Il mistero della Fede - Associazione Romana Proprietà Edilizia

In caso di mancato recapito rinviare a: ufficio poste Roma (Romanina) per la restituzione al mittente previo addebito “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma
FEDERPROPRIETÀ-ARPE
Mensile della
Costituita ed operante dal 1944
Novembre 2014 • n° 11
Il mistero della Fede
SOMMARIO Novembre 2014
06
4 ■
Editoriale
Monti, Letta, Renzi, LA CASA è un bancomat
6■
Gli italiani firmano contro le tasse
In piazza contro la patrimoniale sulla casa
10■ Diventa legge il decreto sblocca-italia
Buoni propositi ma norme contraddittorie
di Marcello Cruciani
13■ Banche promosse e bocciate
Il “buco” del Monte dei Paschi
di Sergio Menicucci
14 ■Urbanistica
Mobilità e pianificazione dei nodi urbani
di Roberto Marraffa
26
16 ■ Sesto anno di crisi in Italia
Poveri, disoccupati e tartassati
18 ■ Insediata la commissione
Juncker-Katainen-Moscovici
Roma e Parigi nel mirino di Bruxelles
di Ludovica Amisano
20 ■ Dati censuari
Pubblicate le statistiche catastali
di Gianni Guerrieri
38
23 ■ Il testo del d.d.l.
La legge di stabilità 2015
di Alessandro Caneba
25 ■ IL PUNTO
Il Sindaco dimezzato
26 ■ Urbanistica
Note sul restauro di Via Giulia
di Pietro Samperi
48
28 ■ Commedia dell'assurdo al Costanzi
Un'Opera da tre soldi
di Gianluigi Indri
32 ■ Intervista al direttore generale dell’Ama
Fiscon: “Avanti tutta con la raccolta differenziata”
di Sandro Forte
35 ■ Il futuro incerto del Collegio Nazareno
La più antica scuola di Roma
a un passo dalla chiusura
di Omar Ebrahime
36 ■Ambiente
Bisogna approfittare dei bonus energetici
di Giuseppe Sappa
38 ■ Decreto Sblocca-Italia
Risorse idriche e dissesto idrogeologico
di Gabriele Troilo
40 ■GIURISPRUDENZA
di Mauro Mascarucci
41 ■Fisco
Le tasse sulla casa dopo separazione o divorzio
di Salvatore Albanese
42 ■ Eque riparazioni contro l’irragionevole
durata del processo
Il risarcimento spetta ai singoli condomini
di Mauro Mascarucci
44 ■ Importante novità per il mercato immobiliare
Il “rent to buy” finalmente entra
nel nostro ordinamento
di Alberto Celeste
46■ SCADENZARIO
48 ■ Mostra retrospettiva
Al Vittoriano la plasticità dinamica di Mario Sironi
di Luigi Tallarico
50 ■ TABELLE ISTAT
PETER EISENMAN “Piranesi Prix de Rome” alla carriera
- RISTRUTTURAZIONE
E NOLEGGIO
pag 05
pag 08
- PRONTO INTERVENTO
E VIDEOISPEZIONE
pag 22
- ASCENSORI
pag 30
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«Peter Eisenman è la figura di architetto e teorico che maggiormente ha elaborato sia in chiave concettuale, sia in chiave progettuale e realizzativa il tema della crisi dei saperi
tradizionali basati sui paradigmi della modernità. Se da una
parte ne ha annunciato la crisi, contestuale a quella dei grandi sistemi narrativi, dall’altra ne ha proposto una nuova ricapitolazione attraverso l’implementazione di nuove chiavi di
formalizzazione e nuove “tecnologie” performative per il
progetto. Eisenman ha instaurato un intenso rapporto con
l’architettura classica, originato dall’incontro con gli architetti italiani del Rinascimento, Andrea Palladio o Jacopo
Barozzi da Vignola tra gli altri e della modernità, in particolare Giuseppe Terragni. Il Piranesi Prix de Rome alla carriera è assegnato a Peter Eisenman, guardando essenzialmente alla sua opera teorica, con particolare riferimento al concetto di “archeologia”, intesa come tecnica progettuale ba-
sata sulla stratificazione e ancora, con riferimento al recente
studio dedicato a Giovanni Battista Piranesi e al Campo
Marzio dell’Antica Roma, qui parzialmente esibito», con
questa motivazione l’architetto newyorkese, a cui abbiamo
dedicato la foto di copertina del n. 12/2007, ha ricevuto alla
Casa dell’Architettura, presso l’Acquario Romano l Piranesi
Prix de Rome come riconoscimento alla carriera.
C’è da aggiungere che Eisenman ha attivato l’adesione al
mondo archeologico-immaginario di Piranesi con l’opera
The Piranesi Variations in cui vengono combinate in modo
estremamente efficace didattica e ricerca. L’impatto che egli
ebbe sulle generazioni dei suoi studenti negli anni Novanta
fu non solo impressionante ma anche simile a quello che il
Campo Marzio dell’Antica Roma di Piranesi ebbe nel Settecento per gli architetti e studiosi di architettura.
r. m.
In copertina: Peter Eisenman, Social Housing IBA presso Checkpoint Charlie (Berlino, 1981-1985)
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la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
Impresa di Dicembre: ELISEO VACCA
e
e
ditoriale
R
enzi ripete la manovra fiscale che fu varata dall’al- ponente manifestazione di S. Giovanni con la CGIL.
gido Monti e poi da Letta. Il Presidente del ConAll’interno del P.D. il clima è teso dalle tante polemiche
siglio a corto di idee e in presenza di una finan- interne, dallo Jobs Act alla legge di stabilità (Bilancio). In
ziaria “taroccata” nelle entrate, come denuncia questa, a parole, si parla di una manovra “espansiva” ma anBruxelles, non trova di meglio che aumentare la tassazione, che, di meno tasse. In realtà il governo da una parte prometgià insopportabile, sul ceto-medio.
te di toglierle, ma dall’altra aumenta la tassazione con nuovi
Vengono penalizzati in prima linea i cittadini che vivo- balzelli. La conferma arriva con l’aumento del costo della
no nella abitazione propria dalla quale non ricavano nessun benzina e delle sigarette, dell’IRPEF e dell’IRAP. Non ci
reddito mentre il fisco arbitrariamente lo pretende (una pa- sarà per i pensionati la rivalutazione dei contributi versati e
trimoniale). La giustificazione è quella di una sinistra che per i proprietari di casa e per i loro inquilini, dopo il salasso
resta classista e predica: “tassare i patrimoni immobiliari (ma del 16 ottobre, sta arrivando per il 16 dicembre il pesante
non fa questo Renzi?) perché finora i proprietari hanno pagato conto del saldo della TASI.
meno di altre categorie” sottacendo la pluralità delle tasse e
Imponenti imposte che vengono sperperate da una disdei balzelli che già gravano sulla casa in forma insostenibi- sennata incapacità a gestire la cosa pubblica mentre potreble. Eppure Renzi, come Tremonti, ha fatto riferimento al ri- bero essere utilizzate per dar vita ad una seria politica della
sparmio privato investito in immobili a garanzia del nostro casa. Sono di questi giorni gli episodi di edifici pubblici che
debito pubblico.
vengono lasciati in balia dell’occupazione abusiva, spesSecondo recenti calcoli le varie imposte, gabelle, contri- so gestita dal racket e dalle organizzazioni criminali che
buti obbligatori, etc. la mano pubblica riesce, nell’arco del speculano sul dramma dei senzatetto e sulle lungaggini (a
ciclo vitale di una casa
volte nelle irregolarità)
media (poco più di quanella assegnazione delle
ranta anni) ad impossescase popolari. Il tutto si
sarsi di gran parte del suo
trasforma in una lotta tra
valore!
poveri. Anche questo è il
Parliamo anche del
dramma del Paese pergoverno dei ragazzi della
ché dai tempi dei tempi
via Pal. Il Presidente del
(Tupini, Fanfani) non vi
Consiglio, che è anche seè stata una vera politica
di Massimo Anderson,
gretario del P.D., invade
sulla casa per le fasce detutte le TV (pubbliche e
Presidente Nazionale di FEDERPROPRIETÀ boli.
private) nel tentativo di
Un' assenza tanto più
far passare i suoi messaggi e le sue valutazioni, ricorrendo ai grave quanto più pressante appare la necessità di risponmetodi del più spinto marketing.
dere tempestivamente, con interventi adeguati e politiche
La strategia dei mille giorni e lo slogan del “passo dopo innovative (case a riscatto), ai nuovi bisogni di lavoratori,
passo” annunciato da Renzi si sta scontrando con una real- giovani coppie, anziani, studenti, immigrati (in regola).
tà economica e politica caotica. Oggi in Italia i fatti dimo- Senza provvedimenti strutturali le tensioni abitative e sostrano che la realtà è più amara del previsto: aumentano le ciali, come testimoniano i recenti fatti di cronaca, non postasse, diminuiscono gli investimenti, le fabbriche e le ditte sono non aggravarsi, anche di fronte a possibili strumentachiudono e i lavoratori dipendenti scendono in piazza. Qua- lizzazioni.
si 6 milioni di pensionati “vivono” con meno di mille euro al
Per questi motivi FEDERPROPRIETA’ chiede al Presimese, la metà delle famiglie italiane è alle prese con figli e dente del Consiglio l’abolizione della tassa sulla prima casa
parenti senza lavoro. E’ evidente e concreta la tensione so- per chi l’abita (migliaia e migliaia di italiani hanno sottociale. Lo dice l’ISTAT che ha fotografato una realtà ama- scritto la nostra richiesta). FEDERPROPRIETA’ (con il
ra: oltre 17 milioni di italiani sono a rischio povertà; al Sud Coordinamento) chiede un aumento dei benefici fiscali per
crolla tutto ed è ripresa l’emigrazione dei giovani e non.
chi aderisce ai contratti agevolati (estendendoli a tutto il
Il programma riformatore resta una semplice afferma- territorio nazionale). In questo contesto in cui si avverte il
zione retorica.
problema dell’emergenza abitativa è indispensabile rilanLa gente è delusa e frastornata anche perché il consenso ciare il ruolo dell’edilizia residenziale pubblica e privata
del 40 per cento dato a Renzi alle elezioni europee di mag- non con le parole e le elemosine. Al contrario non vi è nulla
gio era stato il prodotto della novità e della speranza. Ora il di tutto questo nella legge di stabilità.
P.D. si è diviso profondamente: una parte ha celebrato i suoi
Per Monti, Letta, Renzi la casa è diventata un bancomat
riti alla Leopolda e un’altra parte ha trovato sfogo nella im- per pagare gli errori della politica.
Monti, Letta, Renzi,
LA CASA
è un bancomat
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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Gli italiani firmano
contro le tasse
I commenti dei cittadini che si sono avvicinati ai banchetti di ARPEFEDERPROPRIETÀ. Dichiarazione del presidente Massimo
Anderson
S
ono stati migliaia gli italiani
che hanno raccolto l’appello di ARPE-FEDERPROPRIETÀ e sono andati in
massa a firmare ai banchetti organizzati per tre settimane consecutive (27 settembre, 4 e 11 ottobre)
in nove piazze diverse di Roma in
difesa dei diritti dei proprietari di
casa ai quali i governi, succedutisi
dal 2011, non hanno fatto altro che
aumentare in maniera esponenziale
il prelievo fiscale. La stessa iniziativa è stata spontaneamente seguita in
tantissime altre località tanto è vero
che, dopo aver visto questo genere di
mobilitazione che ha riguardato non
solo le grandi città, come Genova,
Torino e Milano, ma anche Comuni
più piccoli come Ischia, Capri, Crotone, Lucca, Partinico, hanno deciso di
scendere in piazza (come segnaliamo
nelle pagine di questa stessa rivista)
anche le forze politiche con iniziative
analoghe.
«Questo dimostra – ha dichiarato il
Presidente di ARPE-FEDERPROPRIETÀ, Massimo Anderson –
6
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
quanto fosse obbligatoria e tempestiva
la nostra iniziativa che ha trovato facile
supporto in tutti coloro ormai ai limiti
della resistenza civile e con una serie di
difficoltà nel fare fronte alle continue
richieste di uno Stato che usa i proprietari di casa per fare cassa e coprire le
proprie incapacità a uscire dalla crisi
economica. È un fatto che, negli ultimi
anni, è diminuito notevolmente il nu-
mero di possessori di abitazione, un parametro spesso usato a livello europeo,
per dimostrare che l’Italia era in grado
di rispettare gli impegni presi e pagare
i debiti. Se questa tendenza dovesse
ancora crescere, com’è facilmente prevedibile, verrà a mancare anche questa
forma di garanzia più volte utilizzata
dai nostri governi».
Non sono mancati i commenti piccati fra le persone che si recavano a
firmare. Marisa Tarisciotti che ha
sottoscritto la scheda al banchetto
di Piazza Tuscolo non ha esitato ad
affermare: «Continuano a spremerci
come limoni. Le imposte sulla casa sono
più che triplicate in tre anni passando
dagli undici miliardi del 2011 ai trenta di quest’anno. Non è più sostenibile
che noi si debba fare continui sacrifici
per colpa di chi non esita a tartassarci
senza riuscire, come si legge su tutti i
giornali, a limitare gli sprechi delle Regioni che raggiungono oltre 82 miliardi l’anno. Forse chiudendo gli uffici di
rappresentanza in Nicaragua o le 493
auto blu della Valle d’Aosta si potrebbero realizzare quei risparmi più che
sufficienti per non farci sentire cittadini
di serie b. Basta pensare che 82 miliardi
di sprechi sono quasi il triplo di quanto
lo Stato incasserà dalle tasse sulla casa.
Non sarebbe meglio evitare gemellaggi
con le isole Fiji, pranzi e cene a spese
nostre e pagare i telefonini o le mutandine di pizzo acquistate dai consiglieri
per non farci sentire presi in giro».
Non è mancato chi ha fatto una serie
analisi economica del momento legata proprio al crollo del settore dell’edilizia che ha portato alla chiusura di
centinaia di aziende nel settore e al
licenziamento di migliaia di muratori
andati a gonfiare ulteriormente il già
numeroso esercito dei disoccupati.
Il signor Simone Peruzzini ha dichiarato: «Come pensano di rilanciare
l’edilizia se per acquistare prime case
dalle imprese di costruzione l’IVA passerà dal 4 al 10%. Le giovani coppie, che
sono fra le più interessate all’acquisto di
un’abitazione, sono penalizzate tre volte. La prima perché vedono aumentare
il costo della casa, la seconda perché,
non avendo quasi mai un lavoro a tempo indeterminato, non riescono ad accedere ai mutui, la terza perché è finita l’epoca in cui i genitori potevano, facendo
sacrifici, aiutare i propri figli a risolvere
i loro problemi. Il bello che l’aumento
dell’imposta è stato giustificato con la
scusa di compensare la riduzione dell’a-
liquota IVA sulle spese di ristrutturazione. Siamo alla follia. Con una mano
dicono di darti e con due ti tolgono. È un
provvedimento suicida che penalizza
ancora, se ce ne fosse bisogno, un settore
già abbondantemente in crisi».
In effetti, sono sempre di più le famiglie che si trovano di fronte a situazioni tali per cui, pur di non sborsare
cifre impossibili su quelle che magari
erano le antiche residenze dei nonni
in paesini di montagna o di campagna e che, come seconde case, sono
sottoposte al pagamento dell’IMU e
della Tasi, preferiscono demolirle e
rinunciare ai loro sentimenti, ai loro
ricordi d’infanzia. Del
resto non si può neanche tentare di venderle
perché, in queste condizioni, non c’è nessuno
che voglia acquistarle
o almeno affittarle. E
se questo vale per le
abitazioni, che si trovano soprattutto in zone
collinari o montagnose
molto difficili da raggiungere, la stessa cosa
vale per quei capannoni che, costruiti nel
periodo in cui lo svi-
luppo economico dell’Italia lasciava prevedere un loro facile utilizzo,
adesso non trovano neppure chi sia
interessato a prenderli in affitto. Per
questo sono sempre di più quelli che
preferiscono abbatterli piuttosto che
continuare a pagare a vuoto. Pensare
che basterebbe una regola semplicissima: i fabbricati che non forniscono
reddito non sono sottoposti ad alcuna tassazione.
Anche sullo specifico argomento
delle difficoltà di trovare i dati sui
quali pagare le aliquote non è mancato chi ha potuto fare del facile umorismo. La signora Roberta Simone che
si è avvicinata al banchetto di piazza Vescovio ha, infatti, affermato:
«Renzi ci aveva assicurato che i cittadini avrebbero ricevuto a casa l’entità
dei versamenti da fare. Addirittura
i Comuni avrebbero predisposto dei
bollettini precompilati. In realtà è stato difficile anche individuare le aliquote del proprio Comune e capire se era
possibile avere diritto alle detrazioni
oppure no. Alla faccia della semplificazione. Non solo ma ci sono anche
Comuni che hanno cambiato in corso
d’opera le aliquote dell’IMU da versare
per il saldo di dicembre per cui bisogna
rifare i conteggi se non si vuole incorrere
in errori che comporterebbero sicura-
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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mente altre ammende da pagare. Alla
faccia della semplificazione. Se tanto mi
dà tanto, chissà cosa intende fare il Presidente del Consiglio quando annuncia
che dal prossimo anno vi sarà sulla casa
una tassa unica. Speriamo di non dover
rimpiangere Imu e Tasi».
La necessità di un’unica imposizione
per quanto riguarda la casa, oltre alla
semplificazione, con norme uniformi
per la tassazione locale, era uno dei
punti qualificanti delle proposte di
ARPE-FEDERPROPRIETÀ.
Fra
quelle maggiormente apprezzate da
chi ha sostenuto l’iniziativa c’era an-
che la possibilità di dilazionare
i pagamenti in rate trimestrali
senza interesse e, soprattutto,
la fine di una politica che si basi
sempre e unicamente sul rincaro delle tasse sull’abitazione.
Come ha sottolineato il presidente Massimo Anderson: «Ci
troviamo di fronte ad una vera e
propria patrimoniale che, con le
scadenze di dicembre, vanificherà quei benefici effetti che le tredicesime
portavano nelle famiglie nel periodo natalizio. Speriamo che di tutto questo si
ricordi la Befana quando nel 2015 do-
vrà portare tanto carbone a quei politici
che non si vergognano di razzolare nelle
tasche dei contribuenti».
Ro. Ro.
In piazza contro la patrimoniale sulla casa
Renato Brunetta, il presidente dei
parlamentari di Forza Italia, ha rotto
qualsiasi indugio e ritiene sia giunto
il momento di dare voce a tutti quelli che protestano per il carico fiscale
sulla casa che sta dissanguando le famiglie italiane. Gli ha fatto subito da
sponda il vicepresidente del Senato,
Maurizio Gasparri, invitando tutti a
scendere in piazza per «sensibilizzare gli italiani e marcare la nostra differenza con il governo della sinistra».
La data più probabile è quella di
metà novembre. Il presidente della
Commissione Bilancio, on Daniele
Capezzone, ha recentemente dichiarato:
«Sull’abolizione della
tassa sulla casa sono
già pronti i miei emendamenti, più volte presentati in Parlamento.
Ovviamente saranno
ripresentati per togliere
al Governo ogni alibi.
Sono lieto della convergenza di tanti colleghi e
del gruppo».
Nei giorni precedenti
lo stesso Silvio Berlusconi aveva accusato il Governo
di prendere in giro gli italiani sulle
tasse ma è stato proprio Brunetta a
diffondere un dossier relativo al peso
dell’imposizione fiscale sulla casa.
Questi i punti più interessanti della
sua ricerca che corrisponde con i dati
spesso evidenziati dall’Ufficio Studi
di ARPE-Federproprietà.
«Basta tasse sulla prima casa. Cancelliamo tre anni infami di patrimoniali sulle famiglie italiane. Torniamo
al sistema di tassazione degli immobili
com’era con Berlusconi. Caratteristi-
che: è esclusa la prima casa; sostituisce
la componente immobiliare di Irpef;
non prevede aumenti di aliquota legati ai cosiddetti servizi indivisibili, per i
quali si pagano le già salate addizionali
regionali e comunali. Nel 2011 (governo
Berlusconi, quindi prima casa esente) il
gettito derivante dalla tassazione sugli
immobili in Italia ammontava a 11 miliardi di euro, diventati 24 miliardi con
l’IMU di Monti nel 2012 e in continuo
aumento fino a 30 miliardi con l’IMU
e la Tasi di Letta e di Renzi nel 2013
e nel 2014: un aumento di circa venti
miliardi, tutti gravanti sulle tasche degli italiani, che noi dal 2015 vogliamo
restituire. Torniamo a un gettito totale
di 11 miliardi, e le risorse necessarie per
finanziare questa misura, pari a circa
20 miliardi di euro, le troviamo utilizzando il meglio della Spending review
del commissario Cottarelli: un lavoro
certosino che non merita di rimanere
nel cassetto. E attraverso la non riproposizione dell’imbroglio degli 80 euro:
una misura iniqua, ingiusta, che nessun
effetto ha prodotto sui consumi in Italia, né sulla ripresa».
Gli si può forse dare torto?
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DIVENTA LEGGE IL DECRETO SBLOCCA-ITALIA
Buoni propositi
ma norme
contraddittorie
Alcune misure, che dovrebbero favorire il rilancio del settore costruzioni, penalizzano la manutenzione, il recupero e la riqualificazione
edilizia e urbanistica. La semplificazione amministrativa non si vede.
Positivi il “rent to buy” e la parziale liberalizzazione delle locazioni
di Marcello Cruciani
A
nnunciato prima dell’estate e poi pubblicato alla ripresa dei lavori parlamentari a settembre, il decreto
legge n. 133 c.d. Sblocca-Italia è stato
convertito in legge dopo un iter che
ha visto l’approvazione di numerose
modifiche che, in alcuni casi, hanno
finito per mutare non poco l’impianto
normativo originario.
Che il Parlamento intervenga in sede
di conversione in legge di un decreto
è un fatto normale e sinonimo di democrazia, ma che siano approvate varianti sostanziali al testo proposto dal
Governo approvate anche dalla stessa
maggioranza che lo sostiene, è un fatto per così dire nuovo.
Anche perché in questa fase sono state introdotte disposizioni che alla fine
non hanno un vero e proprio carattere
di urgenza, ma che possono costituire
il primo passo verso obiettivi più ambiziosi.
Basti pensare alla norma sul regolamento edilizio tipo, comunale, che
costituirà, se ben gestito un importante elemento di semplificazione e
unificazione in una babele di definizioni di livello locale: forse non si arriverà ancora alla definizione univoca
di superficie utile o calpestabile, ma
magari si saprà cosa è un portico, un
10
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
sottotetto ecc. Quindi nei prossimi
mesi ci sarà un nuovo tema su cui lavorare, magari con l’obiettivo sì di unificare, ma nello stesso tempo di non
bloccare tutto in attesa dei necessari
adeguamenti a livello locale, sperando che pure questa volta la questione
non rimanga inevasa com’è sino ad
ora accaduto per i decreti attuativi del
piano casa per l’housing sociale o per
altri temi importanti soprattutto per
ridurre il consumo del suolo.
E al riguardo, come non rimanere perplessi di fronte alla modifica,
proposta alla Camera e condivisa
dal Senato, per l’introduzione di un
contributo straordinario nel caso in
cui le varianti urbanistiche generino
valore per i proprietari. Si tratta di un
argomento delicato che andava definito in forma organica nell’ambito
dell’annunciata riforma della legge
urbanistica nazionale e più in generale del provvedimento sul consumo
del suolo.
La sensazione che si ricava leggendo prima il testo del decreto e poi la
legge di conversione è che alla fine si
sia provato ad anticipare la riforma
urbanistica, all’inizio timidamente e
poi con molta più forza, accoppiando temi strategici con altri per così
dire correnti. Qualcosa è andata a
buon fine, mentre per altre questioni
è accaduto diversamente, come per
le opere di urbanizzazione che, nei
grandi interventi, il Governo avrebbe
voluto mantenere nella disponibilità
dei promotori e non trasferirle al Comune con buona pace anche delle indicazioni comunitarie.
Altrettanto dicasi per l’annunciata
liberalizzazione della manutenzione
e dei frazionamenti delle unità immobiliari, nonché delle destinazioni d’uso, poiché i vari emendamenti
approvati rischiano di creare più
problemi che vantaggi e dove si è riusciti, senza non poca fatica, a porre
rimedio all’errore contenuto nel testo
iniziale con il quale anche gli interventi di manutenzione straordinaria
avrebbero rischiato di essere onerosi
in termini di contributi da corrispondere al Comune! E meno male che si
vuole incentivare il recupero urbano
e la conservazione del patrimonio
edilizio!
