MetaFamiglia - Comune di Bologna

MetaFamiglia 2.0
Infanzia e famiglie. Buone pratiche e servizi
Anno 2014 - numero 1
Notiziario di informazione sulle
politiche per le famiglie
A cura della Consulta Permanente delle Associazioni Familiari del Comune di Bologna
Sommario
“MetaFamiglia 2.0” - Fulvio Ramponi, Pres. Consulta Ass. Fam. Comune Bologna
Intervista a Marilena Pillati, Assessore alla Scuola Comune di Bologna, a
cura di Fulvio Ramponi
• Esperienze e servizi:
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Spazio Mamma&Bambino in Sala Borsa, Stefania Guidomei
Sabato con papà a Piùinsieme, Maria Cristina Rizzoli
Anni Magici, centro di consultazione per genitori, équipe Anni Magici
Star bene insieme, Maura Serra
Se piango ascoltami: il pianto del neonato, Clede Maria Garavini e Isa Ruffilli
Madri sole insieme: esperienze, desideri, solidarietà fra donne, Rita Alicchio
• Interventi:
- Anni magici a Villa Grosso, Anna Pizzi
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MetaFamiglia 2.0
Presentazione
di Fulvio Ramponi
Presidente della “Consulta permanente delle associazioni Familiari del Comune di Bologna”
MetaFamiglia2.0 intende collegare le riflessioni che riguardano la famiglia e le trasformazioni che
stiamo attraversando alla concretezza di alcune esperienze che si realizzano a Bologna. La
Consulta delle associazioni familiari del Comune di Bologna, per fare questo, non
guarda solo alle Associazioni che la compongono: guarda soprattutto fuori, cercando di cogliere i
tanti fili che contribuiscono a costruire quel tessuto connettivo che tiene e regge la vita della
nostra città.
Per questo siamo impegnati a dar voce ad esperienze associative che, “sotto traccia”,
contribuiscono a definire il volto della nostra città. Un volto che continua a presentare i tratti di
una “città solidale ed amica” le cui radici affondano nella storia e in quanto costruito negli anni per
rispondere ai mutamenti che hanno interessato la società italiana. Le esperienze che proponiamo
mettono in evidenza i rapporti tra Amministrazione Comunale, servizi e il lavoro di soggetti che si
collocano – con modalità differenziate – all’interno del variegato mondo del “terzo settore”,
dell’associazionismo e del volontariato. Con questo numero poniamo l’attenzione sulle
trasformazioni del “fare famiglia oggi”, a partire da una riflessione e da interventi che guardano
alla genitorialità ed al rapporto delle mamme e dei papà con i bambini, presentando le esperienze
che partono dalla storia dei “servizi educativi” del Comune di Bologna e da progetti avanzati dalla
rete associativa e del terzo settore, attiva in diversi quartieri della nostra città.
E’ anche questo un modo per porre l’attenzione sulle trasformazioni che interessano, oggi, le
famiglie e la relazione tra generazioni diverse.
Le differenze nel fare famiglia nascono dalle diverse culture a confronto, dai contesti sociali di
provenienza e di riferimento, dalla “rivoluzione demografica”, dai cicli e dai tempi di vita. Quando
parliamo di famiglia abbiamo di fronte a noi diverse generazioni: quella degli ultraottantenni, i
primi beneficiari dell’organizzazione del welfare state; quella dei figli del dopoguerra che si sono
confrontati con un ciclo economico segnato da crescita ed espansione; quella dei nipoti che sono
chiamati a confrontarsi con un presente (ed un futuro) segnato da un orizzonte più limitato di
quello che si presentava agli occhi dei nonni e dei genitori.
E’ questo orizzonte che segna il modo diverso di pensare e di fare famiglia.
Quando parliamo della famiglia abbiamo di fronte una pluralità di modelli: prevale comunque la
presa d’atto della crescente diffusione delle “famiglie e tre o quattro generazioni”, caratterizzata
dal fatto che alcuni dei componenti possono indossare, contestualmente, “abiti diversi”: quello del
figlio e del genitore, quello del nonno e del genitore, quello del nipote/figlio/genitore. Questo
genere di famiglia (“lunga” per i tempi di vita ed “allargata” per i componenti) copre una pluralità
di funzioni e risponde a bisogni differenziati; costituisce quindi una risorsa, sia per i suoi
componenti che per la società nel suo complesso.
Questa presenza non cancella però altre presenze diffuse nella nostra realtà, quelle che possono
essere definite famiglie “strette” (per numero dei componenti, spesso formate dalla sola madre
con uno o più figli) e famiglie “corte” perché composte da figli unici che non hanno figli.
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Anche a questi elementi dobbiamo prestare attenzione perché lì emergono elementi di difficoltà
che interessano piani diversi della vita dei componenti di queste famiglie, in particolare delle
donne. A questo guardano le esperienze proposte attraverso MetaFamiglia2.0, percorsi che si
interrogano sulla qualità delle relazioni tra genitori e figli, sulla solitudine dei bambini e delle
madri, sui caratteri che assume la “genitorialità”.
Riflettere su questo vuol dire affrontare anche il contesto sociale nel quale vivono coloro che si
trovano immersi nella “solitudine”, valutare la normativa sulla famiglia e le opportunità offerte
(maternità, paternità e congedi parentali), considerare i servizi per la famiglia: da un lato i “Centri
Famiglia” e la rete dei servizi, dall’altro, la varietà e la complessità delle “reti informali” che
nascono a fianco dei nidi d’infanzia e della scuola.
Per questo tornano utili alcune sottolineature che rimandano, anche se in modo indiretto, alle
esperienze che presentiamo in questo numero.
•
Nonostante molte cose siano cambiate e nelle coppie si sia rafforzato il ruolo del padre
nella gestione della quotidianità e nell'accudimento dei figli restiamo ancora lontani dagli standard
europei.
•
L'obbligatorietà di usufruire almeno un giorno di congedo in caso di paternità è una novità
per il nostro paese. La nuova norma è inserita nella riforma della legge Fornero del 2012 (che, con
la sperimentazione prevista per il 2013, 2014 e 2015, intendeva promuovere una cultura della
condivisione nei compiti della cura dei figli) ma solo il 6,5% dei padri ha scelto di usufruirne.
•
il 27,1 % delle donne
occupate abbandona il lavoro dopo la maternità. Doppiamente
svantaggiate risultano coloro che svolgono lavori precari, sottopagati, con contratti che eludono
anche i diritti di base. A questi si sommano le donne
lche il lavoro neppure l'hanno, che vedono chiudersi
ogni possibilità per il semplice fatto d'essere madre.
In Italia meno di una donna su due è occupata
(46,1%). contro una media europea del 58,2% e la
differenza sale di oltre 12 punti percentuali se si
confrontano i dati con paesi come la Svezia e la
Danimarca dove il tasso di occupazione femminile
supera il 70% . Un po' meglio i dati riferiti all'Emilia
Romagna in cui l'occupazione femminile è al 59,9%.
•
Una riflessione sul contributo dei nonni all'organizzazione della vita familiare, sia come
supporto economico legato alle difficoltà delle giovani famiglie, sia come aiuto nell'accudimento
dei nipoti. Ricerche recenti hanno dimostrato che quando si può contare sull'aiuto dei nonni
aumentano le probabilità che una donna lavoratrice decida di fare anche più di un figlio. La
percentuale dei nonni italiani che aiutano i nipoti è del 48% come in Spagna ed in Grecia. Questo
dato intreccia ancora una volta il fattore culturale dei paesi del sud Europa con altri fattori, quali la
presenza di servizi e di vere politiche di conciliazione. A tal riguardo ben il 43% dei nonni tedeschi
o il 37% di quelli svizzeri sono presenti nella vita dei nipoti, ma le differenze stanno nell'intensità
dell'aiuto che danno, nel tempo dedicato alle “famiglie dei figli”: per gli italiani si tratta di un aiuto
quotidiano – quasi tutti i giorni, un vero e proprio full time – mentre, in Germania ed in Svizzera,
si parla di un tempo più ristretto, legato a situazione improvvise o determinate.
