Tor Sapienza, (in)sicurezza italiana

Anno III - Numero 265 - Venerdì 14 novembre 2014
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Attualità
Cronaca
Dalla Pisana
Sciopero generale,
Camusso isolata
Processo Ruby-bis:
condanne ridotte
Scure sui vitalizi
della Regione Lazio
Traboni a pag. 2
Colosimo a pag. 3
a pag. 7
TRA I PERSONAGGI AL CENTRO DELL’AFFARE, LO STRAPAGATO DIRIGENTE TONINO D’ANNIBALE, FIRMATARIO DEI GHIOTTI CONTRATTI DI LOCAZIONE
di Francesco Storace
e vi arrabbiate fate bene. È successo
anche a me leggendo le carte dello
scandalo Lazio Service - l’inchiesta
in cui i magistrati sospettano una
tangente da quasi due milioni di
euro finita a Marco di Stefano, deputato
del Pd ed ex assessore della giunta Marrazzo - messe a disposizione dall’assessore
al Bilancio della giunta Zingaretti, Alessandra Sartore, a seguito della mia interrogazione sul clamoroso caso di fronte ad
una politica silente.
Gli atti depositati in consiglio regionale
sono davvero tanti e vanno letti uno per
uno. Credo che lo stia facendo con grande
perizia la stessa autorità inquirente - tra
Guardia di Finanza e procura della Repubblica di Roma - per analizzare il ruolo
di ciascuno dei protagonisti dell’affare.
Qualche domanda di chiarimento credo
dovrebbe porla lo stesso Zingaretti a Tonino D’Annibale, da pochi giorni - chissà
perché - direttore dell’amministrazione
di Lazio Service, azienda in cui è stato direttore generale nei tempi d’oro dei palazzi
più preziosi del mondo.
D'Annibale è un personaggio che a vederlo è anche simpatico, quello che si
direbbe un bonaccione. Me lo ricordo
iscritto ad Architettura, chissà se nel frattempo si è laureato per intraprendere la
carriera dirigenziale. Me lo trovai come
consigliere del Pds e poi del Pd sia nella
legislatura in cui ho governato io la Regione sia quando toccò alla Polverini.
Nei ritagli di tempo in cui alla Pisana c’è
la sinistra, lui dirige l’orchestra a Lazio
Service. Lo stipendio è da favola: 182mila
euro lordi l’anno che sommati ai 75mila
- sempre lordi - di vitalizio, danno una
somma di 257mila euro. Obama ne guadagna 305mila come presidente dell’America. Giorgio Napolitano si ferma a
239mila euro. E poi dicono che il vilipendio lo commetto io al povero capo
dello Stato...
D’Annibale avrebbe dovuto essere più
prudente nei due contratti stipulati da
Lazio Service sui palazzi di via del Serafico. Procedure incredibili.
Il 5 agosto 2008, l’assessore Di Stefano
partecipa - su delega conferita il giorno
prima da Marrazzo - all’assemblea della
S
OBAMA SERVICE
Lo scandalo della megatangente imputata al deputato Pd Di Stefano è sempre più intricato
ed emergono nuovi, inquietanti dettagli su operazioni condotte sempre sotto Natale...
società e praticamente ordina l’attivazione
della procedura per l’affitto del primo
immobile. Il 22 ottobre viene presentata
l'unica offerta. L’aggiudicazione avverrà
il 28 novembre da parte della commissione presieduta dall’avvocato Tota, che
poi diventerà direttore ad interim. Peccato
che l’atto notarile con cui la società Belgravia Inves diventa proprietaria del palazzo per il quale Lazio Service dice di
sì, è stipulato solamente il successivo 30
dicembre. Quasi un regalo di Natale, decido un affitto per uno stabile ad una so-
a città di Roma in particolare, e l’Italia
in generale, ancora nel mirino del terroristi islamici dell’Isis. In un nuovo messaggio, diffuso ieri, il leader dello stato
islamico al-Baghdafi fa preciso riferimento
alla “conquista di Roma”, vista come capitale
della cristianità, da parte delle truppe jihadiste. "I mujiaheddin continueranno la loro
avanzata finché non arriveranno a Roma",
ha detto al-Baghdadi, con un nuovo appello
a portare avanti la battaglia contro “i crociati”,
proprio come aveva fatto a luglio scorso,
nel sermone alla moschea di Mosul, in cui
si autoproclamò 'Califfo'.
Il video dura poco meno di 20 minuti ed è il
primo dopo le recenti voce di un ferimento,
o addirittura dell’uccisione, del Califfo.
L
perché i dipendenti non c’entrano più.
È Claudia Ariano, che gli inquirenti individuano legata a Di Stefano. Sempre
sotto Natale, ma il 15 dicembre, i futuri
proprietari dell’immobile che sarà pagato da Lazio Service con l’affitto, lo
vanno a comprare. Tanto c’è la nuova
decisione della settimana prima. Il 15
gennaio, il cda dice ok e il 20 gennaio
2010 il direttore D’Annibale firma il contratto di locazione. Qualche settimana
dopo, si presenta alle elezioni regionali
e viene eletto. E noi paghiamo.
IL CASO DELLA CAPITALE È LO SPECCHIO DI UN MALESSERE CRESCENTE IN TUTTO IL PAESE
VIDEO DEL CALIFFO
L’Isis torna
a minacciare
Roma
cietà che sembrebbe ancora non esserne
proprietaria.
Ancora più intricata la seconda storia
dei due palazzi che costano sette milioni
e mezzo più Iva ai cittadini del Lazio. Il
9 dicembre 2009, ma Di Stefano non è
più l’assessore competente, si riunisce
il cda presieduto dall’avvocato Scicchitano. Sette punti all’ordine del giorno,
più un altro: eventuali e varie. Indovinate
che c’è? Una lettera di due giorni prima
del direttore della logistica di Lazio Service, che reclama un altro immobile
Tor Sapienza, (in)sicurezza italiana
di Robert Vignola
a violenza va sempre condannata. Ma vanno capite anche la rabbia e il malessere
sociale diffuso tra gli abitanti di Tor
Sapienza, nella Capitale, costretti a
vivere in un quartiere ricco di criminalità, prostituzione, degrado e
disservizi. Specchio di una Roma
che ha perso la battaglia più importante: quella della legalità. E
così ai cittadini (di fronte ai continui
episodi di violenza perpetrati dagli
immigrati) non è rimasto altro da
fare che percorrere l’unica strada
rimasta per farsi sentire da chi di
dovere: il ricorso alla forza. Una
rabbia sfociata negli scontri di questi
giorni per via della lontananza e
L
della scarsa attenzione del Comune
e del Municipio nei confronti delle
zone periferiche (eppure ci sono
stati incontri istituzionali tra cittadini
e rappresentanti delle istituzioni),
trasformate in enormi banlieue.
Tant’è che i comitati di quartiere di
Roma per domani hanno organizzato un corteo, che partirà dall’Esquilino e arriverà a piazza Ve-
nezia, per rivendicare l’orgoglio di
essere Capitale d’Italia. Lo slogan
è chiaro: ‘Ora basta’.
Il centro di accoglienza, paragonabile a un campo di battaglia dove
è andata in scena una guerra tra
poveri, è stato gravemente danneggiato e - come spiegano dal
Campidoglio – al momento in molti
suoi spazi è inagibile. Ieri, infatti,
una trentina di minori stranieri, ospitati n ella struttura di via Morandi,
sono stati trasferiti negli altri centri
- ben 48 – sparsi nella capitale.
Ad alimentare la tensione, è arrivata
anche l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta per
accertare le condizioni degli extracomunitari nei centri di identificazione ed espulsione. Un’iniziativa
fortemente criticata da Forza Italia,
Fratelli d’Italia e Lega Nord, sostenuta
invece dal Partito democratico e
altre formazioni di sinistra.
Tra i tanti interventi, c’è stato quello
del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (FI) che ha ricordato
come tensioni e intolleranza sono
figli di operazioni assurde come
Mare Nostrum, che hanno scaricato
sulle nostre coste e nelle nostre
città centinaia e centinaia di immigrati intasando centri di accoglienza
e rendendo ingestibile la situazione.
Un malessere diffuso in molte città
d’Italia. La gente è esausta e, in
questi casi, la rabbia potrebbe sfociare in tragedia. Sperando che
non ci scappi il morto.
2
Venerdì 14 novembre 2014
Attualità
CISL E UIL LASCIANO SOLO IL SINDACATO ROSSO. E ANCHE DAL PD ARRIVANO STRALI POLEMICI
Sciopero generale: Cgil col fiatone
E sul mega-ponte dal 5 all’8 dicembre, la Camusso si arrampica sugli specchi per difenderlo
di Igor Traboni
a Cgil si ritrova sola soletta con
lo sciopero generale proclamato
per il 5 dicembre, giornata che
– tra l’altro – ha fatto rivoltare il
popolo della Rete, visto che si
tratta di un venerdì e che quindi consente
un mega-ponte fino a lunedì 8 dicembre
(festa dell’Immacolata) compreso. Comunque sia, dalla decisione di indire lo sciopero
si sono sfilati sia Cisl che Uil
"Lo sciopero proclamato per il 5 dicembre
è solo della Cgil, l''ha proclamato la Camusso. Noi non ci saremo, non ci pensiamo
nemmeno, non è oggi lo strumento adatto",
ha detto il segretario generale della Cisl,
Annamaria Furlan, ad una trasmissione su
Radio 24. Un no motivato dal fatto che “c’è
il giorno dopo. E il giorno dopo di uno
sciopero generale bisogna che il paese
cambi e riparta. È un processo un po’ più
complesso da mettere in piedi. Noi pensiamo che per ottenere i risultati vadano
fatte altre cose. Dal mio punto di vista Camusso non ha fatto la scelta che si deve
fare", ha aggiunto la Furlan, che poi però
ha detto di preferire la Camusso a Landini.
Misteri del sindacato…
In casa Uil, il neosegretario Carmelo Barbagallo ha detto: "Noi siamo per aspettare
il 17 novembre. E’ singolare che, ora che
L
il governo ha deciso di fare l'incontro,
proclamiamo prima del tempo lo sciopero.
Noi abbiamo auspicato che il governo
facesse sentire la propria voce. E il governo
ci ha convocato lunedì 17 alle ore 19, per
discutere della riforma della Pubblica
amministrazione e, per quanto ci riguarda,
del contratto della Pa. Noi siamo per verificare se c’è una volontà di cambiamento
nel governo, che prima non ci voleva neanche ascoltare. Vedremo se ci sono i
margini di una trattativa per dare risposta
a pubblico impiego, ai pensionati e per
quanto attiene la legge di stabilità e il
Jobs act. Siamo per aspettare il 17", ha
sottolineato Barbagallo.
A cotante critiche, la Camusso
ha replicato così: "E'' noto che
più il mondo del lavoro è unito,
più è forte. La vera debolezza
penso sia il fatto che di fronte a
scelte che manterrebbero il Paese in condizioni di stagnazione,
di recessione e che attaccano
direttamente i diritti del lavoro,
non si reagisca".
Il segretario della Cgil, sempre
più in difficoltà all’interno del
sindacato e nel rapporto con il
Pd di Renzi, si è poi arrampicata
sugli specchi, cercando di demolire la realtà del mega-ponte
dal 5 all’8 dicembre: “A chi parla dello
sciopero del 5 dicembre chiamando in
causa il ponte "proporrei che seguisse un
corso di ingegneria, perché un ponte è
una cosa che unisce due cose. La continuità
dei giorni della settimana di per sé non è
un ponte. Sul piano dell'uso della lingua,
poi vorrei dire – ha aggiunto il leader del
sindacato rosso - che davvero ci sarebbe
bisogno di un bagno di realtà da parte
dei tanti che parlano e pensano ad un
mondo nel quale il lavoro è tutto strutturato
tra il lunedì e il venerdì e la gente è entusiasta di preparare le valigie ed andarsene
per il fine settimana”.
CAMMINO INCERTO PER LA CREATURA DI RENZI
Jobs act: compromesso nel Pd
ma è rottura con gli alfaniani
ornano a farsi parecchio
agitate le acque attorno al
Jobs act, l’ennesima creatura renziana che non riesce a
trovare forma. In verità, anche se
a fatica, c’è un’ipotesi di accordo
nel Pd sulle modifiche da apportare
al Jobs Act alla Camera. Ma lo
scontro si sposta ora sul versante
Nuovo centrodestra, con il presidente della commissione lavoro
del Senato, Maurizio Sacconi, che
ritiene "inaccettabile" la mediazione
raggiunta.
Il testo della delega sul lavoro
sarà dunque modificato, nel corso
dell'esame alla Camera, recependo
i contenuti approvati dalla direzione
del Pd, tra cui le modifiche all'articolo 18 sui licenziamenti disciplinari. Si tratta di un accordocompromesso per salvare il salvabile e andare avanti, raggiunto
al termine di un incontro tra il ca-
T
pogruppo Pd, Roberto Speranza,
il responsabile economico dei democratici, Filippo Taddei, e il presidente della commissione Lavoro,
Cesare Damiano.
Si allontana quindi, almeno per il
momento, l’ipotesi dell’ennesimo
ricorso al voto di fiducia in Senato.
Ma il Ncd non ci sta e prova a
fare la voce grossa, minacciando
sfracelli per l’alleanza di governo:
non basta che la direzione del Pd
abbia trovato un accordo sul Jobs
Act per 'sdoganare' il provvedimento, serve anche una riunione
di maggioranza, ha fatto sapere il
presidente della Commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi:
“Se il testo è quello descritto dalle
agenzie non è accettabile. Ribadisco urgente riunione di maggioranza. Altrimenti si rompe la
coalizione", tuona l’esponente del
partito di Alfano.
IL PONTE DI VENEZIA È UN COLABRODO, LA CORTE DEI CONTI GLI CHIEDE QUASI 4 MILIONI DI DANNI
Si mette male per Calatrava l’archistar
I
talia, Paese malato? Chissà.
Certamente, fa riflettere
la storia di Calatrava. Una
archistar, cioè una star dell’architettura che le nazioni si
contendono per quelle opere
(opinabili, per carità, ma pur
sempre quotatissime) che le
più belle città del mondo si
contendono. Ebbene, se a Malmoe brilla il suo “Turning torso”, se a Tenerife brilla il suo
“Opera House”, a Venezia lo
attendono (invano) in tribunale.
