Relazione Miracapillo

Relazione Miracapillo
Le riunioni di oggi e di domani mattina hanno un unico filo conduttore: capire dove
va il Durc. In questo pomeriggio infatti cercheremo di approfondire il contenuto
delle norme emanate in questi ultimi mesi e di riflettere sulle modifiche alle
procedure organizzative che esse comportano, per il rilascio del DURC, da parte
delle Casse Edili; domani sentiremo, attraverso l’esempio della Regione Emilia
Romagna, come la pubblica amministrazione intende operare per applicare le citate
normative (ad iniziare da quelle che prevedono l’acquisizione d’ufficio del DURC da
parte delle stazioni appaltanti e dei Comuni) e per proporre importanti innovazioni
per semplificare le procedure (in questo caso con il preziosissimo aiuto della Cassa
Edile di Parma). Ed infine, sempre domani, ascolteremo dalla viva voce di
autorevoli dirigenti di INPS e INAIL quali sono le riflessioni in corso da parte del
Ministero del Lavoro e degli stessi Istituti rispetto ad una prospettiva che, partendo
dall’esperimento INPS di consentire alle imprese di verificare on-line la propria
posizione contributiva con L’Istituto, potrebbe cambiare radicalmente, previo
intervento normativo, le modalità di gestione del DURC che abbiamo sperimentato
dal 2006 ad oggi.
1.Il primo aspetto che vorrei esaminare non è propriamente normativo ma riguarda
il contenuto del protocollo d’intesa sottoscritto il 9 aprile scorso dal Ministero del
Lavoro e dalle nostre Associazioni nazionali di categoria.
Il protocollo, che ha per oggetto il “distacco temporaneo in Italia di lavoratori
dipendenti da imprese straniere comunitarie”, nel confermare l’obbligatorietà di
iscrizione alle Casse Edili, la estende ai lavoratori distaccati da imprese provenienti
da Paesi comunitari e ne prevede una possibilità di esenzione solo nei casi in cui
nel Paese di origine sia prevista l’erogazione di trattamenti analoghi a quelli forniti
dal sistema paritetico italiano. Per l’attuazione di tale deroga, il Protocollo impegna
la CNCE a stipulare convenzioni bilaterali con enti analoghi presenti in altri Paesi
comunitari: a questo proposito vi informo che, oltre alle convenzioni già in essere
con Germania, Austria e Francia, la Commissione ha preso contatti, insieme alle
parti sociali, con le realtà esistenti in Danimarca e Svizzera per favorire similari
accordi di riconoscimento reciproco. Ma la novità più importanti di questo
protocollo è che esso estende il concetto di regolarità esclusivamente contributiva a
quello più generale di regolarità retributiva e di rispetto delle condizioni contrattuali
di settore e che, inoltre, affida al sistema delle Casse Edili il compito di verificare
tale regolarità “complessiva” dell’impresa straniera, prevedendo per quest’ultima
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l’obbligo di presentare alla Cassa Edile il contratto di appalto/subappalto, il modello
A1, le buste paga e la certificazione dell’iscrizione all’Ente assicuratore del paese di
origine.
Ho voluto sottolineare questi aspetti perché potessimo iniziare la riunione di oggi
ricordandoci le finalità per cui è nato il DURC. Il protocollo, infatti, pur rivolto a
contrastare la presenza di imprese straniere (o italiane con sede, ad esempio, in
Romania) che basano la propria competitività esclusivamente sul mancato rispetto
delle condizioni retributive esistenti nel nostro Paese, sottolinea un principio
generale: la regolarità del’impresa, di cui il DURC è solo uno strumento di verifica,
non è solo correntezza contributiva ma è soprattutto il rispetto complessivo e
sostanziale di tutte le leggi e i contratti che regolano il rapporto di lavoro per tutti i
dipendenti dell’impresa stessa.
E’ un principio che vale per tutti: per le imprese straniere come per quelle italiane
(o per quelle italiane che si avvalgano di quelle straniere), per quelle che fanno
lavori edili ma dichiarano di applicare un altro contratto di lavoro, per quelle che
vogliono mascherare l’evasione con tanti part time o similari come per quelle che
iscrivono alle Casse Edile una parte dei propri operai o dichiarano molto meno ore.
Questo è il principio che, in tutti questi anni, ci ha guidato nella gestione del DURC.
2. Avere chiare le finalità del DURC significa anche porsi il problema della gestione
di un processo organizzativo estremamente complesso che coinvolge decine di
migliaia di soggetti a vario titolo interessati : le imprese, innanzitutto, e i loro
consulenti, gli operatori di INPS, INAIL e Casse edili ( compresi gli Amministratori e
le nostre Presidenze), i responsabili delle stazioni appaltanti e i committenti privati,
i funzionari degli enti locali e delle SOA.
