Edizione Nr. 5 – Visualizzazione e download

Tempo
di
Grazia
per lo
Spirito
Tempo
di
Grazia
per lo
Spirito
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2014 - Euro 0,50
1 Febbraio in Cattedrale Celebrazione Eucaristica e conferimento dei Ministeri ai seminaristi
Nuovi Ministeri in Diocesi
Doni di carità e servizio per otto giovani ragazzi
GIOVANNA DI BENEDETTO
Sabato 1 febbraio alle ore 18:30
in Cattedrale S. E. Mons. Visco
conferirà i Ministeri del Lettorato
e dell’Accolitato a otto seminaristi della nostra Diocesi. Per amor
di precisione, sei riceveranno il
Ministero del Lettorato e due
quello dell’Accolitato.
Per i seminaristi è una delle tappe
importanti del cammino verso il
Sacramento dell’Ordine. Ma,
spieghiamo, per i “non addetti”,
cosa sono questi Ministeri, facendo un piccolo salto indietro
nel tempo. Alcuni Ministeri furono istituiti nella Chiesa fin dai
tempi più antichi, per il culto e il
servizio al popolo di Dio. Alcuni
di essi, più legati alle celebrazioni liturgiche, col tempo furono
considerati preliminari al ricevimento del sacramento dell’Ordine e nella Chiesa latina furono
interpretati come «Ordini Minori». Due di questi erano proprio il Lettorato e l’Accolitato.
Con il rinnovamento liturgico del
Concilio Vaticano II la dimensione sacerdotale del popolo di
Dio, fondata sul Battesimo,
chiede una partecipazione
«piena, consapevole e attiva» alla
liturgia. Così, Paolo VI riformò
l’uso della chiesa latina, definendo «Ministeri» il Lettorato e
l’Accolitato e dando la possibilità
di conferirli anche ai laici.
Vediamo, in sintesi, quali sono i
loro compiti: Il Lettore deve leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella
Messa e nelle altre azioni sacre
proclami dalla Sacra Scrittura le
letture (ma non il Vangelo).
L’esercizio del Ministero del Lettorato evidenzia concretamente
lo stretto rapporto esistente tra
parola di Dio e liturgia;
L’Accolito deve curare il servizio dell’altare, aiutare il Diacono
e il Sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa Messa. Questo
Ministero, nel suo concreto eser-
cizio, è destinato a mettere in risalto l’intimo legame che esiste
tra liturgia, Eucaristica, in particolare, e carità. Potremmo essere
stati poco esaustivi, ma contiamo
di aver gettato il seme della curiosità per fare una ricerca di approfondimento o, perché no,
chiedere a qualcuno dei “nostri
ragazzi”.
Passiamo, ora, la “penna” ad alcuni seminaristi che hanno voluto
condividere con noi i loro pensieri in vista di questo passo così
significativo.
Mariano Signore: Sentirsi ‘chiamati’ mentre si cammina produce, sempre o quasi, un senso di
disorientamento; si è distolti, infatti, da ciò che si sta compiendo.
Eppure se non fossimo ‘chiamati’
non ci renderemmo conto di
quanto percorso e della meta
verso la quale stiamo andando. Il
ministero dell’ Accolitato, in questa fase del percorso, rappresenta
per me proprio questo: una ‘chiamata’, ancora una volta. La ri-
SOMMARIO
EDITORIALE
La “Cittadella dell’Accoglienza”
e della memoria
SPECIALE
Due parrocchie
“Cinquantenni”
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Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
EDITORIALE
ANTONIO CASALE
LA “CITTADELLA DELL’ACCOGLIENZA”
E DELLA MEMORIA
Da pochi giorni l’ex campo profughi è passato finalmente nelle mani del Comune di Capua. Temo,
però, che il sospirato passaggio di proprietà non
risolverà il deprecabile stato di degrado e abbandono in cui versa la storica “cittadella dell’accoglienza”. Nonostante il sindaco abbia già
entusiasticamente ipotizzato la ripresa del progetto del nuovo ospedale e la cessione di parte
dell’area ai privati, questa volta, la sua notoria caparbietà ed il suo inguaribile ottimismo non basteranno a spazzare via i nostri timori. Anzi,
quanto più si favoleggiano progetti faraonici tanto
più crescerà la disillusione e l’attesa inerte. Mi limiterei, perciò, nell’immediato, a piccole cose essenziali come la pulizia e la recinzione. Ma
soprattutto, nel procedere ad una qualunque progettazione di riutilizzo dell’ area, non perderei
mai di vista il grande significato che essa ha avuto
nella storia della nostra città e nei mutamenti epocali a livello internazionale. Dall’accoglienza dei
profughi in fuga dai regimi comunisti, ai primi
grandi esodi di interi popoli come quello dei vietnamiti e degli albanesi, il campo profughi ha
svolto un ruolo umanitario così importante da essere ricordato anche da Papa Giovanni Paolo II
nella sua storica visita alla città nel 1992. In un
epoca di rapidi e inafferrabili mutamenti socio
economici in cui si tende a fare della “memoria”
un imprescindibile antidoto contro il ripetersi di
ogni violenza o sopraffazione dell’uomo sull’uomo, non possiamo condannare all’oblio un
patrimonio così importante. Il campo profughi di
Capua deve restare un simbolo dell’ aspirazione
alla libertà ed all’autodeterminazione dei popoli.
Accanto al Museo Campano che raccoglie le testimonianze del progresso culturale, giuridico ed
artistico a cui erano giunti i nostri antichi progenitori, un “Museo della Accoglienza” potrebbe
rappresentare il grado di civiltà più elevato che
noi abbiamo saputo trarre da quella storia. Un traguardo messo sempre più in discussione dall’insorgere nel mondo di bestiali rigurgiti xsenofobi,
di nuovi fondamentalismi etnico religiosi e di
odiosi conflitti fratricidi . Cosi come i campi di
sterminio restano intatti a testimoniare l’abisso
di male in cui può sprofondare l’umanità, un glorioso campo profughi, che ha ridato speranza, dignità e libertà a migliaia di uomini in fuga, non
può scomparire del tutto. E’ una lezione che la
“giornata della memoria “ appena celebrata, ci ricorda ogni anno e che noi possiamo fare nostra
evitando di trasformare la “cittadella dell’accoglienza” in un banale spazio per interessi privati
o strutture anonime
NUOVI MINISTERI IN DIOCESI testimone nella quotidianità
SEGUE DA PAG. 1
sposta non è scontata, bisogna
viverla, esserne convinti: è
questo ciò che vuole il Signore.
Valerio Lucca: “Oggi si è
adempiuta questa scrittura che
voi avete udito con i vostri
orecchi”(lc 4,21), Gesù è la parola letta, è la parola proclamata, Lui è il compimento della
parola che noi ascoltiamo. Ricevere e accogliere questa parola
è il compito di tutti, in particolar modo del lettore; il quale
con il sostegno del Signore
aiuta a raggiungere il Suo insegnamento.
Vincenzo Gallorano: Se dovessi pensare a chi sia il lettore,
la mia mente non può non andare immediatamente all’apostolo Paolo e a ciò che
comunica alla comunità di Corinto: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi
ho trasmesso” (1Cor 11, 23).
Non può essere altrimenti! Se è
vero, infatti, che uno dei nostri
compiti sarà quello di istruire
giovani ed adulti nella fede in
Gesù Cristo, è altresì vero che
niente di tutto questo risulterà
possibile se prima non ci saremo messi all’ascolto della sua
Parola nella preghiera incessante e nella contemplazione
continua della sua opera nella
nostra vita. Chi è allora il lettore se non colui che resosi
ascoltatore di Gesù, diventa suo
della sua esistenza? Anche per
questo grazie, o mio Signore;
continuo ad affidarti la nostra
vita affinchè attraverso questo
primo ministero che tu ci donerai di esercitare, possiamo proclamare ciò che saremo e
diventare ciò che nella tua
morte e risurrezione già siamo:
comunità chiamata da te per diventare una sola cosa con te.
Pietro Santoro: Alla scuola
della Sua Parola, il Signore mi
ha guidato passo dopo passo,
rispettando sempre i miei tempi,
a volte lunghi a causa della durezza del mio carattere. «Come
bimbo in braccio a sua madre» (
Sal 130), il Signore mi ha cullato, mi ha nutrito della sua Parola, divenuta per me «Potenza
di Dio»( 1Cor 1,18),capace di
rendermi, non un cristiano arrendevole, ma un credente convinto che il Signore agisce e
plasma i cuori, attraverso le
semplici parole della Scrittura.
Questa forza performativa del
Verbo di Dio non fa violenza
alla mia vita, ma è per me come
suono melodioso che riscalda il
cuore e come uno strumento
che suona dolce le corde della
mia vita. È proprio questo
suono dolce del cuore che ha
avuto ed ha un ruolo estremamente rilevante nella mia storia
vocazionale e si esprime nella
passione per il Canto Liturgico
e la Musica Sacra; uno degli
aspetti del ministro del lettorato
è proprio la cura del canto liturgico e della direzione del coro.
La musica ha toccato una tastiera misteriosa che porto
nell’anima; con essa riesco ad
esprimere sensibilmente ciò che
non ho mai saputo dire e trasmettere prima. Lo sposalizio
tra musica e preghiera mi ha
ancor di più avvicinato alla Parola viva in maniera forte, travolgente, con un trasporto tale
da far vibrare cuore, mente e
anima. Se già la Parola di Dio è
capace di penetrare il cuore e
rendere chiaro il suo messaggio,
attraverso la musica lo si sente
ancor più in maniera immediata; si avverte “nelle viscere”
e “fin nel midollo delle ossa”.
Marco Pascarella: Questo momento di gioia che si avvicina
mi porta a ringraziare ancora
una volta il Signore. Il Lettorato
non è una semplice tappa obbligata per il presbiterato, né il
frutto di uno sforzo personale; è
un dono che mi viene dalla
Chiesa, che si inserisce in un
rapporto familiare col Signore
che in questo tempo di formazione va maturando.
Come mi ha augurato un amico
in questi giorni, dovrò accogliere questo Ministero della
Parola nella consapevolezza che
prima dell’annuncio ho bisogno
di mettermi in ascolto di colui
che mi chiama, sempre.
CHIESA
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
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Presentazione di Gesù al Tempio
“Luce per rivelarti alle genti”
LA NAVE ARGO
Le aquile non volano a stormi
E io neppure. M’educo al modo
Della nave Argo di cui lungo
Oceaniche rotte gli Argonauti
Sostituivano un pezzo dopo l’altro
Fino a farne per stazza forma e nome
Una del tutto nuova, pur restando
Esattamente identica alla prima.
Avvicendandosi, quindi, opere e giorni
Anch’io somiglio sempre più a me stesso
Per vivifico impulso dell’Amore
Che occultamente muta seme in fiore
E fa sì che passando dalla mia
All’altrui mano un dono non si perda
Ma venga ripagato lautamente
Moltiplicato più volte per cento.