Qui la Corte dei Conti lo ha
chiamato in giudizio per il
Ponte della Costituzione, il
quarto sul Canal Grande. Bello,
brutto? Ognuno giudichi per
sé. Il fatto è che è troppo costoso, perciò il buon Santiago
rischia di trovarsi a proprio
debito una parcella da quasi
4 milioni di euro. Nella fattispecie è accusato dal procuratore Carmine Scarano, assieme a tre esperti (Salvatore
Vento, Roberto Casarin e Roberto Scibilia), di aver concorso alla lievitazione dei tempi, dei costi e di aver commesso una serie di errori tanto
che dalla spesa iniziale di 6,7
milioni di euro il costo com-
plessivo dell'opera è stato di
11,276 milioni. Quasi il doppio.
Roba da mettere il pedaggio
anche per i pedoni. Il ponte,
il cui disegno venne regalato
al Comune di Venezia da Calatrava nel 1996, tra rinvii e
tempi di costruzione venne
concluso solo nel 2008 con la
supervisione progettuale dell'architetto catalano. In apertura
d'udienza, il procuratore Scarano ha presentato una nuova
memoria in cui ha documentato ulteriori danni subiti dallo
Stato per la fragilità dell'opera
sottoposta, a causa del tipo di
progettazione, a continui controlli statici e al ripristino di
parti eccessivamente fragili,
come i gradini in vetro. Non
solo: fari puntati anche sulla
gara d'appalto aperta a troppe
imprese, l'assenza di indagini
archeologiche preliminari e,
tra l'altro, degli accorgimenti
per soddisfare la normativa
di legge a favore dei diversamente abili. La difesa ha chiesto il rinvio del procedimento
alla luce dei nuovi atti e di un
analogo procedimento in sede
civile che potrebbe essere
avanzato dal Comune di Venezia contro Calatrava. Istanza
che è stata respinta. Alla faccia
dell’archistar…
Robert Vignola
NESSUNA DELLE TRE PROPOSTE DI ACQUISTO È STATA ACCETTATA DAL LIQUIDATORI
Futuro sempre più incerto per “l’Unità”
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Difficoltà anche per “Europa”, mentre “Il Manifesto”torna a batter cassa con i lettori
i fa sempre più cupo il futuro dell’Unità, il quotidiano del Pd che
ha già sospeso le pubblicazioni. I
liquidatori della Nie hanno infatti comunicato che nessuna delle tre proposte per rilevare l’Unità è stata accettata: nessuna si è rivelata “pienamente conforme, per distinti profili,
all’invito pubblicato”. E’ stato concesso
quindi un nuovo termine, fissato per il
30 novembre 2014, entro il quale gli
interessati devono aggiornare le proposte inviate o formularne di nuove
“con particolare riguardo ai tempo e
alle modalità di pagamento”.
Una notizia che non è piaciuta per
niente al comitato di redazione del
giornale fondato da Antonio Gramsci
che in una nota “esprime grande pre-
S
occupazione per la valutazione dei liquidatori della Nuova Iniziativa Editoriale circa la non congruità delle tre
offerte relative all’acquisto dell’Unità
ricevute entro il 31 ottobre, data da
loro fissata nel bando pubblico d’asta”.
“La decisione di prorogare al 30 novembre i tempi per la messa a punto
di quelle offerte o per la presentazione
di altre – sottolinea il cdr in una nota –
evidenzia il permanere di una grave
situazione d’incertezza e rende alquanto problematica la possibilità, pur
ventilata in dichiarazioni pubbliche,
del ritorno in edicola del nostro giornale entro l’anno in corso. Ci attendiamo
una veloce soluzione della vicenda,
soprattutto a tutela dei lavoratori del
giornale che da agosto sono in cassa
integrazione a zero ore”.
Nei giorni scorsi, come si ricorderà,
anche l’altro quotidiano di area Pd,
“Europa”, venuto alla luce come organo
della disciolta Margherita, ha cessato
le pubblicazioni. Per entrambi, il partito
ha comunque mostrato un atteggiamento ‘distaccato’ – per usare un eufemismo – e appare quindi difficile,
se non impossibile, l’eventualità che il
Pd metta mano al portafogli per supportare le due testate.
Sempre nell’area di sinistra, prova invece a mantenersi a galla il Manifesto,
in perenne crisi di liquidità, che ieri
ha chiesto l’ennesimo sacrificio ai suoi
lettori per rimpinguare le casse sempre
più vuote, con un numero straordinario
venduto a 20 euro.
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Capo Redattore
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Progetto grafico
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Difficoltà anche per un altro organo di
partito, ovvero La Padania della Lega
Nord, che pure ha annunciato la cesIg.Tr.
sazione delle pubblicazioni.
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n° 286 del 19-10-2012
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Venerdì 14 novembre 2014
Attualità
PENE RIDOTTE, MA TUTTI COLPEVOLI ANCHE IN APPELLO. SOLO FEDE RISCHIA DAVVERO IL CARCERE
Ruby bis, la mano resta pesante
Mora si pente e ottiene un trattamento clemente, attenuanti generiche per la Minetti che in caso di
condanna definitiva andrà ai servizi sociali. Il giornalista spera nella ex Cirielli, ma può finire dentro
di Federico Colosimo
DOPO I FATTI DI BOLOGNA
ene ridotte, sì. Ma tutti colpevoli. E
condannati, ancora. Pesantemente
e forse ingiustamente, dal primo
all’ultimo. Portare ad Arcore Ruby
e le olgettine costa carissimo, non
solo a livello economico, ma penale. E precisamente 4 anni e 10 mesi di carcere per
Emilio Fede e altri 3 per Nicole Minetti. Che
dopo la batosta ricevuta nel processo di
primo grado, si beccano un’altra stangata in
appello e sempre a Milano. Mano pesante
anche nei confronti di Lele Mora, che riesce
però, grazie alle sue dichiarazioni di pentimento e parziale ammissione, a ottenere un
trattamento clemente da parte dei giudici,
che cumulano la sua pena con una vecchia
condanna per bancarotta e gli infliggono in
tutto 6 anni e 1 mese. Con la quasi promessa
– non scritta - che difficilmente tornerà dentro.
Per i 3 imputati, la speranza era quella di inserirsi nel solco del processo principale, che
in secondo grado s’è concluso con l’assoluzione di Berlusconi da tutte le accuse. E
invece no. Di fatto la Corte ha sposato la tesi
della procura. Morale della favola, il Cav è
uscito indenne dal processo perché i suoi
“contatti ravvicinati” con Karima El Marough,
allora diciassettenne, sono penalmente irrilevanti, visto che l’ex Premier non poteva conoscere l’effettiva età della ragazza. Per gli
organizzatori delle serate, la “scusante” non
vale. Per questo motivo viene punito l’ex direttore del Tg 4, accusato di aver portato
Ruby ad Arcore dopo averla conosciuta ad
un concorso di bellezza in Sicilia, sapendo
benissimo che fosse minorenne. E l’igienista
P
Salvini aggredito:
i denunciati sono dieci
a Digos di Bologna ha individuato gli autori
dell'aggressione a
Matteo Salvini, verificatasi sabato scorso
durante la visita del
leader leghista al
campo rom del capoluogo emiliano.
Sono stati infattu identificati e denunciati
dieci giovani, di età
compresa tra i 19 e i
28 anni, appartenenti
al collettivo Hobo, vicino
alla sinistra. L'ipotesi di
reato è per tutti quella di
violenza privata aggravata
in concorso, ma tre di loro
– accusati di aver materialmente assaltato l’auto
di Salvini – dovranno rispondere anche di danneggiamento e porto di
oggetti atti ad offendere.
Novità anche per l’aggressione, a margine della stessa manifestazione contro
la Lega Nord, di Enrico
L
dentale per favoreggiamento alla prostituzione
per aver gestito la casa di via Olgettina dove
alloggiavano molte ragazze ospiti delle feste.
Anche per lei pena più lieve: concesse le attenuanti generiche, i giudici le hanno inflitto
3 anni invece di 5. Tradotto, non finirà in
carcere. Tantomeno ai domiciliari, ma ai
servizi sociali, in caso di condanna definitiva.
Una sentenza esemplare, verrebbe da dire.
Che salva Mora e dimostra come il pianto in
Italia paghi. Sempre. E parzialmente pure
l’ex consigliera regionale. Ma infierisce ancora
una volta su Fede. Che vista la sua non più
giovane età (83 anni), dopo il pronunciamento
della Cassazione, potrebbe “rifugiarsi” nella
ex Cirielli, la legge numero 251 del 2005,
che prevede gli arresti a domicilio per gli ultrasettantenni solo per determinati reati. Il
condizionale è però d’obbligo, visto che
questa lascia al giudice di sorveglianza la discrezionalità sul luogo più idoneo a espiare
la pena.
Una vittoria di Pirro, per tutti. Tranne per il
giornalista che rischia di essere l’unico a pagare per un reato che non può e essere
punito con 4 anni e 10 mesi di galera.
Barbetti, giornalista del Resto del Carlino, prima pedinato e quindi aggredito
da un gruppo di antagonisti. Per la Digos si tratterebbe di esponenti del
gruppo anarchico Aula C,
uno spazio di Scienze politiche occupato da oltre
vent'anni.
Sono stati quindi denunciati
proprio tre attivisti di Aula
C per violenza privata in
concorso, ingiuria e minacce in concorso.
PERQUISIZIONI NEGLI UFFICI DEGLI ADVISOR A MILANO, SEQUESTRATI DOCUMENTI E CORRISPONDENZA
Unipol-Fonsai: altri indagati eccellenti
Avvisi di garanzia per il professore della Cattolica Paolo Gualtieri ed Enrico Marchi, partner
di Ernst & Young, accusati di concorso in manipolazione del mercato e falso in bilancio
ltra accelerazione improvvisa nell’inchiesta
sulla fusione più chiacchierata e travagliata della storia della finanza italiana, quella
tra Unipol-Sai. Che la procura
generale della Cassazione,
dopo un lungo conflitto tra pm
meneghini e piemontesi ha
strappato alla Procura di Milano consegnandola a quella
di Torino, competente territorialmente. Quella che rap-
A
presenta una delle più complesse indagine sull’operazione finanziaria forse più rilevante degli ultimi anni, si arricchisce di nuovi colpi di scena e indagati.
La guardia di finanza ha effettuato perquisizioni negli uffici
della Ernst & Young, Gualtieri
Associati e Boston Consulting
Group, che hanno partecipato
alla definizione dei valori di
concambio delle azioni di Uni-
pol, Fondiaria Sai, Milano Assicurazioni, Premafin, ex cassaforte dei Ligresti. Avvisi di
garanzia per il professore della
Cattolica Paolo Gualtieri ed
Enrico Marchi, partner di Ernst
& Young (estensore della relazione per il tribunale di Torino sulla congruità dei concambi), accusati di concorso
in manipolazione del mercato
e falso in bilancio.
L’indagine – spiegano i sostituti
procuratori Marco Gianoglio
ed Eugenia Ghi, in forza al
pool penale dell’economia
della Procura della Repubblica
di Torino – è finalizzata a chiarire, se vi siano state delle alterazioni nei bilanci d’esercizio
2012 dei gruppi interessati,
che hanno poi contribuito a
determinare i rapporti di cambio nell’ambito della fusione.
Gli inquirenti hanno sequestrato documenti e corrispon-
denza intercorsa tra consulenti
e referenti societari, a partire
dal mese di febbraio 2012,
quando si iniziarono a ipotizzare i presunti illeciti.
La magistratura stringe la presa sulla maxi inchiesta che
sta cercando di riannodare i
fili delle molteplici cause che
hanno portato al tracollo del
gruppo Ligresti, ma anche
delle eventuali malefatte commesse durante il cosiddetto
“salvataggio”. Avvisi di garanzia come se piovesse, perquisizioni a tutto spiano. Forse
però è arrivato il momento di
chiudere il cerchio, senza perdere altri istanti. Il tempo è
Marcello Calvo
denaro.
IL GIUDIZIO DELLA COMMISSIONE EUROPEA SAREBBE TENDENZIALMENTE FAVOREVOLE ALL’OPERAZIONE
Alitalia-Etihad: adesso si può fare
l momento siamo orientati
verso un giudizio favorevole all’operazione Alitalia-Etihad sotto il profilo del controllo
della compagnia”: è quanto emergerebbe dalle considerazioni della
nuova Commissione Europea secondo
quanto riferisce una fonte della Commissione stessa, che avrebbe aggiunto
– a quanto riporta l’AGI – che “il caso
dovrebbe essere chiuso entro la fine
dell’anno”. Insomma semaforo quasi
verde per l’operazione, che secondo
la Commissione “rispetta le regole
“A
europee in materia di controllo dell’azienda”. Regole che prevedono
che “le compagnie aeree continentali
– scrive ancora l’AGI – siano controllate
in maggioranza da azionisti europei”
e secondo le quali tale maggioranza
“deve esplicitarsi sia nell’azionariato
sia in maniera fattuale, in termini cioè
di reale controllo della compagnia”.
E infatti Etihad ha il 49% di Alitalia,
quindi in regola con le direttive Ue,
ma in termini pratici occorre valutare
a chi sia in mano il controllo reale
dell’azienda: ed ora che il nuovo re-
sponsabile del dossier è l’ex imprenditrice slovena Violeta Bulc, la direzione
sembra cambiata rispetto alla rigidità
con cui la cosa era stata affrontata
dall’estone Siim Kallas. Ecco dunque
cosa dice Bruxelles in merito alla
questione, estremamente dibattuta,
del controllo dell’azienda: "La priorità
è mantenere in Europa gli hub del
traffico passeggeri dei voli intercontinentali". Però Alitalia è “un operatore
meno strategico sul traffico intercontinentale”, per cui la Commissione
potrebbe soprassedere alla rigidità
del caso, anche perché l’operazione
potrebbe essere “una vera opportunità
di rilancio per una compagnia da
tempo in crisi”, sempre a quanto riferisce la fonte della Commissione,
non meglio identificata. Naturalmente
giunge voce anche che Bruxelles vigilerà “per evitare che il traffico tra
America e Asia, che passa al momento
per l’Europa, venga deviato sul Medio
Oriente”.
