un sistema ecm adeguato alle sfide europee

anno XXIV
numero 12
dicembre 2013
torino
medica
comunicazione
informazione
formazione
la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino
Le direttive europee sulla
circolazione dei professionisti
della salute e dei malati
pongono anche una questione
di certificazione della Qualità
professionale che il Sistema
ECM deve soddisfare.
un sistema ecm
adeguato
alle sfide europee
Sommario
La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia.
numero 12
dicembre 2013
anno XXIV
numero 12
dicembre 2013
torino
medica
comunicazione
informazione
formazione
la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino
Le direttive europee sulla
circolazione dei professionisti
della salute e dei malati
pongono anche una questione
di certificazione della Qualità
professionale che il Sistema
ECM deve soddisfare.
un sistema ecm
adeguato
alle sfide europee
Non più accreditamento
degli eventi ma dei
Provider, introduzione
definitiva del Dossier
Formativo: queste le
due novità operative più
importanti del secondo
triennio a regime del
Sistema ECM, esaminate
nel corso del Quinto
Forum Nazionale a Roma.
La libera circolazione
in Europa di medici e
malati è una questione
complessa nella forma
e nella sostanza.
Serviranno infatti
indicatori facilmente
comprensibili e
ragionevolmente
comprensivi del profilo
di competenze dei
professionisti.
Direzione, Redazione,
Corso Francia 8 - 10143
Torino Tel. 011 58151.11
r.a. Fax 011 505323
torino.medica@omceo.to.it
www.omceo.to.it
Presidente
Amedeo Bianco
Vice Presidente
Guido GIUSTETTO
Segretario
Ivana GARIONE
4
10
13
14
17
20
21
22
25
25
Tesoriere
Guido REGIS
Consiglieri
Domenico BERTERO
Tiziana BORSATTI
Emilio CHIODO
Riccardo DELLAVALLE
Ezio GHIGO
Anna Rita LEONCAVALLO
Elsa MARGARIA
Aldo MOZZONE
27
prima pagina
Editoriale
Lo sciamano
Mario Nejrotti
33
prima pagina
Tribuna
Bianco: la prossima sfida
del sistema ecm
è in Europa
Nicola Ferraro
Discutendo di
odontostomatologia
Lo strano caso
del vecchio dentista
scomparso
Patrizia Biancucci
Il dedalo
Iperomocisteinemia
e rischio cardiovascolare
Franchi, Ferrero,
Spinnler, Mengozzi
Prevenzione Serena
apre al test hpv
Guglielmo Ronco
Nereo Segnan
Lo stetoscopio
La cultura
fa battere il cuore
Com. Stampa
E sono 2500!
Com. Stampa
Chi fa cosa
Si chiama esd
Com. Stampa
asl to 2: cure
domiciliari a tutto sprint!
Com. Stampa
La stanza del silenzio
all’Ospedale Mauriziano
di Torino
Com. Stampa
Renato TURRA
Roberto VENESIA
Rosella ZERBI
Patrizia BIANCUCCI (Od.)
Gianluigi D’AGOSTINO
(Od.)
Bartolomeo GRIFFA (Od.)
Commissione Odontoiatri
Gianluigi D’AGOSTINO
Presidente
Patrizia BIANCUCCI
36
38
40
42
45
47
48
62
Salute
TELLME Project
Manlio M. Milano
Obesity Day a Torino
Nicola Ferraro
Cultura
Gocce di sanità dall’isola
Mauritius
Rinaldo Pellicano
Dagli Appennini alle Ande
Claudio Mellana
La ricerca
in Provincia
sifo: farmaci insieme alle
dimissioni, per risparmiare
Nicola Ferraro
Colchicina nella
pericardite acuta
Massimo Imazio
Le nostre radici
La volpe
Giuliano Maggi
Dai congressi
Neuropsichiatria
della coscienza
Nicola Ferraro
Rubriche
In libreria
Servizi dell’Ordine
Comunicati
Corsi e congressi
in pillole
Congressi
Claudio BRUCCO
Bartolomeo GRIFFA
Paolo ROSATO
TORINO MEDICA
Revisori dei Conti
Riccardo FALCETTA
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Carlo FRANCO
Angelica SALVADORI
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Direttore:
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Progetto e Realizzazione Grafica SGI Srl
Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA
Chiuso in redazione il 28 novembre 2013
dicembre 2013
3
prima pagina
Editoriale
a cura di
Mario Nejrotti
*Di seguito tre
codici QR per
accedere subito (con
uno smartphone
abilitato) a link che
arricchiscono le
informazioni sulla
contraffazione
farmaceutica.
Il fenomeno della contraffazione dei farmaci*
è globale e tocca anche il nostro Paese.
Si “tarocca” di tutto. Dagli anabolizzanti,
ai prodotti contro la disfunzione erettile,
passando per antidolorifici, antibiotici e
arrivando persino agli antitumorali: tutti
rigorosamente privi di principio attivo. L’AIFA
da alcuni anni dedica particolare attenzione al
tema della contraffazione farmaceutica, come
testimoniato dalle diverse iniziative promosse
nel tempo e oggi coordinate nell’ambito di una
Unità Operativa dedicata.
Trattandosi di un’attività “sotterranea” i dati
relativi al fenomeno sono da considerarsi
indicativi: secondo le stime ritenute più
attendibili la percentuale di medicinali
contraffatti sul mercato globale si attesterebbe
intorno al 7 %, con punte significative che
raggiungerebbero addirittura il 50% in alcuni
paesi in Africa e in Asia.
Le statistiche dell’Unione Europea indicano
un incremento pari al 384% di falsi medicinali
sequestrati nel 2006 rispetto a quanto
avvenuto nel 2005 e, ancora, sempre secondo
quanto riportato dall’UE, negli ultimi cinque
anni sarebbero stati segnalati 27 casi di
contraffazione nella catena legale e ben 170
nella rete illegale.
Queste note che derivano da siti ufficiali
(Aifa in primo luogo) danno per scontata una
domanda agghiacciante: ma quanti saranno i
morti ogni anno per questo traffico criminale?
Il clima intimistico delle festività di fine
d’anno avrebbe un sapore retorico e buonista
se i professionisti della salute, in questa lieta
occasione, dimenticassero il loro insostituibile
ruolo di sorveglianza, denuncia e opposizione
frontale ad ogni situazione internazionale
capace di mettere in scacco qualsiasi progetto
sanitario per la tutela della salute.
Il racconto che segue, diviso in due parti, la
seconda delle quali sarà pubblicata a gennaio,
è una sollecitazione a riflettere e a ricordare
ed è il nostro augurio di Buone Feste e di un
Buon 2014 che speriamo possa essere davvero
un anno nuovo.
La redazione di TM
Approfondimenti con QR code
http://www.informasalus.it
http://www.agenziafarmaco.gov.it
http://www.iss.it
4
dicembre 2013
Lo sci
Capo I
iamano
di Mario Neyrotti
Il Nord del Kenya era una zona dimenticata da
tutti.
Oltre Isiolo, dove si alzava la sbarra di confine
tra Paese governato e territorio ingovernabile, la
colonna di tre automezzi si arrestò davanti a tre
soldati in tuta mimetica, alti tanto che Alberto
pensava che per fermarne uno ci sarebbero voluti
almeno cinque di loro cooperanti volontari, mingherlini e anemici per definizione.
Gli avvertimenti erano di rito e servivano a dire,
in poche, semplici parole, che se oltrepassavano
quella sbarra avrebbero dovuto arrangiarsi e che
nessuno sarebbe venuto a cercarli, qualunque
cosa fosse successa.
Tra faide tribali di Samburru, Turkana, Rendille
e Olmolo, scaramucce al confine con l’Etiopia
e predoni vari, che ti uccidevano per pochi scilinghi, il governo non ne voleva sapere nulla di
qualche medico volontario italiano.
“ E poi – continuava molto irritato il sergente al
posto di confine – che cosa ci andate a fare? Loro
non hanno bisogno di voi! Nessuno qui ha bisogno di europei che vengono a risolvere i propri
problemi e non i nostri!”
Aveva detto in un inglese stentato e mal pronunciato, ma per questo molto comprensibile, pensava Alberto, che con l’inglese ci aveva sempre
litigato.
“Altro che problemi – pensava Alberto, mentre
quello finiva la sua filippica contro i volontari
bianchi – sarà molto difficile superare la diffidenza degli sciamani locali!
La polvere si allontanava in piccoli turbini dietro
le ruote dell’ultimo veicolo: una vecchia Land Rover, passo lungo, comprata a Nairobi.
La pista portava da Isiolo verso Addis Abeba e
non c’era tanto da scegliere.
I soldi che avevano raccolto in sei mesi erano stati
sufficienti a comprare le medicine, quell’auto per
il carico e a coprire le spese di logistica per la spedizione e lo sdoganamento dei materiali sanitari,
che era stata la cosa più difficile.
Gli altri due mezzi li aveva messi a disposizione la
missione dei Padri di Nanyuki, proprio alle pendici del monte Kenya, dove ci faceva un freddo
porco al mattino, quando si erano trovati tutti lì
per partire, che neanche in Svizzera a novembre:
altro che Africa! Pensava Alberto.
Comunque adesso erano sull’altopiano e lo
sguardo si perdeva per trecentosessanta gradi e
non c’era niente, niente di niente: solo savana,
rocce, i monti lontani, luce e vento.
“Dio, sei grande!” Pensava Alberto. “Neanche
John Ford in Ombre Rosse era riuscito a tanto.”
L’anno prima avevano saputo da un loro amico,
che stava scrivendo una tesi di antropologia sperimentale, che un gruppo, appartenente ad una
tribù del nord, viveva in condizioni igieniche disastrose e la siccità aveva distrutto i pochi pascoli.
Il gruppo, di circa cinquemila persone era alla
fame e in preda a ogni malattia infettiva, anche
la più banale.
u
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5
prima pagina
Editoriale
“Altro che
problemi
– pensava
Alberto,
mentre
quello
finiva la
sua filippica
contro i
volontari
bianchi –
sarà molto
difficile
superare la
diffidenza
degli
sciamani
locali!
6
Quando aveva sentito la storia, aveva deciso che qualche cosa per aiutarli in un modo o nell’altro la
doveva fare.
Aveva cercato compagni, finanziatori, aveva raccolto soldi e aveva soprattutto smosso il parroco, l’arciprete ed era arrivato anche in Curia.
“Santa Madre Chiesa, se si muove, riesce a smussarne di spigoli burocratici!”
Pensava Alberto
E così era stato: loro erano ufficialmente cooperanti volontari, chiamati dal padre della missione, che si
trovava proprio al centro di quell’area, che in Italia non sapevano neanche che esistesse.
Per le carte, mostrate alla polizia all’aeroporto e alla sbarra di Isiolo, loro dovevano solo aiutare il padre
e le suore nel loro lavoro sociale e di assistenza ai più deboli e malati, senza un vero obiettivo sanitario;
che a quello certo provvedeva il governo locale con successo. Era poi scritto che avrebbero procurato
ulteriori derrate alimentari, se necessarie per la sopravvivenza di quel gruppo.
E questo giustificava i due Ranger Rover e la vecchia Land a passo lungo.
La presenza costante dei Padri aveva smorzato le altre domande sul chi fossero veramente e che cosa
avevano intenzione di fare, e sulla composizione del carico: molto sbilanciato sulle medicine, rispetto
ai cibi a lunga conservazione.
Oltre alle derrate alimentari, lui aveva fatto arrivare, infatti, antibiotici, medicinali “salva vita”e materiale sanitario che pensava di gestire insieme ad altri due colleghi e a due splendide infermiere.
Tre mesi liberi: tanto un lavoro vero non lo aveva ancora trovato nessuno, e poi si vedrà!
Pensava Alberto.
Capo II
Dopo alcune centinaia di chilometri e tre giorni di guida dalla capitale, si erano trovati in un grande
villaggio ai piedi delle montagne laviche nell’area al confine con il distretto di Marsabit con il grande
vulcano spento e il suo lago, nel deserto del Kaisut.
Le condizioni della gente erano impressionanti e il cibo che avevano portato, diede loro solo un momentaneo sollievo.
Il capo e gli anziani, che avevano saputo attraverso chissà quali vie, del loro arrivo, li aspettavano: lo
sciamano era con loro.
Il padre era molto ben voluto e nonostante le occhiatacce dello stregone, ottennero il permesso di
fermarsi e di installarsi lì.
Alberto insieme agli altri, al padre e a qualche giovane murani si diedero da fare per costruire una
grande capanna, che avrebbe dovuto funzionare da dispensario e anche da ricovero per i malati più
gravi.
Quei disgraziati avevano di tutto: dalle comuni infezioni polmonari, alle ferite infette, ai traumi. I
tre medici erano poi molto preoccupati per alcune situazioni a rischio per una grave malattia spesso
epidemica: il carbonchio, che li poteva contagiare dalle mucche infette, di cui, poveri com’erano, conservavano la pelle per farne dei giacigli.
“Vergini come sono delle nostre medicine, però, guariranno benissimo, se dovesse succedere. Con
i risultati che avremo, qui rischiamo davvero di fare la figura degli stregoni: evviva gli antibiotici!”
Pensava Alberto.
Non era tutto così semplice, però.
Fino a visitarli ci arrivavano abbastanza facilmente, ma a somministrargli le medicine trovavano molti
più ostacoli.
Soprattutto i malati gravi chiedevano che il loro sciamano fosse presente e condividesse la diagnosi
e partecipasse alla terapia. Ma lo sciamano, da quando il capo aveva acconsentito alla loro missione,
non era più uscito dalla sua capanna e lo si sentiva cantilenare nenie dall’interno.
“Se gli parlo, mi ascolterà. Io non ho niente contro di lui. Ma questa gente muore e deve prendere
le medicine. Cazzo! Con la fatica che abbiamo fatto per averle dal grossista, che le ha chieste direttamente a casa madre al prezzo più basso possibile. Le multinazionali non sono mica Papà Natale e
devono guadagnare, ma almeno questa volta si sono messi una mano sul cuore.”
Pensava Alberto, mentre a grandi passi percorreva la spianata polverosa che lo separava dalla capanna
dello sciamano.
Tutto intorno odore di fumo, di latte bollito con il the e di sterco di camilo, come li chiamavano i
Rendille i loro animali, anche se erano dromedari, a formare un unico odore, che non aveva niente di
sgradevole, anzi: metteva appetito.
Pensava Alberto, vergognandosene un po’.
L’uomo scattò in piedi appena il giovane dottore entrò e gli puntò contro il suo bastone del comando.
Non per colpirlo, ma per tenerlo a distanza.
dicembre 2013
“Vergini
come sono
delle nostre
medicine,
però,
guariranno
benissimo,
se dovesse
succedere.
Con i
risultati che
avremo, qui
rischiamo
davvero
di fare la
figura degli
stregoni:
evviva gli
antibiotici!”
Pensava
Alberto.
Gli occhi fiammeggiavano e la bocca era una smorfia: odio e rancore nei suoi pensieri.
“Piccolo bianco arrogante, non sai nulla: non conosci il dolore, la morte che è sempre con noi. Arrivi
con le tue scatolette colorate e credi di mettermi da parte. Pensi che io sia meno di te, non credi nella
medicina. La mia maledizione ti distruggerà!”
In piedi al centro della bassa capanna con la testa arrivava quasi al tetto di pali intrecciati, pelli e
stuoie.
Era imponente, mentre il suo petto nudo, lucido di grasso e rosso di ocra, coperto solo di collane di
osso e frammenti di uova di struzzo, si sollevava per l’emozione e la collera che non riusciva a contenere.
Il fumo del fuoco acceso ai suoi piedi usciva da una apertura circolare alla sommità, da cui filtrava la
luce.
“Non c’è tempo per parlare: non capirebbe e non mi ascolterebbe!”
Pensava Alberto.
Uno sguardo e vide una panga piantata nel terreno, l’afferrò e si lanciò verso lo sciamano.
Un fendente velocissimo, il fischio dell’aria, gli occhi impietriti dalla paura dell’uomo che non si aspettava quello scatto fulmineo dal ragazzino striminzito e bianco, che aveva disprezzato fin dal primo
momento.
Poi lo stupore: la testa del rettile gli colpisce la spalla, il corpo, che si contorce ancora, cade nella
polvere accanto alle pietre del fuoco.
Il grosso serpente velenoso, che Alberto aveva visto tante volte su Internet, mentre si preparava alla
spedizione, disturbato dallo sciamano in piedi, stava per morderlo dai pali sopra la sua testa.
Il bello del loro animo, pensava l’indomani Alberto, è che non ci mettono nulla a capire che si sono
sbagliati e che il nemico è un amico.
Infatti, dopo quell’episodio, Leisan, così si chiamava lo stregone, aveva incominciato a frequentare il
dispensario e a farsi vedere contento, mentre accompagnava con i suoi segni e con le sue nenie, la
somministrazione delle medicine e le medicazioni delle piaghe e delle ferite.
Capo III
Per qualche giorno le cose andarono bene. Specie i murani che, con il loro mestiere di guerrieri e di
pastori si procuravano lesioni di ogni tipo, reagivano bene al lavoro delle infermiere e guarivano solo
che li pulissero e li disinfettassero. Invece, quando i giovani “Dactari”, che qualcuno più entusiasta
chiamava “Daktari ja mungu”, chiamando in causa un dio molto simile a quello dei padri, facevano
diagnosi di malattie infettive e somministravano le terapie antibiotiche, tutto sembrava incepparsi.
“Non è possibile che i bambini guariscano così lentamente: la febbre e i sintomi durano troppo…”
Pensava Alberto.
Quel lunedì successe quello che non avrebbe mai dovuto succedere.
Il figlio del capo si svegliò con la febbre altissima e una lesione bollosa, rotonda e piena di siero sull’avambraccio destro.
A fare la diagnosi Alberto ci mise poco, ma decise di aspettare almeno un giorno l’evoluzione della
malattia, controllando la temperatura e affidando alle infermiere le medicazioni di quella pustola che,
anche se gli avevano detto che non si poteva chiamare maligna, aveva un aspetto schifoso.
“Meglio che controlli che antibiotici abbiamo: nove su dieci è carbonchio.”
Pensava Alberto.
“E adesso mi toccherà anche far bruciare la pelle di mucca su cui dorme: Leisan mi aiuterà a farglielo
capire.”
Tre giorni erano passati. Aveva già cambiato due tipi di antibiotici, ma le condizioni generali del ragazzino peggioravano sempre. Anche gli altri malati di malattie infettive andavano male, chi più chi
meno.
Il quarto giorno il padre li svegliò che era notte fonda.
“Fate piano i vostri sacchi, lasciate tutto il resto, non posso più garantire la vostra sicurezza qui. Andiamo via subito. Un quarto d’ora: ne va della nostra vita!”
“Siamo scappati come ladri e li abbiamo abbandonati.”
Pensava Alberto, chiuso nella sua stanza alla missione, steso sul letto con le mani intrecciate dietro la
nuca, senza dormire.
“Merda! Non abbiamo potuto sbagliare tutte le diagnosi e le terapie, neanche fossimo studenti del
terzo anno!”
Pensava Alberto.
Le dosi erano giuste, dopo le prime difficoltà, le avevano persino aumentate: e niente, come se fossero stati acqua fresca. Acqua fresca, acqua fresca…
u
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7
prima pagina
Editoriale
Quel pensiero non gli usciva più dalla testa.
Un famoso quotidiano aveva pubblicato qualche mese prima della loro missione un’inchiesta che aveva fatto rumore. Le grandi multinazionali del farmaco, attraverso società controllate di facciata, esportavano nei paesi emergenti farmaci scaduti o peggio inesistenti, che di originale avevano solo le
confezioni o per rendere la truffa meno evidente, dentro di principio attivo
ce ne mettevano magari un po’, ma molto meno del dovuto.
Anche la televisione nazionale, ma solo su un canale, aveva ripreso la notizia
e dedicato uno speciale d’inchiesta, che aveva dato risultati agghiaccianti,
ma difficili da provare.
Da 500.000 a un milione di persone ogni anno morivano per farmaci indegni
di questo nome e i profitti delle multinazionali salivano alle stelle.
Lui aveva pensato che fosse una infondata leggenda metropolitana.
“Chi può solo pensare una cosa del genere, neanche i medici dei lager nazisti!”
Pensava Alberto.
L’indomani correva da solo sulla Land verso Nairobi, per vedere un suo amico, che lavorava all’Università a Farmacologia. Qualche scatola di antibiotici
era rimasta nel cassone della passo lungo e lui glieli portava ad analizzare:
non poteva andare avanti con quel dubbio che lo tormentava.
“Non vorrà compromettersi, ma io devo sapere: altrimenti impazzisco.”
Pensava Alberto.
E invece Luigi, che, a suo tempo, aveva mandato a farsi benedire il suo Direttore e aveva accettato una cooperazione internazionale, pagata malissimo,
pur di non rinunciare a quello in cui credeva, ci mise veramente poco, smanettando sul web con due suoi collaboratori, che con il computer e con la
rete erano dei treni, a scoprire che la Global Farmaceutici, grossista con sede
a Modena, inscatolava di tutto per conto di una multinazionale planetaria,
che faceva qualunque cosa, anche i lecca-lecca ecologici per i bambini con
disturbi di assorbimento intestinale e aveva ricevuto recentemente un premio dall’OMS.
Dopo sei ore la risposta del laboratorio.
Ogni antibiotico testato conteneva il 10% del
principio attivo dichiarato sulla confezione.
Tornando alla missione, Alberto pensava alle ultime parole di Luigi.
“Sono dei figli di puttana, ma molto, molto pericolosi. Tu non ci pensare neanche ad andargli
contro: quelli ti sbriciolano e sarà tutto assolutamente legale. Stai attento: tu all’Amministratore
Delegato non ti avvicini neppure nel suo bel grattacielo a New York! Ti distruggono letteralmente: te, i tuoi colleghi e anche i Padri.”
E poi, vedendo la sua faccia furiosa e avvilita, era
stato un vero amico…
Pensava Alberto.
Trasportava il suo nuovo carico di antibiotici,
comprato in un magazzino gestito da indiani,
che loro ormai i farmaci li producevano a basso
costo, anche se le multinazionali non volevano e
facevano fuoco e fiamme.
I soldi Luigi glieli aveva dati, pescandoli da un
fondo, diciamo, un po’ elastico del suo istituto,
che anche lì qualche sponsorizzazione arrivava in
modo avventuroso e poco controllato.
“Per una volta, non è il caso di fare i pignoli.”
