ALL’INTERNO SPECIALE STORIE&IMPRESE SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno X - numero 1/2 - febbraio/marzo 2015 distribuzione gratuita Papa Francesco a Napoli: fervono i preparativi per il grande evento. Spot di speranza per la città in frantumi CAROSELLO NAPOLETANO www.chiaiamagazine.it IUPPITER EDIZIONI OBLÒ Confronto tra popoli Caro Direttore, 4500 anni fa i politici egiziani (Faraoni) hanno eretto, su una superficie di circa 600mila mq, a GI...za, 3 meravigliose piramidi con basi quadrate di 230, 215, 104 metri di lato e alte 147, 143, 104 metri, che occupano un volume di circa 5 milioni di metri cubi. Ognuno dei 4 milioni di blocchi di pietra, perfettamente squadrati, livellati e posizionati al millimetro pesa 2,5 tonnellate per un totale di circa 10 milioni di tonnellate. 4500 anni dopo, i politici napoletani hanno eretto, su una superficie di circa 600mila metri quadri a GI...ugliano, non 3, ma ben 100 piramidi a base rettangolare di circa 100 per 40 metri per circa 20 metri di altezza formate da 1 milione e mezzo di ecoballe, perfettamente arrotolate e posizionate, che occupano un volume di circa 15milioni di metri cubi per un peso totale di 8 milioni di tonnellate di monnezza. Mancano 2 milioni di tonnellate affinché i nostri politici raggiungano l’eccezionale bravura degli egiziani. MARIO FAIDO Greta e Vanessa, stop ai ri(s)catti Ho appreso che per la liberazione delle 2 cooperanti italiane lo Stato Italiano (e quindi noi cittadini) avrebbe pagato un riscatto. Se fosse vero non potremmo che ritenere lo Stato italiano incoerente dal momento che la legge, nel nostro Paese, vieta il pagamento del riscatto in caso di sequestro di persona e, inoltre, prevede il congelamento dei beni patrimoniali delle famiglie dei sequestrati sul territorio nazionale, al fine di disincentivare questa pratica illegale. I grandi risultati raggiunti dimostrano la grande efficacia di questa legge. Ora, se lo Stato paga (o per meglio dire ci fa pagare) il riscatto per i nostri connazionali sequestrati nei paesi esteri, non solo cade in incongruenza ma, soprattutto, non disincentiva il rapimento di altri cittadini italiani all’ estero: i rapitori potrebbero maturare la convinzione che il nostro Paese puntualmente paga per riscattare i propri concittadini la cui liberazione dovrebbe invece avvenire tramite altri canali e perseguendo altre vie. FRANCESCO ROMANO (2) L’INIZIATIVA DI IUPPITER EDIZIONI Continua con grande successo la campagna di sensibilizzazione «Più librerie e meno pensiero fritto», che Iuppiter Edizioni ha lanciato quattro mesi fa con un adesivo (nella foto), distribuito in tutti i punti di aggregazione culturale della città. L’iniziativa punta ad incentivare la lettura e a difendere le librerie. Nei prossimi mesi, come già annunciato dagli editori, verranno diffusi video virali, altri adesivi di pensiero e, successivamente, verrà prodotto il cortometraggio dal titolo «La rivolta dei libri». Nel 2015, poi, partirà la nuova rivista «Occhio di carta», dedicata interamente alla lettura. Mentre la città assiste inerme alla chiusura dei suoi storici presidi culturali, Iuppiter Edizioni si attiva per ribadire l’importanza del libro, nella convinzione che c’è bisogno di lavorare per una Napoli che abbia, appunto, «più librerie e meno pensiero fritto». Caro Papa Francesco L’editoriale Il tempo della zucchetto TI SCRIVO pagina 3 Il paginone Un giorno con l’Imam: visita alla Comunità islamica di corso Lucci pagine 4-5 Caro Papa, sono un bambino della IV elementare, abito in un vicolo del Rettifilo, ho sentito dalla mia maestra che tu vieni a Napoli il 21 marzo, il giorno della primavera, per visitare la nostra città, il rione di Scampia che sta molto male, e che poi vai a trovare i carcerati che stanno ancora peggio. E poi dici la messa nella piazza Plebiscito, dove è stata detta l’ultima messa a Pino Daniele. Quello che cantava Napoli mille “culuri è ’na carta sporca e nisciuno se ne ’mporta”. Ti scrivo perché i miei genitori parlando proprio della tua visita si sono arrabbiati. Ma come, mi dicevo, viene il Papa, la primavera, il bel tempo, la Pasqua e questi si arrabbiano. Mio padre diceva a mia madre: “Ma tu hai capito dove siamo arrivati. Qui scrivono tutti al Papa. Pure quelli che sono i responsabili dello sfracello di Napoli. Mia madre: “Che vuò fa, so’ facce ’e cuorne”. Visto che la discussione continuava, sono andato a coricarmi, ma poi pensandoci sopra, ho detto mo’ gli scrivo pure io. Caro Papa, sai che ti dico che qua è un casino andare a scuola: mia madre deve passare con il passeggino in mezzo alle auto in sosta sui marciapiedi. Mentre prova a farcela, un signore dice: “Signò, statev’ accuort, c’è ’nu cornicione pericolante”. Un altro aggiunge: “Guardate bbuono, c’è ‘nu fuoss all’angolo”. Vedo un signore con una maschera, non è di Carnevale, mia madre mi spiega subito: “Quella serve per proteggersi dallo smog”. Dopo un viaggetto così, arriviamo a scuola e troviamo un avviso: i riscaldamenti non funzionano: coprite i bambini con indumenti più pesanti. Questo non è niente, caro Papa, mi fai un regalo? Qualche volta fai anche la Befana: invece di prendere l’elicottero, prendi un treno merci con tre vagoni di carbone. Durante la messa, invece dell’ostia, a quelli che comandano a Napoli porta tanto carbone. Il Signore ti ringrazierà di più, caro Papa mio. n u m q u a m SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno X n. 1/2- febbraio-marzo 2015 Direttore responsabile Max De Francesco Caporedattore Laura Cocozza Redazione Armando Yari Siporso Livia Iannotta Progetto e realizzazione grafica Fly&Fly h o r u m CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 Lo scandalo del Monte Echia: soldi persi e lavori fermi pagina 9 Focus Fitti alle stelle, commercio alle stalle: soluzioni per il rilancio del terziario pagina 11 Sollecitazioni Gli italiani e i libri: scrivere è bello, leggere meno? pagina 12 Quartierissime Chiesa di Santa Teresa a Chiaia, l’arte da salvare pagina 17 Divinazione L’equilibrio della Bilancia: il segno di chi ama relazionarsi pagina 19 Saper Vivere Storia di un single involontario: intervista al giornalista Franco Esposito pagina 27 c e d e t Società editrice IUPPITER GROUP S.C.G. Sede legale e redazione: via dei Mille, 59 - 80121 Napoli Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666 www.iuppitergroup.it Presidente: Laura Cocozza Stampa Centro Offset Meridionale srl - Caserta SOS CITY Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005 Iscrizione al Roc n°18263 © Copyright Iuppiter Group s.c.g. Tutti i diritti sono riservati Per comunicati e informazioni: info@chiaiamagazine.it Responsabile area web Massimiliano Tomasetta Pubblicità (Tel. 081.19361500) Michele Tempesta (392.1803608) l u x Primo piano Si ringraziano Tony Baldini per la consulenza grafica e l’Archivio Ruggieri Lancia il tuo Sos, indica disservizi e problemi del tuo quartiere e proponi soluzioni per rendere più vivibile la città. Contiamo su di te. Le lettere, firmate con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia Magazine» - via dei mille, 59 80121 Napoli, oppure alla e-mail info@chiaiamagazine.it L’EDITORIALE IL TEMPO DELLO ZUCCHETTO Max De Francesco In controtendenza con il resto d’Italia, l’irriducibile Napoli vive un momento magico per le tante nuove aperture. Non c’è via, né vicolo, né piazza che non siano stati toccati dall’economia emergente delle buche. Chiudono i negozi, si aprono voragini da guinness. Il cielo inclemente ha rivitalizzato così bene le attività del sottosuolo che non c’è da meravigliarsi se qualche commerciante lungimirante, tramortito dalla crisi e dai fitti stellari, chieda, emulando Ignazio Ziviello, l’eroe paziente di marottiana memoria che andò a vivere in un fosso provocato da una bomba, di occupare una di queste buche e inaugurare la sua cavità commerciale. A questo punto, con un’iniziativa popolare che appoggeremmo senza riserve, bisognerebbe chiedere all’amministrazione di non rattoppare più la città, ma di prevedere un piano di mantenimento delle buche. I vantaggi sarebbero molteplici: facile individuazione del buco con segnaletica salvapedoni; strategia per rivitalizzare il terziario con la creazione di centro commerciali sotterranei; organizzazione di un forum delle culture del sottosuolo, in cui tra vernissage a lume di candela e percorsi sensoriali, le buche saranno occupate da installazioni d’arte contemporanea con la benedizione delle cricche della comunicazione. L’apertura al pubblico delle voragini avrebbe anche un effetto benefico contro il crimine, demoralizzando le più agguerrite bande del buco costrette a rivedere le mappe che conducono ai caveau. Puntare sul degrado, consolidare l’incuria: e se la rinascita della città stia proprio nel riempire i vuoti e investire sui fossi? Lo scenario attuale, che registra la scalata della transenna nella galleria dei simboli napoletani, sembra non offrire altre soluzioni. Le azioni goliardiche di alcune associazioni civiche che hanno iniziato un programma di adozione delle buche e la provocazione del think thank «Giovani in Corsa» con la creazione di «fuossbook», il social che colleziona voragini, sottolineano come il tema della Napoli che sprofonda non sia prioritario per il sindaco metropolitano de Magistris. Saltato il fosso della legge Severino, dopo aver interpretato, per urgenze mediatiche, il ruolo di «sindaco di strada», una volta risalito dalla fossa dei sospesi, l’ex togato si è riaccomodato in poltrona con un chiodo fisso in testa: rigenerare l’immagine di «revolution man». Non perde occasione, che sia un’ospitata a Tiki Taka o un tweet mattutino, di vestire gli imma- colati panni del supereroe visionario, al di fuori dei partiti, incorruttibile, punitore di mafie, agitatore di sentimenti, collezionista d’icone e desideroso, per sua stessa ammissione, di «essere ricordato come il Che Guevara di Napoli». Il protocollo della rivoluzione non funziona più. Ha un valore emozionale all’inizio di una sfida o di un’impresa, resiste nel tempo se porta giovamenti visibili e condivisibili, continua a scaldare i governati se pianifica una visione del futuro e rimarca una differenza con il passato. Quando però, pescando a caso dal mucchio del tempo un anno della giunta Iervolino e un anno dell’amministrazione de Magistris, ci accorgiamo che, messi a confronto, simili sono per carenza di prospettive e assenza di respiro progettuale, si comprende la compiutezza del fallimento della rivoluzione arancione. Riproporne furie e moine è disperata solitudine, cavalcata nel nulla. Nella città in frantumi è l’ora delle riorganizzazioni elettorali. L’imprenditore scugnizzo Gianni Lettieri lancia con spericolato anticipo e desiderio di rivincita la sua candidatura a sindaco, con o senza l’appoggio dei partiti, pronto a schierare un listone civico. Aver fatto opposizione a de Magistris praticamente da solo è una nota di merito ma non rappresenterà, in una comunità disgregata e acquistabile come quella partenopea, un bonus per la vittoria. Le primarie del Pd consegnano, invece, al condannato in primo grado per abuso d’ufficio Vincenzo De Luca i guantoni per la sfida alle regionali e un sorprendente risultato in città. Asfaltato il bassoliniano Andrea Cozzolino, il sindaco di Salerno è pronto a scatenare l’inferno pur sapendo di portare sulle spalle la scimmia della legge Severino. Se riuscirà nell’impresa di ricompattare il partito, di sedare i malumori romani e d’incantare chi di sinistra non è, farà tremare il titubante governatore Caldoro. Intanto Napoli aspetta Papa Francesco. Il 21 marzo sarà la giornata della riorganizzazione della speranza. Il Santo Padre arriverà in elicottero come la statua di Cristo nel film «La dolce vita». Da Scampia a Chiaia unirà la città, avvolgendola con la chiarezza della sua parola. Parlerà in napoletano, motiverà i giovani, inchioderà la camorra, esalterà la luce e il talento dei luoghi. Sarà un carosello formidabile per una Napoli bloccata. Immancabilmente i maestri presepiali prepareranno il pastore Bergoglio e la città-mercato ringrazierà il Signore per un evento benedetto. Il tempo dello zucchetto, almeno per un giorno, terrà lontano i mali quotidiani e le ingannevoli rivoluzioni. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (3) IL PAGINONE LA NAPOLI MUSULMANA Un giorno con l’Imam Visita alla Comunità islamica di corso Lucci. Intervista al presidente Abdallah Abulharet: «L’Isis? Hanno usato e sporcato il nome dell’Islam e della Jihad» Armando Yari Siporso L evo le scarpe e le ripongo accanto a quelle di tanti fedeli raccolti in preghiera. Inizia così il mio pomeriggio nella Comunità islamica di Napoli di corso Arnaldo Lucci. A pochi metri dalla stazione di Napoli Centrale e praticamente sotto la linea ferroviaria della Circumvesuviana, entro nel luogo di preghiera in cui si ritrovano, cinque volte al giorno, i musulmani della città. “Sono un giornalista, vorrei qualche informazione” è la mia richiesta ad un uomo che mi viene incontro. La reazione alla mia istanza (che pure avevo immaginato potesse essere ritenuta invadente in un contesto dedito alla religiosità) è migliore di quella ricevuta tante altre (4) CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 LA SCHEDA La comunità islamica di Napoli è in corso Arnaldo Lucci ed è il più antico luogo di culto islamico della città in cui si tengono molteplici attività. Oltre alla moschea è presente una scuola di arabo e cultura musulmana dedicata ai più giovani e si tengono corsi di arabo per adulti. Il centro è aperto anche ai non musulmani e si pone come luogo di incontro e conoscenza reciproca. Il presidente della Comunità, l’Imam Abdallah Abulharet (nelle foto in alto) ci ha aperto le porte del centro per parlare di Islam volte in contesti differenti: sono accolto con cortesia e mi viene detto che posso parlare con l’Imam. Tanta gentilezza e disponibilità sono rari. Politici, parlamentari, assessori e consiglieri, non sempre hanno piacere a parlare con la stampa, ma in questo caso sembra essere tutto diverso. Pochi minuti e il presidente della Comunità islamica di Napoli Abdallah Abulharet mi riceve. “Sono un giornalista, vorrei farle un’intervista” è la mia richiesta diretta, un sorriso quasi impercettibile, invece, la risposta dell’Imam. Mi viene indicata la strada dell’ufficio e ci incamminiamo, scalzi, sui tappeti adagiati nel lungo corridoio che porta alla sua stanza. La sensazione è di entrare in un altro paese: il caos del centro di Napoli, il rumore dei binari ferroviari che scorrono poco sopra di noi, il traffico del vicino svincolo autostradale, sono attutiti dalle pareti piene di libri, in arabo e in italiano, dell’ufficio dell’Imam. L’accoglienza è formale ma cordiale perché “siamo fratelli - come ricorda Abdallah Abulharet - entrambi discendenti di Abramo”. I musulmani rispettano le altre religioni? L’Islam cerca l’integrazione, chi vuole avere fede ha fede, qualunque essa sia. Non c’è avversione o ostilità dell’Islam verso i cristiani? Noi siamo nati da Adamo ed Eva, siamo fratelli. Ma allora perché c’è tanto odio tra fratelli? La vita è una prova in cui solo i giusti trovano il bene. Come spiega allora la violenza? È interna o esterna all’Islam? La violenza ha diverse ragioni, può derivare da interesse personale, può essere per l’interesse comune, può essere dovuta all’ignoranza, ma ci sono limiti nella nostra vita e nessuno può superarli. La violenza nell’Aldilà viene punita. E’ possibile per tutti sbagliare, ed è previsto espiare i propri peccati. Ma questo non vale per l’omicidio, soprattutto se è dovuto ad ignoranza. CIMITERO ISLAMICO, IL PROGETTO AL COMUNE PER L’APPROVAZIONE Tra le istanze principali rivolte dalla Comunità islamica alle istituzioni napoletane c’è quella, sempre più pressante, per ottenere luoghi di culto sul territorio. Abbiamo sentito sulla questione Alessandro Fucito (nella foto in basso) - assessore al Patrimonio del Comune di Napoli - per capire in che modo l’integrazione tra Comunità Islamica e cittadinanza si realizza praticamente nel nostro Comune. Ci risulta che la Comunità islamica napoletana avrebbe preso contatti con il Comune per alcune istanze riferibili alle deleghe di sua competenza. Può confermarci tale circostanza? Certamente. La delega della Cooperazione Decentrata impegna l’assessorato ad avere contatti con tutte le comunità internazionali presenti in città, soprattutto quelle asiatiche (sri-lankesi, cinesi e medio-orientali in testa) e africane. Allora come spiega quello che sta accadendo nel mondo. Come giustifica, se può essere giustificato, l’Isis? Quanto ha a che fare con l’Islam? Bisogna guardare ai musulmani in modo differente. Esiste il buon musulmano ed il cattivo musulmano. L’Islam invita l’uomo al bene, sempre. Se un musulmano rispetta l’Islam, che sono le regole del Dio creatore, è buono. Qualsiasi musulmano che non rispetta le religioni passate e le religioni degli altri non è un buon musulmano. Quindi l’Islam prescrive rispetto verso i cristiani? Qualsiasi musulmano che non crede a Gesù va sicuramente all’inferno così come chi non rispetta Maria. Come spiega la Jihad? Jihad è un termine che viene frainteso. Jihad significa semplicemente “un sacrificio per il bene” ed è qualsiasi sforzo fatto per il bene. Anche lei ora, lavorando, compie una Jihad, ovvero uno sforzo per qualcosa di buono. Il termine per indicare la guerra è un altro e non è Jihad. Ma l’Isis... L’Isis non è islamico. Hanno usato e sporcato il nome dello Stato islamico e della Jihad. Lo Stato islamico esiste ma non è quello dell’Isis. L’Islam non è un partito di cui si possono cambiare le regole a proprio piacimento, l’Islam sono le regole di Dio. La conversazione con l’Imam è interrotta dalla chiamata alla preghiera, il centro si riempie di fedeli che arrivano per inginocchiarsi verso la Mecca e dedicarsi alla “Salat”. Al termine del rito mi viene proposto di visitare il centro dove, al piano superiore, ci sono le aule dedicate agli studi religiosi, ai corsi di arabo per adulti e di cultura musulmana per i più piccoli. Qui incontro alcune donne, che hanno pregato separate dagli uomini (anche se l’Imam mi spiega che non è sempre così) e una di loro mi saluta. Dagli occhi azzurri e dai lineamenti occidentali che traspaiono dallo chador nero capisco che è italiana. Scopro che è di Salerno e mi spiega che viene al centro per pregare e studiare e non è l’unica musulmana campana. Imam Abdallah Abulharet, ci sono nostri concittadini convertiti all’Islam? Tra i circa 20.000 musulmani campani (anche se non tutti sono praticanti) ci sono anche italiani che si sono convertiti. Molti a seguito degli attentati dell’11 settembre a New York e Whashington, negli Stati Uniti. Possibile che un evento così violento abbia avvicinato gli italiani all’Islam, non si è verificato il contrario? Subito dopo gli attacchi molti ci guardavano con diffidenza, ma poi evidentemente è nata una curiosità verso l’Islam. Come avviene la conversione? Tutto parte dalla curiosità, appunto, e dalla sensazione di qualcosa che manca alla propria vita. Tantissimi poi sono convinti di trovarla nell’Islam ma poi manca il coraggio. Perché parla di coraggio? Non sempre si riesce a fare la cosa che si reputa migliore per noi stessi, ma il Corano recita “non sforzate la gente a convertirsi all’Islam, trovare la retta via deve essere una scelta”. L’Islam non guarda le diversità ma l’intenzione di adorare Dio. Ma ora che vive in Italia ammetterà che ci sono differenze di costumi. Come vive il suo essere musulmano a Napoli? Vivo in Italia, devo rispettare il Paese in cui sono, se non lo rispetto non sono un buon musulmano. “Siamo soci con la terra con l‘acqua, con l’ossigeno”. Nella città di Napoli sono presenti diversi Centri islamici. Il Comune ha inteso in passato o intende in futuro fornire agevolazioni (ad esempio la predisposizione di cessione di locali, sconti sulle tasse comunali o altro) per questi luoghi adibiti al culto? In passato sono stati assegnati locali a comunità islamiche che hanno sempre fornito e forniscono ancora all'Amministrazione la loro preziosa collaborazione e sono un punto di riferimento per tutte le persone che vi si rivolgono (e quindi non solo a persone che professano il culto islamico). Infatti esse svolgono attività di assistenza medica e per l'igiene personale, mensa, sportello informativo, assistenza legale, lezioni di italiano e arabo oltre, ovviamente, a offrire locali nei quale si esplicano funzioni e attività religiose. La proficuità della suddetta collaborazione non lascia intravedere modifiche nei rapporti intercorrenti tra il Comune e i Centri Islamici. Attualmente esiste un cimitero islamico? C’è una richiesta da parte della comunità islamica, ed eventualmente un progetto, per la realizzazione di cimiteri dedicati alla comunità islamica della città? Attualmente non esiste un cimitero islamico a Napoli, esiste la richiesta della comunità islamica per realizzarne uno, corredata anche da una bozza di progetto. L'Amministrazione ha tenuto in grande considerazione tale progetto e il Servizio Cimiteri si sta adoperando per intraprendere l'iter amministrativo di approvazione. C’è anche un progetto per la realizzazione di una moschea o di luoghi di culto sul territorio comunale? Esiste una richiesta da parte della comunità islamica in tal senso? In che modo e misura sarà eventualmente coinvolta l'amministrazione comunale? Esiste una richiesta della comunità islamica per costruire una moschea, non risultano agli atti dell'Assessorato progetti in tal senso. Il Comune sarà eventualmente coinvolto nel reperimento, di concerto con la comunità islamica, di un suolo idoneo e a concedere i vari permessi e le autorizzazioni necessarie alla costruzione. ARMANDO YARI SIPORSO Trascorrendo un pomeriggio in quello che a tutti gli effetti è il luogo di culto per eccellenza dei musulmani di Napoli ho colto un desiderio di integrazione e non di chiusura, di pace e non di guerra. Nel centro islamico di Napoli ci sono arabi che vogliono imparare l’italiano e italiani che vogliono imparare l’arabo. C’è chi studia la religione per comprenderla e chi invece fermamente già crede profondamente grazie alla propria fede. Tutti convivono, in pace, e anche un giornalista curioso è accolto per partecipare e per condividere i propri pensieri. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (5) (6) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 PRIMO PIANO LENTE TRA MANIFESTI E LOGHI Città metropolitana, statuto cercasi Livia Iannotta L’ispirazione dovrà arrivare da quel cavallino rampante che torreggia nello stemma della vecchia Provincia. O comunque da un tratto distintivo del territorio. Perché la Città metropolitana nasce pur sempre dalle ceneri di un ente, e le radici non si dimenticano. Si armino di idee i designer napoletani e sfornino, entro il 13 aprile, un logo che possa esaltare al meglio lo spirito della “Grande Napoli” senza demolire il passato. «Dovrà idealmente richiamare l’area metropolitana e il suo dinamismo», si legge nel bando consultabile sul sito ufficiale della Città metropolitana di Napoli e aperto ai cittadini, liberi professionisti, studi di grafica, design, pubblicità, comunicazione, architettura, ingegneria. «Il logo dovrà essere originale e versatile, facilmente riproducibile» e «idealmente dovrà richiamare la Provincia, sia dal punto di vista culturale che ambientale», per coglierne «l’identità e le peculiarità col pensiero rivolto al futuro». Nessuna briglia, dunque, alla creatività dei partecipanti. Se non quella di ricalcare la fisionomia dell’ex Provincia. Un contest gratuito, però, meglio sottolinearlo, in cui il miglior progetto grafico sarà premiato con la realizzazione di uno spot pubblicato sul sito istituzionale e sul portale Metronapoli.it. Ma, mentre i creativi pungolano la mente tra schizzi e bozze, il 1 gennaio del nuovo anno, l’ente ha ufficialmente debuttato. Si lavora in quella che fu la casa della Provincia di Napoli e che ora è la seconda dimora politica di Luigi de Magistris, di diritto sindaco metropolitano. Il primo cittadino fa la spola tra palazzo San Giacomo e piazza Matteotti, e tra i primi atti, il 13 febbraio, ha approvato il «piano di edilizia scolastica che prevede interventi necessari ed urgenti per gli edifici scolastici del territorio metropolitano». Alla Città metropolitana, lo ricordiamo, spetta il compito di impianta- re una governance omogenea in settori chiave come urbanistica, viabilità, rifiuti, e nel complesso snellire l’amministrazione sull’ex territorio provinciale. Ma tutto questo è teorico finché non si approva lo Statuto, documento che regola funzioni, modalità di elezione, attribuzioni di competenze. Napoli è in ritardo. Il Consiglio metropolitano, organo di indirizzo e di controllo, avrebbe dovuto presentarlo per l’approvazione alla Conferenza metropolitana, l’assemblea di tutti i sindaci dei Comuni del territorio, entro il 31 dicembre 2014. Non è stato fatto e ora la data cruciale è il 30 giugno 2015. Altrimenti entra in gioco il Governo. Da gennaio, intanto, in tre incontri nella sede del Tar Campania, sono stati chiamati a raduno sindaci dell’hinterland, professori universitari e parti sociali per stendere sul tavolo proposte e visioni. Ma poco o niente è stato risolto. E sullo Statuto, almeno per ora, niente di definitivo. Una ridda di ipotesi, piuttosto, in cui si ha la sensazione di brancolare un po’ a tentoni. Sarà per questo, o più semplicemente per dare il proprio appoggio a una riforma che ha enormi potenzialità, che dieci associazioni confindustriali delle aree metropolitane, tra cui l’Unione industriali di Napoli, hanno pensato di stilare un “Manifesto delle Città metropolitane italiane”. Nel documento, presentato il 9 febbraio a Milano, presso Assolombarda, nell’ambito della prima giornata della Mobility Conference 2015, la rete si impegna a «riconoscere il ruolo istituzionale dei nuovi enti, trasferendo alle Città Metropolitane le funzioni amministrative di competenza e a mettere loro a disposizione le risorse necessarie affinché possano svolgere efficacemente il proprio ruolo». Bersaglio che è possibile centrare solo grazie al matrimonio di imprenditoria e istituzioni, business e politica. «Particolare attenzione – è scritto nella nota diffusa – va al tema della pianificazione strategica, che non può prescindere dal coinvolgimento di tutti gli attori del territorio in una logica di partnership pubblico-privato». Al documento seguiranno, poi, iniziative volte ad approfondire i temi centrali per il futuro delle Città metropolitane. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (7) (8) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 PRIMO PIANO METRÒ “LUMACA” SCEMPIO DELLA CASINA Il termine dei lavori per la linea 6 della metropolitana a Chiaia è previsto per il 2017. La situazione, già contorta, si complicò dopo il crollo sulla Riviera di un’ala del palazzo Guevara di Bovino, il 4 marzo 2013. Molti, tra cui esperti e geologi, puntarono il dito proprio sui cantieri del metrò. Lo scavo della galleria avrebbe infatti causato un vero e proprio dissesto idrogeologico che sarebbe stato, appunto, la ragione dell’incidente. Nonostante le numerose denunce pubblicate negli scorsi anni da Chiaia magazine, la Casina del Boschetto, ex Circolo della Stampa, progettato nel 1948 dal razionalista Luigi Cosenza, resta ancora un gioiello sfregiato. Sedici anni di restauro e uno scempio senza fine, visto che i tempi di completamento sono al momento incerti. Intanto, sono stati “sciupati” oltre 2 milioni. I bluff non finiscono mai. OPERE PUBBLICHE, LO SCANDALO Monte Echia, soldi persi e lavori fermi Livia Iannotta Le opere pubbliche in stand-by, insieme ai relativi progetti di recupero mangia-tempo e mangia-soldi, sono ancora lì, come li avevamo lasciati. Era il 2008 quando Chiaia magazine documentò le favole sui lungimiranti restauri di strutture cittadine con cui il Comune imboccava i napoletani. Sono passati sette anni e un cambio di amministrazione. La situazione? Esattamente la stessa. A cui si sommano però altre promesse mancate e tagli del nastro rimandati a tempo indeterminato. “Bruciando” fondi su fondi. La lista dei desideri, solo a Chiaia, è lunga: un albo impietoso di gioielli architettonici che invocano vendetta. Questione di soldi, certo. Ma, scavando nel tempo, viene fuori come in alcuni casi il pasticcio sia tutto del Comune che si è lasciato scappare finanziamenti decisivi. È successo con i fondi europei del 2006 per il recupero del monte Echia, persi per non aver indetto in tempo il bando di gara per i lavori. O pochi anni dopo, con i finanziamenti della Compagnia torinese San Paolo per il restyling dei gradoni di Chiaia tenuti bloccati in cassa. E ancora, cronaca recente, perché le imprese addette ai restauri non vengono pagate. Superficialità, disattenzioni imperdonabili, nonsense tutti napoletani. Ne abbiamo discusso con Fabio Chiosi, presidente della I Municipalità (Chiaia-San Ferdinando-Posillipo). Partiamo dalle strutture in villa Comunale. La Casina del Boschetto, in particolare. A che punto è il restauro dell’ex Circolo della stampa? «È un’opera che non seguiamo noi come Municipalità. Posso solo dichiarare che nel I finanziamenti europei per il recupero del monte Echia furono persi per una svista del Comune. Ne sono stati reperiti altri e avviati i lavori, stoppati perché la ditta incaricata non è stata pagata. corso degli anni sono stati compiuti veri e propri scempi e che i lavori sono fermi perché il Comune non ha pagato l’impresa che li stava eseguendo. Per quanto riguarda i tempi di completamento, al momento sono incerti». Sempre sulla Casina del Boschetto c’erano state in passato incertezze sulla destinazione d’uso finale. Si è fatta chiarezza su questo punto? «Per quanto mi riguarda la struttura dovrebbe tornare ai giornalisti, che la tenevano in modo eccellente e ai quali il Comune dovrebbe chiedere scusa per lo scempio in cui l’ha fatta precipitare in questi anni. Tra l’altro il Comune non ha neanche stabilito cosa farne e le spese lieviteranno visto il contenzioso con l'impresa. Insomma, un pasticcio del quale qualcuno dovrà rendere conto alla cittadinanza». Restando in Villa comunale, la Casina Pompeiana è stata invece riaperta nel 2011 dopo anni di lavori. Oggi viene secondo lei utilizzata come si dovrebbe? Viene utilizzata per mostre. A mio avviso è sottoutilizzata, ma fino a quando non si recupererà la Villa Comunale è difficile realizzare un progetto di qualità per l'utilizzo del- la Casina Pompeiana». C’è poi la questione della linea 6 della metropolitana. Lei in una recente intervista su Chiaia magazine ha auspicato come termine dei lavori il 2017. Da cosa dipende questa data? È un’ipotesi ottimistica? «L’ipotesi 2017 per la fine dei lavori è la previsione di Ansaldo. Senza ulteriori intoppi ce la si dovrebbe fare. Sui costi non posso sbilanciarmi perché sono ballerini viste le numerose varianti in corso d’opera e quanto accaduto alla Riviera di Chiaia. Spero solo che si metta la parola fine quanto prima a questa storia». Sulla collina di Posillipo, un sito che necessita di restauro è il mausoleo Schilizzi. Qual è la situazione al momento? «Il Mausoleo è stato oggetto di numerose denunce del sottoscritto nel corso degli anni, per lo stato di degrado in cui versa. Ricordo che nel Mausoleo sono sepolti i combattenti che hanno perso la vita per la Patria e che quel luogo rappresenta la memoria storica per la città e per l’Italia. Visto il totale disinteresse del Comune proposi anche al Ministero della Difesa di acquisire il Mausoleo nella Direzione Ministeriale dei Sacrari Militari, ma la trat- tativa con il Comune si arenò. Fatto sta che la struttura è molto fatiscente e non si può attendere ulteriormente per intervenire». Passiamo alla questione strade. Quali arterie della Municipalità rientrano nei progetti di riqualificazione? E quali sono le coperture finanziarie? «Riguardo le strade la Municipalità ha la responsabilità di quelle secondarie. Stiamo per intervenire alle Rampe Brancaccio ed in viale Maria Cristina di Savoia. Sono previsti anche lavori in via Santa Caterina da Siena ed in alcune strade dei poeti a Posillipo. Le coperture finanziarie sono scarsissime ma facciamo il possibile. Tra l’altro da quando il Comune ha eliminato di fatto la manutenzione ordinaria, affidando il tutto alla Napoliservizi, la qualità degli interventi è caduta ancor di più ed il sistema è diventato farraginoso. La verità è anche che fino a quando i lavori stradali saranno appaltati con il 40% di ribasso si avrà una qualità scarsissima delle opere, con i danni futuri che ben conosciamo. O si interviene su tutto il comparto della manutenzione in maniera seria, con proposte che da anni lanciamo al Comune, oppure staremo sempre a contare i danni e, ciò che è paradossale, a spendere più soldi per pagare i danni da incidenti che non per effettuare una corretta manutenzione». Altra operazione importante è il recupero del comprensorio del monte Echia. In che cosa consiste il progetto? A che punto è l’attuazione? «Monte Echia e Santa Caterina da Siena gridano vendetta. I finanziamenti europei per Monte Echia furono persi a causa della disorganizzazione dell'ufficio comunale preposto, e ne fece le spese il dirigente di allora. Ma ciò che è più grave è che quando sono stati reperiti nuovi finanziamenti, si sono avviati i lavori per la costruzione dell’ascensore che si sono fermati perché il Comune non ha pagato la ditta. È davvero penoso. E anche in questo caso abbiamo interessato la magistratura perché le responsabilità devono venire a galla ed essere adeguatamente punite. Anche per Santa Caterina da Siena abbiamo interessato la magistratura perché non è possibile che dopo meno di un anno dalla fine dei lavori la strada sia completamente saltata. E dopo cinque anni ancora non sia stato redatto il certificato di collaudo. Follie tutte napoletane figlie di amministrazioni incapaci». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (9) (10) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 FOCUS PERCHE´ NAPOLI CHIUDE? Fitti alle stelle, commercio alle stalle Terziario in ginocchio e immobilismo istituzionale: dal centro alle periferie continua la strage di negozi. Ecco alcune soluzioni da adottare contro la crisi Ignazio Soriano La crisi del commercio continua a mietere vittime. Tra le ultime la boutique Fendi al Vomero. Troppe le saracinesche abbassate a Napoli, senza distinzione di quartiere. «La crisi della città è la crisi di chi lavorava nel commercio, ma anche nel turismo e nei servizi, In questi anni c’è stata una mancata attenzione verso questi settori. C’è qualche piccolo segnale di ripresa ma è poca cosa rispetto allo scenario generalizzato. Non ci sono risorse, è tutto in fase di stagnazione, ma la liquidità si ottiene producendola», sostiene Pietro Russo, presidente Ascom Confcommercio di Napoli. «Una serie di concause non permettono all’economia di ossigenarsi. Ci sono difficoltà oggettive, alla crisi nazionale si aggiungono specificità locali. Presentandosi come un cantiere a cielo aperto, Napoli rischia di mettere in difficoltà il turista, che deluso dai servizi è scoraggiato a tornarci. Una città che deve competere a livello internazionale non può permetterselo: penso a Bagnoli, Napoli Est, territori dove negli ultimi 20-30 anni è stato fatto uno sfacelo, o ai cosiddetti luoghi privilegiati, vedi via Toledo costantemente invasa da ambulanti. Bisogna dare tutti una spinta in più prosegue Russo - rivalutando il grandissimo patrimonio della città. Al Sud partiamo svantaggiati, rispetto alle tassazioni abbiamo primati in tutti i settori, con l’aggravante che paghiamo più degli altri per ricevere meno. Viviamo situazioni patologiche. La proprietà è diventata un furto, l’hanno penalizzata a tal punto per cui ne traggono vantaggio solo i pezzi grossi che riescono a sfuggire alle maglie del fisco, non i piccoli proprietari che investirono sul mattone e che si ritrovano oggi penalizzati. Tra le cause della crisi del commercio in città oggi ci sono proprio i fitti, ed è innegabile che ci siano soggetti e tendenze parassitarie. In prospettiva spero almeno in un regolamento». Secondo Russo, nel quartiere di Chiaia le poche famiglie che gestiscono grandi proprietà immobiliari hanno fatto «Avere i negozi chiusi nelle strade dello shopping significa creare degrado. L’immagine della città ne perde. Le assurde pretese dei proprietari creano un danno a chi vuole lavorare». (G. Nocera) «Nel Sud partiamo svantaggiati: rispetto alle tassazioni abbiamo primati in tutti i settori, con l’aggravante che paghiamo più degli altri per ricevere meno». (P. Russo) lievitare i prezzi in maniera tale da creare una sproporzione insostenibile rispetto all’economia reale, una distribuzione economica che non dà alcun futuro. Un negozio di trenta metri quadri a via Calabritto è arrivato a costare anche settemila euro al mese. «Analizzare ciò che sta succedendo è facile, basta camminare per le strade per accorgersi della crisi economica e commerciale in atto. Per arginare questa difficoltà serve aprire una discussione, un dibattito», sostiene Gennaro Nocera (nella foto in alto), capogruppo regionale di Forza Italia, che prova ad alzare la voce sul problema. E suggerisce tre soluzioni per cercare di mantenere vivo il tessuto economico-occupazionale della città. Il primo punto riguarda le eccessive pretese dei proprietari. Secondo Nocera, infatti, «la piaga maggiore del commercio a Chiaia, come in altre zone della città, sono i fitti esageratamente alti. Immediata soluzione sarebbe quella di diminuire il canone dei negozi di almeno il 30%. Con contratti stipulati anche 3-4 anni fa, quando l’economia era diversa, i fitti che oggi i commercianti pagano non corrispondono più alla realtà economica del paese, e molti chiudono perché non ce la fanno più». Qualora i proprietari degli immobili non fossero d’accordo, lo Stato potrebbe incentivare con uno sgravio fiscale chi aderisse a tale tipo di operazione. Nocera rilancia poi una proposta di qualche mese fa: il Comune dovrebbe intervenire imponendo ai proprietari un limite di 10 mesi per poter fittare quei negozi che, altrimenti, potrebbero restare chiusi per anni. Nel caso il proprietario dovesse rifiutarsi di fittare il locale, lo Stato potrebbe intervenire applicando sanzioni fiscali sull’immobile. Tuona Nocera: «Avere negozi chiusi nelle strade dello shopping significa creare degrado. L’immagine della città ne perde. L’ingordi- gia dei proprietari, le loro assurde pretese, creano un danno a chi vuole lavorare e al Comune». Terza e più rivoluzionaria soluzione, già esistente in alcuni paesi europei, è che «lo Stato renda la proprietà degli immobili strumentale all’attività commerciale, aumentando la tassa sulle rendite ai proprietari pretenziosi». Poiché risulta spesso difficile onorare l’affitto del negozio, il proprietario dovrebbe mettere in condizione il commerciante di riscattare l’immobile col proprio lavoro, tramite un mutuo agevolato da parte dello Stato; in questo modo, anche non guadagnando, il commerciante riuscirebbe a patrimonializzare ogni mese una “pietra” del proprio locale. «A condizione che prosegue Nocera - una volta che il commerciante dovesse decidere di cedere l’attività, dovrà vendere anche l’immobile, recuperandoci i soldi dell’investimento e permettendo al successivo commerciante di lavorare senza la spada di Damocle dell’affitto sulla propria testa». Lo stesso procedimento varrebbe non solo per il commercio ma anche per i capannoni ad uso industriale, artigianale e di servizio, «perché in questo paese bisogna sostenere chi lavora, chi investe, e non chi ha rendite, perché sono rendite parassitarie, non portano utilità né sviluppo e fanno chiudere attività in attivo» ribadisce Nocera, secondo il quale una legge ad hoc, oltre all’interesse di Comune ed enti locali, scatenerebbe un movimento economico-sociale ed un entusiasmo tali da rimettere in moto i servizi. La sola area del quadrilatero di Chiaia conta 700 aziende in cui lavorano oltre 3000 persone, che messe insieme fanno numeri superiori alla grande azienda. E su ogni negozio va ricordato che spesso fanno affidamento 3-4 famiglie, ma a differenza delle grande fabbrica, se si chiude qui non c’è cassa integrazione. Sempre con l’obiettivo di tutelare gli esercizi commerciali, Nocera ha elaborato una proposta di legge regionale con cui lancia, in sostanza, il progetto “Città sicure”, «che - annuncia - sarà depositata nei prossimi giorni e confido di poterla portare in aula per l’ approvazione definitiva entro la fine della legislatura». Tredici articoli a sostegno della diffusione capillare della rete di videosorveglianza presso tutti gli esercizi commerciali e professionali del territorio campano. Telecamere interne e esterne, per garantire la sicurezza degli stessi titolari d’esercizio. La sfida sarà incentivata dalla possibilità di accedere ai contributi per l’installazione e la gestione delle telecamere, che potranno essere erogati sia in termini di sgravi sulle aliquote fiscali regionali che su eventuali fondi nazionali ed europei concessi a tal fine alla Regione Campania. «C’è poco contatto con il territorio e le categorie. A prescindere dalla crisi economica ci sono responsabilità da parte dell’amministrazione. Le ztl, le limitazioni di traffico, hanno indotto gli acquirenti a prediligere i centri commerciali dove possono parcheggiare le loro auto», conclude il capogruppo. CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (11) SOLLECITAZIONI ALCOL E GIOVANI, NOTTI SENZA FRENI È risaputo che in molte discoteche napoletane le sere dei week-end, vengono serviti alcolici a ragazzi minorenni senza assolutamente prima sincerarsi della loro reale età. Un business questo non scevro però da rischi, dal momento che inesperienza, alcol ed esuberanza adolescenziale, possono talora diventare per chi ha nelle vene un torrente impetuoso di ormoni, un cocktail micidiale. L’assunzione acuta di sostanze alcoliche comporta difatti una vasta gamma di conseguenze che possono andare dalla semplice euforia con perdita dei freni inibitori e comportamenti rischiosi, a gravi complicanze, talora anche mortali, rappresentate dal coma etilico e dalla pancreatite acuta. Secondo i dati forniti quest’anno dall’Osservatorio Nazionale Alcol Cneps dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2010 in Italia sono morte 16.829 persone per cause legate parzialmente o totalmente all’alcol. Dati impressionanti se si considera che oltre 400.000 giovani di entrambi i sessi e di età inferiore ai 18 anni, consumano alcolici quando non dovrebbero farlo e che soprattutto nei luoghi di aggregazione giovanile molti di loro bevono sino all’intossicazione (“Binge Drinking” o abbuffata alcolica). Sempre secondo i dati del Cneps, poi l’8.4% di ragazzi minorenni con età compresa fra gli 11 e i 17 anni, presenta un alto rischio di dipendenza alcolica che a sua volta, si sa, predispone a patologie gravi sia a livello epatico (steatosi e cirrosi epatica) che a livello cerebrale dove è stata dimostrata una interferenza dell’alcol sullo sviluppo e sulla maturazione cerebrale. Da non sottovalutare poi, secondo l’IARC (International Agency Reserch Cancer), l’aumento della possibilità di sviluppare tumori in diverse sedi, con particolare riguardo a quello della mammella che presenterebbe un incremento di rischio dal 5% al 25% a seconda della quantità di alcol bevuta quotidianamente e della coesistenza con altri fattori predisponenti. Non vanno infine dimenticate soprattutto nei giovani, le ripercussioni dell’alcol sul piano psicologico e sociale, con influenza negativa sullo sviluppo cognitivo ed emotivo, peggioramento delle performances scolastiche ed effetti facilitatori su aggressività e violenza. I numeri parlano chiaro. Bisogna allora urgentemente arginare un fenomeno che è già piaga sociale in molti paesi europei e ciò potrà essere fatto solo con una corretta informazione, capace di fronteggiare le pressioni sociali al bere, in contesti significativi quali la scuola, i luoghi del divertimento, della socializzazione e dello sport ma soprattutto attraverso una rigorosa applicazione del divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni (Legge n. 189/12) che non potrà prescindere dall’attuazione di controlli sistematici da parte delle forze dell’ordine, nei luoghi del divertimento notturno. PAOLO SANTANELLI (12) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 GLI ITALIANI E I LIBRI Scrivere è bello Leggere meno? Umberto Franzese «Perchè tanti scrittori e pochi lettori? Perché un così difficile rapporto con la lettura? Perché una così varia complessità della comunicazione scritta e parlata? Chi scrive, di solito, ritiene dubbio