Sul piano procedurale l’articolo 17
del decreto-legge prevede una serie
di modifiche di vario genere al testo
unico dell’edilizia, partendo dai micro interventi di manutenzione e dal
frazionamento e accorpamento delle
unità immobiliari e da una serie di
nuovi adempimenti amministrativi
per gli interventi di manutenzione straordinaria, per arrivare, appunto, al contributo straordinario nelle trasformazioni urbanistiche e all’approvazione delle convenzioni
da parte del consiglio comunale. Si tratta di una serie di
provvedimenti importanti che vanno a incidere non poco
sulla struttura normativa del testo unico dell’edilizia, ma
che delineano un quadro abbastanza diverso da quello di
origine del Governo, ma che soprattutto, e questa è una
stranezza, se non una particolarità, non vanno nella direzione della semplificazione amministrativa che invece il
Governo intende perseguire.
Insomma i buoni propositi di rilanciare l’attività dell’edilizia privata ancora una volta si vanno a scontrare con
indirizzi normativi che alla fine sono di segno opposto e
addirittura contrastano con quelli più generali ai quali si
dovrebbe conformare sempre di più l’attività del futuro.
Vale a dire la manutenzione, il recupero e la riqualificazione edilizia e urbanistica.
In proposito e vista l’estensione del territorio gravato da
vincoli di natura ambientale, si spera che la questione degli interventi sottoposti ad autorizzazione paesaggistica
abbia finalmente trovato una sistemazione definitiva dopo
quattro modifiche in poco più di un anno. L’assunzione
di responsabilità nell’autorizzare o meno un intervento
da parte dell’amministrazione comunale nel caso in cui il
sovrintendente non esprima il parere nel termine previsto
non può certo considerarsi, come qualcuno intende far
credere, un assalto senza regole al territorio, ma viceversa
si configura come un atto conseguente non solo agli indirizzi di trasformazione contenuti nel piano urbanistico,
ma anche rispetto alla tutela del paesaggio.
Il decreto-legge n. 133 non solo ha operato in una prospettiva di avvio di un processo di revisione amministrativa
per l’edilizia privata, ma anche per tentare il rilancio del
mercato immobiliare che versa in un grave stato di crisi
conseguente al blocco delle vendite, ma anche al rilascio
dei permessi di costruire e dei titoli abilitativi in genere
che nel 2013 sono stati equivalenti a quelli del 1936!
Le misure varate dal decreto-legge già citato difficilmente
saranno sufficienti ad attuare un rilancio del settore immobiliare, ma comunque hanno il merito di provarci dopo
anni di provvedimenti che andavano nella direzione di
scoraggiare proprio questo tipo di investimenti.
Innanzitutto la norma dell’acquisto dell’immobile con
proprietà differita e cioè quella formula che viene ormai
correntemente identificata come rent to buy [v. anche Celeste a pag. 44, ndr] che consente di diventare proprietari
di un immobile o di un garage o comunque di un’altra tipologia edilizia, a condizione che si sia persona fisica, versando il corrispettivo in un arco temporale predeterminato durante il quale il contratto è soggetto alla trascrizione
per un periodo massimo di dieci anni proprio in un’ottica
di trasparenza e garanzia per il promissario acquirente.
La regolamentazione di tale fattispecie contrattuale va a
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la PROPRIETÀ335
edilizia • Novembre
2014 11
fare chiarezza su una tipologia che in
questi ultimi anni aveva delineato soluzioni spesso al limite della legalità
e che, in molti casi, non hanno certo
tutelato le parti. D’altro canto la crisi economica e il restringimento del
credito al settore immobiliare hanno
evidenziato l’esigenza di prevedere
forme dilazionate nel tempo tali da
consentire, per gli acquirenti, il pagamento del corrispettivo in un modo
più graduale e in questo senso il rent
to buy può rappresentare una possibile soluzione ovviamente a condizione
che il venditore sia in grado di fare
fronte a una gestione immobiliare
comprensiva di affitto piuttosto che
a una vendita di tipo tradizionale. Per
altro la questione rimane ancora non
completamente risolta sugli aspetti
fiscali che evidenziano zone d’ombra
sulle quali è auspicabile un intervento
chiarificatore.
In parallelo e ricalcando in parte il
modello adottato in Francia negli
anni passati, è stato previsto che l’acquisto di un’abitazione destinata alla
locazione a canone concordato o convenzionato per un periodo di almeno otto anni, consenta il recupero in
un identico periodo, per l’acquirente
del 20% della spesa sostenuta con un
tetto massimo di 300.000 euro. La
locazione dovrà avere carattere continuativo possibilmente con lo stesso soggetto, ma è ammesso che esso
possa variare. Si tratta di un incentivo
importante per il comparto immobiliare nel suo complesso che dovrà essere ulteriormente messo a punto con
un successivo provvedimento regolamentare nel quale definire altri importanti aspetti quali la trasmissibilità dell’agevolazione nel caso si debba
alienare l’immobile prima che essa
sia stata recuperata per intero ecc.
A prescindere dalle ennesime disposizioni in materia di valorizzazione e
dismissioni di immobili, finalmente
si è riusciti a dare un primo colpo,
verso la liberalizzazione, alla normativa sulle locazioni per gli immobili
adibiti ad uso diverso dall’abitazione.
Si tratta dei contratti riguardanti gli
12
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
immobili di maggiori dimensioni con
un canone di locazione cospicuo ed è
un segno importante verso il mercato
che ormai tende a non riconoscersi, per le dinamiche in atto nel commercio, nei contratti di lunga durata
inseriti in un contesto regolamentare
estremamente rigido.
Ciò detto c’è da auspicare che nei
prossimi mesi il provvedimento possa
contribuire al rilancio economico del
Sistema Paese.
UNA LETTERA
Tasse e libertà
Premetto che il sottoscritto ritiene che la storia sia storia di lotta di tasse
e che tasse e libertà siano due vasi comunicanti di cui l'uno cresce a spese
dell'altro. Le tasse sono il prezzo che paghiamo per vivere in una società civile, ma il modo in cui si tassa, come si riscuote e come si spende determina se
siamo ricchi o poveri, liberi o schiavi e, cosa più importante, se siamo buoni
o cattivi. Ritengo che il discorso delle tasse sulla casa debba essere illuminato dalla comprensione della strategia fiscale generale di cui fa parte. Frazionare la critica al fisco secondo i vari settori sociali interessati e non tenere
conto della strategia fiscale generale impedisce non solo di ridurre il peso
del fisco, ma di comprendere l'insieme e questo rende invincibile l'esattore.
Per quanto riguarda la proprietà edilizia, il bombardamento fiscale sta punendo i proprietari come se possedere una casa fosse un reato. Come conciliano i Soloni del fisco gli articoli 52 e 53 della costituzione con l'aggressione
fiscale? Come giustificano l'aver provocato il crollo dei valori immobiliari,
vanificando i risparmi di milioni di italiani e conseguentemente aver provocato il blocco dell'edilizia? Perché é necessario non trattare la fiscalità
relativa alle proprietà immobiliari isolandola dal contesto della strategia
nazionale? Perché i governanti, di qualunque colore, pretendono che la categoria richiedente la riduzione delle tasse sia in grado di suggerire dove
prendere le compensazioni o dove praticare gli eventuali tagli?
Eguaglianza, ma verso il basso! Ricordo uno slogan elettorale: «Che anche
i ricchi piangano!». Non «Che anche i poveri ridano!». Da allora il clima
di invidia e di odio, propiziato da trasmissioni TV, giornali e comportamenti demenziali di alcuni esponenti politici, è cresciuto tra gli italiani. Al
punto che, paradossalmente, la scena politica è dominata da tre leader che
hanno fatto dell'antipolitica il loro cavallo di battaglia: Berlusconi Grillo
e Renzi. Perciò, ferma restando la necessità di una lotta settoriale da parte
dei proprietari di case, volta a far capire quanto sia moralmente ingiusto
l'accanimento fiscale e quanto sia economicamente ottuso impoverirli ulteriormente, occorre schierarsi contro la strategia fiscale nazionale e suggerire
le alternative.
Le condizioni che determinano l'economia sono, in ordine d’importanza,
la sovranità nazionale, la strategia fiscale e quella monetaria. La sovranità
fissa gli obiettivi, fisco e moneta sono gli strumenti. Se la sovranità, ceduta e
confiscata, fissa come obiettivo l'abbattimento del debito e il pareggio di bilancio con un fisco rapace e senza massicce iniezioni di liquidità, il risultato
è quello che vediamo. Bisogna dimezzare tutte le tasse e coprire l'eventuale
riduzione delle entrate stampando moneta. Sperando in un’inversione di
rotta decisa dall'alto, ricordo a chi sta in basso che, purtroppo, da sempre,
una tassa che è pagata non viene mai tolta!
Antonio Delle Fratte
BANCHE PROMOSSE E BOCCIATE
Il “buco”
del Monte
dei Paschi
Deficit di 2,9 miliardi di euro tra MPS e Carige. Nella banca genovese
potrebbe entrare come azionista Andrea Bonomi
di Sergio Menicucci
I
l sistema bancario italiano è
complessivamente solido? Sì,
secondo la Banca d’Italia, nonostante i ripetuti shock subiti
dall’economia del nostro Paese negli
ultimi sei anni. La crisi finanziaria
mondiale, quella dei debiti sovrani, la
doppia recessione, non potevano non
avere serie conseguenze. La difesa del
sistema bancario da parte di Palazzo
Koch si fonda sul differente livello
di aiuti di Stato di cui hanno potuto
giovarsi le banche europee. Secondo
i dati Eurostat, i sistemi bancari e finanziari hanno beneficiato di cospicui interventi da parte dei rispettivi
Governi: 250 miliardi in Germania,
60 in Spagna, circa 50 in Olanda e Irlanda, poco più di 40 in Grecia, 20 in
Austria e Belgio, 18 in Portogallo. In
Italia il sostegno pubblico è stato di
soli quattro miliardi.
Nella maggioranza dei Paesi europei
il capitale pubblico ha giocato un ruolo fondamentale. Non così in Italia.
Infatti, dalle valutazioni delle attività di bilancio e dagli stress test della BCE, condotti assieme all’autorità
europea EBA, sulla base dei bilanci al
31 dicembre 2013 lo scenario è particolarmente negativo per l’Italia.
Su 131 banche europee esaminate
solo 25 sono state bocciate e di queste
nove sono italiane: Monte dei Paschi
di Siena (MPS), Carige di Genova,
Veneto Banca, Credito Valtellinese, Popolare di Vicenza, Popolare di
Sondrio, Popolare di Milano, Popola-
re dell’Emilia Romagna e Banco Popolare. Va peraltro fatto rilevare che
cinque di questi istituti di credito italiani hanno realizzato operazioni di
rafforzamento patrimoniale nel corso
del 2014.
Il deficit patrimoniale del Monte dei
Paschi di Siena (forse la più antica
banca del mondo) e di Carige arriva
a un totale di 2,9 miliardi. Tra le altre
banche bocciate in Europa, ce n’è una
austriaca, due belghe, una greca, una
portoghese, una slovena, una cipriota,
una irlandese. Nessuna tedesca. Questo ha fatto scattate sospetti e riserve
sui metodi adottati per le valutazioni.
Se si fossero adottati i criteri previsti
da Basilea3, come sarà dal 2019, le
banche bocciate sarebbero state 36
fra le quali 5 tedesche, di cui il New
York Times ha evidenziato la debolezza sulla leva finanziaria.
Con gli stress test 2014 già si sapeva
che l’arbitro avrebbe fischiato a senso
unico: infatti si è creata una situazione
di disparità tra i vari paesi. Dei 10 miliardi di euro che dovranno essere raccolti dagli istituti bocciati, solamente a
Mps e Carige sono mancati quasi tre
miliardi, come già detto.
Dopo un lunedì nero in Borsa, che
è seguito alla diffusione dei risultati
dello stress test, le banche hanno recuperato a Piazza Affari e il Governo
si è mostrato disposto a soccorrere
MPS concedendo a Rocca Salimbeni
[la sede centrale, a Siena, di MPS, ndr]
più tempo per rimborsare i miliardi dei
Monti bond che ha ancora in pancia
e a rinviare i 750 milioni in scadenza
nel 2015-16. Al capezzale della banca senese, dal dopoguerra guidata ed
egemonizzata dal PCI, e poi dal PDS e
infine dal PD con i suoi rappresentanti
in Comune, sta arrivando Mediobanca
di Alberto Nigel che ha chiuso il trimestre 2014 con 525 milioni di ricavi.
Sul tavolo dell’amministratore Viola
e del presidente Alessandro Profumo
anche il lancio di alcuni strumenti già
previsti nel piano che dovrà essere accettato dalla BCE e dall’Unione europea. Piazzetta Cuccia è stata sempre
molto vicina alla “banca rossa”.
Per Carige la soluzione dovrebbe essere quella dell’aumento di capitale (500
milioni) con l’ingresso di un azionista
privato (si parla dell’imprenditore Andrea Bonomi), dopo le crisi provocate
anche qui dalle ingerenze della politica del Comune da sempre guidato dal
centrosinistra e dalle pressioni di alcuni Cardinali.
Mentre l’unione politica dell’Europa è
ancora lontana, sta avanzando quella
dei banchieri. Tra poco ci sarà il via libera all’unione bancaria che affida alla
BCE e alla nuova autorità bancaria di
controllo (EBA) la vigilanza e la disciplina dell’eventuale fallimento delle
banche. Preoccupa che con gli stress
test si siano registrate differenze di
trattamento tra banche e banche nella
valutazione degli attivi e nella prova
di resistenza agli choc dell’economia
reale.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
13
URBANISTICA
Mobilità
e pianificazione
dei nodi urbani
Il dislocamento degli uomini e delle cose è elemento essenziale delle
relazioni contemporanee, al punto di incidere profondamente sull’indirizzo di crescita delle strutture urbane e territoriali
di Roberto Marraffa*
T
ra la disciplina urbanistica
e gli strumenti per la pianificazione e il controllo della
mobilità corre un rapporto
di carattere strategico che invece occupa nei fatti un posto incredibilmente ridotto. È sufficiente osservare gli sviluppi delle aree di più recente insediamento per cogliere la difficoltà ricorrente di
un dialogo tra urbanisti e trasportisti
[ingegneri dei trasporti, ndr].
La mancanza di tale dialogo è stata
spesso alla base dei contrasti di fondo
rilevabili tra le politiche infrastrutturali degli esperti del trasporto e le scelte
localizzative dei principali generatori
di mobilità effettuate dai responsabili della pianificazione generale, con la
stessa convinzione, circa l’elevato grado
di autonomia concettuale della propria
disciplina, espressa dai trasportisti
È peraltro innegabile che la struttura
degli insediamenti e la stessa forma urbana assumono un ruolo decisivo nel
favorire od ostacolare l’efficienza della
rete infrastrutturale, cioè della capacità
di assicurare l’elevato carico, la razionale distribuzione e il conseguente rapido
deflusso del traffico.
Nelle vicende urbane del nostro Paese
si possono distinguere, per linee generali, alcuni modelli insediativi di riferimento che possono essere associati in
linea di massima con le formazioni territoriali del Nord-Ovest, del Nord-Est,
del Centro e del Sud. Le agglomerazioni
del Nord-Est e di una parte del Centro14
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
Nord si sono formate in rapporto allo
sviluppo delle piccole e medie imprese
(PMI) e alla modernizzazione dell’agricoltura; quelle di una parte del Centro
si sono formate in rapporto alle PMI,
al turismo e alla semplice crescita degli
insediamenti sul territorio; infine, gran
parte di quelle del Sud si sono formate
sulla crescita demografica e urbana e su
un’economia terziaria di livello mediobasso.
La variabilità di questi modelli e la loro
diversa reazione alla generale tendenza
postindustriale verso il decentramento implicano la considerazione di due
diverse problematiche: quella concernente i crescenti costi di congestione
funzionale delle precedenti gestioni
centralizzate, in relazione ai rapporti
tra attività produttive e servizi, mercati
e residenza della forza lavoro, e quella
connessa all’introduzione d’innovazioni tecnologiche nella produzione e nelle
economie di relazione, cioè di trasporto
e comunicazione.
La ristrutturazione industriale che ha
fatto seguito all’automazione di interi
comparti produttivi o all’autonomia di
singole componenti del ciclo produttivo, ha comportato una diversa articolazione delle imprese, con decentramento delle sezioni a maggiore intensità di
mano d’opera, oppure disaggregando
alcuni cicli particolari da delegare a
nuove PMI. Sul territorio tutto questo
si è tradotto in un’amplificazione della
crescita urbana diffusa e ha comportato
costi crescenti che hanno valorizzato le
prestazioni della struttura insediativa
attraverso la dotazione di infrastrutture
efficienti e non congestionate, la presenza di servizi alla popolazione, alle
imprese, e infine lo stabilirsi di un clima
socio-culturale aperto alle innovazioni.
Dove l’offerta di localizzazione decentrata è stata cospicua, i tempi di adeguamento dell’insediamento alle nuove
condizioni di sviluppo sono stati più
brevi. Dove invece tale offerta è stata
limitata, la fase di sviluppo del terziario
e dei servizi si è sovrapposta alle problematiche irrisolte dell’insediamento
produttivo.
Sarà utile citare qualche esempio sui
comportamenti insediativi. Circa l’Emilia e la Puglia, si può osservare, ad
esempio, che queste Regioni mostrano
una sostanziale stabilità del rapporto
tra aree centrali e il resto del territorio,
dove l’area metropolitana considerata
non supera il 20%, in termini di peso
demografico, dell’insediamento regionale complessivo. Diverso è il caso del
rapporto interno all’area metropolitana
fra centro principale e corona, che mostra evidenti variazioni a favore della
corona, specialmente a Bologna, dove il
centro cede otto punti di peso percentuale, conservando tuttavia una forte
prevalenza.
Il dato principale di valenza regionale e
interregionale nel Veneto e in Emilia è
costituito dalla conservazione, se non
dal rafforzamento del carattere policen-
trico dello sviluppo socio-economico
e insediativo. La perdita demografica
registrata dal centro di Bologna è compensata da una ripartizione in parti
uguali tra corona e Regione che evidenzia come sia il complesso dell’insediamento regionale a supportare i processi
di trasformazione.
Nel caso di Bari e della Puglia si assiste
invece a un forte sviluppo della corona
all’interno di un rapporto costante tra
l’area metropolitana e la Regione, fenomeno che dimostra un rafforzamento e
quindi una ristrutturazione di questo
nodo urbano, a differenza di Bologna
dove l’impostazione policentrica regionale consente di ridurre la produzione
di strutture e di utilizzare o recuperare
elementi preesistenti.
Da tutto questo emerge con chiarezza che la mobilità degli uomini e delle
cose è elemento essenziale delle relazioni contemporanee, oltre che funzione
primaria, strettamente interdipendente
con le altre, al punto di incidere profondamente sulle modalità di crescita delle
strutture urbane e territoriali. Emerge
con altrettanta chiarezza la connessione tra la qualità dello sviluppo e il livello
di relazioni che la struttura insediativa è
in grado di assicurare, cioè della capacità di comunicazione tra i diversi centri
urbani.
Ora, tanto per uscire dall’indeterminazione del discorso teorico generale,
risulta chiaro da quanto detto sin’ora
che, ad es., l’articolazione plurimodale
del “Corridoio Adriatico” offre grandi
prospettive a una domanda di comunicazione.
È pertanto evidente che la separazione
tra gli strumenti di governo del territorio e l’apparato che presiede alla disciplina del traffico, non ha proprio ragione di esistere. Tuttavia, non si può fare
a meno di rilevare che gli effetti indotti
dai trasporti sulle trasformazioni territoriali hanno in realtà posto dei vincoli
all’integrazione tra strategia di piano e
interventi infrastrutturali. Questi ultimi rispondono spesso a logiche tese più
alla realizzazione di rendite differenziali che alla costruzione di uno spazio
di produzione e distribuzione. I più recenti interventi sulla rete infrastrutturale non sembrano negare tali finalità.
Non possiamo riferirci a interventi su
stazioni marittime, ma possiamo farlo
per alcuni progetti che hanno interessato le stazioni ferroviarie dell’Europa
occidentale, dove si osserva come, accanto alle strategie tese alla riqualificazione di ambiti caratterizzati da degrado fisico e funzionale, si accompagnino
logiche di valorizzazione non coerenti
con le qualità tecniche e formali del
nodo ferroviario e con la specificità del
tessuto urbano interessato. Per citare i
casi più noti ricorderò dell’intervento
ormai storico sulla Gare Montparnasse a Parigi, al progetto La Part-Dieu
di Lione, alle trasformazioni di alcune
stazioni londinesi (Liverpool Street,
Broad Street …) all’intervento sulla
stazione centrale di Stoccolma, ricostruita insieme ai massici blocchi di
edifici, necessari per massimizzare la
redditività degli investimenti, ma non
certo per ridurre fenomeni di congestione urbana.
Anche alcune esperienze di pianificazione italiana, pur inserendo l’intervento infrastrutturale all’interno dello
strumento di pianificazione urbanistica, gli assegnano comunque un ruolo
marginale, legato soprattutto alle sue
caratteristiche tecniche, negandone a
volte la stessa specificità: dall’interramento completo e riorganizzazione in
superficie con viali urbani che aggregano vaste aree da trasformare con l’insediamento di nuove funzioni nella spina
centrale del p.r.g. di Torino, al progetto
d’integrazione, con immissioni congestionanti di cubature direzionali-commerciali, delle aree ferroviarie delle
stazioni romane Tiburtina, Ostiense,
Trastevere e San Pietro, al progetto
passante ferroviario di Milano, che
nasce come soluzione di un problema
tecnico, per acquisire solo in seguito
valenze ben più complesse, tali cioè da
ridefinire l’assetto funzionale della città in assenza di piano. Si tratta di valenze, spesso cavalcate da politiche locali,
devianti e tutt’altro che trasparenti, che
devono farci diffidare di progetti urbani elaborati fuori di un disegno unitario generale delle città.
Perché la realizzazione del corridoio
Adriatico non inneschi operazioni di
questo genere, devastanti per le città, è
necessario che il contrasto esistente tra
la complessità dei fenomeni che concorrono alla trasformazione degli insediamenti urbani e l’attuale carattere
esclusivamente edilizio della disciplina
urbanistica sia superato attraverso un
nuovo quadro normativo in cui il controllo dei fattori che generano mobilità
nelle città interagisca con le prescrizioni che disciplinano l’attività edilizia e
la localizzazione delle funzioni urbane.
Alla soddisfazione di questa esigenza
di rivitalizzazione della normativa urbanistica deve sovrapporsi il sostegno
di un’attenta vigilanza politica da esercitare al fine di reprimere sul nascere
ogni tentazione di deviazione dagli
scopi primari socio-economici che si
vogliono realizzare. Attenzione quindi
verso tutte quelle operazioni progettuali in cui la redditività degli investimenti è raggiunta con localizzazioni di
generatori di mobilità non dimensionati sulla capacità di assorbimento dell’area di pertinenza, con il rischio di alimentare ulteriormente la congestione
urbana. Dalla qualità del governo urbano dipende il successo di molte economie e di intere regioni densamente abitate. È questo, in ultima analisi, il punto di approdo di una riflessione che non
riguarda solo alcune città italiane, ma
l’intero sistema urbano continentale.
*Urbanista
FEDERPROPRIETÀ
NAPOLI - Il presidente nazionale, on. Massimo Anderson, nell’ambito
della riorganizzazione della federazione, ha nominato l’avvocato Vincenzo Vitiello delegato della sede di Napoli, sita in via Tino da Camaino 9.
ANCONA - Il presidente nazionale ha designato l’avvocato Federica Pelosi delegata della FEDERPROPRIETÀ di Ancona, con sede in piazza
Stamira 13.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
15
SESTO ANNO DI CRISI IN ITALIA
Poveri,
disoccupati
e tartassati
Sono quasi sei milioni i pensionati con meno di mille euro al mese.
Cresce il numero di case occupate da abusivi. Il premier Renzi stenta
a risolvere i problemi del lavoro
P
overi, disoccupati, tartassati,
senza figli o quasi, con una
casa ridotta a bancomat per
coprire i buchi del deficit pubblico, oppure presa d’assalto dagli abusivi dai senza tetto, dai disperati (cresce
il dramma degli sfratti), acquistati dai
cinesi marchi aziendali di prestigio
che facevano il vanto del made in Italy,
distrutto l’apparato industriale, licenziamenti in aumento (Terni, Alitalia,
Meridiana, Ilva di Taranto). La fotografia che mostra il sistema Italia non
è a colori e neppure in bianco e nero.
