Magazine Arpa Campania Ambiente n. 12 del 30 giugno 2014

ISTITUZIONI
Alla Gaiola la boa che
raccoglie i dati marini
Matania a pag.4
GLOBAL WARMING
Fauna marina contro
cambiamento climatico
Cinquecento i milioni di tonnellate di carbonio annuali
assorbite ogni anno dalle specie marine. Un dato che equivale a circa 1.500 milioni di
tonnellate di anidride carbonica: è il risultato emerso da
una ricerca commissionata
dalla Global Ocean Commission.
Esposito a pag.8
SCIENZA & TECNOLOGIA
La grande ascesa
delle rinnovabili nell’UE
Grazie ad una crescita più
sostenuta del previsto, i
paesi dell'Unione Europea
sono in anticipo sull'obiettivo
di coprire entro il 2020 il
20% del proprio fabbisogno
con energia prodotta da fonti
rinnovabili.
L’Ispra ha dato il via alla ricerca del deposito nazionale
Scorie nucleari: dove smaltirle?
A breve in Italia si dovrà
procedere allo smantellamento delle centrali nucleari, degli impianti di
produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo
del combustibile nucleare
di: Trino (VC), Caorso
(PC), Latina (LT), Garigliano (CE), Bosco Marengo (AL), Saluggia (VC),
Casaccia (RM) e Rotondella (MT), nonché ad avviare le attività di
chiusura del ciclo del combustibile nucleare.
Ci ritroveremo, così, dinnanzi a circa 55.000 metri
cubi di rifiuti radioattivi
(di cui buona parte a
media e bassa attività) da
smaltire. Ma dove, dal momento che attualmente
nella Penisola non esiste
alcun deposito nucleare?
Martelli a pag.2
Legambiente al Governo: ecco
il dossier “#Sbloccafuturo”
La tecnica naturale
del fitorisanamento
Il Governo “chiama”, Legambiente risponde. In
vista del decreto “Sblocca Italia” voluto dal premier Matteo Renzi, l’Associazione lancia il dossier “SbloccaFuturo” nel quale segnala 101
piccole e medie opere incompiute, procedimenti
fermi da anni, per ritardi o inconcludenze di
settori diversi della Pubblica Amministrazione.
La tecnica naturale
del fitorisanamento
- più comunemente
nota come fitodepurazione - consente il
recupero ambientale di zone umide
inquinate mediante
l’innesto di determinate
piante,
dette “minatrici”, in
grado di nutrirsi di
metalli pesanti e di
composti organici, liberando progressivamente
il terreno dalla loro presenza. Si tratta di una
delle “best practice” attualmente più interessanti ed utilizzate nell’ambito della riqualificazione paesaggistica.
Liguori a pag.3
Maisto a pag.9
AMBIENTE & SALUTE
Combattere gli stati
depressivi con l’ecoterapia
Palumbo a pag.11
AMBIENTE & TRADIZIONE
AMBIENTE & CULTURA
L’industria tessile e manifatturiera
nelle Due Sicilie
Gervasio di Tilbury
a Napoli
L’industria tessile era certamente tra
quelle più sviluppate del Regno. La lavorazione domestica di lane e cotoni, del
resto, era diffusa fin dal periodo medievale e quasi in ogni casa nelle zone
agricole si poteva trovare un telaio.
Clemente a pag.13
De Crescenzo-Lanza a pag.14
Terzi a pag.15
LAVORO & PREVIDENZA
Le riforme
del Governo
Il lavoro del Governo, relativamente alla riforma della
Pubblica Amministrazione,
è quasi completato. Tra le
altre cose si prevede, a far
data dal primo settembre...
Ferrara a pag.18
NATUR@MENTE
La chiave
della vera felicità
Felicità… quanti desideri,
quante emozioni, quante
speranze può contenere una
parola così piccola, una parola così insignificante all’
apparenza ma così difficile
nella realtà.
Tafuro a pag.19
Scorie nucleari: dove smaltirle?
L’Ispra ha dato il via alla ricerca del deposito nazionale
Giulia Martelli
mento l’Ispra identifica almeno 15 aree
di esclusione: le prime da escludere, ovviamente, sono quelle vulcaniche, attive o dormienti. Niente Deposito
quindi nelle vicinanze dell’Etna, Stromboli, Colli Albani, Campi Flegrei,
Ischia, Vesuvio, Lipari, Vulcano, Panarea, Isola Ferdinandea e Pantelleria.
Neppure, altrettanto ovviamente, in
aree sismiche o interessate da fenomeni
di fagliazione; in quelle soggette a frane
e inondazioni o in fasce fluviali o in depositi alluvionali preistorici; al di sopra
di un altitudine di 700 metri (orografia
complessa, piogge elevate) o con pendenze superiori al 10%. E ancora: sino
alla distanza di 5 Km dalla costa; in
zone carsiche o vicine a sorgenti o a
Parchi nazionali o luoghi di interesse
naturalistico; ad «adeguata distanza»
dai centri abitati; ad almeno 1 Km da
autostrade, strade statali o linee ferroviarie; assolutamente non nei pressi di
attività industriali, dighe, aeroporti, poligoni militari; lontane da zone di sfruttamento minerario (gas e petrolio
inclusi). Insomma, una lista lunga e articolata consegnata alla Sogin, che su di
essa dovrà lavorare. Resta comunque il
problema delle scorie più pericolose (cosiddette di «terza categoria») che sono
state mandate in Francia e in Gran
Bretagna negli anni scorsi per essere
«riprocessate» e che dal 2019 dovranno
tornare in Italia in base agli accordi con
la Francia del 2006 (allo stato disattesi)
secondo cui l’Italia avrebbe dovuto dotarsi anche di un sito per l’alta intensità… Ma questa è un’altra storia…
A breve in Italia si dovrà procedere allo
smantellamento delle centrali nucleari,
degli impianti di produzione del combustibile nucleare e degli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare
di: Trino (VC), Caorso (PC), Latina
(LT), Garigliano (CE), Bosco Marengo
(AL), Saluggia (VC), Casaccia (RM) e
Rotondella (MT), nonché ad avviare le
attività di chiusura del ciclo del combustibile nucleare. Ci ritroveremo, così,
dinnanzi a circa 55.000 metri cubi di
rifiuti radioattivi (di cui buona parte a
media e bassa attività) da smaltire. Ma
dove, dal momento che attualmente
nella Penisola non esiste alcun deposito
nucleare? Ebbene, dopo circa un quarto
di secolo qualcosa si sta muovendo, e le
regioni hanno iniziato a tremare:
l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), infatti, ha
pubblicato qualche giorno fa un documento di 12 pagine contenente le regole
tecniche che dovranno essere prese in
considerazione dalla Sogin (la società
pubblica che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali) per delineare
la
mappa
delle
aree
«potenzialmente idonee» ad accogliere i
rifiuti radioattivi a bassa e media intensità: più o meno tra 60 e 90 mila metri
cubi di scorie, che «decadono» (ovvero
dimezzano le loro emissioni radioattive)
in un periodo tra una trentina e un centinaio di anni. Ma quali sono i criteri
che consentiranno di arrivare alla
scelta del sito adatto? Nel suo docu-
Entro ottobre si potranno presentare nuovi progetti
"LIFE PLUS" CHIAMA... 3,4 MILIARDI
DI EURO FINO AL 2020
Angelo Morlando
LIFE PLUS o LIFE+ è il fondo per
l’Ambiente dell’intera Unione Europea, la cui Commissione ha già approvato il finanziamento di ben 225
progetti per un totale di circa 600 milioni di euro, di cui circa 300 finanziati
proprio dalla UE. A breve si aprirà la
"chiamata" ("the call") che permetterà
l'inserimento delle ulteriori proposte
progettuali fino al 2020. I progetti prevedono interventi per la tutela della
natura, per i cambiamenti climatici,
per le tecnologie pulite, per le politiche
ambientali e per l’informazione e la comunicazione. I progetti "LIFE + Natura e biodiversità" permettono di
migliorare lo stato di conservazione
delle specie e degli habitat in pericolo.
I progetti "LIFE+ Politica e governance ambientali" sono progetti pilota
che contribuiscono a migliorare le politiche apportando idee, tecnologie,
metodi e strumenti innovativi. I progetti "LIFE+ Informazione e comunicazione" puntano a dare maggiore
visibilità alle tematiche ambientali e a
divulgare informazioni in materia e
saranno realizzati in Austria, Cipro,
Grecia, Ungheria, Polonia e Romania.
Il 19 marzo scorso, inoltre, è stato
adottato il nuovo Programma di lavoro
pluriennale. La decisione della Commissione è arrivata dopo aver ricevuto
un parere positivo del comitato per il
Programma per l'ambiente e l’azione
per il clima. Il bilancio totale per il finanziamento di progetti durante il periodo coperto ammonta ad un miliardo
e 100 milioni di Euro per il sottoprogramma dell'ambiente e circa 360 milioni di euro per il sottoprogramma del
clima. La Commissione Europea ha
stabilito, per la pubblicazione del prossimo bando del programma LIFE, una
scadenza provvisoria per il prossimo
settembre–ottobre 2014.
Sarà il primo bando nel quadro del
nuovo programma e l'invito riguarderà
i progetti 'tradizionali', progetti preparatori, progetti integrati, progetti di
assistenza tecnica e progetti di rafforzamento delle capacità. La Commissione ha evidenziato e ricordato che i
progetti "tradizionali" significano
"best-practice/demonstration/pilot/ information" ossia progetti analoghi a
quelli attualmente già finanziati.
Il tutto è stabilito dal Regolamento
(UE) n. 1293/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio che ha abrogato
il precedente Regolamento (CE) n.
614/2007.
Fonte: http://ec.europa.eu/environment/life/funding/life2014/index.htm
Legambiente al Governo: ecco il dossier “#Sbloccafuturo”
101 opere incompiute da cui ripartire per risanare il territorio italiano
Fabiana Liguori
Il Governo “chiama”, Legambiente risponde. In vista del decreto “Sblocca Italia” voluto dal
premier Matteo Renzi, l’Associazione lancia il dossier “SbloccaFuturo” nel quale segnala 101
piccole e medie opere incompiute, procedimenti fermi da
anni, per ritardi o inconcludenze
di settori diversi della Pubblica
Amministrazione. La selezione,
che rappresenta solo un primo
blocco, considerando l’enorme
mole di “situazioni irrisolte” in
Italia, è stata realizzata in base
a criteri di utilità effettiva per il
territorio e i cittadini, di miglioramento della sicurezza sismica, idrogeologica e sanitaria
(bonifiche, depuratori, riqualificazione urbana, abbattimento di
manufatti abusivi, impianti rifiuti) e dei trasporti.
Con la presentazione delle
prime 101 opere #sbloccafuturo,
Legambiente lancia un invito a
tutti i sindaci ed apre un tavolo
di lavoro comune: bisogna essere pronti e tempestivi nel segnalare al Governo tutti gli
ostacoli che, soprattutto nel proprio territorio di pertinenza,
bloccano le opere utili alla comunità, e indicare tutto quello
che davvero serve al Paese per
intraprendere un nuovo e significativo percorso di sviluppo.
Senza questi 101 “fantasmi”, infatti, l’Italia sarebbe di certo un
paese migliore, più sano, efficiente e sicuro. Cosa che oggi,
purtroppo, non è. Determinare
di chi siano le colpe è quasi impossibile, considerando che le
responsabilità di questi e tanti
altri scempi cadono su tutta la
scale dei livelli istituzionale.
Guardare adesso indietro, forse,
sarebbe solo un ulteriore perdita
di tempo. Ora è necessario, intervenire e risanare il territorio.
L’oscar del paradosso, tra le 101
“tristezze italiane” se lo aggiudicano a pari merito il progetto
dell’idrovia Padova-Venezia, avviato solo nel 1963 e l’albergo
sulla scogliera di Alimuri, a Vico
Equense, la cui procedura di abbattimento è partita anch’essa
nel 1963 con la dichiarazione di
difformità del manufatto rispetto all’autorizzazione concessa. Ma qualcosa, a distanza
di anni, si muove. A luglio sarà
convocata la conferenza di servizi per l’approvazione del pro-
getto definitivo di demolizione
con l’assunzione di tutti i pareri
ambientali e di sicurezza. Speriamo bene.
Le altre segnalazioni in Campania riguardano: la rete della Circumvesuviana che, a seguito di
forti criticità gestionali, potrebbe finalmente uscire dal
tunnel e tornare a “vivere” grazie a diverse manovre istituzionali messe in atto negli ultimi
anni, e alla disponibilità di alcuni fondi europei FAS.
Il rispetto del Patto di Stabilità,
però, impedisce l’effettivo utilizzo e dirottamento degli stessi
per la realizzazione delle opere
necessarie.
Poi ancora, in elenco, il nodo rifiuti. Nel particolare è già evidente un fabbisogno di impianti
di trattamento della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata. Degli 11
impianti previsti, 3 sono attivi,
mentre per 8 risultano in vario
grado avviate le procedure. Per
2 impianti sono previsti finanziamenti della Regione Campania, per i restanti 6 il ricorso alla
formula dell’appalto in concessione che prevede la progettazione esecutiva, la realizzazione
e la gestione per un certo numero di anni. Esistono dunque
in parte già i progetti e lo stanziamento economico per i differenti impianti, il cui totale
supera gli 80 milioni di Euro,
ma le complessità delle procedure, talvolta le varianti al progetto originario oppure ostacoli
procedurali e burocratici stanno
tuttora rallentando l’iter complessivo.
Come ultima, ma non per priorità, delle quattro voci campane
segnalate nel dossier: la bonifica
di Bagnoli-Coroglio, un’opera indispensabile per la riqualificazione e valorizzazione dell’area
e dei siti contaminati (Italsider,
Cementir, Eternit, e così via).
