GIORnO dEL RICORdO - Virgilio Siti Xoom

Giorno del Ricordo
TAXE PERÇUE
tassa riscossa
TRIESTE
italy
Poste italiane Spa – Spedizione
in abbonamento postale –
d.l. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004
n° 46), art. 1, comma 2, DCB TRIESTE
L’ARENA DI POLA – Registrata presso il Tribunale di Trieste n. 1.061 del 21.12.2002
Iniziativa realizzata
con il contributo del Governo italiano
ai sensi della Legge 296/2006
Anno LXX 3.366 – Mensile n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Fondata a Pola il 29.07.1945 – Organo dell’Associazione «Libero Comune di Pola in Esilio» – Redazione: Via Malaspina 1, 34147 Trieste – Direttore responsabile: Paolo Radivo – Telefono e fax
040.830294 – Sito web: www.arenadipola.it – Quote associative annuali per l’Italia e l’Europa: 30, per le Americhe 60, per l’Australia 66, da versare o sul conto corrente postale n. 38407722
intestato a L’Arena di Pola, Via Malaspina 1, 34147 Trieste, o tramite bonifico bancario intestato a Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste, codice IBAN dell’UniCredit Agenzia
Padova Duomo: IT 83 G 02008 12103 0000 10056 393, BIC: UNCRITM1921 – Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Ricordare per risanare
lare o dal paradiso dei lavoratori, ma cittadini italiani di vario
Il decennale del Giorno del Ricordo ha suscitato in tutta
orientamento politico costretti ad abbandonare la propria PicItalia, ma anche all’estero, una marea di iniziative, riscontrancola Patria per rimanere tali.
do un’attenzione dei media e dell’opinione pubblica superiore
Un Giorno del Ricordo così sentito e solenne non poteva
al passato. Per la prima volta la cerimonia nazionale ha avuto
che suscitare il disappunto di pochi residui fanatici, che hanluogo nell’aula del Senato, invece che al Quirinale. Tale soluno sfogato la loro intolleranza non solo contro alcuni simboli
zione ha consentito una maggiore affluenza di pubblico in
una cornice altrettanto prestigiosa e suggestiva. Erano
presenti le massime autorità
istituzionali assieme alle delegazioni dei sodalizi degli Esuli
e ai vincitori del concorso scolastico frutto del Gruppo di lavoro istituito al Ministero
dell’Istruzione, Università e
Ricerca. Non dunque un declassamento, un passo indietro, un disimpegno, bensì un
rilancio. Del resto era logico
che fosse uno dei due rami
del Parlamento, la “Camera
alta”, a celebrare solennemente i dieci anni di una legge, la 92/2004, che ha senza
dubbio costituito una svolta.
Il Presidente Pietro Grasso,
seconda carica dello Stato, ha
svolto la sua funzione cerimoniale non solo con grande impegno, ma anche con sincero
coinvolgimento emotivo, tanto
da aggiungere poi una visita a
Trieste, ovvero alla città rima- 10 febbraio: l’aula del Senato gremita durante la cerimonia (www.pietrograsso.org).
memoriali, ma anche contro Simone Cristicchi, che da mesi
sta italiana che conobbe direttamente le tragedie di 70 anni
si sta esponendo come forse nessun altro mai a favore della
or sono, per un triplice omaggio alla Foiba di Basovizza, in
causa giuliano-dalmata con spirito umanitario. Il guaio per
Prefettura e in Municipio. Le allocuzioni di Grasso e delle alquesti bellicosi ultra-comunisti è che lo sta facendo con grantre autorità sia a Roma sia a Trieste si sono rivelate tutt’altro
de successo e persuasività presso un vasto pubblico, venenche di circostanza e hanno confermato che con il Giorno del
do a ragione identificato come il Redentore degli Esuli. Da ciò
Ricordo la Repubblica Italiana sta davvero reintegrando gli
gli insulti e le minacce, che però squalificano solo i responsaItaliani d’Istria, Fiume e Dalmazia nel corpo sociale della Nabili e confermano che il cantante-attore-scrittore ha davvero
zione e che ne sta facendo conoscere storia e caratteristiche
colpito nel segno. Le note stonate, in un’Italia che sta appena
a tutti gli altri connazionali, dopo decenni di autentico ripudio.
cominciando a metabolizzare la questione giuliano-dalmata,
E’ un’opera di lungo periodo che, come ha rilevato Grasso,
non potevano dunque mancare. Ma non sono state numeronon può certo compiersi il solo 10 febbraio, ma va estesa a
se, a fronte delle tante intonate, e hanno spesso ricevuto la
tutto l’anno. Ed ha una valenza duplice: se da un lato fa senticondanna delle autorità come pure di alcuni media.
re agli Esuli che la loro Patria non li rinnega più, dall’altro reAltamente apprezzabile ci è parsa la nota dalla Presidente
stituisce a tutti gli Italiani il senso di essere Nazione nel ricodella Camera Laura Boldrini, eletta nelle liste di Sinistra Econoscere questi loro confratelli troppo a lungo rinnegati. Inlogia e Libertà: «Con questa giornata le istituzioni compiono
somma: la parte si riconosce nel tutto e il tutto si riscopre nel
un atto riparatore perché quell’orrore è stato per troppo temritrovare una sua parte dimenticata.
po rimosso e perfino negato. Migliaia di italiani vennero privaLa lettura dei discorsi istituzionali riportati alle pagine 2 e 4
ti dei loro diritti, dei loro beni e della loro stessa vita. Tanti fucrediamo risulterà confortante per chi ha sofferto l’oblio forse
rono costretti a fuggire. A loro va la nostra gratitudine. Ricorpiù ancora dell’esilio stesso. Le pagine 5 e 16 forniscono inoldare è essenziale affinché non si ricada più nella spirale
tre solo un piccolo assaggio dell’impressionante mole di madell’odio e della violenza». Ammirevole anche la dichiarazionifestazioni che hanno connotato questo Giorno del Ricordo
ne della deputata Tamara Blažina, appartenente alla minodavvero particolare. Per mancanza di spazio non abbiamo
ranza slovena ed ex comunista: «Nulla di ciò che accadde al
potuto citarne che alcune, ripromettendoci di informare su alconfine orientale può essere giustificato: né la repressione di
tre nel prossimo numero, consapevoli che dar conto di tutte
sloveni e croati da parte del fascismo, né la violenza subita
sarà impossibile. Amministrazioni di ogni latitudine e colore
dalla comunità italiana con l’uccisione di tanti cittadini innopolitico, insieme ai sodalizi degli Esuli e ad organismi della
centi; né soprattutto può avere giustificazione il drammatico e
società civile, hanno celebrato questa solennità civile di tutta
forzato esodo di gran parte della comunità italiana».
la Nazione con più solennità e minore imbarazzo del solito. E
Nell’esprimere soddisfazione per l’esito complessivamente
finalmente ciò è avvenuto anche in Istria.
fruttuoso di questo Giorno del Ricordo, non ci vogliamo tuttaLa pagina 3 evidenzia poi l’inedito interesse dimostrato
via nascondere le questioni ancora aperte. Bene ha fatto il
dalle tv (ma anche da radio e giornali, per tacere di Internet),
rappresentante delle associazioni degli Esuli Antonio Ballarin
nonché la maggiore accuratezza dei servizi giornalistici, sena ricordare a Palazzo Madama che lo Stato italiano ha ancoza più indulgenze verso giustificazionisti e minimalisti. A non
ra un conto in sospeso con molti Esuli: quello delle loro propochi ascoltatori è giunto così il messaggio che gli Infoibati
prietà arbitrariamente sottratte da Tito e poi usate da Roma
non erano criminali di guerra, ma vittime di un regime rivoluper completare in natura il pagamento dei danni di guerra alla
zionario teso a sbarazzarsi di tutti i suoi potenziali oppositori,
Jugoslavia. Se il promesso indennizzo equo e definitivo suoe che gli esuli non erano fascisti in fuga dalla giustizia popona ormai come una chimera, non dovrebbe essere difficile
per il Governo italiano, in un clima di relazioni mai così buone
con Croazia e Slovenia, ottenere la restituzione dei 679 beni
in libera disponibilità previsti da un accordo del 1983 e aprire
anche ai cittadini italiani esclusi dai trattati la possibilità di
beneficiare delle leggi croate e slovene sulla restituzione dei
beni espropriati in epoca jugoslava.
Al numero di dicembre avevamo allegato il bollettino di
Ma di questioni insolute ve ne sono anche altre: si pensi
conto corrente postale per abbonarsi a “L’Arena di Pola”
solo ai persistenti “errori” di carattere anagrafico o al mancanel 2014. La quote sono sempre le stesse: per l’Italia e
to riconoscimento dei lavori forzati cui furono costretti non
l’Europa € 30, per le Americhe € 60, per l’Australia € 66.
pochi istriano-fiumano-dalmati sotto il tallone jugoslavo. E c’è
Chi non avesse ancora provveduto e preferisse il bonifico
altresì l’esigenza strategica di far sopravvivere la cultura
potrà effettuarlo in banca o tramite internet intestandolo a
istriano-fiumano-dalmata di lingua italiana non solo fra le co«Libero Comune di Pola in Esilio, via Malaspina 1, 34147
munità degli Esuli e dei loro discendenti, ma anche nell’AdriaTrieste» e digitando il codice IBAN dell’UniCredit Agenzia
tico orientale, dove è stata ridotta ai minimi termini.
Padova Duomo: IT 83 G 02008 12103 0000 10056 393.
L’auspicio è che il Giorno del Ricordo appena trascorso
Se invece abita fuori dall’Italia ma sempre in area eurostimoli la risoluzione anche di queste problematiche, abbia
pea dovrà scrivere il codice BIC: UNCRITM1921. La
cioè una valenza risarcitoria, terapeutica, volta a risanare le
causale da specificare è: «Abbonamento a “L’Arena di
ferite. Resta insomma ancora molto da fare, ma i progressi
Pola”», che durerà fino al dicembre 2014.
compiuti ci incoraggiano a proseguire con serenità.
Buon abbonamento anche ai ritardatari!
Paolo Radivo
Ci si può ancora
abbonare al giornale!
58° Raduno
degli Esuli da Pola:
Pola, 15-18 maggio
Il 58° Raduno nazionale degli Esuli da Pola si svolgerà
da giovedì 15 a domenica 18 maggio 2014 a Pola con
base all’Hotel Brioni. Questo il programma di massima.
Giovedì 15: arrivo dei partecipanti; serata collettiva.
Venerdì 16: visita all’isola di Brioni Maggiore e pranzo;
al pomeriggio incontro con i connazionali della Comunità
degli Italiani di Fasana; nel tardo pomeriggio rientro in albergo; serata libera.
Sabato 17: in mattinata a Pola presentazione dello studio sulla strage di Vergarolla commissionato dal Libero
Comune di Pola in Esilio, di altre opere consimili, nonché
dei tre volumi con le riproduzioni anastatiche delle annate de “L’Arena di Pola” 1945-47; al pomeriggio in albergo
Assemblea annuale dei Soci; serata con Jan Bernas, autore del libro Ci chiamavano fascisti, eravamo italiani e
coautore sia dello spettacolo sia del libro Magazzino 18,
nonché con il cantautore/attore Simone Cristicchi (se ce
la farà a venire); consegna a Bernas e (si spera) Cristicchi della benemerenza Istria Terra amata.
Domenica 18: alle ore 9 messa in duomo; a seguire, in
un campo di Verudella, partita di calcio a 5 tra una rappresentanza di discendenti di esuli e una di polesani residenti; picnic al campeggio di Stoia o, in alternativa, pranzo in un ristorante con arrivederci al prossimo anno.
Per quanti non potessero raggiungere la città con mezzi propri il Libero Comune di Pola in Esilio metterà a disposizione un pullman, che partirà da Padova giovedì 15
e ripartirà da Pola la mattina di lunedì 19 maggio.
Per il soggiorno tutto compreso (pernotti, pasti, trasferimenti in loco e gita) di coloro che si avvarranno di mezzi
propri ripartendo nel pomeriggio di domenica 18 maggio i
prezzi sono: camera singola € 240,00; camera doppia €
390,00; camera tripla € 530,00.
Questi invece i prezzi per il soggiorno tutto compreso di
coloro che ripartiranno con il pullman la mattina di lunedì
19 maggio: camera singola € 340,00; camera doppia €
560,00; camera tripla € 765,00.
Siete ancora in tempo per comunicare la vostra adesione a Graziella e Salvatore Palermo scrivendo all’indirizzo
info@valbandon.net oppure telefonando ai numeri 0383
572231 o 327 3295736. La prenotazione andrà confermata con il versamento della quota di adesione, pari ad €
100 a persona, o sul conto corrente postale n. 38407722
intestato a «L’Arena di Pola, Via Malaspina 1, 34147 Trieste», o tramite bonifico bancario intestato a «Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste».
In quest’ultimo caso occorre scrivere – direttamente in
banca o tramite il sito internet della stessa – il codice
IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Duomo: IT 83 G
02008 12103 0000 10056 393. Il codice BIC per chi abita
fuori dall’Italia è invece: UNCRITM1921. La causale da
specificare è: «Raduno Pola 2014».
Gli interessati possono altresì farsi recapitare per posta
il dvd del 57° Raduno (2013) realizzato da Luca Tedeschi
versando € 15,00 sul nostro conto corrente postale o tramite bonifico bancario specificando: «Dvd 57° Raduno».
“L’Arena di Pola” 1945-47
e cimitero di Monte Ghiro:
i volumi sono prenotabili
L’LCPE ha realizzato a proprie spese, senza finanziamento pubblico (salvo che per la copertura della riproduzione fotografica), 300 copie dei 3 volumi con tutti i numeri de “L’Arena di Pola” dal 1945 al ’47. Ci stiamo organizzando per consegnarne o inviarne gratis la maggior
parte a biblioteche, archivi e associazioni consorelle, che
preghiamo di segnalarci il loro interesse via mail (redazione.arena@yahoo.it) o via telefono (040 830294). Le
rimanenti copie sono acquistabili da privati. Chi desidera
farsele spedire a domicilio dovrà versare nei modi consueti € 80 (spese postali e di imballaggio incluse), mentre
chi preferisce venire a prelevarle direttamente nella nostra sede di via Malaspina 1 a Trieste € 60.