•
Se guardiamo il costo del “fare famiglia oggi” non si può non cogliere l’accentuazione delle
differenze determinate da censo e ceto sociale; va inoltre rilevato che le disponibilità economiche
modificano i comportamenti strettamente legati ad un piano psicologico. Inoltre le famiglie che
non hanno possibilità economiche affrontano con crescente difficoltà i problemi determinati dalla
restrizione dei servizi e dall’aumento dei costi degli stessi, vivendo con grande difficoltà e
affaticamento il fare famiglia. Buona lettura...
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Le interviste di MetaFamiglia 2.0
Dialogo con Marilena Pillati, Assessore alla scuola del Comune di
Bologna
Le esperienze raccolte nel primo numero di “MetaFamiglia 2.0”
mettono in evidenza l’intreccio tra servizi dell’Amministrazione
Comunale ed attività delle associazioni e del “terzo settore”; pongono
in primo piano anche altri elementi: la sperimentazione di forme di
collaborazione tra “pubblico” e “privato sociale” e, soprattutto, la
necessità di non disgiungere gli interventi educativi da quelli che
possono essere definiti servizi sociali. Se vogliamo anche per il solo
fatto che – quando parliamo di famiglia – ci troviamo quasi sempre
davanti a bambini e minori, con i loro problemi, le loro prospettive ed
il loro futuro. Per questo, in un momento tanto particolare, abbiamo
pensato ad un’intervista a Marilena Pillati per guardare alle prospettive
che interessano la nostra città e il suo futuro.
D: Stiamo attraversando una fase difficile, da tanti punti di vista. Una domanda viene
immediata: come coniugare, nella nostra città, interventi e politiche educative per
l'infanzia con le emergenze sociali evidenti in un momento di crisi che riduce anche la
domanda di servizi per l'infanzia e la famiglia?
R: Che la crisi pesi anche su Bologna è un dato. L'analisi dei redditi relativi al 2011 prodotta dal
Settore Programmazione e Statistica del Comune di Bologna ha evidenziato una difficoltà
crescente delle fasce di età giovanili, quindi anche di quelle famiglie che hanno bambini in età
prescolare e scolare. Sono dati che meritano di essere studiati in modo approfondito, anche in
modo comparativo rispetto ad altre città della regione.
D: Pesa questa crisi nella domanda per i nidi in città?
R: Al momento nel Comune di Bologna non si rileva una riduzione delle domande di nidi
d’infanzia, come accade invece in molti comuni della provincia.
Persistono in ogni caso problemi strutturali di efficacia complessiva del sistema dei servizi
educativi per la prima infanzia rispetto a una possibile migliore corrispondenza tra le diverse
tipologie di servizio e le caratteristiche che assume oggi la domanda di servizi. Caratteristiche
dipendenti anche dal fatto che i percorsi di vita e di cura nei primi anni di vita del bambino variano
per diversi fattori oggettivi: a) il diverso reddito delle famiglie (che è conseguente alla riduzione
del lavoro, alla cassa integrazione, a contratti di lavoro atipici con una differente tutela
contrattuale che si riferisce anche alla maternità); b) la condizione lavorativa, l’organizzazione del
lavoro che si differenziano fra lavoratori dipendenti e autonomi o precari; c) l’organizzazione del
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servizio: i bandi di iscrizione ai servizi educativi che, per l’ammissione entro il mese di dicembre
dello stesso anno, favoriscono quelli nati nel primo semestre dell’anno solare e “penalizzano”
quelli nati da giugno in avanti. Siamo quindi in presenza di fattori che determinano, per le
famiglie, percorsi differenziati.
D: Quindi, viene da dire, un’analisi sulla situazione determinata dalla crisi, ma anche
una riflessione su un modello organizzativo e gestionale?
R: La riflessione dovrebbe abbracciare campi diversi. Bisogna promuovere analisi ed elaborare una
sintesi progettuale e di sistema nel campo dei servizi educativi per la prima infanzia, alla luce di
un obiettivo di tipo generale, declinato in termini universalistici per il diritto alla formazione.
Questo dovrebbe poi tradursi nella progettazione di una pluralità di modelli corrispondenti alla
differenziazione dei bisogni e dei percorsi, ma equivalenti dal punto di vista della qualità, della
sostenibilità economica e gestionale, del sostegno e dell’affermazione dei diritti dei bambini e delle
bambine.
D: Quello che prospetti è un impegno che riguarda l’Amministrazione comunale. Mi
sembra tuttavia che tu stia guardando in avanti, richiamando l’impegno della cultura e
non solo…
R: Una sola cosa è certa ad oggi: se questi sono gli scenari che abbiamo di fronte, non possiamo
stare fermi: qui ed ora dobbiamo elaborare un “impegno di tutti e per tutti”, con l’obiettivo non
solo di non fare passi indietro, ma piuttosto di andare avanti. A questo scopo abbiamo avviato un
percorso partecipato che si è concluso con un'istruttoria Pubblica, che dovrà ora proseguire con
l'elaborazione di Linee guida per le carte dei servizi educativi e scolastici per i bambini da zero a
sei anni. Oggi è difficile fare di più. Per guardare in avanti occorre un nuovo approccio ideale e un
rinnovato impegno delle forze del lavoro e della cultura, di fronte a problemi che impongono a
tutti la necessità di ripensare il proprio ruolo e la propria funzione. Emerge l’esigenza di introdurre
innovazioni nell’assetto del sistema educativo come si è fin qui consolidato. Questo è necessario
per realizzare (non solo affermare) il diritto alla cura e alla formazione a partire dalla prima
infanzia. Da questo punto di vista sarebbe un vero peccato che andasse dispersa (fin qui non
essendo stata sufficientemente valorizzata a dire il vero a livello locale) l’esperienza
dell’Osservatorio Nazionale della Famiglia che è sostenuto dal Comune di Bologna.
D: La “Consulta delle associazioni familiari” si occupa di tante questioni e problemi che
caratterizzano i differenti tempi di vita delle famiglie. C’è anche l’emergenza sociale: un
tema che interessa l’infanzia. Come è possibile, a Bologna, "fare sistema" tra i servizi
educativi e quelli che si collocano nel settore delle politiche sociali?
R: I “servizi educativi” si definiscono per la centralità che assume in questo ambito il concetto e la
realtà istituzionale del “sistema scolastico e formativo”. La scuola non può funzionare
correttamente se vive separatamente dal contesto territoriale in cui è collocata. Le
amministrazioni comunali – tanto più in una logica metropolitana – hanno una funzione generale
di governo sul territorio. Questa funzione riguarda anche la scuola e la qualificazione dell’offerta
formativa. Questo non travalica la sfera dell’autonomia delle scuole perché non si interviene sugli
assetti ordinamentali che competono ad altri livelli di governo. Per “fare sistema” bisogna pensare
ed agire come soggetto istituzionale dotato al tempo stesso di compiti di indirizzo e incaricato di
funzioni di supporto alla gestione del sistema formativo complessivo. Ci sono difficoltà evidenti e
condizioni necessarie da rivendicare con forza a questo scopo che riguardano sia l’assetto delle
autonomie locali sia la certezza delle risorse finanziarie disponibili per i comuni.