e illusorio il contributo del lettore considerandosi lui in toto. Cogito, ergo sum. Più esattamente: scrivo, ergo sum. Però, oportet, che ciò che scrivo devi accettare. C’è chi scrive per sé, e sono tanti, e chi scrive per gli altri e sono una ben nutrita minoranza. Chi scrive per sé è affetto da solipsismo. Non è che uno scrittore che rifiuta il progetto. Non sa che la ragione non ha sempre ragione. Non sa che la perfezione sta nell’imperfezione e che la strada dello scrivere è piena di divieti e di pericoli che lui ama ignorare. Chi scrive per sé è un illuso che ama essere illuso a tempo indeterminato. Chi scrive per sé è un abusivo contrario a qualsiasi governabilità. Lui non legge, scrive. La sacralità della cultura, profanata dalla assenza della buona e sana lettura. La lettura ha bisogno del silenzio per separare il mondo interno dal mondo esterno, il silenzio per restare solo, ma in compagnia di chi racconta. La lettura ha bisogno di spazio per accumulare emozioni, sensazioni, stupori, certezze. La lettura ha bisogno di tempo per saziarsi di nozioni, di conoscenze, di in- formazioni, di competenze. La lettura ha bisogno dell’oblio per andare oltre il proprio io. La lettura ha bisogno di una mente che vede, che sente, che pensa, che rappresenta, che aggrega paesaggi, figure riproducibili, simboliche, reali, fantastiche, immaginarie, tangibili. Leggere è vivere due volte: il passato che torna e il presente che s’invera. Leggere per chi non ha passione di leggere costa fatica. Il 60% delle famiglie italiane non ha libri in casa o ne ha pochi al di là di quelli scolastici. Una casa senza libri è una casa senza onore. Se è così, chi legge i libri dei finti scrittori? Ogni giorno escono in Italia 170 nuovi libri, il 35-40% dei quali non venderà una copia, segno che i parenti più stretti sono del tutto disinteressati a conoscere ciò che taluni scrittori hanno da dire. Una grande civiltà ha pochi scrittori seri e molti libri da leggere. Il 68% dei nostri connazionali, compresi i neolaureati, non è in grado di comprendere ciò che legge se si esclude le cronache pallonare. Quando non c’era la televisione, la sera, prima di andare a letto, tutta la famiglia, padre madre e figli, si riuniva intorno al camino a leggere i Promessi Sposi o i Misteri di Parigi. Una volta a letto, rischiarati da un portalampada, era la volta di Emilio Salgari o Ippolito Nievo e Guido da Verona. In libreria, per tenerci al passo coi tempi, di quelle che restano, dopo una per- manenza di un paio di mesi, vengono ritirati dagli scaffali 109 libri. Segno che libri e libercoli non sono graditi. Quelli che incontrano i favori dei lettori sono i gialli, la cucina e il pettegolezzo. Tra i più “accreditati” scrittori: guitti, cuochi e starlette. Siamo passati dall’alfabetizzazione di massa all’alfabetizzazione digitale. Nelle scuole le ore settimanali di italiano sono in via di riduzione per far posto alle lingue dell’economia e degli affari. L’italiano, lingua della scelta del cuore o “lingua sposa”, nel nostro Paese, resta al palo. L’italiano, quarta tra le lingue più studiate al mondo e l’ottava più usata su facebook. L’italiano, lingua parlata da circa 100 milioni di italo discendenti, è la più estesa dopo il cinese, è la lingua della cultura nel mondo. L’italiano è difficile e pochi possiedono una competenza specifica della nostra lingua. Meglio l’inglese dietro cui nascondere ogni mediocre padronanza della lingua madre. Sia i parlanti che i pennivendoli non riescono minimamente a fare un riassunto né orale né scritto, né sono in grado di argomentare con proprietà di linguaggio. Lo scrittore vero invece non ha fretta, è rivale di se stesso, non ha bisogno di assoluzione. Il suo non è un prodotto di eiaculazione precoce, ma di un progetto meditato, verificato, responsabile. Via i laboratori di scrittura. Sotto con le librerie. SOLLECITAZIONI la vignetta di Malatesta IL SUDISTA Mimmo Della Corte TROPPE PAROLE POCHI FATTI Colmo di fulmine Diario stupendo ORIANA FALLACI La patria non è un’opinione “Quando scrivo un libro, ad esempio, dico: «Sono incinta di un libro». Quando lo pubblico, dico: «Ho partorito un libro». E i miei libri li ho sempre chiamati «i miei bambini di carta»”. *** “La patria non è un’opinione: o una bandiera e basta. La patria è un vincolo fatto di molti vincoli che stanno nella nostra carne e nella nostra anima, nella nostra memoria genetica. È un legame che non si può estirpare come un pelo inopportuno”. *** “Io non vado a rizzare tende alla Mecca. Io non vado a cantar Paternostri e Avemarie dinanzi alla tomba di Maometto. Io non vado a fare pipì sui marmi delle loro moschee, non vado a fare la cacca ai piedi dei loro minareti. Quando mi trovo nei loro paesi (cosa dalla quale non traggo mai diletto) non dimentico mai d'essere un'ospite e una straniera. Sto attenta a non offenderli con abiti o gesti o comportamenti che per noi sono normali e per loro inammissibili. Li tratto con doveroso rispetto, doverosa cortesia, mi scuso se per sbadatezza o ignoranza infrango qualche loro regola o superstizione. E questo urlo di dolore e di sdegno io te l'ho scritto avendo dinanzi agli occhi immagini che non sempre mi davano le apocalittiche scene con le quali ho incominciato il discorso. A volte invece di quelle vedevo l'immagine per me simbolica (quindi infuriante) della gran tenda con cui un'estate fa i mussulmani somali sfregiarono e smerdarono e oltraggiarono per tre mesi piazza del Duomo a Firenze. La mia città”. *** “Sono molto molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza”. (O. Fallaci, citazioni tratte da libro «La rabbia e l’orgoglio» e da interviste pubblicate su Corriere della Sera e Panorama). di RENATO ROCCO Quando il marito prende il volo è perchè non è più dirigibile. Il massaggiatore viene promosso sul crampo. Perché l’Italia tace? Pensa solo a fare il mutuo. Il marito è un essere che va carpito al volo. Il porno dolce: la spogliatella. Il becchino si fa vivo. “Chiacchiere e tabbacchere ‘e lignàmmo ‘o banco ‘e Napule nun ne ‘mpègna”. Ecco perché il Mezzogiorno non riesce a crescere. Le sue strade, in particolare “via dello sviluppo”, sono costellate, oltre che da buche che sembrano strapiombi, da troppe parole. Eppure l’ex premier Enrico Letta ha appena dichiarato che “la parola Sud è uscita di scena”. Non sono d’accordo, è il Sud che è uscito di scena. Anzi, non c’è mai entrato. Mentre di falsa ed ipocrita retorica meridionalista ce n’è ancora troppa in giro. Al punto che su questa “spiaggia”, Letta è arrivato soltanto terzo. L’hanno preceduto: il suo successore a palazzo Chigi, Matteo Renzi, che in piena campagna elettorale per l’elezione dell’Europarlamento aveva gridato “urbi et orbi” che “senza il meridione, l’Italia non va da nessuna parte”. Subito dopo, per giustificare il suo velleitario tentativo di conquistare il Mezzogiorno, il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, che dopo aver offeso l’Italia del tacco per anni, ha urlato che “l’Italia o si salva tutta dal Nord al Sud o non ce n’è per nessuno”. Eppure né Salvini né Letta hanno profferito verbo o protestato quando Renzi e il suo governo hanno assunto provvedimenti che contribuiranno ad affondare definitivamente il Sud. Mi riferisco alla cosiddetta Agenzia per la Coesione Territoriale, ufficialmente nata per accelerare la spesa dei Fondi europei, in realtà, per drenare verso l’altraItalia, centralizzandone l’utilizzo, le risorse destinate al Sud; agli investimenti previsti da “Sblocca Italia” e “legge di Stabilità” destinati per l’81 per cento al CentroNord ed appena il 19 al Sud; agli interventi per il sistema ferroviario: 4mld e 799mln (ovvero il 99%) alla ferrovie settentrionali e 60mln (1%) a quelle meridionali; alla decisione del Cipe che, alla fine del 2014, nel ripartire i fondi (3,8 mld) per la realizzazione di opere pubbliche ne ha assegnati l’88% (3,3mld) al Nord e solo il 12% (500mln) al Sud; all’esclusione del “made in Naples” ed “in Campania” dalla ripartizione dei 260mln di euro destinati al sostegno del “Made in Italy” di cui proprio i distretti della moda campani sono fra i principali punti di forza ed, infine alla scelta di assumere il criterio della spesa storica, anziché quello delle “esigenze reali del territorio”, per la suddivisione fra i Comuni delle risorse (5,6 mld di euro) per l’istruzione e gli asili nido, sottraendo, così, al Mezzogiorno oltre 700mln annui e “attribuendoli” agli Enti locali del Centro-Nord. E neanche si sono risentiti, quando il principale dizionario di italiano, quello Treccani, alla voce Napoli, se n’è uscito con una dichiarazione decisamente razzista, per napoletani e meridionali, sostenendo che si tratta di “designazione ed appellativo ingiurioso, usato talvolta per designare i napoletani o, più generalmente, un meridionale immigrato nel Nord d’Italia”. Ebbene, alla luce di tutto questo, le profferte amorose del trio Re-sa-le mi offendono, se possibile, ancora di più di quella, in perfetto stile lombrosiano, del Grillo (s)parlante del M5S che rivolgendosi alla napoletana Carla Ruocco, compiaciuta e sorridente parlamentare grillina, ha detto “sei una napoletana onesta? Allora sei geneticamente modificata”. Ma “vaffan...c..o” Grillo e non dimenticare di portarci anche i succitati. Magari potrete passare il tempo giocando a scopone scientifico. Il Meridione è stanco dei tanti capi ciurma di Salgari che per incoraggiare i pirati all’arrembaggio continuano ad incitarli al grido di “coraggio, mascalzoni, che stasera sarete tutti morti”. CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (13) (14) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 QUARTIERISSIME LA MAPPA DELLE STRADE DI CHIAIA MESSE KO DAL MALTEMPO Buche e voragini: Napoli come Bagdad Gli itinerari inediti di Palumbo e Ponticello Armando Yari Siporso Bastano poche gocce di pioggia a far crollare la città. E’ un luogo comune ma anche la triste realtà di Napoli. Lo dimostra quanto accaduto pochi giorni fa a Pianura dove una voragine ha costretto 380 persone ad abbandonare le proprie case a scopo precauzionale. Ma non c’è quartiere della città che non abbia strade dissestate, spesso più simili ad un campo di battaglia che ad una ordinata via di una civile metropoli occidentale. Anche la prassi, sempre più diffusa, di riempire le buche con i cassonetti, allo scopo di renderle visibili a motociclisti e automobilisti, sta diventando un’abitudine consolidata in tutte le zone cittadine, dalla più centrale a quella più periferica. Anche Chiaia, come la superficie lunare, ha la sua mappa dei crateri. La illustra, in dettaglio, il delegato alla manutenzione della prima Municipalità Alberto Boccalatte - che riceve, costantemente, le segnalazioni dei cittadini. In via Stazio, ad esempio, c’è una voragine sulla quale sono intervenuti gli uomini della Municipalità per rispondere ad una segnalazione di urgenza. Dopo le verifiche dei giorni scorsi inizieranno anche i lavori in via Pontano per ripristinare il manto stradale soggetto a sprofondamento. In via del Marzano, invece, è crollato un muro - stando a quanto dichiarato dalla Municipalità - per responsabilità imputabili a privati che si sono impegnati a far partire i lavori. Per un grosso avvallamento in via Biagio da Morcone sono in atto verifiche. A via Villanova si valuta un grosso avvallamento e, per lo stesso motivo, in Corso Vittorio Emanuele è “fuori uso” un tratto del marciapiede. L’ultimo tratto di via Manzoni presenta un problema di alberi pericolanti, mentre a via Porta Posillipo la municipalità è al lavoro per lo sprofondamento del manto stradale. Questo il “bollettino” di una comune giornata invernale a Napoli, dove basta guardare in terra per trovare, sempre, una nuova buca. Se non fosse per il problema della sicurezza si potrebbe provare a prenderla con ironia, come ha fatto il think thank dei Giovani in corsa che, su Facebook, hanno creato la pagina “Fuossbook”, il social che colleziona le buche stradali di Napoli. Un modo per sorridere di un problema e, al contempo, lanciare una denuncia sociale. Villalta, al via i corsi di giornalismo Per le giovani donne che non escono se in borsa non hanno penna e taccuino. Per le studentesse che sognano se stesse nei panni di Oriana Fallaci. Per quelle che amano scrivere e comunicare. Per tutte loro si terrà, dal 14 marzo, presso il Collegio Universitario Villalta (via Martucci 35 - Chiaia), la XVI edizione del corso di cultura giornalistica “Luciano Grasso”. Fino al 6 giugno, per dieci sabati, dalle 9,30 alle 13,30, cinquanta tra studentesse e giovani laureate dai 18 ai 30 anni si interfacceranno con esperti del giornalismo sui più disparati argomenti: dagli elementi e metodi della comunicazione ai mass media, dalla carta stampata al giornalismo radiotelevisivo. E ancora, comunicazione di moda e tendenze, tecniche di ripresa e montaggio, editoria e agenzie di stampa. Tutto ciò che serve per acquisire e affilare le armi del mestiere. Non solo teoria. Il corso prevede anche esercitazioni pratiche, dibattiti, confronti con i relatori che si alterneranno di sabato in sabato. Il corso si concluderà con lo svolgimento di un elaborato finale da parte delle partecipanti, sintesi del programma svolto. Chi realizzerà la prova migliore vincerà il premio “Luciano Grasso”, che consiste nell’opportunità di uno stage non retribuito presso testate e aziende partner del corso. Al termine delle 40 ore di lezione ripartite in 10 incontri, verrà rilasciato un attestato di partecipazione a coloro che avranno raggiunto almeno l’80% delle presenze. Per iscriversi inviare una mail a villalta.ipe@gmail.com entro il 12 marzo 2015. È richiesto un contributo di 150 euro a titolo di rimborso spese. (m.t.) Si può chiudere tutta la storia di una città in un libro? I giornalisti Agnese Palumbo e Maurizio Ponticello ci hanno provato con “Il giro di Napoli in 501 luoghi - La città come non l’avete mai vista”, per Newton Compton Editori. Molto più dettagliato di una guida e con una scrittura tanto agile da sembrare un romanzo, il libro racchiude, in 560 pagine, tutto quello che c’è da sapere su una delle metropoli più belle e controverse del mondo. Dal mito alla storia, passando per le vie rese celebri dal cinema ed arrivando ai Musei, evitando (e sfatando) luoghi comuni e banalità, il viaggio per Napoli dei due autori è anche una scoperta di zone ed aneddoti poco noti, spesso, anche agli stessi napoletani. Un viaggio che parte da Chiaja, a cui è affidato il compito di introdurre il secondo capitolo (dopo quello sulla storia e sulle leggende partenopee), dedicato ai quartieri che sono, per chi scrive, “sfumature” nel ritratto fatto di vicoli, panorami, palazzi e chiese, ma anche di musica e cinema, che compone la città. Dalla scalinata di via Andrea Mariconda, set del film “Scusate il ritardo” di Massimo Troisi alle strade della movida dei “baretti” intorno a via Cavallerizza, l’itineraio tracciato dagli autori è un continuo excursus tra le peculiarità di una città che non si può non amare e odiare allo stesso tempo. Un invito a “dimenticare Gomorra” che pure esiste e fa parte di Napoli, ma ne è la malattia e non l’essenza. La vera Napoli è (anche e soprattutto) quella delle continue digressioni letterarie di questo libro che portano, pagina dopo pagina, a saltare dai vicoli dell’arte di Domenico Rea ad una tavola imbandita con zucchine alla scapece, pastiera e sfogliatella. Una Napoli in cui la ricca Posillipo dei palazzi signorili e la umile Toledo dei quartieri spagnoli sono divise solo da un vecchio muro e racchiuse in pochi metri. Una Napoli in cui anche la metropolitana è arte e poco importa se (forse proprio come l’arte) arriva in ritardo. Una Napoli in cui i morti non muoiono mai, perchè tenuti in vita da un culto eccessivo (e spesso clandestino) dei defunti e in cui anche il sottosuolo è un Museo. Una Napoli di 501 luoghi e un miliardo di suggestioni. MARIANGELA RANIERI CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (15) (16) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 QUARTIERISSIME Particolare del fregio della chiesa di Santa Teresa a Chiaia IL PROGETTO PER IL RECUPERO DELLA CHIESA Santa Teresa a Chiaia, l’arte da salvare Livia Iannotta Gli habitué di Chiaia le avranno sfilato davanti centinaia di volte. Piantata così, tra i palazzi liberty e la Napoli chic, quasi fuori luogo nella sua prorompente bellezza. Da proteggere. Basta oltrepassare l’imponente portone seicentesco per capire che la chiesa di Santa Teresa a Chiaia, in via Vittoria Colonna 22, è uno scrigno d’arte e architettura. E appena pochi minuti per rendersi conto di quanto sarebbe ingiusto o pericoloso che finisse tra i siti culturali offesi, sfregiati, vergogna di Napoli. La chiesa va restaurata, valorizzata, e chi se n’è accorto ha pensato bene di agire. Alla svelta. A sua difesa oggi marcia “Artecnologia”, il centro studi e ricerche per la cultura digitale, le nuove forme di comunicazione e i linguaggi multimediali che, inserito nel circuito “Rebel Alliance Empowering” (società all’avanguardia nell’industria dei contenuti digitali), ha avviato l’iniziativa no-profit battezzata “Azione evergetica”. L’obiettivo è quello di stimolare una responsabilità sociale per la conservazione, la tutela e la promozione del patrimonio culturale tangibile e intangibile del Belpaese, a beneficio della collettività. Per cominciare la scelta è caduta su Napoli, dove ha sede “Artecnologia” e il cui centro storico è stato dichiarato sito Unesco. E, più in particolare, sulla chiesa di via Vittoria Colonna, dato che proprio quest’anno cade il 500esimo anniversario della nascita di Santa Teresa d’Avila, cui il luogo di culto è dedicato. Due i binari su cui si muove il progetto: da un lato accrescere la conoscenza consapevole nei napoletani, dall’altro dare vita a un “fundraising” per il restauro. «Tramite una propedeutica ricerca empirica – spiega Vittorio Dublino, fondatore di “Rebel Alliance” – ci siamo resi conto del fatto che la maggioranza dei commercianti e dei residenti del quartiere non è consapevole della storia della chiesa, del suo valore architettonico e soprattutto simbolico-culturale quale chiesa fatta costruire non solo per la generosità dalla nobiltà napoletana ma anche del popolo». Primo step, la redazione di un ventaglio di appuntamenti che abbraccerà Santa Teresa a Chiaia nei prossimi mesi, «finalizzati ad attrarre nel sito Presto inizierà una raccolta fondi per ristrutturare e valorizzare alcuni siti di Napoli. L’inziativa va sotto il nome di “Azione evergetica” e punta sull’impegno della società civile un pubblico anche di non fedeli, per facilitare la conoscenza del bene culturale misconosciuto». Il primo in calendario risale allo scorso 31 gennaio. Sulla scenografia della chiesa si è esibita in concerto la scuola gospel “Chorus Time”, insieme al gruppo “Red and White”. Ma evergetismo, per definizione, indica la pratica antica di elargire doni alla comunità. E il nocciolo del progetto è proprio questo. Tutti possono contribuire, con una donazione, a salvare un pezzetto di storia. È il nuovo mecenatismo, che intende affiancarsi alle istituzioni e farsi custode Il libro sulle chiese abbandonate Nel peggiore dei casi, di alcune ci si è perfino dimenticati. Risulta difficile distinguerle, “strozzate” come sono dall’edilizia selvaggia o convertite in abitazioni, negozi. Nel “migliore”, sono ridotte ad altari del degrado. Di chiese, Napoli ne è piena zeppa. Soprattutto al centro storico. In molti casi, purtoppo, gioielli secolari che, tra decumani e vicoletti, sotto gli sguardi noncuranti della gente, si sgretolano, marciscono. Prede dell’abbandono e delle razzie di rapaci saccheggiatori. Per chi desiderasse rinfrescarsi la memoria, il volume “Splendore e decadenza di cento chiese napoletane”, di Antonio Lazzarini, scrittore e saggista classe 1926, edito da “Gabbiani sopra il mare Edizioni” è una preziosa guida. Dedicato, come chiarito in copertina, ai «curiosi, gli amanti dell’arte, della cultura e della storia di una città considerata un tempo la capitale europea più brillante, generosa e pia», il libro fa una panoramica, con tanto di documentazione fotografica e profili storici, sui più antichi luoghi di culto napoletani, con la speranza - scrive Lazzarini nell’introduzione - di «scuotere le pubbliche Istituzioni cui compete curare la conservazione degli edifici sacri, che rappresentano importanti testimonianze delle radici del popolo partenopeo». Anche il cardinale Crescenzio Sepe (nella foto) si è mostrato sensibile al problema. Nel 2011, ad esempio, in occasione del Giubileo per Napoli, propose la collaborazione della Curia con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale napoletano e con la Facoltà di Architettura della “Federico II”, per dare in comodato d’uso oltre cento chiese interdette al pubblico e avviare interventi di ristrutturazione e valorizzazione. (l.i.) dell’arte, della cultura. Perché quando dall’alto si fa spallucce o ci si chiude nell’abulia, è dal basso che ci si mobilita, nella dimensione civica. Niente pietà religiosa, niente carità o benefici, lo si fa perché si è cittadini, semplicemente. Per avere la libertà di prendersi cura dei beni comuni. Attori del progetto sono, quindi, potenzialmente tutti: esponenti dell’arte e della cultura, istituzioni culturali, cittadini e imprese. Non più semplici “amministrati”, ma cives attivi. Una calca di stakeholder, il cui fine sarà anche quello di incrementare le possibilità di sviluppo economico con l’indotto turistico, puntando su strategie di marketing territoriale (“place-brand”, “luogo-marca”). Ma è già possibile donare per il restauro di un’opera o un bene culturale? «In linea di massima sì – spiegano – Ma poiché siamo in attesa di definire la corretta gestione dei fondi che saremo in grado di raccogliere (anche in vista dei benefici fiscali per i privati derivanti da ArtBonus), per il momento preferiamo gestire solo i fondi da sponsorizzazioni per l’organizzazione degli eventi tesi a valorizzare e portare a conoscenza dei cittadini il sito. Stiamo pensando, però, di accogliere le promesse di donazione di chi desidera farlo». La chiesa di Santa Teresa risponde proprio a questo spirito. Edificata nel 1620 per opera filantropica della Principessa d’Eboli ed elargizioni della nobiltà e del popolo, fu ricostruita tra il 1650 e 1662 su disegno di Cosimo Fanzago e oggi custodisce anche quattro dipinti di Luca Giordano. La scalinata a doppia rampa che la precede è attraente, così come la facciata maestosa, barocca. È la sorpresa che non ti aspetti, nel bailamme cittadino. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (17) (18) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 DIVINAZIONE IL MITO E I GIORNI L’equilibrio della Bilancia L’unione tra Cadmo e Armonia è simbolicamente attribuita al Segno tipico di chi ama relazionarsi Rosamaria Lentini Il segno della Bilancia, come indica con chiarezza l’oggetto scelto a rappresentarlo, è un simbolo di equilibrio e quindi di armonia. Non è certo un caso, infatti, che nello Zodiaco sia stato posto nel periodo stagionale, l’equinozio di autunno, nel quale ore di luce e di buio si equivalgono perfettamente. L’antichità ci ha lasciato un mito, del quale merita raccontare la storia. Dall’unione di Marte e Venere nacque Armonia, la futura moglie di Cadmo. Chi era Cadmo? Era un eroe fenicio figlio di Agenore (re di Tiro) e di Telefassa. Insieme ai fratelli fu inviato dal padre a cercare la sorella Europa, che era scomparsa. Ma, su consiglio dell’oracolo di Delfi, smise di cercarla e seguì una giovenca che lo condusse nel luogo in cui avrebbe fondato una nuova città, la futura Tebe. Trovato il luogo, mandò i suoi compagni a prendere dell’acqua presso una fonte vicina per fare dei sacrifici in onore di Atena, ma essi furono uccisi da un grande serpente-drago, creatura di Ares (Marte), che custodiva la fonte. Cadmo affrontò da solo la creatura, uccidendola con una pietra. Seguì poi le indicazioni di Atena, sua protettrice, che gli fece seminare i denti del serpente-drago, da cui nac- quero degli uomini armati che, combattendo, si uccisero tra di loro; ne sopravvissero solo cinque, i cosiddetti Sparti, che furono gli abitanti della nuova città. Dopo aver servito Ares per otto anni per espiare l’uccisione del serpente a lui sacro, Cadmo divenne re di Tebe. Zeus in seguito gli diede in moglie la figlia dello stesso Ares e di Afrodite, Armonia. Le nozze furono celebrate con una grande festa, tutti gli dei scesero dall’Olimpo per parteciparvi e le Muse la resero ancora più gioiosa con il loro canto. Al corteo nuziale gli sposi apparvero su un cocchio trainato da fiere e guidato da Apollo; tutti gli dei portarono doni preziosi, tra cui un mantello, un peplo e soprattutto una collana, che Afrodite aveva donato a Cadmo e che lo sposo diede alla sposa, realizzata dalle mani di Efesto. La collana regalava eterna giovinezza e bellezza a chiunque l’avesse ricevuta in dono, ma si rivelò poi fatale per tutti i suoi proprietari. Cadmo e Armonia regnarono anni e anni su Tebe, ebbero molti figli, fra cui due femmine divennero famose, Ino e soprattutto Semele, la madre di Dioniso. Con le loro nozze, secondo il racconto di Esiodo, fu ufficialmente instaurata la prassi del matrimonio e la loro storia costituì un esempio per il genere umano a significare proprio ciò che nel nome di lei è racchiu- so. L’armonia è, infatti, l’elemento che riunisce, il simbolo della conciliazione degli opposti, di Marte e di Venere appunto, dalla cui unione e collaborazione nasce quel modo schietto ed affettivo che dà il coraggio di entrare in relazione con l’altro, caratteristica del Segno della Bilancia. Già questi elementi basterebbero a rendere lecita l’attribuzione dell’unione di Cadmo ed Armonia alla Bilancia, ma nel mito c’è dell’altro ed è su questo «altro» che mi voglio soffermare. “Cadmo - così scrive Roberto Calasso - aveva portato alla Grecia doni provvisti di mente, vocali e consonanti aggiogate in segni minuscoli, modello inciso di un segno che non tace: l’alfabeto. Con l’alfabeto i Greci si sarebbero educati a vivere gli dei nel silenzio della mente, non più nella presenza viva e normale, come ancora a lui era toccato…. tutto sarebbe scomparso, Tebe si sarebbe potuta ridurre ad un cumulo di macerie…. ma, nessuno oramai avrebbe potuto cancellare quelle piccole lettere, quelle zampe di mosca che Cadmo il fenicio aveva sparpagliato sulla terra greca…” L’ordine che può dare la parola, soprattutto quella che scriviamo, è un grande dono che ci conduce verso l’armonia interiore ed esteriore. rosalen@tin.it LE CARTE DEL DESTINO Il Bagatto GLI INNAMORATI UNITI DA EROS Ecco la prima carta in cui si rappresenta una scena. Un uomo sembra essere nel mezzo di una contesa tra due donne: a sinistra, quella dal vestito rosso, gli tocca la spalla e il pube; a destra, quella con il vestito azzurro, il cuore. In alto compare il primo personaggio non umano: un angelo-bambino con arco e freccia. (Ci riferiamo sempre ai Tarocchi di Marsiglia nella versione di Carlo Bozzelli). Viene simbolicamente descritto il principio del conflitto dovuto alla concorrenza di esigenze opposte, apparentemente inconciliabili, in questo caso esasperate dalla caratterizzazione di queste due signore che sembrerebbero indicare da un lato il vizio, dall’altra la virtù. La soluzione emerge dall’alto. Eros interviene e ispira il personaggio centrale-mediano con la sua freccia. La soluzione di questa disputa - da qui il significato del’Arcano VI come scelta o dubbio - non può essere la scissione, ovvero la rinuncia definitiva a una parte di sé. È un invito alla integrazione, a farsi “una sola carne” come mostrano le braccia e le mani che, non solo si toccano, ma non sembrano appartenere chiaramente a ciascuno dei tre personaggi. La mediazione è opera di Eros, divinità che, in alcune versioni, appartiene ai miti fondativi della cosmogonia greca e dunque preesistente all’Olimpo di Zeus:” …In principio esisteva la Notte … fecondata dal vento, depose il suo uovo di argento nell’immenso grembo dell’oscurità. Dall’uovo balzò il figlio del vento, un dio con le ali d’oro, chiamato Eros, dio dell’amore…” (Karoly Kérenyi, Gli Dèi e gli Eroi della Grecia - Il racconto del mito, la nascita della civiltà, Il Saggiatore, 2002, Milano). Da qui il mito prosegue indicando come, grazie a Eros, vennero alla luce la Terra e il Cielo e si generò la vita stessa sul pianeta, operando come collante per la creazione dell’universo. Si tratta, dunque, di una forza straordinaria che consente all’uomo di integrare aspetti inconciliabili, risolvendo conflitti interiori altrimenti insanabili. Basti pensare come anche nella relazione di coppia, banalmente, l’unione dovrebbe avere come presupposto l’amore, senza del quale non si può trovare una efficace mediazione che consenta a due esseri diversi, portatori di esigenze a volte contrapposte, di poter convivere in armonia sotto uno stesso tetto. Tuttavia, solo di riflesso in questo Arcano si parla della coppia, degli amanti, e delle relazioni, poiché la vera integrazione è quella che avviene dentro ciascuno di noi. Gli attori in scena sono le diverse parti del Sé che possono declinarsi in varie modalità. Eppure, la qualità di questa forza resta assolutamente impenetrabile, così come il suo modo di agire in concreto. L’angelo divino, con l’arco e la freccia, sembra avere come sfondo un cranio, a simboleggiare il mistero dell’Amore: quello terreno come quello celeste. Lo stesso numero VI, che contraddistingue questo Arcano, a un livello più elevato simboleggia la tentazione fra il bene e il male. Infatti, nella cultura cristiana esso rappresenta il numero della creazione (il mondo fu creato in sei giorni) e, di conseguenza, la contrapposizione fra l’Uomo e Dio. La separazione, insita nella Creazione, necessita di essere ricucita, ma ciò implica una scelta, una scelta di amore: sarà il ritorno verso il Padre che dovrà segnare il nostro cammino. ilbagatto73@gmail.com CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (19) (20) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (21) STORIE&IMPRESE L AZIENDA SPECIALIZZATA NELL ARTE DELL AGGIUSTO Cucitalia, quando la sartoria è a domicilio C’è quel vestito un po’ retrò seppellito nell’armadio che aspetta solo di essere “ringiovanito”, il golfino in cachemire che si è bucato sui gomiti, il pantalone appena acquistato che ci sta troppo lungo o la camicia griffata col colletto strappato. Capi da buttare? Decisamente no. Il vintage, visti i tempi neri, anziché gettarlo via, è più conveniente rigenerarlo. Rimetterlo in sesto, regalandogli un tocco di freschezza e modernità. È così che l’arte del rammendo, in cui erano ferrate nonne e mamme, le stesse che oggi spesso non hanno il tempo neppure di applicare un bottone, torna in voga e fa il boom. Di questo si occupa Cucitalia, azienda con sede in via dei Mille 82, specializzata in aggiusti sartoriali, di cui è titolare Francesco Mucciardi (nella foto). Lui, imprenditore napoletano 40enne, i segreti del mestiere li ha assorbiti come una spugna da nonna Titina, che riempiva le sue giornate tra rocchetti di cotone e cucitrici, in una bottega situata sin dal 1982 nel cuore della Napoli antica. Tra i gentiluomini e le nobildonne dell’epoca la fama di quelle mani d’oro si sparse in fretta. Da lei e dalle sere passate a guardare le sue aiutanti all’opera davanti al braciere, Francesco Mucciardi erediterà la tradizione del taglia e cuci, irrobustendo quella che sarebbe poi diventata Cucitalia. Le “armi” della professione sono quelle del passato, ma Mucciardi ha soffiato una ventata di modernità sull’impresa per stare al passo coi tempi, dotandola di macchinari all’avanguardia e sarte competenti, pronte a cimentarsi in orli, pieghe e cuciture, ad accorciare un pantalone o una manica, a cucire bottoni, cerniere, ma anche lenzuola e tendaggi. Tutto in tempi lampo e con la possibilità di una “sartoria a domicilio”. «Tra i servizi offerti da Cucitalia – spiega Mucciardi – abbiamo previsto la sartoria express, per chi ha bisogno di un rammendo al volo, e quella a domicilio, con cui offriamo lo stesso servizio con comodità a casa e con un costo aggiuntivo. Siamo anche convenzionati con negozi di abbigliamento, per cui operiamo aggiusti di tutti i tipi su abiti da uomo, donna e bambino». Tra i progetti in cantiere, poi, quello di avviare una catena di franchising. «Chiunque sia interessato ad intraprendere un’attività innovativa con un piccolo investimento dagli ottimi ritorni economici, può entrare a far parte del circuito Cucitalia – aggiunge – Lo può fare chiunque, anche chi non ha particolari esperienze nel campo sartoriale, in qualsiasi zona cittadina e non, senza spese aggiuntive e interagendo solo con il titolare e con sarte specializzate retribuite a percentuale». Dipinti erroneamente da qualcuno come un’attività più che un’arte, in realtà anche un orlo o la modifica di un abito vanno realizzati rispettando canoni e metodi che non possono essere casuali. «L’obiettivo è rispettare l’originale creazione ed adattarla, senza snaturarla, lasciando inalterata la fattura dell’abito con cura certosina dei dettagli, siano essi asole o bottoni», sottolinea Mucciardi. Proprio per questo, ingredienti preziosi della ricetta Cucitalia sono le materie prime made in Italy e il sapiente uso delle tecniche antiche, spesso perdute nel tempo, con l’aggiunta di rivisitazioni in chiave moderna, anche nei dettagli e nei colori. Un equilibrio tra abilità e professionalità sartoriali con tecnologie innovative che garantisce un ottimo rapporto qualità-prezzo, ma soprattutto rapidità del servizio, cortesia e massima attenzione al cliente. A tutto questo, poi, si aggiunge la gestione del negozio tramite un software adatto per la lavorazione dei capi. Si torna ai vecchi tempi, ma strizzando l’occhio alla tecnologia. E chissà cosa direbbe nonna Titina… CONSULENZA IN MATERIA CONDOMINIALE E IMMOBILIARE - Servizi di gestione condominiale ordinaria e straordinaria - Servizi di natura fiscale e aziendale - Servizi di iscrizione a ruolo presso il Tribunale - Servizi di consultazione e ricerca presso la Conservatoria Per Info: tel/Fax 081.19804242 www.studiopasqualemarigliano.it Via Chiaia n° 160 - 80121 Napoli (22) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 CON CHARLIE HEBDO IL VALORE DELLA SATIRA «Noi siamo l’Europa, una non-nazione solo apparentemente libera, incapace di proteggere la propria libertà di culto senza trasformarla in arretramento di fronte alla minaccia degli estremisti islamici. Colpire l'espressione più alta dell’umorismo significa colpire al cuore la libertà dell’occidente. Non dobbiamo più permetterlo». Giorgio Forattini CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (23) STORIE&IMPRESE VIA CHIAIA, NUOVE APERTURE Serpentone, la boutique del food and drink Storico punto di ritrovo dei rampolli della Napoli bene, da oltre quarant’anni mantiene la corona della movida posillipina. Era il 1974 quando la famiglia Guarcello inaugurò, in via Petrarca 111, un locale che da subito profumava di successo, proprio all’altezza dell’ampia curva che gli dà in prestito il nome: il “Serpentone”. Che oggi fa il bis, inaugurando una nuova sede nella pittoresca via Chiaia. Dal viale panoramico che si specchia nel mare, dunque, allo snodo centrale dello shopping e del via vai. È grazie alla famiglia Esposito che il locale, travolto dopo i brillanti anni ’80 e ’90 dalla crisi che lo aveva affogato per un po’, ritorna in voga e fa capolino nel fior fiore delle caffetterie napoletane. Il rilancio parte nel 2013, con la nuova gestione di quattro giovani imprenditori napoletani, capitanati dall’intraprendente papà Carmine Esposito, che dà una energica spinta propulsiva al locale, rendendolo più moderno, fresco, al passo con i tempi. Proprio dalla buona stella che ha accompagnato il “Serpentone” nell’ultimo anno, nasce l’idea di aprire una filiale in via Chiaia, ai numeri 125-126. Un luogo accogliente in cui è piacevole ritrovarsi per un momento di svago, con lo sguardo puntato sulla centralissima e sempre movimentata via Chiaia. «Il nostro obiettivo è portare un certo brand innovativo anche a Chiaia, zona dello shopping per antonomasia, fulcro del commercio cittadino», chiarisce Esposito. Aperto tutti i giorni fino a mezzanotte, si propone come la classica caffetteria napoletana, lounge bar e pasticceria, ma si amplia rispetto alla sede di via Petrarca, seguendo il concept “food and drink”. Colazione e aperitivo, dunque, ma anche pranzo e cena, con un’ampia scelta sul menu in cui risaltano all’occhio piatti tradizionali della cucina made in Napoli, a partire dalla sempre amata pizza fritta, accanto a golosità più innovative. Progettato dagli architetti napoletani Paola Principe e Nicola Martiello e allestito dalla “Merli arredamenti” della provincia di Pesaro e Urbino, con l’abilità di Marco Merli, il locale rievoca quasi una boutique, nell’architettura come nel design. Tocchi glamour qua e là, arredamento di classe, in cui il leitmotiv è l’eleganza. Lo dimostrano l’entrata signorile, l’atmosfera chic e l’attenzione minuziosa ai dettagli. Non è un caso. Carmine Esposito, infatti, muove i primi passi nel settore moda, a partire dagli anni ’80. Lo fa proprio a via Chiaia, con un piccolo store al civico 123, dedicato prevalentemente a collezioni femminili. Lì sono le radici del suo curriculum imprenditoriale, e lì oggi “rimpatria” vestendo nuovi panni. Un ritorno alle origini, insomma, qualche civico più in là. «È un ricordo piacevole di quelli che sono stati gli inizi della mia carriera imprenditoriale – commenta Esposito – Ma la scelta è stata dettata anche dalla voglia di muoversi in altri campi, di dare un segnale di ottimismo. L’apertura del nuovo “Serpentone” va nella direzione della ricrescita e del rilancio di una città spesso maltrattata. La gente ha bisogno di speranze. Il mio scopo era anche dare un’opportunità ai miei giovani, lasciando loro uno sbocco che si basa su un’idea diversa, un’impostazione che già in via Petrarca ha dato i suoi frutti». Un business man del fashion, Carmine Esposito, che a un certo punto ha deciso di investire nel food. Viene spontaneo chiedersi il perché. «La svolta c’è stata per influenza dei miei figli, grazie alla loro energia che mi ha traghettato in questa nuova avventura – risponde – E devo dire che sta andando molto bene». Tanto da “bissare”, in appena un anno e mezzo, e approdare anche a Chiaia. Con un locale che è perfetto se si vuole sorseggiare un drink o un espresso, e sentirsi in una boutique. NAPOLI - Via dei Mille, 59 Tel. 081/407555 - 412856 W W W. G R U P P O E U R O P E O . I T VIA ANIELLO FALCONE Vendiamo piano alto luminoso e panoramico app.to di 160 mq in ottime condizioni composto da salone, cucina abitabile, tre camere, camera da studio, due bagni e balcone. Termoautonomo. Possibilità posto auto € 870.000,00 081/407555. (24) CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 POSILLIPO In viale privato fittiamo app.to completamente ristrutturato di circa 100 mq composto da salone 2 camere cucina doppi accessori panoramico, secondo piano con ascensore € 1.400,00 081/407555. DISCESA GAIOLA Vendiamo particolare appartamento luminosissimo in ottimo stato di 140 mq. su 2 livelli composta da salone 3 camere cucina 3 servizi ripostiglio e lavanderia. € 650.000,00. STORIE&IMPRESE RANIERI IMPIANTISTICA, ECCELLENZA DI OTTAVIANO Il successo? Dialogo e gioco di squadra Per chi lavora con lui, che sia operaio o ingegnere, con esperienza di ferro o ultimo arrivato, bandisce il termine “dipendente”, optando per un più umano “collaboratore”. Basta questo a far capire come Pasquale Ranieri (nella foto), titolare e amministratore unico della “Ranieri impiantistica” di Ottaviano, più che di imprenditore freddo e calcolatore, abbia il volto e il cuore di un pater familias. Punto di riferimento, al lavoro come sotto al tetto domestico. Sarà perché in quell’azienda è custodito quasi un secolo di storia della sua famiglia. Ed essere lì è un po’ come sentirsi a casa. Sarà per indole e carattere gioviali che lo portano a radicare, anche quando si parla di affari, un clima disteso, in cui l’imperativo è la collaborazione. «Si vince insieme, si perde insieme – dice orgoglioso – È un gioco di squadra, nessuno può pensare di fare tutto da solo, ci si dà una mano a seconda delle inclinazioni e specializzazioni». Ranieri eredita da suo padre Michele, negli anni ’80, l’impresa messa in piedi a cavallo tra ‘800 e ‘900 dal bisnonno, pioniera nell’area vesuviana per impianti di riscaldamento e depurazione. Quattro generazioni di uomini a capo di un’impresa oggi specializzata nella realizzazione, installazione e manutenzione di impianti di trattamento dell’aria, di depurazione di acque reflue per industrie, idrico-sanitari, antincendio, elettrici, fotovoltaici, che garantiscono comfort, sicurezza e risparmio energetico. Con l’ultima generazione Ranieri vanti del- l’azienda diventano la climatizzazione e refrigerazione per strutture industriali ed alberghiere, centri commerciali e multisale, che portano la ditta a spingersi anche oltre regione, curando gli impianti all’Honda palace di Roma e all’ospedale civico di Codogno (Lodi). Ma core business di “Ranieri impiantistica” è, senza dubbio, la sanità. «Gestiamo gli impianti del gruppo presidio ospedaliero “Pineta Grande” di Castel Volturno, del centro polidiagnostico “Medicinafutura” di Acerra, della clinica cardiologica “Montevergine”», elenca Ranieri. Il giro di boa risale a qualche anno fa. L’occasione è stata un appalto per la gestione degli impianti di condizionamento, riscaldamento, antincendio e sollevamento idraulico nelle gallerie della Circumvesuviana, vinto in una congiuntura negativa per il mercato. «In momenti come quello devi capire se vuoi fare l’imprenditore o no – spiega – Io ho scelto di rischiare, firmando un contratto dal quale non ci si può tirare indietro, stipulato con un ente pubblico». Da lì, l’impennata. Nuove assunzioni, un ridisegno dell’assetto dell’azienda e nuovi sbocchi. «È stata una scelta lungimirante. Abbiamo intrapreso un percorso di sistemazione di problematiche di sicurezza o energetiche relative alla Circum. Nonostante il settore in sofferenza, da questo appalto ci hanno affidato anche la tratta di Metrocampania nord-est, da Giugliano a Benevento. È stata l’occasione per trasferire una piccola azienda di 7 persone, orientata prevalentemente all’installazione di impianti, ad organizzarsi per dare un servizio più ampio alla clientela, curando anche la fase progettuale e quella manutentiva e irrobustendo la squadra che oggi conta 15 professionalità». I cardini dell’azienda? Il primo: il dialogo. « Il nostro lavoro è la nostra vetrina. Alla base c’è un confronto per creare un impianto che sia come un abito a misura, per entrare nell’ottica della committenza». E ancora: aggiornamento continuo e specializzazione. «Credo nella formazione. È un investimento che frutta, si ampliano le competenze dei ragazzi e li si abitua a un nuovo modo di lavorare e pensare». E infatti tutte le maestranze sono altamente specializzate e in possesso di qualifiche a seconda dei settori di competenza: dall’idraulica alla meccanica, dal campo elettrico al termico. E sul panorama del business oggi, Ranieri è limpido: «L’imprenditore rischia in proprio. Noi abbiamo volutamente marginalizzato il settore pubblico, in cui lavoriamo dando in outsourcing i nostri requisiti, collaborando con altre aziende. La torta del lavoro c’è, bisogna saperla dividere». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (25) STORIE&IMPRESE PROFESSIONISTI E CREATIVI, LIDEA DI ENRICO PALAZZI E DANIELA PASQUALI Così vestiamo su misura il tuo business Napoli pullula di creatività. Ma spesso idee e progetti d’impresa si bloccano. Un po’ per nodi burocratici, un po’ perché mancano guide che possano indirizzare, consigliare. E se pure dalla teoria si passa alla pratica, si partoriscono marchi copia e incolla, idee già viste e riciclate, con buona pace di originalità e fantasia. Perché allora non creare una squadra che accompagni i nuovi progetti step by step, dall’ideazione alla realizzazione? È quello a cui hanno pensato Enrico Palazzi e Daniela Pasquali (nella foto). Napoletani, il primo dottore commercialista, l’altra avvocato, hanno dato vita a “Professionisti e creativi” (www.professionistiecreativi.it), marchio che contraddistingue una giovane e dinamica realtà che offre servizi innovativi per le aziende. Il progetto nasce dalla volontà dei due professionisti di creare a Napoli uno studio di consulenza legale e commerciale in materia di diritto industriale, per assistere aziende e privati nella fase di ideazione di un marchio, un logo o un progetto, ma soprattutto nella tutela legale del patrimonio industriale e intellettuale. Da lì, al fine di (26) risolvere le problematiche connesse alla vita di un’azienda, si è allargato ad un networking di professionisti e di creativi specializzati in diversi settori: tutela del diritto industriale, marchi, brevetti, diritto d’autore, tutela dell’immagine, privacy, plagio, contraffazione, o ancora esperti in CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 campo giuridico, economico e finanziario, ed infine creativi quali artisti contemporanei, pittori, scultori, comunicatori. La mission? Trovare soluzioni per ogni business: «Siamo in grado di supportare la creazione di una nuova azienda, di un marchio, la realizzazione di una idea, di un progetto, di un piano industriale, nonché di individuare e risolvere tutte le problematiche di un’azienda», spiega Daniela Pasquali. Un prodotto sartoriale, cucito su misura a seconda delle esigenze del cliente, con l’obiettivo di raggiungere un alto livello di business aziendale. «Il nostro obiettivo - spiegano - è creare una coesione tra due realtà, quella creativa e quella professionale, che oggi riteniamo fondamentale». In che senso? «Se un’azienda intende lanciare un prodotto sul mercato deve avvalersi di professionisti non solo tecnici ma anche creativi: oggi la pubblicità si fa attraverso la grafica e il web. È quindi fondamentale avere una buona comunicazione, un buon appeal commerciale, perché è l’abito ad attrarre. Noi curiamo l’ideazione del logo, del marchio, lo slogan, il sito internet, la scelta del nome». Più che semplice agenzia di servizi, “Professionisti e Creativi” è una vera e propria casa dei progetti, un luogo in cui sviluppare tutte le attività necessarie all’avvio della start-up. Da zero, mattone dopo mattone, il singolo o le aziende possono essere accompagnate da figure professionali specializzate, tutto “in house”. «Non vogliamo vendere un servizio finito, confezionato che una volta fornito ci separa totalmente dall’azienda. Quello che ci differenzia è che puntiamo a seguire il cliente, continuando ad assisterlo con la nostra consulenza per tutto l’iter di realizzazione». Dunque, anche nello step finale, quello della promozione e del marketing. Con un occhio di riguardo al marchio, vetrina dell’azienda, e alla sua tutela. «A Napoli manca la cultura del brand. I nuovi marchi si ricollegano a qualcosa di già visto, perché così si pensa di poter avere successo. Noi invece vogliamo che ogni realtà sia diversa, che nasca ex novo, dall’ideazione del marchio, del logo, fino allo sviluppo», dice Enrico Palazzi. “Professionisti e creativi” è una realtà dinamica che può crescere e creare sempre nuovi progetti e sinergie con partner. «La nostra intenzione è di espanderci al Sud, organizzando anche eventi in cui ci sia un rapporto stretto tra professionisti e creativi. Nel nostro team ci sono anche giovani artisti, fotografi, persone che vogliono promuovere la loro attività. Da qui possono nascere nuove collaborazioni». saper vivere CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ Storia di un single involontario Roberto Bratti «Io vi voglio bene assai», undicesima fatica letteraria del giornalista Franco Esposito, pubblicato da Iuppiter Edizioni, è uno di quei libri che vorresti non finisse mai. Ogni pagina trasuda di vita vissuta. Sei Olimpiadi seguite sul campo, cinque edizioni dei campionati del mondo di calcio. E poi pugilato, nuoto, pallanuoto, ciclismo ed atletica leggera. Cinquant’anni di sport visti con gli occhi di chi ha fatto di una passione un mestiere. Come è arrivata l’idea di questo libro? L’idea nasce dal punto di partenza, scrivere qualcosa di diverso. Ha raccolto l’amabile invito-sfida della mia insegnante di scrittura creativa all’UniTre di Grosseto, la professoressa Bernardina Tarlati. Aveva letto i miei libri di sport, lei mai interessata allo sport: le erano piaciuti. Un giorno mi fa, in pubblico: perché non scrivi un romanzo d’amore? Penso alla tua bella scrittura e alla tua fantasia: provaci. Ma questo non è un romanzo d’amore? Ho pensato subito al titolo, parafrasando quello di un famoso film, protagonisti Jennifer Jones e William Holden. “L’amore è una cosa meravigliosa” poteva andare bene. Dico a me stesso, adesso parto in quarta. Poi, la riflessione quasi immediata: via, lascia perdere, non riuscirai mai a scrivere una storia d’amore di pura fantasia di duecentocinquanta pagine. Sono rientrato precipitosamente nel mio brodo. Dopo aver scritto per anni delle imprese altrui, come è stato raccontarsi in prima persona? Facile non è stato, proprio no. Un dubbio mi ha assalito, ma chi sono io per scrivere la mia autobiografia? Mi ha soccorso un guizzo di fantasia: mescola tutto, realizza un frappè, fai un cocktail con le tue passioni. Lo sport, il giornalismo, le donne, i libri. Li ho intrecciati con la Napoli di quei tempi, ne è venuta fuori la descrizione di un mondo, di un’epoca, abitudini e svaghi che sanno Intervista al giornalista Franco Esposito autore del libro «Io vi voglio bene assai» quasi di affascinante jurassico. Napoli, il quartiere Chiaia, il Vomero. Spaccati di Napoli o che cosa? Rappresentazioni, ricordi. Il bel tempo che fu, almeno per quelli della mia generazione e per me. La musica e le canzoni, gli eventi di quegli anni. I balletti, il calcio con la palla di pezza o il super Santos. I miei coetanei ed io impegnati in ingenue sfide sportive e giovani spettatori del Napoli allo stadio. Poi, il sogno di diventare giornalista... Già, il sogno. Vorrei qui sintetizzarlo nella frase di Philippe Petit, mitico funambolo e acrobata francese. “I limiti esistono solo nell’anima di chi è a corto di sogni”. Nel riproporre la nascita e il percorso del sogno, mi sono affidato in ogni caso all’ironia. Il taglio giusto è venuto fuori quasi per caso. Chi l’ha aiutata a ricordare: il diario personale scritto giorno dopo giorno, gli appunti di una vita? La mia memoria, solo lei. Le ho chiesto uno sforzo e mi ha accontentato. La memoria mia unica, formidabile, fenomenale alleata. In gioventù ha lavorato in libreria da Tullio Pironti. È lì che, circondato dai libri, è nata la passione per la letteratura. Quali sono stati i suoi maestri? La libreria e i libri mi hanno arricchito. I miei maestri... quelli di giornalismo o di letteratura? Gli uni e gli altri. L’elenco sarebbe lunghissimo, non solo piacevole. Joyce, Hemingway e gli americani. Kerouac, Fitzgerald, Bukowski, quelli della beat generation. E il meglio dei maestri giornalisti: Palumbo, Cassero, Acampora, Marcucci, Masiello, Aldo Bovio. Mi sono abbeverato alle migliori fonti italiani: il Corriere della Sera e Il Giorno li ho divorati. Qual è il libro che ha attualmente sul comodino? “Oltre il fiume” di J.R. Moehringer, scrittore sensazionale, bravo da impazzire. Premio Pulitzer, ha scritto “Open”, la biografia di Andrè Agassi. Un capolavoro. Nel romanzo, il terzo protagonista, dopo lo sport e il giornalismo, è sicuramente l’amore… Sì, l’amore. Quell’articolo pieno di refusi, un pezzo non riuscito, nel linguaggio giornalistico. Sì, confermo: mi ritengo single involontario. Credevo infatti di essere tagliato per la vita di coppia, non è andata bene. Qualche rammarico, però nessun rimpianto. Ho dato tutto anche in amore, non solo al mestiere di giornalista. Quando e con chi si è sentito meno single involontario? In ognuna delle cinque storie importanti della mia vita. Le ho vissute in maniera esclusiva e totale. Forse troppo. Sono stato eccessivo, ma questo è il mio carattere. Sbagliato? Forse sì. Cinque storie importanti che accompagnano il lettore in cinquant’anni di avvenimenti sportivi. A quale storia resta più legato? I nomi sono di fantasia, per ovvi motivi; vere, autentiche le storie e le situazioni. Posso abbinare ad ognuna un aggettivo? Laura indimenticabile: ma troppo giovani eravamo nel 1960. Simona reumatica, Marisol meravigliosa, Ornella sensazionale. Regina incomprensibile. Il libro è anche una risposta a lei, tenace e agguerrita sul tema della mia presunta inadattabilità al rapporto di coppia. Marisol o Ornella, la scelta è fra loro due. Vince Ornella, forse. Personalità, bellezza, carattere, simpatia, amore, condivisione, valori morali, cultura. La don- na ideale. Purtroppo era impegnata. Un altro protagonista del libro è il suo rapporto col Napoli. Dagli albori del Collana alla serie C, passando per gli anni gloriosi di Maradona. Nel capitolo dedicato al primo scudetto scrive: “Ho sempre pensato che questo giorno non sarebbe mai arrivato, che sarei morto senza poterlo vivere”. Come ha vissuto quel momento? Qual è il suo rapporto col calcio adesso? Il mio rapporto con il calcio attuale è cattivo. Risultati inquinati dalle scommesse, livello basso, linguaggio sguaiato. Il pallone è lercio e sboccato. A Napoli, al Napoli e ai suoi appassionati tifosi, l’augurio sincero di poter rivivere la gioia che ho provato io il giorno del primo scudetto. Ancora oggi sono incredulo, stordito, meravigliosamente incantato, prigioniero di sensazioni strepitose, appaganti. Quella è stata davvero una grande gioia. Ogni scrittore ha i suoi metodi. Preferisce scrivere di giorno o di notte? Preferisco scrivere all’alba, d’estate; in inverno nel primo pomeriggio. Vado avanti fino a tarda sera. Anche sei ore al giorno. Preso il ritmo, sono svelto, rapido. Può vantare ben tre finali consecutive al Bancarella Sport, il premio più prestigioso di letteratura sportiva. «Io vi voglio bene assai» è stato accolto molto bene dalla critica e sta avendo un ottimo successo di pubblico. Il premio più grande è rappresentato dal gradimento dei lettori. Il Bancarella Sport è uno sballo, affascina come una donna bellissima. Può essere l’anno buono… Ne ho avuti già tre, di anni buoni. Conquistare un posto nella sestina finale del premio è come aver vinto tre scudetti di seguito. Lo scudetto più la Champions: è questo il significato che attribuisco alla vittoria finale. Pontremoli resta comunque un luogo magico, profuma di amore per il libro. Il massimo per me. E io gli voglio bene assaje, per dirla alla maniera nostra. In napoletano. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (27) ARTE SCULTURA Ritratti di cartone Livia Iannotta Ecco come un rifiuto diventa un’opera da esposizione. Ecco come l’arte fiorisce dove meno te l’aspetti. Perfino da una carta straccia o da un vecchio cartone stazzonato. Gli anglofoni li chiamano “waste”, che sta ad indicare appunto un rifiuto, uno scarto. Ma che per Luigi De Simone, artista napoletano di stanza a Berlino, diventa materia prima da plasmare, assemblare, rigenerare. Dal 20 febbraio al 21 marzo, la galleria Al Blu di Prussia, lo spazio multidisciplinare di Giuseppe Mannajuolo diretto da Mario Pellegrino, accoglie la sua personale dal titolo “ShOot…s!”, curata da Valentina Rippa. In esposizione, dieci ritratti di personalità legate al panorama del cinema e della letteratura, della musica e del teatro, tutti realizzati in cartone sagomato e ritagliato. Talvolta l'artista interviene sui cartoni con tecniche miste: olio e smalto, pastelli a cera o collage; in altri casi è il colore stesso degli involucri a definire l’espressività dei volti. Più che il personaggio raffigurato, le opere di De Simone si focalizzano su quello che c’è dietro il viso o l’immagine, suggerendo un’impressione, una fantasia dimenticata e poi riportata alla luce. Realizzazioni nate da una sorta di ricognizione nel suburbio di Napoli, per cui la forma del ritratto appare quella più in grado di fondere ready-made e pittura. Lo spiega bene la curatrice Valentina Rippa: «L’artista sembrerebbe più interessato a ritrarre una condizione umana dell’uomo in generale e non il soggetto preso a prestito. I dipinti (28) prendono forma attraverso il ricordo di un’immagine sepolta, una visone personale, accostando tra di loro forme e parti di un'idea, combinando insieme l'estetica, i frammenti di quell'immagine, l'energia di certe figure, le suggestioni del passato e del presente». Non è nuovo a questa tecnica De Simone. La mostra napoletana, infatti, riprende un ciclo di lavori avviato dall’artista nel 2004, insieme alla sua ricerca sui materiali di scarto che piuttosto che essere abbandonati possono trasformarsi in preziosa risorsa. Ribaltato così il concetto ortodosso di arte. «Il lavoro di De Simone – continua Rippa – impone una riflessione sull’immoralità dello spreco e dall’altra la constatazione che arte è anche ciò che viene abitualmente connotato come un rifiuto, ma che una volta assemblato, inserito, trasformato secondo libere scelte dell’artista può rinascere in forme sorprendenti e suggerire un possibile percorso da intraprendere, magari come collettività». De Simone si approccia all’arte in costante bilico tra informale e tentazioni pop, ricerca estetica e ecologia. Il modus operandi è sempre lo stesso: riutilizzare, modellare, far rinascere in forme inaspettate e per questo originali. Perché «in molta letteratura e nel cinema – spiega l’artista – quello che conta non è mai l'aneddoto o la storia (che trasposte in pittura potrebbero stare per il soggetto), ma come la storia viene raccontata, costruita, messa insieme dalle parti del discorso. Il soggetto qualsiasi esso sia è solo un pretesto per fare altro». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 Quasi centocinquanta opere in marmo, realizzate in un arco temporale che va dal Medioevo al XVIII secolo, distribuite in vari ambienti secondo un ordine cronologico ma rispettando anche i contesti di provenienza. Offrono questo al pubblico i sotterranei gotici della Certosa di San Martino che, dal 24 gennaio 2015, hanno riaperto le porte alla città. Tra le opere maggiori: il sarcofago di Beatrice del Balzo, il frammento di una Figura femminile giacente dello scultore Tino di Camaino e una lastra a rilievo raffigurante La Morte e Franceschino da Brignale. La visita si conclude con un capolavoro del ‘700 di Giuseppe Sanmartino (l’imponente e languido San Francesco d’Assisi) e con un’Allegoria velata scolpita dal suo allievo Angelo Viva. Occhio di riguardo Napoli e Augusto Morì poco più di 2000 anni fa, a Nola, nella regione fulcro della sua ascesa al potere, Ottaviano Augusto. Primo imperatore di Roma, “stella polare” della cultura occidentale, figura affascinante e complessa. Per questo motivo e per celebrare idealmente il bimillenario della sua scomparsa, la Soprintendenza per i Beni archeologici di Napoli ha aperto, dal 17 dicembre scorso, la mostra dal titolo "Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto. 14-2014 d.C.". Occasione per soffermarsi sullo stretto legame che unì Ottaviano Augusto alla Campania, nella fase della conquista del potere e una volta al comando dell'Impero, e per riflettere e comprendere le dinamiche che lo portarono al potere. L’esposizione, visitabile fino al 5 maggio 2015 al Museo Archeologico di Napoli, compende oltre 100 opere, alcune delle quali presentate per la prima volta al pubblico. I pezzi provengono in gran parte dal Mann, ai quali si aggiungono anche prestiti del Centro Caprense I. Cerio e dal Museo Diocesano di Capua. Pezzi di storia che intendono raccontare i più importanti luoghi della regione calpestati dall’imperatore prima di morire. La mostra è finanziata dalla Regione Campania, fondi P.O.R. Campania, e realizzata in collaborazione con la Soprintendenza Speciale di Pompei, Ercolano e Stabia. E infatti, in parallelo alla mostra, vengono proposti gli itinerari augustei campani a Baia, Boscoreale, Cuma, Ercolano, Napoli, Nola, Pausilypon, Pompei, Pozzuoli. MICHELE TEMPESTA LIBRI&LIBRERIE Baby boom, quei favolosi anni ‘60 NEL LIBRO DEL GIORNALISTA BRUNO MENNA, LE MEMORIE DI UNA GENERAZIONE CHE NON VUOLE FARSI ROTTAMARE Ignazio Soriano In difesa della generazione del boom, quello economico, sociale e demografico, che ha interessato l’Italia uscita a pezzi dalla guerra, Baby Boom - Memorie di una generazione che non vuole farsi rottamare (Iuppiter Edizioni, 2014) del giornalista beneventano Bruno Menna è una rilettura sentita, racconto emozionale ed emozionato di quell’epoca, vera e propria età dell’oro per il Paese e per coloro che ebbero la fortuna di “nascere nei Cinquanta, crescere nei Sessanta e formarsi nei Settanta”. Parliamo dei nostri over 55, di una generazione che, sotterrate angosce e paure del grande conflitto, travolta da un uragano di mode e valori, ha risalito la china riuscendo a costruirsi e ad assicurarsi un futuro, all’oscuro di ciò che avreb- I napoletani di Pica be poi riservato ai loro figli; di coloro che sapevano leggere la realtà con pragmatismo e disincanto, che sfrecciavano in Lambretta, in Seicento e sui Settebello, di coloro che seppur poveri non si piangevano addosso, ma che tra un sogno ingenuo ed un’incrollabile fede nel progresso, accumulavano capitale, unendo l’innata arte dell’arrangiarsi ad una fino ad allora sconosciuta competizione: masse transumanti impegnate in una forsennata corsa al successo, al frigorifero, allo status quo, sospinte da una politica che incitava tutti a crescere e a salire i gradini della scala sociale. Sono coloro che oggi, vedendosi costretti ai margini, rivendicano se non visibilità quantomeno dignità. Prendendosi gioco dei rottamatori. Come in un memoria- le, dimostrando passione analitica Menna sciorina l’elenco dei personaggi, dei luoghi, dei simboli, degli usi e dei costumi, delle tante virtù e degli altrettanti atavici vizi della “locomotiva Italia”, cita protagonisti e comparse della vita pubblica e privata, riportando dichiarazioni e allusioni, mettendo davanti allo specchio i due mondi, presente e passato, quello contaminato dalla sfrenata globalizzazione, dall’english e dal digital e quello che da Paese sconfitto e sottosviluppato si è risollevato a settima potenza mondiale in poco tempo. La cavalcata industriale, il “miracolo” economico che cambiò i connotati del belpaese sono raccontati in Baby Boom lasciando intuire l’ebbrezza di quegli anni, in particolare i Sessanta, in cui la vita si scoprì confortevole, possibile, lieve. E il consumo si tramutava concretamente in benessere. Un salto nella modernità. In un futuro che troppi avevano dimenticato di avere, durante quel “Secolo breve” che, per i suoi figli di mezzo, sembrava non voler finire mai.Un racconto attraveso valori che sembrano essere vivi solo nei ricordi, nostalgici, di chi è stato protagonista di un mondo che oggi non c’è più. Un viaggio in un altro Paese, con altri attori, altri registi, altri politici, un’altra televisione e un altro calcio: un’Italia diversa in cui i cinquantenni di oggi si fidavano degli altri perchè sapevano cosa mangiavano, cosa bevevano e credevano in un futuro migliore di quello che è diventato il presente di oggi. «Dove finisce la logica inizia Napoli» potrebbe essere il vero titolo della piccola enciclopedia di personaggi napoletani ideata dall’eccentrico Salvatore Pica (nella foto). Questa raccolta riassume nei suoi tre capitoli, in precedenza pubblicati separatamente ora riuniti con il titolo «I napoletani» (Enzo Albano Editore), le tipologie di uomini e donne della città partenopea. Leggendo la prefazione del professore salernitano Francesco Barbagallo, si percepisce chiaramente la personalità animatrice di Pica. Si comprende quanto l’interpretazione dell’autore dia tono e movimento ai suoi personaggi, più degli uomini e delle donne che animano Napoli. La parte comica del libro è soprattutto nei ritratti dei fruitori dei divertimenti notturni della bella Napoli. Quindici inconfondibili personaggi da ridere che il lettore non faticherà a riconoscere per le strade. Il momento più interessante della narrazione viene dato dalla descrizione dell’Artista. In questo amaro ritratto si sente la voce di Pica in prima persona che da una parte critica il mondo dell’arte napoletana perché non dà ai giovani creativi la facoltà di esprimersi, in virtù di un guadagno facile e sicuro, dall’altra parte traccia il profilo di un giovane creativo ma apatico e individualista incapace di imporsi. Triste parabola di una realtà non solo locale ma italiana. Mentre gli uomini sono incarnati nella professione da loro scelta, le donne vengono distinte per quartiere e descritte nella ricerca del marito ideale. L’incontro più felice con le donne dei vari rioni di Napoli si ha con le ragazze degli Antichi Quartieri. Questa “antropologica” un po’ Assunta Spina un po’ reginetta dell’hinterland napoletano vive nella magia del luogo che la abita e dal quale non può mai distaccarsi. Si tratta di una ragazza “cattolicamente pagana” come gli anfratti più profondi della sua città. CASTELLAMMARE LIBRI IN FIERA Grande successo di pubblico per la V edizione della Fiera del Libro di Castellammare di Stabia tenutasi nei giorni 5, 6 e 7 febbraio presso il Liceo Scientifico F. Severi. La manifestazione, ideata da Carmen Matarazzo e Nellina Basile, in collaborazione con le sezioni Anils e Fidapa di Castellammare, ha coinvolto insegnanti, studenti e amanti della lettura che hanno gremito l’auditorium del Liceo (nella foto) nei tre giorni dell’evento durante i quali sono stati organizzati incontri con autori e Einaudi e tante altre. Sabato 7 è stato presentato il romanzo «Sulla soglia di piccole porte» di Enza Silvestrini, autrice tra l’altro, per Iuppiter Edizioni insieme all’illustratrice Barbara Baldi - del libro contro l’omofobia «Diversi amori». MICHELE TEMPESTA LA CANTATA DI SUPERSUD presentazioni di libri. Hanno esposto i propri volumi le case editrici Iuppiter Edizioni; Mondadori; Giammarino editore; Centoautori; Albatros; Nuvole d’Ardesia; De Frede; Lac; Sarà presentato domenica 8 marzo, dalle ore 18,30, presso il Complesso monumentale della SS. Annunziata a Ravello, il libro «Supersud - Quando eravamo primi» del giornalista e scrittore Mimmo Della Corte (nella foto con il maestro Amorelli). Nel corso dell’evento a cui, oltre all’autore, pateciperanno i giornalisti ed editori Max De Francesco (Iuppiter Edizioni), Pietro Golia (Controcorrente) e Gino Giammarino (Il Brigante), sarà eseguita «La Cantata di Supersud», opera ispirata al testo di Mimmo Della Corte, musicata dal maestro Giancarlo Amorelli ed eseguita dal tenore Savero Stornaiuolo, entrambi del Teatro di San Carlo di Napoli. Concluderà la manifestazione l’ensemble Musincanto MARIA NEVE IERVOLINO del teatro di San Carlo che - sotto la direzione del Maestro Amorelli eseguirà musiche della Scuola Napoletana tra Cinquecento e