anno XXIV numero 12 dicembre 2013 torino medica comunicazione informazione formazione la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino Le direttive europee sulla circolazione dei professionisti della salute e dei malati pongono anche una questione di certificazione della Qualità professionale che il Sistema ECM deve soddisfare. un sistema ecm adeguato alle sfide europee Sommario La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia. numero 12 dicembre 2013 anno XXIV numero 12 dicembre 2013 torino medica comunicazione informazione formazione la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino Le direttive europee sulla circolazione dei professionisti della salute e dei malati pongono anche una questione di certificazione della Qualità professionale che il Sistema ECM deve soddisfare. un sistema ecm adeguato alle sfide europee Non più accreditamento degli eventi ma dei Provider, introduzione definitiva del Dossier Formativo: queste le due novità operative più importanti del secondo triennio a regime del Sistema ECM, esaminate nel corso del Quinto Forum Nazionale a Roma. La libera circolazione in Europa di medici e malati è una questione complessa nella forma e nella sostanza. Serviranno infatti indicatori facilmente comprensibili e ragionevolmente comprensivi del profilo di competenze dei professionisti. Direzione, Redazione, Corso Francia 8 - 10143 Torino Tel. 011 58151.11 r.a. Fax 011 505323 torino.medica@omceo.to.it www.omceo.to.it Presidente Amedeo Bianco Vice Presidente Guido GIUSTETTO Segretario Ivana GARIONE 4 10 13 14 17 20 21 22 25 25 Tesoriere Guido REGIS Consiglieri Domenico BERTERO Tiziana BORSATTI Emilio CHIODO Riccardo DELLAVALLE Ezio GHIGO Anna Rita LEONCAVALLO Elsa MARGARIA Aldo MOZZONE 27 prima pagina Editoriale Lo sciamano Mario Nejrotti 33 prima pagina Tribuna Bianco: la prossima sfida del sistema ecm è in Europa Nicola Ferraro Discutendo di odontostomatologia Lo strano caso del vecchio dentista scomparso Patrizia Biancucci Il dedalo Iperomocisteinemia e rischio cardiovascolare Franchi, Ferrero, Spinnler, Mengozzi Prevenzione Serena apre al test hpv Guglielmo Ronco Nereo Segnan Lo stetoscopio La cultura fa battere il cuore Com. Stampa E sono 2500! Com. Stampa Chi fa cosa Si chiama esd Com. Stampa asl to 2: cure domiciliari a tutto sprint! Com. Stampa La stanza del silenzio all’Ospedale Mauriziano di Torino Com. Stampa Renato TURRA Roberto VENESIA Rosella ZERBI Patrizia BIANCUCCI (Od.) Gianluigi D’AGOSTINO (Od.) Bartolomeo GRIFFA (Od.) Commissione Odontoiatri Gianluigi D’AGOSTINO Presidente Patrizia BIANCUCCI 36 38 40 42 45 47 48 62 Salute TELLME Project Manlio M. Milano Obesity Day a Torino Nicola Ferraro Cultura Gocce di sanità dall’isola Mauritius Rinaldo Pellicano Dagli Appennini alle Ande Claudio Mellana La ricerca in Provincia sifo: farmaci insieme alle dimissioni, per risparmiare Nicola Ferraro Colchicina nella pericardite acuta Massimo Imazio Le nostre radici La volpe Giuliano Maggi Dai congressi Neuropsichiatria della coscienza Nicola Ferraro Rubriche In libreria Servizi dell’Ordine Comunicati Corsi e congressi in pillole Congressi Claudio BRUCCO Bartolomeo GRIFFA Paolo ROSATO TORINO MEDICA Revisori dei Conti Riccardo FALCETTA Presidente Carlo FRANCO Angelica SALVADORI Vincenzo MACRI’ Supplente Direttore responsabile: Direttore: Amedeo Bianco Mario Nejrotti Caporedattore: Nicola Ferraro Aut. del Tribunale di Torino n. 793 del 12-01-1953 Pubblicità: SGI Srl Via Pomaro 3-10136 Torino 011 359908 / 3290702 Fax 011 3290679 e-mail: info@sgi.to.it - www.sgi.to.it Progetto e Realizzazione Grafica SGI Srl Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA Chiuso in redazione il 28 novembre 2013 dicembre 2013 3 prima pagina Editoriale a cura di Mario Nejrotti *Di seguito tre codici QR per accedere subito (con uno smartphone abilitato) a link che arricchiscono le informazioni sulla contraffazione farmaceutica. Il fenomeno della contraffazione dei farmaci* è globale e tocca anche il nostro Paese. Si “tarocca” di tutto. Dagli anabolizzanti, ai prodotti contro la disfunzione erettile, passando per antidolorifici, antibiotici e arrivando persino agli antitumorali: tutti rigorosamente privi di principio attivo. L’AIFA da alcuni anni dedica particolare attenzione al tema della contraffazione farmaceutica, come testimoniato dalle diverse iniziative promosse nel tempo e oggi coordinate nell’ambito di una Unità Operativa dedicata. Trattandosi di un’attività “sotterranea” i dati relativi al fenomeno sono da considerarsi indicativi: secondo le stime ritenute più attendibili la percentuale di medicinali contraffatti sul mercato globale si attesterebbe intorno al 7 %, con punte significative che raggiungerebbero addirittura il 50% in alcuni paesi in Africa e in Asia. Le statistiche dell’Unione Europea indicano un incremento pari al 384% di falsi medicinali sequestrati nel 2006 rispetto a quanto avvenuto nel 2005 e, ancora, sempre secondo quanto riportato dall’UE, negli ultimi cinque anni sarebbero stati segnalati 27 casi di contraffazione nella catena legale e ben 170 nella rete illegale. Queste note che derivano da siti ufficiali (Aifa in primo luogo) danno per scontata una domanda agghiacciante: ma quanti saranno i morti ogni anno per questo traffico criminale? Il clima intimistico delle festività di fine d’anno avrebbe un sapore retorico e buonista se i professionisti della salute, in questa lieta occasione, dimenticassero il loro insostituibile ruolo di sorveglianza, denuncia e opposizione frontale ad ogni situazione internazionale capace di mettere in scacco qualsiasi progetto sanitario per la tutela della salute. Il racconto che segue, diviso in due parti, la seconda delle quali sarà pubblicata a gennaio, è una sollecitazione a riflettere e a ricordare ed è il nostro augurio di Buone Feste e di un Buon 2014 che speriamo possa essere davvero un anno nuovo. La redazione di TM Approfondimenti con QR code http://www.informasalus.it http://www.agenziafarmaco.gov.it http://www.iss.it 4 dicembre 2013 Lo sci Capo I iamano di Mario Neyrotti Il Nord del Kenya era una zona dimenticata da tutti. Oltre Isiolo, dove si alzava la sbarra di confine tra Paese governato e territorio ingovernabile, la colonna di tre automezzi si arrestò davanti a tre soldati in tuta mimetica, alti tanto che Alberto pensava che per fermarne uno ci sarebbero voluti almeno cinque di loro cooperanti volontari, mingherlini e anemici per definizione. Gli avvertimenti erano di rito e servivano a dire, in poche, semplici parole, che se oltrepassavano quella sbarra avrebbero dovuto arrangiarsi e che nessuno sarebbe venuto a cercarli, qualunque cosa fosse successa. Tra faide tribali di Samburru, Turkana, Rendille e Olmolo, scaramucce al confine con l’Etiopia e predoni vari, che ti uccidevano per pochi scilinghi, il governo non ne voleva sapere nulla di qualche medico volontario italiano. “ E poi – continuava molto irritato il sergente al posto di confine – che cosa ci andate a fare? Loro non hanno bisogno di voi! Nessuno qui ha bisogno di europei che vengono a risolvere i propri problemi e non i nostri!” Aveva detto in un inglese stentato e mal pronunciato, ma per questo molto comprensibile, pensava Alberto, che con l’inglese ci aveva sempre litigato. “Altro che problemi – pensava Alberto, mentre quello finiva la sua filippica contro i volontari bianchi – sarà molto difficile superare la diffidenza degli sciamani locali! La polvere si allontanava in piccoli turbini dietro le ruote dell’ultimo veicolo: una vecchia Land Rover, passo lungo, comprata a Nairobi. La pista portava da Isiolo verso Addis Abeba e non c’era tanto da scegliere. I soldi che avevano raccolto in sei mesi erano stati sufficienti a comprare le medicine, quell’auto per il carico e a coprire le spese di logistica per la spedizione e lo sdoganamento dei materiali sanitari, che era stata la cosa più difficile. Gli altri due mezzi li aveva messi a disposizione la missione dei Padri di Nanyuki, proprio alle pendici del monte Kenya, dove ci faceva un freddo porco al mattino, quando si erano trovati tutti lì per partire, che neanche in Svizzera a novembre: altro che Africa! Pensava Alberto. Comunque adesso erano sull’altopiano e lo sguardo si perdeva per trecentosessanta gradi e non c’era niente, niente di niente: solo savana, rocce, i monti lontani, luce e vento. “Dio, sei grande!” Pensava Alberto. “Neanche John Ford in Ombre Rosse era riuscito a tanto.” L’anno prima avevano saputo da un loro amico, che stava scrivendo una tesi di antropologia sperimentale, che un gruppo, appartenente ad una tribù del nord, viveva in condizioni igieniche disastrose e la siccità aveva distrutto i pochi pascoli. Il gruppo, di circa cinquemila persone era alla fame e in preda a ogni malattia infettiva, anche la più banale. u dicembre 2013 5 prima pagina Editoriale “Altro che problemi – pensava Alberto, mentre quello finiva la sua filippica contro i volontari bianchi – sarà molto difficile superare la diffidenza degli sciamani locali! 6 Quando aveva sentito la storia, aveva deciso che qualche cosa per aiutarli in un modo o nell’altro la doveva fare. Aveva cercato compagni, finanziatori, aveva raccolto soldi e aveva soprattutto smosso il parroco, l’arciprete ed era arrivato anche in Curia. “Santa Madre Chiesa, se si muove, riesce a smussarne di spigoli burocratici!” Pensava Alberto E così era stato: loro erano ufficialmente cooperanti volontari, chiamati dal padre della missione, che si trovava proprio al centro di quell’area, che in Italia non sapevano neanche che esistesse. Per le carte, mostrate alla polizia all’aeroporto e alla sbarra di Isiolo, loro dovevano solo aiutare il padre e le suore nel loro lavoro sociale e di assistenza ai più deboli e malati, senza un vero obiettivo sanitario; che a quello certo provvedeva il governo locale con successo. Era poi scritto che avrebbero procurato ulteriori derrate alimentari, se necessarie per la sopravvivenza di quel gruppo. E questo giustificava i due Ranger Rover e la vecchia Land a passo lungo. La presenza costante dei Padri aveva smorzato le altre domande sul chi fossero veramente e che cosa avevano intenzione di fare, e sulla composizione del carico: molto sbilanciato sulle medicine, rispetto ai cibi a lunga conservazione. Oltre alle derrate alimentari, lui aveva fatto arrivare, infatti, antibiotici, medicinali “salva vita”e materiale sanitario che pensava di gestire insieme ad altri due colleghi e a due splendide infermiere. Tre mesi liberi: tanto un lavoro vero non lo aveva ancora trovato nessuno, e poi si vedrà! Pensava Alberto. Capo II Dopo alcune centinaia di chilometri e tre giorni di guida dalla capitale, si erano trovati in un grande villaggio ai piedi delle montagne laviche nell’area al confine con il distretto di Marsabit con il grande vulcano spento e il suo lago, nel deserto del Kaisut. Le condizioni della gente erano impressionanti e il cibo che avevano portato, diede loro solo un momentaneo sollievo. Il capo e gli anziani, che avevano saputo attraverso chissà quali vie, del loro arrivo, li aspettavano: lo sciamano era con loro. Il padre era molto ben voluto e nonostante le occhiatacce dello stregone, ottennero il permesso di fermarsi e di installarsi lì. Alberto insieme agli altri, al padre e a qualche giovane murani si diedero da fare per costruire una grande capanna, che avrebbe dovuto funzionare da dispensario e anche da ricovero per i malati più gravi. Quei disgraziati avevano di tutto: dalle comuni infezioni polmonari, alle ferite infette, ai traumi. I tre medici erano poi molto preoccupati per alcune situazioni a rischio per una grave malattia spesso epidemica: il carbonchio, che li poteva contagiare dalle mucche infette, di cui, poveri com’erano, conservavano la pelle per farne dei giacigli. “Vergini come sono delle nostre medicine, però, guariranno benissimo, se dovesse succedere. Con i risultati che avremo, qui rischiamo davvero di fare la figura degli stregoni: evviva gli antibiotici!” Pensava Alberto. Non era tutto così semplice, però. Fino a visitarli ci arrivavano abbastanza facilmente, ma a somministrargli le medicine trovavano molti più ostacoli. Soprattutto i malati gravi chiedevano che il loro sciamano fosse presente e condividesse la diagnosi e partecipasse alla terapia. Ma lo sciamano, da quando il capo aveva acconsentito alla loro missione, non era più uscito dalla sua capanna e lo si sentiva cantilenare nenie dall’interno. “Se gli parlo, mi ascolterà. Io non ho niente contro di lui. Ma questa gente muore e deve prendere le medicine. Cazzo! Con la fatica che abbiamo fatto per averle dal grossista, che le ha chieste direttamente a casa madre al prezzo più basso possibile. Le multinazionali non sono mica Papà Natale e devono guadagnare, ma almeno questa volta si sono messi una mano sul cuore.” Pensava Alberto, mentre a grandi passi percorreva la spianata polverosa che lo separava dalla capanna dello sciamano. Tutto intorno odore di fumo, di latte bollito con il the e di sterco di camilo, come li chiamavano i Rendille i loro animali, anche se erano dromedari, a formare un unico odore, che non aveva niente di sgradevole, anzi: metteva appetito. Pensava Alberto, vergognandosene un po’. L’uomo scattò in piedi appena il giovane dottore entrò e gli puntò contro il suo bastone del comando. Non per colpirlo, ma per tenerlo a distanza. dicembre 2013 “Vergini come sono delle nostre medicine, però, guariranno benissimo, se dovesse succedere. Con i risultati che avremo, qui rischiamo davvero di fare la figura degli stregoni: evviva gli antibiotici!” Pensava Alberto. Gli occhi fiammeggiavano e la bocca era una smorfia: odio e rancore nei suoi pensieri. “Piccolo bianco arrogante, non sai nulla: non conosci il dolore, la morte che è sempre con noi. Arrivi con le tue scatolette colorate e credi di mettermi da parte. Pensi che io sia meno di te, non credi nella medicina. La mia maledizione ti distruggerà!” In piedi al centro della bassa capanna con la testa arrivava quasi al tetto di pali intrecciati, pelli e stuoie. Era imponente, mentre il suo petto nudo, lucido di grasso e rosso di ocra, coperto solo di collane di osso e frammenti di uova di struzzo, si sollevava per l’emozione e la collera che non riusciva a contenere. Il fumo del fuoco acceso ai suoi piedi usciva da una apertura circolare alla sommità, da cui filtrava la luce. “Non c’è tempo per parlare: non capirebbe e non mi ascolterebbe!” Pensava Alberto. Uno sguardo e vide una panga piantata nel terreno, l’afferrò e si lanciò verso lo sciamano. Un fendente velocissimo, il fischio dell’aria, gli occhi impietriti dalla paura dell’uomo che non si aspettava quello scatto fulmineo dal ragazzino striminzito e bianco, che aveva disprezzato fin dal primo momento. Poi lo stupore: la testa del rettile gli colpisce la spalla, il corpo, che si contorce ancora, cade nella polvere accanto alle pietre del fuoco. Il grosso serpente velenoso, che Alberto aveva visto tante volte su Internet, mentre si preparava alla spedizione, disturbato dallo sciamano in piedi, stava per morderlo dai pali sopra la sua testa. Il bello del loro animo, pensava l’indomani Alberto, è che non ci mettono nulla a capire che si sono sbagliati e che il nemico è un amico. Infatti, dopo quell’episodio, Leisan, così si chiamava lo stregone, aveva incominciato a frequentare il dispensario e a farsi vedere contento, mentre accompagnava con i suoi segni e con le sue nenie, la somministrazione delle medicine e le medicazioni delle piaghe e delle ferite. Capo III Per qualche giorno le cose andarono bene. Specie i murani che, con il loro mestiere di guerrieri e di pastori si procuravano lesioni di ogni tipo, reagivano bene al lavoro delle infermiere e guarivano solo che li pulissero e li disinfettassero. Invece, quando i giovani “Dactari”, che qualcuno più entusiasta chiamava “Daktari ja mungu”, chiamando in causa un dio molto simile a quello dei padri, facevano diagnosi di malattie infettive e somministravano le terapie antibiotiche, tutto sembrava incepparsi. “Non è possibile che i bambini guariscano così lentamente: la febbre e i sintomi durano troppo…” Pensava Alberto. Quel lunedì successe quello che non avrebbe mai dovuto succedere. Il figlio del capo si svegliò con la febbre altissima e una lesione bollosa, rotonda e piena di siero sull’avambraccio destro. A fare la diagnosi Alberto ci mise poco, ma decise di aspettare almeno un giorno l’evoluzione della malattia, controllando la temperatura e affidando alle infermiere le medicazioni di quella pustola che, anche se gli avevano detto che non si poteva chiamare maligna, aveva un aspetto schifoso. “Meglio che controlli che antibiotici abbiamo: nove su dieci è carbonchio.” Pensava Alberto. “E adesso mi toccherà anche far bruciare la pelle di mucca su cui dorme: Leisan mi aiuterà a farglielo capire.” Tre giorni erano passati. Aveva già cambiato due tipi di antibiotici, ma le condizioni generali del ragazzino peggioravano sempre. Anche gli altri malati di malattie infettive andavano male, chi più chi meno. Il quarto giorno il padre li svegliò che era notte fonda. “Fate piano i vostri sacchi, lasciate tutto il resto, non posso più garantire la vostra sicurezza qui. Andiamo via subito. Un quarto d’ora: ne va della nostra vita!” “Siamo scappati come ladri e li abbiamo abbandonati.” Pensava Alberto, chiuso nella sua stanza alla missione, steso sul letto con le mani intrecciate dietro la nuca, senza dormire. “Merda! Non abbiamo potuto sbagliare tutte le diagnosi e le terapie, neanche fossimo studenti del terzo anno!” Pensava Alberto. Le dosi erano giuste, dopo le prime difficoltà, le avevano persino aumentate: e niente, come se fossero stati acqua fresca. Acqua fresca, acqua fresca… u dicembre 2013 7 prima pagina Editoriale Quel pensiero non gli usciva più dalla testa. Un famoso quotidiano aveva pubblicato qualche mese prima della loro missione un’inchiesta che aveva fatto rumore. Le grandi multinazionali del farmaco, attraverso società controllate di facciata, esportavano nei paesi emergenti farmaci scaduti o peggio inesistenti, che di originale avevano solo le confezioni o per rendere la truffa meno evidente, dentro di principio attivo ce ne mettevano magari un po’, ma molto meno del dovuto. Anche la televisione nazionale, ma solo su un canale, aveva ripreso la notizia e dedicato uno speciale d’inchiesta, che aveva dato risultati agghiaccianti, ma difficili da provare. Da 500.000 a un milione di persone ogni anno morivano per farmaci indegni di questo nome e i profitti delle multinazionali salivano alle stelle. Lui aveva pensato che fosse una infondata leggenda metropolitana. “Chi può solo pensare una cosa del genere, neanche i medici dei lager nazisti!” Pensava Alberto. L’indomani correva da solo sulla Land verso Nairobi, per vedere un suo amico, che lavorava all’Università a Farmacologia. Qualche scatola di antibiotici era rimasta nel cassone della passo lungo e lui glieli portava ad analizzare: non poteva andare avanti con quel dubbio che lo tormentava. “Non vorrà compromettersi, ma io devo sapere: altrimenti impazzisco.” Pensava Alberto. E invece Luigi, che, a suo tempo, aveva mandato a farsi benedire il suo Direttore e aveva accettato una cooperazione internazionale, pagata malissimo, pur di non rinunciare a quello in cui credeva, ci mise veramente poco, smanettando sul web con due suoi collaboratori, che con il computer e con la rete erano dei treni, a scoprire che la Global Farmaceutici, grossista con sede a Modena, inscatolava di tutto per conto di una multinazionale planetaria, che faceva qualunque cosa, anche i lecca-lecca ecologici per i bambini con disturbi di assorbimento intestinale e aveva ricevuto recentemente un premio dall’OMS. Dopo sei ore la risposta del laboratorio. Ogni antibiotico testato conteneva il 10% del principio attivo dichiarato sulla confezione. Tornando alla missione, Alberto pensava alle ultime parole di Luigi. “Sono dei figli di puttana, ma molto, molto pericolosi. Tu non ci pensare neanche ad andargli contro: quelli ti sbriciolano e sarà tutto assolutamente legale. Stai attento: tu all’Amministratore Delegato non ti avvicini neppure nel suo bel grattacielo a New York! Ti distruggono letteralmente: te, i tuoi colleghi e anche i Padri.” E poi, vedendo la sua faccia furiosa e avvilita, era stato un vero amico… Pensava Alberto. Trasportava il suo nuovo carico di antibiotici, comprato in un magazzino gestito da indiani, che loro ormai i farmaci li producevano a basso costo, anche se le multinazionali non volevano e facevano fuoco e fiamme. I soldi Luigi glieli aveva dati, pescandoli da un fondo, diciamo, un po’ elastico del suo istituto, che anche lì qualche sponsorizzazione arrivava in modo avventuroso e poco controllato. “Per una volta, non è il caso di fare i pignoli.” Pensava Alberto. (continua sul prossimo numero) Torino Medica augura... ...Buone Feste di Fine Anno e uno splendido 2014! 