Attenuare questa complessità e snellire il processo amministrativo rappresentano
obiettivi da porsi obbligatoriamente sia per rispetto delle necessità dei nostri utenti
(togliere qualche adempimento burocratico alle nostre imprese è il minimo che
possiamo fare in questo periodo) sia per evitare che la “nobiltà” del fine , cioè il
contrasto al lavoro irregolare, sia messa anche strumentalmente in discussione
dalla inadeguatezza del mezzo, cioè degli strumenti operativi per la gestione del
DURC.
A questo scopo non possiamo che salutare positivamente la decisione assunta con
INPS e INAIL il 2 settembre scorso di recapitare tutti i DURC esclusivamente
tramite posta elettronica certificata.
Dei vantaggi della PEC non voglio parlare, perché li abbiamo esaminati insieme
diversi anni fa e sappiamo quanti milioni di euro avremmo risparmiato se questa
decisione l’avessimo potuta prendere già nel 2008. Sappiamo bene che il ritardo
non è stato causato solo dalle mancate decisioni di INPS e INAIL;è la lentezza con
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cui tutta la pubblica amministrazione del nostro Paese affronta ogni processo di
modernizzazione la vera causa da affrontare. Questo comporta spesso che quando
le amministrazioni si piegano faticosamente a recepire un’innovazione, questa nel
frattempo è diventato obsoleta; l’uso della PEC ne è la dimostrazione :cinque o sei
anni fa la soluzione tecnicamente migliore, oggi, soprattutto ai fini dell’acquisizione
d’ufficio, forse non lo è più.
In ogni caso noi ribadiamo la necessità che tutti gli enti pubblici si adeguino alla
ricezione del DURC tramite PEC e invitiamo tutte le Casse Edili, cosi come
dovrebbero fare anche le sedi di INPS e INAIL, a denunciare pubblicamente le
amministrazioni che, attraverso un comportamento negligente, impediscono di
fatto l’utilizzo di tale strumento, causando un danno alle Casse e, soprattutto alle
imprese.
Mi riferisco, ad esempio, ai tanti episodi segnalati di caselle PEC di pubbliche
amministrazioni che, pur formalmente attive, avendo raggiunto la completa
saturazione della propria capacità ricettiva, non consentono l’acquisizione di nuovi
documenti, creando difficoltà alle Casse Edili e, soprattutto, negando alle imprese
un normale avvio delle procedure connesse alla richiesta del DURC ( gare,
aggiudicazioni, pagamenti, ecc.).
3. Un esempio particolarmente calzante della creazione di ostacoli burocratici per
l’ottenimento dei sacrosanti diritti dell’impresa è rappresentato dal Decreto
legislativo 35/2013. Come è a tutti voi ben noto, per il pagamento di un
avanzamento lavori o un saldo finale il DURC è stato fino ad oggi gestito con due
date di verifica della regolarità contributiva dell’impresa: quella di conclusione dei
lavori, indicate nella richiesta del DURC, utilizzata dalla Cassa Edile e quella del
termine dell’istruttoria del DURC, utilizzata da INPS e INAIL.
Tralasciando ogni considerazione in merito alla legittimità di una verifica degli
Istituti per un periodo successivo a quello oggetto dei pagamenti che la stazione
appaltante deve effettuare, voglio solo rilevare come con il citato Decreto 35 si sia
introdotta una terza data, che non è quella riferita al lavoro né quella di istruttoria
ma quella di “emissione della fattura o equivalente richiesta di pagamento”.
Sottolineo, inoltre il fatto che siamo in presenza di un’ ulteriore norma emanata
evidentemente senza il necessario coordinamento con quelle relative alla gestione
del DURC (altro esempio eclatante è relativo a quella per la regolarizzazione dei
lavoratori stranieri, con richieste degli sportelli unici per l’immigrazione che
continuano a pervenire ancora oggi!!). Ricordo come questa norma sia entrata in
vigore ad agosto del 2013 pur riguardando debiti della PA riferiti al 2012. Da
ultimo, su questo punto, vorrei chiedervi di segnalare alla Commissione eventuali
difficoltà delle Casse nella gestione di una tematica particolare relativa al
pagamento di fatture per forniture e servizi non oggetto di appalto ma di
affidamento diretto. Come sapete lo Sportello Unico prevedeva la possibilità di
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verificare la regolarità dell’impresa alla data dell’affidamento e, quindi, per le Casse
Edili, con la necessaria consultazione della BNI.
L’utilizzo di tale fattispecie di richiesta anche per il pagamento delle fatture,
secondo le indicazioni fornite con la lettera circolare n.23/2013 del 5 settembre
scorso, non ci risulta abbia creato particolari problematiche, anche in
considerazione dello scorso numero di imprese edili interessate, ma ovviamente
siamo disponibili a valutare eventuali necessità di adeguamento della procedura in
caso di vostre segnalazioni a riguardo.
4. Esaminiamo ora, con un po’ di attenzione, i contenuti delle innovazioni
introdotte in materia di DURC dall’art. 31 del Decreto legge n.69/2013.
La più rilevante novità appare essere quella relativa alla validità temporale del
DURC estesa, per tutte le tipologie di richiesta e, fino al 31 dicembre 2014, anche
per i lavori edili privati, a 120 giorni dalla data del rilascio.