Risale “solo” al 1996 la prima
elaborazione del Piano di recupero ambientale della zona, da
attuarsi da parte dell’ex Italsider con un finanziamento di
circa 400 miliardi di vecchie lire
disposto dal CIPE. Al maggio
2013 i siti svincolati e avviati a
bonifica non superano il 9% del
totale superficie. Tuttora le operazioni di bonifica sono bloccate
per approfondimenti giudiziari
e accertamenti della Magistratura.
Superare le emergenze, semplificare le procedure, scongiurare le infrazioni
Entra in vigore il Decreto #AmbienteProtetto
Paolo D’Auria
È entrato ufficialmente in vigore il decreto #AmbienteProtetto del Ministero dell’Ambiente che contiene disposizioni
urgenti per la tutela dell’ecosistema. Gli obiettivi del provvedimento sono: superare alcune
emergenze, semplificare le procedure e scongiurare diverse infrazioni comunitarie. Sono
nove, i principali punti chiave
del decreto: in primis, più risorse per l’efficienza energetica
delle scuole. Finanziamenti a
tasso agevolato per un importo
complessivo di oltre 300 milioni
verranno concessi, attraverso il
fondo rotativo “Kyoto”, per incrementare l’efficienza energetica degli edifici scolastici e
universitari. Ai finanziamenti
si applicherà un tasso di interesse dello 0,25%.
Poi ancora: procedure più veloci
e semplici contro il dissesto
idrogeologico. I Presidenti di
Regione subentreranno, per i rispettivi territori di competenza,
nelle funzioni dei Commissari
straordinari delegati alla mitigazione del rischio idrogeologico
e nella titolarità delle relative
contabilità speciali. Il risparmio
stimato è di circa 1.800.000
euro, da destinare all’esecuzione degli interventi operativi.
Per semplificare e velocizzare le
procedure, l’autorizzazione dei
progetti rilasciata dal Governatore della Regione sostituisce
tutti i visti, i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta ed ogni
altro provvedimento
necessario all’esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza del territorio. I Presidenti dovranno completare
gli interventi entro
il 31 dicembre 2015
e pubblicare online i
dati sullo stato di
avanzamento dei lavori. Come terzo punto, il documento ministeriale prevede la
“requisizione in uso” per gli impianti di gestione dei rifiuti. Il
decreto, infatti, risolve alcune
problematiche interpretative
sull’applicazione dell’articolo
191 del codice dell’ambiente in
merito ai poteri degli enti locali
nella gestione di situazioni di
crisi in tema di rifiuti: la norma
di tutela viene estesa anche al
caso di “grave e concreto” pericolo ancora allo stato potenziale. Gli strumenti eccezionali
da utilizzare per porre rimedio
alle situazioni di crisi vengono
integrati con uno specifico potere di “requisizione in uso”
degli impianti destinati alla gestione dei rifiuti. Un ampio
spazio nel documento è riservato alla Campania: controlli
più stringenti sui terreni a rischio e via al termovalorizzatore di Salerno. Si interviene
con una modifica sul decreto
legge “Terra dei Fuochi”, prevedendo che le analisi possano essere estese ai terreni agricoli
non oggetto di indagine perché
coperti da segreto giudiziario e
di quelli oggetto di sversamenti
resi noti a conclusione delle indagini. È stato, inoltre nominato un commissario straordinario per la realizzazione del
termovalorizzatore a Salerno,
che provveda alla stipula del
contratto e a tutti gli adempimenti per portare a termine
l’opera. Anche per chi va per
mare trasportando idrocarburi
nuove norme all’orizzonte: in
caso di incidenti pagherà anche
il proprietario del carico. Altro
punto importante del decreto:
una procedura semplificata per
le bonifiche e la messa in sicurezza. Per i soggetti che garantiscono di poter ridurre il livello
di “concentrazione soglia di contaminazione”, con un programma di interventi dai tempi
certi, infatti, è previsto un procedimento di approvazione veloce, fermo restando il controllo
delle Arpa sui dati tecnici e sul
raggiungimento degli obiettivi
di riduzione dell’inquinamento.
Gli ultimi tre punti chiave del
provvedimento legislativo prevedono: una nuova composizione per la Commissione
tecnica VIA, meno costi, più
qualificazione e trasparenza,
dei Piani d’azione per difendere
le specie a rischio, operatività
del Parco delle Cinque Terre e
la Riduzione delle procedure di
infrazione comunitaria in materia ambientale.
Alla Gaiola la boa che raccoglie i dati marini
Prevenire le inondazioni e tenere sotto controllo la qualità delle acque
Domenico Matania
Le acque del mare di Napoli
saranno dotate di una boa
oceanografica. Si tratta di un
meccanismo in grado di monitorare costantemente l’andamento delle acque al fine di
prevenire le inondazioni e
nello stesso tempo di tenere
sotto controllo la qualità del
mare per verificare la balneabilità della zona. La boa è stata
posizionata giovedì 12 giugno
da parte del Cacciamine Milazzo per conto del Comune di
Napoli (Dipartimento Ambientale, Servizio Risorse Mare).
Nello specifico, la boa oceanografica è stata posizionata al
largo di Posillipo, presso la
“secca della Cavallara”, su un
fondale di 27 metri, a circa 800
metri dalla Gaiola. Non è la
prima volta che si procede a
tale operazione: già nello
scorso febbraio il Cacciamine
Milazzo aveva posizionato la
boa ma una violenta mareggiata ne aveva spezzato il cavo
d’ormeggio rendendo vane
tutte le operazioni di posizionamento.
Oltre al coinvolgimento del Dipartimento Ambientale del Comune di Napoli, l’attività è
stata svolta in collaborazione
con il Dipartimento di Scienze
per l’Ambiente dell’Università
Parthenope e l’Arpac: al mo-
mento del posizionamento
della boa era presente un team
di docenti e ricercatori universitari guidato dal prof. Giorgio
Budillon. Comune di Napoli,
Università Parthenope, Arpac
e Marina Militare riuniti per
far fronte al rischio di inquinamento antropico sull’intera
costa napoletana, prendendo
parte al S.I.M.P.A.C. Napoli, il
Sistema Integrato di Monitoraggio e Protezione dell'Ambiente Costiero di Napoli.
L’importanza delle boe oceanografiche (o ondametriche) è
chiaramente espressa dalla descrizione dell’Ispra, l’Istituto
Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale; in particolare si parla della Rete Ondametrica Nazionale come “un
bene della collettività di grandissima utilità”. Inoltre l’obiettivo non è solo quello di
monitorare le acque, ma sussistono scopi pratici quali la progettazione di opere costiere
(porti, frangiflutti, strade, ferrovie), per studiare l'erosione
delle coste e per stabilire la
reale occorrenza di calamità
naturali. Dal punto di vista
tecnico una boa oceanografica
è dotata di un ondametro direzionale accelerometrico a stato
solido, di altissima precisione,
TRIAXYS, di una stazione meteorologica e, in alcuni casi, di
un misuratore della conducibilità elettrica dell'acqua di superficie. Inoltre sono presenti
un termometro per misurare
la temperatura del mare ed un
corner reflector che rende visibili le boe al Radar.
In Italia, quello di Napoli non
è il primo caso di installazione
di una boa oceanografica; secondo il sito dell’Ispra sono
presenti altre quindici boe dislocate nei mari italiani, tra
Mazara, Palermo, Cetraro, Alghero, Ponza, Monopoli, Civitavecchia, Ancona, La Spezia,
Venezia, Cagliari.
Aree marine protette: perché non a Capri?
Con l’arrivo della bella stagione, le principali mete turistiche vacanziere si ritrovano a
dover affrontare l’invasione di
villeggianti e pendolari. La
Campania ed in particolare le
sue isole restano tra le mete
più gettonate. Il fascino e l’appeal della sempreverde isola di
Capri riescono ancora ad attrarre migliaia di turisti. Ma
non è tutto oro quel che luccica.
L’impatto ambientale è senza
dubbio molto forte e riuscire a
gestire un flusso turistico di
grandi dimensioni non è impresa semplice nemmeno per
un’isola da sempre dedita all’accoglienza di visitatori da
tutto il mondo. Ad avere la peggio sono proprio le acque cristalline dell’Isola Azzurra.
Ebbene sì, perché sebbene le
immagini dello splendido mare
di Capri facciano il giro del
mondo, non è mai stata istituita un’area marina protetta
in quella zona. In Campania
angoli di paradiso altrettanto
meravigliosi godono del privilegio di essere tutelati dal punto
di vista ambientale: c’è Punta
della Campanella, il “Regno di
Nettuno” (tra Procida, Vivara
ed Ischia), Baia, la Gaiola,
l’area degli Infreschi e della
Masseta (Marina di Camerota)
e ancora Santa Maria di Castellabate. E Capri? Fino ad
ora il vuoto; esiste una pratica
aperta e sarebbe compito del
Ministero dell’Ambiente accertare i requisiti per istituire
un’area protetta nei mari dell’isola azzurra e degli Enti comunali
completare
l’incartamento per procedere.
La situazione è in stato di
stallo da circa cinque anni, l’intervento delle Associazioni am-
bientaliste potrebbe velocizzare il da farsi visto anche il
rinnovo delle due Amministrazioni comunali di Capri ed
Anacapri. Senza l’istituzione
dell’area marina protetta si
concede la libera navigazione e
il libero ormeggio di turisti e
pendolari provocando non
pochi danni dal punto di vista
ambientale. Il risultato a dir
poco triste vede i fondali delle
acque di Capri rovinati e la
stessa biodiversità sconvolta.
Si parla di alghe morte, della
scomparsa dei ricci di mare e
della comparsa di branchi di
barracuda. A questo scenario
raccapricciante si aggiungano
le rocce imbrattate con la nafta
e i rifiuti che vengono gettati in
mare. Si spera in un intervento
rapido ed efficace affinché
l’Isola Azzurra non cambi colore.
D.M.
La ricerca ha coinvolto anche studiosi italiani
Il Gps del genoma umano per
conoscere le proprie origini
Anna Paparo
L'acido desossiribonucleico o
deossiribonucleico (DNA) è un
acido nucleico che contiene le
informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e
proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della
maggior parte degli organismi
viventi. In esso è racchiusa
sul sito Nature Communications, fa parte di un più ampio
studio sulla variazione genomica delle popolazioni umane
nell’ambito del progetto Genographic della National Geographic Society e ha coinvolto
una trentina di scienziati, tra
i quali ricercatori italiani
delle università di Pisa, Cagliari e Sassari. Come ha ben
spiegato il dottor Sergio Tofa-
cune popolazioni, come nel
caso dei sardi, il cinquanta
per cento è stato collocato correttamente entro un raggio di
50 km dal proprio villaggio di
origine. Addirittura, tutte le
donne del Comune di San Basilio, in provincia di Cagliari,
sono state associate al loro villaggio. L’assegnazione, infatti, è più accurata nel caso
di popolazioni non interessate
L’originale hotel
di container riciclati
L’Hive-Inn di Hong Kong
Fabio Schiattarella
tutta la nostra storia, possiamo trovare ogni sorta di informazione sul nostro luogo di
origine, sulla popolazione a
cui apparteniamo.
Ed ora, grazie all’algoritmo
Gps, acronimo per Geographic Population Structure,
messo a punto da un consorzio internazionale di scienziati, sarà possibile tradurre
questa informazione genetica
in precise coordinate geografiche, assegnando ogni individuo alla propria nazione e in
molti casi anche alla città di
origine. Questo strumento è
una sorta di navigatore satellitare a base genomica e, come
un normale Gps riesce a fornire precise coordinate spaziali attraverso le onde radio
dei sistemi satellitari, così
l’algoritmo parte dalle varianze del Dna per collocare
un individuo nel suo posto di
origine. La ricerca, pubblicata
nelli, ricercatore del dipartimento di biologia dell’ateneo
pisano che ha partecipato allo
studio, è stata analizzata la
distribuzione delle varianti a
singolo nucleotide in banche
dati pubbliche e private, poi,
tra i diversi milioni di varianti, ne sono state selezionate circa 130mila, cioè il
numero più basso sufficiente
a discriminare coppie di popolazioni separate su base geografica. In gergo vengono
chiamate AIMs, che in italiano potremmo tradurre con
marcatori informativi di ancestralità. L’algoritmo è stato
poi testato con ottimi risultati
sul patrimonio genetico di
mille seicento cinquanta individui appartenenti a 40 popolazioni diverse. Ne è emerso
che ben l’ottantatre per cento
degli individui è stato assegnato in modo corretto alla
nazione di origine e per al-
da recenti fenomeni di mescolamento o di migrazione.
Infine, Le applicazioni del
Gps genomico sono molte: si
va dallo studio dei fenomeni
migratori alla medicina su
misura (alcune terapie farmacologiche, infatti, hanno un’efficacia diversa a seconda del
gruppo etnico), dalle indagini
medico-legali alla genealogia
amatoriale. Ma il gruppo di
studiosi non si ferma. Stanno,
infatti, ultimando un nuovo
algoritmo in grado di risalire
al luogo di origine di entrambi
i genitori. Uno degli aspetti
più innovativi dell’algoritmo
Gps è che per la sua costruzione ci si è basati sul paradigma moderno della genetica
evolutiva umana: «Non esistono popolazioni umane
pure: tutte sono frutto del mescolamento di una manciata
di componenti genomiche di
base».
I container, come bene sappiamo, sono utilizzati
per il trasporto di merci su navi, camion e treni, ma
con alcuni adattamenti, possono essere sfruttati
anche come case di emergenza per terremotati o
come ambulatori. Una grande novità sarebbe, ad
esempio, sentire parlare di container come parte
integrante di un edificio. Da oggi questo è possibile;
basta dare un’occhiata all’interessante progetto
dell’Hive-Inn, del quale subito colpisce l’originalità.
