Tempo di Grazia per lo Spirito Tempo di Grazia per lo Spirito Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2014 - Euro 0,50 1 Febbraio in Cattedrale Celebrazione Eucaristica e conferimento dei Ministeri ai seminaristi Nuovi Ministeri in Diocesi Doni di carità e servizio per otto giovani ragazzi GIOVANNA DI BENEDETTO Sabato 1 febbraio alle ore 18:30 in Cattedrale S. E. Mons. Visco conferirà i Ministeri del Lettorato e dell’Accolitato a otto seminaristi della nostra Diocesi. Per amor di precisione, sei riceveranno il Ministero del Lettorato e due quello dell’Accolitato. Per i seminaristi è una delle tappe importanti del cammino verso il Sacramento dell’Ordine. Ma, spieghiamo, per i “non addetti”, cosa sono questi Ministeri, facendo un piccolo salto indietro nel tempo. Alcuni Ministeri furono istituiti nella Chiesa fin dai tempi più antichi, per il culto e il servizio al popolo di Dio. Alcuni di essi, più legati alle celebrazioni liturgiche, col tempo furono considerati preliminari al ricevimento del sacramento dell’Ordine e nella Chiesa latina furono interpretati come «Ordini Minori». Due di questi erano proprio il Lettorato e l’Accolitato. Con il rinnovamento liturgico del Concilio Vaticano II la dimensione sacerdotale del popolo di Dio, fondata sul Battesimo, chiede una partecipazione «piena, consapevole e attiva» alla liturgia. Così, Paolo VI riformò l’uso della chiesa latina, definendo «Ministeri» il Lettorato e l’Accolitato e dando la possibilità di conferirli anche ai laici. Vediamo, in sintesi, quali sono i loro compiti: Il Lettore deve leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella Messa e nelle altre azioni sacre proclami dalla Sacra Scrittura le letture (ma non il Vangelo). L’esercizio del Ministero del Lettorato evidenzia concretamente lo stretto rapporto esistente tra parola di Dio e liturgia; L’Accolito deve curare il servizio dell’altare, aiutare il Diacono e il Sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa Messa. Questo Ministero, nel suo concreto eser- cizio, è destinato a mettere in risalto l’intimo legame che esiste tra liturgia, Eucaristica, in particolare, e carità. Potremmo essere stati poco esaustivi, ma contiamo di aver gettato il seme della curiosità per fare una ricerca di approfondimento o, perché no, chiedere a qualcuno dei “nostri ragazzi”. Passiamo, ora, la “penna” ad alcuni seminaristi che hanno voluto condividere con noi i loro pensieri in vista di questo passo così significativo. Mariano Signore: Sentirsi ‘chiamati’ mentre si cammina produce, sempre o quasi, un senso di disorientamento; si è distolti, infatti, da ciò che si sta compiendo. Eppure se non fossimo ‘chiamati’ non ci renderemmo conto di quanto percorso e della meta verso la quale stiamo andando. Il ministero dell’ Accolitato, in questa fase del percorso, rappresenta per me proprio questo: una ‘chiamata’, ancora una volta. La ri- SOMMARIO EDITORIALE La “Cittadella dell’Accoglienza” e della memoria SPECIALE Due parrocchie “Cinquantenni” 2 Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 EDITORIALE ANTONIO CASALE LA “CITTADELLA DELL’ACCOGLIENZA” E DELLA MEMORIA Da pochi giorni l’ex campo profughi è passato finalmente nelle mani del Comune di Capua. Temo, però, che il sospirato passaggio di proprietà non risolverà il deprecabile stato di degrado e abbandono in cui versa la storica “cittadella dell’accoglienza”. Nonostante il sindaco abbia già entusiasticamente ipotizzato la ripresa del progetto del nuovo ospedale e la cessione di parte dell’area ai privati, questa volta, la sua notoria caparbietà ed il suo inguaribile ottimismo non basteranno a spazzare via i nostri timori. Anzi, quanto più si favoleggiano progetti faraonici tanto più crescerà la disillusione e l’attesa inerte. Mi limiterei, perciò, nell’immediato, a piccole cose essenziali come la pulizia e la recinzione. Ma soprattutto, nel procedere ad una qualunque progettazione di riutilizzo dell’ area, non perderei mai di vista il grande significato che essa ha avuto nella storia della nostra città e nei mutamenti epocali a livello internazionale. Dall’accoglienza dei profughi in fuga dai regimi comunisti, ai primi grandi esodi di interi popoli come quello dei vietnamiti e degli albanesi, il campo profughi ha svolto un ruolo umanitario così importante da essere ricordato anche da Papa Giovanni Paolo II nella sua storica visita alla città nel 1992. In un epoca di rapidi e inafferrabili mutamenti socio economici in cui si tende a fare della “memoria” un imprescindibile antidoto contro il ripetersi di ogni violenza o sopraffazione dell’uomo sull’uomo, non possiamo condannare all’oblio un patrimonio così importante. Il campo profughi di Capua deve restare un simbolo dell’ aspirazione alla libertà ed all’autodeterminazione dei popoli. Accanto al Museo Campano che raccoglie le testimonianze del progresso culturale, giuridico ed artistico a cui erano giunti i nostri antichi progenitori, un “Museo della Accoglienza” potrebbe rappresentare il grado di civiltà più elevato che noi abbiamo saputo trarre da quella storia. Un traguardo messo sempre più in discussione dall’insorgere nel mondo di bestiali rigurgiti xsenofobi, di nuovi fondamentalismi etnico religiosi e di odiosi conflitti fratricidi . Cosi come i campi di sterminio restano intatti a testimoniare l’abisso di male in cui può sprofondare l’umanità, un glorioso campo profughi, che ha ridato speranza, dignità e libertà a migliaia di uomini in fuga, non può scomparire del tutto. E’ una lezione che la “giornata della memoria “ appena celebrata, ci ricorda ogni anno e che noi possiamo fare nostra evitando di trasformare la “cittadella dell’accoglienza” in un banale spazio per interessi privati o strutture anonime NUOVI MINISTERI IN DIOCESI testimone nella quotidianità SEGUE DA PAG. 1 sposta non è scontata, bisogna viverla, esserne convinti: è questo ciò che vuole il Signore. Valerio Lucca: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”(lc 4,21), Gesù è la parola letta, è la parola proclamata, Lui è il compimento della parola che noi ascoltiamo. Ricevere e accogliere questa parola è il compito di tutti, in particolar modo del lettore; il quale con il sostegno del Signore aiuta a raggiungere il Suo insegnamento. Vincenzo Gallorano: Se dovessi pensare a chi sia il lettore, la mia mente non può non andare immediatamente all’apostolo Paolo e a ciò che comunica alla comunità di Corinto: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (1Cor 11, 23). Non può essere altrimenti! Se è vero, infatti, che uno dei nostri compiti sarà quello di istruire giovani ed adulti nella fede in Gesù Cristo, è altresì vero che niente di tutto questo risulterà possibile se prima non ci saremo messi all’ascolto della sua Parola nella preghiera incessante e nella contemplazione continua della sua opera nella nostra vita. Chi è allora il lettore se non colui che resosi ascoltatore di Gesù, diventa suo della sua esistenza? Anche per questo grazie, o mio Signore; continuo ad affidarti la nostra vita affinchè attraverso questo primo ministero che tu ci donerai di esercitare, possiamo proclamare ciò che saremo e diventare ciò che nella tua morte e risurrezione già siamo: comunità chiamata da te per diventare una sola cosa con te. Pietro Santoro: Alla scuola della Sua Parola, il Signore mi ha guidato passo dopo passo, rispettando sempre i miei tempi, a volte lunghi a causa della durezza del mio carattere. «Come bimbo in braccio a sua madre» ( Sal 130), il Signore mi ha cullato, mi ha nutrito della sua Parola, divenuta per me «Potenza di Dio»( 1Cor 1,18),capace di rendermi, non un cristiano arrendevole, ma un credente convinto che il Signore agisce e plasma i cuori, attraverso le semplici parole della Scrittura. Questa forza performativa del Verbo di Dio non fa violenza alla mia vita, ma è per me come suono melodioso che riscalda il cuore e come uno strumento che suona dolce le corde della mia vita. È proprio questo suono dolce del cuore che ha avuto ed ha un ruolo estremamente rilevante nella mia storia vocazionale e si esprime nella passione per il Canto Liturgico e la Musica Sacra; uno degli aspetti del ministro del lettorato è proprio la cura del canto liturgico e della direzione del coro. La musica ha toccato una tastiera misteriosa che porto nell’anima; con essa riesco ad esprimere sensibilmente ciò che non ho mai saputo dire e trasmettere prima. Lo sposalizio tra musica e preghiera mi ha ancor di più avvicinato alla Parola viva in maniera forte, travolgente, con un trasporto tale da far vibrare cuore, mente e anima. Se già la Parola di Dio è capace di penetrare il cuore e rendere chiaro il suo messaggio, attraverso la musica lo si sente ancor più in maniera immediata; si avverte “nelle viscere” e “fin nel midollo delle ossa”. Marco Pascarella: Questo momento di gioia che si avvicina mi porta a ringraziare ancora una volta il Signore. Il Lettorato non è una semplice tappa obbligata per il presbiterato, né il frutto di uno sforzo personale; è un dono che mi viene dalla Chiesa, che si inserisce in un rapporto familiare col Signore che in questo tempo di formazione va maturando. Come mi ha augurato un amico in questi giorni, dovrò accogliere questo Ministero della Parola nella consapevolezza che prima dell’annuncio ho bisogno di mettermi in ascolto di colui che mi chiama, sempre. CHIESA Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 3 Presentazione di Gesù al Tempio “Luce per rivelarti alle genti” LA NAVE ARGO Le aquile non volano a stormi E io neppure. M’educo al modo Della nave Argo di cui lungo Oceaniche rotte gli Argonauti Sostituivano un pezzo dopo l’altro Fino a farne per stazza forma e nome Una del tutto nuova, pur restando Esattamente identica alla prima. Avvicendandosi, quindi, opere e giorni Anch’io somiglio sempre più a me stesso Per vivifico impulso dell’Amore Che occultamente muta seme in fiore E fa sì che passando dalla mia All’altrui mano un dono non si perda Ma venga ripagato lautamente Moltiplicato più volte per cento. Giuseppe Centore DON PASQUALE VIOLANTE La Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme è la memoria di un evento storico che esprime la piena sottomissione del Figlio di Dio alle leggi della religione ebraica. Secondo, infatti, quanto prescrive la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe consacrano al Signore il loro primogenito. Questa pratica religiosa, tuttavia, per noi cristiani non rimane tale, perché compiuta per un bambino speciale. Gesù, che ha origini divine, entra nel Tempio con la sua carne umana, e in tal modo preannuncia la piena offerta che egli farà di se stesso sulla croce. Questa carne egli l’ha assunta per vivere piena solidarietà con gli uomini, solidarietà amplificata dalla sua partecipazione alle nostre sofferenze (II Lettura). In tal modo egli si rivela come il perfetto messaggero del Padre, colui che renderà più salda