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Copertina Andaf ottobre 2014.qxt_Copertina Andaf 16/09/14 11.51 Pagina 1
LA
4
RIVISTA
DEI
D I R E T T O R I A M M I N I S T R AT I V I
E
FINANZIARI
Anno 11 - n. 4
Ottobre 2014
Contiene I.R.
Trimestrale
Copia omaggio
Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma
ISSN 2281-468X
magazine
QUALI
SFIDE PER
IL CFO
NELL’ERA
DIGITALE?
IL MANDATO
FIDUCIARIO
© tashatuvango
L’ITALIA
CHE VOGLIAMO
XXXVIII CONGRESSO NAZIONALE ANDAF
FIRENZE 24-25 OTTOBRE 2014
01 EDITORIALE ANDAF.qxt_01 EDITORIALE ANDAF1.qxt 16/09/14 12.24 Pagina 1
Cari Colleghi,
di ritorno dal meritato periodo di riposo, ci troviamo ad affrontare uno scenario meno favorevole di quanto atteso anche se, purtroppo, ormai da
lungo tempo siamo abituati a dover costantemente rivedere al ribasso previsioni di ogni genere.
Questa crisi sembra proprio non avere fine!
Sorvolando sulle situazioni di forte tensione a livello
mondiale, che hanno peraltro impatto sugli scambi internazionali e quindi sull’attività economica, nel nostro
Paese il calo del PIL nel secondo trimestre – unito alle
prospettive incerte per i prossimi trimestri – lascia presagire ancora un anno di recessione accompagnato da
una situazione di deflazione che, se non prontamente
affrontata, renderà la ripresa ancora più difficile.
Sorge la domanda: ma l’Italia, dal 2008, è mai veramente
uscita dalla recessione? C’è il pericolo che il nostro Paese entri in una fase di stallo, come è successo all’economia giapponese per un ventennio?
E come dobbiamo considerare la crescente acquisizione dei nostri brand più noti e conosciuti – in vari settori industriali – da parte di fondi di investimento o competitors esteri? L’Italia è una nazione in vendita? Quali
conseguenze potrà avere in prospettiva questo strisciante
fenomeno sul know how, sullo sviluppo delle tecnologie, sul mantenimento dei centri decisionali e, quindi,
sulla creazione di opportunità professionali di livello?
Si dirà che è un effetto della globalizzazione, ma anche
questo – se permettete – è un effetto non proprio gradito.
Al contrario, la palese difficoltà (per tutti i ben noti motivi: costo dell’energia, costo del lavoro, Fisco, burocrazia, Giustizia, ecc.) a rendere competitive le imprese che
producono in Italia ha generato negli anni un consistente fenomeno di delocalizzazione – che qualcuno adesso
chiama internazionalizzazione – contribuendo al crollo
del 25% della produzione manifatturiera in sette anni.
Un recente studio ha inoltre quantificato, nel nostro Paese, un ulteriore calo di 1,2 milioni di posti di lavoro nel
settore manifatturiero al 2020 se non interverranno radicali riforme per il recupero di competitività.
Questa è la situazione, e chi come noi sta tutti i giorni
in prima linea la conosce bene.
Auspichiamo che le recenti decisioni di taglio dei tassi e di spinta ai finanziamenti da parte della BCE, con
possibilità di inizio di operazioni di quantitative easing
attese per fine anno, possano dare una forte spinta agli
investimenti e alla ripresa dell’attività. Anche il deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro potrà
aiutare. Ma, come il Presidente della BCE Draghi ha
sottolineato più volte, occorre che gli Stati nazionali
facciano la loro parte e realizzino le tanto attese e necessarie riforme strutturali.
Per l’Italia la soluzione di riforme strutturali
che consentano un recupero di competitività è
un passaggio essenziale per il rilancio, ed è per
questo che ANDAF ne ha fatto il motivo conduttore del prossimo Congresso Nazionale di
Firenze del 24 e 25 ottobre prossimi. Nelle varie sessioni del programma verranno affrontate le aree di maggior criticità, bisognose di provvedimenti incisivi e rapidi.
Dopo aver adeguatamente inquadrato il contesto macroeconomico nel quale ci troviamo a operare e il ruolo che l’Europa dovrebbe avere (e che invece non riesce a svolgere) in una strategia di rilancio, si porrà particolare attenzione alla burocrazia e all’incidenza delle
disfunzioni della Pubblica Amministrazione sull’attività d’impresa, alla situazione della Giustizia civile e
tributaria e del Fisco. Queste aree sono oggi fattori frenanti allo sviluppo dell’impresa in Italia e generano
un forte disincentivo alla allocazione di investimenti
provenienti dall’estero.
Anche il lato social del Congresso è assai ricco: oltre
alla visita dell’Istituto degli Innocenti – sede del Congresso – prevede la cena conviviale allo splendido Palazzo Capponi all’Annunziata e la visita al Corridoio Vasariano. Senza contare la possibilità di visitare Firenze e
il suo eccezionale patrimonio di tesori artistici.
Auspico, infine, che nonostante il difficile momento attraversato dall’Italia in tutte le sue componenti, anche
quest’anno il grande impegno organizzativo profuso
dallo staff ANDAF possa essere apprezzato e sostenuto da una numerosa partecipazione di colleghi, adeguata allo standing dell’evento che proponiamo.
Due dati finali, quale ulteriore motivo di convincimento: nel 2013 i dirigenti del settore privato nel nostro Paese sono scesi di 1.500 unità, pari all’1,3%; ben
il 17% dei dirigenti attivi ha cambiato azienda, la maggioranza dei quali grazie alle conoscenze private e al
network personale.
Vi aspetto numerosi a Firenze in questo mese di
ottobre!
Fausto Cosi
1
L’Evoluzione della PA
Liberare le potenzialità della PA per migliorare
la competitività del Paese.
E’ questa la priorità. Per favorire questo processo serve una
conoscenza integrata di norme, processi,
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Grazie al suo approccio multidisciplinare,
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e accompagna il processo di
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Amministrazione Centrale e Locale.
kpmg.com/it
03 Sommario ANDAF.qxt_03 Sommario ANDAF.qxt 18/09/14 11.20 Pagina 3
SOMMARIO ANDAF
ANNO 11 – NUMERO 4 – OTTOBRE 2014
01 EDITORIALE
Fausto Cosi
04 QUALI SFIDE PER IL CFO NELL’ERA DIGITALE?
Alberto Bubbio, Marco Albertoni e Andrea Cavalli
12 IL MANDATO FIDUCIARIO COME STRUMENTO DI TUTELA DEL PATRIMONIO
Paolo Rascelli
44 NOTIZIARIO ANDAF
Michele Malusà
50 CARICHE SOCIALI ANDAF
Segreteria ANDAF
52 10 BUONI MOTIVI
Segreteria ANDAF
16 IL TRUST: UN’OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE DI FAMIGLIA
Paolo Gaeta
22 UNA PROPOSTA PRATICA PER OTTIMIZZARE LA GESTIONE CREDITO
Andrea Bertola
28 LA COMPLIANCE ALLA LEGGE 262/2005: PROBLEMI APERTI E SOLUZIONI APPLICATIVE
Pierantonio Piana e Flavio Servato
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ACCADE IN ITALIA E NEL MONDO
Paolo Bertoli
36 RECENSIONI
Alberto Tron
38 COACHING IN PILLOLE
Cristina Andreoletti
40 TAX NEWS
Studio Pirola, Pennuto, Zei & Associati
42 ANDAF HOUSE ORGAN
Segreteria ANDAF
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S TRATEGIA
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© alphaspirit
QUALI SFIDE PER IL CFO
NELL’ERA DIGITALE?
ALCUNE RIFLESSIONI SULLE EVIDENZE EMERSE DALL'IBM CFO SURVEY 2014: PIÙ STRATEGIA
PER VALUTARE NUOVI MODELLI DI BUSINESS, MAGGIORE ATTENZIONE ALLO SVILUPPO DI NUOVE
COMPETENZE INTERFUNZIONALI, PIÙ UTILIZZO DEGLI ANALYTICS PER MIGLIORARE I PROCESSI
AZIENDALI E DECISIONALI. TRE ELEMENTI PER ESSERE UN VERO AGENTE DI TRASFORMAZIONE
E GUIDARE IL CAMBIAMENTO NELL’ERA DIGITALE SENZA ESSERE “TRAVOLTI” DAI BIG DATA
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di ALBERTO BUBBIO
Professore di Programmazione e Controllo, Università Cattaneo-LIUC Castellanza
MARCO ALBERTONI
Responsabile Big Data & Analytics, IBM Italia
e ANDREA CAVALLI
Senior Managing Consultant, IBM Italia
Introduzione
L’area del CFO è quella che sta vivendo oggi l’evoluzione
più profonda: si ampliano le responsabilità, sono disponibili nuovi strumenti, si rivede l’approccio a quelli tradizionali. È quindi necessario un diverso ruolo del CFO nei
processi aziendali e decisionali, che lo porta sempre più a
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stretto contatto con le posizioni di vertice a fianco del CEO.
Partendo dal recente studio di IBM sui CFO, in questo articolo analizzeremo come si delinea l’evoluzione del ruolo
del CFO in un mondo sempre più digitale, indicando alcuni tratti caratteristici su cui – a nostro avviso – egli dovrà
porre l’attenzione per guidare il processo di cambiamento, non solo della propria funzione ma di tutta l’organizzazione aziendale nel suo complesso.
Lo studio IBM sui CFO
Negli ultimi dieci anni, attraverso quattro CFO Study, IBM
ha intervistato face to face oltre 5.000 CFO e professional
della funzione Finance in tutto il mondo, raccogliendo i loro punti di vista sull’evoluzione della funzione, sui trend in
atto, sulle priorità e sulle aree di focalizzazione. A quest’ultimo studio del 2014(1), parte di una ricerca più ampia
in cui sono stati intervistati oltre 4.000 dirigenti di tutte le
funzioni aziendali in tutto il mondo (figura 1), hanno partecipato circa 600 CFO che attraverso quaranta domande
hanno illustrato il loro punto di vista rispetto al nuovo scenario economico.
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Figura 1 - Lo studio C-Level
dell’Institute for Business Value di IBM
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The Customer-Activated Enterprise”, 2013
Un nuovo ruolo per il CFO richiesto dal Board aziendale
Dallo studio emerge in modo evidente come il CFO assuma
un ruolo preminente rispetto a tutti gli altri top executive,
diventando veramente il business partner del CEO nella
conduzione aziendale. La partecipazione molto più attiva
nel supporto alla gestione e sviluppo dell’impresa fa si che
il CFO assuma un ruolo cardine tra le varie funzioni aziendali. È richiesto, quindi, un CFO più forte, con più competenze, che agisca “in prima linea” e che possa veramente
aiutare nel processo di cambiamento e di trasformazione in
un mondo sempre più competitivo e digitale.
I principali driver di cambiamento
Questo cambio di ruolo è riconducibile principalmente a
due motivi.
In primo luogo, all’attuale contesto economico e competitivo, dove il CFO gioca un doppio ruolo: quello fondamentale di garante della sostenibilità del business aziendale e
quello d’interlocutore istituzionale per gli stakeholder esterni e i mercati finanziari.
In secondo luogo, all’importanza di gestire le aziende con
un approccio fattuale e non intuitivo, sulla base delle evidenze empiriche di dati e di fatti misurati e misurabili. La
complessità competitiva ha reso le variabili troppe e troppo diverse per affrontarle in modo improvvisato: l’approccio tradizionale del CFO, basato su numeri e analisi, si estende quindi a tutta l’organizzazione grazie anche all’evoluzione tecnologica, che ha offerto nuove possibilità e miglioramenti nella raccolta, elaborazione e analisi di dati dei
diversi processi operativi.
Cambiano le priorità, il CFO è sempre più rilevante per
definire la strategia aziendale
Il cambio di ruolo ha comportato anche una ridefinizione
delle priorità dei CFO e della funzione Finance (figura 2).
Mentre alcune attività hanno visto aumentare la loro importanza nel corso degli ultimi anni, per altre vi sono stati
alcuni cambiamenti significativi. Nel 2010 i primi tre elementi in ordine di importanza erano il controllo della performance, lo sviluppo dei talenti della propria funzione e la ricerca di miglioramenti continui nei processi Finance transazionali. Nel 2014 si conferma come compito più critico
misurare e monitorare le performance della propria azienda, mentre assumono minore importanza sia il fornire input
per la strategia aziendale che lo sviluppo dei talenti della
funzione e il ridisegno dei processi di pianificazione, budgeting e forecasting.
Quest’ultimo elemento è di particolare interesse perché non
era nemmeno menzionato come area di attività nella survey
precedente. Oggi indica invece quanto sia rilevante, in un
contesto ambientale estremamente dinamico e discontinuo,
avere un processo previsionale veramente efficace, rapido,
continuo, con componenti di simulazione evoluti. Una sola attività̀ – realizzare miglioramenti continui nei processi
Finance – è diminuita di importanza, forse perché la maggior parte dei CFO la considerano come una pratica consolidata su cui hanno già ottenuto risultati.
Un crescente gap di efficacia
I CFO però dubitano che le loro organizzazioni siano veramente pronte ad assolvere questi compiti. Solo il 47% pensa
di essere efficace nel misurare e gestire le performance,
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Figura 2 - La nuova agenda del CFO: quali sono le attività prioritarie per la funzione
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
Figura 3 - Un gap crescente
tra efficacia desiderata e attuale
2014
2006
pita la capacità di esecuzione. Nell’IBM CFO Study del
2006(2) (figura 3), ad esempio, il 35% dei CFO riteneva indispensabile combinare informazioni provenienti da diversi
settori della propria impresa e il 16% pensava che l’organizzazione stesse facendo questo in modo efficace. Oggi,
l’82% dei CFO vede il valore nell’integrazione delle informazioni aziendali, ma solo il 24% ritiene che la propria squadra sia all’altezza del compito.
I tratti caratteristici dei CFO di successo:
i Value Integrator
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
compito indicato come il più importante. Il 51% dichiara
la propria organizzazione efficace nella pianificazione e
nella formulazione della strategia di impresa, mentre solo il 64% pensa di essere efficace nei controlli e nella gestione dei rischi.
Dalle interviste emerge il divario crescente tra l’importanza attribuita ad alcune attività e il modo in cui è perce-
Nello studio del 2010, IBM aveva classificato le organizzazioni Finance in base a due dimensioni: l’efficienza della propria funzione (Finance Efficiency), ovvero la capacità di essere molto efficienti nei processi tipici di questa
funzione; l’efficacia nell’analisi del business (Business
Insight), ovvero quanto la funzione fosse in grado di analizzare e interpretare il business per aiutare l’azienda
nel percorso di crescita. Queste due dimensioni di analisi
(1) IBM – Institute for Business Value, “The Customer-Activated Enterprise”, 2013
Lo studio completo è disponibile al seguente link:
http://www-935.ibm.com/services/it/it/c-suite/csuitestudy2013/
(2) IBM – Institute for Business Value, “The agile CFO: Enabling the innovation path to
growth”, 2006.
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S TRATEGIA
Figura 4 - I quattro profili
delle organizzazioni Finance
Le quattro caratteristiche distintive dei CFO Performance Accelerator
I CFO Performance Accelerator hanno quattro caratteristiche distintive rispetto a tutti gli altri gruppi:
- in primo luogo, sono molto coinvolti nelle attività operative di business. Partecipano alle decisioni di business più
rilevanti e non si limitano a consuntivare i risultati. In molti casi sono il punto di snodo finale per l’approvazione di
un investimento o di un nuovo modello di business. Ciò
comporta avere nel proprio staff figure diverse rispetto
al passato, non solo provenienti dall’area Finance ma anche dalle operations. È probabilmente una figura di CFO
che si avvicina molto al ruolo di Direttore Generale.
Fonte: IBM – Institute for Business Value, “The IBM Global CFO Point of View”, 2014
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consentivano di identificare quattro categorie di organizzazioni (figura 4):
- Scorekeeper;
- Discipliner Operator;
- Constrained Advisor;
- Value Integrator.
I CFO eccellenti, definiti Value Integrator, erano quelli che
avevano lavorato contemporaneamente sulle due dimensioni di Finance Efficiency e Business Insight. Analizzando i dati di performance delle aziende del campione, i CFO
Value Integrator portavano le aziende ad avere risultati mediamente superiori del 30% a tutte le altre organizzazioni
su tre indicatori: crescita (tasso di crescita del fatturato),
marginalità (EBIT) e profittabilità (ROI).
Superare i confini: dal CFO Value Integrator al CFO
Performance Accelerator
Nello studio del 2014 è emersa una ulteriore classificazione. Tra i CFO Value Integrator è stato individuato un
sottoinsieme di CFO definito Performance Accelerator,
che ottengono risultati ancor più sorprendenti rispetto al
resto del campione. Sono una “élite”: se i CFO Value Integrator sono circa il 30% del totale del campione (quindi uno su tre), i CFO Performance Accelerator sono meno del 7% e hanno performance mediamente superiori del
70% rispetto ai Value Integrator in termini di crescita, marginalità e profittabilità.
- In secondo luogo, sono i responsabili dei flussi informativi all’interno dell’azienda. Non stiamo parlando solo di
dati economico-finanziari o patrimoniali, ma intendiamo
il presidio di tutte le informazioni operative e di business
dell’azienda, di tutti i KPI e le metriche con cui si misura e
si prevede l’andamento del business. Questo sembra essere anche uno dei motivi per cui troviamo, molto più che
in passato, una dipendenza gerarchica dal CFO della funzione ICT. Questo non solo perché ICT è un centro di costo importante che deve essere ottimizzato e presidiato correttamente, ma soprattutto perché il sistema informativo
aziendale costituisce il sistema nervoso centrale di una organizzazione.
- Terzo punto: utilizzano gli Analytics per controllare, prevedere e ottimizzare il business. E spingono tutta l’azienda ad adottarli: nel marketing e nelle vendite per aumentare la conoscenza dei clienti e ottimizzare le campagne,
nella produzione e logistica per migliorare la supply chain
e ottimizzare le scorte, nelle attività di contrasto alle frodi e nella gestione del rischio aziendale. Per questo si parla di Advanced Performance Management. Tutto ciò porta a sviluppare anche figure diverse in azienda, che possano aiutare nella introduzione e nell’utilizzo degli Analytics nelle varie funzioni, i cosiddetti Data Scientist e Data Analyst, due tra i profili più ricercati nelle imprese in
questo momento.
- Infine, rendono ordinario ciò che è solitamente straordinario. Ovvero dedicano risorse e tempo in attività solitamente straordinarie come Merger & Acquisition o valutazioni di nuovi modelli di business per supportare la crescita dell’azienda, sia essa organica o per acquisizione.
E lo fanno come una delle attività ricorrenti che vengono
effettuate dalla funzione.
