato, E. Tortarolo & D.
Woolf, eds., The Oxford History of Historical Writing, 14001800, Oxford, 2012, III, pp. 320-321).
«Herrgott hat seine genealogische Darlegung in zwei auch
äußerlich getrennte unterschiedliche Teile zusammengefaßt.
Der erste enthält die Ergebnisse seiner Habsburgerforschung,
während der zweibändige zweite Teil die urkundlichen Beweise
dazu bringt. Die sechs Kapitel eigener Forschungsresultate
beginnen mit einer Chorographie, die die althabsburgischen
Herrschaften, soweit sie urkundlich bezeugt waren, umfaßt.
An deren Abbildungen schließen die zahlreichen Wiedergaben
von Siegeln und Wappen alter, mit dem Haus Habsburg
verbundener Familien an. Im zeitgeschichtlich wichtigsten
Kapitel, dem zweiten, geht Herrgott die habsburgische
Genealogie von Rudolf I. zurück bis Eticho I. durch; im anschließenden dann die Deszendenz Rudolfs bis Maximilian I. Die weiteren Kapitel
sind den mit den Habsburgern verwandten Linien, wie der laufenburgischen und der kyburgischen, gewidmet. Der zweite Teil der Genealogia
enthält in seinen zwei Bänden die kommentierten Textwiedergaben von 954 Urkunden und Dokumenten aus dem Zeitraum von 744 bis 1471.
[...] Der Anlage nach folgt die Genealogia den mit Kupferstichen reich ausgestatteten barocken Ehrenwerken; für den österreichischen Raum im
wesentlichen neu war die bewußte nach den neuesten Prinzipien geschulte Quellenauswahl und -kritik und die Betonung der Zuverlässigkeit
der Urkunden gegenüber der chronikalischen Überlieferung. [...] Eine wichtige Rolle im Arbeitskreis [der Genealogia] spielten die Zeichner und
Stecher. Allein der erste Foliant der genealogia enthält zwanzig doppelseitige Kupferstiche von Schlössern, Klöstern und Städten habsburgischer
Gründung und Landkarten. Der Schweizer Graphiker Johann Heinrich Meyer bekam von Herrgott genaue Anweisung, in welcher Art und von
welchen Standorten aus er die Ansichten zum Stammschloß der Habsburger nehmen sollte. Der größere Teil der Stiche der Genealogia stammt
von Andreas und von Heinrich Schmuzer» (J.P. Ortner, Marquard Herrgott (1694–1762). Sein Leben und Wirken als Historiker und Diplomat,
Vienna, 1972, p. 57ff.).
Nato Friburgo in Brisgovia, Marquard Herrgott fu uno dei maggiori storici benedettini del suo tempo, allievo della scuola d’erudizione storica
dei maurini di Saint-Germain-des-Prés. Formatosi a Friburgo, Strasburgo e Parigi, entrò nell’abbazia di S. Blasien, dove prese i voti nel 1715.
Mandato quindi a Roma per approfondire la teologia, nel 1721 si trasferì a San Gallo e quindi nuovamente a Parigi. Primo frutto degli studi
storici là compiuti, è il Vetus disciplina monastica (Paris, 1726). Nel 1728 fu mandato alla corte asburgica di Vienna come rappresentante della sua
regione natale, allora sotto il dominio imperiale. In quegl’anni Herrgott raccolse prezioso materiale per la storia locale e produsse la Genealogia
diplomatica gentis Habsburgicae (1737), cui fecero seguito i Monumenta domus Austriacae (voll. I-IV, 1750-1772). Per i suoi meriti storiografici,
nel 1737 fu nominato cancelliere imperiale e storiografo. Nel 1749, tuttavia, fu costretto a dimettersi e a lasciare la corte di Vienna a causa di
certe sue posizioni in difesa dei diritti della Chiesa. Fu quindi nominato prevosto a Krozingen e governatore di Staufen e Kirchhofen, località
allora dipendenti dall’abbazia di St. Blasien. Herrgott morì a Krozingen vicino Friburgo nel 1762(cfr. J.P. Ortner, op. cit., passim).
Catalogo unico, IT\ICCU\UBOE\004808; Graesse, III, 260.
€ 4.200,00
trattato di commercio
20) HEVIA, Juan de (1570-1623). Labyrinthus commercii terrestris, et navalis, e patrio hispano idiomate in latinum versus, in
quo breviter agitur de mercatura, et negociatione terrestri, atque maritima: tractatus utilis, et fructuosus tum mercatoribus, et negociatoribus, navigantibus,… tum justicia administrantibus, professoris juris,… Firenze, Pietro Antonio Brigonci, 1702.
In folio (cm 32,5); senza legatura; pp. (8), 203, 164. Ottima copia fresca e marginosa.
UNICA VERSIONE LATINA di questo importante trattato sul commercio che, apparso originariamente a Lima nel 1617, ebbe grande divulgazione e un gran numero di ristampe fino alla metà del XIX secolo. La prima parte riguarda il
commercio terrestre, con capitoli sul cambio e le banche, la moneta, i pesi e le misure, le gabelle,
l’usura, l’interesse, le frodi commerciali e i libri contabili; la seconda tratta del commercio marittimo
con osservazioni sulle dogane, i noli, le assicurazioni marittime, i naufragi ecc.
Juan de Hevia Bolaño, giurista spagnolo, lavorò presso le cancellerie di Valladolid e Granada, prima
di trasferirsi nel 1588 a Lima in Perù.
Catalogo unico, IT\ICCU\MILE\005372.
€ 950,00
Cesare Maioli e la Societas Georgica Tarquiniensis
21) HILL, John (1714-1775) - MAIOLI, Cesare ed. (1746-1823). Decade di alberi curiosi ed eleganti piante delle Indie orientali, e dell’America ultimamente fatte già note dal celebre sig. dottore Giovanni Hill dall’Idioma inglese, ridotta all’italiana favella,
col lasciare intatta la descrizione latina, e corredata di alquante note. Roma, Giovanni Generoso Salomoni, 1786.
In 4to; legatura del primo Novecento in marocchino verde scuro; pp. (8), 31, (1) e 10 tavole calcografiche fuori testo, incise da Giuseppe Bianchi e disegnate da Cesare Maioli (basandosi probabilmente sugli originali dello stesso Hill). Qualche lieve fioritura marginale, ma ottima copia.
PRIMA EDIZIONE IN ITALIANO di questa opera del celebre botanico inglese John Hill, che è anche l’unica mai tradotta nella nostra lingua.
L’edizione è dedicata dal naturalista forlivese Cesare Maioli, responsabile del disegno (e in parte anche dell’incisione) delle tavole che illustrano
l’opera e traduttore del testo dall’inglese, all’abate Filippo Luigi Gigli (1756-1821), cameriere di papa Pio VI, autore di numerose pubblicazioni
di botanica, nonché fondatore nel 1784 della Societas Georgica Tarquiniensis, di cui il Maioli fu fatto socio corrispondente.
L’opera è inoltre corredata da note di mano del traduttore,
che firma anche una nota introduttiva, nella quale annuncia la
pubblicazione di quelle tavole ittiologiche alle quali è soprattutto legata la fama del Maioli (cfr. A. Pasini, Note genealogiche
e biografiche intorno al naturalista forlivese P. Cesare Maioli della
Congregazione dei Girolomini fondatore della Civica Biblioteca,
1746-1823, Forlì, 1924, passim).
L’edizione originale inglese era apparsa a Londra nel 1773
con il titolo A Decade of curious and elegant trees and plants:
drawn after specimens received from the East Indies, and America, in the year 1772. In essa Hill descrive dieci specie botaniche
provenienti da Asia e America che non furono mai descritte
precedentemente con l’eccezione dalla carnivora Dionea, che
era già apparsa nell’opera dell’Ellis nel 1770. Tra le varie caratteristiche delle dieci piante si forniscono anche indicazioni
sulle loro proprietà farmaceutiche. Le piante recano il nome in
inglese, italiano e latino. Tra le specie descritte provenienti dall’America figurano il Giglio dritto di Lima, la già menzionata Venere trappola e il
Giglio giallo americano acquatico.
John Hill, eccentrica figura di naturalista, botanico e farmacista, fu in feroce polemica con molti colleghi del tempo, nonché con la Royal Society
che non lo volle tra i suoi membri. «Sir John Hill (1714–1775) was one of Georgian England’s most vilified men despite having contributed
prolifically to its medicine, science and literature. Born into a humble Northamptonshire family, the son of an impecunious God-faring Anglican
minister, he started out as an apothecary, went on to collect natural objects for the great Whig lords and became a botanist of distinction. But
his scandalous behavior prevented his election to the Royal Society and entry to all other professions for which he was qualified. Today, we can
understand his actions as the result of a personality disorder; then he was understood entirely in moral terms. When he saw the dye cast he turned
to journalism and publication, and strove maniacally to succeed without patronage. As a writer he was also cut down in ferocious ‘paper wars’.
Yet by the time he died, he had been knighted by the Swedish monarch and become a household name among scientists and writers throughout
Britain and Europe. His life was a series of paradoxes without coherence, perhaps because he was above all a provocateur. In time he would also
become a filter for the century in which he lived: its personalities - great and small - as well as the broad canvas of its culture, and for this reason
any biography necessarily stretches beyond the man himself to those whose profiles he also illuminates» (G. Rousseau, The Notorious Sir John
Hill: The Man Destroyed by Ambition in the Era of Celebrity,
Bethlehem PA, 2012, p. IX).