l’alleanza tra Dio e gli uomini, perché la siglerà nel suo sangue e dunque sarà luce, “luogo” dove il Dio d’Israele si rivela in pienezza, come ha affermato il vecchio Simeone. Quest’uomo giusto e pio, pieno dello Spirito del Signore, profetizza che questo bambino sarà segno di contraddizione, fonte di caduta o di riscatto per il popolo d’Israele a seconda se lo si accolga o se ne comprende la portata definitiva della rivelazione di Dio. Anche la profetessa Anna ha la gioia di conoscere questo bambino da sempre atteso. Ella, che dopo la fine del suo matrimonio, aveva consacrato la sua vita interamente al servizio del Signore, ci offre un esempio di come l’attesa del Messia si era concretizzata in una vita pienamente oblativa. Ella anche è messaggera e annunciatrice della novità di Cristo: «parlava del bambino a quanti attendevano la redenzione d’Israele». Colui, infatti, che lo accoglie è da lui purificato per diventare, con la sua vita, vera offerta gradita a Dio. 3 FEBBRAIO San Biagio Vescovo e martire TRATTO DA WWW.SANTIEBEATI.IT + Sebaste, Armenia, ca. 316 Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e l'orientale Licinio. Nell'VIII secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti - e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell'atto risale il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate. (Avvenire) Patronato: Malattie della gola Etimologia: Biagio = bleso, balbuziente, dal latino Emblema: Bastone pastorale, Candela, Palma, Pettine per lana Martirologio Romano: San Biagio, vescovo e martire, che in quanto cristiano subì a Sivas nell’antica Armenia il martirio sotto l’imperatore Licinio. 4 CHIESA Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 Generare futuro attraverso la cultura dell’incontro 36° Giornata Mondiale della Vita DON AGOSTINO PORRECA CATECHESI DI PAPA FRANCESCO Le divisioni indeboliscono la credibilità DON AGOSTINO PORRECA Il tema dell’annuale edizione dell’Ottavario di Preghiera, scelto ed elaborato dai fratelli e dalle sorelle delle Chiese del Canada, è stato tratto dall’epistolario paolino, dove con chiarezza e forza veniamo esortati, sia come singoli credenti sia come comunità ecclesiali, ad accogliere in mentalità e prassi, fino ad ogni estrema possibilità, quanto San Paolo ricorda ai Corinzi: “Cristo non può essere diviso!” (1Cor 1, 1-17). Questa forte affermazione dell’Apostolo Paolo è stata posta alla nostra riflessione per la preghiera comune di quest’anno. E’ scandaloso utilizzare Cristo per sancire le nostre divisioni; divisi nel nome di Cristo: questo è il paradosso e lo scandalo della nostra vita cristiana. Il nostro impegno è di mettere in discussione questa logica; occorre passare dal conflitto e dalla divisione alla comunione nella reciprocità. Anche in contesto di divisione occorre riconoscere, accogliere e valorizzare i doni degli altri. Riconoscere i doni degli altri, anche di coloro con i quali si è in conflitto, significa prima di tutto riconoscere l’opera di Chi quei doni ha elargito, cioè Dio stesso. Riconoscere i doni gli uni degli altri significa per noi oggi innanzitutto, riconoscere i doni della grazia elargiti con generosità all’intero popolo di Dio, pur nelle sue diversità. Nell’udienza di mercoledì 22 gennaio, il Santo Padre ci ha offerto una breve meditazione sul tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che fa riferimento alla domanda rivolta da san Paolo ai cristiani di Corinto: «È forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13). Certamente Cristo non è stato diviso. Ma – ha affermato il Papa – dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo. Le divisioni fra noi cristiani sono uno scandalo. Addirittura siamo divisi nel nome di Cristo. «Ma il nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione! Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci. Il Battesimo e la Croce sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della sua potenza». Paolo rimprovera i Corinzi per le loro dispute, ma anche rende grazie al Signore «a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza» (1,4-5). Malgrado la sofferenza delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo le parole di Paolo come un invito a rallegrarci sinceramente delle grazie e dei doni concessi da Dio ad altri cristiani. La settimana di preghiera è terminata, ma non si ferma la nostra preghiera allo Spirito per il dono dell’unità dei cristiani, perché lo scandalo della divisione nel nome di Gesù venga meno e non sia più tra noi. “Generare futuro”: è questo lo slogan che il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana ha scelto per la celebrazione della 36° Giornata Mondiale della Vita (2 febbraio 2014), quest’anno in concomitanza con la 18° Giornata della Vita Religiosa. “I figli sono la pupilla dei nostri occhi… Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?” Così Papa Francesco all’apertura della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù ha illuminato ed esortato tutti alla custodia della vita, ricordando che generare ha in sé il germe del futuro. Ogni figlio è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per la famiglia e per la società. «Generare la vita – si legge nel Messaggio – è generare il futuro anche e soprattutto oggi, nel tempo della crisi; da essa si può uscire mettendo i genitori nella condizione di realizzare le loro scelte e i loro progetti». Per ge- nerare futuro occorre promuovere una autentica cultura dell’incontro e un profondo dialogo tra le generazioni, cercando di unire in modo fecondo la speranza e le fatiche dei giovani con la saggezza, l’esperienza di vita e la tenacia degli anziani. Per generare futuro occorre superare la cultura della morte e fare alleanza con la vita, in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, educando e rigenerando di giorno in giorno, accompagnando la crescita verso l’età adulta e anziana fino al suo naturale termine, e superare così la cultura dello “scarto”. Generare futuro «è tenere ben ferma e alta questa relazione di amore e di sostegno, indispensabile per prospettare una comunità umana ancora unita e in crescita, consapevoli che “un popolo che non si prende cura degli anziani e dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa” (Papa Francesco)». ATTUALITA’ Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 5 Conclusione Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani La comunione non è frutto di strategie umane! DON AGOSTINO PORRECA A conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il Santo Padre, nella breve omelia che ha tenuto durante la celebrazione dei vespri nella Basilica di S. Paolo fuori le mura, ha riflettuto sul testo tratto dalla prima lettera di Corinzi: «E’ forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13). L’Apostolo ha appreso con grande tristezza che i cristiani di Corinto sono divisi in diverse fazioni. In questa situazione di divisione, Paolo esorta i cristiani di Corinto, «per il nome del Signore Nostro Gesù Cristo», ad essere tutti unanimi nel parlare, perché tra di loro non vi siano divisioni, bensì perfetta unione di pensiero e di sentire (cfr v. 10). «La comunione – ha sottolineato il Papa – non potrà essere frutto di strategie umane. La perfetta unione tra i fratelli, infatti, è possibile solo in riferimento al pensiero e ai sentimenti di Cristo (cfr Fil 2,5) […] Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità». Le divisioni nella Chiesa feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo. Il Santo Padre ha pregato per l’unità dei cristiani insieme a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali. L’unità – ha concluso Francesco – non verrà come un miracolo alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino. «Se noi non camminiamo insieme, se noi non preghiamo gli uni per gli altri, se noi non collaboriamo in tante cose che possiamo fare in questo mondo per il Popolo di Dio, l’unità non verrà! Essa si fa in questo cammino, in ogni passo, e non la facciamo noi: la fa lo Spirito Santo, che vede la nostra buona volontà». Preghiamo il Signore Gesù affinché ci mantenga profondamente uniti a Lui, ci aiuti, con la forza dello Spirito, a superare i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi. La solidarietà è far spazio all’altro Una cena per una missione DON CARLO IADICICCO PIETRO SGUEGLIA A fine gennaio, tutti gli anni, da più di una decade, il gruppo Alas De Esperanza e la onlus Pachacamak, organizzano una cena di solidarietà per sostenere il progetto educativo “arenitas del mar-una buona scuola per bambini poveri”, che vivono nelle periferie del mondo. Quest’anno si è ripetuta la stessa iniziativa e 230 persone hanno risposto all’invito fatto dagli organizzatori. La maggior parte di essi sono vecchi amici di Bellona e Vitulazio, che anno dopo anno “chiove ciocca o mena viento” imperterriti sono presenti. Anch’io ci sono andato: Ero l’invitato d’onore, la sorpresa dell’evento che affettuosamente viene chiamato “cena di solidarietà per la missione di Don Carlo e sua sorella Geri”. Appena arrivato con Don Stefano ed alcuni amici di Casagiove, vedo che la sala da pranzo è piena, e il gruppo musicale Alas de esperanza già allieta la riunione. Il maestro Marino Sorrentino con la quena comincia con un sofisticato brano Brasiliano: Meditacao, soft, molto soft. Al suo fianco Michele, mio fratello, con il bombo e la voce, Poi Francesco, suo figlio, al Basso, Pietro, mio nipote alla chitarra e voce, Fabio alle percussioni, Pasquale al charango, e Roberto alla chitarra solista. Recito in ashaninka il grazie a Dio e si comincia a mangiare. Cena sobria e saporita, modestamente siamo al ristorante Ebla di Triflisco. Faccio il giro dei tavoli per dare il benvenuto e ringraziare gli amici di sempre. Qualcuno esclama con finta innocenza “Lo sposo, lo sposo. Don Cà dov’è la cravatta da tagliare”. Non capisco la fac- cenda della cravatta, poi mi spiegano che anticamente passava lo sposo per i tavoli e tagliavano un pezzo della sua cravatta dandogli un’offerta in denaro. Guadagno l’angolo dove sono i musici di Alas de esperanza, e con il diacono John al Djembè, tamburo africano, ci esibiamo in alcuni canti tribali amazzonici su ritmi africani. Si stabilisce una sintonia perfetta con i commensali. Il linguaggio musicale è il più agevole dei linguaggi per riconoscersi, comprendersi, e accettarsi, in altre parole per solidarizzare. Ci sono ragioni profonde che manifestano il senso di aiutare gli altri più in là dei propri guai personali e sociali, l’episodio narrato dal Vangelo in cui una povera vedova depone nella cassa per i poveri gli ultimi spiccioli. Riunirsi attorno ad una tavola più o meno imbandita diventa un’occasione gioiosa dove la cultura della solidarietà e condivisione si manifestano. Pensate all’uso del banchetto nella tradizione neo-testamentaria. Dalle nozze di Cana, in cui si rivela il primo segno del Messia, la trasformazione dell’acqua in vino, passando per il banchetto dell’annuncio del battesimo, con Zaccheo, piccolo di statura, al banchetto per il ritorno del figliuol prodigo, e il vitello grasso sacrificato per la gioia del padre e la comprensione del fratello maggiore incazzato, fino all’apice raggiunto nel banchetto eucaristico. Si pratica la solidarietà quando riusciamo a fare spazio all’altro nella nostra vita. La cultura della solidarietà e condivisione si alimenta in tempo di crisi, di povertà, anche attraverso iniziative come queste ed eccovi una bella citazione di Paul Ricoer: “c’è qualcosa di festivo nelle pratiche del dono”. 