Ad una prima analisi la richiamata modifica sembrerebbe avere un impatto sulla
gestione del DURC estremamente limitato; nella prima versione del Decreto, infatti,
la validità era estesa a 180 giorni, mentre nella fase di conversione in legge la
precedente durata di 90 giorni viene portata a 120.
L’elemento da sottolineare è che la modifica della validità temporale si accompagna
con la previsione di un utilizzo “orizzontale”dei DURC. Il Decreto stabilisce, infatti,
che nei lavori pubblici i DURC richiesti nelle fasi precedenti l’avvio dei lavori, ovvero
quelli per la verifica autodichiarazione, aggiudicazione e stipula del contratto
possano essere sostituiti da un solo documento, purché in corso di validità.
Ora, al di là del fatto che la circolare 36/2013 del Ministero del Lavoro chiarisca
come la validità di 120 giorni per i DURC rilasciati per verifica della dichiarazione
sostitutiva decorrano dalla data della verifica e non da quella del rilascio del
documento e al di là del fatto che è una ipotesi totalmente irreale quella che
passino meno di 120 giorni tra lo svolgimento della gara e la stipula del contratto,
l’aver previsto nel decreto che il DURC acquisito per le predette fattispecie, se in
corso di validità, è utilizzato anche per contratti pubblici….diversi da quelli per i
quali è stato espressamente acquisito “fa entrare la gestione del DURC in una
logica totalmente diversa da quella esistente.
Certamente oggi, come previsto dalla citata circolare ministeriale, l’utilizzabilità del
DURC è limitata ad appalti gestiti dalla medesima Amministrazione e, in fase di
esecuzione dei lavori, riguarda soltanto più SAL che ricadono all’interno dei 120
giorni ma viene intaccata l’impostazione originaria condivisa dal Ministero, dagli
Istituti e dalle nostre parti sociali:quella, cioè, che il DURC fosse differenziato per
tipologia di richiesta (appalti pubblici , lavori privati, attestazione SOA,
agevolazioni) e, all’interno dei lavori pubblici, per singolo appalto e per singola fase
gestionale dell’appalto stesso.
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Mi corre l’obbligo di precisare che non sto dando un giudizio di merito sulla
positività o meno delle innovazioni normative introdotte dal Decreto; sto solo
rilevando come esse spostino la riflessione da un DURC specifico per singole finalità
o per singolo appalto ad un DURC “per impresa”, utilizzabile da soggetti diversi e
per più finalità, similare a quello in essere per i lavori edili privati.
Le motivazioni che portano a queste proposte di semplificazione nella gestione del
DURC sono tutte esplicitate nello stesso decreto. La prima è quella di dare un
segnale di attenzione del legislatore nei confronti delle difficoltà attraversate dalle
imprese di costruzioni;non potendo onorare nel breve periodo i debiti assunti (sono
stati erogati solo 20 dei 90 miliardi di crediti stimati), si cerca di dare qualche
elemento di semplificazione e/o di attenuazione degli adempimenti (si pensi al
rilascio del DURC a fronte di crediti certificati, di cui parleremo più avanti).
La seconda motivazione è data dalla riconferma nel decreto dell’obbligo di
acquisizione d’ufficio del DURC da parte della stazione appaltante, obbligo che la
normativa prevede anche a carico degli oltre 8000 Comuni italiani che acquisiscono
richieste per permessi di costruire, DIA e SCIA. Pur essendo totalmente
condivisibile il principio che un’amministrazione pubblica non può richiedere al
cittadino dati o informazioni che la stessa può acquisire direttamente da un’altra
pubblica amministrazione, è evidente come tali obblighi si scontrino con una
complessiva inadeguatezza organizzativa degli enti pubblici ed, in particolare, di
quelli con minore dotazione di risorse umane ed economiche.
Lo stesso intervento sostitutivo, ribadito al punto 3 dell’articolo 31 del decreto in
esame, che rappresenta ad oggi una delle norme più utili al fine di sbloccare i
pagamenti e garantire la regolarità contributiva, trova difficoltà applicativa da parte
delle amministrazioni di minori dimensioni.
Ritorneremo sul tema delle difficoltà delle pubbliche amministrazioni illustrandovi la
positiva esperienza realizzata in collaborazione con la Regione Emilia Romagna a
sostegno dei Comuni colpiti dal recente sisma.
La terza motivazione che spinge verso un’urgente semplificazione del DURC, pur
non esplicitata nel decreto, è la crescente difficoltà per INPS e INAIL, nel quadro di
un indirizzo generale di contenimento della spesa pubblica, di garantire le risorse
necessarie per la gestione e il rilascio di oltre 5 milioni di DURC ogni anno: in
questo senso va letta l’accelerazione per l’utilizzo obbligatorio della PEC (5 milioni
di raccomandate hanno un costo di circa 90 milioni di euro) e l’insofferenza,
assolutamente condivisibile, verso il crescente numero di DURC richiesti per finalità
non previste dalle normative di legge (requisiti professionali, concessione mutui,
ecc.)