Settecento. MARIANGELA RANIERI CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (29) LIBRI&LIBRERIE LIBRIDINE Aurora Cacopardo Novità Otto autori in cerca di produttori IL PRINCIPE E IL SICARIO PRESENTATO NELLA RASSEGNA POETÈ “ROSSO/NERO PERFETTO”, RACCOLTA DI SOGGETTI E STORIE NOIR CURATA DA MAURIZIO FIUME E ANGELO PETRELLA Ciro Di Costanzo con “Arrivederci Italia!”, Ornella Otto autori in cerca di produttori...al Chiaja Esposito con “Fino in fondo”, Mariarosaria Hotel de Charme. Nell’ambito della rassegna Figliolia con “Rosso perfetto”, Livia Iannotta con letteraria Poetè, in quel raffinato salottino che sarebbe set ideale per un giallo, è stato presentato “Falene e Camorristi” e Valentina Viscione con “In “Rosso Perfetto/Nero Perfetto” (Iuppiter Edizioni, sessanta secondi”. Con il loro sguardo e il metodo e l’esperienza di Fiume, i soggetti ci mostrano le 2014), secondo volume della collana “Memento potenzialità di un linguaggio, scritti dal cinema, per il quello creativo e cinematografico, cinema, sul cinema”, che in continua evoluzione, raccoglie, in versione double tecnologica e di idee. face, i migliori soggetti L’altra faccia del libro, quella cinematografici e i migliori scura, noir, è invece a cura dello racconti noir dei corsi di scrittore e giornalista Petrella, che sceneggiatura e scrittura con orgoglio tiene vivo uno dei creativa tenuti rispettivamente generi letterari più amati e da Maurizio Fiume ed Angelo saccheggiati dalle televisioni e dal Petrella presso la sede di cinema mondiale curando il Iuppiter Group, a Napoli, nel laboratorio “Scrivere il noir”. Gli 2014. Tra un pasticcino e un tè, autori dei racconti neri sono insieme a Claudio Finelli, Mariarosaria Figliolia con “Vietato patron della kermesse, sono attraversare la linea gialla”, intervenuti Fiume, Petrella e Luciano Sabetti con “Lo l’editrice Laura Cocozza. Charmant” e Gianluca Spera con Il regista, produttore e “Nel ventre del potere”. Questi si sceneggiatore napoletano sviluppano attraverso le mille Fiume è giunto alla decima sfumature della realtà, insistendo edizione del suo laboratorio di ROSSO/NERO sui temi, personaggi ed sceneggiatura “Come si scrive ambientazioni che ne un film”, primo nel PERFETTO costituiscono la grammatica di napoletano, tenuto riferimento. Così, pescando tra le periodicamente dal 1987 in più Autori Vari connotazioni filosofico-esistenziali sedi sul territorio nazionale. Iuppiter Edizioni della condizione dell’animo Dopo aver scritto e diretto vari 210 pagine umano e dell’individuo solo lungometraggi, tra cui E io ti contro il mondo, in balìa del caos seguo (2003) ed Isotta (1996), il e della precarietà, tutte caratteristiche di genere, i suo ultimo lavoro cinematografico è il novelli Ellroy intrecciano storie che, come Petrella documentario “Una Bella Giornata - Luoghi e avverte in premessa citando Barry Gilford, miti di Ferito a morte” (2014), dedicato al semplicemente iniziano male e finiscono peggio. romanzo di Raffaele La Capria. Gli autori dei sei soggetti sono Paolo Cipolletta con “Tre mesi”, IGNAZIO SORIANO Rifiuti, Campania sveglia! TERRA DEI FUOCHI: IL LIBRO-INCHIESTA DI AUSIELLO E DEL GAUDIO È facile, parlando della Terra dei fuochi, cadere nei luoghi comuni e nel sensazionalismo. È facile alzare la voce aggirando la verità. Non è stato facile invece il lavoro di Gerardo Ausiello e Leandro Del Gaudio, cronisti del Mattino che sono riusciti ad affrontare nel libroinchiesta «Dentro la Terra dei Fuochi», edito da Skake Up Italia, un fenomeno di cui si parla molto e che si conosce poco: la nascita di questo cancro sotterraneo e (30) soprattutto il motivo per il quale quelli che sapevano hanno preferito tacere. La prefazione di Alessandro Barbano rimarca l’originalità e il senso dell’inchiesta: “per i cronisti di razza i fatti hanno più voce di qualunque giudizio”. Lo spettacolarismo di copertina non deve ingannare il lettore, il lavoro d’inchiesta è tecnico con riferimenti sia al lavoro dei periti presso la procura di Napoli sia di organi non CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 di parte ostacolati dalle stesse istituzioni. Si percepisce leggendo i capitoli la missione di non fare dimenticare il “fiume in piena” degli onesti cittadini che continuano a chiedere bonifiche e processi. Questa rabbia identitaria non mortifica la popolazione, chiede giustizia, senza dimenticare che fu il silenzio dello Stato a partecipare e insabbiare: “La legge sulla Terra dei fuochi non affronta il problema principale, quello dei mandanti (spesso grandi blocchi imprenditoriali collusi con i clan) che continuano a trafficare e sversare rifiuti in modo clandestino”. Le foto sono realizzate dall’agenzia Newfotosud, tra queste la foto che fece il giro del web: il bidone di rifiuti tossici targato “Milano”. Alla fine del libro inchiesta è il glossario che racchiude i termini tecnici rendendo il tutto facilmente fruibile. L’indagine di Ausiello e Del Gaudio mostra come dagli anni Novanta ad oggi, politica e camorra, lungo l’asse mediano corrano insieme. MARIA NEVE IERVOLINO La situazione storicopolitica dell’Italia nel lungo periodo che dalla morte del Magnifico ai primi decenni del ‘600 è la più ricca di trasformazioni politiche e spirituali che la storia ricordi. È anche quella che segna la “crisi della libertà italiana”, cioè l’inizio di quel lungo processo di decadenza alla cui origine sta l’ingresso delle armi straniere in Italia e l’incapacità degli Stati della Penisola di contrastarli. In tale arco temporale si inserisce il bel saggio di Gigi Monello: «Il principe e il suo sicario» (Scepsi&Mattana Edizioni). È uno spaccato della vita turbinosa e delittuosa di Cesare Borgia, “il Valentino” e dell’assassinio di Astorre Manfredi, signore di Faenza da parte del suo sicario Micheletto, braccio, laccio e primo uomo del Duca. Il suo sicario o il suo boia lo conoscerà allorquando “rampollo papale” va a studiare e a far bisboccia a Pisa; non si sa molto di lui salvo che si chiamava Michele Coreglia - spagnolo - e serviva i Borgia dal 1494, operoso assassino, capitano di milizie, luogotenente, consigliere e amico. In Italia, in questi anni, il potere assoluto si identifica con il Signore. Questa è figura politicamente e socialmente molto instabile. Coincide spesso con il potere personale di un solo o di una sola famiglia. In questo caso il professore Monello tratta di Rodrigo Borgia, ossia papa Alessandro VI e delle prodezze del duca Valentino, uno dei suoi figli. L’attività politica - come osserva l’autore - tende a rarefarsi intorno al “Signore”. Le supreme decisioni ricadono nelle sue mani, egli è circondato, più che da veri politici, da consiglieri e servitori. Nel caso di Cesare dal suo sicario. Quando viene cacciato il Signore, tutti i suoi funzionari lo sono con lui. La maggior parte di simili avvenimenti accadono a Venezia, Milano, Firenze. Cesare, quando il padre fu eletto papa, col nome di Alessandro VI, era già vescovo di Pamplona, pertanto fu creato arcivescovo di Valenza, cardinale e governatore generale e legato di Orvieto (1492). Scomparso dalla scena politica il figlio prediletto del papa, Giovanni - duca di Gandia - probabilmente fatto assassinare da Cesare, questi ambizioso e risoluto dopo aver deposto la dignità cardinalizia (1498), ottenne dal re di Francia la contea del Valentinois che mutata in ducato gli diede il nome di duca Valentino. Sposò Carlotta d’Albret, sorella del Re di Navarra, con milizie dategli dal re di Francia ed altre assoldate con i soldi del papa, iniziò più che a rivendicare i diritti della Chesa, a crearsi uno stato per sé. Impedì al papa l’alleanza con gli Aragonesi perchè avrebbero intralciato i disegni del re di Francia - suo alleato. Riprese la conquista della Romagna, si impossessò del ducato di Urbino e Cameino. Cesare salvò lo Stato e l’ingrandì con Perugia e Città di Castello. Meditava progetti di espansione, quando la morte del padre troncò ogni suo disegno. Fu costretto a giurare fedeltà al nuovo Papa, Pio III, che gli lasciò il titolo di Vicario e Confaloniere di Romagna, ma di diverso avviso sarà Giulio II della Rovere. Cesare venne imprigionato e dovè cedere tutti i suoi possedimenti al papa. Rifugiatosi a Napoli. Venne arrestato per sollecitazione di Giulio II ed inviato in Spagna. Morirà combattendo al servizio di suo cognato, il re di Navarra. Saggio interessante questo del professor Monello che tratteggia con maestria la figura di Cesare Borgia. Audace, senza scrupoli, capace di organizzare rapidamente una trama diplomatica o un governo, ebbe una straordinaria fortuna: fu “sul punto di diventare re di un gran pezzo d’Italia lui, principe perfetto che aveva fatto sognare un segretario fiorentino ispirandogli una dottrina olitica”. Il libro è corredato da una ricca bibliografia e incisioni di GianBattista Piranesi. LIBRI&LIBRERIE Montemarano e la ribellione del Carnevale ALDO DE FRANCESCO NEL LIBRO «FESTABAROCCA» RACCONTA MITI, RITI E CURIOSITÀ DI UNO DEGLI EVENTI PIÙ SENTITI E ANTICHI DEL SUD Nella storia del Regno di Napoli, dalla fine del delle aree interne. Questa festa, nata da un intreccio di due filoni: quello agrario, di tipica ’600 in su, il Carnevale ebbe una funzione civiltà italica, sannita, ricca di ritualità come le compensativa, anche se per pochi giorni Primavere sacre, le feste all’anno, per un popolo, spesso dionisiache e le farse atellane e vittima di poteri egemonici e quello di influsso vicereale, prevaricanti. La festa collettiva, risalente al periodo dei vicerè, che da allora cominciò ad rappresenta una sintesi essere pubblica, seppur con ineguagliabile di più culture, alterne fortune a secondo gli collaudata da una plurisecolare umori dei regnanti, continua tradizione. La sedimentazione tuttora a caratterizzarsi nelle di due precise identità, nucleo forme più varie, parodistiche e ispirativo e fondante del libro, è ironiche, verso i personaggi talmente ricca di storie, di della politica e dello spettacolo, personaggi e di vicende, da presi di mira dalle sfilate offrirci la vera cifra qualificante carnevalesche allegoriche. della fortuna e della popolarità In una tradizione, che sembra del carnevale di Montemarano, crescere di anno in anno e uno dei più antichi del Sud; il moltiplicarsi, bisogna però dire cui popolo festoso, ha saputo che su tutte le altre, si segnala sfidare in secoli difficili un Carnevale irpino, molto l’arroganza di potere sempre particolare, raccontato nel più vigilanti e i rigori di una recente libro di Aldo De FESTABAROCCA Chiesa, allora impegnata nella Francesco dal titolo: piena offensiva della “Festabarocca: il carnevale di Aldo de Francesco Controriforma, rivolta a Montemarano: Popolo, Iuppiter Edizioni fronteggiare le mire dell’eresia caporabballi e vicerè (Iuppiter 120 pagine luterana, anche nei più piccoli Edizioni). A differenza dei tanti borghi. Giustamente Toni carnevali, di netto e Iermano, nel suo saggio inconfondibile influsso introduttivo al libro, afferma con l’autorità di vicereale, la specificità di quello critico prestigioso che “Festabarocca: in una montemaranese sta in solide e remotissime sola parola è reazione agli irrigidimenti della radici culturali, che l’autore, giornalista e scrittore, originario di questi luoghi e che vive e disciplina civile ed ecclesiastica, così come alle feste di corte, sempre esclusive e fittizie. Lo opera a Napoli da molti lustri, coglie e spiega sberleffo e l’irrisione possono diventare talvolta grazie a una narrazione trascinante e alla devastanti armi di trasgressione sociale”. rigorosa conoscenza, per “par condicio” sentimentale, delle vicende dell’ ex capitale e PINO FERMENTO LA CANOA SPEZZATA E LA METÀ MANCANTE Un padre va a trovare il figlio a Londra nella casa che divide, nel quartiere di Brixton, con un coinquilino avvocato. Un dettaglio colpisce il protagonista durante la sua visita: una canoa divisa a metà ed utilizzata come libreria nel salotto dell’appartamento. L’oggetto diventa ben presto il filo conduttore de “La canoa spezzata” secondo romanzo di Luigi Romano per Europa Edizioni. Seguendo le indicazioni del proprietario di casa, il genitore del suo coinquilino finirà sulle tracce della metà mancante di quella libreria improvvisata, scoprendo una “storia nella storia” e lasciando il lettore sorpreso nell’intuire il motivo del drastico “taglio”. Sfogliando le 209 pagine il lettore conoscerà le vite di due ragazzi appassionati di canottaggio, scoprendo i loro amori, le loro passioni cercando di riflettere - insieme al narratore sulla metafora che si cela dietro l’immagine di copertina di un libro di piacevole lettura che proietta, fin dal primo capitolo, nell’atmosfera anglosassone in cui è ambientato. Attraverso una scrittura semplice e lineare che cerca di analizzare sentimenti e tematiche complesse, senza però mai indulgere in retorica o cliché, l’autore segue i personaggi nella loro crescita individuale che può essere vista come la crescita che ogni essere umano compie attraverso le varie fasi della propria vita. ARMANDO YARI SIPORSO La poesia di Garzya tra tempo e malinconia Pubblichiamo in anteprima ampi stralci della prefazione di Aurora Cacopardo al libro di poesie “La specchiera” di Giacomo Garzya (M. D’Auria Editore) in uscita a marzo. Giacomo Garzya sembra un poeta della classicità greca, comparso per caso in questo secolo di crisi umanistica e di valori, e ricorda la stirpe di poeti pagani che, da un luogo appartato, contemplavano le stagioni, la natura, gli animali, i fiumi insieme alla dolcezza degli amori, alla voluttà della carne, alle inquietudini dell’anima e, soprattutto, allo scorrere del tempo “...su quella linea / che divide il possibile / dall’impossibile, / si demarca la tua voglia / d’amare una ninfa, / che è lì sulla battigia, / lì al sole tra l’acqua e la terra / tra l’orizzonte e il cielo…”. In tutta la raccolta di sessantuno poesie (più quattro traduzioni in inglese di Jeff Matthews) circola sovente una riflessione malinconica ma non sconsolata perché è innestata nell’albero della vita la cui impronta è una barca che naviga oltre l’estuario dell’esistenza, per alcuni, per il Nostro oltre i mari del tempo e dello spazio, come cantava il grande mistico e poeta spagnolo Giovanni della Croce. La parola per il poeta è l’incontro tra luogo e tempo. Il mare è il labirinto ed è la ricerca della quiete; la navigazione è la metafora della vita che procede ora su mari tranquilli, ora in mezzo a tempeste. La malinconia non è mai una resa, per Garzya, bensì è piuttosto consapevolezza. Il sentimento del tempo che cammina tra le pieghe dei giorni e si fa memoria è un sentimento che ha attraversato tutto il ‘900, caratterizzando quelle metafore di straordinaria valenza estetica ed esistenziale. Molte poesie di Giacomo Garzya sono racconti marini e inni all’amore. Il lettore conoscerà il silenzio dei porti, lo stridio delle rondini e dei gabbiani, le voci dei pescatori, le voci degli amanti, conoscerà il terribile vento di scirocco, vedrà tutti i colori del mare: azzurro, blu, verde, nelle cui acque annegherà i suoi pensieri talvolta sconsolati. Il lettore godrà anche della limpidezza di un’alba come soffrirà della nebbia che tutto vela od offusca il cuore. Giacomo Garzya è come un viandante: si racconta, si dà un senso in un viaggio che diventa metafora del tempo. Nella poesia Lo spazio offre l’interpretazione della propria esperienza al di fuori del tempo e della storia come esperienza assoluta dell’uomo. Affida, quindi, al suo vissuto biografico un significato che riguarda tutti recuperando una funzione sia alla poesia sia alla sua figura di uomo dolente: “…e se è vero / che la memoria / non ossida il tempo / è anche vero / che il luogo amato / caro è / a ciascuno di noi / e resiste all’oblio”. Nella poesia che dà nome alla raccolta Una specchiera, tutto sembra fuggire e scomparire, primo protagonista il tempo che muta e tutto fa mutare, come se la storia avesse smarrito il suo ritmo lineare e continuo. Avvertiamo la divinità nascosta del tempo, un passo misterioso e uniforme che spegne tutte le differenze tra il prima e il poi, tra passato e presente. Ma c’è anche la nitidezza della luce: “quando i campi sono battuti / dal sole / in un’orgia di luce e di vento / in un’orgia di vita”. Le ultime tre poesie del libro di Giacomo Garzya sono dedicate a Vienna, a Trieste ad alla sua Bora e al mito ed alle figure del mito che hanno evocato nel poeta tempi lontani : Saba, Svevo, Joyce, Kafka, Freud, Musil. Poeti, scrittori che hanno tramandato un pensare mediterraneo e poeti che sono rimasti dentro le maglie di una idea di consapevolezza ed il luogo e la memoria sono un incontro fatale che non solo si percepisce per un rimando di tempo ma si vive come una interiorità che diviene esperienza storica. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (31) IL RACCONTO La pia supplica di Mariapia DOPO UNA MANGIATA SONTUOSA NON C’È COSA PEGGIORE CHE RIMANERE CHIUSI IN ASCENSORE. CHI SALVERÀ I NOSTRI EROI? Francesco Iodice Non esistono i presagi: il destino non manda araldi. È troppo saggio o crudele per farlo. (Oscar Wilde) Long John Silver, il mitico pirata e bucaniere, assunto come falso cuoco a bordo de L’Hispaniola ne “L’isola del tesoro”, scrisse - per mano di Björn Larsson - il diario della sua avventurosa vita. Alla stregua del filibustiere con una sola gamba, anch’io mi accingo a raccontare - non la mia vita, per carità, che finora è stata piuttosto normale (priva di avventure, ma anche di feroci uccisioni), solo un episodio che rese più emozionante - e anche più angosciante - il mio, fin qui faticoso, passaggio sulla terra. Ma, andiamo con ordine. Nella mia non breve vita congressuale medica ho girovagato molto e ho soggiornato in alberghi di ogni genere e tipo, ma quello di cui ci occuperemo ora era veramente bello. La più sontuosa e imponente villa di un danaroso locale era stata trasformata in albergo, nuovissimo ed architettonicamente quasi perfetto, circondato da un giardino grande dieci volte il fabbricato e dove, tra alberi e ulivi, fontanine variopinte emanavano zampilli di acqua che si versavano in vasche dove navigavano cestini di rose e orchidee. I colleghi, assieme alla segreteria organizzativa, non avrebbero potuto fare di meglio: il presidente del congresso, gentile ed euforico, al mio arrivo mi sussurrò in un orecchio: “È un cinque stelle. Ci starai da Dio”. Alla fine del secondo giorno ci fu la tradizionale, fastosa e curatissima cena sociale. In questa occasione di solito ci si sforza di avere l’idea più brillante, di scegliere (oggi con parola molto in voga) la “location” più caratteristica, insomma di organizzare un evento che resti memorabile, anche con l’aiuto di iphone, smartphone e tablet che imperversano dappertutto, dandoci una finta socializzazione, ma in realtà contribuendo alla nostra solitudine. Anche stavolta la regola era stata rispettata: la scelta era caduta sulla casa colonica “Tenuta la Baronessa“, una volta antica e caratteristica dimora di proprietari terrieri che producevano (con l’aiuto di vigoroso bracciantato) olio e vino; il cortile era immenso (sembrava quello della pirandelliana Giara); l’insieme era definito “Il Paradiso fra gli ulivi”. Presentava solo un “piccolo” inconveniente: si trovava a novanta chilometri dall’albergo, equivalenti a due ore di viaggio sobbalzante (32) in autobus, lungo viottoli circondati da ulivi con radici millenarie. A complicare il tutto, una serie di disguidi ritardò la partenza che fantozzianamente avvenne quasi alle dieci di sera. In compenso, la cena - incominciata quasi a mezzanotte - fu splendida; tutta la ricca cucina regionale ci fu offerta senza risparmio, né di fatica, né di denaro, gli organizzatori sorridevano gongolanti di soddisfazione. Poco dopo le due, al levar delle mense - altrettanto fantozzianamente - iniziò il ritorno a casa. Partecipanti e accompagnatori erano a dir poco decotti: stanchi mentalmente, fisicamente e con l’aggravante della replezione gastroenterica. Mi venne in mente l’aneddoto del grande giornalista Mario Stefanile, critico letterario e gastronomico de Il Mattino, secondo cui Mussolini in Sicilia aveva fatto costruire le case per i minatori a quattro ore di viaggio dalla miniera per cui il minatore partiva di casa alle quattro del mattino e tornava a mezzanotte, chiedendosi: “Nelle quattro ore che mi restano cosa posso fare: mangiare, dormire o ottemperare agli obblighi coniugali?”. Durante l’ondeggiante percorso nella campagna, tutti dormivano tranne la piissima moglie dell’amico Michele, la cara Mariapia, che, da buona astemia, era vispa e loquace: “Ho come un presagio, speriamo che l’autista non si addormenti e che tutto vada bene”. Tutto andò bene, giungemmo nel parco dell’albergo alle tre e cinque minuti! Scesi dal bus barcollando e, rischiando di precipitare lungo gli alti scalini, mi portai assieme agli altri penosamente alla porta dell’ascensore, bofonchiando che i primi due piani sarebbero stati raggiunti a piedi, gli altri con l’ascensore. Avendo la camera al quarto piano rimasi fermo davanti alla porta, mentre la mia gentile signora - sempre attenta al suo pesoforma - salì per le scale invitandomi inutilmente a seguirla. Nel vano chiuso che saliva eravamo in sette, ognuno probabilmente pensava al suo programma notturno e a quello che avrebbe fatto tra pochi secondi, ma l’uomo propone… Improvvisamente avemmo un sobbalzo e la cabina si arrestò. Il più rapido premette l’allar- Si chiama «Più librerie e meno pensiero fritto», la campagna di sensibilizzazione alla lettura e alla difesa dei centri culturali che Iuppiter Edizioni ha lanciato in questi mesi. L’iniziativa prevede video virali per la promozione del libro, adesivi «di pensiero» distribuiti nei luoghi di aggregazione, incontri sull’evoluzione dell’editoria e un docufilm dal titolo «La rivolta dei libri». CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 me, il più pauroso cominciò a strillare:”Aiuto, aiuto! Liberateci!”