D: Bisogna però riconoscere che, anche per motivi che vanno ben oltre la specificità di
Bologna, la situazione pare anche qui ferma, ingessata
R: E’ per superare una fase di stallo che intendiamo sostenere e valorizzare le singole scuole
autonome, che debbono essere pensate da un lato come risorsa per il territorio e dall’altro
debbono essere richiamate a una assunzione di responsabilità verso il territorio, sostenute nella
realizzazione di esperienze innovative e qualificate. Lo stesso impegno può e deve essere svolto a
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favore delle scuole paritarie e dei servizi educativi convenzionati accreditati, ai quali può essere
richiesto un impegno analogo di responsabilità condivisa nel quadro di accordi di programma e
convenzioni finalizzate al miglioramento della qualità del sistema. Le esperienze di
coprogettazione, la costruzione di “reti territoriali”, la definizione di contratti di servizio e di
convenzioni sono gli strumenti che possono essere attivati in questa prospettiva da parte della
Amministrazione comunale. Alcuni di questi si stanno sperimentando da tempo, altri si sta
cominciando solo ora a praticarli. Siamo tutti chiamati a un impegno di apertura, di integrazione e
di cooperazione, rinunciando a pratiche unilaterali e autoreferenziali, ormai insostenibili, da un
punto di vista culturale prima ancora che economico e gestionale. E’ questo che fa pensare che a
Bologna possiamo fare passi in avanti in questa direzione e il riassetto dei Quartieri può aiutarci.
D: Dunque, in una fase come quella che stiamo attraversando, si pone la necessità di
ripensare le "politiche" per l'educazione, la scuola e la formazione?
R: Una fase come quella che stiamo attraversando sicuramente ci obbliga a un generale
ripensamento delle politiche per la scuola e l’educazione. Per fare questo bisogna considerare
quello che avviene in città, alle tante le iniziative che si realizzano: a questo proposito basta
guardare al Progetto “Città dei bambini e delle bambine”. Va inoltre sottolineato che, nelle
occasioni di dibattito e di confronto, si richiama con una certa frequenza la necessità di fare della
città, una “comunità educante”, ricordando la storia della nostra città per quel che riguarda le
politiche scolastiche ed educative. Ricordare la storia di Bologna in questo ambito è utile per
sottolineare il fatto che, nel passato, fu l’intera città a essere coinvolta “nella scuola e per la
scuola”. Questo è stato sostenuto anche nei quartieri, organizzando esperienze di partecipazione
diffusa per coinvolgere l’intera comunità e che si intitolavano in modo significativo "Comitati
Scuola e città". Il richiamo alla “Città educante” si connota pertanto come richiesta di un
intervento specifico che deve essere messo in campo, in primo luogo, dall’Amministrazione
Comunale, da chi esercita funzioni generali di governo a livello cittadino, ma che deve vedere
impegnati anche coloro che sono soggetti attivi nella scuola ed in contesti educativi differenziati,
nati per rispondere a bisogni ed esigenze diverse.
D: Coloro che richiamano l’idea di “Bologna comunità educante” sono una risorsa per la
città…
R: Coloro che sottolineano la necessità che una città possa qualificarsi come “comunità educante”,
sono in genere persone attive ed impegnate, sicuramente una risorsa. Oggi, più che in passato,
non può essere in campo solo l’Amministrazione e la politica. Pensare ad una “città educante” vuol
dire anche ripensare le modalità della partecipazione. Anche su questo terreno dobbiamo pensare
in termini nuovi rispetto al passato: partecipare non risponde solo a un’esigenza di verifica e di
controllo. Partecipare vuol dire condividere, partecipare fin dalla progettazione. Le esperienze
presentate in questo numero di “Metafamiglia” evidenziano il fatto che a Bologna è possibile
guardare più lontano. Parliamo, infatti, di proposte che, nel loro insieme, esprimono una
intenzionalità e un impegno preciso: si propongono come “intervento pubblico” in campo
educativo, l’educazione è pensata come valore, al centro è posta la persona. Per tornare ai
bambini, nella fascia della prima infanzia tutte queste realtà potrebbero ben integrarsi con la rete
dei “Centri per Bambini e Genitori” che esistono in città, ampliando la sfera delle attività e la
platea delle famiglie che ne fruiscono. Così come si potrebbe ampliare in quei luoghi la
collaborazione (in alcuni casi già attiva come a Navile, a Savena, a S.Vitale) con i servizi pediatrici
e di neuropsichiatria infantile dell’Ausl. Analogo discorso potrebbe riguardare in questa prospettiva
il possibile ripensamento e aggiornamento della struttura e del funzionamento del Centro per le
Famiglie gestito da Asp Irides. Richiamare questo vuol dire, ancora, che occorre sviluppare una
iniziativa di ricerca e di sperimentazione collettiva in modo laico e aperto ad una coralità di
contributi, necessariamente provenienti dalla pluralità di soggetti istituzionali, culturali e sociali
che costituiscono il patrimonio storico e un capitale sociale di grande valore di questa città. Le
esperienze riportate in questo numero di Metafamiglia penso siano, in questo senso, veramente
significative.
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Esperienze in
citta’
Spazio mamma & bambino: uno spazio per
le mamme e i loro piccoli
di Stefania Guidomei
responsabile area Consultorio familiare, Dip.Cure primare, Azienda USL Bologna
Gli Spazi Mamma&Bambino sono un luogo di incontro per le mamme e i loro bambini, dove è
possibile scambiare esperienze e informazioni. E’ disponibile la consulenza di una ostetrica e di
una assistente sanitaria
per affrontare insieme i problemi più comuni che riguardano
l’allattamento e la cura dei bambini.
Dopo la nascita di un figlio, infatti, non è infrequente che
le mamme possano sentirsi
particolarmente affaticate o tristi e, soprattutto se sole, non a proprio agio con il proprio bambino.
Parlare con altre madri e condividere gli stessi dubbi e problemi può aiutare soprattutto nei primi
mesi dopo il parto.
Il gruppo favorisce quindi la condivisione delle esperienze di maternità ed è inoltre di supporto e
sostegno all’allattamento al seno.
I temi trattati negli Spazi Mamma&Bambino, sono proposti dalle madri stesse e generalmente
riguardano:
• L’alimentazione del bambino, dall’allattamento allo svezzamento
• Il ritmo sonno/veglia
• Il pianto e le modalità di consolazione del neonato
• I cambiamenti nella coppia dopo la nascita
Gli obiettivi che si vogliono raggiungere:
• Favorire la creazione di un legame interpersonale tra madri che vivono la stessa
esperienza, in modo da supplire in parte alla mancanza di quel ruolo di supporto che il
nucleo familiare allargato poteva garantire
• Promuovere e sostenere la pratica dell'allattamento al seno, universalmente riconosciuto
come uno degli interventi sanitari a maggior beneficio per la salute della madre e quella del
bambino
• Favorire l'empowerment delle madri, la fiducia nelle proprie competenze e la loro capacità
di riconoscere i bisogni del bambino dando le risposte più adeguate.
• Individuare le situazioni di possibile disagio relazionale, sociale e/o sanitario e attivare
percorsi integrati di presa in carico.
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Nello spazio Mamma&Bambino lavorano due operatrici, una assistente sanitaria del servizio di
pediatria territoriale e una ostetrica del consultorio familiare che fanno capo al Dipartimento Cure
Primarie dell’AUSL di Bologna.
Presso Sala Borsa lo spazio è aperto il martedì dalle 10 alle 12.30 con chiusura in agosto.
L'accesso è libero, senza iscrizione e senza alcun pagamento.
Il gruppo di madri che partecipa può variare da incontro a incontro dal momento che il gruppo è
“aperto”, senza cioè limitazione di presenze.
Nello spazio Mamma&Bambino di Bologna le operatrici hanno sviluppato una modalità di
conduzione degli incontri che potremmo definire di “ascolto attivo” .
Vengono utilizzate dinamiche di attivazione del gruppo mutuate dalla conduzione dei corsi di
accompagnamento alla nascita, ma adattate a questo contesto, in cui oltre alle madri sono
presenti anche i bambini. Viene inoltre preferita una modalità di conduzione che favorisca la
promozione di uno scambio “circolare” di informazioni tra le madri e in cui l'intervento dell'
operatore ha la funzione prevalente di stimolare la comunicazione, garantire il rispetto delle
opinioni di ciascuno, raccogliere i fili del discorso e restituire una possibile soluzione al problema
trattato.