Un decalogo per tendere ai CFO Performance Accelerator
Dopo avere analizzato a fondo la ricerca e confrontato le
realtà nazionali, l’esperienza ha suggerito di stilare un
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decalogo al fine di indicare alcune azioni che il CFO potrebbe intraprendere per aumentare le probabilità di diventare realmente un Performance Accelerator:
1) Condividere e aiutare a far condividere la strategia
aziendale
Anche se il CFO non fosse chiamato direttamente a formulare la strategia aziendale, egli può predisporre strumenti e soluzioni che facilitino tale attività e spingano
a esplicitarla e a diffonderla almeno nei vertici aziendali. Per muoversi in questa direzione non solo si deve restituire energia al piano strategico, ma è opportuno arricchirne i contenuti completandolo con la pianificazione finanziaria. Questo dovrebbe aiutare tutto il vertice a capire da dove nasce il cash flow e come si possa
salvaguardare la solidità dell’azienda. Il venir meno della valenza strategica del piano è spesso legato al fatto che
non si dedicano energie e tempo alla definizione dello
scenario. Ecco perché si torna a parlare di scenario planning, attraverso il quale – più che fare delle previsioni –
bisogna definire quale sarà il contesto nel quale ci si troverà a operare analizzando e misurando opportunità e rischi. Quanto più il management è indotto a riflettere sul
medio/lungo termine, tanto più la strategia formulata sarà
esplicita e condivisa anche se non è detto che sia quella
più efficace. Certamente, però, sarà meno pericolosa e
sterile dell’atteggiamento del “giorno per giorno”.
2) Passare da una scarsa disponibilità al cambiamento ad
attivatore del cambiamento
Non basta essere disponibile al cambiamento, che già
di per sé è un po’ in contrasto con il ruolo di “frenatore”
spesso rivestito nel tempo dal CFO. Precisione e principi di prudenza spesso sono parti del genoma del CFO, bisogna invece diventare attivatori di processi di cambiamento. Questo è facile attraverso l’introduzione di nuovi strumenti nel sistema amministrativo e di controllo,
dando evidenza della necessità del cambiamento, facendosi carico del ruolo di “educatore” e promotore. Un efficace sistema di reporting, caratterizzato da poche variabili strategicamente rilevanti, può attivare un meccanismo di apprendimento da parte di tutto il management.
3) Creare le condizioni organizzative per l’attuazione
della strategia
In primo luogo, adottando sistemi di incentivi che premino la performance di lungo termine abbandonando
quella di breve: non è importante avere sempre più clienti, ma possederne di fedeli e affidabili. Conta più la loyalty
che la customer satisfaction.
In secondo luogo, utilizzando strumenti come la Balanced Scorecard (BSC), che creano condivisione della strategia attraverso la costituzione dell’executive team, necessario per elaborarla e poi attuarla. Si allargano le prospettive: dalla financial perspective si passa alla customer perspective, per poi interrogarsi sui processi gestionali dai quali dipende la fidelizzazione dei clienti, e con-
cludere con la prospettiva learning e intangible assets, a
garanzia della continuità dell’azienda nel tempo. Grazie
alla mappa strategica, si selezionano per ognuna delle prospettive 4 al massimo 5 variabili, al fine di dare attuazione alla strategia. La potenza di questo strumento strategico è dimostrata dalle applicazioni realizzate.
In terzo luogo, se alcune soluzioni sembrano troppo avveniristiche, limitarsi almeno a elaborare il piano strategico. Sarà meglio di niente.
4) Evitare la trappola della performance annuale
Ridurre al minimo il ruolo e l’impatto degli strumenti che
creano la micidiale trappola della performance annuale,
primo fra tutti il Bilancio di esercizio. Invece, per rinforzare la dose sono stati inventati anche il bilancio sociale, quello ambientale e quello di sostenibilità, sempre centrati sul solito anno solare. Per contro è fondamentale aprire gli orizzonti, e per farlo può essere utile fornire la vista storica. Se si presentano i conti economici degli ultimi 7 anni, l’esperienza suggerisce che il fruitore sarà spinto ad ampliare il suo orizzonte di analisi: se lo fa sul passato è probabile che lo voglia fare anche sul futuro.
5) Passare dalle logiche del cost control a quelle del cost
management
I costi non vanno controllati, vanno gestiti; questo significa che l’analisi dei costi non può limitarsi a un confronto tra il budget consuntivo e l’anno precedente. Per
capire quali siano le attività e i processi che hanno assorbito le risorse, e con quale risultato, è necessario passare dai singoli elementi di costo e dal “dove” (centro
di costo) si è speso al “perché” si è speso. È molto difficile, se non si segue questa logica, capire ad esempio cosa si può fare per gestire il costo del personale. Un’efficace gestione di questo costo va affrontata non per centri di costo ma distinguendo i costi delle attività che creano valore per il cliente, e che quindi sono la colonna portante della customer value proposition di un’impresa, da
quelli che si sostengono per svolgere le attività di supporto. È da questa analisi che possono nascere idee per
migliorare la produttività dei processi e per attivare meccanismi di riallocazione delle risorse. Fra l’altro, i costi
non sono più sotto controllo poiché il loro driver, che sino a una ventina di anni fa era il volume di produzione/vendita, è oggi prevalentemente rappresentato dalla
complessità. E, si noti, la complessità non è aumentata
solo in stabilimento, ma è stata spesso generata – anche
in stabilimento – dalle richieste dei clienti. Sono i clienti, e non più i prodotti, la vera causa del lievitare di molti costi aziendali.
6) Più che creare valore economico preoccuparsi di
generare valore aggiunto
È opportuno sganciarsi da visioni finanza-centriche, dove la creazione del valore economico per gli azionisti è al
centro di tutte le attenzioni. Conviene, invece, ritornare a
scoprire le cause che generano quel valore: l’intelligenza
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che si mette nel creare l’offerta per i clienti. Così si potrà riscoprire l’importanza strategica del valore aggiunto, che è l’indicatore di quanto Intellectual Capital esista in azienda e di quanto questo sia valorizzato nel confezionare un’offerta apprezzata dai clienti. Vengono soppiantati i tradizionali margini di contribuzione e di intermediazione per scoprire quanto il cliente sia disposto a pagare i servizi aggiunti ai prodotti. C’è molta “intelligenza” sia nei prodotti che nei servizi.
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7) Aiutare a creare nuovi miti
Si tratta di seppellire definitivamente il mito della crescita del fatturato e di spostare l’attenzione dei più, in
azienda, sulla Cassa e sulla gestione del cliente. Sull’annoso problema dei crediti insoluti o inesigibili infatti c’è poco da fare: quando si manifestano sono spesso
il risultato di una mancata gestione del cliente. Sono invece il conto economico e i flussi di cassa di cliente i due
prospetti da incrociare alla diversa attrattività strategica
dei singoli clienti. Pertanto, se è giusto che il cliente diventi un nuovo mito da mettere al centro delle strategie
aziendali, il suo impatto su conto economico e flusso di
cassa non può essere analizzato considerando solo ricavi e costi dei prodotti acquistati. Non si può essere superficiali. Ci sono tutti i costi di gestione dei clienti, nonché le politiche di credito e di magazzino che si decidono di seguire per servire ognuno di loro. Da qui emergerà
con evidenza che non tutti i clienti sono uguali e che, con
grande dispiacere del commerciale, taluni sarebbe meglio lasciarli alla concorrenza.
8) Aiutare a individuare le poche variabili aziendali
strategicamente rilevanti
Questo significa imparare a essere selettivi per aiutare
a diventare selettivi. Abbandonare quindi le logiche che
privilegiano la quantità dei dati alla qualità. Un utile
esercizio in questa direzione può essere svolto con l’elaborazione della mappa strategica, una delle fasi di progettazione della BSC. Anche se si dovesse decidere di
non utilizzare la BSC, la potenza della mappa strategica è semplice: attraverso un’analisi delle relazioni di
causa-effetto tra la strategia aziendale e le variabili di
gestione operativa, si individuano quelle poche variabili dalla cui efficace gestione dipende l’attuazione della strategia. Non è poco. D’altra parte l’approccio basato sulle relazioni causa-effetto ha origini nobili, poiché nasce dall’analisi dinamica dei sistemi proposta dal
prof. Jay Forrester (MIT).
Pertanto è necessario, soprattutto nel reporting, imparare a dire tutto ma al contempo solo l’essenziale. Magari, se si è in grado, aggiungendo un tocco di classe:
fornire anche i dati di alcuni competitor su queste poche
variabili.
9) Attivare una gestione allargata delle informazioni
Per quanto sin qui indicato, si comprende che il “dominio” Finance non costituisce più l’unica preoccupazio-
ne del CFO. Le informazioni che contano provengono da
varie aree dentro e fuori l’azienda: selezionarle e organizzarle sta diventando un puzzle la cui soluzione richiede
una visione della società nel suo insieme. Questi aspetti
sono diventati così rilevanti, che l’efficace gestione delle informazioni nell’impresa costituisce ormai una sicura fonte di vantaggio competitivo.
La performance aziendale non è più analizzabile e valutabile guardando solo alla dimensione economico-finanziaria della gestione, anche se spesso si è continuato a prestarle grande attenzione e cure. Il motivo è probabilmente da ricercare nel fatto che, fino a poco tempo
fa, la tecnologia e le soluzioni informatiche non offrivano ancora certe soluzioni (si pensi al bilancio consolidato). Seguire la performance eco-fin è condizione necessaria, ma oggi non più sufficiente.
10) Sfruttare le potenzialità dell’Era Digitale
Oltre a migliorare e a facilitare la connettività, l’Era Digitale ha generato e continua a generare altri fenomeni
che bisogna preoccuparsi di interpretare e gestire. Dai
Big Data agli Analytics, per non essere travolti dalle informazioni sempre più numerose e di qualità. Bisogna capire come sfruttarle al meglio, non si può decidere di
restarne fuori. Stanno nascendo nuove figure professionali come i Data Scientist, ma questa non può essere una
scusa, perché resta necessario decidere come arrivare a
utilizzare questi flussi di dati; magari andando a rispolverare alcune nozioni e strumenti base della statistica, per apprezzarne almeno l’affidabilità e la significatività.
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F INANZA
IL MANDATO FIDUCIARIO
COME STRUMENTO
DI TUTELA DEL PATRIMONIO
LE SOCIETÀ FIDUCIARIE E L’AMMINISTRAZIONE DI BENI PER CONTO TERZI: COME PUÒ
LA LEGGE ISTITUTIVA DEL 1939 GARANTIRNE ANCORA L’ATTUALITÀ E L’UTILITÀ?
IN UN CONTESTO COME QUELLO ATTUALE, CARATTERIZZATO DA UNA FORTE
COMPLESSITÀ, È LA GENERICITÀ DELL’ESPRESSIONE “AMMINISTRAZIONE DI BENI”
CHE CONSENTE ALLE FIDUCIARIE DI SODDISFARE – GARANTENDO IL MANTENIMENTO
DELLA DISCREZIONALITÀ GESTIONALE IN CAPO AL PROPRIETARIO DEI
BENI – LE PIÙ SVARIATE ESIGENZE SIA IN AMBITO SOCIETARIO CHE FINANZIARIO
di PAOLO RASCELLI
Direttore Generale WIDAR, Società Fiduciaria e di Revisione
© Warakorn
L’attività fiduciaria trova base giuridica e regolamentazione nella Legge n. 1966 del 1939 che, istituendo le società fiduciarie, all’articolo 1 le ha legittimate ad amministrare – sotto forma di impresa –
beni per conto di terzi e a rappresentare i portatori di azioni e obbligazioni.
Iniziamo dall’analisi del dettato normativo partendo dalla riserva di attività e ricordando il
momento storico dell’adozione della suddetta Legge.
Le società fiduciarie sono state per la prima volta disciplinate dal R.D.L. n. 2214/1926, abrogato con l’entrata in vigore della Legge n. 1966/1939 recante la disciplina delle società fiduciarie e di revisione.
La formulazione della Legge n. 1966/1939 e il riferimento all’esercizio delle attività di amministrazione di beni per conto di terzi, organizzazione e revisione contabile, rappresentanza di azionisti e obbligazionisti in forma di impresa, voleva escludere che tali attività potessero essere considerate
professionali nel senso di attività incentrate sull’affidamento personale al professionista incaricato.
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F INANZA
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Quale elemento distintivo è prevalso quello della organizzazione permanente di persone e di mezzi, volta a garantire il perseguimento degli interessi del proprietario dei beni
affidati in amministrazione anziché quello della intuitu personae, tipico delle libere professioni.
Proseguendo l’analisi dell’art. 1 Legge n. 1966/1939, ci soffermiamo sulla prima parte della norma spiegando come l’attività propria della Fiduciaria sia quella di amministrare e salvaguardare il patrimonio conferito dal fiduciante.
In questa direzione, sebbene la Legge che disciplina l’attività delle società fiduciarie sia del 1939, si può senza dubbio affermare che i servizi da esse resi sono di estrema attualità e utilità.
strazione” e “gestione” sono utilizzati indistintamente,
ma per definire correttamente il concetto di amministrazione nell’ambito dell’attività fiduciaria occorre tener presente che – a differenza della gestione – essa non prevede
l’autonomia decisionale, rimasta in capo al fiduciante.
Il bene oggetto di amministrazione può essere una partecipazione in una società di capitali, un deposito titoli, un
conto corrente, una polizza assicurativa, un contratto o un’opera d’arte, un immobile ma anche una esigenza, un mero
bisogno del cliente.
I singoli poteri di amministrazione che la Fiduciaria è chiamata a esercitare sono strettamente legati alla natura del bene da amministrare.
Lo scopo principale del mandato fiduciario è l’amministrazione di beni per conto di terzi e l’intestazione è semplicemente un mezzo che consente alla Fiduciaria di svolgere i propri compiti. L’amministrazione fiduciaria di un
bene mantiene riservata l’effettiva proprietà verso i terzi
(soggetti non legittimati non possono venire a conoscenza
dell’identità del fiduciante) e consente alla Fiduciaria di
porre in essere – a nome proprio ma per conto del fiduciante – attività in grado di soddisfare le più diverse esigenze
sia in ambito societario che finanziario.
Il rapporto fiduciario tra il fiduciante, definito effettivo proprietario, e la Fiduciaria si concretizza tramite la sottoscrizione di un contratto di “mandato di amministrazione fiduciaria”. Con l’instaurazione del rapporto fiduciario e l’intestazione dei beni alla Fiduciaria, quest’ultima è legittimata a esercitare tutti i diritti inerenti ai beni fiduciari nei
confronti dei terzi, i quali dialogheranno esclusivamente
con essa ignorando chi ne sia l’effettivo proprietario (c.d.
fiducia germanistica).
Tutti i beni amministrati fiduciariamente dalla Fiduciaria
per conto dei fiducianti vengono posti dalla stessa nel proprio bilancio nei “conti d’ordine” per evidenziare che, seppur a essa intestati o presso di sé depositati, non sono di sua
proprietà. Nessuna discrezionalità gestionale è concessa alla Fiduciaria dal mandato fiduciario.
L’interesse del fiduciante è che siano garantite la custodia,
l’esercizio dei diritti inerenti ai beni e la riservatezza nei confronti di tutti coloro che non siano dotati di un legittimo potere di indagine. Il fiduciante chiede alla società fiduciaria di
essere un buon esecutore dell’incarico e custode professionale
per il periodo di mantenimento del bene a essa intestato, esercitandone tutti i diritti connessi esclusivamente in attuazione di
precise istruzioni scritte impartite dal fiduciante stesso. In virtù
di questa tassativa modalità operativa, l’amministrazione fiduciaria è definita “statica”.
Se il bene conferito in amministrazione fiduciaria è una partecipazione sociale l’attività di amministrazione e protezione consisterà nell’esercizio di tutti quei diritti riconducibili allo status di socio: ad esempio, l’esercizio del diritto di voto in assemblea o l’incasso dei dividendi, assicurando riservatezza all’effettivo titolare in quanto solo la
Fiduciaria comparirà nei registri pubblici e nel libro soci
(se esistente).
L’intestazione fiduciaria della partecipazione, “schermando” all’esterno il vero status di socio, potrà soddisfare una
esigenza di protezione e riservatezza per motivi commerciali, d’immagine o per situazioni di potenziale conflitto ad
esempio con i clienti, fornitori o dipendenti.
Con l’intestazione fiduciaria di una partecipazione sociale può essere rafforzato un patto parasociale che, per sua natura, ha efficacia obbligatoria solo tra le parti. Ciò significa che se il socio viola il patto al quale ha aderito sarà tenuto solo al risarcimento del danno, ma la delibera assunta dall’assemblea con il suo voto contrario al patto sarà
comunque valida. Mediante l’intestazione fiduciaria è possibile impedire ai singoli soci di violare gli accordi: i soci
possono stipulare tra loro un patto di voto e parallelamente
intestare le singole partecipazioni a una Fiduciaria tramite
un mandato “congiunto”; impartendo alla stessa una istruzione di voto conforme al patto, irrevocabile perché nell’interesse di tutti i soci-fiducianti, questi ultimi non potranno esprimere un voto difforme.
È necessario, a questo punto, dare una definizione dei due
termini, “amministrazione” e “beni”, che consentono alle Fiduciarie di essere attuali e per alcuni aspetti innovative.
Amministrare un bene vuol dire essenzialmente prendersi
cura della gestione del bene nell’interesse del suo titolare,
supportandolo e assistendolo nella soluzione dei suoi problemi. Nel linguaggio comune spesso i termini “ammini-
La Fiduciaria può diventare esecutrice-garante di un accordo tra una azienda che ha necessità di fidelizzare il management e i suoi dirigenti più meritevoli. Essa può stipulare un patto con il gruppo di dirigenti nel quale si prevede
di varare un aumento di capitale a loro riservato: con l’intestazione della partecipazione destinata ai manager, la Fiduciaria dà efficacia e attuazione al vincolo contrattuale tra
la proprietà e il management. Nell’accordo tra le parti è opportuno prevedere che: a) i destinatari dell’accordo debbano agire come unico socio nei confronti della società;
b) in caso di dimissioni o licenziamento per giusta causa gli
altri pattisti possano acquistare le azioni in prelazione rispetto agli altri soci fuori dal patto; c) dopo un periodo determinato la società può (o è obbligata a) acquistare a un
prezzo determinato le azioni possedute dal management.
12-15 Paolo Rascelli.qxt_Layout 1 16/09/14 11.56 Pagina 15
Con un mandato fiduciario irrevocabile (perché conferito
nell’interesse di terzi), l’imprenditore può intestare – per
conto di uno o più eredi prescelti – la partecipazione dell’azienda di famiglia alla Fiduciaria, affinché l’amministri
anche nell’interesse dei legittimari esclusi. Se la partecipazione viene posta a garanzia presso una banca affinché questa finanzi la liquidazione della quota dei legittimari esclusi,
la somma viene custodita dalla Fiduciaria che l’amministrerà
anche nell’interesse del legittimario/i prescelto/i fino al realizzarsi della condizione contrattualmente prevista.
Nel caso di compravendita societaria, la Fiduciaria potrà ricoprire il ruolo di garante sia degli acquirenti che dei venditori: si intesterà la partecipazione oggetto di compravendita vincolando tutti i soci cedenti in un mandato “congiunto”
allo scopo di assicurare che nessuno si “defili” al momento della compravendita; contestualmente gli acquirenti metteranno a disposizione presso una banca l’intero corrispettivo su un conto fiduciario e, al verificarsi delle condizioni pattuite, la Fiduciaria girerà la partecipazione agli acquirenti e trasferirà ai venditori il corrispettivo.