Ci rimangono invece ancora poche copie del volume di
Raul Marsetič Il cimitero civico di Monte Ghiro a Pola
(1846-1947), edito dal Centro di Ricerche Storiche di Rovigno. Gli interessati possono venire a prelevarle direttamente da noi, versando € 35,00 (prezzo di fabbrica), oppure chiedere di farsele spedire tramite corriere espresso
al prezzo di € 50,00, comprensivo anche delle spese postali e di imballaggio. In entrambi i casi dovrebbero prima
contattare la nostra Redazione. Il relativo importo andrà
versato o tramite bonifico bancario o tramite bollettino di
conto corrente postale.
GIORNO DEL RICORDO
2
La cerimonia nazionale solenne del Giorno del Ricordo ha
avuto luogo nell’aula del Senato la mattina del 10 febbraio.
Antonio Ballarin
Ha parlato per primo il presidente nazionale dell’ANVGD
Antonio Ballarin a nome delle associazioni degli Esuli.
Una coincidenza di eventi storici nell’ultimo ventennio, con
la caduta del Muro di Berlino e la ritrovata unità dell’Europa,
ha contribuito a rendere possibile, dieci anni or sono, l’approvazione della legge n° 92 del 30 marzo 2004, al termine di un
cammino di maturazione della storiografia nazionale, che ha
liberato la nostra vicenda di istriani, fiumani e dalmati dal
ghetto di un provincialismo marginale, tanto sentita in ambito
locale, a ridosso dei confini orientali, quanto indifferente al
resto del Paese. Un nuovo quadro politico, creatosi alla fine
degli anni ’80, permise l’attenuarsi di antiche e anacronistiche contrapposizioni ideologiche, favorendo la riscoperta di
pagine oscure e dimenticate della storia italiana e delle sofferenze patite da una parte della Nazione, ignorate nei libri di
scuola e dalle giovani generazioni (contrapposizioni ideologiche che purtroppo ogni tanto riemergono come nelle azioni
ideologicamente violente ed offensive avvenute oggi nella
città di Roma). Ignorate al punto che noi giuliano-dalmati ci
sentivamo come esclusi dalla storia; come un’appendice fastidiosa da dimenticare e da gettare nel ripostiglio delle cose
inutili. Eppure il nostro popolo fu in grado di integrarsi docilmente nel tessuto del Paese, capace di adattarsi all’ambiente imposto, malgrado i terribili disagi materiali e, soprattutto,
morali. L’Esodo, patito dalla nostra gente, svuotò un’intera
regione e tante città, italiane da sempre. La tragedia delle
Foibe e dei campi di concentramento jugoslavi inghiottì e
sterminò tanti nostri cari. L’amputazione della Terra natale
dal corpo della Madrepatria lasciò e lascia in molti di noi una
ferita che ancora oggi non si rimargina. La fedeltà alla nostra
identità di italiani fu svilita dalla solitudine e dall’indifferenza.
Tutto il dolore di un’intera generazione per cinquant’anni fu,
semplicemente, dimenticato.
Anni di lavoro paziente e documentato delle nostre associazioni e dei centri di ricerca, insieme all’attenzione progressivamente ritrovata di personalità del mondo politico e della
società civile, hanno consentito il recupero storico della nostra vicenda.
L’accoglienza prestigiosa e preziosa, ai nostri occhi, delle
Istituzioni non fa dimenticare l’orrore delle Foibe, lo squallore
e l’indigenza dei campi-profughi, il dolore insanabile della
nostalgia per la Terra lasciata, lo strazio di quella partenza
drammatica e senza ritorno che ogni famiglia istriana, fiumana, dalmata si porta sempre nel cuore.
Di molto ancora lo Stato italiano ci è debitore, a cominciare
dal riconoscimento di quei diritti umani negati proprio per
causa di accordi siglati sulle nostre teste e che hanno imposto il pagamento, con le nostre proprietà private costruite nel
corso di generazioni, dei danni dovuti dall’intero Paese alla
ex-Jugoslavia. Non abbiamo mai abdicato nei confronti della
possibilità di poter vedere riconosciuta una restituzione od un
giusto indennizzo economico per quanto perduto, non certo
in nome di ottusi revanscismi, ma per il rispetto di una dignità
umana che richiede, in molti di noi e con fermezza, il rispetto
del sacrifico delle proprie famiglie, compiuto a difesa di
un’italianità non compresa, se non da illuminate personalità.
Proprio questa richiesta di dignità genera in noi l’urgenza
della costruzione di una prospettiva che sia in grado di testimoniare la Memoria e realizzare azioni a tutela della nostra
identità. La costituzione di una Fondazione degli Italiani di
Istria, Fiume e Dalmazia – che aiuti e sostenga gli esuli ed i
loro discendenti sotto il profilo storico, culturale, politico, giuridico, economico e sociale – costituisce, a nostro avviso, il
miglior strumento a livello nazionale ed internazionale per
perseguire l’azione attuata dalle Associazioni degli esuli, proprio in difesa dei loro diritti e delle loro aspirazioni.
Il lavoro delle associazioni e di tutti coloro che riconoscono
la natura sui generis del Popolo giuliano-dalmata è orientato
all’edificazione di percorsi che leniscano il dolore di una tragedia in chi l’ha vissuta in prima persona e, allo stesso tempo, collochino le storie personali, che costituiscono la storia
di una parte di Nazione, nell’alveo di una fruttuosa prospettiva. La strada da noi segnata e non ancora conclusa serva da
esempio nell’accoglienza della diversità e nella valorizzazione dell’integrazione delle singole specificità, e sia monito per
tutte quelle scelte irragionevoli che, partendo da aberranti
ideologie tese alla distruzione dell’altro o del diverso da sé,
conducono alla negazione della verità, della bellezza e della
giustizia.
Luciano Monzali
Questo in sintesi il discorso dello storico Luciano Monzali.
Fra il 1943 e la metà degli anni Cinquanta l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia furono abbandonati dalla gran parte dei loro
abitanti italiani. Non può essere sottovalutato e sottaciuto il
grave e terribile trauma vissuto dai profughi giuliano-dalmati
a causa dell’esodo. Le persone espulse e cacciate dalle proprie case e dal territorio dove sono nate e vissute sperimentano non solo dolori fisici, ma anche sofferenze psicologiche
e spirituali, provocate dall’abbandono, dallo sradicamento e
dal mutamento della loro vita. [...] Anche se il profugo poi riesce a costruirsi una vita propria prospera, in ogni caso rimane un vuoto, un’inquietudine, una tristezza che si porterà
dietro per tutta la vita.
Nell’Italia uscita impoverita e sconvolta dalla guerra, dove
vasti settori della popolazione soffrivano la fame e la povertà,
l’arrivo di centinaia di migliaia di italiani dalla Venezia Giulia e
dalla Dalmazia fu inevitabilmente problematico e difficile. Ma,
nonostante tutte le difficoltà e sofferenze, l’integrazione [...]
fu piuttosto rapida e con esiti positivi. [...] lo Stato italiano si
impegnò fortemente [...]. Inoltre i profughi possedevano dei
valori, delle qualità che resero facile e possibile la loro integrazione [...] come il senso della disciplina, il gusto del lavoro, lo spirito di organizzazione, lo spirito di adattamento. [...]
l’Italia in cui arrivarono nel secondo dopoguerra era un’Italia
povera, ma che nel giro di qualche anno si trasformò nell’Italia del miracolo economico, un Paese che riprendeva lo slancio, riprendeva ottimismo, aveva voglia di lavorare e creava
opportunità, che naturalmente i profughi furono ben capaci
nella loro grande maggioranza di sfruttare.
I settori nei quali fu più eclatante l’affermazione di persone
originarie dell’Istria, Fiume e della Dalmazia furono lo sport,
In Senato
la cerimonia
solenne
la musica, il cinema, la cultura. [...] non possiamo dimenticare le canzoni di Sergio Endrigo, i film con Alida Valli e Sylva
Koscina, i grandi successi sportivi di Straulino, Nino Benvenuti, Abdon Pamich. [...] Molto significativo fu a mio avviso
pure il contributo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati alla
vita politica dell’Italia repubblicana [...] Leo Valiani, Corrado
Belci, Luciano De Pascalis, Paolo Barbi, Ferruccio de Michieli Vitturi, Enzo Bettiza, Livio Labor [...] Paolo Sema [...] e Vittorio Vidali.
Ma rimase in molti esuli amarezza e insoddisfazione. Da
una parte, l’integrazione nella società italiana era stata possibile solo cancellando o sottacendo la propria identità di origine. Molti italiani della Dalmazia e dell’Istria avevano cognomi
tedeschi, slavi o di regioni provenienti dall’ex-impero asburgico, parlavano dialetti veneti esotici alle orecchie della popolazione italiana della penisola. Per molti per facilitare l’integrazione fu obbligatorio rinunciare o sottacere la propria identità
di origine. Per diventare piemontesi, milanesi bisognava cessare di essere istriani e dalmati. [...]
Poi d’altra parte, nonostante il Governo di Roma si fosse
impegnato nell’assistenza economica ai profughi, molti di essi criticarono il carente riconoscimento pubblico delle loro
sofferenze, dei sacrifici subiti per aver compiuto la scelta di
difendere la propria identità italiana. Perseguitati dalla Jugoslavia comunista, si sentivano maltrattati e ignorati dall’Italia.
In coerenza con l’impegno europeistico dell’Italia e con la
sua politica di riconciliazione nazionale con i popoli vicini e
confinanti, va interpretata e applicata le legge istitutiva del
Giorno del Ricordo [...]. La celebrazione e il ricordo delle tragiche vicende degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, che pagarono in prima persona le conseguenze delle
gravi colpe e degli errori del fascismo, devono servire a tutti
gli italiani per riflettere su alcuni momenti dolorosi della storia
d’Italia, spingendoli all’unità e alla solidarietà nazionale. La
Giornata del Ricordo deve anche favorire una crescente e
sempre più intima conoscenza reciproca e amicizia fra la Nazione italiana e i popoli dell’Adriatico orientale. Quindi la Giornata del Ricordo deve aiutare il nascere e il consolidarsi di
questa amicizia fra italiani e in particolare croati e sloveni.
[...] la tradizione dell’italianità giuliano-dalmata contribuisce
in maniera importante ad arricchire la cultura politica italiana,
mantenendo viva la consapevolezza della nostra identità, del
nostro destino di grande Nazione europea e mediterranea.
Marta Dassù
Ha preso quindi la parola a nome del Governo il Viceministro degli Affari Esteri Marta Dassù.
Rivolgo anzitutto le mie parole ai rappresentanti delle famiglie delle vittime e degli esuli, abbracciando idealmente tutti
gli italiani che furono vittime innocenti, dal 1943 in poi, della
conclusione tragica della seconda guerra mondiale lungo il
confine orientale dell’Italia. Furono vittime, poi, una seconda
volta: vittime del silenzio, dei pregiudizi e della rimozione con
cui la tragedia delle foibe e dell’esodo di massa da Istria,
Quarnaro e Dalmazia vennero a lungo trattate in Italia. Un
dopoguerra infinito, che si è chiuso solo dieci anni fa. L’istituzione del Giorno del Ricordo è stata anzitutto, prima di tutto,
un atto tardivo di verità e di giustizia. Ecco perché possiamo
essere qui insieme, oggi. Oggi, avendo riconosciuto il passato, possiamo insieme guardare al futuro.
Perlomeno l’Italia civile, la nostra Nazione ha riconosciuto il
passato. Poi ci sono gli episodi marginali ma assolutamente
deprecabili come quelli di stanotte al Villaggio Giuliano-Dalmata di Roma, che il Governo condanna fermamente. Questi
sono odi del passato, non è la speranza del futuro.
Il futuro ha due dimensioni, io credo. La prima è nazionale:
il Governo italiano intende assumere, in accordo con i rappresentanti delle Associazioni degli esuli, decisioni che permettano di superare le pendenze della storia e di rendere
stabile la Memoria. Si è a lungo parlato, ad esempio, della
possibilità di istituire un Museo sul tema dell’Esodo: crediamo sia venuto il momento di cominciare a realizzarlo.
La seconda dimensione è europea. Lo dico davanti al Presidente Napolitano, che ha intuito per primo le potenzialità
del riavvicinamento, attraverso l’Europa, fra Italia, Croazia e
Slovenia. L’incontro di Trieste, nel luglio 2010, non è rimasto
un incontro isolato. Ha segnato la volontà politica, umana,
culturale di ritrovarsi. Di ritrovare, nell’Adriatico, uno spazio
comune, impedendo così che le nuove generazioni restassero ostaggio delle drammatiche lacerazioni del passato. Attraverso l’Europa, Italia, Croazia e Slovenia hanno potuto rilanciare la cooperazione adriatica: gli incontri trilaterali inaugurati dal Presidente del Consiglio Enrico Letta, il varo della
Macro-regione adriatico-ionica, che avverrà quest’anno sotto
la presidenza italiana dell’UE, sono figli dello Spirito di Trieste, della sintesi fra il riconoscimento di una storia tragica –
per noi italiani, ma anche per sloveni e croati, non dimentichiamolo mai – e della volontà di superarla. Conoscerla e
superarla nell’interesse comune delle nostre popolazioni e
difendendone le aspirazioni, inclusi i diritti delle minoranze.
Questo, del resto, è il messaggio che possiamo trarre da un
atto apparentemente minore ma in effetti importante sul piano simbolico: la riapertura a Zara, alcuni mesi fa, della prima
scuola italiana.
Il 2014 non è un anno identico agli altri per ricordare la strada lunga e travagliata degli italiani dell’Est, molti dei quali
hanno poi trovato successo in Italia, contribuendo, in campi
diversi, al progresso della nostra Nazione. Il 2014 non è un
anno come gli altri. Evoca infatti la stessa striscia di terra europea, insanguinata dalla prima guerra mondiale e dalle sciagure infinite – sto usando così le parole di Enzo Bettiza – prodotte dalla cosiddetta “questione orientale”. Dalle trincee del
Carso fino alle Foibe: il filo di conflitti laceranti, spenti solo col
dialogo europeo. L’Unione Europea ha oggi punti deboli. Ma
rispetto alle tragedie e alle guerre del Novecento, ha permesso di costruire la pace. Non dimentichiamolo mai. La pace,
così come la Memoria, vanno continuamente difese.