Sabato con papa'
Mattine di gioco con papà presso il servizio
di Maria Cristina Rizzoli
Piùinsieme
Coordinatrice pedagogica Q.re S.Vitale
I centri per bambini e genitori : le basi di
un progetto
Questi servizi istituiti in ogni Quartiere del
Comune di Bologna con la vocazione
di
sostegno alla maternità (legge regionale
27/89), grazie allo loro flessibilità strutturale
si sono, nel tempo, “dilatati” fino a
comprendere nello spazio e nella mente delle
educatrici e dei coordinatori pedagogici, la
coppia genitoriale, i nonni, i papà e altri adulti
attori del processo educativo.
Il servizio Piuinsieme del Quartiere San Vitale è un luogo di accoglienza, di incontro e gioco per le
bambine e i bambini da 0 a 6 anni, accompagnati dalla mamma, dal papà, dai nonni ma anche
dalle zie, da babysitter, e da altre figure che si prendono cura dei più piccoli. Nell’ambito di questo
servizio è stato attivato un percorso rivolto ai padri ed ai bambini.
Il progetto: Sabato con papà
Se ripercorriamo il progetto dei centri gioco – così di chiamavano quando sono nati – si nota come
le proposte, inizialmente, erano indirizzate alla coppia madre-bambino/a, tra queste : il corso di
massaggio infantile, le conversazioni con le mamme sui vissuti legati alla maternità, le attività di “
cestino dei tesori” e gioco euristico, volte a sostenere il legame madre-bambino/a e le prime
esperienze di distanziamento. Questo cambiamento si fonda sui contributi teorici e scientifici: dalla
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psicanalisi alla scuola di Losanna e alla teoria sistemica, che in un progressivo processo di
inclusione hanno messo in luce i protagonisti dell'atto educativo: la mamma, la coppia genitoriale,
il papà.
Da questa impostazione sono nate proposte nuove rivolte alle famiglie. In questi percorsi, a volte,
le educatrici incrociavano padri orgogliosi della propria paternità, desiderosi di assistere e di
provare le tecniche del massaggio; in altri casi i papà si sostituivano alla mamma
momentaneamente assente.
Nel tempo la frequentazione dei padri ha registrato un incremento della loro presenza e il “focus”
della ricerca si è orientato verso la coppia genitoriale, in particolare, sul “nascere genitori”, non
dando per scontato questo processo. Ancora una volta dobbiamo ricordare il prezioso contributo
che Eustachio Loperfido ha dato a questa analisi.
La scuola di Losanna ha dato vigore all'immagine paterna mostrando, attraverso minuziosi filmati
e registrazioni, come i bambini, fin dai primi mesi di vita, siano in grado di rapportarsi con
entrambe le figure, secondo modalità interattive definite (TLP).
Da qui nasce la proposta di una spazio ludico e di incontro tra papà, con la presenza dei/delle
bambini/e, dove potersi esprimere liberamente attraverso il gioco con i propri figli e chiacchierare
con altri papà. La scelta è caduta sul sabato mattina dalle 10 alle 12,30, per consentire la
presenza di papà.
In queste giornate le educatrici predispongono ambienti di gioco con materiali diversi prevedendo
attività di manipolazione, percorsi esplorativi in palestra, laboratori di narrazione, costruzione,
pittura.
L'opportunità di avere padri e figli in relazione in un contesto di gioco, senza la presenza materna,
ha dato la possibilità alle educatrici di osservare gesti e dinamiche interattive di coppia – papà
figlio/a. Da qui è nato l'interesse del gruppo di lavoro, ma anche nei papà, di esplorare cosa
significa essere padre.
La tecnica del focus group, sperimentata
dal 2008, ha condotto i papà a
intraprendere un percorso di lettura del
loro modo di porsi nel quotidiano, aprendo
un confronto con la generazione di padri
precedente, in termini di somiglianze e
differenze.
Ciò che si è imposto nella lettura dei dati,
a di là delle differenze individuali nel modo
di essere e viversi padre, è il desiderio e la
voglia di essere presenti. nelle vita
quotidiana dei figli per potersi concedere
tempi di gioco, di cura, di tenerezza, di
intimità. In sintesi di “esserci”, come hanno
detto alcuni papà.
Il metodo del focus group, ha messo in luce come , ancora una volta, il processo di gruppo possa
aiutare le persone a esplorare e chiarire le proprie opinioni in modo più semplice e creativo di
quanto non accada in una intervista individuale. Il progetto “Sabato con papà” nato nel 2006. ha
visto aumentare di anno in anno la presenza dei padri fino a raggiungere traguardi imprevisti e
un nuovo assetto del progetto con l'inclusione......delle mamme, per alcune mattine.
Sabato con papà e …… qualche volta con le mamme. Note organizzative
offerta di una spazio di gioco per bambini da 0 a 6 anni accompagnati dal papà
Questa proposta oltre a facilitare la relazione padre – bambino intende offrire uno spazio di
riflessione su cosa significa essere padre oggi passando attraverso i gesti quotidiani che
accompagnano e connotano la paternità....
L'approccio educativo è ludico:ai papà e i loro bambini verranno proposte situazioni di gioco per
sei sabati mattina dalle 10 alle 12,30 e tre situazioni di gioco per tutta la famiglia.
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Anni Magici
centro di consultazione per genitori
équipe Anni Magici
pedagogista Quartiere Navile
Nel 1996 nel Quartiere Navile, presso Villa Grosso, è stato attivato un servizio che si fonda sul
lavoro integrato di operatori dell’AUSL, del quartiere Navile, del “Centro per le famiglie”, in cui
vengono accolti mamme, papà, o altri famigliari, sui temi riguardanti la crescita dei loro bambini e
delle loro bambine per approfondire le piccole e grandi difficoltà educative e della crescita.
Il servizio è denominato “ANNI MAGICI - centro di consultazione per genitori di bambini fino ai 5
anni di età”, si realizza attraverso una convenzione tra Quartiere Navile, ASL e ASP-Irides (Centro
per le famiglie) che è stata rinnovata nel 2010. Fin dal 1996 le consultazioni sono svolte da
professionisti in campo psicologico, pedagogico, pediatrico.
Anni Magici oggi è…
- un centro rivolto ai genitori del quartiere Navile e della città di Bologna
- un servizio pubblico dedicato alla salute dei bambini, dove ai genitori è possibile trovare un
sostegno attraverso consultazioni di tipo psicologico, educativo, pediatrico.
- un servizio orientato da obiettivi di prevenzione e interdisciplinarietà, rivolto alla varietà della
popolazione, caratterizzata oggi da diverse e differenti origini culturali
- un centro che appartiene alla rete dei servizi educativi, sociali, sanitari e che con questi servizi
collabora all’accoglienza interculturale
Anni Magici accoglie i genitori dei bambini nei primi 5 anni di vita per ascoltarli nel loro
indispensabile bisogno di capire le esperienze, le emozioni, i cambiamenti che accompagnano i
primi anni. Possono chiedere di essere accolti genitori singoli, in coppia, o accompagnati da altre
figure significative (la maestra della scuola,una persona amica, un familiare….). In caso di scarsa
conoscenza della lingua italiana, per farsi aiutare nella comunicazione, è possibile accedere alla
consultazione insieme ad una persona per la mediazione linguistica. Gli incontri di consultazione
sono svolti da professionisti che da molti anni operano nel campo della prima infanzia. Fanno parte
dell’équipe: due psicologhe, un’assistente sanitaria, quattro pedagogiste, una fisioterapista.
Ciascun operatore dedica ad Anni Magici una quota parte del proprio orario di lavoro.
I genitori si possono rivolgere al Centro per le famiglie per prenotare l’incontro; sono accolti da
una psicologa che cura il primo contatto e che, sulla base del tipo di problema espresso, fissa il
primo appuntamento con il professionista competente. La consultazione può terminare nell’arco di
un solo appuntamento o richiedere un maggior numero di incontri che vengono concordati fra il
professionista ed i genitori. La consultazione è un intervento snello per accogliere i genitori in
modo tempestivo e attraverso brevi percorsi temporali
Ad ANNI MAGICI ci si prende cura della relazione genitori-bambini, in caso di:
- Difficoltà nella relazione genitore-bambino
- Difficoltà conseguenti a critici eventi di vita (personale, familiare, sociale….)