Nodo ancora da sciogliere, invece, è
quello relativo alla ricapitalizzazione
dell’azienda da parte di Poste Italiane,
perché potrebbe essere considerato
aiuto di Stato. Su questo ancora nessuna notizia, bisognerà aspettare ancora, come occorrerà attendere l’ufficialità di quanto riportato dalla fonte
anonima circa la soluzione entro la
em
fine dell’anno.
4
Venerdì 14 novembre 2014
Storia
RIFLESSIONE SULLA STORIA: QUALI FURONO DAVVERO I RAPPORTI TRA IL DUCE E LA GERMANIA?
Mussolini e i tedeschi, anatomia di un dilemma/3
Prosegue la nostra analisi di un’epoca difficile e piena di contraddizioni, alla ricerca della verità
di Emma Moriconi
on è facile operare
di sintesi quando si
affrontano questioni
complesse come
quelle di cui ci stiamo occupando. In casi come
questi ogni fatto o questione
che si va ad analizzare apre
finestre dal panorama che
guarda all’infinito.
Occorre dunque, con pazienza, esaminare una cosa alla
volta, eviscerarla per quanto
possibile in termini sicuramente approfonditi ma anche
semplici e chiari, affinché la
storia non sia appannaggio
solo degli “addetti ai lavori”
ma diventi patrimonio di un
popolo. Di questo popolo, che
trova difficoltà a fare i conti
con il proprio passato nonostante il lasso di tempo ormai
trascorso da certi fatti sia ormai
sufficientemente lungo da consentirci di affrontarli – laddove
ce n’è la volontà – con una
certa serenità.
Riprendiamo dunque in mano
il volume “Il Duce attraverso il
Luce” di Enzo Antonio Cicchino: un’opera – lo dicevamo
N
– immensa, ricchissima di informazioni, vastissima ed estremamente approfondita, della
quale consigliamo la lettura
nella sua interezza perché per
molti aspetti è davvero illuminante. In questa sede dobbiamo necessariamente andare
ad estrapolare solo alcuni piccoli passi, utili a mettere sul
tavolo alcune questioni che
meritano una seria riflessione.
Abbiamo iniziato a parlare
del rapporto tra il Duce e i
tedeschi. Ebbene, a prescindere dalle convinzioni di ciascuno (che vanno rispettate
anche quando non condivise),
occorre fare una premessa:
si sente spesso parlare di “nazifascismo”, il più delle volte
a sproposito, sia tra gli storici
- a modesto avviso di chi scrive - sia negli ambiti legati al
“nostalgismo” nostrano. Affrontare la storia significa cercare la verità, non può esservi
un altro modo di approcciarsi
ad essa. Il fatto che poi, nel
corso degli ultimi settant’anni,
siano stati scritti (e, peggio,
insegnati nelle scuole) fiumi
di menzogne, non autorizza
nessuno a fare altrettanto. Pre-
messo questo, l’analisi dei
rapporti tra Benito Mussolini
e i tedeschi è centrale nella
ricerca della verità. Il volume
oggetto della nostra analisi
pone una questione: i rapporti
tra il Duce e il Fuhrer - dice
Cicchino in buona sostanza non erano affatto così idilliaci
come in molti casi si è tentato
di far credere. Tutto il libro è
permeato da questa considerazione di fondo, che viene
supportata da un esame attento e puntiglioso. Per il momento restiamo concentrati
sull’ultima fase del periodo
mussoliniano e parliamo di
Salò.
Ecco cosa scrive Cicchino in
un passaggio estremamente
interessante del volume: “Il
Fuhrer ha sempre definito
Mussolini suo amico. Se ne è
fatta leggenda di questa amicizia. Ma se fosse stata vera
allora perché non si è affrettato
subito dopo l’8 settembre a
prelevarlo dal gran Sasso? Si
dice che il ritardo sia dipeso
dal fatto che Hitler non conoscesse il luogo di prigionia o
che tempo prima c’era stato
un incidente in cui erano rimasti feriti gli uomini del commando che l’avrebbe dovuto
portar via. Scuse. Siamo convinti del contrario, tutto è dipeso dal fatto che, prima di
prendere in consegna Mussolini, il Fuhrer avesse una
cosa ancora più importante
da fare e a danno dell’Italia,
contro la quale poi l’ex Duce
non avrebbe potuto dire più
nulla, si sarebbe dovuto trovare
dinanzi a cose fatte. E fatte
prima di essere liberato. Semplicemente il Duce avrebbe
dovuto inghiottire un rospo
contro il quale aveva lottato
sin dal 1934: l’appropriazione
da parte della Germania non
solo dell’Alto Adige, ma di
tutti i territori dell’Impero austriaco annessi all’Italia dopo
la Grande Guerra. Era un desiderio che l’austriaco Hitler
aveva sempre coltivato ancor
prima di andare al potere,
che non aveva espresso in
pubblico solo per non inimicarsi Benito. Questo è il momento buono per realizzarlo.
E infatti il 10 settembre 1943,
proprio mentre il re è ancora
in mare alla volta di Brindisi e
Mussolini ancora ospite di
Campo Imperatore, i nazisti
provvedono a costituire due
nuove province, annettendole
prontamente al Reich; la prima:
la ‘Alpenvorland’, comprende
i territori di Trento, Belluno e
Bolzano […]; la seconda: la
‘Adriatisches Kunstenland’ che
comprende quelli di Trieste,
Gorizia, Fiume, Pola, Udine,
Lubiana sotto il Gauleiter della
Carinzia, Reiner”. Cicchino
non manca di sottolineare, poi,
come la “fuga” del re “avrebbe legittimato la loro appropriazione di una parte dell’Italia” ed è perciò che essa
non fu ostacolata dai tedeschi.
Del resto, Mussolini detenuto
al Gran Sasso per ordine di
Badoglio non gli faceva meno
comodo. Insomma, questo è
solo un piccolo inciso, ve ne
sono moltissimi dello stesso
tenore: qualche riflessione va
fatta. E il ragionamento di Cicchino non è affatto campato
in aria, anzi spiegherebbe
molte cose. Per esempio – lo
abbiamo già detto ma occorre
sottolinearlo - spiegherebbe
le ragioni di quanto accadde
a Musso il 27 aprile 1945. E,
però, come abbiamo già rilevato, pone altri interrogativi:
i tedeschi consegnarono Mussolini ai partigiani. Volendo
avrebbero potuto sparare una
semplice e rapida raffica di
mitra e chiudere lì la questione, portando il Duce in salvo.
Non lo fecero, glielo consegnarono senza fare storie.
Tutto era finito, e il Duce poteva
essere abbandonato, anzi, bisognava liberarsene, in qualche modo. Addirittura, probabilmente i contatti fra tedeschi e partigiani erano già
ben avviati da un pezzo. Amicizia? No, non si chiama così.
Si chiama interesse personale,
tutt’al più odio ammantato dalla più falsa cordialità. Però:
secondo quanto dice Elena
Curti in un documentario, anche questo curato da Cicchino
per la Rai, dal titolo “Mussolini:
Marcia, Morte, Misteri”, il Duce
quel giorno avrebbe scelto
di dare fiducia ai tedeschi.
Perché? Forse per finirla, una
volta per tutte? Perché in fondo, lui, di andar via non aveva
alcuna voglia.
Ragionamento troppo lungo e complesso per finirla
qui.
(… continua …)
emoriconi@ilgiornaleditalia.org
5
Venerdì 14 novembre 2014
Storia
ADDIO ALL’ ASSO DELL'AVIAZIONE LUIGI GORRINI
“Quello che ho fatto lo rifarei, per un’Italia migliore”
Ha abbattuto 24 aerei nemici, evitando che tonnellate di bombe seminassero morte e distruzione sulle nostre città
olevo proteggere il Nord
Italia dai bombardamenti
indiscriminati. Quello che
ho fatto allora sono pronto a rifarlo
anche adesso perché ero convinto di
essere dalla parte del giusto. Le tonnellate di bombe in meno che abbiamo evitato alle nostre città sono un innegabile merito storico”: queste le
parole con cui Luigi Gorrini ha spiegato
la sua decisione di aderire alla Repubblica Sociale Italiana ed entrare a
far parte dell'Aviazione di Salò.
Era entrato in aeronautica giovanissimo,
nel 1937, come pilota sottufficiale. Ed
aveva dimostrato fin da subito di che
pasta era fatto. I suoi combattimenti
nei cieli d'Italia sono diventati una leggenda: ha abbattuto 24 aerei nemici
(tutti inglesi e americani) ed è stato a
sua volta abbattuto 5 volte, riuscendo
sempre miracolosamente a salvarsi.
Sua è l'invenzione di una tecnica di
volo particolare studiata apposta per
attaccare le Fortezze volanti (i fami-
“V
gerati bombardieri Alleati B17), che
consisteva nel superare la quota di
volo dello stormo avversario per poi
buttarsi in picchiata a tutta velocità in
direzione degli aerei nemici. Tattica
efficace, che terrorizzava gli equipaggi
inglesi e americani, ma pericolosissima
per i nostri piloti, che per attuarla dovevano essere rapidi, abilissimi e molto
coraggiosi. Come era senz'altro Luigi
Gorrini. A dimostrarlo ci sono le onorificenze che si è conquistato sul cam-
po: una medaglia d'oro al valore militare (conferitagli nel 1958, unico militare
di Salò ad averla ricevuta), due di
bronzo della Rsi e due Croci di ferro
tedesche. Dopo la guerra, nonostante
gli ostacoli anche gravi e l'ostracismo
che gli derivava dall'aver vestito la divisa di militare della Rsi, era rientrato
nei ranghi dell'Aeronautica militare,
ma dovette ricominciare la sua carriera
da zero. Divenne ufficiale soltanto
dopo la pensione, nel 1975.
Luigi Gorrini era l'ultimo Asso della
nostra aviazione: una qualifica questa
che gli era riconosciuta, insieme a
grande stima e rispetto, anche dai
piloti nemici, con alcuni dei quali aveva
mantenuto contatti anche dopo la fine
della guerra. Pochi giorni fa, dalla città
in cui era nato (Alseno, in provincia di
Piacenza) è decollato per il suo ultimo
volo ed è andato a raggiungere il suo
Comandante Adriano Visconti e gli
altri piloti che lo hanno preceduto.
Valgano, per ricordarlo, queste sue
parole: “I nostri caduti sono testimoni
della nostra fede, della nostra passione, del nostro credo. Io non abbasso
gli occhi di fronte a nessuno: quello
che ho fatto lo rifarei, per un'Italia
Cristina Di Giorgi
migliore”.
LA TESTIMONIANZA DI MARCO PETRELLI, CHE HA INCONTRATO L’EROE DELL'ARIA PER IL SUO “A DIFENDERE I CIELI D’ITALIA”
Quell’ultima intervista alla Medaglia d’oro
Il suo studio è un angolo di paradiso per qualsiasi appassionato di storia del volo
di Marco Petrelli
on ho idea di quale sia il modo migliore di porsi con l’anziano aviatore.
Una cosa è certa: evito di farmi avanti
con invadenza, di corrergli incontro
a celebrarlo. E’ vero che Gorrini è
abituato ai giornalisti, ma temo di passare per
uno troppo cerimonioso. Sto al mio posto e
lascio a lui la prima mossa. La nipote Silvia fa
cenno di avvicinarmi ad una piccola stanza che
dà direttamente sul giardino. Butto un’occhiata
nell’anticamera e scorgo pareti coperte di cimeli,
crest, foto e dipinti di aerei della Seconda Guerra
Mondiale e del dopoguerra.
Sull’appendiabiti ci sono un bomber di pelle e
un casco bianco da jet, di quelli visti e rivisti nei
film alla Top Gun. Luigi si fa vivo dopo qualche
minuto e mi fa accomodare nel suo studio. E’
una stanza priva di finestre, illuminata dalla luce
che passa dalla porta d’ingresso. Un angolo di
paradiso per qualsiasi appassionato di storia
del volo.
“Ho cominciato a volare subito dopo l’8 Settembre. Ero nel I Gruppo “Asso di Bastoni” di
Adriano Visconti” mi dice. Sulla scrivania ci
sono pile di libri e oggetti di ogni tipo, anche
uno strano orologio con grande quadrante e
uno spesso cinturino di cuoio marrone. “E’ una
bussola - spiega Gorrini - Faceva parte dell’equipaggiamento della Luftwaffe. Furono i tedeschi a donarmela. Ho volato molto con loro
anche prima dell’Armistizio. Ero molto amico
del capitano Eduard Neumann”.
E invece con la resistenza ci furono problemi?
“No, con i partigiani non ci furono problemi,
anzi non le nascondo che mi salvarono la vita”.
Davvero?
“Eh sì! Fu quando abbatterono il povero Magnaghi (Carlo Magnaghi, maresciallo maggiore
pilota, deceduto il 13 Maggio 1944). Il maggiore
Visconti mi dice che sta arrivando una troupe
cinematografica e che devo restare a terra, cedendo così il posto a Magnaghi il quale, nella
fretta di decollare, si dimentica di collegare il
cavo radio. Mentre faceva volo acrobatico sopra
Reggio Emilia gli si fiondano addosso i P38. I
caccia nemici aprono il fuoco e lo beccano ad
una gamba. Lui non demorde e si lancia col paracadute. Quando lo vado a trovare in infermeria,
Magnaghi mi chiede di togliergli la scarpa
N
Luigi Gorrini e Marco Petrelli
perché il piede sinistro gli fa male. Sollevo il
lenzuolo e mi accorgo che non ha più il piede:
lui allora si fa una matta risata. Il medico militare
mi prende da una parte e mi chiede andare a
recuperare una bombola d’ossigeno alle Farmacie riunite di Reggio Emilia, usando la mia
macchina”.
Aveva un’automobile?
“Sì e non era una vettura di servizio, ma proprio
mia! Era una Balilla da corsa, che avevo acquistato
dal capo ufficio della Reggiane. Il mio comandante
talvolta se ne serviva per andare a prendere la
Franca, la sua fidanzata che faceva la barista in
città. Mi metto alla guida ancora in divisa; poi,
nei pressi di Reggio Emilia vedo una lampada
che si muove. E’ un posto di blocco dei partigiani.