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5. Se la tendenza alla semplificazione è certamente condivisa da tutti, le modalità
con cui si cerca di attuarla spesso rischiano di essere più complicate del necessario.
E’ questo il caso del Decreto ministeriale del 13 marzo scorso che ha tentato di
chiarire le modalità di attuazione dell’art. 13 bis, comma 5, del Decreto Legge
n.52/2012.
La norma, com’è noto, prevede il rilascio di un DURC positivo a quelle imprese che,
pur irregolari con gli Istituti o con la Cassa Edile, possano vantare un credito
certificato con una pubblica amministrazione. Nonostante il lodevole sforzo del
Ministero del Lavoro che,in assenza di una positiva collaborazione del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, si è assunto la responsabilità di emanare dei primi
chiarimenti attraverso la circolare 40/2013, restano aperti numerosi quesiti
interpretativi.
Due punti fermi sono stati chiariti dalla Circolare : il primo è che nei casi di DURC
per SAL o stato finale non si applica la norma in esame ma quella che prevede
l’intervento sostitutivo da parte delle stazione appaltante. In questi casi, cioè, la
Cassa Eduile, cosi come iINPS e INAIL, non potrà accettare un’ eventuale richiesta
dell’impresa di avere un DURC positivo ai sensi del DL 52-2012 ma, a fronte
dell’esistenza di debiti rilascerà alla stazione appaltante richiedente un DURC di
irregolarità contributiva.
L’ altro punto chiaro è la procedura per la cessione del credito ad un istituto
bancario; in questo caso l’impresa deve presentare alla banca un DURC positivo o
un DURC che attesti il debito dell’impresa nei confronti degli Istituti o della Cassa e,
in questo caso, delegare l’Istituto bancario a trattenere dal credito ceduto l’importo
corrispondente al debito contributivo ed a versarlo agli enti creditori.
A fronte di questi chiarimenti sui limiti di applicabilità della normativa (non vale per
i SAL e per eventuale cessione del credito), occorre rilevare che esiste un altro
limite oggettivo alla “spendibilità” di questa fattispecie di DURC: poiché, al termine
della complicata procedura d’istruttoria della pratica, il DURC che sarà emesso
riporterà in chiaro l’esistenza di posizioni debitorie dell’impresa, che affidabilità avrà
questo documento per un committente privato o, più ancora, per un’ impresa che
vuole affidare un lavoro in subappalto (con relativa responsabilità in solido) a
quella impresa che lo esibirà?
A ben vedere forse questo DURC risolve solo il problema della partecipazione a
gare per appalti pubblici ma, anche in questo caso, poiché il DURC deve
confermare la veridicità della dichiarazione sostitutiva resa dall’impresa
partecipante, non sarebbe più corretto richiedere all’impresa di esplicitare di essere
nelle condizioni previste dal Decreto già all’interno della medesima dichiarazione?
In una logica di “compensazione” tra pubbliche amministrazioni, una debitrice
l’altra creditrice nei confronti dell’impresa, che aiuti quest’ultima a superare la
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difficile crisi del settore, non si comprende quale ruolo svolga la Cassa Edile che
non è ente pubblico e che, come sappiamo, non gestisce solo contributi per i propri
fini istituzionali ma soprattutto quote di retribuzione da corrispondere ai lavoratori.
Rilasciare un DURC positivo, a fronte di nessuna certezza sulle possibilità e sui
tempi di recupero del credito, non fa assumere agli Amministratori una
responsabilità impropria rispetto al mandato di riscossione degli accantonamenti ad
essi affidato dai lavoratori? Ma più in generale, prendendo atto che il Ministero non
intende escludere le Casse Edili dall’applicazione della citata norma, perché il
decreto non prevede che la piattaforma informatica del MEF, oltre a certificare il
credito dell’impresa, certifichi anche il debito della stessa nei confronti degli Istituti
e delle Casse Edili al fine di consentire un successivo intervento sostitutivo da parte
delle Pubbliche Amministrazioni debitrici?
Le Casse Edili saranno sempre in prima fila nel cercare d favorire le imprese in
difficoltà ma non vogliono e non possono rischiare di favorire i soliti furbetti che
tenderanno ad utilizzare la norma per ritardare sine die l’assolvimento dei propri
obblighi contrattuali.
Per questo, pur prendendo atto che ad oggi si tratta di un numero di casi piuttosto
limitato, chiediamo di segnalarci le richieste di DURC che perverranno ai sensi
dell’art. 12 bis, comma 5 del DL 52-2012, al fine di permettere alla CNCE non solo
di monitorare il fenomeno ma anche di collaborare con la singola Cassa Edile per
risolvere problematiche e situazioni particolari al momento non prevedibil.
Alcune indicazioni ( e risposte ai vostri quesiti) per quanto riguarda la parte
procedurale:
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chi può richiedere questo DURC ?
tutte le imprese che abbiano crediti certificati con la pubblica amministrazione
(non inferiori ai debiti contributivi) comprese uelle sottoposte alla procedura di
concordato preventivo in continuità;
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come si richiede?