- Difficoltà di separazione
- Difficoltà nelle diverse funzioni quali il sonno, l’alimentazione, il controllo sfinterico
- Difficoltà comportamentali
- Difficoltà nei rapporti sociali
- Difficoltà nelle fasi di avvio del linguaggio e della funzione motoria
Dove si svolgono le consultazioni?
La sede di Anni Magici è nel quartiere Navile in via Erbosa 22.
Si tratta di una sede dedicata ai bambini; in un parco verde sono attivi scuole e servizi educativi:
un nido (nido Grosso), una scuola dell’infanzia (Grosso), un centro per genitori e bambini (Via del
grosso tasso), un’Aula didattica per l’educazione ambientale nelle scuole, una Banca del tempo.
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Al primo piano entrando dalla scala esterna vi sono due ambienti:
uno dedicato al colloquio con i soli genitori,
uno dedicato ad incontri con la presenza di bambini
Per chiedere la consultazione è possibile telefonare al Centro per
le famiglie : tel.0516563611, fax 051656330 oppure recarsi di
persona presso la sede di via Orfeo 40/2, zona centro storico,
dal lunedì al giovedì dalle ore 9.00 alle ore 13.00,
È possibile inviare una mail e sarete contattati (lasciando il
recapito telefonico): centrofamiglie@comune.bologna.it
Star bene insieme!
Maura Serra
responsabile servizio educativo scolastico territoriale Q.re Saragozza
L’Associazione Andare a veglia è attiva dalla fine degli anni ottanta nella zona Saragozza e
collabora in rete con con altre associazioni e con il Quartiere. Il progetto Star bene insieme! si
caratterizza come laboratoro per la promozione dell'economia domestica in nuclei familiari con
minori per potenziare la capacita' di autonomia nelle routine educative quotidiane.
Questa esperienza, iniziata nel mese di Gennaio 2012, ha visto coinvolte diverse realtà associative
del nostro territorio impegnate nella realizzazione di laboratori rivolti a nuclei familiari composti da
madri e figli/e adolescenti, seguiti dai Servizi Sociali ed Educativi, con problematiche socioeconomiche, dipendenza da sostanze, deprivazione affettiva. L'obiettivo era quello di riuscire a
coinvolgere i partecipanti dando loro occasioni per acquisire qualche competenza nella gestione
delle routine educative quotidiane. In particolare si riteneva importante creare una rete relazionale
capace di sostenere rapporti di conoscenza e scambio, utili a non provare nel quotidiano senso di
solitudine. I primi tre incontri sono stati dedicati all'attività di cucito, i successivi tre all'attività di
cucina e gli ultimi alla cura del corpo e al make up. La prima fase del progetto ha subito
evidenziato la difficoltà delle mamme a garantire costanza nella partecipazione: ci siamo così
poste il problema se la scelta di quella tipologia di attività corrispondesse realmente ad un loro
bisogno o fosse un elemento piuttosto rilevato solo dagli operatori. Dopo esserci confrontati con
le mamme e la responsabile dell'Associazione capofila abbiamo modificato parte del programma
inserendo laboratori più rispondenti ai desideri esplicitati dai partecipanti: laboratorio di trucco e
laboratorio di bijoux. La presenza ai successivi laboratori (cucina e cura dell'immagine) è stata
caratterizzata da entusiasmo e attiva partecipazione.
Riteniamo, concludendo, che le attività svolte abbiano consentito ai partecipanti di aprirsi al
territorio, conoscere persone/volontarie capaci di trasmettere saperi ed esperienze, all'interno di
una relazione sempre basata sull'accoglienza, la disponibilità e il rispetto delle differenze. La
richiesta di concludere i laboratori con la una cena è stato nostro parere un primo timido segnale
di raggiungimento di quegli ambiziosi obiettivi che ci eravamo prefissate. Le associazioni che
hanno dato vita al progetto sono: Andare a Veglia, Il Ventaglio di Orav, Centro Sociale 2 Agosto.
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L'Associazione di volontariato Andare a Veglia in collaborazione con il
Centro Sociale Due Agosto e Il ventaglio di Oral
presenta
un ciclo di Laboratori
"Star bene insieme!"
Impariamo insieme a cucire piccole cose !
Presso Andare a Veglia Via Paolo Martini 7/2
Lunedì 14 Gennaio dalle 17.30 alle 19.30
Mercoledì 23 Gennaio dalle 17.30 alle 19.30
Lunedì 28 Gennaio dalle 17.30 alle 19.30
Con farina, acqua e sale...tante meraviglie!
presso il Centro Sociale Due Agosto Vai Turati 98
Giovedì 7 Febbraio dalle ore 17.00 alle ore 19.00
Giovedì 14 Febbraio dalle ore 17.00 alle ore 19.00
Giovedì 28 Febbraio dalle ore 17.00 alle ore 19.00
Cura del corpo e make up
Presso Sede del Quartiere Saragozza Via del Pratello 55
Lunedì 4 Marzo dalle ore 17.30 alle ore 19.30
Lunedì 11Marzo dalle ore 17.30 alle ore 19.30
Lunedì 18 Marzo dalle ore 17.30 alle ore 19.30
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Se piango ascoltami!
il pianto del neonato
Clede Maria Garavini, psicologa e psicoterapeuta
Isa Ruffilli, pediatra Onlus L’isola che c’è
La Onlus L’Isola che c’è nasce nel 2008 dall’incontro di alcuni professionisti pediatri, psicologi,
neuropsichiatri, giuristi, assistenti sociali, educatori che si occupano di tutela dell’infanzia e di
aiuto alle famiglie e che condividono la volontà di lavorare insieme, a supporto dei servizi pubblici
sanitari e sociali, per ampliare gli interventi rivolti in particolare all’infanzia maltrattata e
trascurata. La Onlus opera in stretta collaborazione con il Centro Specialistico multiprofessionale
contro l’abuso e il maltrattamento infantile della Azienda USL di Bologna ” Il Faro”. I progetti e le
attività vengono offerti ai bambini/ragazzi seguiti dai servizi sanitari e sociali senza oneri
economici e sono finanziati da donatori privati, dall’introito del 5 per mille e in minima parte ,
come nel caso del progetto che presentiamo, da contributi pubblici .
I progetti realizzati e in corso sono:
- Due laboratori di psicoterapia di gruppo, a cui hanno partecipato 18 minori di età
compresa tra gli 8 e i 13 anni , vittime di varie forme di abuso , di maltrattamento fisico e di grave
trascuratezza.
- il diritto di essere ascoltati, accolti e protetti realizzato in collaborazione con la Autorità
Giudiziaria, che si occupa di supporto ai minori ,che hanno denunciato violenze subite, durante
il complesso percorso del procedimento giudiziario
- il progetto educativo/informativo “Se piango…ascoltami!” rivolto ai neogenitori sui temi
della cura e dell’allevamento del bambino e in specifico del pianto e della relazione bambinogenitori, che vi presentiamo .
Se piango ascoltami: ...perché questo progetto? è diffusamente nota l’importanza delle prime
relazioni ai fini di un sano sviluppo dei bambini e
delle bambine.
Orientare l’attenzione e investire risorse in questa
fase permette di promuovere la salute non solo
del primo periodo della vita ma anche di quelli
successivi. I genitori sono l’ insostituibile fonte di
benessere per i loro figli e ogni papà e mamma
vive e realizza la propria paternità e maternità in
modo particolare, singolare. Esistono infatti tanti
modi di essere madre e padre: ciò in rapporto alle
storie personali, familiari, alla cultura di
appartenenza, alle risorse individuali, di coppia
…..Ogni padre e ogni madre sufficientemente
capace di comprensione e di empatia è in grado
di offrire con stabilità risposte appropriate e
permette così al piccolo di acquisire la fiducia
nella persona che si occupa di lui, riconosciuta fra
le altre.