Nissen BBI 878; Pritzel 4076; Hunt, 679; Catalogo unico,
IT\ICCU\SBLE\002949.
€ 900,00
l’edizione definitiva di uno dei primissimi documenti femministi
22) MARINELLI, Lucrezia (1571-1653). La nobilta, et l’eccellenza delle donne, co’ diffetti, et mancamenti de gli huomini. Discorso di Lucretia Marinella, in due parti diviso. Nella prima si manifesta la nobiltà delle donne co’ forti ragioni, & infiniti essempi,...
Nella seconda si conferma co’ vere ragioni,... che i diffetti de gli huomini trapassano di gran lunga que’ delle donne. Ricorretto, &
accresciutto in questa seconda impressione. Venezia, Giovanni Battista Ciotti, 1601.
In 4to; legatura posteriore in piena pelle, dorso a nervi con titolo in oro; pp. (8), 326, (2). La seconda parte comincia a p. 135. Marca tipografica
al titolo. Piccolo restauro al margine inferiore del frontespizio con perdita di qualche lettera, piccoli fori restaurati alle pp. 237/238 che comportano una minima perdita di testo, qualche lieve fioritura sparsa, ma nel complesso
ottima copia.
SECONDA EDIZIONE NOTEVOLMENTE AUMENTATA. «Di argomento profano
è anche l’opera alla quale è maggiormente legata la fama della Marinelli, il trattato Le
nobiltà, et eccellenze delle donne: et i diffetti, e mancamenti de gli huomini (Venezia, G.B.
Ciotti, 1600). Alla prima edizione seguì l’anno seguente, per lo stesso editore, una seconda, molto più ampia, con titolo mutato in La nobiltà et l’eccellenza delle donne co’ diffetti
et mancamenti de gli huomini; nel 1621, infine, [Combi] ristampò l’opera nella versione
[definitiva] del 1601. L’opera si ricollega esplicitamente alla tradizione cinquecentesca
di trattati sul comportamento, riprendendo alla lettera il titolo del celebre testo di Enrico Cornelio Agrippa (Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim), il De nobilitate
et praecellentia foeminei sexus (Anversa 1529), volgarizzato da L. Domenichi nel 1545
per i tipi di G. Giolito de’ Ferrari. Ma è probabile che sulla M. agissero lontani interessi
paterni: Giovanni era stato autore di un’opera di cosmetica (Gli ornamenti delle donne,
Venezia, Francesco de’ Franceschi, 1562) e di un fortunato trattato di ostetricia (Le medicine partenenti alle infermità delle donne, ibid. 1563). Il trattato della M. è soprattutto
una presa di posizione forte e originale nell’ambito della querelle des femmes avviatasi a
partire dagli anni Ottanta con la pubblicazione di una serie di opere provocatoriamente
misogine. In particolare, obiettivo polemico della M. è il trattato di Giuseppe Passi I
donneschi difetti (Venezia, G.A. Somasco, 1599), cui fa esplicito riferimento nella Divisione di tutto il discorso, dopo aver indicato in Aristotele l’origine prima della misoginia
imperante nella tradizione occidentale. Nella prima parte, la più originale, la M. discute la nobiltà e l’eccellenza delle donne; nella seconda, che
si presenta come un puntuale rovesciamento delle affermazioni di Passi, sono trattati i difetti degli uomini. Ciò che caratterizza maggiormente
la posizione della M. è la decisa affermazione della superiorità della condizione femminile rispetto a quella degli uomini, che l’autrice manifesta
corroborando le proprie argomentazioni attraverso un ricchissimo catalogo di exempla attinti dalla tradizione classica e volgare. È soprattutto il
patrimonio della lirica amorosa petrarchista, con la sua topica esaltazione della donna, a essere sfruttato per delineare un ritratto dell’eccellenza
femminile altamente idealizzato, che giustifica la legittima rivendicazione di un diverso ruolo della donna nella società e la sua valorizzazione
come soggetto attivo in campi da sempre riservati all’uomo. Nella dedica a L[ucio] Scarano dell’edizione 1600, in un passaggio poi eliminato nel
1601, la M. fa esplicito riferimento al poco tempo avuto a disposizione per scrivere l’opera: solo due mesi. Ciò spinge a ipotizzare che il lavoro
sia stato in qualche misura commissionato dal tipografo Ciotti. Se si tiene conto del ruolo di Ciotti e di Scarano nell’Accademia Veneziana, oltre
che del fatto che nello stesso 1600 fu pubblicato postumo il trattato di Moderata Fonte (Modesta Dal Pozzo) Il merito delle donne per cura di
Giovanni Nicolò Doglioni, zio dell’autrice e coinvolto nella fondazione dell’Accademia, si può pensare che la pubblicazione delle due opere fosse
il frutto di una strategia culturale che trovava i suoi ispiratori in ambito accademico. Il trattato della M. ebbe una notevole risonanza, alimentando l’apprezzamento nei confronti dell’autrice. Ne fa fede uno scambio di sonetti con Celio Magno occasionato dalla pubblicazione, a Venezia
nel 1600, delle Rime di quest’ultimo (rimasto manoscritto alla Biblioteca Marciana di Venezia); come pure la richiesta rivolta alla M. dall’editore
B. Barezzi di comporre gli argomenti in versi e le allegorie in prosa per un’edizione de Le lagrime di S. Pietro di Luigi Tansillo (Venezia 1606).
La M. redasse una serie di brevi interpretazioni allegoriche
dei canti del poemetto, che dimostrano come la componente
filosofica di matrice ermetico-platonizzante fosse fortemente
attiva nella sua cultura. Accanto alle lodi e alle dichiarazioni di
stima non mancarono le critiche e le maldicenze, riconducibili
alle posizioni radicali assunte ne La nobiltà et l’eccellenza delle
donne. Una prima eco di tali polemiche si coglie nell’avviso A’
lettori premesso dalla M. alla Vita di Maria Vergine imperatrice
dell’universo descritta in prosa et in ottava rima (ibid. 1602 e
1610)… Del resto, la M. dimostrava di avere fiducia nel valore della propria opera, dato che ne inviò una copia a Virginia
de’ Medici, moglie di Cesare d’Este duca di Modena e Reggio,
come si ricava da una lettera in cui si ricorda anche l’incontro,
avvenuto a Venezia nel 1602, con Orazio Vecchi, maestro di
cappella nel duomo di Modena… Gli attacchi, in ogni caso,
dovettero continuare, se nel 1605, nell’avviso ai lettori premesso all’Arcadia felice della M., Ciotti la difese dall’accusa
di alcuni «maligni» di non essere l’autrice della Vita di Maria Vergine imperatrice» (P. Zaja, Marinelli, Lucrezia, in: “Dizionario Biografico degli
Italiani”, LXX, 2014, s.v.).
Nata a Venezia e figlia del celebre Giovanni Marinelli, autore di successo del secondo Cinquecento, Lucrezia venne educata in ambito famigliare.
Grazie al padre e al fratello Curzio, apprese non solo la poesia e la musica (cantava e suonava diversi strumenti), ma ricevette anche una solida
formazione filosofica. Benché i dati sulla sua vita siano relativamente scarsi, pare che Lucrezia si sposò relativamente tardi e forse anche questo
aspetto le permise di dedicarsi con particolare agio agli amati studi. Nel 1595 pubblicò presso il Ciotti la sua prima opera, un poema di quattro
canti sulla vita della vergine martire Colomba, intitolato La Colomba sacra. L’opera reca già traccia dei rapporti che l’autrice intratteneva con i
membri dell’Accademia Veneziana, di cui Ciotti era lo stampatore ufficiale. Nel 1597 apparve la Vita del serafico, et glorioso S. Francesco e, poco
dopo, il discorso filosofico Rivolgimento amoroso, verso la somma bellezza e il poema in dieci canti Amore innamorato et impazzato. Nel 1605 Lucrezia diede poi alle stampe il romanzo pastorale Arcadia felice. Dopo la pubblicazione a Firenze nel 1606 della Vita di S. Giustina, si assiste ad
una lunga pausa nell’attività letteraria della Marinelli, probabilmente dovuta alla nascita dei due figli. Solo nel 1617 apparve una nuova opera,
sempre di argomento religioso, le Vite de’ dodici heroi di Christo e de’ quattro evangelisti, seguita nel 1624 dal volume De’ gesti heroici, e della vita
meravigliosa della serafica S. Caterina da Siena (ibid.). Al 1635 risale invece il poema L’Enrico, overo Bisantio acquistato, il quale non ebbe tuttavia
particolare successo. Le ultime sue opere la vedono far ritorno ai campi a lei più congeniali, come la trattatistica sul comportamento, con l’Essortatione alle donne et a gli altri se a loro saranno a grado. Parte prima (Venezia 1645), e quella religiosa. La Marinelli morì a Venezia nell’ottobre
del 1653 (cfr. S. Kolsky, The literary career of Lucrezia Marinella (1571-1653), in: “Rituals, images, and words: varieties of cultural expression in
late medieval and early modern Europe”, a cura di F.W. Kent & Ch. Zika, Turnhout, 2005, pp. 325-342).