L’immagine che riflette è sfuocata, fuori fase. Gli ultimi dati dell’Istat e quelli
degli altri enti di ricerca internazionali
mettono in evidenza che 17 milioni di
cittadini sono considerati poveri, che
3.236 mila persone sono senza lavoro
con una percentuale del 12,6% sul totale e record negativo dal 2004 quando
iniziò la serie storica. A questi occorre
aggiungere circa 2 milioni di “scoraggiati”, coloro che non studiano e non
cercano lavoro. Quelli che le statistiche
chiamano “ inattivi”, come i bambini.
L’Italia, comunque, è sempre un paese
di 60 milioni di abitanti (anche se ormai perfino al Sud avvengono più decessi che nascite), che schiera una forza
lavoro di 22 milioni e 465 mila persone, con un tasso di occupazione pari al
55,9%. A livello di occupazione stanno
peggio soltanto Spagna, Portogallo,
Grecia e Cipro.
Il disagio sociale è più sentito dai pen-
16
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
sionati che ricevono dall’INPS un assegno mensile inferiore a mille euro
(in totale 5,8 milioni), dai giovani (i
senza lavoro nella fascia di età tra i 14
e i 34 anni sono stati a settembre 2014
il 42,9% con un leggero miglioramento
rispetto ai precedenti mesi quando la
percentuale oscillò intorno al 43,5%),
dai milioni di lavoratori che sono in
cassa integrazione (spesso essendo i
datori di lavoro in difficoltà ricevono
l’assegno anche con 2-3 mesi di ritardo,
quando tutto va bene).
La cruda realtà dei numeri evidenzia
che un italiano su quattro è nella soglia
della povertà, che se si perde il posto,
difficilmente si torna a essere ricollocati
nel mercato del lavoro. Il crollo di tutti
i poli dell’acciaio (per l’Ilva dovrebbe
arrivare una cordata indiana mentre la
Thyssen Krupp per Terni non recede
dalle sue posizioni e non pagherà i lavoratori finchè non cesserà lo sciopero)
preoccupa non solo per la perdita di
posti di lavoro ma anche per l’indebolimento del sistema industriale.
Siamo ormai al sesto anno di crisi economica e le condizioni, non solo italiane
ma dell’intera Eurozona, sono critiche.
La Germania frena ancora nell’ultima
parte dell’anno con le vendite al dettaglio ai minimi al 2007 e con le esportazioni in affanno per la debolezza dei
mercati esteri.
Secondo un altro approfondimento statistico il 26% delle famiglie non sarebbe
in grado di far fronte, con le proprie ri-
sorse, a una spesa improvvisa di 1000
euro. C’è di peggio. Il 74% delle famiglie non è in grado di affrontare una
spesa di 10 mila euro.
L’Istat, però, osserva che è passato dal
29 al 33 per cento il numero delle famiglie che negli ultimi 12 mesi sono riuscite a mettere da parte qualche euro.
Come mai? La prima spiegazione è che
il valore del risparmio è nel DNA degli
italiani, i quali così ridiventato “formichine”. Alla domanda sulle prospettive
future l’87% degli intervistati ha risposto che la crisi in corso (la più grave da
decenni) durerà altri cinque anni. Da
questa considerazione arriva l’adozione di misure per “rimodulare”, in famiglia, le strategie di spesa. L’incertezza e
il timore dell’aggravarsi della situazione consigliano di non impegnarsi in acquisti onerosi, in rate troppo lunghe, di
utilizzare gli indumenti e le scarpe che
erano stati riposti negli armati. È cresciuto il riciclaggio di abiti e oggetti per
l’infanzia che parenti e amici altrimenti avrebbero portato alla Caritas. Si è
dato un taglio anche alla “pizza del sabato sera”, ai quotidiani (quelli gratuiti
si leggono sempre di più) ai settimanali, al teatro, ai concerti pop e agli stadi.
Cambia la filosofia della vita. L’incertezza ha fatto crescere la preferenza per
la liquidità (i denari contanti servono
per le bollette e la benzina) e il ricorso
ai depositi in conto corrente mentre
si contrae il fascino tutto italiano del
mattone, a causa delle tasse sempre più
elevate e dei rischi delle occupazioni
selvagge.
Fa riflettere il caso della coppia di anziani che in un paesino della Sicilia,
presso Comiso, si è “tumulata” nel proprio appartamento per non consegnarlo a chi lo aveva acquistato all’asta per
soli 30 mila euro. È la radiografia di tanti drammi della povertà e dell’emarginazione, con abusivi che a Milano come
a Roma occupano le case popolari. Ci
sono anziani che spesso sono costretti
a rimandare il ricovero in ospedale per
non lasciare solo l’appartamento, che
sarebbe immediatamente espropriato
dai delinquenti (in 3 casi su 4 la casa
è occupata da cittadini stranieri che si
servono di organizzazioni criminali
che per 500 euro sfondano le porte e
le finestre permettendo in poco tempo l’occupazione). Tra Milano e Roma
sono stati registrati 15 mila alloggi
espropriati, con i legittimi conduttori
(in prevalenza anziani ) cacciati.
L’allarme è grande perché oltre la metà
della ricchezza delle famiglie italiane
è costituita da abitazioni. Per anni la
casa ha rappresentato una forma d’investimento anche per il futuro dei figli
ma l’aumento della tassazione (il carico fiscale sul patrimonio immobiliare
è stato calcolato in 52,3 miliardi nel
2014, dai 49,5 dell’anno precedente)
l’ha scoraggiato perché meno redditizio di altri.
È stato verificato che 31 miliardi sono
riconducibili al possesso dell’immobile
(IMU, Tasi, Tari, imposta di scopo), 9,3
miliardi è il gettito della redditività degli immobili (Irpef, Ires, Registro, bollo) e 11,9 miliardi riferiti al trasferimento degli immobili (IVA, imposte varie).
Con questi elementi negativi i prezzi
delle case sono in continua discesa e i
tempi per concludere una transazione
sempre più lunghi (nel 2014 le compravendite sono scese da 800 mila dell’anno precedente a 400 mila) con il rischio,
quindi, di perdite in conto capitale.
Si sta assistendo in Italia a un ridimensionamento sociale che il governo e il
Parlamento non riescono ad arrestare
sia per la negativa congiuntura internazione sia per la mancanza di strategie
idonee a causa delle divergenze e delle
divisioni politiche.
Il premier Matteo Renzi, a Palazzo Chigi dal 22 febbraio, ha preso molti impegni e ha tracciato un percorso di mille
giorni per far ripartire il sistema Italia.
Gli effetti-annunci per ora l’hanno portato a ottenere alcuni risultati “mediatici” e politici (il Pd alle Europee di maggio ha sfiorato il 41% dei voti). Superata
l’estate, i nodi sono venuti al pettine e i
pochi patti rispettati sono stati inferiori alle attese e agli annunci tanto che a
novembre la percentuale di gradimento
del premier è scesa al 54 dal precedente
61 per cento.
Il jobs act e il decreto Sblocca Italia
(già convertito in legge) contengono
più buoni propositi per il futuro che atti
concreti per rilanciare la crescita. Gran
parte delle misure sul mercato del lavo-
ro è rimandata ai decreti attuativi della
legge delega di cui non si conoscono
bene i contorni. La pubblica Amministrazione è ancora fortemente in ritardo
nel pagamento del debito nei confronti
delle imprese (mancano ancora 50-60
miliardi).
Il pacchetto giustizia (riforma del processo civile, norme contro la criminalità economica, responsabilità civile dei
magistrati) è ancora nei cassetti di Palazzo Chigi e del Parlamento. Gli interventi nell’edilizia scolastica ritardano,
come è assente, nonostante i ripetuti
disastri, un programma straordinario
per i dissesti idrogeologici.
L’anno che si sta chiudendo registra forti tensioni che potrebbero sfuggire al
controllo come si è verificato nella giornata nera degli scontri tra Polizia e lavoratori delle acciaierie di Terni, giunti a
Roma per opporsi allo smantellamento
di un centro industriale di alto livello e
grandi tradizioni e per protestare sotto
l’Ambasciata tedesca per la decisione
della Thyssen Krupp di licenziare 550
lavoratori in Italia mentre garantisce il
posto di lavoro a quelli tedeschi fino al
2020.
E come se i guai occupazionali non
bastassero ecco licenziati 1700 dipendenti della Meridiana e mille da parte
dell’Alitalia a Fiumicino come avvio
dell’operazione di mobilità decisa dopo
l’acquisto da parte della società degli
Emirati Arabi del 49% dell’ex compagnia di bandiera.
(smen)
Costi per 250 miliardi gravano sulle imprese
Le imprese italiane sopportano un costo annuo di circa 250 miliardi di
euro tra tasse, contributi previdenziali e ritardi burocratici (pagamenti,
blocco delle pratiche, etc).
È un peso record in Europa secondo l’ufficio studi dell’Associazione Confartigianato di Mestre (Cgia) che ha stimato tutti gli sforzi e impegni
richiesti alle imprese che devono far fronte a un credito concesso con il
contagocce, con una burocrazia che accresce vincoli, ritardi e difficoltà interpretative, con una giustizia civile lentissima.
Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale per oltre 110 miliardi
senza contare le tasse comunali sugli immobili strumentali o altri tributi locali. Sono stati stimati in 95 miliardi di euro nel 2012 i contributi a
carico delle imprese versati solo per la copertura previdenziale dei propri
dipendenti.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
17
INSEDIATA LA COMMISSIONE JUNCKER-KATAINEN-MOSCOVICI
Roma e Parigi
nel mirino
di Bruxelles
Riconosciuti gli sforzi soprattutto dell’Italia e della Francia di venire
incontro alle richieste di correzioni rispetto ai primi documenti inviati
entro il 15 ottobre
di Ludovica Amisano
L
a nuova Commissione europea, guidata dal lussemburghese popolare JeanClaude Juncker, è entrata in
funzione dal primo novembre con un
compromesso. Dopo alcune settimane di tensioni e contrasti, di lettere e
correzioni Bruxelles ha dato il primo
via libero ai bilanci previsionali di Italia, Francia, Austria, Malta e Slovenia
con una riserva. Non essendo state riscontrate “gravi inadempienze” delle
regole UE la Commissione ha riconosciuto gli sforzi soprattutto dell’Italia
e della Francia di venire incontro alle
richieste di correzioni rispetto ai primi documenti inviati entro la ormai
fatidica data del 15 ottobre, appuntamento annuale ormai fisso per gli
Stati dell’Eurozona.
Nessuna bocciatura dei progetti di
legge di stabilità (ex Finanziaria) e
prova superata. Ma i primi giudizi
sulle manovre non escludono la ri-
Renzi, le tasse, l’Irap e i giochi di prestigio
Aveva assicurato tutti che avrebbe diminuito le tasse perché consapevole
che è l’unico metodo per far ripartire l’economia e per questo il Presidente
del Consiglio Matteo Renzi, aveva garantito, dal 2015 per tre anni, una deduzione integrale per le aziende che assumevano a tempo indeterminato.
La realtà, come spesso accade con le promesse di Renzi, è molto diversa e
addirittura prevede un aumento dell’Irap a livello retroattivo. Non finiscono mai di stupire le novità inserite nelle varie versioni della “Legge di
Stabilità”, quella che, per altro, ha patito molto prima di ottenere la “bollinatura” da parte della Ragioneria dello Stato. Il testo definitivo prevede,
infatti, il ritorno dal 3,5 al 3,9 dell’aliquota Irap con retrodatazione all’1
gennaio 2014. Tutto questo nonostante l’articolo 3 dello Statuto dei diritti
del contribuente preveda che le «disposizioni tributarie non hanno effetto
retroattivo». E pensare che l’Italia era considerata la “Patria del Diritto”.
Non basta perché, per i fondi pensione, che vedranno la loro tassazione
passare dall’11,5 al 20% dall’1 gennaio 2015, ci sarà un anticipo operativo dei prelievi già dal 2014. Aumenta anche la tassazione sulla previdenza
dei professionisti che passa dall’attuale 20% al 26 per cento. Tutto questo
utilizzando il sistema delle “deroghe” allo Statuto stesso che, tradotto dal
burocratese, vuole dire solo una cosa: le regole esistono ma noi le cambiamo come e quando vogliamo, se c’è comodo per fare cassa.
18
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
L’abbraccio tra Angela Merkel e JeanClaude Junker
chiesta di nuove correzioni future.
Per quest’anno «le regole non cambiano» si è affrettato a spiegare il
commissario finlandese Jyrki Katainen (il politico di cui la Cancelliera
Angela Merkel si fida per il rispetto
della politica di rigore finanziario)
anche se riconosce che «con riferimento alla congiuntura economica
attuale la situazione in quest’ultimo
anno è cambiata».
Prima che la Commissione emetta
una valutazione finale (prevista per la
fine di novembre) gli uffici di Bruxelles hanno ricevuto il compito di analizzare la qualità e la quantità dei dati
di deficit e di debito.
Le correzioni dei conti che Italia e
Francia hanno proposto in fretta
dopo aver ricevuto la lettera di Katainen hanno evitato un clamoroso
shock di vasta portata politica ed
economica (con scatenamento della
speculazione) prima che s’insediasse
Juncker e i suoi ventotto commissari tra cui c’è, come responsabile del
controllo dei conti, il socialista francese Pierre Moscovici più propenso
ad allargare le maglie della flessibilità
per varare politiche espansive che favoriscano la crescita, come d’altronde
chiedono i socialdemocratici tedeschi
che fanno parte della grande coalizione tra CDU-CSU e SPD in Germania.
Il riconoscimento della necessità di
un dialogo aperto tra le grandi Nazio-
L’ECOLOGICA
ni europee deriva anche dalle difficoltà e dal rallentamento
dell’economia tedesca che provoca una minore espansione
dell’export, fattore finora trainante. Il dialogo aperto deriva anche dallo scenario politico che si è formato al Parlamento di Strasburgo che in pratica ha spartito le leve di comando tra la colazione dei Popolari e Liberali e i Socialisti,
di cui fanno parte sia Matteo Renzi sia François Hollande,
preoccupati dalla crescita dei partiti euroscettici e dalla
spinta antieuropea di Londra.
Nelle settimane decisive intorno alla fine di ottobre c’è stato un fitto lavorio diplomatico, una serie di consultazioni
tra la Commissione (l’uscente Josè Barroso voleva essere
più rigido) e alcuni Stati membri per richiedere informazioni ed evidenziare i timori sulle bozze di legge di bilancio
che i vari Parlamenti andavano approvando (la sovranità
dei Parlamenti è sempre minore). Il caso italiano preoccupava. La legge di stabilità al Senato è passata soltanto con
161 voti tra cui quello determinante di Orellana, transfuga
dal Movimento 5 Stelle.
Dopo la variazione al DEF che aggiornava gli obiettivi programmatici sulla riduzione insufficiente del deficit strutturale per il 2015, Bruxelles, nei fatti, ha imposto all’Italia
di rivedere il testo promettendo nuove misure per altri 4,5
miliardi, tali da portare l’aggiustamento strutturale a circa lo 0,3% del PIL come voleva Bruxelles. La vicenda può
essere interpretata in tanti modi: per il Ministro Padoan il
dialogo aperto con la Commissione segna «i tratti di una
nuova Europa e il riconoscimento della sostanziale coerenza del budget con il quadro delle regole europee». Secondo
altri osservatori, l’Italia e la Francia restano sotto osservazione e la minaccia di rimettere mano alle misure economiche per restare dentro i vincoli. Nella nota di variazione
si osserva che l’Italia avrà un indebitamento netto normale
pari al 2,6% in linea con quanto richiesto dalle istituzioni europee e dal Patto di stabilità e crescita. Il 3%, come
dimostra la Francia che si trova in condizioni di maggiore
precarietà dell’Italia, non è un limite invalicabile dell’indebitamento ma un valore di riferimento. Qualunque passo però che si discostasse da questo sarà valutato successivamente. Evitata la bocciatura, Italia e Francia restano
a rischio di procedure come quella per il debito elevato e
per gli squilibri economici. La procedura d’infrazione, per
ora, è scongiurata. Altro aspetto sono le riforme. «L’Italia,
osserva Katainen, il luterano considerato braccio armato
del PPE in Commissione, sta adottando riforme radicali,
bisogna vedere se tutte saranno attuate». Tuttavia il termine “riforme strutturali” è estraneo ai Trattati UE, è uno di
quei regolamenti che in parte Renzi vorrebbe “rottamare”.
Qualche spiraglio positivo comunque c’è. L’Italia ha chiuso con Bruxelles l’accordo di partenariato sull’utilizzo dei
Fondi strutturali per il periodo 2014/2020 per un importo
complessivo di 43 miliardi.Il problema è che questi fondi
servono solo per co-finanziare i progetti e spesso le Regioni italiane non sono state in grado di presentare e realizzare
i progetti nei tempi previsti.
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la PROPRIETÀ
edilizia • Novembre
2014 19
DATI CENSUARI
Pubblicate
le statistiche
catastali
Le informazioni diffuse dall’Osservatorio del mercato immobiliare
dell’Agenzia delle entrate consentono di apprezzare l’enorme lavoro
che richiederà l’attuazione della riforma del sistema estimativo
di Gianni Guerrieri
A
fine ottobre sono state
pubblicate dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle
entrate le «Statistiche catastali 2013»,
un volume formato pdf, scaricabile
dal sito http://www.agenziaentrate.
gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/omi/Pubblicazioni/
Statistiche+catastali/ in cui sono riportati i dati censuari del catasto edilizio italiano. In particolare, sono forniti
il numero di unità immobiliare relativamente a ciascun gruppo e categoria
catastale (un mix tra destinazione d’uso e tipologia), l’ammontare delle rendite, la qualificazione dell’intestatario
delle unità immobiliare (se persona
fisica o no), la distribuzione territoriale. Sono poi svolte delle elaborazioni
in ordine alla misura (per vano, per
superficie o per volume) delle unità
immobiliari “ordinarie”, quelle per le
quali la rendita catastale è basata su tariffe d’estimo per classe di merito.
L’interesse per queste statistiche, oltre che di carattere generale (perché
consentono una conoscenza numerica
del patrimonio immobiliare italiano)
risiede nel fatto che è possibile apprezzare la dimensione enorme che richiederà l’attuazione dell’art. 2, della legge
delega dell’11 marzo 2014 n. 23, con20
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
cernente la riforma del sistema estimativo catastale.
Si apprende anzitutto che le unità immobiliari censite in catasto, inclusi i
“beni comuni censibili” e comprensive di quelle “scovate” con la campagna
dei cosiddetti “immobili fantasma”
(immobili esistenti mai censiti in catasto), ammontano a circa 63,5 milioni,
per un ammontare di rendita complessiva pari a circa 37 miliardi di euro.
Oltre il 97% delle unità immobiliari
sono “ordinarie” nel senso sopra precisato. Il restante 3% (circa 1,6 milioni)
sono unità “speciali o particolari” che
si distinguono per il fatto che la rendita non è determinata secondo tariffe d’estimo ma con la stima diretta di
ciascuna unità immobiliare. Si tratta
di opifici, industrie, grandi strutture
commerciali, porti, aeroporti, ecc.
Al contrario, l’ammontare della rendita complessiva solo per circa il 70%
dipende dalle unità immobiliari ordinarie. Il restante 30% è attribuito alle
categorie D ed E.
Se osserviamo nel dettaglio il gruppo
A, al netto della categoria A10 che rappresenta gli uffici, possiamo osservare
le categorie catastali per le unità immobiliare ad uso residenziale. Nella tabella 2 è riportata la serie storica delle
statistiche dal 2007 al 2013 del numero di unità immobiliari per categoria.
Poiché sono disponibili le serie storiche con incluse le province autonome
di Trento e Bolzano solo per gli ultimi
due anni (2012 e 2013), per osservare
l’intero periodo indicato con una serie
storica omogenea, si è dovuto necessariamente “nettizzare” gli anni 2012
e 2013 delle unità immobiliari censite
nel catasto tavolare delle due province
autonome sopra indicate.
Data questa premessa, si evidenzia che
la quota di abitazioni civili ed economiche rappresenta la stragrande maggioranza delle abitazioni. La loro quota
sul totale delle abitazioni va dal 69%
del 2007 al 72% del 2013.
Il trend di crescita delle abitazioni tra
il 2007 e il 2013 (vedi tabella 3) segna
complessivamente un +8,1%.
Nel commentare questo dato occorre
considerare che questo incremento
non è imputabile alle nuove costruzioni, ma è la risultante di un mix di
fenomeni diversi: del saldo tra fusioni
STOCK (n. unità`)
Rendita (in euro)
A
35.271.468
18.163.116.197
B
195.534
1.329.437.208
C
26.385.247
5.998.971.569
Sub totale
61.852.249
25.491.524.974
D
1.501.819
10.771.873.680
E
169.448
700.251.377
Totale
63.523.516
36.963.650.031
Tabella 1: variazioni tendenziali del numero di unità immobiliari compravendute
Fonte: OMI-Agenzia delle entrate - Include le province autonome di Trento e Bolzano
e incorporazioni di unità immobiliari
già esistenti, di processi amministrativi di rettifica (tipico esempio è stato
l’iscrizione in catasto degli “immobili
fantasma”), dell’iscrizione di nuove
costruzioni o di ampliamenti di edificazioni già esistenti.
È interessante osservare alcuni fenomeni. Anzitutto la drastica riduzione
(20,4%) nel periodo 2007-2013 delle
unità immobiliari censite in A/5 definite in catasto come ultrapopolari.
Tale riduzione è da ascrivere principalmente agli effetti dei riclassamenti
avvenuti in alcuni Comuni italiani ai
sensi dell’art. 1 commi 355 e 336 della
legge n. 311/2004. Il co. 335 prevedeva
che per le microzone comunali selezionate tra quelle aventi un rapporto tra
valore di mercato e valore catastale abbondantemente lontano dal rapporto
medio comunale, i Comuni potevano
richiedere all’allora Agenzia del territorio (oggi incorporata nell’Agenzia
delle entrate) di provvedere alla verifica del classamento delle unità immobiliari di quelle microzone selezionate.
In effetti, soprattutto nei centri storici
sussistevano situazioni in cui il classamento (per mancata variazione richiesta della parte a seguito di interventi
di ristrutturazione o per la profonda
mutazione del tessuto urbano della
città) era fermo agli anni di impianto
del catasto urbano (dal 1939 agli inizi
del ‘60). Il comma 336, invece, rendeva possibile, sempre su richiesta del
Comune la possibilità di modificare
il classamento a seguito di interventi
edilizi non dichiarati in catasto.
Solo a Roma sono stati riclassati, a seguito del comma 335, circa 175 mila
immobili su più di 224 mila ubicati in
diciassette zone “anomale”. Tale operazione ha comportato «la sostanziale
scomparsa di alcune vecchie categorie
non più attuali, come ad esempio quella ultrapopolare (A/5), e la forte riduzione delle abitazioni di tipo popolare
(A/4) ed economico (A/3), che erano
ancora presenti in diverse zone del
A1
Signorile
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
35.680
36.732
36.385
36.291
36.154
35.694
36.197
A2
Civile
10.480.934
10.817.919
11.093.017
11.330.912
11.580.391
11.763.287
11.948.669
A3
Economico
11.178.254
11.431.139
11.637.545
11.821.498
12.061.170
12.270.050
12.359.311
A4
Popolare
5.688.269
5.673.259
5.672.572
5.665.910
5.683.426
5.701.157
5.653.564
A5
Ultrapopolare
1.174.479
1.132.215
1.098.443
1.068.257
1.035.957
992.704
934.767
A6
Rurale
892.253
859.111
833.421
808.526
782.429
751.233
713.059
1.926.653
1.993.667
2.058.375
2.118.819
2.193.650
2.237.196
2.266.865
34.227
34.288
34.427
34.628
35.007
35.098
35.036
A7
Villini
A8
Ville
A9
Castelli
A10
Tipiche dei luoghi
Totale
2.404
2.430
2.451
2.463
2.519
2.481
2.455
15.568
17.086
17.435
18.061
18.696
19.082
19.242
31.428.721 32.586.535 32.485.071 32.905.365 33.429.399 33.807.982 33.969.165
Tabella 2: numero unità immobiliari residenziali
Fonte: OMI – Agenzia entrate – vari anni; al netto delle le province autonome di Trento e Bolzano
Centro». Per converso l’aumento delle
categorie A/3 e A/2 (rispettivamente
nel periodo 2007-2013 +10,6% e +14%)
oltre che di altri fenomeni risente particolarmente del nuovo classamento
dato alle unità immobiliari A/5.