Giuseppe Centore
DON PASQUALE VIOLANTE
La Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme è la memoria di un evento storico che
esprime la piena sottomissione del Figlio di
Dio alle leggi della religione ebraica. Secondo,
infatti, quanto prescrive la Legge di Mosè,
Maria e Giuseppe consacrano al Signore il
loro primogenito. Questa pratica religiosa, tuttavia, per noi cristiani non rimane tale, perché
compiuta per un bambino speciale. Gesù, che
ha origini divine, entra nel Tempio con la sua
carne umana, e in tal modo preannuncia la
piena offerta che egli farà di se stesso sulla
croce. Questa carne egli l’ha assunta per vivere piena solidarietà con gli uomini, solidarietà amplificata dalla sua partecipazione alle
nostre sofferenze (II Lettura). In tal modo egli
si rivela come il perfetto messaggero del
Padre, colui che renderà più salda l’alleanza
tra Dio e gli uomini, perché la siglerà nel suo
sangue e dunque sarà luce, “luogo” dove il Dio
d’Israele si rivela in pienezza, come ha affermato il vecchio Simeone. Quest’uomo giusto
e pio, pieno dello Spirito del Signore, profetizza che questo bambino sarà segno di contraddizione, fonte di caduta o di riscatto per il
popolo d’Israele a seconda se lo si accolga o
se ne comprende la portata definitiva della rivelazione di Dio. Anche la profetessa Anna ha
la gioia di conoscere questo bambino da sempre atteso. Ella, che dopo la fine del suo matrimonio, aveva consacrato la sua vita
interamente al servizio del Signore, ci offre un
esempio di come l’attesa del Messia si era concretizzata in una vita pienamente oblativa. Ella
anche è messaggera e annunciatrice della novità di Cristo: «parlava del bambino a quanti
attendevano la redenzione d’Israele». Colui,
infatti, che lo accoglie è da lui purificato per
diventare, con la sua vita, vera offerta gradita
a Dio.
3 FEBBRAIO
San Biagio Vescovo e martire
TRATTO DA WWW.SANTIEBEATI.IT
+ Sebaste, Armenia, ca. 316
Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax"
costantiniana. Il suo martirio, avvenuto
intorno al 316, è perciò spiegato dagli
storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e l'orientale Licinio. Nell'VIII
secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul
Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana - in
provincia di Latina, Imperia, Treviso,
Agrigento, Frosinone e Chieti - e di
molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era
conficcata una lisca in gola, è invocato
come protettore per i mali di quella
parte del corpo. A quell'atto risale il
rito della "benedizione della gola",
compiuto con due candele incrociate.
(Avvenire)
Patronato: Malattie della gola
Etimologia: Biagio = bleso, balbuziente, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Candela, Palma, Pettine per lana
Martirologio Romano: San Biagio, vescovo e martire, che in quanto cristiano
subì a Sivas nell’antica Armenia il
martirio sotto l’imperatore Licinio.
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CHIESA
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
Generare futuro
attraverso la cultura dell’incontro
36° Giornata Mondiale della Vita
DON AGOSTINO PORRECA
CATECHESI DI PAPA FRANCESCO
Le divisioni indeboliscono
la credibilità
DON AGOSTINO PORRECA
Il tema dell’annuale edizione dell’Ottavario di Preghiera, scelto ed elaborato dai
fratelli e dalle sorelle delle Chiese del Canada, è stato tratto dall’epistolario paolino, dove con chiarezza e forza veniamo
esortati, sia come singoli credenti sia
come comunità ecclesiali, ad accogliere
in mentalità e prassi, fino ad ogni estrema
possibilità, quanto San Paolo
ricorda ai Corinzi: “Cristo
non può essere diviso!”
(1Cor 1, 1-17). Questa forte
affermazione dell’Apostolo
Paolo è stata posta alla nostra
riflessione per la preghiera
comune di quest’anno. E’
scandaloso utilizzare Cristo
per sancire le nostre divisioni; divisi nel nome di Cristo: questo è il paradosso e lo
scandalo della nostra vita cristiana. Il nostro impegno è di
mettere in discussione questa
logica; occorre passare dal
conflitto e dalla divisione alla comunione
nella reciprocità. Anche in contesto di divisione occorre riconoscere, accogliere e
valorizzare i doni degli altri. Riconoscere
i doni degli altri, anche di coloro con i
quali si è in conflitto, significa prima di
tutto riconoscere l’opera di Chi quei doni
ha elargito, cioè Dio stesso. Riconoscere
i doni gli uni degli altri significa per noi
oggi innanzitutto, riconoscere i doni della
grazia elargiti con generosità all’intero
popolo di Dio, pur nelle sue diversità.
Nell’udienza di mercoledì 22 gennaio, il
Santo Padre ci ha offerto una breve meditazione sul tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che fa
riferimento alla domanda rivolta da san
Paolo ai cristiani di Corinto: «È forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13). Certamente
Cristo non è stato diviso. Ma – ha affermato il Papa – dobbiamo riconoscere sinceramente e con dolore, che le nostre
comunità continuano a vivere divisioni
che sono di scandalo. Le divisioni fra noi
cristiani sono uno scandalo. Addirittura
siamo divisi nel nome di Cristo. «Ma il
nome di Cristo crea comunione ed unità, non divisione!
Lui è venuto per fare comunione tra noi, non per dividerci. Il Battesimo e la Croce
sono elementi centrali del discepolato cristiano che abbiamo in comune. Le
divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di
evangelizzazione e rischiano
di svuotare la Croce della sua
potenza». Paolo rimprovera i
Corinzi per le loro dispute,
ma anche rende grazie al Signore «a motivo della grazia di Dio che
vi è stata data in Cristo Gesù, perché in
lui siete stati arricchiti di tutti i doni,
quelli della parola e quelli della conoscenza» (1,4-5). Malgrado la sofferenza
delle divisioni, che purtroppo ancora permangono, accogliamo le parole di Paolo
come un invito a rallegrarci sinceramente
delle grazie e dei doni concessi da Dio ad
altri cristiani. La settimana di preghiera è
terminata, ma non si ferma la nostra preghiera allo Spirito per il dono dell’unità
dei cristiani, perché lo scandalo della divisione nel nome di Gesù venga meno e
non sia più tra noi.
“Generare futuro”: è questo lo slogan che il Consiglio Permanente della
Conferenza Episcopale
Italiana ha scelto per la celebrazione della 36° Giornata Mondiale della Vita
(2 febbraio 2014), quest’anno in concomitanza
con la 18° Giornata della
Vita Religiosa. “I figli
sono la pupilla dei nostri
occhi… Che ne sarà di
noi se non ci prendiamo
cura dei nostri occhi?
Come potremo andare
avanti?” Così Papa Francesco all’apertura della
XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù ha illuminato ed esortato tutti
alla custodia della vita, ricordando che generare ha
in sé il germe del futuro.
Ogni figlio è volto del
“Signore amante della
vita” (Sap 11,26), dono
per la famiglia e per la società. «Generare la vita –
si legge nel Messaggio –
è generare il futuro anche
e soprattutto oggi, nel
tempo della crisi; da essa
si può uscire mettendo i
genitori nella condizione
di realizzare le loro scelte
e i loro progetti». Per ge-
nerare futuro occorre promuovere una autentica
cultura dell’incontro e un
profondo dialogo tra le generazioni, cercando di
unire in modo fecondo la
speranza e le fatiche dei
giovani con la saggezza,
l’esperienza di vita e la tenacia degli anziani. Per
generare futuro occorre
superare la cultura della
morte e fare alleanza con
la vita, in tutte le sue fasi,
dal concepimento alla nascita, educando e rigenerando di giorno in giorno,
accompagnando la crescita verso l’età adulta e
anziana fino al suo naturale termine, e superare
così la cultura dello
“scarto”. Generare futuro
«è tenere ben ferma e alta
questa relazione di amore
e di sostegno, indispensabile per prospettare una
comunità umana ancora
unita e in crescita, consapevoli che “un popolo che
non si prende cura degli
anziani e dei bambini e dei
giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e
la promessa” (Papa Francesco)».
ATTUALITA’
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
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Conclusione Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani
La comunione
non è frutto di
strategie umane!
DON AGOSTINO PORRECA
A conclusione della Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani, il Santo Padre, nella breve omelia che ha
tenuto durante la celebrazione dei vespri nella Basilica
di S. Paolo fuori le mura, ha riflettuto sul testo tratto
dalla prima lettera di Corinzi: «E’ forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13). L’Apostolo ha appreso con grande
tristezza che i cristiani di Corinto sono divisi in diverse
fazioni. In questa situazione di divisione, Paolo esorta
i cristiani di Corinto, «per il nome del Signore Nostro
Gesù Cristo», ad essere tutti unanimi nel parlare, perché tra di loro non vi siano divisioni, bensì perfetta
unione di pensiero e di sentire (cfr v. 10). «La comunione – ha sottolineato il Papa – non potrà essere frutto
di strategie umane. La perfetta unione tra i fratelli, infatti, è possibile solo in riferimento al pensiero e ai
sentimenti di Cristo (cfr Fil 2,5) […] Solo Lui può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità».
Le divisioni nella Chiesa feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli
nel mondo. Il Santo Padre ha pregato per l’unità dei
cristiani insieme a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a
Sua Grazia David Moxon, rappresentante a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti
delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali. L’unità –
ha concluso Francesco – non verrà come un miracolo
alla fine: l’unità viene nel cammino, la fa lo Spirito
Santo nel cammino. «Se noi non camminiamo insieme, se noi non preghiamo gli uni per gli altri, se noi
non collaboriamo in tante cose che possiamo fare in
questo mondo per il Popolo di Dio, l’unità non verrà!
Essa si fa in questo cammino, in ogni passo, e non la
facciamo noi: la fa lo Spirito Santo, che vede la nostra
buona volontà». Preghiamo il Signore Gesù affinché
ci mantenga profondamente uniti a Lui, ci aiuti, con
la forza dello Spirito, a superare i nostri conflitti, le
nostre divisioni, i nostri egoismi.
La solidarietà è far spazio all’altro
Una cena per
una missione
DON CARLO IADICICCO
PIETRO SGUEGLIA
A fine gennaio, tutti gli anni, da più di
una decade, il gruppo Alas De Esperanza
e la onlus Pachacamak, organizzano una
cena di solidarietà per sostenere il progetto educativo “arenitas del mar-una
buona scuola per bambini poveri”, che vivono nelle periferie del mondo. Quest’anno si è ripetuta la stessa iniziativa e
230 persone hanno risposto all’invito
fatto dagli organizzatori. La maggior
parte di essi sono vecchi amici di Bellona
e Vitulazio, che anno dopo anno “chiove
ciocca o mena viento” imperterriti sono
presenti.
Anch’io ci sono andato: Ero l’invitato
d’onore, la sorpresa dell’evento che affettuosamente viene chiamato “cena di solidarietà per la missione di Don Carlo e sua
sorella Geri”. Appena arrivato con Don
Stefano ed alcuni amici di Casagiove,
vedo che la sala da pranzo è piena, e il
gruppo musicale Alas de esperanza già
allieta la riunione. Il maestro Marino Sorrentino con la quena comincia con un sofisticato brano Brasiliano: Meditacao,
soft, molto soft. Al suo fianco Michele,
mio fratello, con il bombo e la voce, Poi
Francesco, suo figlio, al Basso, Pietro,
mio nipote alla chitarra e voce, Fabio alle
percussioni, Pasquale al charango, e Roberto alla chitarra solista. Recito in ashaninka il grazie a Dio e si comincia a
mangiare. Cena sobria e saporita, modestamente siamo al ristorante Ebla di Triflisco.
Faccio il giro dei tavoli per dare il benvenuto e ringraziare gli amici di sempre.
Qualcuno esclama con finta innocenza
“Lo sposo, lo sposo. Don Cà dov’è la cravatta da tagliare”. Non capisco la fac-
cenda della cravatta, poi mi spiegano che
anticamente passava lo sposo per i tavoli
e tagliavano un pezzo della sua cravatta
dandogli un’offerta in denaro.
Guadagno l’angolo dove sono i musici di
Alas de esperanza, e con il diacono John
al Djembè, tamburo africano, ci esibiamo
in alcuni canti tribali amazzonici su ritmi
africani. Si stabilisce una sintonia perfetta
con i commensali.
Il linguaggio musicale è il più agevole
dei linguaggi per riconoscersi, comprendersi, e accettarsi, in altre parole per solidarizzare. Ci sono ragioni profonde che
manifestano il senso di aiutare gli altri più
in là dei propri guai personali e sociali,
l’episodio narrato dal Vangelo in cui una
povera vedova depone nella cassa per i
poveri gli ultimi spiccioli. Riunirsi attorno ad una tavola più o meno imbandita
diventa un’occasione gioiosa dove la cultura della solidarietà e condivisione si
manifestano. Pensate all’uso del banchetto nella tradizione neo-testamentaria.