Potersi fidare, affidare alla mamma e al papà, alle
persone che si occupano di lui, aspettarsi
protezione, aiuto, difesa dai fastidi, dal malessere
e dal dolore consentono la crescita del senso di
sicurezza e
della fiducia . La certezza della
presenza rassicurante delle figure di riferimento
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permette poi di avventurarsi nel mondo circostante, di provare il piacere e il fascino delle cose,
degli oggetti, delle situazioni.
I bambini e le bambine crescono sostenuti dalle idee, dalle emozioni, dai sentimenti, dai progetti,
dalle speranze dei loro genitori; possono, però, essere anche turbati dalle loro rappresentazioni o
intralciati nella evoluzione da comportamenti non adeguati.
Proprio per aiutare i genitori a fare nel modo migliore ciò che soltanto loro possono fare e per
prevenire azioni che non rispettano i bisogni dei bambini o che possono anche essere dannose è
stato pensato e realizzato il Progetto” se piango… ascoltami”, che
si propone di richiamare
l’attenzione delle mamme e dei papà sui bisogni dei bambini nei primi mesi di vita, sulle risposte
possibili da dare e su quelle da evitare e soprattutto sui comportamenti più opportuni in caso di
pianto prolungato e persistente . L’ obiettivo principale che si vuole raggiungere è quello di
informare correttamente per evitare comportamenti che possono essere maltrattanti, anche se in
maniera non consapevole, e che possono causare danni cerebrali molto gravi e permanenti al
neonato ,dalla epilessia alla cecità e anche la morte
, danni che con termine medico vanno
sotto il nome di “sindrome del bambino scosso”. E’ una forma grave di lesione cerebrale causata
dallo scuotere violentemente un neonato o un bambino nei primi anni , in genere sotto i 2 anni di
vita, e che di solito avviene quando il bambino piange inconsolabilmente e chi lo accudisce perde il
controllo.
E’ stato realizzato un piccolo pieghevole che viene distribuito nei punti nascita di Bologna ,
Bentivoglio, Porretta T. e negli ambulatori dei Pediatri di famiglia e della Pediatria territoriale ed è
il punto di avvio del progetto,che prevede incontri con le neomamme , i neogenitori ed anche
incontri allargati rivolti ai cittadini .
Inoltre, grazie alla partecipazione
dell’Associazione Mondo Donna, sarà
possibile raggiungere e confrontarsi
con gruppi di mamme in situazioni difficili
e di isolamento sociale, perché sole, senza
lavoro e senza figure di supporto familiari
e/o amicali o di vicinato.
Il progetto è stato curato e realizzato
insieme a Luciana Nicoli, pediatra e
Valeria Arbizzani, ginecologa e fin
dall’inizio ha avuto il supporto del Centro
specialistico contro l’abuso e
maltrattamento Il Faro, la collaborazione
della Azienda Usl di Bologna ed il
contributo del Comune di Bologna,
Dipartimento Benessere Sociale e di
Comunità.
Ci facciamo un augurio: di riuscire a
coinvolgere un numero ampio di genitori
in momenti di incontro ricchi di confronto
ed anche di coinvolgere un numero ampio
di professionisti: pediatri, psicologi ,
ginecologi, ostetriche, e di lavorare
insieme per il benessere dei bambini.
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Madri sole insieme
Rita Alicchio (*)
Associazione Orlando
L’associazione “Armonie”, che realizza il progetto, è attiva
dal 1994, iscritta all’albo delle delle LFA del Comune di
Bologna e ed al Registro Regionale delle Associazioni di
Promozione Sociale (Sede via Emilia Levante 138, Q.re
Savena, Bologna)
“Madri sole: insieme è meglio:esperienze, desideri,
solidarietà fra donne” è stato realizzato dall’Associazione di
donne “Armonie” grazie ad un contributo della Fondazione
Del Monte nell’ambito della progettazione relativa al sociale
del 2012 ed in collaborazione con l'Associazione
“Sottosopra” e la Coop Sociale “Quadrifoglio”.
Si è rivolto a madri italiane e straniere con figli minori che
soffrono situazioni di solitudine a causa di legami interrotti
o mai iniziati o che si sentono sole nello svolgere il loro
ruolo genitoriale.
Nel pieno di una crisi economica che coinvolge pesantemente le donne e in particolare quelle sole
con figli, accentuando diseguaglianze, provocando incertezza e rischio di esclusione sociale,
l'Associazione Armonie ha sentito come impegno prioritario quello di dar vita nel territorio
cittadino a percorsi possibili e credibili rivolti in particolare a questa fascia di popolazione così
esposta ai contraccolpi sociali della crisi in atto, proponendo e realizzando azioni concrete di
supporto e solidarietà, percorsi psicologici di gruppo, incontri conviviale rivolti alle madri,
momenti di gioco, laboratori interculturali e percorsi psicomotori per i loro figli.
Le principali motivazioni che hanno sotteso al progetto, coordinato da Maria Teresa Ganzerla,
sono state: riconoscere l’importanza della condivisione e del sostegno nel percorso di crescita dei
propri figli, offrire opportunità per cercare di armonizzare i tempi del lavoro e la partecipazione
alla vita sociale con la cura dei figli o di parenti anziani e trovare spazi e tempi per prendersi cura
di se stesse.
Questa scelta si è confermata necessaria anche a fronte della situazione dei Servizi pubblici
spesso in difficoltà di fronte a nuovi e più coinvolgenti bisogni e ha trovato una positiva
collaborazione in particolare con quelli del Quartiere Savena.
Abbiamo rivolto due domande a Roberta Gavazzi, responsabile del Servizio Sociale Territoriale del
Quartiere Savena, territorio sul quale si realizza il progetto:
D. Perché e quando hai pensato ad una collaborazione tra i Servizi e l’Associazione Armonie?
R. Da diversi anni é attivo un confronto tra il Servizio Sociale Territoriale del Quartiere Savena e
l'Associazione Armonie che ci ha offerto la possibilità di far partecipare donne in situazione di
fragilità, anche economica, alle attività da loro organizzate come, ad esempio, il Progetto "Gioia di
vivere".Nel tempo abbiamo cercato di avviare percorsi con Armonie, anche in collaborazione con il
Servizio Educativo Scolastico Territoriale, all'interno di progetti già attivi in Quartiere sul sostegno
scolastico e sull'appoggio volontario a donne sole con figli minori, in gran parte straniere.
D. Quali i principali bisogni che sono stati segnalati e a cui hanno lavorato le volontarie e le
operatrici del progetto?
R. Nel periodo in cui Armonie ha lavorato alla definizione del progetto "Madri sole. Insieme é
meglio" abbiamo ragionato insieme su quali collaborazioni potevano aiutare il servizio sociale nella
relazione con le donne da noi seguite ed é emersa la disponibilità a impegnare alcune socie su
progetti di volontariato volti a favorire la conciliazione dei tempi di lavoro delle mamme con le
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esigenze di cura dei figli, attivando accompagnamenti dei bambini da scuola a casa e aiuti
nell'organizzazione della vita quotidiana. Le attività previste nel progetto ci hanno consentito di
segnalare donne fragili dal punto di vista dell'identità e dell'autonomia e con condizionamenti
molto forti da parte delle famiglie di origine, per utili percorsi di socializzazione e di confronto con
altre realtà.
Il progetto “Madri sole: insieme è meglio: esperienze, desideri,
solidarietà fra donne” ha avuto inizio fattivamente dal mese di
settembre 2012 con incontri ripetuti tra le socie di Armonie e
volontarie di altre associazioni (associazione Orlando) e le
operatrici coinvolte (psicologhe della Studio Leucò e psicomotriciste
ed educatrici dell’Associazione Sottosopra) con le assistenti sociali
del Quartiere Savena e del Centro delle Famiglie per conoscere le
situazioni di disagio e organizzare le adesioni delle madri al
progetto e per iscrivere le volontarie al Registro del Volontariato del
Comune di Bologna.