6 ATTUALITA’ Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 Bando del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Programma “500 giovani per la cultura” Con il Decreto “Valore Cultura” per la formazione ORSOLA TREPPICCIONE Scade il 14 febbraio 2014 il bando “500 Giovani per la cultura” che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da cui l’acronimo MiBACT, ha lanciato a dicembre del 2013. Il Programma è destinato a laureati under 35 e dispone l’avvio “di una procedura concorsuale pubblica per la selezione di cinquecento giovani laureati da formare, per la durata di dodici mesi, nelle attività di inventariazione e di digitalizzazione del patrimonio culturale italiano presso gli istituti e i luoghi della cultura statali presenti sul territorio nazionale” (tratto dal Bando). Un percorso formativo (in Campania i posti disponibili sono 36), come lo ha definito il ministro Bray, aperto ai diploma di laurea in materie umanistiche e tecniche, in particolare lettere, filosofia, storia, geografia, scienze politiche, beni culturali, architettura, sociologia, lingue, marketing, relazioni pubbliche, scienze dell’educazione, musicologia, archeologia, filologia, relazioni internazionali, ingegneria, economia, informatica, turismo: “per questo le lauree richieste sono diverse, perché non è un concorso pubblico ma un bando diretto ad aprire le istituzioni culturali alla conoscenza e alla formazione di giovani che un domani potranno contribuire in diversi settori alla tutela e conservazione del nostro patrimonio”. Chi verrà selezionato compirà uno stage di 600 ore annuali, riceverà una indennità di frequenza pari a 5.000 euro lordi annuali e, al termine dei corsi, gli verrà rilasciato un attestato di partecipazione. Il Programma rientra nel decreto “Valore Cultura”. Nel dare notizia dell’iniziativa del Ministero, permettendo a chi fosse interessato di parteciparvi, non possiamo però nasconderci che il progetto non ha ricevuto una buona accoglienza sin da subito. Le critiche di molti, presentate anche direttamente sul sito del Ministero, sui requisiti di accesso al bando ritenuti troppo restrittivi, hanno indotto lo stesso ministro a chiedere agli uffici “del MiBACT di apportare delle modifiche al suo testo, nell’ottica della maggiore apertura pos- sibile”. Ma questo non ha impedito alle Associazioni di categoria di manifestare il loro malessere nel vedere le loro competenze sminuite. Da più parti, infatti, si chiede non formazione ma “il riconoscimento immediato delle professionalità attraverso l’approvazione di una proposta di legge che è già in esame alla Camera da qualche settimana, e un incremento del personale attraverso bando di concorso pubblico per i profili tecnico-scientifici di cui il Ministero ha necessità”, ha dichiarato Salvo Barrano che presiede l’Associazione Nazionale Archeologi. Come candidarsi: la domanda di partecipazione deve essere compilata e trasmessa in via telematica, a pena di esclusione, entro il 14 febbraio 2014, ore 14, utilizzando la specifica application disponibile sul sito del ministero dei beni culturali (www.beniculturali.it). Alla domanda di partecipazione il candidato dovrà allegare il curriculum vitae. ORSOLA TREPPICCIONE La lettura fa l’uomo completo, scriveva il filosofo inglese Francis Bacon (1561-1626). I libri ci accompagnano, ci stimolano, ci commuovono, ci fanno riflettere, ci divertono e ci fanno perfino arrabbiare. Le trame abbracciano ogni genere fantasia, amore, mistery, fantascienza, poliziescoimmergendosi anche nel mondo reale: biografie di personaggi storici, il racconto di epoche passate o della Storia più recente, inchieste giornalistiche che narrano, approfondendole, le tante vicende che hanno segnato il nostro Paese lungo gli anni. Donano il piacere di conoscere e la possibilità di vivere (almeno per la durata del libro) in altri mondi, di fantasia o reali che essi siano. Malgrado ciò sembra che noi italiani stiamo perdendo il pia- Rapporto Istat sulla lettura di libri in Italia Non è un paese per libri Diminuisce il piacere di leggere cere di leggere. Lo rivela il Rapporto Istat pubblicato alla fine del 2013. Il Rapporto è categorico: “rispetto al 2012, la quota di lettori di libri (dai 6 anni in su) è scesa dal 46% al 43%”. Approfondendo i dati si evidenzia che oltre 24 milioni di persone “dichiarano di aver letto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Arri- vano al 46,6% coloro che leggono non più di tre libri in un anno e scendono, rispetto al 2012, i cosidetti “lettori forti” quelli che si dedicano alla lettura ogni trenta giorni: dal 14,5 per cento del 2012 al 13,9% dell’anno appena trascorso. La fascia di età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni (57,2%) ma “già a partire dai 18 anni, quando il livello di partecipazione scolastica tende a diminuire, la quota di lettori scende al di sotto del 50%”. Si impara a coltivare il valore della lettura a scuola, ma anche nell’ambiente familiare: leggono libri il 75% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 35,4% di quelli con genitori che non leggono. Tuttavia non tutte le famiglie sono uguali: una su dieci ha dichiarato di non avere libri in casa mentre il 64% ne ha appena dieci nella libreria. La propenzione alla lettura fotografa una grande differenza fra gli uomini e le donne. Sono quest’ultime a detenere lo scettro di chi legge almeno una volta nel corso dell’anno, il 49,3% contro il 36,4% della popolazione maschile. E la differenza di comportamento fra i generi si evidenzia in età scolare a partire dagli 11 anni. Negli anni “continuano ad essere più interessate alla lettura di libri le persone con una laurea (77,1% nel 2013 e 80,3% nel 2012) ma in proporzione la diminuzione della quota di lettori ha interessato soprattutto quelle con un diploma superiore, che passano dal 57,1% del 2012 al 53% nel 2013”. Tempo di Grazia per lo Spirito SPECIALE Inserto dell’ Anno 5 Numero 5 DUE PARROCCHIE “CINQUANTENNI” Tempo di Grazia per lo Spirito 1 Febbraio 2014 8 SPECIALE Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 13 GENNAIO 1964 - Grande festa per i 50 anni della C La parrocchia presentata dal parroco PADRE GIOVANGIUSEPPE CECERE Il 3 dicembre 1963 fu stipulata la “convenzione tra l’Ecc.mo Ordinario di Capua e il M.R.P. Ministro Provinciale OFM di Napoli per l’erezione del beneficio parrocchiale nella Chiesa di S. Maria delle Grazie in S. Maria C.V. da affidarsi in perpetuum et ad nutum S. Sedis.” Tale chiesa fu dichiarata parrocchia il 13 gennaio 1964 dall’Arcivecovo di Capua Mons. Leonetti, che affidò “pieno jure” ai Frati Minori nella persona del M.R.P. provinciale Emanuele Lombardi, la cura pastorale della zona, che andava fortemente sviluppandosi attorno alla Chiesa e al convento francescano. Il solenne rito del “possesso canonico” (inizio Ministero Parrocchiale) ebbe luogo il 15 febbraio 1964 con la partecipazione dell’Arcivecovo di Capua, del Ministro Provinciale, del Sindaco della Città e di numerosi fedeli. Il territorio parrocchiale, allora facente parte della parrocchia di Sant’Erasmo e di S. Pietro, si estende a Nord- Ovest di S. Maria C.V., ed è delimitato dall’ area dell’Anfiteatro, dalla piscina comunale, dal campo sportivo. Tale zona in questi ultimi anni ha conosciuto un forte sviluppo urbanistico. La popolazione ha caratteristiche socio- culturali eterogenee. Nell’ambito della parrocchia si trova presso l’ex Casa circondariale la Facoltà di lettere e filosofia “ Federico II”, e la nuova sede della Facoltà di giurisprudenza “Aulario”, il Consultorio Familiare Dioce- sano e la sede dell’Unitalsi. Attualmente la parrocchia conta circa 4500 abitanti, 1200 famiglie. Il primo parroco fu P. Consiglio Borrelli, già Guardiano della casa religiosa, nonché missionario in Brasile dal 1958 al 1962. Fu lui ad adoperarsi affinché la chiesa fosse eretta parrocchia. Pastore saggio e intelligente rese attuali le norme e i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, che da poco si era concluso, avvalendosi di validi predicatori e promuovendo convegni catechistici, settimane liturgiche, corsi di formazione. Istituì il gruppo dei ministranti. Ogni anno durante la Quaresima organizzava gli esercizi spirituali al popolo in preparazione alla Pasqua. Fondò un giornalino “ la Madonna delle Grazie”, quale mezzo di informazione e collegamento tra i fedeli. Nell’ ottobre del 1976 a P. Consiglio subentrò, per un anno, il fratello P. Reginaldo. Nel 1977 viene nominato Guardiano e Parroco P. Ferdinando Cimmaruta, che proseguì l’opera dei suoi predecessori dando incremento alle varie attività pastorali, visitò tutte le famiglie della parrocchia per una conoscenza personale dei parrocchiani. Coadiuvato dal consiglio pastorale parrocchiale organizzò la ricorrenza del 25° di fondazione della parrocchia, con una missione popolare. Con il terremoto del 23 novembre 1980 e del 14 febbraio 1981, (durante la celebrazione eucaristica), si dovette chiudere la chiesa al culto e trasferirsi per le celebrazioni prima nel salone della scuola materna e poi successivamente nel prefabbricato (ex palestra). Il 4 giugno 1997 Fattuale chiesa venne riaperta al culto. Nel 1998 a P. Ferdinando subentrò P. Francesco Spisto, il quale venne sostituito nel 1999 da P. Giuseppe Palmesano che svolse tale ministero fino al 2007, anni in cui si diede spazio a molte iniziative parrocchiali. Dal 2007 al 2013 è parroco P. Berardo Buonanno, un sammaritano della stessa parrocchia facendo che facendo leva sulla sua lunga esperienza parrocchiale dà vita a varie attività: al giornalino parrocchiale “Notiziario Francescano”, promuove incontri sulla Lectio Dantis, concerti per i giovani pianisti, scrive libri, incontra con la sua inseparabile bicicletta, tutte le persone della parrocchia, non si nega a nessuno. Dal Io settembre 2013 la parrocchia ha il suo nuovo parroco, il settimo, nella persona di P. Giovangiuseppe Cecere. I laici francescani, (Ordine Francescano Secolare) da sempre sono presenti e operanti in parrocchia. Gli “araldini” rappresentano un futuro di speranza. Il gruppo di preghiera della Divina Misericordia e di P. Pio sono una presenza stabile, gli anziani del circolo di bocce una presenza rassicurante. Si rileva una buona presenza alle celebrazioni