Pensava Alberto.
(continua sul prossimo numero)
Torino Medica augura...
...Buone Feste
di Fine Anno
e uno splendido
2014!
8
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prima pagina
Tribuna
BIANCO:
a cura di
Nicola Ferraro
LA PROSSIMA
SFIDA DEL
SISTEMA ECM
È IN EUROPa
N. Ferraro
Da un’intervista di Simona Dainotto pubblicata sul portale
FNOMCeO (www.fnomceo.it)
Presidente, quello che si è appena concluso è stato il primo triennio
“a regime”, dopo tante proroghe, del Programma nazionale ECM.
Con quali risultati?
Il triennio trascorso, del quale la Quinta Conferenza nazionale Ecm costituisce una sorta di bilancio consuntivo, si è caratterizzato per grandi trasformazioni del Sistema.
Due su tutte: il passaggio da accreditamento dell’evento ad accreditamento del provider, e il lungo lavoro preparatorio per introdurre in modo stabile
il Dossier formativo.
Come tutte le fasi di transizione, il passaggio all’accreditamento dei provider ha comportato, in un primo tempo, una calo dell’offerta, come una
sorta di prezzo che il sistema Ecm ha consapevolmente pagato all’obiettivo
della Qualità e della Stabilità del Sistema stesso.
Soprattutto negli anni 2009 e 2010, si era registrata una riduzione delle
partecipazioni e dei crediti attribuiti. Gli ultimi dati ci dicono, invece, che
questi indicatori sono in netta ripresa.
E i medici quanto sono “virtuosi” nell’aggiornarsi?
I medici e gli Odontoiatri corrispondono all’obbligo Ecm con percentuali
elevate, potendo oggi godere anche di una più vasta e articolata offerta
formativa. Ma mi preme ricordare che il Sistema è rivolto a tutti i professionisti della Salute: la cifra dei risultati dobbiamo misurarla in questa
dimensione.
A partire dal 2014, i sanitari che non si aggiornano dovrebbero essere sanzionati ma il sistema di sanzioni non sembra ancora ben
definito dalla Legge. Il mancato aggiornamento è comunque un illecito disciplinare. Forse, in materia, potrebbe anche essere investito il
nuovo Codice Deontologico attualmente in fase di revisione?
Su questo aspetto, continuo a ritenere che un Sistema che preveda solo
sanzioni sia profondamente inadeguato a cogliere l’obiettivo vero della
questione.
In altre parole, mi permetto di osservare che quello che prioritariamente
manca oggi è, in positivo, il riconoscimento a coloro che correttamente
corrispondono all’obbligo formativo.
10
dicembre 2013
Il passaggio dall’Accreditamento degli
Eventi a quello dei Provider e l’introduzione
definitiva del Dossier Formativo*, vale
a dire lo strumento di programmazione,
di rendiconto e di verifica attraverso
il quale il professionista determina in
libertà e autonomia il proprio percorso di
aggiornamento: sono questi i due fulcri
della “Rivoluzione copernicana” del Sistema
di Educazione Continua in Medicina, che,
iniziata già dal 2007, è entrato a regime nel
triennio che si sta concludendo.
Ma quali saranno i prossimi obiettivi del
Sistema a poche settimane dall’inizio del
secondo triennio (2014-2016) a regime? A
poche ore dell’inizio della Quinta Conferenza
nazionale ECM, l’Ufficio Stampa della
FNOMCeO lo ha chiesto ad Amedeo Bianco
- presidente della FNOMCeO oltre che
vicepresidente della Commissione nazionale
ECM del Ministero della Salute: Amedeo
Bianco, tra l’altro, lunedì 4 novembre ha
aperto i lavori e il giorno successivo ha
chiuso l’evento tirandone le conclusioni**.
Può spiegarci meglio?
Stiamo parlando di professionisti, medici e sanitari, che avvertono l’esigenza
di un miglioramento e un affinamento continuo delle loro competenze: è un
sentire deontologico, a cui naturalmente tali professionisti cercano risposte.
Dobbiamo metterli in condizione di poter soddisfare questi bisogni che,
come dicevo, avvertono in primo luogo come professionisti singoli, ma che
si rispecchiano anche nelle necessità delle organizzazioni sanitarie in cui
operano. Entrambi, professionisti e organizzazioni, sono sollecitati a grandi
cambiamenti, ma contemporaneamente poco supportati a compierli e ad
attuarli.
L’eventuale rilievo disciplinare può solo ragionevolmente essere valutato in
un contesto nel quale è garantita la piena accessibilità alle attività formative,
e la loro coerenza ai bisogni individuali e a quelli delle organizzazioni in cui
operano. Se vengono meno questi riferimenti, tutto il Sistema rischia di precipitare in un’arida prospettiva burocratica.
E come sarà articolata l’offerta formativa? Quali cambiamenti auspicate poi per il nuovo triennio 2014-2016? E quali altri, guardando ancora più lontano?
La sfida più grande per il prossimo triennio ritengo sia il “Dossier formativo”,
così come viene prospettato. Non si tratta, infatti, di accumulare crediti per
raggiungere un “premio” – o, più precisamente, per evitare delle sanzioni –
ma di individuare nelle organizzazioni sanitarie, e di personalizzare secondo
le specifiche competenze dei professionisti, quelle attività formative in grado
di migliorare gli uni e le altre.
Credo che – e non solo nel panorama europeo - questa prospettiva sia pressoché unica, e richiederà grandi sforzi a tutti i soggetti coinvolti.
In questo sistema in trasformazione, si modificheranno anche i ruoli
degli Ordini e dei Collegi?
Mi concedo una sola affermazione: non credo di peccare di orgoglio se dico
che, senza una tenace e responsabile presenza degli Ordini e dei Collegi nel
Sistema Ecm, oggi non disporremmo di quelle straordinarie potenzialità che
tale Sistema, nonostante grandi difficoltà di ordinamenti, regolamenti, e una
erodente crisi di risorse, continua a mantenere. u
* Il “Dossier formativo” nel Sistema ECM corrisponde
in estrema sintesi al piano di aggiornamento
professionale.
È lo strumento ufficiale di programmazione triennale
(sta per iniziare, a gennaio 2014 il secondo triennio
a regime) del percorso formativo del singolo
operatore o del gruppo di cui fa parte, ad esempio
l’équipe o il network professionale in cui esercita la
professione sanitaria.
Non è però un semplice catalogo delle competenze
svolte o che si intendono compiere nel triennio
successivo, ma non può che essere correlato al profilo
professionale del professionista operante in Sanità.
Il dossier esprime le necessità formative da
soddisfare con il Sistema ECM, la somma delle
specificità individuali e degli interessi generali. È la
pianificazione ufficiale del proprio aggiornamento
che tiene conto anche delle esigenze particolari
(programmazione aziendale o sviluppo individuale
del singolo operatore sanitario) e di quelle più
generali di tutela della salute (obiettivi sanitari
nazionali, regionali e aziendali).
In altre parole, attraverso questo strumento, i gestori
del Sistema ECM auspicano che ogni operatore
sanitario non si aggiorni mai soltanto per soddisfare
esigenze o curiosità personali, ma per aumentare il
livello d’integrazione nel sistema-salute di cui quel
professionista è parte.
** Sulla Quinta Conferenza nazionale ECM tenutasi
all’inizio di novembre a Roma è consultabile sul
portale dell’OMCeO di Torino (www.torinomedica.
com) un contributo con link anche a servizi
audiovisivi realizzati sempre dalla redazione nelle
precedenti edizioni della Conferenza, tenutasi a Villa
Erba a Cernobbio
dicembre 2013
11
prima pagina
Tribuna
Entro la fine dell’anno entrerà in vigore la direttiva europea sull’assistenza transfrontaliera:
lei come pensa che si possa unificare, a livello europeo, il riconoscimento del percorso formativo dei professionisti?
Le direttive europee in materia di circolazione dei professionisti e dei pazienti, tra le tante, pongono
anche una questione di certificazione della Qualità professionale.
E si tratta di una questione complessa - nella forma e nella sostanza - presupponendo l’individuazione
di indicatori facilmente comprensibili e ragionevolmente comprensivi del profilo di competenze dei
professionisti.
Può entrare più nel dettaglio?
Nello specifico, andranno armonizzati, a livello europeo, i criteri identificativi dei crediti Ecm, che non
sono esclusivamente i parametri connessi al rapporto tout court tra tempo dedicato e crediti (un’ora
= un credito), ma consistono anche nei criteri legati alla qualità delle attività formative, alla loro pertinenza con il profilo di competenze scelto, alla trasparenza dei contenuti scevri da conflitti di interesse.
Con una certa fierezza, posso affermare che il nostro sistema sta, da tempo, camminando su questa
strada. ¢
12
dicembre 2013
Discutendo di odontostomatologia
LO STRANO CASO
DEL VECCHIO
DENTISTA
SCOMPARSO
Franco Tosco
FARE IL DENTISTA è UN’IMPRESA
SUGGERIMENTI DI SOLUZIONI PER LA GESTIONE DELLO STUDIO ODONTOIATRICO
Tueor Servizi
Pagine 178, € 60,00
“Lo studio odontoiatrico è un’azienda. La segreteria: funzione centrale dell’azienda odontoiatrica. Il
controllo di gestione nell’azienda odontoiatrica. L’azienda odontoiatrica e l’analisi finanziaria. Marketing e organizzazione”. Questi sono alcuni dei capitoli del libro che, come scrive Franco Tosco nell’introduzione, non vuole essere né un trattato, né un manuale organico, ma“deve permetter al lettore
di avere un quadro di ciò che è indispensabile conoscere per gestire la propria struttura”.
Il vecchio dentista è ormai quasi scomparso e il dentista di oggi non ha niente a che spartire con il suo
predecessore: essere un grande tecnico e un eccellente clinico non basta più! Occorre una formazione
a tutto tondo che includa discipline spesso assenti nei corsi universitari, come psicologia, psicologia
dei gruppi, leadership, comunicazione, linguistica e meta-linguistica, sociologia e, dati gli spostamenti
mondiali in atto, anche l’antropologia culturale.
Ma non è tutto: l’odontoiatra serio, bravo, capace è pressoché obbligato a considerare la sua struttura come un’azienda e dunque verificarne l’efficienza organizzativa, economica e finanziaria, dopo
essersi dotato di strumenti sia concettuali sia tecnici; e infine deve tenere sotto controllo costi e ricavi
e i corrispondenti incassi e pagamenti, attivando le opportune consulenze. E così il vecchio dentista
è scomparso e ha lasciato il posto al nuovo dentista che, suo malgrado, è anche imprenditore, evita
l’errore di non stare al passo con i cambiamenti e non rischia di essere fuori mercato.
Insomma, come sostiene Franco Tosco, “Il medico deve fare il medico perché quello è il suo mestiere
e quello è ciò che gli utenti gli chiedono. Però deve sapere di chi e di che cosa ha bisogno per poterlo
fare al meglio“.
Eh sì; fare il dentista è…un’impresa! ¢
Patrizia Biancucci
Componente
CAO Torino
La Rubrica
“NOTE A MARGINE”
è lo spazio dedicato
all’attività della
Commissione Albo
Odontoiatri, che non
si limita al controllo
di comportamenti
professionali
incongrui
eventualmente
sanzionabili, ma è
principalmente quella
di INFORMARE: la
storia dell’Ordine
dei Medici e degli
Odontoiatri di Torino
dimostra tra l’altro
che la maggior parte
dei comportamenti
scorretti deriva dalla
non conoscenza delle
regole.
Questa volta partiamo
da un libro scritto
ad uso e consumo
di noi odontoiatri
per cercare insieme
qualche utile spunto
di riflessione sul
contesto lavorativo
che affrontiamo
quotidianamente
e sull’evoluzione
del nostro profilo
professionale. Questa
rubrica nasce infatti
dalla convinzione che
dare INFORMAZIONI
UTILI equivale sempre
a migliorare la nostra
professionalità.
In questo numero
parleremo dello
“Strano caso… del
vecchio dentista
scomparso”.
dicembre 2013
13
Il dedalo
IPEROMOCISTEINEMIA
E RISCHIO
CARDIOVASCOLARE
Negli ultimi due decenni molti studi clinici hanno cercato di
fare chiarezza sulle contraddizioni emerse in letteratura, circa
il possibile ruolo dell’Omocisteina (Hcy) come fattore di rischio
cardiovascolare e sulle possibilità terapeutiche dell’incremento
di apporto di vitamine del gruppo B, somministrate allo scopo
di ridurre la concentrazione ematica di Hcy.
Com’è noto le malattie cardiovascolari costituiscono la principale causa di morte nei paesi Occidentali. Questi eventi sono
l’esito clinico di un substrato patologico detto aterosclerosi
che inizia molti anni prima della manifestazione dei sintomi.
È altrettanto noto che lo sviluppo di aterosclerosi è associato
in modo inequivocabile ad una serie di fattori predisponenti
detti Fattori di Rischio Cardiovascolare (FRCV), quali l’età, il
sesso maschile, la razza, la familiarità, il fumo, l’ipertensione
arteriosa, il diabete mellito, le dislipidemie, l’obesità, a sedentarietà.
A queste note condizioni predisponenti si sono aggiunte negli
ultimi anni altre variabili che sono state ritenute responsabili
potenziali di sviluppo precoce e/o accelerato di aterosclerosi,
questi vengono detti nuovi FRCV e comprendo i livelli di fibrinogeno, di lipoproteina Lp(a), indici di funzione fibrinolitica e
di flogosi (PCR), la leptina e, appunto l’Hcy.
L’Hcy, isolata per la prima volta nel 1933, è un derivato amminoacidico che si forma attraverso il passaggio a S-adenosilmetionina e a S-adenosil omocisteina. La sua produzione è
regolata da enzimi e da alcune vitamine, come l’ acido folico
o vitamina B9, piridossina o vitamina B6 e ciancobalamina o
vitamina B12.
Il passaggio da Hcy a metionina è reversibile; il 20% circa dell’
Hcy è libera, sia in forma ossidata che ridotta, mentre l’80% si
lega a proteine. La forma ridotta, che è particolarmente dannosa per gli endoteli vascolari, è circa il 2% dellaHcy totale. In
alcune condizioni patologiche l’equilibrio è spostato verso un
aumento dell’ Hcy circolante.
Nella maggior parte dei casi la condizione patologica ha un
eziologia di tipo genetico: è nota la mutazione MTHFR (metilentetraidrofolato-reduttasi), che ostacola il processo di trasformazione. La mutazione è piuttosto frequente e la variante
allelica (polimorfismo C677T) è stimata intorno allo 0,5% nella
popolazione italiana. Esiste anche un danno metabolico causato dal difetto dell’enzima cistationina-b-sintetasi, che provaca
un aumento della Hcy nelle urine (omocisteinuria).
14
dicembre 2013
Ivana Franchi*°
Antonio Ferrero*^
Maria Teresa Spinnler^,
Giulio Mengozzi°
*CdL Magistrale in Tecniche
Diagnostiche Università di Torino
^SC Cardiologia ASLTO5
°A.O.Città della Salute e della Scienza
Dip. Medicina di Laboratorio
SC Biochimica Clinica
Valori normali
Sono molte le variabili che influenzano la
concentrazione di Hcy nel plasma: età, sesso, etnia,
gravidanza, menopausa, fumo, stato nutrizionale,
funzione renale, farmaci, fortificazione dei cibi con
folati.
La letteratura indica come range di normalità per
Hcy plasmatica quello compreso tra
5 e 17μmol/L.
Mentre l’OMS ha indicato i seguenti valori:
- Uomini fino a
- Donne fino a
- Ragazzi fino a 14 anni
13 μmol/L
10.1 μmol/L
11.3 μmol/L
Un documento di consenso pubblicato nel 2003 ha
definito l’iperomocisteinemia (HHcy):
- Moderata da
- Intermedia da
- Severa
Attualmente la determinazione dell’Hcy plasmatica
può avere tre indicazioni cliniche:
Diagnosi di iper omocisteinuria
Rilevazione di carenze nutrizionali di vitamine
B6, B9 e B12
Valutazione di Hcy come fattore di rischio
cardiovascolare in soggetti con familiarità per
aterosclerosi precoce, in presenza o assenza di
FRCV convenzionali
15-30 μmol/L
30-100 μmol/L
> 100 μmol/L
2.
1.
3.
Iperomocisteinemia e rischio cardiovascolare
Una possibile impicazione dell’Hcy nella patogenesi delle malattie cardiovascolari (CVD) è stato ipotizzato fin dal 1969 quando Mc Cully osservò la
presenza di aterosclerosi prematura diffusa in due bambini affetti da iperomocisteinuria, e formulò l’ipotesi di un rapporto diretto tra HHcy, lesioni
aterosclerotiche diffuse e fenomeni di tromboembolismo arterioso e venoso.
Gli studi osservazionali , a partire dalla fine degli anni ’80, sono stati orientati verso l’identificazione di questa relazione e le possibilità di prevenzione
primaria e secondaria con supplementi di acido folico, con o senza vitamina
B6 e B12.
I primi studi osservazionali svolti nei vent’anni successivi alla prima evidenza,
avevano, di fatto, validato l’ipotesi identificando l’Hcy come un fattore indipendente di rischio cardiovascolare indicando che un aumento di 5 μmol/L
del livello di Hcy rispetto ai valori normali, è associato ad un aumento del
20% del rischio di eventi coronarici, indipendentemente dagli altri fattori di
rischio.
A fronte di primi risultati, che sembravano attribuire alla supplementazione
con acido folico una diminuzione del rischio di ictus del 19% e di ischemia
cardiaca dell’11%, gli studi e le revisioni sistematiche più recenti non hanno
confermato che tali integrazioni , pur riducendo i livelli di Hcy plasmatica,
siano in grado di ridurre significativamente gli eventi cardiovascolari e aumentare la sopravvivenza.
Dato che l’importanza dell’HHcy come fattore di rischio per CVD è stata in
passato sovrastimata, in conseguenza di limitazioni metodologiche degli studi è attualmente auspicabile arrivare ad una corretta interpretazione dell’importanza e del ruolo rivestito dal metabolita
Sono disponibili due recenti pubblicazioni
(2013), particolarmente significative, selezionate
in base al tipo di studio (meta-analisi e/o analisi
trasversale) allo scopo di fare il punto sullo stato
dell’arte. La review pubblicata in “The Cochrane Library” ad inizio 2013, eseguita allo scopo
di valutare gli effetti della riduzione di Hcy come
prevenzione di eventi CVD, considerando come
esiti primari l’ infarto del miocardio e ictus ed
esiti secondari angina pectoris, insufficienza cardiaca, morte per altre cause e seri eventi avversi.
In questa recensione sono stati inclusi 12 RCT,
con un periodo di follow-up di almeno un anno,
per un totale di 47.429 partecipanti. Non è stata trovata alcuna prova che la riduzione di Hcy
mediante somministrazione divitamine B6, B9 o
B12, da sole o in combinazione, a qualsiasi dosaggio rispetto al placebo, riduca il rischio di infarto del miocardio; di ictus o riduca la mortalità
totale, nei partecipanti a rischio o con malattie
cardiovascolari conclamate.
Inoltre interventi di riduzione di Hcy rispetto al
placebo non hanno alcuna influenza su eventi
avversi gravi quali l’ insorgenza del cancro. u
dicembre 2013
15
Il dedalo
Depone viceversa a favore del ruolo dell’Hcy, quale marker predittivo, un lavoro pubblicato, sempre nel 2013, su Stroke. In questo
studio è stata esaminata l’associazione tra Hcy totale e morfologia e
superficie della placca carotidea in una coorte multietnica. di 1.327
soggetti senza precedenti episodi di ictus, di età compresa tra i 57 e i
75 anni, caratterizzati da HHcy totale plasmatica. Dall’analisi, emerge
che valori elevati di Hcy totale supportano l’ipotesi di un suo coinvolgimento nel rischio aterogenico in particolare, alti valori di Hcy sono
positivamente ed indipendentemente correlati sia all’estensione della
superficie della placca che alla presenza di placche ecolucenti a bassa
densità e bassa calcificazione, e di placche ecodense considerate
fattori di rischio per l’ictus.
Attualmente le numerose evidenze sperimentali ed epidemiologiche
hanno indotto l’OMS a inserire l’HHcy tra i più importanti fattori di
rischio per lo sviluppo di CVD, malattie cerebrovascolari e vascolari
periferiche. Come fattore di rischio l’HHcy plasmatica è associata a
ipertensione arteriosa, diabete mellito, elevati livelli di colesterolo,
fumo.
Il dosaggio dell’Hcy può quindi essere utilizzato per valutare il rischio
CVD in associazione ad altri parametri quali il profilo lipidico o nel
caso in cui siano presenti altri fattori di rischio quali la familiarità per
cardiopatie.
Il dato dell’Hcy plasmatica non può essere impiegato ai fini di screening come avviene invece per altri esami quali il profilo lipidico. L’Hcy
può essere valutata anche in relazione ad un eventuale deficit di vitamina B12 e folati: come talora accade in pazienti malnutriti, negli
anziani, negli alcolisti e in soggetti che fanno uso di droghe.
Valori molto al di sopra del limite di riferimento possono essere osservati in bambini affetti da iper omocisteinuria; in questo caso ulteriori accertamenti sono necessari per identificare la causa di tale
incremento.
Indagini ulteriori hanno messo in evidenza una correlazione tra incremento dell’Hcy ed esito infausto in gravidanza (alterazioni per
la vascolarizzazione della placenta e quindi diminuita funzionalità:
aborto, nascita sottopeso del neonato, presenza di difetti del tubo
neurale).
Altrettanto interessanti le indagini relative all’associazione fra HHcy e
la sindrome di Alzheimer. ¢
16
dicembre 2013
BIBLIOGRAFIA E RIFERIMENTI
- Elevated homocysteine and carotid plaque area
and densitometry in the Northern Manhattan
Study. SaraAlsulaimani, MD; Hannah Gardener,
ScD; Mitchell S.V. Elkind, MD; Ken Cheung, PhD;
Ralph L. Sacco, MD;Tatjana Rundek, MD. Stroke
AHA, 2013 Feb; 44(2):457-61.
- Homocysteine-lovering interventions for
preventing cardiovascolar events. A.J.M. Carvajal
et all. The Cochrane Collaboration. The Cochrane
Library 2013, Issue I
- Elevated plasma Homocysteine level is not
primarily related to Alzheimer’s disease. Nilsson
K. Et all. Dementia and Geritric Cognitive
Disorders 2012
- Homocysteine-Lowering by B Vitamins Slows
the Rate of Accelerated Brain Atrophy in Mild
Cognitive Impairment: A Randomized Controlled
Trial. Smith AD, Smith SM, de Jager CA,
Whitbread P, Johnston C, et al.