8 dicembre 2013 prima pagina Tribuna BIANCO: a cura di Nicola Ferraro LA PROSSIMA SFIDA DEL SISTEMA ECM È IN EUROPa N. Ferraro Da un’intervista di Simona Dainotto pubblicata sul portale FNOMCeO (www.fnomceo.it) Presidente, quello che si è appena concluso è stato il primo triennio “a regime”, dopo tante proroghe, del Programma nazionale ECM. Con quali risultati? Il triennio trascorso, del quale la Quinta Conferenza nazionale Ecm costituisce una sorta di bilancio consuntivo, si è caratterizzato per grandi trasformazioni del Sistema. Due su tutte: il passaggio da accreditamento dell’evento ad accreditamento del provider, e il lungo lavoro preparatorio per introdurre in modo stabile il Dossier formativo. Come tutte le fasi di transizione, il passaggio all’accreditamento dei provider ha comportato, in un primo tempo, una calo dell’offerta, come una sorta di prezzo che il sistema Ecm ha consapevolmente pagato all’obiettivo della Qualità e della Stabilità del Sistema stesso. Soprattutto negli anni 2009 e 2010, si era registrata una riduzione delle partecipazioni e dei crediti attribuiti. Gli ultimi dati ci dicono, invece, che questi indicatori sono in netta ripresa. E i medici quanto sono “virtuosi” nell’aggiornarsi? I medici e gli Odontoiatri corrispondono all’obbligo Ecm con percentuali elevate, potendo oggi godere anche di una più vasta e articolata offerta formativa. Ma mi preme ricordare che il Sistema è rivolto a tutti i professionisti della Salute: la cifra dei risultati dobbiamo misurarla in questa dimensione. A partire dal 2014, i sanitari che non si aggiornano dovrebbero essere sanzionati ma il sistema di sanzioni non sembra ancora ben definito dalla Legge. Il mancato aggiornamento è comunque un illecito disciplinare. Forse, in materia, potrebbe anche essere investito il nuovo Codice Deontologico attualmente in fase di revisione? Su questo aspetto, continuo a ritenere che un Sistema che preveda solo sanzioni sia profondamente inadeguato a cogliere l’obiettivo vero della questione. In altre parole, mi permetto di osservare che quello che prioritariamente manca oggi è, in positivo, il riconoscimento a coloro che correttamente corrispondono all’obbligo formativo. 10 dicembre 2013 Il passaggio dall’Accreditamento degli Eventi a quello dei Provider e l’introduzione definitiva del Dossier Formativo*, vale a dire lo strumento di programmazione, di rendiconto e di verifica attraverso il quale il professionista determina in libertà e autonomia il proprio percorso di aggiornamento: sono questi i due fulcri della “Rivoluzione copernicana” del Sistema di Educazione Continua in Medicina, che, iniziata già dal 2007, è entrato a regime nel triennio che si sta concludendo. Ma quali saranno i prossimi obiettivi del Sistema a poche settimane dall’inizio del secondo triennio (2014-2016) a regime? A poche ore dell’inizio della Quinta Conferenza nazionale ECM, l’Ufficio Stampa della FNOMCeO lo ha chiesto ad Amedeo Bianco - presidente della FNOMCeO oltre che vicepresidente della Commissione nazionale ECM del Ministero della Salute: Amedeo Bianco, tra l’altro, lunedì 4 novembre ha aperto i lavori e il giorno successivo ha chiuso l’evento tirandone le conclusioni**. Può spiegarci meglio? Stiamo parlando di professionisti, medici e sanitari, che avvertono l’esigenza di un miglioramento e un affinamento continuo delle loro competenze: è un sentire deontologico, a cui naturalmente tali professionisti cercano risposte. Dobbiamo metterli in condizione di poter soddisfare questi bisogni che, come dicevo, avvertono in primo luogo come professionisti singoli, ma che si rispecchiano anche nelle necessità delle organizzazioni sanitarie in cui operano. Entrambi, professionisti e organizzazioni, sono sollecitati a grandi cambiamenti, ma contemporaneamente poco supportati a compierli e ad attuarli. L’eventuale rilievo disciplinare può solo ragionevolmente essere valutato in un contesto nel quale è garantita la piena accessibilità alle attività formative, e la loro coerenza ai bisogni individuali e a quelli delle organizzazioni in cui operano. Se vengono meno questi riferimenti, tutto il Sistema rischia di precipitare in un’arida prospettiva burocratica. E come sarà articolata l’offerta formativa? Quali cambiamenti auspicate poi per il nuovo triennio 2014-2016? E quali altri, guardando ancora più lontano? La sfida più grande per il prossimo triennio ritengo sia il “Dossier formativo”, così come viene prospettato. Non si tratta, infatti, di accumulare crediti per raggiungere un “premio” – o, più precisamente, per evitare delle sanzioni – ma di individuare nelle organizzazioni sanitarie, e di personalizzare secondo le specifiche competenze dei professionisti, quelle attività formative in grado di migliorare gli uni e le altre. Credo che – e non solo nel panorama europeo - questa prospettiva sia pressoché unica, e richiederà grandi sforzi a tutti i soggetti coinvolti. In questo sistema in trasformazione, si modificheranno anche i ruoli degli Ordini e dei Collegi? Mi concedo una sola affermazione: non credo di peccare di orgoglio se dico che, senza una tenace e responsabile presenza degli Ordini e dei Collegi nel Sistema Ecm, oggi non disporremmo di quelle straordinarie potenzialità che tale Sistema, nonostante grandi difficoltà di ordinamenti, regolamenti, e una erodente crisi di risorse, continua a mantenere. u * Il “Dossier formativo” nel Sistema ECM corrisponde in estrema sintesi al piano di aggiornamento professionale. È lo strumento ufficiale di programmazione triennale (sta per iniziare, a gennaio 2014 il secondo triennio a regime) del percorso formativo del singolo operatore o del gruppo di cui fa parte, ad esempio l’équipe o il network professionale in cui esercita la professione sanitaria. Non è però un semplice catalogo delle competenze svolte o che si intendono compiere nel triennio successivo, ma non può che essere correlato al profilo professionale del professionista operante in Sanità. Il dossier esprime le necessità formative da soddisfare con il Sistema ECM, la somma delle specificità individuali e degli interessi generali. È la pianificazione ufficiale del proprio aggiornamento che tiene conto anche delle esigenze particolari (programmazione aziendale o sviluppo individuale del singolo operatore sanitario) e di quelle più generali di tutela della salute (obiettivi sanitari nazionali, regionali e aziendali). In altre parole, attraverso questo strumento, i gestori del Sistema ECM auspicano che ogni operatore sanitario non si aggiorni mai soltanto per soddisfare esigenze o curiosità personali, ma per aumentare il livello d’integrazione nel sistema-salute di cui quel professionista è parte. ** Sulla Quinta Conferenza nazionale ECM tenutasi all’inizio di novembre a Roma è consultabile sul portale dell’OMCeO di Torino (www.torinomedica. com) un contributo con link anche a servizi audiovisivi realizzati sempre dalla redazione nelle precedenti edizioni della Conferenza, tenutasi a Villa Erba a Cernobbio dicembre 2013 11 prima pagina Tribuna Entro la fine dell’anno entrerà in vigore la direttiva europea sull’assistenza transfrontaliera: lei come pensa che si possa unificare, a livello europeo, il riconoscimento del percorso formativo dei professionisti? Le direttive europee in materia di circolazione dei professionisti e dei pazienti, tra le tante, pongono anche una questione di certificazione della Qualità professionale. E si tratta di una questione complessa - nella forma e nella sostanza - presupponendo l’individuazione di indicatori facilmente comprensibili e ragionevolmente comprensivi del profilo di competenze dei professionisti. Può entrare più nel dettaglio? Nello specifico, andranno armonizzati, a livello europeo, i criteri identificativi dei crediti Ecm, che non sono esclusivamente i parametri connessi al rapporto tout court tra tempo dedicato e crediti (un’ora = un credito), ma consistono anche nei criteri legati alla qualità delle attività formative, alla loro pertinenza con il profilo di competenze scelto, alla trasparenza dei contenuti scevri da conflitti di interesse. Con una certa fierezza, posso affermare che il nostro sistema sta, da tempo, camminando su questa strada. ¢ 12 dicembre 2013 Discutendo di odontostomatologia LO STRANO CASO DEL VECCHIO DENTISTA SCOMPARSO Franco Tosco FARE IL DENTISTA è UN’IMPRESA SUGGERIMENTI DI SOLUZIONI PER LA GESTIONE DELLO STUDIO ODONTOIATRICO Tueor Servizi Pagine 178, € 60,00 “Lo studio odontoiatrico è un’azienda. La segreteria: funzione centrale dell’azienda odontoiatrica. Il controllo di gestione nell’azienda odontoiatrica. L’azienda odontoiatrica e l’analisi finanziaria. Marketing e organizzazione”. Questi sono alcuni dei capitoli del libro che, come scrive Franco Tosco nell’introduzione, non vuole essere né un trattato, né un manuale organico, ma“deve permetter al lettore di avere un quadro di ciò che è indispensabile conoscere per gestire la propria struttura”. Il vecchio dentista è ormai quasi scomparso e il dentista di oggi non ha niente a che spartire con il suo predecessore: essere un grande tecnico e un eccellente clinico non basta più! Occorre una formazione a tutto tondo che includa discipline spesso assenti nei corsi universitari, come psicologia, psicologia dei gruppi, leadership, comunicazione, linguistica e meta-linguistica, sociologia e, dati gli spostamenti mondiali in atto, anche l’antropologia culturale. Ma non è tutto: l’odontoiatra serio, bravo, capace è pressoché obbligato a considerare la sua struttura come un’azienda e dunque verificarne l’efficienza organizzativa, economica e finanziaria, dopo essersi dotato di strumenti sia concettuali sia tecnici; e infine deve tenere sotto controllo costi e ricavi e i corrispondenti incassi e pagamenti, attivando le opportune consulenze. E così il vecchio dentista è scomparso e ha lasciato il posto al nuovo dentista che, suo malgrado, è anche imprenditore, evita l’errore di non stare al passo con i cambiamenti e non rischia di essere fuori mercato. Insomma, come sostiene Franco Tosco, “Il medico deve fare il medico perché quello è il suo mestiere e quello è ciò che gli utenti gli chiedono. Però deve sapere di chi e di che cosa ha bisogno per poterlo fare al meglio“. Eh sì; fare il dentista è…un’impresa! ¢ Patrizia Biancucci Componente CAO Torino La Rubrica “NOTE A MARGINE” è lo spazio dedicato all’attività della Commissione Albo Odontoiatri, che non si limita al controllo di comportamenti professionali incongrui eventualmente sanzionabili, ma è principalmente quella di INFORMARE: la storia dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Torino dimostra tra l’altro che la maggior parte dei comportamenti scorretti deriva dalla non conoscenza delle regole. Questa volta partiamo da un libro scritto ad uso e consumo di noi odontoiatri per cercare insieme qualche utile spunto di riflessione sul contesto lavorativo che affrontiamo quotidianamente e sull’evoluzione del nostro profilo professionale. Questa rubrica nasce infatti dalla convinzione che dare INFORMAZIONI UTILI equivale sempre a migliorare la nostra professionalità. In questo numero parleremo dello “Strano caso… del vecchio dentista scomparso”. dicembre 2013 13 Il dedalo IPEROMOCISTEINEMIA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE Negli ultimi due decenni molti studi clinici hanno cercato di fare chiarezza sulle contraddizioni emerse in letteratura, circa il possibile ruolo dell’Omocisteina (Hcy) come fattore di rischio cardiovascolare e sulle possibilità terapeutiche dell’incremento di apporto di vitamine del gruppo B, somministrate allo scopo di ridurre la concentrazione ematica di Hcy. Com’è noto le malattie cardiovascolari costituiscono la principale causa di morte nei paesi Occidentali. Questi eventi sono l’esito clinico di un substrato patologico detto aterosclerosi che inizia molti anni prima della manifestazione dei sintomi. È altrettanto noto che lo sviluppo di aterosclerosi è associato in modo inequivocabile ad una serie di fattori predisponenti detti Fattori di Rischio Cardiovascolare (FRCV), quali l’età, il sesso maschile, la razza, la familiarità, il fumo, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le dislipidemie, l’obesità, a sedentarietà. A queste note condizioni predisponenti si sono aggiunte negli ultimi anni altre variabili che sono state ritenute responsabili potenziali di sviluppo precoce e/o accelerato di aterosclerosi, questi vengono detti nuovi FRCV e comprendo i livelli di fibrinogeno, di lipoproteina Lp(a), indici di funzione fibrinolitica e di flogosi (PCR), la leptina e, appunto l’Hcy. L’Hcy, isolata per la prima volta nel 1933, è un derivato amminoacidico che si forma attraverso il passaggio a S-adenosilmetionina e a S-adenosil omocisteina. La sua produzione è regolata da enzimi e da alcune vitamine, come l’ acido folico o vitamina B9, piridossina o vitamina B6 e ciancobalamina o vitamina B12. Il passaggio da Hcy a metionina è reversibile; il 20% circa dell’ Hcy è libera, sia in forma ossidata che ridotta, mentre l’80% si lega a proteine. La forma ridotta, che è particolarmente dannosa per gli endoteli vascolari, è circa il 2% dellaHcy totale. In alcune condizioni patologiche l’equilibrio è spostato verso un aumento dell’ Hcy circolante. Nella maggior parte dei casi la condizione patologica ha un eziologia di tipo genetico: è nota la mutazione MTHFR (metilentetraidrofolato-reduttasi), che ostacola il processo di trasformazione. La mutazione è piuttosto frequente e la variante allelica (polimorfismo C677T) è stimata intorno allo 0,5% nella popolazione italiana. Esiste anche un danno metabolico causato dal difetto dell’enzima cistationina-b-sintetasi, che provaca un aumento della Hcy nelle urine (omocisteinuria). 14 dicembre 2013 Ivana Franchi*° Antonio Ferrero*^ Maria Teresa Spinnler^, Giulio Mengozzi° *CdL Magistrale in Tecniche Diagnostiche Università di Torino ^SC Cardiologia ASLTO5 °A.O.Città della Salute e della Scienza Dip. Medicina di Laboratorio SC Biochimica Clinica Valori normali Sono molte le variabili che influenzano la concentrazione di Hcy nel plasma: età, sesso, etnia, gravidanza, menopausa, fumo, stato nutrizionale, funzione renale, farmaci, fortificazione dei cibi con folati. La letteratura indica come range di normalità per Hcy plasmatica quello compreso tra 5 e 17μmol/L. Mentre l’OMS ha indicato i seguenti valori: - Uomini fino a - Donne fino a - Ragazzi fino a 14 anni 13 μmol/L 10.1 μmol/L 11.3 μmol/L Un documento di consenso pubblicato nel 2003 ha definito l’iperomocisteinemia (HHcy): - Moderata da - Intermedia da - Severa Attualmente la determinazione dell’Hcy plasmatica può avere tre indicazioni cliniche: Diagnosi di iper omocisteinuria Rilevazione di carenze nutrizionali di vitamine B6, B9 e B12 Valutazione di Hcy come fattore di rischio cardiovascolare in soggetti con familiarità per aterosclerosi precoce, in presenza o assenza di FRCV convenzionali 15-30 μmol/L 30-100 μmol/L > 100 μmol/L 2. 1. 3. Iperomocisteinemia e rischio cardiovascolare Una possibile impicazione dell’Hcy nella patogenesi delle malattie cardiovascolari (CVD) è stato ipotizzato fin dal 1969 quando Mc Cully osservò la presenza di aterosclerosi prematura diffusa in due bambini affetti da iperomocisteinuria, e formulò l’ipotesi di un rapporto diretto tra HHcy, lesioni aterosclerotiche diffuse e fenomeni di tromboembolismo arterioso e venoso. Gli studi osservazionali , a partire dalla fine degli anni ’80, sono stati orientati verso l’identificazione di questa relazione e le possibilità di prevenzione primaria e secondaria con supplementi di acido folico, con o senza vitamina B6 e B12. I primi studi osservazionali svolti nei vent’anni successivi alla prima evidenza, avevano, di fatto, validato l’ipotesi identificando l’Hcy come un fattore indipendente di rischio cardiovascolare indicando che un aumento di 5 μmol/L del livello di Hcy rispetto ai valori normali, è associato ad un aumento del 20% del rischio di eventi coronarici, indipendentemente dagli altri fattori di rischio. A fronte di primi risultati, che sembravano attribuire alla supplementazione con acido folico una diminuzione del rischio di ictus del 19% e di ischemia cardiaca dell’11%, gli studi e le revisioni sistematiche più recenti non hanno confermato che tali integrazioni , pur riducendo i livelli di Hcy plasmatica, siano in grado di ridurre significativamente gli eventi cardiovascolari e aumentare la sopravvivenza. Dato che l’importanza dell’HHcy come fattore di rischio per CVD è stata in passato sovrastimata, in conseguenza di limitazioni metodologiche degli studi è attualmente auspicabile arrivare ad una corretta interpretazione dell’importanza e del ruolo rivestito dal metabolita Sono disponibili due recenti pubblicazioni (2013), particolarmente significative, selezionate in base al tipo di studio (meta-analisi e/o analisi trasversale) allo scopo di fare il punto sullo stato dell’arte. La review pubblicata in “The Cochrane Library” ad inizio 2013, eseguita allo scopo di valutare gli effetti della riduzione di Hcy come prevenzione di eventi CVD, considerando come esiti primari l’ infarto del miocardio e ictus ed esiti secondari angina pectoris, insufficienza cardiaca, morte per altre cause e seri eventi avversi. In questa recensione sono stati inclusi 12 RCT, con un periodo di follow-up di almeno un anno, per un totale di 47.429 partecipanti. Non è stata trovata alcuna prova che la riduzione di Hcy mediante somministrazione divitamine B6, B9 o B12, da sole o in combinazione, a qualsiasi dosaggio rispetto al placebo, riduca il rischio di infarto del miocardio; di ictus o riduca la mortalità totale, nei partecipanti a rischio o con malattie cardiovascolari conclamate. Inoltre interventi di riduzione di Hcy rispetto al placebo non hanno alcuna influenza su eventi avversi gravi quali l’ insorgenza del cancro. u dicembre 2013 15 Il dedalo Depone viceversa a favore del ruolo dell’Hcy, quale marker predittivo, un lavoro pubblicato, sempre nel 2013, su Stroke. In questo studio è stata esaminata l’associazione tra Hcy totale e morfologia e superficie della placca carotidea in una coorte multietnica. di 1.327 soggetti senza precedenti episodi di ictus, di età compresa tra i 57 e i 75 anni, caratterizzati da HHcy totale plasmatica. Dall’analisi, emerge che valori elevati di Hcy totale supportano l’ipotesi di un suo coinvolgimento nel rischio aterogenico in particolare, alti valori di Hcy sono positivamente ed indipendentemente correlati sia all’estensione della superficie della placca che alla presenza di placche ecolucenti a bassa densità e bassa calcificazione, e di placche ecodense considerate fattori di rischio per l’ictus. Attualmente le numerose evidenze sperimentali ed epidemiologiche hanno indotto l’OMS a inserire l’HHcy tra i più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di CVD, malattie cerebrovascolari e vascolari periferiche. Come fattore di rischio l’HHcy plasmatica è associata a ipertensione arteriosa, diabete mellito, elevati livelli di colesterolo, fumo. Il dosaggio dell’Hcy può quindi essere utilizzato per valutare il rischio CVD in associazione ad altri parametri quali il profilo lipidico o nel caso in cui siano presenti altri fattori di rischio quali la familiarità per cardiopatie. Il dato dell’Hcy plasmatica non può essere impiegato ai fini di screening come avviene invece per altri esami quali il profilo lipidico. L’Hcy può essere valutata anche in relazione ad un eventuale deficit di vitamina B12 e folati: come talora accade in pazienti malnutriti, negli anziani, negli alcolisti e in soggetti che fanno uso di droghe. Valori molto al di sopra del limite di riferimento possono essere osservati in bambini affetti da iper omocisteinuria; in questo caso ulteriori accertamenti sono necessari per identificare la causa di tale incremento. Indagini ulteriori hanno messo in evidenza una correlazione tra incremento dell’Hcy ed esito infausto in gravidanza (alterazioni per la vascolarizzazione della placenta e quindi diminuita funzionalità: aborto, nascita sottopeso del neonato, presenza di difetti del tubo neurale). Altrettanto interessanti le indagini relative all’associazione fra HHcy e la sindrome di Alzheimer. ¢ 16 dicembre 2013 BIBLIOGRAFIA E RIFERIMENTI - Elevated homocysteine and carotid plaque area and densitometry in the Northern Manhattan Study. SaraAlsulaimani, MD; Hannah Gardener, ScD; Mitchell S.V. Elkind, MD; Ken Cheung, PhD; Ralph L. Sacco, MD;Tatjana Rundek, MD. Stroke AHA, 2013 Feb; 44(2):457-61. - Homocysteine-lovering interventions for preventing cardiovascolar events. A.J.M. Carvajal et all. The Cochrane Collaboration. The Cochrane Library 2013, Issue I - Elevated plasma Homocysteine level is not primarily related to Alzheimer’s disease. Nilsson K. Et all. Dementia and Geritric Cognitive Disorders 2012 - Homocysteine-Lowering by B Vitamins Slows the Rate of Accelerated Brain Atrophy in Mild Cognitive Impairment: A Randomized Controlled Trial. Smith AD, Smith SM, de Jager CA, Whitbread P, Johnston C, et al. PLoS ONE. Trials VITACOG, 2010 ISRCTN 94410159 University Oxford News - WHO (World Health Organisation). The word health report: reproducing risks, promoting healthy life.Htpp://www.who.int/whr/2002/en/ whr02_en.pdf - Facts and recommendations about total homocysteine determinations: an expert opinion. Refsum H. et all. Clin Chem 2004;50:3-32 - DACH-LIGA homocystein (German Austrian and Swiss homocysteine society): consensus paper on the rational clinical use of homocysteine, folic acid and B-vitamins in cardiovascular and thrombotic disease: guidelines and recommendations. Stanger O. et all. Clin Chem Lab Med 2003;41:1392-403 - Vascular pathology of homocysteinemia: implications for the pathogenesis of arteriosclerosis. Mc Cully KS. Am JPathol 1969;53:111-28 Lo screening con test HPV nelle donne tra i 30 e i 35 anni permette di ridurre del 60%-70% l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto allo screening con Pap test. Lo dimostra uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, con il titolo “Efficacy of HPV-based Screening for Preventing invasive Cervical Cancer: follow-up of European randomised controlled trials”. Lo studio è opera di un’équipe internazionale di ricercatori guidata dal torinese Guglielmo Ronco, del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte (CPO Piemonte). L’articolo che segue è un contributo originale su questo argomento scritto appositamente per Torino Medica; l’accesso all’articolo citato di Lancet è possibile digitando la parola chiave “Ronco” nell’apposito spazio di ricerca del portale dell’OMCeO di Torino, www.torinomedica.com o tramite un smartphone utilizzando il codice Qr che segue. N. Ferraro PREVENZIONE SERENA apre AL TEST HPV passi avanti nello screening del cancro del collo dell’utero Scopo dello screening del cancro del collo dell’utero è identificare le neoplasie intraepiteliali cervicali Guglielmo Ronco (CIN) di alto grado, che possono progredire a cancro invasivo e trattarle prima della progressione. Lo Nereo Segnan screening basato sul Pap-test (esame citologico delle cellule di sfaldamento della cervice uterina) è Unità di stato certamente uno dei successi della prevenzione dei tumori. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca Epidemiologia dei sul Cancro (IARC) ha stimato che programmi di popolazione di buona qualità basati sul Pap-test riduTumori 2, cono il rischio di tumore del 70% o più tra le donne che fanno lo screening. CPO Piemonte, Dalla fine degli anni ’90 una serie di studi ha dimostrato che il test per la presenza di DNA di alcuni Città della Salute tipi di papilloma virus umano (HPV) è in grado di trovare CIN di alto grado che la citologia non è in e della Scienza di grado di identificare. Questo peraltro non era sufficiente perché è noto che solo una parte delle CIN Torino di alto grado diventa cancro invasivo (1/3 in 30 anni di quelle trovate con il Pap-test) e molte guariscono spontaneamente. Era quindi teoricamente possibile che tutte o quasi le CIN aggiuntive trovate con l’HPV fossero spontaneamente regressive. Finora quattro studi randomizzati, condotti in Svezia, Inghilterra Olanda e Italia (quest’ultimo coordinato dal CPO Piemonte e condotto all’interno di sei programmi organizzati di screening, tra cui Torino) hanno pubblicato i dati su due round di screening, mostrando che al primo round di screening nel braccio che ha fatto il test HPV si erano trovate più CIN di alto grado che nel braccio che ha fatto citologia ed al secondo round meno. Questo prova che il test HPV permette di identificare (e quindi trattare) CIN di alto grado persistenti prima della citologia e quindi plausibilmente di ridurre il numero di CIN che progrediscono a cancro prima del trattamento. u dicembre 2013 17 Il dedalo Lo studio torinese pubblicato da The Lancet A partire dal 2010 si sono avviati in Italia diversi programmi pilota con il test HPV, tra cui uno a Torino nel 2010, in cui metà delle donne, secondo l’anno di nascita, veniva invitata a fare lo screening con test HPV e l’altra metà la con citologia (Pap-test). Intanto è stato pubblicato un rapporto di Health Technology Assessment per la situazione italiana, che concludeva che, se vengono usati protocolli appropriati, lo screening con HPV è più protettivo che quello con citologia senza aumentare gli effetti collaterali e, tra l’altro, stimava che il costo dello screening con HPV ogni cinque anni fosse inferiore a quello dello screening con citologia ogni tre. Il Ministero della Salute nella primavera di quest’anno ha rilasciato un documento di indirizzo alle Regioni in cui si raccomanda il passaggio allo screening basato sul test HPV. Sono stati appena pubblicati (Ronco et al. Lancet 2013; DOI pii: S0140-6736(13)62218-7. 10.1016/ S0140-6736(13)62218-7) i risultati del follow-up congiunto dei quattro trial (oltre 175.000 donne seguite mediamente per 6,5 anni). Esso ha permesso di stimare che lo screening basato sul test HPV consente di ridurre ulteriormente del 60-70% il rischio di tumori invasivi della cervice rispetto allo screening con la citologia (una riduzione significativa era già stata osservata nello studio italiano ma il numero ridotto di tumori non aveva consentito una stima dell’entità). Inoltre lo studio ha permesso di verificare direttamente che: –– –– –– –– 18 dicembre 2013 Lo screening con test HPV ogni cinque anni è più protettivo dello screening con citologia ogni tre. Inviare direttamente in colposcopia tutte le donne positive aumenta di molto il numero di biopsie rispetto allo screening con citologia (e possibilmente anche il rischio di trattamenti inutili) mentre la procedura normalmente indicata come “triage citologico” e descritta oltre non comporta nessun aumento di biopsie pur mantenendo la stessa protezione che l’invio diretto Lo stesso vale per il fatto di utilizzare il solo test HPV come test primario (fatto a tutte le donne) rispetto al doppio test (citologia + HPV) In base ai dati disponibili l’età ottimale per iniziare il test HPV pare essere 30 anni. è importante che in particolare i medici di Medicina Generale, a cui le donne si rivolgono spesso per consigli, raccomandino di seguire il protocollo che è stato individuato anche nelle situazioni in cui la donna può essere tentata di abbandonare il programma organizzato per approcci più aggressivi, come .nel caso donne con test HPV positivo e citologia normale (a cui viene indicato di ripetere il test HPV dopo un anno). Cosa cambia per lo screening delle CIN in Piemonte La Regione Piemonte ha ora deciso l’estensione progressiva all’intera Regione e come pratica standard dello screening del cancro del collo dell’utero basato sul test HPV. Il programma, coordinato sempre dal CPO, adotta il protocollo raccomandato dal rapporto HTA e dalle linee guida nazionali e perfettamente coerente con i risultati dello studio appena pubblicato su Lancet. Le donne verranno invitate a fare un prelievo in fase liquida di cellule cervicali che sarà utilizzato per eseguite un test per il DNA dei tipi “ad alto rischio” di HPV (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59 e 68). Se il test risulterà negativo la donna verrà invitata per un nuovo round di screening dopo cinque anni. Se, invece, il test risulterà positivo verrà preparato dallo stesso prelievo (quindi senza richiamare la donna) un vetrino per l’esame citologico in strato sottile. Se la citologia mostrerà anomalie (atipie cellulari di incerto significato: ASC-US o più grave) la donna verrà inviata immediatamente in colposcopia. Se invece l’esame citologico non mostrerà anomalie la donna verrà invitata a ripetere il test HPV dopo un anno. Se quest’ultimo mostrerà ancora la presenza di HPV verrà inviata in colposcopia, altrimenti sarà re-invitata dopo cinque anni. Questa procedura, indicata come “triage citologico” è riassunta nella figura. Le donne verranno invitate a fare il test HPV a partire dai 30 anni di età. Quelle più giovani saranno invitate a fare la citologia: il Pap Test). Un nuovo protocollo validato scientificamente Questo protocollo è stato definito sulla base di forti prove scientifiche (tra cui quelle dirette fornite dall’articolo appena pubblicato su Lancet) al fine di evitare procedure inutilmente aggressive pur mantenendo il massimo di protezione. L’utilizzo di protocolli inappropriati può causare, oltre al costo ed al disturbo per le donne di procedure diagnostiche inutili e di test troppo ravvicinati, trattamenti inutili con possibili effetti indesiderati quali il rischi di complicazioni in gravidanza dopo trattamenti inutili. Di fatto, l’inizio dell’uso del test HPV in età troppo giovane, intervalli di screening troppo brevi e l’invio diretto in colposcopia di tutte le donne positive al test HPV aumentano la probabilità di individuare infezioni da HPV transitorie non associate a CIN e di diagnosticare CIN destinate a regredire spontaneamente. È quindi importante che in particolare i medici di Medicina Generale, a cui le donne si rivolgono spesso per consigli, raccomandino di seguire il protocollo che è stato individuato anche nelle situazioni in cui la donna può essere tentata di abbandonare il programma organizzato per approcci più aggressivi, come .nel caso donne con test HPV positivo e citologia normale (a cui viene indicato di ripetere il test HPV dopo un anno). Uno dei punti di forza di Prevenzione Serena è sempre stato l’adozione di attività di promozione della qualità e di monitoraggio delle performance di ogni fase dello screening. Questa esigenza è particolarmente rilevante per lo screening basato sul test HPV. Lo studio randomizzato NTCC ed programma pilota attivo nella Città di Torino hanno permesso di mettere a punto gli aspetti tecnici e organizzativi e di sviluppare competenze avanzate sia riguardo all’esecuzione del test che alla lettura della citologia di triage. La centralizzazione di entrambi in un unico Centro (mentre i prelievi verranno comunque eseguiti nell’ampia Rete di centri diffusa sul territorio) rappresenta una garanzia in questo senso. L’attività del progetto pilota verrà progressivamente ampliata a tutta la popolazione della città di Torino mentre l’attivazione nei dipartimenti di screening di Ivrea e della valle di Susa dovrebbe cominciare nella primavera del 2014. Non sarà possibile passare immediatamente al test HPV per tutte le donne, anche perché è necessario tenere conto del cambiamento di intervallo di screening. Alcune donne sopra i 30 anni di età verranno invitate a fare la citologia ancora una volta nel corso dei prossimi tre anni ma verranno invitate a fare il test HPV tre anni dopo. Inoltre gli inviti verranno programmati in modo che nessuna donna esca dall’età di screening senza avere fatto almeno un test HPV. è importante che le donne che sono invitate alla citologia continuino ad approfittare della protezione e qualità fornite dallo screening organizzato piemontese. ¢ dicembre 2013 19 Lo stetoscopio LA CULTURA FA BATTERE IL CUORE In Italia circa 60.000 persone ogni anno sono colpite da arresto cardiaco improvviso. È un evento imprevedibile e in un’alta percentuale di casi è causato da aritmia ventricolare che può essere interrotta da uno shock elettrico. Come dimostrato dalla letteratura scientifica, le manovre salvavita e la defibrillazione precoce possono arrivare a triplicare la sopravvivenza degli infortunati. La nostra Regione, per perseguire l’obiettivo di diffondere in modo capillare l’uso dei defibrillatori tra la popolazione, ha approvato il Programma per l’acquisto ed i criteri di diffusione dei defibrillatori semiautomatici esterni. Le finalità di questa iniziativa sono state presentate all’inizio del novembre scorso nella sede della Fondazione Circolo dei Lettori, alla presenza degli assessori regionali alla Sanità, Ugo Cavallera, alla Cultura e Politiche Giovanili, Michele Coppola, del Direttore del Dipartimento 118, Danilo Bono e del cardiologo della Città della Salute, Sebastiano Marra. La Regione ha pianificato il programma di distribuzione delle apparecchiature per la defibrillazione tenendo conto di alcuni principi basilari: ◊ capillarità territoriale (dando una copertura il più possibile omogenea sul territorio), ◊ scelta di luoghi di maggiore afflusso di persone; ◊ scelta di luoghi in cui il target di affluenza possa interpretare al meglio le finalità perseguite dal progetto. Con i fondi stanziati per il progetto- che ha un finanziamento ministeriale- sono stati acquistati 280 defibrillatori: ◊ 20 defibrillatori per luoghi di interesse culturale; ◊ 130 defibrillatori per i Comuni (in collaborazione con l’ ANCI Piemonte) di cui: 9 per la città di Torino, 21 per gli altri comuni capoluogo (3 per ogni comune), 100 per gli altri piccoli comuni; ◊ 62 defibrillatori per associazioni di volontariato ( in collaborazione con Associazioni di Volontariato e Croce Rossa); ◊ 40 defibrillatori per Forze armate, Vigili del fuoco, Polizia, Guardia di Finanza (in collaborazione con la Questura e i vari Comandi regionali); ◊ 28 per la continuità assistenziale (ancora da destinare). Perché nei luoghi della cultura La Regione Piemonte ha volutamente inserito anche i luoghi di interesse culturale, iniziando a destinare 20 defibrillatori ad una prima selezione di enti a cominciare dal Circolo dei Lettori che ogni giorno richiama nella propria sede un afflusso costante di persone di ogni età. Si ritiene infatti che i luoghi di interesse culturale per la loro forte affluenza di pubblico, rappresentino un punto strategico per collocare defibrillatori e proprio la cultura è un canale importante per la trasmissione di messaggi di informazione e servizio al cittadino, come in questo caso di vitale importanza. L’Assessorato regionale alla Sanità ha anche predisposto le attività per la formazione: sono stati accreditati 25 enti e tra questi le principali istituzioni culturali piemontesi. Da giugno ad oggi, sono già state formate oltre 1.800 persone. È stata anche predisposta una campagna informativa con lo slogan Anche tu puoi far battere un cuore. Queste informazioni si possono trovare nel link http://www. regione.piemonte.it/sanita/cms/campagne-di-comunicazione/anche-tu-puoi-far-battere-un-cuore.html “Abbiamo avviato un progetto – ha dichiarato l’Assessore Ugo Cavallera - il cui obiettivo è promuovere la cultura della prevenzione tra i cittadini. Con la diffusione dei defibrillatori, intendiamo ulteriormente rafforzare il sistema dell’emergenza-urgenza che è uno dei migliori a livello nazionale, con il Dipartimento 118 e la rete ospedaliera per le cure delle malattie cardiache. È oltremodo significativo che la presentazione si sia svolta in uno luogo come il Circolo dei Lettori. Ora proseguiremo coinvolgendo gli altri destinatari del progetto, i Comuni, le organizzazioni del volontariato e le Forze dell’Ordine”. Per l’assessore Coppola “La cultura in Piemonte è parte del DNA della nostra regione per il ruolo strategico che ricopre. La cultura è infatti il miglior alleato del lavoro, dello sport e della salute. Proprio con l’Assessorato alla Sanità in questi mesi abbiamo avviato diverse collaborazioni che vedono la cultura protagonista negli ospedali, come il Sant’Anna e il Regina Margherita, attraverso la lettura e l’arte. Mancava un tassello, l’operazione defibrillatori, per mettere a disposizione uno strumento di pronto intervento nei luoghi di cultura che hanno un’affluenza di pubblico significativa. La cultura fa battere il cuore: questo è il messaggio che vogliamo sottolineare”. ¢ 20 dicembre 2013 Ni.Fe. Da materiale stampa della Regione Piemonte Lo stetoscopio Il Professor Mauro Salizzoni IL CENTRO TRAPIANTI DI FEGATO DELLE MOLINETTE È DA RECORD e sono 2500! Ni.Fe. Da un comunicato stampa di Pierpaolo Berra Il 26 agosto scorso è stato tagliato lo storico traguardo dei 2.500 trapianti di fegato all’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino. Un record europeo. Il Centro Trapianto di fegato “Sergio Curtoni”, diretto dal professor Mauro Salizzoni, è ora al vertice in Europa per numero di trapianti effettuati e per dati di sopravvivenza. Sono stati scavalcati i centri inglesi fino a poco tempo fa al top europeo. Il 26 agosto 2013 è stata trapiantata un giovane donna affetta da una malattia rara, l’amiloidosi, che ha ricevuto la parte destra (split destro) di un fegato prelevato ad una giovane donna deceduta per emorragia cerebrale all’ospedale Maria Vittoria di Torino. La parte sinistra del fegato (split sinistro) è stato trapiantato dall’equipe di Palermo su un bambino di due anni affetto da atresia delle vie biliari. Anche gli altri organi, prelevati grazie al gesto di altruismo e solidarietà, sono stati trapiantati con successo: i polmoni dall’equipe del professor Mauro Rinaldi della Cardiochirurgia delle Molinette di Torino ad una giovane donna in attesa di trapianto a causa di un’altra malattia rara, la fibroelastosi idiopatica. Il rene destro è andato al Policlinico di Milano ad un donna in attesa da più di 10 anni con cui era presente una somiglianza genetica particolare; mentre il rene sinistro è stato trapiantato dall’équipe del dottor Piero Bretto del Centro Molinette di Torino ad una giovane donna che era stata precedentemente sottoposta ad un raro trattamento per rimuovere anticorpi anti-tessuto che avevano finora impedito il trapianto, procedura questa in uso in Italia solo nel centro di Torino per i trapianti di rene da donatore deceduto. Una donazione questa, coordinata dal Centro Regionale Trapianti piemontese, particolare anche per le destinazioni degli organi, ricevuti prevalentemente da giovani donne, ognuna con una storia clinica grave e particolare. 23 anni di attività Il primo trapianto di fegato venne eseguito a Torino il 10 ottobre del 1990 dall’equipe del professor Salizzoni. Dei 2.500 trapianti: –– 120 sono stati di un solo segmento del fegato (o trapianti split), per favorire il trapianto in pazienti pediatrici o giovani adulti, e consentire il trapianto a più pazienti, –– 45 trapianti sono stati eseguiti in combinazione anche con il rene, –– 2 in combinazione con il pancreas, –– 1 assieme al polmone, –– 6 trapianti tipo domino*. I trapianti di fegato possono essere eccezionalmente eseguiti da donatore vivente: il centro di Torino ne ha eseguiti 14, ed è uno dei pochi centri autorizzati dal Ministero per questo tipo di trapianto. Se è vero che la patologia epatica colpisce prevalentemente soggetti adulti, esistono pur sempre rare malattie congenite o dell’infanzia, per le quali il trapianto rappresenta l’unica alternativa. 133 bambini hanno beneficiato in questi anni di trapianti pediatrici, alcuni dei quali da donatore adulto (cadavere o vivente) tramite la tecnica della resezione di parte del fegato. Molti di loro hanno ricevuto il trapianto a pochi mesi dalla nascita. Ad oggi l’età media dei pazienti trapiantati è di 56 anni ed il 73% di loro e di sesso maschile. Efficacia a distanza del trapianto di fegato Come sempre, anche nel caso dei trapianti i numeri non sono tutto, occorre chiedersi che beneficio comporti questa terapia ai pazienti che la ricevono. Certo, questi pazienti al momento del trapianto presentano malattie che hanno determinato un danno del fegato non altrimenti curabile: di solito con un’aspettativa di vita di pochi mesi. Una misurazione dell’efficacia del trapianto è data dalla sopravvivenza dei pazienti dopo trapianto. Il Centro di Torino, che occupa la prima posizione per numero di trapianti, dimostra risultati ottimali anche dal punto di vista della sopravvivenza: il 92% dei pazienti adulti è vivo ad un anno dal trapianto, e circa l’80% a cinque anni. Nel caso dei bambini, la sopravvivenza ad un anno è pari a 97,5%. Il tempo di attesa medio prima del trapianto è di circa due mesi. In questo momento sono 56 i pazienti in lista di attesa. La maggior parte dei pazienti che viene inserita in lista riceve quindi in breve tempo il trapianto e ciò rende le liste di attesa contenute. Sono questi risultati eccellenti, nell’ambito di un settore sanitario di particolare valore in tutta la nazione, che colloca l’Italia ed in particolare il Centro delle Molinette ai vertici europei. E se ci si confronta con l’Europa, il centro di Torino condivide una posizione leader soltanto con ungruppo ristrettissimo di altri Centri: Birmingham, Londra e Cambridge nel Regno Unito (ma in questa nazione tutti i trapianti sono convogliati in pochi centri) e quello di Hannover in Germania. Globalmente, l’esito del trapianto di fegato nel centro piemontese si dimostra superiore se confrontato con i dati dei migliori centri mondiali. Questo rende l’attività del Centro trapianti di Torino un punto di eccellenza e di riferimento di valore mondiale per questo tipo di chirurgia. * A volte, sulla stampa, il termine viene usato in modo non corretto. Una situazione operativa utilizzata dal Centro Regionale Trapianti (CRT) della Sicilia chiarisce in modo perfetto il corretto uso del termine: “In un trapianto di polmone può essere necessario, per motivi chirurgici, trapiantare il blocco completo di cuore e polmoni di un donatore, per cui il cuore sano prelevato dal ricevente può essere donato ad un’altra persona” ¢ dicembre 2013 21 Chi fa cosa Ni.Fe. Da materiale stampa predisposto da Silvana Patrito Ufficio Stampa ASL TO 2 È GIAPPONESE e RIMUOVE I TUMORI RISPETTANDO I TESSUTI SANI SI CHIAMa ESD Tecnica mini-invasiva applicata nell’asportazione di un tumore, purché localizzato a livello superficiale; rimozione del tumore conservando l’organo che ne è portatore; nessuna conseguenza di carattere alimentare o digestivo per malato e tre notti di degenza ospedaliera contro le dieci previste per l’asportazione chirurgica: questi i principali vantaggi della nuova metodica endoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale, nel trattamento dei tumori del tratto gastrointestinale in stadio non avanzato. Franco Coppola, specialista appositamente addestrato, con l’approvazione della Direzione Generale ASL TO 2, nell’autunno 2012 con uno stage di sei settimane presso la Showa University di Yokohama, dove ha approfondito gli aspetti tecnici e organizzativi legati all’esecuzione di questi interventi endoscopici innovativi, nell’ultimo mese all’Ospedale San Giovanni Bosco dell’ASL TO 2 ha eseguito tre ESD del colon e tre ESD gastriche, con successo terapeutico e senza complicanze. Le procedure, eseguite su tre malati di sesso maschile e tre di sesso femminile, di età compresa tra i 58 e i 66 anni, hanno avuto una durata di circa tre ore ciascuna. I pazienti con tumore gastrico superficiale sono stati sottoposti ad anestesia