L’impresa interessata dovrà inoltrare via PEC agli istituti o alla Cassa Edile la
certificazione del credito ottenuto attraverso la piattaforma informatica
predisposta a tale scopo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (questo in
attesa di avere le credenziali per l’accesso diretto alla piattaforma da parte di
tutte le Casse Edili).
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-
A quale data si controlla la posizione dell’impresa?
Alla data di istruttoria del DURC, tranne i casi di verifica dell’autodichiarazione
per i quali occorre certificare la posizione contributiva dell’impresa alla data
indicata nel DURC. Ciò significa che sono irrilevanti eventuali crediti o debiti
insorti dopo tale data.
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Quale importo del debito con le Casse Edili deve essere indicato?
Il debito contributivo che l’impresa ha con la Cassa Edile che emetterà il DURC
sommato a quello comunicato alla stessa dalle altre Casse Edili che hanno
segnalato l’irregolarità dell’impresa attraverso la BNI. A questo fine non rilevano
gli importi per i quali sia stato richiesto l’intervento sostitutivo; questi potranno
essere scorporati dal debito complessivo soltanto successivamente all’effettivo
pagamento da parte della stazione appaltante.
-
Come deve essere rilasciato il DURC ?
Nel caso di debiti contributivi dell’impresa con il sistema delle Casse Edili la
Cassa, verificate con Inps ed INAIL le condizioni previste in merito al rapporto
tra crediti e debiti complessivi dell’impresa, dichiarerà nel DURC la regolarità
dell’impresa con la Cassa Edile e riporterà nel campo note di propria
competenza i dati indicati nella Comunicazione CNCE n528 del 24 ottobre u.s. e
cioè l’importo del debito con il sistema delle Casse Edili e l’importo dei crediti
certificati. Nel caso di assenza di debiti con il sistema dei nostri enti la Cassa
dichiarerà normalmente nel DURC la regolarità dell’impresa e non dovrà
aggiungere nulla nel campo note.
Resto a vostra disposizione ovviamente, in merito ad ulteriori chiarimenti sulla
procedura da seguire in questi casi. Vi prego eventualmente di richiederli
durante il dibattito e cercherò di rispondervi, per quanto di mia competenza,
alla conclusione dei lavori di questo pomeriggio.
6. Dopo questa carrellata, mi rendo conto non esaustiva, sulle innovazioni
legislative introdotte in questi mesi sulla gestione del Durc, vorrei ora soffermarmi
sulla principale innovazione contrattuale sulla stessa materia: la verifica di
congruità della manodopera denunciata in cantiere.
Come già detto in altre occasioni questa nuova procedura ha due diverse valenze:
la prima è quella di poter essere collegata al rilascio del Durc a fine cantiere (e per
questo aspetto l’accordo delle Associazioni nazionali del luglio scorso ne ha
spostato il termine di applicazione al mese di ottobre del 2014) . L’altra valenza è
quella rappresentata dall’effetto annuncio: indipendentemente, cioè, dal
collegamento normativo con il rilascio del Durc (che, comunque, ricordo che per gli
appalti pubblici è teoricamente già in vigore), il sapere che la Cassa Edile analizzerà
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la quantità di manodopera impegnata in cantiere e le cause di un’eventuale
incongruità della stessa rispetto alle percentuali minime stabilite dagli accordi
nazionali, rappresenta un preciso messaggio preventivo che, come per il part time,
ha un effetto deterrente rispetto alle tentazioni, ahimè non infrequenti, di
denunciare alla Cassa Edile un numero di operai o di ore lavorate inferiore al vero.
Per questa motivazione ritengo molto importante che le Casse Edili utilizzino al
meglio il tempo che ci separa dal mese di ottobre del prossimo anno e che la Cnce
svolga appieno la funzione di monitoraggio sull’attività in corso in ogni Cassa Edile
così come previsto dall’accordo del luglio scorso.
Voglio ricordare che il presupposto di questo ragionamento è che tutte le Casse
Edili abbiano attivato un sistema di acquisizione dei dati relativi a tutti i cantieri,
pubblici e privati sopra i 100.000 euro, presenti sul proprio territorio di competenza
e che abbiano adottato la cosiddetta “denuncia di cantiere”, cioè uno schema di
denuncia mensile che permetta alla Cassa di registrare l’effettiva presenza di
ciascun operaio all’interno dei vari cantieri.
A fronte di questo presupposto (che, ricordo, ha carattere obbligatorio e non
facoltativo perché non è stato rimandato ad ottobre ma assolutamente confermato
nell’accordo sottoscritto da tutte le parti sociali), come Commissione ci siamo fatti
carico di attivare un tavolo tecnico con i responsabili di tutti i sistemi di gestione dei
cantieri, di tutti i sistemi di trasmissione telematica delle denunce e di tutti i sistemi
gestionali delle Casse Edili per affrontare e risolvere due problematiche: l’esigenza
di far confluire sulla Cassa Edile competente tutti i dati, soprattutto quelli relativi
all’imponibile di manodopera, dei cantieri sottoposti a verifica di congruità e la
necessità di predisporre uno strumento informatico per monitorare a livello
nazionale tutti i “numeri” della verifica (n. di cantieri, tipologia di attività,
localizzazione, importo lavori, n. di imprese e di lavoratori coinvolti, lavoratori non
dipendenti, etc.) fino a quelli relativi ai risultati finali (cantieri congrui o no).