La riduzione nel periodo considerato
(20% circa) della categoria A/6 (rurale) è invece dovuta alle più recenti
normative in merito alla classificazione dei fabbricati che hanno diritto alle
agevolazioni per la ruralità (i cosiddetti “fabbricati rurali”) peraltro oggetto
di contenzioso.
L’incremento della categoria A/7
(villini) per circa 340 mila unità tra il
2007 e il 2013 (+17,7%) è invece possibile che sia da imputare con maggior
prevalenza sia alle nuove costruzioni
ultimate nel periodo considerato, sia
al frazionamento di unità in precedenza unifamiliari. In effetti, com’è noto,
una parte non trascurabile del nuovo
patrimonio abitativo ha assunto la tipica configurazione delle “villette a
schiera” soprattutto nel Centro-Nord.
Infine, è interessante osservare in
base alle statistiche catastali dell’Agenzia delle entrate che circa l’88%
delle unità immobiliari sono intestate
a persone fisiche. Tale quota dipende
essenzialmente dagli intestatari persone fisiche di unità immobiliari del
gruppo A destinate ad abitazione (con
l’esclusione di A/10 che sono uffici) o
di unità incluse nel gruppo C prevalentemente a destinazione commerciale
(negozi, botteghe), o per lo più unità
pertinenziali alle abitazioni (cantine,
posti auto, box).
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2013/2007
A1
Signorile
2.9%
-0.9%
-0.3%
-0.4%
-1.3%
1.4%
1.4%
A2
Civile
3.2%
2.5%
2.1%
2.2%
1.6%
1.6%
14.0%
A3
Economico
2.3%
1.8%
1.6%
2.0%
1.7%
0.7%
10.6%
A4
Popolare
-0.3%
0.0%
-0.1%
0.3%
0.3%
-0.8%
-0.6%
A5
Ultrapopolare
-3.6%
-3.0%
-2.7%
-3.0%
-4.2%
-5.8%
-20.4%
A6
Rurale
-3.7%
-3.0%
-3.0%
-3.2%
-4.0%
-5.1%
-20.1%
A7
Villini
3.5%
3.2%
2.9%
3.5%
2.0%
1.3%
17.7%
A8
Ville
0.2%
0.4%
0.6%
1.1%
0.3%
0.2%
2.4%
A9
Castelli
1.1%
0.9%
0.5%
2.3%
-1.5%
-1.0%
2.1%
A11
Tipiche dei luoghi
9.8%
2.0%
3.6%
3.5%
2.1%
0.8%
23.6%
3.7%
-0.3%
1.3%
1.6%
1.1%
0.5%
8.1%
Totale
Tabella 3: variazione annuale numero unità immobiliari residenziali
Fonte: Ns elaborazioni su tabella 2; al netto delle le province autonome di Trento e Bolzano
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
21
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22
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
Impresa di Dicembre: BONIFICHE AMBIENTALI
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IL TESTO DEL D.D.L.
La legge
di stabilità
2015
Il Governo ha inviato al Parlamento il disegno di legge
approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 ottobre u.s.
di Alessandro Caneba
R
iportiamo di seguito quelle che, sulla base dei testi
a oggi disponibili, sono le
principali novità del disegno di legge sulla stabilità, quella che
un tempo si chiamava Finanziaria.
Riduzione dell’Irap: la modifica riguarda le aziende che potranno dedurre integralmente dalla base imponibile Irap, il costo del lavoro riferito
ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
Credito d’imposta per ricerca e sviluppo: le aziende che incrementano
le spese riguardanti la ricerca e lo
sviluppo potranno avere un bonus
del 25% delle spese sostenute in più
rispetto alla media degli ultimi tre
anni.
Ristrutturazione edilizia e risparmio
energetico: le agevolazioni fiscali per
gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e le detrazioni per risparmio energetico sono prorogate
fino al 31 dicembre 2015.
Confermati gli “sconti” nella misura,
rispettivamente, del 50 e 65 per cento. Salvo nuove proroghe, le agevolazioni in questione scenderanno al 36
e al 55 per cento dal 2016.
Nuovo regime agevolato per gli autonomi: cambiano e sono riordinati
i regimi agevolati per i soggetti IVA.
Sono previste varie soglie di volumi
d’affari all’interno dei quali poter optare per il regime agevolato.
L’imposta sostitutiva passa dal 5% al
15%.
Bonus degli 80 euro: entra a regime
il bonus degli 80 euro introdotto nel
2014, sono inoltre previsti stanziamenti per le famiglie con più figli a
carico e per figli neonati.
TFR dei privati in busta paga: su scelta volontaria il dipendente può, per
tre anni, accreditare mensilmente il
trattamento di fine rapporto maturato nel periodo.
Decontribuzione per i neo assunti:
esonero per tre anni dal versamento
dei contributi previdenziali per datori
di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato.
Fondi pensione e previdenza integrativa al 26%: rivista la tassazione dei
fondi Pensioni, della previdenza privata e complementare e delle polizze
vita che passerà al 26%.
Lotta all’evasione: modifiche ed
estensione dell’inversione contabile
ad alcuni settori maggiormente a rischio.
Ampliamento temporale dell’utilizzo
del “ravvedimento operoso”. Maggiore utilizzo delle banche dati e dei controlli incrociati.
Controllo delle anomalie invitando il
contribuente preventivamente all’accertamento.
Spending review: circa metà della manovra è basata su tagli alla spesa pubblica, tagli lineari a Ministeri, Regioni ed enti locali oltre che a interventi
sulla sanità.
Ravvedimento per tardiva presentazione del mod. 770
L’art. 13, d.lgs. n. 472/1997 e successive modificazioni, consente di regolarizzare, mediante il ravvedimento operoso, le violazioni commesse in sede
di predisposizione e di presentazione della dichiarazione e di pagamento
delle imposte dovute.
L’omessa presentazione delle dichiarazioni entro il termine stabilito può essere regolarizzata presentando una dichiarazione entro i 90 giorni successivi
alla scadenza, utilizzando lo strumento del ravvedimento operoso.
Il termine di presentazione del modello 770 è scaduto lo scorso 19.9.2014,
ma grazie alla proroga del d.p.c.m. pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
04.08.2014, n. 179 è possibile utilizzare il “ravvedimento” e presentare il
modello 770/2014 entro il 18 dicembre 2014. La violazione sarà così sanata
con il versamento spontaneo di una sanzione ridotta pari a euro 25,80, ferma restando l'applicazione delle sanzioni relative alle eventuali violazioni
riguardanti il pagamento dei tributi, se dovuti.
Il pagamento deve essere eseguito contestualmente alla presentazione del
“770” tardivo utilizzando il modello F24 con il codice 8911 anno 2014.
Possono procedere al ravvedimento tutti i contribuenti a condizione che la
violazione non sia stata già constatata e, comunque, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle
quali l’autore, o i soggetti obbligati in solido, abbiano avuto formale conoscenza.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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13:00; dal lunedì al giovedì dalle 15:30
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LEGALE GENERALE, DIRITTO
AMMINISTRATIVO E PENALE
Martedì dalle 10:00 alle 13:00
LEGALE: EQUITALIA-GERIT
Tutti i martedì dalle 10:00 alle 13:00
DIRITTO DI FAMIGLIA
Tutti i giovedì dalle 10:00
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CATASTO ED ESTIMO
Lunedì dalle 10:00 alle 13:00;
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DIRITTO DEL LAVORO (COLF E BADANTI)
Giovedì e venerdì dalle 10:00 alle 13:00
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AMMINISTRATIVO (CONTRAVVENZIONI
ELEVATE DAI COMUNI)
Martedì dalle 10:00 alle 13:00
CASACONSUM
DIRITTI DEI CONSUMATORI
Il primo giovedì del mese
dalle 15:30 alle 18.30
NOTARILE (COMPRESE COOP EDILIZIE)
1° e 3° mercoledì di ogni mese
dalle 11:00 alle 13:00
DIRITTO DEL LAVORO
(PORTIERI)
Lunedì dalle 10:00 alle 13:00
Giovedì dalle 15:30 alle 18:30
IMPIANTISTICA, SICUREZZA
E PREVENZIONE INCENDI
mercoledì dalle 10:00 alle 13:30
e dalle 15:30 alle 18:30;
Giovedì dalle 10:00 alle 13:00
URBANISTICA, EDILIZIA
lunedì dalle 10:00 alle 13:00;
mercoledì dalle 10:00 alle 13:30
e dalle 15:30 alle 18:30;
giovedì dalle 15:30 alle 18:30;
DIRITTO TRIBUTARIO
martedì e venerdì dalle 11:00
alle 13:00; martedì dalle 15:30
alle 18:30; giovedì dalle 10:00
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CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA DEI SOCI
L’Assemblea dei Soci dell’Associazione Romana della Proprietà Edilizia (ARPE) è
convocata, presso la sede sociale di via San Nicola da Tolentino n. 21 - Roma, per le
ore 20.00 del giorno 26/01/2014 in prima convocazione, con il seguente ordine del
giorno:
1. Comunicazioni del Presidente;
2. Approvazione bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2015;
3. Elezione dei Componenti del Consiglio Direttivo, del Collegio dei Probiviri e del
Collegio dei Revisori dei Conti;
4. Nomina della Commissione di verifica dei poteri per la successiva Assemblea;
5. Eventuali e varie.
In caso di mancanza del numero legale dei Soci in prima convocazione, l’Assemblea si
terrà, ai sensi dell’art. 9 dello Statuto, in seconda convocazione sempre nella stessa sede,
il giorno successivo 27/01/2015. alle ore 9.30.
Dopo la proclamazione degli eletti, i Componenti del nuovo Consiglio Direttivo restano convocati per le ore 10.30 presso la sede sociale per la nomina del Presidente, dei
Vice Presidenti, del Tesoriere e degli altri componenti del Comitato Esecutivo, ai sensi
dell’art. 11 dello statuto.
IL PUNTO
Il Sindaco dimezzato
La capitale dei Rom, la città sott'acqua, la metropolitana C appena inaugurata e già allagata, la guerra
sui matrimoni gay e l'aumento vertiginoso, anche
per i residenti, del costo dei parcheggi e dei permessi per entrare nelle Ztl. Insomma, per il Sindaco di
Roma il bilancio è assolutamente fallimentare: in
Campidoglio si è andati avanti molto a colpi di spot,
come la pedonalizzazione dei Fori Imperiali e del
cosiddetto Tridentino che ha scatenato le reazioni
furibonde di residenti e commercianti.
Altrove nulla è stato fatto. Per il rischio pioggia il 5
novembre tutta la città si è fermata per ordine del
Prefetto. Precauzione che se ha salvato, in parte, dal
rischio di paralisi da traffico non è servita a evitare
che la metro C, finisse sott'acqua nella tratta Pantano-San Giovanni a pochi giorni dall'inaugurazione.
E mentre i romani arrancano in mezzo al traffico
con un trasporto pubblico disastroso (l'Atac rischia
il fallimento per via di un buco miliardario), Ignazio Marino è in guerra con il ministro dell'Interno
Alfano, per aver voluto registrare platealmente in
Campidoglio i matrimoni che alcune coppie gay
avevano celebrato all'estero. L’invito del prefetto a
cancellare un atto non previsto dalla Costituzione è
stato disatteso da Marino, che si è dichiarato inflessibile nella sua battaglia per i diritti civili.
Intanto, il prezzo dei permessi per il centro storico è
più che raddoppiato, mentre i politici capitolini non
pagano niente, neanche per l'abbonamento a Metrebus e per la card delle strisce blu. Infine, l'ultima
grana nella quale è incappato il Sindaco è quella del
parcheggio della sua ormai famosa Panda rossa nello spazio destinato ai senatori (ma non agli “ex”).
Poi è esplosa un'altra polemica riguardante otto
multe per l’entrata nella Ztl con il permesso scaduto. Il Campidoglio si è giustificato spiegando che il
sindaco aveva diritto al tagliando di accesso e c'era
stato solo un ritardo nella consegna, affermazione
contestata dalle opposizioni, ma la polemica diventa sempre più rovente.
Non stupisce dunque che un sondaggio commissionato dal presidente della Regione regali un risultato disastroso per il sindaco, bocciato da più della
metà dei romani. E non stupisce che nel Pd ormai
sia guerra aperta tra chi – come Nicola Zingaretti e
in parte il premier Matteo Renzi – vorrebbe sbarazzarsi dell'attuale Sindaco andando a nuove elezioni
e i consiglieri comunali del partito democratico che
fanno quadrato attorno al primo cittadino perché
non gradiscono di dover fare una nuova campagna
elettorale.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
25
URBANISTICA
Note sul restauro di Via Giulia
Nel corso dell’incontro dedicato dall’Accademia di San Luca alla strada voluta dal Papa Giulio II e progettata nel 1500 da Bramante è stato votato un documento con precisi suggerimenti alle Autorità sulla
sistemazione della straordinaria area
di Pietro Samperi*
I
l 21 ottobre u.s. l’Accademia di
San Luca ha organizzato un incontro sul tema «Bramante e via
Giulia - Un problema di restauro
urbanistico» al quale sono stati invitati
a intervenire studiosi, storici, urbanisti,
architetti, autorità cittadine e nazionali, per riflettere sulle questioni ancora
aperte che riguardano il progetto di
uno dei nodi urbani più importanti di
Roma che, subìta la grande furia devastatrice dei piani mussoliniani, è rimasto ancora irrisolto.
Ha introdotto il presidente dell’Accademia, Paolo Portoghesi, che ha sintetizzato le vicende legate alla sistemazione del vuoto urbano creato dalle demolizioni degli ultimi anni ’30 del secolo
scorso per realizzare un collegamento
scenografico con il Gianicolo e le iniziative che, fin dai primissimi anni Ottanta, sono state ipotizzate per ricostruire la continuità della storica via Giulia,
con le proposte più recenti imperniate
sulla realizzazione di un parcheggio
sotterraneo e vaghe soluzioni circa l’edilizia fuori terra, il tutto complicato
dalla scoperta di resti archeologici di un
certo interesse.
Sono seguiti numerosi interventi
(Frommel, Maffei, Purini, Ravaglioli,
Strinati, Giovanetti, la presidente del
I Municipio e altri), ispirati dalle varie
qualificazioni professionali e relative
esperienze, a partire da una rassegna
storica della progettazione e realizzazione di quella strada, voluta dal Papa
Giulio II e progettata nel 1500 da Bramante, fino agli ultimi avvenimenti,
che hanno visto le amministrazioni
comunali incapaci di assumere iniziative concrete di fronte a un problema
certamente complesso e delicato. Non
solo non si è concepito un progetto di
26
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
sistemazione, ma neppure a stabilire i
paletti necessari per redigerlo.
Nel mio intervento, ho accennato anzitutto al tema della sistemazione delle
aree demolite negli anni ’30 sui due lati
del tratto centrale di via Giulia, all’altezza del vicolo della Moretta, su cui si
discute dal dopoguerra senza risultati.
Non si tratta solo dell’inerzia del Comune, ma anche dei dubbi della cultura
architettonica in materia di vuoti urbani nel centro storico, fra i quali l’area
demaniale attigua alla Camera dei deputati, espropriata prima della guerra
per far posto all’espansione degli uffici.
Essa ebbe una norma “su misura” inserita nel decreto d’approvazione del
p.r.g. del 1962 e un grande concorso
per il progetto, cui partecipò il Gotha
dell’architettura italiana, ma che si concluse con un nulla di fatto.
La proposta di realizzare sotto l’area a
sud della strada un parcheggio, in contrasto con il p.r.g., ha riaperto negli ultimi anni il problema, senza trovare una
soluzione condivisa, spostando correttamente l’interesse sull’intera strada, da
cui il termine di “restauro urbanistico”,
che coinvolge direttamente l’Amministrazione comunale, non meno che la
cultura urbanistica e architettonica.
L’incarico conferito a Bramante di costruire la nuova strada, sulla sinistra
del Tevere, al fine di migliorare i collegamenti del Vaticano con la città a
ovest e con Trastevere, comprendeva
il ruolo che essa avrebbe assunto, oggi
definibile “direzionale”, attraverso la
costruzione di edifici d’importanza
pubblica, a cominciare dal Palazzo dei
Tribunali, mai realizzato, ma di cui si
notano ancora parti del basamento. I
due ruoli avrebbero concorso ad attribuirle un’importanza anche al di là
della “moda” residenziale, manifestata
nei secoli seguenti dalla qualità architettonica di molti edifici e dai relativi
riflessi sul carattere che dovrà ora mantenere o assumere, attraverso interventi
di manutenzione e rinnovo. La conservazione e la salvaguardia del patrimonio edilizio, previste dal p.r.g. per il
“centro storico”, riguardano non solo le
strutture edilizie ma anche le sistemazioni stradali, la disciplina del traffico
e le eventuali modifiche di destinazioni
d’uso.
L’assetto della strada, ancora compatibile con le caratteristiche originarie fino
alla prima metà degli anni ‘30, mutò
notevolmente con gli sventramenti
avvenuti nel tratto centrale al fine di
costruirvi il liceo Virgilio (completato
nel 1939) e di realizzare un nuovo accesso al Gianicolo da Corso Vittorio
Emanuele (Chiesa Nuova) in asse con
ponte Mazzini e lo spostamento del
carcere di Regina Coeli. Dopo l’esproprio e le demolizioni, le vicende belliche non consentirono di realizzare le
sistemazioni citate, ma esse apparvero
incompatibili con i nuovi criteri di tutela dei centri storici e furono sostituite
da proposte spesso eversive, creandosi
così una situazione insostenibile, fino
alle proposte attuali, imperniate su un
parcheggio sotterraneo.
Senza entrare nel merito di queste
proposte e relative procedure seguite,
si ricordano le difficoltà del sottosuolo romano in materia archeologica e
idrogeologica, con un accavallarsi di
soluzioni contro il p.r.g., rese possibili
da macchinazioni e deroghe, assai gravi
trattandosi del centro storico. Circa gli
aspetti squisitamente urbanistici, non
appare condivisibile nessuna delle soluzioni sul tappeto e vanno affrontate
alcune condizioni di base, irrinunciabili, tenendo conto delle leggi e della
disciplina urbanistica fondamentale
per qualunque intervento nel centro
storico di Roma, interpretata secondo
le attuali acquisizioni culturali.
Anzitutto, si tratta di due aree di proprietà comunale, per una delle quali
la concessione comunale per il parcheggio non evita il
rispetto delle regole
stabilite dagli strumenti legislativi e
urbanistici. Il problema principale è la
ricostruzione delle
aree demolite e le relative caratteristiche.
Il p.r.g. del 1962 non
l’avrebbe consentita,
tanto che per l’analogo caso dell’area
presso la Camera,
il DPR di approvazione prescrisse
esplicitamente la ricostruzione, non già
riferita
all’edificio
preesistente, ma alla
più ampia necessità
di spazi richiesti per
uffici. Quando in
Consiglio Superiore dei LL.PP. fu discusso il problema, per la mia proposta
di definire le caratteristiche del nuovo
edificio non in base alle esigenze della
Camera ma a quella di risolvere degnamente l’immagine di quello spazio, sul
quale prospettano i muri ciechi degli
edifici limitrofi, fui tacciato di «trattare il Parlamento della Repubblica alla
stregua dei Mulini Pantanella». Mi dette ragione l’esito negativo del concorso
deciso dalla Commissione di giudizio
per le conseguenze delle eccessive dimensioni stabilite dal bando.
Il p.r.g. vigente, classificando le aree demolite “Tessuto T3”, consente la ricostruzione, che risponde all’opportunità
storica di ripristinare l’originaria immagine della strada, rispettando volume
(nei limiti di legge), sagoma e destinazioni. Diverso il caso del parcheggio
che, nel rispetto dei resti archeologici,
potrebbe essere realizzato, superando
il divieto del p.r.g., a condizione di non
richiamare nuovo traffico, sottraendo
aree di sosta in superficie equivalente a
quella del parcheggio, da riservare ai residenti della zona. Le aree liberate dalla
sosta in superficie potrebbero divenire
marciapiedi, con eventuale percorso
ciclabile, limitando il traffico veicolare
dell’attuale ZTL ai mezzi diretti agli
edifici latistanti.
In base a questi criteri e al patrimonio
di idee e proposte - accettabili o meno emerse in questi anni, il Comune dovrà
anzitutto stabilire chiaramente i contenuti fondamentali degli interventi, non
solo per le aree demolite, ma anche per
altri eventuali interventi intesi a salvaguardare e valorizzare una strada la
cui storicità sta non solo nel trovarsi in
quell’ambito, ma anche – e soprattutto
– nelle vicende e negli artisti che hanno
presieduto alla sua costruzione. Seguiranno le condizioni economiche relative all’uso degli edifici e del parcheggio,
nonché le procedure per un corretto
svolgimento dei lavori, a cominciare
dalla scelta del progetto e dalla gestione dei nuovi edifici e del parcheggio, in
un’ottica urbanistica più ampia.
Questa proposta richiede un “punto
e a capo” rispetto ai precedenti della
vicenda con la possibilità di “derogare” alle decisioni assunte … in deroga
immotivata alla disciplina vigente per
operazioni di questo tipo, che, ove confermate, diverrebbero precedenti pericolosissimi per l’intero centro storico.
Infine, si potrebbe fornire agli organi
comunali competenti l’assistenza di un
organo collegiale di esperti di chiara
fama, nella fase della scelta del progetto
e nel corso della sua realizzazione.
Al termine dell’incontro, il presidente
Portoghesi ha proposto ai partecipanti
un documento, votato all’unanimità e inviato a tutte le Autorità preposte alle decisioni relative, che
appresso si riporta.
«In seguito all’incontro tenutosi nella
sede dell’Accademia
Nazionale di San
Luca il 16 ottobre
2014, i sottoscritti
chiedono alle Autorità preposte alle
decisioni relative alla
sistemazione dell’area di via Giulia modificata dalle demolizioni della fine degli
anni Trenta:
che sia verificata l’opportunità e la
legittimità del progetto presentato
dalla ditta appaltatrice perché contraddice le delibere comunali del
2008 e del 3/7/2014 e la convenzione del 2008, in quanto non prevede una costruzione interrata, ma
un volume edilizio sporgente quasi
5 metri dal livello del suolo all’incrocio tra via Bravaria e vicolo delle
Prigioni;
che il problema sia sottoposto a una
valutazione del Consiglio superiore
dei beni culturali;
che si ponga allo studio la possibilità di utilizzare i fondi europei per la
sistemazione dei ruderi delle Scuderie di Augusto;
che si prenda in considerazione
l’opportunità di bandire un concorso internazionale che affronti la
programmata trasformazione come
problema di restauro urbano».
* Urbanista
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
27
COMMEDIA DELL'ASSURDO AL COSTANZI
Un'Opera da tre soldi
Il teatro lirico della Capitale alle prese con una grave crisi economica e di credibilità. Chiude i battenti
l’Orchestra sinfonica di Roma
di Gianluigi Indri
«
È scherzo o è follia siffatta
profezia», ripete Riccardo,
protagonista de Il ballo in
maschera verdiano, più incredulo che preoccupato dopo che la
strega Ulrica aveva predetto la sua morte «per man di un amico». E le stesse ma angosciose domande ce
le poniamo anche noi dopo che il Consiglio di amministrazione dell’Opera di
Roma ha deciso di licenziare musicisti e
coristi e di ricorrere all’esternalizzazione degli orchestrali per le produzioni future, a ridosso dell’inaugurazione della
prossima stagione invernale. Non più
con la direzione di Muti, che ha deciso
di abdicare e di dedicarsi alle sue molteplici e lucrose attività lontano dalla
Capitale. Una decisione resa pubblica
dallo stesso maestro in un breve comunicato in cui annuncia di «rinunciare
alla direzione dell’Aida, e agli altri impegni futuri con il Teatro dell’Opera di
Roma». Ma come si fa a realizzare un’opera o
un balletto ricorrendo a “manodopera esterna”, come se i musicisti fossero
28
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
operai chiamati a riparare un guasto o
a svolgere un intervento urgente. Un
musicista o un corista non possono garantire una rappresentazione di buon livello senza interagire e collaborare con
direzione, solisti e regia.