Catalogo unico, IT\ICCU\UFIE\001183; A. Erdmann, My gracious silence, Luzern, 1999, p. 215; Michel, V, pp. 117-118; Libreria Vinciana, nr.
3452; G. Passano, I novellieri italiani in prosa, Torino, 1878, I, pp. 414-415.
€ 1.800,00
sui sogni
23) MERLI, Cesare (fl. XVI-XVII sec.). Lume notturno overo prattica di sogni, ove si discorre della natura, delle cagioni, & delle
differenze di essi; e si mostra se à quelli sia lecito dar fede. Con tavola de’ capitoli in fine. Bologna, Bartolomeo Cochi, 1614.
In 8vo; legatura posteriore in piena pelle, dorso a nervi con titolo in oro; pp. 179, (5). Firma di appartenenza e timbro del Collegio bolognese di
Sant’Andrea dei Penitenziari. Ottima copia.
RARA PRIMA EDIZIONE (una seconda apparve molti anni dopo, nel 1668, a Venezia presso Alessandro Zatta), dedicata a Laura d’Este, allora
principessa della Mirandola, in data Bologna, 2 giungo 1614.
Nella prefazione l’autore specifica di aver intenzione di trattare dei sogni in modo semplice e
comprensibile a tutti e, come opera di riferimento da lui principalmente utilizzata, cita i Ragionamenti domestici intorno alla natura de’ sogni del correggese Paolo Grassi (1562-1622). Il trattatello,
che il Merli si rammarica essere stato stampato in troppe poche copie, fu pubblicato a Bologna
dallo stesso Bartolomeo Cochi nel 1613.
Tra gli argomenti affrontati dal Merli vi sono l’origine dell’interpretazione dei sogni, cosa siano
i sogni, se vi siano uomini che non provino sogni, la causa dei sogni animali, le cause dei sogni
carnali e quelle dei sogni di ispirazione divina, il ruolo del diabolico nei sogni umani, come e a
chi spetti interpretare i sogni, alcuni avvertimenti per evitare sogni spiacevoli, ecc.
Cesare Merli nacque a Scurano, allora sotto il dominio dei principi di Correggio. Intorno al 1590
risulta parroco di Cavriago. Successivamente passò a Correggio, dove ottenne la cittadinanza e fu
nominato parroco di S. Giorgio in Rio. Nel 1613 si trasferì a Mirandola ed entrò al servizio di
Laura d’Este, moglie di Alessandro I Pico della Mirandola (dalla dedica a quest’ultima risulta che
l’autore nel giungo del 1614 aveva già abbandonato quella corte). Gli ultimi anni della sua vita li
trascorse infatti a Bologna presso la famiglia Marescotti (cfr. G. Tiraboschi, Biblioteca modenese,
Modena, 1783, III, pp. 201-202).
Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\033024 (3 sole copie); Libreria Vinciana, nr. 2218; Michel, V,
p. 169. € 780,00
magnifica legatura del primo Seicento alle armi della famiglia Pignatelli
24) MISCELLANEA contenente 38 opere (in gran parte scritti d’occasione di poche pagine ed estrema rarità) stampate a
Roma (25), Viterbo (2), Palermo (1), Perugia (2), Gand (1), Ronciglione (2), Macerata (1), Firenze (1), Rimini (1) e Venezia
(1) tra il 1573 e il 1627.
Un volume di mm. 195x137. Sontuosa legatura della prima metà del Seicento in marocchino rosso con intarsi in beige e verde, riccamente ornata
in oro e recante al centro le armi in oro della famiglia Pignatelli, tagli dorati ed ornati a secco, legacci in seta colorata in parte conservati (legatura
molto probabilmente di area romana e di pregevolissima fattura; piccola mancanza alla cuffia inferiore, lievi screpolature lungo le cerniere e piccolo foro di tarlo sul dorso, ma nel complesso ottimamente conservata e mai restaurata).
Il volume contiene:
1) GREEN, Thomas (fl. 1a metà del XVII sec.). Regiis Angliae diuis dithirambus praeside Octavio card Bandino in disput. Thomae. Grini. coll. Angl. alum. emodulatus. Roma,
Francesco Corbelletti, 1627. In folio, pp. 15, (1 bianca) incluso il frontespizio calcografico
(qui ripiegato perché eccedente i margini del volume) recante lo stemma del cardinale Ottavio Bandini (Alessandro Circignagni delin.- Orazio Brunetti incid.). Pagine entro cornice xilografica (in parte lievemente rifilata). Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\029170;
2) VILLANI, Nicola (1590-1636). De laudibus Gregorii XV. pontificis ter maximi Nicolai Villanii carmen. Viterbo, Pietro e Agostino Discepolo, 1621. In 4to, cc. (8). Stemma
di Gregorio XV sul frontespizio. Porzione esterna del titolo restaurata senza danno al testo.
Lievemente rifilato il margine superiore. Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\043027;
3) RIGBEUS, Laurentius (fl. 1a metà del XVII sec.). Triumphus religionis, virtutumque
ancillantium illustrissimo principi Ioanni Garziae card. Millino dicatus a Laurentio Rigbeo,
theses philosophicas in Collegio Anglicano sustinente. Roma, Alessandro Zannetti, 1624. In
4to, cc. 12. Emblema dei Gesuiti sul frontespizio. Pagine entro cornice xilografica (in parte lievemente rifilata). Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\066480 (che cita solo 6 carte);
4) BAYÃO, André (1566-1639). Idyllium Seminarii Manlianensis in Sabinis nomine
editum illustrissimo principi Francisco Ioiosae S.R.E. card. ... ipsius e Gallia Romam congra-
tulantis adventum. Auctore R.D. Andrea Baiano theologo Lusitano... Roma, Giacomo Mascardi, 1612. In 4to, pp. 8. Stemma cardinalizio
stampato in rosso e nero sul titolo. Catalogo unico, IT\ICCU\UM1E\011036;
5) DEL CASTILLO, Diego (fl. 1a metà del XVII sec.). D. Ioannettino Cardinali Auriae Archiepiscopo Panormitano [Giannettino Doria] Don
Didacus Del Castillo D.D. illustriss. Principi quo potissimum adspirante Philosophiae cursus felicissime confecit. Palermo, Angelo Orlandi &
Decio Cirillo, 1624. In 4to, pp. (8). Emblema dei Gesuiti sul frontespizio. Testo entro cornice xilografica (in parte lievemente rifilata).
Manca a ICCU;
6) Odae musicis cantatoe. dum comes sertorius luschus Vicetinus de philosophia uniuersa publice disputaret in ecclesia SS Philippi & Iacobi patrum
somaschen. Vicetiae sub auspicijs... Nicolai Delphini. Roma, Alessandro Zannetti, 1624. In 4to, pp. 13, (1). Manca il frontespizio. Pagine
entro cornice xilografica. Catalogo unico, IT\ICCU\VIAE\015866;
7) HIELIUS, Levinus (fl. 1621-1624). Carmen nuptiale ad thalamos Io. Georgii Aldobrandini, et Hippolytae Ludovisiae Rossani principum. Authore Leuino Hielio. Roma, Alessandro Zannetti, 1621. In 4to, cc. (8 di 12). O. Pinto, Nuptialia, Firenze, 1971, nr. 174; Catalogo unico,
IT\ICCU\BVEE\039051;
8) CONTULI, Claudio (m. 1628). Venus vindemiatrix in nuptias illustrissimorum Iacobi de
Ubaldis, & Artemisiae Corneae Claudij Contuli Perusini Academici Insensati. Perugia, Marco
Naccarini, 1619. In 4to, pp. 12. Mancano le pp. 5-8. Frontespizio e testo in cornice xilografica,
stemma calcografico sul frontespizio. Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\029118;
9) CENTURIONE, Diego (fl. cavallo XVI-XVII sec.). De serenissimo principe Hispaniarum
recenter nato genethliacon. D. Didaci Centurioni habita ab eodem in Collegio Romano Soc. Iesu.
Ad... Antonium card. Zapatam. Roma, Bartolomeo Bonfadino per Lorenzo Sforzini, 1605. In
4to, cc. (4). Stemma dei reali di Spagna sul titolo. Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\039141;
10) CONTULI, Claudio (m. 1628). Hymenaeus in nuptias per illustrium Cæsaris Meniconii,
& Antææ de Vbaldis. Claudij Contuli Academici Insensati Perusini. Perugia, Marco Naccarini &
soci, 1614. In 4to, cc. (4). Stemma inciso in rame sul titolo, frontespizio e testo incorniciati entro bordura in legno (parzialmente rifilata). Pinto, op. cit., nr. 142; Catalogo unico, IT\ICCU\
UM1E\006720;
11) KERCHOVIUS, Simon (fl. 1a metà del XVII sec.). Elegia sacra [dedicate a François
Henri van der Burch, arcivescovo di Cambrai]. Gand, Johann Kerchov, 1616. In 4to, cc. (8).