Uno di loro mi fa: “E tu dove vai?” Spiego che
sto andando a prendere dell’ossigeno per il
mio collega perché è ridotto male. E loro mi
fanno passare: “Dai, fai svelto, vai! Al ritorno li
ho rincontrati: “Dai dai e tanti auguri!” No, a me
i partigiani non hanno dato noie”.
Fu quello l’unico incontro con i ribelli?
“Sì, peraltro di notte e con me in divisa. E non
successe nulla. Anche tra loro c’era gente onesta,
che aveva capito che noi eravamo lì a difendere
le città italiane dagli aerei alleati“.
Non avete mai subito azioni di sabotaggio
degli apparecchi e del materiale?
“Quello purtroppo è successo. Sono stati sabotati
gli aeroplani e anche i paracadute, con alcuni
dei nostri che ci hanno lasciato le penne”.
Quanto all’attività di caccia, Gorrini dice: “Ci
trovavamo di fronte decine e decine di apparecchi
nemici e noi eravamo nettamente inferiori di numero rispetto agli Alleati. Poteva accadere che si fosse una ventina
dell’ANR contro un centinaio
tra bombardieri e caccia anglo-americani. Accadeva che
per uno nuovo che arrivava al
Gruppo due non tornavano
dall’azione; e il giorno dopo
ancora ne uscivano altri due e
li abbattevano”.
Per quanti anni ha servito in
Aeronautica?
“Trent’anni di servizio effettivo.
Poi, per diverso tempo, ho ricoperto l’incarico di presidente
dell’Associazione Arma Aeronautica”.
Nel dopoguerra ha mantenuto contatti con qualche collega?
“Con i tedeschi, alcuni dei quali
li ho conosciuti dapprima in
Africa e poi ritrovati in Italia”.
La chiacchierata va avanti ma
un nome che gli sfugge e un
suo momento di nervosismo
mi ricordano che novantasette
anni sono tanti anche per un
asso come lui. Senza proferir
parola Luigi si alza dalla poltrona
e scivola nell’altra ala del suo
studio, dove fogli, volumi e quadri sembrano esserne l’unico arredamento.
Ne approfitto per scattargli due foto: lui si volta,
mi guarda per un istante. Ha un’espressione
molto umana, della persona stanca che forse
non ne può più neanche di ripetere storie che
gli italiani hanno dimenticato nel corso dei decenni.
Mi allunga un documento, una copia della motivazione della sua MOVM, ricevuta negli Anni
Cinquanta. Sul retro sono indicati numero e
date degli abbattimenti (24) e tipo dei velivoli
abbattuti dal 1940 al 1945. Ma, per lui come
per altri, il periodo col I Gruppo Caccia Terrestre
non ha avuto valore in termini di anzianità e
avanzamento dello stato di servizio. Gorrini,
sottufficiale al termine delle ostilità, si è congedato
nel 1975 con il grado di tenente.
6
Venerdì 14 novembre 2014
Esteri
IL TECNICO ITALIANO ERA STATO SEQUESTRATO NELLA LIBIA COSTIERA
RISOLTO UN GIALLO IN COLOMBIA
Marco Vallisi liberato:
c’è l’ombra del riscatto
Torturati e poi uccisi
durante rapina in casa
Il ministero smentisce. Sono ancora cinque i connazionali spariti nel nulla
è quel sospetto di un milione di
ero di riscatto, che non è propriamente il miglior biglietto da
visita per come gli italiani, in un
futuro, sapranno risolvere eventuali crisi
analoghe. Perché quando notizie del genere fanno il giro dei paesi arabi (e ci
vuole meno di quanto si pensi), i rapimenti
hanno in genere un’evidente impennata,
non certo un deterrente. Il ministero smentisce: fatto sta che si può comunque festeggiare per il ritorno a casa di Marco
Vallisi. Cinquantaquattro anni, originario
di Roveleto di Cadeo in provincia di Piacenza, Vallisa era impegnato in un cantiere
della ditta modenese `Piacentini Costruzioni´ quando è stato rapito insieme con
altri due colleghi, il bosniaco Petar Matic
e il macedone Emilio Gafuri, nella città
costiera di Zuara, abitata in prevalenza da
berberi. Matic e Gafuri erano stati poi rilasciati due giorni dopo.
Sin dai primi momenti seguiti alla loro
scomparsa si è subito pensato a un rapimento, anche perché la loro auto è stata
trovata con le chiavi inserite nel quadro.
L’obiettivo dei rapitori potrebbe essere
stato quello di chiedere un riscatto: la
pista del sequestro `politico´, infatti, appare
meno realistica, perché i fatti si sono verificati in una zona lontana dalla Cirenaica,
dove si concentrano i ribelli jihadisti in
conflitto con Tripoli.
“Desidero ringraziare calorosamente - è
stato il commento del ministro degli esteri
Paolo Gentiloni - tutti coloro che hanno la-
C’
vorato per il felice esito della vicenda.
Tale risultato è il frutto di un gioco di
squadra dell’Unità di Crisi del ministero
degli Esteri e C.I., dei nostri Servizi d’informazione e dell’ambasciata d’Italia a
Tripoli. A tutti esprimo il mio più vivo apprezzamento per la dedizione e la professionalità dimostrata e per l’efficace e
paziente azione. Un particolare ringraziamento alla famiglia per la fiducia nel lavoro
delle istituzioni”.
Se Vallisa è stato liberato, sono cinque gli
italiani che invece restano ancora nelle
mani dei sequestratori nel mondo. A cominciare da Giovanni Lo Porto, cooperante
38enne di Palermo rapito in Pakistan il 19
gennaio 2012 insieme a un collega della
Ong tedesca Welt Hunger Hilfe. Quest'ul-
timo, Bernd Muehlenbeck,
è stato liberato il 10 ottobre
di quest'anno in Afghanistan, in una moschea alla
periferia di Kabul, dopo
due anni e mezzo di prigionia. Dal 29 luglio 2013
non si hanno più notizie
di padre Paolo Dall'Oglio,
rapito nella zona di Raqqa
da fondamentalisti islamici
dopo che per quasi trent'anni aveva vissuto in Siria,
rifondando la comunità di
Mar Musa e promuovendo
il dialogo interreligioso.
Nel tempo, si sono susseguite notizie contrastanti,
con voci su una sua presunta esecuzione
poco dopo il rapimento e fonti più recenti
che invece sostengono che si trovi ancora
vivo nelle mani dell’Isis. Non si hanno
notizie neanche di Vanessa Marzullo e
Greta Ramelli, le due cooperanti volontarie
ventenni scomparse il 6 agosto ad Aleppo
in Siria, dove si erano recate con il 'progetto
Horryaty' da loro cofondato insieme a Roberto Andervil.
Come Vallisa, è stato sequestrato in Libia
anche Gianluca Salviato, tecnico padovano
di 48 anni, rapito dal cantiere dove lavorava
per l'azienda 'Enrico Ravanelli' a Tobruk,
in Cirenaica, il 22 marzo di quest'anno.
Salviato soffre di diabete e ha costante
bisogno di insulina.
Robert Vignola
I corpi di un imprenditore romano
e di sua moglie ritrovati a Medellin
n orribile duplice omicidio,
con ogni probabilità maturato durante un tentativo
di furto, finito male. È quello avvenuto in Colombia e del quale
sono rimasti vittima due coniugi,
marito italiano e moglie colombiana, nella malfamata città di
Medellin.
Il responsabile dell’assassinio
sarebbe stato catturato. Potrebbe
non aver agito da solo, ma è
l’unico componente rintracciato
della banda che ha massacrato
il 46enne cittadino romano Marco
Rallo e della moglie, l'avvocato
María Clara Uribe Zárate, i cui
corpi senza vita sono stati trovati
sabato scorso da alcuni passanti
nel quartiere El Poblado di Medellin vicino a dove i due risiedevano: avevano le mani legate
e presentavano segni di percosse
e torture. Marco Rallo, 46 anni,
era un imprenditore finanziario.
La moglie 36enne, colombiana,
era originaria di Villavicencio.
U
Il presunto responsabile diretto
dell'uccisione dei due coniugi
sarebbe un uomo di 24 anni,
Gustavo Adolfo Velez Arango.
Secondo le prime ricostruzioni
voleva rubare alla coppia 500
milioni di pesos, una cifra al
cambio di poco inferiore ai
190mila euro.
Secondo German Dario Giraldo,
della procura di Medellin, citato
dalla testata colombiana 'El Tiempo', esistono seri indizi per affermare che Vélez Arango era a
capo della banda che ha fatto irruzione in casa dei due per rubare
una cassaforte, e che ci sarebbero
almeno altre 5 persone coinvolte.
Catturato martedì sera, si è presentato ieri davanti ad un giudice
per l'udienza preliminare.
Sulla vicenda la Farnesina si è
limitata a confermare l'avvenuto
decesso del connazionale in Colombia, senza fornire ulteriori
dettagli.
V.B.
AUTOBOMBE NELLA METROPOLITANA DEL CAIRO E DAVANTI ALL’AMBASCIATA (ABBANDONATA)
LA GUERRA ALL’ISIS NON PUÒ CHE PASSARE ATTRAVERSO IL “DITTATORE” TANTO ODIATO
L’Egitto sotto tiro,
il Mediterraneo è una polveriera
Assad, ultimo baluardo
contro il Califfato
a “coalizione dell’alba”, una sorta di selezione nazionale dei gruppi jihadisti che
pullulano in Libia, sembra oramai decisa
a dichiarare guerra aperta al governo laico militare egiziano. E lungo la costa Sud del Mediterraneo è ormai un susseguirsi di boati.
Una bomba è esplosa a bordo della metropolitana
nella zona di Zaytoun, quartiere orientale del
Cairo, ferendo 14 persone. Quattro sono state
coinvolte nell'esplosione e sono ricoverate in
condizioni stabili, mentre altre 10 sono rimaste
contuse nella calca della gente in fuga.
Secondo il portavoce della metro cairota, Ahmed
Abdel Hadi, l'ordigno era piazzato sul porta
valigie e ha completamente distrutto il tetto del
secondo vagone, mentre il treno stava arrivando
in stazione. I feriti sono stati evacuati e il convoglio
trainato e ora le loro condizioni sono stabili.
Sempre ieri un'autobomba è esplosa davanti
all'ambasciata d'Egitto a Tripoli, chiusa dallo
scorso gennaio. Lo riferiscono testimoni locali
sottolineando che al momento non si hanno notizie di vittime. Il personale egiziano era stato
evacuato, incluso quello del consolato a Bengasi.
Prorio dall’est della Libia, è arrivata ieri la notizia
che un giovane, catturato mentre combatteva
tra le file dell'ex generale libico Khalifa Haftar, è
stato decapitato. Per la prima volta i miliziani di
Ansar al Sharia, affiliati allo Stato islamico, hanno
postato online il video della decapitazione di
un prigioniero perpetrata nel Paese nordafricano
in pieno 'stile Isis'. E, guarda caso, Haftar è appoggiato nella sua battaglia contro i seguaci
dell’Isis nella parte orientale della Libia proprio
dall’Egitto.
Soltanto ventiquattr’ore prima, comunque, l‘escalation si era già fatta sentire, sia in Libia che in
L
Egitto. Due autobombe erano esplose a Tobruk,
città libica che ospita temporaneamente il Parlamento eletto. Gli ordigni sono stati fatti detonare
davanti a un istituto petrolifero. Quasi nelle stesse
ore, una motovedetta della Marina militare egiziana era stata assalita da tre imbarcazioni 'ostili'
che hanno aperto il fuoco, dando alle fiamme
una nave militare, a circa 40 miglia dal porto di
Damietta. Almeno 17 militari, quattro ufficiali e
13 soldati, sono morti nell'attacco, ma il bilancio
delle vittime non è ancora stato ufficialmente
confermato. La motovedetta stava effettuando
un pattugliamento di routine, quando è stata attaccata in mare aperto da uomini armati. Ne è
scaturito uno scontro a fuoco, che ha reso necessario l'intervento dell'aviazione. Le forze marittime e quelle dell'aviazione hanno quindi affondato le tre imbarcazioni e arrestato 32 assalitori.
Tutti episodi collegati? Pare quanto mai probabile,
anche se dal Cairo commentano in particolare
gli eventi oltre confine. Gli attentati "terroristici"
che stanno insanguinando la Libia sono atti "criminali e vili contro le aspirazioni del popolo
libico". L'autobomba all'ambasciata egiziana a
Tripoli "viola il diritto internazionale e mina le
relazioni storiche tra i due popoli". Lo ha detto il
portavoce del ministero degli Esteri del Cairo,citato dalla Mena. Il portavoce, Badr Abdel Atti,
ha condannato sia l'esplosione all'ambasciata
egiziana a Tripoli che gli attentati di ieri a Tobruk
e Baida, nell'est del paese. Ma è anche al proprio
interno, a giudicare anche dal clima di forte
tensione delle ultime settimane sul Sinai, che le
istituzioni raccolte attorno ad al-Sisi, che sta
cercando di normalizzare l’Egitto, devono guardare con crescente preoccupazione.
era una volta Assad, il nuovo nemico pubblico numero uno americano da abbattere,
c'era una Siria e un suo legittimo governo
da bombardare e rovesciare a favore di "democratici
ribelli".
Se non fosse stato per Putin e la Russia, il Premio
Nobel per la pace Obama avrebbe fatto in Siria ciò
che i Bush fecero in Iraq ed Assad avrebbe avuto la
stessa sorte di Saddam (o Gheddafi, che è lo stesso).
I codiddetti "ribelli" non erano che jihadisti, terroristi
armati dall'occidente, soldati di Al Qeida guidati da
agenti della Cia, oggi ribattezzati come Isis. Ed ecco
che i media ed il mondo occidentale non parlano
più del mostro Assad e del suo regime e con
l'inverno alle porte e quasi 14 milioni tra sfollati e
profughi, la Siria diventa la catastrofe dimenticata
da tutti.
Solo l'altro ieri 865 morti tra cui 50 civili nei raid
aerei contro l’Isis. La notizia, una delle migliaia di
quel pomeriggio, è passata via veloce. Il maltempo,
le riforme, i mal di pancia europei e poi, certo, gli
esteri, la Libia al collasso, l’Ucraina in trincea, gli
studenti messicani in piazza, il corteggiamento di
Obama alla Cina, il surriscaldamento del pianeta ed
infine la Siria. Eppure quegli 850 morti in un colpo
solo non hanno fatto clamore, in un conflitto che
ha già ucciso 300 mila persone.