Madri sole insieme uno: Un’ora almeno la vorrei…: solidarietà, cooperazione e confronto
tra donne
Le volontarie hanno prestato il loro intervento con la creazione di una rete di sostegno nella
gestione quotidiana familiare di mamme, tutte straniere tranne una, che avevano in comune la
difficoltà di conciliare i tempi di lavoro con la cura dei figli e l'assenza quasi totale di parenti in
grado di aiutarle.
L’attività di aiuto nella gestione dei figli è consistito nel ritiro dalle strutture scolastiche,
assistenza nello svolgimento dei compiti, gioco e passeggiate.
Da novembre 2012 a giugno 2013 si sono svolti mensilmente incontri conviviali tra le mamme
aderenti al progetto e le volontarie in cui le mamme hanno condiviso ed elaborato i propri vissuti,
le emozioni ed aspettative legate al ruolo genitoriale all'interno della propria storia di vita. L’offerta
di uno spazio per condividere la gioia di essere madri insieme a dubbi, paure e difficoltà ha
rafforzato le relazioni amicali, permesso l'espressione di esigenze ed esperienze personali, spesso
dolorose, ma anche la volontà e il desiderio di modificare e superare le proprie situazioni di
sofferenza. Un bel gruppo di mamme ha dato vita, insieme alle socie di Armonie, ad un percorso
che si pone l'obiettivo ambizioso di costruire un condominio solidale, un progetto sperimentale a
cui auspichiamo siano sensibili tante realtà pubbliche e private della nostra città.
Abbiamo rivolto una domanda ad una delle mamme che ha partecipato al progetto:
D. Che cosa ti ha spinto ad aderire a questo progetto?
R. Quando mia figlia era piccola, mi sono spesso sentita sola nella maternità, dopo che la relazione
con il papà di mia figlia era di finita. Desideravo un sostegno emotivo, una condivisione dei
problemi di mamma, e non l'avevo. Ho aderito al progetto perché volevo confrontarmi con altre
mamme che allevano i figli da sole, per riconoscermi e rispecchiarmi, per trarre forza da questa
identificazione. Questa possibilità non l'avevo mai trovata prima.
Madri sole insieme due: acrobate alle ricerca di un equilibrio possibile : percorso di
gruppo a cura delle psicologhe dello Studio Leucò
Sono stati realizzati 3 moduli di 11 incontri. Hanno partecipato complessivamente 16 donne (5
straniere e 11 italiane), di età compresa tra i 35 e i 55 anni, con figli da 1 a 17 anni.
Le adesione iniziali erano state superiori, ma le difficoltà organizzative che caratterizzano la
condizione dell'essere madri sole, hanno impedito la partecipazione a tutto il percorso nonostante
la possibilità di usufruire di uno spazio sicuro dove lasciare i propri figli con l’intervento di
educatrici .
Gli obiettivi prefissati erano:
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a) condividere ed elaborare competenze relazionali e comunicative verso i propri figli,
b) dare voce alla progettualità delle donne tra ruolo materno e vita personale,
c) condividere esperienze, vissuti, aspettative e difficoltà,
d) prendersi uno spazio per sé, per ascoltarsi e ascoltare.
Nei primi incontri ognuna ha raccontato la propria storia e sin da subito il gruppo ha mostrato una
particolare capacità di ascolto, che si è intrecciata con racconti emotivamente molto intensi.
Il lavoro sull'autobiografia ha permesso di prendere un po' le distanze da una storia dove si è solo
vittime, per rintracciare le scelte, i bisogni o anche le fragilità, a volte inespressi, che hanno
sostenuto le proprie azioni. Le storie di provenienza per molti versi sono simili, storie di “bambine
adultizzate”, racconti di precedenti esperienze di gravidanze interrotte, di decisioni difficili, storie
di figlie di padri abusanti o assenti. Sono storie di rabbia per non essersi sentite mai apprezzate,
stimate, speciali, uniche, sensazione di non essere mai abbastanza degne d'amore e sono storie di
lotte per non perdere i propri figli e i propri diritti.
Abbiamo chiesto ad una mamma:
D. Che cosa hai trovato in questo progetto?
R. Mi è servito soprattutto il percorso con le psicologhe. Ci ha
portato a rileggere la nostra storia e in particolare gli aspetti di
genitorialità non condivisa che abbiamo in comune. Con questo
percorso sono giunta ad ho accettare la mia realtà, cioè la
condizione di solitudine con i suoi vantaggi e svantaggi.
La fase conclusiva del percorso ha vista ognuna delle
partecipanti al lavoro sulla propria identità. Non più tutte
uguali nell'essere “madri sole”, ma tutte diverse nel
cambiamento. Ognuna ha espresso la consapevolezza di un
rinnovamento possibile, del potersi disfare di un “abito” ormai
logoro e poter indossare abiti nuovi. In alcuni casi la
consapevolezza si è tradotta in azioni inedite ed esplorative, in
alcuni casi anche in scelte anche importanti.
Il percorso si è concluso con la consapevolezza di un cambiamento che è solo all'inizio, ma è un
cambiamento possibile e pensabile, di cui ognuna potrà prendersi cura nei modi che vorrà.
Madri sole insieme tre: un tempo per te, uno per me: percorsi psicomotori, laboratori
creativi, giochi guidati (A cura dell'Associazione Sottosopra e della Coop Sociale Quadrifoglio)
Il percorso di psicomotricità “Uno spazio per noi due” è stato suddiviso in due esperienze. La
prima era dedicata alle mamme e ai bambini di una età compresa tra i 6 e i 24 mesi.
La seconda invece era un percorso di psicomotricità dedicato ai bambini di 3 anni.
L’obbiettivo che ci eravamo proposte era di dedicare l’attenzione e sopratutto creare uno spazio
per i bambini delle madri che si trovano in una situazione di solitudine, convinte che l’incontro tra i
bambini e le loro madri potesse rappresentare un primo scoglio per uscire e scambiarsi
esperienze.
Il percorso mamme-bimbi è stato molto importante per creare tra le mamme un dialogo ed una
routine in cui ritrovare la psicomotricista ed uno spazio allestito per permettere ai bambini di
sperimentare e alle mamme di giocare con loro e confrontarsi.
Trattandosi di madri sole nell’accudire i bambini spesso si sono affrontate le tematiche della
solitudine, della stanchezza e della frustrazione di affrontare le fatiche senza un appoggio.
Il bisogno di fare rete è emerso moltissimo e le madri si sono vicendevolmente scambiate
informazioni anche su spazi e realtà presenti nel territorio per gestire meglio l’essere madri sole.
Alcune madri che frequentavano il gruppo avevano anche iniziato il percorso di sostegno delle
psicologhe e questa rete ha funzionato moltissimo anche nelle relazione con i bambini.
I bambini hanno potuto sperimentare la corporeità attraverso lo spazio e gli oggetti ed hanno
compiuto delle belle conquiste nelle autonomie e nella capacità di stare dentro dei rituali.
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Sono cresciuti nel loro percorso di differenziazione dalle madri potendo investire affettivamente
sulla psicomotricista, che fungeva da mediatrice tra loro, le mamme e gli altri bambini.
I laboratori creativi per bambine e bambini del secondo ciclo della scuola elementare
“Sotto il baobab” avevano l’obiettivo di offrire ai bambini del quartiere in situazione di disagio un
luogo ed un tempo in cui esplorare nuovi mezzi creativi. Peculiarità del percorso è stato il piacere
della sperimentazione e l’astensione dal giudizio da parte degli adulti . Durante il primo ciclo si è
realizzato un lavoro sulle macchie utilizzate come spunto per scorgere immagini nascoste che
servissero come punto di partenza per narrare una storia. Ogni bambino nell’osservazione di
oggetti “informi” scopriva personaggi da rappresentare e mettere in relazione a quelli degli altri
per costruire un racconto collettivo . Il filo conduttore del secondo ciclo è stata l’osservazione di sé
e degli altri attraverso la macchina fotografica e gli specchi. I bambini hanno
osservato/fotografato/ritratto se stessi ed i compagni, riproducendo le gradazioni di colore della
pelle di diverse parti del corpo scorgendo differenze ed analogie in un contesto piacevole di gioco.