Testo entro cornice xilografica. Brunito. OCLC, 56379924;
12)
In laudes Octavii Rivarolae (excerptum di pp. 31, C-D8). S.n.t. Componimenti latini per Ottavio Rivarola neolaureato in utroque
jure alla presenza di Odoardo Farnese;
13)
Sabaudia ad modos dicta inter philosophicas disputat.es serenissimo principi Mauritio card. a Sabaudia inscriptas a Io. Franc. Isnardo
com. montatae in Collegio Romano Societatis Iesu. Roma, Giacomo Mascardi, 1627. In 4to, pp. 15, (1 bianca). Bel frontespizio inciso in
rame da Johann Troschel su disegno di Alessandro Circignani (qui più volte ripiegato). Cantata latina di poeta e compositore non menzionati (cfr. S. Franchi, Le impressioni sceniche, Roma, 1944, p. 533, nr. 27). Testo entro cornice xilografica (in parte lievemente rifilata).
Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\029208;
14)
ZACCAGNI, Giovanni Camillo (1592-1649). Corona di dodici stelle poetiche tessuta al valore dell’invittissimo prencipe Carlo Emanuele... da Gio. Camillo Zaccagni romano. Roma, Giacomo Mascardi, 1624. In 4to, pp. 26. Sul frontespizio fregio e cornice in
legno. Catalogo unico, IT\ICCU\LIAE\003315;
15)RUGGERI, Francesco (fl. 1a metà del XVII sec.). In nuptijs M. Antonij Burghesij, et Camillae Ursinae principum Sulmonis
Francisci Rogerij hymenaeus. Viterbo, Pietro e Agostino Discepolo, 1619. In 4to, cc. (12). Stemma xilografico con gli emblemi di
entrambe le famiglie sul titolo. Leggermente fiorito. Pinto, op. cit., nr. 158; Catalogo unico, IT\ICCU\UM1E\011820;
16)ROCH, Patrick (fl. 1a metà del XVII sec.). Ill.mo ac Rev.mo DD Scipione Cardinali Borghesio. Hos planctus, et suspiria de fato
sui Sanctissimi patrui Pauli Quinti pont. Max in symbolum grati animi dedicat… Roma, Guglielmo Facciotti, 1621. In 4to, pp.
(8). Manca a ICCU;
17)LEFEBVRE, Nicholas (fl. 1a metà del XVII sec.). In solemnes Marci Antonii Burghesii et Camillae Ursinae principum Sulmonis hymenaeus poema. Ronciglione, Ludovico Grignani e Lorenzo Lupis, 1619. In 4to, cc. (12). Titolo e testo entro bordura
in legno (in parte rifilata). Stemma di Paolo V a c. (2). F.M. D’Orazi, L’arte della stampa in Ronciglione nei secoli XVII e XVIII,
Ronciglione, 1991, nr. 26. Manca a ICCU;
18)DE MAGISTRIS, Ambrosius (fl. 1a metà del XVII sec.). Aetodracontaeum ad modos dictum dum philosopgicas theses ex
uniuersa philosophia illustrissimo principi Scipioni Burghesio S.R.E. cardinali inscriptas publice defendebat Ambrosius De Magistris
romanus. Roma, Giacomo Mascardi, 1616. In 4to, cc. (6). Titolo e testo entro bordura in legno. Catalogo unico, IT\ICCU\
RMLE\046760;
19)Odae illustriss. principi Scipioni Burghesio S.R.E. card. ampliss. emodulatae. Dum Ioannes Rosaeus Collegij Scotorum alumnus de
uniuersa philosophia publice disceptaret in aula Collegij Rom. Societatis Iesu Roma, Bartolomeo Zanetti, 1613. In 4to, cc. (6). Au-
tore dell’ode sconosciuto, dedica di Ioannes Rosaeus a Scipione Borghese (cfr. Franchi, op. cit., p. 800, nr. 26). Testo in cornice. Catalogo
unico, IT\ICCU\RMLE\041241;
20)
LAURI, Giovanni Battista (1579-1629). In aquam Paulam lyricum Io. Baptistae Lauri theologi Perusini ad sanctissimum D.N. Paulum V. Pont. Opt. Max. Roma, Giacomo, Mascardi, 1612. In 4to, pp. 11, (1 bianca). Stemma del papa sul titolo. Frontespizio lievemente
rifilato. Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\029254;
21)
ROCCA, Francesco (fl. 1a metà del XVII sec.). Prothemata Burghesiorum genio Romae in Collegio Clementio data cum Aristotelis
philosophiam Paulo Quinto Pont. Max. Franciscus Rochus dicatam publice tueretur. Roma, Bartolomeo Zanetti, [1605-1621]. In 4to, pp. 20.
Pubblicato durante il pontificato di papa Paolo V. Frontespizio entro cornice calcografica figurata con stemma di Paolo V in testa. Iniziali
e fregi xilografici. Catalogo unico, IT\ICCU\RMLE\035198;
22)
CANCELLOTTI, Cesare (fl. 1a metà del XVII sec.). Odae illustrissimo principi Octavio Bandino S.R.E. cardinali ampliss. emodulatae. Dum propositas ex uniuersa philosophia theses publice defendit Caesar Cancellottus Septempedanus academicus parth. In aula Collegij
Macerat. Soc. Iesu. Macerata, Giovanni Battista Bonomi, 1626. In 4to, pp. 8. Marca sul frontespizio. Titolo e testo in cornice con fregi
xilografici. Catalogo unico, IT\ICCU\RMLE\041247 (collazione differente);
23)
COLANELLI, Lidano (fl. 1a metà del XVII sec.). De laudibus Florentiae panegyricum. Lidani Colanelli Setini
e Societate Iesu in Florentino Collegio humaniorum literarum magistri. Lucae Alamannio patritio Florentino... Alexander
Scarlattus I.V.D. inscribit. Firenze, Bartolomeo Sermartelli, 1614. In 4to, pp. 29, (3). Stemma episcopale sul frontespizio,
testatine, iniziali e fregi in legno. Catalogo unico, IT\ICCU\UM1E\022330;
24)
LORENZO, Cesare (m. 1621). Chori in laudem Roberti Bellarmini S.R.E. card. ampliss. dum philosophicas theses eidem cardinali dicatas publice defendebat Ioannes Leus [John Lee] collegij Anglicani alum. in Collegio Romano societatis
Iesu. Roma, Bartolomeo Zanetti, 1608. In 4to, cc. (4, di cui l’ultima bianca). Tutte le pagine in cornice xilografica. Forte
macchia di olio. Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\043340;
25)
KIEFFELT, Hendrik van (ca. 1583-1635). In nuptiis serenissimorum principum Friderici De Ruvere et Claudiae
Medices. Henrici Chifelii Antverpiensis Carmen. Roma, Alessandro Zannetti, 1621. In 4to, cc. (8). Catalogo unico, IT\
ICCU\RMLE\034481;
26)
CONSTANTINO, Manoel (m. 1614). Ad illustriss.mos et reuerendiss.mos principes. et dominos atque D. meos
S.R.E cardinales. Rerum sacrarum Carmen. Per Emanuelem Constantinum Funchalensem Lusitanum… Roma, Luigi Zannetti, 1597. In 4to, pp. 12. Vignetta sul titolo. Edit 16, CNCE15331;
27)
FIORELLI, Giovanni Girolamo (fl. fine del XVI sec.). In nuptias serenissimorum principum Ferdinandi Hetruriae magni ducis,
et Christinae Caroli Lotharingiae ducis filiae. Roma, Paolo Blado, 1589. In 4to, cc. (6). Stemma mediceo e vari fregi xilografici sul titolo
(ripiegato perché eccedente i margini). Pinto, op. cit., nr. 46; Edit 16, CNCE19150;
28)
Medicei sex orbes magno Alexandro prae innumeris quondam optabiles ad modos musicos expositi Francisco Rossermino [Francesco Rosselmini] philosophiam propugnante auspicijs Caroli card. Medices. Roma, Bartolomeo Zanetti, 1625. In 4to, cc. (6) e un bel frontespizio
inciso in rame con i ritratti dei sei Medici (più volte ripiegato). Autore sconosciuto (cfr. Franchi, op. cit., p. 803, nr. 42). Testo in cornice
xilografica (rifilata). Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\042893;
29)
CONSTANTINO, Manoel (m. 1614). Ad ill.mum et r.mum principem et d. atque dominum meum Petrum card. Aldobrandinum
patronum colendissimum, in Iacomi Massonii Cesenaten. funus, viri in omni scientiarum genere celeberrimi. Per Emanuelem Constantinum
Lusitanum et sac. theologiae doctorem olim sacri collegij clericum, et in almae Vrbis gymnasio publ. profess. Roma, Niccolò Muzi, 1598. In 4to,
cc. (14). Stemma cardinalizio sul titolo stampato in rosso e nero. Edit 16, CNCE15332 (variante con 8 cc.) e CNCE15334 (varinate con
4 cc.);
30) CAPILUPI, Ippolito (1511-1580)-MANUZIO, Paolo (1512-1574). Ad excellentiss. Iacobum
Boncompagnum Hippolyti Capilupi versus, cum epistola Pauli Manutii. Roma, Giuseppe De Angelis,
1573. In 4to, cc. (6). Aloni. Edit 16, CNCE9133;
31) RUGGERI, Francesco (fl. 1a metà del XVII sec.). De laudibus Urbani Octaui Pont. opt. max.
Francisci Rogerii carmina. Roma, Alessandro Zannetti, 1623. In 4to, cc. (6). Stemma papale sul titolo.