Dalle nozze di Cana, in cui si rivela il
primo segno del Messia, la trasformazione dell’acqua in vino, passando per il
banchetto dell’annuncio del battesimo,
con Zaccheo, piccolo di statura, al banchetto per il ritorno del figliuol prodigo,
e il vitello grasso sacrificato per la gioia
del padre e la comprensione del fratello
maggiore incazzato, fino all’apice raggiunto nel banchetto eucaristico.
Si pratica la solidarietà quando riusciamo
a fare spazio all’altro nella nostra vita. La
cultura della solidarietà e condivisione si
alimenta in tempo di crisi, di povertà,
anche attraverso iniziative come queste
ed eccovi una bella citazione di Paul Ricoer: “c’è qualcosa di festivo nelle pratiche del dono”.
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ATTUALITA’
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
Bando del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo
Programma “500 giovani per la cultura”
Con il Decreto “Valore Cultura” per la formazione
ORSOLA TREPPICCIONE
Scade il 14 febbraio 2014 il
bando “500 Giovani per la cultura” che il Ministero dei Beni e
delle Attività Culturali e del Turismo, da cui l’acronimo MiBACT, ha lanciato a dicembre
del 2013. Il Programma è destinato a laureati under 35 e dispone l’avvio “di una procedura
concorsuale pubblica per la selezione di cinquecento giovani laureati da formare, per la durata di
dodici mesi, nelle attività di inventariazione e di digitalizzazione del patrimonio culturale
italiano presso gli istituti e i luoghi della cultura statali presenti
sul territorio nazionale”
(tratto dal Bando). Un
percorso formativo (in
Campania i posti disponibili sono 36), come lo ha
definito il ministro Bray,
aperto ai diploma di laurea in materie umanistiche
e tecniche, in particolare
lettere, filosofia, storia,
geografia, scienze politiche, beni culturali, architettura, sociologia, lingue,
marketing, relazioni pubbliche,
scienze dell’educazione, musicologia, archeologia, filologia, relazioni internazionali,
ingegneria, economia, informatica, turismo: “per questo le lauree richieste sono diverse, perché
non è un concorso pubblico ma
un bando diretto ad aprire le istituzioni culturali alla conoscenza
e alla formazione di giovani che
un domani potranno contribuire
in diversi settori alla tutela e
conservazione del nostro patrimonio”. Chi verrà selezionato
compirà uno stage di 600 ore annuali, riceverà una indennità di
frequenza pari a 5.000 euro lordi
annuali e, al termine dei corsi,
gli verrà rilasciato un attestato di
partecipazione. Il Programma
rientra nel decreto “Valore Cultura”. Nel dare notizia dell’iniziativa del Ministero,
permettendo a chi fosse interessato di parteciparvi, non possiamo però nasconderci che il
progetto non ha ricevuto una
buona accoglienza sin da subito.
Le critiche di molti, presentate
anche direttamente sul sito del
Ministero, sui requisiti di accesso al bando ritenuti troppo restrittivi, hanno indotto lo stesso
ministro a chiedere agli uffici
“del MiBACT di apportare delle
modifiche al suo testo, nell’ottica della maggiore apertura pos-
sibile”. Ma questo non ha impedito alle Associazioni di categoria di manifestare il loro
malessere nel vedere le loro
competenze sminuite. Da più
parti, infatti, si chiede non formazione ma “il riconoscimento
immediato delle professionalità
attraverso l’approvazione di una
proposta di legge che è già in
esame alla Camera da qualche
settimana, e un incremento del
personale attraverso bando di
concorso pubblico per i profili
tecnico-scientifici di cui il Ministero ha necessità”, ha dichiarato
Salvo Barrano che presiede l’Associazione Nazionale Archeologi. Come candidarsi: la
domanda di partecipazione
deve essere compilata e trasmessa in via telematica, a
pena di esclusione, entro il
14 febbraio 2014, ore 14,
utilizzando la specifica application disponibile sul
sito del ministero dei beni
culturali (www.beniculturali.it). Alla domanda di
partecipazione il candidato
dovrà allegare il curriculum
vitae.
ORSOLA TREPPICCIONE
La lettura fa l’uomo completo, scriveva il filosofo
inglese Francis Bacon
(1561-1626). I libri ci accompagnano, ci stimolano, ci commuovono, ci
fanno riflettere, ci divertono e ci fanno perfino arrabbiare.
Le
trame
abbracciano ogni genere fantasia, amore, mistery,
fantascienza, poliziescoimmergendosi anche nel
mondo reale: biografie di
personaggi storici, il racconto di epoche passate o
della Storia più recente,
inchieste giornalistiche
che narrano, approfondendole, le tante vicende
che hanno segnato il nostro Paese lungo gli anni.
Donano il piacere di conoscere e la possibilità di
vivere (almeno per la durata del libro) in altri
mondi, di fantasia o reali
che essi siano. Malgrado
ciò sembra che noi italiani
stiamo perdendo il pia-
Rapporto Istat sulla lettura di libri in Italia
Non è un paese
per libri
Diminuisce il piacere di leggere
cere di leggere. Lo rivela
il Rapporto Istat pubblicato alla fine del 2013. Il
Rapporto è categorico:
“rispetto al 2012, la quota
di lettori di libri (dai 6
anni in su) è scesa dal
46% al 43%”. Approfondendo i dati si evidenzia
che oltre 24 milioni di
persone “dichiarano di
aver letto, nei 12 mesi
precedenti l’intervista, almeno un libro per motivi
non strettamente scolastici o professionali. Arri-
vano al 46,6% coloro che
leggono non più di tre
libri in un anno e scendono, rispetto al 2012, i
cosidetti “lettori forti”
quelli che si dedicano alla
lettura ogni trenta giorni:
dal 14,5 per cento del
2012 al 13,9% dell’anno
appena trascorso. La fascia di età in cui si legge
di più è quella tra gli 11 e
i 14 anni (57,2%) ma “già
a partire dai 18 anni,
quando il livello di partecipazione scolastica tende
a diminuire, la quota di
lettori scende al di sotto
del 50%”. Si impara a
coltivare il valore della
lettura a scuola, ma anche
nell’ambiente familiare:
leggono libri il 75% dei
ragazzi tra i 6 e i 14 anni
con entrambi i genitori
lettori, contro il 35,4% di
quelli con genitori che
non leggono. Tuttavia non
tutte le famiglie sono
uguali: una su dieci ha dichiarato di non avere libri
in casa mentre il 64% ne
ha appena dieci nella libreria. La propenzione
alla lettura fotografa una
grande differenza fra gli
uomini e le donne. Sono
quest’ultime a detenere lo
scettro di chi legge almeno una volta nel corso
dell’anno, il 49,3% contro
il 36,4% della popolazione maschile. E la differenza di comportamento
fra i generi si evidenzia in
età scolare a partire dagli
11 anni. Negli anni “continuano ad essere più interessate alla lettura di libri
le persone con una laurea
(77,1% nel 2013 e 80,3%
nel 2012) ma in proporzione la diminuzione
della quota di lettori ha
interessato soprattutto
quelle con un diploma superiore, che passano dal
57,1% del 2012 al 53%
nel 2013”.
Tempo
di
Grazia
per lo
Spirito
SPECIALE
Inserto dell’ Anno 5 Numero 5
DUE PARROCCHIE
“CINQUANTENNI”
Tempo
di
Grazia
per lo
Spirito
1 Febbraio 2014
8
SPECIALE
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
13 GENNAIO 1964 -
Grande festa per i 50 anni della C
La parrocchia presentata dal parroco
PADRE GIOVANGIUSEPPE CECERE
Il 3 dicembre 1963 fu stipulata la “convenzione tra l’Ecc.mo Ordinario di Capua e il
M.R.P. Ministro Provinciale OFM di Napoli
per l’erezione del beneficio parrocchiale
nella Chiesa di S. Maria delle Grazie in S.
Maria C.V. da affidarsi in perpetuum et ad
nutum S. Sedis.”
Tale chiesa fu dichiarata parrocchia il 13
gennaio 1964 dall’Arcivecovo di Capua
Mons. Leonetti, che affidò “pieno jure” ai
Frati Minori nella persona del M.R.P. provinciale Emanuele Lombardi, la cura pastorale
della zona, che andava fortemente sviluppandosi attorno alla Chiesa e al convento
francescano. Il solenne rito del “possesso
canonico” (inizio Ministero Parrocchiale)
ebbe luogo il 15 febbraio 1964 con la partecipazione dell’Arcivecovo di Capua, del
Ministro Provinciale, del Sindaco della Città
e di numerosi fedeli.
Il territorio parrocchiale, allora facente parte
della parrocchia di Sant’Erasmo e di S.
Pietro, si estende a Nord- Ovest di S. Maria
C.V., ed è delimitato dall’ area dell’Anfiteatro, dalla piscina comunale, dal campo
sportivo. Tale zona in questi ultimi anni ha
conosciuto un forte sviluppo urbanistico. La
popolazione ha caratteristiche socio- culturali eterogenee. Nell’ambito della parrocchia
si trova presso l’ex Casa circondariale la Facoltà di lettere e filosofia “ Federico II”, e la
nuova sede della Facoltà di giurisprudenza
“Aulario”, il Consultorio Familiare Dioce-
sano e la sede dell’Unitalsi. Attualmente la
parrocchia conta circa 4500 abitanti, 1200
famiglie.
Il primo parroco fu P. Consiglio Borrelli, già
Guardiano della casa religiosa, nonché missionario in Brasile dal 1958 al 1962. Fu lui
ad adoperarsi affinché la chiesa fosse eretta
parrocchia. Pastore saggio e intelligente rese
attuali le norme e i documenti del Concilio
Ecumenico Vaticano II, che da poco si era
concluso, avvalendosi di validi predicatori e
promuovendo convegni catechistici, settimane liturgiche, corsi di formazione. Istituì il
gruppo dei ministranti. Ogni anno durante la
Quaresima organizzava gli esercizi spirituali
al popolo in preparazione alla Pasqua. Fondò
un giornalino “ la Madonna delle Grazie”,
quale mezzo di informazione e collegamento
tra i fedeli. Nell’ ottobre del 1976 a P. Consiglio subentrò, per un anno, il fratello P.
Reginaldo.
Nel 1977 viene nominato Guardiano e Parroco P. Ferdinando Cimmaruta, che proseguì
l’opera dei suoi predecessori dando incremento alle varie attività pastorali, visitò tutte
le famiglie della parrocchia per una
conoscenza personale dei parrocchiani. Coadiuvato dal consiglio pastorale parrocchiale
organizzò la ricorrenza del 25° di fondazione
della parrocchia, con una missione popolare.
Con il terremoto del 23 novembre 1980 e del
14 febbraio 1981, (durante la celebrazione
eucaristica), si dovette chiudere la chiesa al
culto e trasferirsi per le celebrazioni prima
nel salone della scuola materna e poi successivamente nel prefabbricato (ex palestra).
Il 4 giugno 1997 Fattuale chiesa venne riaperta al culto.
Nel 1998 a P. Ferdinando subentrò P.
Francesco Spisto, il quale venne sostituito
nel 1999 da P. Giuseppe Palmesano che
svolse tale ministero fino al 2007, anni in cui
si diede spazio a molte iniziative parrocchiali. Dal 2007 al 2013 è parroco P. Berardo
Buonanno, un sammaritano della stessa parrocchia facendo che facendo leva sulla sua
lunga esperienza parrocchiale dà vita a varie
attività: al giornalino parrocchiale “Notiziario Francescano”, promuove incontri
sulla Lectio Dantis, concerti per i giovani pianisti, scrive libri, incontra con la sua inseparabile bicicletta, tutte le persone della
parrocchia, non si nega a nessuno.
Dal Io settembre 2013 la parrocchia ha il suo
nuovo parroco, il settimo, nella persona di P.