. Solo Mariapia aveva il solito volto serafico con su stampato un innaturale sorriso: ”State calmi, tra poco tutto sarà finito perché ora faccio una supplica a Padre Pio e Lui ci esaudirà “. Detto fatto tirò fuori dalla borsa un velo (che aveva sempre a portata di mano per ogni chiesa o luogo sacro che incontrasse), se lo mise in testa, si girò verso una parete e cominciò a sussurrare preghiere. Un collega quasi piangeva perché, essendo affetto da disturbi cardiaci , doveva prendere dei farmaci che aveva dimenticato di portare al ristorante. Intanto da fuori ci esortavano a stare tranquilli perché il portiere di notte stava cercando le chiavi per farci uscire. Trascorse un angoscioso quarto d’ora senza risultato, poi qualcuno gridò dall’esterno che il portiere era alla sua prima notte di servizio e non sapeva dove fossero le chiavi, ma prima o poi le avrebbero trovate. I “prigionieri”, attanagliati dalla paura, tacevano, cercavano di darsi un contegno dignitoso, ma erano tutti tesi con gli occhi sbarrati; pensai maliziosamente che forse qualcuno di loro aveva - come me - impellenze organiche. Mi ricordai degli esercizi suggeritimi dall’amico urologo Raffaele Ranavolo e cominciai a contrarre i muscoli perineali allo scopo di trattenere tutto, il più possibile. Intanto, se n’era andato un altro quarto d’ora, ma Mariapia imperterrita, continuando le sue implorazioni al santo, disse:” Coraggio, fra poco Lui ci farà uscire”. Si sentivano grida al di fuori:” Finalmente, i pompieri stanno arrivando! Tenete duro!”. Tenemmo duro, ma un giovane collega, cominciò a sbuffare:” Mamma mia, sono quasi le quattro e alle sette ho la breakfast-session. Cosa andrò a…..”, ma fu interrotto da un frastuono metallico e da tanti altri rumori. Erano i vigili del fuoco che finalmente stavano svellendo qualche porta per ridarci la sudatissima libertà. Passarono ancora alcuni interminabili minuti, poi finalmente, arrivati al piano, la porta si aprì e tutti e sette, senza nemmeno accorgercene, ci trovammo nel corridoio. Mariapia gridava: “È stato Lui, finalmente ci ha fatto la grazia!”. “No” obiettò il marito “sono stati i pompieri”. Abbracci, baci, offerte di soccorso, molti porgevano bicchieri con acqua minerale, ignorando che l’acqua non avevamo bisogno di ingurgitarla, ma... Eppure, stranamente - una volta libero - non sentii più alcuno stimolo: evidentemente, il poter disporre delle mie azioni e del mio tempo riduceva notevolmente la percezione e la conduzione delle vie nervose. Erano ormai le quattro e dieci, già cominciava ad albeggiare. Mia moglie Ines mi guardò storta e sentenziò: “Te l’avevo detto di salire a piedi!”. Dopo una settimana, mi arrivò una raccomandata con ricevuta di ritorno della direzione dell’albergo che si scusava dell’angoscioso contrattempo e offriva un fine settimana gratis per due nella suite panoramica all’ultimo piano, con roofgarden a disposizione. Risposi: “ Gentilissimi signori, accetto, ma la suite deve stare a piano terra!”. (con la collaborazione di Francesca Pia Manna) SOCIETÀ&COSTUME Marianna, la scugnizza del teatro Livia Iannotta Spontanea, solare, mediterranea. La grinta gliela leggi negli occhi. Anche se non li vedi perché la voce ti arriva filtrata da un telefono per un’intervista di venti minuti a distanza. Attrice, cantante, Marianna Mercurio ha esordito da protagonista nel recital “C’era una volta… Scugnizzi”, per poi misurarsi accanto a nomi noti della platea teatrale. Un’artista a tutto tondo, cresciuta nei vicoli del ventre di Napoli e approdata in poco tempo ai grandi palcoscenici. Dal 19 febbraio al 15 marzo torna in scena al teatro Bellini con “Dignità autonome di prostituzione” (regia di Luciano Melchionna) nei panni della Malafemmena. «Pièce originale – racconta l’attrice – perché risalta la fragilità di Filumena celata dietro l’apparente donna di pietra presentata da Eduardo». Ma torniamo indietro, agli inizi. Come ti sei accostata alla recitazione? «Facevo parte del coro della Gioventù francescana. In quegli anni un regista mi notò e mi invitò a partecipare ad uno spettacolo con una compagnia minore. Da lì mi consigliarono di fare il provino per il musical “Scugnizzi”. Fui presa e parallelamente iniziai una serie di spettacoli in cui alternavo canto e recitazione, tra cui: “Masaniello” con la regia di Tato Russo e “Festa di Piedigrotta” di Lello Mascia con musiche di Eugenio Bennato, in cui avevo il ruolo di cantante solista». E infatti nelle tue vene scorre anche la musica… «Amo la musica, ma sul palcoscenico. Non mi sono mai immaginata che so, a Sanremo. Per me vedo un futuro da cantante-attrice che mette su i suoi spettacoli. Mi dedico anche alla scrittura di recital». Hai lavorato con Luigi De Filippo in “Cani e gatti”, con Sal Da Vinci in “Napoli chi resta chi parte”. Cosa ti hanno lasciato questi artisti? «Nello spettacolo con Sal Da Vinci interpretavo quattro ruoli differenti. È stato soprattutto un insegnamento musicale. Lui non è mai giù di corda e mi ha “addestrata” ad essere sempre pronta. Con De Filippo invece ho lavorato per cinque anni, girando i teatri più importanti d’Italia (Della Pergola a Firenze, Argentina a Roma) con diversi spettacoli (“L’avaro”, “La fortuna con la effe maiuscola”). De Filippo mi ha dato modo di farmi una cultura teatrale, trasmettendomi nozioni sul teatro storico e consigliandomi libri da studiare di Molière, Checov...». Marianna Mercurio (nella foto), attricecantante, ha debuttato nel musical “C’era una volta...Scugnizzi”. Ha lavorato con Luigi De Filippo in “Cani e gatti” e con Sal Da Vinci in “Napoli chi resta chi parte”. Hai avuto esperienze anche nel cinema… «Ho iniziato con ruoli in “Un posto al sole” e “La squadra”, ho girato anche una fiction con Bud Spencer, “I delitti del cuoco”. Recentemente ho recitato in “Perez” di Edoardo de Angelis e “Due euro l’ora” di Andrea D’Ambrosio. Sul teatro mi sento più ferrata, viste le numerose esperienze. Ma amo anche il cinema, lo sento più vicino a me rispetto alle fiction televisive. Più di una volta mi hanno detto che ho un volto e una voce adatti al grande schermo. Io spero di continuare ad alternare cinema a spettacoli musicali. E un domani, chissà, lavorare al fianco di registi come Almodóvar, Ozpetek, Pupi Avati, Tornatore e Stefano Incerti». Se dovessi definire il teatro nella tua vita? «È stato una salvezza. Sono ultima di dieci figli, ma nonostante le difficoltà, dai vicoli sono diventata una “scugnizza acculturata”. Un bell’esempio per i giovani del quartiere. Infatti a Marano, dove vivo, giro spesso per le scuole e sono direttrice artistica di un corso di recitazione per bambini. Penso anche che il teatro allunghi la vita: in scena vivi due volte. Reciti ma non fingi. Se non sei vera il pubblico ti smaschera subito». AWplus, arte e cultura a Pomigliano Una factory di eventi, vernissage, incontri culturali. AWplus, inaugurato il 19 dicembre scorso in via Alba a Pomigliano d’Arco, si presenta al pubblico come un contenitore di arte e creatività. Quale luogo migliore per discutere di un libro che proprio nelle idee ha il suo fulcro? Si è tenuta nel pomeriggio del 29 gennaio 2015 la presentazione del volume «Con le zampe di elefante» di Silvio Fabris (Iuppiter Edizioni), una guida alla pubblicità tra aneddoti, curiosità ed un pizzico d’ironia. Con l’autore, in quello che si è rivelato uno scambio di visioni e opinioni, si è interfacciato Pino Grimaldi, docente di design all’Accademia Belle Arti di Napoli. A introdurre l’incontro, e a fare gli onori di casa con un aperitivo chic, Simona Sanseverino, tra i fondatori di AWplus. (l.i.) Frutti del lavoro, ad aprile la «prima» con Decaro Sarà presentato ad aprile il cortometraggio “I frutti del lavoro”, l’opera targata Iuppiter Movie del regista e sceneggiatore salernitano Andrea D’Ambrosio, già autore di documentari di denuncia tra cui Biùtiful Cauntri. Il tour promozionale avrà come prime tappe Vibonati, Salerno e Napoli. Protagonista della storia è Carlo, insegnante tornato al proprio paese per lavorare in una scuola elementare, che si affezionerà al piccolo Dario, vivace e sensibile bambino al cui padre accade un grave incidente sul lavoro. Nel ruolo del protagonista Enzo Decaro (nella foto), il famoso attore porticese con una carriera spesa tra cinema, teatro e televisione, mentre la vera novità del corto è l’esordio cinematografico nel ruolo di Dario del napoletano Gabriele D’Aquino, che a nove anni può vantarne già quattro di esperienza in teatro oltre ad una partecipazione al Napoli Teatro Festival. Un cast di qualità dal quale citiamo gli attori Alberto Franco, Umberto Iervolino ed Eva Immediato. Prodotta dalla società Iuppiter Group che, dopo il campo dell’editoria e della comunicazione, esordisce in quello cinematografico con il marchio Iuppiter Movie, l’opera si pone un doppio fine: quello di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul delicato tema delle morti bianche e della sicurezza sul lavoro ma anche di mostrare le bellezze e i tesori del Golfo di Policastro. Avvalendosi del sostegno dell’INAIL e dell’Università di Salerno, dei contributi del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, della Banca di Credito Cooperativo del Cilento e Lucania Sud, della Consac Gestioni Idriche, e del patrocinio del Comune di Vibonati, la produzione, che ha già in cantiere un docufilm sui beni confiscati, e il regista D’Ambrosio, che ha da poco terminato le riprese del film “Due euro l’ora”, hanno scelto come location il borgo salernitano di Vibonati sia per l’innato “talento” paesaggistico sia per le caratteristiche di un territorio che è stato set ideale per la riprese. E, grazie all’interessamento di enti pubblici e a sinergie con associazioni e centri di aggregazione, il cortometraggio avrà un respiro nazionale con la partecipazione a festival dedicati a tematiche sociali, con l’obiettivo di promuovere il lavoro sicuro, per goderne i frutti. IGNAZIO SORIANO CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (33) MODE&MOVIDA NIGHT STORM Fabio Tempesta DI MEGLIO, ED È SUBITO SOUND Nelle notti della movida partenopea è anche conosciuto come Swared. Lino Di Meglio, napoletano classe 1972, segno della Vergine, ha la passione per la musica che gli scorre nel sangue da sempre. Inizia la sua carriera, come spesso accade, organizzando feste insieme agli amici e da lì, grazie a talento e tenacia, approda con il suo sound in alcuni dei club più importanti di Napoli, tra cui My way, Capoverede, Punto Blanco. Dopo aver lavorato per sei mesi come dj in Spagna, nel 1992 torna in Italia, entra a far parte degli Angels of Love, con cui suonerà per 14 anni, e si esibisce con i migliori dj's del mondo. Tra questi: Murk, Danny Tenaglia, Frankie Knuckles, Justin Berkmann, David Morales, Little Louie Vega. E italiani: Ralf, Alex Neri, Massimino Lippoli, Ivan Iacobucci, Ricky Montanari, Claudio Di Rocco. Nel 1998 forma il gruppo Club House, che in breve tempo conquista notevole successo. È nel 2000 che esce il suo primo album, intitolato "Experience HC", per l'etichetta Test Pressing, che gli dà anche la possibilità di remixare alcuni brani, come Many time di Gadjo, rilasciato da Oxyd Records. Contemporaneamente continua a produrre suoi brani con varie etichette e a girare i migliori locali italiani e stranieri. Ma Lino è anche un produttore. E nel 2014 fonda una sua etichetta: la House Club Records. Oggi collabora con molti grandi artisti, continua la sua professione con la passione che lo contraddistingue da sempre ed è un felice papà. Se gli chiedi, infatti, cosa ama di più nella sua vita, sul podio, al primo posto, piazza i figli. Cosa odia invece? La falsità, l’ipocrisia, la superficialità. Bella gente I favolosi 40 anni di Andrea Bachrach Il 16 gennaio scorso Andrea Bachrach, Amministratore Delegato della S.T.I. Srl ed ExPresidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell'Unione degli Industriali di Napoli, ha festeggiato i suoi primi 40 anni. Per il raggiungimento di un traguardo così importante Bachrach ha organizzato un esclusivo party al Teatro Posillipo per amici e colleghi che si sono concessi un bel momento di divertimento tra piatti prelibati e dance music. A mezzanotte, tra baci e abbracci, lo spegnimento delle candeline per l'inizio di una seconda giovinezza, affiancato dalla compagna Chiara Romano e circondato dal calore dei suoi amici più cari. Tra gli invitati l'attuale Presidente GGI Napoli Susanna Moccia, il Vice Presidente Nazionale Vincenzo Caputo, il Presidente dei Giovani Costruttori Antonio Giustino; gli imprenditori Claudio Agrelli, Guglielmo La Regina, Sergio Iavarone, Marco Scherillo, Diego De Luca, Gioia De Simone, Marco Montefusco; gli amici del basket Francesco Notaro, Michele Tempesta, Mauro Buongiovanni; nonché Renato Galli, Floriana Fabbrini, Tommasina D'Onofrio, Gianluca Battaglia e Piergiorgio De Geronimo. di Tommy Totaro BLES creazioni più gustose e rinomate: stella, canotto, girandola e racchetta che si differenziano tra loro per il numero dei gusti “a piacere”. «E tutto gira come gira il mondo che poi non gira se non giri tu, bisogna sempre andare fino in fondo, si sì buon we wagliò». Duemila visualizzazioni in pochissimi giorni su Youtube. Risulta essere la Hit della prossima estate. Il nuovo brano “Come gira il mondo” cantato da Bles (nella foto). (34) DOMENICO AURIEMMA STEFANIA DE FRANCESCO GIOVANNI MATARESE Diffidate dalle tante imitazioni, il vero inventore della pizza a stella è Giovanni Matarese che si protagonista femminile del musical “Stelle a Metà”. destreggia tra il Bob E Claire di Arcofelice e i Giardini di Marilù a Pozzuoli. Tra le sue CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 Difficile classificare Stefania De Francesco (nella foto), attrice di teatro, cinema e soprattutto tv nella soap Un posto al sole. Con un curriculum altrettanto eclettico: dal “ritratto di un divo”, musical con Massimo Ranieri a “C’era una volta Scugnizzi” di Claudio Mattone, fino alla recente partecipazione come È inventore dell’occhiale DStyle, quello più amato dai vip s’intende, che tra non molto sbarcherà a Dubai per un evento Made in Italy di cui sarà protagonista. Con passione, dedizione e tenacia il buon Domenico, realizza i suoi occhiali in celluloide, personalizzabili e completamente a mano. Sono impossibili da riprodurre. TEATRI SGUARDI LONTANI Francesco Iodice GLI SPETTACOLI DA NON PERDERE DaWagner aTornatore Al Teatro Bellini, dal 17 al 22 marzo, sarà in scena «Una pura formalità», spettacolo tratto dal film omonimo del 1994 del regista Giuseppe Tornatore (nella foto). Al Sannazzaro, invece, dal 6 marzo si potrà assistere a «Il berretto a sonagli», il capolavoro pirandelliano riportato sul palcoscenico del teatro di Chiaia da Luigi De Filippo. Teresa Mori A Napoli il teatro va in scena con la “T” maiuscola in tutte le sue variopinte forme. Grandi produzioni, piccole realtà, pezzi di repertorio e pièce sperimentali. Un po’ di tutto per accontentare davvero tutti. Nella terra dell'umorismo amaro, della teatralità cromosomica, la messa in scena è a 360 gradi. Prosa, lirica, balletto, concerti, sperimentazione e umorismo. L’umorismo amaro. Uno dei tratti che contraddistingue il napoletano, ovunque. È la parte pungente della comicità. Di quella comicità che fa anche riflettere, non solo divertire. Quella amarezza su cui i De Filippo hanno fatto scuola. Un teatro che serve alla società, che lotta contro l'ignoranza, che punta al recupero dei sentimenti autentici, che riesce a scavare nell’animo umano. Iniziamo col nostro Massimo, il Teatro di San Carlo, il lirico più vecchio d'Europa ed uno dei teatri più belli del mondo: dal 22 febbraio al 5 marzo ritorna Tristan und Isolde di Wagner, nel- l’allestimento vincitore del premio Abbiati 2005. Dal 21 marzo al primo aprile sarà invece in scena la Turandot di Puccini, per la regia di Roberto De Simone, le scene del sancarliano Nicola Rubertelli (direttore degli allestimenti scenici), i costumi della grande Odette Nicoletti, e la direzione di Juraj Valčuha che si alternerà con il giovane Maurizio Agostini. La stagione sinfonica vede invece due grandi occasioni d’ascolto: venerdi 27 febbraio e domenica 1 marzo, Zubin Mehta e Lioba Braun. In programma la Sinfonia n.3, in re minore di Gustav Mahler. Il 7 e l’8 marzo torna, a grande richiesta, il virtuoso del violino David Garret. Dirige l’orchestra del San Carlo il texano John Axelrod. Passiamo al Mercadante: dal 25 febbraio al 15 marzo continua la parabola cecoviana iniziata durante lo scorso Napoli Teatro Festival con Tre sorelle, per la regia di Claudio Di Palma. La produzione è interamente del Teatro Stabile di Napoli. Passiamo al San Ferdinando, sala di pertinenza GUAI A CHI TOCCA LE OPERE DI EDUARDO Il viso scarnito e malinconico, la voce afona e velata dovuta agli abiti umidi indossati nei primi camerini teatrali scavati nella roccia, la sottile ironia e la franca umanità di Eduardo De Filippo – il più grande attore del teatro italiano del ‘900 – salutavano per sempre il pubblico il 31 ottobre 1984. Oggi ha ancora un senso ricordare aneddoti sulla vita e sul pensiero del grande drammaturgo, su cui tutti pretendono di sapere tutto? Diremmo proprio di sì, specialmente se quello che si racconta su di lui è poco noto al grande pubblico, per cui gli dedichiamo questo “Sguardo”. La sua creatività umoristica fu evidenziata da Carlo Giuffrè – che fu uno degli attori giovani della compagnia – quando ci raccontò che spesso lo andava a prendere a casa sua per accompagnarlo alle prove in teatro; erano tempi magri, Eduardo era all’inizio della carriera e anche per lui non c’era da scialare tanto. Una mattina, entrato nell’appartamento, Giuffrè trovò Eduardo che cercava di scegliere nell’armadio l’abito adatto, ma era perplesso su cosa indossare perchè erano tutti vecchi e sgualciti. Eduardo guardò Giuffrè e poi, con finta indifferenza, esclamò: “Carlo, sai che c’è di nuovo? Oggi mi voglio vestire un po’ trasandato!”. La sua proverbiale, diciamo così, parsimonia viene fuori anche dalle parole della giovane comparsa, mio vicino di casa. Un giorno del Teatro Stabile, leggermente decentrata, ma forte di una programmazione saldamente ancorata al repertorio partenopeo. Dal 24 febbraio al primo marzo, ritorna Circo equestre Squeglia, testo e musiche originali di Raffaele Viviani, regia Alfredo Arias. Le meravigliose scene sono di Sergio Tramonti, i costumi di Maurizio Millenotti, il disegno luci di Pasquale Mari, gli arrangiamenti musicali di Pasquale Catalano e le coreografie di Luigi Neri. Dal 10 al 15 marzo si continua col teatro di De Filippo con Dolore sotto chiave per la regia di Francesco Saponaro. Arriviamo poi alla piccola sala del Ridotto che porta in scena una rassegna dedicata alle opere di Peppino Patroni Griffi. La Notte blu del tram (dal 5 al 14 marzo, per la regia di Pino Carbone, chiuderà il ciclo Storie naturali e strafottenti. Passiamo ad una realtà piccola ma molto interessante, che da quarant’anni resiste e dà spazio a diverse forme d’arte. Il Sancarluccio, lo storico teatro in via lo incontrai per le scale mentre parlava tra sé e sé; mi guardò e sbuffando confessò: “Sono appena venuto da Firenze dove abbiamo recitato al Teatro della Pergola in Ditegli sempre sì. Nientemeno Eduardo sai quanto ha dato di paga alle comparse? La bellezza di 1500 lire al giorno per viaggio, vitto e alloggio. Se non era papà che mi dava i soldi…” (e meno male che il ragazzo era figlio di un ricco commerciante di piazza Mercato!). Infine, il genio di Eduardo rifulse nel Corso di drammaturgia teatrale che tenne a Roma nel 1981. Uno degli studenti partecipanti alla selezione riferì che le parole del grande artista rimasero impresse nella mente degli aspiranti attori. “Forse tra voi c’è un solo drammaturgo o nessuno, perché non ne nascono molti in un secolo, ma se il teatro vi appassiona c’è posto per voi come comparse, attori, costumisti, attrezzisti, trovarobe. E, ancora: “Quando mio padre intuì le mie doti letterarie, mi consigliò di leggere tutto Shakespeare e di frequentare per un anno l’aula di un tribunale. Lo feci e per questo motivo i miei personaggi sono descritti come se li avessi visti nella realtà. Non sopporto però chi smonta le commedie, maledico fino alla settima generazione chi oserà cambiare una virgola di una mia commedia”. Siamo ora preoccupati per il regista Latella che ha fatto comparire addirittura un parricidio nel corso di Natale in casa Cupiello andato in scena a Roma al teatro Argentina nello scorso dicembre. San Pasquale a Chiaia vede in scena dal 22 febbraio al 1 marzo Anna Pavignano in Da domani mi alzo tardi. Abbiamo poi il Sannazzaro che in primavera ospiterà un vero evento artistico: Luigi De Filippo ha infatti voluto riportare su questo glorioso palcoscenico un’opera frutto dell’impegno di Pirandello e di De Filippo. Dal 6 marzo si potrà assistere a Il berretto a sonagli, capolavoro dell’autore siciliano. Dal 27 febbraio andrà in scena ancora Gino Rivieccio in Io e Napoli, mentre dal 13 marzo Simone Schettino sarà protagonista di Se tocco il fondo sfondo. Passiamo alla sala del Teatro Bellini che da sempre ospita le più eterogenee forme di rappresentazione. Dalla danza sperimentale alla classica prosa fino ad arrivare al teatro defilippiano della tradizione. Dal 19 febbraio al 15 marzo torna Dignità autonome di prostituzione dopo l’enorme successo delle due passate stagioni. DAdP è la "Casa chiusa" dell'Arte, dove gli attori – come prostitute – sono alla mercé dello spet- tatore. Rigorosamente in vestaglia o giacca da camera, adescano e si lasciano abbordare dai clienti/spettatori che, muniti di “dollarini”, il denaro locale acquisito con il biglietto d'ingresso, – contrattano il prezzo delle singole prestazioni. Questo format è stato ideato e riadattato da Luciano Melchionna. Dal 17 al 22 marzo sarà invece in scena Una pura formalità, dal film di Giuseppe Tornatore uscito nelle sale nel 1994. Una lunga misteriosa storia in cui un uomo aiuta un altro uomo a cercare di capire quel viaggio a volte stupendo e a volte terribile che è la vita. Per finire, dal 24 al 29 marzo, troviamo Orchidee, scritto e diretto da Pippo Del Bono. Chiudiamo con la vivace sala di via Luca Giordano: al Teatro Diana è già in scena dal 4 febbraio (e lo sarà fino al 15 marzo) lo spettacolo scritto e diretto da Vincenzo Salemme, Sogni e Bisogni. Da lunedì 16 marzo avremo invece Beppe Severgnini, in La vita è un viaggio. La piece sarà accompagnata dalle musiche di Elisabetta Spada. CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (35) LAPILLI Terni&Favole. In città c’è grande attesa per la venuta di Papa Francesco. Alla tabaccheria Postiglione di Largo Ferrandina a Chiaia, è l’argomento di punta che scalza tutti gli altri. C’è chi crede che sia una “visita” di grande importanza per risollevare le sorti della