Parliamo di un hotel che viaggia sui binari dell’
ecosostenibilità. Forme futuristiche e colori sgargianti sono le parole che racchiudono la particolarità di questo progetto, proposto dagli architetti del
gruppo Ova Studio di Hong Kong, che ha suscitato
molto interesse per la
sua massima flessibilità ed adattabilità
alle funzioni più svariate. L’idea di base è
il riciclo. I progettisti
partono da un’idea di
base: recuperare container abbandonati
sfruttando il più possibile le loro potenzialità.Questi infatti sono
dei grandi parallelepipedi metallici, molto resistenti, e il loro interno può trasformarsi in uno spazio fruibile da più persone. Come un edificio è
articolato in più stanze, così nell’Hive-Inn ogni
stanza è rappresentata da un modulo container riciclato che ospita una realtà autonoma e flessibile
in base alle esigenze dell’hotel. L’Hive-Inn è caratterizzato da una struttura molto semplice: una griglia metallica centrale in cui vengono “inseriti” i
moduli container. Questi sono assemblati uno all’altro creando piani dell’edificio con forma di volta
in volta diversa, lasciando spazio anche ad aree
verdi e terrazzi. I moduli container possono essere
rimossi o spostati tramite una gru posta sulla parte
superiore dell’edificio, ed ospitano funzioni diverse:
uffici, negozi o ambulatori. Inoltre i progettisti, propongono di utilizzare i moduli come strumento di
promozione pubblicitaria per famosi brand: attraverso un restyle del container infatti, si possono
evidenziare i loghi del brand e ospitare allestimenti
espositivi richiamando numerosi visitatori. Guardando in casa nostra menzioniamo Milano dove
grazie al Fondo G.D.F. si potranno realizzare degli
edifici ecologicamente sostenibili di questo genere.
Raccontiamo il meteo. Perché le tempeste nei mesi caldi sono difficili da prevedere
Il temporale estivo che non ti aspetti
Gennaro Loffredo
Che temporale! Il cielo è nerissimo e viene giù tanta di
quell’acqua che non si vede
quasi nulla. Le strade si sono
trasformate in autentici torrenti e in mezzo alla pioggia c’è
anche un po’ di grandine. Abbiamo cumulato 30mm in
un’ora e continua. Passato il
temporale si va a trovare un
amico, che abita a due km di
distanza; arrivando sul posto
si nota che l’asfalto è appena
bagnato e non ci sono pozzanghere. Questi scambi di opinioni vanno spesso di moda
quando sull’Italia è presente
una circolazione di aria instabile come quella avvenuta nel
corso del mese di giugno. Magari ci si sveglia al mattino con
un bel sole e si finisce sotto un
temporale anche forte nelle ore
pomeridiane. Quando i temporali non risultano organizzati
in un vero e proprio sistema di
perturbazioni, sono spesso dettate dal contrasto di masse di
aria; perciò possono risultare
molto violenti, ma di estensione limitata. Ci sono delle
zone privilegiate per la nascita
di questi fenomeni tanto pericolosi e affascinanti?
La risposta è affermativa. La
diversa morfologia del terreno,
che si ripercuote anche con
una maggiore o minore coper-
tura vegetale, influenza il distaccamento delle termiche al
suolo, materia prima per la costruzione di temporali.
Un pendio montuoso che si
presenta senza alberi può assorbire maggiormente i raggi
del sole e riscaldarsi di più. Se
un rilievo si presenta, invece,
totalmente coperto da vegetali,
l’assorbimento del calore da
parte del terreno sarà minore,
essendo in parte “neutralizzato” dalle fronde. Minore riscaldamento del terreno
significa minore produzione di
termiche e di conseguenza di
nubi cumuliformi ed eventuali
temporali. In poche parole, è
molto più facile che un temporale pomeridiano si sviluppi in
un luogo con minore copertura
vegetale, piuttosto che in prossimità di una zona totalmente
verde. Questo discorso vale
solo per i cosiddetti “temporali
di calore”, cioè quelli estivi che
nascono e muoiono sul posto, a
patto che non intervenga una
corrente in quota in gradi di
spostarli su altre zone. In questo caso si parla di “sconfinamenti”, e i temporali possono
colpire anche zone relativamente lontane dal luogo di origine (come coste e pianure). Il
litorale tirrenico e quindi
anche Napoli risultano generalmente coinvolti dai temporali pomeridiani quando la
corrente in quota proviene dai
quadranti orientali; infatti ad
est della città partenopea è collocato l’Appennino, zona ideale
per lo sviluppo di temporali.
Discorso inverso invece per
quanto riguarda il versante
adriatico. Un altro fattore che
influenza la crescita dei temporali pomeridiani è la presenza di laghi, magari anche
artificiali, che si trovano in
valli strette, circondate da
montagne anche elevate. Il
lago crea un surplus di umi-
dità, che viene sollevata dal riscaldamento delle rupi circostanti assieme alle termiche;
l’aria che viene portata in
quota oltre che essere calda è
anche umida e la formazione
di nubi e temporali sarà notevolmente esaltata. Molto improbabile, se non impossibile,
che un temporale pomeridiano
si sviluppi in mare aperto. In
questo caso l’umidità è presente in abbondanza, ma la
presenza dell’acqua, la cui
temperature è quasi sempre
inferiore a quella dell’aria, non
consente il sollevamento delle
termiche dal basso. L’umidità
è costretta a rimanere nei
bassi strati; non salendo in
quota viene scoraggiata la condensazione del vapore acqueo
e la formazioni di nubi. Il temporale è uno dei fenomeni in
meteorologia più difficili da
prevedere, proprio per la sua
caratteristica di imprevedibilità e localizzazione dei fenomeni.
(immagini www.sat24.com)
Consigli per il corretto recupero dei Raee
Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche protagonisti della Giornata dell’ambiente
Anna Gaudioso
Il 5 giugno 2014 si è celebrata la Giornata mondiale dell’ambiente. Istituita
nel 1972 dalle Nazioni Unite, la Giornata mondiale dell'Ambiente si prefigge non solamente di richiamare
l'attenzione pubblica sulle questioni
ambientali, ma anche di indicare delle
azioni concrete che possano contribuire
al miglioramento dell'ambiente stesso.
Protagonista di questa giornata,
quest’anno, sono stati i Raee. Parliamo, cioè, dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, delle
pile esauste e dei moduli fotovoltaici.
«Ognuno di noi può fare un gesto che,
per quanto semplice, dà una importante mano all'ambiente», ha detto il
direttore generale di Ecolight, Giancarlo Dezio. Da qui i consigli del Consorzio Ecolight per smaltire i rifiuti
elettronici. Fare una corretta raccolta
e un attento recupero permette di risparmiare in termini di produzione di
energia e di inquinare meno. Per smaltire i rifiuti elettronici il Consorzio Ecolight dà dei consigli utili: indica, cioè,
le azioni concrete per avviare i Raee al
recupero, tre piccole azioni che ciascuno può compiere per dare il proprio
ARPA CAMPANIA AMBIENTE
del 30 giugno 2014 - Anno X, N.12
Edizione chiusa dalla redazione il 30 giugno 2014
DIRETTORE EDITORIALE
Pietro Vasaturo
DIRETTORE RESPONSABILE
Pietro Funaro
CAPOREDATTORI
Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia
Martelli
IN REDAZIONE
Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi
Mosca, Andrea Tafuro
GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Savino Cuomo
HANNO COLLABORATO
I. Buonfanti, F. Clemente, P. D’Auria, G. De
Crescenzo, A. Esposito, E. Ferrara, R.Funaro,
L. Iacuzio, G. Loffredo, R. Maisto, D. Matania,
B. Mercadante, A. Morlando, A. Palumbo, A.
Paparo, F. Schiattarella, L. Terzi, M. Tafuro, E.
Tortoriello
SEGRETARIA AMMINISTRATIVA
Carla Gavini
DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Pietro Vasaturo
EDITORE
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Centro Polifunzionale, Torre 7-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.
piccolo ma significativo contributo per
un ambiente migliore. E’ utile far conoscere e far capire a tutti, soprattutto
alle giovani generazioni, che i Raee
possono essere utili e, anzi, sono una
risorsa importante. A tutt’oggi non c’è
un buon recupero di questi materiali:
infatti, per quanto riguarda i piccoli
elettrodomestici, meno del 20% viene
raccolto in modo corretto e avviato al
recupero. Il restante finisce probabilmente nella raccolta indifferenziata.
Eppure recuperare questi materiali
non è difficile. Alla domanda “dove
mettiamo i RAEE?”, la risposta è semplice: si possono portare nelle isole ecologiche attrezzate per la raccolta
differenziata di questa categoria dei rifiuti, e metterli nei cassoni giusti: R1
per le apparecchiature refrigeranti (frigoriferi e congelatori); R2 per lavatrici
e forni; R3 per televisori e monitor; R4
per piccoli elettrodomestici ed elettronica di consumo; R5 per sorgenti luminose neon e risparmio energetico.
Inoltre oggi, nel caso in cui si acquista
una nuova apparecchiatura, si può la-
sciare al negozio quella vecchia non
funzionante da sostituire. Ciò è stato
possibile grazie al Decreto ”Uno contro
Uno”: è un’operazione gratuita, ma il
cliente deve però compilare una scheda
di consegna del vecchio dispositivo o
elettrodomestico. In effetti, quando il
negoziante consegna il nuovo apparec-
Da aprile
è possibile depositare
apparecchi fuori uso
nei negozi
chio, ritira il vecchio. Inoltre i Raee beneficiano del recente e positivo Decreto
“uno-contro-zero” (mi riferisco al Dlgs
49/2014), che dal 12 aprile consente a
chiunque di riconsegnare in negozio i
piccoli apparecchi elettrici ed elettronici dismessi (quelli di dimensioni
esterne inferiori ai 25 centimetri)
senza obbligo di acquisto. Dunque tutti
possiamo dare il nostro contributo consegnando quei piccoli elettrodomestici
che non usiamo più, e sapere come fare
è importantissimo. Anzi, bisognerebbe
fare una campagna pubblicitaria per
indicare ed invitare tutti a dismettere
i piccoli elettrodomestici in modo corretto. Per quanto riguarda le imprese
e i liberi professionisti, possono rivolgersi direttamente a Ecolight che effettuano una raccolta domiciliare. Questo
servizio viene svolto su tutto il territorio nazionale e si chiama “Fai spazio”.
Sarebbe un peccato non recuperare
questo tipo di materiali visto che oltre
il 90% del loro peso può essere recuperato e riciclato e ciò sarebbe un grande
risparmio sia in termini di materia
prima che di emissioni di Co2 in atmosfera. Non è da trascurare, in effetti, il
fatto che alcuni Raee contengono sostanze particolarmente inquinanti,
come il mercurio delle lampadine a risparmio energetico o i gas refrigeranti
dei freezer, che richiedono specifici
trattamenti.
Fauna marina contro cambiamento climatico
Alessia Esposito
Cinquecento i milioni di tonnellate di carbonio annuali assorbite ogni anno dalle specie
marine. Un dato che equivale
a circa 1.500 milioni di tonnellate di anidride carbonica: è il
risultato emerso da una ricerca
commissionata dalla Global
Ocean Commission.
La GOC è un organismo internazionale indipendente nato
nel 2013 con lo scopo di compiere studi e formulare delle
proposte concrete a salvaguardia degli oceani. il compito
della Comissione si muove in
quattro direzioni: esaminare le
minacce, i cambiamenti e le
sfide che i nostri mari si trovano ad affrontare; studiare
punti di forza e criticità del
piano giuridico utilizzato dalla
governance; stabilire relazioni
con tutte le parti interessate,
compresi i cittadini e individuare azioni concrete stabilendone fattibilità e costi.
Oggi a seguito della giornata
annuale del mare (8 giugno) la
Global Ocean Commission ci
avverte che proteggere i nostri
amici del mare è, oltre che un
dovere etico, anche un validissimo contributo per evitare i
cambiamenti climatici causati
dall’inquinamento.
Nel rapporto stilato viene evidenziato – riporta il sito Rinnovabili.it – “il ruolo strategico
della fauna marina nella mitigazione del climate change”.
«
Pesca selvaggia, inquinamento
delle acque e cementificazione i primi
nemici delle specie marine
In particolare lo studio sottolinea che alcuni servizi ecosistemici hanno “valore diretto” per
il genere umano. Tra questi i
“servizi di approvvigionamento” come il materiale genetico e le materie prime e i
“servizi di regolamentazione”
come la purificazione dell’aria..
All’uomo spetta ovviamente il
compito di innescare un circolo
vizioso proteggendo la biodiversità delle specie marine
dalla pesca selvaggia e le
acque, habitat necessario alla
loro sopravvivenza, dalle attività nocive. Ad oggi ancora
troppi gli idrocarburi, gli scarichi industriali tossici, i rifiuti
radioattivi (oltre che l’inciviltà)
»
che distruggono il mare, così
come denuncia un altro rapporto dal titolo “Oceani in pericolo” redatto da Greenpeace,
World Watch Institute e Onu.
Il co-presidente della Commissione, Trevor Manuel, ha affermato che, grazie a questa
ricerca, si potrà "vedere e valutare molto più chiaramente
cosa potremmo perdere se non
prendiamo subito le adeguate
misure per tutelare il mare e
governare in modo efficace al
fine di proteggere i servizi ecosistemici vitali".
La ricerca verrà utilizzata
dalla Global European Commission per presentare proposte concrete da applicare per
tutelare l’equilibrio del mare
eche saranno valutate nelle
prossime settimane. In particolare, le azioni si soffermeranno ad arginare il fenomeno
della pesca “cattiva” che influisce negativamente sulle prestazioni offerte da altri “servizi
eco sistemici”, come la cattura
e lo stoccaggio del carbonio.
Secondo i dati sono infatti
sfruttate al di sopra delle possibilità più dell’80% delle risorse ittiche con conseguente
estinzione di molte specie marine.
Non bisogna dimenticare una
concausa altrettanto incidente:
l’urbanizzazione costiera selvaggia ha ridotto del 20%
l’estensione delle barriere coralline e del 35% quella delle
foreste di mangrovie, fucine di
biodiversità. Non resta che
aspettare le proposte formulate per garantire la sostenibilità delle azioni dell’uomo sulle
acque. Nel frattempo, ognuno
nel suo piccolo, e soprattutto
con l’avvento dell’estate, può
fare la sua parte rispettando il
mare e favorendo una spesa di
pesce “consapevole”.