PLoS ONE. Trials VITACOG, 2010 ISRCTN
94410159 University Oxford News
- WHO (World Health Organisation). The word
health report: reproducing risks, promoting
healthy life.Htpp://www.who.int/whr/2002/en/
whr02_en.pdf
- Facts and recommendations about total
homocysteine determinations: an expert opinion.
Refsum H. et all. Clin Chem 2004;50:3-32
- DACH-LIGA homocystein (German Austrian and
Swiss homocysteine society): consensus paper
on the rational clinical use of homocysteine,
folic acid and B-vitamins in cardiovascular
and thrombotic disease: guidelines and
recommendations. Stanger O. et all. Clin Chem
Lab Med 2003;41:1392-403
- Vascular pathology of homocysteinemia:
implications for the pathogenesis of
arteriosclerosis. Mc Cully KS. Am JPathol
1969;53:111-28
Lo screening con test HPV nelle donne tra i 30 e i
35 anni permette di ridurre del 60%-70% l’incidenza
dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto allo
screening con Pap test. Lo dimostra uno studio appena
pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, con il
titolo “Efficacy of HPV-based Screening for Preventing
invasive Cervical Cancer: follow-up of European
randomised controlled trials”. Lo studio è opera di
un’équipe internazionale di ricercatori guidata dal
torinese Guglielmo Ronco, del Centro di Riferimento
per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in
Piemonte (CPO Piemonte).
L’articolo che segue è un contributo originale su
questo argomento scritto appositamente per Torino
Medica; l’accesso all’articolo citato di Lancet è possibile
digitando la parola chiave “Ronco” nell’apposito spazio
di ricerca del portale dell’OMCeO di Torino,
www.torinomedica.com o tramite un smartphone
utilizzando il codice Qr che segue.
N. Ferraro
PREVENZIONE
SERENA apre
AL TEST HPV
passi avanti nello screening del cancro
del collo dell’utero
Scopo dello screening del cancro del collo dell’utero è identificare le neoplasie intraepiteliali cervicali
Guglielmo Ronco
(CIN) di alto grado, che possono progredire a cancro invasivo e trattarle prima della progressione. Lo
Nereo Segnan
screening basato sul Pap-test (esame citologico delle cellule di sfaldamento della cervice uterina) è
Unità di
stato certamente uno dei successi della prevenzione dei tumori. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca
Epidemiologia dei
sul Cancro (IARC) ha stimato che programmi di popolazione di buona qualità basati sul Pap-test riduTumori 2,
cono il rischio di tumore del 70% o più tra le donne che fanno lo screening.
CPO Piemonte,
Dalla fine degli anni ’90 una serie di studi ha dimostrato che il test per la presenza di DNA di alcuni
Città della Salute
tipi di papilloma virus umano (HPV) è in grado di trovare CIN di alto grado che la citologia non è in
e della Scienza di
grado di identificare. Questo peraltro non era sufficiente perché è noto che solo una parte delle CIN
Torino
di alto grado diventa cancro invasivo (1/3 in 30 anni di quelle trovate con il Pap-test) e molte guariscono spontaneamente. Era quindi teoricamente possibile che tutte o quasi le CIN aggiuntive trovate
con l’HPV fossero spontaneamente regressive. Finora quattro studi randomizzati, condotti in Svezia,
Inghilterra Olanda e Italia (quest’ultimo coordinato dal CPO Piemonte e condotto all’interno di sei
programmi organizzati di screening, tra cui Torino) hanno pubblicato i dati su due round di screening,
mostrando che al primo round di screening nel braccio che ha fatto il test HPV si erano trovate più
CIN di alto grado che nel braccio che ha fatto citologia ed al secondo round meno. Questo prova che
il test HPV permette di identificare (e quindi trattare) CIN di alto grado persistenti prima della citologia
e quindi plausibilmente di ridurre il numero di CIN che progrediscono a cancro prima del trattamento. u
dicembre 2013
17
Il dedalo
Lo studio torinese pubblicato da The Lancet
A partire dal 2010 si sono avviati in Italia diversi programmi pilota con il test HPV, tra cui uno a Torino
nel 2010, in cui metà delle donne, secondo l’anno di nascita, veniva invitata a fare lo screening con
test HPV e l’altra metà la con citologia (Pap-test). Intanto è stato pubblicato un rapporto di Health
Technology Assessment per la situazione italiana, che concludeva che, se vengono usati protocolli
appropriati, lo screening con HPV è più protettivo che quello con citologia senza aumentare gli effetti
collaterali e, tra l’altro, stimava che il costo dello screening con HPV ogni cinque anni fosse inferiore
a quello dello screening con citologia ogni tre. Il Ministero della Salute nella primavera di quest’anno
ha rilasciato un documento di indirizzo alle Regioni in cui si raccomanda il passaggio allo screening
basato sul test HPV.
Sono stati appena pubblicati (Ronco et al. Lancet 2013; DOI pii: S0140-6736(13)62218-7. 10.1016/
S0140-6736(13)62218-7) i risultati del follow-up congiunto dei quattro trial (oltre 175.000 donne
seguite mediamente per 6,5 anni). Esso ha permesso di stimare che lo screening basato sul test HPV
consente di ridurre ulteriormente del 60-70% il rischio di tumori invasivi della cervice rispetto allo
screening con la citologia (una riduzione significativa era già stata osservata nello studio italiano ma
il numero ridotto di tumori non aveva consentito una stima dell’entità). Inoltre lo studio ha permesso
di verificare direttamente che:
––
––
––
––
18
dicembre 2013
Lo screening con test HPV ogni cinque anni è più protettivo dello screening con citologia ogni tre.
Inviare direttamente in colposcopia tutte le donne positive aumenta di molto il numero di biopsie
rispetto allo screening con citologia (e possibilmente anche il rischio di trattamenti inutili) mentre la
procedura normalmente indicata come “triage citologico” e descritta oltre non comporta nessun
aumento di biopsie pur mantenendo la stessa protezione che l’invio diretto
Lo stesso vale per il fatto di utilizzare il solo test HPV come test primario (fatto a tutte le donne)
rispetto al doppio test (citologia + HPV)
In base ai dati disponibili l’età ottimale per iniziare il test HPV pare essere 30 anni.
è importante che
in particolare i
medici di Medicina
Generale, a cui le
donne si rivolgono
spesso per consigli,
raccomandino di
seguire il protocollo
che è stato
individuato anche
nelle situazioni
in cui la donna
può essere tentata
di abbandonare
il programma
organizzato per
approcci più
aggressivi, come
.nel caso donne con
test HPV positivo e
citologia normale (a
cui viene indicato di
ripetere il test HPV
dopo un anno).
Cosa cambia per lo screening delle CIN in Piemonte
La Regione Piemonte ha ora deciso l’estensione progressiva all’intera Regione e come pratica standard dello screening del cancro del collo dell’utero basato sul test HPV. Il programma, coordinato
sempre dal CPO, adotta il protocollo raccomandato dal rapporto HTA e dalle linee guida nazionali e
perfettamente coerente con i risultati dello studio appena pubblicato su Lancet.
Le donne verranno invitate a fare un prelievo in fase liquida di cellule cervicali che sarà utilizzato per
eseguite un test per il DNA dei tipi “ad alto rischio” di HPV (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56,
58, 59 e 68). Se il test risulterà negativo la donna verrà invitata per un nuovo round di screening
dopo cinque anni. Se, invece, il test risulterà positivo verrà preparato dallo stesso prelievo (quindi
senza richiamare la donna) un vetrino per l’esame citologico in strato sottile. Se la citologia mostrerà
anomalie (atipie cellulari di incerto significato: ASC-US o più grave) la donna verrà inviata immediatamente in colposcopia. Se invece l’esame citologico non mostrerà anomalie la donna verrà invitata a
ripetere il test HPV dopo un anno. Se quest’ultimo mostrerà ancora la presenza di HPV verrà inviata
in colposcopia, altrimenti sarà re-invitata dopo cinque anni. Questa procedura, indicata come “triage
citologico” è riassunta nella figura. Le donne verranno invitate a fare il test HPV a partire dai 30 anni
di età. Quelle più giovani saranno invitate a fare la citologia: il Pap Test).
Un nuovo protocollo validato scientificamente
Questo protocollo è stato definito sulla base di forti prove scientifiche (tra cui quelle dirette fornite
dall’articolo appena pubblicato su Lancet) al fine di evitare procedure inutilmente aggressive pur
mantenendo il massimo di protezione. L’utilizzo di protocolli inappropriati può causare, oltre al costo
ed al disturbo per le donne di procedure diagnostiche inutili e di test troppo ravvicinati, trattamenti
inutili con possibili effetti indesiderati quali il rischi di complicazioni in gravidanza dopo trattamenti
inutili. Di fatto, l’inizio dell’uso del test HPV in età troppo giovane, intervalli di screening troppo brevi
e l’invio diretto in colposcopia di tutte le donne positive al test HPV aumentano la probabilità di individuare infezioni da HPV transitorie non associate a CIN e di diagnosticare CIN destinate a regredire
spontaneamente.
È quindi importante che in particolare i medici di Medicina Generale, a cui le donne si rivolgono spesso per consigli, raccomandino di seguire il protocollo che è stato individuato anche nelle situazioni in
cui la donna può essere tentata di abbandonare il programma organizzato per approcci più aggressivi, come .nel caso donne con test HPV positivo e citologia normale (a cui viene indicato di ripetere
il test HPV dopo un anno).
Uno dei punti di forza di Prevenzione Serena è sempre stato l’adozione di attività di promozione della
qualità e di monitoraggio delle performance di ogni fase dello screening. Questa esigenza è particolarmente rilevante per lo screening basato sul test HPV. Lo studio randomizzato NTCC ed programma
pilota attivo nella Città di Torino hanno permesso di mettere a punto gli aspetti tecnici e organizzativi
e di sviluppare competenze avanzate sia riguardo all’esecuzione del test che alla lettura della citologia
di triage. La centralizzazione di entrambi in un unico Centro (mentre i prelievi verranno comunque
eseguiti nell’ampia Rete di centri diffusa sul territorio) rappresenta una garanzia in questo senso.
L’attività del progetto pilota verrà progressivamente ampliata a tutta la popolazione della città di Torino mentre l’attivazione nei dipartimenti di screening di Ivrea e della valle di Susa dovrebbe cominciare
nella primavera del 2014. Non sarà possibile passare immediatamente al test HPV per tutte le donne,
anche perché è necessario tenere conto del cambiamento di intervallo di screening. Alcune donne
sopra i 30 anni di età verranno invitate a fare la citologia ancora una volta nel corso dei prossimi tre
anni ma verranno invitate a fare il test HPV tre anni dopo. Inoltre gli inviti verranno programmati in
modo che nessuna donna esca dall’età di screening senza avere fatto almeno un test HPV.
è importante che le donne che sono invitate alla citologia continuino ad approfittare della protezione
e qualità fornite dallo screening organizzato piemontese. ¢
dicembre 2013
19
Lo stetoscopio
LA CULTURA
FA BATTERE IL CUORE
In Italia circa 60.000 persone ogni anno sono colpite da arresto cardiaco improvviso. È un evento imprevedibile e in un’alta percentuale di casi è causato da aritmia ventricolare che può essere interrotta
da uno shock elettrico. Come dimostrato dalla letteratura scientifica, le manovre salvavita e la defibrillazione precoce possono arrivare a triplicare la sopravvivenza degli infortunati.
La nostra Regione, per perseguire l’obiettivo di diffondere in modo capillare l’uso dei defibrillatori tra
la popolazione, ha approvato il Programma per l’acquisto ed i criteri di diffusione dei defibrillatori
semiautomatici esterni. Le finalità di questa iniziativa sono state presentate all’inizio del novembre
scorso nella sede della Fondazione Circolo dei Lettori, alla presenza degli assessori regionali alla Sanità,
Ugo Cavallera, alla Cultura e Politiche Giovanili, Michele Coppola, del Direttore del Dipartimento 118,
Danilo Bono e del cardiologo della Città della Salute, Sebastiano Marra.
La Regione ha pianificato il programma di distribuzione delle apparecchiature per la defibrillazione
tenendo conto di alcuni principi basilari:
◊ capillarità territoriale (dando una copertura il più possibile omogenea sul territorio),
◊ scelta di luoghi di maggiore afflusso di persone;
◊ scelta di luoghi in cui il target di affluenza possa interpretare al meglio le finalità perseguite dal
progetto.
Con i fondi stanziati per il progetto- che ha un finanziamento ministeriale- sono stati acquistati 280
defibrillatori:
◊ 20 defibrillatori per luoghi di interesse culturale;
◊ 130 defibrillatori per i Comuni (in collaborazione con l’ ANCI Piemonte) di cui: 9 per la città di Torino, 21 per gli altri comuni capoluogo (3 per ogni comune), 100 per gli altri piccoli comuni;
◊ 62 defibrillatori per associazioni di volontariato ( in collaborazione con Associazioni di Volontariato
e Croce Rossa);
◊ 40 defibrillatori per Forze armate, Vigili del fuoco, Polizia, Guardia di Finanza (in collaborazione con
la Questura e i vari Comandi regionali);
◊ 28 per la continuità assistenziale (ancora da destinare).
Perché nei luoghi della cultura
La Regione Piemonte ha volutamente inserito anche i luoghi di interesse culturale, iniziando a destinare 20 defibrillatori ad una prima selezione di enti a cominciare dal Circolo dei Lettori che ogni giorno
richiama nella propria sede un afflusso costante di persone di ogni età. Si ritiene infatti che i luoghi
di interesse culturale per la loro forte affluenza di pubblico, rappresentino un punto strategico per
collocare defibrillatori e proprio la cultura è un canale importante per la trasmissione di messaggi di
informazione e servizio al cittadino, come in questo caso di vitale importanza.
L’Assessorato regionale alla Sanità ha anche predisposto le attività per la formazione: sono stati accreditati 25 enti e tra questi le principali istituzioni culturali piemontesi. Da giugno ad oggi, sono già
state formate oltre 1.800 persone. È stata anche predisposta una campagna informativa con lo slogan
Anche tu puoi far battere un cuore. Queste informazioni si possono trovare nel link http://www.
regione.piemonte.it/sanita/cms/campagne-di-comunicazione/anche-tu-puoi-far-battere-un-cuore.html
“Abbiamo avviato un progetto – ha dichiarato l’Assessore Ugo Cavallera - il cui obiettivo è promuovere
la cultura della prevenzione tra i cittadini. Con la diffusione dei defibrillatori, intendiamo ulteriormente
rafforzare il sistema dell’emergenza-urgenza che è uno dei migliori a livello nazionale, con il Dipartimento 118 e la rete ospedaliera per le cure delle malattie cardiache. È oltremodo significativo che la
presentazione si sia svolta in uno luogo come il Circolo dei Lettori. Ora proseguiremo coinvolgendo
gli altri destinatari del progetto, i Comuni, le organizzazioni del volontariato e le Forze dell’Ordine”.
Per l’assessore Coppola “La cultura in Piemonte è parte del DNA della nostra regione per il ruolo strategico che ricopre. La cultura è infatti il miglior alleato del lavoro, dello sport e della salute. Proprio con
l’Assessorato alla Sanità in questi mesi abbiamo avviato diverse collaborazioni che vedono la cultura
protagonista negli ospedali, come il Sant’Anna e il Regina Margherita, attraverso la lettura e l’arte.
Mancava un tassello, l’operazione defibrillatori, per mettere a disposizione uno strumento di pronto
intervento nei luoghi di cultura che hanno un’affluenza di pubblico significativa. La cultura fa battere
il cuore: questo è il messaggio che vogliamo sottolineare”. ¢
20
dicembre 2013
Ni.Fe.
Da materiale
stampa
della Regione
Piemonte
Lo stetoscopio
Il Professor
Mauro Salizzoni
IL CENTRO TRAPIANTI DI FEGATO
DELLE MOLINETTE È DA RECORD
e sono 2500!
Ni.Fe.
Da un comunicato stampa di Pierpaolo Berra
Il 26 agosto scorso è stato tagliato lo storico traguardo dei 2.500 trapianti di fegato all’Ospedale
Molinette della Città della Salute e della Scienza di
Torino. Un record europeo.
Il Centro Trapianto di fegato “Sergio Curtoni”, diretto dal professor Mauro
Salizzoni, è ora al vertice in Europa per numero di trapianti effettuati e per
dati di sopravvivenza. Sono stati scavalcati i centri inglesi fino a poco tempo
fa al top europeo. Il 26 agosto 2013 è stata trapiantata un giovane donna
affetta da una malattia rara, l’amiloidosi, che ha ricevuto la parte destra (split
destro) di un fegato prelevato ad una giovane donna deceduta per emorragia cerebrale all’ospedale Maria Vittoria di Torino. La parte sinistra del fegato
(split sinistro) è stato trapiantato dall’equipe di Palermo su un bambino di
due anni affetto da atresia delle vie biliari. Anche gli altri organi, prelevati
grazie al gesto di altruismo e solidarietà, sono stati trapiantati con successo:
i polmoni dall’equipe del professor Mauro Rinaldi della Cardiochirurgia delle
Molinette di Torino ad una giovane donna in attesa di trapianto a causa di
un’altra malattia rara, la fibroelastosi idiopatica. Il rene destro è andato al
Policlinico di Milano ad un donna in attesa da più di 10 anni con cui era
presente una somiglianza genetica particolare; mentre il rene sinistro è stato
trapiantato dall’équipe del dottor Piero Bretto del Centro Molinette di Torino
ad una giovane donna che era stata precedentemente sottoposta ad un raro
trattamento per rimuovere anticorpi anti-tessuto che avevano finora impedito
il trapianto, procedura questa in uso in Italia solo nel centro di Torino per i
trapianti di rene da donatore deceduto. Una donazione questa, coordinata dal
Centro Regionale Trapianti piemontese, particolare anche per le destinazioni
degli organi, ricevuti prevalentemente da giovani donne, ognuna con una
storia clinica grave e particolare.
23 anni di attività
Il primo trapianto di fegato venne eseguito a Torino il 10 ottobre del 1990
dall’equipe del professor Salizzoni. Dei 2.500 trapianti:
–– 120 sono stati di un solo segmento del fegato (o trapianti split), per favorire il trapianto in pazienti pediatrici o giovani adulti, e consentire il trapianto
a più pazienti,
–– 45 trapianti sono stati eseguiti in combinazione anche con il rene,
–– 2 in combinazione con il pancreas,
–– 1 assieme al polmone,
–– 6 trapianti tipo domino*.
I trapianti di fegato possono essere eccezionalmente eseguiti da donatore vivente: il centro di
Torino ne ha eseguiti 14, ed è uno dei pochi centri
autorizzati dal Ministero per questo tipo di trapianto. Se è vero che la patologia epatica colpisce prevalentemente soggetti adulti, esistono pur
sempre rare malattie congenite o dell’infanzia, per
le quali il trapianto rappresenta l’unica alternativa.
133 bambini hanno beneficiato in questi anni di
trapianti pediatrici, alcuni dei quali da donatore
adulto (cadavere o vivente) tramite la tecnica della resezione di parte del fegato. Molti di loro hanno ricevuto il trapianto a pochi mesi dalla nascita.
Ad oggi l’età media dei pazienti trapiantati è di
56 anni ed il 73% di loro e di sesso maschile.
Efficacia a distanza del trapianto di
fegato
Come sempre, anche nel caso dei trapianti i numeri non sono tutto, occorre chiedersi che beneficio comporti questa terapia ai pazienti che la
ricevono. Certo, questi pazienti al momento del
trapianto presentano malattie che hanno determinato un danno del fegato non altrimenti curabile: di solito con un’aspettativa di vita di pochi
mesi. Una misurazione dell’efficacia del trapianto è data dalla sopravvivenza dei pazienti dopo
trapianto. Il Centro di Torino, che occupa la prima posizione per numero di trapianti, dimostra
risultati ottimali anche dal punto di vista della
sopravvivenza: il 92% dei pazienti adulti è vivo
ad un anno dal trapianto, e circa l’80% a cinque
anni. Nel caso dei bambini, la sopravvivenza ad
un anno è pari a 97,5%. Il tempo di attesa medio
prima del trapianto è di circa due mesi. In questo
momento sono 56 i pazienti in lista di attesa. La
maggior parte dei pazienti che viene inserita in
lista riceve quindi in breve tempo il trapianto e ciò
rende le liste di attesa contenute.
Sono questi risultati eccellenti, nell’ambito di un
settore sanitario di particolare valore in tutta la
nazione, che colloca l’Italia ed in particolare il
Centro delle Molinette ai vertici europei. E se ci si
confronta con l’Europa, il centro di Torino condivide una posizione leader soltanto con ungruppo
ristrettissimo di altri Centri: Birmingham, Londra e
Cambridge nel Regno Unito (ma in questa nazione tutti i trapianti sono convogliati in pochi centri)
e quello di Hannover in Germania.
Globalmente, l’esito del trapianto di fegato nel
centro piemontese si dimostra superiore se confrontato con i dati dei migliori centri mondiali.
Questo rende l’attività del Centro trapianti di Torino un punto di eccellenza e di riferimento di valore mondiale per questo tipo di chirurgia.
* A volte, sulla stampa, il termine viene usato in
modo non corretto. Una situazione operativa utilizzata dal Centro Regionale Trapianti (CRT) della Sicilia
chiarisce in modo perfetto il corretto uso del termine:
“In un trapianto di polmone può essere necessario,
per motivi chirurgici, trapiantare il blocco completo
di cuore e polmoni di un donatore, per cui il cuore
sano prelevato dal ricevente può essere donato ad
un’altra persona” ¢
dicembre 2013
21
Chi fa cosa
Ni.Fe.
Da materiale
stampa
predisposto da
Silvana Patrito
Ufficio Stampa
ASL TO 2
È GIAPPONESE e RIMUOVE
I TUMORI RISPETTANDO
I TESSUTI SANI
SI CHIAMa
ESD
Tecnica mini-invasiva applicata nell’asportazione di un tumore, purché localizzato a livello superficiale; rimozione del tumore conservando l’organo
che ne è portatore; nessuna conseguenza di carattere alimentare o digestivo per malato e tre notti di degenza ospedaliera contro le dieci previste per
l’asportazione chirurgica: questi i principali vantaggi della nuova metodica
endoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale, nel trattamento dei tumori
del tratto gastrointestinale in stadio non avanzato.