Occorrono prove, prove e ancora prove. Come affermava Victor De Sabata, il
più grande e ispirato dei nostri direttori,
più volte acclamato alla guida dell’orchestra romana, come tanti suoi prestigiosi colleghi, da Marinuzzi, a Serafin,
Von Karajan, Shippers, Solti, Giulini e
più recentemente Patanè e Sinopoli che
negli ultimi anni avevano risollevato le
sorti del teatro.
Perché la storia dell’Opera di Roma è
contrassegnata da grandi successi e memorabili stagioni che le hanno consentito di entrare nell’Olimpo delle grandi
istituzioni musicali, al pari delle Staatsoper di Vienna e Berlino, del Covent
Garden di Londra, del Metropolitan
di New Work. Per anni ha conteso alla
Scala il primato italiano ospitando i più
grandi interpreti di tutti i tempi: Gigli,
Lauri Volpi, Bechi, Di Stefano, Price,
Tebaldi, Genger, Del Monaco, Corelli,
Cossotto, Ghiaruv, Siepi, Cappuccilli,
Gobbi, Anderson, Horne, Simionato,
Bergonzi, Domingo, Carreras, Pavarotti, Kraus, Stella e l’inimitabile Anita
Cerquetti, scomparsa recentemente,
che sostituì la divina Callas nella storica
Norma del ‘58.
Una straordinaria leggenda iniziatasi
nel 1880 per merito dell’impresario teatrale Domenico Costanzi che diede il
nome all’edificio in stile rinascimentale.
Nel 1928 il teatro venne notevolmente
ampliato e ristrutturato dall’architetto
Piacentini e assunse il nome di Teatro
Reale dell’Opera. Poi Teatro dell’Opera di Roma. Oltre 120 anni di successi
dall’inaugurazione con la Semiramide
di Rossini fino alle tristi vicende dei
giorni nostri, con lo sciopero degli orchestrali che ha fatto precipitare la situazione, provocando l’annullamento
di numerosi spettacoli del cartellone
estivo di Caracalla, ponendo un serio
interrogativo sulla prossima stagione
invernale. Non abbiamo fatto l’elenco
delle presenze di straordinari cantanti
per un mero fatto celebrativo, ma per
ribadire, ove ve ne fosse bisogno, che un
grande teatro di tradizione non merita
un finale così drammatico.
La responsabilità della presente crisi va
comunque attribuita non solo agli orchestrali e ai coristi, ma anche al Consiglio di Amministrazione e ai dirigenti
che con sperperi e negligenze hanno
fatto precipitare il teatro nel caos. Il
presidente del Cda è il sindaco Marino,
preoccupato più di accogliere balordi e
sbandati che non a soddisfare le richieste di migliaia di romani e turisti. Negli
ultimi dieci anni si è accumulato un deficit di 170 milioni di euro. Troppi, anche per un’istituzione prestigiosa come
il Costanzi; contemporaneamente gli
annunciati sponsor non sono intervenuti per risollevare le sorti del Teatro e
quei pochi che hanno deciso di partecipare economicamente alle attività del
Teatro sono scappati di fronte all’atteggiamento di dirigenti e maestranze.
Qui non intendiamo ripercorrere pedissequamente i motivi che hanno gettato
sul lastrico il Costanzi. Da alcuni più
noti come gli assurdi benefit concessi
a musicisti e coristi, i quali prendevano
un premio per esibirsi all’aperto anche
se non partecipavano alla rappresentazione e tante altre facezie su cui si sono
soffermati ampiamente i mass-media,
senza però approfondire adeguatamente altri sprechi come certe mastodontiche regie del passato costate centinaia
di milioni di lire.
Mentre osserviamo come altri teatri lirici prestigiosi sono molto meno generosi nell’assecondare le manie di qualche
bizzarro regista. Al Festival di Salisburgo la maggior parte delle opere sono
eseguite in forma di concerto (senza
scene) e i biglietti (che costano tra i 60
e i 500 euro) occorre prenotarli almeno
con sei mesi di anticipo.
Se poi ci confrontiamo con il numero
delle rappresentazioni che sono eseguite in altri importanti teatri, il quadro
è ancora più desolante: mediamente
circa 250 l’anno a Berlino, Budapest,
Monaco, Praga, Londra, un po’ meno
all’Opéra di Parigi, a fronte di 60 di
Roma. Ma negli anni 1970-90, la situazione era ancora peggiore. a causa di
una sottomissione completa della di-
rezione del teatro al potere politico di
allora. Con esecuzioni in cui erano più
numerose le comparse sul palcoscenico
che il pubblico in sala, con i professori
d’orchestra intenti a scaldare i seggiolini. Erano gli anni dello sperpero “per
ragion di Stato”, in cui era molto più
conveniente per certe aziende anche
nelle istituzioni culturali andare in rosso che non puntare a risultati positivi.
Oggi – soprattutto per la mancanza di
fondi – non è più possibile ripianare i disastri provocati da amministratori non
all’altezza della situazione e incapaci di
sottrarsi ai ricatti di una parte, anche
minoritaria, delle maestranze.
Chiudiamo questo articolo con un’altra
triste notizia. L’Orchestra sinfonica di
Roma, dopo undici anni e tante peripezie, ha dovuto terminare gli spettacoli.
La Fondazione della Cassa di Risparmio
ha deciso di interrompere la collaborazione con l’istituzione, che non ha la forza di andare avanti da sola, nonostante la
qualità delle esecuzioni, seguite sempre
da un pubblico numeroso e partecipe.
Un duro colpo per la cultura della Capitale e per gli ottanta musicisti, soprattutto giovani, rimasti privi di contratto.
Ci auguriamo un ripensamento da parte
della Fondazione e che gli amanti della
bella musica possano continuare a frequentare l’Auditorium della Conciliazione.
INTERVISTA A ISABELLA AMBROSINI
Difficilmente superabile
la crisi degli enti lirici
Isabella Ambrosini, direttore dell'Orchestra
Roma Sinfonica e del Coro di Roma Tre
D
i fronte a un panorama musicale negativo, soprattutto
in Italia perché all’estero la situazione è completamente diversa, con piacere registriamoo i successi di un coro ed ensemble, formati soprattutto da giovani musicisti. Quali difficoltà incontrano per potersi affermare nel nostro Paese? Lo abbiamo
chiesto a Isabella Ambrosini, direttore dell’Orchestra Roma Sinfonica e
del Coro Roma Tre, due ensemble che
hanno rappresentato recentemente al
Teatro Palladium della Capitale i Carmina Burana di Carl Orff.
Le difficoltà sono soprattutto due, e la
prima è di grande attualità in questo momento, soprattutto a Roma, ed è dovuta
al progressivo calo dell’offerta di lavoro
per i musicisti dovuto alla chiusura delle
grandi orchestre e alla crisi degli enti lirici
e musicali, e questo mentre negli altri paesi, soprattutto in Estremo Oriente dove si
investe assai di più nella cultura musicale
e nella produzione operistica, i nostri musicisti sono molto richiesti.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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La seconda difficoltà è dovuta al tipo di
formazione impartita dai nostri conservatori che non contempla né un’attività
concertistica propedeutica né tantomeno
insegnamenti di management musicale,
aspetti che sono diventati oggi fondamentali nella costruzione della carriera di
un musicista. A ciò si aggiunge un livello
molto scarso di comunicazione e di collaborazione fra i conservatori e gli enti lirici
e musicali italiani, che non facilita l’inserimento dei giovani diplomati nel mondo
del lavoro.
D. - L’Italia, patria del melodramma,
sta vivendo una crisi profonda con
varie istituzioni musicali allo sbando. Non solo il teatro dell’Opera
di Roma, ma anche il San Carlo di
Napoli, che sono i casi più emblematici. Ma ci sono altri teatri, il Regio
di Torino e La Fenice di Venezia,
che stanno offrendo degli spettacoli
di ottimo livello. Come si è arrivati
a questa situazione? La situazione del Teatro dell’Opera di
Roma – che conosco abbastanza bene essendo cresciuta in una famiglia dove quella del palco all’opera era una tradizione
irrinunciabile, tradizione che io ho conservato essendo tuttora sostenitrice del teatro
e titolare di un palco per le prime – a mio
giudizio pare emblematica di un certo
modo, purtroppo tipicamente italiano, di
gestire il nostro patrimonio culturale: la
grande sfida per la ripresa del nostro Paese, anche a livello economico, si gioca molto sulla nostra capacità di valorizzare l’enorme patrimonio culturale che possediamo, di cui fa parte ovviamente la musica e
l’opera, creazione genuinamente italiana.
Ma per fare questo occorre tenere presente che la cultura deve essere sostenuta dai
fruitori, cioè dal pubblico, come avviene da
sempre all’estero, e come è avvenuto in Italia con il melodramma che, nato come genere di “avanguardia’ nel 1600 a Firenze
e destinato a un pubblico elitario, diventò
rapidamente il genere musicale più amato
dal pubblico prima di Napoli, poi di tutta
la penisola e poi del resto del mondo, facendo la fortuna dei teatri, degli impresari,
dei compositori, dei cantanti!
Un teatro come il nostro pur glorioso Costanzi, che da troppi anni pare aver smarrito la bussola dell’obiettivo “pubblico”,
che non ritenga prioritario coinvolgere e
attrarre i giovani, gli stranieri interessati
alla cultura che da sempre affollano la nostra città e gli amanti della musica in generale, con una programmazione costantemente stimolante, fatta di titoli, direttori,
allestimenti e interpreti – non importa se
classici o contemporanei, giovani o meno –
comunque interessanti, e con un numero di
spettacoli a stagione almeno al livello della
media europea, un teatro come questo, che
per questi motivi si rende anche poco appetibile per gli sponsor privati, soprattutto in
tempi così difficili, è destinato purtroppo a
una crisi profonda e difficilmente, sic stantibus rebus, reversibile.
D. - Ma oltre ai teatri lirici, anche
le più rinomate orchestre in Italia
sono costrette a chiudere o a ridurre
la produzione. Negli anni abbiamo
perduto tre delle quattro orchestre
sinfoniche della RAI (è rimasta soltanto quella di Torino) e l’Orchestra
Sinfonica di Roma, tanto per citare i
casi più eclatanti, mentre all’estero
c’è un continuo proliferare di ottimi
complessi sinfonici. In Italia forse ci sono troppi conservatori, oltre
sessanta, e poche orchestre, e tanti giovani a spasso. Che ne pensa?
In Italia, effettivamente, il numero dei
conservatori è troppo alto, soprattutto
oggi che gli studenti iscritti sono notevolmente diminuiti, anche a causa di una
riforma che, non tenendo conto della specificità dell’insegnamento della musica,
non ha giovato in primis ai conservatori
stessi.
Inoltre, eccezion fatta per la riconosciuta
eccellenza di alcuni di essi, il livello medio
dell’insegnamento impartito è sceso notevolmente negli ultimi anni. Ma il vero
problema è che a fronte di un così alto
numero di conservatori, che continuano
a produrre schiere di diplomati nelle più
disparate discipline musicali, in Italia si
stanno rapidamente esaurendo le opportunità di lavoro per i giovani musicisti, a
causa soprattutto di una politica indifferente ormai da tanti anni alla cultura
musicale, che non è riuscita a inserire
l’insegnamento della musica nella scuola
media superiore – dandole la dignità che
le spetta al pari di altre discipline come ad
es. la storia dell’arte – che non sa valorizzare e gestire le eccellenze musicali ancora
presenti in Italia, e tantomeno sa cogliere i
nuovi fermenti delle formazioni giovanili
che si stanno sviluppando nel nostro Paese sull’esempio delle orchestre giovanili
sudamericane, e che sta così allontanando sempre di più il pubblico, soprattutto
quello giovane, dalla musica “colta”.
D. - Infine ci può tratteggiare un breve profilo della sua ensemble e dei
prossimi impegni?
Dopo il debutto con i Carmina Burana di
Carl Orff, inaugurerò nel gennaio 2015,
con Cavalleria Rusticana, la nuova stagione concertistica di orchestra e coro al
Palladium, con un programma che prevede produzioni operistiche, sinfoniche e
lirico-sinfoniche.
g. i.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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INTERVISTA AL DIRETTORE GENERALE DELL’AMA
Fiscon: “Avanti tutta con
la raccolta differenziata”
È la sfida del futuro: si punta al 50% entro l’anno e al 65% per il 2015
di Sandro Forte
I
l problema dei rifiuti a Roma (e
certamente non solo qui) è all’ordine del giorno. I cittadini si lamentano delle strade ingombre
di immondizia, dei cassonetti strapieni e di una raccolta differenziata che
in alcuni quartieri lascia a desiderare.
D’altra parte non è facile smaltire i rifiuti, dato che tutti i Municipi e tutti i
Comuni vicino alla Capitale non vogliono discariche sui loro territori. Particolarmente colpita la periferia, come
ad esempio la Borghesiana, nel VI Municipio, dove si moltiplicano le segnalazioni di disagi legati allo smaltimento
dei rifiuti. Una mini discarica a cielo
aperto si è formata nel quartiere Belvedere-Valle Fiorita (nei pressi di Tor
Bella Monaca) e una video-denuncia
è stata presentata per il degrado di via
Nardodipace, sempre alla Borghesiana,
una strada letteralmente invasa dai rifiuti su entrambi i lati della carreggiata.
Non va meglio a Ponte di Nona, dove
in alcune strade i cassonetti per la raccolta sono insufficienti e resta irrisolto
il problema delle discariche abusive.
Nei giorni scorsi si è avuta notizia che
potrebbe sorgere a Guidonia Montecelio un nuovo impianto di trattamento dei rifiuti al servizio della Capitale.
Come ha annunciato il primo cittadino
del Comune dell’hinterland capitolino, Eligio Rubeis, è arrivata, infatti,
la richiesta da parte di una società romana, la Trasformambiente srl, che
opera nel settore per la realizzazione
di un impianto di trattamento. In par-
Dalla bici alla Panda
Che strano! Ignazio Marino non era quello che si faceva fotografare mentre
raggiungeva il Campidoglio accompagnato dalla scorta, tutti rigorosamente in
bicicletta a dimostrazione del disprezzo per le auto in genere e per quelle di rappresentanza in particolare. Ma, come si sa, un conto è ciò che si vuol far credere,
un conto è la realtà. Per questo il Sindaco ha molto spesso sostituito le due ruote
con una Panda rossa che, come denunciato dai quotidiani, era parcheggiata illegalmente nello spazio riservato ai senatori della Repubblica. Un privilegio che a
Marino ha perso, non facendo più parte della categoria. Adesso spunta un’altra
vicenda assurda. Dal 24 giugno ad agosto il sindaco è stato multato ben otto volte per essere entrato nella zona Ztl senza aver rinnovato il permesso. Multe non
pagate e alle quali è stato apposto il codice come se ci fosse un ricorso al giudice
di pace o al prefetto. Il problema è che il sindaco non può avere una lite con il
Comune che guida, pena l’immediata decadenza. E allora? Come ha scritto sul
Corriere della Sera, Ernesto Menicucci, esiste una lista bianca alla quale, secondo il Campidoglio, sarebbe stata iscritta la vettura dal 25 di giugno. Peccato che,
se così fosse, ai varchi automaticamente non sarebbe scattata la segnalazione.
Per questo, dopo le giustificazioni contraddittorie del suo entourage, Marino ha
denunciato ai carabinieri che qualcuno, manomettendo i computer del Campidoglio, ha eliminato il suo nome fra gli aventi diritto.
Dopo la Casa Bianca, gli hacker colpiscono anche il Sindaco di Roma. Che onore!
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la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
ticolare, la richiesta avanzata riguarda
l’individuazione di «siti idonei per
l’implementazione e lo sviluppo di una
nuova tecnologia per la separazione e
gassificazione di residui solidi urbani».
E i lotti individuati sono su un terreno
adiacente alla statale Tiburtina all’interno del perimetro del piano d’insediamento produttivo Pip 2 Tavernelle.
«Potrebbe – ha spiegato Rubeis – con
molta probabilità trattarsi della struttura industriale di cui ha parlato su
un importante quotidiano il sindaco
di Roma Ignazio Marino, ancora alle
prese con l’annoso, irrisolto, problema
romano dei rifiuti». In merito Rubeis –
fra i primi cittadini più unico che raro
per una scelta del genere – si è detto
disponibile a valutare la possibilità
dell’insediamento anche in vista di una
“collaborazione” tra sindaci proprio
mentre sta prendendo corpo la nuova
Città Metropolitana.
Ma nel frattempo che si può fare? La
Proprietà Edilizia l’ha chiesto a Giovanni Fiscon, direttore generale di
Ama, l’azienda incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, il più
grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali, con
7.800 dipendenti e quasi 3.300.000
utenti.
D. - La situazione del decoro nella
città di Roma presenta una serie di
problematiche. Come pensa Ama di
risolverle?
La nostra azienda svolge un servizio nevralgico per la città di Roma. Assicurare
decoro e pulizia sull’intero territorio della Capitale è un compito complesso e di
grande responsabilità, che il personale di
Ama cerca di svolgere quotidianamente
al meglio. Sicuramente lo stimolo a fare
di più e sempre meglio deve essere una
costante del nostro lavoro ma lo sforzo
dell’azienda, di concerto con l’amministrazione di Roma Capitale, è massimo
sia nelle aree centrali sia in quelle periferiche. Le nostre strutture operano quotidianamente in un territorio cittadino
fatto di realtà complesse, ognuna con le
sue problematiche e specificità.
D. - Le difficoltà d’intervento sono
di ordine politico (legislazione insufficiente, burocrazia, mancanza
di fondi, incapacità, inciviltà, ecc.)
e/o tecnico (carenza di personale e
mezzi, ecc.)?
Il nuovo management di Ama, all’atto
del suo insediamento, ha predisposto
una serie di linee programmatiche tese
a migliorare le prestazioni “operative”
dell’azienda.
Tra le strategie messe in campo nell’ultimo periodo figurano l’ottimizzazione
dei giri di raccolta stradale, con l’incremento delle frequenze di svuotamento
dei contenitori dei materiali riciclabili, e
il riassetto organizzativo teso a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi
erogati.
A ciò si aggiunge il miglioramento del-
la disponibilità della flotta veicolare.
Obiettivi, questi, che coniugano il contenimento dei costi con la contestuale implementazione dei servizi effettuati.
D. - Il problema delle discariche, in
particolare, come intende risolverlo Ama? Perché non si punta sui termovalorizzatori, come avviene con
successo, per esempio, a Parigi?
L’attuale amministrazione di Roma Capitale ha compiuto una scelta epocale
con la chiusura, a ottobre 2013, della
discarica di Malagrotta, che per trenta anni ha rappresentato l’unico sito di
conferimento dei rifiuti cittadini.
La sfida del futuro, infatti, è quella di
puntare forte sulla raccolta differenziata. Un fattore di discontinuità e rottura,
rispetto al passato da cui possono e devono finalmente scaturire nuovi scenari
che permettano di percorrere una strada
finalmente virtuosa, oltre che sostenibile
dal punto di vista ambientale ed economico.
D. - Qual è lo stato della raccolta
differenziata? E’ vero che molti cittadini, pur di non farla, vanno a sca-
ricare i loro rifiuti nei cassonetti dei
Municipi che ancora non l’hanno?
Ama e Roma Capitale sono impegnate
in un piano di sviluppo della raccolta
differenziata, che adesso raggiunge una
percentuale vicina al 40% e coinvolgerà
entro la fine dell’anno oltre un milione e 800 mila romani, per raggiungere
poi tutta la città entro la fine del 2015.
Si tratta di un progetto ambizioso, che
punta al 50% di differenziata per il 2014
e al 65% per il 2015.
In sintesi, il piano prevede la semplificazione e ottimizzazione dei sistemi di
raccolta in tutta la città, con l’applicazione di due soli modelli: il domiciliare/
condominiale (“porta a porta”) e la raccolta stradale opportunamente riorganizzata.
Tutto ciò passa, ovviamente, anche attraverso una capillare opera d’informazione e sensibilizzazione della cittadinanza verso comportamenti responsabili e corretti.
Per quanto riguarda il cosiddetto “pendolarismo” dei rifiuti, inoltre, Ama ha
potenziato l’attività degli agenti accertatori sul territorio per sanzionare gli
eventuali conferimenti scorretti.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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PORTIERCASSA
Prestazioni aumentate a favore
degli aderenti al Contratto di Lavoro
FEDERPROPRIETÀ - ARPE - UPPI
CONFAPPI - CONFSAL
A) RIMBORSO INDENNITÀ GIORNALIERA
MALATTIA DEL PORTIERE
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 33,00 dal 4° al 20° giorno di malattia - Euro 39,00 dal 21°
al 180° giorno di malattia
La prestazione viene corrisposta una volta ogni 365 giorni.
DOCUMENTI NECESSARI
del dipendente e del datore di lavoro
caso di ricovero ospedaliero
pagamento delle indennità di cui chiede il rimborso
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Nei casi di Infortuni ( esclusi infortuni sul lavoro) occorre il
verbale di pronto soccorso nonché idonea documentazione dalla
quale risultino le modalità dell’evento
Via Barberini, 29 - 00187 Roma
tel. 06.48.56.11 (r.a.) - 06.42.01.22.94
fax 06.42.00.42.36
D) RIMBORSO SPESE MEDICHE PER I LAVORATORI
CON ETÀ SUPERIORE AI 40 ANNI
(estendibile al nucleo famigliare)
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 200, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia delle fatture relative alle prestazioni
mediche
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti
il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa
(Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Certificato stato di famiglia
E) BORSA DI STUDIO ISCRIZIONE
I° ANNO UNIVERSITÀ
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 600, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia dei versamenti relativi alla 1° e 2° rata universitaria
Polizza
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
F) BORSA DI STUDIO CON VOTAZIONE 100/100
PER 5° ANNO SCUOLA MEDIA SUPERIORE
B) ASSEGNO PER LA NASCITA DI UN FIGLIO
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 1000, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Certificato di diploma
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 500, 00 per ciascun nato
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 ripor tanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
G) CONTRIBUTO PER FAMIGLIE IN CUI è
E PRESENTE UN
DIVERSAMENTE ABILE CON PERCENTUALE MAGGIORE O
UGUALE AL 65%
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 2000,00 per coniuge disabile
C) CONTRIBUTO PER IL DECESSO DEL PORTIERE
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 300, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
il lavoro è un
DIRITTO
proteggerlo una
CONQUISTA
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la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
DOCUMENTI NECESSARI
• Certificato rilasciato dall’INPS che attesti l’invalidità del
disabile
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 ripor tanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Consegna documenti entro il 28/2
IL FUTURO INCERTO DEL COLLEGIO NAZARENO
La più antica scuola di Roma
a un passo dalla chiusura
La Fondazione che gestisce la sede dell’istituto ha avviato le procedure per il passaggio dell’immobile a
imprenditori alberghieri decisi a fare della struttura un hotel di lusso del centro storico
di Omar Ebrahime
P
rima scuola popolare gratuita capitolina, perché così la
concepì e la volle San Giuseppe Calasanzio (1557-1648),
il fondatore della congregazione degli
Scolopi, gli iniziatori delle benemerite
“scuole pie”, come veicolo di educazione
integrale umana e cristiana in tempi in
cui la miseria a Roma – soprattutto nelle
fasce giovanili – era tutt’altro che marginale. Così nacque nel 1630 il Collegio
Nazareno, giusto a un passo da piazza
di Spagna, in pieno centro storico. Non
c’era allora lo Stato unitario, ma la prima
pionieristica scuola pubblica aperta a
tutti, tra le più antiche d’Europa, nacque
così: dall’iniziativa “dal basso” – diremmo oggi – di un religioso appassionato
dell’educazione, oltre che del Vangelo,
che spese tutta la sua vita al servizio costante dei poveri e degli emarginati nel
corpo come nello spirito, perché se era
diffusa la povertà materiale, non lo era
certo di meno quella spirituale, morale
e culturale. Oltre a quest’idea d’istruzione pubblica gratuita ante litteram, il
Calasanzio affermò poi anche una prima proposta organica di educazione integrale (si ricordi che siamo ben prima
dell’Illuminismo) in cui la scuola è vista
come un “luogo educativo completo”
più che come servizio di istruzione obbligatoria da erogare, piaccia o no, alla
collettività.
Da allora il Collegio Nazareno è diventato sinonimo di educazione alta,
nobile e di qualità guadagnandosi l’attenzione di fior di Papi (Pio IX), Santi
futuri maestri dell’educazione (da san
Filippo Neri a don Bosco), storici di
indubbio livello (von Pastor). Tutto
questo fino a un paio di anni fa, quando
la Fondazione omonima che gestisce i
locali di Palazzo Tonti ha deciso repen-
tinamente – in spregio della volontà
del Fondatore, delle previsioni dello
Statuto e incurante della memoria storica unica che il Collegio rappresenta
ancora oggi per Roma – di avviare le
procedure amministrative per il passaggio dell’immobile a imprenditori
alberghieri decisi a fare della grandiosa struttura l’ennesimo hotel lussuoso
dell’area.