Gas fluorurati a effetto serra:
il nuovo regolamento CE
Brunella Mercadante
Nella GUCE L.150/195 del
20.05.2014 è stato pubblicato il
nuovo Regolamento sui gas
fluorurati a effetto serra che
abroga
il
Regolamento
848/2006/CE. In vigore dal 9
giugno 2014 troverà applicazione a partire dal 1 gennaio
2015. Anche se non più menzionato, la Comunità europea
prosegue la politica ambientale
dettata dal protocollo di Kioto
volto alla riduzione delle emissioni dei gas fluorurati a effetto
serra. Il nuovo Regolamento
stabilisce nuove disposizioni in
tema di contenimento, uso, recupero e distruzione dei gas
fluorurati, nuove condizioni
per l’immissione in commercio
di prodotti ed apparecchiature
specifici che contengono o che
funzionano a mezzo di gas fluorurati, nuove condizioni per gli
usi e i limiti quantitativi per
l’immissione in commercio di
idrofluoricarburi.
Vengono ulteriormente specificate le definizioni di riparazione, installazione, manutenzione e assistenza, ma soprattutto, ai fini della prevenzione,
vengono stabilite le caratteristiche dei controlli, che devono
essere tra l’altro svolti da persone fisiche certificate che, secondo
i criteri stabiliti
all’articolo 10 del Regolamento,
abbiano frequentato corsi di
formazione con valutazione finale. Viene stabilito che devono essere sottoposti a
controlli delle perdite le apparecchiature contenenti gas
fluorurati a effetto serra in
quantità superiore o uguali a 5
tonnellate di CO2 equivalente,
siano esse apparecchiature
fisse di refrigerazione, di condizionamento d’aria, di pompe di
calore , di protezione antincendio, di celle frigorifero di autocarri e rimorchi frigorifero, di
commutatori elettrici. Le apparecchiature contenenti meno di
3Kg di gas fluorurati a effetto
serra e le apparecchiature ermeticamente sigillate contenenti meno di 6 Kg di gas
fluorurati a effetto serra fino al
31 dicembre 2016 non sono
soggetti a controlli di perdite.
Per ciascuna tipologia di apparecchiatura è stata prevista la
frequenza dei controlli e l’istituzione per ciascuna apparec-
chiatura di un apposito registro su cui vanno annotate, a
cura degli operatori che effettuano i controlli: la quantità e
il tipo di gas a effetto serra, la
quantità di gas fluorurati aggiunti durante l’istallazione, la
manutenzione o l’assistenza o
a causa di perdite, la quantità,
la tipologia e il nome e l’indirizzo della casa produttrice del
gas rigenerato eventualmente
installato, la quantità di gas a
effetto serra recuperato, il nominativo e il numero di certificato della ditta che svolge
l’istallazione, riparazione, manutenzione o assistenza, le
date e i risultati dei controlli. I
registri vanno conservati dagli
operatori per almeno 5 anni.
Sono infine stabilite le condizioni di etichettatura.
LA GRANDE ASCESA DELLE RINNOVABILI NELL’UE
Svezia, Estonia e Bulgaria hanno già superato l’obiettivo del 2020
Rosario Maisto
Grazie ad una crescita più sostenuta
del previsto, i paesi dell'Unione Europea sono in anticipo sull'obiettivo di coprire entro il 2020 il 20% del proprio
fabbisogno con energia prodotta da
fonti rinnovabili. La maggior parte dei
28 paesi che fanno parte dell’UE, appare in grado di raggiungere la quota
nazionale di consumi energetici da
fonti rinnovabili prevista dal cosiddetto piano “20-20-20”. Adottato dal
Parlamento europeo, il piano prevede
che entro il 2020 l'UE riduca del 20%
rispetto al 1990 le emissioni di gas
serra, aumenti del 20% l'efficienza
energetica, e porti la quota complessiva di energia da rinnovabili al 20%,
sulla base di obiettivi nazionali differenziati che prendono
in considerazione i diversi punti di partenza degli Stati
membri, il potenziale
di energia rinnovabile
e la capacità economica del paese (per
l'Italia l'obiettivo coincide con quello medio
dell'UE del 20%). Nel
2013 per la prima
volta gli investimenti
in energie rinnovabili
della Cina hanno superato quelli dell'Europa, dove si è
registrato un forte
calo. Tuttavia, come viene sottolineato
dal rapporto Global Trends in Renewable Energy Investment 2014, grazie
alla contemporanea diminuzione dei
costi di produzione degli impianti fotovoltaici, la quota di energia elettrica da
fonti rinnovabili sale dal 7,8 all'8,5%
del totale mondiale. Questa quota di
energia elettrica prodotta dalle rinnovabili ha continuato a crescere globalmente anche lo scorso anno, sebbene
gli investimenti siano calati del 14% rispetto al 2012 e del 23% rispetto al
2011. L'Ufficio statistico dell'Unione
certifica che la crescita delle rinnovabili è stata più sostenuta del previsto,
avendo fatto un balzo del 6% circa rispetto al 2004, primo anno per cui si
hanno dati affidabili per tutta
l'Unione. Tre paesi hanno addirittura
già superato l'obiettivo per il 2020: (la
Svezia, che soddisfa
con le rinnovabili ben
il 51% del suo fabbisogno ed aveva come
obiettivo il 49%,
l'Estonia 25% su un
obiettivo di 24,2 e la
Bulgaria 16,3 su
16%). Per i paesi in
cui le fonti rinnovabili
assicurano la percentuale più alta di consumi coperti, sono in
testa la Svezia, la Lettonia 35,8%, la Finlandia
34,3%
e
l'Austria 32,1%. Fra i paesi in cui le
rinnovabili sono ancora indietro, si segnala in particolare la Gran Bretagna,
che in valori assoluti ha consumi energetici molto elevati, ma oltre a restare
a grande distanza dal proprio obiettivo
del 15% appare intenzionata a ridurre
le emissioni di gas serra investendo
sull'energia nucleare, è infatti di recente l'annuncio della costruzione di
due nuove centrali nucleari che dovrebbero fornire il 7% del fabbisogno
elettrico della nazione, piuttosto che
sulle rinnovabili. Considerati i risultati
già ottenuti otto anni prima della scadenza del 2020, l'UE intende procedere
verso un nuovo obiettivo: portare la
quota delle energie rinnovabili al 27%
entro il 2030, e ridurre le emissioni del
40% rispetto ai livelli del 1990.
In giro per l’universo alla ricerca di altre forme di vita
LA E-SCIENZA: I “MIRACOLI”
DELLA REALTÀ VIRTUALE
Possiamo aggirarci nel nostro
cervello, camminare su Marte o
vedere un virus da vicino. Videogioco o scienza? Entrambi.
Si tratta di un sistema di realtà
virtuale che permette di vedere
in 3D e muoversi in qualsiasi
“ambiente scientifico”, sia esso
un cervello umano sia un sito
archeologico, utilizzando non
l’invenzione, ma dati provenienti da Istituti di ricerca come
la Nasa, e da esami diagnostici
tipici delle neuroscienze come la
risonanza magnetica. Il sistema
si chiama CAVE 2 ed è stato
sviluppato dai ricercatori dell’Electronic Visualization Laboratory (EVL) dell’Università
dell’Illinois a Chicago (UIC).
Tra di loro anche un italiano,
Alessandro Febretti: ora assistente ricercatore e dottorando,
è partito per uno scambio tra
Politecnico di Milano e UIC, per
poi restare dedicandosi alla
messa a punto di questo sistema utile ad altri scienziati, a
medici e studiosi. Lo “strumento” è costituito da 72 pannelli LCD immersivi che
formano un cilindro alto 2.6
metri e con un diametro di più
di 6 metri. Una delle applicazioni vede come protagonisti i
neurochirurghi del College of
Medicine della UIC che hanno
sfruttato il potenziale dello
schermo di CAVE2 per creare
un ambiente virtuale, in dimensioni esagerate, che ricreasse la
struttura anatomica del cervello, in modo da risolvere alcuni problemi riscontrati nelle
arterie cerebrali di pazienti del
tutto reali. La risoluzione dei
normali computer e sistemi di
visualizzazione diagnostica non
era infatti sufficiente per comprendere appieno alcune delle
strutture più interne. CAVE 2
invece permette di andare a
studiare con precisione tutto ciò
che risulta troppo piccolo,
troppo intricato, nascosto o pericoloso, utilizzando i dati di pazienti o ambienti reali. Un’altra
applicazione di successo è nata
da una collaborazione finanziata dalla NASA, per la quale
è stata creata una mappa 3D di
un lago in Antartide, esplorato
da un robot subacqueo. Questa
mappa, formata da 200 milioni
di punti, in CAVE2 si è potuta
riprodurre in scala 1:1 e i ricercatori che hanno lavorato in Antartide sono riusciti a esplorare
di nuovo il lago e a effettuare
misure come se si trovassero
ancora lì. L’obiettivo a lungo
termine di questo progetto è
create un robot da spedire su
una delle lune di Giove (Europa) per sondare l’oceano sotto
la superficie ghiacciata della
luna, potenzialmente in cerca di
vita.
I.B.
Quali sono i prodotti
solari da scegliere?
Buoni per la pelle e per l’ambiente
Se in passato la pelle chiara
era segno di una condizione
sociale elevata, in contrapposizione a quella più scura caratteristica di una vita di
duro lavoro nei campi, oggi al
contrario la pelle abbronzata
è sinonimo di salute, gioventù
e bellezza ed evoca immagini
di vacanza, rilassamento e benessere.
Oltre agli indiscutibili benefici del sole bisogna, però,
tener conto dei possibili danni
causati dall’eccessiva esposizione. Invero oggigiorno, grazie alla sempre maggiore
diffusione di informazioni, vi
è la consapevolezza della necessità di proteggersi adeguatamente dai raggi solari;
oltre, quindi, a non esporsi
durante le ore più calde della
giornata e ai raggi più diretti
grande importanza viene riconosciuta all'uso di specifici
prodotti che, a salvaguardia
della salute della pelle, prevengono rossori, bruciori e
scottature e nello stesso
tempo favoriscono un’abbronzatura graduale e duratura.
Ma come scegliere i prodotti
giusti? Ogni anno all'arrivo
dell'estate l'offerta commerciale di prodotti solari è infinita e diventa estremamente
difficile districarsi tra creme,
gel, oli e spray, sopratutto se
oltre a voler proteggere la
pelle vogliamo anche non
danneggiare l'ambiente. Molti
prodotti solari, infatti, sono
senz'altro buoni per la protezione dal sole, ma quando finiscono in acqua possono
danneggiare coralli e pesci o
lasciare macchie oleose andando ad inquinare un sistema ecologico già fragile.
Inoltre non dimentichiamo
che tubetti, barattoli e contenitori vari sono talvolta difficilmente recuperabili.
Scegliamo, quindi, prodotti
biodegradabili e non ittiotossici. Verifichiamo dall'etichetta che non vi siano
ingredienti a rischio, come
composti petrolati, oli minerali (contenuti nei prodotti resistenti all'acqua), siliconi,
acrilati, condizionanti o addensanti tossici, dannosi per
gli organismi marini. Cerchiamo prodotti che abbiano
filtri fisici, sostanze minerali
come ossido di zinco e biossido
di titanio sono ad esempio
ecologiche, così come anche
filtri chimici di nuova generazione come mexoryl e tinosorb. Oltre ai prodotti che
scegliamo contano molto per
l'ambiente anche i comportamenti: evitiamo tanti prodotti, una protezione 50 per le
parti sensibili ed una medioalta da dosare in base alle necessità
sono
sufficienti,
preferiamo sole e doposole 2
in 1, evitando troppi contenitori, e poi buon senso, cappelli,
occhiali
scuri
e
maglietta sono potenti alleati
e sono completamente ecologici.
B.M.
Guida blu 2014:
i mari più belli d'Italia
La toscana Castiglione della Pescaia, la campana Pollica e la
sarda Posada: sono questi i mari più belli di Italia in base alla
Guida Blu stilata da Legambiente in collaborazione con il Touring Club Italiano. Le ambite cinque vele sono state assegnate
a 14 località marine e 7 lacustri. A seguire, nella classifica dei
mari, Ostuni (Br), San Vito Lo Capo (Tp), Vernazza (Sp),
Otranto (Le), Melendugno (Le), Baunei (Og), Bosa (Or), Maratea (Pz). New entry 2014 Domus De Maria (Ca) e Roccella Jonica (Rc). Per le isole minori premiata Santa Marina Salina
(Me). A conquistare il podio dei laghi più belli sono invece Molveno (Tn) al primo posto, insieme ad Appiano sulla strada del
vino (Bz) al secondo e Fie’ allo Sciliar (Bz) al terzo. La Guida
Blu è aggiornata annualmente in base a criteri come la gestione sostenibile del territorio anche in termini di rifiuti ed
energia, i servizi offerti nel rispetto dell'ambiente e l’alta qualità della ricettività turistica e dell’enogastronomia. “Le località premiate con le 5 vele da Legambiente rappresentano
l’eccellenza dei distretti del nostro territorio costiero – ha affermato Angelo Gentili di Legambiente - La qualità che fa la
differenza e che traccia le linee guida di ciò che dovrebbe rappresentare il futuro del nostro comparto turistico, capace di garantire occupazione e rilancio dell’economia.” Un mix di fattori
che ha fatto sì che Castiglione della Pescaia passasse, rispetto
al 2013, dalla quarta alla prima posizione. La località toscana
si era del resto già aggiudicata quest’anno il premio di Comune
Europeo dello Sport 2014 grazie alle attività promosse di vela,
ciclismo ed escursionismo. Per quanto riguarda la Campania,
Pollica si conferma all’altezza del podio da anni. Per trovare
una seconda località campana bisogna però scendere nella
zona 4 vele dove c’è Praiano, seguita da Anacapri.