Nel caso di compravendita immobiliare la Fiduciaria potrà
ricoprire il ruolo di custode della somma di denaro messa a
disposizione dall’acquirente, rilasciandola al venditore solo
al momento del verificarsi delle condizioni espressamente
previste dalle parti. Elemento di garanzia da evidenziare è
che tali somme non si confondono con il patrimonio della società fiduciaria: sono infatti, per espressa disposizione normativa, iscritte nella categoria dei c.d. conti d’ordine.
Le società fiduciarie assumono un interessante ruolo proprio nel settore immobiliare. Con l’ultima edizione dello
Scudo Fiscale ter l’operatività delle Fiduciarie è stata ampliata e, per consentire l’emersione di quei beni per i quali
non è contemplata l’intestazione diretta (caso tipico gli immobili), è stata maggiormente definita la fattispecie del mandato di amministrazione senza intestazione.
Con il mandato di amministrazione il proprietario di beni
immobili oggi può affidare alla Fiduciaria la gestione dei
rapporti con gli inquilini, delegandole la riscossione degli
affitti, le pratiche per la registrazione annuale dei contratti
di locazione, l’aggiornamento del canone annuo, la partecipazione alle assemblee condominiali.
Grazie al mandato di amministrazione i proprietari di opere d’arte o preziosi interessati a periziare e/o vendere i loro
beni potranno conferire istruzioni affinché la Fiduciaria
ponga in essere tutti gli atti utili allo scopo. La Fiduciaria
potrà contattare le più note case d’aste richiedendo loro una
valutazione professionale e “in sicurezza”, potrà sottoscrivere i mandati a vendere, raccogliere preventivi sulle polizze assicurative per il trasporto dei preziosi, vigilare e sovraintendere durante tutta la fase di pre-asta (ad esempio
alla preparazione del catalogo, molto utile per stimolare
l’interesse, anche internazionale, all’acquisto), incassare
infine la liquidità riveniente dalla vendita garantendo così
professionalità e riservatezza.
Il continuo susseguirsi, negli ultimi anni, di clamorosi crack
finanziari e l’attuale crisi globale hanno riproposto con forza l’esigenza di migliorare il sistema di protezione dell’investitore, ripetutamente vittima (in)consapevole di fenomeni
del c.d. risparmio tradito. Appare evidente la necessità di una
figura super partes che rivesta il ruolo di guardiano, in totale assenza di conflitti di interesse, avente proprio l’obiettivo di eliminare l’asimmetria informativa tra investitore e
gestore (il più delle volte causa del c.d. risparmio tradito).
Ecco dunque che, nella gestione del patrimonio finanziario,
le Fiduciarie (soprattutto quelle non bancarie) rappresentano un centro di raccordo di informazioni sia in entrata che
in uscita, offrendo competenze tecniche a supporto del fiduciante-investitore e della sua famiglia.
Aggiungiamo, inoltre, che una serie di fattori hanno aumentato il livello di complessità nella “gestione degli affari di famiglia”: a) ampiezza del mercato finanziario, b) complessità della gamma di servizi e strumenti finanziari,
c) modifica dello stile di lavoro caratterizzato oggi da maggiori mobilità e imprenditorialità, d) veloce invecchiamento della popolazione (si stima che nel 2030 il 25% della popolazione europea avrà superato i 65 anni), e) clientela più
sofisticata e desiderosa di avere un ruolo attivo nella gestione delle proprie finanze.
Conferendo un mandato c.d. di Family Office a una Fiduciaria professionale, strutturata per poter svolgere il delicato ruolo di “guardiano agli investimenti”, l’investitore otterrà una vigilanza e un monitoraggio costante sul proprio
patrimonio in totale assenza di conflitto di interesse. Per
rafforzare il ruolo di indipendenza dal settore bancario, la
Fiduciaria non percepisce commissioni al di fuori di quelle
addebitate ai propri fiducianti. Sarà la Fiduciaria a dialogare con le banche e i gestori (italiani ed esteri) per negoziare e monitorare il livello commissionale, per consolidare
in un unico report tutte le posizioni attive e passive facenti
capo al fiduciante, per monitorare le performance, i rischi (il più delle volte nascosti), i rendiconti, il rispetto dei contratti stipulati, il profilo di rischio e gli obiettivi d’investimento.
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© DOC RABE Media
F INANZA
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IL TRUST
UN’OPPORTUNITÀ
PER LE IMPRESE
DI FAMIGLIA
IL TRUST ARRIVA IN ITALIA DA LONTANO E CON SORPRESA DI ALCUNI
È ANDATO INNESTANDOSI RAPIDAMENTE NEL NOSTRO TESSUTO ECONOMICO.
LA RAGIONE È SEMPLICE: IL TRUST SPESSO È UTILE E A VOLTE
INDISPENSABILE. I SUOI LATI NEGATIVI? PRESUPPONE
CONOSCENZE SPECIALISTICHE DA PARTE DI CHI LO ISTITUISCE
di PAOLO GAETA
Dottore Commercialista in Napoli e Milano, membro del Comitato Tecnico Fiscale ANDAF
Da principio lo studio delle regole del trust può essere ostico. Probabilmente perché è un istituto giuridico diverso da quelli più diffusi e non è facile da classificare all’interno di categorie
già note appartenenti al mondo del Diritto Civile italiano. È infatti regolamentato dal Diritto dei Trust, che necessita di conoscenze specialistiche, come vediamo anche negli Stati in cui
è applicato da secoli.
Le novità che esso porta sono numerose e riguardano tanti aspetti del funzionamento dell’istituto, ed è forse questo ad alimentare la sensazione di sorpresa e perplessità che nasce al primo
approccio. La matrice primaria di tale diversità è dovuta al fatto che il trust è un istituto che
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F INANZA
consente al disponente di selezionare in maniera flessibile
gli interessi da tutelare a vantaggio dei beneficiari per i quali è previsto il premio della segregazione bilaterale.
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Il trust è protettivo degli interessi dei beneficiari
Il sistema di selezione sovversiva degli interessi del disponente è comune a qualsiasi legge sul trust, ma anche ad altri istituti
e sistemi giuridici; il fedecommesso del diritto romano è certamente un trust, come lo è il waqf nato nel mondo medioevale
islamico tra il VII e il IX secolo, molto simile al trust inglese(1).
La consapevolezza che sistemi “sovversivi”(2) e selettivi degli interessi dei beneficiari sono plurimillenari e diffusi non solo nel
common law, ma anche in sistemi giuridici alternativi, è utile per
collocare il trust nell’area degli istituti giuridici con storia e finalità nobili rappresentative di cause meritevoli e legittime individuate già in tempi lontani. La sua è una nobile utilità che si presta a infinite fattispecie e che viceversa, se interpretata maliziosamente dal redattore dell’atto, costituisce una soluzione pericolosa e meno efficace di altre ben note e meno trasparenti.
Il trust per scopi elusivi è una pericolosa perdita di tempo.
Il trust utilizzato in Italia è denominato “interno”, appartiene alla categoria dei trust “internazionali” che codificano alcune caratteristiche del tradizionale trust inglese semplificandone l’uso. Esso è redatto in italiano, quasi sempre per atto pubblico dinanzi a un notaio.
Il trust interno è una risorsa
La reazione dei tribunali italiani al trust interno
Molte centinaia di sentenze nei diversi ambiti del diritto (tribunali ordinari, amministrativi e tributari) rappresentano un patrimonio fondamentale per il mondo professionale che opera
con il trust e che va arricchendosi quasi quotidianamente(3).
Anche la prassi amministrativa (per lo più l’Agenzia delle
Entrate) interpreta il rapporto di trust in decine di documenti
ufficiali orientandone la creazione e la gestione.
Uno strumento dagli “effetti magici”
Seppur teoricamente adatto a molte fattispecie, il trust resta
uno strumento idoneo solo ad alcune di queste, non per carenze strutturali ma per il fatto che è uno strumento delicato
di gestione dinamica della proprietà. Esso interagisce quindi
con una serie di soggetti, i quali devono avere l’attenzione necessaria a rendere il rapporto meritevole sia nelle premesse
dell’atto di trust e nelle successive clausole che nel comportamento concludente di coloro che mantengono in vita il trust con le loro azioni quotidiane. Probabilmente, esso necessita di una consapevolezza e di una capacità di relazione da parte del titolare dei diritti in trust (il trustee), del guardiano e dei
beneficiari che non sono del tutto scontate.
Il trustee professionale è utile per garantire il raggiungimento delle finalità del trust
Esempio di trust utile alle imprese: il trust per il passaggio generazionale.
Molte sono le aziende che devono affrontare cambiamenti
nell’assetto proprietario che comportano criticità elevate,
addirittura tali da minacciare la loro sopravvivenza; il passaggio generazionale per cause familiari e – più in genere –
il trapasso proprietario (ad esempio in operazioni di private
equity, quotazione o di semplice cessione) possono essere
questioni delicate. Le statistiche sul fallimento delle aziende
per passaggi generazionali infelici sono note e, purtroppo, la
nostra quotidianità è costellata da scenari di capannoni abbandonati che le generazioni precedenti a quella che li ha
dismessi mantenevano operativi anche la notte. Qualcuna di
quelle attività si sarebbe potuta salvare se la proprietà dell’azienda fosse stata affidata temporaneamente a un trust.
Il trust riesce a far chiarezza su quali siano le regole della famiglia, quelle dell’azienda e quelle che regolano la gestione del patrimonio familiare definendone confini e ruoli.
La risposta che può dare il trust alla famiglia dell’imprenditore è fondamentale in termini di: 1) crescita di consapevolezza dei soggetti coinvolti nel patto; 2) gestione dei ruoli adatta alla fase di maturazione delle nuove generazioni, con la facoltà dell’imprenditore fondatore di poter verificare attitudini e grado di responsabilità della nuova generazione; 3) gestione delle aspettative intergenerazionali e meritocrazia nell’acquisizione di cariche societarie; 4) segregazione e separazione della titolarità delle partecipazioni dei familiari dai titolari dei beneficiari economici, e applicazione di una successione dinamica quando il fondatore dell’azienda è ancora
saldamente al comando.
Diverse le scelte, realizzabili attraverso un trust, utili a garantire continuità gestionale del management in carica e una
transizione meritocratica o semplicemente graduale tra generazioni; a titolo di esempio la possibilità di creare categorie di beneficiari del reddito delle partecipazioni in trust
(che non hanno diritti patrimoniali per i quali possano sedere in assemblea dei soci), oppure di individuare soggetti
diversi dai beneficiari del reddito che siano destinatari futuri del patrimonio in trust.
Solo il trust può consentire in modo preciso la selezione
degli interessi dell’azienda e del suo fondatore
Nonostante la variabilità della struttura del trust per il
passaggio generazionale, nella pratica professionale esso tende ad assumerne una forma non troppo complessa. Raramente si preferiscono soluzioni che prevedano la
costituzione di private trust company (la cui proprietà
è in trust di scopo creato dalla famiglia e gestito da professionisti e manager) deputate dalla famiglia alla gestione delle partecipazioni della holding.
(1) Monica M. Gaudiosi, (University of Pennsylvania) nel 1988 ha scritto un interessante testo
dal titolo: The influence of the islamic law of waqf on the development of the trust in England:
the case of Merton College. L’ autrice sostiene che“The incorporation of Merton College,
Oxford, in 1274, is generally considered to mark the foundation of the modern college system.
In its original form, however, the House of the Scholars of Merton was a simple, unincorporated charitable trust, markedly similar to the islamic waqf”.
(2) Il termine “sovversivo” è stato utilizzato per la prima volta dal prof. Maurizio Lupoi durante il
convegno “Il trasferimento della ricchezza familiare”, tenutosi a Napoli nel 2003 presso l’Unione degli Industriali con il patrocinio della Commissione Trust dell’O.D.C. di Napoli. Gli atti
del convegno sono pubblicati integralmente sulla rivista “Contratto ed Impresa” n.1 anno 2004
pagina 227, a cura della prof.ssa Paola Manes.
(3) Tra le più recenti è da segnalare una Ordinanza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione in materia di giurisdizione competente numero 14041 del 20 giugno 2014.
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Questo di seguito può essere un esempio di struttura di
trust per le partecipazioni di una impresa familiare:
1. Il disponente è l’imprenditore fondatore dell’azienda che
mantiene le cariche societarie secondo regole prestabilite e dettate dalla garanzia di continuità nelle scelte manageriali e dal mantenimento delle funzioni chiave del management a soggetti selezionabili.
2. Il trustee è un soggetto che svolge l’attività a carattere professionale (società di capitali trust company oppure professionista specializzato). Il vantaggio del soggetto professionale è dato dalla maggiore garanzia di terzietà e coerenza con le volontà espresse dal disponente nell’atto di
trust e il possesso degli strumenti professionali idonei a
gestire eventuali crisi generazionali o mutamenti della struttura familiare.
3. È assolutamente opportuno che sia previsto nell’atto la presenza di un soggetto che svolga l’ufficio del guardiano; un
soggetto terzo rispetto alla famiglia dell’imprenditore,
ma che presti attenzione alla realizzazione dello scopo del
trust e alla tutela dei soggetti beneficiari. Il ruolo del guardiano è un ruolo fiduciario che rappresenta una ulteriore
garanzia di controllo sull’attività del trustee, ma forse ancor di più di corretta interpretazione delle necessità dei beneficiari nei confronti del trustee. È fisiologico che il guardiano sia sentito dal trustee durante lo svolgimento di particolari attività di gestione e che, talvolta, possa anche esprimere un consenso preventivo all’esercizio di alcuni diritti
da parte di questo. Le attività riservate al guardiano nell’atto di trust sono mutevoli, ma bisogna fare in modo che esse non si sovrappongano a quelle del trustee; il suo ruolo
deve restare per lo più interlocutorio e non costituire nemmeno potenzialmente una interferenza che limiti l’esercizio delle funzioni del trustee. Il potere del guardiano di
revocare il trustee, anche senza giusta causa, è cosa frequente e non negativa.
4. I beneficiari del reddito sono i discendenti del disponente titolati a ricevere i frutti dei beni in trust (dividendi oppure i redditi prodotti dagli investimenti realizzati
con i dividendi di annualità precedenti) durante la vita
del trust. È frequente che al trustee sia attribuita la facoltà
di distribuire parte dei redditi prodotti ai beneficiari del
reddito secondo una discrezionalità che egli esercita liberamente e che secondo un’impropria definizione rende il trust fiscalmente “opaco”; la scelta di quali tra i discendenti possa essere beneficiario del reddito non esclude che lo stesso soggetto possa essere considerato anche beneficiario del patrimonio al termine del trust. A titolo d’esempio: qualora nella famiglia vi sia un soggetto
temporaneamente incapace, oppure disabile, egli è spesso individuato quale beneficiario del reddito.
5. I beneficiari del patrimonio sono coloro che al termine del
trust diverranno pieni proprietari dei beni in trust. Il beneficiario del patrimonio è colui che, in base al diritto dei trust, può godere dell’incremento di valore dei beni in trust derivante dal maggior valore dell’impresa. Egli ha interesse
a che il valore dell’impresa incrementi nel tempo. Il beneficiario del patrimonio non deve necessariamente attendere
il termine finale del trust per poter ottenere la titolarità dei
beni, ci sono infatti casi in cui il disponente attribuisce al trustee un potere di distribuzione anticipata del patrimonio;
pertanto al verificarsi di certe condizioni il trustee può convocare uno o tutti i beneficiari del patrimonio e attribuire loro definitivamente i beni selezionati in piena proprietà.
Per una impresa familiare essere detenuta attraverso un trust rappresenta una opportunità di sopravvivenza e di stabilità
degli assetti proprietari, nonché di contenimento della conflittualità familiare, tenuta lontana dall’assemblea sociale.
Dirette conseguenze si palesano anche nei rapporti con il management dell’azienda che non dovrà scontrarsi, magari nel
momento di maggiore crisi per la perdita del socio fondatore, con soggetti che per propensione personale o per semplice natura non sono allineati all’attività imprenditoriale
(talvolta rappresentando essi stessi la principale risorsa per
rigenerare la nuova impresa familiare).
Il trust quale forma di patrimonio destinato e il trust di
garanzia
Al contrario di quello che avviene nel panorama internazionale, la maggior parte dei trust interni è a carattere familiare. Tale preponderanza è talmente elevata da marginalizzare lo studio dei trust endosocietari oppure con finalità diverse da quelle familiari (ad esempio in luogo di
patti parasociali, patti di sindacato o trust bare). I trust familiari resteranno in una situazione di prevalenza anche in
futuro, seppur i trust per destinare il patrimonio societario
o per regolare i rapporti tra società o soci per ragioni commerciali avranno anch’essi maggiore diffusione rispetto a
oggi. CEO e CFO possono utilizzare il trust a vantaggio
di diverse attività imprenditoriali come la gestione di una
start up oppure di nuovi investimenti per attività non tipiche, per patrimoni destinati o per gestire fasi delicate come
quelle che precedono una crisi.
A queste applicazioni va aggiunta una soluzione di maggiore attualità rappresentata dal trust di garanzia. Quest’ultimo è applicabile a ordinarie operazioni commerciali
aggiungendovi l’elemento fondamentale della tutela degli
interessi coinvolti mediante la creazione di patrimoni segregati e destanti.
A titolo di esempio: possono essere realizzati trust per somme
di denaro incassate da una società mandataria, di garanzia
per operazioni di deposito, per operazioni di leasing.
Un’ulteriore particolare applicazione del trust di garanzia
può essere quella connessa all’azienda di famiglia sotto capitalizzata ed esposta verso il sistema bancario. Esso è utile, in tal caso, per poter migliorare il rating aziendale e capitalizzare gradualmente la società operativa. Se la società
è in grado di realizzare utili, il socio trust può supportare
l’azienda verso il sistema con una garanzia che può diminuire nel tempo al diminuire dell’esposizione finanziaria,
fino a mutare il trust di garanzia in trust per il passaggio
generazionale.
La fiscalità dei trust
Per decisione del legislatore, dal 2007 il trust ha la sua
autonoma soggettività tributaria. Non essendo a carattere
commerciale, il 99% dei trust interni è tassato ai fini delle
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imposte dirette come un ente non commerciale (IRES al
27,5%). La tassazione indiretta degli atti di dotazione al
trust e quella diretta sono ormai state scandagliate dalla
dottrina, dalla prassi e dalla giurisprudenza in modo approfondito.
Il trust ha dei profili tributari molto vantaggiosi.
Uno dei vantaggi più evidenti si manifesta al momento della distribuzione di dividendi: quelli pagati al socio trust sono tassati con una base imponibile del 5% a una aliquota effettiva del 1,37% e la successiva distribuzione di queste
somme al beneficiario può avvenire, nel trust discrezionale, senza il pagamento di alcuna imposta.
I trust di garanzia hanno una fiscalità differente da quelli
di famiglia e sono per lo più neutri ai fini delle imposte dirette e indirette.