Franco Coppola, specialista appositamente addestrato, con l’approvazione
della Direzione Generale ASL TO 2, nell’autunno 2012 con uno stage di sei
settimane presso la Showa University di Yokohama, dove ha approfondito
gli aspetti tecnici e organizzativi legati all’esecuzione di questi interventi
endoscopici innovativi, nell’ultimo mese all’Ospedale San Giovanni Bosco
dell’ASL TO 2 ha eseguito tre ESD del colon e tre ESD gastriche, con successo terapeutico e senza complicanze.
Le procedure, eseguite su tre malati di sesso maschile e tre di sesso femminile, di età compresa tra i 58 e i 66 anni, hanno avuto una durata di
circa tre ore ciascuna. I pazienti con tumore gastrico superficiale sono stati sottoposti ad anestesia generale in sala operatoria perché le procedure
operative del tratto esofago-gastrico sono meno tollerate rispetto a quelle
coliche e necessitano pertanto di narcosi eseguita dall’anestesista in ambiente protetto.
Differenze tra procedura chirurgica tradizionale
e mininvasiva
“La nuova procedura prevede l’uso di accessori differenti rispetto a quelli
normalmente utilizzati dagli endoscopisti, veri e propri bisturi in miniatura,
con cui si ‘scollano’ le lesioni gastrointestinali dalla parete e si coagulano
i vasi per prevenire il sanguinamento – spiega Franco Coppola, Gastro-
22
dicembre 2013
Procedura mininvasiva, minori effetti
collaterali e meno giorni di ricovero.
È la “Dissezione Endoscopica
Sottomucosa” (ESD), la procedura
inventata in Giappone nei primi anni
2000 per rimuovere tumori non
avanzati dello stomaco, successivamente
applicata anche nell’esofago e nel colon,
introdotta quest’estate all’Ospedale San
Giovanni Bosco di Torino, con la quale
la Gastroenterologia diretta da Serafino
Recchia si pone all’avanguardia nel
trattamento delle lesioni superficiali
del tratto gastroenterico, per le quali le
tecniche endoscopiche standard non sono
applicabili.
Da sinistra i dottori
Serafino Recchia e Franco Coppola
con lo strumento per la ESD
enterologo del San Giovanni Bosco specializzato nella metodica – prima
dell’introduzione di questa tecnica, o dove questa non viene utilizzata, per
i pazienti non c’era che la rimozione chirurgica della lesione, con perdita
dell’organo e degenze non inferiori ai 9-10 giorni”.
“Abbiamo importato questa procedura endoscopica dal Giappone, dove è
stata applicata in prima istanza nei tumori gastrici e nel tipo più frequente
di tumore esofageo, il carcinoma squamoso. L’incidenza del tumore gastrico in Giappone, circa 2,5 volte più elevato rispetto all’Italia, ha dato modo
agli specialisti giapponesi di sviluppare un’ampia esperienza su questa patologia e di essere all’avanguardia rispetto al resto del mondo – spiega.
Serafino Recchia, Direttore della Gastroenterologia del San Giovanni Bosco – elaborando un percorso diagnostico- terapeutico che consente sia
di diagnosticare i tumori in una fase molto precoce, mediante sofisticati
apparecchi endoscopici, ancora poco diffusi nei paesi occidentali, sia di
rimuovere le lesioni precoci con un trattamento mini- invasivo che consente la preservazione dell’organo interessato. Questa tecnica negli ultimi
anni comincia ad essere applicata anche in Occidente e, se per il colon in
molti casi possono essere utilizzate procedure meno complesse, come la
mucosectomia, per l’esofago e lo stomaco la ESD è l’unica tecnica endoscopica che si può mettere in atto in alternativa alla chirurgia, a causa delle
differenti caratteristiche anatomiche che i tumori esofago-gastrici hanno
rispetti a quelli del colon”.
L’esecuzione dell’ESD è particolarmente difficile perché il gesto endoscopico è più complesso rispetto a quello usualmente messo in atto dall’endoscopista, che per rimuovere i polipi utilizza varie tipologie di anse: queste
sono specie di cappi che, fatti scorrere nel canale operativo dello strumento endoscopico, vengono aperti al di sopra della lesione e chiusi intorno
alla base. Il passaggio di corrente ne determina quindi il distacco. Poiché
u
dicembre 2013
23
Chi fa cosa
i tumori da rimuovere con ESD sono tendenzialmente piatti, le anse
non servono e al loro posto si utilizzano mini bisturi endoscopici che
“scollano” poco per volta il tumore dalla sua base, dopo averlo sollevato mediante infusione di liquidi che vengono iniettati tra la parete del
tumore e la parete del viscere sottostante. La difficoltà della procedura
è determinata dal fatto che sono necessarie più tipologie di movimenti
nei vari piani spaziali, utilizzando un solo accesso invece di due o più
come avviene nella chirurgia.
“Per fare un esempio comprensibile – spiega Franco Coppola – immaginiamo di avere un’arancia incollata su una superficie (così come è incollato il tumore alla parete dell’organo) e di doverla sbucciare usando
un coltello affilato, ma con una sola mano e senza l’aiuto del pollice
in opposizione al coltello. Non sarà una procedura rapida e dovremo
avere molta pazienza per portarla a termine senza danneggiare l’arancia prima di averla sbucciata. Quindi occorrono differenti procedure e
differenti accessori rispetto ad ogni altra pratica endoscopica”.
“Pertanto è fondamentale avere personale appositamente addestrato
– conclude Serafino Recchia – la procedura può durare fino a tre ore
e la profondità con cui la dissezione scava nello spessore della parete
per rimuovere le lesioni da trattare è molto maggiore rispetto a quella
di altre tecniche endoscopiche, analoghe ma meno complesse come la
polipectomia e la mucosectomia; l’abilità tecnica dell’operatore riveste
dunque un ruolo determinante, anche per la riparazione immediata
di eventuali complicanze e per scongiurare una conversione chirurgica
della dissezione ESD”.
Il post intervento
A buon esito della procedura e dopo la degenza minima richiesta, il
paziente dovrà essere sottoposto periodicamente a endoscopie di controllo, per prevenire il rischio che l’organo colpito e conservato possa
sviluppare nel tempo un secondo tumore.
In base ai dati del Centro di Prevenzione Oncologica della Regione Piemonte sono stati accertati 1.331 casi di tumore gastrico nella nostra regione nel 2011, di cui la maggior parte diagnosticata in fase avanzata.
Il numero previsto di candidati all’utilizzo della nuova metodica è attualmente di circa 200 l’anno in Piemonte (15 - 20% della totalità dei
casi) numero destinato ad aumentare con il perfezionamento dell’accuratezza diagnostica delle lesioni in fase precoce. ¢
Dall’alto:
tumore superficiale;
inizio dissezione;
dissezione avanzata;
parete gastrica dopo esd.
24
dicembre 2013
ASL TO 2: CURE
DOMICILIARI
A TUTTO SPRINT!
Gli spostamenti del personale dedicato alle Cure Domiciliari ASL TO 2, nella
sede di Via Botticelli 130, da quest’estate sono diventate ecosostenibili, antistress e all’insegna del fitness!
Merito della nuova dotazione di biciclette, acquistate grazie alla donazione
dei famigliari della Signora Rosa B. e del Signor Luigi M., entrambi seguiti a
casa dall’ “Equipe di Domiciliarità ASL TO 2”.
Le cure domiciliari sono organizzate in quattro gruppi sul territorio, uno per
ciascun distretto della ASL TO 2: Corso Toscana 108, Via Asinari di Bernezzo
98, Lungo Dora Savona 24 e Via Botticelli 130.
Quest’ultimo gruppo, per raggiungere il domicilio degli assistiti, si trova a circolare in quartieri tranquilli e dotati di molte piste ciclabili, ma affollati ugualmente di auto, quindi adatti alla percorrenza in bicicletta. Questo spartano
e sempre più utilizzato mezzo di locomozione consente di risolvere l’annoso
problema del parcheggio; non c’è confronto con l’auto in quanto a rapidità
di spostamento, economicità, discrezione, silenziosità e rispetto per l’ambiente. In questo modo il Personale dell’ASL TO 2 offre il proprio contributo
alla rivalorizzazione dell’ambiente urbano e al miglioramento della qualità
della città, con un occhio di riguardo anche alla propria salute, trasformando
i tragitti in una sana attività fisica quotidiana.
“I nostri gruppi di Cure Domiciliari spesso ricevono dei premi di ringraziamento da parte dei Pazienti seguiti o dai loro Familiari – commenta la Dott.
ssa Daniela Bodda, Direttore S.C. Cure Domiciliari e Disabilità ASL TO 2 – premi dei quali siamo molto grati alle Famiglie e orgogliosi per l’apprezzamento
che essi significano. Grazie a queste donazioni possiamo dotarci di utili accessori per le attrezzature di lavoro, e nel tempo infatti le abbiamo investite
in zainetti, giacche a vento, un’auto e adesso in tre biciclette e altrettanti
caschi di protezione”. ¢
Da sinistra, gli infermieri Siria Tomasicchio, Mara
Paggiarin, Margherita Peloso, Maria Teresa Paone,
Luca Guion, Antonella Taccucci, Paola Bianco,
Gabriella Macripò e Miriam Petti
Qualche dato
Le CURE DOMICILIARI ASL TO 2, che erogano
interventi sia in lungo-assistenza sia in post
acuzie, hanno un’equipe di 50 infermieri.
Nell’anno 2012, sono stati trattati in totale
13863 casi, di cui:
3542 Lungoassistenza
6496 ADP
2001 SID
1327 ADI
497 Cure palliative, in collaborazione
con il Servizio di Cure Palliative ASL TO 2
(Responsabile dott. Ezio Nigra)
LA STANZA DEL SILENZIO ALL’
OSPEDALE MAURIZIANO DI TORINO
Ni.Fe. Da un comunicato stampa di Tiziana Bertero
Il 12 settembre scorso all’Ospedale Mauriziano di Torino è stata inaugurata LA STANZA DEL SILENZIO (Stanza 12 - Corridoio Rosselli).
La Stanza del Silenzio, nelle intenzioni dell’Azienda Ospedaliera,
vuole essere un luogo accogliente ma sobrio, dove la persona possa
fermarsi, raccogliersi, riflettere, lasciar sedimentare notizie, prendere
distacco dal serrato ritmo di lavoro, pregare, ciascuno secondo la sua
fede. Nel rispetto di tutte le diverse fedi e di chi si considera non credente, non vi si trovano simboli religiosi.
Come ha sostenuto Dag Hammarskjöld*, Segretario delle Nazioni
Unite dal 1953 al 1961: “Ciascuno di noi ha dentro di sé un centro di
quiete avvolto nel silenzio. [...] L’obiettivo è creare in questa piccola
stanza un luogo le cui porte possano essere aperte agli spazi infiniti
della preghiera. Qui si incontreranno persone di fedi diverse e per
questa ragione non si poteva usare nessuno dei simboli cui siamo
abituati nella nostra meditazione. [...] Un antico detto ricorda che
il senso di un recipiente non sta nel guscio ma nel vuoto. Così è di
questa stanza. è per quanti vengono qui per riempire il vuoto con ciò
che trovano nel proprio centro di quiete”.
Per questi motivi Hammarskjöld aveva voluto una “stanza della quiete” all’ingresso del palazzo dell’ONU. ¢
* Come si può leggere in articolo pubblicato in Rete sul
“Post” a firma di Giovanni Zagni: “Il 18 settembre 1961 l’aereo che trasportava l’allora segretario generale delle Nazioni
Unite Dag Hammarskjöld e altre quindici persone si schiantò vicino a Ndola, una delle città più grandi della Rhodesia
del Nord (oggi Zambia). Lo svedese Dag Hammarskjöld fu
il secondo segretario delle Nazioni Unite, in carica per due
mandati consecutivi dal 1953 al 1961. Il suo operato come
uomo politico, le circostanze sospette dell’incidente aereo
in cui morì e la sua profonda spiritualità, che divenne nota
al grande pubblico solo dopo la sua morte, lo resero una
figura molto conosciuta e un simbolo dell’uomo di Stato che
si mette al servizio totale della comunità fino alla morte”.
Il personaggio pubblico in pochi anni rivoluzionò la vita interna e i compiti istituzionali dell’Onu.
Come scrive Zegni: “Negoziò di persona il rilascio di prigionieri statunitensi durante la guerra di Corea, inviò per la prima volta nella storia dell’organizzazione forze dell’ONU con
funzioni di peacekeeping per impedire che degenerasse la
crisi di Suez (1956) e intervenne anche nella crisi ungherese. Quanto alle decisioni politiche, Hammarskjöld sostenne
i diritti delle piccole nazioni che cercavano l’indipendenza,
anche a costo di contrapporsi alle grandi potenze, e appoggiò il processo di decolonizzazione: in questo modo si attirò
molte critiche da parte dei paesi occidentali.
dicembre 2013
25
Salute
TELLME (Transparent communication in Epidemics: Learning Lessons from experience,
delivering effective Messages, providing Evidence) è un progetto europeo della durata di
36 mesi che prevede la collaborazione internazionale di diversi enti pubblici e privati, attivi
nell’ambito della prevenzione e della comunicazione sanitaria. L’idea di fondo consiste
nell’impiegare in maniera produttiva le conoscenze interdisciplinari derivanti da ambiti
diversi – salute, scienze sociali, umane e politiche, diritto, etica, comunicazione e media – al
fine di raccogliere e integrare elementi informativi “evidence based” utili all’elaborazione di
modelli efficienti per una migliore comunicazione del rischio nel corso di crisi sanitarie legate
alla diffusione di agenti patogeni infettivi su vasta scala.
Nel corso di epidemie e pandemie, uno dei problemi di maggior rilevanza è sempre stato quello
di comunicare efficacemente con la popolazione, al fine di indirizzarne il comportamento per
ridurre la diffusione della malattia e, contemporaneamente, evitare il panico. Un approccio
fallimentare in questo senso ha comportato significativi problemi di comunicazione oltre ad
intuibili conseguenze socio-economiche, generando falsi allarmi e complicando il compito degli
operatori sanitari a qualsiasi livello, come la pandemia di influenza H1N1 del 2009 ha palesato
in maniera quanto mai evidente.
IL TEAM OPERATIVO DI TELLME
Il Team operativo di TELLME si compone e si avvale della collaborazione di numerosi centri di ricerca e comunicazione: tre di essi sono
italiani – il Centre for Science, Society and Citizenship (CSSC), il National Centre for Epidemiology, Surveillance and Health Promotion
(CNESPS) e Zadig S.r.l. (leader nazionale nell’ambito della formazione sanitaria a distanza) – e collaborano fianco a fianco con la School
of Public Health at the University of Haifa (Israele), il Centre for Research in Social Simulation, il British Medical Journal Publishing Group
Ltd., la CEDARthree Ltd. (Regno Unito), il Latvian Centre for Human
Rights (Latvia), il Vrije Universiteit Brussel (Belgio), Vitamib (Francia),
la European Union of General Practitioners (UEMO) e la National
Disaster Life Support Foundation (USA).
TELLME prevede il perseguimento di precisi obiettivi, che definiscono
i princìpi generali della ricerca e i metodi da utilizzare per produrre
contributi validi nell’ambito della comunicazione del rischio in caso
di emergenze sanitarie:
a) raccogliere e valutare le evidenze scientifiche in relazione alla tipologia di risposta della popolazione in caso di epidemia e le modalità
in cui diverse tipologie di comunicazione ne influenzano il comportamento;
b) individuare nuovi metodi e strategie di comunicazione in caso di
eventi epidemico-pandemici;
c) produrre linee guida per gli operatori sanitari e gli enti pubblici che
si trovino ad affrontare eventuali gruppi vaccino-resistenti;
d) progettare, costruire e testare un prototipo di metodo computazionale che simuli le azioni e le interazioni individuali all’interno di un
ambiente virtuale nel corso di un’epidemia, osservandone gli effetti
a livello macrosociale (Agent-Based Social Simulation);
e) Sviluppare un sistema di comunicazione (TELLME Communication
Kit) integrato e condiviso, creando una rete di progetti analoghi a
livello internazionale, onde offrire un nuovo modello di comunicazione partecipativa in caso di pandemia.
Per perseguire tali obiettivi, il Team di TELLME ha
elaborato un approccio metodologico specifico,
conducendo revisioni sistematiche nell’ambito
di database come MEDLINE, EMBASE e CINAHL,
nell’ottica di un’attenta comparazione epidemiologica tra le popolazioni europee e quella
statunitense. In questo senso, sono stati presi in
esame elementi statistici di rilievo con particolare
riferimento all’analisi di alcuni casi-studio occorsi
negli ultimi anni (soprattutto la crisi pandemica
del virus H1N1 del 2009). Inoltre, sono state
condotte un’attenta analisi delle diverse tipologie di rischio e una puntuale revisione sistematica sia dei siti anti-vaccinazione (incentrata sulle
reti di comunicazione e sui contenuti dei loro siti
Web) sia degli articoli di settore e non, volte a individuare le migliori strategie per la promozione
della vaccinazione.
Dai primi risultati ottenuti dagli esperti di TELLME, sono stati enucleati elementi di rilievo
intermedi, utili al proseguimento del progetto.
Inoltre, è stata redatta una prima bozza delle linee guida da utilizzare per la comunicazione nel
corso delle emergenze sanitarie.
u
26
dicembre 2013
tellme
project
La Comunicazione Efficace in caso di
Eventi Pandemici
http://TELLMEproject.eu
Manlio M. Milano
Medico Chirurgo
Specialista in
Medicina Legale
Perfezionamento in
Psichiatria Forense
dicembre 2013
27
Salute
UN’ESPERIENZA NEGATIVA: IL VIRUS H1N1
Come già anticipato, particolare attenzione è
stata rivolta alla comunicazione nel corso di uno
degli ultimi casi di patologia infettiva di interesse
globale: la pandemia di influenza H1N1 occorsa
nel 2009. L’eccessivo senso di allarme indotto da
diversi errori di comunicazione ha rappresentato,
infatti, un esempio di come una crisi pandemica
non dovrebbe essere gestita dalle autorità sanitarie. Tali errori hanno portato a crescenti livelli
di sfiducia: la campagna di promozione vaccinale
rivolta alle popolazioni vulnerabili è stata percepita da molti come eccessiva o addirittura come
un’emergenza indotta artificiosamente per incrementare le vendite dei vaccini. La gravità del
livello di sospetto ingenerato dalla cattiva gestione dell’informazione e della comunicazione
ha frantumato l’attendibilità delle istituzioni che
avevano il compito di pianificare efficaci misure
preventive.
Sulla base di tale esperienza negativa, TELLME
ha proceduto ad analizzare le recenti strategie
adottate dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) e dal Centre for Disease Control
(CDC) in caso di pandemia. In buona sostanza,
il Team di ricerca ha concluso che sono stati fatti numerosi progressi in tale ambito, con riferimento al coordinamento tra le diverse autorità
competenti e tra Paesi differenti. Tuttavia, le
interazioni tra i ministeri, gli operatori sanitari e
il pubblico all’interno di ogni Paese necessitano
ancora di un significativo miglioramento.
TELLME ha inoltre effettuato un’analisi peculiare
del fenomeno sotto il profilo del flusso di informazioni tra le diverse parti coinvolte. La maggior
parte della strategia comunicativa utilizzata nelle
relazioni a qualsiasi livello ha individuato una tipologia di approccio verticale, dall’alto verso il
basso (top-down); tale tipo di approccio risulta
invariabilmente fallimentare, come dimostrano
esperienze analoghe in altri settori (basti citare
l’emergenza nucleare di Fukushima nel 2011).
Va sottolineato che tale errata tipologia di comunicazione si è concretizzata nonostante l’impiego di diversi canali di comunicazione, tra cui i
social media. Nel corso della crisi del 2009, questi ultimi hanno offerto la possibilità di un diverso approccio, più capillare (bottom-up, dal basso
verso l’alto). Esso ha consentito l’integrazione
del flusso informativo proveniente dalla popolazione con un conseguente “effetto feedback”
utile a un adattamento dinamico delle informazioni fornite dalle autorità. Gli esperti di TELLME,
in questo senso, hanno quindi individuato un
primo elemento di fondamentale importanza:
utilizzare un’adeguata strategia di comunicazione a due vie, proprio in considerazione del valore
intrinseco che tale elemento riveste.
28
dicembre 2013
Monitoraggio dell’Opinione Pubblica: caso studio basato sulla diffusione delle
informazioni attraverso Twitter
in occasione dell’epidemia del virus H7N9 del 2013 (Fonte: Progetto TELLME)
UN CASO INTERESSANTE: IL VIRUS H7N9
Un elemento innovativo nell’ambito della metodologia di ricerca impiegato
da TELLME è il monitoraggio dei social media e la diffusione delle informazioni all’interno di tale circuito, che rappresenta evidentemente una
strategia di comunicazione all’avanguardia. Un esempio è lo studio condotto sulla comunicazione via Twitter relativa al virus influenzale A (H7N9),
recentemente diffusosi in Cina. Nel momento in cui tale emergenza pandemica esplose, nessun caso di trasmissione interumana era stato riportato
dall’OMS. Tuttavia, particolare attenzione al problema fu espressa dal “popolo di Internet”, soprattutto sui social media.
Lo studio condotto da TELLME, basato sugli hashtag di Twitter, ha rivelato
che, nel periodo compreso tra il 2 e il 22 Aprile, il contenuto informativo
ed emotivo dei tweet su H7N9 poteva essere suddiviso in cinque categorie:
neutrale (messaggi che diffondevano informazioni, in genere con link ad
articoli e statistiche), di allarme (messaggi che esprimevano forte emotività
e paura), di rassicurazione (messaggi tesi a contrastare possibili reazioni di
panico mediante rassicurazione e consigli pratici), di complotto (con riferimento a teorie cospirazioniste) e di sfiducia (nei confronti delle autorità e
degli esperti, a causa delle contrastanti informazioni che venivano fornite).