eucaristiche feriali, per le festive Fattuale chiesa risulta piccola. Inoltre vi è una assidua richiesta del Sacramento della riconciliazione e dell’ascolto. I ministranti e il coro si prestano con grande dedizione. Diverse vocazioni sacerdotali e religiose sono di questa parrocchia. Mensilmente almeno 2 bambini ricevano il Sacramento del Battesimo. Quest’anno riceveranno la Prima Comunione 60 bambini, 20 ragazzi chiederanno di essere confermati nella fede. Inoltre ci sono circa 15 coppie che formeranno una nuova famiglia. I ministri straordinari dell’Eucarestia sono solleciti nello stare vicino ai malati. Il settore caritas dà sostegno a circa 160 famiglie indigenti della parrocchia e non solo, mentre l’ambulatorio della Carità offre visite mediche e medicinali agli extracomunitari. E’ in cantiere una mensa per i poveri. Tutti i laici offrono il loro servizio con competenza e dedizione, nello Spirito del Vangelo “ gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date.” Il Consiglio Pastorale è formato da tutte le varie realtà parrocchiali e collabora in comunione con i frati. Il Consiglio per gli Affari Economici è da istituire. Il futuro è tutto un divenire. SPECIALE Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 9 - 13 GENNAIO 2014 omunità “Madonna delle Grazie” Ne parliamo con il parroco, padre Giovangiuseppe Cecere... MARIA BENEDETTO All’alba di un nuovo giorno in cui l’eco della festa si è spento, cosa è rimasto nel vostro cuore della Celebrazione che avete vissuto in comunione con l’Arcivescovo S.E. Mons. Salvatore Visco e la comunità parrocchiale? Diciamo che l’eco non si è spento ancora perché da adesso s’incomincia a mettere su tante cose. Nei fedeli, nella gente comune - soprattutto nelle persone anziane - c’è il ricordo dell’evento avvenuto cinquant’anni fa. Per altri è una novità accolta con gioia; tant’è vero che già si sono messi a disposizione per poter mettere in atto qualche iniziativa. Con la celebrazione di ieri sera abbiamo aperto l’anno giubilare; abbiamo 365 giorni per poter lavorare bene. L’eco della festa deve continuare ancora. L’Arcivescovo, durante l’omelia, ha domandato all’assemblea: “Che senso ha questa festa stasera?” E’ la stessa domanda che io adesso rivolgo a voi. E’ come quando festeggiamo il compleanno. Che senso ha festeggiare un compleanno? Io ho festeggiato il giorno prima i miei 44 anni… quindi io e la parrocchia camminiamo insieme…Noi ricordiamo il nostro compleanno soprattutto ringraziando il Signore per quello che ci ha dato, per il dono della vita. Io, in modo particolare, faccio sempre gli auguri ai miei genitori perché hanno avuto un figlio. In quest’ottica io vedo che in questi 50 anni il Vescovo ha partorito un altro figlio e un’altra comunità parrocchiale. Anche per noi frati è stato un rivivere un momento iniziale: abbiamo fatto memoria di un evento importante, di una data significativa. Il Vescovo ha puntualizzato che non avrebbe avuto senso una celebrazione dell’evento se si pensasse solo al passato. Importante, invece, è considerare la rievocazione come un punto di partenza di tutto un percorso che il Signore vorrà far fare alla comunità parrocchiale. In che senso questo momento celebrativo può essere considerato un punto di partenza? La giornata di lunedì è stato un momento liturgico importantissimo, una data storica per la parrocchia. Sulla base di quello che è stato fatto in questi 50 anni costruiremo il futuro. Nei prossimi giorni incontrerò il Consiglio Pastorale per organizzare insieme l’anno giubilare. Ricordo che 25 anni fa, il parroco, padre Ferdinando, organizzò una missione popolare nelle famiglie. Lo faremo anche noi. Nei pochi mesi che sono qui - con i confratelli - ho lavorato, come Francesco d’Assisi, per riparare la chiesa per poi, in primavera, passare a visitare le famiglie. Adesso ci stiamo dedicando soprattutto agli ammalati. Presentando la storia della Parrocchia avete parlato di un progetto che vorreste a breve realizzare, un progetto che vi sta molto a cuore: la mensa per i poveri. Di cosa si tratta? Il convento si è sempre distinto per il servizio della carità. Aiutiamo 160 famiglie della nostra Parrocchia e non solo. Cerchiamo di aiutare tutti. Da più di dieci anni c’è l’ambulatorio della carità che offre visite mediche, anche specialistiche, e medicinali gratuiti agli extracomunitari. In passato c’è stato anche un servizio docce per gli stranieri, oggi sospeso. Adesso vorremmo costruire una mensa per i poveri supportata da un centro di ascolto perché tante persone non hanno bisogno solo del cibo o delle medicine. I nostri conventi si sono sempre distinti per l’opera caritativa. Sarebbe paradossale che in una realtà francescana non ci fosse uno spazio dedicato ai poveri. Sette sono stati i sacerdoti che si sono avvicendati nella guida di questa comunità parrocchiale, sette come i doni dello Spirito Santo. In che modo, voi che siete il settimo parroco di questa comunità, pensate di guidare con il vostro carisma i fedeli per la costruzione del Regno di Dio? Mi auguro di essere illuminato - insieme ai confratelli che sono qui con me - nel diffondere, secondo lo stile francescano, il messaggio del Regno dei cieli. La gente è contenta quando si sente accolta, quando vede che c’è sempre una presenza disponibile per un confronto, per un dialogo, per i sacramenti e anche… per i documenti che talvolta servono. Il tutto fatto in maniera semplice, senza pretese, nell’ascolto, nel dare il giusto tempo alle persone. Il Signore con la sua grazia ci aiuterà a diffondere, a Pentecoste, il fuoco dello Spirito Santo anche sugli altri fedeli. Il convento è un luogo di aggregazione; è un luogo aperto a tutte le persone che ne vogliono fare parte. Noi frati, che ci siamo sempre distinti come frati del popolo,andiamo per le case per annunciare che il convento e la Chiesa sono la casa di tutti. Nel momento in cui riusciamo ad avere uno spirito di accoglienza potremo anche far partire la gioventù francescana, come ci ha chiesto il Vescovo. I giovani hanno bisogno di essere accolti, ascoltati e non giudicati. Pensate che lo spirito del poverello di Assisi possa aiutarvi ad essere un punto di riferimento per i giovani che oggi vivono in una realtà disgregata a livello familiare e sociale? La comunità francescana saprà dare una risposta alle ansie e le attese dei giovani della comunità della Madonna delle Grazie? Io ho notato che i giovani girano per la parrocchia ma non s’impegnano ancora perché vogliono vedere. A me sta bene che ci osservino, in modo che già ci conoscono quando si vorrà fare un discorso con loro, nella logica di non imporre le cose. Tutto quello che faremo sarà sempre una proposta per camminare insieme. Noi come francescani abbiamo a nostro vantaggio il fatto che il Signore ci ha donato un Papa che porta il nome di Francesco. I giovani amano il Papa e questo fatto li fa avvicinare a noi francescani. San Francesco è anche il santo più amato dagli italiani per il suo carisma di essere giovane. Ha vissuto un’adolescenza non facile, è stato ribelle…quando ha incontrato il Vangelo ha iniziato a fare sul serio. Radicalità, serietà, spirito di preghiera: questo è quello che i giovani cercano. Quando incontrano delle persone vere, fanno delle domande vere e seguono realmente il Signore. Capiscono che è passato il momento del gioco perché è arrivato il momento di fare sul serio. Allora, secondo gli insegnamenti di Papa Francesco, siete disposto a “sporcarvi le mani”? Le mani già sono sporche…e continueranno a sporcarsi. Siamo un po’ come i genitori che hanno i bimbi piccoli e bisogna lavarli in continuazione. Questo è il nostro compito. Pulire gli altri e sporcarci noi. Come dice Papa Francesco, il parroco deve sentire l’odore delle pecore. E l’odore delle pecore lo senti solo se vivi con loro. Non esiste pastore senza pecore così come non esiste gregge senza pastore. Concludendo, una parola sull’anno giubilare che vi attende? La parrocchia se li porta bene i suoi cinquant’anni… In questi giorni insieme al Consiglio Pastorale organizzeremo varie iniziative, non solo per quest’anno. Cinquant’anni è una bella tappa ma non un punto di arrivo. E’ un punto di partenza per rilanciare altri cinquant’anni. Chi ci sarà, vedrà. Il futuro è nelle mani di Dio. Vedremo cosa il Signore ci ispirerà. Vi auguriamo allora che possiate vivere con intensità altri cinquant’anni insieme alla vostra comunità parrocchiale e godere dell’Evangelii gaudium, parafrasando il titolo dell’ultima Enciclica pontificia. Ci rivedremo per conoscere le iniziative che il Consiglio pastorale progetterà per vivere al meglio l’anno giubilare? Certamente! Ci auguriamo di vivere l’anno giubilare nella grazia di Dio con tutte le attività che riusciremo ad organizzare. Auguro a tutti voi una santa giornata. 10 SPECIALE Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 13 GENNAIO 1964 - 50 anni della Parrocchia Mons. Visco visita “San Paolo Apostolo” ILARIA PEPE Lo scorso 25 Gennaio alle ore 18:30, in occasione della Conversione dell’Apostolo Paolo, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Salvatore Visco, Arcivescovo di Capua, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica presso la Parrocchia San Paolo Apostolo, in Santa Maria Capua Vetere, la quale vive quest’anno il 50° anniversario di istituzione. E’ stata questa l’occasione, per il nostro Pastore, di conoscere la comunità parrocchiale di San Paolo Apostolo, essendovi per la prima volta in visita ufficiale. Al termine della celebrazione, il parroco Mons. Pietro Piccirillo ha rivolto il suo personale messaggio di benvenuto a Mons. Visco, a nome della comunità tutta, enunciando la storia istituzionale della Parrocchia, il processo evolutivo da questa vissuto nel corso degli anni, le varie attività di ordine religioso, culturale, sociale e ricreativo legate alla ricorrenza del 50° anniversario, che scandiranno l’Anno Pastorale in corso. Poco dopo, nel corso della serata, si è svolto un incontro nel quale Sua Eccellenza ha avuto modo di prendere visione delle differenti realtà operanti all’interno della parrocchia, quali l’Oratorio, la scuola calcio, il gruppo teatrale, il coro dei bambini e quello dei giovani e adulti, il gruppo dei giovani ministranti, il laboratorio di attività artigianali, il gruppo degli animatori. Tale presentazione ha avuto luogo con l’ausilio di un photoreportage multimediale, mediante il quale è stato mostrato il pieno svolgimento delle suddette attività aventi luogo nell’am- bito parrocchiale, dall’iniziativa della “colazione paradisiaca” organizzata dai giovani animatori per sovvenzionare le attività dell’Oratorio, alla Sagra Rionale che si svolge in occasione della festa di S. Francesco d’Assisi, dal Mercatino della Solidarietà realizzato dalla Commissione Caritas nei tempi d’Avvento e di Quaresima, al Laboratorio di Attività Artigianali ed ancora ai momenti ludici e