La stanza dei giochi: il progetto, uno spazio di gioco libero e creativo per bambini, ha raggiunto
l'obiettivo prefissato di favorire la relazione dei bambini in un piccolo gruppo e permettere alle
loro madri di partecipare agli incontri con le psicologhe. Nonostante fossero tutti bambini che non
si conoscevano, di età eterogenee, dai 3 ai 12 anni, provenienti spesso da paesi e retaggi culturali
molto diversi, si è riuscite a creare piccoli gruppi di “nuovi amici”.
I bambini hanno imparato e rispettato velocemente le poche , ma fondamentali, regole del
“variopinto” gruppo. Abbiamo ballato, cantato e festeggiato compleanni con cibi tipici di paesi
lontani; abbiamo organizzato la “giornata del cinema“ con pop-corn e patatine. Le mamme hanno
portato con fiducia i loro bimbi, contente di avere a disposizione personale qualificato e uno spazio
sicuro in cui affidarli mentre loro frequentavano il gruppo psicologico.
(*)Ha collaborato alla stesura del progetto di Armonie e ha partecipato come volontaria alla sua
realizzazione
Le interviste di
MetaFamiglia 2.0
Come abbiamo avuto modo di fare nel “numero zero” di Metafamiglia, intendiamo riproporre il parere
e l’esperienza di operatori direttamente impegnati sui i servizi. E’ in questi termini che riteniamo significativo
ed utile ripercorrere in parte la storia di Anni magici anche attraverso i ricordi ed il punto di vista di Anna
Pizzi, un’operatrice che di quel servizio è stata il riferimento per tanti genitori e tante famiglie
“… Anni Magici, è nato da un'idea di un “gruppo di lavoro” costituito da diverse figure professionali
quali il Neuropsichiatra infantile (Giancarlo Carapezzi) la psicologa (Mirella Cassarà) la pediatra
(Giusi Parlato) la fisioterapista (Lucia Barone) e due pedagogiste del quartiere Navile che da
tempo collaboravano nell'affrontare i disagi dei bambini e delle loro famiglie. Per ricostruire il
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clima di allora può essere sufficiente ricordare una citazione di Selma H. Fraiberg per noi
frequente allora: “Gli anni della prima infanzia sono magici... e quando torniamo con i nostri figli a
quegli anni, siamo stranieri che non riescono a trovare facilmente la strada".
Sempre per sottolineare il clima di quei primi anni ricordo anche che, presso la struttura Villa
Grosso, sono state realizzate diverse iniziative da parte di associazioni che si occupavano di
infanzia e sostegno ai genitori ed alle famiglie, di interventi educativi e di tipo sociale: la ludoteca
domenicale di “Senza il banco” e “gruppi di ascolto” con i genitori; e sempre in quegli anni –
1996/1997 – è stata sperimentata lì la prima esperienza della “Banca del tempo Navile”, sulla
base della collaborazione tra associazioni – “Il solito gruppo di donne” e “Senza il banco” – e
Amministrazione Comunale.
Le pedagogiste del Quartiere (Rosa Agosta,, Paola Vassuri, Viviana Ricchi ) hanno sempre avuto
un'attenzione forte nei riguardi dei piccoli utenti dei servizi e spesso, nella pratica quotidiana,
hanno riscontrato l'esigenza, da parte delle famiglie, oberate dagli impegni quotidiani ed in ansia
rispetto alla propria capacità genitoriale, di avere una persona competente capace di ascoltarle.
Allo stesso modo, i professionisti che lavoravano con bambini e genitori in una condizione di
disagio conclamato, riscontravano nelle storie dei loro piccoli pazienti, un momento di crisi, che se
fosse stato accolto e sostenuto probabilmente non si sarebbe cristallizzato.
Il “Centro per le Famiglie” si è dato come obiettivo quello di essere un luogo di ascolto e
accoglienza per le famiglie, perciò dall'incontro di questi operatori e dalla loro idea di creare uno
spazio di prevenzione al disagio dei genitori e dei loro bambini, è nato "Anni Magici" come spazio
di ascolto e consultazione per i genitori di bambini in età pre-scolare.
Il mio ruolo è stato quello di accogliere le richieste e anche se poteva sembrare un ruolo
marginale, in fondo si trattava di rispondere ad una telefonata e fissare un appuntament; in realtà
in quella richiesta passa l'ansia di un genitore, il senso di impotenza e spesso il senso del
fallimento del proprio ruolo genitoriale.
Le richieste a volte risultavano confuse e il mio ruolo era definirle, indirizzare la persona al
professionista più indicato per quel problema. Ricordo con piacere i gruppi operativi quindicinali,
nei quali si affrontavano aspetti organizzativi, ma spesso si trattavano supervisioni di gruppo, in
un clima di stima e fiducia reciproca.
In quel contesto mi sono sempre sentita considerata come una professionista alla pari degli altri,
anche se il mio ruolo all'interno dell'Amministrazione Comunale esula le mie competenze
formative. Credo che questo servizio, che sta continuando la sua attività, sia stato e sia ancora
molto utile per quei genitori che non hanno riferimenti famigliari con cui confrontarsi rispetto alle
ansie come genitori o a volte hanno famiglie d'origine molto presenti nell'educazione dei nipotini,
creando spesso confusione perché i nonni diventano genitori e i genitori diventano fratelli. Quando
le difficoltà generano disagio e confusione, credo che uno spazio di ascolto accogliente e non
giudicante (…in fondo ciascuno di noi fa il meglio che può) aiuti a districare certi nodi e a
ricondurre verso un equilibrio che, si sa, va sempre ricostruito."
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Libri e film:
suggerimenti
a cura della redazione
o Libri
Massimo Recalcati, "Il complesso di Telemaco.
Genitori e figli dopo il tramonto del padre",
Feltrinelli,2013
"...ciò che rende davvero padre un genitore è la trasmissione della
testimonianza che passa attraverso la parola e che, rielaborata
retrospettivamente, ci rende ciò che siamo"
o Film
"Il figlio dell'altra" di Lorraine Levy, 2013
La questione israelo-palestinese tra dissidio e indispensabile riconciliazione
"la donna è il futuro dell'uomo. quando le donne si alleano possono
spingere gli uomini ad essere migliori"
"Lo spazio bianco", Francesca Comencini 2009
"...un modo raro di raccontare che porta l'attenzione su uno dei
momenti più straordinari della vita di una donna. Tra il "bianco"
che annulla e contiene tutte le emozioni e lo "spazio" dell'anima,
dove la nascita di un figlio riserva un posto speciale"
"Quando la notte", Cristina Comencini, 2011
"..il tema della maternità, con tutte le crisi che comporta, le
piaghe insanabili che l'abbandono incide nella carne di chi lo ha
subito sono temi che si collocano nello scrutarsi reciproco di due
solitudini esistenziali”
MetaFamiglia 2.0 - n.1, 2014
Notiziario di informazione sulle politiche per le famiglie a cura della Consulta Permanente delle Associazioni
Familiari del Comune di Bologna
Hanno collaborato a questo numero: per la redazione: Laura Chillè, Andrea Pancaldi, Fulvio Ramponi, Mara
Rosi - Interventi di: Maria Cristina Rizzoli, Viviana Ricchi, Clede Maria Garavini, Isa Ruffilli, Anna Pizzi, Rita
Alicchio, Maura Serra, Stefania Guidomei
Per richiedere MetaFamiglie: consultaassociazionifamiliari@comune.bologna.it - 051/2195223
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