enfiteusi, livelli, usi civici

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Aggiornamento Affari Generali
Circolare 20 novembre 2014
Ufficio contratti: enfiteusi, livelli, usi civici
(Parte III)
Premessa
Concludiamo l’esame, avviato con le circolari Affari Generali del 16 ottobre 2014 e del 23
ottobre 2014, su enfiteusi, livelli e usi civici e sulle modalità per affrancare i terreni.
Il capitale di “affranco”
Come già precisato nella circolare Affari generali 16 ottobre 2014, attraverso l’affrancazione
l’enfiteuta diventa il proprietario del fondo pagando una somma pari a quindici volte il
canone annuo (art. 1 co. 4 legge 607/1966 e art. 971 del Codice civile).
L’affrancazione è un vero e proprio diritto potestativo. Pertanto se il concedente si
rifiutasse di accogliere la dichiarazione d’affrancazione dell’enfiteuta, costui potrebbe
rivolgersi al Giudice ed ottenere una sentenza di trasferimento della proprietà.
Abbiamo evidenziato nelle precedenti circolari che la procedura d’affrancazione, normata
per i terreni enfiteutici, è applicabile anche nel caso di fondi gravati da livelli o da usi
civici.
Nel caso di usi civici gli operatori devono ricordare che l’affrancazione seguirà, o si
svolgerà contestualmente, alla “legittimazione” del possessore a norma degli artt. 9 e 10
della legge 1766/1927 (si veda la circolare Affari Generali 23 ottobre 2014).
L’affrancazione permette al possessore del terreno di diventarne proprietario pagando una
somma corrispondente a quindici volte il canone annuo. Il canone annuo moltiplicato per
quindici determina il cosiddetto “capitale di affranco”. L’ostacolo all’applicazione di questa
semplice moltiplicazione risiede nel fatto che pressoché mai è disponibile un contratto, o
un atto amministrativo, con indicazione del canone periodico che il possessore avrebbe
dovuto versare annualmente.
L’Agenzia del Territorio (oggi Agenzia delle Entrate) ha cercato di fornire delle soluzioni
per la determinazione del canone con la Circolare 11.5.2011 prot. n. 29104.
L’Agenzia ha distinto le enfiteusi rustiche da quelle urbane.
Enfiteusi rustiche
A norma della legge 607/1966, per le enfiteusi rustiche l’Agenzia ha precisato che il
canone dovrebbe essere equiparato al reddito dominicale opportunamente attualizzato
tramite idonei criteri di aggiornamento.
La necessità di procedere alla rivalutazione del canone è stata sancita dalla Corte
Costituzionale (sentenza n. 143/1997): “il riferimento al reddito imponibile risultante dai dati
catastali non è illegittimo… [purché] ne sia mantenuta adeguata, nei limiti di una ragionevole
approssimazione, la corrispondenza con l’effettiva realtà economica”.
La Corte, con la stessa sentenza, ha precisato che un utile criterio per quantificare il canone
rivalutato, è quello fissato dalla legge 1138/1970.
L’art. 2 della legge 1138/1970 dispone che “il canone dei rapporti di enfiteusi … non può
risultare inferiore alla quindicesima parte dell'indennità di espropriazione determinata ai sensi
delle leggi di riforma agraria…”.
Pertanto, ogniqualvolta il reddito dominicale rivalutato risulti inferiore alla quindicesima
parte dell’indennità di espropriazione, dovrà essere aumentato sino al raggiungimento di
tale soglia minima.
Conseguentemente, il capitale di affranco non sarà inferiore all’indennità
d’espropriazione.
Per previsione della norma stessa, il criterio fornito dall’art. 2 della legge 1138/1970, si
dovrebbe applicare solo alle enfiteusi sorte successivamente al 23 ottobre 1941.
L’Agenzia del Territorio, con la citata Circolare 11.5.2011 prot. n. 29104, ha ritenuto
“opportuno utilizzare, anche con riferimento alle enfiteusi antecedenti il 1941, il criterio
dell’indennità di esproprio dei fondi rustici. Ciò infatti sembra sostanzialmente in linea con quanto
statuito della Corte in merito alla necessità di rapportare i canoni ed il capitale di affranco alla
effettiva realtà economica”.