ricreativi organizzati periodicamente dal gruppo degli animatori. E se è vero che ogni “compleanno” è una data di bilanci, questo 50°anniversario si presenta come un piccolo sunto di una storia tutta ancora da scrivere certo, ma seguendo sempre il solco tracciato dalla penna del Signore, come faro che mostra ai viandanti la retta via. Intervista a Mons. Pietro Piccirillo MARIA BENEDETTO Che cosa della Celebrazione del 25 gennaio vi resterà per sempre nel cuore? Al di là dell’importanza della prima visita dell’Arcivescovo alla nostra parrocchia, la celebrazione del 25 ha rappresentato un importante, evento che ci ha fatto riflettere sul cammino fatto, facendo un bilancio dei 50 anni trascorsi, e ci ha spalancato lo sguardo sul futuro, sul cammino ancora da compiere sotto la guida della Parola del Signore. E stata una occasione preziosa per lodare e ringraziare il Signore per gli innumerevoli doni, che ha elargito alla nostra comunità in tutti questi anni. Avete detto che la celebrazione dei suoi 50 anni impegnerà la comunità parrocchiale in attività di ordine religioso per un intero anno pastorale. Ce ne volete riferire almeno una? Credo che la celebrazione più importante, dopo quella del 25 gennaio, sarà quella del 29 giugno, perché verrà a coincidere con la conclusione dell’Anno Pastorale e sarà l’occasione per inaugurare le attività estive. Quasi a scadenza mensile avremo incontri con Padri religiosi che ci porteranno a riflettere sulla realtà parrocchiale come comunità e famiglia di Dio E a livello culturale quale iniziativa intendete mettere in atto? L’attività culturale principale sarà quella dell’arte teatrale intesa non solo come momento di svago e di aggregazione, ma come mezzo per trasmettere un messaggio di vita perché tutto è fatto alla luce e alla scuola del vangelo. Ci fermeremo con un convegno parrocchiale di due giorni a riflettere sulla responsabilità dell’educazione cristiana della famiglia alla luce dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco e le indicazioni pastorali della CEI. Senz’altro non trascurerete l’aspetto sociale e ricreativo. In che modo concreto pensate di valorizzare questo ambito della vita parrocchiale? Le principali attività sociali e ricreative sono: mercatino della solidarietà - sagra rionale — colazione festiva organizzata dai giovani — campi scuola estivi — pellegrinaggi — attività sportiva con ragazzi e giovani Nell’omelia l’Arcivescovo ha ribadito il concetto che ogni comunità parrocchiale per essere segno del Cristo risorto dev’essere connotata dal “carisma dell’unità”? Come riuscite a far sì che fra i parrocchiani – così come dice San Paolo – non vi siano divisioni? E’ molto difficile superare le divisioni e le separazioni all’interno di una comunità. La soluzione non è di tipo strategico, ma spirituale. Si superano le divisioni solo se ci stringiamo intorno a Cristo Gesù. Recentemente Papa Francesco ha affermato la necessità di passare dal conflitto alla comunione nella reciprocità. Anche in un contesto di divisione occorre riconoscere, accogliere e valorizzare 1 doni degli altri. Riconoscere i doni degli altri, anche di coloro con i quali si è in conflitto, significa prima di tutto riconoscere l’opera di Chi quei doni ha elargito, cioè Dio stesso. Riconoscere i doni gli uni degli altri significa per noi, oggi innanzitutto, riconoscere i doni della grazia elargiti con generosità all’intero popolo di Dio, pur nelle sue diversità. Non ci sarà mai unità in una comunità parrocchiale se non ci si apre all’accoglienza e se non si entra nella comunità con umiltà. Ogni sacerdote fa con la sua comunità il suo percorso di crescita. In che modo la comunità vi ha aiutato ad essere un uomo migliore e un sacerdote migliore? Con la sofferenza, accogliendo con spirito di sacrificio le difficoltà di ogni giorno, cogliendo nell’altro il buono che certamente c’è e mettendo al servizio dell’altro quel poco che per grazia è nel sacerdote in forza dell’ordine sacro e della formazione ricevuta in seminario dove per anni ci hanno fatto vedere il sacerdozio non come un prestigio sociale ma come un servizio a Dio da offrire ai fratelli. Nell’incontro quotidiano se ci apriamo all’altro, ognuno di noi trova per migliorare la propria persona e cerca in sé il bene da offrire al fratello. Avete detto che vi augurate che al vostra parrocchia possa diventare “la fontana del villaggio cui tutti ricorrono per la propria sete”. Qual è, secondo voi, la “sete” che maggiormente avvertono i fedeli di questa comunità parrocchiale? Alla fonte si va ogni giorno per attingere acqua, perché l’uomo ogni giorno sente sete e avverte il bisogno di dissetarsi. Alla parrocchia si va, o come uomo di fede, o come uomo in cerca di Dio. L’uomo di fede cerca la consolazione dello spmto e la parrocchia può offrire quest’acqua che disseta attraverso i sacramenti e la scuola della parola. A chi è in cerca di Dio la parrocchia offre un messaggio di verità che liberamente l’uomo intelligente può cogliere e far proprio e in esso trovare la serenità e pace anche nella bufera della vita. SPECIALE 11 Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 - 13 GENNAIO 2014 a “San Paolo Apostolo” Memoria di anni di storia MONS. PIETRO PICCIRILLO Eccellenza Reverendissima, è con gioia e senso di responsabilità che oggi a nome mio e dell’intera assemblea presente, nonché dell’intera comunità parrocchiale vi accogliamo, vi diamo il primo benvenuto fra noi e vi auguriamo un proficuo lavoro pastorale nella nostra Chiesa capuana. Con l’entusiasmo del neofita e con l’esperienza e la maturità di chi ha camminato per cinquant’anni e ha fatto la storia di un intero Rione, la nostra Comunità Parrocchiale dà inizio alle celebrazioni dei suoi primi cinquant’anni e che ci vedranno impegnati per un intero Anno Pastorale con varie attività di ordine religioso, La Celebrazione di sabato è stata un voler fare memoria del passato. E il futuro? In quale prospettiva lo immaginate? Il nostro futuro, che sogniamo nuovo per impegni e frutto, è nelle mani di Dio. Da parte della comunità tutta, certamente, non mancherà entusiasmo e impegno per far si che ogni desiderio possa diventare conquista e realtà. Il contesto sociale è cambiato. C’è una profonda crisi di fede. Il futuro sarà più difficile, ma non per questo meno bello. Lo sforzo della semina porterà abbondanti frutti di vita buona. Il vostro progetto di Parrocchia – così come voi stesso avete puntualizzato - è quello della famiglia in cui ognuno possa mettere a frutto i propri talenti per la costruzione di un mondo migliore. Qual è la difficoltà maggiore che incontrate nel portare avanti questo vostro disegno pastorale? Bisogna puntare sulla famiglia, “chiesa domestica”. Occorre ripartire dalla famiglia, perché è in seno alla comunione familiare che i ragazzi possono apprendere l’alfabeto della fede. Purtroppo la famiglia non trasmette più la fede. Ecco perché essa rappresenta una priorità pastorale. E questo non solo a livello parrocchiale, ma anche a livello di chiesa locale. culturale, sociale, ricreativo. La nostra Parrocchia è nata con Bolla Arcivescovile n. 132 di S. Ecc. Mons. Tommaso Leonetti, Arcivescovo di Capua, il 13 gennaio 1964 con il titolo di “S. Simmaco Vescovo”, legalmente riconosciuta dall’autorità civile il 18 marzo 1964. Il 15 settembre 1986 con Decreto Arcivescovile, Mons. Luigi Diligenza, Arcivescovo di Capua, cambiava il titolo in “S. Paolo Apostolo”. Questi cinquant’anni sono stati segnati da tantissimi avvenimenti che la memoria storica certamente metterà in evidenza e che nessuno potrà mai cancellare. Il popolo di Dio che abita il quartiere che fa capo a San Paolo Apostolo raggiunge poco più di tremila persone. All’origine la Per esperienza diciamo che per quanto possa risultare facile incontrare e dialogare con i ragazzi e i giovani, tanto più è difficile incontrare e dialogare con gli adulti, anche se genitori. Con facilità, oggi, quasi per opportunismo, i ragazzi vengono mandati in parrocchia, difficilmente e con mille scuse vengono accompagnati. Oggi ci accontentiamo di questo speriamo in tempi migliori!!! E’ stato un caso o una scelta mirata l’aver fatto coincidere la Celebrazione dei 50 anni della Comunità con la festa liturgica della conversione dell’apostolo Paolo? Il decreto di istituzione porta la data 13gennaio 1964. Abbiamo posticipato solo di qualche giorno la celebrazione approfittando della festa liturgica della conversione di San Paolo dal momento che la nostra Parrocchia è l’unica in Diocesi ad essere intitolata all’Apostolo delle Genti, facendo coincidere così anche la prima venuta del nuovo Arcivescovo della Diocesi alla nostra comunità parrocchiale. Un incontro atteso, preparato e ben riuscito. Parrocchia ha incontrato non poche difficoltà ad inserirsi nel tessuto umano, poiché nelle persone, che frequentavano il Duomo e S. Erasmo, vi era molta diffidenza verso l’uomo di Chiesa, verso il Parroco che, con fatica e tempo, è riuscito a farsi accettare, stabilendo rapporti che vanno dal buon vicinato all’amicizia. Quando la Parrocchia sorse, la sua connotazione sociale era prettamente agricolo-rurale, con un indice molto basso di scolarizzazione. Col passare del tempo, le nuove generazioni sono diventate sempre più acculturate e oggi un buon numero di professionisti è uscito da rione che gravita intorno alla Parrocchia, unitamente a impiegati nel terziario e nelle forze armate. Il nostro popolo di Dio è particolarmente attento alle problematiche religiose, alla solidarietà, ai problemi culturali. La nostra Parrocchia è una comunità viva. La santificazione del giorno del Signore, dimensione centrale della vita cristiana e momento in cui il messaggio evangelico si innesta tangibilmente nel quotidiano, facendosi invito, annuncio, proposta, impegno, speranza, vede una buona partecipazione che, tuttavia, deve essere migliorata con una maggiore presa di coscienza dell’importanza della domenica. Nella nostra Comunità, grande attenzione viene posta al momento celebrativo del Mistero Pasquale, scandito dal memoriale dell’Anno Liturgico, con al centro il giorno del Signore. Compito della nostra azione pastorale è il costante impegno a far emergere la domenica come segno che si imponga all’attenzione dei battezzati e anche dei non praticanti, giorno che riassume il passato e annuncia il futuro rendendolo, in qualche modo, già presente. Oltre al cammino catechetico, per la preparazione ai Sacramenti (Battesimo, Prima Comunione, Confermazione e Matrimonio), la nostra Parrocchia ha un fermento di iniziative, di vita, di lavoro che coinvolge persone di tutte le età: l’Oratorio, l’attività sportiva, il gruppo teatrale, il Coro dei bambini e quello dei giovani e adulti, il gruppo dei giovani ministranti, il comitato per la sagra rionale che si svolge in occasione della festa di S. Francesco d’Assisi, la Commissione Caritas che organizza il “mercatino della