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
La premiazione
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, coadiuvato dal Presidente del Senato e dal Sottosegretario di Stato
all’Istruzione, Università e Ricerca, ha quindi premiato gli studenti vincitori del concorso La letteratura d’Istria, Fiume e
Dalmazia, promosso dalle associazioni degli Esuli in collaborazione con il MIUR. Per la sezione Primo Ciclo, tematica
Mito, fiaba e leggenda, ha ricevuto il primo premio la Scuola
primaria “Borsellino” di Monte Compatri (RM) per il progetto
Gli Argonauti, il secondo premio la Scuola secondaria di I
grado “Ascoli” di Gorizia per il progetto L’Istria sotto l’albero;
per la sezione Secondo Ciclo, tematica Autori e temi prima e
dopo l’esodo dall’Adriatico orientale, hanno ricevuto il primo
premio il Liceo scientifico “Mascheroni” di Bergamo per il progetto Esilii, il secondo premio il Liceo scientifico “Marconi” di
Pesaro per il progetto La valigia dei ricordi. Il Presidente Napolitano e il Presidente del Senato Pietro Grasso hanno poi
stretto la mano ai rappresentanti delle associazioni degli
Esuli. La delegazione dell’LCPE era composta dal Sindaco
Tullio Canevari, Maria Rita Cosliani e Graziella Cazzaniga.
Pietro Grasso
E’ quindi intervenuto il Presidente Pietro Grasso.
Con intensa e profonda commozione sono oggi qui, insieme a voi, per ricordare una delle pagine più tristi che il nostro
Paese, il nostro popolo ha vissuto: la tragedia della guerra,
delle foibe, dell’esodo. […] dieci anni fa il Parlamento italiano
ha consacrato la data di oggi, anniversario della firma del
Trattato di pace tra l’Italia e le Potenze Alleate nel 1947, quale “Giorno del Ricordo”. Da allora questa giornata è dedicata
alla memoria di migliaia di italiani dell’Istria, del Quarnaro e
della Dalmazia che, al termine del secondo conflitto mondiale, subirono indicibili violenze trovando, in molti, una morte
atroce nelle foibe del Carso. Quanti riuscirono a sfuggire allo
sterminio furono costretti all’esilio. L’occupazione jugoslava,
che a Trieste durò 45 giorni, fu causa non solo del fenomeno
delle foibe ma anche delle deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi di popolazioni inermi. In Istria, a Fiume e
in Dalmazia, la repressione Jugoslava costrinse molte persone ad abbandonare le loro case. La popolazione italiana che
apparteneva a quella regione fu quasi cancellata e di quell’orrore, per troppo tempo, non si è mantenuto il doveroso ricordo. Oggi partecipiamo al vostro dolore.
Non possiamo dimenticare e cancellare nulla; non le sofferenze inflitte alle minoranze negli anni del fascismo e della
guerra, né quelle inflitte a migliaia e migliaia di italiani. Questa cerimonia si pone in assoluta continuità con le precedenti, celebrate al Quirinale dal Presidente Napolitano, che ha
fatto di questo giorno non una commemorazione rituale ma
un momento fondamentale di espressione dell’identità e
dell’unità nazionale. E per questo lo ringraziamo.
Ciascun Paese ha il dovere di coltivare le proprie memorie,
di non cancellare le tracce delle sofferenze subite dal proprio
popolo. L’istituzione del “Giorno del Ricordo” vuole essere un
modo per affrontare in maniera condivisa le cause e la responsabilità di quanto è accaduto e per superare tutte le barriere di odio, diversità e discriminazione. L’Italia non può e
non vuole dimenticare.
La storia europea degli ultimi decenni ha senz’altro contribuito, con l’avanzare del processo di integrazione europea, a
ricucire, anche nel quadrante orientale, gli odi nazionali. La
Slovenia e la Croazia sono entrate a far parte dell’Unione
Europea e questo ha avuto un peso determinante nel superamento delle barriere ideologiche all’interno di un contesto,
quello dell’Unione, che è per sua natura fondato sul rispetto
delle diversità, sullo spirito di convivenza e sul reciproco
scambio tra etnie, culture e lingue diverse. Le nuove generazioni slovene, croate e italiane si riconoscono in una comune
appartenenza europea che arricchisce le rispettive identità
nazionali.
Il ricordo, oggi, è per me un dovere come Presidente del
Senato, ma prima di tutto come uomo, come cittadino; è un
monito per tutti noi perché siamo tenuti ad impedire che
l’ignoranza e l’indifferenza abbiano la prevalenza e perché
tali orrori non si ripetano mai più e restino un ammonimento
perenne contro ogni persecuzione e offesa alla dignità umana. E’ un dovere nei confronti dei sopravvissuti, dei familiari
delle vittime che sono oggi con noi e dei rappresentanti delle
associazioni che coltivano la memoria di quella tragedia.
Facciamo tesoro del passato per costruire un futuro dove
la violenza, l’odio, siano solo un doloroso ricordo. Lo dobbiamo a noi stessi, ma soprattutto ai giovani verso i quali abbiamo il compito di trasmettere la conoscenza della storia, seppur a tratti disumana e terrificante, affinché mantengano la
memoria facendosi loro stessi testimoni e crescano nel rispetto assoluto e incondizionato della dignità umana.
Il lavoro della memoria non ammette distrazioni ma chiede
a tutti la massima coerenza per essere sentito e vissuto ogni
giorno. Se saremo capaci di costruire il ricordo ogni giorno, e
non solo in questo 10 febbraio, se il ricordo sarà una guida
dei nostri comportamenti, vuol dire che avremo compreso le
atrocità di quanto è avvenuto. La verità è dolorosa, ma ci
consente di ripartire, di ricominciare per costruire un futuro di
comune progresso, in nome della democrazia e della libertà.
Il concerto
Il violinista Uto Ughi ha quindi suonato L’allegro Maestoso
di Gaetano Pugnani, accompagnato al pianoforte dal M°
Marco Grisanti, e Il Trillo del diavolo del piranese Giuseppe
Tartini. Ughi ha rammentato come anche la sua famiglia, di
Pirano, abbia dovuto lasciare i propri beni, la propria terra e
qualche conoscente nelle foibe. «Di fronte a una tragedia così terribile – ha aggiunto – mi sento l’orgoglio di appartenere
a quelle gente per l’esempio che ha dato di compostezza, dignità e anche capacità di perdonare. Questo concerto lo dedicherò a quanti hanno perso la vita nelle foibe e a tutti gli
esuli che hanno dovuto morire senza conforto».
L’incontro al Ministero
Poco dopo si è svolto al MIUR l’incontro del direttore generale e delle associazioni degli Esuli con le scolaresche vincitrici del concorso. Menzioni speciali sono andate alla Scuola
primaria “Gabelli” di Porcia (progetto Come nacque il Carso;
Calendario 2014), al Liceo scientifico e linguistico “Manzoni”
di Milano (progetto Ricordare Norma Cossetto) e al Liceo
scientifico “Galilei” di Catania (progetto Voci dal Silenzio).
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
GIORNO DEL RICORDO
3
La programmazione Rai Tv 2000: record d’ascolti per gli esuli intervistati
La rubrica del Tg1 TvSette ha riservato al Giorno del Ricordo verso le ore 0.30 dell’8 febbraio il proprio penultimo servizio, in cui Roberto Olla ha menzionato l’invasione della Jugoslavia, la pulizia etnica degli italiani per mano titina, la cattiva
accoglienza dei profughi istriano-fiumano-dalmati in Italia da
parte di chi voleva scaricare su di loro le colpe del fascismo,
lo sventagliamento in altri continenti e la coltre di silenzio fatta scendere sull’intera vicenda da un’Italia definita «cinica
matrigna». Olla ha inoltre riproposto un’intervista al polese
Graziano Udovisi, sopravvissuto alla foiba di Fianona.
Dalle 23.20 alle 23.50 è andata in onda una puntata ridotta
di Porta a porta dal titolo Foibe: io c’ero con uno spezzone di
intervista a Graziano Udovisi e un bel servizio di Paola Miletich, che ha evidenziato come nel 1945 le foibe servirono ad
imporre il regime jugoslavo secondo una tecnica già sperimentata nel ’43. Il conduttore Bruno Vespa ha affermato che
il Giorno del Ricordo, sia pure in ritardo, riconosce lo strazio
allora avvenuto per colpa dei comunisti jugoslavi e in parte di
quelli italiani e ha definito ignobili le scritte contro Simone
Cristicchi. Nidia Cernecca ha riferito di aver incontrato uno
degli assassini di suo padre nella vana speranza di trovare
un barlume di rimorso per poterlo perdonare. Nel 2004 il processo da lei intentato non arrivò a sentenza perché la Corte
si proclamò incompetente in quanto l’Istria dopo l’8 settembre ’43 non sarebbe più stata sotto giurisdizione italiana.
L’esule parentina Alida Gasperini ha ricordato che a sua madre in campo profughi per il freddo si congelò una mano, tanto che le fu amputata una falange. La polesana Lidia Bonaparte ha rammentato la commozione generale al momento
della partenza quasi simultanea nel febbraio 1947 del vaporetto per Trieste e del “Toscana” carichi di profughi. Lucia
Bellaspiga, giornalista figlia di un’esule polesana, ha stigmatizzato chi ancora taccia gli esuli di fascismo. Massimo Cacciari ha sostenuto che l’ignoranza, la conservazione e l’inerzia trattengono la sinistra più retriva su tali posizioni. Mons.
Giuseppe Rocco ha ricordato don Francesco Bonifacio. Lo
storico Roberto Spazzali ha dichiarato che scopo dei titini era
decapitare la classe dirigente italiana; i sacerdoti erano pericolosi in quanto guida morale e unica autorità capace di organizzare la collettività in alternativa ai poteri popolari. La
puntata di Porta a porta ha totalizzato 2.074.000 telespettatori, con un indice d’ascolto del 12,60%, piazzandosi al primo
posto in quella fascia oraria. Al termine è andata in onda la
registrazione dello spettacolo di Simone Cristicchi Magazzino 18 registrata a Trieste il 22 ottobre (vedi pagina 6).
Il Tg2 si è occupato del Giorno del Ricordo verso l’una di
domenica 9 febbraio con il primo servizio della rubrica Tg2
Storie, in cui Marco Bezmalinovich ha ricostruito la vicenda
dell’Esodo («un’intera regione fu svuotata della sua antica
essenza») e delle Foibe dal Magazzino 18 di Trieste. Il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo ha sostenuto che lo Stato
dovrebbe avere cura di quelle masserizie come di reliquie
custodite in un tabernacolo. La presidente dell’IRCI Chiara
Vigini ha auspicato un percorso che valorizzi tali preziosi oggetti dopo troppi anni di incuria. Il presidente dell’Associazione delle Comunità Istriane Manuele Braico ha parlato della
vita nel campo profughi di Padriciano, mentre Giuseppe Cossetto ha raccontato delle sue peregrinazioni fra i villaggi
dell’Istria alla ricerca della cugina Norma. Il Tg2 ha inoltre
dedicato vari servizi in tutte le edizioni del 10 febbraio e, la
mattina, uno spazio all’interno di TG2 Insieme.
Lunedì 10 UnoMattina ha intervistato Anna Maria Mori,
Guido Crainz, Stefano Zecchi e Simone Cristicchi. Le varie
edizioni del Tg1 hanno proposto servizi e approfondimenti.
Il Tg3 e i Tg regionali hanno trasmesso servizi nelle varie
edizioni. Il TgR del Friuli Venezia Giulia ha dedicato al tema
Buongiorno Regione del 10 febbraio con interviste al presidente di FederEsuli Renzo Codarin e alla scrittrice Anna Maria Mori. In un servizio della rubrica a diffusione nazionale
EstOvest, trasmessa il 9 febbraio intorno alle 11.15, il presidente dell’Unione Italiana Maurizio Tremul ha sostenuto che
occorre far conoscere i torti subiti e fatti da ambo le parti in
uno spirito di convivenza, mentre Renzo Codarin ha auspicato che l’ingresso della Croazia nell’UE favorisca la restituzione dei beni non coperti dai trattati internazionali e ha spronato la Repubblica Italiana a fare la sua parte sia per gli indennizzi sia per i contributi alle associazioni della diaspora.
La puntata di Correva l’anno, in onda su Rai3 il 9 febbraio
dalle 12.55 alle 13.30, ha trattato di Foibe ed Esodo affiancando a un documentario con immagini d’epoca il commento
del giornalista e storico Paolo Mieli. Lodevole lo sforzo di
obiettività e comprensione verso le vittime, pur con qualche
inesattezza. Ne è emerso il disegno dei nazional-comunisti
jugoslavi di impadronirsi dell’intera Venezia Giulia, oltre che
della Dalmazia, eliminando subito tutti i potenziali oppositori
(antifascisti e afascisti compresi), in una sanguinosa “epurazione preventiva” giustificata da ragioni politiche ma con forti
ripercussioni etniche. Da ciò l’immediato disarmo del CLN
triestino, tacciato di cripto-fascismo. Si è anche lamentato il
macabro balletto delle cifre sulle vittime, che andrebbero da
poche centinaia a 20mila. Paolo Mieli ha commentato che gli
esuli sperimentarono molteplici lutti: le Foibe, l’Esodo, il non
avere un luogo dove onorare con certezza i propri morti, ma
anche la gelida accoglienza ricevuta in Italia sia dalle sospettose autorità sia da chi li considerava fascisti solo perché
espulsi dai comunisti. A tutto ciò si aggiunse l’emigrazione
per alcuni e il silenzio calato sulla vicenda dall’intera classe
politica, che voleva così coprire le proprie complicità con Tito.
Lunedì 10 Rai 3 ha trasmesso la diretta dal Senato.
Rai2 si è occupata del tema con la trasmissione I Fatti Vostri, che il 10 febbraio ha riportato testimonianze di ospiti in
studio, e con lo sceneggiato Il cuore nel pozzo nella notte fra
il 10 e l’11 febbraio. Rai5 ha trasmesso, a partire da venerdì 7
in prima serata (21.15), il documentario Trieste la contesa di
Elisabetta Sgarbi, replicato il 9 febbraio alle 7, il 10 alle 16.15
e l’11 alle 12. Rai Storia ha invece mandato in onda lunedì 10
febbraio alle 15.30 lo Speciale Tg2 Orrore dimenticato.