Insomma, come affermato sempre dagli anti-mondialisti, sostenere le "primavere arabe" contro le
varie nazioni arabe avrebbe fatto prevalere il fanatismo
religioso sul sentimento nazionale, sentimento che
aveva portato laicità in Libia, Egitto, Iraq, Libano,
Siria, Algeria e Palestina ed aveva permesso a
questi Stati di cooperare pacificamente con l'Europa.
Oggi cosa ci ritroviamo? Hamas, Isis, Al Qaeda ed
il sogno di un "Grande Califfato" dalla Libia alla
C’
Turchia. Ringraziamo i lor signori americani!
Torniamo alla tragedia dimenticata di Damasco. Se
la guerra è la continuazione della politica con altri
mezzi viene da chiedersi dove sia la politica in Siria.
L’inviato dell’Onu Staffan De Mistura riferisce di incontri "utili e costruttivi" con il presidente siriano
Bashar al Assad, al quale avrebbe proposto la creazione di “zone di cessate il fuoco” in cui la popolazione
possa respirare. Non è follia ora chiedere ad Assad
una tregua mentre avanzano i tagliagole dello Stato
Islamico? Eppure, nonostante l'imbarazzo comprensibile di Washington e Bruxelles è impossibile
non notare come la situazione e il supporto internazionale siano girati a favore di Damasco proprio
mentre il Califfo al Baghdadi lanciava la sua sanguinaria sfida al mondo intero, tagliando teste in diretta
mondiale, fucilando bambini cristiani e spettacolarizzando fosse comuni.
Come al solito l'Europa è assente e l’indifferenza
che per mille motivi ha avvolto la Siria è eccezionale
e drammatica. I numeri parlano chiaro.
La Siria sta scomparendo. L’UNHCR chiede 58,5
milioni di dollari di donazioni per affrontare l’inverno
di almeno 990.000 persone, vale a dire alimenti,
tende, kerosene, stufe, pannelli isolanti. L’appello è
indirizzato ai principali donatori, Unione Europea,
Stati Uniti, Giappone, Norvegia e alcuni paesi del
Golfo.
Ma gli unici aiuti veri arrivano da Mosca. La Russia
non ha mai dimenticato Assad e la sua gente si è di
nuovo candidata a mediare per una "soluzione
politica" tra governo e terroristi. Se cade anche
Assad la Turchia è già pronta ad abbracciare i fratelli
mussulmani e davvero il "Grande Califfato" potrebbe
non essere più solo un sogno.
E poi? Poi lo sappiamo tutti. Tocca a noi europei.
Giuliano Castellino
7
Venerdì 14 novembre 2014
Da Roma e dal Lazio
LA NORMA È STATA APPROVATA DAL CONSIGLIO. DECISO ANCHE L’ACCORPAMENTO DI LAZIO SERVICE E LAIT
Lazio, nuova scure sui vitalizi
Zingaretti fa partire subito la “macchina della propaganda”, ma Storace lo zittisce: “Violino stonato”
l Consiglio regionale del Lazio ha approvato, all'unanimità, una norma che
taglia i vitalizi per i consiglieri delle
passate legislature (fino alla IX). Per i
consiglieri a partire dalla presente legislatura (X) il vitalizio era stato già abolito
con una norma contenuta nella finanziaria
regionale 2012, ribadita dalla prima spending
review regionale (legge 4/2013).
Le nuove disposizioni sono contenute in un
subemendamento alla proposta di legge
184 in materia di spese per il personale regionale, sottoscritto dal presidente Leodori,
dall’ufficio di presidenza del Consiglio e da
tutti i capigruppo con l’eccezione di Fratelli
d’Italia, Movimento 5 stelle e del consigliere
Fabrizio Santori (Misto). Assieme a numerosi
emendamenti che ne hanno cambiato radicalmente la fisionomia, la proposta di legge
184 è stata infine approvata, a tarda notte,
questa volta a maggioranza (32 favorevoli, 4
astenuti), con il nuovo titolo “Disposizioni di
razionalizzazione normativa e di riduzione
delle spese regionali”.
Oltre alla norma sui vitalizi che rappresenta
il cuore del provvedimento, la 184 stabilisce,
tra l’altro, l’accorpamento delle società regionali Lazio service e Lait.
La nuova norma in materia di vitalizi dispone,
con decorrenza dall’1 gennaio 2015, che chi
non ha compiuto 50 anni di età, ma ha fatto
parte delle legislature precedenti, potrà ricevere il vitalizio a 65 anni, e non più al
compimento del 50esimo anno d’età, come
era previsto dalla vecchia legge. C’è la possibilità di anticipare l’erogazione del vitalizio
a partire dai 60 anni, ma in questo caso è
prevista una decurtazione del 5% per ogni
anno di anticipo (chi sceglierà di ricevere il
vitalizio a 60 anni avrà un taglio del 25%).
Nel triennio 2015-2017 è prevista una riduzione temporanea per i vitalizi erogati agli
ex consiglieri o titolari di reversibilità, calcolata in modo progressivo con quattro aliquote: fino ai 1.500 euro lordi sarà dell’8%,
dai 1.501 ai 3.500 euro del 10%, dai 3.501 ai
6.000 del 13% e oltre i 6.000 euro del 17%.
Per chi invece oltre al vitalizio regionale
percepisce anche altri vitalizi, come quello
da parlamentare italiano o europeo o da
un’altra regione, le aliquote del contributo
di solidarietà sono maggiorate del 40%.
Pertanto, sarà al 11,2% fino ai 1.500 euro
lordi, al 14% dai 1.501 ai 3.500, al 18,2% dai
3.501 ai 6.000 e al 23,8% oltre i 6.000 euro
sempre lordi. I titolari di assegno vitalizio
diretto o di reversibilità che hanno un reddito
lordo complessivo annuo ai fini Irpef inferiore
I
o pari a 18.000 potranno invece chiedere
l’esenzione di tale riduzione temporanea
del vitalizio.
Inoltre, in attuazione di alcune disposizioni
contenute nella legge di stabilità nazionale
2014, a decorrere dall’1 gennaio 2015 e per
un periodo di tre anni, nei confronti dei consiglieri che superano quattordici volte il trattamento minimo Inps è prevista una decurtazione del 6 per cento per la parte eccedente
il predetto importo lordo. Tale aliquota cresce
fino al 18 per cento se il vitalizio supera di
trenta volte il trattamento minimo Inps (che
è pari a 501,38 euro mensili nel 2014). I risparmi derivanti da tali misure di contenimento della spesa saranno versati all'entrata
del bilancio dello Stato.
Chi ha un doppio vitalizio, inoltre, potrà rinunciare a quello della Regione Lazio: in
questo caso gli sarà riconosciuta la restituzione dei contributi versati, purché ne faccia
richiesta entro 30 giorni dall’entrata in vigore
della nuova legge, senza rivalutazione monetaria o riscossione di interessi. Con la
nuove disposizioni il trattamento previdenziale contributivo, introdotto dalla legge
4/2013, non ha più natura obbligatoria. Pertanto, i nuovi consiglieri potranno scegliere
di aderire al sistema pensionistico contributivo entro sessanta giorni dalla prima convocazione del Consiglio.
Per i consiglieri dell'attuale legislatura alla
prima nomina, quelli cioè che non hanno
diritto al vitalizio, potranno, se lo vorranno,
richiedere la restituzione anticipata dei contributi previdenziali già versati dall’inizio
della legislatura (2013) a oggi, rinunciando
dunque alla pensione che avrebbero preso
a 65 anni. Infine, sarà bloccato per i prossimi
tre anni l’adeguamento Istat.
Dopo l’approvazione della norma, è subito
partita la grancassa mediatico-propagandista del presidente Zingaretti, cui ha subito
replicato il vicepresidente e capogruppo
de La Destra, Francesco Storace: “Un presidente della regione serio non si sarebbe
dovuto limitare ad un generico ringraziamento ai consiglieri regionali per l’approvazione della norma sui vitalizi che noi abbiamo approvato all'unanimità e con convinzione in sua assenza. Ci sono fatti - ha
aggiunto Storace - che il governatore fa
UN’ALTRA PROTESTA È ANDATA IN SCENA NEL CONSIGLIO COMUNALE DI IERI
Multe-gate, Marino pronto a chiarire
La precisazione dell’avvocatura capitolina: il rilascio dei permessi
riservati alle cariche elettive deve essere inoltrato dal gabinetto del sindaco
n’altra giornata di tensione in Campidoglio.
Durante il Consiglio comunale di ieri, le forze politiche di opposizione - che hanno presentato una mozione
di sfiducia, contrari solo i 5
stelle - sono tornate ad attaccare il sindaco Ignazio Marino
sul noto caso multe-gate, dopo
che la Panda rossa del primo
cittadino è stata pizzicata in
divieto di sosta. Il Pd anche
questa volta ha mostrato la
sua fragilità. A sorpresa, è
U
stato lo stesso coordinatore
della maggioranza Fabrizio
Panecaldo, che secondo voci
autorevoli ne è stata chiesta
la testa, a invitare il chirurgo
genovese in Aula Giulio Cesare per un chiarimento.
La seduta è stata sospesa.
Prima la riunione di maggioranza, a seguire quella dei
capigruppo. Dopo una fase
di stallo, il Pd ha comunicato
che il primo cittadino si è
detto disponibile al confronto,
proponendo alla conferenza
dei presidenti dei gruppi consiliari la calendarizzazione
per il primo Consiglio utile.
Intanto dall’avvocatura capitolina è arrivata l’attesa precisazione circa il rilascio e il
rinnovo del permesso della
zona a traffico limitato (ztl).
Per il Comune di Roma - si
legge - il rilascio dei permessi
riservati alle cariche elettive
deve essere inoltrato dal gabinetto del sindaco.
E’ stata comunque un’altra
giornata di proteste. Un grup-
po di militanti di Ncd è tornato
a contestare in Aula il primo
cittadino. “Multa-gate: il Pd
come le tre scimmiette”, è
quanto scritto su un grosso
striscione. Non solo: alcuni
dei militanti hanno invaso l’Aula Giulio Cesare a lavori chiusi, per appostarsi sui banchi
della Giunta e dello stesso
sindaco, armati di cartelli con
le scritte “Dona un soldino al
sindaco Marino” e “Daje co’
‘ste multe”.
G.S
male a trascurare, preso dalla sua ansia da
propaganda. Il primo: il sì dei grillini alle
nuove regole sui vitalizi ha consentito un
voto unanime e conferma che si è fatto un
buon lavoro e la vergogna è che la maggioranza pensi di appropriarsene. L’abolizione del regime vitalizio viene dal decreto
Monti del 2012 e dalla conclusione della
legislatura Polverini.
Ora si è anche innalzata l’età ed il provvedimento è stato sostenuto anche da consiglieri che a 50 anni avrebbero maturato il
vitalizio perché eletti nelle precedenti legislature e ora si vedono allungare di 15
anni quel traguardo. Lo hanno fatto e vanno
ringraziati uno per uno, assieme a chi rinuncerà al cumulo dei vitalizi. Se nei prossimi
anni si risparmieranno milioni di euro e'
grazie al sacrificio personale di alcuni consiglieri regionali e non di tutti. Zingaretti
non lo dimentichi: col cinismo si fa poca
strada. Noi restiamo orgogliosi di aver votato
norme giuste che abbiamo contribuito a
determinare con proposte di legge. Ma
francamente - ha concluso Storace - il violino
del governatore è stonato”.
Venerdì 14 novembre 2014
8
Dall’Italia
CREMONA - È LA QUINTA VITTIMA IN POCHI GIORNI
Il maltempo uccide ancora
Un trentaseienne è caduto in acqua mentre cercava di aprire una chiusa: il cadavere recuperato in un mulino
allagato. Intanto a Biella è stata aperta un’inchiesta sul decesso dell’anziano travolto da una frana
di Barbara Fruch
cadere. I pompieri hanno lavorato
a lungo per estrarre il corpo, finito
incastrato sotto una pala del mulino.
Si tratta della quinta vittima in pochi
giorni. Mercoledì il maltempo ha
causato due vittime in Piemonte.
La prima, Brunello Canuto Rosa, 66
anni, è stato travolto da una frana
mentre stava valutando le condizione della legnaia di casa insieme
ad un vicino di casa. Per lui non c’è
stato più nulla da fare, salvo invece
l’amico, Marco Fava, 55 anni, estratto
dalle macerie e portato immediatamente all’ospedale di Borgosesia
con un grave trauma toracico da
schiacciamento. Ora l’uomo si trova
ricoverato in prognosi riservata nel
reparto di animazione. Sull’accaduto
ieri la procura di Vercelli ha aperto
un’inchiesta, al momento contro
ncora un vittima del maltempo. Un trentaseienne,
Armando Vagni, è morto
a Moscazzano, nel Cremonese. Il corpo é stato
recuperato dai sommozzatori dei
vigili del fuoco nei pressi di un mulino invaso dall’acqua (nella foto
Ansa).
L’uomo, giardiniere e manutentore
di chiuse, è annegato proprio mentre
stava cercando di aprire una chiusa
per far defluire l’acqua da una roggia-mulino. A far scattare l’allarme
sono state alcune persone che erano
con lui mercoledì sera e lo stavano
guardando mentre svolgeva il suo
lavoro: subito hanno chiamato i vigili
del fuoco quando lo hanno visto
A
ignoti. Omicidio colposo il reato
ipotizzato dai magistrati, che intendono accertare eventuali responsabilità.
Un’altra tragedia si era consumata
martedì sul Lago Maggiore, dove
un 70enne, residente a Bodio Lomnago (Varese), era stato ripescato
senza vita al porto di Ispra, dai sommozzatori dei vigili del fuoco. L’anziano stava cercando di svuotare
una piccola imbarcazione di sua
proprietà quando è finito in acqua.
Martedì invece le forti piogge avevano provocato la morte di una coppia i pensionati, Carlo Arminise, 73
anni, e Franca Iaccino, 69, sepolta
da una frana che aveva investito la
loro abitazione a Leivi, in provincia
di Genova.
LA CONTA DEI DANNI
Frane, allagamenti e disagi al Nordovest
La perturbazione che ha messo in ginocchio il Settentrione si allontana per poco.