Solidarietà”, il laboratorio di attività artigianali, il Gruppo degli Animatori, i quali, nella loro gio- vane età, si impegnano a vivere e far vivere la freschezza del Vangelo come messaggio di vita, per crescere e maturare alla scuola di Gesù, Maestro e Signore. Mi fa piacere notare questa sera e dirlo ad alta voce come catechisti e animatori tutti sono persone con esperienza e titoli e che riescono a coinvolgere ragazzi e giovani che con assiduità ed entusiasmo partecipano a tutti gli incontri programmati. Questo in sintesi il volto della nostra Comunità per la quale chiediamo il conforto, la benedizione e le indicazioni della parola del Vescovo. Che dire ancora? Che il lavoro davanti a noi è tanto, nessuno può dirsi disoccupato in una comunità cristiana impegnata a spargere ovunque e con l’apporto di tutti, il seme della Parola e l’acqua della speranza. A tutti noi un augurio: che la nostra Parrocchia possa veramente diventare “la fontana del villaggio, cui tutti ricorrono per la propria sete”. Nelle prime righe della lettera sulla parrocchia, don Mazzolari dice: “Dalla parrocchia la Chiesa fa casa con l’uomo”, dove l’espressione ‘fa casa’ anche nel linguaggio comune è un’espressione che viene utilizzata in riferimento alla famiglia (la casa fa riferimento alla famiglia). E ‘far casa insieme’ è l’espressione che dice una familiarità, una consuetudine, un’intimità: la parrocchia, dunque, si configura come il luogo di familiarità, di intimità, di consuetudine di Dio con l’uomo. La nostra Parrocchia possa diventare ogni giorno di più il luogo in cui è più forte questo diventare famigliare di Dio con l’uomo, nella dimensione della Chiesa. Termino con una parola di buon augurio per voi e per noi tutti. Possa essere l’incontro di questa sera la prima parola di un dialogo e di una collaborazione vera, sincera, generosa, ancorata solo alla Parola di Cristo: Via, Verità e Vita; una Verità non relativistica, legata al momento e all’interesse, ma quella Verità che ci fa guardare negli occhi senza ombre e diffidenza, quella Via che è quella tracciata da Cristo: “Vi ho dato l’esempio perché facciate anche voi come ho fatto io”. Tutto questo per la conquista di quella Vita che inizia dopo la morte e che ognuno di noi è impegnato a preparare nel tempo con la risposta quotidiana al Signore che ci chiama a servirlo nella sua Vigna. Ed ora ci affidiamo alla vostra preghiera. 12 VITA CONSACRATA Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 Il ruolo di genitori cristiani e di educatori dei figli secondo la Fede Catechesi per i genitori TERESA IANNOTTA E’ oramai il terzo anno che presso la scuola Regina Carmeli si svolgono degli incontri di “catechesi per i genitori” diretti dal nostro parroco Mons Don Elpidio Lillo. L’appuntamento è di una volta al mese e sta riscuotendo enorme successo vista la partecipazione sempre più assidua dei genitori della scuola. Il merito va, senza dubbio, alla nostra guida spirituale, Don Elpidio che, ad ogni appuntamento, attraverso parole semplici, contornate da battute ed espressioni dialettali, alimenta sempre più il nostro interesse all’ascolto. Gli incontri sono incentrati, principalmente, sul nostro Nella mia esperienza di genitore riconosco l’enorme difficoltà che si incontra nello svolgere tale compito: è, infatti, davvero arduo educare i figli ed è ancor più impegnativo educarli nella FEDE. Si sa, noi genitori siamo i primi responsabili Le fatidiche iscrizioni. Optare per il meglio L’autenticità di un’offerta formativa SUOR MIRIAM BO Sfogliando e leggendo lo scorso numero di Kairòs News fui attratta dall’articolo “Cosa farò da grande. Il difficile momento della scelta” di Assunta e Piero Scialdone, essendo una consacrata e quindi attenta alle scelte e al progetto di vita di ogni persona, essendo insegnante dunque interessata a tutto ciò che comporta la crescita formativa di ogni discente. Fui colpita dalla citazione della canzone di Gino Paoli: “Mio figlio ha cinque anni e cinque convinzioni, facendo bene i conti ne ha cinque più di me!”. È tempo di iscrizioni e capisco quanto sia difficile per un genitore che deve scegliere la scuola per i propri figli. Vorrebbe optare per il meglio e oggi giorno, in cui la scelta non è solo non obbligata, ma si impone doverosa, è maggiormente difficile tanto più che il panorama scolastico territoriale è plurimo e in esso le scuole pubbliche e private paritarie si presentano con le loro offerte formative. La cosa certa è che le Suore con i loro Istituti si inseriscono in questa molteplicità di offerte e ancora più certa è l’autenticità di un’offerta che non è pubblicità per ottenere le fatidiche iscrizioni, ma si tratta di una offerta che nasce dall’unico profondo e vero desiderio di trasmettere agli altri, in modo particolare ai piccoli, lo spirito del proprio carisma, un carisma che si fonda innanzitutto sull’amore di Dio e sulla cura di ciò e di coloro che Lui, per una chiamata di predilezione, affida ad una Comunità Religiosa. In questo tempo di scelte, dunque, e in questa società in cui soprattutto la famiglia si trova a svolgere il difficile compito dell’educazione e a vivere la sua stessa identità, si impone non solo come necessario, ma come realtà imprescindibile, una scuola che si metta a servizio della persona e della sua famiglia offrendo tutto quanto può contribuire alla loro crescita. È in tale linea che vi presentiamo l’esperienza di un genitore nella Scuola Regina Carmeli di S. Maria C.V. dell’educazione dei nostri figli; in tale compito possiamo essere coadiuvati dai parenti, dalla scuola, dalla parrocchia, ma rimaniamo sempre i primi artefici della loro formazione morale, spirituale e sociale. Nel nostro compito educativo, noi genitori ci preoccupiamo spesso che i nostri ragazzi siano bravi, che vadano bene a scuola, che sappiano stare con gli altri, che siano capaci di costruire delle buone amicizie. Si tratta, senza dubbio, di aspetti umani di fondamentale importanza e da coltivare con impegno. Ma il nostro compito non può e non deve limitarsi a questo: non possiamo dimenticarci di educare i nostri figli alla fede o pensare che essa sia soltanto un optional di cui si può fare a meno. Ed è per tale motivo che, durante i tre incontri di quest’anno, Don Elpidio ha più volte richiamato l’attenzione al Battesimo con il quale abbiamo chiesto la Fede per i nostri figli, impegnandoci ad educarli secondo i canoni della Chiesa Cattolica. Educare i propri figli nella fede non è soltanto insegnare loro a recitare le preghiere o a sapere i comandamenti. Si tratta di qualcosa di più interiore che coinvolge l’anima dei nostri ragazzi: quello che ha voluto comunicarci Don Elpidio, secondo me, è che educare i nostri figli alla fede vuol dire trasmettere loro la testimonianza del volersi bene nel Signore, nell’amarsi con carità, nell’obbedienza reciproca, dandosi fiducia l’un l’altro, manifestandosi stima. Un figlio che cresce in un sano ambiente affettivo, si apre fiducioso alla vita, agli altri ed a Dio: in una parola impara la fede. Infatti, la fede non è sem- plicemente un contenuto, ma è principalmente una relazione, un legame amoroso con Dio Padre. Essa nasce, si sviluppa e si impara dentro alle relazioni affettive tra genitori e figli. La fede stessa di Gesù non era fatta tanto di contenuti, ma era alimentata da una relazione profonda di fiducia e di abbandono al Padre. La difficoltà che incontriamo nell’educare secondo tale relazione nasce dal contesto culturale in cui viviamo laddove ci vengono prospettati modelli sempre più discostati dagli esempi biblici. Durante gli incontri è pure emerso che siamo sempre più abituati alla logica del “tutto e subito” e siamo sempre meno avvezzi al sacrificio e all’obbedienza. Ci siamo soffermati, quindi, sull’importanza del focolaio domestico, luogo principe dove si impara il perdono, il rispetto, la fedeltà, il servizio disinteressato agli altri, l’abnegazione, la padronanza di sé, l’amore. Sono tanti gli argomenti che mi hanno colpita durante gli incontri, ma dovendo scegliere metto al primo posto quello durante il quale il parroco ha chiesto, proprio a noi mamme, di meditare sull’Amore che siamo chiamate a donare ai nostri figli. Ma amare richiede sacrificio, dedizione, condivisione e soprattutto tempo: le mamme di oggi prese da tanti impegni, anche di natura lavorativa, trascorrono sempre meno tempo con i propri figli. I ritmi sempre più frenetici delle nostre giornate ci portano ad instaurare relazioni sempre più superficiali con i nostri ragazzi e, di conseguenza, anche con chi vive al di fuori dal nucleo familiare. Dunque, pur essendo così difficile vivere da famiglie cristiane, siamo chiamati a trasmettere ai nostri figli un messaggio positivo, abbiamo il compito ed il dovere di predisporre un terreno fertile nei cuori dei nostri ragazzi, di buttare le fondamenta per l’accoglienza del Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza. Questo è un processo che comporta prove ed errori, spesso attraverso l’esperienza della sofferenza e riconoscendo con franchezza, davanti ai nostri figli, le nostre mancanze. Infatti, con il buon esempio, chiedendo prima noi scusa per i nostri errori, li guideremo, li correggeremo e ne trarremo vantaggio. Un altro argomento di grande interesse è stato quello di non limitarci ad essere da guida e luce per i nostri figli, ma di esserlo anche per gli altri. Come fecero i pastori che divulgarono “quello che era stato loro detto di quel bambino” e come loro anche noi torneremo rinforzati ed edificati nella fede: “E i pastori tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, come era stato loro annunziato”. VITULAZIO 13 Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 DOMENICO CUCCARI “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, così scriveva Primo Levi, lo scrittore ebreo del famoso libro “Se questo è un uomo”, a proposito della “Shoah”, la tragedia del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale. Un crimine immane che dovrebbe ancora insanguinare le nostre coscienze latitanti o torpide: forse occorre ricordare per destale che sono stati milioni di “semiti” ad essere annientati in tutta Europa, di cui un milione e mezzo solo di bambini! Non sempre è chiaro, poi, che lo sterminio ha riguardato anche cittadini a tutti gli effetti italiani ma di origine ebraica, cioè nostri connazionali. L’orrore ci dovrebbe pervadere e interrogare le nostre claudicanti certezze. Con questi propositi don Pasquale ha voluto celebrare la Giornata della Memoria, (continuando una tradizione cominciata con don Pietro) scegliendo per l’occasione il film “La settima stanza” (presentato alla mostra di Vene- zia nel 1995): è la storia di Edith Stein, una martire dei lager nazisti che, nel 1998, è stata canonizzata (Santa Teresa Benedetta della Croce) da Giovanni Paolo II. Edith, ebrea, di stirpe tedesca, discepola di Edmund Husserl, diventa filosofa