generale in sala operatoria perché le procedure operative del tratto esofago-gastrico sono meno tollerate rispetto a quelle coliche e necessitano pertanto di narcosi eseguita dall’anestesista in ambiente protetto. Differenze tra procedura chirurgica tradizionale e mininvasiva “La nuova procedura prevede l’uso di accessori differenti rispetto a quelli normalmente utilizzati dagli endoscopisti, veri e propri bisturi in miniatura, con cui si ‘scollano’ le lesioni gastrointestinali dalla parete e si coagulano i vasi per prevenire il sanguinamento – spiega Franco Coppola, Gastro- 22 dicembre 2013 Procedura mininvasiva, minori effetti collaterali e meno giorni di ricovero. È la “Dissezione Endoscopica Sottomucosa” (ESD), la procedura inventata in Giappone nei primi anni 2000 per rimuovere tumori non avanzati dello stomaco, successivamente applicata anche nell’esofago e nel colon, introdotta quest’estate all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, con la quale la Gastroenterologia diretta da Serafino Recchia si pone all’avanguardia nel trattamento delle lesioni superficiali del tratto gastroenterico, per le quali le tecniche endoscopiche standard non sono applicabili. Da sinistra i dottori Serafino Recchia e Franco Coppola con lo strumento per la ESD enterologo del San Giovanni Bosco specializzato nella metodica – prima dell’introduzione di questa tecnica, o dove questa non viene utilizzata, per i pazienti non c’era che la rimozione chirurgica della lesione, con perdita dell’organo e degenze non inferiori ai 9-10 giorni”. “Abbiamo importato questa procedura endoscopica dal Giappone, dove è stata applicata in prima istanza nei tumori gastrici e nel tipo più frequente di tumore esofageo, il carcinoma squamoso. L’incidenza del tumore gastrico in Giappone, circa 2,5 volte più elevato rispetto all’Italia, ha dato modo agli specialisti giapponesi di sviluppare un’ampia esperienza su questa patologia e di essere all’avanguardia rispetto al resto del mondo – spiega. Serafino Recchia, Direttore della Gastroenterologia del San Giovanni Bosco – elaborando un percorso diagnostico- terapeutico che consente sia di diagnosticare i tumori in una fase molto precoce, mediante sofisticati apparecchi endoscopici, ancora poco diffusi nei paesi occidentali, sia di rimuovere le lesioni precoci con un trattamento mini- invasivo che consente la preservazione dell’organo interessato. Questa tecnica negli ultimi anni comincia ad essere applicata anche in Occidente e, se per il colon in molti casi possono essere utilizzate procedure meno complesse, come la mucosectomia, per l’esofago e lo stomaco la ESD è l’unica tecnica endoscopica che si può mettere in atto in alternativa alla chirurgia, a causa delle differenti caratteristiche anatomiche che i tumori esofago-gastrici hanno rispetti a quelli del colon”. L’esecuzione dell’ESD è particolarmente difficile perché il gesto endoscopico è più complesso rispetto a quello usualmente messo in atto dall’endoscopista, che per rimuovere i polipi utilizza varie tipologie di anse: queste sono specie di cappi che, fatti scorrere nel canale operativo dello strumento endoscopico, vengono aperti al di sopra della lesione e chiusi intorno alla base. Il passaggio di corrente ne determina quindi il distacco. Poiché u dicembre 2013 23 Chi fa cosa i tumori da rimuovere con ESD sono tendenzialmente piatti, le anse non servono e al loro posto si utilizzano mini bisturi endoscopici che “scollano” poco per volta il tumore dalla sua base, dopo averlo sollevato mediante infusione di liquidi che vengono iniettati tra la parete del tumore e la parete del viscere sottostante. La difficoltà della procedura è determinata dal fatto che sono necessarie più tipologie di movimenti nei vari piani spaziali, utilizzando un solo accesso invece di due o più come avviene nella chirurgia. “Per fare un esempio comprensibile – spiega Franco Coppola – immaginiamo di avere un’arancia incollata su una superficie (così come è incollato il tumore alla parete dell’organo) e di doverla sbucciare usando un coltello affilato, ma con una sola mano e senza l’aiuto del pollice in opposizione al coltello. Non sarà una procedura rapida e dovremo avere molta pazienza per portarla a termine senza danneggiare l’arancia prima di averla sbucciata. Quindi occorrono differenti procedure e differenti accessori rispetto ad ogni altra pratica endoscopica”. “Pertanto è fondamentale avere personale appositamente addestrato – conclude Serafino Recchia – la procedura può durare fino a tre ore e la profondità con cui la dissezione scava nello spessore della parete per rimuovere le lesioni da trattare è molto maggiore rispetto a quella di altre tecniche endoscopiche, analoghe ma meno complesse come la polipectomia e la mucosectomia; l’abilità tecnica dell’operatore riveste dunque un ruolo determinante, anche per la riparazione immediata di eventuali complicanze e per scongiurare una conversione chirurgica della dissezione ESD”. Il post intervento A buon esito della procedura e dopo la degenza minima richiesta, il paziente dovrà essere sottoposto periodicamente a endoscopie di controllo, per prevenire il rischio che l’organo colpito e conservato possa sviluppare nel tempo un secondo tumore. In base ai dati del Centro di Prevenzione Oncologica della Regione Piemonte sono stati accertati 1.331 casi di tumore gastrico nella nostra regione nel 2011, di cui la maggior parte diagnosticata in fase avanzata. Il numero previsto di candidati all’utilizzo della nuova metodica è attualmente di circa 200 l’anno in Piemonte (15 - 20% della totalità dei casi) numero destinato ad aumentare con il perfezionamento dell’accuratezza diagnostica delle lesioni in fase precoce. ¢ Dall’alto: tumore superficiale; inizio dissezione; dissezione avanzata; parete gastrica dopo esd. 24 dicembre 2013 ASL TO 2: CURE DOMICILIARI A TUTTO SPRINT! Gli spostamenti del personale dedicato alle Cure Domiciliari ASL TO 2, nella sede di Via Botticelli 130, da quest’estate sono diventate ecosostenibili, antistress e all’insegna del fitness! Merito della nuova dotazione di biciclette, acquistate grazie alla donazione dei famigliari della Signora Rosa B. e del Signor Luigi M., entrambi seguiti a casa dall’ “Equipe di Domiciliarità ASL TO 2”. Le cure domiciliari sono organizzate in quattro gruppi sul territorio, uno per ciascun distretto della ASL TO 2: Corso Toscana 108, Via Asinari di Bernezzo 98, Lungo Dora Savona 24 e Via Botticelli 130. Quest’ultimo gruppo, per raggiungere il domicilio degli assistiti, si trova a circolare in quartieri tranquilli e dotati di molte piste ciclabili, ma affollati ugualmente di auto, quindi adatti alla percorrenza in bicicletta. Questo spartano e sempre più utilizzato mezzo di locomozione consente di risolvere l’annoso problema del parcheggio; non c’è confronto con l’auto in quanto a rapidità di spostamento, economicità, discrezione, silenziosità e rispetto per l’ambiente. In questo modo il Personale dell’ASL TO 2 offre il proprio contributo alla rivalorizzazione dell’ambiente urbano e al miglioramento della qualità della città, con un occhio di riguardo anche alla propria salute, trasformando i tragitti in una sana attività fisica quotidiana. “I nostri gruppi di Cure Domiciliari spesso ricevono dei premi di ringraziamento da parte dei Pazienti seguiti o dai loro Familiari – commenta la Dott. ssa Daniela Bodda, Direttore S.C. Cure Domiciliari e Disabilità ASL TO 2 – premi dei quali siamo molto grati alle Famiglie e orgogliosi per l’apprezzamento che essi significano. Grazie a queste donazioni possiamo dotarci di utili accessori per le attrezzature di lavoro, e nel tempo infatti le abbiamo investite in zainetti, giacche a vento, un’auto e adesso in tre biciclette e altrettanti caschi di protezione”. ¢ Da sinistra, gli infermieri Siria Tomasicchio, Mara Paggiarin, Margherita Peloso, Maria Teresa Paone, Luca Guion, Antonella Taccucci, Paola Bianco, Gabriella Macripò e Miriam Petti Qualche dato Le CURE DOMICILIARI ASL TO 2, che erogano interventi sia in lungo-assistenza sia in post acuzie, hanno un’equipe di 50 infermieri. Nell’anno 2012, sono stati trattati in totale 13863 casi, di cui: 3542 Lungoassistenza 6496 ADP 2001 SID 1327 ADI 497 Cure palliative, in collaborazione con il Servizio di Cure Palliative ASL TO 2 (Responsabile dott. Ezio Nigra) LA STANZA DEL SILENZIO ALL’ OSPEDALE MAURIZIANO DI TORINO Ni.Fe. Da un comunicato stampa di Tiziana Bertero Il 12 settembre scorso all’Ospedale Mauriziano di Torino è stata inaugurata LA STANZA DEL SILENZIO (Stanza 12 - Corridoio Rosselli). La Stanza del Silenzio, nelle intenzioni dell’Azienda Ospedaliera, vuole essere un luogo accogliente ma sobrio, dove la persona possa fermarsi, raccogliersi, riflettere, lasciar sedimentare notizie, prendere distacco dal serrato ritmo di lavoro, pregare, ciascuno secondo la sua fede. Nel rispetto di tutte le diverse fedi e di chi si considera non credente, non vi si trovano simboli religiosi. Come ha sostenuto Dag Hammarskjöld*, Segretario delle Nazioni Unite dal 1953 al 1961: “Ciascuno di noi ha dentro di sé un centro di quiete avvolto nel silenzio. [...] L’obiettivo è creare in questa piccola stanza un luogo le cui porte possano essere aperte agli spazi infiniti della preghiera. Qui si incontreranno persone di fedi diverse e per questa ragione non si poteva usare nessuno dei simboli cui siamo abituati nella nostra meditazione. [...] Un antico detto ricorda che il senso di un recipiente non sta nel guscio ma nel vuoto. Così è di questa stanza. è per quanti vengono qui per riempire il vuoto con ciò che trovano nel proprio centro di quiete”. Per questi motivi Hammarskjöld aveva voluto una “stanza della quiete” all’ingresso del palazzo dell’ONU. ¢ * Come si può leggere in articolo pubblicato in Rete sul “Post” a firma di Giovanni Zagni: “Il 18 settembre 1961 l’aereo che trasportava l’allora segretario generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld e altre quindici persone si schiantò vicino a Ndola, una delle città più grandi della Rhodesia del Nord (oggi Zambia). Lo svedese Dag Hammarskjöld fu il secondo segretario delle Nazioni Unite, in carica per due mandati consecutivi dal 1953 al 1961. Il suo operato come uomo politico, le circostanze sospette dell’incidente aereo in cui morì e la sua profonda spiritualità, che divenne nota al grande pubblico solo dopo la sua morte, lo resero una figura molto conosciuta e un simbolo dell’uomo di Stato che si mette al servizio totale della comunità fino alla morte”. Il personaggio pubblico in pochi anni rivoluzionò la vita interna e i compiti istituzionali dell’Onu. Come scrive Zegni: “Negoziò di persona il rilascio di prigionieri statunitensi durante la guerra di Corea, inviò per la prima volta nella storia dell’organizzazione forze dell’ONU con funzioni di peacekeeping per impedire che degenerasse la crisi di Suez (1956) e intervenne anche nella crisi ungherese. Quanto alle decisioni politiche, Hammarskjöld sostenne i diritti delle piccole nazioni che cercavano l’indipendenza, anche a costo di contrapporsi alle grandi potenze, e appoggiò il processo di decolonizzazione: in questo modo si attirò molte critiche da parte dei paesi occidentali. dicembre 2013 25 Salute TELLME (Transparent communication in Epidemics: Learning Lessons from experience, delivering effective Messages, providing Evidence) è un progetto europeo della durata di 36 mesi che prevede la collaborazione internazionale di diversi enti pubblici e privati, attivi nell’ambito della prevenzione e della comunicazione sanitaria. L’idea di fondo consiste nell’impiegare in maniera produttiva le conoscenze interdisciplinari derivanti da ambiti diversi – salute, scienze sociali, umane e politiche, diritto, etica, comunicazione e media – al fine di raccogliere e integrare elementi informativi “evidence based” utili all’elaborazione di modelli efficienti per una migliore comunicazione del rischio nel corso di crisi sanitarie legate alla diffusione di agenti patogeni infettivi su vasta scala. Nel corso di epidemie e pandemie, uno dei problemi di maggior rilevanza è sempre stato quello di comunicare efficacemente con la popolazione, al fine di indirizzarne il comportamento per ridurre la diffusione della malattia e, contemporaneamente, evitare il panico. Un approccio fallimentare in questo senso ha comportato significativi problemi di comunicazione oltre ad intuibili conseguenze socio-economiche, generando falsi allarmi e complicando il compito degli operatori sanitari a qualsiasi livello, come la pandemia di influenza H1N1 del 2009 ha palesato in maniera quanto mai evidente. IL TEAM OPERATIVO DI TELLME Il Team operativo di TELLME si compone e si avvale della collaborazione di numerosi centri di ricerca e comunicazione: tre di essi sono italiani – il Centre for Science, Society and Citizenship (CSSC), il National Centre for Epidemiology, Surveillance and Health Promotion (CNESPS) e Zadig S.r.l. (leader nazionale nell’ambito della formazione sanitaria a distanza) – e collaborano fianco a fianco con la School of Public Health at the University of Haifa (Israele), il Centre for Research in Social Simulation, il British Medical Journal Publishing Group Ltd., la CEDARthree Ltd. (Regno Unito), il Latvian Centre for Human Rights (Latvia), il Vrije Universiteit Brussel (Belgio), Vitamib (Francia), la European Union of General Practitioners (UEMO) e la National Disaster Life Support Foundation (USA). TELLME prevede il perseguimento di precisi obiettivi, che definiscono i princìpi generali della ricerca e i metodi da utilizzare per produrre contributi validi nell’ambito della comunicazione del rischio in caso di emergenze sanitarie: a) raccogliere e valutare le evidenze scientifiche in relazione alla tipologia di risposta della popolazione in caso di epidemia e le modalità in cui diverse tipologie di comunicazione ne influenzano il comportamento; b) individuare nuovi metodi e strategie di comunicazione in caso di eventi epidemico-pandemici; c) produrre linee guida per gli operatori sanitari e gli enti pubblici che si trovino ad affrontare eventuali gruppi vaccino-resistenti; d) progettare, costruire e testare un prototipo di metodo computazionale che simuli le azioni e le interazioni individuali all’interno di un ambiente virtuale nel corso di un’epidemia, osservandone gli effetti a livello macrosociale (Agent-Based Social Simulation); e) Sviluppare un sistema di comunicazione (TELLME Communication Kit) integrato e condiviso, creando una rete di progetti analoghi a livello internazionale, onde offrire un nuovo modello di comunicazione partecipativa in caso di pandemia. Per perseguire tali obiettivi, il Team di TELLME ha elaborato un approccio metodologico specifico, conducendo revisioni sistematiche nell’ambito di database come MEDLINE, EMBASE e CINAHL, nell’ottica di un’attenta comparazione epidemiologica tra le popolazioni europee e quella statunitense. In questo senso, sono stati presi in esame elementi statistici di rilievo con particolare riferimento all’analisi di alcuni casi-studio occorsi negli ultimi anni (soprattutto la crisi pandemica del virus H1N1 del 2009). Inoltre, sono state condotte un’attenta analisi delle diverse tipologie di rischio e una puntuale revisione sistematica sia dei siti anti-vaccinazione (incentrata sulle reti di comunicazione e sui contenuti dei loro siti Web) sia degli articoli di settore e non, volte a individuare le migliori strategie per la promozione della vaccinazione. Dai primi risultati ottenuti dagli esperti di TELLME, sono stati enucleati elementi di rilievo intermedi, utili al proseguimento del progetto. Inoltre, è stata redatta una prima bozza delle linee guida da utilizzare per la comunicazione nel corso delle emergenze sanitarie. u 26 dicembre 2013 tellme project La Comunicazione Efficace in caso di Eventi Pandemici http://TELLMEproject.eu Manlio M. Milano Medico Chirurgo Specialista in Medicina Legale Perfezionamento in Psichiatria Forense dicembre 2013 27 Salute UN’ESPERIENZA NEGATIVA: IL VIRUS H1N1 Come già anticipato, particolare attenzione è stata rivolta alla comunicazione nel corso di uno degli ultimi casi di patologia infettiva di interesse globale: la pandemia di influenza H1N1 occorsa nel 2009. L’eccessivo senso di allarme indotto da diversi errori di comunicazione ha rappresentato, infatti, un esempio di come una crisi pandemica non dovrebbe essere gestita dalle autorità sanitarie. Tali errori hanno portato a crescenti livelli di sfiducia: la campagna di promozione vaccinale rivolta alle popolazioni vulnerabili è stata percepita da molti come eccessiva o addirittura come un’emergenza indotta artificiosamente per incrementare le vendite dei vaccini. La gravità del livello di sospetto ingenerato dalla cattiva gestione dell’informazione e della comunicazione ha frantumato l’attendibilità delle istituzioni che avevano il compito di pianificare efficaci misure preventive. Sulla base di tale esperienza negativa, TELLME ha proceduto ad analizzare le recenti strategie adottate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Centre for Disease Control (CDC) in caso di pandemia. In buona sostanza, il Team di ricerca ha concluso che sono stati fatti numerosi progressi in tale ambito, con riferimento al coordinamento tra le diverse autorità competenti e tra Paesi differenti. Tuttavia, le interazioni tra i ministeri, gli operatori sanitari e il pubblico all’interno di ogni Paese necessitano ancora di un significativo miglioramento. TELLME ha inoltre effettuato un’analisi peculiare del fenomeno sotto il profilo del flusso di informazioni tra le diverse parti coinvolte. La maggior parte della strategia comunicativa utilizzata nelle relazioni a qualsiasi livello ha individuato una tipologia di approccio verticale, dall’alto verso il basso (top-down); tale tipo di approccio risulta invariabilmente fallimentare, come dimostrano esperienze analoghe in altri settori (basti citare l’emergenza nucleare di Fukushima nel 2011). Va sottolineato che tale errata tipologia di comunicazione si è concretizzata nonostante l’impiego di diversi canali di comunicazione, tra cui i social media. Nel corso della crisi del 2009, questi ultimi hanno offerto la possibilità di un diverso approccio, più capillare (bottom-up, dal basso verso l’alto). Esso ha consentito l’integrazione del flusso informativo proveniente dalla popolazione con un conseguente “effetto feedback” utile a un adattamento dinamico delle informazioni fornite dalle autorità. Gli esperti di TELLME, in questo senso, hanno quindi individuato un primo elemento di fondamentale importanza: utilizzare un’adeguata strategia di comunicazione a due vie, proprio in considerazione del valore intrinseco che tale elemento riveste. 