Ha sottolineato Salvatore Sanna, vicepresidente di Federparchi: “È attestato che laddove c’è qualità del mare e della costa,
le economie che vi si legano non sentono la crisi. Parchi e aree
protette finiscono spesso per coincidere con le aree che meritano le vele, a dimostrazione del valore aggiunto dato dalle
scelte di quegli amministratori che hanno puntato su qualità
della ricettività”.
A.E.
Neonati sotto l’ombrellone: i consigli degli esperti
Rosa Funaro
Nonostante le tempeste e le
bombe d’acqua dei giorni
scorsi non lasciassero presagire l’imminente arrivo della
bella stagione è finalmente
tempo d’estate! Ma, con
l’estate, arrivano anche i
mille dubbi di chi ha figli piccoli sulle vacanze o sull’esposizione corretta alle alte
temperature. Per aiutare i
genitori a districarsi tra questi innumerevoli quesiti, la
SIN (Società Italiana di Neonatologia) ha stilato un decalogo di regole e consigli in
merito. Innanzitutto, non esiste alcuna controindicazione
nel portare i neonati al mare
ma come sempre, bisognerà
farlo con criterio e logica: non
nelle ore più calde della giornata, non esponendoli ai
raggi solari diretti e proteggendo la loro pelle facendogli
indossare degli abitini chiari
e dal tessuto traspirante e
naturale. È poi necessario
proteggere anche la testa, facendo loro indossare un cappellino a falda larga o con
visiera. Tuttavia il sole non
va demonizzato, è un elemento fondamentale per garantire una crescita sana
dell’apparato muscolo scheletrico e per favorire il buonumore. Inoltre l’esposizione ai
raggi del sole stimola la produzione di vitamina D, che
secondo numerosi studi protegge dalle malattie delle
ossa, dal morbo di Parkinson,
dalle malattie autoimmuni e
dai disturbi cardiovascolari;
basterà applicare sulla pelle
del neonato delle creme pro-
tettive che contengono minerali come ossido di zinco o titanio, grazie alle quali sarà
possibile riflettere i raggi solari impedendone la penetrazione. Anche per quanto
riguarda la montagna, non vi
sono particolari controindicazioni per i neonati, ma i neogenitori dovranno evitare di
portare il piccolo ad altezze
superiori a 2000 mt e proteggerlo ugualmente dai raggi
solari, dalle temperature elevate e dalle zanzare. E i
viaggi? In auto con soste frequenti mentre l’aereo va
usato solo se necessario a
causa degli sbalzi di temperatura e di pressione.
La tecnica naturale del fitorisanamento
Recupero ambientale e opportunità per il paesaggio
Antonio Palumbo
La tecnica naturale del fitorisanamento - più comunemente nota come fitodepurazione - consente il recupero
ambientale di zone umide inquinate mediante l’innesto di
determinate piante, dette “minatrici”, in grado di nutrirsi di
metalli pesanti e di composti
organici, liberando progressivamente il terreno dalla loro
presenza. Si tratta di una
delle “best practice” attualmente più interessanti ed utilizzate nell’ambito della
riqualificazione paesaggistica.
L’idea di base risale già agli
anni Cinquanta, quando alcuni ricercatori sovietici osservarono che piante semiacquatiche come il giacinto e
la lenticchia d'acqua avevano
la capacità di assorbire metalli
tossici quali il piombo, lo zinco
e il cadmio dalle acque contaminate, o che piante come il
crescione alpino prosperavano
in terreni ricchi di zinco e di
nichel. Tra le piante con tali
caratteristiche è in fase di studio l’uso dell’erba storna alpestre, capace di assorbire zinco,
piombo ed altri metalli pesanti
dal terreno.
La bonifica di suoli contaminati con queste specie vegetali
è prioritaria, poiché esse non
si degradano e persistono
nell’ambiente per tempi indefiniti. Il problema è particolarmente rilevante, in quanto
svariate attività umane importanti sono causa di inquinamento:
l’utilizzo
di
fertilizzanti, il traffico motorizzato, gli inceneritori, le cen-
trali termoelettriche e la dismissione di miniere, ad esempio, sono tutte attività
difficilmente sostituibili, che
provocano l’automatica deposizione di metalli sul suolo.
Il fitorisanamento sfrutta la
nutrizione inorganica, con la
quale le piante assumono sia
le sostanze inorganiche essenziali per la loro crescita, sviluppo e riproduzione, sia
quelle non essenziali, che, ad
alte concentrazioni, possono
però risultare tossiche per la
pianta stessa.
L’assorbimento da parte della
pianta avviene attraverso due
meccanismi: assorbimento attivo o simplastico, attraverso il
trasporto delle proteine associate alla membrana delle radici (esso è selettivo rispetto ai
metalli necessari per la vita
della pianta, e l’assorbimento
attivo di metalli non essenziali, quali il Pb, è molto limitato);
assorbimento passivo o apoplastico, tramite il flusso di
traspirazione e convezione di
acqua attraverso l’apoplasma
(superficie delle cellule e spazi
intracellulari).
Il processo che viene sfruttato
per il fitorisanamento dei metalli pesanti non è legato, dunque, alla degradazione dei
contaminanti, ma alla loro
estrazione e accumulo nei tessuti della pianta o alla loro immobilizzazione nella rizosfera.
Particolare attenzione dovrà
pertanto essere posta sul destino delle piante stesse e nel
progetto di bonifica dovranno
essere indicati le modalità e i
tempi di raccolta delle parti
recidibili delle piante nonché
del loro eventuale smaltimento.
La cattura dei metalli è influenzata dal pH del suolo, dal
potenziale redox, dal contenuto di materia organica,
dalla temperatura, dalla cinetica della reazione, dalla mineralogia, dalla capacità di
scambio cationico (CEC) e dal
contenuto di acqua nel terreno
(che può influenzare la crescita di piante e microrganismi e la disponibilità di
ossigeno richiesto per la respirazione aerobica): in particolare, sono preferibili basso pH
e basso contenuto di argilla e
materia organica. Le forme
più facilmente solubili sono le
più pericolose per l’ambiente,
e la conoscenza della composizione della soluzione del suolo
è essenziale per capire l’assorbimento da parte della pianta
degli elementi in tracce.
Un parametro fondamentale
da tenere in considerazione,
infine, è la tossicità del contaminante presente nel suolo
per una determinata specie di
pianta. A seconda del metallo
da estrarre dal suolo, dunque,
bisognerà scegliere il tipo di
pianta più resistente agli effetti nocivi del contaminante:
oltre all’ecotossicità, occorrerà
porre particolare attenzione
affinché il contaminante, passando dal terreno alla pianta,
non possa trasferirsi nella catena trofica, trovando vie di
migrazione molto pericolose e
nocive per l’ambiente.
I mondiali
brasiliani esempio
di risparmio
energetico
e basso impatto
ambientale
Gli stadi diventano sostenibili con l’“eco-bollino”
Ilaria Buonfanti
Un mondiale verde, quello che il Brasile sta ospitando dal 12 giugno al 13
luglio 2014. Non per l’erba dei suoi
campi, ma per l’eco-sostenibilità degli
stadi in cui si stanno giocando le partite più attese dell’anno e alcuni degli
eventi delle Olimpiadi del 2016.
L’eco-programma, basato sulla compensazione delle emissioni di CO2, ha
riguardato sia la parte preparatoria
che quella successiva attraverso la
realizzazione di progetti di cooperazione internazionale nei Paesi in via di
sviluppo, così da rendere i mondiali a
basso impatto di carbonio.
Secondo una stima saranno pari a 1,4
milioni le tonnellate di CO2 prodotte
nel mese in cui si svolgerà il torneo. Il
totale delle emissioni, secondo la Fifa,
dovrebbe invece raggiungere i 2,7 milioni di tonnellate. Con i crediti otte-
nuti dalla cooperazione insieme con
una certificazione ad hoc per gli stadi
si dovrebbe riuscire a tagliare notevolmente l’inquinamento prodotto. In
questo modo infatti, tutti gli stadi taglieranno di almeno un terzo le emissioni ottenendo una certificazione
Leed (Leadership in energy and environmental design), una specie di “bollino” di qualità.Il progetto, che ha
anche già ottenuto il riconoscimento
della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, intende diventare poi un modello
da seguire per l’organizzazione di
grandi eventi. Tutte le sette arene che
ospiteranno le partite per la fase finale
della competizione sono state oggetto
di una serie di interventi pensati secondo criteri di eco-efficienza e risparmio energetico. In alcuni casi si tratta
di strutture completamente nuove,
come il National Stadium Mane Gar-
rincha di Brasilia, inaugurato dal presidente DilmaRoussef il 18 maggio
2013. Potrebbe essere il primo stadio
al mondo a ricevere il certificato di sostenibilità Leed Platinum, grazie all’impianto fotovoltaico con pannelli in
ETFE installato sull’anello superiore,
capace di generare fino a 2.5 Megawatts di energia e tagliare le spese di
2.4 milioni di sterline l’anno. In questo
modo il Mane Garrincha riesce a produrre energia più che bastevole per il
proprio fabbisogno.
Non sono rimaste indietro nemmeno
le arene “storiche”, come il Maracanà,
il celeberrimo stadio di Rio de Janeiro
che ospiterà la finale della Coppa del
Mondo FIFA il 13 luglio 2014 e che
monta pannelli fotovoltaici sul tetto e
vanta un sistema di riciclo delle acque
per il risparmio energetico.
Anche allo stadio Castelao di Fortaleza l’energia pulita ha fatto gol. Nel-
l’arena sportiva da poco ristrutturata
gli standard di eco-sostenibilità che
stanno caratterizzando questi Mondiali non vengono solo rispettati, ma
in alcuni casi superano le più rosee
previsioni. Il Castelao è stato il primo
stadio ad essere consegnato alla fine
dei lavori, costando anche meno rispetto ai colleghi Mane Garrincha o
Maracanà: 250 milioni di dollari contro 500. Ma soprattutto è stato il
primo impianto brasiliano ad aver ricevuto la certificazione Leed.
Non solo stadi però in questo progetto
“green” ma anche tanto altro. Grande
importanza anche agli spostamenti intelligenti e non inquinanti. Circa 1900
posti auto sono riservati al servizio di
car sharing o ai veicoli alimentati da
carburanti alternativi. Sono state intensificati i mezzi pubblici, con quattro
linee dirette allo stadio con una frequenza di circa 200 corse al giorno.
I mondiali in Brasile si tingono di verde
Divise “green” per 10 nazionali
Ormai siamo in pieno clima
“mondiale” e la febbre per la
tanto agognata Coppa del
Mondo sale ogni giorno che
passa. Ma, molto probabilmente, nessuno sa che alcune
squadre hanno già vinto per
questo duemilaquattordici il
trofeo della sostenibilità. Si
tratta di squadre, secondo
quanto riporta il sito “In a
Bottle”, che sfoggiano delle divise completamente sostenibili perché realizzate con
bottiglie di plastica riciclata.
Tra queste, però, non compare
l'Italia, le cui divise non sarebbero ancora abbastanza
green. Peccato! Ma, come si
dice, non è mai troppo tardi.
Le nazionali che si sono aggiudicate il riconoscimento per la
sostenibilità sono: Brasile,
Francia, Grecia, Portogallo,
Usa, Australia, Corea del Sud,
Croazia, Inghilterra e Olanda.
Le loro divise sono state rea-
lizzate con un innovativo materiale, il poliestere riciclato,
rendendole le più eco-compatibili mai prodotte. In questo
modo queste nazionali stanno
lanciando un messaggio importantissimo di sensibilizzazione verso un tema alquanto
delicato, quello del riciclo della
plastica. Ogni completo da
gara è stato realizzato impiegando fino a tredici bottiglie di
plastica riciclate. Questo innovativo processo di fabbricazione riduce i consumi
energetici fino al trenta per
cento rispetto al poliestere
tradizionale. Il tessuto, inoltre, è più leggero del ventitrè
per cento, con una struttura
della maglia più resistente del
venti per cento. E, ancora,
presenta una tecnologia per
assorbire l'umidità dal corpo
degli atleti e mantenerli così
freschi e asciutti in campo.
Quindi, divise utili non solo
all’ambiente ma anche ai calciatori stessi, che potranno
dare il massimo nell’area di rigore vestiti di ogni confort, naturalmente
only
green.
Insomma, un segno, questo,
tangibile del fatto che la sostenibilità sembra diventare
sempre più importante, anche
per il mondo dello sport, perché la salute del nostro Pianeta coinvolge tutti e non è
un problema di pochi. E chi
più di calciatori, miti per
grandi e piccini, può rappresentare un buon esempio da
emulare? Non possiamo fare
altro, dunque, che dare pollici
in su a tutte queste squadre,
augurando un buon mondiale
green a tutti e che vinca la migliore.
A.P.
Combattere gli stati depressivi con l’ecoterapia
Lo stress cittadino si riduce ristabilendo il contatto con la natura
Fabiana Clemente
Vi siete mai chiesti perché al
rientro a casa, dopo una lunga
giornata al mare, si avverte un
singolare senso di stanchezza
che ci induce a dormire come
un sasso? Come mai durante
una passeggiata in un parco
avvertiamo uno stato di leggerezza e pace? Medesima condizione che leggiamo anche sui
volti estranei che ci circondano. Adesso proviamo a
creare una rappresentazione
mentale degli stessi volti, inseriti in un contesto cittadino
durante una consueta settimana lavorativa.