Pertanto, secondo l’Agenzia il criterio che fissa il canone nella quindicesima parte
dell’indennità di espropriazione si deve applicare a tutti i rapporti di enfiteusi, precedenti
e successivi al 23 ottobre 1941.
Enfiteusi urbane
Per le enfiteusi urbane, l’Agenzia determina il canone applicando, al valore dell’area
considerata edificabile, un “equo saggio di rendimento”.
L’Agenzia ha ritenuto “accettabile tale diverso criterio di calcolo per l’affrancazione, anche in
considerazione che per le aree edificabili pare non soccorrere il criterio dell’indennità di esproprio
(in tal caso pari al valore venale del bene). Quest’ultimo, infatti, se applicato, determinerebbe un
valore di affranco eccessivamente oneroso per l’enfiteuta, considerati i canoni versati fino a quel
momento”.
Il Consiglio comunale
I criteri per quantificare il canone periodico e, quindi, il capitale di affranco sono stati
proposti dall’Agenzia del Territorio con la citata circolare 11.5.2011 prot. n. 29104. La
circolare interpreta ed applica norme di legge coordinandole con principi fissati dalla
Corte costituzionale.
A parte detta circolare, non esiste una normativa chiara che definisca i criteri oggettivi di
quantificazione del canone e del capitale di affranco. Ma una “semplice” circolare non è
sufficiente a garantire gli operatori dagli strali della Corte dei Conti.
Pertanto, è opportuno che l’organo consiliare, data la sua potestà normativo
regolamentare, intervenga a mettere ordine.
Il consiglio potrebbe:
approvare un vero e proprio regolamento per la disciplina dell’affrancazione dei fondi
gravati da enfiteusi, livelli e usi civici;
oppure assumere un deliberazione, a carattere regolamentare, con la quale stabilire i
criteri da applicare per quantificare canone e capitale d’affranco (ed è questa l’opzione preferita
da chi scrive, dato che gli enti sono già sommersi da leggi e regolamenti di ogni tipo).
E’ bene ribadire che il consiglio comunale potrà normare puntualmente solo il processo
d’affrancazione dei terreni enfiteutici e gravati da livelli.
Per i terreni gravati da usi civici, come precisato nella circolare Affari Generali del 23
ottobre 2014, gli operatori dovranno applicare le procedure dettate dalla Regione, la quale
potrebbe aver delegato gli uffici provinciali per questi temi.
In ogni caso, si dovrà provvedere sia alla “legittimazione” dei possessori sia
all’affrancazione dei terreni ad uso civico. Legittimazione ed affrancazione potranno
svolgersi in sequenza ovvero contestualmente.
Le ultime cinque annualità
Abbiamo precisato nella circolare Affari Generali del 23 ottobre 2014 che l’obbligazione
delle singole annualità del canone è personale e quindi soggetta a prescrizione
quinquennale (nn. 1 e 4 art. 2948 del Codice civile).
All’atto dell’affrancazione del fondo il comune deve di riscuotere non solo il “capitale di
affranco”, ma pure le ultime cinque annualità non pagate e gli interessi legali.
Pertanto è opportuno che il consiglio comunale specifichi l’obbligo di recuperare le ultime
cinque annualità (ovviamente se non pagate…) e gli interessi legali maturati sulle stesse.
L’atto di affrancazione
L’affrancazione comporta il trasferimento del diritto di proprietà dal soggetto concedente
il terreno al possessore dello stesso. Si concretizza attraverso un atto rogato da un pubblico
ufficiale, notaio o segretario comunale, da registrarsi e trascriversi.
La proprietà si trasferisce dall’ente al privato possessore del fondo. Pertanto, non vige
l’obbligo per il segretario comunale di rogare l’atto in quanto il privato possessore, che
acquista il bene, avrà tutto il diritto di rivolgersi al notaio di propria fiducia.
Modulistica:
Regolamento per l'affrancazione dei terreni gravati da livelli o enfiteusi
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Deliberazione criteri per l'affrancazione dei terreni gravati da livelli o enfiteusi
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(Word)
Schema di contratto per l'affrancazione di fondo enfiteutico:
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enfiteutico (Word)
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