Giovangiuseppe Cecere.
I laici francescani, (Ordine Francescano Secolare) da sempre sono presenti e operanti in
parrocchia. Gli “araldini” rappresentano un
futuro di speranza. Il gruppo di preghiera
della Divina Misericordia e di P. Pio sono
una presenza stabile, gli anziani del circolo
di bocce una presenza rassicurante.
Si rileva una buona presenza alle celebrazioni eucaristiche feriali, per le festive
Fattuale chiesa risulta piccola. Inoltre vi è
una assidua richiesta del Sacramento della riconciliazione e dell’ascolto. I ministranti e il
coro si prestano con grande dedizione. Diverse vocazioni sacerdotali e religiose sono
di questa parrocchia.
Mensilmente almeno 2 bambini ricevano il
Sacramento del Battesimo. Quest’anno
riceveranno la Prima Comunione 60 bambini, 20 ragazzi chiederanno di essere confermati nella fede. Inoltre ci sono circa 15
coppie che formeranno una nuova famiglia. I
ministri straordinari dell’Eucarestia sono solleciti nello stare vicino ai malati. Il settore
caritas dà sostegno a circa 160 famiglie indigenti della parrocchia e non solo, mentre
l’ambulatorio della Carità offre visite
mediche e medicinali agli extracomunitari.
E’ in cantiere una mensa per i poveri.
Tutti i laici offrono il loro servizio con competenza e dedizione, nello Spirito del Vangelo “ gratuitamente avete ricevuto
gratuitamente date.” Il Consiglio Pastorale è
formato da tutte le varie realtà parrocchiali e
collabora in comunione con i frati. Il Consiglio per gli Affari Economici è da istituire.
Il futuro è tutto un divenire.
SPECIALE
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
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- 13 GENNAIO 2014
omunità “Madonna delle Grazie”
Ne parliamo con il parroco, padre Giovangiuseppe Cecere...
MARIA BENEDETTO
All’alba di un nuovo giorno in cui l’eco
della festa si è spento, cosa è rimasto nel vostro cuore della Celebrazione che avete vissuto in comunione con l’Arcivescovo S.E.
Mons. Salvatore Visco e la comunità parrocchiale?
Diciamo che l’eco non si è spento ancora perché da adesso s’incomincia a mettere su tante
cose. Nei fedeli, nella gente comune - soprattutto nelle persone anziane - c’è il ricordo
dell’evento avvenuto cinquant’anni fa. Per
altri è una novità accolta con gioia; tant’è vero
che già si sono messi a disposizione per poter
mettere in atto qualche iniziativa. Con la celebrazione di ieri sera abbiamo aperto l’anno
giubilare; abbiamo 365 giorni per poter lavorare bene. L’eco della festa deve continuare
ancora.
L’Arcivescovo, durante l’omelia, ha domandato all’assemblea: “Che senso ha questa festa stasera?” E’ la stessa domanda che
io adesso rivolgo a voi.
E’ come quando festeggiamo il compleanno.
Che senso ha festeggiare un compleanno? Io
ho festeggiato il giorno prima i miei 44 anni…
quindi io e la parrocchia camminiamo insieme…Noi ricordiamo il nostro compleanno
soprattutto ringraziando il Signore per quello
che ci ha dato, per il dono della
vita. Io, in modo particolare,
faccio sempre gli auguri ai miei
genitori perché hanno avuto un
figlio. In quest’ottica io vedo
che in questi 50 anni il Vescovo
ha partorito un altro figlio e
un’altra comunità parrocchiale.
Anche per noi frati è stato un rivivere un momento iniziale: abbiamo fatto memoria di un
evento importante, di una data
significativa.
Il Vescovo ha puntualizzato
che non avrebbe avuto senso
una celebrazione dell’evento
se si pensasse solo al passato.
Importante, invece, è considerare la rievocazione come un
punto di partenza di tutto un
percorso che il Signore vorrà
far fare alla comunità parrocchiale. In che senso questo
momento celebrativo può essere considerato un punto di
partenza?
La giornata di lunedì è stato un
momento liturgico importantissimo, una data storica per la parrocchia. Sulla base di quello che
è stato fatto in questi 50 anni costruiremo il futuro. Nei prossimi
giorni incontrerò il Consiglio Pastorale per organizzare insieme l’anno giubilare. Ricordo
che 25 anni fa, il parroco, padre Ferdinando,
organizzò una missione popolare nelle famiglie. Lo faremo anche noi. Nei pochi mesi che
sono qui - con i confratelli - ho lavorato, come
Francesco d’Assisi, per riparare la chiesa per
poi, in primavera, passare a visitare le famiglie. Adesso ci stiamo dedicando soprattutto
agli ammalati.
Presentando la storia della Parrocchia
avete parlato di un progetto che vorreste a
breve realizzare, un progetto che vi sta
molto a cuore: la mensa per i poveri. Di
cosa si tratta?
Il convento si è sempre distinto per il servizio
della carità. Aiutiamo 160 famiglie della nostra Parrocchia e non solo. Cerchiamo di aiutare tutti. Da più di dieci anni c’è
l’ambulatorio della carità che offre visite mediche, anche specialistiche, e medicinali gratuiti agli extracomunitari. In passato c’è stato
anche un servizio docce per gli stranieri, oggi
sospeso. Adesso vorremmo costruire una
mensa per i poveri supportata da un centro di
ascolto perché tante persone non hanno bisogno solo del cibo o delle medicine. I nostri
conventi si sono sempre distinti per l’opera caritativa. Sarebbe paradossale che in una realtà
francescana non ci fosse uno spazio dedicato
ai poveri.
Sette sono stati i sacerdoti che si sono avvicendati nella guida di questa comunità parrocchiale, sette come i doni dello Spirito
Santo. In che modo, voi che siete il settimo
parroco di questa comunità, pensate di guidare con il vostro carisma i fedeli per la costruzione del Regno di Dio?
Mi auguro di essere illuminato - insieme ai
confratelli che sono qui con me - nel diffondere, secondo lo stile francescano, il messaggio del Regno dei cieli. La gente è contenta
quando si sente accolta, quando vede che c’è
sempre una presenza disponibile per un confronto, per un dialogo, per i sacramenti e
anche… per i documenti che talvolta servono.
Il tutto fatto in maniera semplice, senza pretese, nell’ascolto, nel dare il giusto tempo alle
persone. Il Signore con la sua grazia ci aiuterà
a diffondere, a Pentecoste, il fuoco dello Spirito Santo anche sugli altri fedeli. Il convento
è un luogo di aggregazione; è un luogo aperto
a tutte le persone che ne vogliono fare parte.
Noi frati, che ci siamo sempre distinti come
frati del popolo,andiamo per le case per annunciare che il convento e la Chiesa sono la
casa di tutti. Nel momento in cui riusciamo ad
avere uno spirito di accoglienza potremo
anche far partire la gioventù francescana,
come ci ha chiesto il Vescovo. I giovani hanno
bisogno di essere accolti, ascoltati e non giudicati.
Pensate che lo spirito del poverello di Assisi
possa aiutarvi ad essere un punto di riferimento per i giovani che oggi vivono in una
realtà disgregata a livello familiare e sociale? La comunità francescana saprà dare
una risposta alle ansie e le attese dei giovani
della comunità della Madonna delle Grazie?
Io ho notato che i giovani girano per la parrocchia ma non s’impegnano ancora perché vogliono vedere. A me sta bene che ci osservino,
in modo che già ci conoscono quando si vorrà
fare un discorso con loro, nella logica di non
imporre le cose. Tutto quello che faremo sarà
sempre una proposta per camminare insieme.
Noi come francescani abbiamo a nostro vantaggio il fatto che il Signore ci ha donato un
Papa che porta il nome di Francesco. I giovani
amano il Papa e questo fatto li fa avvicinare a
noi francescani. San Francesco è anche il
santo più amato dagli italiani per il suo carisma di essere giovane. Ha vissuto un’adolescenza non facile, è stato ribelle…quando ha
incontrato il Vangelo ha iniziato a fare sul
serio. Radicalità, serietà, spirito di preghiera:
questo è quello che i giovani cercano. Quando
incontrano delle persone vere, fanno delle domande vere e seguono realmente il Signore.
Capiscono che è passato il momento del gioco
perché è arrivato il momento di fare sul serio.
Allora, secondo gli insegnamenti di Papa
Francesco, siete disposto a “sporcarvi le
mani”?
Le mani già sono sporche…e continueranno a
sporcarsi. Siamo un po’ come i genitori che
hanno i bimbi piccoli e bisogna lavarli in continuazione. Questo è il nostro compito. Pulire
gli altri e sporcarci noi. Come dice Papa Francesco, il parroco deve sentire l’odore delle pecore. E l’odore delle pecore lo senti solo se
vivi con loro. Non esiste pastore senza pecore
così come non esiste gregge senza pastore.
Concludendo, una parola sull’anno giubilare che vi attende?
La parrocchia se li porta bene i suoi cinquant’anni… In questi giorni insieme al Consiglio
Pastorale organizzeremo varie iniziative, non
solo per quest’anno. Cinquant’anni è una bella
tappa ma non un punto di arrivo. E’ un punto
di partenza per rilanciare altri cinquant’anni.
Chi ci sarà, vedrà. Il futuro è nelle mani di
Dio. Vedremo cosa il Signore ci ispirerà.
Vi auguriamo allora che possiate vivere con
intensità altri cinquant’anni insieme alla
vostra comunità parrocchiale e godere
dell’Evangelii gaudium, parafrasando il titolo dell’ultima Enciclica pontificia. Ci rivedremo per conoscere le iniziative che il
Consiglio pastorale progetterà per vivere al
meglio l’anno giubilare?
Certamente! Ci auguriamo di vivere l’anno
giubilare nella grazia di Dio con tutte le attività che riusciremo ad organizzare. Auguro a
tutti voi una santa giornata.
10 SPECIALE
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
13 GENNAIO 1964 -
50 anni della Parrocchia
Mons. Visco visita “San Paolo Apostolo”
ILARIA PEPE
Lo scorso 25 Gennaio alle ore 18:30, in occasione della Conversione dell’Apostolo
Paolo, Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Salvatore Visco, Arcivescovo di
Capua, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica presso la Parrocchia San
Paolo Apostolo, in Santa Maria Capua Vetere, la quale vive quest’anno il 50° anniversario di istituzione. E’ stata questa
l’occasione, per il nostro Pastore, di conoscere la comunità parrocchiale di San Paolo
Apostolo, essendovi per la prima volta in visita ufficiale. Al termine della celebrazione,
il parroco Mons. Pietro Piccirillo ha rivolto il
suo personale messaggio di benvenuto a
Mons. Visco, a nome della comunità tutta,
enunciando la storia istituzionale della Parrocchia, il processo evolutivo da questa vissuto nel corso degli anni, le varie attività di
ordine religioso, culturale, sociale e ricreativo legate alla ricorrenza del 50° anniversario, che scandiranno l’Anno Pastorale in
corso. Poco dopo, nel corso della serata, si è
svolto un incontro nel quale Sua Eccellenza
ha avuto modo di prendere visione delle differenti realtà operanti all’interno della parrocchia, quali l’Oratorio, la scuola calcio, il
gruppo teatrale, il coro dei bambini e quello
dei giovani e adulti, il gruppo dei giovani
ministranti, il laboratorio di attività artigianali, il gruppo degli animatori. Tale presentazione ha avuto luogo con l’ausilio di un
photoreportage multimediale, mediante il
quale è stato mostrato il pieno svolgimento
delle suddette attività aventi luogo nell’am-
bito parrocchiale, dall’iniziativa della “colazione paradisiaca” organizzata dai giovani
animatori per sovvenzionare le attività
dell’Oratorio, alla Sagra Rionale che si
svolge in occasione della festa di S. Francesco d’Assisi, dal Mercatino della Solidarietà
realizzato dalla Commissione Caritas nei
tempi d’Avvento e di Quaresima, al Laboratorio di Attività Artigianali ed ancora ai momenti ludici e ricreativi organizzati
periodicamente dal gruppo degli animatori.