Le perplessità sulla legittimità dell’intera operazione non toccano solamente gli ovvi aspetti di opportunità
e rilevanza storico-territoriale (che
pure non mancano, dal momento che
il carattere pubblico dell’istituzione
scolastica e la sua centralità nella pluralità dell’offerta formativa capitolina
nonostante i periodi di crisi non sono
mai venuti meno) ma anche questioni
più propriamente giuridiche perché la
Fondazione è iscritta – fin dal 2001 –
nel registro regionale delle persone giuridiche private e sottoposta quindi alla
vigilanza della Regione Lazio stessa.
Facendo leva su quest’ultimo aspetto in
particolare, lo scorso luglio proprio in
Consiglio regionale è stata presentata
un’interrogazione. Questa volta da via
della Pisana la risposta è arrivata dopo
poco tempo e ha comportato – per ora
– la richiesta di acquisizione della documentazione concernente i bilanci e le
recenti attività di gestione.
Un primo risultato ottenuto è stato
quindi quello di fermare – almeno momentaneamente – un’operazione spericolata che mirava a cancellare in un
sol colpo quasi quattro secoli di educazione umana e cristiana nel silenzio e
nell’indifferenza generale. Senza parlare poi dell’indubbia rilevanza artistica
dei locali che pure – da soli – richiederebbero un’attenzione e una tutela apposita in ragione del patrimonio culturale che rappresentano, notoriamente
riconosciuto. La chiusura di una scuola, ovunque sia, non è mai una bella notizia. Ma in un Paese normale, con una
classe dirigente sensibile al bene comune, la chiusura del glorioso collegio
romano, alla luce di quanto esposto e
per le immediate ricadute sul territorio
– facilmente intuibili – dovrebbe essere
già all’attenzione del Parlamento. Non
domani, ma oggi stesso.
Interrogazioni alla Regione e al Comune
Il capogruppo di Forza Italia alla Regione, Luca Gramazio, ha presentato
un’interrogazione al presidente Zingaretti per sapere, entro i limiti di legge, se
l’Amministrazione regionale è a conoscenza dei fatti, con riferimento all’intenzione del CDA della Fondazione “Collegio Nazareno” di alienare Palazzo
Tonti; se l’Amministrazione regionale, qualora risulti vero, ha posto in essere,
per quanto di propria competenza, gli atti di controllo e vigilanza sull’amministrazione della predetta fondazione; se questa Amministrazione regionale,
ritiene opportuno che si realizzi l’operazione immobiliare, soprattutto alla
luce della rilevanza sociale, storica e culturale del Collegio Nazareno; se non
si ritiene opportuno porre in essere ogni atto di competenza volto a evitare la
chiusura dell’istituto.
Un’analoga interrogazione è stata presentata in Campidoglio dal Consigliere
Giovanni Quarzo.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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AMBIENTE
Bisogna approfittare
dei bonus energetici
È importante cogliere l’occasione degli incentivi fiscali per investire in lavori che abbiano in prospettiva la
capacità di abbattere realmente i consumi e le emissioni di CO2 nell’atmosfera
di Giuseppe Sappa*
A
ll’ultimo summit internazionale sull’ambiente, che
avrebbe dovuto affrontare
i problemi inerenti al risparmio energetico e alla riduzione
di emissione di CO2 , cioè di anidride
carbonica, nei processi di produzione
di energia, erano assenti rappresentanti di Cina e India. I loro Paesi sono giganti industriali che immettono enormi quantità di CO2 nell’atmosfera, per
via della preponderanza di centrali
termoelettriche (soprattutto alimentate da carbone) che vi operano. Non
si può sapere, oggi, se saranno presenti ai prossimi incontri, ma è possibile
affermare che questo tema rimane ineludibile se si vuole davvero intrapren-
dere la strada della conservazione del
pianeta.
Le conseguenze di un’immissione indiscriminata di CO2 sono note e non è
il caso, in questa sede, di soffermarsi ulteriormente su di esse; omettiamo anche di approfondire le ragioni del fallimento di tanti tentativi sperimentali di
ingabbiare la CO2 , prodotta dalle centrali energetiche, e iniettarla nel sottosuolo, contando sulla sua dissoluzione
nelle acque sotterranee. Se la strada da
perseguire è quella del risparmio energetico, può essere interessante soffermarsi sullo stato dell’arte nel nostro
Paese delle politiche intraprese per ridurre i consumi energetici e in particolare sugli effetti degli incentivi fiscali,
Il fotovoltaico va forte
Nel 2013 sono di ben 6 miliardi di euro le ricadute economiche derivanti
da investimenti in energie rinnovabili, fra le quali si distingue il fotovoltaico, che ha generato 1,8 miliardi di euro; quindi, a seguire, le bioenergie
(1,2 miliardi), eolico (960 milioni), geotermia (440 milioni) e mini idroelettrico (660 milioni) di euro. È quanto emerso da uno studio condotto
da Althesys per conto di Greenpeace che, oltre ad analizzare la situazione
nel 2013, si estende fino al 2030, ipotizzando le ricadute future, che per
quell’anno potrebbero ammontare a circa 135 miliardi di euro. Per allora,
secondo le previsioni, sarà l’eolico a fornire il contributo maggiore, anche
se il fotovoltaico resterà una rinnovabile su cui continuare a investire.
Tornando ai giorni nostri, a beneficiare delle energie rinnovabili non sono
solo gli investitori, ma anche l’erario, che nel 2013 ha potuto beneficiare
di una contribuzione fiscale pari a circa 1,2 miliardi di euro. E non solo:
investendo sulle rinnovabili sono nati nuovi posti di lavoro, con 64 mila
persone impiegate nel settore. A ringraziare più di tutti, però, è l’ambiente:
basti pensare che nel 2013, grazie alle energie rinnovabili, le emissioni di
CO2 si sono ridotte di circa 38 milioni di tonnellate.
36
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
introdotti negli ultimi anni, per favorire il risparmio energetico domestico. È
noto che dal 2011 il Governo, nel tentativo di sortire un duplice effetto, ha
varato dei bonus fiscali, che prevedono
una detrazione fino al 65%, recuperabile in rate decennali, di quanto speso
per ristrutturazioni o interventi sul patrimonio edilizio finalizzati a ottenere
un risparmio energetico, attraverso
sia la riduzione dei consumi, sia l’abbattimento delle dispersioni. Come
già accennato, questo provvedimento,
reiterato nel 2012, nel 2013, e ancora
vigente nel 2014, aveva lo scopo di favorire gli investimenti finalizzati al risparmio energetico, ma anche quello,
più generale, di dare un po’ d’ossigeno
all’industria edilizia, particolarmente
sofferente in questi tempi di crisi. Speriamo che il legislatore abbia pensato
anche a orientare questo settore industriale verso la ristrutturazione e il
recupero edilizio, piuttosto che verso
le nuove costruzioni, che raggiungono, enormi percentuali di invenduto.
Allo stesso tempo questo è uno dei
vari provvedimenti legislativi tesi a far
affiorare il sommerso che, in passato, si
è annidato proprio, e molto, in queste
attività.
I numeri, in termini strettamente economici, sembrano dare ragione al legislatore. Infatti, i dati del 2011, parlano
di 17,7 miliardi di euro investiti nella
ristrutturazione edilizia e per il risparmio energetico, cresciuti a 19,2 nel
2012; e al 27,8, nel 2013, registrando
un incremento del 46% rispetto all’anno precedente. Per l’inizio del 2014,
i dati, riferiti al solo primo bimestre,
rivelano 5.8 miliardi di euro, investiti
in interventi riconducibili a tali provvedimenti legislativi. Questo valore,
se riferito al medesimo periodo del
2013, rappresenta il 54% in più, che
sembra confermare il trend crescente. È possibile che in questo modo sia
stata favorita l’immissione sul mercato
di patrimoni e risparmi privati, attratti
dalla detrazione fiscale, ma è indubbio
che ciò abbia dato, e stia dando ancora,
un importante supporto alla sopravvivenza del settore edilizio. Allo stesso
tempo queste attività sembrano andare nella direzione indicata dal recente
report Ecofys [società di consulenza
specializzata nel campo dell’energia
e dell’ambiente, ndr], che individua
nella cosiddetta green building e nella gestione sostenibile degli edifici,
cioè in quegli interventi di profonda
ristrutturazione degli edifici domestici, la strada necessaria per raggiungere
gli obiettivi di risparmio energetico
stabiliti a livello europeo. Ove queste
iniziative trovassero spazio in un programma coordinato a livello europeo,
le previsioni stimano in un risparmio
del 40% nell’utilizzo dell’energia e,
addirittura del 60%, per quanto riguarda il gas, entro il 2030. Non tutto,
però, è rose e fiori. Infatti, se i numeri
suscitano qualche ottimismo, dal punto di vista strettamente tecnico, per
quanto riguarda l’Italia, rimangono
alcuni dubbi sull’effettivo beneficio
energetico degli investimenti registrati a seguito dell’introduzione degli incentivi. Infatti, non c’è convergenza di
vedute sull’indirizzo di tali interventi,
nel senso che più di qualcuno sostiene che, la maggior parte di essi, sia
orientata verso la ristrutturazione del
patrimonio edilizio, più che verso il risparmio energetico. Allo stesso tempo
è opinione di alcuni, non pochi e non
sprovveduti, che la politica d’incentivazione fiscale, in favore delle ristrutturazioni edilizie e degli interventi
finalizzati al risparmio energetico,
nel medio periodo, potrebbe rivelarsi
troppo onerosa, per le sempre troppo
esangui casse dello stato. La politica
in atto potrà, infatti, rivelarsi effettiva-
In Israele il 90% delle abitazioni utilizzano il solare termico per l’acqua sanitaria.
Nella foto i tetti di Gerusalemme
mente vantaggiosa se saprà inserirsi in
un quadro generale di ripresa economica, in grado di assorbire il mancato
gettito fiscale derivante da tali incentivi, che hanno orizzonte decennale. Diversamente potrebbe rivelarsi un costo
troppo elevato per l’Erario.
Pur tenendo presente tali aspetti, occorre però affermare che la strada intrapresa è comunque corretta sia perché indirizzata nella stessa direzione
indicata dall’Unione Europea, sia perché, se perseguita correttamente, cioè
raggiungendo, realmente, obiettivi di
risparmio energetico nel breve, medio
termine, è destinata a ridurre notevolmente i costi energetici del nostro Paese che, com’è noto, sono mediamente
più alti, anche in termini unitari, dei
principali partner e competitori europei. E allora non resta che ribadire
l’importanza di continuare a utilizzare
questi incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie in generale, e per gli
interventi finalizzati al risparmio energetico, cercando di privilegiare sempre
più questo secondo ramo di facilitazioni, perché è quello che, in ogni caso
è destinato a produrre benefici sia al
singolo proprietario sia, più in generale, all’intero quadro generale delle
risorse pubbliche dello Stato. In que-
sto campo ci sono interventi di tipo
passivo, tesi a ridurre le dispersioni
termiche, come la semplice sostituzione degli infissi, con altri di più recente
concezione, provvisti di doppio vetro
e taglio termico, o come la realizzazione di un cappotto isolante, interno o
esterno.
Ma ci sono anche interventi di tipo
attivo, che nel medio termine potrebbero anche produrre profitti per
il proprietario dell’immobile. Ad es.
l’installazione di pannelli fotovoltaici, o di microturbine eoliche, che, se
opportunamente progettati, possono
fornire l’energia elettrica per l’autoconsumo ed anche in eccesso per essere venduta al gestore di energia elettrica, con inevitabile beneficio economico. Se, invece, nel campo degli
interventi di tipo attivo, non s’intende
inoltrarsi in iniziative apparentemente troppo articolate, può essere sufficiente limitarsi alla sostituzione della
caldaia a gas con una a condensazione.
L’importante è cogliere quest’occasione degli incentivi fiscali per investire
in opere che abbiano in prospettiva la
capacità di abbattere realmente i consumi energetici.
*Associato di Geologia, Università “La
Sapienza” di Roma
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
37
DECRETO SBLOCCA-ITALIA
Risorse idriche
e dissesto idrogeologico
I perfezionamenti normativi aprono la strada a necessari urgenti investimenti privati, mentre i piani e i
programmi di salvaguardia del territorio sono in attesa di adeguati stanziamenti pubblici
di Gabriele Troilo
U
n nuovo passo avanti nella
normalizzazione del settore consente di superare
i perversi effetti dei referendum del 2011, mentre si registra
anche un tentativo di unificazione o
quanto meno di coordinamento delle
azioni della pubblica Amministrazione comunque riguardanti l’acqua,
come risorsa e come rischio.
Sul numero di maggio 2014 abbiamo
ancora una volta affrontato il complesso tema degli esiti referendari del
2011 alla luce di alcune deliberazioni
dell’Autorità competente (ora denominata «per l’energia elettrica, il gas e
il sistema idrico») quali oggetto di positive sentenze del TAR della Lombardia, che consentono di affermare l’avvenuto superamento della fase critica
indotta appunto da quei referendum
per un settore di vitale importanza per
l’economia del nostro Paese, ma soprattutto per i cittadini stessi.
Interviene ora il Governo con il decreto-legge 12.9.2014, n. 133 (c.d. Sblocca Italia), con una serie di disposizioni
(la maggior parte inserite quali modifiche e integrazioni nel decreto legislativo 3.4.2006 n. 152 recante norme
in materia ambientale), che mirano a
fissare alcuni punti fondamentali per
l’ordinato svolgersi dell’azione amministrativa in un quadro di certezze per
gli operatori del servizio idrico integrato.
In attesa delle sempre possibili modifiche in sede di conversione, è utile un
pur sommario riepilogo delle più rilevanti novità.
38
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
Anzitutto va sottolineata la conferma
che, al riguardo, si applica la “normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici a rete di
rilevanza economica”. Si pone così
fine alle illazioni che qualcuno ha cercato di trarre dagli esiti referendari in
ordine a una strampalata definizione
dell’acqua come bene comune, concetto che non soltanto non corrisponde alla realtà con manifesti contorni di
ambiguità né al dettato costituzionale
(art. 42, co. 1), ma urta contro gli interessi degli utenti ad avere un servizio
efficace, efficiente ed economico. Si va
quindi nella giusta direzione non certo della privatizzazione della risorsa
che è e rimane pubblica ma della sua
gestione. Si nota peraltro che l’affidamento del servizio idrico integrato in
conformità delle disposizioni che regolano i contratti pubblici, in armonia
con le direttive europee, non impedisce la partecipazione alle gare delle
aziende pubbliche, ma le obbliga – in
poche parole – a formalizzare un piano industriale come gli altri aspiranti
gestori (art. 7, co. 1, n.4).
Non mancano nel d.l. n. 133 citato
disposizioni atte a normalizzare, se
non altro sotto il profilo formale, le
definizioni ma anche nella sostanza
il funzionamento dell’organizzazione
del servizio a livello locale. Intendiamo riferirci anzitutto alla sostituzione
della locuzione troppo caratterizzata
“autorità d’ambito” (organi che, in effetti, sarebbero aboliti in forza del c.d.
emendamento Calderoli frutto dei vaneggiamenti del legislatore di qualche
anno fa) con quella meno impegnativa
e buona per tutte le stagioni di “enti
di governo dell’ambito”. Di questi si
assicura tra l’altro la costituzione e il
funzionamento – anche in applicazione del principio dell’unicità della
gestione – con il ricorso a più efficaci
poteri sostitutivi esercitati dal competente presidente della Regione (meglio
si direbbe della Giunta regionale), attraverso modifiche mirate agli art. 147
e segg. del d.lgs. 152.
Nel contempo si affida allo Stato (Autorità per l’energia elettrica, il gas e il
sistema idrico) il compito di redigere
la convenzione-tipo sulla quale gli enti
predetti dovranno esemplare la convenzione per la regolazione del servizio
idrico integrato (tale compito era, sulla
base delle precedenti disposizioni, di
competenza delle Regioni): è quel che
serve per porre mano ai cospicui investimenti dei quali il settore necessita
nell’interesse dei cittadini-utenti.
È del resto a tutti noto che lo stato delle
reti di acquedotto e fognatura è pietoso, con sprechi della risorsa in quantità
spaventose (in alcune zone prossimi
al 70%) e rischi d’inquinamento e di
rilevanti contributi ai dissesti idrogeologici.
Al riguardo non può sottacersi che
il continuo richiamo alle c.d. buone
pratiche cioè alla necessità che ci sia
una particolare attenzione dei singoli
in funzione del risparmio, ma anche
della salvaguardia del territorio, non è
sbagliato (si pensi alle opere idrauliche
di 4° categoria delle vecchie norme ottocentesche), ma certo non risolutivo:
la salvaguardia e l’assetto del territorio
non possono che essere assicurati da
provvedimenti pubblici di pianificazione di ampio respiro, fermi restando i contributi che i privati possono
dare nell’ambito dei procedimenti di
partecipazione, ma soprattutto con
l’organizzazione imprenditoriale per
la realizzazione dei piani e degli interventi. Né d’altro canto possono essere
trascurate le esperienze negative registratesi in sede locale per una spesso
criminale accondiscendenza delle autorità comunali verso interventi fautori di presenti e futuri dissesti (si pensi,
ad esempio, all’edilizia assentita su argini, golene e simili).
Si aggiunge che all’Autorità competente si affidano funzioni di supporto
all’attività delle Regioni, in varie circostanze.
Il decreto-legge n. 133 si spinge anche
a dettare ulteriori regole per il trasferimento della risorsa da Regione a Regione, qualora interessino anche più
Distretti idrografici, confermandone
l’interesse nazionale (come già disposto dall’art. 17 della legge n. 36/1994)
con una serie di adeguamenti semplificatori dell'art. 158 del d.lgs.n. 152.
Con l’art. 158 bis si dichiarano di
pubblica utilità le opere e gli interventi previsti nei piani d’ambito, con
apposito piano d’investimento, i cui
progetti sono approvati dagli enti di
governo degli ambiti con valore di titolo abilitativo; fin qui tutto bene in
funzione di snellimento procedurale.
Un maggior approfondimento meriterebbe la disposizione che attribuisce a
tale approvazione il valore di variante
agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, esclusi i piani paesaggistici, tenuto tra l’altro conto che
l’art. 12, co. 7, della legge 6.12.1991 n.
394 (legge quadro sulle aree protette)
dispone che i piani dei parchi sostituiscono «a ogni livello i piani paesistici,
piani territoriali o urbanistici e ogni
altro strumento di pianificazione».
Quale norma intesa alla salvaguardia
ambientale, quest’ultima dovrebbe
prevalere anche sull’art. 158 bis, ma è
auspicabile che, in sede di conversio-
ne, intervenga un qualche chiarimento
per evitare perplessità nell’azione amministrativa e incertezze tra gli operatori privati.
Particolare attenzione porta il decreto n. 133 alla mitigazione del rischio
idrogeologico e al dissesto relativo,
a partire da fenomeni d’esondazione
e alluvione con norme già in corso di
modifica in funzione della negativa
esperienza della particolare e preoccupante criticità costituita dai recenti
fatti di Genova e non solo.
Deve indicarsi come positivo anche il
tentativo di collegare in qualche modo
gestione della risorsa e governo idraulico, attraverso l’intervento ad esempio delle Autorità di Distretto, ma il
tema potrà approfondirsi quando si
avrà il quadro definitivo della legge
di conversione, ma può anche al momento rilevarsi come vi sia un palese
tentativo, in funzione semplificatoria,
acceleratoria ed efficientatrice, di un
espandersi dei compiti dello Stato,
tema che dovrebbe meglio essere affrontato in sede di dibattito parlamentare sul disegno di legge governativo
sulle modifiche, fra l’altro, del titolo V
della parte II della Costituzione (A.S.
n. 1429).
In tale sede è anche auspicabile non
certo una resurrezione pura e semplice
della disposizione contenuta nell’art. 1
del vecchio t.u. sulle opere idrauliche
25.7.1904 n. 523, che escludeva l’intervento della magistratura nel corso
delle calamità, ma almeno una norma
che privilegi in ogni caso la salvaguardia della vita dei cittadini.
Chiudiamo queste righe citando una
curiosità (preoccupante) che sembrerebbe preludere a un massiccio ritorno – nell’era delle privatizzazioni o
presunte tali – a uno Stato costruttore
cioè realizzatore diretto di opere ed
edifici, con proprie strutture ad hoc,
con la facoltà di giovarsene attribuita
dal decreto in esame anche alle Regioni, per le materie in argomento, senza
necessità di gare a evidenza pubblica.
Al riguardo, a parte l’inevitabile preoccupazione, ci chiediamo se in via
generale non sarebbe stato più utile
porre a disposizione di Regioni ed enti
locali gli uffici dell’Amministrazione
statale che già esercitano tradizionalmente i compiti di stazione appaltante,
con una netta riduzione del numero di
soggetti incaricati e delle relative procedure e spese, come già da qualcuno
proposto: in buona sostanza, in questo
momento di crisi socio-economica,
non c’è bisogno di altre imprese edili, ma di maestri “procedurali”, anche
per troncare sul nascere possibili esiti
contenziosi sulla cui perniciosità non
occorre insistere.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
39
GIURISPRUDENZA
di Mauro Mascarucci*
1) Appalti: responsabilità del condominio e dell’amministratore
Spesso, quando si tratta di lavori effettuati nel condominio, dai quali siano derivati
eventi dannosi a terzi, i conflitti sfociano
in cause di risarcimento danni in cui i giudici sono chiamati a stabilire e a ripartire
il grado di responsabilità tra la ditta appaltatrice, l’amministratore, il direttore
dei lavori (che può coincidere con l’amministratore stesso) e l’assemblea condominiale che ha autorizzato i lavori e scelto,
di norma, la ditta.
Quasi sempre, le contestazioni principali
che vengono mosse all’amministratore attengono alla sua eventuale responsabilità
a titolo di culpa in eligendo e in vigilando.
Secondo la Cassazione civile, sez. III,
sentenza 30.09.2014 n. 20557, costituisce
pacifica giurisprudenza l’affermazione
secondo cui in tema di appalto, è di regola l’appaltatore che risponde dei danni
provocati a terzi ed eventualmente anche dell’inosservanza della legge penale
durante l’esecuzione del contratto, attesa l’autonomia con cui egli svolge la sua
attività nell’esecuzione dell’opera o del
servizio appaltato. Il controllo e la sorveglianza del committente, invece, si limitano all’accertamento e alla verifica della
corrispondenza dell’opera o del servizio
affidato all’appaltatore con l’oggetto del
contratto. In tale contesto, una responsabilità del committente nei riguardi dei
terzi è configurabile solo quando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso
dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli da un rappresentante del
committente stesso. È stata poi riconosciuta una responsabilità del committente
anche quando sia configurabile in capo al
medesimo una culpa in eligendo, per aver
affidato il lavoro a un’impresa priva delle
necessarie capacità tecniche.
Il condomino che ritenga di essere stato
danneggiato da un’omessa vigilanza da
parte del condominio nell’esecuzione
dei lavori non può considerare l’ammini40
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
stratore come un soggetto terzo ed estraneo; dovrà comunque rivolgere la propria
pretesa risarcitoria nei confronti del condominio il quale, a sua volta, valuterà se
esistono gli estremi di una rivalsa nei confronti dell’amministratore.
2) Acqua e ascensore si pagano secondo i millesimi
Secondo la Corte di cassazione, sentenza n. 17557/2014 della seconda sezione è
illegittima la deliberazione assembleare
che pone, nella ripartizione delle spese
per acqua e ascensore, un maggior onere
contributivo a carico delle unità immobiliari abitate da più persone. In pratica
è irrilevante il numero di persone che occupano l’appartamento, in quanto solo
una previsione regolamentare (contrattuale) può imporre un criterio che tenga
conto di tale composizione numerica.
Tale principio di diritto (applicabile
anche agli immobili adibiti a studi professionali) è stato sancito affrontando il
caso di un condomino che ha impugnato la delibera con la quale l’assemblea
aveva approvato il rendiconto dell’anno
di gestione appena trascorso, dove la ripartizione delle spese dell’ascensore (ma
anche dell’acqua) era errato in quanto, a
parità di millesimi e di piano, l’onere di
contribuzione era maggiore nel caso di
famiglie più numerose.