Tregua fino ad oggi, quando la situazione tornerà critica soprattutto sul territorio ligure
reve tregua al maltempo nel nord, dove
si è alle prese con la conta dei danni dovuti dalle frane e gli allagamenti che
hanno colpito in particolare la Lombardia,
il Piemonte e la Liguria. Sarà purtroppo una
veloce parentesi di bel tempo, perché già da
stasera le condizioni meteo torneranno a peggiorare sensibilmente
Lombardia – La Lombardia è una delle regioni
in cui si sono registrati i maggiori disagi. Milano
mercoledì ha vissuto l’ennesima emergenza per
le piene del Seveso e del Lambro. Il Seveso,
dopo aver allagato alcune zone della città mercoledì, è tornato nel suo alveo e la viabilità
nell’area Niguarda è tornata alla normalità. Il
Lambro, che è esondato anche nel Monzese, rimane a livelli elevati, con il parco Lambro sott’acqua e problemi in alcune aree limitrofe.
Per ieri nella zona più colpita (la zona 9, nel
nord della città) è stata decisa la chiusura delle
scuole e il Comune ha invitato a limitare al
minimo l’uso dell’auto privata. Nel Varesotto
invece, dove è esondato il Lago Maggiore, non
ci sono stati ulteriori danni. L’altra notte invece
una frana a Cernobbio (Como) ha sfiorato una
casa e un’auto, senza però fare feriti. Allagamenti
avvenuti nella serata di mercoledì in degli impianti
di Melzo Scalo hanno rallentato la circolazione
dei treni sulla tratta Milano-Brescia. In particolare,
i danni provocati dall’acqua hanno reso necessari
alcuni interventi sulla linea che hanno inoltre
determinando ritardi di circa 30 minuti. Riprogrammata di conseguenza l’offerta commerciale
del trasporto regionale con una riduzione del
50% dei treni. Regolare l’offerta dei treni a lunga
percorrenza.
Piemonte – Ancora sotto osservazione i laghi in
Piemonte. Scuole e Provincia chiusi ieri a Verbania,
dove il Lago Maggiore è uscito dagli argini. Il
lungolago a Pallanza risulta impraticabile, mentre
tra Stresa e Belgirate la circolazione ferroviaria
è stata interrotta a causa di uno smottamento.
Critica la situazione anche sul Lago d’Orta, dove
il paese più colpito dai danni del maltempo è
Pella, nel Novarese. Mercoledì inoltre una frana
ad Alzo di Pella si è abbattuta su una abitazione,
senza conseguenze drammatiche. Tuttavia una
cinquantina di persone hanno passato la notte
fuori casa, da parenti o in albergo. Non lontano
da Ivrea un masso è invece caduto su una strada
provinciale, isolando il paese di Robordone,
B
Lambro, l’allarme
ignorato
on sono bastate le tragedie viste in
Toscana e Liguria, perché il Comune di
Monza prendesse con sufficiente serietà
la situazione meteo e lo stato di piena del
fiume Lambro. Mentre il tam-tam su Facebook
tra i cittadini, corredato da Foto e Video della
situazione, mostrava chiaramente uno stato di
piena preoccupante, il Comune di Monza ignorava lo stato di allerta diramando invece comunicati rassicuranti.
“… non c’è nessun codice rosso a Monza” rispondeva il comune di Monza con tono scocciato a chi chiedeva informazioni sulla probabile
esondazione del fiume in città. Peccato che
dopo poche ore, la protezione civile chiedeva
agli abitanti della zona centrale a confine con
il Lambro di abbandonare le proprie case per
ragioni di sicurezza.
Così mentre arrivavano notizie dagli sfollati, il
Comune ancora minimizzava sulla situazione
meteo.
“I cittadini Monzesi sono molto arrabbiati per
come il Comune ha gestito questa emergenza,
il Sindaco ha preso davvero poco seriamente
lo stato di piena del fiume, e con qualche attenzione in più non saremmo stati costretti ad
affrontare lo stato di piena e le evacuazioni in
piena notte, speriamo non di debba attendere
una nuova tragedia perché le regole del buon
senso siano rispettate” dichiarazione Coord.Provinciale Monza e Brianza de La Destra Meloni
Massimiliano Meloni
Massimiliano.
N
dove vivono una trentina di famiglie. Lo smottamento si è verificato sulla strada provinciale 49,
che in Alta Valle Orco collega i paesi di Sparone,
Ribordone e Soana, nell’Eporediese. Intanto
nella giornata di ieri la pioggia ha concesso una
tregua sul Piemonte, ma da oggi è atteso un
nuovo peggioramento delle condizioni metereologiche.
Allarme Po in Emilia – Sotto osservazione anche
il livello che ha superato il livello 2 a Boretto: la
protezione civile dell’Emilia Romagna prevede
il superamento del livello 3 a Casalmaggiore e
Boretto nelle prime ore di oggi, a Borgoforte nel
pomeriggio. L’organizzazione ha quindi attivato
quindi dalle 4 di oggi l'allarme per piena per
Colorno, Mezzani, Boretto, Brescello, Gualtieri,
Guastalla e Luzzara. Resta il preallarme (criticità
moderata 2, con livelli prossimi al 3) per i comuni
piacentini e parmensi già oggetto d’allerta alcuni
giorni fa. Sempre a Piacenza, a causa del pericolo
di esondazione del torrente Riello, è stato chiuso
un tratto della Tangenziale sud in entrambe le
direzioni.
Cessata allerta in Liguria – In Liguria è cessato
ieri mattina lo stato di allerta, come comunicato
dalla Protezione Civile, che dispone però il monitoraggio delle aree a rischio frana, esondazione
e in tutte le zone che i comuni ritengono di par-
ticolare criticità. Continuano le operazioni dei
soccorritori a Chiavari e nelle altre aree alluvionate. A Genova, dopo i numerosi smottamenti
avvenuti mercoledì e nei giorni scorsi, l’altra
notte si è avuta una frana in Val Polcevera, in via
Domenico Carli. Uno smottamento è stato segnalato in nella mattinata di ieri in località Monte
Guano. Parchi e cimiteri sono chiusi in considerazione dello stato del terreno. Da oggi però la
situazione sembra destinata a peggiorare nuovamente. La Protezione Civile ha emesso una
nuova allerta meteo di livello 1 su tutto il territorio
regionale dalle 21 di stasera alla mezzanotte di
sabato.
Peggiore nel fine settimana – Mentre si procede
con la conta dei danni, ci si prepara a un nuovo
peggioramento meteo. Secondo le previsioni
dovrebbe tornare a piovere tra sabato e domenica. Mentre oggi non pioverà su quasi tutta
Italia, è già pronta una nuova forte perturbazione
che sabato colpirà il Nord e la Toscana con
piogge intense, nubifragi e nuova allerta per rischio alluvionale sulla Liguria, Piemonte, Alpi,
Prealpi e Toscana, per spostarsi anche su Lazio
e Sardegna. Domenica ancora piogge ovunque,
mentre da giovedì prossimo la pressione aumenterà su tutta la Penisola riportando il bel
B.F.
tempo ovunque.
9
8
Venerdì 14 novembre 2014
Dall’Italia
MAXI INCHIESTA A GENOVA
SCOPERTA DAGLI INVESTIGATORI A TORINO
Appalti in cambio di sesso,
retata e arresti all’Amiur
Nei guai imprenditori e dirigenti della municipalizzata
che si occupa della raccolta dei rifiuti nel capoluogo ligure
remano i palazzi
dell’Amiu di Genova,
l'azienda municipalizzata che si occupa
della raccolta dei rifiuti nel
capoluogo ligure.
I carabinieri del Noe, con il
coordinamento dei pm Francesco Cardona Albini e Paola
Calleri, hanno infatti arrestato
sette persone, a conclusione
di un'inchiesta in corso da
tempo sugli appalti truccati.
A finire in manette anche
Corrado Grondona, responsabile legale e affari generali
dell'Amiu, e i due noti imprenditori del settore movimento terra Vincenzo e Gino
Mamone. Le persone colpite
da ordinanza di custodia cautelare sono nel complesso
sette: il dirigente area acquisti
ufficio legale di Amiu Corrado Grondona, gli imprenditori
Gino e Vincenzo Mamone,
Luigi Mamone, figlio di Vincenzo, Claudio Deiana, titolare
della società RGD, Stefano
Raschellà e Daniele Raschellà, imprenditori della società
Edildue.
T
Tre funzionari dovrebbero invece essere interdetti dalle
loro funzioni, dopo l'interrogatorio col gip Roberta Bossi.
Secondo l'accusa, gli uomini
di Amiu avrebbero concesso
appalti agli imprenditori in
cambio di notti con escort e
cene. La procura ipotizza a
vario titolo l'associazione per
delinquere finalizzata alla corruzione, alla turbativa d'asta,
all'omessa denuncia e alla
falsità ideologica.
Una svolta inaspettata per
l’azienda tanto che nella sede
di via D'Annunzio Massimo
Bizzi e Roberto Ademio, tra i
protagonisti della vicenda, si
sono presentati regolarmente
in ufficio ed hanno appreso
la notizia da internet.
Il primo è il dirigente responsabile della raccolta ri-
fiuti della municipalizzata, il secondo un
funzionario dell'Ufficio Acquisti di Amiu.
Carlo Sacco, direttore
della discarica di
Scarpino da un mese
è assente dall'azienda per malattia. Nell'ordinanza di custodia cautelare si legge
che "Mamone e Raschellà sistematicamente remuneravano
Grondona mediante
l’offerta di cene spesso implicanti incontri
sessuali con prostitute retribuite dagli
stessi Mamone". Inparticolare, i presunti episodi
di corruzione sarebbero "correlati a servizi per eventi alluvionali... tra cui la redazione
da parte del responsabile
del procedimento attestante
i motivi dello stato di urgenza... in violazione dei principi
di buon andamento, correttezza ed imparzialità della
pubblica amministrazione".
Francesca Ceccarelli
Furti seriali di rame
sgominata banda
Secondo gli inquirenti un “colletto
bianco” dietro l’organizzazione
gestirebbe il commercio. 29 in manette
n’organizzazione capillare: vere e proprie
squadre di "operai" specializzati nel furto di rame
nelle fabbriche dismesse e
abbandonate del torinese.
I malviventi gestivano il “lavoro” con turni di più o meno
cinque persone per volta, focalizzandosi su una micro area
per volta.
Le indagini portate avanti dai
carabinieri hanno portato negli
ultimi 40 giorni all’arresto di
29 persone, ritenute responsabili del furto di oro rosso,
ma c’è di più: gli investigatori
ritengono che, dietro tutto il
giro ci siano dei "colletti bianchi", ovvero persone insospettabili che organizzano e
gestiscono il traffico di rame.
Negli ultimi giorni i carabinieri
della compagnia di Chieri
hanno arrestato 13 persone,
U
12 romeni e un italiano. Le
azioni dei ladri erano così organizzate secondo quanto ricostruito: gli "operai" suddivisi
in due squadre, assaltavano
le fabbriche.
Quindi ogni squadra aveva un
suo furgone e un "mastro" che
coordinava le operazioni. L’ultimo assalto è stato fatale: mentre sette malviventi, tutti romeni
tra i 19 e i 52 anni, cercavano
di ripulire un ex fabbrica, ,
sono stati colti in flagrante dai
carabinieri e quindi arrestati.
È finito in manette anche un
italiano, Antonio Fioravante,
53 anni, di Santena: i carabinieri pensano sia lui il basista
dei ladri che da mesi stanno
colpendo gli stabilimenti della
zona. La refurtiva recuperata
dai militari consiste in 700 chili
di metallo.
F.Ce.
OPERAZIONE DEL NOE DI BARI
IL BLITZ A VARESE
Eternit interrato
in un’azienda nel Foggiano
Traffico di cuccioli:
liberato canile lager
Le lastre di amianto immesse a poche centinaia
di metri dal Parco Naturalistico del Lago di Lesina
Gli animali importati illecitamente dall'Est Europa
Denunciate due donne che gestivano l’allevamento
astre di eternit smontate
e interrate in un terreno
situato alle spalle dell’edificio di un’azienda agricola di
Poggio Imperale, oltre a materiale di risulta e materie plastiche. A scoprirlo sono stati i carabinieri del Nucleo Operativo
Ecologico di Bari, che su disposizione della Procura di Foggia hanno sequestrato il piazzale
della ‘San Michele Spa’.
L’area, situata a poche centinaia
di metri dal parco naturalistico
del Lago di Lesina e accanto
all’impianto di depurazione
della falda acquifera utilizzata
per lavare ortaggi, si estende per oltre 5000mila
metri quadrati per un valore di 150mila euro.
Da una documentazione risultavano però lavori
di rimozione di lastre d’amianto per una superficie di 350 metri quadrati. Durante l’ispezione i militari del NOE hanno notato nel retrostante piazzale aziendale riporto di materiale
da risulta ricoperto a sua volta da terreno da
scavo che presentava strane chiazze di colore
grigio scuro. In seguito all’indagine, ed in
particolare confrontando dati di rilevazione satellitare del sito, grazie ad una costante e dedicata attività satellitare per la prevenzione e repressione dei crimini ambientali, l’autorità giudiziaria foggiana ha emesso un decreto di se-
n casolare isolato usato come un canilelager, a Varese le forze dell’ordine e associazioni animaliste hanno trovato un allevamento abusivo di cani.
Sì è conclusa, nella giornata di ieri un’operazione
della polizia provinciale di Monza Brianza
contro il traffico illecito di cuccioli di razza provenienti dall’Est Europa, che ha portato alla
perquisizione di un casolare situato a Coquio
Trevisago (Varese), e il salvataggio di 45 animali.
Durante il blitz , effettuato su ordine della
Procura di Monza , al quale hanno partecipato
anche la polizia locale di Macherio e dell’Unione
dei Comuni del Basso Verbano, oltre alle Asl di
Monza e Brianza e Varese, sono stati rinvenuti
e sequestrati 45 cuccioli di cane di varie razze
(42 chihuahua, 2 shitsu,1 levriero afgano), che
erano detenuti in spazi angusti ed in pessime
condizioni igienico-sanitarie. Ad occuparsi
degli animali erano due donne dell’Est Europa,
che per ora sono state denunciate per maltrattamento.