Gr1, Gr2 e Gr3 hanno dedicato servizi. Quello del Gr1 delle
8 ha suscitato proteste perché di taglio quasi giustificazionista. Radio1 ha proposto approfondimenti nei contenitori e
programmi Prima di tutto, Start, Baobab, Zapping 2.0, L’Argonauta e Citofonare Cuccarini. GrParlamento ha invece riservato la rubrica Radiosette l’8 febbraio con replica il 10.
Il 7 febbraio fra le 9.10 e le 10.20 Tv 2000 ha dedicato la
prima parte della trasmissione Nel cuore dei giorni a Gli italiani dimenticati: la tragedia delle Foibe e il racconto degli esuli.
Fiorella Vatta, esule da Pola, ha riferito di non avere più
parenti a Pola, perché l’intera sua famiglia esodò nel 1947
approdando a Venezia, dove fu alloggiata in una caserma
prima di partire per Firenze. Lei e i suoi familiari si adattarono
ai lavori più umili, mentre il padre, che a Pola aveva gestito
una macelleria, non riuscì ad avere la licenza dal sindaco
comunista che gli imputava di essere fascista visto che era
fuggito dal comunismo. La signora si trasferì poi a Roma,
dove conobbe il suo futuro marito, esule zaratino consegnatosi alla Polizia Civile di Trieste dopo una partita disputata
con la sua squadra di pallacanestro. Ha inoltre ricordato i
campi di internamento per civili austro-italiani durante la Prima guerra mondiale, i brutali 45 giorni di occupazione jugoslava del maggio-giugno 1945 (quando i titini fecero razzie in
ospedali e scuole e diedero fuoco a documenti), Vergarolla
(lei aveva partecipato alle gare di nuoto) e l’encomiabile opera del dottor Geppino Micheletti. Fiorella Vatta tornò per la
prima volta a Pola nel 1982 constatando con amarezza il degrado in cui versava casa sua. Nel 1986 ci portò i genitori e
cinque anni fa la figlia.
Miriana Tramontina lasciò Fiume alla fine del 1948 dopo un
attesa punitiva di un anno e 9 mesi dovuta alla sua ribellione
in classe. Quando infatti una fanatica drugarizza impose agli
alunni di stare sull’attenti mentre toglieva il crocifisso dal muro e tentava di spezzarlo per sostituirlo con un effige di Tito,
lei si sedette e osò affrontarla, ma questa la redarguì. Subito
dopo l’opzione i suoi genitori furono licenziati e, per sopravvivere, suo padre fece abusivamente il facchino in porto. Sua
madre non voleva andarsene e, prima di partire, accarezzò a
lungo vari oggetti cari piangendo perché lì lasciava il suo
cuore. In treno poterono portare solo una valigia. Miriana fissò tutto ciò che vedeva per imprimerselo dentro e poi scoppiò
in lacrime. Nel campo profughi patì la fame, ma riuscì a rifarsi
una vita lavorando, mentre la sua famiglia si sparpagliava in
varie parti d’Italia. A Fiume non ha mai avuto il coraggio di ritornare e cerca di non farlo neanche con la mente. Si sente
due volte italiana: per nascita e per scelta.
Il rovignese Francesco Tromba, socio dell’LCPE, ha raccontato di suo padre, infoibato nel 1943 quando lui aveva 9
anni. Nel 2003 trovò insieme a tre amici la foiba di Vines, dove presumibilmente il padre fu gettato, e vi piantò sopra una
croce. «Sono riuscito – ha detto – a perdonare gli assassini
perché non potevo vivere con odio, con rancore. Ora mi sento liberato, più sereno, e vedo il mondo diversamente».
La giornalista Lucia Bellaspiga ha parlato di sua madre,
Carmen Ursini, che lasciò Pola nel 1947. Quella della sua famiglia fu una diaspora, con parenti in Australia e in giro per
l’Italia. Sua madre la portò per la prima volta a Pola quando
lei era piccolissima. Più tardi Lucia, da insegnante di scuola
media, cercò di trasmettere ai suoi studenti la conoscenza di
quei fatti battendo a macchina dei testi per supplire al silenzio
dei manuali. Quale sussidio scolastico ha consigliato la tesina di Erica Cortese e il video Istria addio, consultabili sul sito
dell’LCPE. Ha inoltre lamentato come ci siano ancora negazionisti che offendono le vittime dell’olocausto giuliano-dalmata tacciandole di fascismo. «Sarebbe come – ha commentato – se gli ebrei sopravvissuti ai lager venissero accusati di
comunismo. In tutta Italia il 25 aprile si festeggia la fine del
nazifascismo, ma nella Venezia Giulia si passò da una dittatura all’altra. Istriani, fiumani e dalmati hanno pagato con le
loro case i danni di guerra di tutti gli italiani alla Jugoslavia e
non sono ancora stati del tutto risarciti».
Il conduttore ha condannato «la barbarie e la ferocia del
regime di Tito» e la «pulizia etnica ai danni di quanti furono
gettati nelle foibe con la sola colpa di essere italiani», lodando la capacità di perdono di chi porta ancora dentro quelle
ferite. In studio gli studenti del Liceo “Pio XI” di Roma erano
commossi. L’indice d’ascolto è stato alto e sono giunte tantissime telefonate. La mattina del 10 febbraio Tv 2000 ha ritrasmesso l’intervista a Tromba con il commento telefonico
dell’assessore dell’LCPE Silvio Mazzaroli.
Le altre trasmissioni
Note stonate
Tra le 20 e le 20.30 del 9 febbraio, nella trasmissione
Mezzi Toni di TG Com 24, lo scrittore Piero Tarticchio ha
parlato di suo padre, commerciante di Gallesano infoibato con l’accusa di sfruttare il popolo solo perché possedeva un negozio di alimentari. «L’Italia – ha sostenuto – prima non ci voleva, ci considerava un corpo estraneo in
quanto parenti poveri che portavano via il pane di bocca
ai locali. Poi ci ha impedito di raccontare le nostre storie.
Non siamo mai stati perdonati per aver voltato le spalle al
paradiso comunista di Tito. Solo l’MSI ci accolse come
fratelli, per cui ci è rimasto questo marchio. Oggi sappiamo tutto sulla Shoah e i campi di sterminio sono divenuti
luoghi di culto, ma le foibe no. Troppi libri di scuola non
ne parlano o lo fanno con errori. Prima le si negavano,
poi le si sono giustificate come conseguenza dei crimini
fascisti in Jugoslavia. Ma perché a pagare siamo stati
solo noi? Andreotti disse che era un bene se non se ne
era parlato, perché l’Italia da ricostruire aveva bisogno di
tutte le forze dell’arco costituzionale. Così ancor oggi non
so dove si trovano i resti di mio padre».
Tv Capodistria ha dedicato al tema la trasmissione Meridiani il 10 febbraio tra le 21 e le 22. «Il Giorno del Ricordo – ha asserito il vicepresidente nazionale dell’ANVGD
Rodolfo Ziberna – ha cambiato l’atteggiamento dell’opinione pubblica. Se prima era difficile parlare di quelle vicende oltre le comunità giuliano-dalmate, oggi stanno diventando patrimonio di tutta la nazione. Non c’è alternativa al dialogo tra esuli e rimasti. La sfida è intercettare le
risorse europee». Il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo ha definito il Giorno del Ricordo la più grande conquista delle organizzazioni degli esuli. «Finalmente – ha
detto – il Paese è stato messo di fronte a questa storia.
Dobbiamo salvaguardare il patrimonio immenso della
nostra cultura istro-veneta, riscoprire la nostra gloria. Se
rimarremo disgregati tra la gente che vive nella diaspora
e quella residente nella nostra madre terra, saremo assimilati sia noi sia loro e la nostra cultura andrà persa». «Il
Giorno del Ricordo – ha detto il presidente della Giunta
esecutiva dell’Unione Italiana Maurizio Tremul – ha iniziato un percorso, ha messo in moto un meccanismo importante per cui ora si riesce a discutere di queste tematiche con maggior serenità e minor astiosità. Con il Libero
Comune di Pola in Esilio abbiamo fatto i percorsi della
memoria, con gli esuli zaratini abbiamo collaborato per
l’asilo di Zara. C’è la disponibilità a fare le cose insieme.
Serve solo trovare un tavolo comune». Il presidente della
Società di Studi Storici e Geografici di Pirano Kristjan
Knez ha confermato il salto di qualità. Un tempo i libri di
storia istriano-fiumano-dalmata circolavano in ambienti
ristretti e faticavano a trovare editori nazionali. Ora gli
studiosi italiani, sloveni e croati collaborano, si confrontano e hanno accesso alle fonti. Tra esuli e rimasti si organizzano iniziative comuni. «Non dobbiamo – ha detto –
essere ostaggi del passato, ma coltivare l’amore per la
nostra terra». La presidente dell’IRCI Chiara Vigini ha affermato che la pace tra i popoli si costruisce dalla scuola.
Il 10 febbraio Class TV MSNBC ha trasmesso tra le
20.27 e le 20.30 un lodevole servizio di ricostruzione storica su Foibe ed Esodo, in cui Tito Lucilio Sidari, vicesindaco dell’LCPE, ha rammentato che gli esuli espropriati
attendono ancora l’indennizzo equo e definitivo, mentre
Gianantonio Godeas, del Centro Mondiale per la Cultura
Giuliano-Dalmata, ha denunciato il negazionismo.
Telepace ha trasmesso una puntata di Direttamente
su... dal titolo L’esodo degli italiani. Storie di esuli
dall’Istria e dalla Dalmazia. Fra gli ospiti in studio Claudio
Eva e Fulvio Mohoratz (ANVGD).
Alle 21 del 10 febbraio lo storico Lorenzo Salimbeni ha
parlato a Il Borghese in diretta sul canale 86 One.
Gli esuli Tito Delton e Ginevra Barbieri hanno portato la
loro testimonianza sulla tv torinese Rete 7.
Nell’ultima decade di gennaio una polemica di stampa
è scoppiata all’annuncio che l’amministrazione di Roma
Capitale aveva cancellato dai Viaggi della Memoria quelli
ai luoghi delle Foibe e dell’Esodo e solo dimezzato quelli
ad Auschwitz. Numerose le proteste dei partiti di opposizione e dei sodalizi degli esuli, tra cui l’LCPE. Le nebulose smentite del sindaco Ignazio Marino, dell’assessore
alla Scuola Alessandra Cattoi e del vicesindaco Luigi
Nieri hanno confermato implicitamente la notizia, aggiungendo solo che l’amministrazione capitolina cercherà di
ripristinare i fondi per il 2015. Notevole spazio alla vicenda hanno dedicato in particolare “Avvenire” e “Il Tempo”.
A Pisa il 27 gennaio ignoti hanno divelto la tabella lapidea riportante la dicitura “Rotonda Martiri delle Foibe” e
sopra vi hanno appiccicato un cartello sostitutivo con la
scritta “Pisa antifascista”. «Proprio nel Giorno della Memoria – ha dichiarato il sindaco Marco Filippeschi – non
si sentiva alcun bisogno sul paragone sottointeso tra i
caduti della Shoah (zingari, ebrei, omosessuali, rom, malati di mente, comunisti, partigiani) e i martiri delle foibe
indicati da alcuni come fascisti. Così si semplifica e si
travisa una vicenda dolorosa».
Dopo aspre polemiche il sindaco di Como ha negato la
sala conferenze della I Circoscrizione dapprima concessa per lo spettacolo Gonars 1941-1943. Io odio gli italiani, con intervento della giustificazionista Alessandra Kersevan. L’iniziativa si è svolta il 31 gennaio in altra sala.
Nei giorni antecedenti il 10 febbraio su alcuni muri di
Roma sono apparsi manifesti recanti al centro la scritta
«Onore ai partigiani jugoslavi – 10 febbraio giornata di
lotta contro il revisionismo», con nella parte superiore la
faccia di Tito e la bandiera jugoslava rossostellata e nella
parte inferiore la foto di partigiani jugoslavi armati in marcia. Con vernice bianca è stato nottetempo imbrattato il
monumento alle Vittime delle Foibe presso la fermata
della metropolitana “Laurentina”, mentre in Via di Vigna
Murata ignoti hanno tracciato le scritte «No alla giornata
del ricordo revisionista – Operazione nazionalista e anticomunista senza straccio di prova storica», con inni alla
«libertà dei popoli» e invocazioni di «morte al fascismo».
Tra via Flaminia e Via di Valle Giulia qualche poliglotta ha
preferito scrivere in inglese «I love foiba».
Il 9 febbraio Leonardo Cribio, capogruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra per Pisapia in Consiglio di Zona 9 a Milano, aveva postato sul proprio profilo Facebook
frasi sprezzanti e giustificazioniste tra cui «Nelle foibe c’è
ancora posto», rimossa dagli amministratori del social
network dopo vivaci proteste. Il sindaco Giuliano Pisapia
aveva bollato quelle parole come «vergognose, inaccettabili e assurde». In seguito alle proteste scatenate Cribio
si è infine dimesso. Solo i Giovani Comunisti di Milano lo
hanno difeso perché «non tutti i morti sono uguali».
Il 10 febbraio sempre a Milano, nella Sala consiliare del
Consiglio di Zona 3, Rifondazione Comunista ha tenuto
una conferenza pubblica di stampo giustificazionista stigmatizzata da PD, Lega Nord, Fratelli d’Italia e ANVGD.
L’11 febbraio Antonello Venditti ha affermato durante il
suo concerto a Trieste: «Lasciamo stare le foibe, che sarete stufi di sentire nominare», dando poi ad intendere
che avrebbero riguardato solo i fascisti. Proteste sono
giunte dal Nuovo Centrodestra, da Fratelli d’Italia e
dall’LCPE, che ha chiesto al cantante scuse pubbliche.
Tra le iniziative promosse dalla Provincia e dal Comune di Lucca per la Giornata della Memoria e il Giorno del
Ricordo, il sito www.provinciadilucca.it ha annunciato un
Viaggio nella Memoria «dedicato quest’anno all’approfondimento delle vicende degli esuli istriani con la visita
guidata a Gonars, Trieste, Pola e all’Isola di Rab, luoghi
che furono teatro della repressione fascista degli Slavi».
Cosa c’entrano Gonars e Arbe nonché la «repressione
fascista degli Slavi» con le «vicende degli esuli istriani»?