28 dicembre 2013 Monitoraggio dell’Opinione Pubblica: caso studio basato sulla diffusione delle informazioni attraverso Twitter in occasione dell’epidemia del virus H7N9 del 2013 (Fonte: Progetto TELLME) UN CASO INTERESSANTE: IL VIRUS H7N9 Un elemento innovativo nell’ambito della metodologia di ricerca impiegato da TELLME è il monitoraggio dei social media e la diffusione delle informazioni all’interno di tale circuito, che rappresenta evidentemente una strategia di comunicazione all’avanguardia. Un esempio è lo studio condotto sulla comunicazione via Twitter relativa al virus influenzale A (H7N9), recentemente diffusosi in Cina. Nel momento in cui tale emergenza pandemica esplose, nessun caso di trasmissione interumana era stato riportato dall’OMS. Tuttavia, particolare attenzione al problema fu espressa dal “popolo di Internet”, soprattutto sui social media. Lo studio condotto da TELLME, basato sugli hashtag di Twitter, ha rivelato che, nel periodo compreso tra il 2 e il 22 Aprile, il contenuto informativo ed emotivo dei tweet su H7N9 poteva essere suddiviso in cinque categorie: neutrale (messaggi che diffondevano informazioni, in genere con link ad articoli e statistiche), di allarme (messaggi che esprimevano forte emotività e paura), di rassicurazione (messaggi tesi a contrastare possibili reazioni di panico mediante rassicurazione e consigli pratici), di complotto (con riferimento a teorie cospirazioniste) e di sfiducia (nei confronti delle autorità e degli esperti, a causa delle contrastanti informazioni che venivano fornite). Tali elementi di rilievo statistico rendono conto della difformità derivante da una situazione sostanzialmente disomogenea rispetto alle informazioni fornite dai Ministeri della Salute di Paesi diversi. L’OMS e molti ministeri diffusero notizie caratterizzate da una notevole insistenza nel mantenere misure igieniche di tipo alimentare, genericamente raccomandabili, ma non strettamente inerenti alla trasmissione dei virus influenzali come H7N9. Nel momento in cui tali notizie venivano pubblicate, le modalità di trasmissione del virus non erano ancora note. Un analogo equivoco che comportò ricadute socio-economiche derivanti dal calo delle vendite di carne di maiale, si osservò nel corso della pandemia di H1N1 nel 2009. Più prudentemente, il CDC di Atlanta redasse un documento esteso, in cui venivano fornite indicazioni da seguire in caso di viaggi in Cina. Ancor più cauto si dimostrò il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) che si limitò a sottolineare come, allo stato delle cose, vi fossero ben poche certezze. Nonostante tali iniziali problemi, gli esperti di TELLME valutarono positivamente la risposta delle autorità, che dimostrarono di saper sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie nella comunicazione del rischio. L’OMS, per esempio, aveva esplicitamente privilegiato Twitter come strumento per l’aggiornamento del numero di nuovi casi. Questa scelta evitò allarmismi da un lato e, dall’altro, garantì trasparenza di comunicazione. In tal modo, l’OMS riuscì anche nell’intento di tenere sotto controllo le accuse cospirazioniste che in questi casi non tardano a farsi sentire. In tal senso, le voci che ebbero maggior eco mediatica furono quelle legate a un colonnello dell’aeronautica cinese, Dai Xu, molto noto nel suo Paese proprio per le sue forti dichiarazioni. Quando vennero alla luce i primi casi di infezione da virus H7N9 a Shangai, l’ufficiale insinuò che l’infezione fosse stata introdotta volontariamente in Cina dagli Stati Uniti. Utilizzando il canale Weibo – il social network che in Cina sostituisce Twitter – tali affermazioni vinsero la censura che in un primo momento cercava di controllare la diffusione delle notizie. Il post fu rilanciato da oltre 30mila followers, invitando i connazionali alla calma per non fare il gioco degli Stati Uniti, che secondo Dai Xu avevano già effettuato un analogo tentativo nel 2003 con il coronavirus della SARS. Lo studio condotto da TELLME ha quindi concluso che la risposta delle autorità sanitarie nel caso di H7N9 è stata più adeguata ed efficace rispetto a quanto accaduto nel 2009 con H1N1. È emerso con evidenza che per tutti gli enti coinvolti nella diffusione delle informazioni in caso di eventi epidemici, una rapida e significativa presenza sui principali social media è quanto mai auspicabile, poiché garantisce una posizione condivisa e una comune linea di condotta da parte delle autorità sanitarie coinvolte. Grazie ai social media, infatti ci si rivolge direttamente al lettore con messaggi brevi (140 caratteri al massimo) che vengono facilmente compresi, memorizzati e quindi rapidamente “viralizzati”. È importante, secondo gli esperti di TELLME «…non ignorare il flusso di informazioni che scorre attraverso i social media e che può influenzare i comportamenti della popolazione, condizionando così anche l’andamento dell’epidemia». Tuttavia, «I piani di comunicazione che riguardano gli operatori sanitari avrebbero dovuto essere stabiliti già da tempo e le istituzioni sarebbero dovute essere già attive sui principali social media, in modo da poter riferire e spiegare fatti anche a livello nazionale, evitando così di lasciar spazio a congetture e sospetti, e al tempo stesso monitorando ciò che avviene sulla blogosfera». UN PRIMO DECALOGO OPERATIVO Sulla scorta di tali rilievi preliminari, il team di TELLME ha redatto un primo decalogo operativo, in cui vengono tracciate le linee guida per una comunicazione efficace in caso di pandemia. Le modalità di comunicazione devono prevedere un approccio a due vie (top-down e bottom-up) all’insegna della massima flessibilità possibile, sia per evitare fraintendimenti, sia per potersi adattare a quelle esigenze specifiche che diverse sottoculture sociali e variabilità intrinseca degli stadi della malattia possono comportare. IMPARARE DAL PASSATO: DIECI PUNTI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE IN CASO DI PANDEMIA 1. Addestrare gli operatori sanitari, fornendo loro una chiara comprensione di cosa è necessario dire alla popolazione in caso di pandemia. 2. Non censurare o “ammorbidire” le informazioni: è solo questione di tempo prima che le censure vengano smascherate. In tal caso, aumentano sospetti e discredito. 3. Essere flessibili e pronti a correggere qualsiasi informazione se e quando la situazione dovesse cambiare. 4. Pianificare la comunicazione in modo da seguire in sincronìa i diversi stadi della pandemia. 5. Fare attenzione ai termini usati, in modo da evitare possibili stigmatizzazioni sociali. 6. Evitare gli annunci contradditori da parte di esperti e rappresentanti delle istituzioni sanitarie pubbliche. 7. Evitare atteggiamenti distaccati quando ci si confronta con miti e leggende urbane che riguardano pandemie e vaccini. 8. Adattare i registri comunicativi in base ai diversi destinatari. 9. Sottolineare l’esistenza di una componente di incertezza quando si tratta di cercare di predire l’evoluzione di una pandemia. 10. Stabilire una leadership della comunicazione molto prima che la pandemia abbia inizio. dicembre 2013 29 u Salute L’importanza dei vaccini Uno degli aspetti più rilevanti presi in esame da TELLME, è quello svolto dai vaccini, che rivestono un ruolo significativo nell’ambito delle emergenze sanitarie legate a patologie infettive. Il Team ha sottolineato come l’educazione sanitaria tesa alla promozione dei vaccini dovrebbe iniziare già nel corso della formazione professionale. I curricula professionali di tutti gli operatori sanitari dovrebbero includere uno specifico riferimento alla preparazione clinica inerente all’immunizzazione. Dovrebbe essere inoltre richiesta e verificata l’effettiva comprensione dell’importanza delle vaccinazioni, nonché delle implicazioni per la salute individuale e pubblica. Il Team di TELLME, inoltre, propone di incrementare la collaborazione tra gli enti preposti alla salute pubblica e i medici mediante letteratura specifica, che andrebbe promossa con maggior attenzione da parte degli ordini professionali. Un altro importante aspetto consisterebbe nel proporre corsi specifici all’interno del programma di Educazione Continua in Medicina (ECM), progetto la cui fattibilità è stata ben dimostrata nel corso di TELLME (TELLME WP2). Tali accorgimenti consentirebbero di sviluppare un programma informativo più efficiente – auspicabilmente attraverso una revisione della letteratura di settore con standard più elevati – che ridurrebbe i casi in cui professionisti sanitari disinformati (o male informati) forniscono raccomandazioni erronee sulle campagne vaccinali. Nel 2012, unitamente all’analisi dell’effetto delle indicazioni fornite dai medici nell’ambito delle campagne vaccinali, TELLME ha analizzato ulteriori elementi di rilievo statistico, in occasione della campagna stagionale per il vaccino anti-influenzale. Nell’Ottobre dello scorso anno, diversi Paesi Europei (tra cui l’Italia) annunciarono il ritiro repentino di cinque diverse tipologie di vaccino prodotte dalle case farmaceutiche Crucell e Novartis per via di un “potenziale pericolo” per la salute. Nonostante il Ministero della Salute avesse rassicurato la popolazione confermando che non vi erano rischi, dato che nessuna dose di vaccino era ancora stata immessa nella rete sanitaria, tale notizia determinò un significativo grado di allarme nella popolazione. In quell’occasione, TELLME commissionò un sondaggio rapido per appurare quale fosse stato l’impatto che tali notizie avevano determinato sulla propensione delle persone a vaccinarsi contro la sindrome influenzale. Lo studio fu condotto su un campione di 802 persone, rappresentativo della popolazione italiana adulta, attraverso un’intervista telefonica computerizzata (CATI System, Computer Assisted Telephone Interview). I risultati di tale studio evidenziarono come il 20% circa del campione preso in esame dimostrasse una crescente sfiducia nei confronti del vaccino anti-influenzale, dichiarandosi contrario alla vaccinazione nonostante i comunicati e le rassicurazioni fornite dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). In questo modo, il Team di TELLME ha potuto analizzare in maniera approfondita l’interazione dei diversi fattori connessi al ritiro del vaccino sotto il profilo della comunicazione: i dati clinici, l’informazione istituzionale, la campagna vaccinale e i relativi effetti sull’opinione pubblica, oltre alle conseguenze legate al malfunzionamento dell’apparato informativo. Questo genere di studio costituisce uno dei pilastri portanti del progetto TELLME, poiché consente di comprendere le effettive dinamiche dell’informazione in caso di emergenza sanitaria, individuandone punti di forza ed elementi deboli. Ancor più, consente di identificarne eventuali criticità, creando quindi le basi conoscitive necessarie per poter apportare modifiche in senso migliorativo. Importanza ed effetto delle informazioni fornite dai medici nell’ambito di una campagna sanitaria per un vaccino antiinfluenzale (2012) (Fonte: ISPO. Sondaggio commissionato da CSSC – Centre for Science, Society and Citizenship nell’ambito del Progetto TELLME) 30 dicembre 2013 CONCLUSIONI PROVVISORIE L’idea fondamentale consiste nello sfruttare le conoscenze dei principali centri di ricerca mondiali impegnati nell’elaborazione di nuove regole per una più efficace “comunicazione pandemica” e integrarle tra loro in maniera funzionale. I primi risultati ottenuti da TELLME hanno quindi fornito un valido supporto alle attività di tutti gli attori coinvolti in caso di eventi epidemico-pandemici al fine di migliorarne le strategie di comunicazione. La creazione di linee guida per i professionisti e gli enti pubblici, unitamente alla previsione di corsi di formazione per il personale di assistenza primaria hanno lo scopo di favorire una migliore preparazione per la gestione di un evento epidemico. Tali operatori, adeguatamente formati e preparati, potrebbero rappresentare la prima barriera di arresto per un ipotetico agente infettivo, in particolar modo se connessi alla creazione di gruppi di popolazione adeguatamente vaccinati. Attualmente, il Progetto TELLME ha davanti a sé ancora più di un anno, un arco di tempo significativamente lungo per poter portare a termine gli obiettivi prefissati. Nel corso dei prossimi mesi è prevista la realizzazione di un modello di simulazione che, insieme al Kit di Comunicazione, fornirà un prezioso strumento per gli operatori sanitari, oltre che per i politici e i comunicatori del rischio in generale. L’obiettivo principale consisterà nell’elaborare una strategia di comunicazione alternativa, integrata e ad alta efficienza in caso di eventi pandemici, con particolare riferimento agli eventi influenzali su vasta scala. Il progetto inizierà con un ricerca cartacea contraddistinta da un numero ISSN (disponibile sul sito Web del Progetto) e integrerà una funzione dedicata alla pubblicazione dei principali risultati ottenuti, consultabili nella forma di documentazione di ricerca. L’idea fondamentale consiste nello sfruttare le conoscenze dei principali centri di ricerca mondiali impegnati nell’elaborazione di nuove regole per una più efficace “comunicazione pandemica” e integrarle tra loro in maniera funzionale. Un’attività di comunicazione che rappresenta la chiave del progetto sarà, infine, l’organizzazione di un ciclo di conferenze dedicate a un pubblico più ampio (non limitate, quindi, agli operatori sanitari), nel corso del quale i partner di TELLME presenteranno i risultati del progetto, coinvolgendo tutte le parti interessante in un dibattito sui principali problemi evidenziati nel corso della ricerca. In questo modo, verranno conseguiti gli obiettivi iniziali prefissati dal Team e verranno pubblicati i risultati utili per garantire un’efficace preparazione nel caso di un prossimo ipotetico focolaio epidemico-pandemico di interesse globale. ¢ Effetto della comunicazione sanitaria a seguito del ritiro dei vaccini anti-influenzali (2012): il 19% degli intervistati è negativamente stato influenzato dalle notizie fornite (Fonte: ISPO. Sondaggio commissione da CSSC – Centre for Science, Society and Citizenship nell’ambito del Progetto TELLME) dicembre 2013 31 Salute Che cos’è l’obesità l’obesità è “tanta” Il sovrappeso è definito come l’eccesso di peso compreso tra il massimo del normale e l’inizio dell’obesità (indice di massa corporea = 2530) e l’obesità è definita come indice di massa corporea oltre il limite massimo del sovrappeso (indice di massa corporea >30). L’obesità è un importante problema di salute pubblica perché: • è frequente • è in aumento non solo nell’adulto ma anche in età infanto-giovanile • ha un pesante impatto sulla qualità e sulla durata della vita. Aumenta il rischio cardiovascolare (infarto, scompenso cardiaco, ictus, arteriopatie con amputazione arti inferiori) e si associa ad un eccesso di: diabete, insufficienza respiratoria, calcoli colecisti, tutti i tumori (ma soprattutto mammella e utero), artrosi da carico (anca, ginocchio e caviglia). Nello studio effettuato ad Asti (Simona Bo e Paolo Cavallo Perin), la prevalenza di obesità nel 20012003 (età 45-64 anni) è risultata del 19% e la prevalenza di sovrappeso 39%. Quindi la prevalenza di sovrappeso+obesità nella popolazione adulta è del 58% (più di 1 cittadino su 2, oltre la metà della popolazione). Nella popolazione adulta di Casale Monferrato (Graziella Bruno, Paolo Cavallo Perin) nel 2010 sovrappeso/obesità centrale (addominale, quella più sfavorevole per rischio cardiovascolare e aumento mortalità) ha una prevalenza del 34%, come dire che ne è affetto un cittadino su tre. Purtroppo i dati sono preoccupanti anche in età infanto-giovanile. Prevalenza di sovrappeso/obesità nei bambini residenti in Torino che frequentano la classe prima media è del 16.5% (Studio Obesità giovanile a Torino; Simona Bo, Paolo Cavallo Perin). Il dato, sebbene inferiore a quello medio italiano, è tuttavia preoccupante. 32 dicembre 2013 obesity day a torino OBESITY AND RELATED DISEASES L’11 e il 12 ottobre scorso, presso il Centro Congressi Torino Incontra a Torino, si è tenuto il congresso internazionale “Obesity and related diseases”, organizzato e presieduto dal professor Paolo Cavallo Perin (direttore di Medicina universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino). Le Dietologie di Torino il 10 ottobre scorso sono scese in piazza per celebrare l’Obesity Day, la Campagna di Sensibilizzazione Nazionale su Sovrappeso e Salute, promossa dall’ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica). In questa occasione, Medici e Dietisti delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’area torinese, provenienti dagli ospedali San Giovanni Bosco, Maria Vittoria, Mauriziano, Molinette, Infantile Regina Margherita e San Luigi di Orbassano, affiancati da infermieri volontari della Croce Rossa, con il supporto logistico della CRI stessa, hanno sostato in Piazza San Carlo Non si sono effettuate visite individuali, ma è stata offerta un’attività di informazione e valutazione di alcuni parametri antropometrici, quali peso, altezza e circonferenza vita per definire il livello di normopeso, sovrappeso e obesità e il conseguente rischio di sindrome metabolica. Sono state date anche semplici informazioni di tipo igienico-sanitario che hanno colpito non soltanto il pubblico ma anche i media: ad esempio che l’elevata temperatura delle nostre case favorisce l’obesità L’obesità ha assunto i caratteri di una vera e propria epidemia mondiale e preoccupa non solo il mondo medico scientifico ma anche i responsabili della salute pubblica. Secondo le rilevazioni dell’OMS sovrappeso e obesità sono responsabili in Europa dell’80% dei casi di diabete tipo 2, del 35% dei casi di malattie ischemiche cardiache e del 55% di malattie ipertensive. A questi si aggiungono i pesanti costi economici e sociali: il 2-8% dei costi sanitari e il 10-13% dei decessi. Ma già un calo ponderale, anche solo del 5-10%, è associato a una riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare, a un’aumentata longevità e a un miglioramento del profilo glicemico, della pressione arteriosa, della concentrazione delle lipoproteine a elevata densità, della funzione respiratoria e del sonno. Pertanto la prevenzione e il trattamento dell’obesità e delle patologie a essa correlate rappresentano uno dei più importanti obiettivi di sanità pubblica. Le Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica della Regione Piemonte (SOCDNC) sono strutture specialistiche che operano per il mantenimento o il raggiungimento di un adeguato stato di nutrizione, attraverso interventi preventivi, diagnostici e terapeutici, con la prerogativa di prevenire e correggere le alterazioni metaboliche nelle patologie responsive alla dieta. Le SOCDNC garantiscono che l’intervento specialistico si svolga in modo tempestivo, efficiente e sicuro, sia a livello ospedaliero sia ambulatoriale e territoriale. Le SOCDNC, 13 Strutture per adulti e due per pazienti pediatrici, costituiscono la Rete delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica che, attiva informalmente dal 2000, è stata istituita ufficialmente con DGR 18-13672 del 29/3/2010. La Rete condivide obiettivi e procedure garantendo eguali prestazioni specialistiche ai pazienti piemontesi sia in ospedale sia sul territorio, con la stretta collaborazione dei MMG, dei distretti, dell’assistenza domiciliare e delle cure palliative. u Ni.Fe. Da materiale stampa raccolto e diffuso da Pierpalo Berra e Silvana Patrito dicembre 2013 33 Salute Qual è la causa dell’obesità? L’obesità fa male alla salute Negli anni ’70 i medici hanno imparato dagli assicuratori degli USA che i soggetti obesi hanno una ridotta aspettativa di vita (tabelle della Metropolitan Life Insurances). Successivamente il dato è stato quantificato in varie popolazioni: in Italia l’obesità riduce l’aspettativa di vita di 17 anni ed è la seconda causa di morte dopo il fumo. La mortalità cardiovascolare aumenta del 90%. Anche la qualità di vita è peggiore. L’obesità non è quasi mai da sola: uno studio condotto nel 2010 nella popolazione di Casale Monferrato (Graziella Bruno, Paolo Cavallo Perin) ha evidenziato che il sovrappeso/obesità è associato a ipertensione e dislipidemia (90% dei casi) con raddoppio del rischio di avere un evento cardiovascolare. Lo studio di Brunico (Enzo Bonora, Università di Verona) ha documentato che sovrappeso/obesità aumentano di circa 10 volte il rischio di sviluppare diabete (dal 5% al 50%): 1 adulto sovrappeso/obeso su 2 ha il diabete. 34 dicembre 2013 La causa dell’obesità è nota solo in un piccolo numero di casi (in meno del 5% dei casi la causa è genetica, endocrina, psichiatrica). Nella maggior parte dei casi, l’obesità è multifattoriale: c’è una predisposizione familiare cui si aggiungono altri fattori favorenti (eccesso di calorie alimentari in rapporto al fabbisogno del soggetto, ridotta attività fisica). Lo stile di vita è dettato dalle abitudini della famiglia ed è purtroppo influenzato dalla pubblicità e dalle abitudini dominanti nella popolazione (merendine, fast food, giochi sedentari). Un soggetto predisposto che mangia troppo e si muove poco, prima o poi, diventa sovrappeso o obeso. Uno studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale International Journal of Obesity, condotto nella popolazione adulta (Simona Bo, Paolo Cavallo Perin) ha individuato anche un altro fattore: l’elevata temperatura delle abitazioni (20-21 gradi invece che 19 gradi) contribuisce a ridurre la spesa energetica favorendo l’obesità; la quantità di calorie che il soggetto spende per mantenere la temperatura corporea a 37 gradi si riduce se la temperatura ambiente è più elevata. Un altro studio condotto nel 2012 a Torino negli adolescenti (Simona Bo, Paolo Cavallo Perin) indica che il sovrappeso/obesità (17%) non è di per sé associato all’assunzione di snack: è presente in chi consuma più di tre snack al giorno ma anche nei non-snackers. Però chi fa più di 3 snack al giorno è anche risultato più sedentario. In altre parole, l’obesità dipende dalle calorie totali e non dal numero dei pasti; come dire che gli snack non devono essere criminalizzati nell’adolescente, ma essere inseriti nella vita in modo armonico, tenendo conto delle calorie alimentari totali e dell’attività fisica di ciascuno. In uno studio condotto nel 2008 (Simona Bo, Paolo Cavallo Perin) sulla popolazione adulta, i nuovi casi di obesità (incidenza) sono risultati dell’8.1% nell’arco di 5 anni, dato che fa prevedere un raddoppio della prevalenza dell’obesità nell’arco di 10 anni. Qualche cifra 1 miliardo e 200 milioni di persone in tutto il mondo hanno problemi di peso Viene definita una ’epidemia globale’ perché interessa della popolazione adulta delle civiltà oltre il industrializzate 50% In America: della popolazione è in sovrappeso il il della popolazione è obesa miliardi di dollari è la spesa sanitaria annua per i soggetti con BMI > 29 per i normopeso 55% 23% 23 6 miliardi In Italia: della popolazione è in sovrappeso (41% il degli uomini e 25,7% delle donne) il della popolazione è obesa ( degli uomini e delle donne) il degli uomini e il 37% delle donne tentano di dimagrire Il degli uomini in sovrappeso si vedono normali. Nel addirittura magri Il delle donne con peso normale si vede grassa 33,1% 9,7% 9,9% 24% 9,5% 57% 3% 10% 5% degli obesi si rivolge ad un medico Il 95% degli obesi si affida ai consigli dietetici dei Solo il media e della pubblicità L’obesità è una malattia riconducibile per il 50% a fattori genetici e per il 50% a fattori ambientali. 