E se è vero che ogni “compleanno” è una
data di bilanci, questo 50°anniversario si
presenta come un piccolo sunto di una storia
tutta ancora da scrivere certo, ma seguendo
sempre il solco tracciato dalla penna del Signore, come faro che mostra ai viandanti la
retta via.
Intervista a Mons. Pietro Piccirillo
MARIA BENEDETTO
Che cosa della Celebrazione del
25 gennaio vi resterà per sempre nel cuore?
Al di là dell’importanza della
prima visita dell’Arcivescovo alla
nostra parrocchia, la celebrazione
del 25 ha rappresentato un importante, evento che ci ha fatto riflettere sul cammino fatto, facendo
un bilancio dei 50 anni trascorsi,
e ci ha spalancato lo sguardo sul
futuro, sul cammino ancora da
compiere sotto la guida della
Parola del Signore. E stata una occasione preziosa per lodare e
ringraziare il Signore per gli innumerevoli doni, che ha elargito alla
nostra comunità in tutti questi
anni.
Avete detto che la celebrazione
dei suoi 50 anni impegnerà la
comunità parrocchiale in attività di ordine religioso per un
intero anno pastorale. Ce ne volete riferire almeno una?
Credo che la celebrazione più importante, dopo quella del 25 gennaio, sarà quella del 29 giugno,
perché verrà a coincidere con la
conclusione dell’Anno Pastorale e
sarà l’occasione per inaugurare le
attività estive. Quasi a scadenza
mensile avremo incontri con Padri
religiosi che ci porteranno a riflettere sulla realtà parrocchiale come
comunità e famiglia di Dio
E a livello culturale quale iniziativa intendete mettere in atto?
L’attività culturale principale sarà
quella dell’arte teatrale intesa non
solo come momento di svago e di
aggregazione, ma come mezzo
per trasmettere un messaggio di
vita perché tutto è fatto alla luce e
alla scuola del vangelo. Ci fermeremo con un convegno parrocchiale di due giorni a riflettere
sulla responsabilità dell’educazione cristiana della famiglia
alla luce dell’insegnamento di
Giovanni Paolo II, Benedetto
XVI, Papa Francesco e le indicazioni pastorali della CEI.
Senz’altro non trascurerete
l’aspetto sociale e ricreativo. In
che modo concreto pensate di
valorizzare questo ambito della
vita parrocchiale?
Le principali attività sociali e ricreative sono: mercatino della solidarietà - sagra rionale —
colazione festiva organizzata dai
giovani — campi scuola estivi —
pellegrinaggi — attività sportiva
con ragazzi e giovani
Nell’omelia l’Arcivescovo ha ribadito il concetto che ogni comunità parrocchiale per essere
segno del Cristo risorto dev’essere connotata dal “carisma dell’unità”? Come riuscite a far sì
che fra i parrocchiani – così
come dice San Paolo – non vi
siano divisioni?
E’ molto difficile superare le divisioni e le separazioni all’interno
di una comunità. La soluzione
non è di tipo strategico, ma spirituale. Si superano le divisioni solo
se ci stringiamo intorno a Cristo
Gesù.
Recentemente
Papa
Francesco ha affermato la necessità di passare dal conflitto alla
comunione nella reciprocità.
Anche in un contesto di divisione
occorre riconoscere, accogliere e
valorizzare 1 doni degli altri. Riconoscere i doni degli altri, anche
di coloro con i quali si è in conflitto, significa prima di tutto riconoscere l’opera di Chi quei doni
ha elargito, cioè Dio stesso. Riconoscere i doni gli uni degli altri
significa per noi, oggi innanzitutto, riconoscere i doni della
grazia elargiti con generosità all’intero popolo di Dio, pur nelle
sue diversità. Non ci sarà mai
unità in una comunità parrocchiale se non ci si apre all’accoglienza e se non si entra nella
comunità con umiltà.
Ogni sacerdote fa con la sua comunità il suo percorso di crescita. In che modo la comunità
vi ha aiutato ad essere un uomo
migliore e un sacerdote migliore?
Con la sofferenza, accogliendo
con spirito di sacrificio le difficoltà di ogni giorno, cogliendo
nell’altro il buono che certamente
c’è e mettendo al servizio dell’altro quel poco che per grazia è nel
sacerdote in forza dell’ordine
sacro e della formazione ricevuta
in seminario dove per anni ci
hanno fatto vedere il sacerdozio
non come un prestigio sociale ma
come un servizio a Dio da offrire
ai fratelli. Nell’incontro quotidiano se ci apriamo all’altro, ognuno di noi trova per migliorare la
propria persona e cerca in sé il
bene da offrire al fratello.
Avete detto che vi augurate che
al vostra parrocchia possa diventare “la fontana del villaggio
cui tutti ricorrono per la propria sete”. Qual è, secondo voi,
la “sete” che maggiormente avvertono i fedeli di questa comunità parrocchiale?
Alla fonte si va ogni giorno per attingere acqua, perché l’uomo ogni
giorno sente sete e avverte il
bisogno di dissetarsi. Alla parrocchia si va, o come uomo di fede,
o come uomo in cerca di Dio.
L’uomo di fede cerca la consolazione dello spmto e la parrocchia può offrire quest’acqua che
disseta attraverso i sacramenti e la
scuola della parola. A chi è in
cerca di Dio la parrocchia offre un
messaggio di verità che liberamente l’uomo intelligente può
cogliere e far proprio e in esso
trovare la serenità e pace anche
nella bufera della vita.
SPECIALE 11
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
- 13 GENNAIO 2014
a “San Paolo Apostolo”
Memoria di anni di storia
MONS. PIETRO PICCIRILLO
Eccellenza Reverendissima, è con
gioia e senso di responsabilità che
oggi a nome mio e dell’intera assemblea presente, nonché dell’intera
comunità parrocchiale vi accogliamo, vi diamo il primo benvenuto fra noi e vi auguriamo un
proficuo lavoro pastorale nella nostra Chiesa capuana. Con l’entusiasmo del neofita e con l’esperienza
e la maturità di chi ha camminato
per cinquant’anni e ha fatto la storia
di un intero Rione, la nostra Comunità Parrocchiale dà inizio alle celebrazioni dei suoi primi
cinquant’anni e che ci vedranno impegnati per un intero Anno Pastorale
con varie attività di ordine religioso,
La Celebrazione di sabato è
stata un voler fare memoria del
passato. E il futuro? In quale
prospettiva lo immaginate?
Il nostro futuro, che sogniamo
nuovo per impegni e frutto, è
nelle mani di Dio. Da parte della
comunità tutta, certamente, non
mancherà entusiasmo e impegno
per far si che ogni desiderio possa
diventare conquista e realtà. Il
contesto sociale è cambiato. C’è
una profonda crisi di fede. Il futuro sarà più difficile, ma non per
questo meno bello. Lo sforzo
della semina porterà abbondanti
frutti di vita buona.
Il vostro progetto di Parrocchia
– così come voi stesso avete
puntualizzato - è quello della
famiglia in cui ognuno possa
mettere a frutto i propri talenti
per la costruzione di un mondo
migliore. Qual è la difficoltà
maggiore che incontrate nel
portare avanti questo vostro disegno pastorale?
Bisogna puntare sulla famiglia,
“chiesa domestica”. Occorre ripartire dalla famiglia, perché è in
seno alla comunione familiare
che i ragazzi possono apprendere
l’alfabeto della fede. Purtroppo la
famiglia non trasmette più la fede.
Ecco perché essa rappresenta una
priorità pastorale. E questo non
solo a livello parrocchiale, ma
anche a livello di chiesa locale.
culturale, sociale, ricreativo. La nostra Parrocchia è nata con Bolla Arcivescovile n. 132 di S. Ecc. Mons.
Tommaso Leonetti, Arcivescovo di
Capua, il 13 gennaio 1964 con il
titolo di “S. Simmaco Vescovo”,
legalmente riconosciuta dall’autorità
civile il 18 marzo 1964. Il 15 settembre 1986 con Decreto Arcivescovile, Mons. Luigi Diligenza,
Arcivescovo di Capua, cambiava il
titolo in “S. Paolo Apostolo”. Questi
cinquant’anni sono stati segnati da
tantissimi avvenimenti che la
memoria storica certamente metterà
in evidenza e che nessuno potrà mai
cancellare. Il popolo di Dio che
abita il quartiere che fa capo a San
Paolo Apostolo raggiunge poco più
di tremila persone. All’origine la
Per esperienza diciamo che per
quanto possa risultare facile incontrare e dialogare con i ragazzi
e i giovani, tanto più è difficile incontrare e dialogare con gli adulti,
anche se genitori. Con facilità,
oggi, quasi per opportunismo, i
ragazzi vengono mandati in parrocchia, difficilmente e con mille
scuse vengono accompagnati.
Oggi ci accontentiamo di questo
speriamo in tempi migliori!!!
E’ stato un caso o una scelta mirata l’aver fatto coincidere la
Celebrazione dei 50 anni della
Comunità con la festa liturgica
della conversione dell’apostolo
Paolo?
Il decreto di istituzione porta la
data 13gennaio 1964. Abbiamo
posticipato solo di qualche giorno
la celebrazione approfittando
della festa liturgica della conversione di San Paolo dal momento
che la nostra Parrocchia è l’unica
in Diocesi ad essere intitolata
all’Apostolo delle Genti, facendo
coincidere così anche la prima
venuta del nuovo Arcivescovo
della Diocesi alla nostra comunità
parrocchiale. Un incontro atteso,
preparato e ben riuscito.
Parrocchia ha incontrato non poche
difficoltà ad inserirsi nel tessuto
umano, poiché nelle persone, che
frequentavano il Duomo e S.
Erasmo, vi era molta diffidenza
verso l’uomo di Chiesa, verso il Parroco che, con fatica e tempo, è riuscito a farsi accettare, stabilendo
rapporti che vanno dal buon vicinato all’amicizia. Quando la Parrocchia sorse, la sua connotazione
sociale era prettamente agricolo-rurale, con un indice molto basso di
scolarizzazione. Col passare del
tempo, le nuove generazioni sono
diventate sempre più acculturate e
oggi un buon numero di professionisti è uscito da rione che gravita intorno alla Parrocchia, unitamente a
impiegati nel terziario e nelle forze
armate. Il nostro popolo di Dio è
particolarmente attento alle problematiche religiose, alla solidarietà,
ai problemi culturali. La nostra Parrocchia è una comunità viva. La
santificazione del giorno del Signore, dimensione centrale della vita
cristiana e momento in cui il messaggio evangelico si innesta tangibilmente nel quotidiano, facendosi
invito, annuncio, proposta, impegno, speranza, vede una buona
partecipazione che, tuttavia, deve
essere migliorata con una maggiore
presa di coscienza dell’importanza
della domenica. Nella nostra Comunità, grande attenzione viene posta
al momento celebrativo del Mistero
Pasquale, scandito dal memoriale
dell’Anno Liturgico, con al centro il
giorno del Signore. Compito della
nostra azione pastorale è il costante
impegno a far emergere la domenica
come segno che si imponga all’attenzione dei battezzati e anche dei
non praticanti, giorno che riassume
il passato e annuncia il futuro rendendolo, in qualche modo, già presente. Oltre al cammino catechetico,
per la preparazione ai Sacramenti
(Battesimo, Prima Comunione,
Confermazione e Matrimonio), la
nostra Parrocchia ha un fermento di
iniziative, di vita, di lavoro che
coinvolge persone di tutte le età:
l’Oratorio, l’attività sportiva, il
gruppo teatrale, il Coro dei bambini
e quello dei giovani e adulti, il
gruppo dei giovani ministranti, il
comitato per la sagra rionale che si
svolge in occasione della festa di S.