4
GIORNO DEL RICORDO
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Pietro Grasso: «Una memoria da coltivare tutto l’anno»
La mattina del 10 febbraio si è svolta alla Foiba di Basovizza la tradizionale cerimonia solenne promossa dal Comune
di Trieste, dalla Provincia e dal Comitato per i Martiri delle
Foibe. All’ingresso dei gonfaloni di Trieste e Muggia e di un
picchetto in armi della Scuola militare “Nunziatella” sono seguiti l’alzabandiera al suono dell’Inno nazionale, la lettura
della motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla
Città di Trieste e la deposizione di corone. Il prefetto e commissario di governo nel Friuli Venezia Giulia Maria Adelaide
Garufi ha consegnato un diploma del Presidente della Repubblica e una medaglia a Sergio Bavdaz per il padre Giuseppe, ucciso in un attentato titoista a Monfalcone nel 1944.
L’arcivescovo Giampaolo Crepaldi ha quindi celebrato
una messa, definendo nell’omelia l’approvazione della legge
sul Giorno del Ricordo «un atto esemplare del Parlamento
italiano». «Non bisogna alimentare odi o recriminazioni, ma
andare alla ricerca delle ragioni che portarono alla violenza,
alla sopraffazione e alla morte». Antidoto al rinnovarsi di quei
crimini è il «coltivare i valori civili fondati sul rispetto della dignità e dei diritti della persona umana».
Si è poi data lettura della Preghiera per gli Infoibati di
mons. Santin, di una poesia dell’esule piranese Annamaria
Muiesan Gaspari e di un testo sul triestino Dario Pitacco, gettato nella foiba di Basovizza a soli 18 anni perché il 1° maggio 1945 aveva issato il tricolore italiano sul municipio.
«Con la legge sul Giorno del Ricordo – ha detto il sindaco
Roberto Cosolini – la Repubblica Italiana ha integrato la
storia dell’Adriatico orientale in quella d’Italia «dando dignità
e assicurando un risarcimento storico e un riconoscimento
morale alle sofferenze patite dai giuliani, fiumani e dalmati, e
un risarcimento per le incomprensioni e il disagio con cui per
troppo tempo nell’Italia ansiosa di ricostruirsi un futuro e di
co riconoscimento degli orrori e dei torti patiti. Le giornate di
aprile-maggio 1945, vissute in altre parti d’Italia come una liberazione, qui si trasformarono in occupazione, ispirata a un
progetto di forzata e violenta annessione nazionalista. L’istituzione del Giorno del Ricordo, oltre ad aver fatto assumere
a tutta l’Italia la consapevolezza e il rispetto dovuto a ciò che
qui accadde, ha contribuito al percorso che ci ha portato ad
abbattere i muri, quelli così sottili e difficili dell’incomprensio
ne, a ritrovarci non più a guardare indietro con rabbia, ma a
trarre dal passato gli elementi per una coscienza civile e per
una coesione morale che ci aiutino a costruire il futuro».
«Il dovere delle istituzioni – ha asserito la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat – è di riconoscere
sia la sanguinosa vicenda delle foibe sia la tormentata odissea dell’esodo. Queste vicende, come quella della Shoah e
degli altri episodi di barbarie perpetrati nel ’900 in nome di
presunte supremazie nazionali, ideologiche e politiche, ci impongono, contro ogni revisionismo e negazionismo, di riconoscere i drammi vissuti, la violenza prevaricatrice e la necessità di superare il lungo silenzio dei decenni successivi. Il
Giorno del Ricordo ha contribuito a far conoscere la storia
degli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. In questi
anni intenso è stato l’impegno degli storici nell’indagare la
tragedia delle foibe e dell’esodo. Altrettanto fondamentale è
stata la responsabilità delle istituzioni italiane, slovene e croate sul fronte del reciproco riconoscimento di quanto accaduto. Aspetti che non riescono a lenire la sofferenza di chi ha
vissuto la tragedia dell’emigrazione forzata, che non possono
mitigare il dolore del distacco, ma che riconsegnano il diritto
di ricordare e poter esser ricordati, sanciscono il valore, per
la storia del nostro Paese e dell’Europa, di quella memoria
individuale e collettiva. La riconciliazione, come ha ricordato
serena convivenza. Questa tragedia è stata dimenticata, è
caduta in un oblio che per gli esuli ha significato un lento e
inesorabile approfondirsi della ferita. Oggi ci ritroviamo qui
perché sia mantenuta viva la memoria del passato e si rinnovi anche in chi non ne è stato testimone, e nei giovani in particolare. Eppure esistono ancora tesi riduzioniste o imbrattatori pazzi, che non meritano alcuna considerazione, anzi meritano disprezzo. Non possiamo permettere che si vandalizzino i luoghi del ricordo per cancellare la memoria. Questa tragedia è stata una realtà sanguinosa che non può essere negata o dimenticata. Così come non possono essere negate o
dimenticate le sofferenze inflitte alla minoranza slovena e
croata negli anni della guerra. Per fortuna però oggi stiamo
vivendo un’altra storia. L’Europa abbraccia tutti gli Stati sui
cui territori sono state scritte queste atroci, terribili pagine di
storia. Il nostro augurio è che un’Europa unita scevra da contrapposizioni etniche e strumentalizzazioni ideologiche sia
davvero la patria dove tutti possano sentirsi parte di un’unica
comunità, condividendo storie e culture, respingendo con
decisione, con convinzione il male del proprio passato, per
costruire una memoria condivisa, un futuro per i nostri giovani nel quale regni il rispetto assoluto della dignità umana».
Al termine il presidente Grasso ha stretto la mano ai rappresentanti delle associazioni degli esuli (LCPE compreso).
Alle 16 è iniziata in Consiglio comunale una seduta straordinaria. «I 10 anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo – ha
dichiarato Paolo Rovis (NCD), uno dei 9 consiglieri richiedenti – non sono passati invano. Le foibe non sono più soltanto un fenomeno geologico. I sopravvissuti hanno ora diritto di parola e di memoria, diritto alle lacrime e al conforto. La
vicenda di centinaia di migliaia di italiani in fuga dall’oppressione e dalla pulizia etnica è approdata nei libri di storia, sui
10 febbraio, Foiba di Basovizza: il gonfalone di Trieste.
guadagnarsi un ruolo rinnovato nelle relazioni internazionali
si era guardato a quei tragici capitoli di storia nazionale, i
quali rimandavano direttamente alla sconfitta nella guerra di
aggressione, alla mire di rivalsa e annessione del nazionalismo jugoslavo, con la feroce repressione che l’accompagnò,
e alle violenze sopraffattrici delle ideologie totalitarie. Esperienze luttuose, ferite a lungo non rimarginate su cui si preferì
stendere una coltre di reciproche convenienze e di silenzio.
Troppo spesso non fu dato ascolto al dolore dei parenti delle
vittime e degli esuli, così come soltanto a loro, ovunque la
diaspora li avesse sospinti, alla loro intatta caparbietà e tenacia fu affidato il compito di ricordare e tramandare il patrimonio di valori e tradizioni di una civiltà straordinariamente vitale, ricca di apporti, storie e culture diverse. L’aver esteso oltre
al confine orientale la memoria delle tragedie del secolo scorso e la conoscenza della storia complessa dell’Adriatico
orientale è un merito indiscutibile della legge, che andò a coprire un’esigenza reale e ha raggiunto uno dei suoi obiettivi
fondamentali. Basti considerare l’ampiezza dell’impegno divulgativo e didattico che il 10 Febbraio stimola ogni anno
nelle scuole di tutta Italia, le centinaia di scolaresche che raggiungono questo luogo, il fervore di iniziative che ovunque
nel paese accompagnano la celebrazione in un clima che
tutti vogliamo sia sempre più concorde e riconciliato. Il Giorno del Ricordo rafforza la conoscenza della storia dell’Adriatico orientale, di tutte le sue pagine e di tutta la sua complessità, contribuendo in maniera decisiva a incidere questa storia
nella nostra coscienza di cittadini italiani ed europei».
Guido Sonzio (Comitato per i Martiri delle Foibe) ha affermato che vi fu un genocidio ideologico premeditato, non una
vendetta popolare, contro chiunque potesse opporsi a Tito.
Alla cerimonia hanno assistito anche i sindaci di Latina e
Duino-Aurisina, nonché le rappresentanze delle associazioni
degli esuli e di quelle combattentistiche e d’arma, nonché alcune scolaresche di Trieste e Latina. Successivamente una
delegazione ha reso omaggio alla Foiba di Monrupino.
Alle 13 ha avuto inizio nel Magazzino 18 del Porto Vecchio
una seduta straordinaria del Consiglio provinciale.
Intorno alle 14.45 il presidente del Senato Pietro Grasso
ha reso omaggio alla Foiba di Basovizza, accompagnato dal
prefetto di Trieste e commissario di Governo nel Friuli Venezia Giulia, dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia,
dalla presidente della Provincia, dal sindaco e dai rappresentanti delle associazioni degli esuli e della Lega Nazionale. Il
presidente di FederEsuli Renzo Codarin ha donato a Grasso
una piccola riproduzione in pietra del cippo memoriale che
affianca la foiba. Grasso ha poi deposto in piazza Libertà una
corona al monumento all’Esodo, presenti le altre autorità.
Nel successivo incontro in Prefettura il prefetto e commissario di Governo Maria Adelaide Garufi ha espresso la vicinanza delle istituzioni repubblicane ai familiari degli infoibati,
agli esuli, costretti a subire prima i patimenti dell’esodo e poi
l’umiliazione dell’oblio, nonché alle loro associazioni per la
meritoria attività divulgativa. «Il dovere del ricordo – ha detto
– impone di non dimenticare quelle tragedie».
«Per troppo tempo – ha osservato il sindaco Cosolini –
prevalse la rimozione, vuoi perché l’Italia uscita dalla guerra
preferì esorcizzare dolori e responsabilità, vuoi perché le
contrapposizioni ideologiche sembravano impedire il recipro-
10 febbraio, Basovizza: Pietro Grasso davanti alla Foiba.
il presidente Napolitano, non significa rinunciare alla memoria e alla solidarietà. Grazie alle tante associazioni, i legami
propri di una comunità sono stati mantenuti saldi e fermi».
«Il Friuli Venezia Giulia – ha rammentato la presidente Debora Serracchiani – è la Regione che più di ogni altra ha
conosciuto e condiviso la tragedia dell’esodo istriano-fiumano-dalmata e tiene alto il testimone di un obbligo storico, civile e morale che ci lega strettamente alle nostre genti
dell’Adriatico orientale e alle loro sofferenze. Conservare la
memoria delle foibe e dell’esodo, diffonderne la conoscenza
fra i giovani e nella scuola rappresenta un solo parziale risarcimento dei lunghi decenni durante i quali l’oblio e la rimozione erano l’indirizzo cui si attenevano anche le istituzioni repubblicane. Gli esuli istro-dalmati furono gli italiani che pagarono il prezzo più alto: perché il loro sacrificio non fu contato
solo in vite strappate, in focolari e terre perdute, in tombe per
sempre abbandonate. Più duro fu l’oltraggio di un’Italia vergognosa dei sui figli fuggitivi, più acre fu l’insulto di un’accoglienza talvolta ostile, più umiliante fu il subdolo negazionismo che talora riemerge. Le foibe furono troppo a lungo una
parola che ha diviso, quasi che quei poveri corpi lacerati potessero essere misurati o pesati sulla bilancia delle ideologie
che nel ’900 hanno trafitto il cuore dell’Europa. Nessuno osi
più mettere in dubbio la natura di quei misfatti, nessuno ne
revochi in discussione l’impronta, tutti abbassino il capo dinanzi a quelle voragini in cui furono precipitati tanti italiani,
ma anche croati, sloveni, partigiani monarchici, militari tedeschi, religiosi cattolici. Un delirio in cui non mancarono di insinuarsi le occasioni per regolare anche conti privati. E’ tutto il
popolo dell’Esodo che deve essere ringraziato, per la forza
con cui tante famiglie seppero silenziosamente ricostruirsi le
loro vite, anche affermandosi nel mondo, spesso nelle nuove
terre verso cui migrarono alla ricerca di miglior fortuna. Nella
luce nuova e più limpida proiettata dall’Europa sulle terre di
quello che fu il confine orientale, dovrebbe essere possibile
auspicare una condivisione da parte dei Paesi vicini e amici.
Tutti ebbero le loro vittime innocenti, e forse soffermarsi assieme su una dolorosa memoria comune potrebbe essere
occasione di un’ancora più stretta condivisione del futuro.
Certo, per molti che hanno vissuto l’Esodo sulla pelle, capisco che è difficile sentire appelli di riconciliazione. Io, che non
voglio perdere la speranza nel dono soggettivo della pacificazione interiore, mi inchino con rispetto a quanti hanno vissuto
i soprusi, le violenze e l’esilio per il loro essere Italiani, e che
sono ancora tra noi pulsanti e preziosi testimoni».
«E’ con commozione profonda – ha detto Pietro Grasso –
che mi trovo oggi qui assieme a voi per ricordare uno dei capitoli più tristi della storia d’Italia: l’uccisione di migliaia di italiani, il terribile e silenzioso dramma che furono costretti a vivere tanti nostri connazionali profughi istriani, fiumani, quarnerini e dalmati. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale
tanti, troppi caddero nelle foibe, vittime di quell’odio etnico
che spesso purtroppo molte guerre riescono a fomentare.
Molti altri italiani nati e cresciuti in un territorio dove cultura
italiana e slava si erano intersecate per secoli furono costretti
ad abbandonare la terra natia o ad essere deportati in campi
di concentramento. Tanti connazionali hanno trovato morte e
sofferenze in luoghi dove il nazionalismo e le ideologie hanno
impedito quella che poteva e doveva essere una pacifica e
10 febbraio, la cerimonia nella Prefettura di Trieste.
palcoscenici dei teatri, sugli schermi televisivi e, attraverso
questi, nei cuori, nelle coscienze di ognuno di noi. Oggi ricordiamo una tragedia del ’900, ma ricordiamo anche chi è stato
colpito una seconda volta, perché costretto al silenzio, perché emarginato, perché trattato come depositario di colpe altrui. Il sacrificio immane di un intero popolo ha diritto di cittadinanza piena nella propria patria, l’Italia, che il 16 marzo
2004 archiviò la propria subalternità a convenienze partitiche, smise di accettare con supina condiscendenza che siano i vincitori a scrivere la propria storia e ritrovò nel proprio
Parlamento democratico l’orgoglio di essere nazione».