Catalogo unico, IT\ICCU\UM1E\011028;
32) ANGELUCCI, Ignazio (fl. 1a metà del XVII sec.). Ephydriadum tusculanarum chori ad modos
romanos dicti. Cum sub auspicijs illustriss. principis Petri card. Aldobrandini Petrus Cicilianus [Pietro Ciciliano] academicus Parthenius propositas de uniuersa philosophiaq theses defenderet in Collegio Rom. Societ.
Iesu. Roma, Bartolomeo Zanetti, 1613. In 4to, cc. (8, di cui l’ultima bianca). Pagine entro cornice ornamentale. De Backer-Sommervogel, I, 390; Catalogo unico, IT\ICCU\UM1E\011718;
33) CERRI, Antonio (fl. fine del XVI sec.). Ad Clementem VIII Pont. opt. max. Antonii Cerrii carmen.
Rimini, Giovanni Simbeni, 1598. In 4to, cc. (12). Edit 16, CNCE10849;
34) GATTI, Alessandro (fl. fine del XVI sec.). Alexandri Gatti Seminarij patriarchalis Venetiarum
clerici Meditationum libri duo carmine heroico conscripti quorum alter Nativitatis, alter vero Passionis Domini Mysteria complectitur. Venezia, Lucantonio Giunta, 1587. In 4to, cc. 48. Edit 16, CNCE20499;
35)
HORNI, Carlo (fl. 1a metà del XVII sec.). De Ferdinando II. Romanorum imperatore semper Aug. Germanico, Pannonico, Bohemico,
pacis, ac quietis fundatore, sextum imperij annum felicissimè subeunte. Panegyris, siue Elegia Carolo Horno Romano auctore. Roma, Bartolomeo Zanetti, 1625. In 4to, pp. 16, (4, di cui l’ultima bianca). Armi imperiali sul titolo. Contiene sonetti all’autore di Giovanni Battista
Giob. Catalogo unico, IT\ICCU\TO0E\011422;
36)
BUCHAIM, Otto Friedrich von (fl. 1a metà del XVII sec.). Orientis occidentisq. imperium Ferdinandi II. imperatoris auspiciis coniungendum musico vaticinio praesagitum in collegio Romano Societatis Iesu theologicas inter concertationes Ottonis Frider. comitis a Buchaim...
Roma, Francesco Corbelletti, 1627. In folio, pp. 26, (2) con bella antiporta calcografica ripiegata sottoscritta da Christian Sas e da Alessandro Circignani. Manca l’ultima carta bianca. Testo entro bordura xilografica (rifilata). Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\029174;
37)
CESARINI DUCIS, Ferdinando (fl. 1a metà del XVII sec.). Gratulatio Ferdinando Cæsari dicta a Ferdinando Cæsarini Ducis fratre
in Collegio Romano Soci. Iesu. Ronciglione, Ludovico Grignani e Lorenzo Lupis, 1619. In 4to, cc. (7). Manca l’ultima carta bianca. Frontespizio inciso in rame da Matthäus Greuter con ritratto in alto di Ferdinando d’Asburgo. Testo in cornice xilografica. D’Orazi, op. cit., p.
63, nr. 23; Catalogo unico, IT\ICCU\BVEE\031137;
38)
GUIDICCIONI, Lelio (1570-1643). In Tusculanam amoenitatem elegia Laelii Guidiccionii. Roma, Eredi di Bartoloemo Zanetti,
1623. In 8vo, pp. 15, (1 bianca). Catalogo unico, IT\ICCU\SBLE\006985.
€ 7.200,00
la zoologia e gli studi di anatomia comparata nel Regno di Napoli
25) [SERAO, Francesco (1702-1783)]. Opuscoli di fisico argomento I. Descrizione dell’Elefante. II. Saggio di considerazioni anatomiche fatte su d’un Leone. III. Osservazioni sopra un fenomeno occorso nell’aprire un Cinghiale. Napoli, Giuseppe De Bonis,
1766.
In 4to; legatura coeva in piena pelle marmorizzata, dorso a nervi con fregi e titolo in oro su tassello, tagli rossi, risguardi in bella carta colorata,
segnalibro in seta verde; pp. XII, 99, (1 bianca) ed una tavola ripiegata incisa in rame fuori testo. Con una figura in rame nel testo a p. 84. Bianca
la carta H4. Alcune carte cucite fuori posto nel fascicolo M. Ottima copia fresca e marginosa.
PRIMA EDIZIONE (l’edizione del 1746 segnalata in ICCU in realtà non esiste, si tratta solo di un refuso nella data).
«Francesco Serao, naturalista e medico di fama europea, nel 1727 conseguì per concorso la cattedra di medicina teorica all’Università di Napoli,
nel 1732 passò alla cattedra di anatomia, nel 1743 alla seconda cattedra di medicina, e nel 1753 alla prima di medicina. Con gli Opuscoli di fisico
argomento (1766), contribuì allo studio dell’anatomia comparata e della zoologia di mammiferi come l’elefante (utilizzando lo scheletro ancora
oggi conservato in museo), il leone e il cinghiale. Inoltre descrisse l’apparato velenifero, digerente, riproduttivo e della seta del ragno del genere
Lycosa volgarmente chiamato “tarantola”. Egli smentì
con esperimenti mirati, le teorie sugli esagerati effetti
del veleno della tarantola riportate da altri illustri autori, anche contemporanei, dopo averne testato il morso
su cani e gatti: in tal modo egli teorizzò che il “tarantolismo” era, in realtà, una malattia mentale (Della tarantola o sia falangio di Puglia, 1742). Il grande Giambattista
Morgagni lo definì “la gloria della scienza napoletana”,
e Francesco Maria Zannotti “il più grande medico del
mondo”» (N. Maio, Le ricerche zoologiche a Napoli dal
secolo dei lumi all’unità d’Italia, in : “Le scienze nel regno di Napoli”, a cura di R. Mazzola, Roma, 2009 p.
188).
Catalogo unico, IT\ICCU\NAPE\002233; Wood, p.
563.
€ 580,00
l’album di un ciarlatano italiano del Settecento
26) SOLARI, Giovanni Antonio detto GAMBACORTA. Libro del Ciarlatano. (Italia, 1729-1748).
Raccolta di 22 grandi disegni a penna, vivacemente colorati all’epoca, che rappresentano, alla maniera degli ex-voto, altrettanti avvenimenti
infausti (incidenti, malattie, ferimenti, ecc.) capitati a uomini e donne di diversa estrazione sociale e condizione (dall’operaio al nobiluomo), i
quali sono stati felicemente curati grazie al balsamo del Gambacorta.
Ognuno dei fogli è dipinto al recto con una grande pianta medicinale a piena pagina (aloe, aconito, mandragola, genziana, girasole, ecc.), mentre
al verso si trova effigiata la scena dell’incidente o il malato curato dal Gambacorta. In
basso, sotto la scena, in lettere grandi si legge il nome della persona, l’anno della guarigione e la località in cui abita. In un altro spazio della figura si trova invece la dichiarazione olografa del paziente che “certifica” di essere guarito per merito del balsamo del
Gambacorta.
I disegni misurano cm 40x30 circa e sono quanto di più vivace ed espressivo si possa
immaginare. Mostrano scene di per sé molto animate, trattandosi per lo più di incidenti
quali la caduta da un albero o da un ponteggio, il calcio di un mulo o di un cavallo, un
duello per strada, il ferimento ad una mano di un mietitore e di un taglialegna, ecc. Tra
le malattie curate dal nostro ciarlatano figurano ernia, mal di testa, sordità, i vermi in un
lattante, depressione post-parto (chiamata “mal di madre”), ecc. Tutti i casi si collocano
in un arco temporale che va dall’anno 1729 all’anno 1748. I pazienti provengono dalle
più svariate città italiane: Vicenza, Genova, Firenze, Ravenna, Macerata, Ancona, Perugia Loreto, Venezia, Mantova, Torino, Palmanova, Modena, Bologna, L’Aquila, Verona,
Milano, Roma e Parma.
Alle 22 tavole si aggiungono 2 tavole delle stesse dimensioni raffiguranti lo stemma
pontificio e quello della Serenissima, entrambe pure colorate. Questo fa pensare che il
Solari avesse conseguito una licenza per curare e vendere il suo balsamo da entrambe
queste autorità. Dalla metà del Cinquecento risulta infatti che le varie città e stati italiani
richiedessero, tramite i tribunali dei protomedici o i collegi dei fisici e chirurghi, che i
ciarlatani sottomettessero agli organi di cui sopra i loro prodotti affinché fossero esaminati ed approvati.
Il fatto che si tratta in molti casi di incidenti maturati sul lavoro (il muratore che cade da un ponteggio, il mietitore che si taglia una mano, il
maniscalco che viene colpito dal calcio di un cavallo, ecc.), fa di questo album un documento molto interessante anche per la storia della medicina del lavoro.
I 24 fogli complessivi sono contenuti in una cartella di seta con legacci databile alla prima metà del XIX secolo. All’interno del piatto anteriore
si trova un’etichetta coeva che riporta la dicitura: “Paolo Sertori, 49 Vicolo del Pozzo Roma”; sul piatto anteriore le iniziali “P.S.I.” A giudicare
dalle dimensioni del dorso della cartella si può presumere che le tavole all’origine fossero in numero maggiore. Esse erano anche rilegate, mentre
ora sono tutte sciolte.