di fama internazionale: vivere, dice, è cercare la verità che ha due fonti, la filosofia (con la mente) e la fede (con l’intuizione). Si converte al cattolicesimo grazie alle letture di Santa Teresa d’Avila e si fa battezzare con il nome di Teresa, entrando in conflitto aperto con sua madre e i suoi familiari. Viene accusata di tradire la sua religione e abbandonare gli Ebrei nel momento in cui cominciano le persecuzioni naziste. La stessa Edith è sospesa dall’insegnamento perché entrano in vigore le famigerate leggi razziali volute da Hitler. Incurante degli inviti a lasciare la Germania, resta in patria e decide di prendere i voti ed entrare nel convento delle Carmelitane di Colonia, dove assume il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce intra- Il film su Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce) per la Giornata della Memoria La settima stanza prendendo il percorso di ascesa spirituale verso Dio, “le sette stanze”, di cui Santa Teresa d’Avila aveva parlato nella sua opera “Il castello interiore”. Il suo noviziato è anch’esso ostico, fatto di tante rinunce e in cui viene destinata ad attività le più umili, per giunta lontana dai suoi amati studi, perché, come le ripete la Madre, il convento non è un rifugio ma è il luogo del sacrificio della vita a Dio. Edith è tenace e resiste, pur tra mille difficoltà e incomprensioni, e alla fine farà sua questa esortazione A seguito della terribile “Notte dei cristalli” del 1938, Edith e sua sorella Rosa, anche lei diventata suora, vengono inviate ad altro convento delle carmelitane in Olanda per loro protezione. Ma l’invasione nazista arriva anche nei Paesi Bassi: vengono pre- levate dalla Gestapo e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau. A Suor Teresa viene in visione la madre alla quale si abbraccia e alla quale chiede conforto: “Madre, ho paura”, sussurra mentre sta per giungere il momento del supplizio. Così si avvia alla camera a gas. Così nell’estremo martirio può unirsi alla Croce di Cristo: “la settima stanza” appunto. Film intenso ed emozionante, non molto noto, che lascia forti tracce nel cuore: appare incredibile, umanamente, la storia di Edith capace di testimoniare il Risorto anche nei luoghi del più folle orrore, laddove è stata annullata la dignità umana. La fede, allora, può tutto e l’Amore vince sempre, come era solita dire. Certo sono anche immagini di quella crudeltà atroce che chiama in causa l’insensatezza dell’uomo. Ricordare la “Shoah” vuol dire tenere sempre a mente il “mysterium iniquitatis”. Abbassiamo allora il capo e meditiamo. Terra, aria ed acqua Come uscire dalla terra dei fuochi? PIERO DEL BENE Si è tenuto sabato 25 febbraio nel salone auditorium Giovanni Paolo II la conferenza Terra, Aria ed Acqua, nella Terra dei fuochi, organizzata dall’associazione artistico-culturale Blimunda, nell’ambito dell’iniziativa “cittadini attivi di Vitulazio”. Nelle intenzioni dei promotori c’era l’intento di cercare risposte per i cittadini, cioè “per chi vive in questa terra e vuole continuare a viverci”. La conferenza si proponeva anche l’ambizioso obiettivo di, dato per assodato che qualche pericolo esiste, raccogliere le mappature dei siti a rischio, elencare le sostanze nocive, i loro rischi per la salute e gli strumenti (insieme ai costi) per analizzare il territorio. Numerosi gli interventi previsti. Hanno preso la pa- rola, infatti, le senatrici Vilma Moronese e Paola Nugnez (Parlamentari del Movimento 5 stelle), l’oncologo Rivezzi, il geologo Mariano Peluso, l’ing. Pasquale Donadio, il dottor Gragnano dell’Università Federico II di Napoli. La Moronese ha iniziato ricordando la distinzione della cittadinanza in tre grossi gruppi: i semplici cittadini, i cittadini formati ed i cittadini parlamentari. Si è quindi compiaciuta del fatto che in questa conferenza fossero presenti i tre gruppi. Ad essi ha ricordato essenzialmente due cose: la Terra dei Fuochi non può essere un problema locale ma nazionale e che la Politica sapeva ma non si è mai mossa. Sulla stessa linea la Nugnes, secondo la quale tutti sapevano (in Parlamento) già dal 1997. «Mi meraviglio che ci si meravigli, ora!» ha esclamato quando ha argomentato che in realtà quella pratica faceva comodo a tutti a causa dell’abbattimento dei costi di oltre l’80%. Secondo lei, inoltre, ci sono molti problemi perché manca un serio coordinamento: «La mano destra non sa quello che fa la sinistra». Su questo tema ha insistito anche l’oncologo Rivezzi secondo il quale, molti dati sono disponibili non vengono valutati con la falsa scusa che tutte queste persone che sfilano creano solo caos. «Il caos è tutto quello che c’è dietro e non i cittadini o i parroci che sfilano», così ha chiosato invitando i cittadini alla responsabilità. Il tempo di dare conto del progetto “Pandora” raccontato da Paola Dama un “cervello napole- tano in fuga” in Ohio (USA) e che ha un suo interesse. Parzialmente in controtendenza è andato, infine, il dottor Gragnano che in qualità di agronomo ha affermato che la qualità del nostro territorio non è peggiore di altri e che la qualità dei “nostri” prodotti resta alta come risulta dai controlli delle aziende della distribuzione che continuano a confermare la loro affezione ai prodotti campani contrariamente a quanto si dice. Dietro le quinte, lo stesso agronomo ha persino ipotizzato che forse qualcuno abbia interesse a screditare le terre locali allo scopo di accaparrarsele a prezzo ridotto per poi utilizzarle per ciò che meglio fanno: produrre prodotti di qualità. 14 ARTE E TEOLOGIA “Tό καλòυ κατέχετε” Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 FOTO 3 Manoscritto siro – miniato, 1457 : Fate risuonare la bellezza di Dio Il presepe nell’arte e nella storia Commento iconografico – iconologico DON FRANCESCO DUONNOLO FOTO 1 : Giotto, 1303 Affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova : foto 1 Nell’alveo dell’influenza francescana ( Presepe di Greccio XIII secolo) la sensibilità giottiana traspare tutta nell’affresco di Padova, calando nella realtà quotidiana e umanizzando quell ’ antica iconografia bizantina ieratica e statica. Nasce una prospettiva seppur embrionale ( solo con Brunelleschi sarà codificata nel XV secolo) di una scena che rende partecipe lo spettatore, una scena storica dove si esaltano la dimensione volumetrica dei personaggi e degli oggetti attraverso una luce che si fa fisica e naturale. C’è un’atmosfera affettuosa, con Maria in primo piano, dal volto giovane, distesa su un declivio roccioso sotto una semplice capanna e non grotta (diversorium, vale a dire tettoia come se ne trovano nel medioevo, luoghi pubblici dove la gente di ferma ) a compiere un gesto (insieme ad un’altra ) classico solenne e nello stesso tempo semplice. La mangiatoia poi , il luogo dove si mangia ( Gesù nutrimento per l’uomo, prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo…Mt . 26,26 e questo sin dall’inizio ) E quel gesto compiuto da Maria sembra annunciare quanto Giuseppe d’Arimatea farà nel momento della morte di Gesù << lo depose dalla croce, lo avvolse il un lenzuolo…>>Lc . 23,53. Giù vediamo Giuseppe addormentato che sembra non partecipare all’evento, accanto a lui un piccolo gregge di pecore mentre due pastori sono rivolti verso l’angelo che annuncia la nascita. Nel gruppo di pecore si scorge un capro nero, è forse una prefigurazione di quella parte della società composta da esclusi, derelitti peccatori per cui Cristo si è Incarnato FOTO 2 : Andrei Rublev, XV sec. Tempera su tavola, Galleria Tretjakov, Mosca: La scena è suddivisa in tre parti ; la prima quella superiore si vuole rappresentare il divino ( c’è un fondo oro illuminante ) , la seconda mette in risalto l’ Incarnazione ( con Maria e il Bambino ) la terza l’umanità ( con Giuseppe, il pastore e le levatrici.) Il Bambino emerge dall’oscurità di una grotta (equivalente in oriente alla stalla della Palestina ) è quasi adolescente, disteso in quella mangiatoia che sembra un sarcofago e le fasce sembrano ricordare quelle di Lazzaro ( in riferimento alla morte e resurrezione ). Maria è in una posizione di riposo e vestita col maphorion , sproporzionata rispetto all’insieme. Dei tre angeli uno annuncia la teofania ai pastori ( col libro ) Il mondo divino e quello umano sono coinvolti nella stessa proclamazione. Già si intravedono i Magi a cavallo ( l’uomo già si è messo alla ricerca di Dio .) Nella parte inferiore Giuseppe pensieroso, quasi dubbioso avvolto nel suo mantello ( l’uomo che si interroga di fronte al mistero ) . La sua inquietudine sembra personificarsi nella figura satiresca di un pastore di fronte a lui. A sottolineare la realtà dell’Incarnazione del vero Dio e vero Uomo anche la scena tratta dai vangeli apocrifi ( le levatrici con il compito di lavare il bambino appena nato che ha come fonte l’iconografia ellenistica secondo cui attraverso il lavaggio si simboleggiava la potenza di chi era destinato a diventare un grande personaggio della storia ) foto 2 foto 3 Qui si mette in risalto la maternità di Maria (Teotokos) , liturgicamente “Le congratulazioni alla Madre di Dio” quella usanza in questo ambiente, umana e nello stesso tempo toccante di porgere felicitazioni, doni alla puerpera e tutta la sua famiglia. Liturgicamente la festa in tal senso è già attestata negli inni di Sant’Efrem Siro, il primo Padre della Chiesa che dà voce ai sentimenti di Maria presso la culla del Figlio. Chiaro il riferimento al concepimento per mezzo dello Spirito Santo. Da notare la doppia raffigurazione di Gesù nella culla a mò di sarcofago e poi giù in trono. Foto 4 Leonardo da Vinci, 1482, Olio su tela, Uffizi, Firenze Emerge l’aspetto anatomico in questa natività con l’adorazione dei magi (Gesù e la Natura) E’ un’opera questa incompiuta foto 4 (una bozza) in quanto Leonardo inizia il lavoro per il Monastero di San Donato a Scopeto ma l’anno seguente parte per Milano, diventando così una composizione monocroma a chiaroscuro, permettendo all’autore di far emergere i corpi con un senso plastico. La capanna è eliminata, risaltano le figure che attorniano Maria ( tratteggiata esile con poche curve) seduta col Bambino (benedicente e nudo, non in fasce, affinché sia chiara la sua umanità), diventando il perno di tutta la composizione. La prospettiva è resa dinamica dalla concitazione dei gesti dei personaggi che fanno trasparire i propri sentimenti ed emozioni: stupore, meraviglia, timore, sorpresa…. L’Epifania emoziona, turba, suscita reazioni dell’animo e del cuore…. RUBRICHE 15 Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 Essere o avere? Twitter, FRANCESCA CAPITELLI Secondo una recente classifica effettuata dal portale Americano Ipsos che si occupa di ricerche di mercato, la Cina, seguita a ruota dall’India, è tra i popoli più materialisti che ci siano. Il sondaggio Ipsos, con lo scopo di valutare il grado di “materialismo”, vede italiani sotto la media delle persone che misurano il successo sulla base delle cose che possiedono. La domanda sulla quale i cittadini di ben 20 Nazionalità differenti hanno dovuto riflettere, è stata: “Valutate il vostro successo personale a seconda delle cose che possedete?”