«Nazionalismi e totalitarismi – ha rilevato il sindaco Cosolini – qui come in altre parti del continente hanno cercato di
creare modelli di identità monolitici ed esclusivi incentrati su
idee di società autoritarie, violente e antidemocratiche. Le
giornate di aprile-maggio 1945, che per tanti nostri connazionali furono un momento di liberazione, qui videro l’entusiasmo per la liberazione presto sostituito dalla paura e da una
nuova occupazione, favorita anche dalle incertezze e ambiguità nei confronti della questione di Trieste che caratterizzava lo schieramento internazionale antifascista e antinazista.
Arrivò il 12 giugno ’45, quando l’esercito jugoslavo finalmente
lasciò Trieste. Una data da ricordare perché segna la fine
della guerra e l’inizio del ricongiungimento».
«Il nostro pensiero – ha affermato il presidente Grasso –
oggi è rivolto ai 350.000 esuli italiani dall’Istria, da Fiume e
dalla Dalmazia. Ricordava bene il sindaco il contrasto che ha
subito Trieste e questa parte d’Italia rispetto al resto d’Italia
nell’aprile-maggio 1945, giorni in cui l’Italia tutta festeggiava
la fine della guerra abbracciandosi con le truppe angloamericane. Invece a Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara la liberazione era portata dalle truppe di Tito, che senza abbracci, al
grido di “Trieste è nostra”, hanno fatto delle nefandezze inenarrabili. Non fu una liberazione, ma una nuova invasione.
Trieste con profondo coraggio e umanità, dando un esempio
a tutta l’Italia che ancora oggi dev’essere valorizzato, accolse
e soccorse tutti coloro che furono costretti a lasciare le proprie case, le proprie terre, con una capacità di integrazione
nel tessuto della comunità veramente eccezionale. Bisogna
coltivare la memoria per capire il presente e costruire un futuro senza violenza, senza odio, senza razzismo, senza intolleranza. Dobbiamo far sì che non ci sia solo il rituale del Giorno
del Ricordo. Bisogna far entrare questa storia nel corso ordinario dei giorni, e quindi nello studio scolastico, nei programmi televisivi, in tutte le manifestazioni culturali e istituzionali, i
convegni, le conferenze, dovunque, per far di questa memoria una quotidianità, affinché sia parte della storia d’Italia. Il
mio augurio è che giornate come queste possano non solo
rendere giustizia alla verità dopo un oblio indecoroso, ma
anche ai martiri di uno dei periodi più bui della nostra storia e
illuminare le coscienze di ciascuno di noi sull’orrore che l’uso
distorto delle ideologie può causare. Io vorrei che questa
speranza fosse trasmessa ai giovani perché diventino testimoni nel futuro per tramandare queste storie che non devono
essere dimenticate e, apprendendo la lezione del passato,
possano rinnegare la violenza, il razzismo, l’ingiustizia».
Si è infine osservato un minuto di silenzio. Tra gli ospiti
c’erano alcune autorità e i rappresentanti dell’Associazione
delle Comunità Istriane, dell’LCPE e dell’IRCI.
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Sono state innumerevoli in Italia, come pure all’estero,
le iniziative per il Giorno del Ricordo. Qui ne riportiamo
solo alcune, riservandoci di informare su altre in marzo.
Adelaide
Il Comitato per il Giorno del Ricordo di Adelaide (Australia)
ha allestito l’8 e il 9 febbraio una mostra presso un padiglione
del Carnevale cittadino e promosso una messa commemorativa celebrata il 10 febbraio nella chiesa Mater Christi.
Aiello
Il 10 febbraio nella sala consiliare del municipio di Aiello
(UD) è stato proiettato il video Istria addio, presenti il sindaco
e gli attori della compagnia Grado Teatro.
Arese
Il 6 febbraio il vicesindaco del Libero Comune di Pola in
Esilio Tito Lucilio Sidari e lo scrittore Piero Tarticchio hanno
tenuto all’Università Terza Età di Arese (MI) una conferenza
dal titolo Conoscere per ricordare. Il coro ha cantato l’Inno
all’Istria ed il Va, pensiero.
Bagnaria Arsa
Il 5 febbraio l’assessore del Libero Comune di Pola in Esilio
Silvio Mazzaroli ha presentato il video Istria addio nella sede
dell’Associazione Nazionale Alpini di Bagnaria Arsia (UD),
presenti gli attori della compagnia Grado Teatro.
Barletta
Il 10 febbraio nell’Auditorium dell’Istituto tecnico “Cassandro” di Barletta si è svolto un convegno dal titolo Contributo
alla conoscenza della storia e della cultura dell’Istria di Fiume
e della Dalmazia. Foibe ed Esodo, organizzato dalla Provincia di Barletta-Andria-Trani in collaborazione con il Comitato
ANVGD. Dopo i saluti del presidente della Provincia e del
sindaco è intervenuto Giuseppe Dicuonzo, presidente del
Comitato ANVGD e socio dell’LCPE. Hanno assistito numerosi studenti dell’ITC “Cassandro” e dell’IPSIA “Archimede”.
Nel pomeriggio mons. Leonardo Doronzo ha celebrato nella chiesa del Santo Sepolcro una messa in suffragio dei martiri istriani. A seguire un corteo con deposizione finale di una
corona alla lapide in ricordo degli esuli accolti a Barletta.
Bergamo
L’8 febbraio al Liceo classico “Sarpi” di Bergamo Fulvio
Moneta de Suvich, vicepresidente del Comitato provinciale
ANVGD di Milano, e T.L. Sidari hanno parlato della storia
dell’Adriatico orientale e del Giorno del Ricordo.
Binasco
Il 16 gennaio T.L. Sidari ha tenuto una conferenza sul Giorno del Ricordo ai cittadini di Binasco (MI), presente il sindaco, proiettando il video Foibe ed Esodo.
Il 4 febbraio T.L. Sidari ha proiettato e commentato il video
Istria addio agli studenti della Scuola media “Fermi” di Binasco, presenti la vicepreside e vari insegnanti.
Castelfranco Veneto
Il 4 febbraio nell’aula magna dell’Istituto statale di II grado “Nightingale” di Castelfranco Veneto (TV) l’esule rovignese
Bruno Carra Nascimbeni ha portato la sua testimonianza e
risposto alle domande dei circa 400 ragazzi convenuti.
Nel pomeriggio è stato proiettato il dvd La Cisterna.
Cerea
Il 6 febbraio l’esule polese Lino Vivoda ha tenuto una conferenza nella sala del Consiglio comunale di Cerea (VR).
Cinisello Balsamo
Il 10 febbraio T.L. Sidari, il giornalista e storico Luciano Garibaldi e la prof. Rossana Mondoni hanno parlato al Liceo
“Casiraghi” di Cinisello Balsamo (MI) proiettando Istria addio.
Favara
Il 10 febbraio nel Castello Chiaramonte di Favara (AG) si è
tenuto un convegno sul Giorno del Ricordo. Sono intervenuti
il sindaco Rosario Manganella, il dirigente del Liceo “King”
Salvatore Pirrera, il segretario dell’ANPI comunale Gaetano
Cusumano, il presidente dell’associazione culturale “Penna
Sottile” Pino Crapanzano e Gaetano Allotta (Società Agrigentina di Storia Patria). Ha inoltre portato la sua testimonianza
l’esule istriano Domenico Svettini. E’ stato poi proiettato un
video degli studenti del “King” e sono stati letti un messaggio
del direttore de “L’Arena di Pola” Paolo Radivo, alcuni passi
del libro di Pino Crapanzano L’Istria di Gina e una poesia.
Fornovo di Taro
Il 12 febbraio Silvio Mazzaroli ha presentato e proiettato il
video Istria addio a oltre cento studenti dell’Istituto di istruzione superiore “Gadda” di Fornovo Taro (PR) e a due classi
della succursale collegati in videoconferenza. Erano presenti
anche l’assessore comunale alla cultura e diversi insegnanti.
Gorizia
Il 9 febbraio, nella Sala del Caminetto dell’UGG di Gorizia,
la Lega Nazionale, il Comitato 10 Febbraio e il Centro studi e
ricerche storiche “Silentes Loquimur” hanno tenuto una manifestazione commemorativa con l’esecuzione dell’Inno nazionale, l’intervento del presidente della sezione goriziana
della Lega Nazionale Luca Urizio, i saluti dell’assessore regionale Gianni Torrenti e del presidente della Lega Nazionale
Paolo Sardos Albertini, la proiezione di un filmato su Foibe ed
Esodo e l’esibizione della Gorizia Guitar Orchestra. Nella sala è rimasta visitabile fino alla settimana successiva una mostra fotografica del Centro “Silentes Loquimur” sull’Esodo.
Poco dopo, sempre all’UGG, il Comitato provinciale ANVGD e Terzo Teatro hanno offerto al pubblico lo spettacolo
Giulia, rappresentato da Teatro Impiria.
La mattina del 10 febbraio nell’aula magna dell’ISIS “Galilei-Fermi-Pacassi” la presidente del Comitato provinciale
ANVGD Maria Grazia Ziberna e l’esule polesano Lino Vivoda
hanno parlato del Giorno del Ricordo.
Nel pomeriggio il questore Pier Riccardo Piovesana ha deposto in Questura una corona d’alloro ai piedi della lapide
dedicata agli agenti deportati e trucidati nel maggio ’45. A seguire l’ANVGD provinciale e il Comune in collaborazione con
la Prefettura hanno deposto una corona in largo Martiri delle
Foibe ai piedi del monumento ad Ottaviano Augusto. Subito
dopo, nella Sala Della Torre della Fondazione Carigo, si è
svolta la cerimonia ufficiale. Sono intervenuti il sindaco Ettore
Romoli (che ha chiesto dove sono stati infoibati tanti goriziani), Maria Grazia Ziberna, il vicepresidente nazionale dell’ANVGD Rodolfo Ziberna, Luca Urizio, il prefetto Vittorio Zappa-
GIORNO DEL RICORDO
lorto e Lino Vivoda. E’ seguita la proiezione di alcuni filmati
dell’Istituto Luce. Il prefetto ha quindi consegnato riconoscimenti a Valentino Andaloro in memoria del nonno Giuseppe,
carabiniere catturato dai partigiani e presumibilmente infoibato a Tarnova, Chiara Bregant in memoria del nonno Ciro Di
Pietro, guardia carceraria deportata in Jugoslavia e mai più
tornata, e Giannetto Solinas in memoria del padre Giovanni,
militare prelevato dai titini a Gorizia e infoibato a Comeno.
Grado
L’8 febbraio gli attori della compagnia Grado Teatro hanno
proiettato il video Istria addio agli alunni delle scuole medie.
Il 10 febbraio l’amministrazione comunale e il Comitato
provinciale ANVGD di Gorizia hanno tenuto una cerimonia in
piazzetta Vittime delle Foibe. A seguire è stato proiettato
Istria addio nella sala consiliare del municipio, presenti il sindaco e gli attori della compagnia Grado Teatro.
Milano
Il 30 gennaio lo storico Kristjan Knez ha parlato del confine
orientale agli Amici Triestini presso il Circolo della Stampa.
L’8 febbraio T.L. Sidari, Elisabetta Barich e Giovanni Grigillo hanno parlato agli studenti del Liceo linguistico “Manzoni”.
Il 10 febbraio in Largo Martiri delle Foibe si è tenuta la cerimonia ufficiale del Giorno del Ricordo con interventi di Giovanni Grigillo e Piero Tarticchio.
Nel pomeriggio nella Sala Merini dello Spazio Oberdan
Relda Ridoni e Andrea Oldani hanno interpretato, applauditissimi, il dramma La foiba dei colombacci di Luigia Matarrelli.
Presso il Circolo di Presidio dell’Esercito di Milano, Rossana Mondoni e Luciano Garibaldi hanno presentato il loro libro
Foibe: un conto aperto. Il testamento di Licia Cossetto, su
iniziativa dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia e
del Circolo. Hanno inoltre portato la propria testimonianza
Gianantonio Godeas, Giovanni Grigillo e T.L. Sidari.
L’11 febbraio al Cimitero monumentale, su iniziativa
dell’esule fiumano Fulvio Falcone, è stata deposta una corona alla lapide che ricorda i giuliano-fiumano-dalmati infoibati
e deportati senza ritorno e gli esuli.
Il 15 febbraio nella Sala Merini dello Spazio Oberdan è stato rappresentato lo spettacolo teatrale Giulia, di altissima
tensione drammatica. Si prevede una replica per le numerose persone che non hanno potuto trovare posto.
Montebelluna
Il 10 febbraio al cinema di Montebelluna (Tv) si è tenuta
una conferenza sull’Esodo. Alla presenza di 500 ragazzi hanno preso la parola Arrigo Petacco, giornalista e storico, Maria
Bortoletto, dell’ANVGD di Treviso, il dott. Verbano, esule da
Albona, e Bruno Carra Nascimbeni, esule rovignese.
Lo stesso giorno il Comune ha tenuto un altro incontro per
le scuole nella sala conferenze della Biblioteca comunale.
Monte Maggiore
Il 9 febbraio attivisti del gruppo escursionistico di CasaPound Italia “La Muvra” provenienti dall’Italia sono saliti sulla
vetta del Monte Maggiore (tra Istria e Quarnero) con bandiere tricolori e dalmate e uno striscione recante la scritta «Terra
e sangue d’Italia». «Non dimentichiamo – hanno spiegato –
gli italiani che ancora vivono in Istria, né le sacrosante richieste degli esuli. Siamo saliti perché anche le istituzioni rammentino il loro dovere di adoperarsi seriamente per tutelare e
rafforzare anche la più piccola goccia di italianità».
Montevideo
Il 10 febbraio presso il Consolato d’Italia a Montevideo
(Uruguay) si è tenuta una cerimonia commemorativa del
Giorno del Ricordo presieduta dalla console Cinzia Frigo.
Novara
Il 10 febbraio a Novara, su iniziativa del Comune e del Comitato provinciale ANVGD, è stata celebrata nella chiesa
della Sacra Famiglia al Villaggio Dalmazia una messa a suffragio delle Vittime delle Foibe e degli Esuli. E’ seguita la posa di corone presso la targa in Largo Martiri delle Foibe, con
gli interventi del Vicesindaco, del rappresentante della Provincia e del presidente del Comitato provinciale ANVGD.
Il 9 febbraio ha avuto luogo in parrocchia un ritrovo degli
esuli con poesie, musiche e canti tradizionali.