Strappi restaurati alle due carte con gli stemmi con minimo danno all’immagine, piccolo foro sul blasone di Venezia con perdita, macchia di grasso all’angolo delle medesime carte che sono anche un po’ sporche, piccola macchia d’inchiostro all’angolo inferiore di due tavole, qualche leggero alone marginale, ma nel complesso ottimo e genuino stato di
conservazione, soprattutto se si
considera la natura pratica e la
delicatezza dell’oggetto.
Il Solari non risulta censito nel
database dei ciarlatani (cfr. D.
Gentilcore, Italian Charlatans
Database, 1550-1800 [computer file]. Colchester, Essex:
UK Data Archive [distributor], March 2008. SN: 5800,
http://dx.doi.org/10.5255/UKDA-SN-5800-1).
P.a.R.
vasto repertorio per predicatori
27) SORMANI, Giammaria (fl. metà del XVIII sec.). L’Ambrogiano Pastore, cioè ragionamenti e selve di cose predicabili sopra i
Vangeli domenicali secondo il rito della Santa Chiesa milanese. Aggiunta alla fine la concordanza coi Vangeli del rito comune. Milano, Pietro Francesco Malatesta e Giuseppe Mazzucchelli, 1744-1758.
CINQUE VOLUMI in 4to; pergamena originale. Ampio indice generale nel IV volume. Nel III volume manca il tassello, altrimenti ottima
copia, completa di tutti e cinque i volumi di difficile reperibilità.
Opera diretta in particolare ai parroci e ai predicatori, costituisce una sorta di
repertorio di argomenti atti alla predicazione. Dedicata al Card. Pozzobonelli.
Catalogo unico, IT\ICCU\TO0E\033711.
€ 280,00
la prima edizione del più diffuso libro italiano di agronomia del Sei-Settecento
28) TANARA, Vincenzo (1600-1669 ca.). L’economia del cittadino in villa di Vincenzo Tanara. Libri VII. Intitolati. Il Pane, e’l
Vino. Le Viti, e l’Api. Il Cortile. L’Horto. Il Giardino. La Terra. La Luna, e’l Sole. Ove con erudita varietà si rappresenta, per mezo
dell’Agricoltura, una Vita civile, e con isparmio. Bologna, (Giacomo Monti), 1644.
In 4to; pergamena rigida di poco posteriore, dorso a nervetti con titolo manoscritto, tagli marmorizzati (lieve macchia sul piatto posteriore); pp.
(8), 594, (2). Grande vignetta in rame al titolo (Il Coriolano f.). Con inoltre numerose figure e diagrammi in legno stampati nel testo o lungo il
margine. Qualche lieve alone, rinforzo nel margine interno del titolo e della seconda carta, restauro al margine esterno delle prime cinque carte
ben lontano dal testo, piccola macchia tonda alle pp. 97 e 223, mancanza all’angolo esterno
di p. 297 senza danno, ma nel complesso copia più che buona puntualmente annotata da una
mano coeva.
RARA EDIZIONE ORIGINALE del più importante e più diffuso libro italiano di agronomia
del Sei-Settecento, che andò incontro ad un impressionante numero di ristampe.
«Vincenzo Tanara è bolognese, prima di scrivere di agricoltura è stato bibliotecario del cardinale
Francesco Sforza: il tipo di gestione famigliare cui destina i propri progetti non è perciò quello
del piccolo possidente di campagna, ma quello della grande famiglia patrizia, o la “corte” del
prelato che riveste, nel capoluogo pontificio, responsabilità pubbliche […] I temi svolti nell’opera non sono solo temi agricoli: la famiglia patrizia bolognese alterna ai mesi in città una permanenza più o meno lunga in villa, e Tanara, che suggerisce che quella permanenza si protragga
più a lungo possibile, per l’economia che essa consente e per la salute fisica e spirituale che assicura, si premura di offrire tutti quegli insegnamenti, di conduzione famigliare, ma, soprattutto,
di gestione della dispensa e della cucina, che possono rendere il soggiorno in campagna più
attraente e piacevole […] [L’opera è] tutta imperniata sul sereno occuparsi dei propri negozi, e
sull’assidua dedizione ai piaceri della buona tavola, finalità suprema cui viene destinato quanto
di meglio producono i campi, le stalle, i pollai, il vigneto, le alberate e lo stagno […] Più ricca
e originale di quella delle pratiche agronomiche è, nell’opera di Tanara, la trattazione dei temi
che possiamo definire di “industria agraria” o, addirittura, di “industria alimentare”: le tecniche
di preparazione dei salumi e delle conserve, del vino e della birra sono descritte con una chiarezza che denuncia una lunga esperienza e l’attenta osservazione dell’autore. In tema di vinifi-
cazione, le pratiche suggerite dall’agronomo bolognese ricordano da vicino quelle delle Vinti Giornate: unica differenza di rilievo il fatto che l’uva
più comune risulta già, nella Bologna del ‘600, quella bianca (l’Albana)» (A. Saltini, Storia delle scienze agrarie, Bologna, 1979, pp. 141-144).
Tanara offre i suoi insegnamenti di conduzione famigliare e di gestione della dispensa e della cucina, fondamentali per allietare il soggiorno in
campagna. I piaceri della buona tavola sono infatti per lui lo scopo ultimo e supremo cui viene destinato quanto di meglio producono i campi,
le stalle, i pollai, il vigneto, gli alberi e lo stagno.
Oltre alle pratiche agronomiche, di grande interesse sono nel trattato gli aspetti legati alle attività alimentari, come le tecniche di preparazione
dei salumi e delle conserve, del vino e della birra. Nel libro settimo, dove l’autore distribuisce mese per mese i lavori da compiersi nel campo, nel
cortile e nell’orto, egli assegna ugualmente a ciascun mese un menù differente, realizzato con i prodotti più diffusi in quella data stagione. Dei
dodici menù descritti, tutti di ampiezza ed abbondanza incredibili, ben otto furono «praticati», ossia preparati per banchetti realmente tenuti da
patrizi bolognesi nelle loro ville in occasione di particolari feste o ricorrenze.
A. Ceresoli, Bibliografia delle opere italiane latine e greche su la caccia, la pesca e la cinologia, Bologna, 1969, p. 507; Lord Westbury, Handlist of
Italian Cookery Books, Firenze, 1963, p. 211; V. Niccoli, Saggio storico e bibliografico dell’agricoltura italiana, Torino, 1902,
p. 77; Catalogo unico, IT\ICCU\MILE\000666; S.P. Michel,
Repertoire des ouvrages imprimés en langue italienne au XVIIe
siècle conservés dans les bibliothèques de France, Paris, 1984,
VIII, p. 15.
€ 2.200,00
illustrazioni satiriche
29) TASSONI, Alessandro (1565-1635). La secchia rapita, poema eroicomico di Alessandro Tassoni, colle dichiarazioni di Gaspare Salviani romano, e le annotazioni del dottor Pellegrino Rossi modenese, rivedute, e ampliate. Venezia, Giuseppe Bettinelli, 1747.
In 8vo (cm 17x11); legatura coeva in piena pelle marrone, dorso a sei comparti con fregi in oro e tassello con titolo in oro, sguardie in carta colorata con motivo “a pettine”, tagli rossi (manca la sguardia libera posteriore, restauri al piatto posteriore causati da due segni di tarlo superficiali
e consolidati); pp. (16), LVI, 495, (1 bianca) con antiporta, ritratto del Tassoni e 12 tavole a piena pagina incise in rame da G. Filosi su disegni
di Menescardi. Titolo stampato in rosso e nero. Da p. 490 a p. 495 Catalogo dei libri in vendita presso Bettinelli. Angolo superiore esterno delle
prime 10 carte e ultime 5 lievemente smussato, alone di umidità nella parte alta delle ultime 10/12 pagine che si attenua fino a scomparire, ma
nel complesso copia più che buona e del tutto genuina.
TERZA EDIZIONE del Bettinelli, che ripete il testo e il paratesto di quella del 1739 e l’apparato iconografico della riemissione del 1742.
Alla fine degli anni Trenta del Settecento, avendo saputo dell’intenzione del tipografo modenese Soliani di dare alle stampe
un’edizione commentata ed illustrata della Secchia rapita, affidandone le cure editoriali al letterato ferrarese G.A. Barotti,
Pellegrino Rossi (m. 1776) si fece avanti per ottenere il lavoro e
decise di pubblicare in tutta fretta, com’egli stesso ammise, delle Annotazioni all’opera per dimostrare la propria competenza
in materia, derivante, a suo avviso, anche dal fatto di essere
modenese e quindi di conoscere meglio di altri i luoghi in cui
il poema tassiano è ambientato. Le Annotazioni apparvero a
Piacenza nel 1738 e furono seguite a breve distanza di tempo
da un breve scritto, apparso anonimo, intitolato Errata-corrige per le Annotazioni del dottore Pellegrino Rossi. Questo testo,
che contiene varie correzioni alle Annotazioni, è di controversa
paternità. Attribuito da alcuni a Domenico Vandelli (16911754), da altri al canonico Luccarelli, pare ormai sicuro che fu
scritto da Giovanni Andrea Barotti.