La Cassazione ha precisato che per le
spese di gestione del servizio ascensore
è applicabile, per analogia, in mancanza
di deroga con patto negoziale intervenuto tra tutti i condomini, la regola posta
dall’articolo 1124 c.c. relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione
e ricostruzione delle scale, secondo cui
il riparto avviene, per metà, in ragione
del valore dei singoli piani o porzioni di
piano, per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal
suolo.
La delibera assembleare ritenuta invalida dalla Cassazione, stabiliva, a parità di
caratura millesimale e di livello di piano,
un onere di contribuzione alle spese di
gestione dell’impianto di ascensore più
elevato a carico dei condomini con famiglia più numerosa, e un esonero parziale
per i proprietari di unità che l’amministratore abbia accertato essere disabitate.
3) Decoro architettonico della facciata
condominiale
Secondo la Cassazione civile, sez. II, sentenza 06.10.2014 n. 20985, costituisce
innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, e come
tale vietata, non solo quella che ne alteri
le linee architettoniche, ma anche quella
che comunque si rifletta negativamente
sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere
l’edificio e che la relativa valutazione
spetta al giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove non presenti vizi di motivazione. In questa pronuncia la Corte di cassazione ha avuto modo di ribadire quale
sia la corretta modalità di applicazione
dell’art. 1120 c.c. in un’ipotesi in cui un
condomino aveva posizionato sulla facciata condominiale dei condizionatori.
I condomini che avevano posizionato i
condizionatori sostenevano la tesi secondo cui non vi era stata alcuna alterazione
del decoro architettonico anche sulla
base del rilievo che l’amministrazione
pubblica, rilasciando il provvedimento
di assenso all’intervento avrebbe confermato la piena compatibilità paesaggistica, urbanistica e ambientale del posizionamento dei condizionatori.
La Corte di cassazione si è però mostrata
di contrario avviso.
Secondo la sentenza, premesso che il
fabbricato aveva struttura e linee architettoniche residenziali ed era inserito in
un ambito paesaggistico protetto, era facilmente evincibile, dalle fotografie prodotte, la lesione al decoro architettonico
dell’edificio.
*Avvocato, consulente
FISCO
Le tasse sulla casa dopo
separazione o divorzio
L’assegnazione giudiziale dell’immobile a un ex coniuge rappresenta l’insorgere di un diritto di
abitazione a favore dell’assegnatario, con conseguenti obblighi fiscali
di Salvatore Albanese
I
n caso di separazione o divorzio
quale dei due coniugi deve pagare l’Imu? E ancora, nel caso frequente in cui sia la moglie a rimanere nella casa coniugale con i figli
sorge la domanda se il marito (separato o divorziato che sia), proprietario
della casa coniugale al 100 o al 50%,
essendo poi proprietario di un’altra
casa adibita ad abitazione principale,
non debba pagare l’Imu sull’immobile rimasto alla moglie con i figli come
se fosse una seconda casa.
Per rispondere a quanto sopra esposto, va subito detto che l’assegnazione
della casa coniugale a un ex coniuge,
disposta in seguito al provvedimento
del giudice di separazione legale, annullamento o divorzio, rappresenta
l’insorgere di un diritto di abitazione
a favore dell’ex coniuge stesso, a prescindere da una sua eventuale percentuale di proprietà sull’immobile.
Va da sé che anche per l’ex marito
la casa in cui vive la moglie, non va
considerata una seconda casa di cui
è proprietario, poiché assegnata alla
moglie, questa ne ha un diritto reale
di godimento indipendentemente da
chi sia il proprietario, e un’eventuale
Imu dovrebbe pagarla lei. Il marito
non la deve più dichiarare perché utilizzata dalla consorte come abitazione
principale.
Ciò è quanto prevede la legge n.
44/2012 che così recita: «ai soli fini
dell’applicazione dell’imposta municipale propria […], l’assegnazione
della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento
di separazione legale, annullamento,
scioglimento o cessazione degli effet-
ti civili del matrimonio, s’intende in
ogni caso effettuata a titolo di diritto
di abitazione». Diritto che fa sorgere
l’obbligo del versamento dell’Imu in
capo all’ex coniuge assegnatario.
Pertanto, da quanto sopra detto sui
coniugi separati, il pagamento dell’Imu spetta al 100% all’ex coniuge che
risulta assegnatario della casa coniugale anche nel caso in cui non sia proprietario. Il regime è quello previsto
per le abitazioni principali per quanto
attiene aliquote e detrazioni.
Soggetto passivo resta l’assegnatario
giudiziale anche nel caso in cui il fabbricato, durante il matrimonio, fosse
detenuto in comodato gratuito, ma
non anche nell’ipotesi di locazione,
in quanto, in tale situazione, egli gode
dell’utilizzo dell’immobile in virtù di
quanto sancito dall’art. 6 della legge
n. 392/1978.
Un aspetto importante da rilevare per
quanto concerne l’Imu sta nel fatto
che il legislatore ha escluso dalla tassazione la casa coniugale (purché non
di lusso) anche nell’ipotesi in cui l’assegnatario abbia la dimora abituale o
la residenza anagrafica in altro luogo.
La casa assegnata all’ex coniuge è assimilata all’abitazione principale e,
quindi, poiché dal 2014 non è dovuta
l’Imu sull’abitazione principale, l’ex
coniuge assegnatario nulla dovrà pagare per la suddetta imposta.
Rimane la Tasi, che è un tributo per
i servizi indivisibili collegato all’erogazione e alla fruizione di servizi
comunali. Il presupposto impositivo
della Tasi è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati, ivi
compresa l’abitazione principale, e di
aree edificabili, come definiti ai sensi
dell’imposta municipale propria, ad
eccezione, in ogni caso, dei terreni
agricoli. Il pagamento è effettuato in
autoliquidazione, ossia il cittadino è
tenuto a calcolare l’imposta dovuta.
Anche nel caso della Tasi, l’assegnazione della casa coniugale al coniuge,
disposta a seguito di provvedimento
di separazione legale, annullamento,
scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, s’intende
effettuata a titolo di diritto di abitazione.
Di conseguenza, il soggetto passivo
d’imposta per l’immobile è il coniuge
assegnatario, che ha diritto all’applicazione delle agevolazioni previste
per l’abitazione principale: aliquota
massima 3,3 per mille e detrazione.
Ciò è quanto chiarito dal Ministero dell’economia e delle finanze, il
quale, rispondendo a uno specifico
quesito, ha affermato che «il coniuge è titolare del diritto di abitazione
e, indipendentemente dalla quota di
possesso dell’immobile è il solo che
paga la Tasi con l’aliquota e la detrazione, eventualmente prevista, per
l’abitazione principale. Se, invece,
la casa assegnata fosse in locazione
(esempio, casa in locazione abitata
dai coniugi prima della separazione,
poi assegnata dal giudice della separazione a uno di essi), la Tasi deve
essere calcolata dal proprietario con
l’aliquota prevista dal Comune per
gli immobili diversi dall’abitazione
principale e l’importo ottenuto sarà
pagato in parte dal proprietario e in
parte dal locatario, in base alle quote
deliberate dal Comune».
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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EQUE RIPARAZIONI CONTRO L’IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO
Il risarcimento spetta
ai singoli condomini
Il principio, affermato da un recentissimo verdetto della Cassazione, è però contrastato da altre sentenze
che invece ammettono la legittimazione del condominio ad agire, basandosi sulla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’uomo
di Mauro Mascarucci*
C
on la sentenza 18.09.2014
n.19663 le Sezioni unite risolvono la questione
riguardante la legittimazione dei singoli condomini ad agire in giudizio per far valere il diritto
all’equa riparazione per la durata irragionevole del processo presupposto
intentato dal condominio, in persona
dell’amministratore, del quale i condomini stessi non siano stati parti.
Al riguardo, l’ordinanza interlocutoria n. 21062/2012 aveva rilevato che la
Corte, con sentenze della prima sezione civile 23 ottobre 2009 n. 22558; 14
ottobre 2011, n. 21322 e 17 ottobre
2011, n. 21461, nell’affermare il difetto di potere rappresentativo in capo
all’amministratore del condominio in
ordine al diritto fatto valere in giudizio concernente l’equo indennizzo ai
sensi della legge n. 89/2001, aveva osservato, anzitutto, che il condominio è
privo di personalità giuridica in quanto unicamente ente di gestione delle
cose comuni e l’amministratore può
agire in virtù della sola delibera assembleare anche non unanime a tutela
della gestione delle stesse mentre, per
quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli,
è necessario lo specifico mandato da
parte di tutti i condomini. In base a siffatta premessa si è quindi ritenuto non
esservi dubbio sul fatto che il diritto
all’equo indennizzo per l’irragionevole durata di un processo non spetti
all’ente condominiale, che è preposto
unicamente alla gestione della cosa
comune, in quanto l’eventuale patema
d’animo conseguente alla pendenza
42
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
del processo incide unicamente sui
condomini che quindi sono titolari uti
singuli del diritto a risarcimento.
L’enunciato principio di esclusività
della titolarità del diritto all’equa riparazione in capo ai condomini uti
singuli è contrastato da altro indirizzo,
che invece ammette la legittimazione
del condominio ad agire in base alla
legge n. 89/2001. Di siffatto ultimo
indirizzo (in relazione alla fattispecie
propria del condominio) sono espressione, segnatamente, Cass., 18 febbraio 2005, n. 3396; Cass., 24 novembre
2005, n. 24841 e Cass., 17 aprile 2008,
n. 10084, esse adducono a sostegno
della propria tesi la posizione assunta
dalla giurisprudenza della Corte EDU
(si veda, in particolare, sebbene in dette pronunce non sia esplicitamente citata, la sentenza Comingersoll S.A. v.
Portugal, del 6 aprile 2000), secondo
cui anche per le persone giuridiche (e,
più in generale, per i soggetti collettivi) il danno non patrimoniale, inteso
come danno morale soggettivo, e non
diversamente da quanto avviene per
gli individui persone fisiche, conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione
del diritto alla ragionevole durata del
processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, a causa dei disagi e dei
turbamenti di carattere psicologico
che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla
gestione dell’ente o ai suoi membri.
La richiamata ordinanza interlocutoria precisa, peraltro, che la citata Cass.
n. 10084/2008 (seguita poi da Cass.,
11 dicembre 2009, n. 25981) esclude
che in capo all’amministratore del
condominio, in difetto di mandato
assembleare, sussista il potere di intraprendere azioni non conservative quale quella relativa al diritto all’equa riparazione di cui alla legge n. 89/2001,
il quale è ancorato all’accertamento
della violazione dell’art. 6 della Convenzione CEDU, e cioè di un evento
autonomo e diverso da quello oggetto
del giudizio presupposto, ex se lesivo di
un diritto della persona alla definizione di detti procedimenti in una durata
ragionevole, e avente per oggetto un
indennizzo per il pregiudizio sofferto
dal soggetto per il periodo eccedente
tale durata.
Il principio della spettanza ai soggetti
collettivi del danno non patrimoniale
da durata irragionevole del giudizio
si è andato consolidando nella giurisprudenza della Corte di cassazione
con specifico riferimento alle società, sia di capitali (Cass., 22 dicembre 2004, n. 23789; Cass., 23 agosto
2005, n. 17111; Cass., 12 luglio 2011,
n. 15250; Cass., 8 maggio 2012, n.
7024), che di persone (Cass., 10 aprile 2003, n. 5664; Cass. 30 settembre
2004, n. 19647; Cass., 16 febbraio
2005, n. 3118; Cass., 2 febbraio 2007,
n. 2246; Cass., 14 maggio 2010, n.
11761). La medesima giurisprudenza
appena richiamata ha, peraltro, puntualizzato che il diritto alla trattazione
delle cause entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, p. 1,
della Convenzione, specificamente
richiamato dalla legge n. 89/2001,
art. 2 solo con riferimento alle cause
“proprie” e, quindi, esclusivamente in
favore delle “parti” della causa nel cui
ambito si assume avvenuta la violazione e non anche di soggetti che siano ad
essa rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini della legittimazione, che
questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni dal protrarsi del
processo; ciò al fine di escludere detto
diritto in capo ai soci che non siano
stati parti del giudizio al quale abbia
partecipato soltanto la società (di capitali o di persone).
In riferimento alle controversie concernenti la legge n. 89/2001, art. 2,
deve aggiungersi che il diritto alla trattazione delle cause entro un termine
ragionevole è riconosciuto dall’art. 6,
par. 1, della Convenzione citata, specificatamente richiamato dalla legge n.
89/2001, art. 2, solo in relazione alle
cause proprie e quindi esclusivamente in favore delle parti della causa nel
cui ambito si assume avvenuta la violazione e non anche in favore dei soggetti che siano ad essa rimasti estranei
(v. Cass., sent. n. 23173 del 2012). Al
riguardo, si è rilevato che il pregiudizio risarcibile si ricollega non alla
situazione soggettiva che costituisce
l’oggetto del processo presupposto,
ma alle sofferenze correlate alla protrazione ingiustificata dello stesso; in
tale ambito appare imprescindibile la
partecipazione a tale causa, che, per
altro, soprattutto nel giudizio civile, è
sempre sorretta da un interesse non di
mero fatto, ma giuridico, che sussiste
anche in relazione al c.d. intervento
adesivo o dipendente (Cass., sent. n.
23173, cit.).
Secondo la dottrina, la risarcibilità del
danno morale resta ancorata saldamente alla qualità di parte processuale,
pena la possibile duplicazione dei risarcimenti, come ritenuto da quella giurisprudenza che giudica irrilevante il disagio patito dai soci o dall’amministratore della società, anche se ai limitati
effetti dell’accoglimento dell’ulteriore
pretesa d’indennizzo da questi azionata in proprio. Il che deve naturalmente
valere anche per i soci delle società di
persone le quali, pur essendo prive di
personalità giuridica, costituiscono un
autonomo centro d’imputazione soggettiva di rapporti giuridici, anche agli
effetti della c.d. legge Pinto (v. Cass.,
sent. n. 3118/2005).
Ne consegue che il singolo condominio
non può essere ritenuto parte qualora
sia rappresentato dall’amministratore.
Sicché, posto che comunque, in tema
di equa riparazione per irragionevole
durata del processo ai sensi della legge
n. 89/2001, art. 2, anche per le persone giuridiche e i soggetti collettivi il
danno non patrimoniale, inteso come
danno morale soggettivo, è, non diversamente da quanto avviene per gli individui persone fisiche, conseguenza
normale, ancorché non automatica e
necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione
medesima, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che
la lesione di tale diritto solitamente
provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri (v.,
ex plurimis, Cass., sent. n. 13986 del
2013), deve, perciò ammettersi la legittimazione del condominio ad agire
in base alla legge, sia pure solo in presenza di mandato assembleare, non
sussistendo in capo all’amministratore il potere di intraprendere azioni
non conservative quale quella relativa
al diritto all’equa riparazione di cui
alla legge n. 89/2001.
Per altro verso, deve escludersi che il
singolo condomino che non sia stato
parte, in senso formale, nel processo
presupposto sia legittimato ad agire
per l’equa riparazione del danno da
irragionevole durata del processo ex
legge n. 89/2001.
Mette conto, infine, richiamare sul
punto, a ulteriore suffragio della tesi
come sopra accolta, la sentenza delle
Sezioni unite n. 6072/2013, con la
quale è stata risolta in senso negativo la questione della legittimazione
degli ex soci di società che, parte in
un giudizio di durata irragionevole,
volontariamente si sia cancellata dal
registro delle imprese senza aver agito
per l’accertamento e la liquidazione
del diritto all’equo indennizzo, a succedere alla società estinta nella titolarità del credito indennitario. In tale
pronuncia si è rilevato che il credito
oggetto del processo presupposto,
sorto originariamente in capo alla società, che era parte di detto giudizio
lungamente protrattosi, era controverso e perciò richiedeva l’accertamento e la liquidazione nel momento
in cui la società aveva deciso di farsi
cancellare dal registro delle imprese:
siffatta scelta aveva implicato la tacita rinuncia della società al credito in
questione, manifestandosi incompatibile con la volontà di pervenire al
concreto accertamento e alla liquidazione del credito stesso, per poter poi
provvedere all’eventuale ripartizione
del ricavato tra i soci.
*Avvocato, consulente
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
43
IMPORTANTE NOVITÀ PER IL MERCATO IMMOBILIARE
Il “rent to buy” finalmente
entra nel nostro ordinamento
Nel decreto-legge Sblocca-Italia, art. 23, si introducono forme contrattuali che consentono al conduttore
l’immediato conseguimento del godimento della res, diluendo nel tempo l’impegno finanziario volto
all’acquisto, e si permette al locatore la collocazione fruttuosa dell’immobile
di Alberto Celeste*
T
ra le pieghe del decretolegge 12 settembre 2014, n.
133, meglio noto come decreto sblocca Italia – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212
del 12 settembre 2014 e recante «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri,
la realizzazione delle opere pubbliche,
la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attività produttive» – si rinviene
l’art. 23, il quale disciplina un’importante novità per il mercato immobiliare, con interessanti riflessi per il settore abitativo e il comparto edilizio.
Ci si riferisce all’istituto del rent to buy,
diffuso soprattutto nel mondo anglosassone, e che finalmente trova legittimo ingresso anche nel nostro ordinamento, laddove i risultati raggiunti da
questa nuova fattispecie legale forse
potevano essere realizzati, con esiti
non del tutto collimanti, mediante altri negozi collegati (si pensi a un’opzione di acquisto collegata alla locazione,
o una locazione con preliminare di futura vendita, oppure una vendita con
riserva della proprietà).
L’articolo in esame – rubricato «Disciplina dei contratti di godimento in
funzione della successiva alienazione
di immobili» – è articolato in otto
capoversi, che regolamentano l’affare
segnatamente sul versante civilistico,
tralasciando, però, gli aspetti fiscali (ci
si è sùbito preoccupati, ad esempio, di
evitare la duplicazione di imposte su
somme che, dapprima, vengono qualificate come “canoni” a titolo di corrispettivo del concesso godimento del
44
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
bene e, poi, sono imputate al “prezzo”
della cessione del medesimo immobile).
La scelta del Governo, di offrire una
disciplina giuridica a queste ipotesi
contrattuali totalmente prive, fino al
13 settembre 2014, di tutela specifica,
recepisce sostanzialmente i suggerimenti del Notariato, espressi in particolare nel corso del convegno tenutosi a Roma nel novembre del 2013 e
presentati al Senato il 15 aprile 2014,
in occasione dell’audizione avvenuta
per la discussione del c.d. piano casa
(decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47,
convertito nella legge 23 maggio 2014,
n. 80).
La novella intende, in tal modo, dare
cittadinanza in Italia a forme contrattuali finalizzate a consentire al conduttore l’immediato conseguimento
del godimento della res, diluendo nel
tempo, come acquirente, l’impegno finanziario volto al suo acquisto, e, parimenti, permettere al locatore la collocazione fruttuosa dell’immobile, con
conseguente sgravio, come venditore,
dei costi sostenuti per la precedente
costruzione.
È sotto gli occhi di tutti la crisi che sta
attraversando il pianeta immobiliare, tenuto conto anche delle difficoltà
che incontrano le famiglie per ottenere dagli istituti di credito prestiti per
comprare l’abitazione, il che ha comportato la nascita di prassi contrattuali
diversificate e flessibili, ma tutte tese
a rinviare, a un futuro prossimo, gli
effetti definitivi della compravendita
dell’appartamento, ma assicurando,
nell’immediato, ai potenziali acqui-
renti, da un lato, di avere sùbito la
disponibilità dell’alloggio anelato e,
dall’altro, di detrarre parzialmente le
somme corrisposte per tale godimento
dal prezzo finale da versare all’acquisto, senza considerare anche il vantaggio di accantonare la liquidità relativa
ai costi da posticipare, a titolo di notaio e imposte varie.
In ogni caso, chiunque (un privato,
un costruttore, un imprenditore, ecc.)
può rivestire il ruolo di contraente in
tale affare, come qualsiasi immobile
(nuovo, usato, ristrutturato, e non per
forza per soddisfare esigenze abitative)
può essere oggetto dell’accordo.
Resta fermo che la nuova disciplina,
per un verso, trovando oramai una sua
tipizzazione legale, non impone più il
rinvio alle discipline speciali, segnatamente in materia locatizia (leggi nn.
431/1998 e 392/1978 riguardo a immobili urbani adibiti, rispettivamente,
a uso abitativo e non abitativo), e, per
altro verso, lascia pur sempre un ampio
margine all’autonomia contrattuale,
nel senso che le parti – salvi i “paletti” di cui appresso – risultano libere
di bilanciare come desiderano i lori
interessi, ad esempio, fissando la durata del godimento del bene, determinando la quota di canone imputabile a
corrispettivo della successiva vendita,
contemplando clausole di recesso o
penali, disciplinando diversamente gli
effetti dell’eventuale inadempimento,
stabilendo la possibile cessione della
posizione contrattuale, e quant’altro.
Passando in rassegna i capoversi di cui
si compone l’art. 23 citato, si rileva che
il comma 1 stabilisce: «i contratti, di-
versi dalla locazione finanziaria, che
prevedono l’immediata concessione
del godimento di un immobile, con
diritto per il conduttore di acquistarlo
entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’art.
2645-bis c.c.», aggiungendo che «la
trascrizione produce anche i medesimi effetti di quella di cui all’art. 2643,
comma 1, n. 8), c.c.»; si specifica che,
ai summenzionati contratti, «si applicano gli artt. 2668, comma 4, 2775-bis
e 2825-bis c.c.», precisando che «il
termine triennale previsto dal comma
3 dell’art. 2645-bis c.c. é elevato a tutta la durata del contratto e comunque
a un periodo non
superiore a dieci
anni» (comma 3,
prima parte).
Innanzitutto, risulta
chiara l’intenzione
della decretazione
d’urgenza di differenziare la fattispecie in esame da
quella denominata
“locazione finanziaria”: nell’ipotesi
in esame, infatti,
si registra un contratto di locazione,
corredato dal patto
secondo cui, quando l’importo dei canoni pagati per un
certo tempo abbia raggiunto la cifra
stabilita come prezzo per la cessione
della proprietà dell’immobile, l’iniziale locazione si converte in una compravendita; così il rent to buy consente alle
parti di finanziarsi l’un l’altro, perché,
in pratica, permette al proprietario
dell’immobile di ricavare un reddito
prima ancora della vendita e all’acquirente di prenotare l’investimento
futuro, traendo però immediata utilità
dal godimento del bene, il tutto senza
ricorrere, con indubbio risparmio, a
banche o altri intermediari specializzati.
Nello specifico, il rent to buy contempla due fasi, di cui la prima volta
all’immediata concessione in godi-
mento dell’immobile a fronte del pagamento di un canone e la seconda
tesa al trasferimento definitivo dello
stesso immobile con imputazione al
prezzo finale della parte dei canoni indicata nell’accordo.
In parole povere, l’inquilino (futuro
proprietario) entra sùbito nella casa
che ha scelto di acquistare, pagando al
venditore un acconto; poi, versa mensilmente un importo equivalente a un
normale affitto, il quale viene, però,
solo per una parte considerato come
canone di locazione (per così dire, a
fondo perduto) mentre l’altra parte
viene “salvata” andando a creare un
deposito (per così dire, in conto futuro acquisto) che, sommato all’acconto
iniziale, porterà all’accantonamento
totale una volta terminato il programma; al momento del rogito, infine, resterà da saldare solamente una data
percentuale del prezzo complessivo.
In secondo luogo, si sottolinea l’elevato livello di tutela garantito dalla
trascrizione di tali contratti, i quali,
pertanto, devono rivestire la forma
dell’atto pubblico o della scrittura autenticata: in buona sostanza, si richiama la disciplina della trascrizione del
contratto preliminare, nel senso che,
ove seguita dalla vendita definitiva,
la trascrizione della locazione rende
inopponibili al conduttore acquirente
tutte le iscrizioni o trascrizioni eseguite medio tempore nei confronti del
locatore alienante, salvo un prolunga-
mento della durata massima della c.d.
efficacia prenotativa (il termine di 3
anni risulta protratto fino a tutta la durata del contratto originario, ossia non
estesa a un’eventuale nuova locazione
conseguente alla rinnovazione tacita e,
comunque, per un periodo non superiore a 10 anni).