Francesco d’Assisi, la Commissione
Caritas che organizza il “mercatino
della Solidarietà”, il laboratorio di
attività artigianali, il Gruppo degli
Animatori, i quali, nella loro gio-
vane età, si impegnano a vivere e far
vivere la freschezza del Vangelo
come messaggio di vita, per
crescere e maturare alla scuola di
Gesù, Maestro e Signore. Mi fa piacere notare questa sera e dirlo ad
alta voce come catechisti e animatori tutti sono persone con esperienza e titoli e che riescono a
coinvolgere ragazzi e giovani che
con assiduità ed entusiasmo partecipano a tutti gli incontri programmati. Questo in sintesi il volto della
nostra Comunità per la quale chiediamo il conforto, la benedizione e le
indicazioni della parola del
Vescovo. Che dire ancora? Che il lavoro davanti a noi è tanto, nessuno
può dirsi disoccupato in una comunità cristiana impegnata a spargere
ovunque e con l’apporto di tutti, il
seme della Parola e l’acqua della
speranza. A tutti noi un augurio: che
la nostra Parrocchia possa veramente diventare “la fontana del villaggio, cui tutti ricorrono per la
propria sete”. Nelle prime righe
della lettera sulla parrocchia, don
Mazzolari dice: “Dalla parrocchia
la Chiesa fa casa con l’uomo”,
dove l’espressione ‘fa casa’ anche
nel linguaggio comune è un’espressione che viene utilizzata in riferimento alla famiglia (la casa fa
riferimento alla famiglia). E ‘far
casa insieme’ è l’espressione che
dice una familiarità, una consuetudine, un’intimità: la parrocchia,
dunque, si configura come il luogo
di familiarità, di intimità, di consuetudine di Dio con l’uomo. La nostra
Parrocchia possa diventare ogni
giorno di più il luogo in cui è più
forte questo diventare famigliare di
Dio con l’uomo, nella dimensione
della Chiesa. Termino con una
parola di buon augurio per voi e per
noi tutti. Possa essere l’incontro di
questa sera la prima parola di un dialogo e di una collaborazione vera,
sincera, generosa, ancorata solo alla
Parola di Cristo: Via, Verità e Vita;
una Verità non relativistica, legata al
momento e all’interesse, ma quella
Verità che ci fa guardare negli occhi
senza ombre e diffidenza, quella Via
che è quella tracciata da Cristo: “Vi
ho dato l’esempio perché facciate
anche voi come ho fatto io”. Tutto
questo per la conquista di quella
Vita che inizia dopo la morte e che
ognuno di noi è impegnato a
preparare nel tempo con la risposta
quotidiana al Signore che ci chiama
a servirlo nella sua Vigna. Ed ora ci
affidiamo alla vostra preghiera.
12 VITA CONSACRATA
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
Il ruolo di genitori cristiani e di educatori dei figli secondo la Fede
Catechesi per i genitori
TERESA IANNOTTA
E’ oramai il terzo anno
che presso la scuola Regina Carmeli si svolgono
degli incontri di “catechesi per i genitori” diretti dal nostro parroco
Mons Don Elpidio Lillo.
L’appuntamento è di una
volta al mese e sta riscuotendo enorme successo
vista la partecipazione
sempre più assidua dei
genitori della scuola. Il
merito va, senza dubbio,
alla nostra guida spirituale, Don Elpidio che, ad
ogni appuntamento, attraverso parole semplici,
contornate da battute ed
espressioni dialettali, alimenta sempre più il nostro interesse all’ascolto.
Gli incontri sono incentrati, principalmente, sul
nostro Nella mia esperienza di genitore riconosco l’enorme difficoltà
che si incontra nello svolgere tale compito: è, infatti, davvero arduo
educare i figli ed è ancor
più impegnativo educarli
nella FEDE. Si sa, noi genitori siamo i primi responsabili
Le fatidiche iscrizioni.
Optare per il meglio
L’autenticità di un’offerta formativa
SUOR MIRIAM BO
Sfogliando e leggendo lo
scorso numero di Kairòs
News fui attratta dall’articolo “Cosa farò da
grande. Il difficile momento della scelta” di Assunta e Piero Scialdone,
essendo una consacrata e
quindi attenta alle scelte e
al progetto di vita di ogni
persona, essendo insegnante dunque interessata
a tutto ciò che comporta la
crescita formativa di ogni
discente. Fui colpita dalla
citazione della canzone di
Gino Paoli: “Mio figlio ha
cinque anni e cinque convinzioni, facendo bene i
conti ne ha cinque più di
me!”.
È tempo di iscrizioni e capisco quanto sia difficile
per un genitore che deve
scegliere la scuola per i
propri figli. Vorrebbe optare per il meglio e oggi
giorno, in cui la scelta non
è solo non obbligata, ma
si impone doverosa, è
maggiormente difficile
tanto più che il panorama
scolastico territoriale è
plurimo e in esso le scuole
pubbliche e private paritarie si presentano con le
loro offerte formative.
La cosa certa è che le
Suore con i loro Istituti si
inseriscono in questa molteplicità di offerte e ancora
più
certa
è
l’autenticità di un’offerta
che non è pubblicità per
ottenere le fatidiche iscrizioni, ma si tratta di una
offerta che nasce dall’unico profondo e vero
desiderio di trasmettere
agli altri, in modo particolare ai piccoli, lo spirito
del proprio carisma, un
carisma che si fonda innanzitutto sull’amore di
Dio e sulla cura di ciò e di
coloro che Lui, per una
chiamata di predilezione,
affida ad una Comunità
Religiosa.
In questo tempo di scelte,
dunque, e in questa società in cui soprattutto la
famiglia si trova a svolgere il difficile compito
dell’educazione e a vivere
la sua stessa identità, si
impone non solo come
necessario, ma come realtà imprescindibile, una
scuola che si metta a servizio della persona e della
sua famiglia offrendo
tutto quanto può contribuire alla loro crescita. È
in tale linea che vi presentiamo l’esperienza di un
genitore nella Scuola Regina Carmeli di S. Maria
C.V.
dell’educazione dei nostri
figli; in tale compito possiamo essere coadiuvati
dai parenti, dalla scuola,
dalla parrocchia, ma rimaniamo sempre i primi
artefici della loro formazione morale, spirituale e
sociale.
Nel nostro compito educativo, noi genitori ci preoccupiamo spesso che i
nostri ragazzi siano bravi,
che vadano bene a scuola,
che sappiano stare con gli
altri, che siano capaci di
costruire delle buone
amicizie. Si tratta, senza
dubbio, di aspetti umani
di fondamentale importanza e da coltivare con
impegno.
Ma il nostro compito
non può e non deve limitarsi a questo: non
possiamo dimenticarci
di educare i nostri figli
alla fede o pensare che
essa sia soltanto un optional di cui si può fare
a meno.
Ed è per tale motivo
che, durante i tre incontri di quest’anno, Don
Elpidio ha più volte richiamato l’attenzione al
Battesimo con il quale
abbiamo chiesto la
Fede per i nostri figli,
impegnandoci ad educarli secondo i canoni
della Chiesa Cattolica.
Educare i propri figli
nella fede non è soltanto
insegnare loro a recitare
le preghiere o a sapere i
comandamenti.
Si tratta di qualcosa di
più interiore che coinvolge l’anima dei nostri
ragazzi: quello che ha voluto comunicarci Don Elpidio, secondo me, è che
educare i nostri figli alla
fede vuol dire trasmettere
loro la testimonianza del
volersi bene nel Signore,
nell’amarsi con carità,
nell’obbedienza reciproca, dandosi fiducia
l’un l’altro, manifestandosi stima.
Un figlio che cresce in un
sano ambiente affettivo,
si apre fiducioso alla vita,
agli altri ed a Dio: in una
parola impara la fede. Infatti, la fede non è sem-
plicemente un contenuto,
ma è principalmente una
relazione, un legame
amoroso con Dio Padre.
Essa nasce, si sviluppa e
si impara dentro alle relazioni affettive tra genitori
e figli. La fede stessa di
Gesù non era fatta tanto
di contenuti, ma era alimentata da una relazione
profonda di fiducia e di
abbandono al Padre. La
difficoltà che incontriamo
nell’educare secondo tale
relazione nasce dal contesto culturale in cui viviamo laddove ci
vengono prospettati modelli sempre più discostati dagli esempi biblici.
Durante gli incontri è
pure emerso che siamo
sempre più abituati alla
logica del “tutto e subito”
e siamo sempre meno avvezzi al sacrificio e all’obbedienza.
Ci siamo soffermati,
quindi, sull’importanza
del focolaio domestico,
luogo principe dove si
impara il perdono, il rispetto, la fedeltà, il servizio disinteressato agli
altri, l’abnegazione, la
padronanza di sé,
l’amore.
Sono tanti gli argomenti
che mi hanno colpita durante gli incontri, ma dovendo scegliere metto al
primo posto quello durante il quale il parroco
ha chiesto, proprio a noi
mamme, di meditare
sull’Amore che siamo
chiamate a donare ai nostri figli. Ma amare richiede sacrificio,
dedizione, condivisione e
soprattutto tempo: le
mamme di oggi prese da
tanti impegni, anche di
natura lavorativa, trascorrono sempre meno tempo
con i propri figli.
I ritmi sempre più frenetici delle nostre giornate
ci portano ad instaurare
relazioni sempre più superficiali con i nostri ragazzi e, di conseguenza,
anche con chi vive al di
fuori dal nucleo familiare.
Dunque, pur essendo
così difficile vivere da
famiglie cristiane,
siamo chiamati a trasmettere ai nostri figli
un messaggio positivo,
abbiamo il compito ed
il dovere di predisporre
un terreno fertile nei
cuori dei nostri ragazzi,
di buttare le fondamenta
per l’accoglienza del
Dio che si è fatto uomo
per la nostra salvezza.
Questo è un processo
che comporta prove ed
errori, spesso attraverso
l’esperienza della sofferenza e riconoscendo
con franchezza, davanti
ai nostri figli, le nostre
mancanze. Infatti, con il
buon esempio, chiedendo
prima noi scusa per i nostri errori, li guideremo, li
correggeremo e ne trarremo vantaggio.
Un altro argomento di
grande interesse è stato
quello di non limitarci ad
essere da guida e luce per
i nostri figli, ma di esserlo anche per gli altri.
Come fecero i pastori che
divulgarono “quello che
era stato loro detto di
quel bambino” e come
loro anche noi torneremo
rinforzati ed edificati
nella fede: “E i pastori
tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per
tutto quello che avevano
udito e visto, come era
stato loro annunziato”.
VITULAZIO 13
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
DOMENICO CUCCARI
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, così scriveva
Primo Levi, lo scrittore
ebreo del famoso libro
“Se questo è un uomo”, a
proposito della “Shoah”,
la tragedia del popolo
ebraico durante il Secondo conflitto mondiale.
Un crimine immane che
dovrebbe ancora insanguinare le nostre coscienze latitanti o torpide:
forse occorre ricordare
per destale che sono stati
milioni di “semiti” ad essere annientati in tutta
Europa, di cui un milione
e mezzo solo di bambini!