I trust di famiglia vivono oggi una situazione di vantaggio fiscale eccellente il cui unico vulnus è dato dalla causa del trust, dalla qualità nella redazione dell’atto e dal
comportamento del trustee nel suo ufficio.
Dunque il vantaggio fiscale può esserci, ma è
bene che non sia il fine ultimo di un soggetto
interessato al trust, il cui scopo è e deve rimanere la tutela degli interessi dei beneficiari.
Il passaggio generazionale nelle aziende familiari: le variabili invisibili
poter individuare gli strumenti giuridici più appropriati a
supporto di un passaggio generazionale di successo.
Solo competenze eterogenee, sensibilità diverse, prospettive complementari integrate possono garantire una
completezza di analisi adeguata alla complessità del fenomeno in questione.
Un esempio di strumento nato dalla collaborazione di professionalità differenti è il patrimoniogramma (vedi figura in basso), una rappresentazione grafica della ricchezza della famiglia intesa non solo come insieme di beni posseduti, ma anche come insieme di risorse umane e
relazionali la cui conoscenza diviene struttura portante
nella costruzione sia dello statuto familiare che dell’atto
di trust per l’impresa familiare.
Per tali ragioni sono nati gruppi di lavoro integrati di professionisti appartenenti a discipline diverse in grado di
collaborare alla costruzione di un ponte solido che sappia
traghettare l’azienda e le persone che la animano attraverso il tempo.
a cura della dott.ssa ROBERTA MARINELLI
socio ANDAF, Sr. Brand Manager at Eli Lilly and Company
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Le aziende di famiglia sono organismi complessi. In esse abitano anime divergenti, ispirate a valori talvolta contrapposti, che devono poter trovare un equilibrio attraverso una gestione consapevole e accorta.
La necessità di accudimento rivolta ai membri della famiglia deve saper coesistere con le regole della produttività proprie del business.
Garantire un adeguato bilanciamento dei due sistemi, quello familiare e quello aziendale, comporta saper andare oltre la dimensione visibile della tecnica e immergersi nel mondo celato delle dinamiche relazionali alla scoperta di quel
tessuto umano, unico responsabile della qualità del funzionamento e della sopravvivenza dell’impresa di famiglia.
L’osservazione attenta, l’esplorazione delle dinamiche interne di una famiglia, l’analisi della sua struttura e delle
relative variabili relazionali sono passi fondamentali per
Patrimoniogramma
Sistema
di valori
Governance
Valori condivisi
Filantropia
Cultura
della famiglia
e del nome
Rituali
Ricchezza
della Famiglia
Capitale
umano
Individui
Immagine
Relazioni
Sistema
di supporto
esterno:
Protectors
Trustees
Mentors
Advisors
Capitale
intellettuale
Competenze
Istruzione
Vocazione
imprenditoriale
Patrimonio
Impresa
Altri beni
Redditi delle
persone
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UNA PROPOSTA PRATICA
PER OTTIMIZZARE LA
GESTIONE CREDITO ANCHE
ALLA LUCE DELLE NOVITÀ
NORMATIVE 2012/13
UN RAPIDO EXCURSUS ALL’INTERNO DEL MONDO DEL CREDITO: ALCUNE BEST PRACTICES
VOLTE A MASSIMIZZARNE L’EFFICACIA E GLI EFFETTI CHE LA GESTIONE DEL CREDITO
GENERA NELLE DINAMICHE AZIENDALI. SONO INOLTRE PRESENTATI I PRINCIPALI
INTERVENTI NORMATIVI DEL 2012/13 E L’IMPATTO CHE QUESTI
AGGIORNAMENTI HANNO AVUTO NELLE FASI DEL PROCESSO OPERATIVO
di ANDREA BERTOLA
Synergy Key Srl
La particolare congiuntura economica di questi ultimi anni
ha complicato enormemente il compito dei Responsabili Finanziari, che si trovano a dover giornalmente combattere
con una sempre più complessa gestione del circolante, spesso compromessa dagli omessi o dai ritardati pagamenti.
Contemporaneamente le nuove regole bancarie, che è necessario rispettare per accedere al credito, impongono alle
aziende di adeguarsi a nuovi e sempre più rigidi standard
qualitativi nelle procedure operative adottate e di migliorare sempre più la qualità della gestione degli incassi.
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La gestione e la riscossione del credito devono pertanto essere organizzate in modo sempre più professionale e “certificato”, utilizzando al meglio tutti gli strumenti normativi.
Questi strumenti sono però spesso oggetto di revisione da
parte del Legislatore, che con i suoi interventi ne può ridurre
o aumentare sensibilmente l’efficacia.
È pertanto necessario mantenersi aggiornati su ogni novità
legislativa, per poterla comprendere e coglierne gli effetti
pratici, intervenendo immediatamente sui processi gestionali per modificarli e ottimizzarli.
- pareristica legale in tutte le fasi dell’attività (clausole contrattuali per la tutela del credito, supporto nella gestione
dei claims/opposizioni, gestione dei concordati, gestione delle procedure fallimentari, ecc.);
- formazione e aggiornamento continuo;
- informazioni commerciali a supporto degli affidamenti e
dell’attività di recupero;
- phone collection (meglio se supportata da diffida legale)
e gestione integrata del contezioso giudiziale;
A titolo di esempio, basti pensare al forte impatto generato negli ultimi anni dall’attivazione della Posta Elettronica
Certificata (PEC) che, nel sostituirsi o nell’alternarsi come
strumento di comunicazione alla raccomandata con avviso
di ricevimento, rappresenta un nuovo mezzo di collection
anche idoneo a tutelare i crediti soggetti a un regime di prescrizione breve (es. art. 2951 c.c.), oltre a essere l’unico modo per poter accertare il credito nelle procedure concorsuali
(Fallimento, Concordato Preventivo) o interfacciarsi con
gli organi delle stesse.
- forte affiatamento degli outsourcer con i reparti interni
aziendali;
Rimandando la disamina di dettaglio delle leggi ad approfonditi corsi tematici, qui di seguito sono schematizzati i principali interventi normativi del periodo 2012/13 che
impattano, direttamente o indirettamente, nella gestione del
credito e quindi nella vita aziendale:
È poi necessario calibrare adeguatamente le attività sulla
base del cliente, del mercato di riferimento, dell’obsolescenza, della tipologia e dell’importo del credito.
- Decreto Sviluppo D.L. 83/12 - L. 134/12 Decreto del
Fare D.L. 69/2013 L. 98/13
- Il pre concordato preventivo (art. 161 c. 6 L.F);
- La deducibilità “automatica” del micro credito.
- D.Lgs. 192/12 - art. 62 D.L. 1/12
- I termini di pagamento;
- I ritardati pagamenti (D.Lgs. 231/129).
- Decreto Sviluppo bis D.L. 179/12
- Posta Elettronica Certificata;
- Procedure Concorsuali.
- Processo Civile Telematico (PCT) L. 228/12
- Pubblica Amministrazione D.L. 35/2013 D. 102/2013
L’impatto pratico organizzativo e “psicologico” dell’impianto normativo sopra indicato è stato notevole.
Molte aziende, multinazionali e locali, hanno di conseguenza
ristrutturato la propria Credit Policy basandosi su una soluzione operativa integrata. Tale soluzione, avvalendosi
in modo sinergico dell’apporto sia dei reparti aziendali coinvolti che degli outsourcer e/o dei professionisti di riferimento, deve essere in grado di rispondere a 360° alle molteplici esigenze, quali:
- strumenti informatici volti a minimizzare i tempi morti e a dare immediata contezza delle attività svolte e dei next step.
Questi oggi sono gli ingredienti indispensabili che permetteranno alle aziende di sopravvivere e di vincere le sfide
sempre più impegnative imposte dal “nuovo mondo” in cui
ci troviamo a operare.
L’attività di recupero ideale si svolge attraverso un percorso che parte da un’attività di sollecito estremamente discreta, chiamata soft collection e rivolta ai puntuali pagatori che hanno semplicemente dimenticato una scadenza,
per proseguire con un’azione più incisiva di recupero stragiudiziale per i debitori più ritrosi e, infine, passare al recupero legale nei casi più gravi.
La continua crescita delle procedure concorsuali (concordati “in bianco”, in continuità, procedure fallimentari ecc.)
richiede poi la valorizzazione sempre più spinta delle poste
IVA, un costante monitoraggio delle posizioni debitorie più
critiche attraverso opportuni report informativi studiati in
modo specifico a supporto dell’azione di recupero, e un costante confronto con il proprio professionista di riferimento al fine di evitare ogni possibile “passo falso”.
Volendo dettagliare maggiormente l’analisi, fatti salvi i dovuti adattamenti alle specificità aziendali e al mercato di riferimento, il processo di gestione del credito si può schematizzare in tre momenti fondamentali:
1. la gestione dei contratti e delle politiche di affidamento;
2. la gestione del credito corrente;
3. il recupero del credito incagliato, la gestione delle procedure concorsuali e il monitoraggio volto al recupero fiscale dell’IVA.
23
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F INANZA
1. LA GESTIONE DEI CONTRATTI E DELLE POLITICHE DI AFFIDAMENTO
Un’efficace gestione del credito nasce da attività che sono a monte della consegna del materiale o della prestazione del servizio.
Un’attenta valutazione e un costante monitoraggio dei clienti, un’efficace definizione dei livelli di affidamento da concedere, l’introduzione nei contratti di clausole a tutela del
credito e una corretta modulistica spesso rappresentano la
differenza tra un’elevata percentuale di incasso con un corretto Days Sales Outstanding (DSO) e un recupero del credito che costringerà a “inseguire” i cattivi pagatori.
1.1 Le clausole contrattuali a supporto del credito
24
Dal punto di vista legale il diritto al credito, e quindi il pagamento dello stesso, trae la sua origine nell’assolvimento di tre obblighi inderogabili: il trasferimento della proprietà, la consegna del bene/esecuzione del servizio e l’assenza di vizi ed evizioni.
Dando per scontata l’assenza di evizione (cioè la legittima
proprietà del bene della parte venditrice), dall’analisi delle
altre condizioni necessarie si deduce che attraverso l’adozione di una buona contrattualistica e di una valida modulistica è possibile assolvere all’origine una larga parte dei propri obblighi, tutelando di conseguenza il proprio credito.
Il trasferimento di proprietà è infatti legalmente assolto alla semplice manifestazione del consenso, a meno dell’esistenza di patti di riservato dominio. È perciò possibile trovare una facile soluzione a questo prerequisito già all’interno del contratto, indicando esplicitamente la volontà di
cedere quel preciso bene. Nel caso di contratti quadro o di
condizioni generali di vendita sarà invece opportuno indicare chiaramente l’evento (es. la conferma d’ordine) che
determina l’esplicitazione di tale volontà.
La prova della consegna del materiale e dell’avvenuta prestazione del servizio si traducono nell’ottenimento e nella
conservazione dei documenti di trasporto firmati e dei fogli di presenza/erogazione del servizio.
Nel caso di forniture di merci spesso si possono limitare i
rischi mantenendo per quanto possibile la procedura sotto
controllo all’interno dell’azienda. In questo senso la soluzione preferibile è quella di negoziare con il cliente delle
condizioni di consegna ex works. Qualora questo non fosse possibile, sarebbe auspicabile richiedere ai fornitori di
logistica di conservare per almeno tre anni i nostri documenti di trasporto. Sarà così possibile produrre in giudizio
i suddetti documenti, qualora richiesti.
Ecco quindi che, attraverso l’adozione di alcune semplici
precauzioni procedurali e di una corretta contrattualistica,
è possibile limitare le contestazioni ai soli vizi occulti. Questi dovrebbero essere gli unici rischi che è ragionevole correre, in quanto insiti nella natura stessa del business.
1.2 Le politiche di affidamento e la policy del credito
Parallelamente alle accortezze contrattualistiche a tutela del
credito, è anche fondamentale sviluppare una puntuale valutazione e un costante monitoraggio dei clienti a supporto del
management preposto a bilanciare la massimizzazione delle
nuove opportunità con la minimizzazione dei rischi.
Affidare significa concedere al cliente una linea di credito,
ossia la possibilità di acquistare dalla propria azienda con una
determinata dilazione di pagamento. L’azienda che affida investe una parte della propria liquidità disponibile per finanziare gli acquisti dei propri clienti, sulla base della valutazione che l’onere finanziario e il rischio implicito nella dilazione siano coperti dalla marginalità delle operazioni effettuate con il cliente.
La Linea di Credito Necessaria (LCN) rappresenta l’esposizione massima (ammontare dei crediti scaduti e non) raggiungibile dal cliente, sulla base dei fatturati attesi e delle
condizioni di pagamento concordate. Esprime quindi il valore della linea di credito auspicata dalla Direzione Commerciale e può essere calcolata in modo teorico dividendo
il fatturato annuo atteso dal cliente, comprensivo di IVA,
per il numero di giorni di dilazione concessa.
LCN = fatturato annuo atteso *(1+IVA%) /360* n. giorni di dilazione
Questa grandezza rappresenta un’indicazione di massima
e non tiene conto delle effettive abitudini di pagamento del
cliente e dei DSO impliciti e patologici. Perciò, in presenza di clienti storici è preferibile utilizzare i DSO reali medi
storici che avranno fattorizzato tutte le componenti dei DSO.
LCN = fatturato annuo atteso *(1+IVA%) /360* DSO reale medio
La linea di credito dovrebbe essere oggetto di revisione periodica, generalmente semestrale, per valutare sia la storicità del business con il cliente e le sue abitudini di pagamento, sia le informazioni ufficiali e ufficiose reperite nel
corso della relazione e che possono modificare – positivamente o negativamente – le precedenti decisioni.
Per tenere sotto monitoraggio la linea di credito è particolarmente utile l’ausilio di sistemi informativi che, attingendo a tutti i dati disponibili nelle fonti interne ed esterne presenti nei sistemi aziendali, ricalcolino dinamicamente
il fido secondo algoritmi predefiniti.
Dal punto di vista organizzativo la determinazione del fido
è certamente responsabilità del Dipartimento Credito, e la
sua approvazione normalmente può essere delegata all’interno dello stesso. Talvolta però, in base al livello di rischio,
è richiesta la concorrenza di altre funzioni aziendali.
Ipotizzando lo scenario di un’azienda di medie dimensioni
in cui il Credit Manager riporti al Direttore Amministrativo e Finanziario, si può immaginare una griglia di autorizzazione così strutturata:
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Per affidamenti rilevanti, e quando non si raggiunge una decisione unanime dei livelli coinvolti, è opportuno ricorrere al
Comitato Fidi normalmente composto dal Responsabile Rating, dal Credit Manager, dal Direttore Commerciale, dal Direttore Amministrativo e Finanziario e dal Country Manager.
Il Credit Manager avrà il compito di preparare, per i casi sottoposti al Comitato Fidi, un dossier contenente tutte le informazioni necessarie: DSO, scaduto, andamento e prospettive
di fatturato, indagine informazioni commerciali approfondite, analisi marginalità e profittabilità del cliente in relazione alle divisioni che lo servono, ordini da evadere.
Sarà quindi compito del Comitato Fidi – a maggioranza –
assumere le decisioni in merito all’importo del fido, agli aumenti, alle riduzioni e alle revoche degli stessi.
Definire una linea di credito non esaurisce l’attività di affidamento, così come non è sufficiente prevederne la revisione una sola volta all’anno. Se l’azienda e il business sono in
continuo divenire, la linea di credito deve seguire tali evoluzioni e assumere una valenza dinamica.
L’utilizzo di questo strumento, oltre a monitorare il rischio,
è di notevole supporto alle attività di collection.
La riduzione dello scaduto produce infatti un immediato
doppio beneficio: la riduzione dell’esposizione totale che
potrebbe riportare il cliente entro il fido concordato, e il miglioramento del coefficiente globale che potrebbe rientrare nelle deleghe di autorizzazione.
È allora utile prevedere delle procedure atte a permettere il
pronto aggiornamento dei fidi al verificarsi di determinati
eventi esterni.
Oltre alle variazioni alla linea di credito determinata dal ricevimento di informazioni ufficiali negative, è importante
prevedere un aggiornamento dei fidi in base all’andamento del proprio business per consentire all’azienda uno sviluppo sostenibile.
Un modello di revisione della linea di credito dovrebbe prendere in esame il fatturato sviluppato e atteso nell’anno, il
margine lordo e i crediti scaduti.
Dopo aver assegnato a ciascuna voce un peso, dalla somma
ponderata si ricava un indice che consente un’immediata
valutazione sull’opportunità o meno di intraprendere un
nuovo business.
Tralasciando analisi più sofisticate basate anche su modelli di rating comportamentali, qui di seguito è rappresentato un esempio di modello sintetico di revisione fidi:
Un altro controllo dinamico sulle linee di credito consiste
nel monitorare l’andamento del credito totale, sia esistente
che in fieri, sommando alle fatture emesse ma non ancora
pagate gli ordini evasi ma non ancora fatturati e gli ordini
accettati ma non ancora evasi.
Il risultato sarà raffrontato al fido concesso per verificarne la capienza, allo scaduto e ai DSO medi per monitorare
la rischiosità. Su questa base sarà ridefinito il fido.
25
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F INANZA
2. FASE DI GESTIONE DEL CREDITO CORRENTE
Una volta che un cliente è stato affidato correttamente e il rapporto tra le parti è stato disciplinato attraverso un’efficace contrattualistica, ecco che il focus di una valida credit policy si concentra sulla gestione del credito a scadere e sullo scaduto fresco.
In questa fase è consigliabile procedere seguendo una linea
guida che preveda un approccio soft con il cliente, volto alla verifica della corretta esecuzione di tutti gli adempimenti
previsti dalla fornitura, alla corretta ricezione delle fatture,
alla riconciliazione degli estratti conto e all’identificazione di quegli eventuali segnali di dissesto che possano indurre a concordare dei Piani di Rientro (PDR) o a ridurre/interrompere le forniture in via cautelativa.
In sintesi, lungi dall’essere un momento di secondaria importanza, questa fase che spesso è alquanto trascurata rappresenta invece uno dei cardini fondamentali della gestione del credito: si riducono le esposizioni a rischio, si eliminano le incomprensioni che successivamente potrebbero diventare contestazioni e opposizioni, si monitorano i
clienti, si migliora la customer satisfaction, si pongono le
basi – qualora fosse necessaria – per un’efficace azione di
recupero successiva.
Tralasciando i necessari adattamenti alle specificità aziendali e ai mercati di riferimento, un esempio di flusso per la
gestione del credito corrente è rappresentato nel seguente
diagramma:
26
3. FASE DI RECUPERO DEL CREDITO INCAGLIATO, DELLE PROCEDURE CONCORSUALI E DEL
MONITORAGGIO VOLTO AL RECUPERO FISCALE DELL’IVA
Nell’ipotesi di aver correttamente svolto tutti i precedenti
passi nella gestione del credito, le posizioni debitorie che
accedono a questa fase dovrebbero essere soltanto quelle
“patologiche”, dovute cioè a forniture concesse a cattivi pagatori, oppure a clienti ad alto rischio che attraversano un
momento di particolare dissesto finanziario.