40 sono i geni coinvolti nell’obesità Più del 50% degli ipertesi è in sovrappeso 85% dei diabetici di tipo 2 è obeso L’ L’80% dei soggetti con malattie cardiovascolari è in sovrappeso oppure obeso 5-10% del peso iniziale è la perdita sufficiente per ridurre i fattori di rischio e una riduzione del 20% della mortalità totale 1,5 a 2 è l’aumento del rischio cardiovascolare Da per ogni fattore di rischio rispetto al soggetto con assenza di questi (es. fumo, dislipidemia, intolleranza glucidica, iperinsulinemia, diabete, ipertensione) 2x2x2 è il rischio di patologia cardiovascolare di un soggetto con 3 fattori di rischio 17 anni ed è L’obesità riduce l’aspettativa di vita di la seconda causa di morte dopo il fumo. In 9 anni l’obesità infantile è passata dal 6,1% al 13,6% nell’Italia nord-occidentale A 11 anni i bambini con problemi di peso sono più del doppio di quelli di 6 anni Il 30-60% dei bambini obesi sarà un adulto obeso 1000 kcal è la riduzione del consumo energetico giornaliero imposta dallo stile di vita della società moderna Solo il 35% della popolazione si dedica a un’attività fisicosportiva 7 kg per un obeso significa risparmiare 380 Perdere euro per anno in farmaci antipertensivi e antidiabetici L’obesità costa quasi 750 euro l’anno per persona Inoltre in Italia: persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare persone soffrono di Bulimia e Anoressia sono i nuovi casi di Anoressia e Bulimia ogni anno L’Italia è il paese europeo con la percentuale più bassa di persone obese e sovrappeso. 500.000 65.000 8.500 Possibili rimedi Sebbene la chirurgia bariatrica (intervento sul canale alimentare per ridurre assunzione o assorbimento nutrienti) abbia ottimi risultati in mani esperte questa è confinata ad un ristretto numero di casi di obesità grave associata ad altre patologie. L’intervento sullo stile di vita costituisce il cardine della prevenzione e della terapia, ma in assoluto il più difficile da attuare e con risultati difficili da mantenere nel tempo nel singolo soggetto. L’informazione sull’importanza delle abitudini alimentari e dell’attività fisica deve essere diffusa nella popolazione a partire dall’età giovanile. L’intervento del medico ha un’utilità limitata se non è sostenuto da altri attori (educatori, insegnanti, allenatori sportivi). A Torino e provincia il messaggio è stato diffuso nella scuola Media, nella popolazione generale e nella popolazione adulta ed anziana con il rilievo su abitudini di vita non corrette ed incoraggiamento all’attività fisica, quest’ultimo sostenuto dall’impegno e disponibilità organizzativa del campione olimpionico di marcia Maurizio Damilano (Simona Bo, Graziella Bruno, Paolo Cavallo Perin). ¢ dicembre 2013 35 Cultura GOCCE DI SANITÀ DALL’ISOLA MAURITIUS Rinaldo Pellicano Dirigente Medico S.C.Gastroenterologia Epatologia U. Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista (Molinette) Nel settembre di quest’anno mi sono recato con la famigliola all’isola di Mauritius, terra di origine di mia moglie. Nelle righe che seguono il lettore potrà cogliere, goccia su goccia, l’immagine di un paradiso delle vacanze, colta non con l’ottica del turista, bensì con quella del medico. Di quel mio soggiorno tre sono gli aspetti che vorrei rappresentare: il sistema sanitario locale, i pazienti e dei giornali. 36 Il sistema sanitario locale Quello mauriziano è sicuramente uno tra i migliori sistemi sanitari dell’Africa. Lo conferma il fatto che la durata media della vita di maschi e femmine si attesta rispettivamente a 70 e 77 anni, come riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2012 (www.unfpa.org). Un ruolo cruciale ha avuto l’abbattimento del tasso di malattie trasmissibili che ha notevolmente ridotto la mortalità. Per tale ragione, non vi sono in genere obblighi vaccinali per i viaggiatori che si recano nell’isola. I medici di Mauritius partono da un grande vantaggio: sono tutti bi-lingui se non multi-lingui, poiché già dall’infanzia qui si studia inglese e francese, oltre alla lingua legata all’etnia d’origine (nel Paese sono rappresentate, in uno spazio limitato, quasi tutte le principali etnie del mondo con prevalenza indo-mauriziana). Frequente vedere adolescenti in grado di discutere un argomento in due-tre lingue contemporaneamente. Per tale ragione i candidati alla Facoltà di medicina o ad una specializzazione post-laurea possono colloquiare con persone di ogni Paese e spostarsi ovunque. Sabato 15 settembre, ho incontrato Husmon Sonah e sua moglie, Shanti Sonah. Lui é un radiologo in pensione, che ha lavorato per la struttura pubblica 43 anni, lei presta assistenza medica domiciliare agli anziani non trasportabili o giovani con handicap. Mi raccontano che a Mauritius il SSN prevede una serie di consultori-dispensari distribuiti sul territorio, ove chiunque può rivolgersi gratuitamente per problemi “minori”, tipo diagnosi e trattamento di diabete, ipertensione arteriosa, problemi psichiatrici e altri quadri clinici gestibili ambulatorialmente. In tali sedi si effettuano visite mediche e prelievi ematici. Se il problema é “maggiore” i pazienti devono rivolgersi all’ospedale. Chiunque può comunque recarsi direttamente all’ospedale, dove trova un medico “generalista” che decide se prescrivere esami e/o trattamento e dimettere il paziente. Oppure, se inviarlo dallo specialista. Il quale imposta il successivo iter, optando per la richiesta di esami di secondo livello o per il ricovero. Medici di famiglia “all’italiana” non esistono, o almeno non in ambito pubblico, mentre privatamente ce ne sono parecchi., Molti i laureati in Europa, Australia, Canada, USA e India. I farmaci, sovente generici, prodotti in India, Pakistan o altri Paesi asiatici, sono consegnati al paziente già all’interno della struttura pubblica. Le farmacie che svolgono solo attività commerciale privata, dispongono di prodotti di ogni tipo, con ampia prevalenza di parafarmaci pubblicizzati in ogni ambito (dalla prevenzione dell’invecchiamento, all’ausilio per la memoria nei bambini, soprattutto prima degli esami scolastici). Occasionalmente arrivano a Mauritius specialisti indiani, o asiatici in genere, per operare nelle strutture pubbliche o in private, organizzate, queste ultime, secondo un modello che prevede consulti diretti con gli specialisti, dicembre 2013 I giornali Nella foto, Rinaldo Pellicano, il radiologo Husmon Sonah e sua moglie, Shanti Sonah che decidono immediatamente l’iter, permettendo il salto del triage del “generalista” in vigore nella struttura pubblica. Sorseggiando una tazza di te (sono le 16), Sonah sottolinea che chi ha bisogno di cure all`estero può avere dallo Stato 500.000 rupie (l’equivalente di 12.500 euro) e spese di viaggio pagate. La maggior parte di coloro che ottengono tale cifra per motivi di sostenibilità economica opta e con crescente soddisfazione, per l’India, Pakistan e Singapore. La popolazione di tutti i livelli sociali (compresi molti medici) crede nella medicina alternativa ma chi ha studiato all’estero, come Sonah, laureato all’università di Cardiff, sostiene quella tradizionale. Visto con gli occhi del medico europeo, che vive quotidianamente nell’ospedale di eccellenza, tale sistema appare eccezionale per la qualità di vita e il rispetto verso i medici (roba d’altri tempi per noi!) ma presenta anche svantaggi organizzativi. I pazienti, per esempio, non hanno con sé esami o referti medici relativi alla struttura pubblica. Quindi, qualora decidano di rivolgersi ad altri o ad un altro ospedale o consultorio, questo, con alta probabilità, ripeterà parte di esami già effettuati con costi incalcolabili. Da ciò si evince da un lato la difficoltà alla mobilità sanitaria di coloro che sono alla ricerca di un riferimento. E dall’altro il caos indotto da coloro che insoddisfatti dalle prestazioni, ruotano su più strutture. Dai progressi informatici colti finora, in un futuro non lontano la crescente e rapida informatizzazione dell’isola (quasi tutti gli adolescenti hanno ormai accessi ad Internet) sarà lo strumento-chiave per superare queste difficoltà. I pazienti Durante un pranzo presso amici mi è capitato di sentire questa storia. Sapendo della mia professione, la padrona di casa, 52 anni, mi ha raccontato di essere stata operata circa un anno fa, che le avevano tolto due metri di intestino, in tre interventi successivi. Quando le ho chiesto il perché, oltre a dirmi che aveva dolori addominali, altro non ha saputo aggiungere, sottolineandomi che non si deve chiedere troppo ai medici dell’ospedale. Dopo un anno ha dolori addominali diffusi, in qualche occasione vomito fecaloide e recentemente rettorragie, né ha mai fatto una colonscopia ma delle TC. Come tutti, non ha documenti con sé. Per abitudine, ogni giorno dedicavo parte del tempo alla lettura dei quotidiani locali. Come accade sui nostri, quotidianamente si potevano leggere argomenti inerenti la salute, con soggetti spazianti da presunti casi di malfunzionamento della sanità, ad argomenti come l’istruzione sanitaria, alimentare, il trattamento (in via privata) dell’infertilità fino alla promozione della settimana internazionale per la prevenzione del suicidio. Era anche frequente veder pubblicizzata la promozione di seminari per il pubblico, destinati ad insegnare la prevenzione delle malattie croniche degenerative (tipo l’arteriosclerosi). Un tema molto vicino a noi é quello dei problemi sanitari legati alla tossicodipendenza. Ben 5.000 persone (su 1.3 milioni di abitanti) sono registrate come tossicodipendenti e assumono metadone. Non solo loro. Alcuni confessano di assumerlo come supporto all’uso di droga. Altro argomento da sottolineare è l’elevato tasso di consumo di alcolici tra i giovani, che induce spesso a comportamenti violenti nonché ad incidenti stradali. Molto pericolosa, inoltre, é la tendenza alla falsificazione di farmaci, combinata con la penuria di medicine negli ospedali pubblici, dovuta più a disguidi amministrativi che non a ragioni economiche (Mauritius ha avuto nel 2012 un PIL di 5 volte più elevato del nostro) che innesca una serie di rischi per la salute. Una notizia mi ha fatto molto riflettere: un paziente affetto da epatite C chiedeva, attraverso un quotidiano, che fosse organizzata una colletta perché doveva comprarsi l’interferone non finanziato dal SSN. Da noi, pur in epoca di grave crisi economica, è stata approvata, triplice terapia antivirale, completamente a carico dello Stato per chi è affetto dal genotipo 1 di HCV. Il rientro Mentre sorvoliamo l’Oceano Indiano nel volo di rientro, ripenso alle meraviglie di Mauritius e alla gentilezza della sua gente, ispiratrici di fiducia e ottimismo. Modello di convivenza in tutto l’Oceano Indiano, quest’isola in futuro lo rappresenterà anche per la sanità. ¢ dicembre 2013 37 Cultura Il concetto di salute diventa sempre più articolato e quindi più complesso: la semplice assenza di malattia continua ad essere, ovviamente, una condizione fondamentale ma non è più esclusiva. Il completo stato di benessere fisico, psichico e sociale considerato necessario dall’OMS per poter parlare di salute è oggi sempre più difficile da raggiungere perché sempre più fattori entrano in gioco: oggi può costituire una minaccia per la salute anche non aver accesso alla cultura, all’arte, al turismo. Non a caso la Sociologia definisce “nuove povertà” tutte le difficoltà di accesso ad un benessere che non ha più soltanto una semplice dimensione economica. E così anche il multiculturalismo oggi ha una valenza medico-sanitaria: ne è la prova l’esistenza nelle strutture sanitarie di figure nuove come quella del mediatore culturale. Il multiculturalismo è un fenomeno relativamente nuovo per l’Italia e che ha assunto una sempre maggiore rilevanza da quando il nostro Paese è diventato meta (a volte finale, più spesso intermedia) di flussi migratori provenienti da luoghi del mondo più poveri del nostro. L’articolo che segue è per questi motivi un pezzo di Medicina e di Sanità a tutti gli effetti, anche se non parla di cellule, sindromi e ospedali. Parla, in “punta di matita” soltanto di vita: lo stesso dominio culturale frequentato dalla Medicina e dalla Sanità per difenderla, fin quando è umanamente possibile e consentito. Nicola Ferraro Claudio Mellana DALLE aNDE AGLI APPENNINI Siamo stati a lungo un popolo di emigranti. Attualmente, nel mondo, esistono circa 80 milioni di oriundi italiani e quattro milioni di italiani vivono e lavorano fuori dai confini del nostro stivale. Poi, diventata l’ottava (oggi la nona) nazione maggiormente industrializzata abbiamo assistito al fenomeno inverso e oggi circa cinque milioni di stranieri vivono in Italia. Sappiamo che questo secondo momento ha fatto emergere, drammaticamente, insieme ad innegabili problemi altrettanto innegabili istinti retrivi in una parte degli italiani. E spesso gli stessi che piangevano calde lacrime leggendo il racconto “Dagli Appennini alle Ande” contenuto nel libro Cuore di Edmondo De Amici, davanti ai drammi causati dalla attuale fase di immigrazione hanno dimostrato un cuore di pietra. Le terribili peripezie a cui viene sottoposto, nel libro di De Amicis, il piccolo Marco Valesini che si imbarca clandestinamente per andare in Argentina alla ricerca della madre emigrata, sembrerebbero dunque infinitamente più spaventose di quelle a cui sono sottoposto i piccoli immigrati oggi. 38 dicembre 2013 Foto 4 Purtroppo non è così. La criminalità organizzata, che un tempo non si occupava dei fenomeni migratori, oggi specula anche sui bambini, oltre che sugli adulti costretti ad emigrare. E in forme spaventose. Una mostra coraggiosa, come chi lascia la propria casa Per questo la Onlus International Help (www.internationalhelp.it) a ottobre ha organizzato una mostra di vignette umoristiche, ma di un umorismo inevitabilmente amaro, dal titolo paradigmatico “Dalle Ande agli Appennini”, nella quale la migrazione è stata colta attraverso gli occhi dei bambini. Dalla Germania all’Argentina, dalla Slovenia al Montenegro e naturalmente da tutta Italia, generosi professionisti della satira e della caricatura hanno offerto le loro opere per questa iniziativa nata per raccogliere fondi al fine di contribuire a continuare a finanziare le diverse attività che International Help sostiene, in particolare quella di contrasto in Guatemala alla tratta di esseri umani. Le tavole sono state realizzate da professionisti e da studenti dell’Accademia Albertina di Torino: 24 disegnatori professionisti e venti studenti hanno collaborato per essere a fianco dei migranti nella loro avventura, spesso drammatica e sempre dolorosa Le opere esposte dal 16 al 29 ottobre e sono state raccolte in un catalogo, 300 copie del quale sono state acquistate dalla Compagnia di San Paolo che ha così contribuito al successo dell’iniziativa. La mostra è stata anche un concorso: le migliori realizzazioni sono state scelte da una giuria coordinata da Claudio Mellana, ideatore dell’evento insieme a Dino Aloi. Il primo premio è stato assegnato al montenegrino Darko Drljevìc per la sezione professionisti (foto 4), e agli studenti dell’Accademia Albertina Clarissa Corradin e Paolo Naretto Rosso, partecipanti ad una selezione coordinata da Pier Paolo Rovero, docente di “Arte del fumetto”. Dalle opere in mostra è stato realizzato un catalogo che è in vendita a 15,00 €. ¢ dicembre 2013 39 La ricerca in Provincia SIFO: FARMACI INSIEME ALLE DIMISSIONI, PER RISPARMIARE Ni.Fe. Da materiale elaborato dall’Ufficio Stampa SIFO a cura di Chiara Gabriele Una valutazione di costo, frutto della collaborazione tra i farmacisti ospedalieri SIFO ed economisti esperti nel settore farmaceutico, è stata condotta all’Ospedale Molinette di Torino, principale presidio ospedaliero della Città della Salute e della Scienza, la più grande azienda ospedaliera italiana. Lo studio ha messo in luce come la distribuzione dei farmaci che il paziente dovrà utilizzare presso il proprio domicilio costa di meno se fatta direttamente in ospedale (distribuzione diretta). È quanto è emerso durante l’evento dal titolo “La dispensazione al farmaco in ospedale e territorio: il valore aggiunto del farmacista” organizzato dalla sezione regionale SIFO Piemonte-Valle d’Aosta nel maggio scorso. 40 Lo studio L’analisi è partita da una rigorosa analisi dei costi della distribuzione diretta (DD*) e da una stima del costo che si sarebbe avuto se fossero stati adottati altri sistemi di distribuzione. Per alcune categorie di medicinali può essere utilizzata anche la Distribuzione per Conto (DPC*), che consiste nel ritiro dei medicinali presso le farmacie private che forniscono essenzialmente un servizio di dispensazione del medicinale precedentemente acquistato dall’ASL. Infine, il caso in cui il paziente può ritirare i medicinali nelle farmacie con la ricetta SSN del proprio medico curante: Distribuzione Convenzionata (DC*). Lo studio è stato condotto dal Prof, Claudio Jommi, Professore Associato presso l’Università del Piemonte Orientale e Responsabile dell’Osservatorio Farmaci del Cergas Bocconi. Nella DD e in quella DPC il costo del farmaco si assume sia lo stesso, perché in entrambi i casi l’acquisto avviene da parte di un Ente pubblico (l’Ospedale oppure una ASL, in questo caso quella di Asti). Quello che si è voluto analizzare con questa ricerca è il mero costo della distribuzione. L’analisi si è basata sulla raccolta di dati aziendali strutturati e ha evidenziato come il costo organizzativo della DD per confezione distribuita ha un valore di poco superiore ai 2 Euro, decisamente inferiore a quello della DPC, anche considerano la quota fissa prevista per ogni confezione dispensata dal farmacista che dall’ultimo accordo regionale risulta intorno ai 6 Euro (il fee for service riconosciuto per la prestazione professionale). La distribuzione in regime convenzionale avrebbe avuto un costo medio per confezione decisamente più elevato. dicembre 2013 (DD*) Distribuzione Diretta La distribuzione diretta è intesa come la dispensazione, tramite le strutture sanitarie, di medicinali a pazienti per la somministrazione al proprio domicilio. La distribuzione diretta consiste nell’erogazione del farmaco al paziente attraverso le strutture dell’Azienda Sanitaria (distribuzione diretta propriamente detta): in tal caso, le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere acquistano i farmaci, secondo le condizioni di norma previste per il Servizio Sanitario Nazionale, e li distribuiscono, mediante le proprie strutture, direttamente ai pazienti per il consumo al proprio domicilio. (DPC*) Distribuzione Per Conto Il secondo modello si basa, invece, su un accordo tra Regione/ASL e distributori (grossista e/o farmacia) per la distribuzione del farmaco al paziente (distribuzione per conto): in tal caso i farmaci vengono acquistati dalla ASL/Regione ma distribuiti al paziente, per loro conto, dalle farmacie territoriali aperte al pubblico, che ricevono un compenso fisso per ogni ricetta, concordato sulla base di accordi con ASL/Regione. (DC*) Distribuzione Convenzionata È il sistema tradizionale di erogazione dei medicinali a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte delle farmacie aperte al pubblico. La dispensazione avviene previa presentazione della prescrizione medica su ricettario del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Distribuzione dei farmaci alle Molinette Nel 2012 presso il Presidio Ospedaliero San Giovanni Battista di Torino (Molinette), sono stati spesi circa dieci milioni di € per l’acquisto di farmaci distribuiti attraverso la Distribuzione Diretta a cui devono essere aggiunti 190.000 € per le spese relative ai costi del servizio di distribuzione (sono state dispensate quasi 69.000 confezioni di farmaci). I medicinali che impattano maggiormente sui costi sono: i farmaci biologici (es. fattori di crescita), i farmaci oncologici orali (antitumorali), gli antivirali (es. anti Epatite C) e gli immunosoppressori (es. farmaci indicati per l’artrite reumatoide). “Il progetto che abbiamo avviato ha lo scopo di chiarire, attraverso uno studio indipendente, quale possa essere il reale peso economico delle varie modalità distributive dei medicinali attualmente disponibili.” – ha dichiarato il Francesco Cattel - Segretario Regionale SIFO Piemonte e Val d’Aosta e Farmacista Dirigente, presso l’Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino. “I primi risultati ottenuti sono promettenti anche se limitati a una singola realtà locale. Lo scopo finale di questo progetto sarà quello di comprendere il reale impatto economico della DD rispetto alla DPC nell’intera regione”. Queste le parole di Silvana Stecca, Responsabile della Farmacia nella stessa struttura, che sottolinea anche come “Le peculiari competenze del farmacista ospedaliero, professionista della salute altamente qualificato, rappresentano un importante valore aggiunto al servizio di distribuzione diretta rispetto alle altre vie di distribuzione dei medicinali”. Da Torino all’Italia Questi dati non possono però essere automaticamente traslati alla realtà nazionale, dovendo tener presenti le variabilità regionali legislative e quelle dei costi dei sistemi distributivi. Siamo molto soddisfatti di questo studio – ha dichiarato Laura Fabrizio – Presidente Sifo - Società Italiana di Farmacia Ospedaliera - poiché la realtà analizzata è significativa a livello nazionale e per la prima volta ci troviamo di fronte alla possibilità di ipotizzare con delle simulazioni molto accurate, soluzioni che aiutano il SSN ad effettuare dei risparmi a livello di spesa farmaceutica. Come Sifo, riteniamo l’argomento così importante da aver avviato uno studio più ampio, che vada a verificare a livello globale la migliore soluzione distributiva dei farmaci in Italia”. ¢ “I dati dello studio rilevano come la distribuzione diretta, abbia avuto nel 2012 dei costi organizzativi piuttosto contenuti; la simulazione evidenzia anche che qualora gli stessi farmaci fossero stati distribuiti per conto o in regime convenzionale, questo avrebbe generato un aumento della spesa pubblica. – osserva Claudio Jommi - Vanno tuttavia considerati che la riforma del sistema di remunerazione delle farmacie aperte al pubblico, potrebbe modificare in