Tali elementi di rilievo statistico rendono conto della difformità derivante
da una situazione sostanzialmente disomogenea rispetto alle informazioni
fornite dai Ministeri della Salute di Paesi diversi. L’OMS e molti ministeri
diffusero notizie caratterizzate da una notevole insistenza nel mantenere
misure igieniche di tipo alimentare, genericamente raccomandabili, ma non
strettamente inerenti alla trasmissione dei virus influenzali come H7N9. Nel
momento in cui tali notizie venivano pubblicate, le modalità di trasmissione
del virus non erano ancora note. Un analogo equivoco che comportò ricadute socio-economiche derivanti dal calo delle vendite di carne di maiale,
si osservò nel corso della pandemia di H1N1 nel 2009. Più prudentemente,
il CDC di Atlanta redasse un documento esteso, in cui venivano fornite
indicazioni da seguire in caso di viaggi in Cina. Ancor più cauto si dimostrò
il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC)
che si limitò a sottolineare come, allo stato delle cose, vi fossero ben poche
certezze.
Nonostante tali iniziali problemi, gli esperti di
TELLME valutarono positivamente la risposta
delle autorità, che dimostrarono di saper sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie nella comunicazione del rischio. L’OMS,
per esempio, aveva esplicitamente privilegiato
Twitter come strumento per l’aggiornamento
del numero di nuovi casi. Questa scelta evitò allarmismi da un lato e, dall’altro, garantì
trasparenza di comunicazione. In tal modo,
l’OMS riuscì anche nell’intento di tenere sotto
controllo le accuse cospirazioniste che in questi
casi non tardano a farsi sentire. In tal senso, le
voci che ebbero maggior eco mediatica furono quelle legate a un colonnello dell’aeronautica cinese, Dai Xu, molto noto nel suo Paese
proprio per le sue forti dichiarazioni. Quando
vennero alla luce i primi casi di infezione da
virus H7N9 a Shangai, l’ufficiale insinuò che
l’infezione fosse stata introdotta volontariamente in Cina dagli Stati Uniti. Utilizzando il
canale Weibo – il social network che in Cina
sostituisce Twitter – tali affermazioni vinsero la
censura che in un primo momento cercava di
controllare la diffusione delle notizie. Il post fu
rilanciato da oltre 30mila followers, invitando
i connazionali alla calma per non fare il gioco
degli Stati Uniti, che secondo Dai Xu avevano
già effettuato un analogo tentativo nel 2003
con il coronavirus della SARS.
Lo studio condotto da TELLME ha quindi concluso che la risposta delle autorità sanitarie nel
caso di H7N9 è stata più adeguata ed efficace rispetto a quanto accaduto nel 2009 con
H1N1. È emerso con evidenza che per tutti gli
enti coinvolti nella diffusione delle informazioni in caso di eventi epidemici, una rapida e significativa presenza sui principali social media
è quanto mai auspicabile, poiché garantisce
una posizione condivisa e una comune linea di
condotta da parte delle autorità sanitarie coinvolte. Grazie ai social media, infatti ci si rivolge direttamente al lettore con messaggi brevi
(140 caratteri al massimo) che vengono facilmente compresi, memorizzati e quindi rapidamente “viralizzati”. È importante, secondo
gli esperti di TELLME «…non ignorare il flusso
di informazioni che scorre attraverso i social
media e che può influenzare i comportamenti
della popolazione, condizionando così anche
l’andamento dell’epidemia». Tuttavia, «I piani
di comunicazione che riguardano gli operatori sanitari avrebbero dovuto essere stabiliti
già da tempo e le istituzioni sarebbero dovute
essere già attive sui principali social media, in
modo da poter riferire e spiegare fatti anche a
livello nazionale, evitando così di lasciar spazio
a congetture e sospetti, e al tempo stesso monitorando ciò che avviene sulla blogosfera».
UN PRIMO DECALOGO OPERATIVO
Sulla scorta di tali rilievi preliminari, il team di TELLME ha redatto un primo
decalogo operativo, in cui vengono tracciate le linee guida per una comunicazione efficace in caso di pandemia. Le modalità di comunicazione devono
prevedere un approccio a due vie (top-down e bottom-up) all’insegna della
massima flessibilità possibile, sia per evitare fraintendimenti, sia per potersi
adattare a quelle esigenze specifiche che diverse sottoculture sociali e variabilità intrinseca degli stadi della malattia possono comportare.
IMPARARE DAL PASSATO:
DIECI PUNTI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE
IN CASO DI PANDEMIA
1.
Addestrare gli operatori sanitari, fornendo loro una chiara comprensione di cosa è necessario dire alla popolazione in caso di pandemia.
2. Non censurare o “ammorbidire” le informazioni: è solo questione
di tempo prima che le censure vengano smascherate. In tal caso,
aumentano sospetti e discredito.
3. Essere flessibili e pronti a correggere qualsiasi informazione se e
quando la situazione dovesse cambiare.
4. Pianificare la comunicazione in modo da seguire in sincronìa i diversi
stadi della pandemia.
5. Fare attenzione ai termini usati, in modo da evitare possibili stigmatizzazioni sociali.
6. Evitare gli annunci contradditori da parte di esperti e rappresentanti
delle istituzioni sanitarie pubbliche.
7. Evitare atteggiamenti distaccati quando ci si confronta con miti e
leggende urbane che riguardano pandemie e vaccini.
8. Adattare i registri comunicativi in base ai diversi destinatari.
9. Sottolineare l’esistenza di una componente di incertezza quando si
tratta di cercare di predire l’evoluzione di una pandemia.
10. Stabilire una leadership della comunicazione molto prima che la
pandemia abbia inizio.
dicembre 2013
29
u
Salute
L’importanza dei vaccini
Uno degli aspetti più rilevanti presi in esame da TELLME, è quello svolto dai vaccini, che rivestono
un ruolo significativo nell’ambito delle emergenze sanitarie legate a patologie infettive. Il Team ha
sottolineato come l’educazione sanitaria tesa alla promozione dei vaccini dovrebbe iniziare già nel
corso della formazione professionale. I curricula professionali di tutti gli operatori sanitari dovrebbero
includere uno specifico riferimento alla preparazione clinica inerente all’immunizzazione. Dovrebbe
essere inoltre richiesta e verificata l’effettiva comprensione dell’importanza delle vaccinazioni, nonché
delle implicazioni per la salute individuale e pubblica.
Il Team di TELLME, inoltre, propone di incrementare la collaborazione tra gli enti preposti alla salute
pubblica e i medici mediante letteratura specifica, che andrebbe promossa con maggior attenzione da
parte degli ordini professionali. Un altro importante aspetto consisterebbe nel proporre corsi specifici
all’interno del programma di Educazione Continua in Medicina (ECM), progetto la cui fattibilità è stata
ben dimostrata nel corso di TELLME (TELLME WP2). Tali accorgimenti consentirebbero di sviluppare un
programma informativo più efficiente – auspicabilmente attraverso una revisione della letteratura di
settore con standard più elevati – che ridurrebbe i casi in cui professionisti sanitari disinformati (o male
informati) forniscono raccomandazioni erronee sulle campagne vaccinali.
Nel 2012, unitamente all’analisi dell’effetto delle indicazioni fornite dai medici nell’ambito delle campagne vaccinali, TELLME ha analizzato ulteriori elementi di rilievo statistico, in occasione della campagna stagionale per il vaccino anti-influenzale. Nell’Ottobre dello scorso anno, diversi Paesi Europei
(tra cui l’Italia) annunciarono il ritiro repentino di cinque diverse tipologie di vaccino prodotte dalle
case farmaceutiche Crucell e Novartis per via di un “potenziale pericolo” per la salute. Nonostante
il Ministero della Salute avesse rassicurato la popolazione confermando che non vi erano rischi, dato
che nessuna dose di vaccino era ancora stata immessa nella rete sanitaria, tale notizia determinò un
significativo grado di allarme nella popolazione. In quell’occasione, TELLME commissionò un sondaggio rapido per appurare quale fosse stato l’impatto che tali notizie avevano determinato sulla propensione delle persone a vaccinarsi contro la sindrome influenzale. Lo studio fu condotto su un campione
di 802 persone, rappresentativo della popolazione italiana adulta, attraverso un’intervista telefonica
computerizzata (CATI System, Computer Assisted Telephone Interview). I risultati di tale studio evidenziarono come il 20% circa del campione preso in esame dimostrasse una crescente sfiducia nei
confronti del vaccino anti-influenzale, dichiarandosi contrario alla vaccinazione nonostante i comunicati e le rassicurazioni fornite dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dall’Istituto Superiore di Sanità
(ISS). In questo modo, il Team di TELLME ha potuto analizzare in maniera approfondita l’interazione
dei diversi fattori connessi al ritiro del vaccino sotto il profilo della comunicazione: i dati clinici, l’informazione istituzionale, la campagna vaccinale e i relativi effetti sull’opinione pubblica, oltre alle conseguenze legate al malfunzionamento dell’apparato informativo. Questo genere di studio costituisce
uno dei pilastri portanti del progetto TELLME, poiché consente di comprendere le effettive dinamiche
dell’informazione in caso di emergenza sanitaria, individuandone punti di forza ed elementi deboli.
Ancor più, consente di identificarne eventuali criticità, creando quindi le basi conoscitive necessarie
per poter apportare modifiche in senso migliorativo.
Importanza ed effetto
delle informazioni
fornite dai medici
nell’ambito di una
campagna sanitaria
per un vaccino antiinfluenzale (2012)
(Fonte: ISPO. Sondaggio
commissionato da
CSSC – Centre for
Science, Society and
Citizenship nell’ambito
del Progetto TELLME)
30
dicembre 2013
CONCLUSIONI PROVVISORIE
L’idea
fondamentale
consiste nello
sfruttare le
conoscenze
dei principali
centri di ricerca
mondiali
impegnati
nell’elaborazione
di nuove
regole per una
più efficace
“comunicazione
pandemica” e
integrarle tra
loro in maniera
funzionale.
I primi risultati ottenuti da TELLME hanno quindi fornito un valido supporto alle attività di tutti gli attori coinvolti in caso di eventi epidemico-pandemici al fine di migliorarne le strategie di comunicazione.
La creazione di linee guida per i professionisti e gli enti pubblici, unitamente alla previsione di corsi
di formazione per il personale di assistenza primaria hanno lo scopo di favorire una migliore preparazione per la gestione di un evento epidemico. Tali operatori, adeguatamente formati e preparati,
potrebbero rappresentare la prima barriera di arresto per un ipotetico agente infettivo, in particolar
modo se connessi alla creazione di gruppi di popolazione adeguatamente vaccinati.
Attualmente, il Progetto TELLME ha davanti a sé ancora più di un anno, un arco di tempo significativamente lungo per poter portare a termine gli obiettivi prefissati. Nel corso dei prossimi mesi è prevista la
realizzazione di un modello di simulazione che, insieme al Kit di Comunicazione, fornirà un prezioso
strumento per gli operatori sanitari, oltre che per i politici e i comunicatori del rischio in generale.
L’obiettivo principale consisterà nell’elaborare una strategia di comunicazione alternativa, integrata
e ad alta efficienza in caso di eventi pandemici, con particolare riferimento agli eventi influenzali su
vasta scala. Il progetto inizierà con un ricerca cartacea contraddistinta da un numero ISSN (disponibile
sul sito Web del Progetto) e integrerà una funzione dedicata alla pubblicazione dei principali risultati
ottenuti, consultabili nella forma di documentazione di ricerca. L’idea fondamentale consiste nello
sfruttare le conoscenze dei principali centri di ricerca mondiali impegnati nell’elaborazione di nuove
regole per una più efficace “comunicazione pandemica” e integrarle tra loro in maniera funzionale.
Un’attività di comunicazione che rappresenta la chiave del progetto sarà, infine, l’organizzazione di
un ciclo di conferenze dedicate a un pubblico più ampio (non limitate, quindi, agli operatori sanitari),
nel corso del quale i partner di TELLME presenteranno i risultati del progetto, coinvolgendo tutte le
parti interessante in un dibattito sui principali problemi evidenziati nel corso della ricerca. In questo
modo, verranno conseguiti gli obiettivi iniziali prefissati dal Team e verranno pubblicati i risultati utili
per garantire un’efficace preparazione nel caso di un prossimo ipotetico focolaio epidemico-pandemico di interesse globale. ¢
Effetto della
comunicazione sanitaria
a seguito del ritiro dei
vaccini anti-influenzali
(2012):
il 19% degli intervistati
è negativamente
stato influenzato dalle
notizie fornite (Fonte:
ISPO. Sondaggio
commissione da CSSC
– Centre for Science,
Society and Citizenship
nell’ambito del Progetto
TELLME)
dicembre 2013
31
Salute
Che cos’è l’obesità
l’obesità è “tanta”
Il sovrappeso è definito come l’eccesso di peso
compreso tra il massimo del normale e l’inizio
dell’obesità (indice di massa corporea = 2530) e l’obesità è definita come indice di massa
corporea oltre il limite massimo del sovrappeso (indice di massa corporea >30). L’obesità
è un importante problema di salute pubblica
perché:
• è frequente
• è in aumento non solo nell’adulto ma anche in età infanto-giovanile
• ha un pesante impatto sulla qualità e sulla
durata della vita.
Aumenta il rischio cardiovascolare (infarto,
scompenso cardiaco, ictus, arteriopatie con
amputazione arti inferiori) e si associa ad un
eccesso di: diabete, insufficienza respiratoria,
calcoli colecisti, tutti i tumori (ma soprattutto
mammella e utero), artrosi da carico (anca, ginocchio e caviglia).
Nello studio effettuato ad Asti (Simona Bo e Paolo
Cavallo Perin), la prevalenza di obesità nel 20012003 (età 45-64 anni) è risultata del 19% e la
prevalenza di sovrappeso 39%. Quindi la prevalenza di sovrappeso+obesità nella popolazione
adulta è del 58% (più di 1 cittadino su 2, oltre la
metà della popolazione).
Nella popolazione adulta di Casale Monferrato
(Graziella Bruno, Paolo Cavallo Perin) nel 2010
sovrappeso/obesità centrale (addominale, quella più sfavorevole per rischio cardiovascolare e
aumento mortalità) ha una prevalenza del 34%,
come dire che ne è affetto un cittadino su tre.
Purtroppo i dati sono preoccupanti anche in età
infanto-giovanile. Prevalenza di sovrappeso/obesità nei bambini residenti in Torino che frequentano la classe prima media è del 16.5% (Studio
Obesità giovanile a Torino; Simona Bo, Paolo Cavallo Perin). Il dato, sebbene inferiore a quello
medio italiano, è tuttavia preoccupante.
32
dicembre 2013
obesity day
a torino
OBESITY
AND RELATED
DISEASES
L’11 e il 12 ottobre
scorso, presso il
Centro Congressi
Torino Incontra
a Torino, si è
tenuto il congresso
internazionale
“Obesity and related
diseases”, organizzato
e presieduto dal
professor Paolo
Cavallo Perin
(direttore di Medicina
universitaria della
Città della Salute
e della Scienza di
Torino).
Le Dietologie di Torino il 10 ottobre scorso sono scese in piazza per celebrare l’Obesity Day, la Campagna di Sensibilizzazione Nazionale su Sovrappeso
e Salute, promossa dall’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione
Clinica).
In questa occasione, Medici e Dietisti delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’area torinese, provenienti dagli ospedali San Giovanni
Bosco, Maria Vittoria, Mauriziano, Molinette, Infantile Regina Margherita e
San Luigi di Orbassano, affiancati da infermieri volontari della Croce Rossa,
con il supporto logistico della CRI stessa, hanno sostato in Piazza San Carlo
Non si sono effettuate visite individuali, ma è stata offerta un’attività di
informazione e valutazione di alcuni parametri antropometrici, quali peso,
altezza e circonferenza vita per definire il livello di normopeso, sovrappeso
e obesità e il conseguente rischio di sindrome metabolica. Sono state date
anche semplici informazioni di tipo igienico-sanitario che hanno colpito
non soltanto il pubblico ma anche i media: ad esempio che l’elevata temperatura delle nostre case favorisce l’obesità
L’obesità ha assunto i caratteri di una vera e propria epidemia mondiale e
preoccupa non solo il mondo medico scientifico ma anche i responsabili
della salute pubblica.
Secondo le rilevazioni dell’OMS sovrappeso e obesità sono responsabili in
Europa dell’80% dei casi di diabete tipo 2, del 35% dei casi di malattie
ischemiche cardiache e del 55% di malattie ipertensive.
A questi si aggiungono i pesanti costi economici e sociali: il 2-8% dei costi
sanitari e il 10-13% dei decessi. Ma già un calo ponderale, anche solo del
5-10%, è associato a una riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare, a
un’aumentata longevità e a un miglioramento del profilo glicemico, della
pressione arteriosa, della concentrazione delle lipoproteine a elevata densità, della funzione respiratoria e del sonno.
Pertanto la prevenzione e il trattamento dell’obesità e delle patologie a essa
correlate rappresentano uno dei più importanti obiettivi di sanità pubblica.
Le Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica della Regione Piemonte
(SOCDNC) sono strutture specialistiche che operano per il mantenimento
o il raggiungimento di un adeguato stato di nutrizione, attraverso interventi preventivi, diagnostici e terapeutici, con la prerogativa di prevenire e
correggere le alterazioni metaboliche nelle patologie responsive alla dieta.
Le SOCDNC garantiscono che l’intervento specialistico si svolga in modo
tempestivo, efficiente e sicuro, sia a livello ospedaliero sia ambulatoriale e
territoriale.
Le SOCDNC, 13 Strutture per adulti e due per pazienti pediatrici, costituiscono la Rete delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica che, attiva
informalmente dal 2000, è stata istituita ufficialmente con DGR 18-13672
del 29/3/2010.
La Rete condivide obiettivi e procedure garantendo eguali prestazioni specialistiche ai pazienti piemontesi sia in ospedale sia sul territorio, con la
stretta collaborazione dei MMG, dei distretti, dell’assistenza domiciliare e
delle cure palliative. u
Ni.Fe.
Da materiale
stampa raccolto e
diffuso da
Pierpalo Berra e
Silvana Patrito
dicembre 2013
33
Salute
Qual è la causa
dell’obesità?
L’obesità fa male
alla salute
Negli anni ’70 i medici
hanno imparato dagli
assicuratori degli USA
che i soggetti obesi
hanno una ridotta
aspettativa di vita (tabelle
della Metropolitan
Life Insurances).
Successivamente il dato
è stato quantificato in
varie popolazioni: in
Italia l’obesità riduce
l’aspettativa di vita di
17 anni ed è la seconda
causa di morte dopo
il fumo. La mortalità
cardiovascolare aumenta
del 90%.
Anche la qualità di vita
è peggiore. L’obesità
non è quasi mai da sola:
uno studio condotto nel
2010 nella popolazione
di Casale Monferrato
(Graziella Bruno,
Paolo Cavallo Perin)
ha evidenziato che il
sovrappeso/obesità è
associato a ipertensione
e dislipidemia (90% dei
casi) con raddoppio del
rischio di avere un evento
cardiovascolare. Lo
studio di Brunico (Enzo
Bonora, Università di
Verona) ha documentato
che sovrappeso/obesità
aumentano di circa
10 volte il rischio di
sviluppare diabete (dal
5% al 50%): 1 adulto
sovrappeso/obeso su 2 ha
il diabete.
34
dicembre 2013
La causa dell’obesità è nota solo in un piccolo numero di casi
(in meno del 5% dei casi la causa è genetica, endocrina, psichiatrica).
Nella maggior parte dei casi, l’obesità è multifattoriale: c’è
una predisposizione familiare cui si aggiungono altri fattori favorenti (eccesso di calorie alimentari in rapporto al fabbisogno
del soggetto, ridotta attività fisica). Lo stile di vita è dettato
dalle abitudini della famiglia ed è purtroppo influenzato dalla
pubblicità e dalle abitudini dominanti nella popolazione (merendine, fast food, giochi sedentari).
Un soggetto predisposto che mangia troppo e si muove
poco, prima o poi, diventa sovrappeso o obeso.
Uno studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale International Journal of Obesity, condotto nella
popolazione adulta (Simona Bo, Paolo Cavallo Perin) ha individuato anche un altro fattore: l’elevata temperatura delle abitazioni (20-21 gradi invece che 19 gradi) contribuisce a ridurre la
spesa energetica favorendo l’obesità; la quantità di calorie che
il soggetto spende per mantenere la temperatura corporea a 37
gradi si riduce se la temperatura ambiente è più elevata.
Un altro studio condotto nel 2012 a Torino negli adolescenti
(Simona Bo, Paolo Cavallo Perin) indica che il sovrappeso/obesità (17%) non è di per sé associato all’assunzione di snack: è
presente in chi consuma più di tre snack al giorno ma anche
nei non-snackers. Però chi fa più di 3 snack al giorno è anche risultato più sedentario. In altre parole, l’obesità dipende
dalle calorie totali e non dal numero dei pasti; come dire che
gli snack non devono essere criminalizzati nell’adolescente, ma
essere inseriti nella vita in modo armonico, tenendo conto delle
calorie alimentari totali e dell’attività fisica di ciascuno.
In uno studio
condotto nel 2008
(Simona Bo, Paolo
Cavallo Perin) sulla
popolazione adulta,
i nuovi casi di
obesità (incidenza)
sono risultati
dell’8.1% nell’arco
di 5 anni, dato
che fa prevedere
un raddoppio
della prevalenza
dell’obesità
nell’arco di 10
anni.
Qualche cifra
1 miliardo e 200 milioni di persone in tutto
il mondo hanno problemi di peso
Viene definita una ’epidemia globale’ perché interessa
della popolazione adulta delle civiltà
oltre il
industrializzate
50%
In America:
della popolazione è in sovrappeso
il
il
della popolazione è obesa
miliardi di dollari è la spesa sanitaria annua per i
soggetti con BMI > 29
per i normopeso
55%
23%
23
6 miliardi
In Italia:
della popolazione è in sovrappeso (41%
il
degli uomini e 25,7% delle donne)
il
della popolazione è obesa (
degli
uomini e
delle donne)
il
degli uomini e il 37% delle donne tentano di
dimagrire
Il
degli uomini in sovrappeso si vedono normali.
Nel
addirittura magri
Il
delle donne con peso normale si vede grassa
33,1%
9,7%
9,9%
24%
9,5%
57%
3%
10%
5% degli obesi si rivolge ad un medico
Il 95% degli obesi si affida ai consigli dietetici dei
Solo il
media e della pubblicità
L’obesità è una malattia riconducibile per il 50% a fattori
genetici e per il 50% a fattori ambientali.