Non sempre è chiaro, poi,
che lo sterminio ha riguardato anche cittadini a
tutti gli effetti italiani ma
di origine ebraica, cioè
nostri connazionali. L’orrore ci dovrebbe pervadere e interrogare le
nostre claudicanti certezze. Con questi propositi don Pasquale ha
voluto celebrare la Giornata della Memoria, (continuando una tradizione
cominciata con don Pietro) scegliendo per l’occasione il film “La
settima stanza” (presentato alla mostra di Vene-
zia nel 1995): è la storia
di Edith Stein, una martire dei lager nazisti che,
nel 1998, è stata canonizzata (Santa Teresa Benedetta della Croce) da
Giovanni Paolo II. Edith,
ebrea, di stirpe tedesca,
discepola di Edmund
Husserl, diventa filosofa
di fama internazionale:
vivere, dice, è cercare la
verità che ha due fonti,
la filosofia (con la mente)
e la fede (con l’intuizione). Si converte al
cattolicesimo grazie alle
letture di Santa Teresa
d’Avila e si fa battezzare
con il nome di Teresa, entrando in conflitto aperto
con sua madre e i suoi familiari. Viene accusata di
tradire la sua religione e
abbandonare gli Ebrei nel
momento in cui cominciano le persecuzioni naziste. La stessa Edith è
sospesa dall’insegnamento perché entrano in
vigore le famigerate
leggi razziali volute da
Hitler. Incurante degli inviti a lasciare la Germania, resta in patria e
decide di prendere i voti
ed entrare nel convento
delle Carmelitane di Colonia, dove assume il
nome di Suor Teresa Benedetta della Croce intra-
Il film su Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce)
per la Giornata della Memoria
La settima stanza
prendendo il percorso di
ascesa spirituale verso
Dio, “le sette stanze”, di
cui Santa Teresa d’Avila
aveva parlato nella sua
opera “Il castello interiore”. Il suo noviziato è
anch’esso ostico, fatto di
tante rinunce e in cui
viene destinata ad attività le più umili, per
giunta lontana dai suoi
amati studi, perché,
come le ripete la Madre,
il convento non è un rifugio ma è il luogo del sacrificio della vita a Dio.
Edith è tenace e resiste,
pur tra mille difficoltà e
incomprensioni, e alla
fine farà sua questa esortazione A seguito della
terribile “Notte dei cristalli” del 1938, Edith e
sua sorella Rosa, anche
lei diventata suora, vengono inviate ad altro convento delle carmelitane in
Olanda per loro protezione. Ma l’invasione nazista arriva anche nei
Paesi Bassi: vengono pre-
levate dalla Gestapo e deportate nel campo di sterminio di Auschwitz –
Birkenau. A Suor Teresa
viene in visione la madre
alla quale si abbraccia e
alla quale chiede conforto: “Madre, ho paura”,
sussurra mentre sta per
giungere il momento del
supplizio. Così si avvia
alla camera a gas. Così
nell’estremo martirio
può unirsi alla Croce di
Cristo: “la settima
stanza” appunto. Film intenso ed emozionante,
non molto noto, che lascia forti tracce nel
cuore: appare incredibile,
umanamente, la storia di
Edith capace di testimoniare il Risorto anche
nei luoghi del più folle
orrore, laddove è stata annullata la dignità umana.
La fede, allora, può tutto
e l’Amore vince sempre,
come era solita dire.
Certo sono anche immagini di quella crudeltà
atroce che chiama in
causa l’insensatezza
dell’uomo. Ricordare la
“Shoah” vuol dire tenere
sempre a mente il “mysterium iniquitatis”. Abbassiamo allora il capo e
meditiamo.
Terra, aria ed acqua
Come uscire dalla terra dei fuochi?
PIERO DEL BENE
Si è tenuto sabato 25 febbraio nel
salone auditorium Giovanni
Paolo II la conferenza Terra, Aria
ed Acqua, nella Terra dei fuochi,
organizzata dall’associazione artistico-culturale Blimunda, nell’ambito dell’iniziativa “cittadini
attivi di Vitulazio”. Nelle intenzioni dei promotori c’era l’intento di cercare risposte per i
cittadini, cioè “per chi vive in
questa terra e vuole continuare a
viverci”. La conferenza si proponeva anche l’ambizioso obiettivo
di, dato per assodato che qualche
pericolo esiste, raccogliere le
mappature dei siti a rischio, elencare le sostanze nocive, i loro rischi per la salute e gli strumenti
(insieme ai costi) per analizzare
il territorio. Numerosi gli interventi previsti. Hanno preso la pa-
rola, infatti, le senatrici Vilma
Moronese e Paola Nugnez (Parlamentari del Movimento 5
stelle), l’oncologo Rivezzi, il
geologo Mariano Peluso, l’ing.
Pasquale Donadio, il dottor Gragnano dell’Università Federico II
di Napoli. La Moronese ha iniziato ricordando la distinzione
della cittadinanza in tre grossi
gruppi: i semplici cittadini, i cittadini formati ed i cittadini parlamentari. Si è quindi compiaciuta
del fatto che in questa conferenza
fossero presenti i tre gruppi. Ad
essi ha ricordato essenzialmente
due cose: la Terra dei Fuochi non
può essere un problema locale
ma nazionale e che la Politica sapeva ma non si è mai mossa.
Sulla stessa linea la Nugnes, secondo la quale tutti sapevano (in
Parlamento) già dal 1997. «Mi
meraviglio che ci si meravigli,
ora!» ha esclamato quando ha argomentato che in realtà quella
pratica faceva comodo a tutti a
causa dell’abbattimento dei costi
di oltre l’80%. Secondo lei, inoltre, ci sono molti problemi perché
manca
un
serio
coordinamento: «La mano destra
non sa quello che fa la sinistra».
Su questo tema ha insistito anche
l’oncologo Rivezzi secondo il
quale, molti dati sono disponibili
non vengono valutati con la falsa
scusa che tutte queste persone
che sfilano creano solo caos. «Il
caos è tutto quello che c’è dietro
e non i cittadini o i parroci che
sfilano», così ha chiosato invitando i cittadini alla responsabilità. Il tempo di dare conto del
progetto “Pandora” raccontato da
Paola Dama un “cervello napole-
tano in fuga” in Ohio (USA) e
che ha un suo interesse. Parzialmente in controtendenza è andato, infine, il dottor Gragnano
che in qualità di agronomo ha affermato che la qualità del nostro
territorio non è peggiore di altri e
che la qualità dei “nostri” prodotti resta alta come risulta dai
controlli delle aziende della distribuzione che continuano a confermare la loro affezione ai
prodotti campani contrariamente
a quanto si dice. Dietro le quinte,
lo stesso agronomo ha persino
ipotizzato che forse qualcuno
abbia interesse a screditare le
terre locali allo scopo di accaparrarsele a prezzo ridotto per poi
utilizzarle per ciò che meglio
fanno: produrre prodotti di qualità.
14 ARTE E TEOLOGIA
“Tό καλòυ κατέχετε”
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
FOTO 3 Manoscritto siro – miniato, 1457 :
Fate risuonare la bellezza di Dio
Il presepe nell’arte e nella storia
Commento iconografico – iconologico
DON FRANCESCO DUONNOLO
FOTO 1 : Giotto, 1303 Affresco, Cappella
degli Scrovegni, Padova :
foto 1
Nell’alveo dell’influenza francescana ( Presepe di Greccio XIII secolo) la sensibilità
giottiana traspare tutta nell’affresco di Padova, calando nella realtà quotidiana e umanizzando quell ’ antica iconografia bizantina
ieratica e statica. Nasce una prospettiva seppur embrionale ( solo con Brunelleschi sarà
codificata nel XV secolo) di una scena che
rende partecipe lo spettatore, una scena storica dove si esaltano la dimensione volumetrica dei personaggi e degli oggetti attraverso
una luce che si fa fisica e naturale. C’è un’atmosfera affettuosa, con Maria in primo
piano, dal volto giovane, distesa su un declivio roccioso sotto una semplice capanna e
non grotta (diversorium, vale a dire tettoia
come se ne trovano nel medioevo, luoghi
pubblici dove la gente di ferma ) a compiere
un gesto (insieme ad un’altra ) classico solenne e nello stesso tempo semplice. La mangiatoia poi , il luogo dove si mangia ( Gesù
nutrimento per l’uomo, prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo…Mt . 26,26
e questo sin dall’inizio ) E quel gesto compiuto da Maria sembra annunciare quanto
Giuseppe d’Arimatea farà nel momento della
morte di Gesù << lo depose dalla croce, lo
avvolse il un lenzuolo…>>Lc . 23,53. Giù
vediamo Giuseppe addormentato che sembra
non partecipare all’evento, accanto a lui un
piccolo gregge di pecore mentre due pastori
sono rivolti verso l’angelo che annuncia la
nascita. Nel gruppo di pecore si scorge un
capro nero, è forse una prefigurazione di
quella parte della società composta da
esclusi, derelitti peccatori per cui Cristo si è
Incarnato
FOTO 2 : Andrei Rublev, XV sec. Tempera
su tavola, Galleria Tretjakov, Mosca:
La scena è suddivisa in tre parti ; la prima
quella superiore si vuole rappresentare il divino ( c’è un fondo oro illuminante ) , la seconda mette in risalto l’ Incarnazione ( con
Maria e il Bambino ) la terza l’umanità ( con
Giuseppe, il pastore e le levatrici.) Il Bambino emerge dall’oscurità di una grotta (equivalente in oriente alla stalla della Palestina )
è quasi adolescente, disteso in quella mangiatoia che sembra un sarcofago e le fasce
sembrano ricordare quelle di Lazzaro ( in riferimento alla morte e resurrezione ). Maria
è in una posizione di riposo e vestita col
maphorion , sproporzionata rispetto all’insieme. Dei tre angeli uno annuncia la teofania ai pastori ( col libro ) Il mondo divino e
quello umano sono coinvolti nella stessa
proclamazione. Già si intravedono i Magi a
cavallo ( l’uomo già si è messo alla ricerca di
Dio .) Nella parte inferiore Giuseppe pensieroso, quasi dubbioso avvolto nel suo mantello ( l’uomo che si interroga di fronte al
mistero ) . La sua inquietudine sembra personificarsi nella figura satiresca di un pastore
di fronte a lui. A sottolineare la realtà dell’Incarnazione del vero Dio e vero Uomo anche
la scena tratta dai vangeli apocrifi ( le levatrici con il compito di lavare il bambino appena nato che ha come fonte l’iconografia
ellenistica secondo cui attraverso il lavaggio
si simboleggiava la potenza di chi era destinato a diventare un grande personaggio della
storia )
foto 2
foto 3
Qui si mette in risalto la maternità di Maria
(Teotokos) , liturgicamente “Le congratulazioni alla Madre di Dio” quella usanza in
questo ambiente, umana e nello stesso tempo
toccante di porgere felicitazioni, doni alla
puerpera e tutta la sua famiglia. Liturgicamente la festa in tal senso è già attestata
negli inni di Sant’Efrem Siro, il primo Padre
della Chiesa che dà voce ai sentimenti di
Maria presso la culla del Figlio. Chiaro il riferimento al concepimento per mezzo dello
Spirito Santo. Da notare la doppia raffigurazione di Gesù nella culla a mò di sarcofago e
poi giù in trono.
Foto 4 Leonardo da Vinci, 1482, Olio su
tela, Uffizi, Firenze
Emerge
l’aspetto
anatomico
in questa
natività con
l’adorazione
dei magi
(Gesù e la
Natura) E’
un’opera
questa incompiuta
foto 4
(una bozza)
in quanto
Leonardo inizia il lavoro per il Monastero di
San Donato a Scopeto ma l’anno seguente
parte per Milano, diventando così una composizione monocroma a chiaroscuro, permettendo all’autore di far emergere i corpi
con un senso plastico. La capanna è eliminata, risaltano le figure che attorniano Maria
( tratteggiata esile con poche curve) seduta
col Bambino (benedicente e nudo, non in
fasce, affinché sia chiara la sua umanità), diventando il perno di tutta la composizione.
La prospettiva è resa dinamica dalla concitazione dei gesti dei personaggi che fanno trasparire i propri sentimenti ed emozioni:
stupore, meraviglia, timore, sorpresa….
L’Epifania emoziona, turba, suscita reazioni
dell’animo e del cuore….
RUBRICHE 15
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
Essere o avere? Twitter,
FRANCESCA CAPITELLI
Secondo una recente classifica effettuata dal portale Americano Ipsos
che si occupa di ricerche di mercato,
la Cina, seguita a ruota dall’India, è
tra i popoli più materialisti che ci
siano.