. Manco a dirlo, i Cinesi si sono piazzati primi in classifica, battendo tutti gli avversari, con il 71% delle risposte affermative considerandosi arrivati quanto più beni di consumo sono stati in grado di accumulare. Al secondo posto del sondaggio c’è l’India, con il 71 per cento, seguita da Turchia (57%), Brasile (45%) e Corea del Sud (43%). Tra gli italiani solo 22 su cento misurano il successo sulle cose che possiedono (stessa percentuale del Giappone), un punto in più rispetto agli Stati Uniti. La tendenza a equiparare beni materiali con il successo sembra nascere dalla pressione di forze interne alla società: ancora una volta, nel sondaggio Ipsos, i cinesi sono risultati in testa (68 per cento) a quanti dicono di sentirsi spinti dal contesto sociale ad accumulare ricchezze per riuscire nella vita. Di 20 nazioni sondate, inoltre, la neutrale Svezia é risultata, almeno a parole, il paese meno attaccato ai beni materiali con una percentuale del 7%. EDITORE A.C.L.I. Progetto San Marcello C.so Gran Priorato di Malta,22 81043 Capua (CE) P.iva: 03234650616 Reg. Trib di Santa Maria C.V. n. 764 del 22 Giugno 2010 www.kairosnet.it per contatti e pubblicità: 333.88.900.94 redazione@kairosnews.it DIRETTORE RESPONSABILE: Antonio Casale CAPOREDATTORE Giovanna Di Benedetto GRAFICO Giuseppe Rocco REDAZIONE CAPUA Antonella Ricciardi Francesca Capitelli Francesco Garibaldi Lucia Casavola Nicola Caracciolo Orsola Treppiccione Raffaella Boccia Teresa Pagano Umberto Pappadia Teresa Massaro Ciro Pozzuoli Annamaria Punzo SANTA MARIA C. V. social dei narcisisti FRANCESCA CAPITELLI Twitter è il social network preferito dai narcisisti: a dirlo è uno studio condotto dalla High Point University, Università degli Stati Uniti. Sembra infatti, che la causa che spinga a preferire il microblogging, sia proprio il narcisismo. A testimonianza di ciò, come sostengono i ricercatori, vi è l’aumento sconsiderato dei follower che è interpretato, come un riconoscimento dell’ammirazione da parte degli altri. Inoltre, secondo gli studiosi mentre i giovanissimi hanno trovato le coccole per il proprio ego in Twitter, i più adulti si trovano bene su Facebook. I primi in linea di massima, postano contenuti a ripetizione sul social network, Twitter, da perfetti narcisisti, i più adulti discutono su Facebook nei vari gruppi social. E’ il nostro narcisismo che ci spinge ad essere social o siamo diventati social per aumentare il nostro narcisismo? A giugno dell’anno scorso uno studio dell’Università del Michigan sulla correlazione fra narcisisti ed utenti social non era riuscito a risolvere il rompicapo logico che ricorda quello ben più famoso sull’uovo e la gallina, arrivando solo a stabilire una diversità generazionale nell’utilizzo di Twitter e Facebook, con il primo vissuto come un megafono dai più giovani e il secondo usato come specchio dagli adulti. REDAZIONE SANTA MARIA C.V. Maria Benedetto Rosaria Barone Basso Rosalba Gaetano Cenname Anna Munno Lina Salamiti Maria Umili REDAZIONE VITULAZIO Piero Del Bene Assunta Scialdone Domenico Cuccari Orsola Antropoli Pagine CHIESA a cura di don Agostino Porreca don Pasquale Violante Pagine VITA CONSACRATA a cura di suor Miriam Bo Pagine IMMIGRAZIONE a cura di Antonio Casale Stampato presso la Tipografia “Grafiche Boccia” CAPUA Evento da non perdere Cineforum per riflettere Narcisisti dunque attratti da twitter, adulti da Facebook: almeno secondo questo studio condotto su 515 studenti universitari, di cui 669 adulti sono stati selezionati on line, l’età media tra tutti è di 32 anni. Dunque in base al social utilizzato è possibile capire la personalità di un individuo. «Il nostro studio ha evidenziato la mancanza di significative relazioni dirette o indirette fra gli studenti e la loro attività Facebook– ha infatti spiegato Davenport al Pacific Standard mentre, al contrario, il narcisismo è risultato essere sia direttamente che indirettamente collegato alla presenza su Facebook degli adulti, sebbene questa sia solo una delle ragioni (ma non certo l’unica) che li spinge ad aggiornare in continuazione la loro pagina». Il Centro Italiano Femminile (C.I.F.) ha iniziato giorno 29 gennaio 2014, alle ore 16.00, un servizio di cineforum presso la parrocchia di Sant’Erasmo in Santa Maria C.V. Verranno presentati film su tematiche relative ai problemi dei giovani, alle difficoltà delle famiglie, ai maltrattamenti delle donne e dei bambini. Ogni rappresentazione verrà preceduta da una breve relazione e, alla fine del filmato, si aprirà un dibattito. Si è scelto come inizio il film “La fuga degli innocenti” per non dimenticare anche coloro che, a rischio della propria vita, hanno protetto ed aiutato gli Ebrei. Siamo fiduciosi che questa iniziativa trovi il consenso dei giovani e meno giovani per prendere coscienza dei gravi problemi che il mondo vive. Kairos News è distribuito nelle edicole e presso le seguenti Parrocchie: CAPUA Santi Filippo e Giacomo San Pietro Apostolo San Roberto Bellarmino Sacro Cuore Maria Santissima Assunta in Cielo SANTA MARIA C V Sant’Erasmo Immacolata Concezione di M.V. Santa Maria Maggiore e San Simmaco San Pietro Apostolo Santa Maria delle Grazie BELLONA San Secondino VITULAZIO Santa Maria dell’Agnena CASTEL MORRONE San Pietro Apostolo e Luca Evangelista CASAPULLA Sant’Elpidio CASAGIOVE Santa Maria della Vittoria CURTI San Michele Arcangelo SAN PRISCO Santa Maria di Costantinopoli CANCELLO/ARNONE Maria Regina di tutti i Santi-Maria SS Assunta BREZZA /GRAZZANISE San Martino Vescovo SANTA MARIA LA FOSSA Maria SS Assunta in cielo FRANCOLISE San Germano - Santa Maria delle Grazie CASTEL VOLTURNO Santa Maria del Mare SAN TAMMARO presso Maranathà Scarica la versione pdf sul tuo smartphone Per informazioni: redazione@kairosnews.it Tel: 333.88.900.94 16 RUBRICHE Anno 5 Numero 5 1 Febbraio 2013 La farina di grano arso Da Trani una chicca sulle nostre tavole NICOLA CARACCIOLO Monica Piscitelli è una icona nel panorama enogastronomico campano. Attraverso il suo blog “campaniachevai” da anni racconta le storie di una Campania che crea, che fa, che si muove: produttori del settore agroalimentare e vitivinicolo, chefs, pizzaioli, passando per tutte le iniziative in cui la buona cucina è protagonista. Da questa passione “culturale” è nata anche la sua decisione di aprire un ristorante in Grecia: quasi un ritorno alle antichi origini per chi è nato e cresciuto nella Magna Grecia! Il suo girovagare enogastronomico unito alla sua innata curiosità per il nuovo la porta a fare delle scoperte: è quanto successo con delle Orecchiette acquistate a Trani in un bel Panificio del centro, a un passo dalla cattedrale. La farina di Grano Arso dà a queste orecchiette un invitante colore sabbia. Quella odierna è una cosa diversa da quella di un tempo che non era salubre per via del procedimento utilizzato per ottenerla. Visto che il grano e la relativa farina bianca erano destinati ai ricchi che se la potevano permettere, i chicchi di grano rimasti per terra durante la bruciatura delle stoppie, a fine mietitura, era per i contadini. Oggi al contrario questa farina è una chicca che ha il suo prezzo, come la pasta secca che se ne ricava. Ed ecco la ricetta, originale come la sua Autrice. ORECCHIETTE DI GRANO ARSO AGLI SPINACI CON AZZURRO Ingredienti: 1 patata grande 2 manciate di spinaci 250 gr di orecchiette di grano arso 150 grammi di sgombro sott’olio o 6 filetti di Alici di Cetara 2 cucchiai di olio extravergine 2 spicchi d’aglio 1/2 peperoncino piccante 1 cucchiaio di semi di papavero sale q.b. tempo rosolate l’aglio e aggiungete il peperoncino. Buttateci dentro l’altra manciata di spinaci tagliuzzata come prima girando rapidamente e aggiungete i filetti di sgombro o le alici. Salate leggermente (con lo sgombro) e spegnete, allontanando dal fuoco. Prendete un pò d’acqua di bollitura della pasta. Scolate bene la pasta e mettetela nella padella con gli altri ingredienti sulla fiamma vivace e rimestate aggiungendo un pò di acqua di cottura. Servite in un piatto decorando con i semi di papavero passati un paio di minuti in un padellino antiaderente e finite con un filo di olio extravergine. Procedimento: Pelate e tagliate le patate. Lavate e mondate gli spinaci. Mettete a bollire l’acqua salata e appena prende il bollo buttateci le patate tagliate a dadi. Dopo un paio di minuti una mangiata di spinaci tagliuzzati grossolanamente. Un minuto dopo buttate la pasta che richiede circa 12 minuti di cottura, Nel frat- La maglietta che non si sporca mai FRANCESCA CAPITELLI Cosa c’è di meglio a quella odiosa pratica del lavaggio? Magari una maglietta che non si sporca mai. Inventata dallo studente Aamir Patel, dell’Università di San Francisco la maglietta non si sporca né si macchia. Il segreto è nel tessuto, caratterizzato da particelle di silicio legate alle fibre a livello microscopico. È da un po’ di tempo che il ragazzo aveva il sogno di realizzare una maglietta di questo tipo, ha così studiato soluzioni diverse basate sulle nanotecnologie. L’idea è sorta, come spiega l’inventore, nel momento in cui ha appreso della vernice impermeabile e resistente. All’inizio il giovane Aamir aveva pensato che fosse sufficiente usare semplicemente lo stesso spray sul vestito, ma presto si è dovuto rendere conto che era impossibile. Il risultato finale è stata una maglietta “hi-tech” che ha dovuto accordare l’intuizione iniziale di Patel all’evidente tossicità o ipersensibilità causata da alcuni materiali capaci appunto di rendere impermeabile un capo. Chi ha provato la t-shirt, racconta che non dà sensazioni diverse da quelle di una “normale” maglietta. Patel racconta che le magliette dovrebbero mantenere le particolari proprietà per circa 80 lavaggi, anche se non urge la necessità di lavare frequentemente il capo. Il costo della t-shirt dovrebbe aggirarsi sui 50 dollari, non di certo economica. La maglietta viene intessuta con poliestere infuso da una combinazione di sostanze chimiche che la rendono resistente all’acqua. Spiega Patel che “la maggior parte delle molecole liquide non riuscirà ad entrare in contatto con il tessuto grazie ad uno strato microscopico di aria posto tra il liquido e la maglietta. Questo perché il tessuto è ricoperto da miliardi di particelle di silice questa barriera protegge la camicia da potenziali incidenti”. In tal modo i liquidi che cadranno sopra la maglietta vi scivoleranno sopra come se fosse una tovaglia di incerata, senza tuttavia costituire un pericolo per la pelle. Il progetto è stato finanziato dalla Kickstarter, arrivando a totalizzare 58.000 dollari contro i 20.000 fissati come obiettivo. 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