Il tavolo tecnico, aperto nello scorso mese di marzo, ha sviluppato nella riunione
del 28 ottobre un’ipotesi di lavoro che potrebbe permettere di soddisfare entrambe
le esigenze descritte e, grazie alle specifiche tecniche già sviluppate dall’ing.
Biscuola e a quelle che lo saranno nei prossimi giorni da parte di Elena Ratto e
Marco Durante, mi sento di poter dire che entro poco tempo si potrà lavorare su
una soluzione condivisa e soprattutto utile per tutto il sistema delle Casse Edili.
Certamente né lo scambio dati né il monitoraggio nazionale esauriscono le
necessità di analizzare le problematiche organizzative, informatiche e di rapporto
con le imprese e i consulenti che scaturiscono dall’applicazione delle innovazioni
connesse alla verifica di congruità.
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Dall’analisi dei numeri non emergeranno certamente le difficoltà delle Casse Edili a
farsi dare informazioni attendibili sui cantieri (o a farsele dare proprio), sulle
lamentele dei consulenti per l’ulteriore lavoro richiesto dai nuovi adempimenti, sulla
veridicità e sulla qualità dei dati che vengono inviati, sui tentativi di mascherare con
fantasiose giustificazioni l’evasione contributiva contestata dalla Cassa Edile.
Per questo c’è la necessità di costruire, oltre ai tavoli tecnici, anche quelli di
confronto tra gli amministratori e i direttori delle Casse e le stesse parti sociali;
confronti che abbiano al centro l’attività complessiva dei nostri enti per contrastare
ogni fenomeno di evasione contributiva e di mancata applicazione delle condizioni
contrattuali, attività di contrasto di cui la verifica di congruità è solo uno degli
strumenti, insieme alla gestione del Durc.
La Presidenza della Cnce ritiene che tali tavoli vadano costruiti prioritariamente a
livello regionale e, in questo senso, si farà carico di proporne l’attivazione con un
calendario di riunioni da realizzare già all’inizio del prossimo anno, a cui la
Commissione garantirà ovviamente la propria partecipazione. L’obiettivo è quello di
arrivare ad un momento di confronto nazionale, che coinvolga amministratori,
direttori e parti sociali, entro il prossimo mese di giugno.
7. Certamente nessuno di noi sottovaluta la drammaticità della situazione in cui
sono costrette ad operare oggi le imprese di costruzione.
Sappiamo tutti che, in questa fase, ogni seppur minimo adempimento richiesto dal
nostro sistema viene visto come un ulteriore attentato alla sopravvivenza
dell’impresa. Non mi riferisco in particolare ai nuovi adempimenti per la verifica di
congruità; vale anche per tutti casi in cui la Cassa Edile è costretta a ricordare che
esiste il Durc e che occorre essere regolari con i versamenti contributivi.
Quante volte mi avete raccontato di situazioni di profondo disagio da voi vissute nei
confronti di imprenditori che non sono in grado di pagare piccole somme, anche
poche centinaia di euro, che chiedono di rateizzare, ad esempio, 500 euro di debito
in 10 rate mensili di 50 euro, che vi prospettano esiti tragici se anche la Cassa Edile
sbatterà loro la porta in faccia (e leggendo il numero dei fallimenti o dei suicidi
sapete che non è una sceneggiata)?
Sappiamo che noi possiamo fare ben poco per aiutare queste imprese, perché
siamo tenuti innanzitutto a far applicare le norme di legge e quelle contrattuali e
non possiamo abdicare dal ruolo di garanti del rispetto delle regole che ci è stato
affidato.
Ma quel poco che possiamo fare, abbiamo il dovere di farlo subito. Mi riferisco in
primo luogo alle nostre procedure di rateazione dei debiti contributivi dell’impresa.
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E’ chiaro che di fronte alla indisponibilità dell’impresa a riconoscere il proprio debito
nei confronti dei lavoratori e della Cassa Edile noi siamo tenuti a percorrere fino in
fondo ogni tentativo possibile per il recupero del credito.
Nei prossimi giorni vi invieremo un parere del prof. Sandulli, che tutti voi
conoscete, che confermerà i doveri a cui è tenuta la Cassa Edile nell’interrompere i
termini di prescrizione, nell’avviare sempre l’azione di recupero, nel valutare
attentamente i singoli casi in cui sia costretta a non procedere all’azione legale, nel
divieto di operare qualsiasi forma di cancellazione dei debiti delle imprese morose.
(anzi vi preannuncio che il prossimo Consiglio di Amministrazione della Cnce
valuterà la possibilità di tenere a primavera o inizio estate una nuova riunione di
coordinamento sulle attività legali delle Casse Edili, una sorta di Udine 2).