Per il resto, si rinvia alle disposizioni
normative concernenti la cancellazione della trascrizione, il privilegio
speciale sull’immobile a garanzia dei
crediti di restituzione del futuro acquirente qualora l’alienante sia inadempiente, l’ipoteca iscritta sull’immobile oggetto dell’accordo; chiude la
tutela la prevista opponibilità ai terzi
del contratto riguardo alla fase del
godimento, anche
nell’ipotesi in cui
quest’ultima sia infranovennale.
I commi da 2 a 5 si
occupano dettagliatamente dell’eventuale inadempimento e delle connesse
forme di tutela reciproca per entrambi i
contraenti.
Nello
specifico,
si prevede che «il
contratto si risolve
in caso di mancato
pagamento, anche
non consecutivo, di
un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore a un
ventesimo del loro numero complessivo» (comma 2); il legislatore vuole così
stabilire un “livello minimo” di gravità
dell’inadempimento con effetto solutorio, al fine di evitare che un occasionale o minimo omesso versamento dei
canoni periodici possa esporre il potenziale acquirente al rischio di perdere la facoltà di opzione, pur avendo già
corrisposto gran parte degli acconti di
prezzo della futura vendita.
Trovano, altresì, applicazione «le disposizioni degli articoli da 1002 a 1007
nonché degli articoli 1012 e 1013 del
codice civile, in quanto compatibili»:
in pratica, differenziandosi rispettosi
alla locazione, si richiamano le norme
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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che disciplinano l’usufrutto quanto a inventario, garanzia,
carico delle spese di manutenzione, pretese di terzi, ecc.,
sempre con il limite della compatibilità.
In caso di inadempimento, si prevede, inoltre, l’applicazione dell’art. 2932 c.c. (comma 3, alla fine), contemplando la
possibilità di una sentenza costitutiva che tenga luogo del
contratto definitivo.
Qualora, poi, il contratto di cui al comma 1 abbia per oggetto
un’abitazione, si dispone che il divieto per il notaio di stipula
dell’atto di vendita definitivo, di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 20 giugno 2005, n.122, «opera fin dalla concessione del godimento» (comma 4).
Infine (comma 5), in caso di risoluzione per inadempimento
del concedente, si prescrive che «lo stesso deve restituire la
parte dei canoni imputata al corrispettivo, maggiorata degli
interessi legali», contemperando la retroattività degli effetti
della risoluzione con la parziale imputabilità dei canoni versati al prezzo della compravendita; a sua volta, nell’ipotesi
di risoluzione per inadempimento del conduttore, «il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non é stato
diversamente convenuto nel contratto», come una sorta di
penale, trattenendo tutti gli importi versati e così compensando l’occupazione dell’immobile fino a quel momento.
Il comma 6 si preoccupa del possibile fallimento di uno dei
paciscenti, approntando le opportune tutele, cercando di bilanciare equamente l’interesse dei creditori con l’esigenza di
assicurare la stabilità dei rapporti giuridici.
Più precisamente, se fallisce il concedente, «il contratto
prosegue», fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3,
lett. c), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 – meglio nota
come legge fallimentare – e successive modificazioni (escludendo così la revocatoria a tutela della posizione del conduttore con diritto all’acquisto che abbia trascritto), mentre,
qualora sia il conduttore a fallire, troverà applicazione l’art.
72 del regio decreto n. 267/1942 e successive modificazioni
(tutelando il potenziale acquirente che abbia trascritto il proprio titolo), con la puntualizzazione che, se il curatore si scioglie dal contratto, operano le disposizioni di cui al comma 5
(rimettendo al curatore, previa l’autorizzazione del comitato
dei creditori, di valutare se continuare o meno il rapporto).
Gli ultimi due capoversi prevedono, rispettivamente, che,
«dopo l’art. 8, comma 5, del decreto-legge 28 marzo 2014,
n. 47, convertito con modificazioni, dalla legge 23 maggio
2014, n. 80, è aggiunto il seguente: “5-bis. Le disposizioni del
presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante
per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà,
stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della
presente disposizione”», e che «l’efficacia della disposizione
di cui al comma 7 è subordinata al positivo perfezionamento del procedimento di autorizzazione della Commissione
Europea di cui all’art. 107 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea (TFUE), di cui é data comunicazione
nella Gazzetta Ufficiale».
*Magistrato
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la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
Codice E1, posizione contributiva
Nel primo trimestre successivo all’inizio del rapporto lavorativo ho aderito a Ebilcoba e ho versato il contributo, con il
codice E1. Tutti i trimestri successivi ho pagato con i MAV,
così come mi sono arrivati, precompilati dall’INPS, pensando che la mia adesione a Ebilcoba fosse registrata all’Ente
previdenziale.
In seguito ho scoperto che, al momento del pagamento, avrei
dovuto sempre ripetere il riferimento al codice E1 di Ebilcoba, ma non so come dovrei fare, poiché i modelli MAV inviati dall’INPS sono precompilati. Vorrei anche sapere se posso
sanare la mia posizione contributiva verso Ebilcoba in modo
da acquisire la continuità di versamenti che mi consentirebbe di ottenere il rimborso in caso di malattia della mia colf.
(Renato Biondi)
Risponde il consulente, avv. Diletta Bocchini
L’INPS invia trimestralmente i bollettini MAV precompilati, soltanto con l’importo dei contributi in base
all’orario di lavoro dichiarato al momento dell’assunzione. Pertanto è necessario, a ogni pagamento, calcolare
i contributi Ebilcoba (€ 0,03 sulla paga oraria), inserire
l’importo e indicare il Codice E1 nell’apposita casella.
Per fare questo occorre rigenerare telematicamente il
MAV e inserire i dati e gli importi riguardanti Ebilcoba, entrando nel sito www.inps.it, sezione Contributi
domestico - Servizi online; poi accedere alla posizione
del datore di lavoro con i codici fiscali e il numero del
rapporto lavorativo; quindi si deve cliccare “modifica” e
indicare nel nuovo MAV i contributi Ebilcoba e il codice
E1. Automaticamente sarà ricalcolato l’importo dovuto.
Si potrà quindi procedere alla stampa del nuovo MAV.
Per recuperare i contributi di Ebilcoba non versati, si dovranno calcolare, con lo stesso procedimento, tutti i trimestri mancanti e poi comunicare a Ebilcoba che i contributi pagati in quel trimestre includono anche quelli
precedenti.
EBILCOBA OFFRE
• Un servizio di consulenza per l’applicazione del
C.C.N.L. Colf e Badanti e di elaborazione delle buste
paga nei giorni lunedì, martedì e mercoledì dalle 10:00
alle 13:00;
• un servizio gratuito di consulenza legale, anche per
eventuali contenziosi, nei giorni giovedì e venerdì,
dalle 10:00 alle 13:00.
Informazioni su tutti i servizi offerti da Ebilcoba possono essere reperite presso la sede di via San Nicola da
Tolentino 21, Roma, tel. 06485611 – info@ebilcoba.it –
www.ebilcoba.it
Scadenzario Novembre 2014
GIORNO
PRINCIPALI ADEMPIMENTI
30 (prorogato a lunedì 1° dicembre)
Chi: Condominio, privati
Che cosa: Versamento imposta di registro sui contratti di locazione nuovi o rinnovati tacitamente
con decorrenza 01/11/2014 di cui non si è optato per la cedolare secca
Come: Modello F23 presso banche, agenzie postali o concessionari
Codice tributo:
107T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati - intero periodo
108T-Imposta di registro per affitto fondi rustici
112T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati-annualità successive
114T-Imposta di registro per proroghe (contratti di locazione e affitti)
115T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati - prima annualità
Chi: Amministratore, privati che presentano la dichiarazione dei redditi - Unico 2014.
Che cosa: Versamento della 2° o unica rata di acconto Irpef ed Irap relativo all'anno 2014
Come: Modello F24 tramite home banking, in via telematica tramite intermediari abilitati oppure
con il servizio fisco online dell’Agenzia delle entrate per i titolari di partita IVA.
Codice tributo: 4034 Irpef; 3813 Irap
Chi: Contribuenti che presentano la dichiarazione dei redditi - Unico 2014 - tenuti all'iscrizione
nell'apposita gestione separata INPS.
Che cosa: Versamento del 2° acconto per il 2014 del contributo INPS - Gestione separata
lavoratori autonomi
Come: Modello F24 tramite home banking, in via telematica tramite intermediari abilitati oppure
con il servizio fisco online dell’Agenzia delle entrate per i titolari di partita IVA.
Codice tributo:
P10 - Versamenti dei professionisti già iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria – acconti e
saldo non rateizzati.
PXX – Versamenti dei professionisti privi di altra copertura previdenziale, con contribuzione
comprensiva di aliquota pensionistica e di aliquota assistenziale – acconti e saldo non rateizzati
Chi: Locatori, persone fisiche, non titolari di partita Iva, proprietari di unità immobiliari abitative
locate che abbiano esercitato l’opzione per il regime della cedolare secca.
Che cosa: Versamento del secondo o unico acconto della cedolare secca.
Come: Modello F24 con modalità telematiche, ovvero presso Banche, Agenzie Postali, Agenti
della riscossione.
Codice tributo: 1841 – Imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché delle
imposte di registro e di bollo, sul canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto
immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione – Art- 3,
d.lgs. n. 23/2011 – ACCONTO II RATA o ACCONTO IN UNICA SOLUZIONE
N.B. per il pagamento delle imposte dovute da Unico, saldo 2013 e primo acconto 2014, è possibile utilizzare
il pagamento rateale. Si rinvia al sito dell’Agenzia delle entrate per le scadenze delle singole rate.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
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MOSTRA RETROSPETTIVA
Al Vittoriano la plasticità
dinamica di Mario Sironi
di Luigi Tallarico
U
na selezionata retrospettiva delle opere di Mario
Sironi (1885-1961) è in
svolgimento al complesso
del Vittoriano, a Roma, fino all’8 febbraio 2015, curata da Elena Pontiggia,
in collaborazione con l’Archivio Sironi di Romana Sironi. La rassegna è da
considerarsi una lezione di grandezza e a dimensione corale della “Città
dell’uomo moderno”, che al di là del
rigore plastico delle strutture, rappresenta la prospettiva dinamica riservata
a chi la vive e vi lavora, ritenendosi soggetto di relazione in quanto considera
la comunità come la sua comunità, la
società come la sua società.
Nei mirabili cicli pittorici delle “Periferie urbane”, come in quelli aperti al
tema “Il lavoro”, Sironi ha affrontato
il mito dell’architettura del presentefuturo per la necessità, avvertita in piena temperie futurista (dal”Camion”
del 1914 al “Ciclista” del 1916) di affermare e vivere il senso costruttivo
Mario Sironi, Paesaggio urbano (1940)
48
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
delle forme pittoriche riconoscendo
alla pittura di illuminare «la parte integrante dell’architettura», come dice
Pontiggia, evidenziando il cromatismo
del desolato paesaggio urbano con le
strutture fatiscenti e i binari rilucenti della rete tranviaria. L’artista ha in
effetti trattato la difficile soluzione
del problema spaziale, con l’intento
di portare nella “Città nuova” l’atmosfera esterna, secondo il lirismo architettonico di Sant’Elia e di Boccioni, di
rendere quindi il collegamento della
struttura con la luce dell’ambiente i
timbri della “strada tumultuante”.
Invero il colore, linguaggio decorativo
e di contingenza lirica, non contrasta
con la plasticità della struttura architettonica, atteso il potente rilievo della luce a dimensione dinamica e che
ha il merito di unificare i momenti
dell’ideazione e dell’esecuzione, della
teoresi e della prassi. In effetti Sironi,
da futurista-espressionista, estraneo
all’ésprit impressionistico, ha sollevato
la pittura dagli impegni intimistici e
privati, elevandola dal chiuso degli appartamenti ai grandi spazi, alle navate
dei templi, alle aule dei palazzi pubblici, onde consentire ai protagonisti del
nostro tempo di vivere, con la realtà in
atto, la forza e la solennità della Storia.
Come documentato da un nutrito carteggio e dal richiamo dei bozzetti di
grafica, fortemente espressivi tra luci e
ombre, il percorso espositivo si avvale
dei segni incisivi che danno un ritmo
e una tensione vitalissima ai particolari, perfino ai «frammenti», diceva
Sironi, in modo che ogni lavoro, anche
in fase preparatoria, possa rappresentare la «vera opera completa» specie
se collocata in un ambiente «in stretta
relazione con lo spazio architettonico». Lo sviluppo di questi lavori tra
pittura e architettura non è segnato
dalla razionalità oggettiva e dalla concettualità dello spazio chiuso cubista,
ma è teso ad animare «l’ambiente architettonico emotivo», proprio del
dinamismo-plastico boccioniano, con
l’intento di delineare regole, misure
e insegnamenti validi per il «vivere
comune» e per esprimere la parlata
come la koinè stessa di una comunità
in ascesa.
D’altra parte il rimando allo stile di
vita della comunità emerge dal riscontro critico, in quanto storico, dei contenuti delle opere che confermano le
aperture di Sironi ai momenti della
sua poetica, in cui alla pittura delle
“Periferie urbane” succede il mosaico
dell’”Italia corporativa”; dall’opera
esposta nel 1924 alla Biennale veneziana, l’”Architetto”, prende consistenza
ideologica la vetrata della Carta del
lavoro” al Ministero ora dello sviluppo
economico; dal bassorilievo del “Popolo italiano” discendono le megalo-
grafie degli stand espositivi sull’arte e il lavoro italiani nel
mondo. Pertanto non poteva un “poeta civile”, come Sironi,
non far seguire, son sue parole, «alle corrispondenze di una
idea la corrispondenza di uno stile», ribadendo che «lo stile
è la vita stessa del popolo italiano». E infatti dopo 130 anni
dalla nascita e 53 dalla morte, non ci si poteva aspettare una
retrospettiva uniforme e basata sulla compiacenza intimistica e di portata estetizzante, dal momento che la sua arte
è intrisa «di forza e di dramma» (Pontiggia) ed è portata a
esprimere quella sofferta modernità costruita giorno dopo
giorno, secondo i linguaggi dell’avanguardia futurista usati
nei tempi della storia.
Da qui la verità, sostenuta da Federico Nietzsche («Cambiamento di valori equivale a cambiamento di direzione»)
e che ha consentito a Sironi, in sintonia con i mutamenti
operati dai futuristi, l’allargamento alla cultura dei nuovi problemi della società, senza trascurare l’importanza
qualificante dei valori dell’arte, sostenuti dalla “superiore
e sostanziale gerarchia” delle discipline di ordine formale.
Per cui ha confermato la necessità di «liberare l’arte dagli
elementi soggettivi e arbitrari», dettati da una «speciosa
originalità che è voluta – diceva Sironi – dalla sola vanità»,
in contrasto con il continuo «rinnovamento di ritmi, di
equilibri, di spirito costruttivo» richiesti invece dalle esigenze della cosa comune. Per questo non basta invocare la
tradizione che non passa, dal momento che il termine traditio (“passaggio”), come quello di origine ellenica (“crisi” o
“transizione”), non significa sosta o arresto, ma continuità
di un presente elevato a rango di valore permanente. Per
cui, nella specie, il cambiamento ha riguardato le particolari
prospettive architettoniche, rispetto all’urbanesimo coatto
ottocentesco, nonché l’assunzione di responsabilità culturali e sociali, rispetto alla condizione del lavoratore vincolato dalla tradizione che non passa.
In realtà il cambiamento – ha scritto Giovanni Gentile nel
libro pubblicato postumo “Genesi e struttura della società”
(1943-1946) – è in rapporto alla «creazione della grande industria e l’avanzata del lavoratore, nella scena della grande
storia, ha modificato profondamente il concetto moderno
di cultura». E subito dopo il filosofo dell’attualismo ha ribadito che «era cultura dell’intelligenza soprattutto artistica
e letteraria, e trascurava quella vasta zone dell’umanità …
che lavora da uomo … dispiegando quella stessa attività del
pensiero», onde risolvere i problemi in cui si snoda la nostra
esistenza in atto. Del resto, nella retrospettiva del Vittoriano sono evidenziati gli scenari urbani e l’orgoglio, non privo
di patimenti, dei lavoratori di aver costruito la nuova realtà
sotto la spinta degli eventi della storia e del “vero superiore”.
In un secolo, vaticinato come “secolo del lavoro” – nel quale il lavoratore è uscito dalla condizione sociale di salariato
per assumere quella di produttore, direttamente interessato
agli sviluppi della comunità – Mario Sironi ha consolidato
il concetto gentiliano e bottaiano del protagonismo del lavoro, rivendicando al lavoratore «l’alta dignità che l’uomo,
pensando, aveva scoperto nel pensiero».
Ricordando
Luciano Pontuale
All’età di 81 anni, è venuto a mancare l’arch. prof. Luciano Pontuale, componente del Consiglio direttivo
nazionale di FEDERPROPRIETÀ, che i nostri lettori ben conoscono anche come collaboratore di alto
livello di questa rivista.
Nell’ambito della Sua vita esplicò funzioni e incarichi pubblici di vario genere, dando prova di grande
professionalità e competenza, ma anzitutto ponendo
in luce doti umane e di carattere, da chiunque l’abbia conosciuto apprezzate, che lo videro, tra l’altro, in
prima linea con tutta la sua professionalità in occasione delle gravi calamità della frana di Agrigento e
del terremoto dell’Irpinia.
Prima di vincere il concorso per professore ordinario
di Urbanistica nell’Università di Genova, era stato
funzionario di spicco del Ministero dei lavori pubblici, dove aveva anche ricoperto la carica di Vicecapo
di Gabinetto dei Ministri Bucalossi e Compagna,
mentre lo vediamo, tra i primi in Italia a occuparsi
della tutela e della salvaguardia dei centri storici,
come firmatario della Carta di Gubbio.
Era stato anche consigliere nazionale del Partito Repubblicano Italiano, nel cui ambito si è segnalato per
l’azione di supporto ai lavori dei Gruppi parlamentari.
La Sua attività di progettista si era articolata su vari
livelli soprattutto come urbanista (si ricordano i piani di Pistoia, Carrara e Ravenna), ma anche come
architetto (in particolare, di notevole rilievo è la ristrutturazione – da 3 a 9 piani – della Clinica oculistica dell’Università di Genova e la nuova caserma
dei Carabinieri di Levanto); non va però dimenticato
lo studio condotto dai Suoi studenti sull’assetto del
Ponente genovese con particolare riferimento ad
aree ed edifici dismessi sulla base di Sue intuizioni e
direttive ancora valide.
L’elencazione è sommaria, in quanto affidata alla
pura e semplice memoria di chi lo conobbe, perché
la Sua particolare riluttanza a magnificare e pubblicizzare le proprie opere (come oggi è in voga) non
lo fece comparire sulla scena della professione per
quanto effettivamente valeva, ma gli amici lo piangono proprio come persona di alte qualità umane e
morali unite a un forte e convinto senso dello Stato.
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
49
Colf e badanti: come pagare i contributi
Tramite MAV - Il MAV fornito dall’INPS non comprende il versamento ad Ebilcoba. Per ottenere il rimborso della malattia della Colf
e/o Badante e tutti gli altri importanti vantaggi il datore di lavoro deve
riprodurre ogni trimestre un nuovo MAV dal sito internet www.inps inserendo il codice E1 applicando la seguente procedura:
1) servizi on line: per tipologia di utente; cittadino.
2) pagamento contributi lavoratori domestici: pagamento di un singolo o più rapporti di lavoro; inserimento del codice fiscale del datore di lavoro e del codice di rapporto di lavoro; cliccare su “modifica”;
inserire nel campo “c.org” il codice E1; inserire l’importo risultante
dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
3) conferma la modifica.
METODI DI PAGAMENTO ALTERNATIVI
Online sul sito www.inps.it - Selezionare nel campo “codice organizzazione” il codice “E1” ed inserire l’importo risultante dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
Con Home Banking - Se si dispone del servizio di Banca via internet,
accedere alla sezione “conto on line” >pagamenti > contributi INPS selezionando nel campo cod. org E1” ed inserire l’importo risultante dalla
moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
Presso le tabaccherie “Reti amiche” - È necessario fornire i dati relativi ai contributi previdenziali INPS, ed inserire nel campo cod. org E1
l’importo risultante dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel
trimestre.
N. B. Non si deve assolutamente versare il contributo a Ebilcoba congiuntamente ai versamenti previdenziali INPS, ma è necessario distinguere i due importi nelle due caselle altrimenti non è possibile ottenere i vantaggi del nostro contratto.
COEFFICIENTI MENSILI PER LA RIVALUTAZIONE DEL TFR
Tfr maturato fino al
periodo compreso tra
Mese
AUMENTI PREZZI AL CONSUMO OPERAI E IMPIEGATI
Indice ISTAT
Diff.
Incidenza %
75% di «e»
«c»
«d»
«e»
«f»
«b»
«a»
Tasso fisso
1,5%
Totale«f»+«g» Coefficiente
di
coefficiente
di rivaluta- rivalutazione
zione
progressivo
«g»
«h»
Montante
mese
Montante
progressivo
«l»
«m»
«i»
2014 - Da computare su quanto risultava accantonato al 31-12-2013 a titolo di TFR
LUGLIO
15-7
14-8
107,3
0,1
0,186741
0,140056
0,875
0,015056
312,025687
1,01008562
4,119 87456
AGOSTO
15-8
14-9
107,5
0,4
0,373483
0,280112
1,000
1,280112
313,042047
1,01280112
4,13042047
SETTEMBRE
15-9
14-10
107,10
0,5
0,00000
0,00000
1,125
1,12500000
314,167047
1,01125000
4,14167047
PUBBLICATE NELLA GAZZETTA UFFICIALE A NORMA DELL’ART. 81 DELLA LEGGE 27 LUGLIO 1978, N. 392
Nel prospetto che segue sono riportate le variazioni percentuali, annuali e biennali, dell’indice Istat, da valere per gli aggiornamenti dei canoni locatizi.
2012
mese
Settembre
Rispetto al
2011
V.% tot. = 3,10
V. 75% = 2,325
Rispetto al
2010
V.% tot. = 6,20
V. 75% = 4,65
2013
Rispetto al
2012
V.% tot. = 0,80
V. 75% = 0,60
Rispetto al
2011
V.% tot. = 3,90
V. 75% = 2,923
2014
Rispetto al
Rispetto al
2013
2012
V.% tot. = -0,1
V.% tot. = 0,70
V. 75% = -0,075 V. 75% = 0,525
N.B Si ricorda che per l’aggiornamento del canone si deve far riferimento all’indice Istat del mese precedente la decorrenza del contratto. Per esigenze di spazio,in questo riassunto non
appare la tabella relativa agli indici del costo della vita; per tale tabella, così come per la consultazione di quelle arretrate relative all’indice dei prezzi al consumo e ai coefficienti mensili
per la rivalutazione del TFR, gli interessati potranno chiedere telefonicamente dati e chiarimenti agli uffici dell’ARPE o prendere visione direttamente dei relativi dati sul sito Internet:
www.arpe.roma.it
L’UMIDITA
CREA PROBLEMI?
tel. 06. 841.59.74
Via Chiana, 13 • 00198 RM
info@umidita.it
50
recupero locali umidi // indagini strumentali // perizie giurate
la PROPRIETÀ edilizia • Novembre 2014
SI ESEGUONO
PERIZIE
DIAGNOSTICHE
Prima di interventi errati e controproducenti, affidati alle nostre
ricerche strumentali per ottenere
la migliore soluzione.
to
a
c
r
e
m
l
u
s
i
n
da 30a n
RIQUALIFICAZIONE EDILIZIA
la FORZA di un’IMPRESA
è la DURATA delle proprie OPERE
• PRONTO INTERVENTO RIMOZIONE PERICOLO CON RILASCIO DI CERTIFICAZIONE TECNICA
• RISTRUTTURAZIONE E RESTAURO FACCIATE
• RIFACIMENTO PAVIMENTAZIONI E OPERE DI SISTEMAZIONE ESTERNA
• IMPERMEABILIZZAZIONI TERRAZZI - TETTI
• RECUPERO LEGALE DEL CEMENTO/AMIANTO
• RIFACIMENTO FOGNATURE A NORMA UNI EN 12056/3
• IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO ED ANTIRIGURGITO GARANZIA ASSOLUTA
ITALSOA
S.p.A.
Professionisti offrono, in sede, assistenza TECNICA
Aziendacertificata
ISO 2001/2008
ORGANISMO DI ATTESTAZIONE
Attestazione n. 4210/58/01
Abilitazione legge 37/08 (ex 46/90) categorie A,B,C,D,E,F,G.
Via Pasquale II, 208 - 00168 Roma
TEL E FAX: 06.6149331
www.edilsoluzioni.com info@edilsoluzioni.com