Qual è il risultato? Espressioni
corrucciate, accompagnate da
occhiaie e da un palese senso
di affaticamento. La differenza
tra gli stati umorali sopracitati
è la risposta dello stile di vita
a cui il nostro organismo è sottoposto quotidianamente. Da
uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Rochester e pubblicato sul
Journal of Environmental
Psycology, è stato dimostrato
che stare a contatto con la natura sia un vero toccasana per
ritrovare un equilibrio psicofisico. Ricerche scientifiche –
made in USA - risalenti a circa
30 anni fà, hanno dimostrato
che pazienti ricoverati in
strutture dotate di ampi spazi
green, si riprendevano dalla
malattia in tempi più brevi, lamentando mano dolore e
stress fisico. Dello stesso parere è la Medicina Naturale
orientale, secondo cui vivere a
contatto con la natura avrebbe
sull’organismo un vero e proprio effetto preventivo. E’ stato
dimostrato che la natura aumenta la produzione di linfociti NK responsabili della
distruzione di cellule tumorali,
dell’aumento dei globuli bianchi, e della riduzione dei livelli
di glucosio nei casi di diabete.
Dello stesso parere è la
dott.ssa Carla Schiaffelli – responsabile dei processi formativi della Scuola di Agraria del
Parco di Monza e membro
dell’Associazione Italiana di
ortoterapia. Lo stress che maturiamo ogni giorno, a causa
dei ritmi frenetici, del traffico,
dello smog e del caos che ci circondano, può ridursi notevolmente ristabilendo il contatto
con la natura. Va da sé che
l’inverno allontana le rinfrescanti nuotate a mare e le lunghe passeggiate nei boschi,
divenute ormai solo un ricordo. E allora come ricaricare
quell’energia psichica di cui
parlava Freud? Lungi dal cer-
care una risposta nei rimedi
farmacologici, è possibile ritagliarci, in settimana o nel weekend, un momento di relax
tutto nostro. Parola d’ordine:
natura! Prendiamoci cura dei
nostri gerani, dedichiamoci
alla coltura di basilico, rosmarino e qualche pianta aromatica. Se lo spazio ce lo
consente, possiamo cimentarci
anche nella realizzazione di un
piccolo orticello. La cura e la
soddisfazione di vedere i frutti
maturare giorno dopo giorno,
non può che giovare al nostro
umore, e perché no alla nostra
autostima. Adottare un amico
a quattro zampe, una tartaruga o un pesciolino rosso.
Anche la pet-therapy è nota
per mitigare ansie e preoccupazioni. Dopo il lavoro, ritagliamo per noi stessi una
mezz’ora per una passeggiata
al parco. In televisione, privi-
legiare un programma on nature. Mens sana in corpore
sano? L’ecoterapia è la soluzione per alleviare le tensioni
e ridurre l’ansia. Dopotutto,
non dobbiamo allontanarci
tanto per ritrovare il nostro
equilibrio psichico. E una volta
raggiunto, miglioreranno di
conseguenza le nostre relazioni sociali, il nostro ruolo lavorativo, di genitore, di figlio,
di amico.
Dagli Usa la possibilità di distruggere cellule tumorali con un batterio comune
La viroterapia: una cura anticancro?
Cosa accomuna un banale
morbillo e il cancro? Apparentemente niente, eppure la ricerca scientifica dice altro!
Studiosi della Mayo Clinic di
Rochester, in Minnesota,
hanno condotto una sperimentazione su come distruggere le cellule tumorali a
partire da un batterio comune. Nello specifico, hanno
rilevato che una dose massiccia di virus del morbillo ha infettato ed ucciso le cellule
cancerogene, preservando allo
stesso tempo i tessuti sani.
Una prova iniziale di questa
cura sui generis, ha visto
come protagoniste due pazienti affette da un mieloma
multiplo, che lottano rispettivamente da nove e sette anni.
Nel primo caso siamo in presenza di una remissione –
dopo il trattamento farmaco-
logico – da circa sette mesi.
Nel secondo, invece, i medici
hanno riscontrato una riduzione del tumore sia a livello
del midollo osseo che delle
proteine di mieloma.. Sul
fronte italiano, gli esperti nel
settore frenano gli entusia-
smi. Il direttore di Ematoncologia e Trapianto di midollo
del San Raffaele di Milano,
pur esaltando i meriti dello
studio americano, ritiene indispensabile continuare la
sperimentazione ed osservare
i nuovi risultati prima di can-
tar vittoria. Allo stesso modo,
il presidente della Società Italiana di Ematologia e direttore
dell’Ematologia
e
Trapianti di midollo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di
Napoli, il professor Fabrizio
Pane, consiglia la massima
cautela. E’ necessario, secondo l’esperto valutare i risultati
delle
ultime
sperimentazioni attualmente
in corso presso la Mayo Clinic. In questi mesi, infatti, i
ricercatori
statunitensi
stanno procedendo con dosi
più elevate del morbillo, per
provocare una demolizione ad
ampio spettro. E’ necessario
dunque, considerare una
serie di variabili, che per il
momento non sono oggetto di
considerazione. Quali, le vaccinazioni effettuate dal pa-
ziente in età infantile oppure
le modalità responsive al trattamento di ogni singolo soggetto. Last but not least, i
tempi e gli ostacoli burocratici
cui siamo avvezzi ad assistere
in ambito sanitario. E se davvero ci ritrovassimo di fronte
ad una scoperta scientifica
che avrebbe del miracoloso?
Le speranze e le preghiere di
migliaia di malati troverebbero una risposta. Questo
connubio ha, tuttavia, radici
ben più lontane. Circa 60
anni fa, la ricerca medica sosteneva l’importanza della viroterapia, come trattamento
antitumorale a base di virus.
Cosa è successo nel frattempo
non è dato saperlo. Non ci
resta che confidare nell’avanguardia scientifica, per evitare un’ulteriore situazione di
stallo.
F.C.
L’industria tessile e manifatturiera nelle Due Sicilie
Dagli appartamenti ai più grandi opifici della penisola
Gennaro De Crescenzo
Salvatore Lanza
L’industria tessile era certamente tra quelle più sviluppate del Regno.
La lavorazione domestica di
lane e cotoni, del resto, era diffusa fin dal periodo medievale
e quasi in ogni casa nelle zone
agricole si poteva trovare un
telaio.
Nell’Ottocento pre-unitario,
grazie al protezionismo doganale, soprattutto nelle aree del
salernitano, del casertano
(presso la Valle dell'Irno e del
Liri) e degli Abruzzi, si verificò
il passaggio dal lavoro a domicilio a vere e proprie fabbriche.
Si affermano così i lanifici napoletani
Scotto-Giannini,
quello presso l’Albergo dei Poveri, il Sava a Santa Caterina
a Formello (presso Porta Capuana) con una famosa produzione di pantaloni rossi per
l’esercito napoletano e francese; i cotonifici meccanizzati
fondati da imprenditori svizzeri a Piedimonte Matese, Salerno, Pellezzano, Angri e
Scafati; i linifici e i canapifici
presso Sarno; le aziende per la
lavorazione della seta ancora
presso Napoli (8 solo a Portici,
in testa la Betz a Palazzo
Ruffo, specializzata per nastri
e stoffe), a Barra e a Frattamaggiore e Ottaviano (funi e
tele). Non tutte le aziende disponevano di veri opifici, uti-
lizzando spesso appartamenti
più o meno ampi: a Napoli
erano presenti soprattutto nel
centro storico (da Mezzocannone a Forcella) ma 14 di esse
risultano presenti tra il 1818 e
il 1860 alle varie esposizioni
industriali distinguendosi per
la qualità dei loro prodotti
(tessuti di lana, cotone, seta
e lino, coperte, scialli, tappeti,
calze, maglie). Emergevano,
tra gli altri, i moderni impianti della Compagnia Sebezia, della Società Partenopea o
del Real Convitto del Carminello con la produzione di seta,
nastri e “raso liscio da non potersi desiderar meglio, operato
di diversi colori, stoffe rasate
bianche broccate in oro”, premiato anche alla Mostra industriale del 1853 e in grado di
formare professionalmente alcune centinaia di ragazze all’anno addirittura con stage
all’estero. La storia di San
Leucio risulta interessante e
significativa anche sotto
l'aspetto tecnico-produttivoindustriale. Già Carlo di Borbone aveva cercato di
promuovere senza grande successo la nascita di una manifattura presso San Carlo alle
Mortelle nella capitale, per
evitare di comprare all’estero
le sete richieste nel Regno. La
svolta si ebbe allora a Caserta:
dopo la realizzazione del progetto architettonico, si cominciò dal
miglioramento
apportato al sistema di “trattura” (dipanamento dei bozzoli) e di filatura, per passare
poi alla sperimentazione di
nuovi filati per veli, calze, rasi,
cotoni e per tutti gli altri prodotti che venivano commercializzati nei magazzini presso
la manifattura e a Napoli,
presso il Sedile di Porto e
presso via Toledo. La gestione
dal 1798 non fu più diretta e fu
appaltata a terzi o agli operai
stessi per le principali operazioni della lavorazione. Anche
se sono poche le notizie relative alle prime produzioni, è
certo che si rifornivano presso
la fabbrica la famiglia reale e
tutte le famiglie più importanti del Regno acquistando
tessuti per abbigliamento e
per arredamento: damaschi,
rasi, velluti, broccati a righe,
racemi, nastri o festoni, seguendo le mode del tempo.
Successivamente, verso il
1860, la Real Fabbrica di tessuti di seta possedeva 114
bacinelle a vapore , 9 filatoi,
diversi incannatoi di seta
grezza, una tintoria con tre
grandi caldaie, diversi orditoi
con la capacità di corrispondere ai bisogni di oltre 150
telai in opera, 130 telai per le
sete, 80 per i cotoni. 600 i lavoranti nella comunità: il ciclo
produttivo era completo e andava dall'allevamento del baco
da seta ad un prodotto finito
che per la qualità delle trame
e dei disegni fu apprezzato in
tutto il mondo e presso le più
grandi corti europee, dove lo si
può ammirare ancora oggi. Alcuni antichi setifici sono stati
restaurati e altri ancora sono
da restaurare e con essi telai,
strumenti e oggetti vari delle
storiche produzioni seriche
leuciane. Una maggiore valorizzazione di tutto il sito potrebbe essere fondamentale
anche per le seterie ancora
attive, non numerose ma in
grado di esportare prodotti ancora apprezzati soprattutto
all’estero per la loro tradizionale qualità.
Fu acquistato dal Comune di Mignano soltanto nel 2009
IL CASTELLO DI MIGNANO MONTE LUNGO
Linda Iacuzio
Nel saggio Note e documenti
per la storia feudale del castello di Mignano Montelungo,
Adolfo Panarello afferma che
il primo riferimento storico
all’oppidum Miniani in Terra
di Lavoro risale all’agosto del
1034.
Sappiamo inoltre che nel
1222, regnando Federico II,
Mignano e il suo castello facevano parte, con ogni probabilità, del Demanio della Corona
sveva. Ma, partito l’imperatore alla volta della Terrasanta per partecipare alla
Crociata, papa Gregorio IX,
approfittando della sua as-
senza, radunò un esercito ed
entrò nel Regno il 18 gennaio
1229, conquistando diversi
possedimenti imperiali, fra
cui - appunto - Mignano. Tornato dall’Oriente, Federico II
riottenne però in breve tempo
i territori perduti.
Dopo l’avvento degli Angioini,
fu signore della Baronia di Mignano Ugone Sorello. Fra il
1283 e il 1285 Carlo I d’Angiò
donò i castelli di Mignano, di
Pentima e di Mastrati al milite Riccardo di Chiaromonte
che ne divenne feudatario,
avendo sposato Egidia Sorello,
nipote di Ugone.
Più tardi il feudo di Mignano
passò ai della Ratta. Nel 1496
subentrò nel possesso Rinaldo
Fieramosca, padre dell’Ettore
della “Disfida di Barletta”.
Questi, succeduto al genitore,
seguì nell’esilio francese il re
Federico d’Aragona, perdendo
provvisoriamente il feudo.
Rientrato nel Regno, Fieramosca riuscì a inserirsi nella
lotta tra Ferdinando il Cattolico e Luigi XII per il possesso
dello Stato napoletano e ad essere investito da Ferdinando
della Contea di Mignano nel
1504. Dopo alterne vicende, la
terra e il castello pervennero
ai de Capua; nel 1797 furono
intestati a Vincenzo Tuttavilla, duca di Calabritto, che li
tenne fino all’emanazione
delle leggi eversive nel 1806.
Nel 1845 il castello venne in
possesso della famiglia Nunziante, che ne perse la proprietà durante il Fascismo.
Tuttavia Benjamin Seymour
Guinness - il quale sposò in
seconde nozze, nel 1936, la
marchesa Maria Nunziante di
Mignano - riscattò il maniero
e lo restaurò. Alla sua morte,
la fortezza fu venduta alla diocesi di Teano. Fino agli anni
Settanta del Novecento venne
usata per alcune manifestazioni popolari; dopo di che
cadde in completo abbandono.
Nel 2009 il castello è stato infine acquistato dal Comune di
Mignano.
Gervasio di Tilbury a Napoli
Lorenzo Terzi
Fra le più antiche e singolari
testimonianze su Napoli dobbiamo annoverare quella di
Gervasio di Tilbury, scrittore
inglese dell’Essex vissuto fra il
XII e il XIII secolo, morto dopo
il 1211. Studiò in Italia, prima
a Roma e poi a Bologna. Fu
quindi al servizio di Enrico, figlio di Enrico II d’Inghilterra,
dell’arcivescovo di Reims Guglielmo di Champagne, di Guglielmo II di Sicilia e infine
dell’imperatore Ottone IV di
Brunswick, per il quale Gervasio redasse gli Otia imperialia,
finiti intorno al 1211. Gli Otia
consistono in una miscellanea
di notizie, precetti storico-politici, leggende religiose, rac-
conti folkloristici. Dal punto di
vista storiografico, essi sono rilevanti soprattutto per le informazioni sui re d’Inghilterra
dal 1066 al 1099 che l’autore
fornisce nella seconda parte
dell’opera.
È noto che il “magico” è una categoria familiare a Napoli,
tanto che molti scritti dedicati
alla città hanno accennato a
questo elemento, o addirittura
sono stati incentrati esclusivamente sulla dimensione del
“meraviglioso” in terra partenopea. Il mito riguardante le
presunte doti taumaturgiche
del poeta latino Virgilio, per
esempio, ha dato origine a diversi racconti fiabeschi ambientati,
per
l’appunto,
all’ombra del Vesuvio.