Il sondaggio Ipsos, con lo scopo di
valutare il grado di “materialismo”,
vede italiani sotto la media delle persone che misurano il successo sulla
base delle cose che possiedono.
La domanda sulla quale i cittadini di
ben 20 Nazionalità differenti hanno
dovuto riflettere, è stata: “Valutate il
vostro successo personale a seconda
delle cose che possedete?”. Manco a
dirlo, i Cinesi si sono piazzati primi
in classifica, battendo tutti gli avversari, con il 71% delle risposte affermative considerandosi arrivati
quanto più beni di consumo sono
stati in grado di accumulare.
Al secondo posto del sondaggio c’è
l’India, con il 71 per cento, seguita
da Turchia (57%), Brasile (45%) e
Corea del Sud (43%).
Tra gli italiani solo 22 su cento misurano il successo sulle cose che
possiedono (stessa percentuale del
Giappone), un punto in più rispetto
agli Stati Uniti. La tendenza a equiparare beni materiali con il successo
sembra nascere dalla pressione di
forze interne alla società: ancora una
volta, nel sondaggio Ipsos, i cinesi
sono risultati in testa (68 per cento)
a quanti dicono di sentirsi spinti dal
contesto sociale ad accumulare ricchezze per riuscire nella vita.
Di 20 nazioni sondate, inoltre, la
neutrale Svezia é risultata, almeno a
parole, il paese meno attaccato ai
beni materiali con una percentuale
del 7%.
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C.so Gran Priorato di Malta,22 81043
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n. 764 del 22 Giugno 2010
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Teresa Massaro
Ciro Pozzuoli
Annamaria Punzo
SANTA
MARIA
C. V.
social dei narcisisti
FRANCESCA CAPITELLI
Twitter è il social network preferito dai narcisisti: a dirlo è uno
studio condotto dalla High
Point University, Università
degli Stati Uniti.
Sembra infatti, che la causa che
spinga a preferire il microblogging, sia proprio il narcisismo.
A testimonianza di ciò, come sostengono i ricercatori, vi è l’aumento sconsiderato dei follower
che è interpretato, come un riconoscimento dell’ammirazione da
parte degli altri.
Inoltre, secondo gli studiosi
mentre i giovanissimi hanno trovato le coccole per il proprio ego
in Twitter, i più adulti si trovano
bene su Facebook.
I primi in linea di massima, postano contenuti a ripetizione sul
social network, Twitter, da perfetti narcisisti, i più adulti discutono su Facebook nei vari gruppi
social.
E’ il nostro narcisismo che ci
spinge ad essere social o siamo
diventati social per aumentare il
nostro narcisismo? A giugno dell’anno scorso uno studio dell’Università del Michigan sulla
correlazione fra narcisisti ed
utenti social non era riuscito a risolvere il rompicapo logico che
ricorda quello ben più famoso
sull’uovo e la gallina, arrivando
solo a stabilire una diversità generazionale nell’utilizzo di Twitter e Facebook, con il primo
vissuto come un megafono dai
più giovani e il secondo usato
come specchio dagli adulti.
REDAZIONE SANTA MARIA C.V.
Maria Benedetto
Rosaria Barone
Basso Rosalba
Gaetano Cenname
Anna Munno
Lina Salamiti
Maria Umili
REDAZIONE VITULAZIO
Piero Del Bene
Assunta Scialdone
Domenico Cuccari
Orsola Antropoli
Pagine CHIESA a cura di
don Agostino Porreca
don Pasquale Violante
Pagine VITA CONSACRATA a cura di
suor Miriam Bo
Pagine IMMIGRAZIONE a cura di
Antonio Casale
Stampato presso
la Tipografia
“Grafiche Boccia” CAPUA
Evento
da non perdere
Cineforum
per riflettere
Narcisisti dunque attratti da twitter, adulti da Facebook: almeno
secondo questo studio condotto
su 515 studenti universitari, di
cui 669 adulti sono stati selezionati on line, l’età media tra tutti
è di 32 anni. Dunque in base al
social utilizzato è possibile capire la personalità di un individuo.
«Il nostro studio ha evidenziato
la mancanza di significative relazioni dirette o indirette fra gli
studenti e la loro attività Facebook– ha infatti spiegato Davenport al Pacific Standard mentre, al contrario, il narcisismo è risultato essere sia direttamente che indirettamente
collegato alla presenza su Facebook degli adulti, sebbene questa sia solo una delle ragioni (ma
non certo l’unica) che li spinge
ad aggiornare in continuazione
la loro pagina».
Il Centro Italiano Femminile (C.I.F.) ha iniziato
giorno 29 gennaio 2014,
alle ore 16.00, un servizio
di cineforum presso la parrocchia di Sant’Erasmo in
Santa Maria C.V. Verranno
presentati film su tematiche relative ai problemi
dei giovani, alle difficoltà
delle famiglie, ai maltrattamenti delle donne e dei
bambini.
Ogni
rappresentazione
verrà preceduta da una
breve relazione e, alla fine
del filmato, si aprirà un dibattito. Si è scelto come
inizio il film “La fuga
degli innocenti” per non
dimenticare anche coloro
che, a rischio della propria
vita, hanno protetto ed aiutato gli Ebrei. Siamo fiduciosi che questa iniziativa
trovi il consenso dei giovani e meno giovani per
prendere coscienza dei
gravi problemi che il
mondo vive.
Kairos News è distribuito nelle edicole e presso le seguenti Parrocchie:
CAPUA
Santi Filippo e Giacomo
San Pietro Apostolo
San Roberto Bellarmino
Sacro Cuore
Maria Santissima Assunta in Cielo
SANTA MARIA C V
Sant’Erasmo
Immacolata Concezione di M.V.
Santa Maria Maggiore e San Simmaco
San Pietro Apostolo
Santa Maria delle Grazie
BELLONA
San Secondino
VITULAZIO
Santa Maria dell’Agnena
CASTEL MORRONE
San Pietro Apostolo e Luca Evangelista
CASAPULLA
Sant’Elpidio
CASAGIOVE
Santa Maria della Vittoria
CURTI
San Michele Arcangelo
SAN PRISCO
Santa Maria di Costantinopoli
CANCELLO/ARNONE
Maria Regina di tutti i Santi-Maria SS Assunta
BREZZA
/GRAZZANISE
San Martino Vescovo
SANTA MARIA LA FOSSA
Maria SS Assunta in cielo
FRANCOLISE
San Germano - Santa Maria delle Grazie
CASTEL VOLTURNO
Santa Maria del Mare
SAN TAMMARO
presso Maranathà
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Per informazioni: redazione@kairosnews.it Tel: 333.88.900.94
16 RUBRICHE
Anno 5 Numero 5
1 Febbraio 2013
La farina di grano arso
Da Trani una chicca sulle nostre tavole
NICOLA CARACCIOLO
Monica Piscitelli è una icona nel panorama
enogastronomico campano. Attraverso il suo
blog “campaniachevai” da anni racconta le
storie di una Campania che crea, che fa, che
si muove: produttori del settore agroalimentare e vitivinicolo, chefs, pizzaioli, passando
per tutte le iniziative in cui la buona cucina è
protagonista. Da questa passione “culturale”
è nata anche la sua decisione di aprire un ristorante in Grecia: quasi un ritorno alle antichi origini per chi è nato e cresciuto nella
Magna Grecia!
Il suo girovagare enogastronomico unito alla
sua innata curiosità per il nuovo la porta a
fare delle scoperte: è quanto successo con
delle Orecchiette acquistate a Trani in un bel
Panificio del centro, a un passo dalla cattedrale.
La farina di Grano Arso dà a queste orecchiette un invitante colore sabbia. Quella
odierna è una cosa diversa da quella di un
tempo che non era salubre per via del procedimento utilizzato per ottenerla. Visto che il
grano e la relativa farina bianca erano destinati ai ricchi che se la potevano permettere, i
chicchi di grano rimasti per terra durante la
bruciatura delle stoppie, a fine mietitura, era
per i contadini.
Oggi al contrario questa farina è una chicca
che ha il suo prezzo, come la pasta secca che
se ne ricava.
Ed ecco la ricetta, originale come la sua Autrice.
ORECCHIETTE DI GRANO ARSO
AGLI SPINACI CON AZZURRO
Ingredienti:
1 patata grande
2 manciate di spinaci
250 gr di orecchiette di grano arso
150 grammi di sgombro sott’olio o 6 filetti di
Alici di Cetara
2 cucchiai di olio extravergine
2 spicchi d’aglio
1/2 peperoncino piccante
1 cucchiaio di semi di papavero
sale q.b.
tempo rosolate l’aglio e aggiungete il peperoncino. Buttateci dentro l’altra manciata di
spinaci tagliuzzata come prima girando rapidamente e aggiungete i filetti di sgombro o le
alici. Salate leggermente (con lo sgombro) e
spegnete, allontanando dal fuoco. Prendete
un pò d’acqua di bollitura della pasta. Scolate bene la pasta e mettetela nella padella
con gli altri ingredienti sulla fiamma vivace e
rimestate aggiungendo un pò di acqua di cottura. Servite in un piatto decorando con i
semi di papavero passati un paio di minuti in
un padellino antiaderente e finite con un filo
di olio extravergine.
Procedimento:
Pelate e tagliate le patate.
Lavate e mondate gli spinaci. Mettete a bollire l’acqua salata e appena prende il
bollo buttateci le patate tagliate a dadi. Dopo un paio
di minuti una mangiata di
spinaci tagliuzzati grossolanamente.
Un minuto dopo buttate la
pasta che richiede circa 12
minuti di cottura, Nel frat-
La maglietta che non si sporca mai
FRANCESCA CAPITELLI
Cosa c’è di meglio a quella odiosa
pratica del lavaggio? Magari una
maglietta che non si sporca mai. Inventata dallo studente Aamir Patel,
dell’Università di San Francisco la
maglietta non si sporca né si macchia.
Il segreto è nel tessuto, caratterizzato da particelle di silicio legate
alle fibre a livello microscopico.
È da un po’ di tempo che il ragazzo
aveva il sogno di realizzare una maglietta di questo tipo, ha così studiato soluzioni diverse basate
sulle nanotecnologie.
L’idea è sorta, come spiega l’inventore, nel momento in cui ha appreso
della vernice impermeabile e resistente. All’inizio il giovane Aamir
aveva pensato che fosse sufficiente
usare semplicemente lo stesso spray
sul vestito, ma presto si è dovuto
rendere conto che era impossibile.
Il risultato finale è stata una maglietta “hi-tech” che ha dovuto accordare l’intuizione iniziale di Patel
all’evidente tossicità o ipersensibilità causata da alcuni materiali capaci
appunto
di
rendere
impermeabile un capo.
Chi ha provato la t-shirt, racconta
che non dà sensazioni diverse da
quelle di una “normale” maglietta.
Patel racconta che le magliette dovrebbero mantenere le particolari
proprietà per circa 80 lavaggi,
anche se non urge la necessità di lavare frequentemente il capo.
Il costo della t-shirt dovrebbe aggirarsi sui 50 dollari, non di certo economica.
La maglietta viene intessuta con poliestere infuso
da una combinazione di sostanze chimiche
che la rendono
resistente all’acqua. Spiega
Patel che “la
maggior parte
delle molecole
liquide non riuscirà ad entrare
in contatto con il tessuto grazie ad
uno strato microscopico di aria
posto tra il liquido e la maglietta.
Questo perché il tessuto è ricoperto
da miliardi di particelle di silice
questa barriera protegge la camicia
da potenziali incidenti”. In tal modo
i liquidi che cadranno sopra la maglietta vi scivoleranno sopra come
se fosse una tovaglia di incerata,
senza tuttavia costituire un pericolo
per la pelle.
Il progetto è stato finanziato dalla
Kickstarter, arrivando a totalizzare
58.000 dollari contro i 20.000 fissati come obiettivo.
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