Quando, invece, abbiamo di fronte un’impresa che riconosce il proprio debito ed
intende concordare con la Cassa Edile un piano di rientro, il nostro sistema deve
essere in grado di fornire risposte motivate entro un quadro di regole certe a livello
nazionale.
Per questo chiediamo al Comitato della Bilateralità, con l’approssimarsi della
scadenza del 31 dicembre 2013 prevista dalla delibera 1/2012, di riaffrontare
complessivamente questa materia, alla luce dell’esperienza maturata in questi
mesi, valutando un’eventuale conferma o estensione del periodo di rateazione, un
possibile snellimento delle procedure per consentire una rapidità nella risposta
(positiva o negativa che sia) e un’eventuale presa d’atto che, in un quadro per le
imprese di evidenti difficoltà di affidamento e di rapporti col mondo bancario e
assicurativo, molti amministratori di Casse Edili si sono assunti la responsabilità di
accettare gli effetti cambiari a garanzia del rispetto del piano di rateazione
concordato.
Un’altra piccola cosa che possiamo fare subito per dare almeno un segnale di
attenzione e di incoraggiamento alle imprese iscritte è quella di porci seriamente
l’obiettivo della semplificazione. Innanzitutto quella relativa al DURC.
Domani avremo modo di conoscere un’esperienza concreta e straordinaria di
semplificazione.
Non vi illustro le procedure operative (lo faranno domani i responsabili della
Regione e della Cassa Edile di Parma) ma solo l’effetto finale.
La sperimentazione realizzata in questi mesi nei Comuni colpiti dal sisma (e, prima,
dal Comune di Parma ed altri) potrà consentire alla famiglia che vuole risanare o
ricostruire la propria casa o il proprio laboratorio artigianale – e che, per questo, si
vuole avvalere di un’impresa regolare – di avere l’avvio dei lavori in tempi
rapidissimi perché il DURC sarà acquisito dal Comune in maniera automatizzata ed
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in tempo reale, senza essere di ostacolo alle attività che porteranno al risanamento
e al rilancio di quel territorio.
Vogliamo ragionare su quest’esperienza perché essa rappresenta, al di là dei tanti
annunci fatti in questi anni, una vera dematerializzazione del DURC che permette,
oggi solo nei lavori privati domani con una modifica delle normative anche in quelli
pubblici o per altre tipologie, di acquisire un DURC in corso di validità senza
effettuare una nuova richiesta e evitando, quindi, un’inutile duplicazione della
procedura, un inutile lavoro per INPS, INAIL e Casse Edili, una perdita di tempo per
gli utenti.
Al termine di questa presentazione apriremo un confronto pubblico con le Direzioni
centrali di INPS e INAIL su un’idea che potremo definire di DURC on line.
Quest’idea parte dalla creazione, da parte dell’INPS, di un portale che permetterà
alle imprese di verificare direttamente la propria posizione contributiva con
l’Istituto.
In buona sostanza, presa visione di questo nuovo servizio dell’INPS, il Ministero del
Lavoro si è chiesto – e ha chiesto a INAIL e a noi – se tutti i soggetti coinvolti nella
gestione del DURC siano in grado di attivare tre piattaforme che possano
consentire di verificare nell’immediatezza la regolarità contributiva delle imprese
con ciascun ente e se tale verifica, attraverso un collegamento delle tre
piattaforme, possa sostituire il DURC.
La materia è ovviamente di competenza delle parti sociali e attendiamo a riguardo
le necessarie indicazioni da parte del Comitato della Bilateralità.
Per quanto ci riguarda l’esperienza acquisita in questi anni di gestione del DURC e
della stessa BNI (la cui trasformazione è comunque all’ordine del giorno per
consentire una fotografia in tempo reale della situazione dell’impresa) ci fa ritenere
che la definizione di un’irregolarità contributiva non è demandabile completamente
ad un sistema automatizzato poiché è frutto di un processo di valutazione che non
può prescindere da un rapporto diretto tra imprese e Cassa Edile.
Ben diversa potrebbe essere, come testimoniato da esperienze già realizzate da
alcune Casse Edili, l’ipotesi di creare una sorta di white list, cioè una lista di
imprese super regolari, che potrebbe essere prevista da una riforma della
normativa che, come accennato durante l’esame dell’art. 31 del DL 69/2013, vada
nella direzione del DURC per impresa. Occorrerà anche chiarire se un’eventuale
riforma del DURC in questo senso possa essere integrata con la procedura per il
rilascio e l’aggiornamento della patente a punti per il settore dell’edilizia che, come
abbiamo potuto leggere sui giornali, sembra poter giungere in porto a cinque anni
dalla sua ideazione. Forse la logica potrebbe essere la stessa: premiare le imprese
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virtuose (almeno attraverso una corsia preferenziale di valutazione) e incentivare le
altre alla regolarità contributiva e contrattuale.
In ogni caso, qualunque sia l’esito di questa riflessione e quali siano le scelte
operative conseguenti, appare chiara a tutti la volontà del Ministero di avviare un
forte processo di dematerializzazione del DURC.