Gervasio di Tilbury, negli Otia,
dà il suo contributo all’arricchimento di siffatto repertorio
aneddotico narrando che a Napoli Virgilio, “per mezzo del-
l’arte matematica”, costruì una
mosca di bronzo: finché fosse
stata custodita intatta, essa
avrebbe impedito alle vere mosche di infestare la città. Lo
stesso autore dell’Eneide
avrebbe anche nascosto in un
macello un pezzo di carne in
grado di rendere imputrescibili
tutte le carni ivi conservate.
Il letterato inglese ricorda un
altro prodigio operato da “Virgilio mago” a Porta Nolana. Da
questo ingresso, nota Gervasio, si snoda una via “costruita
con pietre a regola d’arte”.
Sotto una statua eretta in un
punto della strada, Virgilio
avrebbe imprigionato “ogni genere di rettile nocivo”; sicché a
Napoli, sebbene la città sia “di
assai vasta circonferenza” e
appoggiata “su colonne sotterranee”, non si trova mai un
serpente pericoloso, neppure
nelle caverne o nei giardini
chiusi nel recinto delle mura.
A TARANTO SI RIPARTE DALLA CANAPA!
La fitodegradazione per coltivare su aree fortemente inquinate
Fabio Schiattarella
Era il 2008 quando l’allevatore tarantino Vincenzo Fornaro, causa emissioni dell’Ilva, è costretto ad abbattere
oltre duemila pecore.
Attualmente, l’allevatore sta seminando con la canapa qualche ettaro del
suo terreno. Come? Con la fitodegradazione , un processo che permette ad alcune piante erbacee a rapido
accrescimento di assorbire inquinanti
organici dal terreno, ha deciso di donare un futuro a un’area che a causa
dell’inquinamento industriale non può
più essere dedita al pascolo.
Fornaro è oggi l’immagine di un’ Italia
che resiste e che si batte contro il malaffare e l’inquinamento.
Questa “ rivoluzione verde ” ha donato
linfa vitale nuova al territorio. ù
Il processo ha trovato anche il consenso della comunità scientifica. Secondo Angelo Masacci, direttore
dell’Istituto di biologia agro-ambientale e forestale del Cnr di Porano, le
piante hanno evoluto efficienti sistemi
di difesa e tolleranza verso gli inquinanti del suolo.
Alcune specie vegetali, dette “escludenti”, riescono a evitare l’effetto tossico dei metalli pesanti in eccesso,
preservano i frutti ed eliminano il rischio di diffusione nella catena alimentare.
Altre, definite iperaccumulatrici, rie-
scono ad assorbire nei propri tessuti
quantità di metalli pesanti da decine a
migliaia di volte superiori a quelle tollerate da altri organismi. Nel caso di
Taranto l’unico dubbio deriva dalla disponibilità di acqua nel suolo, la masseria, infatti, sorge in un’area che,
nelle prossime settimane, sarà spesso
scaldata da più di trenta gradi. Per far
crescere al meglio la canapa è necessario che il terreno sia sempre umido e
che, in assenza di piogge, permetta
una risalita capillare dell’acqua dalla
falda.
FINO AL 23 NOVEMBRE PROSSIMO ARCHITETTURA IN MOSTRA
La 14esima Biennale di Venezia
Elvira Tortoriello
Il 7 Giugno è stata inaugurata
la 14°edizione della Biennale di
Architettura di Venezia. Il curatore della mostra Rem Koolhaas, ha scelto il tema
“Fundamentals”, facendo riferimento al passato e alle architetture storiche che hanno
caratterizzato i Paesi partecipanti. Il filo conduttore è stato
la ricerca dei fondamenti dell’architettura, cioè gli elementi
principali dei nostri edifici: pavimenti, tetti, scale.
L’esposizione analizza quindi
l’evoluzione di tali elementi nel
corso della storia, la loro reinterpretazione in diverse culture e
l’innovazione tecnologica che
hanno avuto nel corso del
tempo. Afferma Koolhaas che
“attraverso una panoramica globale dell’evoluzione degli elementi architettonici condivisi da
tutte le culture, la Mostra
estende il discorso dell’architettura al di là dei suoi parametri
tradizionali, e coinvolgerà ampiamente il pubblico nell'esplorazione di una dimensione
familiare, perduta e visionaria”.
Nei Padiglioni Nazionali il tema
è “Absorbing Modernity: 19142014”. Si tratta di un viaggio
storico tra le architetture del
passato fino ad arrivare ad oggi.
L’architettura di inizio XX secolo aveva spiccati caratteri nazionali che la rendevano
facilmente identificabile mentre
oggi queste caratteristiche na-
zionali peculiari si sono perse
per lasciare posto ad una uniformità di linguaggio. L’Arsenale
ospita “Monditalia”: danza, musica, cinema e teatro daranno
una visione collettiva del nostro
paese. Il Padiglione Italia è
ideato e curato da Cino Zucchi,
autore di progetti importanti
come gli edifici residenziali e per
uffici nell’area dell’ex Alfa
Romeo a Milano, la galleriascultura di Lugano, la sede Salewa a Bolzano, l’ampliamento
del museo dell’automobile di Torino e il masterplan per l’area di
Keski Pasila a Helsinki.
La vera sfida si giocherà adesso, vista
l’usuale torrida estate tarantina.
Tutte le speranze sono riposte sulla canapa, una pianta che ha proprietà disinquinanti e molteplici utilizzi:dalla
bioedilizia al tessile, all’impiego in ambito farmaceutico o alimentare.
Energia spesa, energia guadagnata!
Una palestra all'aperto, per
fare attività fisica, mantenersi
sani e... generare energia! The
Great Outdoor Gym Company
è una società con sede nel
Regno Unito che ha creato e installato tutta una serie di palestre a cielo aperto che generano
elettricità. Tutto è nato dall'idea di Matt, insegnante di
educazione fisica e giocatore di
basket professionista, che voleva aiutare le comunità a mantenersi più attive, offrendo strutture di alta qualità alla portata di tutti. "Sento che abbiamo
una reale opportunità di trasformare i parchi locali e i campi
da gioco in spazi di salute e benessere per l'intera comunità e
affrontare i problemi di salute con la prevenzione, piuttosto che
con le cure". Fin dall'inizio, il Team TGO, pioniere delle palestre
all'aria aperta, ha adottato anche un disciplinare di produzione
di palestre all'aperto, per dare ai clienti protezione e garantire
che le attrezzature siano sicure, inclusive e ben collaudate. E
oggi ne hanno installate tantissime, anche nelle scuole. Come
al Sir George Monoux College, con cui ha da poco vinto l'Ashden
School Award, premio inglese per l'energia di scuole e college.
Ma come funziona la palestra? Semplice: l'energia meccanica
delle attrezzature viene convertita e trasformata in energia pulita a costo zero. Il tutto è visibile anche sugli attrezzi, che mostrano su un display l'energia generata dagli utenti. L'energia
prodotta viene utilizzata per illuminare la zona di notte o per
caricare i cellulari, ma potrebbe anche alimentare le abitazioni
nelle vicinanze, o essere immessa in rete.
(greenme.it)
Da Bologna la rivoluzione social street
Dal virtuale al reale per un vivere più sostenibile
Cristina Abbrunzo
Via Fondazza è la prima social
street d’Italia e del mondo.
Fino a qualche mese fa era una
delle tante affascinanti strade
di Bologna con i portici, qualche
osteria e le vecchie botteghe,
ora è una strada speciale, più
famosa della celebre via Gluck.
L’idea è nata a un residente,
Federico Bastiani, giornalista,
esperto di comunicazione e
papà: “Mi sono accorto che non
conoscevo nessuno dei miei vicini, nonostante da qualche
anno abitassi in questa strada.
Avvertivo un senso di isolamento e di indifferenza. Poi mi
è nato un bambino e con mia
moglie ci siamo detti che, non
avendo parenti qui, sarebbe
stato bello scoprire se ci fossero
altri bimbi vicini a casa nostra.
Ho deciso di aprire un gruppo
su Facebook “Residenti in Via
Fondazza – Bologna” e di stampare una cinquantina di volantini per coinvolgere anche chi
non fa uso della tecnologia.
Speravo aderissero 20 persone,
già così pensavo sarebbe stato
un gran successo. Adesso siamo
arrivati a 930 su una via di 500
metri». Da allora il gruppo è
cresciuto in modo sorprendente
e l’esperimento si è esteso a
macchia d’olio lungo tutta la
penisola ed è stato imitato
anche all’estero. Attualmente ci
sono 260 social street in Italia e
una ventina nel mondo tra
Nuova Zelanda, Croazia e Bra-
sile, con 12mila persone che
non sono più estranee con i loro
vicini di casa. Via Fondazza è,
dunque, la strada che sta insegnando una cosa semplice e dimenticata, soprattutto nelle
grandi città: il vicino di casa
non è qualcuno da temere o con
cui litigare alle riunioni di condominio, ma una persona che,
se può, ti aiuta. L'obiettivo di
una Social Street è proprio
quello di socializzare con i vi-
cini della propria via di residenza al fine di instaurare un
legame, condividere necessità,
scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse
comune e trarre quindi tutti i
benefici derivanti da una maggiore interazione sociale. Tutto
nasce dal virtuale grazie al noto
social network Facebook che
rappresenta il mezzo per far incontrare le persone a costo zero
senza aprire nuovi siti, o piattaforme. Nessuno spende
niente e nessuno ci guadagna
niente. Non servono soldi, è soltanto un investimento umano.
Dal virtuale si passa poi alla
concretizzazione, al reale. Sul
web si parla dei problemi della
strada, delle questioni da affrontare e da risolvere, ma partono anche un mucchio di idee:
si organizza una festa di Natale, una mostra fotografica, si
Un’app per la difesa del decoro urbano
La tecnologia per segnalare il degrado cittadino
La tecnologia non sempre è una
cosa malvagia. Ciò che la rende
tale è l’uso che ne facciamo.
Esistono infatti una serie di applicazioni che, ad esempio, se
caricate sul nostro smartphone,
lo possono far diventare uno
strumento green. Tra le tante
da evidenziare: Decoro Urbano,
un’applicazione gratuita con
cui gli utenti possono rendere
noto il degrado della propria
città, un filo diretto tra cittadini
e amministrazioni pubbliche. Il
progetto è in costante sviluppo
ed è attualmente possibile segnalare rifiuti abbandonati,
buche sul manto stradale, affissioni abusive, atti di vandalismo, problemi di segnaletica
stradale e incuria nelle zone
verdi. Le segnalazioni o foto inviate dallo smartphone vengono automaticamente localizzate tramite GPS e sono liberamente consultabili dall’app e
sul sito www.decorourbano.org.
Per utilizzare l'applicazione è
necessario registrarsi oppure in
alternativa utilizzare il proprio
account Facebook per effettuare il login.
Si tratta quindi di un utilizzo
mirato e responsabile della rete
per comunicare la presenza
dell’Amministrazione nel territorio, da integrare con i sistemi
tradizionali di comunicazione e
con altri social network, in
modo da coinvolgere sempre di
più la comunità. Grazie a questo servizio gratuito le Istituzioni avranno la possibilità di
monitorare costantemente il
territorio e organizzare meglio
gli interventi, ma anche di informare automaticamente i cittadini sullo stato delle proprie
segnalazioni e quelle relative
alla propria zona.
Mente i cittadini potranno
sfruttare l’opportunità di controllare e tutelare il Bene Pubblico
personalmente
e
diventare parte attiva del decoro del proprio territorio. Una
sinergia che ci consentirà di migliorare la vivibilità delle nostre cittadine.
C.A.
lancia un progetto per gestire
un giardino comunale, si abbellisce la strada con alcune fioriere fatte con materiali di
recupero. E poi nella vita reale,
soprattutto, ci si incontra e, nei
limiti del possibile, ci si aiuta.
C’è chi vuol vendere un frigorifero, chi chiede informazioni sui
medici della zona, chi si è appena trasferito e vuole conoscere qualcuno e così via.
L’esperimento “social street di
via Fondazza” è diventato un
vero e proprio caso di studio. Al
gruppo Facebook si sono iscritti
antropologi e sociologi che
stanno esaminando quanto sta
accadendo in questa ormai famosa via. Da altre città arrivano continue richieste per far
nascere altre social street ed è
stato istituito un sito www.socialstreet.it per mettere in rete
tutte le esperienze in merito.
Iniziative come questa fanno
ben sperare in un futuro sempre più all’insegna del vivere
sostenibile, dove la parola d’ordine è creare occasioni e attivare situazioni che costruiscano rapporti di fiducia e che
aiutino a sentirsi parte di una
comunità. Il fenomeno Social
street, come è stato definito, è
in effetti un “acceleratore di fiducia”, questo è il motore di
tutto, lavorare sulla socialità
disinteressata, affinché si possano costruire rapporti di fiducia.
L AVORO E PREVIDENZA
Le riforme del Governo
Eleonora Ferrara
Il lavoro del Governo, relativamente alla riforma della
Pubblica Amministrazione, è
quasi completato.
Tra le altre cose si prevede, a
far data dal primo settembre
prossimo, una forte riduzione
di permessi sindacali, distacchi e aspettative, finalizzata
alla piena fruizione della collaborazione dei sindacalisti,
in ambito lavorativo.
Senza alcun dubbio, Renzi sta
rompendo tutti gli schemi ancestrali, cercando di debellarli, per concretizzare una
P.A. ben lontana da consolidati e farraginosi sistemi burocratici.
In tale contesto, il sindacato
viene visto quale elemento
imprescindibile della vita lavorativa, che con il proprio
operato difende gli interessi
dei lavoratori, muovendosi su
un terreno che gli è del tutto
familiare, ossia l’ambiente di
lavoro. In tal modo, verrebbe
resa più efficiente la stessa
P.A. ed è previsto che se ne
conseguirebbe un grosso risparmio.