I cuccioli, evidentemente appena arrivati dai
Paesi dell’Est, entravano in Italia con documentazione falsificata, attestante un’età anagrafica diversa da quella reale, per poter essere
immessi sul mercato con maggiore facilità. Le
indagini sono partite circa otto mesi prima da
Macherio, residenza delle due donne originarie
della Cecoslovacchia che gestivano il business
di compravendita degli animali. Queste ultime,
durante le attività investigative avevano trasferito
L
U
questro ed informazione di garanzia nei confronti
dei legali rappresentanti, direttori tecnici e procuratori dell’azienda, per aver "illecitamente
smaltito mediante tombamento rifiuti speciali
pericolosi e nel contesto ordinato attività di
escavazione presso l’area con nomina di consulente chimico".
Dalle operazioni di escavazione sono affiorati
rifiuti riconducibili a frammenti di lastre di eternit,
residui di demolizione, materiale combusto e
plastiche con grave danno all’ambiente ed all’integrità del sottosuolo e delle falde acquifere,
in un’area attigua all’impianto di depurazione
di acqua di falda per la produzione e il lavaggio
Ch.C.
di ortaggi.
la loro sede operativa nel basso Verbano, in
Provincia di Varese, scegliendo un casolare in
una località isolata come centro di smercio dei
cuccioli che venivano venduti con prezzi fino
a 1.700 euro. Ma nella villa viveva anche un
uomo che è risultato essere proprietario di
alcuni dei cani. L’operazione è stata congiunta
tra Polizia Provinciale, che da tempo seguiva
la pista di un traffico di cuccioli dall’Est, Polizia
locale, Corpo Forestale dello Stato, associazioni
Oipa ed Enpa di Monza. Gli animali sono stati
ricoverati in parte al canile sanitario della Asl
di Varese, in parte presso associazioni animaliste,
ora al lavoro per trovare una sistemazione ai
45 cani, oggi ospitati presso varie strutture tra
Ch.C.
Milano, Monza e Varese.
10
Venerdì 14 novembre 2014
Dall’Italia
INCREDIBILE SENTENZA IN CALABRIA: SESSANTAMILA EURO A TESTA PER INGIUSTA DETENZIONE. UNO DI LORO È “CADUTO” IN SIRIA
Combattono per l’Isis: lo Stato li risarcisce
Arrestati nel 2011 perché sospetti di terrorismo, vengono scagionati in Cassazione:
addestrarsi su internet a realizzare cinture esplosive e a fare i cecchini “non è reato”
di Bruno Rossi
rahim è vivo e lotta insieme a noi. Con i soldi
dello Stato italiano, s’intende. Che, per l’intanto,
andranno ad un imam, un
simpatico religioso islamico impiantatosi in Calabria. Brava persona, senz’altro. Ma qualcuno è
pronto a giurare che i sessantamila
euro concessi dalle istituzioni del
Paese che lo ospita non finiranno
ora, almeno in parte, a finanziare
la Jihad in atto in Siria? Chi se la
sente lo faccia. Ma prima legga la
storia di Brahim, da cima a fondo.
Il ragazzo, era stato arrestato dalla
Digos nel 2011 perché accusato
di addestramento al terrorismo,
insieme a Younes, un suo amico, e
a suo padre Mohammed. I tre erano
stati trovati in possesso di video
in cui veniva spiegato ai futuri jihadisti come fabbricare ad esempio una cintura esplosiva, o come
diventare un bravo cecchino. Ro-
B
In alto, Brahim Garouan
betta da far tremare i polsi, perché
con queste storie non si scherza.
Di cellule dormienti dell’Isis, tanto
per dire, ne sono arrestati 200 a
Parigi nei giorni scorsi, sulla scorta
di puntuali indicazioni fornite dall’intelligence irachena. Da chi cioè
sta sul campo e assiste, dall’altra
parte della trincea, al flusso sia di
nuovi arruolati che delle ingenti
somme che occorrono ad uno Stato
qualsiasi, che sia un autoproclamato Califfato o meno, per combattere le sue guerre. Per carità, i
coltelli con cui staccare misericordiosamente le teste degli infedeli catturati a vario titolo in Siria
e Iraq sono tutto sommato a buon
mercato, e le televendite occidentali sono piene di vari “tagli” disponibili a qualche decina di euro.
Ma qualche decina di migliaia dio
euro per esplosivi e armi di precisione potrebbe pur sempre utile.
A prescindere dall’utilizzo che se
ne voglia fare: a Kobane, per dire,
o a Baghdad e ad Aleppo. Oppure
in Occidente.
Fatto sta che per la giustizia italiana
adesso Brahim Garouan, suo padre
Mohammed, imam di Sellia Marina
(Catanzaro) e Younes Dahhaki non
erano terroristi, tanto che, oltre all’assoluzione nel processo penale,
adesso riceveranno il risarcimento
per ingiusta detenzione di circa
180 mila euro. In Cassazione le
accuse non ressero in quanto, per
la Suprema Corte, “il terrorismo
virtuale, fatto di manuale e corsi
di formazione, non è reato”: dopo
8 mesi e 8 giorni di reclusione, i
tre furono dunque scarcerati e fuggirono nuovamente in Marocco.
Tutti e tre, però, sono partiti in
Siria per combattere a fianco dell’esercito di Assad e uno di loro,
Brahim Garouan, è morto lo scorso
aprile durante uno scontro.
Il denaro del risarcimento potrebbe
ora andare alla loro famiglia.
In molti hanno finora accusato
l’Occidente di aver finanziato i
tagliagole dell’Isis. Ebbene, per
una volta, grazie a un magistrato,
l’Italia riesce finalmente ad essere
la prima nel mondo ad averlo
fatto ufficialmente.
TERRIBILE INCIDENTE A PAVIA
Travolta e trascinata da un’auto rubata: è grave
Elena Maria Madama, consigliere comunale del Pd, investita in Strada Nuova,
in centro città, sarebbe in condizioni stabili. I ladri sono riusciti a fuggire a piedi
ravolta da un'auto rubata
e trascinata per centinaia
di metri. È molto grave
ma in condizioni stabili Elena
Maria Madama, 26 anni, consigliera comunale a Pavia per
il Pd, vittima mercoledì sera di
un investimento in Strada Nuova, nel centro storico del capoluogo. La macchina, di colore
bianco, non si è fermata ed è
stata abbandonata in una via
adiacente.
L'auto, una Opel Insigna, risultata rubata nel Milanese, ha
travolto la ragazza all’altezza
dell’università e in molti hanno
assistito alla scena drammatica
del corpo della ragazza, inca-
T
strato sotto l’auto che procedeva ad alta velocità.
La folle corsa del mezzo si è
interrotta solo perché in direzione opposta stava arrivando
un autobus che ha bloccato il
percorso. Soltanto in quel momento il corpo della giovane
si è finalmente liberato dal fondo dell’auto rimanendo a terra.
Il mezzo ha poi svoltato in una
via adiacente e i due uomini
sono fuggiti a piedi. La polizia
li sta cercando in tutta la città.
La donna è stata soccorsa dai
medici del 118 che, dopo averla intubata e sistemata su una
barella, l’hanno caricata su
un’ambulanza e trasportata al
pronto soccorso del Policlinico
San Matteo di Pavia, dove i
medici hanno riscontrato sul
corpo della giovane diverse
fratture e ferite. Le sue condizioni generali, spiega un bollettino della direzione sanitaria,
“si sono stabilizzate. La paziente, che ha subìto un grave
politrauma con interessamento
cranio-encefalo-facciale, toracico e addominale, non ha più
sanguinamenti in atto, è sedata
profondamente ed è assistita
con ventilazione meccanica.
La prognosi è ancora riservata,
in particolare per il trauma
cranio-encefalico. In considerazione della gravità delle le-
sioni della faccia, che richiederanno interventi plurimi di
alta specializzazione come nel
grande ustionato - prosegue il
bollettino - i rianimatori del
San Matteo hanno preso contatto con i colleghi dell’Anestesia e Rianimazione 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano,
dove la paziente verrà trasportata oggi stesso (ieri,ndr) per
la prosecuzione delle cure”.
Il drammatico investimento è
avvenuto sotto gli occhi di centinaia di persone e di numerosi
commercianti che svolgono la
loro attività nei negozi di Strada
Nuova, la via dello shopping
cittadino. Una via nella quale
transitano solo gli autobus, i
taxi e le vetture dotate di permesso speciale. Per questa ragione a molti è parso strano
che sfrecciasse una macchina
a tutta velocità. E lo sconcerto
iniziale ha lasciato spazio alle
urla disperate di tanti che hanno visto il corpo della donna
incastrato sotto l'automobile,
trascinato per centinaia di metri
lungo la strada. Qualcuno, stando ad alcune testimonianze,
CASO STORICO A BOLOGNA
L’EPISODIO SUL MESSINA-MILAZZO
Chiede il biglietto,
accoltellato capotreno
Protesi all’anca a bimba di 17 mesi
La piccola aveva una rara forma di tumore,
ora ha due anni e potrà camminare
n caso di buona sanità.
Evento storico, il primo
al mondo, all'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
Una protesi all'anca è stata
impiantata a una bimba di
17 mesi. "E' il primo caso
nella storia dell'ortopedia internazionale di intervento di
questo tipo su un paziente
non ancora in grado di camminare", fa sapere la struttura.
La piccola paziente aveva
una forma rara di tumore os-
U
seo. Ora, a 2 anni e mezzo,
cammina. "In letteratura scientifica non ci sono casi di impianto di protesi d'anca in
pazienti così piccoli, non ancora in grado di camminare"
spiega l'ortopedico l'ha seguita, Marco Manfrini.
A illustrare l'intervento è l'ortopedico che ha seguito la
bambina, Marco Manfrini,
che coordina il Centro di riferimento specialistico terapie
chirurgiche innovative nei
sarcomi muscolo-scheletrici
dell'età evolutiva della Clinica
Ortopedica III a indirizzo oncologico, diretta da Davide
Maria Donati. "Zoe – afferma
il medico - aveva una forma
rara di tumore alle ossa, sviluppatasi nel femore. Con
l'intervento dovevamo prima
eliminare la parte di femore
attaccata dal cancro e poi
sostituirla. Ma dovevamo capire come, visto che nella
letteratura scientifica non ci
avrebbe anche cercato di inseguire a piedi i due ladri
d'auto, che però sono riusciti
a far perdere le proprie tracce.
Alle ultime elezioni comunali,
Elena Maria Madama era stata
la più votata, con 481 preferenze. Impegnata in politica
fin dagli anni della scuola, sta
svolgendo la pratica legale
nello studio di un avvocato.
Carlotta Bravo
ncora violenza a bordo di mezzi
pubblici. Un capotreno è stato
accoltellato verso le 11 di ieri
mattina sul convoglio Messina-Milazzo.
In prossimità della stazione di Spadafora il controllore Riccardo Caristi,
41 anni (nella foto di MessinaOra),
ha chiesto a due viaggiatori, che potrebbero essere stranieri, di esibire il
biglietto. Per tutta risposta è stato
prima insultato e poi aggredito e ferito
alla spalla.
La vittima è ricoverata in ospedale
in prognosi riservata ma non in
pericolo di vita.
A
sono ad oggi casi di impianto di protesi d'anca in
pazienti così piccoli, non
ancora in grado di camminare". Così, in prima linea,
è partito il lavoro d’equipe
medica insieme a Manfrini
ed altri ricercatori dell'Istituto
Ch.C.
bolognese.
Appena il treno è arrivato in stazione,
i due aggressori sono scesi e sono
fuggiti. I carabinieri di Milazzo sarebbero sulle loro tracce.
Solidarietà è stata espressa dal comitato dei pendolari. Il capotreno accoltellato è un dirigente del sindacato
Orsa trasporti. “Da anni – dice il segretario provinciale Michele Barresi
– chiediamo maggiore sicurezza nelle
stazioni e sui treni. Ci vogliono più
controlli da parte delle forze dell’ordine.
E’ inconcepibile che dei dipendenti
debbano rischiare la vita facendo il
proprio lavoro”.
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Venerdì 14 novembre 2014
Cinema
PRODOTTO DA CATTLEYA E DISTRIBUITO DALLA UNIVERSAL PICTURES
“La scuola piu bella del mondo”
è quella di Luca Miniero
Dopo il successo di “Benvenuti al Sud”, il regista partenopeo torna in sala
di Luciana Caprara
l Miniero d’oro, più volte campione
d’incassi al botteghino con i suoi film,ritenta il successo diBenvenuti al sudproponendo in forma di commedia,gli
antipodi nell’incontro-scontro fra settentrione
e meridione costruendo la risata sui pregiudizi di entrambi.
Così anche in questo film,si ride degli stereotipi e dell'escalation paradossale degli
eventi, dalle battute colte come di quelle
trash.
Insomma Miniero prosegue la messa in
scena confrontarsi su schermo due scuole
in un gemellaggio all'insegna del "misunderstanding": la prima di Acerra provincia
di Napoli diretta dal preside Lello Arena, la
seconda Toscanadiretta dal preside un po'
snob: Christian De Sica.
Niente di nuovo su schermo, ma Miniero ha
l'indubbia capacità di allontanarsi dagli stereotipi da cinepanettone per presentare ancora una commedia all'italiana che vira al
musical in forma favolistica, senza dimenticare quella sottotraccia sociale, a tema scolastico, che fa da collante all'intero soggetto
e che riporta anche un po’ alla mente lo
spaccato pedagogico-campano di Io speriamo che me la cavo.
Così Miniero prova a giocare con alcuni cliché che lo fanno, questa volta, quasi scivolare
in alcune scene alquanto banali e di un
buonismo di fondo che nei primi minuti era
stato intelligentemente evitato.
Tra incomprensioni, cinismo di stampo razzista,La scuola più bella del mondo parte
con tutte le buone intenzioni del caso, per
poi cadere in una prevedibile farsa da scolaresca e da svolte tanto improvvise quanto
particolarmente inspiegabili ed inutili.
I
Inevitabile la critica politica, che vede la
disastrata Italia attuale passata dall'educazione scolastica di un tempo firmata Maria
Montessori a quella televisiva alla Maria
De Filippi come esempio di una globalizzazione sbagliata e diseducativa.