40 sono i geni coinvolti nell’obesità
Più del 50% degli ipertesi è in sovrappeso
85% dei diabetici di tipo 2 è obeso
L’
L’80% dei soggetti con malattie cardiovascolari è in
sovrappeso oppure obeso
5-10%
del peso iniziale è la perdita sufficiente per
ridurre i fattori di rischio e una riduzione del 20% della
mortalità totale
1,5 a 2
è l’aumento del rischio cardiovascolare
Da
per ogni fattore di rischio rispetto al soggetto con
assenza di questi (es. fumo, dislipidemia, intolleranza
glucidica, iperinsulinemia, diabete, ipertensione) 2x2x2
è il rischio di patologia cardiovascolare di un soggetto
con 3 fattori di rischio
17 anni ed è
L’obesità riduce l’aspettativa di vita di
la seconda causa di morte dopo il fumo.
In 9 anni l’obesità infantile è passata dal 6,1%
al 13,6% nell’Italia nord-occidentale
A 11 anni i bambini con problemi di peso sono più
del doppio di quelli di 6 anni
Il 30-60% dei bambini obesi sarà un adulto obeso
1000 kcal è la riduzione del consumo energetico
giornaliero imposta dallo stile di vita della società
moderna
Solo il 35% della popolazione si dedica a un’attività fisicosportiva
7 kg
per un obeso significa risparmiare 380
Perdere
euro per anno in farmaci antipertensivi e antidiabetici
L’obesità costa quasi
750 euro l’anno per persona
Inoltre in Italia:
persone soffrono di disturbi del
comportamento alimentare
persone soffrono di Bulimia e Anoressia
sono i nuovi casi di Anoressia e Bulimia ogni
anno
L’Italia è il paese europeo con la percentuale più bassa di
persone obese e sovrappeso.
500.000
65.000
8.500
Possibili rimedi
Sebbene la chirurgia bariatrica (intervento sul canale alimentare per ridurre assunzione o assorbimento nutrienti) abbia ottimi risultati in mani esperte questa è confinata ad un ristretto numero di casi di obesità grave associata
ad altre patologie.
L’intervento sullo stile di vita costituisce il cardine della prevenzione e della terapia, ma in assoluto il più difficile
da attuare e con risultati difficili da mantenere nel tempo nel singolo soggetto.
L’informazione sull’importanza delle abitudini alimentari e dell’attività fisica deve essere diffusa nella popolazione a partire dall’età giovanile. L’intervento del medico ha un’utilità limitata se non è sostenuto da altri attori
(educatori, insegnanti, allenatori sportivi). A Torino e provincia il messaggio è stato diffuso nella scuola Media,
nella popolazione generale e nella popolazione adulta ed anziana con il rilievo su abitudini di vita non corrette ed
incoraggiamento all’attività fisica, quest’ultimo sostenuto dall’impegno e disponibilità organizzativa del campione
olimpionico di marcia Maurizio Damilano (Simona Bo, Graziella Bruno, Paolo Cavallo Perin). ¢
dicembre 2013
35
Cultura
GOCCE DI
SANITÀ
DALL’ISOLA
MAURITIUS
Rinaldo Pellicano
Dirigente Medico
S.C.Gastroenterologia
Epatologia
U. Azienda
Ospedaliero
Universitaria
San Giovanni Battista
(Molinette)
Nel settembre
di quest’anno
mi sono recato
con la famigliola
all’isola di
Mauritius, terra
di origine di
mia moglie.
Nelle righe
che seguono il
lettore potrà
cogliere, goccia
su goccia,
l’immagine di
un paradiso
delle vacanze,
colta non con
l’ottica del
turista, bensì
con quella
del medico.
Di quel mio
soggiorno tre
sono gli aspetti
che vorrei
rappresentare:
il sistema
sanitario locale,
i pazienti e dei
giornali.
36
Il sistema sanitario locale
Quello mauriziano è sicuramente uno tra i migliori sistemi sanitari dell’Africa. Lo conferma il fatto che la durata media della vita di maschi e femmine
si attesta rispettivamente a 70 e 77 anni, come riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2012 (www.unfpa.org). Un ruolo cruciale
ha avuto l’abbattimento del tasso di malattie trasmissibili che ha notevolmente ridotto la mortalità. Per tale ragione, non vi sono in genere obblighi
vaccinali per i viaggiatori che si recano nell’isola.
I medici di Mauritius partono da un grande vantaggio: sono tutti bi-lingui
se non multi-lingui, poiché già dall’infanzia qui si studia inglese e francese,
oltre alla lingua legata all’etnia d’origine (nel Paese sono rappresentate, in
uno spazio limitato, quasi tutte le principali etnie del mondo con prevalenza indo-mauriziana). Frequente vedere adolescenti in grado di discutere
un argomento in due-tre lingue contemporaneamente. Per tale ragione i
candidati alla Facoltà di medicina o ad una specializzazione post-laurea
possono colloquiare con persone di ogni Paese e spostarsi ovunque.
Sabato 15 settembre, ho incontrato Husmon Sonah e sua moglie, Shanti
Sonah. Lui é un radiologo in pensione, che ha lavorato per la struttura pubblica 43 anni, lei presta assistenza medica domiciliare agli anziani
non trasportabili o giovani con handicap. Mi raccontano che a Mauritius
il SSN prevede una serie di consultori-dispensari distribuiti sul territorio,
ove chiunque può rivolgersi gratuitamente per problemi “minori”, tipo
diagnosi e trattamento di diabete, ipertensione arteriosa, problemi psichiatrici e altri quadri clinici gestibili ambulatorialmente. In tali sedi si effettuano visite mediche e prelievi ematici. Se il problema é “maggiore” i
pazienti devono rivolgersi all’ospedale. Chiunque può comunque recarsi
direttamente all’ospedale, dove trova un medico “generalista” che decide
se prescrivere esami e/o trattamento e dimettere il paziente. Oppure, se
inviarlo dallo specialista. Il quale imposta il successivo iter, optando per la
richiesta di esami di secondo livello o per il ricovero.
Medici di famiglia “all’italiana” non esistono, o almeno non in ambito
pubblico, mentre privatamente ce ne sono parecchi., Molti i laureati in
Europa, Australia, Canada, USA e India. I farmaci, sovente generici, prodotti in India, Pakistan o altri Paesi asiatici, sono consegnati al paziente
già all’interno della struttura pubblica. Le farmacie che svolgono solo attività commerciale privata, dispongono di prodotti di ogni tipo, con ampia
prevalenza di parafarmaci pubblicizzati in ogni ambito (dalla prevenzione
dell’invecchiamento, all’ausilio per la memoria nei bambini, soprattutto
prima degli esami scolastici).
Occasionalmente arrivano a Mauritius specialisti indiani, o asiatici in genere, per operare nelle strutture pubbliche o in private, organizzate, queste
ultime, secondo un modello che prevede consulti diretti con gli specialisti,
dicembre 2013
I giornali
Nella foto,
Rinaldo
Pellicano,
il radiologo
Husmon Sonah
e sua moglie,
Shanti Sonah
che decidono immediatamente l’iter, permettendo il salto del triage del “generalista” in vigore nella struttura pubblica.
Sorseggiando una tazza di te (sono le 16), Sonah sottolinea che chi ha bisogno di cure all`estero può avere dallo Stato 500.000 rupie (l’equivalente di
12.500 euro) e spese di viaggio pagate. La maggior parte di coloro che ottengono tale cifra per motivi di sostenibilità economica opta e con crescente
soddisfazione, per l’India, Pakistan e Singapore.
La popolazione di tutti i livelli sociali (compresi molti medici) crede nella medicina alternativa ma chi ha studiato all’estero, come Sonah, laureato all’università di Cardiff, sostiene quella tradizionale.
Visto con gli occhi del medico europeo, che vive quotidianamente nell’ospedale di eccellenza, tale sistema appare eccezionale per la qualità di vita e il
rispetto verso i medici (roba d’altri tempi per noi!) ma presenta anche svantaggi organizzativi. I pazienti, per esempio, non hanno con sé esami o referti
medici relativi alla struttura pubblica. Quindi, qualora decidano di rivolgersi
ad altri o ad un altro ospedale o consultorio, questo, con alta probabilità,
ripeterà parte di esami già effettuati con costi incalcolabili.
Da ciò si evince da un lato la difficoltà alla mobilità sanitaria di coloro che
sono alla ricerca di un riferimento. E dall’altro il caos indotto da coloro che
insoddisfatti dalle prestazioni, ruotano su più strutture. Dai progressi informatici colti finora, in un futuro non lontano la crescente e rapida informatizzazione dell’isola (quasi tutti gli adolescenti hanno ormai accessi ad Internet)
sarà lo strumento-chiave per superare queste difficoltà.
I pazienti
Durante un pranzo presso amici mi è capitato di sentire questa storia. Sapendo della mia professione, la padrona di casa, 52 anni, mi ha raccontato
di essere stata operata circa un anno fa, che le avevano tolto due metri di
intestino, in tre interventi successivi. Quando le ho chiesto il perché, oltre a
dirmi che aveva dolori addominali, altro non ha saputo aggiungere, sottolineandomi che non si deve chiedere troppo ai medici dell’ospedale. Dopo
un anno ha dolori addominali diffusi, in qualche occasione vomito fecaloide
e recentemente rettorragie, né ha mai fatto una colonscopia ma delle TC.
Come tutti, non ha documenti con sé.
Per abitudine, ogni giorno dedicavo parte del
tempo alla lettura dei quotidiani locali. Come
accade sui nostri, quotidianamente si potevano
leggere argomenti inerenti la salute, con soggetti spazianti da presunti casi di malfunzionamento della sanità, ad argomenti come l’istruzione
sanitaria, alimentare, il trattamento (in via privata) dell’infertilità fino alla promozione della
settimana internazionale per la prevenzione del
suicidio.
Era anche frequente veder pubblicizzata la promozione di seminari per il pubblico, destinati ad
insegnare la prevenzione delle malattie croniche
degenerative (tipo l’arteriosclerosi). Un tema
molto vicino a noi é quello dei problemi sanitari
legati alla tossicodipendenza. Ben 5.000 persone (su 1.3 milioni di abitanti) sono registrate
come tossicodipendenti e assumono metadone.
Non solo loro. Alcuni confessano di assumerlo
come supporto all’uso di droga. Altro argomento da sottolineare è l’elevato tasso di consumo
di alcolici tra i giovani, che induce spesso a comportamenti violenti nonché ad incidenti stradali.
Molto pericolosa, inoltre, é la tendenza alla falsificazione di farmaci, combinata con la penuria
di medicine negli ospedali pubblici, dovuta più
a disguidi amministrativi che non a ragioni economiche (Mauritius ha avuto nel 2012 un PIL di
5 volte più elevato del nostro) che innesca una
serie di rischi per la salute. Una notizia mi ha fatto molto riflettere: un paziente affetto da epatite C chiedeva, attraverso un quotidiano, che
fosse organizzata una colletta perché doveva
comprarsi l’interferone non finanziato dal SSN.
Da noi, pur in epoca di grave crisi economica, è
stata approvata, triplice terapia antivirale, completamente a carico dello Stato per chi è affetto
dal genotipo 1 di HCV.
Il rientro
Mentre sorvoliamo l’Oceano Indiano nel volo di
rientro, ripenso alle meraviglie di Mauritius e alla
gentilezza della sua gente, ispiratrici di fiducia e
ottimismo. Modello di convivenza in tutto l’Oceano Indiano, quest’isola in futuro lo rappresenterà anche per la sanità. ¢
dicembre 2013
37
Cultura
Il concetto di salute diventa sempre più
articolato e quindi più complesso: la semplice
assenza di malattia continua ad essere,
ovviamente, una condizione fondamentale
ma non è più esclusiva. Il completo stato di
benessere fisico, psichico e sociale considerato
necessario dall’OMS per poter parlare di salute
è oggi sempre più difficile da raggiungere
perché sempre più fattori entrano in gioco:
oggi può costituire una minaccia per la salute
anche non aver accesso alla cultura, all’arte,
al turismo. Non a caso la Sociologia definisce
“nuove povertà” tutte le difficoltà di accesso
ad un benessere che non ha più soltanto una
semplice dimensione economica.
E così anche il multiculturalismo oggi
ha una valenza medico-sanitaria: ne è la
prova l’esistenza nelle strutture sanitarie
di figure nuove come quella del mediatore
culturale. Il multiculturalismo è un fenomeno
relativamente nuovo per l’Italia e che ha
assunto una sempre maggiore rilevanza da
quando il nostro Paese è diventato meta (a
volte finale, più spesso intermedia) di flussi
migratori provenienti da luoghi del mondo più
poveri del nostro.
L’articolo che segue è per questi motivi un
pezzo di Medicina e di Sanità a tutti gli effetti,
anche se non parla di cellule, sindromi e
ospedali. Parla, in “punta di matita” soltanto di
vita: lo stesso dominio culturale frequentato
dalla Medicina e dalla Sanità per difenderla, fin
quando è umanamente possibile e consentito.
Nicola Ferraro
Claudio Mellana
DALLE aNDE
AGLI APPENNINI
Siamo stati a lungo un popolo di emigranti. Attualmente, nel mondo, esistono circa 80 milioni di oriundi italiani e quattro milioni di
italiani vivono e lavorano fuori dai confini del nostro stivale.
Poi, diventata l’ottava (oggi la nona) nazione maggiormente industrializzata abbiamo assistito al fenomeno inverso e oggi circa cinque milioni di stranieri vivono in Italia.
Sappiamo che questo secondo momento ha fatto emergere, drammaticamente, insieme ad innegabili
problemi altrettanto innegabili istinti retrivi in una parte degli italiani. E spesso gli stessi che piangevano calde lacrime leggendo il racconto “Dagli Appennini alle Ande” contenuto nel libro Cuore di
Edmondo De Amici, davanti ai drammi causati dalla attuale fase di immigrazione hanno dimostrato
un cuore di pietra.
Le terribili peripezie a cui viene sottoposto, nel libro di De Amicis, il piccolo Marco Valesini che si
imbarca clandestinamente per andare in Argentina alla ricerca della madre emigrata, sembrerebbero
dunque infinitamente più spaventose di quelle a cui sono sottoposto i piccoli immigrati oggi.
38
dicembre 2013
Foto 4
Purtroppo non è così. La criminalità organizzata, che un tempo non si occupava dei fenomeni migratori, oggi specula anche sui bambini, oltre che sugli adulti costretti ad emigrare. E in forme spaventose.
Una mostra coraggiosa, come chi lascia la propria casa
Per questo la Onlus International Help (www.internationalhelp.it) a ottobre ha organizzato una mostra di vignette umoristiche, ma di un umorismo inevitabilmente amaro, dal titolo paradigmatico
“Dalle Ande agli Appennini”, nella quale la migrazione è stata colta attraverso gli occhi dei bambini.
Dalla Germania all’Argentina, dalla Slovenia al Montenegro e naturalmente da tutta Italia, generosi
professionisti della satira e della caricatura hanno offerto le loro opere per questa iniziativa nata per
raccogliere fondi al fine di contribuire a continuare a finanziare le diverse attività che International
Help sostiene, in particolare quella di contrasto in Guatemala alla tratta di esseri umani.
Le tavole sono state realizzate da professionisti e da studenti dell’Accademia Albertina di Torino: 24
disegnatori professionisti e venti studenti hanno collaborato per essere a fianco dei migranti
nella loro avventura, spesso drammatica e sempre dolorosa
Le opere esposte dal 16 al 29 ottobre e sono state raccolte in un catalogo, 300 copie del quale
sono state acquistate dalla Compagnia di San Paolo che ha così contribuito al successo dell’iniziativa.
La mostra è stata anche un concorso: le migliori realizzazioni sono state scelte da una giuria coordinata da Claudio Mellana, ideatore dell’evento insieme a Dino Aloi. Il primo premio è stato assegnato
al montenegrino Darko Drljevìc per la sezione professionisti (foto 4), e agli studenti dell’Accademia
Albertina Clarissa Corradin e Paolo Naretto Rosso, partecipanti ad una selezione coordinata da Pier
Paolo Rovero, docente di “Arte del fumetto”.
Dalle opere in mostra è stato realizzato un catalogo che è in vendita a 15,00 €. ¢
dicembre 2013
39
La ricerca in Provincia
SIFO: FARMACI
INSIEME ALLE
DIMISSIONI,
PER RISPARMIARE
Ni.Fe.
Da materiale
elaborato
dall’Ufficio Stampa
SIFO
a cura di Chiara
Gabriele
Una valutazione di
costo, frutto della
collaborazione
tra i farmacisti
ospedalieri SIFO
ed economisti
esperti nel settore
farmaceutico, è stata
condotta all’Ospedale
Molinette di Torino,
principale presidio
ospedaliero della
Città della Salute
e della Scienza, la
più grande azienda
ospedaliera italiana.
Lo studio ha messo
in luce come la
distribuzione dei
farmaci che il
paziente dovrà
utilizzare presso il
proprio domicilio
costa di meno se
fatta direttamente
in ospedale
(distribuzione
diretta). È quanto
è emerso durante
l’evento dal titolo
“La dispensazione
al farmaco in
ospedale e territorio:
il valore aggiunto
del farmacista”
organizzato dalla
sezione regionale
SIFO Piemonte-Valle
d’Aosta nel maggio
scorso.
40
Lo studio
L’analisi è partita da una rigorosa analisi dei costi
della distribuzione diretta (DD*) e da una stima
del costo che si sarebbe avuto se fossero stati
adottati altri sistemi di distribuzione. Per alcune
categorie di medicinali può essere utilizzata anche la Distribuzione per Conto (DPC*), che consiste nel ritiro dei medicinali presso le farmacie
private che forniscono essenzialmente un servizio di dispensazione del medicinale precedentemente acquistato dall’ASL. Infine, il caso in cui il
paziente può ritirare i medicinali nelle farmacie
con la ricetta SSN del proprio medico curante:
Distribuzione Convenzionata (DC*).
Lo studio è stato condotto dal Prof, Claudio Jommi, Professore Associato presso l’Università del
Piemonte Orientale e Responsabile dell’Osservatorio Farmaci del Cergas Bocconi.
Nella DD e in quella DPC il costo del farmaco si
assume sia lo stesso, perché in entrambi i casi
l’acquisto avviene da parte di un Ente pubblico
(l’Ospedale oppure una ASL, in questo caso quella di Asti). Quello che si è voluto analizzare con
questa ricerca è il mero costo della distribuzione.
L’analisi si è basata sulla raccolta di dati aziendali
strutturati e ha evidenziato come il costo organizzativo della DD per confezione distribuita ha
un valore di poco superiore ai 2 Euro, decisamente inferiore a quello della DPC, anche considerano la quota fissa prevista per ogni confezione
dispensata dal farmacista che dall’ultimo accordo regionale risulta intorno ai 6 Euro (il fee for
service riconosciuto per la prestazione professionale). La distribuzione in regime convenzionale
avrebbe avuto un costo medio per confezione
decisamente più elevato.
dicembre 2013
(DD*) Distribuzione Diretta
La distribuzione diretta è intesa come la dispensazione, tramite le strutture sanitarie, di medicinali a pazienti per la somministrazione al proprio
domicilio. La distribuzione diretta consiste nell’erogazione del farmaco al paziente attraverso le
strutture dell’Azienda Sanitaria (distribuzione diretta propriamente detta): in tal caso, le aziende
sanitarie e le aziende ospedaliere acquistano i
farmaci, secondo le condizioni di norma previste
per il Servizio Sanitario Nazionale, e li distribuiscono, mediante le proprie strutture, direttamente ai pazienti per il consumo al proprio domicilio.
(DPC*) Distribuzione Per Conto
Il secondo modello si basa, invece, su un accordo tra Regione/ASL e distributori (grossista e/o
farmacia) per la distribuzione del farmaco al paziente (distribuzione per conto): in tal caso i farmaci vengono acquistati dalla ASL/Regione ma
distribuiti al paziente, per loro conto, dalle farmacie territoriali aperte al pubblico, che ricevono
un compenso fisso per ogni ricetta, concordato
sulla base di accordi con ASL/Regione.
(DC*) Distribuzione Convenzionata
È il sistema tradizionale di erogazione dei medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale
da parte delle farmacie aperte al pubblico. La
dispensazione avviene previa presentazione della
prescrizione medica su ricettario del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Distribuzione dei farmaci
alle Molinette
Nel 2012 presso il Presidio Ospedaliero San Giovanni
Battista di Torino (Molinette), sono stati spesi circa dieci
milioni di € per l’acquisto di farmaci distribuiti attraverso la Distribuzione Diretta a cui devono essere aggiunti
190.000 € per le spese relative ai costi del servizio di
distribuzione (sono state dispensate quasi 69.000 confezioni di farmaci).
I medicinali che impattano maggiormente sui costi
sono: i farmaci biologici (es. fattori di crescita), i farmaci
oncologici orali (antitumorali), gli antivirali (es. anti Epatite C) e gli immunosoppressori (es. farmaci indicati per
l’artrite reumatoide).
“Il progetto che abbiamo avviato ha lo scopo di chiarire,
attraverso uno studio indipendente, quale possa essere
il reale peso economico delle varie modalità distributive
dei medicinali attualmente disponibili.” – ha dichiarato
il Francesco Cattel - Segretario Regionale SIFO Piemonte
e Val d’Aosta e Farmacista Dirigente, presso l’Azienda
Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino.
“I primi risultati ottenuti sono promettenti anche se
limitati a una singola realtà locale. Lo scopo finale di
questo progetto sarà quello di comprendere il reale impatto economico della DD rispetto alla DPC nell’intera
regione”. Queste le parole di Silvana Stecca, Responsabile della Farmacia nella stessa struttura, che sottolinea
anche come “Le peculiari competenze del farmacista
ospedaliero, professionista della salute altamente qualificato, rappresentano un importante valore aggiunto
al servizio di distribuzione diretta rispetto alle altre vie di
distribuzione dei medicinali”.
Da Torino all’Italia
Questi dati non possono però essere automaticamente traslati alla realtà nazionale,
dovendo tener presenti le variabilità regionali legislative e quelle dei costi dei sistemi
distributivi.