Le Annotazioni del Rossi, scartate dal Soliani, furono utilizzate da Giuseppe Bettinelli per la sua edizione veneziana della Secchia, uscita nel 1739
e poi ristampata nel 1747 e nel 1763.
L’edizione Bettinelli suscitò molte polemiche, nel corso delle quali furono messi nuovamente in luce gli errori e le manchevolezze del commento
del Rossi. Nell’ambito di questa polemica Barotti pubblicò la Querela, in cui il Rossi è duramente attaccato e il Bettinelli è accusato di aver rubato al Soliani l’idea dell’edizione annotata. L’edizione critica Soliani della Secchia, curata dal Barotti, apparve solo nel 1743-1744 (cfr. D.B.I.,
VI, p. 486).
L’apparato iconografico di questa edizione restituisce con la sua vivacità tutta l’ironia e il sarcasmo del testo poetico.
Catalogo unico, IT\ICCU\PUVE\007736; A. Scannapieco, Per un catalogo dei libri di Giuseppe Bettinelli, in: “Problemi di critica goldoniana”,
Ravenna, 1994, p. 122. € 560,00
il primo trattato sui colori
30) TELESIO, Antonio (1482-ca. 1534). Antonii Thylesii Cosentini Libellus de coloribus. Vbi multa leguntur praeter aliorum
opinionem. In fine: Venezia, Bernardino Vitali, giugno 1528.
In 4to; cartoncino moderno (conservato dentro un bel astuccio di cartone ricoperto di carta marmorizzata); cc. (15). Manca l’ultima carta bianca. Ottima copia.
RARA PRIMA EDIZIONE di quello che è unanimemente considerato come il primo trattato lessicografico sui colori, nel quale, benché non
si prenda in considerazione direttamente l’utilizzo del colore da parte dei pittori e degli artigiani, vengono menzionati vari pigmenti utilizzati
all’epoca nelle botteghe artistiche.
«Era tradizione che la trattazione dei colori esordisse con il bianco, allorché ci fu chi innovando
prese l’avvio dal caeruleus, “giacché se la Natura stessa non vi trovasse il più alto godimento, non
ne avrebbe mai fatto la dimora degli dei” (“Exordiar primum a caeruleo, quo nisi natura ipsa gauderet, nunquam profecto deorum hoc domicilium, continuo circumcomplexu cuncta coercens,
specie tam laeta exhilarasset”). Le parole sono tratte dal De coloribus di Antonio Telesio. Un’opera
davvero insospettabilmente fortunata - si pensi alla presenza di questo testo fra i Materialien zur
Geschichte der Farbenlehre goethiani - e che già ai contemporanei riuscì frutto di erudizione non
ordinaria, così come parve a Paolo Giovio che definiva il De coloribus opera assai grata per la novità
della materia trattata» (A. Ottaviani, Da Antonio Telesio a Marco Aurelio Severino: fra storia naturale
e antiquaria, in: “Bruniana & Campanelliana”, XVI, 2010, 1, p. 139).
Il trattatello si divide in 13 sezioni, dodici delle quali trattano dei nomi dei colori. Nel capitolo
finale, che funge da epilogo, l’autore tira le conclusioni della sua operetta. Scopo principale del
Telesio, che si rivolge ai filologi classici, più che agli artisti, è quello di definire una precisa nomenclatura dei colori per permettere una corretta interpretazione dei testi classici e per porre fine a
tutte le incertezze che sui nomi dei colori si erano create nei secoli precedenti.
Oltre ai dodici colori principali, che sono coeruleus (blu vivo e profondo), caesius (grigio), ater
(nero), albus (bianco), pullus (bruno), ferrugineus (rugginoso), rufus (vermiglio), ruber (rosso), roseus (rosa), puniceus (cremisi), fulvus (giallo) e viridis (verde), nell’Index iniziale sono elencati altri
115 nomi di colori, facendo di questo trattatello il più esteso repertorio terminologico del tempo
sui colori. Questa classificazione, molto inusuale per i tempi, può essere stata senz’altro influenzata dalla paletta cromatica di un qualche artista,
forse dallo stesso Tiziano, che Telesio potrebbe aver incontrato a Venezia nei mesi precedenti la pubblicazione del trattatello.
Nelle conclusioni finali l’autore tratta dei colori variegati (discolor) come il pelo di un cavallo; discute di come i poeti spesso scambino i colori
per ottenere particolari effetti lirici; sottolinea come la contrapposizione nero/bianco caratterizzi il nostro modo di pensare e nasca dal contrasto
dell’inchiostro nero sul bianco della pagina; denota l’esistenza di colori cangianti (versicolor) come l’arcobaleno, il mare, gli occhi di alcune persone, il collo dei piccioni, ecc.; divide i colori in due gruppi, i cosidetti fioriti (floridos), come il vermiglio, il porpora, l’azzurro, l’indigo e il verde
smeraldo, e i cosidetti austeri, ma distingue anche tra colori soavi (suaves), che hanno un fascino particolare per le persone come il giallo oro, il
bianco brillante e il rosa, e colori sgradevoli (sordidi), percepiti come tristi e lugubri, quali il nero, il ruggine e il blu scuro; passa infine in rassegna
l’origine lessicale dei nomi dei colori, distinguendo tra quelli che prendono il loro nome dal luogo di origine (come il rosso di Cartagine), da un
metallo (grigio piombo), da una pianta (giallo limone), da un animale (grigio topo) o da diversi elementi combinati; da ciò ne trae la conclusione
che la natura ami i colori e cerca di stabilire una gerarchia che parte dal cielo per andare verso le
creature più umili, dal blu e giallo del cielo e delle stelle fino al marrone della terra e al rosso del
sangue.
Il De coloribus ebbe grande fortuna non solo nel corso del Cinquecento, dove venne più volte
ristampato e plagiato (si contano almeno 10 edizioni parigine e 5 basileesi), ma anche nei secoli
successivi fino a Goethe, che lo prese in considerazione nelle sue ricerche sui colori. In sostanza
ha rappresentato un punto di partenza fondamentale nello studio lessicografico dei colori per
tutti coloro che si sono occupati fino ad oggi di questa materia (cfr. A. Telesio de Cosenza, Petit
traité des couleurs latines (De coloribus libellus), a cura di M. Indergand e Ch. Viglino, Paris, 2010,
passim).
Antonio Telesio nasce a Cosenza nel 1482 da Berardino Telesio, nonno del celebre filosofo Bernardino. Poco si sa della sua prima formazione, ma è probabile che si sia avvicinato agli studi
umanistici grazie alla presenza in quegl’anni sul territorio cosentino di maestri illustri nelle lettere
greche e latine, quali Tideo Acciarino Piceno e Crasso Pedacio.
Nel 1517 Telesio si trasferì a Milano, dove rimase verosimilmente fino al 1521, quando Prospero Colonna, alleato di Carlo V, cacciò dal capoluogo lombardo il governatore francese Odet de
Foix. Nel 1519 diede alle stampe una Oratio in funere Ioh. Iacobi Trivultii (Milano, Agostino da
Vimercato). In quegli anni si mantiene insegnando greco e latino. Tra i suoi allievi, oltre al nipote
Bernardino, figurano anche i nomi di Gian Giacomo Ammiano e Rodolfo Collino.
Nel 1523 troviamo Antonio, insieme al nipote Bernardino, a Roma, dove il primo pubblica un’Epistola ad Alexandrum Cacciam Florentinum ob
Clementis VII. Pontificatum Maximum (Roma, F. Minizio Calvo) e ricopre la cattedra di eloquenza che era stata del concittadino Aulo Giano
Parrasio. Nella capitale pontificia Antonio frequentò l’ambiente della corte pontificia di Clemente VII e conobbe intellettuali e prelati del calibro di Paolo Giovio, Tommaso De Vio, Gian Matteo Giberti e Marcello Cervini Per lo stampatore apostolico Francesco Minizio Calvo, Telesio
pubblicò i Poemata (1524), il De Coronis (1525) e l’opuscolo In Odas Horatii Flacci Auspicia ad Juventutem Romanam (1527). Nel 1526, in occasione delle nozze tra Scipione Capece e Giunia Caracciolo, diede poi alle stampe a Napoli l’Epithalamium in Nuptias Scipionis Capycii & Iuniae
Caracciolae.
Nel maggio 1527, durante il Sacco di Roma, Telesio riuscì a riparare a Venezia, seguito verosimilmente dal giovane Bernardino. A Venezia, ottenne l’incarico di professore di latino presso il Consiglio dei Dieci. È durante questo soggiorno che Bernardino Vitali pubblicò il De coloribus
libellus e l’Imber Aureus, considerato uno dei drammi mitologici più riusciti del Rinascimento.
Nel 1529 Telesio s’imbarcò per fare ritorno in Calabria. Le circostanze avventurose relative al rientro (l’imbarcazione che lo trasportava rischiò
di naufragare all’altezza del canale di Otranto) sono narrate in una lettera di Telesio all’amico Benedetto Ramberti, datata 25 novembre 1529.