Sono previste novità anche in
tema di pensioni, Cesare Damiano, infatti, continua a sostenere la necessità di
intervento, da parte del Governo, in questo settore, per
apportare concrete soluzioni.
Tra le proposte possibili, c’è
l’opzione donna per la pensione anticipata alle lavoratrici, in base alla quale il
pensionamento sarebbe anticipato a 57 anni e 3 mesi con
almeno 35 anni di contributi.
In tal caso il calcolo della pensione verrebbe effettuato interamente
con
sistema
contributivo.
Come è ben noto, questa possibilità era già in vigore, ma
in scadenza a fine novembre
2014 per le lavoratrici dipendenti, qualche tempo fa ne
era stata annunciata la proroga, non ancora intervenuta
a tutt’oggi.
Possiamo ben dire, quindi,
che il Governo si muove all’insegna della flessibilità.
Tornare, perciò, sul tema
delle pensioni è fondamentale
anche per creare quelle condizioni ottimali per svecchiare
gli organici, venendo incontro,
in tal modo alle esigenze delle
imprese e degli stessi lavoratori.
Le imprese, sono di frequente
impegnate in processi di ri-
strutturazione per rendere
più efficiente la struttura e
ringiovanire gli organici, cosa
che, allo stato attuale diventa
difficile realizzare, dato che
non è possibile fare uscire anticipatamente i lavoratori attraverso la previsione di
incentivi.
Chi aveva attuato queste misure prima della riforma Fornero, ha finito per creare gli
«esodati», cioè i lavoratori che
avevano siglato accordi con le
aziende per un accompagnamento verso una pensione
che, in seguito, si è rivelata irraggiungibile, lasciando, di
fatto, il lavoratori privi di alcuna fonte di sussistenza.
E’ pur vero che con diversi decreti il Governo Monti intervenne per salvaguardare gli
esodati, anche se solo in
parte.
Sono previsti cambiamenti
anche per il Fisco. Difatti
dopo il 730 precompilato e la
riforma del catasto, potrebbe
trovare attuazione anche la
riforma di Equitalia, che da
ente di riscossione, diventerebbe un ente al servizio del
cittadino.
Il bonus Irpef di 80 euro, inol-
tre, verrebbe esteso anche alle
famiglie monoreddito con figli
e agli incapienti, ed è prevista
la revisione dello sgravio Irap
del 10% per le imprese.
Dal canto suo, il ministro del-
l'Economia Padoan è convinto
che sia necessario “rendere
più equo l'onere del prelievo
fiscale. Perchè bisogna tenere
conto delle difficoltà dei contribuenti onesti. E perchè un
fisco equamente distribuito,
come quello che emergerà attraverso l’attuazione della delega fiscale, consentirà di
affrontare meglio questo momento”.
Viaggio nelle leggi ambientali
RIFIUTI
Il proprietario del fondo non è
responsabile degli illeciti ambientali del conduttore. La Suprema Corte ha stabilito che
non risulta spiegato perché il
fatto di locare un'area ad un
terzo per l'esercizio di una attività imprenditoriale debba
comportare, in capo al locatore,
l'onere di assicurarsi che gli
adempimenti relativi allo
smaltimento dei rifiuti derivanti da una tale attività vengano effettuati in conformità
alle norme di legge, non potendo il mero fatto del contratto di locazione trasferire
sul locatore un obbligo di garanzia in tal senso. Cassazione
Penale Sez. III, Sentenza
16666/2014
RIFIUTI
I reati di associazione per delinquere e
attività organizzate per il traffico illecito
di rifiuti possono concorrere.
Ai fini del concorso tra i due reati, è necessaria la sussistenza degli elementi costitutivi di entrambi, cosicché la
sussistenza del reato associativo non
può ricavarsi dalla mera sovrapposi-
zione della condotta descritta nel D.Lgs.
n. 152 del 2006, art. 260 con quella richiesta per la configurabilità dell'associazione per delinquere, richiedendo tale
ultimo reato la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla
realizzazione di una serie indeterminata
di delitti, nella consapevolezza, da parte
di singoli associati, di far parte
di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel
tempo per l'attuazione del programma criminoso comune,
che non può certo essere individuata nel mero allestimento di
mezzi e attività continuative
organizzate e nel compimento
di più operazioni finalizzate
alla gestione abusiva di rifiuti
indicate dal D.Lgs. n. 152 del
2006, art. 260 richiedendosi,
evidentemente, un'attiva e stabile partecipazione ad un sodalizio
criminale
per
la
realizzazione di un indeterminato programma criminoso.
Cassazione Penale Sez. III,
Sentenza 5773/2014
INQUINAMENTO ACUSTICO
Sulla G.U.U.E. L173 del
12.6.2014 è stato pubblicato il Regolamento (UE) n. 598/2014 del Parlamento
Euopeo e del Consiglio del 16 aprile
2014 che istituisce norme e procedure
per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore
negli aeroporti dell’Unione, nell’ambito
di un approccio equilibrato, e abroga la
direttiva 2002/30/CE.
A.T.
LA CHIAVE DELLA VERA FELICITÀ
Il coraggio di saper scegliere tra demolire e costruire
Martina Tafuro
Felicità… quanti desideri,
quante emozioni, quante speranze può contenere una parola così piccola, una parola
così insignificante all’ apparenza ma così difficile nella realtà. Tutti noi uomini nel
profondo del nostro cuore speriamo di essere felici, di sentirci realizzati e al posto giusto
nel mondo. Trovare la Felicità
era lo scopo dei primi filosofi
greci, era la virtù per eccellenza e coincideva strettamente con il Bene, felicità era
colonna portante di movimenti
volti alla ribellione dai sistemi
politici oppressivi che hanno
attraversato la nostra e la storia di molti Paesi, felicità corrisponde a libertà.
Eppure la commercializzazione, il desiderio dei potenti
di renderci ignoranti per meglio dominarci, ha fatto un
dono anche alla felicità, le ha
dato il significato di happyness, sfrondando l’albero più
rigoglioso dello splendido giardino valoriale. Happyness sinonimo di competizione l’uno
contro l’altro, di soddisfazione
per chi è il migliore e non per
chi migliora, di rassegnazione
per chi non arriva al traguardo. Ma chi ci riesce purtroppo sarà incanalato verso il
prossimo obiettivo e non si
renderà nemmeno conto di essere stato svuotato e di avere
l’animo grigio, il grigio piatto
dell’ apatia. Però c’è un modo
per recuperare l’unicità e il
piacere nell’ essere diversi.
I filosofi inglesi hanno ribattezzato la felicità in human
BENESSERE ORGANIZZATIVO
LA QUALITÀ DELLA VITA SUL LAVORO
“lavorare significa fondamentalmente gestire le relazioni con
il contenuto del lavoro, con le tecnologie impiegate, con le
persone e con i diversi ruoli con i quali si interagisce, con
l’organizzazione nella quale e per la quale si lavora”
Francesco Avallone
Andrea Tafuro
flourishing (fioritura umana),
una sensazione che ha ben
poco a che vedere con i centri
benessere, le auto costose, la
chirurgia estetica, le vacanze
nei Paesi esotici … e molto invece con la sete di cultura, con
la famiglia, con gli affetti e
perché no? Con il lavoro.
Il lavoro è quel pizzico di sale
che rende saporoso il piatto
della felicità. Sin da piccoli ci
viene posta la fatidica domanda: Che cosa vuoi fare da
grande? Noi tutti lasciamo
spazio al nostro sogno che dopo
qualche decennio ci prepariamo a depennare dalla lista
delle nostre priorità. Io ritengo, invece, che sarebbe fantastico se nelle chiacchierate
estive potessi trovare qualcuno che mi dica di voler inseguire a tutti i costi il proprio
desiderio, indipendentemente
dal tornaconto mensile che ne
ottiene. La felicità si nutre con
ingordigia di azioni gratuite,
di genuinità, di semplicità.
Ciascuno di noi quando chiude
gli occhi e respira profondamente immagina un volto, un
paesaggio, un piacere, immagina in altre parole la propria
casa ed ecco è quella la chiave
del successo: seguire le emozioni e costruire mattone dopo
mattone la sicurezza di essere
padroni del proprio futuro.
Risvegliarsi dal torpore dell’accettazione di non poter conoscere un cambiamento
dovrebbe essere un appuntamento giornaliero nella nostra
agenda,una consapevolezza di
tutti, un mezzo per costruire il
Bene Comune. Accumulare
tanti piccoli pezzetti di felicità
e non denaro. Le persone felici
sono umili, impariamo ad allontanarci dal vortice del perfezionismo affinché si diffonda
la consapevolezza che la felicità non è una ricchezza elitaria ma inclusiva: tutti abbiamo
il diritto di essere felici.
L’idea di scrivere questo pezzo, mi è venuta per salutare la
fine di un percorso dei miei compagni di lavoro, che dopo
tanti anni si vedono riconosciuta la loro esperienza e il loro
bagaglio di conoscenza. In attesa dei festeggiamenti..che mi
aspetto abbondanti, voglio cercare di riflettere sul BenEssere organizzativo.
Henry Minzberg, in La progettazione dell’organizzazione
aziendale, scrive che un’organizzazione può essere idealmente raffigurata come un iceberg in cui i tratti affioranti
sono costituiti dalle variabili hard, cioè la struttura, i ruoli,
i prodotti/servizi, la tecnologia e le procedure che definiscono l’assetto organizzativo, e dagli elementi soft che costituiscono le cosiddette variabili sommerse, ovvero, gli
atteggiamenti, l’ideologia, la cultura, i sentimenti, l’immagine, il clima, i valori, le norme di gruppo. Se, dunque, nell’agire collettivo i principi fondativi sono l’efficienza,
l’efficacia e l’economicità, essi sono il prodotto di un mix di
entrambe le variabili.
Indubbiamente la sfera pubblica negli ultimi decenni è
stata investita da un profondo mutamento di contesto, per
cui stiamo vivendo una marcata evoluzione delle forme organizzative. Viviamo quotidianamente sulla nostra pelle il
passaggio da un tipo di struttura meccanico a una forma relazionale organica, se sino ad ora era la gerarchia la principale leva di integrazione, ora viviamo in strutture costruite
sulla comunicazione verticale, orizzontale e trasversale. Ai
processi di specializzazione si accostano processi di integrazione e gestione organica delle interdipendenze ed è in tale
quadro operativo che diviene pregnante il fattore uomo, poiché è impulso cruciale per il buon funzionamento degli elementi strutturali per il successo organizzativo sia in
un’ottica sociale che individuale.
Investire risorse e tempo per il miglioramento del BenEssere organizzativo diventa, così, un aspetto decisivo per lo
sviluppo e l’efficacia organizzativa, che influenza positivamente la capacità dell’organizzazione stessa di adattarsi ai
mutamenti del contesto di riferimento. Tutto ciò è vero sia
nel privato che nel pubblico, tanto più che la Pubblica Amministrazione nell’ultimo decennio è stata interessata da
radicali cambiamenti che hanno imposto agli enti di cambiare il modo di operare e di agire consolidato. Essendo sottoposti a sempre più pressanti sollecitazioni e a continui
mutamenti si vanno perdendo quelle certezze che hanno caratterizzato per lungo tempo il lavoro pubblico. Oggi viene
chiesto ai dipendenti pubblici di esprimere una professionalità sempre maggiore, ben visibile nell’offerta di servizi
ai cittadini e costantemente monitorata sia all’interno che
all’esterno. Oggi tutti i dipendenti sono sempre più in prima
linea nel percorso del miglioramento, trovandosi a dover
fronteggiare nuove complessità e nuove contingenze oltre
che a cogliere quotidianamente i segnali nuovi che provengono dall’interno e dall’esterno. In un contesto organizzativo
così complesso pertanto a fianco delle variabili hard (tecnologia, aspetti normativi, organizzazione verticale del lavoro), assumono sempre più peso le variabili soft legate alle
persone (motivazione, comunicazione, relazioni, trasmissione e gestione delle conoscenze, condivisione dei valori).
Foto di Fabiana Liguori
La Pedamentina di San Martino
“Erta e pittoresca salita a gradoni che adduce alla rocca di San Martino» (Chiarini in Celano, 1856-60). E’ tra i più antichi camminamenti riconoscibili fin dalle
prime vedute cartografiche della città. Il suo tracciato costituisce, insieme alla ottocentesca scala di Montesanto, uno dei percorsi privilegiati di collegamento tra
l'area collinare di San Martino e la zona di Montesanto utilizzato a tutt'oggi dai vomeresi. Contrariamente ad altre gradonate, il tracciato della Pedamentina non
viene realizzato sfruttando un antico alveo naturale, ma è pensato fin dall'inizio come arteria di collegamento tra la città bassa e la collina. L'origine della Pedamentina è legata alla fondazione della Certosa di San Martino, promossa da Carlo di Calabria, figlio primogenito del re Roberto d'Angiò. Il percorso, tagliato sinuosamente sul ripido versante orientale del colle, viene, infatti, realizzato per il trasporto del materiale necessario ai lavori che hanno inizio nel 1325 sotto la
direzione degli architetti Tino di Campiono e Francesco de Vito. La gradonata inizia dal piazzale di S. Martino, è una passeggiata molto interessante da un punto
di vista paesistico perché non essendo stata chiusa tra cortine di palazzi,offre un ampia veduta di tutto il nucleo più antico di Napoli, di cui si distinguono nettamente il tracciato viario, le fabbriche più importanti, le chiese. Nonostante questa sua posizione invidiabile, è uno dei pochissimi esempi risparmiati dagli scempi
della speculazione edilizia. Anche se le condizioni di degrado e la carenza di servizi rendeno urgente un intervento di riqualificazione dell’area.
27 giugno 2014 – Napoli, II edizione del Festival Pedamentina "Poetry and Pummarols"
La Pedamentina di San Martino: un patrimonio storico culturale da far tornare a vivere