Su queste posizioni sarà quindi auspicabile attivare rapidamente tutte quelle azioni che, preservando la correttezza
del rapporto con il cliente, siano volte a recuperare il più celermente possibile il credito e riducano il rischio derivante dall’esposizione.
A questo proposito si segnala che il rischio di possibili ripercussioni nel rapporto commerciale normalmente non dipende dalla maggiore o minore obsolescenza del credito per
il quale viene azionata l’azione di recupero, ma dal numero e dall’efficacia dei tentativi riconciliativi che sono stati
espletati nelle fasi precedenti.
Senza entrare nei tecnicismi delle procedure giudiziali e
concorsuali, un prospetto sinottico è il seguente:
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Ripercorrendo le fasi delle procedure sopra proposte e collegando ciascuna fase con gli interventi normativi del 2012/13, è
possibile rappresentare in un quadro sinottico i punti di impatto di ciascun intervento nella tutela e nel recupero del credito.
27
Come si può facilmente dedurre dai diagrammi sopra riportati, la gestione del credito è stata interessata dagli interventi normativi in tutte le sue fasi. Solo attraverso un’azione ben strutturata della procedura e la sinergia degli sforzi di tutti gli attori coinvolti è possibile anticipare di molto la definizione della
pratica, ridurre sensibilmente il DSO e l’esposizione globale
nei confronti dei clienti debitori, aumentare le percentuali d’incasso, ridurre il rischio derivante dall’eventuale default del
cliente e migliorare il circolante aziendale.
Questo indipendentemente dal fatto che le attività siano integralmente svolte da personale interno all’azienda oppure avvalendosi del supporto di un partner di riferimento in grado
di coordinarsi efficacemente con tutti gli attori interni ed esterni coinvolti nel processo di gestione integrata del credito.
In questo panorama anche il ruolo dell’avvocato e dei service
si è sensibilmente modificato.
Il professionista, e il service a cui è delegata la gestione del credito di un’azienda, devono sempre più posizionarsi come partner della stessa e dotarsi di strumenti e organizzazione in grado di integrarsi con i processi del cliente, per assicurare una gestione sempre più mirata e sensibile non solo alla valorizzazione
del credito come quota imponibile ma anche a quella fiscale.
Inoltre, tra i compiti dell’outsourcer, sempre più frequentemente si aggiunge quello di intercettare le novità legislative che
più impattano sul credito e di segnalarle al cliente suggerendo i necessari aggiornamenti alla credit policy. Questo anche mediante una costante
offerta formativa e di training.
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G OVERNANCE - R ISK & C ONTROLS
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© Stuart Miles
LA COMPLIANCE
ALLA LEGGE 262/2005
PROBLEMI APERTI
E POSSIBILI SOLUZIONI
APPLICATIVE
LA LEGGE 262/2005 ATTRIBUISCE AL DP UNA SERIE DI RESPONSABILITÀ CUI
DEVE FAR FRONTE PREDISPONENDO ADEGUATE PROCEDURE AMMINISTRATIVE
E CONTABILI E VERIFICHE SULLA LORO EFFETTIVA APPLICAZIONE:
UN POSSIBILE APPROCCIO OPERATIVO UTILIZZANDO SPECIFICI SOFTWARE
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29
di PIERANTONIO PIANA
Vice Presidente Cogitek Srl
e FLAVIO SERVATO
Partner Cogitek Srl
Come è noto la legge 262/05, con le sue successive modifiche e integrazioni, ha introdotto
nel Testo Unico della Finanza (di seguito TUF)
gli articoli 154 bis e ter, producendo fondamentali impatti sulla governance e sul sistema
di controllo interno aziendale con particolare
riferimento alla gestione e rilevazione dei fatti amministrativi e contabili(1).
Tra gli aspetti salienti di tali provvedimenti appare di rilievo
la nomina di un Dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili societari (di seguito DP), figura istituzionale che deve garantire la predisposizione di adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e consolidato.
Con riferimento agli atti e alle comunicazioni della società
diffusi al mercato e relativi all’informativa contabile anche
(1) Per approfondimenti si veda tra tutti F. Servato, L’impatto della legge n. 262/2005 sulla corporate governance e sul sistema di controllo interno ai fini della corretta informativa contabile
e finanziaria delle società quotate, Rivista “Il controllo nelle società e negli enti”, Anno XII Fasc. 4-5, Giuffrè, 2008. Per approfondimenti sul collegamento tra i sistemi di controllo interno
e la creazione di valore si veda A. Miglietta, P. Piana, F. Servato, La valutazione del sistema di
controllo interno. Un approccio integrato verso la creazione di valore, Ipsoa, 2012.
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G OVERNANCE - R ISK & C ONTROLS
infrannuale, al DP è attribuito l’incarico di dichiarare la
corrispondenza di tali atti alle risultanze documentali, ai
libri e alle scritture contabili (art. 154 bis comma 2).
Congiuntamente con gli organi amministrativi delegati il
DP deve inoltre attestare (art. 154 bis comma 5), con
apposita relazione al bilancio d’esercizio, bilancio semestrale abbreviato e bilancio consolidato (ove presente),
quanto segue:
- l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure
amministrativo-contabili;
- la conformità dei documenti ai principi contabili internazionali applicabili;
30
vazione – i controlli connessi al fine di identificarne le
eventuali debolezze.
Su tale base il DP dovrà inoltre analizzare sia la rischiosità insita nei processi di rilevazione dei fatti amministrativi che quella collegata alle poste di bilancio, fondamentale – nell’approccio proposto – per definire la
profondità dei controlli da effettuare.
Tale rischiosità è definita in funzione della materialità,
manualità e discrezionalità delle operazioni che alimentano contabilmente le voci stesse. A un maggior livello
di rischio si accompagnerà, ovviamente, una percentuale di verifiche più numerosa.
- la corrispondenza dei documenti alle risultanze dei libri e
delle scritture contabili;
2. La visione processiva: individuazione delle fasi dei
processi da monitorare sulla base di test
- l’idoneità dei documenti a fornire una rappresentazione
veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della quotata e del suo gruppo;
In questa fase è necessario descrivere preliminarmente
i processi che generano i dati contabili oggetto di esame nei quali si considera tutta la filiera relativa alla produzione delle informazioni (siano esse di tipo gestionale o amministrativo-contabili):
- che per il bilancio d’esercizio e per quello consolidato la
relazione sulla gestione comprenda un’analisi attendibile
dell’andamento e del risultato della gestione, nonché della situazione della quotata e dell’insieme delle imprese incluse nel consolidamento, unitamente alla descrizione dei
principali rischi e incertezze cui sono esposti;
- che per il solo bilancio semestrale abbreviato la relazione intermedia sulla gestione contenga un’analisi attendibile delle
informazioni di cui al comma 4 dell’articolo 154 ter(2).
Appare pertanto evidente che, essendo molto elevato il profilo di delicatezza sia del ruolo e sia delle responsabilità assegnate al DP, quest’ultimo necessiti di adeguati supporti
organizzativi, procedurali e metodologici, al fine di dare
concreta attuazione al disposto legislativo e per garantire
una “ragionevole sicurezza” che il sistema di controllo interno relativo alla produzione di dati contabili sia adeguato ed efficace(3).
Ciò premesso, verranno di seguito sinteticamente analizzate le fasi con cui si dovrebbe sviluppare l’attività di controllo in modo da assicurare la massima conformità alla norma in oggetto(4).
1. La fase preliminare: la mappatura dei processi
amministrativo-contabili e la risk analysis
Con la fase preliminare vengono mappati tutti i processi amministrativo-contabili (quali ciclo attivo, ciclo passivo, cespiti, personale, bilancio, finanza e tesoreria, ecc.)
e vengono valutati in termini di severità e probabilità i rischi correlati, nonché – in termini di adeguatezza e atti-
- la mappatura dei processi, articolati in relazione alle
specifiche esigenze in fasi, sottofasi e attività;
- l’indicazione dei controlli necessari per governare adeguatamente ciascun elemento minimo del processo indicato (i controlli desunti dalle procedure o, in loro
assenza, dai principi generali di controllo);
- l’indicazione dei test da svolgere a fronte di ciascun controllo, al fine di fornire una guida nella verifica del rispetto delle regole da parte di chi opera in azienda.
(2) Ai sensi dell’art. 154ter comma 4: «La relazione intermedia sulla gestione contiene almeno riferimenti agli eventi importanti che si sono verificati nei primi sei mesi dell'esercizio e alla
loro incidenza sul bilancio semestrale abbreviato, unitamente a una descrizione dei principali
rischi e incertezze per i sei mesi restanti dell'esercizio. Per gli emittenti azioni quotate aventi
l'Italia come Stato membro d’origine, la relazione intermedia sulla gestione contiene, altresì,
informazioni sulle operazioni rilevanti con parti correlate».
(3) Per approfondimenti sul sistema di controllo interno si veda tra tutti A. Miglietta, P. Piana,
F. Servato, La valutazione del sistema di controllo interno. Un approccio integrato verso la creazione di valore, Ipsoa, 2012; G. D'Onza, Il sistema di controllo interno nella prospettiva del risk management, Giuffrè, 2008; Price Waterhouse Coopers (a cura di), Il sistema di controllo
interno. Un modello integrato di riferimento per la gestione dei rischi aziendali, Il Sole 24 Ore,
2006; L. Marchi, Revisione aziendale e sistemi di controllo interno, Giuffrè, 2008; F. Massari,
Corporate governance e sistema di controllo interno in realtà aziendali complesse, Cacucci, 2010; S. Beretta, N. Pecchiari, Analisi e valutazione del sistema di controllo interno. Metodi e tecniche, Il Sole 24 Ore, 2007; M. Anaclerio, A. Miglietta, R. Salvi, F. Servato, Internal
Audit. Una professione in continua evoluzione, Ipsoa, 2011.
(4) Tali fasi sono state desunte da riferimenti accademici, tra tutti M. Allegrini, A. Silvestri, Il Dirigente Preposto e la definizione delle procedure amministrativo-contabili, ANDAF, dalle Linee
guida per lo svolgimento delle attività del dirigente Preposto alla redazione dei documenti contabili societari ai sensi dell’art. 154-bis TUF di Confindustria e F. Servato, L’impatto della legge n. 262/2005 sulla corporate governance e sul sistema di controllo interno ai fini della corretta informativa contabile e finanziaria delle società quotate, Rivista “Il controllo nelle società
e negli enti”, Anno XII Fasc. 4-5, Giuffrè, 2008, nonché dalla best practice in materia, per le
quali si è fatto specifico riferimento all’approccio metodologico utilizzato da Cogitek S.r.l. per
importanti gruppi quotati.
28-32 Cogitek.qxt_Layout 1 16/09/14 12.03 Pagina 31
3. La visione amministrativo-contabile: individuazione
delle voci contabili da monitorare sulla base di test
Con riferimento a ciascuna situazione (semestrale o annuale)
oggetto di attestazione da parte del DP, occorre definire per
ciascuna voce di bilancio – riprendendo le valutazioni di rischio di cui al punto 1 – le seguenti informazioni:
- la rischiosità (es. alta, media, bassa, determinata in funzione della materialità, manualità e discrezionalità delle operazioni per ciascuna voce di bilancio);
- la percentuale della correlata profondità di analisi dei
test (es. 1%, 7%, 15%), ossia l’ammontare minimo di
documenti amministrativo-contabili da analizzare.
4. Predisposizione di test di controllo e abbinamento con
le voci di bilancio
Per ciascuna voce di bilancio di interesse occorre definire i test collegati alle poste stesse, al fine di “abbinare” i
test di controllo chiave oggetto di attività di compliance.
Per ognuno di questi test occorre definire: l’oggetto e l’obiettivo del controllo, il livello di criticità, la frequenza, il responsabile incaricato della sua effettuazione, la
base documentale necessaria per lo svolgimento del controllo stesso, le evidenze e il risultato del test.
Per tutte le voci di bilancio oggetto di esame dovranno
quindi essere abbinati i test di controllo in modo da collegare l’approccio processivo con quello amministrativo-contabile.
5. Definizione delle regole di campionamento per lo
svolgimento dei test
Fondamentale per lo svolgimento delle attività di controllo è la definizione di chiare regole di campionamento che permettano di fornire altrettanto chiare istruzioni per lo svolgimento dei test di compliance.
6. Svolgimento dei test ed evidenza degli esiti
Con questa fase, sulla base delle regole in precedenza indicate, occorre svolgere con le periodicità definite i test di controllo, i cui risultati saranno fondamentali sia per la produzione dell’attestazione che per monitorare in continuo l’affidabilità delle procedure amministrativo-contabili a supporto dei dati di bilancio stessi. Gli esiti devono quindi essere ricondotti al più generale sistema di controllo interno
e devono essere sempre collegati alla visione contabile (affidabilità della singola posta) e all’approccio processivo (affidabilità del processo per la formazione del dato).
Problemi operativi ancora aperti e possibili soluzioni
Al fine di fornire una adeguata compliance, a nostro giudizio appare essenziale:
- seguire sia l’approccio processivo (peraltro richiesto esplicitamente dalla norma), sia l’approccio per voce di bilancio. A questo proposito i test di controllo forniranno fondamentali indicazioni per il miglioramento continuo dei
punti e presidi di controllo previsti nei processi;
- definire chiare regole di campionamento, fondamentali
per evitare arbitrarietà o soggettività nella definizione
del campione oggetto di esame;
- guidare i soggetti che svolgeranno i test di controllo. Dal
momento che le attività di verifica saranno condotte
da collaboratori, appare fondamentale fornire una “guida” operativa e metodologica per indirizzare i diversi
soggetti coinvolti nell’esecuzione delle attività di controllo;
- fornire la massima evidenza e tracciabilità delle attività
svolte. Di conseguenza, supporti non “sicuri” o tracciabili non appaiono sufficienti per garantire pienamente
il DP.
A questo proposito sono presenti degli aspetti degni di attenzione che non appaiono risolvibili con i “tradizionali”
strumenti di lavoro (fogli Excel, Word, fogli cartacei, ecc.),
che potrebbero essere oggetto di manipolazioni o subire un
rischio di perdita delle informazioni (si pensi, ad esempio,
ai dati cartacei che con il tempo possono diventare particolarmente voluminosi ed essere soggetti a rischi di deterioramento, distruzione, smarrimento, furto, ecc.).
È dunque importante sottolineare come il DP deve poter disporre di adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuitigli (tra i quali, ad esempio, le dotazioni informatiche dedicate), nonché per l’effettivo rispetto delle procedure amministrative e contabili, fondamentali per esimersi dalle responsabilità (anche penali) che la norma pone a suo carico.
Anche in relazione a quanto previsto dalla normativa, e per
facilitare e velocizzare il lavoro conseguente a questa nuova responsabilità, è fondamentale che al DP vengano forniti adeguati strumenti informatici.
È proprio per far fronte a tale esigenza che sono stati sviluppati diversi software, concepiti ed elaborati per supportare lo svolgimento efficace ed efficiente dei controlli di
compliance. Questi software presentano le seguenti caratteristiche generali:
- garanzia metodologica e semplicità di utilizzo, con “guida” costante dell’operatore nello svolgimento dei test di
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G OVERNANCE - R ISK & C ONTROLS
controllo da effettuare (con particolare riguardo ai test di
secondo livello a cura delle funzioni aziendali/Enti di controllo, e di terzo livello a cura di Internal Audit);
- chiara definizione delle regole di campionamento, che resteranno valide per tutti i test al fine di assicurare la massima precisione e garanzia per il DP;
- indicazione dei test «chiave» da svolgere per controllare
la presenza/affidabilità delle procedure in essere e l’effettiva compliance alle regole aziendali (es. rispetto dei
principi contabili, procedure amministrativo-contabili, Modello Organizzativo D.Lgs. 231/01, ecc.) relativamente ai
vari processi “sensibili” (ad esempio ciclo attivo, ciclo passivo, cespiti, personale, bilancio, finanza e tesoreria, ecc.);
- duplice visione dei risultati dei test, analizzabili sia da un
punto di vista “processivo” che “contabile”, con ripartizione degli esiti per voce di bilancio/importo;
- pervasività del controllo, attraverso uno schema di campionamento guidato dal sistema, con profondità variabile
a seconda delle esigenze del DP;
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- tracciabilità dei controlli eseguiti: il sistema mantiene evidenza di tutti i controlli eseguiti dai vari operatori sui documenti aziendali e fornisce segnalazioni in caso di mancato
superamento dei test (quantità dei test o qualità dei risultati);
- idonea formalizzazione dei risultati di ogni test svolto, con
strumenti che consentano una firma digitale da parte degli operatori;
- reportistica per processo “sensibile” con individuazione
dei punti di debolezza dei controlli nelle varie fasi dei processi stessi, ai fini dell’accertamento di presunte violazioni alle regole;
- indicazione delle azioni correttive da attuare in relazione
alle criticità emerse dai controlli effettuati;
- repository documentale, che conserva informaticamente la documentazione analizzata in sede di test, ai quali
viene automaticamente abbinata (es. contratti, fatture
ecc.).
Tali software di norma possono essere anche interfacciati con
i sistemi informativi utilizzati dall’impresa, permettendo di
svolgere i test di controllo in diversi momenti per non incidere eccessivamente sull’operatività della struttura amministrativa in periodi caratterizzati da impegni elevati.
Conclusioni
Alla luce delle norme in oggetto, dotarsi di un software adeguato è fondamentale per avere uno strumento di “prova”
delle attività eseguite che sia al tempo stesso in grado di garantire in modo preciso “quando” tali controlli sono stati
compiuti (cosa non possibile con altri strumenti più tradizionali), nonché di disporre di un repository documentale
che attesti i controlli svolti e i relativi risultati.
L’attività svolta come descritto – che può individuare i punti deboli dei controlli con la duplice visione contabile e processiva – è comunque sempre utile a chi è Responsabile del
Bilancio per la rivisitazione delle procedure e il controllo
dei dati, a prescindere dall’applicazione delle norme di legge (cfr. art 154 bis c. 3 TUF), e deve riguardare sia le metodologie di controllo amministrativo-contabile che i comportamenti in
essere da parte di chi opera in azienda.