Siamo molto soddisfatti di questo studio
– ha dichiarato Laura Fabrizio – Presidente
Sifo - Società Italiana di Farmacia Ospedaliera - poiché la realtà analizzata è significativa a livello nazionale e per la prima volta ci
troviamo di fronte alla possibilità di ipotizzare con delle simulazioni molto accurate,
soluzioni che aiutano il SSN ad effettuare
dei risparmi a livello di spesa farmaceutica. Come Sifo, riteniamo l’argomento così
importante da aver avviato uno studio più
ampio, che vada a verificare a livello globale la migliore soluzione distributiva dei
farmaci in Italia”. ¢
“I dati dello studio rilevano come la distribuzione diretta, abbia avuto nel 2012 dei costi organizzativi piuttosto
contenuti; la simulazione evidenzia anche che qualora
gli stessi farmaci fossero stati distribuiti per conto o in
regime convenzionale, questo avrebbe generato un aumento della spesa pubblica. – osserva Claudio Jommi
- Vanno tuttavia considerati che la riforma del sistema
di remunerazione delle farmacie aperte al pubblico, potrebbe modificare in futuro il giudizio di convenienza
della distribuzione diretta e che i costi a carico del SSN
non possono rappresentare l’unico driver delle scelte
strategiche aziendali: l’accesso, l’appropriatezza, i costi
non sostenuti dal SSN, il giudizio di convenienza relativa
rispetto alle più generali relazioni con i portatori di interesse (dalle imprese, alle farmacie aperte al pubblico,
ai pazienti) sono altri fattori da non trascurare in tali
scelte e rispetto ai quali è rilevante valutare in termini
comparativi le diverse scelte distributive. Tuttavia avere
delle stime solide di costo comparativo è fondamentale,
così come è importante che tali dati vengano analizzati
e discussi per poter prendere decisioni più razionali, sostenibili e che valorizzino le diverse professioni nel SSN”.
La DD sarebbe quindi la soluzione distributiva più conveniente considerando anche che essa viene effettuata da personale ospedaliero altamente qualificato, in
grado di fornire al paziente tutta una serie di consigli
sulla modalità migliore per assumere i farmaci a un costo però inferiore rispetto alla distribuzione per conto
(DPC) e decisamente inferiore rispetto alla distribuzione
in convenzione.
dicembre 2013
41
La ricerca in Provincia
COLCHICINA NELLA
PERICARDITE ACUTA
UN TRIAL RANDOMIZZATO
La colchicina è impiegata da secoli per il trattamento e la prevenzione
degli attacchi di gotta ma più recentemente è stata impiegata per il
trattamento e la prevenzione delle sierositi in pazienti con Febbre Familiare Mediterranea (1). Inoltre dati preliminari osservazionali hanno
suggerito una sua possibile indicazione per il trattamento della pericardite. Alla dose di 0.5-1.0 mg/die il farmaco si è dimostrato efficace nel
trattamento dei pazienti con prima recidiva di pericardite (2).
La pericardite acuta è una patologia di non infrequente riscontro nella
pratica clinica. Il trattamento convenzionale si basa sull’uso di farmaci
anti-infiammatori non steroidei (salicilici, ibuprofene, indometacina).
Uno dei maggiori problemi clinici è rappresentato dalle recidive che
colpiscono circa il 20-30% dei pazienti dopo un primo episodio di pericardite acuta (3,4).
In uno studio multicentrico* randomizzato (5) promosso dalla Cardiologia dell’Ospedale Maria Vittoria diretta da Riccardo Belli e sponsorizzato come studio spontaneo dall’ex-Azienda Sanitaria ASLTO3 di Torino (ASLTO2) (ClinicalTrials.gov number, NCT00128453) la colchicina
si è dimostrata efficace e sicura nel trattamento del primo episodio di
pericardite acuta.
Lo studio coordinato da Massimo Imazio della Cardiologia dell’ospedale Maria Vittoria è stato recentemente presentato al Congresso Europeo di Cardiologia svoltosi ad Amsterdam il primo Settembre 2013
ed è stato pubblicato contemporaneamente sul New England Journal
of Medicine (http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1208536)
con uno smartphone abilitato, si può accedere direttamente all’articolo originale inquadrando il codice Qr riprodotto più avanti.
I principali risultati dello studio
In uno studio multicentrico, randomizzato ed in doppio cieco 240 pazienti consecutivi affetti da pericardite acuta sono stati randomizzati
a ricevere un trattamento convenzionale con salicilici o ibuprofene e
colchicina (0.5 mg x 2/die se peso >70Kg e dosi dimezzate di 0.5mg/
die se di peso inferiore) o trattamento convenzionale e placebo. Il trattamento sperimentale è stato somministrato per tre mesi. Ad un follow-up medio di 22 mesi (minimo 18 mesi), la colchicina ha ridotto del
56% il rischio di pericardite ricorrente ed incessante (eventi registrati
in 45 pazienti [37.5%] nel gruppo placebo e 20 pazienti [16.7%] del
gruppo trattato con colchicina; p<0.001). Pertanto è necessario trattare 4 pazienti con pericardite acuta per prevenire una ricorrenza od un
decorso incessante della malattia (ossia senza risoluzione completa dei
sintomi entro sei settimane).
Le implicazioni cliniche dello studio
Gran parte dei trattamenti della pericardite sono empirici mentre per la
colchicina abbiamo ormai evidenze più solide basate su due trial randomizzati (2,5) e due meta-analisi (6,7) che ne supportano l’impiego
clinico nei pazienti con pericardite acuta e prima recidiva (2,5).
42
dicembre 2013
Massimo Imazio
Cardiologia
Ospedale Maria
Vittoria
ASL TO2
* A Randomized Trial
of Colchicine for Acute
Pericarditis
Imazio M, Brucato A,
Cemin R, Ferrua S,
Maggiolini S, Beqaraj F,
Demarie D,
Forno D, Ferro S,
Maestroni S, Belli R,
Trinchero R, Spodick
DH, Adler Y; the
ICAP Investigators. A
Randomized Trial of
Colchicine for Acute
Pericarditis. N
Engl J Med. 2013 Aug
31. [Epub ahead of
print] PubMed PMID:
23992557.
http://www.nejm.
org/doi/full/10.1056/
NEJMoa1208536
www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1208536
A lato,
la Gloriosa Superba,
pianta che sintetizza
naturalmente
la colchicina.
bibliografia
Le limitazioni dello studio
Lo studio ha definito specifici criteri di esclusione eliminando potenziali controindicazioni all’uso del farmaco od aumentato rischio di effetti collaterali
(allergia alla colchicina, insufficienza renale con creatinina >2.5mg/dl, epatopatia cronica grave od elevazione delle transaminasi, concomitante miocardite con elevazione della troponina, miopatie, malattie infiammatorie croniche
intestinali, donne in gravidanza od allattamento). Sono stati esclusi i bambini
per cui lo studio ed i risultati sono applicabili ad una popolazione adulta.
Sono stati anche esclusi i pazienti con eziologia batterica o tumorale della
pericardite. Il farmaco ha perciò specifiche indicazioni e controindicazioni.
L’uso del farmaco è inoltre off-label per questa indicazione in italia, Europa
e Nord America. ¢
1. Imazio M, Brucato A, Trinchero R,
Spodick D, Adler Y. Colchicine for
pericarditis: hype or hope? Eur Heart J
2009; 30:532-9.
2. Imazio M, Brucato A, Cemin R, et al.
Colchicine for recurrent pericarditis
(CORP): a randomized trial. Ann Intern
Med 2011;155:409-14.
3. Imazio M, Bobbio M, Cecchi E, et al.
Colchicine in addition to conventional
therapy for acute pericarditis: results
of the COlchicine for acute PEricarditis
(COPE) trial. Circulation 2005;112:
2012-6.
4. Imazio M. Contemporary management of
pericardial diseases. Curr Opin Cardiol
2012;27:308-17.
5. Imazio M, Brucato A, Cemin R, et al the
ICAP Investigators. A Randomized Trial
of Colchicine for Acute Pericarditis. N
Engl J Med. 2013 Aug 31. [Epub ahead
of print].
6. Lotrionte M, Biondi-Zoccai G, Imazio
M, et al. International collaborative
systematic review of controlled clinical
trials on pharmacologic treatments for
acute pericarditis and its recurrences.
Am Heart J. 2010 Oct;160(4):662-70.
7. Imazio M, Brucato A, Forno D, et al.
Efficacy and safety of colchicine for
pericarditis prevention: systematic
review and meta-analysis. Heart
2012;98:1078-82.
dicembre 2013
43
Le nostre radici
la volpe
Prof. Giuliano Maggi
Il 1944 fu l’anno più terribile della mia infanzia: facevo la seconda media e non si trovavano più olio e farina, mancavano
anche il sale da cucina e il sapone.
Abitavamo a Cuorgnè nel Canavese ove mio padre era il chirurgo dell’ospedale. In città vi era una caserma occupata da
militari tedeschi e della Repubblica di Salò, mentre i partigiani erano nascosti sulle colline e montagne circostanti; ogni
tanto vi erano degli scontri a fuoco e mio padre doveva curare i feriti di entrambe le parti.
Le strade di accesso alla città avevano posti di blocco con reticolati e sacchetti di sabbia; di notte vi era il coprifuoco,
ma i partigiani riuscivano a sgattaiolare attraverso i boschi e i campi e a portare i loro feriti in ospedale. Mio padre li
operava, scrivendo diagnosi false sulle cartelle e facendo sparire le radiografie che mostravano le pallottole perché ogni
tanto Tedeschi e Repubblichini facevano ispezioni in ospedale.
Una notte i partigiani portarono uno dei loro in gravi condizioni con ferite all’addome e agli arti inferiori; mio padre fu
svegliato, si recò in ospedale (aveva un bracciale bianco con la croce rossa per le ronde) e dovette operarlo subito. Finì
che era ormai giorno. Mentre usciva dalla sala operatoria lo avvisarono che era arrivata l’ispezione tedesca.
L’operato era ancora in fase di risveglio e aveva diverse medicazioni sul corpo e sulle gambe: non era possibile farlo
passare per un operato per ernia o appendicite; pertanto mio padre lo fece portare in sala parto, ove le suore gli misero
un cuscino sulla pancia sotto alla coperta e una cuffietta da donna in testa.
L’ispezione era condotta da un anziano medico tedesco che sembrava più un nonno che un guerriero, accompagnato
da due giovani soldati con tanto di elmetto e fucile. Mio padre fece loro da guida nelle camere di degenza, spiegando
a parole e a gesti la patologia di ogni paziente.
Giunti davanti alla sala parto, mio padre fece il segno del pancione e disse: “Ostetrik!”. Il medico tedesco assentì, fece
per proseguire, poi cambiò idea e fece segno a mio padre di voler entrare anche in sala parto, dicendo ai due soldati di
aspettare in corridoio. Nella stanza vide “la partoriente” sul lettino; si avvicinò e notò che aveva un accenno di barba
(non avevano fatto in tempo a rasarlo); tirò giù la coperta e non ci mise molto a capire che la “gravida” era un uomo
con ferite multiple appena operato, ancora in fase di risveglio e...con un cuscino sulla pancia!
Mio padre fece la faccia desolata del bambino pescato con le dita nella marmellata, mentre
pensava: adesso questo mi farà arrestare e chissà cosa
succederà a me e al partigiano operato. Invece il
medico tedesco scoppiò in una gran risata e,
puntando il dito verso mio padre, con il suo
italiano stentato, continuando a ridere, esclamò: “Tu molto volpe!”; poi si portò il dito davanti alla bocca e fece: “Sssst!”.
Uscirono dalla sala parto, il medico tedesco
non disse parola ai due soldati e terminarono l’ispezione come se nulla fosse.
A pranzo mio padre ci raccontò l’episodio
e commentò: “Ho avuto una gran paura,
ma per fortuna quello si è talmente divertito ad aver scoperto il trucchetto della
finta partoriente che si è accontentato di
darmi del volpone”.
Alla fine della guerra mio padre fu accusato di “Collaborazionismo col nemico
nazi-fascista”
per aver operato anche militari tedeschi
e deferito al Tribunale per l’Epurazione,
presieduto da un colonnello inglese.
Questi gli chiese che rapporti aveva
avuto coi tedeschi e mio padre gli raccontò questa storiella: l’inglese volle
stringergli la mano e fu assolto.
Dopo la sua morte il comune gli intitolò una piazza vicino all’ospedale
per la sua opera durante il periodo
bellico.¢
dicembre 2013
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Dai congressi
neuropsichiatria
della coscienza
Ni.Fe.
Da un comunicato
stampa di
Pierpaolo Berra
Accademia
di Medicina di
Torino
Venerdì 28 giugno 2013 nell’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 si è tenuta una relazione su “Neuropsichiatria della coscienza”. Relatore il professor Andrea Eugenio Cavanna, professore onorario di
Neuropsichiatria dell’Aston University di Birmingham e anche firma di Torino
Medica.
Il mistero delle basi biologiche del pensiero e del comportamento hanno affascinato l’uomo da secoli, tuttavia lo studio scientifico della relazione tra cervello e comportamento ha origini relativamente recenti. Dalle pionieristiche e
controverse ricerche di Franz Joseph Gall (padre della frenologia) in Germania
e Cesare Lombroso (teorizzatore del criminale atavico) in Italia, alle affascinanti ed accurate descrizioni dei casi clinici di Aleksandr Lurija (indagatore
della mente che non sa dimenticare) e Oliver Sacks (autore di ‘L’uomo che
scambiò sua moglie per un cappello’), molta strada è stata percorsa.
La nascita delle neurscienze
Nel corso degli ultimi decenni si è quindi assistito ad una vera e propria rinascita di questo settore delle neuroscienze, grazie ad entusiasmanti scoperte che si sono tradotte in significativi passi avanti nella comprensione e
nella cura delle patologie neuropsichiatriche. Discipline come la neurologia
del comportamento e la neuropsichiatria clinica si avvalgono delle moderne
tecniche di indagine dell’attività cerebrale (neuroimaging in vivo) per giungere ad una migliore comprensione dei disturbi comportamentali in corso di
patologie del sistema nervoso centrale.
aree che si disattivano per la durata del ‘blackout’ sia i meccanismi responsabili dei sintomi
psichici (allucinazioni, ma anche stati sognanti)
riportati dai pazienti affetti da alcune forme di
epilessia del lobo temporale.
Sulla scorta di questi dati sono state sviluppate
nuove tecniche terapeutiche come la stimolazione cerebrale profonda, finalizzate a prevenire la perdita di coscienza in corso di crisi,
laddove non sia possibile controllare l’epilessia.
Con l’indagine dei cosiddetti ‘correlati neurali
della coscienza’, per la prima volta nella storia
il mistero ultimo dell’esistenza - il ‘conosci te
stesso’ dell’oracolo delfico - sembra essere alla
portata dell’uomo.
Vecchie patologie e nuove ricerche
Tra queste figurano i disturbi del movimento come la malattia di Parkinson
e la sindrome di Tourette, in cui tremore e tic sono frequentemente associati
a discontrollo degli impulsi e comportamenti compulsivi, che si traducono a
loro volta in quadri clinici di valenza sociale come il gioco d’azzardo patologico ed i rituali di natura ossessiva.
L’epilessia, infine, è oggi riconosciuta come una vera e propria finestra sulle basi cerebrali delle alterazioni della coscienza. Lo studio in tempo reale
dell’attività cerebrale durante le crisi ha infatti consentito di identificare sia le
Oltre la Medicina
La rilevanza di queste scoperte va chiaramente
al di là della scienza medica, dal momento che
le implicazioni sul piano etico, legale e filosofico
influenzano la società occidentale al punto da
giustificare il recente conio di un nuovo termine destinato ad entrare nel linguaggio comune
delle generazioni future: ‘neurocultura’. ¢
dicembre 2013
47
rubriche
IN LIBRERIA
innovativo
Lorenzo Bracco
ANORESSIA.
I VERI COLPEVOLI
Premio Cesare Pavese 2013, Medici Scrittori
Saggistica, “Anoressia. I veri colpevoli” di
Lorenzo Bracco, medico e psicoterapeuta.
“Lorenzo Bracco fa un’approfondita ricerca
dei veri colpevoli e indica nuove prospettive
per conoscere e curare un profondo malessere esistenziale.
Conosco bene questo libro sull’anoressia,
argomento che tanto interesse desta oggigiorno, e a quanto detto sui suoi meriti
scientifici posso aggiungere che è scritto
con una spiccata verve narrativa, alla doctor
House per intenderci, tanto da essere un’avvincente lettura fruibile da tutti, di possibile
amplissima diffusione”.
(Dario Voltolini)
BookSprint Edizioni, 2012
Letto da RTM
Una ricerca di taglio scientifico quella di L.
Bracco che secondo, l’autore, è destinata
ad innovare la prospettiva di studio sul disturbo alimentare, ancora oggi però tema
scottante del dibattito medico, psicologico
e culturale su cui studiosi di fama internazionale non hanno ancora trovato un punto
fermo. L’autore non dà certezze, né tanto
meno ricette. Propone invece una teoria,
cioè la relazione tra disturbo alimentare e
gruppo sanguigno, ancora da verificare, validare e discutere ma che certamente può
rappresentare una tematica su cui interrogarsi. Forse un libro coraggioso che sfida le
grandi questioni aperte e insolubili sui DCA.
Un libro che propone infatti una risposta ad
una domanda che sembra per molti rimanere insoluta. Lorenzo Bracco va oltre e cerca i
colpevoli: una medical series (come si legge
in Quarta di copertina) che nulla ha da invidiare alle più avvincenti fiction americane.
Pagine 222
Euro 14,60
un saggio
di ricerca
Letto da Rosa Revellino
Ancora una volta le pagine di Torino Medica
presentano l’opera di un medico scrittore
di successo perché innanzitutto rigoroso e
trasparente fino all’osso nella pratica della
scrittura. Giuseppe Scarso, firma di questa
rivista, che più volte abbiamo visto citato
come autore di racconti, propone invece un
libro a quattro mani che ha il taglio del saggio di ricerca. Il libro, come leggiamo nelle
considerazioni conclusive, si inscrive in un
più ampio progetto di ricerca volto ad indagare i rapporti tra espressività psichiatrica
ed espressività letteraria. Inoltre lo sforzo di
ricostruire con metodo alcune esperienze
48
dicembre 2013
di narrazioni in ambito sanitario restituisce
al lettore una sensazione di verità che non
è così frequente nell’incontro tra medicina
e letteratura, ancor meno tra psichiatria e
letteratura.
Nel libro non si teorizza infatti sulla narrazione come strumento terapeutico, perché
argomento già ampiamente dibattuto nella
letteratura scientifica, ma si fa narrazione
ricucendo insieme storie, sintomi, casi letterari e interpretazioni. Gli autori, entrambi
psichiatri, vestono quindi quel ruolo di archeologi del sapere che si attaglierebbe perfettamente alla rinascita dell’Umanesimo in
Medicina e non alle ormai logorate medical
humanities.
Un testo da leggere e da studiare con serietà
e impegno.
Claudia Migliozzi
Giuseppe Scarso
IL MODELLO NARRATIVO
IN PSICHIATRIA
Aracne editrice, 2013
Pagine 192
Euro 13.00
la cultura ti aiuterà
Letto da RTM
La saggezza che emerge dalla storia dell’umanità, nel suo amore per il sapere
e per la cultura. L’apporto scientifico della attuale psicologia della salute. Ecco
i pilastri per capire il senso della odierna terza età e di un invecchiamento che
sappia essere equilibrato, positivo, felice. In questo libro viene proposto un progetto esistenziale fondato sulle parole-chiave “cultura e salute”: un ventaglio
di istruzioni per l’uso per organizzare la quotidianità di chi sta vivendo (o sta per
cominciare a vivere) gli anni della terza età (e anche oltre…).
“Per cominciare… Non isolarti. Stai con gli altri. Cerca di conoscerti, con i tuoi
problemi. Leggi molto, pensa molto. La memoria conta. Non fermarti mai, anche se sei deluso. Partecipa alle cose che accadono. Cerca di realizzarti, anche
assieme agli altri. Punta molto sulla cultura. Ti aiuterà. Non invidiare e non
temere i giovani. Se puoi, programma per tempo la vecchiaia. Non avere l’ossessione della morte”.
Queste sono soltanto alcune delle voci dell’Indice di un libro che dà già l’idea di
un manuale di buone pratiche per una vita felice, anche quando “l’argento dei
capelli” testimonia il tempo passato e forse la saggezza acquisita.
La terza età: questo il focus del testo di Peirone - Girardi. Una tematica difficile,
Peirone
a rischio di banalità e banalizzazioni. Ma qui, tra le righe delBrossura
volume, filo
fa larefe
diffe- PagineLuciano
XII+115
Formato 17x24 cm
renza il modo e il tono con cui viene affrontata la questione.
In altrefuori
parole
un
Edizione
commercio
ISBN
88-88274-31-6
Elena Girardi
tatto che qui diventa...stile.
LIBROal ProgetL’edizione cartacea del libro 2012 fuori commercio viene IL
riservata
La saggezza che emerge
storia dell’umanità,
nel suo amore per i
LAdalla
SAGGEZZA
D’ARGENTO.
to denominato Ánthropos: l’Essere Umano fra invecchiamento attivo e dialola cultura. L’apporto scientifico della attuale psicologia della salute. Ecc
go intergenerazionale, iniziativa che confluisce nel quadrocapire
generale
tracciato
FILOSOFIA
VITA
PSICOLOGIA
il senso
della odierna
terzaDI
età
e diE un
invecchiamento che
dall’Unione Europea, denominato EY2012: European Yearequilibrato,
for Active Ageing
positivo, felice.
In questo
libro
viene
proposto
DELLA
SALUTE
PER
UNA
ATTIVAun “progetto
fondato
parole-chiave “cultura e salute”: un ventaglio di “istruzi
and Intergenerational Solidarity e coordinato da AGE Platform
Europesulle
(EuropeTERZA
ETÀ
per organizzare la quotidianità di chi sta vivendo (o sta per cominciar
an Older People’s Platform).
anni della terza età (e anche oltre…). Cultura “per” la terza e
informazione, sensibilizzazione, prevenzione e salute: ecco gli s
Edizioniche
Anthropos,
Gli autori
dispiegare la “forza argentata”
si cela in 2012
ognuno di noi. In particola
alcuni obiettivi
di primaria
importanza: stimolare profon
Edizione
fuori commercio:
Luciano Peirone e Elena Gerardi, psicologi psicoterapeuti,raggiungere
lavorano a Torino.
per star
bene
durante la terza età e per prepararsi all’invecchiament
Professori a contratto di Psicologia Clinica e della Salute nel Ciclo
di Vita
all’UniAnthropos è una “rete” informativa,
sottolineare le grandi potenzialità interiori (non di rado inespresse), pe
versità degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, hannofase
creato
Anthropos,
della vita il sapere un
puòprogetto
svolgeredi
unricerca
ruolo benefico
e determinante
e intervento
una “rete” informativa, un progetto di ricerca e intervento incentrato
su Salute,
generazione
sia per tutte le altre (figli e nipoti; genitori e no
incentrato
su
Salute,
Cultura,
giovani, adulti, anziani e vecchi); costruire un percorso
Cultura, Psicologia e Benessere Psico-Fisico. Autori di libri e adolescenti,
di numerosi articoli
Psicologia e Benessere
Psico-Fisico.
conseguire
gli scopi fondamentali
della terza
età: conoscenza, p
sia scientifici sia divulgativi, hanno organizzato numerosi convegni,
svolgendo
socializzazione, saggezza, salute, benessere, serenità. L’argento dei ca
inoltre attività di conferenzieri. Si occupano di psicologia clinica,
psicologia della
testimoniare esperienza e saggezza. Argento: simbolo e fonte di solidit
salute, psicoanalisi, sessualità, vita di coppia, training autogeno,
per ilpsicosomatica,
senior quale soggetto
attivo.