Non possiamo che prenderne atto e auspicare una positiva ricaduta in termini di
semplificazione degli adempimenti per le nostre imprese.
L’ultimo argomento che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è quello relativo
alle possibilità di semplificazione degli adempimenti e delle procedure che
riguardano le Casse Edili.
Non è un mistero che due sono gli argomenti centrali nelle trattative per il rinnovo
dei contratti nazionali di lavoro: la prestazione APE e la ristrutturazione del sistema
degli enti paritetici.
Sul primo rimaniamo in attesa delle decisioni delle parti; attraverso i dati
dell’indagine sull’erogazione APE del 2012 (vi prego di mandarci il prima possibile
l’aggiornamento per il 2013) abbiamo solo rilevato come la norma che regola l’APE
(erogazione definita nazionalmente e contribuzione stabilita territorialmente),
insieme alle profonde diversità locali del mercato del lavoro edile, stia
determinando una crescente divaricazione delle contribuzioni tra le aree del Paese
e, quindi, favorisca, per via contrattuale, l’esistenza di un costo del lavoro per le
imprese diverso da territorio a territorio.
Anche sull’altro argomento siamo spettatori interessati: da un’analisi comparata dei
bilanci delle Casse Edili, delle Scuole e dei CPT emergono non pochi elementi di
preoccupazione sul nostro sistema, almeno nelle forme e con le strutture attuali.
Attendiamo anche qui di conoscere le indicazioni delle parti sociali poiché sia
sull’assetto del sistema degli enti paritetici sia sulle regole basilari per la loro
gestione occorre prima di tutto una chiarezza di norme e di regole da parte delle
Associazioni nazionali e, poi, una coerenza di comportamento di quelle territoriali.
In altri termini se, ad esempio, in due Casse di pari dimensione abbiamo un costo
annuo del personale di 600.000 euro in una e di 1.800.000 nell’altra, non c’è solo
una responsabilità degli amministratori dell’ente ma, a monte, c’è l’assenza di limiti
nazionali all’autonomia gestionale locale e, evidentemente, l’esistenza di altre
priorità per le associazioni territoriali rispetto e quella di garantire una gestione
equilibrata ed efficiente dell’ente. Ma potremo fare molti altri esempi che
testimoniano la crescente incapacità di affrontare il difficile compito di governare il
sistema degli enti paritetici utilizzando esclusivamente un’ottica localistica, senza
cioè non solo un quadro di regole nazionali ma anche una strutturazione del
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sistema che impegni le Associazioni, a tutti i livelli, a perseguire gli obiettivi generali
della categoria anche nella gestione degli enti.
Aspettando queste decisioni di politica contrattuale, vediamo quale può essere il
nostro contributo tecnico per favorire un processo di semplificazione e di
efficientamento del sistema.
E’ stato già detto dalla Commissione nel Convegno di due anni fa a Parma: il livello
regionale è il primo luogo ove è possibile e indispensabile attivare un
coordinamento operativo tra le Casse Edili, ricercare soluzioni omogenee
acquisendo le buone pratiche esistenti a livello territoriale, verificare la possibilità di
creare servizi comuni e sinergie gestionali, favorire i processi di mobilità delle
imprese sul territorio regionale e garantire l’effettiva erogazione ai lavoratori delle
prestazioni previste dalla contrattazione integrativa.
In molte Regioni questo confronto è già stato attivato da tempo e ha dato frutti
positivi – penso a Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo, Marche e Puglia, ad
esempio – ma occorre estenderlo a tutte le realtà e finalizzarlo a obiettivi precisi.
Un obiettivo prioritario io credo possa essere quello di arrivare in tempi non lunghi
ad una denuncia unica nazionale. Non si tratta solo di favorire, semplificandoli, gli
adempimenti a carico delle imprese (anche se il raggiungimento di questo scopo
giustificherebbe da solo l’impresa). Ma unificare la denuncia significa anche favorire
una maggiore omogeneità dei sistemi gestionali delle Casse, permettere una
maggiore flessibilità nei sistemi di trasmissione delle denunce, creare i presupposti
per realizzare un sistema a rete fra tutti gli enti.
Come abbiamo fatto nei lontani anni 2000 e 2001, possiamo raggiungere questo
risultato avviando un confronto tra i modelli di denuncia presenti nella stessa
Regione, per poi riportarne i risultati in una sede di coordinamento nazionale che
cercherà di operare una sintesi da sottoporre alle parti sociali.
Si tratterà, non ce lo nascondiamo, di un lavoro non semplice perché non
riguarderà solo lo schema della denuncia o le informazioni richieste ma dovrà
stabilirne le modalità e le regole di compilazione, garantendo che in futuro ci sia
una sola denuncia “da scrivere” per le imprese ma anche una sola denuncia “da
leggere” per le Casse Edili.
Sono sicuro che, nonostante le tante cose da fare, saremo capaci tutti insieme di
dare il nostro contributo per un salto di qualità, non più rimandabile, del sistema
bilaterale delle costruzioni.
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