futuro il giudizio di convenienza della distribuzione diretta e che i costi a carico del SSN non possono rappresentare l’unico driver delle scelte strategiche aziendali: l’accesso, l’appropriatezza, i costi non sostenuti dal SSN, il giudizio di convenienza relativa rispetto alle più generali relazioni con i portatori di interesse (dalle imprese, alle farmacie aperte al pubblico, ai pazienti) sono altri fattori da non trascurare in tali scelte e rispetto ai quali è rilevante valutare in termini comparativi le diverse scelte distributive. Tuttavia avere delle stime solide di costo comparativo è fondamentale, così come è importante che tali dati vengano analizzati e discussi per poter prendere decisioni più razionali, sostenibili e che valorizzino le diverse professioni nel SSN”. La DD sarebbe quindi la soluzione distributiva più conveniente considerando anche che essa viene effettuata da personale ospedaliero altamente qualificato, in grado di fornire al paziente tutta una serie di consigli sulla modalità migliore per assumere i farmaci a un costo però inferiore rispetto alla distribuzione per conto (DPC) e decisamente inferiore rispetto alla distribuzione in convenzione. dicembre 2013 41 La ricerca in Provincia COLCHICINA NELLA PERICARDITE ACUTA UN TRIAL RANDOMIZZATO La colchicina è impiegata da secoli per il trattamento e la prevenzione degli attacchi di gotta ma più recentemente è stata impiegata per il trattamento e la prevenzione delle sierositi in pazienti con Febbre Familiare Mediterranea (1). Inoltre dati preliminari osservazionali hanno suggerito una sua possibile indicazione per il trattamento della pericardite. Alla dose di 0.5-1.0 mg/die il farmaco si è dimostrato efficace nel trattamento dei pazienti con prima recidiva di pericardite (2). La pericardite acuta è una patologia di non infrequente riscontro nella pratica clinica. Il trattamento convenzionale si basa sull’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei (salicilici, ibuprofene, indometacina). Uno dei maggiori problemi clinici è rappresentato dalle recidive che colpiscono circa il 20-30% dei pazienti dopo un primo episodio di pericardite acuta (3,4). In uno studio multicentrico* randomizzato (5) promosso dalla Cardiologia dell’Ospedale Maria Vittoria diretta da Riccardo Belli e sponsorizzato come studio spontaneo dall’ex-Azienda Sanitaria ASLTO3 di Torino (ASLTO2) (ClinicalTrials.gov number, NCT00128453) la colchicina si è dimostrata efficace e sicura nel trattamento del primo episodio di pericardite acuta. Lo studio coordinato da Massimo Imazio della Cardiologia dell’ospedale Maria Vittoria è stato recentemente presentato al Congresso Europeo di Cardiologia svoltosi ad Amsterdam il primo Settembre 2013 ed è stato pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine (http://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1208536) con uno smartphone abilitato, si può accedere direttamente all’articolo originale inquadrando il codice Qr riprodotto più avanti. I principali risultati dello studio In uno studio multicentrico, randomizzato ed in doppio cieco 240 pazienti consecutivi affetti da pericardite acuta sono stati randomizzati a ricevere un trattamento convenzionale con salicilici o ibuprofene e colchicina (0.5 mg x 2/die se peso >70Kg e dosi dimezzate di 0.5mg/ die se di peso inferiore) o trattamento convenzionale e placebo. Il trattamento sperimentale è stato somministrato per tre mesi. Ad un follow-up medio di 22 mesi (minimo 18 mesi), la colchicina ha ridotto del 56% il rischio di pericardite ricorrente ed incessante (eventi registrati in 45 pazienti [37.5%] nel gruppo placebo e 20 pazienti [16.7%] del gruppo trattato con colchicina; p<0.001). Pertanto è necessario trattare 4 pazienti con pericardite acuta per prevenire una ricorrenza od un decorso incessante della malattia (ossia senza risoluzione completa dei sintomi entro sei settimane). Le implicazioni cliniche dello studio Gran parte dei trattamenti della pericardite sono empirici mentre per la colchicina abbiamo ormai evidenze più solide basate su due trial randomizzati (2,5) e due meta-analisi (6,7) che ne supportano l’impiego clinico nei pazienti con pericardite acuta e prima recidiva (2,5). 42 dicembre 2013 Massimo Imazio Cardiologia Ospedale Maria Vittoria ASL TO2 * A Randomized Trial of Colchicine for Acute Pericarditis Imazio M, Brucato A, Cemin R, Ferrua S, Maggiolini S, Beqaraj F, Demarie D, Forno D, Ferro S, Maestroni S, Belli R, Trinchero R, Spodick DH, Adler Y; the ICAP Investigators. A Randomized Trial of Colchicine for Acute Pericarditis. N Engl J Med. 2013 Aug 31. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 23992557. http://www.nejm. org/doi/full/10.1056/ NEJMoa1208536 www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMoa1208536 A lato, la Gloriosa Superba, pianta che sintetizza naturalmente la colchicina. bibliografia Le limitazioni dello studio Lo studio ha definito specifici criteri di esclusione eliminando potenziali controindicazioni all’uso del farmaco od aumentato rischio di effetti collaterali (allergia alla colchicina, insufficienza renale con creatinina >2.5mg/dl, epatopatia cronica grave od elevazione delle transaminasi, concomitante miocardite con elevazione della troponina, miopatie, malattie infiammatorie croniche intestinali, donne in gravidanza od allattamento). Sono stati esclusi i bambini per cui lo studio ed i risultati sono applicabili ad una popolazione adulta. Sono stati anche esclusi i pazienti con eziologia batterica o tumorale della pericardite. Il farmaco ha perciò specifiche indicazioni e controindicazioni. L’uso del farmaco è inoltre off-label per questa indicazione in italia, Europa e Nord America. ¢ 1. Imazio M, Brucato A, Trinchero R, Spodick D, Adler Y. Colchicine for pericarditis: hype or hope? Eur Heart J 2009; 30:532-9. 2. Imazio M, Brucato A, Cemin R, et al. Colchicine for recurrent pericarditis (CORP): a randomized trial. Ann Intern Med 2011;155:409-14. 3. Imazio M, Bobbio M, Cecchi E, et al. Colchicine in addition to conventional therapy for acute pericarditis: results of the COlchicine for acute PEricarditis (COPE) trial. Circulation 2005;112: 2012-6. 4. Imazio M. Contemporary management of pericardial diseases. Curr Opin Cardiol 2012;27:308-17. 5. Imazio M, Brucato A, Cemin R, et al the ICAP Investigators. A Randomized Trial of Colchicine for Acute Pericarditis. N Engl J Med. 2013 Aug 31. [Epub ahead of print]. 6. Lotrionte M, Biondi-Zoccai G, Imazio M, et al. International collaborative systematic review of controlled clinical trials on pharmacologic treatments for acute pericarditis and its recurrences. Am Heart J. 2010 Oct;160(4):662-70. 7. Imazio M, Brucato A, Forno D, et al. Efficacy and safety of colchicine for pericarditis prevention: systematic review and meta-analysis. Heart 2012;98:1078-82. dicembre 2013 43 Le nostre radici la volpe Prof. Giuliano Maggi Il 1944 fu l’anno più terribile della mia infanzia: facevo la seconda media e non si trovavano più olio e farina, mancavano anche il sale da cucina e il sapone. Abitavamo a Cuorgnè nel Canavese ove mio padre era il chirurgo dell’ospedale. In città vi era una caserma occupata da militari tedeschi e della Repubblica di Salò, mentre i partigiani erano nascosti sulle colline e montagne circostanti; ogni tanto vi erano degli scontri a fuoco e mio padre doveva curare i feriti di entrambe le parti. Le strade di accesso alla città avevano posti di blocco con reticolati e sacchetti di sabbia; di notte vi era il coprifuoco, ma i partigiani riuscivano a sgattaiolare attraverso i boschi e i campi e a portare i loro feriti in ospedale. Mio padre li operava, scrivendo diagnosi false sulle cartelle e facendo sparire le radiografie che mostravano le pallottole perché ogni tanto Tedeschi e Repubblichini facevano ispezioni in ospedale. Una notte i partigiani portarono uno dei loro in gravi condizioni con ferite all’addome e agli arti inferiori; mio padre fu svegliato, si recò in ospedale (aveva un bracciale bianco con la croce rossa per le ronde) e dovette operarlo subito. Finì che era ormai giorno. Mentre usciva dalla sala operatoria lo avvisarono che era arrivata l’ispezione tedesca. L’operato era ancora in fase di risveglio e aveva diverse medicazioni sul corpo e sulle gambe: non era possibile farlo passare per un operato per ernia o appendicite; pertanto mio padre lo fece portare in sala parto, ove le suore gli misero un cuscino sulla pancia sotto alla coperta e una cuffietta da donna in testa. L’ispezione era condotta da un anziano medico tedesco che sembrava più un nonno che un guerriero, accompagnato da due giovani soldati con tanto di elmetto e fucile. Mio padre fece loro da guida nelle camere di degenza, spiegando a parole e a gesti la patologia di ogni paziente. Giunti davanti alla sala parto, mio padre fece il segno del pancione e disse: “Ostetrik!”. Il medico tedesco assentì, fece per proseguire, poi cambiò idea e fece segno a mio padre di voler entrare anche in sala parto, dicendo ai due soldati di aspettare in corridoio. Nella stanza vide “la partoriente” sul lettino; si avvicinò e notò che aveva un accenno di barba (non avevano fatto in tempo a rasarlo); tirò giù la coperta e non ci mise molto a capire che la “gravida” era un uomo con ferite multiple appena operato, ancora in fase di risveglio e...con un cuscino sulla pancia! Mio padre fece la faccia desolata del bambino pescato con le dita nella marmellata, mentre pensava: adesso questo mi farà arrestare e chissà cosa succederà a me e al partigiano operato. Invece il medico tedesco scoppiò in una gran risata e, puntando il dito verso mio padre, con il suo italiano stentato, continuando a ridere, esclamò: “Tu molto volpe!”; poi si portò il dito davanti alla bocca e fece: “Sssst!”. Uscirono dalla sala parto, il medico tedesco non disse parola ai due soldati e terminarono l’ispezione come se nulla fosse. A pranzo mio padre ci raccontò l’episodio e commentò: “Ho avuto una gran paura, ma per fortuna quello si è talmente divertito ad aver scoperto il trucchetto della finta partoriente che si è accontentato di darmi del volpone”. Alla fine della guerra mio padre fu accusato di “Collaborazionismo col nemico nazi-fascista” per aver operato anche militari tedeschi e deferito al Tribunale per l’Epurazione, presieduto da un colonnello inglese. Questi gli chiese che rapporti aveva avuto coi tedeschi e mio padre gli raccontò questa storiella: l’inglese volle stringergli la mano e fu assolto. Dopo la sua morte il comune gli intitolò una piazza vicino all’ospedale per la sua opera durante il periodo bellico.¢ dicembre 2013 45 Dai congressi neuropsichiatria della coscienza Ni.Fe. Da un comunicato stampa di Pierpaolo Berra Accademia di Medicina di Torino Venerdì 28 giugno 2013 nell’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18 si è tenuta una relazione su “Neuropsichiatria della coscienza”. Relatore il professor Andrea Eugenio Cavanna, professore onorario di Neuropsichiatria dell’Aston University di Birmingham e anche firma di Torino Medica. Il mistero delle basi biologiche del pensiero e del comportamento hanno affascinato l’uomo da secoli, tuttavia lo studio scientifico della relazione tra cervello e comportamento ha origini relativamente recenti. Dalle pionieristiche e controverse ricerche di Franz Joseph Gall (padre della frenologia) in Germania e Cesare Lombroso (teorizzatore del criminale atavico) in Italia, alle affascinanti ed accurate descrizioni dei casi clinici di Aleksandr Lurija (indagatore della mente che non sa dimenticare) e Oliver Sacks (autore di ‘L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello’), molta strada è stata percorsa. La nascita delle neurscienze Nel corso degli ultimi decenni si è quindi assistito ad una vera e propria rinascita di questo settore delle neuroscienze, grazie ad entusiasmanti scoperte che si sono tradotte in significativi passi avanti nella comprensione e nella cura delle patologie neuropsichiatriche. Discipline come la neurologia del comportamento e la neuropsichiatria clinica si avvalgono delle moderne tecniche di indagine dell’attività cerebrale (neuroimaging in vivo) per giungere ad una migliore comprensione dei disturbi comportamentali in corso di patologie del sistema nervoso centrale. aree che si disattivano per la durata del ‘blackout’ sia i meccanismi responsabili dei sintomi psichici (allucinazioni, ma anche stati sognanti) riportati dai pazienti affetti da alcune forme di epilessia del lobo temporale. Sulla scorta di questi dati sono state sviluppate nuove tecniche terapeutiche come la stimolazione cerebrale profonda, finalizzate a prevenire la perdita di coscienza in corso di crisi, laddove non sia possibile controllare l’epilessia. Con l’indagine dei cosiddetti ‘correlati neurali della coscienza’, per la prima volta nella storia il mistero ultimo dell’esistenza - il ‘conosci te stesso’ dell’oracolo delfico - sembra essere alla portata dell’uomo. Vecchie patologie e nuove ricerche Tra queste figurano i disturbi del movimento come la malattia di Parkinson e la sindrome di Tourette, in cui tremore e tic sono frequentemente associati a discontrollo degli impulsi e comportamenti compulsivi, che si traducono a loro volta in quadri clinici di valenza sociale come il gioco d’azzardo patologico ed i rituali di natura ossessiva. L’epilessia, infine, è oggi riconosciuta come una vera e propria finestra sulle basi cerebrali delle alterazioni della coscienza. Lo studio in tempo reale dell’attività cerebrale durante le crisi ha infatti consentito di identificare sia le Oltre la Medicina La rilevanza di queste scoperte va chiaramente al di là della scienza medica, dal momento che le implicazioni sul piano etico, legale e filosofico influenzano la società occidentale al punto da giustificare il recente conio di un nuovo termine destinato ad entrare nel linguaggio comune delle generazioni future: ‘neurocultura’. ¢ dicembre 2013 47 rubriche IN LIBRERIA innovativo Lorenzo Bracco ANORESSIA. I VERI COLPEVOLI Premio Cesare Pavese 2013, Medici Scrittori Saggistica, “Anoressia. I veri colpevoli” di Lorenzo Bracco, medico e psicoterapeuta. “Lorenzo Bracco fa un’approfondita ricerca dei veri colpevoli e indica nuove prospettive per conoscere e curare un profondo malessere esistenziale. Conosco bene questo libro sull’anoressia, argomento che tanto interesse desta oggigiorno, e a quanto detto sui suoi meriti scientifici posso aggiungere che è scritto con una spiccata verve narrativa, alla doctor House per intenderci, tanto da essere un’avvincente lettura fruibile da tutti, di possibile amplissima diffusione”. (Dario Voltolini) BookSprint Edizioni, 2012 Letto da RTM Una ricerca di taglio scientifico quella di L. Bracco che secondo, l’autore, è destinata ad innovare la prospettiva di studio sul disturbo alimentare, ancora oggi però tema scottante del dibattito medico, psicologico e culturale su cui studiosi di fama internazionale non hanno ancora trovato un punto fermo. L’autore non dà certezze, né tanto meno ricette. Propone invece una teoria, cioè la relazione tra disturbo alimentare e gruppo sanguigno, ancora da verificare, validare e discutere ma che certamente può rappresentare una tematica su cui interrogarsi. Forse un libro coraggioso che sfida le grandi questioni aperte e insolubili sui DCA. Un libro che propone infatti una risposta ad una domanda che sembra per molti rimanere insoluta. Lorenzo Bracco va oltre e cerca i colpevoli: una medical series (come si legge in Quarta di copertina) che nulla ha da invidiare alle più avvincenti fiction americane. Pagine 222 Euro 14,60 un saggio di ricerca Letto da Rosa Revellino Ancora una volta le pagine di Torino Medica presentano l’opera di un medico scrittore di successo perché innanzitutto rigoroso e trasparente fino all’osso nella pratica della scrittura. Giuseppe Scarso, firma di questa rivista, che più volte abbiamo visto citato come autore di racconti, propone invece un libro a quattro mani che ha il taglio del saggio di ricerca. Il libro, come leggiamo nelle considerazioni conclusive, si inscrive in un più ampio progetto di ricerca volto ad indagare i rapporti tra espressività psichiatrica ed espressività letteraria. Inoltre lo sforzo di ricostruire con metodo alcune esperienze 48 dicembre 2013 di narrazioni in ambito sanitario restituisce al lettore una sensazione di verità che non è così frequente nell’incontro tra medicina e letteratura, ancor meno tra psichiatria e letteratura. Nel libro non si teorizza infatti sulla narrazione come strumento terapeutico, perché argomento già ampiamente dibattuto nella letteratura scientifica, ma si fa narrazione ricucendo insieme storie, sintomi, casi letterari e interpretazioni. Gli autori, entrambi psichiatri, vestono quindi quel ruolo di archeologi del sapere che si attaglierebbe perfettamente alla rinascita dell’Umanesimo in Medicina e non alle ormai logorate medical humanities. Un testo da leggere e da studiare con serietà e impegno. Claudia Migliozzi Giuseppe Scarso IL MODELLO NARRATIVO IN PSICHIATRIA Aracne editrice, 2013 Pagine 192 Euro 13.00 la cultura ti aiuterà Letto da RTM La saggezza che emerge dalla storia dell’umanità, nel suo amore per il sapere e per la cultura. L’apporto scientifico della attuale psicologia della salute. Ecco i pilastri per capire il senso della odierna terza età e di un invecchiamento che sappia essere equilibrato, positivo, felice. In questo libro viene proposto un progetto esistenziale fondato sulle parole-chiave “cultura e salute”: un ventaglio di istruzioni per l’uso per organizzare la quotidianità di chi sta vivendo (o sta per cominciare a vivere) gli anni della terza età (e anche oltre…). “Per cominciare… Non isolarti. Stai con gli altri. Cerca di conoscerti, con i tuoi problemi. Leggi molto, pensa molto. La memoria conta. Non fermarti mai, anche se sei deluso. Partecipa alle cose che accadono. Cerca di realizzarti, anche assieme agli altri. Punta molto sulla cultura. Ti aiuterà. Non invidiare e non temere i giovani. Se puoi, programma per tempo la vecchiaia. Non avere l’ossessione della morte”. Queste sono soltanto alcune delle voci dell’Indice di un libro che dà già l’idea di un manuale di buone pratiche per una vita felice, anche quando “l’argento dei capelli” testimonia il tempo passato e forse la saggezza acquisita. La terza età: questo il focus del testo di Peirone - Girardi. Una tematica difficile, Peirone a rischio di banalità e banalizzazioni. Ma qui, tra le righe delBrossura volume, filo fa larefe diffe- PagineLuciano XII+115 Formato 17x24 cm renza il modo e il tono con cui viene affrontata la questione. In altrefuori parole un Edizione commercio ISBN 88-88274-31-6 Elena Girardi tatto che qui diventa...stile. LIBROal ProgetL’edizione cartacea del libro 2012 fuori commercio viene IL riservata La saggezza che emerge storia dell’umanità, nel suo amore per i LAdalla SAGGEZZA D’ARGENTO. to denominato Ánthropos: l’Essere Umano fra invecchiamento attivo e dialola cultura. L’apporto scientifico della attuale psicologia della salute. Ecc go intergenerazionale, iniziativa che confluisce nel quadrocapire generale tracciato FILOSOFIA VITA PSICOLOGIA il senso della odierna terzaDI età e diE un invecchiamento che dall’Unione Europea, denominato EY2012: European Yearequilibrato, for Active Ageing positivo, felice. In questo libro viene proposto DELLA SALUTE PER UNA ATTIVAun “progetto fondato parole-chiave “cultura e salute”: un ventaglio di “istruzi and Intergenerational Solidarity e coordinato da AGE Platform Europesulle (EuropeTERZA ETÀ per organizzare la quotidianità di chi sta vivendo (o sta per cominciar an Older People’s Platform). anni della terza età (e anche oltre…). Cultura “per” la terza e informazione, sensibilizzazione, prevenzione e salute: ecco gli s Edizioniche Anthropos, Gli autori dispiegare la “forza argentata” si cela in 2012 ognuno di noi. In particola alcuni obiettivi di primaria importanza: stimolare profon Edizione fuori commercio: Luciano Peirone e Elena Gerardi, psicologi psicoterapeuti,raggiungere lavorano a Torino. per star bene durante la terza età e per prepararsi all’invecchiament Professori a contratto di Psicologia Clinica e della Salute nel Ciclo di Vita all’UniAnthropos è una “rete” informativa, sottolineare le grandi potenzialità interiori (non di rado inespresse), pe versità degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, hannofase creato Anthropos, della vita il sapere un puòprogetto svolgeredi unricerca ruolo benefico e determinante e intervento una “rete” informativa, un progetto di ricerca e intervento incentrato su Salute, generazione sia per tutte le altre (figli e nipoti; genitori e no incentrato su Salute, Cultura, giovani, adulti, anziani e vecchi); costruire un percorso Cultura, Psicologia e Benessere Psico-Fisico. Autori di libri e adolescenti, di numerosi articoli Psicologia e Benessere Psico-Fisico. conseguire gli scopi fondamentali della terza età: conoscenza, p sia scientifici sia divulgativi, hanno organizzato numerosi convegni, svolgendo socializzazione, saggezza, salute, benessere, serenità. L’argento dei ca inoltre attività di conferenzieri. Si occupano di psicologia clinica, psicologia della testimoniare esperienza e saggezza. Argento: simbolo e fonte di solidit salute, psicoanalisi, sessualità, vita di coppia, training autogeno, per ilpsicosomatica, senior quale soggetto attivo. Pagine: XII+115 anoressia, processi culturali nella terza età. Seniorship, per un nuovo significato di “terza A chi è rivolto come vivere un tempo senza età, Studenti delle Università della Terza Età, studenti delle Università degli Studi, arricchito di cultura, saggezza e salute operatori e ricercatori del settore multidisciplinare psicologia-sociologia-medicina, in particolare scienze umane e psicologia della salute. L’eventuale ricavato, mediante donazione verrà interamente devoluto alla Associazione non-profit Anthropos. Il libro si può trovare direttamente in sede di associazione Via Pastrengo n. 16. 