Pagine:
XII+115
anoressia, processi culturali nella terza età.
Seniorship, per un nuovo significato di “terza
A chi è rivolto
come vivere un tempo senza età,
Studenti delle Università della Terza Età, studenti delle Università degli Studi,
arricchito
di cultura, saggezza e salute
operatori e ricercatori del settore multidisciplinare psicologia-sociologia-medicina, in particolare scienze umane e psicologia della salute.
L’eventuale ricavato, mediante donazione verrà interamente devoluto
alla Associazione non-profit Anthropos.
Il libro si può trovare direttamente in sede di associazione Via Pastrengo
n. 16. 0115184386.
dicembre 2013
49
rubriche
IN LIBRERIA
Accattetevillo!
Letto Nicola Ferraro
Luigi Sena
ARTE E TIROIDE
I gozzuti nelle scene
di natività e nei
presepi
Aracne editrice, 2013
Pagine 69
Euro 10,00
In copertina:
Pastore Napoletano
dell’Ottocento,
autore non identificato.
50
dicembre 2013
Un libro colto, documentato, che anche al
semplice sfogliarlo comunica, sensibilità
acuta, serietà, passione, competenza artistica e non soltanto medica. Quest’ultima
caratura infatti non stupisce, dal momento
che il prof. Luigi Massimino Sena è professore emerito dell’Università di Torino dopo
essere stato Ordinario di Patologia Generale
e Patologia Clinica e Direttore delle rispettive Scuole di specializzazione.
Con tutta evidenza la passione culturale per
fisiopatologia tiroidea nasce e si consolida
col passare degli anni nell’autore da uno
dei suoi ambiti di ricerca. Questo libro però
denota anche la capacità di declinare le conoscenze medico-sanitarie in un ambito culturale molto più vasto e in apparenza molto
distante da microscopi, centrifughe, provette e altra vetreria da laboratorio. L’autore in
realtà è anche un competente e appassionato cultore dell’arte in molte sue manifestazioni: da quella figurativa alla lirica.
Questo agevole ma ricchissimo libro di qualche decina di pagine è in qualche modo un
punto di arrivo, un distillato elegante e per
nulla noioso di documentate conoscenze e
di passioni che collegano in forma davvero
originale Medicina, Arte figurativa, Religione,
Storia e Storia della Medicina: la parte introduttiva, sull’iconografia del gozzo, ad esempio, è davvero una cavalcata veloce ma non
superficiale ai quattro angoli del mondo.
Un terzo delle pagine è dedicato al Presepe
Napoletano: un’evenienza quasi scontata,
tenendo conto dell’origine dell’autore e
dell’importanza crescente di una raffinata
forma di arte che è la quintessenza di una
cultura popolare e antica che sarebbe una
bestemmia considerare folklore. La rivalutazione del Presepe Napoletano è poi anche
una riscoperta che ha fatto e farà la fortuna
di antiquari e mercanti d’arte e la felicità di
quanti semplicemente amano la bellezza.
Ma l’aspetto, soltanto in apparenza, più
sorprendente del libro è l’acuta e nobile
sensibilità dell’autore che, da un punto di
vista umano, siamo abituati a considerare
un arguto e simpaticissimo “prodotto napoletano DOCG”. Arguzia e simpatia, come
in tutti i napoletani veraci, galleggiano però
sui sentimenti più nobili originati dalla più
pura e classica cultura greca che ha fondato
e plasmato questa straordinaria città.
“Il Natale –scrive il prof. Sena- fa risplendere
di luce divina anche gli uomini portatori di
un disagio fisico e in particolare quelli che
soffrono di una minorazione intellettuale, i
quali gioiscono di essere cristiani perché soprattutto per loro Dio si è degnato di diventare uomo come tutti gli altri…
Tra quest’umana sofferenza vi sono anche i
gozzuti, deformi nel corpo e ritardati nella
mente, caratteristiche che hanno fatto loro
attribuire nel recente passato l’epiteto di
cretini, vale a dire poveri cristi”.
“Accattetevillo”!!!
rubriche
I servizi dell’Ordine
CASELLE PEC
L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino
ha deliberato di rinnovare la convenzione con POSTECOM
per la gestione delle caselle di Posta Elettronica Cer tificata (PEC), attivate nel 2010.
Il rinnovo della convenzione prevede le stesse modalità
di adesione precedentemente adottate e cioè il pagamento
a carico di questo Ordine provinciale delle caselle attivate da par te degli iscritti.
PER INFORMAZIONI: telefonare allo 011.5815108
oppure inviare mail a segreteria.amministrativa@omceo.to.it
PORTALE WEB
www.torinomedica.com
Il portale d’informazione indipendente e senza pubblicità dell’OMCEO della provincia di Torino.
Oltre a notizie e articoli su sanità, salute, farmaci...dall’Italia e dal mondo, potrete vedere filmati,
interviste, serivzi, inchieste, quando lo desiderate voi.
Non tutte le notizie, ma notizie per tutti!
ATTRIBUZIONE CODICE PIN
Per la compilazione del certificato di malattia on line.
Continua il servizio, attivato dall’Ordine, per l’attribuzione del codice PIN
a favore dei medici liberi professionisti (non dipendenti e non convenzionati)
per la compilazione della certificazione di malattia on line.
Per attivare la procedura di attribuzione, telefonare alla Segreteria Amministrativa allo 011.5815111
52
dicembre 2013
WEB area
www.omceo.to.it
Tutto ciò che occorre sapere sull’Ordine
ad iniziare dall’Albo degli iscritti
www.torinomedica.com
Le più importanti notizie di aggiornamento
medico-scientifico con accesso diretto alle fonti
www.videomedica.org
La nostra rivista audiovisica con servizi,
inchieste e interviste
www.omceotorinoservizi.com
Il portale dedicato alle Associazioni riconosciute
dall’Ordine ed ai servizi erogati
Newsletter
Iscrivetevi da torinomedica.com
per riceverla gratuitamente sulla vostra mail
www.facebook.com/omceo
dicembre 2013
53
rubriche
Servizi dell’Ordine
COMUNICAZIONE ORARIO UFFICI
nuova sede
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Si comunica che da
martedì 4 dicembre
2012 è operativa
la nuova sede
dell’Ordine in Corso
Francia 8 a Torino.
8.30-13.30
8.30-13.30
8.30-13.30
8.30-13.30
8.30-13.30
14.00-17.30
14.00-17.30
14.00-17.30
14.00-17.30
14.00-17.30
Si comunica anche che l’Ufficio Previdenza (pratiche Enpam), per motivi organizzativi, osserva il seguente orario:
Lunedì
8.30-13.30
Martedì
8.30-13.30
Mercoledì8.30-13.30
Giovedì
8.30-13.30
Venerdì
8.30-12.30
Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino
D.ssa Ivana Garione
Agli iscritti
La “Federazione
Sanitari Pensionati
e Vedove” si occupa
della risoluzione dei
problemi economicosociali dei medici,
farmacisti, veterinari
che godono di una
pensione e dei loro
famigliari.
Per maggiori
informazioni o
per accedere ai
servizi dell’Ente,
si può telefonare
alla signora
Teresa Gariglio,
333/8440475,
Presidente
provinciale
dell’Ente, o al dott.
Giorgio Cappitelli,
348/6703250,
Presidente regionale.
(RTM)
Per comunicare un cambio di indirizzo
Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta per la segnalazione
all’Ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la compilazione dell’apposito modulo scaricabile all’indirizzo:
www.omceo.to.it à area servizi à segreteria à modulistica à
modulo variazione indirizzo
Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo
segreteria.amministrativa@omceo.to.it
I numeri di telefono
e gli indirizzi e-mail
dei diversi uffici sono
invariati.
La prestigiosa Villa
Raby, oggetto di un
completo restauro
conservativo che ha
anche permesso la
scoperta e il recupero
di molti affreschi
di pregio, è ora a
disposizione di tutti
gli iscritti e pronta
a diventare “la casa
dei medici e degli
odontoiatri della
Provincia di Torino”.
Il Segretario
dell’OMCeO della
provincia di Torino
D.ssa Ivana Garione
o inviato tramite fax al numero 011505323
Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa eventuali disguidi di spedizione della rivista Torino Medica.
La Redazione di Torino Medica (RTM)
caselle pec
L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino ha deliberato di rinnovare la
convenzione con POSTECOM per la gestione delle caselle di Posta Elettronica Certificata (PEC),
attivate nel 2010.
Il rinnovo della convenzione prevede le stesse modalità di adesione precedentemente adottate
e cioè il pagamento a carico di questo Ordine provinciale delle caselle attivate da parte degli
iscritti.
PER INFORMAZIONI: telefonare allo 011.5815108 oppure inviare mail a segreteria.amministrativa@omceo.to.it
La Redazione di Torino Medica (RTM)
54
dicembre 2013
in collaborazione con il
PRESENTA IL CORSO ECM/FAD
bre
settem
iale FAD
Anno XIV
2013
pec
n. 1/s
M de
C
I FAD/E
RN
QUADE
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Federazio e degli Odontoi
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Trimest
Chirurg
Medici
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XIII
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ICO
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ZIONI,
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Corso di
itato con
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formazio
tivi
i forma
20 credit
ziato
Corso finan
Salute
stero della
dal Mini
GOVERNO CLINICO
Il corso presenta un altro capitolo in tema di “Governo Clinico“: questa volta parliamo di “innovazione, gestione
delle performance e formazione“, argomento che investe il moderno esercizio professionale medico ed odontoiatrico ed in generale sanitario.
Il corso gratuito eroga 20 crediti ECM
La versione “blended“ del corso è accreditata per medici chirurghi e odontoiatri ed è disponibile in
formato cartaceo nel numero speciale
“QUADERNI ECM/FAD de LA PROFESSIONE N. 1/2013”
All’interno del numero troverà il questionario di valutazione da compilare in ogni sua parte (anagrafica
e risposte a scelta multipla) che Le permetteranno, rispondendo almeno all’80% in modo corretto, di
ottenere 20 crediti ECM.
In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle direttamente
alla
Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) al n. 06/6841121
La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCeO per queste iniziative, spedirà
gratuitamente al Suo indirizzo copia del numero speciale.
Il QUESTIONARIO, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al n. 06/68411208
Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al n. 06/6841121 (centralino automatico)
oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 30 giorni lavorativi dall’invio
del fax.
Il servizio di HELP DESK, erogato direttamente da
FNOMCeO
(sede Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino)
è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00
tel. 011/5815110 - Fax 011/7432113 - e-mail: segreteria@fax.fnomceo.it
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rubriche
Comunicati
LA
SPENDING
REVIEW
NON
RIGUARDA
GLI
ORDINI
Riproduciamo in forma fotografica e sintetica la prima
pagina della Comunicazione FNOMCeO 84/2013,
che in originale contiene tutta la documentazione
normativa e il carteggio tra Federazione e Presidenza
del Consiglio dei Ministri –Dipartimento della Funzione
Pubblica, con la quale si conferma l’estraneità degli
Ordini professionali al sistema di finanza pubblica e
la differenziazione degli stessi rispetto agli altri Enti
pubblici.
NF
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dicembre 2013
57
rubriche
Comunicati
AVVISO DI SELEZIONE PER TUTOR VALUTATORI PER LO SVOLGIMENTO DELLA
PROVA PRATICA DEI LAUREATI CANDIDATI ALL’ESAME DI STATO ABILITANTE
ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI MEDICO-CHIRURGO
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Torino ha sottoscritto una Convenzione con l’Università di Torino per gli adempimenti previsti dal Regolamento concernente gli esami di Stato di abilitazione all’esercizio della
professione di medico-chirurgo modificato con decreto n. 445 del 19 ottobre 2001 e pubblicato sulla G.U. n. 299 del 27
dicembre 2001 e reso applicativo dall’Ordinanza ministeriale del 23 febbraio 2004.
Le sopra citate norme prevedono che l’esame di Stato di abilitazione alla professione consista in una prova pratica e in
una prova scritta. Alla prova scritta si accede solo dopo il superamento di una prova pratica a carattere continuativo consistente in una prova clinica pratica della durata complessiva di tre mesi articolati in un mese svolto presso un reparto di
medicina, un mese presso un reparto di chirurgia e per un mese presso un medico di medicina generale convenzionato
con il Servizio sanitario nazionale e realizzati, dopo il conseguimento della laurea (art. 1 DM 19.10.2001, n. 445).
In forza alla Convenzione con l’Università, il Consiglio Direttivo dell’Ordine è tenuto a predisporre un elenco di medici
operanti in qualità di dirigente medico in reparti di medicina generale, medicina d’urgenza o geriatria, medici operanti in
qualità di dirigente medico in reparti di chirurgia generale, chirurgia d’urgenza, ortopedia, otorinolaringoiatria, urologia
o ginecologia e medici di medicina generale convenzionati con il SSN, che possano dichiarare, sotto la propria responsabilità, di possedere i requisiti minimi di seguito elencati per ciascuna categoria.
Medici operanti in qualità di dirigente medico in reparto di medicina generale e chirurgia generale
1.essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino
2.assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti
3.possedere almeno cinque anni di anzianità di servizio in un reparto ospedaliero o universitario di medicina o chirurgia
4.svolgere normalmente sia attività di reparto che ambulatoriale
5.avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno
6.impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto
Medici di medicina generale convenzionati con il SSN
1.essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino
2.assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti
3.possedere almeno dieci anni di anzianità di convenzione per la Medicina Generale con il SSN
4.avere in carico al momento della domanda un numero di scelte superiore a 750
5.disporre di un sistema informativo adeguato
6.avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno
7.impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto
L’elenco così costituito, formato da tutti gli aspiranti alla attività di Tutore in possesso dei requisiti minimi, verrà sottoposto
alla Commissione Paritetica composta dai membri dell’Università e dell’Ordine per l’individuazione dei Tutori.
La Commissione Paritetica Ordine-Università, preso atto dell’elenco dei Medici che sono in possesso dei requisiti minimi,
dovrà procedere alla formazione di un elenco che verrà trasmesso alla Regione (combinato art.1, comma 2 Tirocinio, DM
n. 445 del 19 ottobre 2001 e art. 27, comma 3, DL n. 368 del 17 agosto 1999)
Per la validità della domanda farà fede la data di protocollo della stessa, che può essere inoltrata o per lettera raccomandata (C.so Francia 8 – cap.10143) o per raccomandata a mano direttamente agli uffici dell’Ordine o per fax al numero
011- 505323 o per e-mail presidenza@omceo.to.it.
Il candidato dovrà consegnare la domanda, come da modelli allegati, attestante il possesso dei requisiti minimi.
Torino, 8/7/2013
Il Presidente dell’Omceo della provincia di Torino
Dr. Amedeo Bianco
I modelli per le domande sono scaricabili dal sito www.omceo.to.it
58
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AVVISO ai MEDICI in possesso di diploma di
FORMAZIONE SPECIFICA in MEDICINA GENERALE
I Medici che hanno conseguito il diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale possono darne comunicazione alla segreteria dell’Ordine
dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino: il titolo sarà
inserito nell’Albo dei Medici Chirurghi analogamente a quanto avviene
per i titoli di Specializzazione.
L’attestato potrà essere inviato anche via mail al seguente indirizzo:
segreteria.amministrativa@omceo.to,it o via fax al numero: 011/505323.
Il Segretario OMCeO
Dr.ssa Ivana Garione
PROGRAMMA NAZIONALE ESITI
NUOVO CORSO ECM AGENAS/FNOMCEO
Dal 23 settembre è attivo il corso on line ECM sul Programma Nazionale
Esiti (PNE) realizzato da Agenas e FNOMCeO con il coinvolgimento della
Federazione IPASVI.
Per accedere al corso è necessario connettersi alla Homepage del sito
web del Programma Nazionale Esiti (PNE) tramite link presenti sui siti
internet di Agenas, FNOMCeO, Ministero della Salute, IPASVI.
Attraverso le attività di PNE, il Ministero della Salute si avvale di AGENAS per lo svolgimento delle funzioni di valutazione dei risultati (outcomes) delle prestazioni assistenziali e delle procedure medico-chirurgiche
nell’ambito del Servizio sanitario nazionale.
Obiettivi del corso sono la diffusione delle competenze necessarie a una
corretta lettura e interpretazione dei contenuti di PNE, attraverso l’apprendimento di alcuni fondamenti di metodologia epidemiologica applicata alla valutazione comparativa di esito.
CORSO FAD APPROPRIATEZZA
2013 - 2014
N° EVENTO 2603 - 79138
Si comunica che la validità del corso è stata
prorogata fino al 18/11/2014 (salvo diverse disposizioni che saranno comunicate).
Si ricorda che questo corso ECM può essere
seguito soltanto in modalità on line.
Il servizio HELP DESK, erogato direttamente
da FNOMCeO (sede Ordine Medici Chirurghi
e Odontoiatri della Provincia di Torino) è attivo
dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore
13.00 tel. 011/5815110 – Fax 011/7432113 –
e-mail: segreteria@fax.fnomceo.it
si ricordiamo che è necessario passare
sito
FNOMCEO o IPASVI può accedere ai corsi;
è necessario passare dal sito della propria Federazione per il controllo ogni anno.
Crediti: il corso, del tutto gratuito, eroga 12 crediti ECM (Codice ECM
69597). L’attestazione dei crediti, una volta superato il corso, è disponibile nella “Situazione crediti” in alto a destra, appena entrati sulla piattaforma.
Le professioni accreditate sono: medico, odontoiatra, infermiere, infermiere pediatrico, assistente sanitario.
Accesso: a chi si è registrato per i precedenti corsi ricordiamo che è necessario passare dal sito FNOMCEO o IPASVI per accedere ai corsi;
E’ necessario passare dal sito della propria Federazione per il controllo
ogni anno.
ATTENZIONE: Il sistema è basato su sessioni di lavoro; qualora si rimanga inattivi per più di 20 minuti la sessione scade e si deve quindi effettuare nuovamente l’accesso con ID e PIN.
dicembre 2013
59
rubriche
Corsi e congressi in pillole
Vengono qui pubblicate gratuitamente, di ogni congresso approvato dalla redazione:
- data del convegno - titolo del convegno - luogo del convegno. Gli eventi di cui si dà notizia sono, come
sempre, quelli che si tengono dal mese successivo a quello del numero pubblicato.
quando
24 febbraio 2014 - gennaio 2015
dove
TORINO Dipartimento di Neuroscienze
Via Cherasco 15
quando
dal 22 gennaio 2014
al dicembre 2014
dove
u MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO
SULLE CEFALEE
Scadenza iscrizioni 26 gennaio 2014
u MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO SULLE
DEMENZE SENILI
Scadenza iscrizioni 26 gennaio 2014
Torino - Dipartimento di Neuroscienze
Via Cherasco 15
quando
1 febbraio 2014
dove
torino -Hotel Ambasciatori
C.so V. Emanuele, 104
quando
9 gennaio 2014
dove
Torino - Aula Magna Fulvio Croce
Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia”
Corso Vittorio Emanuele II n. 130
u DAY SURGERY IN UROLOGIA
Evento organizzato da Associazione Day Surgery Italia, in collaborazione con L’Unità Operativa di Urologia della Clinica S. Luca di Torino
Presidenti: Dott. Paolo Calvi e Dott. Marco Laudi
u “LEGGE N. 6 DEL
9 GENNAIO 2004 - 9 GENNAIO 2014:
DIECI ANNI DI AMMINISTRAZIONE
DI SOSTEGNO”
Segreteria Scientifica ed Organizzativa: Ufficio
Salute Mentale Regione Piemonte
dicembre 2013
61
congressi
Torino,
14 dicembre 2014
Palazzina Raby
Corso Francia 8
Ordine dei Medici di Torino
Seminario
ambiente e salute
INFORMAZIONE IMPORTANTE
Cari lettori,
molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni non rappresenta un peso per il
bilancio del nostro Ordine in quanto i costi
più onerosi di composizione, stampa e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine).
Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie
ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali
costi.
La crisi economica che ha colpito tutti i settori
e che tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno squilibrio in questo bilancio
di entrate-uscite: infatti, a fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è
verificata una diminuzione della raccolta delle
inserzioni pubblicitarie.
In queste condizioni non sarebbe pertanto
possibile, per Torino Medica, proseguire la
pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato.
Tra le tante soluzioni possibili, quella meno
gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti.
Ma ciò purtroppo non è sufficiente.
Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero
di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei
convegni e degli eventi sul giornale e sul sito
Web saranno pubblicati a titolo oneroso.
La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta di pubblicazione, sarà trasmessa alla
concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla
dimensione dello spazio richiesto.
Per informazioni preliminari sulle condizioni
economiche gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n° telefonico 011.359908
L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a fornire questo servizio gratuitamente
agli organizzatori dei convegni e degli eventi
formativi.
Il Presidente dell’OMCeO della provincia
di Torino
Amedeo Bianco
62
dicembre 2013
ISDE - Sezione Torino
Programma
9,00 Saluto delle Autorità
9,45
Ernesto Burgio: la transizione epidemiologica del
XXI secolo e la rivoluzione epigenetica
10,00
Claudia Galassi: effetti a lungo termine sulla salute
dell’inquinamento da particolato aerodisperso
10,45 break
11,00
Ernesto Burgio: transizione epidemiologica: l’incremento delle malattie endocrino-metaboliche, del
neuro -sviluppo, neurodegenerative e tumorali
11,45
Domande dal pubblico
I partecipanti riceveranno copia della monografia
di Ernesto Burgio “Ambiente e salute” che non è
disponibile in commercio