Asset
Administration
‡
3LDQL¿FD]LRQHIDPLOLDUH
risk assessment
‡
Amministrazione e
supporto legale, tributario
H¿QDQ]LDULRQHOOH
operazioni riguardanti il
patrimonio familiare
‡
Protezione dei beni, Trust
HPDQGDWL¿GXFLDUL
‡
Education e formazione
delle giovani
generazioni e progetti
di coinvolgimento nelle
attività di business
‡
3LDQL¿FD]LRQHHUHGLWDULD
esecutore testamentario
‡
,QFDULFKL¿GXFLDULGL
amministratore di società
‡
Servizi contabili e
amministrativi (business
& personal)
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34 Rubrica Bertoli.qxt_Rubrica Bertoli.qxt 16/09/14 12.04 Pagina 34
ACCADE IN ITALIA E NEL MONDO
di PAOLO BERTOLI
Direttore Responsabile di ANDAF Magazine
Fare impresa in Italia: time to change
(Dal Sole 24 Ore e dal web nelle ultime settimane)
34
Il 2014 si avvia alla conclusione e appare evidente che non
sarà l’anno del recupero come sperato, basti consultare gli
ultimi dati economici deludenti sul PIL e sull’occupazione in Italia e nell’Eurozona, aggravati dai negativi effetti
della crisi russo-ucraina. La vera “zavorra” del Pil, in questo momento, è costituita dagli investimenti che è impensabile possano riprendere con energia in assenza di un sostanziale aumento dei consumi privati. Solo le imprese prevalentemente esportatrici hanno infatti la possibilità e l’interesse a investire, mentre quelle che producono principalmente per il mercato domestico vivono un notevole disagio
e hanno consistenti eccessi di capacità produttiva. Il Governo deve sostenere dunque la ripresa dei consumi interni, favorendo di conseguenza la produzione e gli investimenti delle imprese, e sbloccare l’edilizia: solo una netta
ripartenza dell’industria manifatturiera e delle costruzioni
(nel settore privato e in quello pubblico) può generare una
adeguata scossa per la ripresa.
Altro elemento cardine per la ripresa è l’export, una carta vincente su cui il Governo deve puntare con decisione, come già
stanno facendo il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e il vice ministro Carlo Calenda. Il piano punta non
solo a rafforzare la presenza dei prodotti italiani sui mercati
emergenti, ma anche a espanderla su quelli più consolidati. Un
caso per tutti quello degli USA, dove le nostre imprese stanno
già ottenendo incredibili successi. I dati dell’export italiano
verso gli Stati Uniti evidenziano infatti un nuovo record di vendite e una crescita superiore al 6% tra gennaio e maggio, che
proietta per fine anno un valore assoluto di oltre 28 miliardi di
euro. Uno sviluppo trainato dalla ritrovata forza dell’economia
statunitense, con l’effetto congiunto di spingere gli acquisti sia
di beni strumentali che di prodotti di consumo: dai macchinari al lusso, dallo stile ai prodotti alimentari, dal design al vino.
Si tratta di aree in cui il Made in Italy non solo aumenta le vendite in valore assoluto, ma è anche in grado di conquistare consistenti spazi di mercato a danno della concorrenza.
Altro dato di straordinario rilievo è il surplus commerciale
dell’Italia con l’estero (esclusa l’energia), che nel primo trimestre 2014 per la prima volta ha superato quello del Giappone, proiettandoci al quarto posto assoluto al mondo preceduti da Germania, Cina e Corea del Sud.
Altrettanto significativi sono gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che evidenziano come,
tra i Paesi del G-7, la quota di mercato dell’Italia nell’export mondiale di manufatti abbia avuto la miglior tenuta –
dopo quella tedesca – dalla nascita dell’euro sino al 2013.
Numeri che confermano l’importanza di mettere saldamente
al centro della politica economica italiana lo sviluppo dell’industria e che sono stati resi possibili soprattutto per merito dell’intraprendenza sui mercati mondiali del nostro nucleo di piccole e medie imprese.
«La crescita può arrivare solo dalle imprese, che vanno
messe nelle condizioni di essere più competitive per intercettare quella domanda internazionale di Italia che già c’è
e non bisogna creare dal niente. Questo farà aumentare occupazione e consumi interni. Non ci dobbiamo inventare
nulla, è quello che ha già fatto la Germania». È ciò che sostiene il vice ministro dello Sviluppo Economico, il quale non
ha dubbi sulle nostre possibilità di ripresa, perché l’Italia
«è il Paese con il maggiore potenziale di crescita inespresso… entro il 2030 ci saranno 800 milioni di consumatori in
più che chiederanno di comprare anche il nostro Made in
Italy». Per non mancare questo obbiettivo le nostre PMI devono essere in grado di investire in innovazione e puntare
sull’eccellenza del Made in Italy.
Un esempio virtuoso è quello di Brunello Cuccinelli, presidente e fondatore dell’omonimo marchio umbro, che conferma una crescita a doppia cifra per utili e fatturato nell’esercizio 2014. «Sono ottimista non solo per la mia azienda
ma per l’Italia – sostiene Cucinelli – e credo che con la creatività e con la capacità di produrre che abbiamo le prospettive non siano affatto negative. Anche perché nel mondo siamo visti bene ed è riconosciuta la nostra capacità di fare prodotti di grande valore artigianale». Il riscontro positivo dei
clienti internazionali è evidente dalla crescita del 15% che
l’estero registra nel fatturato semestrale di Cucinelli (con vendite fuori Italia ormai prossime all’ 80% del fatturato).
Dall’indagine annuale dell’Osservatorio PMI di Global
Strategy, presentata a fine luglio scorso, si evidenzia come in Italia esista un gruppo di aziende che, nonostante
operi in settori maturi, abbia scelto da tempo di puntare su
innovazione e internazionalizzazione riuscendo a contrastare gli effetti della crisi grazie alla tenacia degli imprenditori e alla sorprendente flessibilità e dinamicità nel riadattare le strategie operative per raggiungere i propri obiettivi. Quest’anno sono 327 le aziende che hanno passato la
selezione registrando tassi di crescita medi annui del fatturato tre volte superiori rispetto all’universo delle PMI
(+10% vs. +3%) e un reddito operativo che è cresciuto nel
periodo 2008-2012 di ben il 19% medio annuo. Un’eccellenza che trova conferma anche nella capacità di generazione di cassa (rapporto PFN/Ebitda pari a 0,4 contro 2,6
del resto delle PMI nel 2012) e nel ritorno sugli investimenti (ROI 2012 pari a 12,1%).
Si tratta di imprese che operano prevalentemente in settori maturi (oltre il 30% appartiene alla meccanica e alla metallurgia), dalla forte vocazione globale (quasi il 40% del
loro fatturato è all’estero) e fortemente orientate all’innovazione (investono il 5% del loro fatturato in ricerca e
sviluppo). In generale, sembra che la crisi abbia premiato
le imprese più dinamiche e veloci nel riuscire a comprendere dove i mercati stanno andando e come si stanno modificando. Inoltre, per competere in un mercato globale e
in rapida evoluzione, il ricorso alle tecnologie digitali è
diventato una necessità.
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36 Recensioni.qxt_1 pag. Recensioni.qxt 16/09/14 12.05 Pagina 36
R ECENSIONI
36
a cura di Alberto Tron
“ANALISI FINANZIARIA”
Guida pratica per aumentare il valore dell’impresa
“MANUALE DEL REVISORE LEGALE”
La revisione contabile per imprese industriali, commerciali e PMI
di J. N. Ubago Vivas
di Alberto Pesenato
Nel libro “Analisi Finanziaria” si assume che l’obiettivo
primario per il governo dell’impresa sia la massimizzazione del valore economico dell’investimento dei fornitori
di capitale di rischio, cioè lo shareholder value o equity value. I manager possono creare valore attraverso le loro decisioni strategiche, operative, di investimento e di finanziamento, quindi un’analisi finanziaria solida può aiutarli
a operare le scelte migliori per aumentare
l’equity value.
In questo senso l’analisi finanziaria elaborata dall’autore non è considerata un’attività specialistica isolata, ma è contestualizzata nell’ambito della gestione strategica e
della gestione operativa dell’impresa.
Attraverso casi ed esempi, il testo analizza
infatti quei concetti e quelle tecniche chiave dell’analisi finanziaria d’impresa che aiutano a meglio comprendere e valutare l’impatto delle decisioni da prendere sullo shareholder value.
Il volume si propone di aiutare il lettore a:
- comprendere i prospetti contabili;
- riorganizzare i prospetti contabili per meglio rappresentare la performance operativo-finanziaria;
- analizzare e valutare la performance operativo-finanziaria passata;
- valutare le interrelazioni tra la gestione strategica, la gestione operativa e le politiche finanziarie per conseguire
una crescita profittevole sostenibile;
- sviluppare delle proiezioni operativo-finanziarie solide;
- identificare, misurare e usare le informazioni finanziarie
rilevanti per prendere delle decisioni efficaci;
- determinare il tasso di rendimento richiesto dagli investitori in capitale di debito e in capitale di rischio, quindi stimare il costo del capitale di un progetto, di un business o
di un’impresa;
- determinare il valore economico creato per gli azionisti
attraverso i nuovi investimenti interni, le acquisizioni e i
disinvestimenti;
- identificare le business units che creano valore economico e quelle che lo distruggono;
- misurare il valore intrinseco e il valore relativo di un’impresa;
- stabilire il mix capitale di debito-capitale di rischio appropriato per finanziare la strategia e le operazioni;
- stabilire l’ammontare e la modalità appropriata della distribuzione di cassa dall’impresa agli azionisti;
- identificare, valutare e selezionare le opportunità strategiche, operative e finanziarie attuabili per raggiungere il valore economico potenziale dell’investimento degli azionisti.
Questa seconda edizione del libro è stata arricchita da un
capitolo sulla politica di payout e dall’aggiunta di altri tre
casi. Uno di questi verte proprio sull’argomento payout,
un altro sulla valutazione delle operazioni reali e l’ultimo
sulla valutazione e ristrutturazione del business portfolio.
La legislazione vigente e le interpretazioni che di essa danno
gli organi preposti alla professione si concentrano su cosa il
revisore legale deve compiere e quasi mai illustrano, se non in
maniera incompleta, come questi deve eseguire il proprio intervento professionale e quali strumenti deve utilizzare.
Anche alla luce del D.Lgs. n. 39/2010 e dei regolamenti emanati dal MEF, questo corposo manuale si propone l’ambizioso obiettivo di fornire al professionista ogni strumento
necessario per poter eseguire in maniera scrupolosa la revisione contabile nelle aziende industriali e commerciali.
In questa edizione aggiornata sono state riviste tutte le parti su cui le novità legislative e/o normative hanno inciso.
Unico nel suo genere, in quanto propone sotto l’aspetto metodologico e applicativo tutti gli strumenti e le soluzioni appropriate per condurre il lavoro di revisione, questo volume
rimane a tutt’oggi uno dei più completi riferimenti in materia di revisione contabile e legale in Italia.
Il manuale fornisce, a chi svolge l’attività di Sindaco e Revisore Legale, ogni strumento necessario per poter eseguire in
modo completo la revisione legale nell’ambito delle aziende industriali e commerciali
(quotate e non quotate), nonché nelle PMI,
applicando il metodo del risk approach. Ogni
strumento presentato nel testo fa esplicito riferimento agli ISA (International Standards
on Auditing) richiamandoli in tutte le carte di
lavoro proposte.
Il libro è corredato da un CD che contiene tutti gli strumenti operativi per svolgere la revisione legale (check list, questionari sul controllo interno,
lettere di conferma esterna, relazioni di revisione, ecc.) tratti
dai Principi di Revisione ISA, dalla “pratica professionale”
italiana e internazionale (Auditing Guidelines) e dai principi
statuiti dalla Treadway Commission nei documenti CoSO Report I e III che sono considerati la best practice per la costruzione di un efficace sistema di controllo interno e nel financial reporting. Il Revisore Legale potrà quindi utilizzare
gli strumenti proposti nel CD per approfondire, sotto l’aspetto concettuale e normativo, il lavoro che sta svolgendo.
Il Manuale è suddiviso in otto parti:
1) i concetti generali: l’organizzazione dell’intervento - metodologia riferita al Risk Approach;
2) il dossier generale: organizzazione dell’intervento di revisione, il rischio di revisione e il rischio intrinseco;
3) la verifica per cicli operativi del controllo interno, il rischio
di controllo e il (rischio) livello di individuazione;
4) la verifica delle rimanenze e dell’inventario fisico;
5) la revisione del Bilancio di esercizio;
6) il controllo della qualità: la struttura e l’organizzazione nelle società di revisione;
7) PMI: le verifiche del Collegio Sindacale (ex art. 2403 c.c.)
e i controlli del Revisore Legale (ex art. 14 c. 1-b del D.Lgs.
39 del 27/01/2010);
8) PMI: pianificazione dei controlli, i verbali del Collegio Sindacale e del Revisore Legale.
PUBBL. cdl management.qxt_qxt 09/06/14 10.14 Pagina 1
38 COACHING IN PILLOLE.qxt_rubriche 16/09/14 12.06 Pagina 38
COACHING IN PILLOLE
a cura di Cristina Andreoletti
Partner Praxi S.p.A. – Responsabile Formazione e Sviluppo della sede di Milano
Self Development e sviluppo della propria capacità
di apprendimento
38
La capacità di apprendere rappresenta, e rappresenterà sempre di più, il driver fondamentale della crescita individuale, professionale, imprenditoriale e sociale. Soltanto chi sarà
in grado di gestire il proprio sapere in maniera cosciente e
critica (allenando, mantenendo, approfondendo, dimenticando e aggiornando le proprie conoscenze, competenze e
abilità non più attuali) potrà porsi in una situazione di lifelong learning che gli consentirà di assumere un ruolo vincente nel mondo del lavoro.
Ma come si realizza l’apprendimento, in particolare l’apprendimento sulle competenze manageriali? Lavorare sulle
competenze manageriali significa intervenire sul proprio modo di agire mettendo in atto strategie comportamentali diverse per produrre i risultati attesi in modo più efficace.
Malcom Knowles, uno dei principali esperti di apprendimento
degli adulti, evidenzia che per apprendere gli adulti hanno
necessità di: 1) definire il perché occorre apprendere qualcosa di nuovo; 2) autogovernarsi; 3) collegare i nuovi apprendimenti alla precedente esperienza; 4) sentirne il bisogno 5) centrarlo su vita reale, su problemi, su sfide concrete.
Come emerge immediatamente dalla lettura di questi cinque punti, nel momento in cui decidiamo di implementare
un processo di self development queste condizioni sono tutte presenti, ma per tradurle operativamente occorre “perfezionarle” attraverso un progetto.
Come e con quali tools? Il kit proposto è costituito da tre ingredienti. Il primo è rappresentato dalla definizione della “competenza bersaglio”, ovvero la capacità comportamentale sulla quale riteniamo strategico e importante innescare il processo di cambiamento. L’utilizzo di alcune domande quali:
«Perché voglio lavorare su questa competenza/comportamento?», «Cosa mi aspetto in termini di miglioramento?»,
«Quali ostacoli penso di incontrare?», «Cosa voglio ottenere concretamente?», «Come misurerò i cambiamenti?», è funzionale a inquadrare e verificare la validità del nostro investimento. Gli altri due ingredienti sono: in quali situazioni fare palestra e quali attrezzi/modalità attivare per allenarsi.
1 Cerco di cogliere le differenze
ISTRUZIONI (Learning Styles Inventory Test - Kolb)
Nel riquadro in basso troverete 9 gruppi di 4 affermazioni
ognuno. Ponete in graduatoria queste affermazioni dando
un valore 4 a quella che meglio caratterizza il vostro modo abituale di affrontare e risolvere i problemi, 3 a quella
immediatamente successiva fino a dare valore 1 a quella che
meno corrisponde al vostro stile. Assicuratevi di dare un valore numerico diverso a ogni parola, non fate abbinamenti.
Per ottenere il punteggio sulle quattro dimensioni misurate
dal questionario – Esperienza Concreta (EC), Osservazione
Riflessiva (OR), Concettualizzazione Astratta (CA), Sperimentazione Attiva (SA) – è necessario sommare in verticale i punteggi attribuiti alle diverse affermazioni.
A questo punto non mi resta che augurarvi buon lavoro nel
costruire un progetto che tenga conto della vostra modalità
privilegiata di apprendere per lavorare sulla “competenza
bersaglio” identificata!
Mi lascio coinvolgere
Pratico
2 Prendo in considerazione le idee altrui Mi dedico solo al problema
Effettuo analisi
Rimango imparziale
3 Mi baso su sensazioni
Faccio attente osservazioni
Mi baso sulla ragione
Cerco di capire facendo
4 Solitamente accetto
Provo anche rischiando
Valuto pro e contro
Cerco di divenire
pienamente cosciente
5 Privilegio l’intuizione
Mi baso sui risultati
Seguo un processo logico
Mi pongo molte domande
6 Procedo per astrazione
Esamino i fatti
Sono concreto
Preferisco agire
7 Guardo all’oggi
Rifletto sui fatti
Guardo al domani
Mi mantengo ai fatti
8 Mi baso sulla mia esperienza
Mi baso sull’osservazione
Procedo per concetti
Privilegio la sperimentazione
9 Mi applico con energia
Procedo cautamente
Procedo seguendo la ragione
Sono responsabile
OR
CA
SA
EC
Procedo per ipotesi e tentativi
In altre parole, è fondamentale riconoscere qual è il proprio
stile di apprendimento e in quali momenti avviene in maniera più efficace.
L’apprendimento dei comportamenti come razionalizzato da
David Kolb – guru statunitense nell’ambito dell’apprendimento individuale e sociale, sviluppo di carriera e formazione – è un percorso ciclico che si realizza attraverso l’attivazione di quattro step principali: “osservazione per imitazione”,
concettualizzazione astratta ovvero studio teorico, sperimentazione attiva intesa come provare ad agire, esperienza concreta nel fare e rifare per allenarsi. La peculiarità di questo percorso risiede nel fatto che non c’è un inizio prestabilito, ma
l’avvio e la realizzazione della sequenza di apprendimento avvengono in modo differente da individuo a individuo. Conoscere qual è la nostra porta privilegiata dell’apprendimento,
ovvero qual è la nostra abitudine di apprendimento quando vogliamo acquisire qualcosa di nuovo, è un grande supporto per
accorciare i tempi del cambiamento e raggiungere risultati progressivi aumentando la motivazione a perseverare nel percorso di autosviluppo. È arrivato dunque il momento di conoscere, attraverso il supporto di un breve questionario, qual è la
vostra sequenza preferenziale nell’apprendere.
Pubblicità ANDAF SETTEMBRE.qxt_1 pag. Recensioni.qxt 08/09/14 12:59 Pagina 1
40-41 TAX NEWS.qxt_TAX NEWS.qxt 16/09/14 12.07 Pagina 40
TAX N EWS
AGGIORNAMENTO
NORMATIVA
STUDIO DI CONSULENZA TRIBUTARIA E LEGALE
DISPOSIZIONI URGENTI PER LE IMPRESE
DECRETO LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 91
In data 24 giugno 2014 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 116/2014) il quale ha introdotto, tra le altre, alcune disposizioni sul rilancio e lo sviluppo delle imprese e sul contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche.
Potenziamento della disciplina ACE (art. 19)
40
Il D.L. n. 91/2014 ha previsto che la variazione in aumento del capitale proprio per le società aventi azioni
quotate nei mercati regolamentati e in sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’UE – ovvero di
Stati appartenenti allo Spazio Economico Europeo – relativamente al periodo d’imposta di ammissione al mercato e ai due successivi, sia incrementata del 40%.
Misure a favore del credito alle imprese (art. 21)
L’art. 21 del D.L. n. 91/2014 ha previsto la soppressione
della ritenuta pari al 26% (art. 26, comma 1, del D.P.R.
n. 600/1973) dal 1° luglio 2014, in relazione agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari
e delle cambiali finanziarie:
- detenuti da uno o più investitori qualificati;
- corrisposti a OICR istituiti in Italia ovvero in uno Stato membro dell’UE, il cui patrimonio sia investito in
misura superiore al 50% in tali titoli e le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati, a
norma dell’art. 100 del D.Lgs. n. 58/1998.
Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici (art. 26)
L’art. 26 del Decreto in commento ha ridefinito le modalità di erogazione delle tariffe incentivanti sull’energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici
da parte del Gestore dei Servizi Energetici
(GSE).
In seguito alle modifiche introdotte dalla
Legge di conversione, a decorrere dal 1° gennaio 2015 le tariffe incentivanti sono rimodulate e applicate secondo una delle seguenti
modalità:
1. erogazione della tariffa per 24 annualità, ricalcolata
secondo le percentuali indicate nella tabella allegata
al Decreto;
2. erogazione della tariffa per 20 annualità, rimodulata
con Decreto del MISE da emanarsi entro il 1° ottobre
2014;
3. erogazione della tariffa per 20 annualità, ridotta dalla data di entrata in vigore del Decreto e per la durata
residua del periodo di incentivazione secondo percentuali commisurate alla potenza nominale dell’impianto.
Ricade sull’operatore stesso l’onere di scegliere e comunicare al GSE, entro il 30 novembre 2014, per quale
modalità di rimodulazione intende optare, pena l’applicazione automatica della terza modalità.
CREDITO D’IMPOSTA PER L’ASSUNZIONE
DI PERSONALE ALTAMENTE QUALIFICATO
DECRETO DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO
ECONOMICO DEL 28 LUGLIO 2014
Il Decreto del 28 luglio 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico ha definito termini, contenuti e modalità di presentazione delle istanze per fruire del credito
di imposta in favore delle imprese istituito dall’art. 24
del D.L. 22 giugno 2012, n. 83. Il credito citato è erogato in misura pari al 35% del costo aziendale sostenuto per
le nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato, ossia in possesso di dottorato di
ricerca universitario oppure di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico impiegato in attività di R&D. Tale credito non può superare euro 200.000
per ciascuna impresa.
In particolare, il Decreto in commento ha disposto che
le istanze di accesso al credito devono essere presentate esclusivamente in via telematica, mediante la procedura informatica accessibile dal sito:
www.cipaq@mise.gov.it
e munite dei contenuti riportati negli Allegati al D.M.
40-41 TAX NEWS.qxt_TAX NEWS.qxt 16/09/14 12.07 Pagina 41
A P P R O F O N D I
M E N T O
CREDITO D’IMPOSTA PER INVESTIMENTI IN
BENI STRUMENTALI NUOVI – ART. 18 DEL DECRETO LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 91
L’art. 18 del D. L. 24 giugno 2014, n. 91 (convertito
con modificazioni dalla Legge n. 116/2014) ha introdotto un credito d’imposta pari al 15% per investimenti
in beni strumentali nuovi spettante ai titolari di reddito d’impresa.
Il D.L. n. 91/2014 ha disposto che il credito d’imposta attribuito è pari al 15% delle spese sostenute “in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni strumentali” compresi nella divisione 28 della tabella ATECO
2007 (macchinari e apparecchiature), realizzati dall’impresa nei cinque periodi di imposta precedenti. Tuttavia,
è ammessa la facoltà di escludere dal calcolo della suddetta media il periodo in cui l’investimento è stato maggiore degli altri. La norma prevede, inoltre, particolari disposizioni per i soggetti con attività d’impresa inferiore
a 5 anni o costituiti successivamente al 25 giugno 2014.
Ambito soggettivo
Possono fruire del credito di imposta introdotto dal
D.L. 91/2014:
- i soggetti titolari di reddito d’impresa;
- le imprese in attività alla data di entrata in vigore del
Decreto (25 giugno 2014), anche se con attività d’impresa inferiore ai 5 anni;
- le imprese costituite successivamente al 25 giugno 2014,
applicando il credito con riguardo al valore complessivo
degli investimenti realizzati in ciascun periodo d’imposta.
L’agevolazione si applica a tutti i soggetti residenti nel
F I
S C A L E
territorio dello Stato titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza degli stessi,
nonché dall’adozione di particolari regimi d’imposta o
contabili. La disposizione si applica anche alle stabili organizzazioni italiane di società non residenti.
Ambito oggettivo
I soggetti citati possono accedere al credito d’imposta se
effettuano investimenti in beni strumentali nuovi compresi nella già citata tabella ATECO 2007 e destinati a
strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. Gli
investimenti citati possono essere effettuati dal 25 giugno 2014 al 30 giugno 2015 e il relativo importo unitario deve essere superiore a euro 10.000.
Ripartizione e revoca del credito d’imposta
Il credito d’imposta deve essere ripartito in tre quote annuali di pari importo, di cui la prima è utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio del secondo periodo d’imposta
successivo a quello in cui l’investimento è stato effettuato. Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione e non è soggetto al limite di euro 250.000
(Legge n. 244/2007, art. 1, comma 53).
Il credito d’imposta è soggetto a revoca nel caso in cui
l’imprenditore ceda a terzi (o destini i beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all’esercizio di impresa) prima del secondo periodo di imposta successivo all’acquisto, nonché nel caso in cui i beni oggetto degli investimenti siano trasferiti in strutture produttive
situate al di fuori dello Stato.
LA NUOVA DISCIPLINA AI FINI IRES E IRAP
SULLE PERDITE E SVALUTAZIONI SU CREDITI
CIRCOLARE MINISTERIALE DEL 4 GIUGNO
2014, N. 14/E
TUIR, la sussistenza degli elementi certi e precisi ai fini
della deducibilità delle perdite su crediti prescinde dai
principi contabili adottati.
L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che tale modifica àncora la ricorrenza degli elementi certi e precisi necessari per la deduzione della perdita su crediti alla cancellazione degli stessi dal bilancio.
I commi 158-161 dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2014
hanno modificato la disciplina della deducibilità, ai fini IRES e IRAP, delle perdite e delle svalutazioni su crediti, di cui agli articoli 101 e 106 del TUIR.
In seguito alla modifica del comma 5 dell’art. 101 del
La recente modifica dell’art. 106 del TUIR, relativo alla disciplina della deducibilità delle rettifiche di valore
sui crediti per le banche e gli altri enti finanziari, ha introdotto un regime differenziato per le rettifiche su crediti verso la clientela.
INTERPRETAZIONI MINISTERIALI
41
42 House organ ok.qxt_House organ.qxt 16/09/14 12.07 Pagina 42
ANDAF H OUSE O RGAN
Decisioni del CD ANDAF del 14 luglio 2014
Attività a supporto delle Sezioni Territoriali
Sulla scia dell’incontro dei Presidenti di Sezione,
avvenuto il 24 maggio 2014 a Varignana, si analizzano
i temi più importanti emersi in quella sede giungendo
alle seguenti decisioni:
- rendere più partecipi i Presidenti di Sezione di tutte
le attività dell’Associazione, in particolare dei risultati
di studi e approfondimenti effettuati dai Comitati
Tecnici;
- organizzare eventi annuali presso le Sezioni
(soprattutto quelle minori), con la partecipazione
dei vertici ANDAF e/o dei Comitati Tecnici,
allo scopo di far crescere il coinvolgimento dei Soci
e ampliare la base associativa;
- proseguire con il progetto “Per Sé”, già attivo
in diverse Sezioni, per rispondere alle necessità
dei Soci in questo particolare frangente in cui
è molto diffuso il timore di perdere il posto di lavoro.
42
Definizione delle Commissioni per l’Oscar
di Bilancio 2014
La cerimonia di assegnazione dell’Oscar di Bilancio
2014 si terrà presso la sede della Borsa Italiana,
a Palazzo Mezzanotte, il 1° dicembre 2014.
Di seguito i nominativi che rappresenteranno ANDAF
per le Commissioni di Segnalazione.
Categorie di Partecipazione Imprese
1. Fondazioni di origine bancaria, Fondazioni
d’impresa, Organizzazioni erogative nonprofit:
Giancarlo Veltroni.
2. Imprese di Assicurazione: Fabio Ginelli.
3. Grandi imprese bancarie, Finanziarie quotate e non
quotate: Riccardo Baraldi.
4. Medie e piccole imprese bancarie, finanziarie quotate
e non quotate: Lucia Fracassi.
5. Medie e piccole imprese quotate: Massimo Getto.
6. Medie e piccole imprese non quotate. Team Leader
Fausto Cosi; Romano Guelmani, Cristina Cagnazzi,
Paolo Chiappa, Giovanni Selmi.
7. Organizzazioni non erogative nonprofit: Fabrizio
Ceriotti.
8. Società e grandi imprese non quotate: Alberto Tron.
9. Società e grandi imprese quotate: Roberto Mannozzi.
Attività Internazionale: Aggiornamento
Il 27 giugno 2014 si è tenuta a Parigi una riunione
IAFEI/DFCG, in occasione del 50° anniversario
della fondazione dell’Associazione dei nostri colleghi
francesi (DFCG), cui hanno partecipato Fausto Cosi
e Romano Guelmani.
Sono stati poi passati in rassegna alcuni dei temi di
interesse dello IAFEI, quali la necessità di un adeguato
staffing dei quattro International Committees da parte
di rappresentanti dei vari Istituti membri. È stato
infine richiesto di contribuire al miglioramento
dei contenuti della rivista IAFEI Quarterly.
ANDAF assicurerà l’invio di almeno due articoli
all’anno, eventualmente tratti da quelli pubblicati
su ANDAF Magazine.
In conclusione Romano Guelmani ha informato
i Consiglieri delle seguenti attività:
CDAF
Nel corso dell’Assemblea dei Soci CDAF, tenutasi
il 6 giugno 2014, è stato eletto il nuovo
Consiglio Direttivo che ha nominato Laura Filippi
Presidente del CDAF in sostituzione di Claudio Lesca,
non più rieleggibile a termini di statuto.
Nel formulare al nuovo Presidente vivissimi
complimenti e auguri di buon lavoro, il Presidente
ANDAF ha ritenuto opportuno invitarla a partecipare
al Consiglio Direttivo ANDAF del 14 luglio 2014.
ANDAF Education
Secondo quanto previsto, il 27 giugno 2014
si è tenuto a Roma il 4° corso di ANDAF Education
con quindici partecipanti, confermando quindi che
l’intero programma di formazione 2014 sta registrando
risultati qualitativi, quantitativi ed economici in linea
con le attese.
Convegno ABI
Nell’ambito dei contatti in essere tra ABI e ANDAF,
il Comitato Tecnico Corporate Finance ANDAF invierà
un suo membro al seminario dal titolo: “Minibonds:
modelli di intervento e opportunità per le banche”,
organizzato da ABI e previsto per il prossimo mese
di ottobre (in data e ora da stabilire), presso la sede ABI
di Milano, in Via Olona 2.
Network Italiano per il Business Reporting (NIBR)
Fausto Cosi è stato invitato a fare l’intervento
d’apertura della X Riunione Plenaria pubblica del
NIBR, in programma presso la sede PwC di Milano
il 18 luglio 2018.
Comitato Tecnico Pianificazione e Controllo
In seguito a quanto deciso dal Consiglio Direttivo,
ai responsabili del CT Pianificazione e Controllo è stato
richiesto di creare un Comitato di Presidenza del
proprio CT reclutando una ventina di membri scelti
tra i più attivi della comunità di oltre 3.300 nominativi
che gravita su LinkedIn.
La costituzione di tale organo è in corso. Il Comitato
si attiverà successivamente per organizzare il Forum
Controllo di Gestione, entro fine 2014/inizio 2015.
www.formaaziione.ipsoa.it
I MASTER PART-TIME PER IL MANAGER D’AZIENDA
GESTIONE D’IMPRESA
Controllo di gestione,
finanza e Business plan su excel
Roma, dal 23 ottobre
Reggio Emilia, dal 29 ottobre
Torino, dal 19 novembre
Gestione dei conflitti aziendali
e delle relazioni sindacali
Reggio Emilia, dal 17 ottobre
HR Manager
Milano, dal 27 novembre
Controllo di gestione
Milano, dal 20 novembre
DIRITTO
Credit management
Procedure concorsuali
Milano, dal 25 novembre
Milano, dal 10 ottobre
Roma, dal 10 ottobre
Padova, dal 17 ottobre
Bologna, dal 17 ottobre
Esperto per l’internazionalizzazione delle PMI
Milano, dal 27 novembre
Diritto societario
FISCO
Transfer Pricing - Modulo base
Milano, dal 10 ottobre
IVA
Roma, dal 17 ottobre
Milano, dal 24 ottobre
International and comparative insolvency
and restructuring
Milano, dal 24 ottobre
Parma, dal 17 ottobre
Fallimento e Procedure concorsuali
Diritto tributario d’impresa
Livorno, dal 24 ottobre
Napoli, dal 7 novembre
Milano, dal 14 novembre
Esperto 231
Milano, dal 7 novembre
LAVORO
Gestione dei rapporti di lavoro
nella crisi aziendale
Taranto, dal 18 settembre
Modena, dal 16 ottobre
Milano, dal 17 ottobre
Marina di Massa, dal 24 ottobre
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ma ola
zio di
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When you have to be right
44-48 Malusa.qxt_Malusa.qxt 16/09/14 12.26 Pagina 44
N OTIZIARIO ANDAF
a cura di Michele Malusà
AGENDA DEGLI EVENTI PROGRAMMATI DALLE SEZIONI LOCALI DI ANDAF
(gli eventi possono essere soggetti a variazioni che verranno riportate sul nostro sito www.andaf.it)
Luogo
Sezione
Piemonte
Gli eventi sono
organizzati dal CDAF
(Club Dirigenti
Amministrativi
e Finanziari)
Federato all’ANDAF
Sezione
Lombardia
44
Sezione
Liguria
Sezione
Nord Est
Sezione
Emilia Romagna
Titolo
Data
Torino
ottobre
Come ridurre il cuneo fiscale attraverso
le politiche di welfare aziendale
Torino
novembre
Strumenti finanziari per le PMI
Torino
dicembre
Cena di Natale
Milano
9 ottobre
Happy hour ANDAF
Milano
20 ottobre
Welfare aziendale
Milano
21 ottobre
Tax Forum 2014
Milano
4 novembre
La disciplina IRES-IRAP delle perdite e svalutazione
su crediti alla luce delle recenti modifiche normative
Milano
11 novembre
Nuova finanza d’impresa
Milano
18 novembre
Evento progetto “Per Sé”
Milano
4 dicembre
Cena di Natale
Milano
11 dicembre
Incontro alumni Bocconi
Milano
15 gennaio
Aggiornamento Principi Contabili IFRS
Genova
9 ottobre
Risk management: un’esigenza per l’impresa moderna
Genova
13 novembre
D.Lgs. 231/2001 - Responsabilità penale
delle persone giuridiche
Padova
8 ottobre
Gli strumenti per una efficace negoziazione
con banche e investitori
Padova
29 ottobre
Estero-vestizione
Padova
12 novembre
Expense Management
Bologna
14 ottobre
Progetto “Per Sé”: ricerca e selezione
Bologna
30 ottobre
La gestione del rischio per recuperare l’impresa.
La fatturazione elettronica e la conservazione
sostitutiva dei documenti: opportunità e benefici
per le aziende
Bologna
7 novembre
Progetto “Per Sé”. Studio over 50: come cambiano
le età lavorative e il mercato del lavoro in Italia.
Con la partecipazione del prof. Tiziano Treu
Parma
20 novembre
Piani finanziari & Business Plan: software applicativi
44-48 Malusa.qxt_Malusa.qxt 16/09/14 12.26 Pagina 45
Bologna
4 dicembre
La protezione della Supply Chain dell’azienda
Bologna
16 gennaio
Cena di inizio anno
Firenze
12 novembre
La gestione finanziaria e il rapporto con la banca:
strumenti e opportunità
Firenze
27 novembre
Attualità della visione di Andrew Carnagie
nella gestione del Capitale Umano
Firenze
dicembre
Cena di Natale
Firenze
21 gennaio
Come ridurre il cuneo fiscale attraverso
le politiche di welfare aziendale:
Employee Benefits e Flexible Benefits
Roma
13 novembre
Evento progetto “Per Sé”
Roma
dicembre
Cena di Natale
Napoli
12 novembre
Operatore Economico Autorizzato (AEO):
inquadramento generale, aspetti operativi
e testimonianze su uno strumento ormai
indispensabile per chi opera in dogana
Napoli
16 dicembre
Presentazione Master Università Parthenope
Unione Industriali di Napoli
Sezione
Puglia
Bari
16 dicembre
Progetto “Per Sé”: come valorizzare la propria
professionalità
Sezione
Sicilia
Modica
16 ottobre
Controllo di gestione e pianificazione finanziaria
Catania
17 ottobre
Controllo di gestione e pianificazione finanziaria
Catania
20 ottobre
Mini Bond e operazioni di finanza straordinaria
Catania
14 novembre
Indicatori di elasticità, mappa strategica e BSC
Catania
12 dicembre
WS dalla contabilità generale alla contabilità
analitica - Cena di Natale
Sezione
Emilia Romagna
Sezione
Toscana
Sezione
Centro Sud
Sezione
Campania
LA BACHECA ANDAF DEL MERCATO DEL LAVORO
Tutte le offerte/richieste di lavoro (riferite a persone di entrambi i sessi) presenti in questa rubrica sono pubblicate,
in tempo reale, sul nostro sito nella Bacheca del lavoro ANDAF (www.andaf.it). L’Associazione non prende
parte in alcun modo alla selezione e non gestisce un database/archivio informatico dei dati personali. Per qualsiasi
informazione o richiesta al riguardo è possibile rivolgersi alla Segreteria ANDAF (Tel. +39 02 83242288 - d.guidotti@andaf.it)
LE AZIENDE CERCANO
RESPONSABILE AMMINISTRATIVO
Azienda leader nel settore di riferimento, con sede
a Pordenone, è alla ricerca di un/una responsabile
dell’organizzazione e coordinamento delle attività
amministrative relative a: contabilità generale
e bilancio; ciclo attivo, ciclo passivo e attività
di supporto; controllo di gestione.
Il candidato assumerà responsabilità operative
in diverse aree della contabilità e controllo.