Padova
A Padova sono state varie le iniziative promosse dal Comitato provinciale ANVGD assieme al Comune.
L’8 febbraio al Centro culturale Altinate / San Gaetano è
stata inaugurata la mostra fotografica Roma, Venezia e Italia
al di là dell’Adriatico, visitabile fino al 23 febbraio.
Il 9 febbraio nella sala polivalente del Museo dell’Internamento l’associazione culturale Scenari Armonici di Parma ha
messo in scena lo spettacolo Storia tragica istriana.
Il 10 febbraio presso palazzo Moroni ha avuto luogo la cerimonia ufficiale. Dopo l’alzabandiera e la deposizione di una
corona sono intervenuti il vicesindaco Ivo Rossi e la presidente dell’ANVGD padovana Italia Giacca. Ha suonato la locale Fanfara dei Bersaglieri. A seguire, nella chiesa di San
Nicolò è stata celebrata una messa di suffragio.
Il 14 febbraio nella sala polivalente del Consiglio di Quartiere 3 Est è stata intitolata una sala a Norma Cossetto.
Il 15 febbraio nel sagrato della chiesa di Santa Caterina è
stato scoperto un busto di Giuseppe Tartini (1692-1770).
Hanno preso la parola don Roberto Ravazzolo, Italia Giacca
e Ivo Rossi. Nella chiesa di Santa Caterina, il rettore della
Basilica del Santo Enzo Poiana, il presidente della Società di
Studi Storici e Geografici di Pirano Kristjan Knez, il prof. Sergio Durante e il dott. Gregorio Carraro hanno poi relazionato
sul tema Giuseppe Tartini e i secolari legami culturali tra
l’Istria e Padova. Ha quindi suonato l’Ensamble ex Chordis.
Parabiago
Il 12 febbraio T.L. Sidari ha proiettato il video Istria addio al
Liceo scientifico “Cavalleri” di Parabiago (MI).
Recanati
Il 15 febbraio si è tenuta presso il municipio di Recanati
l’assemblea d’istituto del Liceo classico “Giacomo Leopardi”
volta a celebrare il Giorno del Ricordo. Il saluto del sindaco
ha preceduto la messinscena della lettura teatrale Quell’enorme lapide bianca, recitata da Luca Violini. Franco Rismondo,
presidente del Comitato provinciale di Ancona dell’ANVGD, e
Livilla Sivocci, esule da Pola, hanno portato la loro testimonianza. E’ seguito un fruttuoso dibattito con gli studenti.
5
Roma
Il 7 febbraio in Campidoglio presso la Sala “Pietro da Cortona”, Marino Micich, Carlo Montani, Giuseppe Pititto e Augusto Sinagra hanno relazionato al convegno Foibe per non dimenticare!, promosso dall’associazione Campo della Memoria e dall’Associazione Nazionale Volontari di Guerra insieme
al Gruppo consiliare di Fratelli d’Italia di Roma Capitale.
Nel pomeriggio dell’8 febbraio il Comitato provinciale
dell’ANVGD e il Municipio di Roma 9 hanno deposto corone
d’alloro al monumento ai Martiri delle Foibe nel piazzale della
Metro Laurentina e al cippo ai Caduti Giuliano-Dalmati, presenti le autorità municipali e comunali. A conclusione ci si è
raccolti presso il monumento all’Esodo in Piazza Giuliani e
Dalmati. Mons. Giangiulio Radivo ha poi celebrato una messa di suffragio nella chiesa di San Marco Evangelista.
La mattina del 9 febbraio, su iniziativa delle Associazioni
Sportive e Sociali Italiane (ASI) e con il patrocinio dell’ANVGD romana, alcune centinaia di persone hanno partecipato
nel Quartiere Giuliano-Dalmata alla Corsa del Ricordo.
A mezzogiorno in Piazza San Pietro un gruppo di esuli ha
ascoltato l’Angelus del Papa con bandiere dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Tra questi una delegazione del Libero
Comune di Pola in Esilio guidata dal sindaco Tullio Canevari.
La mattina del 10 febbraio, a cura del Comitato provinciale
dell’ANVGD col patrocinio di Roma Capitale, il sindaco Ignazio Marino ha deposto una corona all’Altare della Patria.
Con inizio alle 15.30, nella Sala della Protomoteca del Palazzo Senatorio in Campidoglio, si è svolta la commemorazione ufficiale. E’ intervenuto il sindaco Marino. Alcuni studenti hanno letto brani di scrittori giuliano-dalmati.
Nel tardo pomeriggio, presso il 1° Municipio, è stato proiettato l’audiovisivo Il ’900 dimenticato, per iniziativa dell’Istituto
Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza in
collaborazione con l’Archivio Museo Storico di Fiume.
La sera, presso la chiesa di Sant’Andrea della Valle, la Regione Lazio ha offerto, con il patrocinio dell’ANVGD romana,
un concerto solenne a cura dell’Associazione Musicale Internazionale diretto dal M° Marco Celli Stein. Sono intervenuti il
presidente della Regione Nicola Zingaretti, il vicepresidente
del Consiglio regionale Francesco Storace, il presentatore
della legge nazionale istitutiva del Giorno del Ricordo Roberto Menia e il presidente nazionale ANVGD Antonio Ballarin.
Il 14 febbraio Emiliano Loria (Società di Studi Fiumani) ha
presentato il documentario Il ’900 dimenticato a due classi
terze della Scuola media “Cattaneo”.
Il 15 febbraio al 6° Municipio si è tenuta una conferenzadibattito sui campi di prigionia italiani, tedeschi e jugoslavi.
San Giovanni Lupatoto
Il 7 febbraio Lino Vivoda ha portato la sua testimonianza di
esule polesano agli studenti della Scuola media “Marconi” di
San Giovanni Lupatoto (VR). La sera l’associazione culturale
Balder e il Comitato provinciale ANVGD, con il patrocinio
dell’Assessorato comunale alla Cultura, hanno presentato
nella sala “Coltro” di Casa Novarini una proiezione ad ingresso libero del film di Mario Bonnard La città dolente.
L’8 febbraio in via Martiri delle Foibe è stata deposta una
corona memoriale.
San Quirino
Il 10 febbraio, nell’aula magna della Scuola media di San
Quirino (PN), hanno parlato il presidente dell’Associazione
delle Comunità Istriane Manuele Braico e il gen. Silvio Mazzaroli, che ha poi proiettato il video Istria addio.
Segrate
Il 9 febbraio a Segrate (MI) Piero Tarticchio ha tenuto il discorso ufficiale per il Giorno del Ricordo nel Giardino di Via
Grandi con la partecipazione anche del presidente della locale sezione dell’ANPI. A seguire, nell’Auditorium “Verdi”, è andato in scena lo spettacolo Il sentiero del padre.
Sesto Calende
Il 13 febbraio T.L. Sidari, Romeo Cociancich, Piero Tarticchio, Marco Fornasir e l’assessore Silvia Fantino hanno parlato agli alunni delle Scuole medie di Sesto Calende (MI).
Sesto San Giovanni
Il 5 febbraio T.L. Sidari ha parlato all’Università della Terza
Età di Sesto San Giovanni (MI) sui personaggi illustri giuliano-dalmati e proiettato il video Istria addio.
Tolentino
Il 10 febbraio l’amministrazione comunale di Tolentino
(MC) ha intitolato il giardino di viale Benadduci e il campetto
di calcetto alle Vittime delle Foibe, con gli interventi delle autorità, la deposizione di una corona e l’esecuzione dell’Inno
nazionale. Poco dopo, al CineTeatro “Don Bosco”, alcune
centinaia di studenti delle scuole superiori hanno ascoltato lo
storico Enzo Calcaterra e, in videoconferenza, Amina Dudine, presidente della Comunità degli Italiani “Dante Alighieri”
di Isola d’Istria, Comune gemellato con quello marchigiano.
Udine
Il 9 febbraio al Palamostre di Udine si è svolto un incontro
promosso dal Comitato provinciale ANVGD. Sono intervenuti
il presidente Silvio Cattalini, lo storico Fulvio Salimbeni e il
gen. Silvio Mazzaroli, che ha presentato i tre volumi con le riproduzioni anastatiche de “L’Arena di Pola” dal 1945 al ’47.
Umago
Per la prima volta in Croazia, la Città di Umago ha celebrato quest’anno il Giorno del Ricordo. La cerimonia, malgrado
la pioggia battente, si è svolta nel cimitero di San Damiano
presso la lapide affissa in collaborazione con la Famiglia
Umaghese a memoria degli esuli. Nel suo discorso la vicesindaco Floriana Bassanese Radin ha sottolineato l’importanza di rammentare pubblicamente anche in Istria quei momenti di dolore. Hanno assistito alla cerimonia il sindaco di
Umago, il presidente del Consiglio municipale, i rappresentanti della Comunità degli Italiani di Umago e una delegazione della Comunità di Piemonte d’Istria (affiliata all’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste). Questa ha poi reso
omaggio nei due cimiteri piemontesi alle vittime della repressione titoista, che in quella località dell’Istria interna fu ancora
più sanguinosa dopo che durante la guerra. Il presidente del
sodalizio, Franco Biloslavo, ha rappresentato anche tre gruppi Facebook che raccolgono molti istriani e/o amici dell’Istria
(Pochi ma boni 76 membri, Istria, la verità 1.456 membri,
Esodo Istriano, per non dimenticare 3.615 membri).
MAGAZZINO 18
6
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
La verità irrita i titoisti: minacce a Simone Cristicchi
Come in precedenza, le rappresentazioni del “musical civile” Magazzino 18 hanno registrato il tutto esaurito e le ovazioni finali del pubblico anche il 29 gennaio al Teatro “Farinelli” di Este (PD), il 30 al Teatro “Aurora” di Scandicci (FI), il 1°
febbraio al Teatro Politeama di Boglione di Brà (CN), il 2 al
Teatro “Toniolo” di Mestre e il 3 al Teatro “Sociale” di Bergamo. Il 31 gennaio inoltre l’autore-interprete Simone Cristicchi
ha interloquito con gli studenti dell’Istituto professionale
“Sassetti-Peruzzi” al Teatro “Aurora” di Scandicci e con quelli
del Liceo “Galilei” di Firenze nell’aula magna della scuola.
Tanto successo non poteva che irritare la residue frange tito-comuniste. Dell’irruzione compiuta nel Teatro “Aurora” di
Scandicci da alcuni rumorosi “squadristi rossi” diciamo
nell’articolo sottostante. L’LCPE ha espresso piena solidarietà all’artista. Altrettanto ha fatto Matteo Renzi, che gli ha telefonato invitandolo a rappresentare Magazzino 18 a Firenze,
città di cui è sindaco. Il presidente del Consiglio comunale
Eugenio Giani ha invitato Cristicchi il 10 febbraio a commemorare il Giorno del Ricordo nella sala consiliare.
In vista della messinscena di un altro suo spettacolo, Mio
nonno è morto in guerra, al Teatro “Vittoria” di Roma dal 4 al
nosciuta. Trasmettere lo spettacolo anche in Tv significherebbe rendere giustizia alla storia, a tutti coloro i quali hanno
sofferto in silenzio, vittime di una comune, pubblica omertà».
Il senatore Maurizio Gasparri (FI) aveva presentato un’interrogazione al Governo e la deputata Sandra Savino (FI) una
al presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Il 28 gennaio Cristicchi ha reso noto che la Rai aveva confermato la messa in onda, sebbene appena alle 23.50 subito
dopo una mini-puntata di Porta a porta. «La programmazione
ad un’ora così tarda – si è rammaricata la Fameia Capodistriana (Unione degli Istriani) – è del tutto inefficace. Sarà
inevitabilmente molto limitato il numero di spettatori ed in particolare saranno pochi i giovani studenti poiché la maggioranza di essi, dovendo andare il giorno successivo a scuola, non
potrà fare le ore piccole per assistere ad un programma informativo. Trasmettendo lo spettacolo nel cuore della notte, la
Rai offende le finalità del Giorno del Ricordo».
Ciononostante, Magazzino 18 è risultato il programma più
visto della seconda serata sulle reti nazionali totalizzando
nella prima parte 1.044.000 telespettatori, con l’11,01% di
18 – ha affermato la presidente dell’IRCI Chiara Vigini – ha
contribuito a sistematizzare in maniera composta le emozioni
dai racconti: quasi un atto liberatorio». «Cristicchi – ha sostenuto il vicepresidente nazionale dell’ANVGD Rodolfo Ziberna
– tocca con pacatezza e grande sensibilità attraverso il teatro
corde che non si toccano in altro modo. E lo fa da persona
esterna sia al mondo degli esuli sia alla loro area politica di
riferimento». «Magazzino 18 – ha rilevato lo storico piranese
Kristjan Knez – è impeccabile perché non sposa tesi precostituite. E’ la dimostrazione che le cose fatte bene senza enfasi danno risultati importanti». «Questo spettacolo – ha dichiarato il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo – è il veicolo ideale per il Giorno Ricordo». Ha commentato il conduttore Ezio Giuricin: «Ci vorrebbero 10, 100, 1.000 Cristicchi!».
Le repliche continuano il 20 febbraio al Teatro Nuovo di
Verona, il 21 al Teatro “Manzoni” di Merate (LC), il 27 al Teatro “Fraschini” di Pavia, l’8 marzo al Teatro “Goldoni” di Corinaldo (AN), il 9 al Teatro “Mugellini” di Potenza Picena (MC),
il 10 Teatro “Ventidio Basso” di Ascoli Piceno, l’11 al Teatro
degli “Astrusi” di Montalcino (SI), il 13 al Teatro “Verdi” di Gorizia, il 16 al Teatro “Ivan de Zajc” di Fiume, il 20 al Teatro
3 febbraio: Simone Cristicchi canta con i bambini del
coro al Teatro Sociale di
Bergamo (foto di Stefano
Bombardieri).
3 febbraio: Simone Cristicchi al Teatro
Sociale di
Bergamo (foto di Stefano
Bombardieri).