città, c’è chi, invece, disincantato e sfiduciato, è convinto che sia un tour spiritualmente rispettabile ma purtroppo inutile. Intanto, però, nel bla bla quotidiano e nella confusione della mattina, Alberto Postiglione, dalla sua postazione inondata di gratta&vinci e proposte di numeri vincenti, lancia nella mischia la sua combinazione “pontificia” per tentare di sbancare il lotto: «I numeri del Papa sono questi: 21 (il giorno in cui verrà a Napoli), 73 (il papa), 90 (il popolo). Terno da giocare sulle ruote di Napoli, Roma e Milano, almeno per 9 estrazioni. A questo terno abbinerei anche i seguenti numeri: 84 (la chiesa) e 33 (i santi e gli anni di Cristo)». Mentre continua la discussione sul percorso che il Santo Padre farà il giorno 21 marzo, Postiglione, sgranando i suoi occhi chiari, propone un altro filotto di speranza: «Consiglio, poi, di puntare sul terno pasquale: 5 (la domenica di Pasqua), 21 (la primavera), 81 (i fiori, la rinascita). Terno da giocare su tutte le ruote e su Napoli almeno per 10 estrazioni». Wine&Thecity, ebbrezza al potere SI TERRÀ A NAPOLI, DAL 6 AL 20 MAGGIO, LA RASSEGNA ITINERANTE DEDICATA AL BUON BERE Armando Yari Siporso Torna a Napoli dal 6 al 20 Maggio Wine&Thecity il fuori salone del vino nato nel 2008 e diventato, negli anni, la più originale e vivace rassegna di creatività urbana. Giunta quest’anno alla sua ottava edizione, la rassegna, con lo slogan “Vivi l’#ebbrezza di Napoli, la città più irrazionale che esiste”, rientra nel calendario degli eventi speciali di NAPOLIperEXPO’. Nei 15 giorni, di “eventi OFF” e “circuito on the road” saranno coinvolti vari luoghi della città: dal sottosuolo al mare, dalle vigne metropolitane alle vie dello shopping. Parteciperanno palazzi storici e sedi museali, case private, atelier d’artisti, alberghi, negozi e gallerie d’arte e design, ristoranti e pizzerie. Particolarmente ricca l’offerta culturale tra performance artistiche, flash mob, teatro, itinerari urbani, degustazioni itineranti. Diverse competenze, eccellenze, espressioni artistiche, si metterano in gioco con un insieme di linguaggi. Wine&Thecity nasce da un’idea di Donatella Bernabò Silorata e vede all’opera un team tutto al femminile. È una festa mobile, un evento diffuso e in movimento, una rassegna di creatività urbana che si reinventa ogni anno. È un’azione collettiva che mette in rete menti creative e in moto la città di Napoli. Azioni di arte pubblica, vernissage, performance, aperitivi, cene e degustazioni in case private, teatro in spazi non convenzionali, itinerari urbani insoliti, mostre di fotografia e di design, happening musicali invadono e animano la città per quindici giorni nel mese di maggio. Contaminazione, nomadismo, convivialità nutro- no la rassegna che vanta il patrocinio del Comune di Napoli. E proprio al conceto di contaminazione è ispirato logo dell’edizione 2015 - disegnato da Marialuisa Firpo che ha spiegato il suo perorso creativo: “Ho paragonato ogni ambito della rassegna ad un insieme matematico, ogni tema ha così una propria individualità, ma anche zone in comune con gli altri, punti di contatto, in cui gli elementi si mischiano e si contaminano. Ogni insieme è rappresentato da un cerchio, emblema del movimento, perché Wine&Thecity è da sempre una manifestazione in movimento. Santanelli: «Napoli? Città disperata e surreale» Nel 1943 una nave carica di esplosivo salta in aria nel porto di Napoli, sbriciolando i vetri delle case. Si rimedia al danno come si può, ci si arma di fantasia in qualche caso. Un medico usa radiografie come rattoppi. Alla luce del sole, suo figlio, un bimbo di quattro anni, vede la casa popolarsi di teschi, casse toraciche e tibie. Quell’ometto era Manlio Santanelli (nella foto), autore teatrale, napoletano, classe 1938. E questo è l’episodio che apre la biografia sulla sua pagina web. Scenetta calzante per una pièce da palcoscenico o lo spezzone di un film. C’è il dramma, e anche una punta di assurdo. «È la spina dorsale della mia drammaturgia - racconta Santanelli - la bussola della mia scrittura. Anche quando parlo di Napoli, non posso che muovermi sul filo del paradosso». Partiamo dagli ultimi progetti... «Sta girando nei teatri la mia commedia “Regina madre”, che a Milano sta riscuotendo un grande successo. Il mio teatro lo riassumerei in quest’opera, che ha percorso tutto il mondo, tradotta in 21 lingue e che sta avendo nuova vita in Italia, dopo 35 anni, con Antonello Avallone e Milena Vukotic. Poi a breve, nei primi di marzo, uscirà un libro di rac- (36) conti intitolato “Religiose, militari e piedi difficili”. Era l’insegna di un ciabattino del centro storico di Napoli che faceva le scarpe alle monache, ai militari e ai piedi irregolari. Il titolo riassume la marginalità, l’eccezionalità dei miei racconti. Storie politicamente scorrette, casi limiti, ossessioni, paradossi». Il suo debutto nel teatro è stato “Uscita d’emergenza”, nel 1980. Fino ad allora lavorava alla Rai di Napoli. Come mai questo cambio di rotta? «Alla Rai, in cui mi ero ritagliato il ruolo di assistente alla prosa, sotto ai miei occhi è passato quasi tutto il teatro della seconda metà del Novecento. Ho visto i lavori dei registi e sceneggiatori che hanno fatto la storia della televisione. Quando ho ritenuto di essere preparato e di possedere un’esperienza solida ho cominciato a scrivere». Ma come si scrive il buon teatro? «C’è bisogno di una lunga esperienza di lettura. La peculiarità è ideare storie che non siano legate alla cronaca immediata, altrimenti si esauriscono presto travolte da eventi nuovi. Quando si scrive una commedia bisogna trovare un nodo drammaturgico che abbia una valenza nel tempo, cercare nella realtà CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 una situazione che funge da archetipo. Ad esempio rapporti madre-figlio, fratello-sorella, padrone-sottomesso, che si mantengono pressoché immutati». Nelle sue opere cerca sempre di scavare nell’animo umano. Se dovesse farlo nell’uomo medio di oggi? «C’è un rischio nella scrittura: quello di cadere sempre nella stessa poetica. Io cerco di percorrere nuove strade, tentando di afferrare la realtà che muta continuamente sotto ai miei occhi. La scrittura è un po’ come una corsa a ostacoli, devi essere in grado di stare al passo, di cogliere le evoluzioni. Nell’uomo medio di oggi sicuramente ritroverei esasperate certe situazioni che trent’anni fa erano soltanto all’origine». Se le chiedessero di scrivere un programma culturale per Napoli su cosa punterebbe? «Per Napoli ho scritto diversi lavori. Uno di questi, “Per oggi non si cade”, è balzato anche alle cronache giornalistiche perché riguardava il problema dello smaltimento dei rifiuti. Ho immaginato un personaggio che scampa a un pericolo di morte, ovvero a un sacchetto di immondizia che dal quarto piano di un palazzo gli sta per cadere addosso e sera che Dio sospenda la forza di gravità. Il giorno dopo tutti si acorgono che la roba gettata dai balconi galleggia nell’aria. La grazia non dura che un giorno, quello successivo vengono seppelliti dalla loro stessa spazzatura. Quando parlo di Napoli mi piace farlo sempre in maniera surreale. Solo attraverso l’ironia si può accettare la disperazione di una città che ha un suo innegabile malessere». LIVIA IANNOTTA LAPILLI Levania, poesia che emoziona SUCCESSO DELL’EVENTO DI PRESENTAZIONE DEL TERZO NUMERO DELLA RIVISTA DIRETTA DA EUGENIO LUCREZI Successo per il reading di Levania, la rivista di poesia edita da Iuppiter Edizioni, tenutosi mercoledì 4 febbraio presso la sede dell’associazione culturale MA alla presenza degli artisti e dei redattori del volume che è giunto con questo numero alla sua terza edizione. Levania è una rivista semestrale di poesia fondata da un gruppo di poeti e intellettuali, tutti campani: Carmine De Falco, Marco De Gemmis, Costanzo Ioni, Eugenio Lucrezi, Paola Nasti, Marisa Papa Ruggiero, Enzo Rega ed Enza Silvestrini. Il terzo numero della rivista, che pubblica inediti di autori italiani e internazionali, si apre con l’editoriale del direttore Lucrezi, incentrato sulla centralità del simbolico nelle arti. Da non perdere la lettura di un’ampia scelta dei nuovi taccuini di Stelio Maria Martini, grande autore dell’Avanguardia, che svariano tra poesia e filosofia, cinema e politica, passato e futuro delle arti. Vi sono poi due poesie di Franco Buffoni, accompagnate da uno scritto dell’autore; un sonetto di Mariano Baino, poeta che scrive romanzi inaspettati e un poemetto di Angelo Petrella, romanziere e autore di versi inattesi, entrambi introdotti da Lucrezi; le traduzioni in portoghese di Ana Luìsa Amaral delle poesie di Emily Dickinson, accompagnate da versioni in italiano di Luca Benassi, Bruno Galluccio e dei redattori De Falco, Lucrezi e Nasti, alla quale si deve anche lo scritto introduttivo della sequenza; l’esordio in versi di Flavia Balsamo, accompagnato da una nota di De Falco. L’artista del numero è Carlo Bugli, le cui tavole stralunate e furibonde sono introdotte da un testo critico di Marco De Gemmis. In coda, le recensioni di Marco Palladini, Sergio Spadaro e dei redattori Lucrezi, Nasti, Papa Ruggiero e Rega ai libri recenti di Gianni Toti, Carlangelo Mauro, Stelvio Di Spigno e Carla Saracino, Pino Vetromile, Marco Palladini, Biagio Cepollaro, Ferdinando Tricarico, Annamaria Ferramosca e Giorgio Linguaglossa. (m.t.) L’ORA LEGALE Adelaide Caravaglios L’ESAURIMENTO (NERVOSO) NON È UN’OFFESA Anche l’esaurimento nervoso dinanzi ai Supremi Giudici! Questa volta i magistrati di legittimità si sono trovati ad intervenire per dirimere una controversia insorta tra un uomo ed una donna, vicini di casa, scoppiata perché il primo non solo aveva parcheggiato la propria auto dinnanzi all’autorimessa della seconda, ma aveva anche pronunciato a più riprese e dinanzi a più persone la frase “sta esaurita”. Condannato per ingiuria sia in primo che secondo grado, l’uomo non ci sta e decide di ricorrere in Cassazione, lamentando il fatto che la frase pronunciata non doveva essere letta con un significato ingiurioso, così come avevano sostenuto dai giudici di prime cure, perché esisteva tra le parti un rapporto confidenziale, legato ai quotidiani rapporti di vicinato. Per cui – spiegava – l’espressione proferita nei confronti di chi «invece di chiedere lo spostamento dell’auto scorrettamente parcheggiata, ha chiesto ed ottenuto l’intervento della polizia urbana, che ha inflitto una sanzione pecuniaria» non andava interpretata come «un attacco diretto a colpire l’onore o il decoro altrui», ma semplicemente come uno sfogo contro l’eccessività della reazione. Dello stesso parere sono stati anche gli ermellini, secondo i quali (sentenza n. 46488/2014) «l’aggettivo esaurito, sinonimo di vuoto, di finito, nello specifico episodio di cronaca quotidiana vissuto dai protagonisti non riveste carattere offensivo, in quanto è diretto verso una persona che ha mostrato di essere vuota, nel senso di aver esaurito la propria capacità di sopportazione, per l’irregolare comportamento del vicino». Hanno quindi annullato senza rinvio la sentenza «perché il fatto non sussiste». Una piazza un racconto, il bando è in rete DEFINITI REGOLAMENTO E DATE DELLA XVII EDIZIONE DEL CONCORSO LETTERARIO DELLA COMUNITÀ EVANGELICA LUTERANA Chiara Cascione, passioni e colori Consensi e successo, tra un cocktail e una chiacchera, della mostra di Chiara Cascione, giovane e già affermata pittrice napoletana, che ha esposto una selezione delle sue opere al Ba-Bar (via Bisignano 20). Artista che sa usare bene i colori, la Cascione alimenta la sua “poetica” con passione incolmabile e ricerca rigorosa di un equilibrio tra formale ed informale. In ogni sua creazione è ben visibile l’amore per Napoli: basta ammirare i sorprendenti Vesuvi in cui la ricchezza di tonalità corteggia meravigliosamente l’astratto. Nata in una famiglia di talenti artistici, la Cascione riesce, con maestria e felici intuizioni, a manipolare elementi della natura, come alberi e fiori, giocando con gli acrilici e mostrando così una tecnica sicura che dona all’occhio armonia e calore. (i.s.) Pubblicato il bando del concorso letterario indetto dalla Comunità Evangelica luterana, giunto quest’anno alla sua XVII edizione e rivolto, come sempre, a dilettanti e professionisti, italiani e stranieri, senza alcun limite di età. In questa occasione il tema richiede “una storia che sappia, con sensibilità e soprattutto originalità, narrare le vite di uomini e donne che siano lontane da ogni regime di normalità. Un racconto sugli amori diversi e sui diversi amori in cui la differenza – culturale, religiosa, sociale o sessuale – emerga in tutta la sua complessità e drammaticità o in tutta la sua magia e bellezza”. I racconti saranno valutati da una giuria presieduta da Riccardo Bachrach, presidente della Comunità Evangelica Luterana di Napoli e composta dalla docente e scrittrice Enza Silvestrini, dal regista e produttore Maurizio Fiume, dallo scrittore ed editore Max De Francesco e da Christiane Groeben, presidente del Sinodo Luterano. Direttore artistico del concorso è Luciana Renzetti. I lavori finalisti saranno pubblicati nel volume “Una piazza, un racconto” e gli autori vinvitori riceveranno un premio in denaro: al I classificato andranno 1,200 euro; 800 spetteranno al II e 500 andranno al III. La proclamazione dei vincitori si terrà, come da tradizione, nella Chiesa Luterana di Napoli, in via Carlo Poerio 5, nell’ambito della rassegna Concerti d’autunno ed è prevista per il 25 novembre 2015. La partecipazione al concorso è gratuita e per aderire è sufficiente inviare i propri elaborati entro il 30 giugno 2015 secondo le indicazioni riportate sul sito www.lutero.org IGNAZIO SORIANO CHIAIA MAGAZINE •FEBBRAIO/MARZO 2015 (37) IUPPITER i libri del mese VACANZE CON MANETTE Odissea di un turista a Tunisi FESTABAROCCA Il Carnevale di Montemarano Autore: Amedeo Forastiere Costo: 10 euro Pagine: 208 Autore: Aldo de Francesco Costo: 10 euro Pagine: 118 Un invito a visitare Tunisi si trasforma in un viaggio nell’inferno. A causa della sparizione di un’auto, il protagonista si ritrova imbrigliato nell’impazzito ingranaggio giudiziario di un paese in cui la detenzione in carcere, com’è già successo ad altri turisti, è procedura affrettata e quantomeno arbitraria. Così la vacanza di un napoletano in cerca di cultura e relax fa tappa, all’improvviso, nel famigerato penitenziario di Bouchoucha. «Siamo di fronte a un libro molto ricco, che si presta a diversi livelli di lettura: la riflessione colta, sulla festa popolare e sulla dimensione mitica della cultura meridionale; la raccolta di ricordi della infanzia; l’immagine pittorica che sintetizza l’interpretazione del Carnevale e al tempo stesso affida all’intelligenza e all’intuito una sovrabbondanza di percezioni e di significato». (Dal saggio introduttivo di Toni Iermano) SECONDO BILLY SACRAMENTO Tutta colpa del fato ROSSO PERFETTO/NERO PERFETTO Idee e storie in cerca di produttori Autore: Yari Gugliucci Costo: 10 euro Pagine: 124 Curatori: Maurizio Fiume e Angelo Petrella Costo: 10 euro Pagine: 210 Ritorna Billy Sacramento, il personaggio surreale attraverso cui Yari Gugliucci ha raccontato ciò che può accadere ad un attore italiano che lavora a Los Angeles. Questa volta è alle prese col suo funerale. Ma non è il funerale di un comune mortale: c’è la folla di amici e curiosi riservata ai divi. In un lungo “memento”, apprendiamo l’avventurosa storia di Sacramento e i suoi tentativi di trovare un posto nel caotico mondo di oggi. Sarà il fato a travolgere e stravolgere la vita del nostro eroe/antieroe. Il libro, in versione double face, raccoglie i soggetti cinematografici e i racconti noir realizzati dai partecipanti ai corsi «Come si scrive un film» (di Maurizio Fiume) e «Scrivere un noir» (di Angelo Petrella) che si sono tenuti presso la sede della Iuppiter Edizioni a Napoli. Gli autori di questo secondo libro della collana di cinema «Memento» sono: Paolo Cipolletta, Ciro Di Costanzo, Ornella Esposito, Mariarosaria Figliolia, Livia Iannotta, Luciano Sabetti, Gianluca Spera, Valentina Viscione. CON LE ZAMPE DI ELEFANTE Guida ironica alla pubblicità IO VI VOGLIO BENE ASSAI Sport, amori e giornalismo Autore: Silvio Fabris Costo: 12 euro Pagine: 236 Autore: Franco Esposito Costo: 18 euro Pagine: 480 Gli “argomenti” sulla pubblicità presentati in questo libro sono stati scritti non solo con l’obiettivo di fornire un supporto ai giovani che incominciano ad entrare nel mondo della pubblicità ma, in particolare, per quelle aziende, medie e piccole, che iniziano ad instaurare i primi rapporti con esso o che hanno in programma di avviarne. Il volume, ricco d’immagini e curiosità, è da considerarsi il primo libro sulla pubblicità «made in Naples». Sport, giornalismo e amori: il romanzo di un intreccio. Personaggi, episodi, e curiosità lungo un percorso scandito da brani di storia napoletana e del costume italiano. Il Napoli, la nazionale di calcio, il nuoto e la pallanuoto, la pallacanestro dei pionieri, il rugby degli scudetti di Napoli, il pugilato e il ciclismo fornitori infiniti di storie, le Olimpiadi e i viaggi in tutto il mondo. Pagine che si leggono d’un fiato e conquistano per stile e forza della passione. I LIBRI IUPPITER EDIZIONI POSSONO ESSERE ACQUISTATI NELLE MIGLIORI LIBRERIE TRA CUI: Libreria Metropolitana (Piazza Cavour, 69 - Napoli) Libreria Iocisto (Via Cimarosa, 20 - Napoli) Libreria Simeoli (Via San Pietro a Maiella, 5 - Napoli) Libreria Neapolis (Via San Gregorio Armeno, 4 - Napoli) Libreria Colonnese (Via San Pietro a Maiella, 32 - Napoli) Libreria Ubik (Via Benedetto Croce, 28 - Napoli) Libreria Fiorentino (Calata Trinità Maggiore 36 - Napoli) Libri&Professioni (Via Santa Brigida 22 - Napoli) Libreria Papiria (via G. Ninni 7/8 - Napoli) Riviera Libri (Riviera di Chiaia, 202 - Napoli) Feltrinelli (Via S. Caterina a Chiaia 23 - Napoli) Feltrinelli (Via S. Tommaso d'Aquino, 70 - Napoli) Feltrinelli (Stazione centrale Piazza Garibaldi - Napoli) Feltrinelli (Corso Vittorio Emanuele, 230 - Salerno) Libreria Libridine (via Diaz, 71 - Portici) Libreria Gulliver (centro storico Ischia Ponte) Mi&Ro (Via Caduti sul Lavoro 41-43 - Caserta) Imagine’s Book (Corso Garibaldi, 142 b/c - Salerno) I LIBRI SONO ACQUISTABILI ANCHE SUL SITO WWW.IUPPITEREDIZIONI.IT (CLICCANDO BANNER “IUPPITERSTORE”) E NEL CIRCUITO DELLE MIGLIORI LIBRERIE ONLINE CONSULTA IL NOSTRO CATALOGO ONLINE SU WWW.IUPPITEREDIZIONI.IT PER ULTERIORI INFORMAZIONI È ATTIVO IL NUMERO/SERVIZIO CLIENTI DAL LUNEDI’ AL VENERDI’ (DALLE ORE 11 ALLE 0RE 20) 081.19361500 “Leggiamo e scriviamo per sapere di non essere soli” seguici su Per ordinazioni o informazioni contattaci alla mail: edizioni@iuppitergroup.it EXIT Diamo i numeri Bacio sotto al Vesuvio !"!"! "!" " " "" " " " " " " " ! " " !" " ! "" " " "" " "" " " 3 i “Festival del bacio” già organizzati a Napoli. Ideata dall’Accademia di Belle Arti, la quarta edizione si terrà, con il famoso cuore pixellato, nel centro storico il 28 marzo. Giovani e lavoro 6250 " " " i giovani che, grazie al progetto “Garanzia Giovani Campania”, hanno trovato lavoro, secondo un monitoraggio della Regione. Hanno fatto domanda 54.769 ragazzi. WWW.IUPPITEREDIZIONI.IT # CONSULTA !=A<>:$;9A5>=A39644;A>5@:;9@?=>A!644@:>9A8@A"A?99@77+@:;0A!<'?::@.A?@A4;9:?=@A@644@:>9<>$80@:0. =?9@,@8:?5>=1?9>0@:A>A7+@?@?1?3?2@<>0@:.A8@A"A?33@6<:;A@644@:>9>5@2@;<@0@:.A=?A,>:9@<?A5>=) =?A7?8?A>5@:9@7>A!644@:>9A@<A76@A"A4;88@/@=>A7;<86=:?9>A@=A7?:?=;3;A5>@A=@/9@.A?76@8:?9> @A,;=61@A>A,@8@;<?9>A@A/;;:9?@=>90 i parcheggiatori abusivi multati grazie a un’operazione della Polizia Municipale di Napoli. Sono stati emessi 650 verbali per sosta vietata. Sanzioni per un totale di 90mila euro. Restyling 5 i mesi in cui il Belvedere della Villa Floridiana, al Vomero, non sarà aperto al pubblico. La chiusura è dovuta a lavori di restauro, recupero e potenziamento. A CHIAIA MAGAZINE # ABBONATI A@<A7;98;A=?A7?14?3<?A?//;<?1><:@A5@A(+@?@?A&?3?2@<>0A(+@A5>7@5>A5@A?//;<?98@.A<;< la BACHECA mila e più i sostenitori della pagina facebook “Pino Daniele International Airport”, creata per intitolare l’aeroporto di Napoli al cantautore scomparso lo scorso 4 gennaio. " " " :@5@?<@.A@<7+@>8:>.A5@?9@;A5?==>A876;=>A<?4;=>:?<>.A8:;9@>A>A?449;';<5@1><:@A5?A(+@?@? >A5?@A6?9:@>9@A5>==?A7@::%0 110 12 " APRILE PARTE IL NUOVO SITO DI CHIAIAMAGAZINE # AD (+@?@?A&?3?2@<>A@<?6369?A?5A?49@=>A@=A86;A<6;,;A8@:;A@<:>9<>:0A33@;9<?1?1><:@A6;) Parcheggiatori Il ricordo " 8;=;A9@7>,>9%A5@9>::?1><:>A?A7?8?A@=A3@;9<?=>.A1?A><:9>9%A<>=A(=6/A5@A(+@?@?A&?3?2@<> @<A76@A?,9%A5@9@::;A?==;A87;<:;A5>=A-A86@A=@/9@A5@A!644@:>9A5@2@;<@A>A86A?=:9>A;4>9>A5>5@) 7?:>A?==?A8:;9@?A>A?==>A:9?5@2@;<@A<?4;=>:?<>0A 6>A=>A:@4;=;3@>A5@A?//;<?1><:;A;95@<?9@;A-A>69;A?==?<<;A>A8;8:><@:;9>A*--A>69; ?==?<<;0A>9A8?4>9<>A5@A4@A/?8:?A:>=>';<?9>A?=A<61>9;A- *0**--.A5?=A=6<>5A?= ,><>95.A5?==>A;9>A**0--A?==>A* 0--0 DOVE PUOI TROVARCI #A!<A;=:9>A--A46<:@A8>=>2@;<?:@A<>3;2@.A:>?:9@.A7@<>1?.A/?9.A5@87;:>7+>.A/?<7+>.A/;6:@6>. 8:65@A49;'>88@;<?=@.A3?==>9@>A5?9:>.A9@8:;9?<:@.A7@97;=@A84;9:@,@A>A@<A:6::@A3=@A>,><:@A76=:69?=@ >A1;<5?<@0A@8:9@/62@;<>A7?4@==?9>A4?=?22;A4>9A4?=?22;A3?2>/;A<>@A46<:@A8:9?:>3@7@A5>=) =?A7@::%A4>9A=?A49>8><:?2@;<>A5>=A<61>9;A>A5>==>A@<@2@?:@,>A5>=A3@;9<?=>0A SOS CITY: ISTRUZIONI PER L’USO #A@<39?2@?1;A@A<;8:9@A=>::;9@A4>9A=>A8>3<?=?2@;<@A5?A@<,@?9>A?A@<';7+@?@?1?3?2@<>0@:A;A?=) =@<5@9@22;A5>==?A9>5?2@;<>.A,@?A>@A&@==>.AA)A -**AA86==>A>1>93><2>A>A49;/=>1@A5>=) =?A7@::%0A<?A9?77;1?<5?2@;<>A=>::>9>A/9>,@A1?A*---A/?::6:>0 ON LINE # CONSULTACI (+@?@?A&?3?2@<>A"A87?9@7?/@=>A@<A';91?:;A45'A86=A8@:;A$$$07+@?@?1?3?2@<>0@:0A DIVENTA NOSTRO FAN # FACEBOOK/TWITTER: !=A1><8@=>A(+@?@?A&?3?2@<>A"A86A?7>/;;A>A$@::>90A6;@A5@,><:?9>A<;8:9;A'?<A7=@77?<) 5;A1@A4@?7>A86==?A4?3@<?A6''@7@?=>A;4469>A@879@,>9:@A?=A39644;A(+@?@?A&?3?2@<>A86A?) 7>/;;A>A8>3<?=?97@A>,><:@A>A769@;8@:%0A@,><:?A';==;$>9A5>==?77;6<:A(+@?@?A&?3?2@<> 86A$@::>9A>A7@<36>::?A7;<A<;@0 PUBBLICITARIE # INSERZIONI (+@?@?A&?3?2@<>A,@,>A39?2@>A?==>A@<8>92@;<@A46//=@7@:?9@>0A;<A"A@=A';3=@;A5@A<>886<A4?9) :@:;A;A1;,@1><:;.A1?A6<?A=@/>9?A:9@/6<?A7+>A9>8:?A?4>9:?A39?2@>A?==?A4?88@;<>A>8:9>) 1?A>A?==?A:><?7@?A5@A6<A39644;A5@A3@;9<?=@8:@0A(+@A"A@<:>9>88?:;A?==?A46//=@7@:%A46 A7+@?) 1?9>A@=A<61>9;A- *0**--A;A7;<:?::?9>A@=A9>84;<8?/@=>A7;11>97@?=>A&@7+>=>A>1) 4>8:?A7>==0A0* -- CHIAIA MAGAZINE • FEBBRAIO/MARZO 2015 (39)
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