45
44-48 Malusa.qxt_Malusa.qxt 16/09/14 12.26 Pagina 46
N OTIZIARIO ANDAF
a cura di Michele Malusà
ELENCO NUOVI SOCI
Sezione Piemonte
Elena Grossini
Oungre Thierry Area Amministrazione
Deputy Branch Manager DKC Europe Srl
Willis Italia SpA
Sezione Lombardia
46
Amato Myriam
Anello Sabrina
Carrossino Andrea
Cattaneo Luca
Ciccarino Carlo Alberto
Colombo Marco
Colutto Paola
Cossuta Marco
Dalla Via Giovanni
Ferraresi Emanuele
Ferraro Francesco
Garavaglia Stefano
Giarnetti Antonio
Grassi Stefano
Honegger Claudio Venturino
Lippolis Giuseppe
Lo Piparo Gianluca
Lomartire Massimo Mariella Egidio
Marino Francesca
Martorano Vittorio
Morelli Guido
Motta Andrea
Murri Sergio
Nardi Fabrizio
Raffo Riccardo
Partner
Manager
Direttore Operativo
Controller
Consulente Finanziario
Consulente Direzionale
Assistente CFO
Partner
Area Commerciale
Responsabile Amministrazione e Finanza
Ingegnere Gestionale - Finanziario
Funzionario
Direttore Amministrazione Finanza e Controllo
Rischi Operativi e Assicurazioni
Amministratore Unico
Head of Group Planning & Reporting
Supply Chian Controller
Branch Manager Consulente
Libero Professionista - Senior Advisor
Senior Credit Manager e Advisor
General Manager
Risk Manager
Presidente
Direttore Amministrazione e Reporting di Gruppo e Italia
Partner
Tutto ciò nel rispetto dei principali adempimenti
societari e fiscali e della reportistica interna.
È responsabile, inoltre, della gestione e coordinamento
delle risorse direttamente assegnate per lo svolgimento
delle mansioni di cui sopra in termini di definizione
delle responsabilità, organizzazione del lavoro e piani
di crescita professionale.
Requisiti richiesti: esperienza 5/10 anni in posizione
analoga con comprovate capacità manageriali; ottima
conoscenza della lingua Inglese; conoscenza avanzata
dei programmi Excel, Word, Power Point, Access.
[Rif. 14/0414-1001]
VICE RESPONSABILE AMMINISTRATIVO
Importante azienda multinazionale, sita in provincia
di Venezia, ricerca un Vice Responsabile Amministrativo.
La risorsa avrà il compito di supportare il CFO nella
C&G Audit Firm
Deloitte & Touche SpA
Willis Italia SpA
Delcon Srl
Alleanza Assicurazioni SpA
Proxima Srl
Hydac SpA
Reply Consulting Srl
Alleanza Assicurazioni SpA
Pietro Fiorentini Group Spa - Tecnosystem
Banca Popolare di Milano
Vittoria Assicurazioni SpA
Quorum SGR
Studio Grassi
Richmond Italia Srl
E.ON Italia SpA
Entrematic Italy SpA
Willis Italia SpA
Sedoc Finance Network
Athena Consulenti e Professionisti Associati
Studio Martorano Vittorio
Winds Enterprises
Clessidra Sgr SpA
CSO Srl Centro di Servizi in Outsourcing
Autogrill SpA
Deloitte & Touche SpA
gestione dell’ufficio amministrativo e finanziario della
società, coordinando l’attività di un gruppo di 7 persone.
In particolare dovrà conoscere i principi IAS/IFRS,
saper gestire il bilancio consolidato e occuparsi
dell’amministrazione di alcune subsidiary estere.
Il candidato ideale proviene da un’esperienza lavorativa
in contesti aziendali di respiro internazionale e/o da
società di revisione contabile. Completano il profilo
un’ottima conoscenza della lingua inglese, orientamento
al problem solving, capacità di gestione di altre risorse.
Indispensabile la residenza in provincia di Venezia e/o
la disponibilità al trasferimento.
[Rif. 14/0414-1004]
COST CONTROLLER
Prestigiosa azienda multinazionale, sita in provincia
di Venezia, ricerca un Cost Controller specializzato
44-48 Malusa.qxt_Malusa.qxt 16/09/14 12.26 Pagina 47
Sezione Lombardia
Santa Marco
Sbuelz Francesco
Tabone Carla
Trenovszky Simon
Planning and Controlling Manager
Credit Manager
Junior Controller
Financial Manager
Randstad Group Italia SpA
Shima Seiki Italia SpA
Metra Holding
Roche Diagnostics SpA
Sezione Liguria
Angelici Andrea
Finance Controller Manager
APM Terminals Vado Ligure SpA
Sezione Emilia Romagna
Billi Paolo
Direttore Finanza di Gruppo
SACMI Imola SC
Sezione Marche-Umbria
Di Giovanni Debora
Controller
Saitem SpA
Sezione Centro Sud
D'Andrea Antonella
D'Oriano Mara
Fiorini Marco
Lungarotti Fabiana
Mormile Andrea
Pattumelli Elisabetta
Stolzi Maria Luisa
Responsabile Fiscale
Responsabile Bilancio d'Esercizio
Associate Partner
Responsabile Bilancio Consolidato
Responsabile Principi di Gruppo e Analisi Partecipate
Dirigente/Compliance
Dirigente/Amministrazione e Bilancio
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
KPMG Advisor SpA
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
Ferrovie dello Stato Italiane SpA
Sezione Campania
De Luca Giovangiuseppe
Pesce Antonio
Associato - Director
CFO
nella gestione delle commesse. La risorsa sarà
responsabile del controllo dell’andamento gestionale
di una specifica commessa relativa a un appalto
sulla piazza di Milano. Affiancando il Project Manager,
si occuperà della verifica economica e finanziaria
dei costi preventivati, del rispetto del budget
in relazione allo stato di avanzamento dei lavori
e della valutazione degli scostamenti a consuntivo.
Produrrà l’opportuna reportistica relativa
all’amministrazione del progetto finalizzata a eventuali
interventi correttivi sulla gestione dei costi,
del cash flow e della marginalità sulla commessa.
Il candidato ideale proviene da analoga esperienza
maturata in contesti industriali, ha un’ottima
padronanza della lingua inglese, spiccate
doti relazionali e capacità di problem solving.
Zona di lavoro Milano e Venezia.
[Rif. 14/0414-1005]
Studio Tributario Societario Deloitte
Di Gennaro SpA
TEMPORARY CREDIT MANAGER
Azienda sita nel Friuli Venezia Giulia cerca
un Temporary Credit Manager che avrà il compito
di sviluppare l’organizzazione dell’intero processo,
la redazione di tutte le procedure e di creare la policy
del credito. In ottica di crescita professionale,
affiancherà in modalità di coaching l’attuale
Credit Manager nelle varie attività relative
alla prevenzione del rischio di credito e alla selezione
della clientela (settore pubblico), alla gestione
del credito e all’individuazione delle soluzioni
a supporto delle vendite, al recupero del credito
corrente e in sofferenza.
È richiesta esperienza pluriennale in posizione analoga
con comprovate capacità manageriali, ottima
conoscenza della lingua Inglese e conoscenza avanzata
dei programmi Excel, Word, Power Point, Access.
[Rif. 14/0414-1002]
47
44-48 Malusa.qxt_Malusa.qxt 16/09/14 12.26 Pagina 48
N OTIZIARIO ANDAF
a cura di Michele Malusà
RESPONSABILE OPERATIVO DI TESORERIA
Rilevante azienda, sita nel Veneto centrale, ricerca
un Responsabile Operativo di tesoreria per sostituzione
di maternità (1 anno). Il candidato, quale unica risorsa
presente nell’area tesoreria, riporterà al Direttore
Finanziario del Gruppo e sarà responsabile della
gestione a breve e lungo della tesoreria, con particolare
riferimento alle seguenti attività: gestione operativa,
controllo e pianificazione dei flussi finanziari aziendali;
controllo situazione fidi e garanzie, formulazione
del cash-flow previsionale, consuntivo e analisi
degli scostamenti; monitoraggio delle condizioni
bancarie e tenuta dei rapporti con le banche; gestione
delle riconciliazioni bancarie, gestione dei flussi
intercompany e compilazione report periodici di Gruppo;
interazione con le altre funzioni aziendali al fine
di monitorare l’impatto dal punto di vista finanziario.
Il candidato ideale ha maturato almeno 5 anni
di esperienza nell’area Tesoreria di aziende strutturate.
È richiesta buona conoscenza della lingua inglese.
[Rif. 14/0414-1006]
48
ACCOUNTING MANAGER
Gruppo Industriale, specializzato nella progettazione
e produzione di sistemi di controllo dell’alimentazione
energetica e applicazioni per il settore fotovoltaico,
ricerca un Accounting Manager per il potenziamento
della propria struttura.
Il candidato, riportando direttamente al Direttore
Amministrazione Finanza e Controllo, dovrà potenziare
il team AFC nella gestione della contabilità generale,
fatturazione attiva e passiva, tasse e legale.
Le principali attività previste sono: organizzazione,
sviluppo e motivazione di un team di persone; supporto
tecnico ai processi contabili e fiscali; applicazione
dei principi contabili per la realizzazione e l’analisi
di reportistica finanziaria mensile e annuale; supporto
legale in ambito contabile, assicurativo e commerciale;
miglioramento continuo dei processi di competenza
e dei relativi tools informatici; garanzia della qualità
e del rispetto delle tempistiche dei processi di competenza.
Il profilo ideale ha maturato 5 anni di esperienza
in qualità di specialista contabile interno – o di
Senior Auditor esterno – presso realtà manifatturiere
internazionali modernamente organizzate, possiede
una conoscenza avanzata dei principi contabili, fiscali
e tributari italiani, ha conseguito una laurea in materie
economiche o cultura equipollente, ha un’avanzata
conoscenza dell’applicativo Excel di Microsoft
e della lingua inglese.
Il possesso di spiccate doti di leadership,
organizzazione, metodicità, analisi, decisione,
orientamento al cliente, resistenza allo stress,
team building e relazionali completano il profilo.
Sede di lavoro Isola Vicentina.
[Rif. 14/0414-1008]
ADDETTO TESORERIA E RECUPERO
DEL CREDITO
Prestigiosa azienda multinazionale, sita in provincia
di Venezia, ricerca un addetto alla tesoreria
e al recupero del credito.
La risorsa dovrà occuparsi della previsione
del fabbisogno finanziario della società, recupero
del credito, monitoraggio giornaliero delle banche,
gestione dei solleciti e contenziosi fornitori,
bank balance e cash flow mensili, gestione flussi di cassa.
È richiesta la conoscenza dei principi contabili
internazionali IAS/IFRS e un’ottima padronanza
della lingua inglese.
È preferibile la provenienza da azienda modernamente
strutturata o multinazionale.
Si richiede residenza nelle province di Padova o
Venezia, oppure la disponibilità al trasferimento in zona.
[Rif. 14/0414-1003]
ADDETTO AMMINISTRAZIONE
Prestigiosa Compagnia Assicurativa ricerca un addetto
alle attività amministrative di ispettorato per una
agenzia assicurativa che si dovrà occupare di aperture
sinistri, assistenza di secondo livello alla clientela,
gestione e coordinamento dell’attività peritale,
supporto amministrativo ai liquidatori Senior.
Si richiede la laurea in Giurisprudenza e una pregressa
esperienza maturata nell’ambito sinistri presso
ispettorati di liquidazione o studi legali.
Viene offerto un contratto di lavoro a tempo determinato.
[Rif. 14/0414-1007]
SENIOR AUDITOR
Importante studio professionale di Dottori
Commercialisti, specializzato nelle operazioni
straordinarie e nella consulenza direzionale,
sta ricercando Senior Auditor da inserire nell’organico
dell’ufficio di Roma e di Milano a partire da ottobre 2014
con contratto di collaborazione professionale.
La figura richiesta deve aver maturato almeno
3 o 4 anni di esperienza in primaria società
di revisione e aver svolto incarichi su società
industriali, commerciali e/o di servizi.
Si richiede laurea triennale o magistrale in Economia,
buone capacità relazionali, conoscenza del pacchetto
Office e della lingua inglese e/o francese.
I candidati si troveranno a operare in un ambiente
professionale giovane e dinamico.
[Rif. 14/0414-1009]
50 Cariche sociali e gerenza.qxt_Cariche sociali e gerenza.qxt 16/09/14 12.08 Pagina 50
C ARICHE S OCIALI ANDAF
Consiglio Direttivo
Fausto Cosi
Massimo Campioli
Roberto Mannozzi
Severino Savarese
Andrea Angelino
Riccardo Baraldi
Cesare Bassoli
Paola Bosso
Marco Cerù
Paolo Chiappa
Maria Teresa Crosetto
Fabio Garagozzo
Carlo Ghisoni
Claudio Lesca
Guido Nardotto
Alessandra Sartor
Carmine Scoglio
Michael Tesch
Alberto Tron
Italo Valenti
Presidente
Vice Presidente
Vice Presidente
Tesoriere
Polimoda
MI Stadio srl
Ferrovie dello Stato Italiane
Managing Consulting
Enel
Waste Italia
Consulente Aziendale
Lavazza
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
Hydac
Praxi
Agenzia del Demanio
Chiesi Farmaceutici
ElleCi Consulenza Aziendale
Marzotto
Marcolin
Poste Italiane
Clariant
Studio Associato Mottura - Tron
Ferretti Group
Presidenti di Sezione
50
Paola Bosso
Michael Tesch
Emilio Pagani
Severino Savarese
Cesare Bassoli
Giovanni Battista Decandia
Cesare Parachini
Marco Cerù
Federico Tammaro
Vincenzo Silvano
Filippo D’Amico
Piemonte
Lombardia
Nord Est
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Marche-Umbria
Centro Sud
Campania
Puglia
Sicilia
Lavazza
Clariant
Finance & Control Advisor
Managing Consulting
Consulente Aziendale
Starhotels
Poltrona Frau
Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
CIRA
Acquedotto Pugliese
Consulente Aziendale
Advisory Council
Paolo Bertoli
Sergio Lamonica
Gabriele Fontanesi
Mario Gabbrielli
Vincenzo La Mattina
Carlo Locatelli
Presidente
Vice Presidente
Delegato Rapporti Internazionali
Presidente
Nicola Antoniozzi
Antonia Di Bella
Supplente
Supplente
Widar
Dottore Commercialista
Consulente
Gabbrielli & Associati
Cogitek
P&A
Direttore Editoriale
Sergio Rossi
srossitennis@yahoo.it
Comitato Scientifico
Umberto Bertini, Mario Boidi, Vittorio Coda,
Flavio Dezzani, Augusto Fantozzi,
Maurizio Leo, Carla Rabitti Bedogni,
Angelo Provasoli, Franco Tutino,
Francesco Vassalli, Gianfranco Zanda
Comitato Editoriale
Pietro Boria, Elisabetta Busuito, Massimo Campioli,
Salvatore Ferri, Mario La Torre, Michele Galeotti,
Massimo Giaconia, Enrico Laghi, Roberto Mannozzi,
Francesco Minnetti, Emilio Pagani, Valeria Panzironi,
Fabio Roscioli, Raffaele Trequattrini, Alberto Tron,
Piergiorgio Valente
I contributi di questo mese sono di:
Marco Albertoni, Cristina Andreoletti, Andrea Bertola,
Alberto Bubbio, Andrea Cavalli, Paolo Gaeta,
Pierantonio Piana, Paolo Rascelli, Flavio Servato
Coordinamento redazionale
Michela Rossi Riccardi
m.rossi@andaf.it
Coordinamento Comitato Editoriale
Silvia Di Santo
Servizi fotografici
Paolo Pagliai
Pubbliche relazioni
Michele Malusà
m.malusa@andaf.it
Progetto grafico
Pino Mengoni Project
Dottore Commercialista
Deloitte & Touche Italia
PricewaterhouseCoopers
KPMG
Reconta Ernst & Young
Pirola Pennuto Zei & Associati
Mazars
Art Director
Pino Mengoni
pmproject@alice.it
Grafici
Anna Mengoni
Prestampa
Antonio Galli - Roma
Management
Michele Malusà
Romano Guelmani
p.bertoli@andaf.it
s.disanto@andaf.it
Collegio dei Revisori
Walter Bonardi
Ciro Di Carluccio
Lorenzo Pini Prato
Giovanni Rebay
Dante Valobra
Direttore Responsabile
Paolo Bertoli
Segretario Generale
Assistente alla Presidenza
Stampa
GMG Grafica S.r.l. - Roma
Grafiche Professionali srl - Roma
Comitati Tecnici
Francesco Bellini
Alessandro Zurzolo
Giulio Carone
Mario Gabbrielli
Alberto Tron
Piergiorgio Valente
Comitato Tecnico Information & Communication Technology
Comitato Tecnico Corporate Governance & Compliance
Comitato Tecnico Pianificazione e Controllo
Comitato Tecnico Corporate Finance
Comitato Tecnico Financial Reporting Standards
Comitato Tecnico Fiscale
Sede ANDAF: Corso Genova, 6 – 20123 MILANO
Segreteria: Daniela Guidotti - Tel. +39.02.83242288 - Fax +39.02.58118093
e-mail: andaf@andaf.it - website: www.andaf.it
Editore
ANDAF - Corso Genova, 6 - 20123 Milano
Realizzazione
E.S.I. srl - Via della Balduina, 88 - Roma
Registrazione
Tribunale di Milano - n.54 del 10.02.2004
Manoscritti e foto non pubblicati
non vengono restituiti
La rivista ANDAF Magazine viene distribuita in omaggio
esclusivamente a mezzo abbonamento postale
Associato
all’Unione Stampa
Periodica Italiana
10 BUONI MOTIVI
per associarsi
1
Ampliare il proprio network con aziende, professionisti, istituzioni e comunità finanziaria
2
Condividere esperienze e confrontarsi con altri CFO e Direttori Amministrativi e Finanziari
3
Essere aggiornati sui temi di interesse e attualità per il CFO, grazie ai Convegni delle Sezioni
territoriali e agli approfondimenti dei Comitati tecnici ANDAF
4
Partecipare ai più importanti Congressi nazionali e internazionali del settore AFC: in primis Congresso
ANDAF e IAFEI World Congress - International Association of Financial Executives Institutes
5
Accedere ai corsi di ANDAF Education per essere aggiornati e al passo con le best practices
della professione
6
Realizzare, tramite ANDAF University, Master universitari di II livello e conoscere i migliori
giovani professionisti da inserire in azienda
7
Ricevere gratuitamente ANDAF Magazine, unitamente a tutte le pubblicazioni dei Comitati
tecnici ANDAF
8
Accedere all’area riservata del portale ANDAF dedicato all’amministrazione aziendale, al
bilancio, al controllo di gestione, alla finanza, al diritto societario, fiscale e tributario
9
Avere una finestra sul mondo del lavoro e un concreto supporto per la carriera manageriale
10
Aggiungere “Socio ANDAF” alle proprie credenziali: garanzia di elevato livello di professionalità
http://www.andaf.it/it/moduloIscrizione.aspx
XXXVIII
CONGRESSO
NAZIONALE
L’ITALIA CHE
VOGLIAMO
Le riforme per la ripresa
Firenze, Istituto degli Innocenti
24-25 ottobre 2014
CON IL PATROCINIO DI
CON IL SUPPORTO DI
IN COLLABORAZIONE CON
MEDIA PARTNER
© 2014 EYGM Limited. All Rights Reserved.
UNA COSA È
INDIVIDUARE
UN’OPPORTUNITÀ,
ALTRA COSA È
VINCERE UNA SFIDA.
I CFO affrontano, mai come
g__a$kÕ\][gehd]kk][`]
ja[`a]\gfgdY[YhY[al€\a
gestire scenari di mercato in
continua evoluzione.
;geh]l]fr]ÕfYfraYja]
e conoscenze trasversali
concorrono ad attribuire ai
CFO un ruolo centrale nelle
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