0115184386. dicembre 2013 49 rubriche IN LIBRERIA Accattetevillo! Letto Nicola Ferraro Luigi Sena ARTE E TIROIDE I gozzuti nelle scene di natività e nei presepi Aracne editrice, 2013 Pagine 69 Euro 10,00 In copertina: Pastore Napoletano dell’Ottocento, autore non identificato. 50 dicembre 2013 Un libro colto, documentato, che anche al semplice sfogliarlo comunica, sensibilità acuta, serietà, passione, competenza artistica e non soltanto medica. Quest’ultima caratura infatti non stupisce, dal momento che il prof. Luigi Massimino Sena è professore emerito dell’Università di Torino dopo essere stato Ordinario di Patologia Generale e Patologia Clinica e Direttore delle rispettive Scuole di specializzazione. Con tutta evidenza la passione culturale per fisiopatologia tiroidea nasce e si consolida col passare degli anni nell’autore da uno dei suoi ambiti di ricerca. Questo libro però denota anche la capacità di declinare le conoscenze medico-sanitarie in un ambito culturale molto più vasto e in apparenza molto distante da microscopi, centrifughe, provette e altra vetreria da laboratorio. L’autore in realtà è anche un competente e appassionato cultore dell’arte in molte sue manifestazioni: da quella figurativa alla lirica. Questo agevole ma ricchissimo libro di qualche decina di pagine è in qualche modo un punto di arrivo, un distillato elegante e per nulla noioso di documentate conoscenze e di passioni che collegano in forma davvero originale Medicina, Arte figurativa, Religione, Storia e Storia della Medicina: la parte introduttiva, sull’iconografia del gozzo, ad esempio, è davvero una cavalcata veloce ma non superficiale ai quattro angoli del mondo. Un terzo delle pagine è dedicato al Presepe Napoletano: un’evenienza quasi scontata, tenendo conto dell’origine dell’autore e dell’importanza crescente di una raffinata forma di arte che è la quintessenza di una cultura popolare e antica che sarebbe una bestemmia considerare folklore. La rivalutazione del Presepe Napoletano è poi anche una riscoperta che ha fatto e farà la fortuna di antiquari e mercanti d’arte e la felicità di quanti semplicemente amano la bellezza. Ma l’aspetto, soltanto in apparenza, più sorprendente del libro è l’acuta e nobile sensibilità dell’autore che, da un punto di vista umano, siamo abituati a considerare un arguto e simpaticissimo “prodotto napoletano DOCG”. Arguzia e simpatia, come in tutti i napoletani veraci, galleggiano però sui sentimenti più nobili originati dalla più pura e classica cultura greca che ha fondato e plasmato questa straordinaria città. “Il Natale –scrive il prof. Sena- fa risplendere di luce divina anche gli uomini portatori di un disagio fisico e in particolare quelli che soffrono di una minorazione intellettuale, i quali gioiscono di essere cristiani perché soprattutto per loro Dio si è degnato di diventare uomo come tutti gli altri… Tra quest’umana sofferenza vi sono anche i gozzuti, deformi nel corpo e ritardati nella mente, caratteristiche che hanno fatto loro attribuire nel recente passato l’epiteto di cretini, vale a dire poveri cristi”. “Accattetevillo”!!! rubriche I servizi dell’Ordine CASELLE PEC L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino ha deliberato di rinnovare la convenzione con POSTECOM per la gestione delle caselle di Posta Elettronica Cer tificata (PEC), attivate nel 2010. Il rinnovo della convenzione prevede le stesse modalità di adesione precedentemente adottate e cioè il pagamento a carico di questo Ordine provinciale delle caselle attivate da par te degli iscritti. PER INFORMAZIONI: telefonare allo 011.5815108 oppure inviare mail a segreteria.amministrativa@omceo.to.it PORTALE WEB www.torinomedica.com Il portale d’informazione indipendente e senza pubblicità dell’OMCEO della provincia di Torino. Oltre a notizie e articoli su sanità, salute, farmaci...dall’Italia e dal mondo, potrete vedere filmati, interviste, serivzi, inchieste, quando lo desiderate voi. Non tutte le notizie, ma notizie per tutti! ATTRIBUZIONE CODICE PIN Per la compilazione del certificato di malattia on line. Continua il servizio, attivato dall’Ordine, per l’attribuzione del codice PIN a favore dei medici liberi professionisti (non dipendenti e non convenzionati) per la compilazione della certificazione di malattia on line. Per attivare la procedura di attribuzione, telefonare alla Segreteria Amministrativa allo 011.5815111 52 dicembre 2013 WEB area www.omceo.to.it Tutto ciò che occorre sapere sull’Ordine ad iniziare dall’Albo degli iscritti www.torinomedica.com Le più importanti notizie di aggiornamento medico-scientifico con accesso diretto alle fonti www.videomedica.org La nostra rivista audiovisica con servizi, inchieste e interviste www.omceotorinoservizi.com Il portale dedicato alle Associazioni riconosciute dall’Ordine ed ai servizi erogati Newsletter Iscrivetevi da torinomedica.com per riceverla gratuitamente sulla vostra mail www.facebook.com/omceo dicembre 2013 53 rubriche Servizi dell’Ordine COMUNICAZIONE ORARIO UFFICI nuova sede Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Si comunica che da martedì 4 dicembre 2012 è operativa la nuova sede dell’Ordine in Corso Francia 8 a Torino. 8.30-13.30 8.30-13.30 8.30-13.30 8.30-13.30 8.30-13.30 14.00-17.30 14.00-17.30 14.00-17.30 14.00-17.30 14.00-17.30 Si comunica anche che l’Ufficio Previdenza (pratiche Enpam), per motivi organizzativi, osserva il seguente orario: Lunedì 8.30-13.30 Martedì 8.30-13.30 Mercoledì8.30-13.30 Giovedì 8.30-13.30 Venerdì 8.30-12.30 Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino D.ssa Ivana Garione Agli iscritti La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si occupa della risoluzione dei problemi economicosociali dei medici, farmacisti, veterinari che godono di una pensione e dei loro famigliari. Per maggiori informazioni o per accedere ai servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora Teresa Gariglio, 333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250, Presidente regionale. (RTM) Per comunicare un cambio di indirizzo Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta per la segnalazione all’Ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la compilazione dell’apposito modulo scaricabile all’indirizzo: www.omceo.to.it à area servizi à segreteria à modulistica à modulo variazione indirizzo Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo segreteria.amministrativa@omceo.to.it I numeri di telefono e gli indirizzi e-mail dei diversi uffici sono invariati. La prestigiosa Villa Raby, oggetto di un completo restauro conservativo che ha anche permesso la scoperta e il recupero di molti affreschi di pregio, è ora a disposizione di tutti gli iscritti e pronta a diventare “la casa dei medici e degli odontoiatri della Provincia di Torino”. Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino D.ssa Ivana Garione o inviato tramite fax al numero 011505323 Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa eventuali disguidi di spedizione della rivista Torino Medica. La Redazione di Torino Medica (RTM) caselle pec L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino ha deliberato di rinnovare la convenzione con POSTECOM per la gestione delle caselle di Posta Elettronica Certificata (PEC), attivate nel 2010. Il rinnovo della convenzione prevede le stesse modalità di adesione precedentemente adottate e cioè il pagamento a carico di questo Ordine provinciale delle caselle attivate da parte degli iscritti. PER INFORMAZIONI: telefonare allo 011.5815108 oppure inviare mail a segreteria.amministrativa@omceo.to.it La Redazione di Torino Medica (RTM) 54 dicembre 2013 in collaborazione con il PRESENTA IL CORSO ECM/FAD bre settem iale FAD Anno XIV 2013 pec n. 1/s M de C I FAD/E RN QUADE NE FESSIO CIETÀ O , ETICA E SO LA INPAR ZA , SCIEN nale ne Nazio atri Federazio e degli Odontoi hi rale della Trimest Chirurg Medici dini dei Or gli de MEDIC XIII 1 . MM ICO O CLIN GOVERN RAGGIO MONITO RMAZIONE ZIONI, HE, FO INNOVA CLINIC RMANCE O RF PE Corso di itato con ne accred formazio tivi i forma 20 credit ziato Corso finan Salute stero della dal Mini GOVERNO CLINICO Il corso presenta un altro capitolo in tema di “Governo Clinico“: questa volta parliamo di “innovazione, gestione delle performance e formazione“, argomento che investe il moderno esercizio professionale medico ed odontoiatrico ed in generale sanitario. Il corso gratuito eroga 20 crediti ECM La versione “blended“ del corso è accreditata per medici chirurghi e odontoiatri ed è disponibile in formato cartaceo nel numero speciale “QUADERNI ECM/FAD de LA PROFESSIONE N. 1/2013” All’interno del numero troverà il questionario di valutazione da compilare in ogni sua parte (anagrafica e risposte a scelta multipla) che Le permetteranno, rispondendo almeno all’80% in modo corretto, di ottenere 20 crediti ECM. In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle direttamente alla Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) al n. 06/6841121 La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCeO per queste iniziative, spedirà gratuitamente al Suo indirizzo copia del numero speciale. Il QUESTIONARIO, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al n. 06/68411208 Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al n. 06/6841121 (centralino automatico) oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 30 giorni lavorativi dall’invio del fax. Il servizio di HELP DESK, erogato direttamente da FNOMCeO (sede Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino) è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00 tel. 011/5815110 - Fax 011/7432113 - e-mail: segreteria@fax.fnomceo.it dicembre 2013 55 rubriche Comunicati LA SPENDING REVIEW NON RIGUARDA GLI ORDINI Riproduciamo in forma fotografica e sintetica la prima pagina della Comunicazione FNOMCeO 84/2013, che in originale contiene tutta la documentazione normativa e il carteggio tra Federazione e Presidenza del Consiglio dei Ministri –Dipartimento della Funzione Pubblica, con la quale si conferma l’estraneità degli Ordini professionali al sistema di finanza pubblica e la differenziazione degli stessi rispetto agli altri Enti pubblici. NF 56 dicembre 2013 dicembre 2013 57 rubriche Comunicati AVVISO DI SELEZIONE PER TUTOR VALUTATORI PER LO SVOLGIMENTO DELLA PROVA PRATICA DEI LAUREATI CANDIDATI ALL’ESAME DI STATO ABILITANTE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI MEDICO-CHIRURGO L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Torino ha sottoscritto una Convenzione con l’Università di Torino per gli adempimenti previsti dal Regolamento concernente gli esami di Stato di abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo modificato con decreto n. 445 del 19 ottobre 2001 e pubblicato sulla G.U. n. 299 del 27 dicembre 2001 e reso applicativo dall’Ordinanza ministeriale del 23 febbraio 2004. Le sopra citate norme prevedono che l’esame di Stato di abilitazione alla professione consista in una prova pratica e in una prova scritta. Alla prova scritta si accede solo dopo il superamento di una prova pratica a carattere continuativo consistente in una prova clinica pratica della durata complessiva di tre mesi articolati in un mese svolto presso un reparto di medicina, un mese presso un reparto di chirurgia e per un mese presso un medico di medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale e realizzati, dopo il conseguimento della laurea (art. 1 DM 19.10.2001, n. 445). In forza alla Convenzione con l’Università, il Consiglio Direttivo dell’Ordine è tenuto a predisporre un elenco di medici operanti in qualità di dirigente medico in reparti di medicina generale, medicina d’urgenza o geriatria, medici operanti in qualità di dirigente medico in reparti di chirurgia generale, chirurgia d’urgenza, ortopedia, otorinolaringoiatria, urologia o ginecologia e medici di medicina generale convenzionati con il SSN, che possano dichiarare, sotto la propria responsabilità, di possedere i requisiti minimi di seguito elencati per ciascuna categoria. Medici operanti in qualità di dirigente medico in reparto di medicina generale e chirurgia generale 1.essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino 2.assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti 3.possedere almeno cinque anni di anzianità di servizio in un reparto ospedaliero o universitario di medicina o chirurgia 4.svolgere normalmente sia attività di reparto che ambulatoriale 5.avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno 6.impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto Medici di medicina generale convenzionati con il SSN 1.essere iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino 2.assenza di provvedimenti disciplinari sanzionati con provvedimento definitivo di sospensione dall’esercizio della professione nei dodici mesi precedenti 3.possedere almeno dieci anni di anzianità di convenzione per la Medicina Generale con il SSN 4.avere in carico al momento della domanda un numero di scelte superiore a 750 5.disporre di un sistema informativo adeguato 6.avere congrua disponibilità di tempo per tale impegno 7.impegnarsi a frequentare il corso di formazione previsto L’elenco così costituito, formato da tutti gli aspiranti alla attività di Tutore in possesso dei requisiti minimi, verrà sottoposto alla Commissione Paritetica composta dai membri dell’Università e dell’Ordine per l’individuazione dei Tutori. La Commissione Paritetica Ordine-Università, preso atto dell’elenco dei Medici che sono in possesso dei requisiti minimi, dovrà procedere alla formazione di un elenco che verrà trasmesso alla Regione (combinato art.1, comma 2 Tirocinio, DM n. 445 del 19 ottobre 2001 e art. 27, comma 3, DL n. 368 del 17 agosto 1999) Per la validità della domanda farà fede la data di protocollo della stessa, che può essere inoltrata o per lettera raccomandata (C.so Francia 8 – cap.10143) o per raccomandata a mano direttamente agli uffici dell’Ordine o per fax al numero 011- 505323 o per e-mail presidenza@omceo.to.it. Il candidato dovrà consegnare la domanda, come da modelli allegati, attestante il possesso dei requisiti minimi. Torino, 8/7/2013 Il Presidente dell’Omceo della provincia di Torino Dr. Amedeo Bianco I modelli per le domande sono scaricabili dal sito www.omceo.to.it 58 dicembre 2013 AVVISO ai MEDICI in possesso di diploma di FORMAZIONE SPECIFICA in MEDICINA GENERALE I Medici che hanno conseguito il diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale possono darne comunicazione alla segreteria dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino: il titolo sarà inserito nell’Albo dei Medici Chirurghi analogamente a quanto avviene per i titoli di Specializzazione. L’attestato potrà essere inviato anche via mail al seguente indirizzo: segreteria.amministrativa@omceo.to,it o via fax al numero: 011/505323. Il Segretario OMCeO Dr.ssa Ivana Garione PROGRAMMA NAZIONALE ESITI NUOVO CORSO ECM AGENAS/FNOMCEO Dal 23 settembre è attivo il corso on line ECM sul Programma Nazionale Esiti (PNE) realizzato da Agenas e FNOMCeO con il coinvolgimento della Federazione IPASVI. Per accedere al corso è necessario connettersi alla Homepage del sito web del Programma Nazionale Esiti (PNE) tramite link presenti sui siti internet di Agenas, FNOMCeO, Ministero della Salute, IPASVI. Attraverso le attività di PNE, il Ministero della Salute si avvale di AGENAS per lo svolgimento delle funzioni di valutazione dei risultati (outcomes) delle prestazioni assistenziali e delle procedure medico-chirurgiche nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. Obiettivi del corso sono la diffusione delle competenze necessarie a una corretta lettura e interpretazione dei contenuti di PNE, attraverso l’apprendimento di alcuni fondamenti di metodologia epidemiologica applicata alla valutazione comparativa di esito. CORSO FAD APPROPRIATEZZA 2013 - 2014 N° EVENTO 2603 - 79138 Si comunica che la validità del corso è stata prorogata fino al 18/11/2014 (salvo diverse disposizioni che saranno comunicate). Si ricorda che questo corso ECM può essere seguito soltanto in modalità on line. Il servizio HELP DESK, erogato direttamente da FNOMCeO (sede Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino) è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00 tel. 011/5815110 – Fax 011/7432113 – e-mail: segreteria@fax.fnomceo.it si ricordiamo che è necessario passare sito FNOMCEO o IPASVI può accedere ai corsi; è necessario passare dal sito della propria Federazione per il controllo ogni anno. Crediti: il corso, del tutto gratuito, eroga 12 crediti ECM (Codice ECM 69597). L’attestazione dei crediti, una volta superato il corso, è disponibile nella “Situazione crediti” in alto a destra, appena entrati sulla piattaforma. Le professioni accreditate sono: medico, odontoiatra, infermiere, infermiere pediatrico, assistente sanitario. Accesso: a chi si è registrato per i precedenti corsi ricordiamo che è necessario passare dal sito FNOMCEO o IPASVI per accedere ai corsi; E’ necessario passare dal sito della propria Federazione per il controllo ogni anno. ATTENZIONE: Il sistema è basato su sessioni di lavoro; qualora si rimanga inattivi per più di 20 minuti la sessione scade e si deve quindi effettuare nuovamente l’accesso con ID e PIN. dicembre 2013 59 rubriche Corsi e congressi in pillole Vengono qui pubblicate gratuitamente, di ogni congresso approvato dalla redazione: - data del convegno - titolo del convegno - luogo del convegno. Gli eventi di cui si dà notizia sono, come sempre, quelli che si tengono dal mese successivo a quello del numero pubblicato. quando 24 febbraio 2014 - gennaio 2015 dove TORINO Dipartimento di Neuroscienze Via Cherasco 15 quando dal 22 gennaio 2014 al dicembre 2014 dove u MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO SULLE CEFALEE Scadenza iscrizioni 26 gennaio 2014 u MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO SULLE DEMENZE SENILI Scadenza iscrizioni 26 gennaio 2014 Torino - Dipartimento di Neuroscienze Via Cherasco 15 quando 1 febbraio 2014 dove torino -Hotel Ambasciatori C.so V. Emanuele, 104 quando 9 gennaio 2014 dove Torino - Aula Magna Fulvio Croce Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia” Corso Vittorio Emanuele II n. 130 u DAY SURGERY IN UROLOGIA Evento organizzato da Associazione Day Surgery Italia, in collaborazione con L’Unità Operativa di Urologia della Clinica S. Luca di Torino Presidenti: Dott. Paolo Calvi e Dott. Marco Laudi u “LEGGE N. 6 DEL 9 GENNAIO 2004 - 9 GENNAIO 2014: DIECI ANNI DI AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO” Segreteria Scientifica ed Organizzativa: Ufficio Salute Mentale Regione Piemonte dicembre 2013 61 congressi Torino, 14 dicembre 2014 Palazzina Raby Corso Francia 8 Ordine dei Medici di Torino Seminario ambiente e salute INFORMAZIONE IMPORTANTE Cari lettori, molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni non rappresenta un peso per il bilancio del nostro Ordine in quanto i costi più onerosi di composizione, stampa e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine). Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali costi. La crisi economica che ha colpito tutti i settori e che tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno squilibrio in questo bilancio di entrate-uscite: infatti, a fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è verificata una diminuzione della raccolta delle inserzioni pubblicitarie. In queste condizioni non sarebbe pertanto possibile, per Torino Medica, proseguire la pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato. Tra le tante soluzioni possibili, quella meno gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti. Ma ciò purtroppo non è sufficiente. Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei convegni e degli eventi sul giornale e sul sito Web saranno pubblicati a titolo oneroso. La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta di pubblicazione, sarà trasmessa alla concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla dimensione dello spazio richiesto. Per informazioni preliminari sulle condizioni economiche gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n° telefonico 011.359908 L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a fornire questo servizio gratuitamente agli organizzatori dei convegni e degli eventi formativi. Il Presidente dell’OMCeO della provincia di Torino Amedeo Bianco 62 dicembre 2013 ISDE - Sezione Torino Programma 9,00 Saluto delle Autorità 9,45 Ernesto Burgio: la transizione epidemiologica del XXI secolo e la rivoluzione epigenetica 10,00 Claudia Galassi: effetti a lungo termine sulla salute dell’inquinamento da particolato aerodisperso 10,45 break 11,00 Ernesto Burgio: transizione epidemiologica: l’incremento delle malattie endocrino-metaboliche, del neuro -sviluppo, neurodegenerative e tumorali 11,45 Domande dal pubblico I partecipanti riceveranno copia della monografia di Ernesto Burgio “Ambiente e salute” che non è disponibile in commercio
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