Tra il 1530 e il 1531 ebbe inizio il soggiorno napoletano di Telesio. Nel frattempo, nel 1531, muore il fratello di Antonio Telesio, Giovan Battista, padre di Bernardino. A Napoli, dove rimase fino al 1533, Antonio soggiornò presso la villa Leucopetra di proprietà dei fratelli Martirano,
nella quale era anche presente una scuola per l’istruzione dei giovani figli dell’aristocrazia napoletana. La morte del Telesio è collocabile tre il 1533
e il 1534 (cfr. A. Pagano, Antonio Telesio, Nicotera, 1935, passim).
Edit 16, CNCE37986; Bernardino Telesio e l’idea di natura “iuxta propria principia”. Mostra bibliografica, documentaria e iconografica, Roma, 1981
p. 34, nr. 8. € 5.500,00
il parafulmine della Specola di Padova
31) TOALDO, Giuseppe (1719-1797). Dell’uso de’ conduttori metallici a preservazione degli edifizii contro de’ fulmini… Colla
descrizione del Conduttore della Pubblica Specola di Padova. Con una lettera del Sig. Franklin. Venezia, Antonio Zatta, 1774.
In 4to grande; cartoncino originale alla rustica; pp. XXXII con antiporta in rame che mostra la torre della Specola e il parafulmine (incisa da G.
Zuliani su disegno di F. Castellani). Grande vignetta allegorica sul titolo, testata e iniziale incisi in rame da Zuliani. Ottima copia a pieni margini.
PRIMA EDIZIONE. Quello della Specola di Padova fu il primo parafulmine installato su un edificio pubblico nella Repubblica veneta.
Quest’opera offre diversi motivi di interesse: l’erezione stessa del parafulmine avvenne con la consulenza di Horace de Saussure di passaggio a
Padova; il parafulmine fu posto sulla Torlonga, un edificio medievale che nel 1761 il Senato veneto destinò ad osservatorio astronomico sotto la
direzione del Toaldo stesso; la lettera di Franklin che occupa le pp. 30-31; infine la veste tipografica con le illustrazioni che ne fanno di diritto
un bel “figurato veneto”.
Toaldo tornò anche successivamente ad occuparsi di conduttori, in particolare del parafulmine posto sul campanile di S.
Marco (Venezia, 1774) e pubblicando nel 1778 delle memorie
sull’argomento (cfr. G. Toaldo, Dei conduttori per preservare gli
edifizj da’ fulmini, a cura di S. Casati, Firenze, 2001).
«When he became involved in the lightning rod campaign,
Toaldo was professor of ‘Astronomy, Geography and Meteors’
at the University of Padua. In the long list of objections and
replies that made up his Of the Use of Conductors: New Apology
(1774), he argued that costs could be consistently reduced if
decorations were left out and, in any case, no expense could
be regarded as excessively dear for the safety of the people.
He advocated the necessity of lightning conductors to protect
public buildings such as theatres, and reminded his readers
that a conductor would cost twenty or thirty scudi, which,
compared to the hundreds of thousands of scudi required to
build a theatre, was as inexpensive as it could be… Padua,
just like Siena, Toaldo argued, was particularly exposed to lightning. Its towers were notoriously favorite targets for bolts of lightning; therefore
conductors were highly recommended. In the course of the 1770s, when he looked after the construction of a new, well-equipped observatory
for the University of Padua, Toaldo designed a lightning rod to be affixed on top of the tower. The new observatory was completed thanks to the
pressures that the professors of the university exerted on the Venetian Senate. The university where Galileo once taught was in visible decline,
and the new observatory, to become the most modern south of the Alps, was presented by Toaldo as the essential step toward the renovation of
the university… The lightning rod on the observatory tower was the first of many others that Toaldo would design. Wealthy individuals asked
him to design lightning rods for their own palaces and, given the number of people who died struck by lightning every year, the senators of the
Republic became sensitive to Toaldo’s appeal to public safety… For those who could not go to Padua and see with their own eyes, Toaldo’s Of
the Use of Conductors: New Apology offered a detailed description of the lightning rod on top of the observatory, together with some notions on
the electric nature of lightning… The government responded sympathetically to his [Toaldo’s] activity. On May 9, 1778, the Venetian Senate
ordered that lightning rods should be affixed on all the powder magazines of the Republic, and eight years later, in 1786, it extended the order
to all bell towers». (P. Bertucci, Enlightening Towers Public Opinion, Local Authorities, and the Reformation of Meteorology in Eighteenth Century
Italy, in: “Transactions of the American Philosophical Society”, new series, vol. 99, no. 5, “Playing with Fire: Histories of the Lightning Rod”,
2009, pp. 35-39).
Catalogo unico, IT\ICCU\UBOE\005233.
€ 850,00
la galera “Capitana Pontificia”
32) TRATTATO concernente la manovra, e servizio e approvisionamento d’una Galera. Roma, 1 gennaio 1787.
Manoscritto cartaceo (mm. 275x190); cartonato coevo o di poco posteriore ricoperto di carta colorata; cc. (17), di cui la prima e le ultime 3 bianche, e un disegno acquerellato più volte ripiegato (mm 350x480) raffigurante la galera “Capitana Pontificia”. Elegante e chiara scrittura corsiva
in inchiostro nero riconducibile ad una sola mano. Non è stato possibile identificare con certezza la filigrana (un uccello ad ali spiegate sopra una
triplice montagnola con le iniziali F e M). Due minimi strappetti lungo le piegatura della tavola, ma ottimamente conservato.
INTERESSANTE E APPARENTEMENTE INEDITO MANOSCRITTO tecnico che descrive in dettaglio una galera pontificia, prendendo
come riferimento la galera chiamata “Capitana Pontificia”, fiore all’occhiello della marina pontificia, la quale aveva combattuto nel 1571 durante
la celebre battaglia di Lepanto. Una nota riporta che
tutte le misure fornite nel breve resoconto si riferiscono
a detta nave, più grande rispetto a tutte le altre galere,
per le quali quindi dovranno tenersi in conto le dovute
proporzioni. Un’altra nota, in calce al capitolo finale,
specifica inoltre che per il maneggio delle armi descritto
è da intendersi quello in uso a Civitavecchia nel 1786.
Il trattatello comprende in tutto 14 capitoli nei quali
si forniscono dettagliate informazioni sulle dimensioni della nave, le vele, il cordame, l’equipaggiamento, le
pulegge in bronzo, le munizioni, le disposizioni in caso
di battaglia, i membri dell’equipaggio con le rispettive
paghe mensili, il costo dell’armamento e le operazioni
di maneggio delle armi.
€ 3.900,00
esemplare completo di tutte le tavole
33) VEDRIANI, Lodovico (ca. 1601-1670). Historia dell’antichissima città di Modona. Modena, Bartolomeo Soliani, 16661667.
Due volumi in 4to; pergamena rigida coeva, tasselli con titolo in oro al dorso, tagli marmorizzati; vol. I: antiporta allegorica in calcografia (F.
Curti), ritratto dell’autore inciso in rame da L. Tinto e pp. 542, (2); vol. II: pp. 744 con una tavola ripiegata fuori testo (posta tra le pp. 136 e
137, raffigura il carroccio da guerra dei Modenesi) e due ritratti calcografici nel testo (rispettivamente a p. 200 e p. 235), che raffigurano una
certa Antonia modenese, madre di quarantadue figli (molti dei quali nati da parti plurigemellari), e Alda Rangone, figlia del marchese Tobia.
Frontespizi entro cornice xilografica con vignette al centro, testate, finalini ed iniziali ornate. Inoltre varie iscrizioni epigrafiche e simboli nel testo. Piccola mancanza all’angolo esterno
di una carta con minima perdita della nota marginale, lieve
mancanza all’angolo superiore esterno della tavola del carroccio (questa volta senza alcun danno), titolo del primo volume
lievemente arrossato e con un leggero alone al centro, qualche
insignificante alone marginale su poche carte, ma nel complesso ottima copia molto fresca e genuina.
PRIMA EDIZIONE, rara a trovarsi completa di tutte le tavole, di questa importante storia della città di Modena. Insieme
alla Cronaca rimasta inedita di Gian Battista Spaccini, l’Historia del Vedriani rappresenta una delle fonti più significative
per ricostruire le vicende storiche della città emiliana.
Ludovico Vedriani, sacerdote della Congregazione di San Carlo, studiò teologia a Ferrara, laureandosi nel 1640. La tradizione popolare vuole che nei primi anni della sua vita svolgesse
il mestiere di fabbro. Dopo la laurea, oltre ad espletare i suoi
doveri di ministro, si dedicò anima e corpo a raccogliere fonti
e a studiare la storia di Modena e dei suoi uomini più illustri.
Come frutto di queste ricerche, oltre alla presente Historia,
egli pubblicò numerose opere ancora oggi fondamentali (cfr. G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, Modena, 1784, pp. 360-362).
Michel, VIII, p. 99; Catalogo unico, IT\ICCU\VEAE\006976; Libreria Vinciana, nr. 868.
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Gentili Studiosi, Bibliotecari, Librai e Bibliofili,
il nuovo volume
Axel Erdmann, Alberto & Fabrizio Govi
ARS EPISTOLICA. Communication in Sixteenth Century Western Europe: Epistolaries, Letter-writing Manuals and Model Letter Books 1501-1600, with an introduction by Judith Rice Henderson, (Lucerne, 2014)
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