Un film con cui proprio Miniero in prima
persona racconta le diverse realtà sociali
del nostro paese; declinandolo stavolta sul
tema dell'istruzione.
Vieneinfatti chiesto, agli attori, qualche
parola sui personali ricordi legati al mondo
della scuola:
"Io, da ragazzino, a scuola ero una pippa",
confessa De Sica. "Ho rifatto il primo liceo
e mi sono trovato in classe con Carlo Verdone,
e lì sono diventato bravo. Per me e Carlo, la
scuola è stata una vera accademia di arte
drammatica.“Finché non ho deciso di mollare
tutto per fare la scuola del night. Ho fatto
prendere un colpo a mio padre, conquesta
decisione, ma è stata anche la mia fortuna".
"Io andavo a scuola dalle suore", rivela
Arena. "Più che ricordarmi io di loro, sono
loro che si sono ricordate di me... visto che
ero uno dei peggiori allievi che avessero
mai avuto! Mi sono fatto perdonare solo recentemente, regalando alla scuola 90.000
volumi. Ho iniziato a recitare lì a 6 anni: ma
la cosa terribile era che i più bravi venivano
premiati con un bacio da parte di questa
vecchia suora. Un incubo."
"Io andavo bene a scuola", rivela
infine Papaleo. "Non facevo a botte,
avevo ottimi voti, i miei genitori
erano contenti. Ho avuto un'infanzia
di merda, insomma, da cacasotto:
non ho quei ricordi bellissimi di chi
ha marinato la scuola o fatto cose
proibite. La folgorazione l'ho avuta
grazie al mio professore di storia e
filosofia: lui ha scalfito questa mia
superficialità corta, mi ha emancipato, mettendomi addosso questa
curiosità, specie verso la storia e la
poesia. Non riesco a scherzare sul
tema della scuola: la ritengo un
nodo fondamentale della società”.
Insomma, tra i protagonisti un De
Sica mai volgaree sempre vicino ai
propri studenti e continuamente intenzionato a stimolarne il lato 'buono'.
Il suo personaggio affianca quello
del menefreghista professore interpretato da Papaleo, annoiato, stanco
e con una considerazione dei propri
alunni che non va oltre la pura e
semplice delinquenza. Nemmeno la vicinanza di Miriam Leone, candida professoressa della scuola toscana che per lui perderà
la testa anche se incapace di capirne le
battute, finisce per dargli sostanza.
A suon di Currecurreguaglió dei 99 Posse,
La scuola più bella del mondo sembra
spesso cedere la propria missione 'comica'
alla strada del politically correct un po’ alla
maniera radical chic.
Nel momento stesso in cui gli 'scugnizzi'
napoletani approdano al 'nord' il film cala
d'intensità, lasciandosi andare a sketch spenti
e tendenzialmente ingenui, per poi, purtroppo,giungere al termine con una vera e
propria pantomima gratuita sul finale.
DALLA COLLABORAZIONE DI NEXO DIGITAL, RTL 102.5, RDS, RADIO ITALIA E MYMOVIES.IT
Dal palco al grande schermo: i Modà sbarcano al cinema
Un live report nato dall’intuizione del leader della band, Kekko Silvestre
opo l'Olimpico e il San Siro, i
Modà conquistano le sale cinematografiche italiane con il
lungometraggio "Come in un film",
in cui raccontano la loro storia legata
ad uno dei fenomeni pop italiani di
questi ultimi anni. Non solo un “film
tributo”, ma un vero e proprio lungometraggio in cui i membri della
band diventano attori ripercorrendo
le tappe principali della loro carriera,
grazie anche ad aneddoti mai svelati
prima, tra backstage e immagini rubate dai due concerti che la band
stessa ha tenuto sino all’estate scorsa.
“È un viaggio nella nostra storia. Un
modo per raccontarci, per raccontare
aneddoti non conosciuti o anche fatti
personali e per svelare anche i nostri
difetti”- come spiega Kekko raccontando la nascita della band:
“Era il 2005. Io ero un po’ allo sbando
con la mia carriera. Non sapevo
bene cosa avrei fatto. E una notte ho
sognato Zeudi, una ragazza con cui
sono stato tanti anni fa, morta in un
incidente stradale. Ho chiesto a lei
se dovevo andare avanti, se dovevo
crederci. Lei, sorridendo, è rimasta
D
in silenzio. Mi sono fidato di quel silenzio e di quel sorriso”- E poi ancora:“Quando finiranno i Modà finirà
anche la mia carriera”.
Insomma, dopo aver conquistato una
larga fetta di pubblico, dischi di platino, premi e collezionato parecchi
concerti sold out, i Modà si raccontano in questo viaggio tra musica e
parole, dal buio della sala prove ai
riflettori puntati sul palco e gli spalti
degli stadi.
Dopo il trionfo del gruppo pop rock
italiano in concerto allo Stadio di
San Siro di Milano dello scorso luglio,
il suo leader Kekko Silvestre ha infatti
trasformato un intuizione / desiderio
nel soggetto per la sceneggiatura.
Un viaggio musicale nell’universo
dei Modà, per rivivere alcune delle
performance della band durante il
concerto dello scorso luglio e sbirciare sogni, segreti e motivazioni
che hanno guidato Kekko Silvestre
e i membri del gruppo, dal lontano
2002 ad oggi.
“Per raggiungere un sogno bisogna
inseguirlo, bisogna proteggerlo, bisogna avere la forza di perseverare
e di combattere, bisogna avere fede
e stima di se stessi… Ma per raggiungere un sogno spesso bisogna
fidarsi di alcuni segnali, e a volte
dare peso e senso ai sogni stessi"
Molto di più del reportage dei live
dei Modà: è un film concerto che
Kekko Silvestre insieme al suo partner collaudato, il regista Gaetano
Morbioli confezionano e portano in
sala.
Questo film permette di entrare ancora di più nell’universo dei Modà,
nei segreti e nelle motivazioni che
hanno guidato Kekko Silvestre dal
buio di una sala prove ai mille riflettori
accesi degli stadi. Il film concerto è
il racconto di una corsa verso il successo che non potrà che trovare
complici e tifosi nei loro numerosissimi, appassionati fan.
Idea, ma non solo: il noto regista
Gaetano Morbioli (suoi, tra l’altro, i
videoclip “Cuore e vento” e “Dove
è sempre sole”) dirige questa storia
orchestrandola tra le musiche della
band e portando al cinema lo spettatore per ascoltare un po’ di nuova
e buona musica italiana, per ri-vivere
emozioni di una sera diun racconto
tra immagini e note.
Il film concerto consentiràinfattiai
fan di rivivere sul grande schermo
le più belle performance della band.
Musiche, scene e sequenze narrative
si alterneranno nella pellicola, componendo un racconto corale che ci
permetterà di entrare in maniera più
profonda nell’universo dei Modà.
“Modà come in un film”prodotto da
Ultrasuoni e F&P Group, è distribuito
in contemporanea via satellite nelle
sale italiane da Nexo Digital in collaborazione con RTL 102.5, RDS, RaL.C.
dio Italia e MYmovies.it.
12
Venerdì 14 novembre 2014
Società
GRANDI NOVITÀ PER LA SHOWGIRL ROMANA
Alessia, i miei 40 anni tra famiglia e new look
Per la Marcuzzi una nuova storia d’amore con il produttore Paolo Calabresi Marconi
di Francesca Ceccarelli
ono ormai passati da quando la bella Alessia Marcuzzi
decise di buttarsi nell’avventura del fashion blog “la
Pinella”: da allora per lei
un grande successo di utenti da
tutta Italia la seguono per restare
sempre aggiornate sulle ultime tendenze in fatto di moda.
In occasione del suo 42esimo compleanno, Alessia ha deciso di festeggiare in modo diverso, regalandosi un "nuovo total look". E non
si parla di un abito o di un nuovo
taglio di capelli, ma di un intero restyling per il suo personal magazine
La Pinella.
Via il vecchio logo, cambia l'impaginazione e cambia anche tutta la
grafica che accoglierà i moltissimi
followers che ogni giorno seguono
i suoi aggiornamenti e le scrivono
attraverso il sito. Un look più consapevole, più raffinato ma sempre con
un tocco ironico e sbarazzino che
rispecchia il carattere di Alessia.
Molte le novità che si troveranno
collegandosi a lapinella.com: una
nuova sezione "Health" dove si parlerà di fitness, di cibo, di benessere
- una mappa interattiva che si animerà con i viaggi di Alessia e le
mete a lei più care - una rinnovata
S
collaborazione con Inside Art - due
canali nuovi social,Vine e Lookbook,
che si vanno ad aggiungere ai social
già presenti che hanno all'attivo
quasi tre milioni di fans - e una
playlist personale con i brani consigliati e scelti da Alessia stessa! E
non è ancora finita! In questi giorni
tornerà on line, rinnovata, anche
l'app mobile che racchiude al suo
interno tutto il mondo de "LaPinella"
e che permette di seguire tutti gli
aggiornamenti in tempo reale sul
proprio smartphone! Tanti consigli
su viaggi, città da scoprire, shopping,
ristoranti e locali, attività per i bambini, competition per i fan e contenuti esclusici con i backstage dei
prossimi programmi televisivi della
conduttrice.
“Per i miei 42 anni, mi sono regalata
un restyling, ma non ha niente a
che fare con il mio corpo… Ho deciso di dare un nuovo look al mio
blog LaPinella, rendendolo più fresco, moderno e raffinato. Spero vi
piaccia!”.
Un compleanno all’insegna della
sobrietà: candeline spente in famiglia, in compagnia della figlia Mia,
tre anni, e del fidanzato, Paolo Calabresi Marconi.
Lei e il produttore fanno coppia
fissa da poco più di otto mesi, ma
l'uomo sembra già essere entrato
nel cuore di entrambe. Il loro è
quindi il ritratto di una famiglia allargata in armonia, alla quale si aggiunge Tommaso, il figlio tredicennne della showgirl, nato dall'amore
con Simone Inzaghi. E, da qualche
settimana, anche il piccolo Leone
che con Mia condivide il padre,
Francesco Facchinetti.
“La nostra è una famiglia allargata
come tante e i miei figli sono molto
felici perché circondati da tanto
amore. Questa è l’unica cosa che
conta” ha scrittoAlessia su Facebook
dopo la nascita di Leone.
GRANDE ATTESA PER IL CALENDARIO DELL’EX GIEFFINA
PRIME INDISCREZIONI SUL PROGRAMMA DI CANALE 5
Francesca Cipriani:
il mio 2015 sarà sexy
Isola dei Famosi: spunta
la supercoppia Siffredi-Minetti
Tra gossip e tv, la showgirl ancora senza veli
rchiviata ormai da tempo
la sua esperienza sotto
le telecamere del Grande Fratello Francesca Cipriani
di nuovo sulla cresta dell’onda.
Per lei è infatti un periodo di
grande successo: in primis la
probabile partecipazione a
L'Isola dei Famosi 10 – rispetto
alla quale ha dichiarato a 'Gossip e TV': "Per ora non posso
dire nulla… Tutto assolutamente top secret! Staremo a
vedere" - ma anche il calendario sexy 2015.
Per l'ex Pupa è il terzo calendario: il primo risale al
2007 quando, appena uscita
dal Grande Fratello, posò
nuda per il maestro della fotografia Bruno Oliviero. Il secondo calendario sexy di
Francesca Cipriani fu quello
del 2011, prodotto da Mediaset e insieme a star del
calibro di Flo Marincea, Sarah
Nile e Lisandra Rodriguez.
Per il 2015 il set si è spostato
in cucina: il tema sarà infatti
a sfondo culinario. Mesi e
mesi di training per rimettersi
in forma e poi di nuovo a
posare senza veli: “Antos, il
mio personal trainer, ce la
sta mettendo tutta per farmi
arrivare al calendario in per-
L’annuncio dal Corriere.it: i telespettatori in grande attesa
A
ambio di rete e non solo
per uno dei programmi
di punta del palinsesto
italiano della prossima stagione: L'isola dei Famosi, in
onda su Canale 5 dopo l’addio a Rai Due, lancia le prime
indiscrezioni sul cast di
quest’anno. Tra tutti spunta
una super coppia impensabile, Rocco Siffredi e Nicole
Minetti.
Proprio loro potrebbero approdare su «L’Isola dei famosi», almeno secondo quanto
annunciato sotto forma di indiscrezioni dal Corriere.it.
C
fetta forma. Ormai ci siamo:
con una corretta alimentazione e tanta attività fisica,
stiamo raggiungendo gli
obiettivi che ci eravamo prefissati". La bionda maggiorata,
sempre a 'Gossip e TV', ha
spiegato: "Il mio sarà un calendario diverso dal solito,
culinario, appunto. Un calendario goloso e sexy al punto
giusto. Mi vedrete nelle vesti
di cuoca, vestita di pasta, ca-
ramelle ed altre bontà. Ogni
mese ci sarà un piatto di stagione con la relativa ricetta.
Farò cucinare anche gli uomini più svogliati. Realizzeremo a breve i primi scatti e
non vedo l’ora".
La partita-calendario è dunque
aperta: assieme alla Cipriani
concorrono nelle bacheche
hot Mariana Rodriguez e Laura
Forgia, anche loro nude per il
Calendario 2015.
La trasmissione, giunta alla
decima edizione che andrà
in onda su Canale5 probabilmente dal 26 Gennaio 2015
e condotta da Alfonso Signorini e Alessia Marcuzzi, ha
deciso di coprirsi con una
nuova veste hot che sicuramente terrà incollati al piccolo
schermo gli italiani.
I due concorrenti sono ben
noti alle cronache: Nicole Minetti, ex consigliere Regionale,
e Rocco Siffredi attore hot. I
due interpellati molte volte
dalla Ventura hanno sempre
risposto no, mentre adesso
potrebbero raggiungere gli
altri e intraprendere una dura
convivenza visti anche alcuni
nomi dei famosi vip già stati
confermati.
Non solo loro: sull'isola deserta infatti vedremo la vincitrice de "La Pupa e il Secchione" Francesca Cipriani,
Gue Pegueno leader e rapper
dei Club Dogo, tra l'altro ex
compagno proprio della Minetti, la velina mora Alessia
Reato, Angela Favolosa Cubista ex opinionista di "Uomini
e Donne" e l'attrice Serena
Grandi.