16 febbraio, il capogruppo de La Destra in Consiglio regionale del Lazio Francesco Storace ha chiesto in un’interrogazione al presidente della Regione Nicola Zingaretti di solidarizzare e garantire «la sicurezza nel nostro territorio al coraggioso artista che racconta la verità sulle foibe». Lo spettacolo, concepito prima di Magazzino 18, riporta perlopiù testimonianze di antifascisti e antimilitaristi, ma anche di esuli. Il 10
febbraio sulle vetrine, sui muri e all’ingresso del teatro e sul
muro antistante ignoti hanno tracciato scritte minatorie come:
«Cristicchi infame revisionista», «Cristicchi boia», «Viva Tito», «Cristicchi boia revisionista», «Cristicchi, solo i fasci sono nelle foibe». Il tutto condito con falce e martello e, in un
caso, anche con una stella. Attestazioni di solidarietà al cantante-attore sono giunte da più parti (LCPE compreso).
Sconcerto aveva suscitato la notizia, diffusa il 22 gennaio,
che Rai 1 non confermava la messa in onda il 10 febbraio
della prima di Magazzino 18, registrata al Politeama “Rossetti” di Trieste il 22 ottobre scorso. Erano perfino corse voci di
un declassamento su Rai 5. Ne è subito scaturita una polemica di stampa, mentre in rete crescevano rapidamente i firmatari di una petizione del seguente tenore: «Magazzino 18
racconta di una pagina dolorosa della storia d’Italia, di una
vicenda del nostro Novecento complessa e troppo poco co-
10 febbraio:
una delle
scritte minatorie contro
Simone Cristicchi al Teatro Vittoria di
Roma.
ascolti, e nella seconda 519.000, con il 10,95% di ascolti. In
concomitanza sono apparse sul muro del palazzo della Rai di
via Teulada scritte inneggianti a Tito e alle foibe.
Durante la trasmissione Meridiani, in onda su Tv Capodistria la sera del 10 febbraio, Simone Cristicchi ha affermato
in collegamento telefonico che il suo successo è dovuto
all’equilibrio. «Quella giuliano-dalmata – ha detto – è una
storia non facile da raccontare senza cadere nella strumentalizzazione e nella faziosità politica. Invece lo spettacolo parla
solo delle vittime. La Rai ha avuto il coraggio di trasmetterlo,
sebbene a mezzanotte. E’ stato questo un piccolo passo per
raggiungere un altro obiettivo: una diretta televisiva dal Porto
Vecchio di Trieste. Mettere in scena Magazzino 18 all’Arena
di Pola è un desiderio mio e di chi ha amato lo spettacolo per
coinvolgere tutte le parti, la diplomazia slovena, croata e italiana, in un tentativo di comunione, riconoscendo le colpe di
ognuno, anche dell’esercito italiano». Tutti gli ospiti in studio
hanno espresso giudizi positivi. «In Istria – ha detto il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana Maurizio
Tremul – lo spettacolo ha suscitato grandissimo entusiasmo
e commozione grazie alle scelte appropriate di Cristicchi.
Nessuna polemica, a parte quelle di un insignificante partitino a Pola. Dieci anni fa sarebbe stato diverso». «Magazzino
Trionfo a Scandicci malgrado i contestatori
Venerdì 30 gennaio Simone Cristicchi ha presentato a
Scandicci, praticamente nella periferia della città di Firenze, il
suo Magazzino 18. Suo come idea e rappresentazione, ma
ormai NOSTRO. Nostro perché narra le vicissitudini della
Nostra terra, delle Nostre città e soprattutto le Nostre traversie di esuli, di profughi oggetto delle repressioni e crimini fattici prima dai titini e loro adepti ed in seguito, in Italia, dall’indegna accettazione di parte della popolazione di “sinistra”.
Sala del teatro Aurora (900 posti a sedere) piena, applausi
ad ogni intervallo, tutti in piedi nel finale e qualche lacrima
apparsa sulle guance. Stupendo tutto, ma soprattutto emozionante.
Un solo pesante neo, ma d’altra parte, conoscendo bene
l’“ambiente” che circonda e comprende quel teatro, non poteva che succedere qualcosa che io peraltro mi aspettavo. Infatti stava per iniziare lo spettacolo quando, in fila indiana, il
primo con in mano un megafono, sono entrati in teatro (meglio dire sono stati fatti entrare) una quarantina di ragazzi del
Centri Sociali. Mentre con il megafono veniva urlato: «Questa è una manifestazione pacifica... vi diranno un sacco di
bugie sulle foibe… non deve essere permesso di denigrare i
partigiani jugoslavi che ci hanno aiutato a sconfiggere il fascismo, anzi dobbiamo ringraziarli... ecc. ecc.», nella sala iniziava un volantinaggio e sul palcoscenico veniva disteso uno
striscione con la scritta: «la storia non è una fiction».
Allo sbigottimento iniziale la sala tutta si è immediatamente
rivoltata con urla, fischi e definizioni irripetibili rivolte ai contestatori. Molti del pubblico (inutile dire, anch’io), appena districatici ed usciti dalle file delle poltroncine completamente piene di spettatori, siamo corsi davanti al palcoscenico dove si
erano piazzati i “manifestanti pacifici” ed urlando ci siamo
opposti, anche fisicamente, cercando anche di togliere lo
striscione piazzato sul palcoscenico.
Mentre ai ragazzi che facevano volantinaggio venivano
strappati di mano i pacchi di volantini, aiutati ed incoraggiati
dalle fischia ed urla del pubblico rimasto seduto, siamo riusciti a convincere i “ventenni” (noi ottantenni o quasi) ad andarsene. Cosa che hanno fatto cantando Bella ciao e rifiutando
(democraticamente) di restare, in silenzio, a vedere lo spettacolo e solo dopo giudicare.
Non c’era ombra di forze dell’ordine ed i Carabinieri, subito
chiamati (la caserma è a poche centinaia di metri) sono arrivati dopo una quindicina di minuti a contestatori scomparsi.
Della contestazione è stato ovviamente scritto nei giornali locali (“La Nazione”) e, meraviglia, è stato riferito e proiettato
qualche immagine nel TG1 della sera del 1° febbraio.
Comunque lo spettacolo, a sala calma e ricomposta, è iniziato quasi subito con il successo e le emozioni che ho accennato all’inizio. Simone Cristicchi è un grande e lo ha dimostrato anche nel palcoscenico ignorando il “fattaccio” iniziale.
Da menzionare anche l’incontro del mattino successivo
con gli studenti delle scuole superiori, nello stesso teatro. Il
tema ovviamente era “Il Giorno del Ricordo”. Ancora sala
stracolma e consistente, ma inutile la presenza delle forze
dell’ordine. Hanno partecipato quattro Scuole Superiori al
completo: l’Istituto Russell Newton, il Liceo Artistico Leon
Battista Alberti e l’Istituto Professionale Sassetti-Peruzzi sia
di Scandicci che di Firenze.
L’organizzazione del “giorno del Ricordo” era demandata
ad una Professoressa, Daniela Velli, nata a Scandicci (Firenze) ma con genitori Esuli da Orsera. Perfetta la sua presentazione e spiegazione dell’evento fatta anche con proiezioni di
foto e scritti su quanto nel tema.
Sono intervenute parlando delle loro vicissitudini, due profughe di Fiume, le sorelle Bressan, Annunziata (Nucci) del
1936 ed Ersilia del 1926. Queste, con voce tremula e piena di
emozione nel risvegliare il loro personale ricordo, hanno raccontato ai ragazzi le tristi vicissitudini del loro esodo e delle
loro fughe notturne da Fiume. Calorosi e sostenuti gli applausi di incoraggiamento e finali dei ragazzi. Sono seguiti due
interventi, però senza importanza, di altri due “profughi”.
Nel finale l’intervento di Simone Cristicchi, che ha spiegato
il come sia nato il suo Magazzino 18. Ha in seguito interpretato quattro sue “scenette” divertenti ed umane finendo con
una sua poesia e raccogliendo i meritati e sostenuti applausi
degli studenti tutti.
Serata e mattinata veramente da ricordare e da menzionare, in tutto e per tutto.
Claudio Bronzin (Firenze)
“Tatà” di Taranto, il 7 aprile al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” a Udine e il 14 giugno al “Trentino Book Fest” di Caldonazzo (TN). Per aggiornamenti si può consultare la pagina
ufficiale di Magazzino 18 su Facebook.
Circa la petizione per togliere a Cristicchi la tessera dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI), il presidente
nazionale Carlo Smuraglia ha chiarito che nel 2010 ne fu
consegnata all’artista una ordinaria, non onoraria, che lui però non ha rinnovato: «Dunque, allo stato, Simone Cristicchi
non è iscritto all’ANPI e non c’è alcun provvedimento da
adottare nei suoi confronti. Fra l’altro, se la tessera del 2010
gli fu data in relazione ad un merito particolare (uno spettacolo), essa ha esaurito allora la sua funzione e non sarebbe
costume dell’ANPI revocarla per fatti successivi». Quanto al
merito, «proprio per rispettare i sentimenti di molti che sono
stati coinvolti in una vera tragedia con le loro famiglie, sarebbe opportuno che ognuno riponesse le “armi” e ricorresse alla dialettica civile ed al confronto, per appurare la verità e
raggiungere risultati convincenti, al di là delle emozioni».
Quando alcuni dirigenti dell’ANPI avranno visto Magazzino
18, «potremo eventualmente intervenire con la nostra opinione e, se del caso, con lo strumento della critica, ma non con
quello delle abiure e delle condanne senza appello».
E’ uscito il libro
Il 4 febbraio scorso, nell’imminenza del Giorno del Ricordo, è uscito nelle librerie di tutta Italia il libro scritto da
Simone Cristicchi con Jan Bernas Magazzino 18. Storie
di italiani esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia (Mondadori, €
16,50). Le 158 pagine
si suddividono in cinque capitoli: Prima
dell’Esodo, L’Esodo, I
campi profughi, I rimasti, I disillusi. Ciascuno è a sua volta articolato in brevi capitoletti
tematici. La premessa
e alcuni dei racconti
ripropongono il copione del monologo teatrale. Altri invece non
hanno potuto esservi
ricompresi. Alcuni tra
questi espongono con
semplicità le tristi vicende anche di esuli
da Pola, Sissano e Dignano. Nel capitoletto
L’esule rimasto, il polesano Claudio, dal 1988 residente a
Torino, spiega la sua delusione di idealista che dapprima
aveva ingenuamente creduto nella “fratellanza e unità jugoslava”, ma che poi vi riscontrò «un tradimento vero e
proprio degli ideali più puri del comunismo».
La prefazione è del noto giornalista veneto Gian Antonio Stella. Nella parte centrale vi sono alcune foto a colori. «Quelle raccontate in questo libro – spiegano i due
autori – sono solo alcune delle singole storie di chi è rimasto schiacciato prima dagli eventi e poi, cosa più grave, dai silenzi». Storie emblematiche, che riassumono la
tragedia di un intero popolo travolto dalla bufera della
storia. «Riappropriarsi della verità, anche di quella più
scomoda, è – affermano Cristicchi e Bernas – l’unico modo per separare i buoni ideali dalle cattive azioni».
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Questo è teatro terapeutico
Quando ormai s’era dissipata nell’oblio del tempo o se ne
stava in una sorta di stato di ibernazione, è riemersa per continuare a parlare. Non a scrivere, ché già fiumi d’inchiostro
sono stati versati per lei. Non ci hanno forse già raccontato
tutto della nostra storia? Forse sì. Per iscritto. Ma lei, la Storia, aspettava il suo aedo, perché lui lo facesse in un modo
tutto suo.
Si spengono le luci, il buio, poi altri interventi di luce ogni
volta che il rapsodo fa il cambio di registro vocale e di giacca
con Persichetti, l’archivista romano dallo sguardo ingenuo e
distratto che, grazie allo Spirito delle Masserizie, dall’incoscienza passerà man mano alla precisa consapevolezza.
Scenografia scarna, scene semplici ma precise, nulla è lasciato al caso dal regista Antonio Calenda. Una saga di sedie
sul palcoscenico. Nelle proiezioni sullo sfondo un groviglio di
lavamàn, un coacervo di macchine Singer, un ammasso di
mostrine militari, una mescolanza di stoviglie, un pot-pourri di
libri e quaderni, un ginepraio di giocattoli, una catasta di attrezzi di lavoro, un cimitero di biciclette, un’accozzaglia di
oggetti. Oggetti privi dei soggetti che si sono rifugiati nel quadri appesi alle pareti. Fotografie, ritratti e quadri. Volti. Un
crogiuolo di simboli per un patrimonio di memorie in duemila
metri quadrati, un intrico di dolore a far polvere e muffa nel
Magazzino 18 del Porto Vecchio di Trieste.
Avanza lui, il performer Simone Cristicchi. Nell’articolata
scansione dello spazio, inizia il suo monologo amaro e struggente. Il flusso ininterrotto di parole, tra il comico, il tragico e il
drammatico, si ferma soltanto per passare alle canzoni e alle
musiche che avvolgono e trascinano il pubblico in un tornado
di emozioni. Il cantastorie comunica dal suo dentro ad un altro dentro, a tanti altri dentro che si abbandonano in questo
luogo, il teatro, che è un luogo per tante persone. Ci parla di
noi e ritrova la strada dell’antico rito che si consuma tra attore
e pubblico, ottiene immediatamente una partecipazione attiva, un rapporto sincrono, un’intima complicità. Lui parla, narra, ricorda, trasmette, spiega, ci coinvolge a tal punto da indurci a ricostruire con l’immaginazione tutto ciò che viene
detto con le parole. Si srotola la pellicola all’indietro, si mette
in moto l’antidestino, si sgretola la roccia: Vergarolla, paure,
scelte familiari, atti di coraggio, le “buche”, l’“esòdo”, la Toscana, l’Isola Calva, il controesodo, Arbe, il dottor Micheletti, i
campi profughi. Apre spiragli su altri punti di vista, fa emergere problematiche riferite ad altre umanità, mostra la tragicità
in tutte le sue declinazioni, apre alla serena considerazione
di una connessione profonda fra tutti, apre all’assunzione di
una speranza possibile che possa dare corpo ad un’utopia
per le nuove generazioni. La tragedia della storia si trasforma
in uno spettacolo dolente e appassionato, contemporaneo e
civile, che assume il dramma, le asprezze e le durezze della
Storia, ma lo fa evolvere verso una prospettiva positiva. Lo
chiamano teatro di narrazione, teatro impegnato, teatro degli
affetti. Non certamente finalizzato alla spettacolarizzazione.
Io lo chiamerei teatro terapeutico, perché consente ai partecipanti di elaborare l’angoscia della Separazione tra un ‘voi’ e
un ‘noi’, nonché il perseguimento di un effetto catartico in una
realtà di disagio.
Non è pensabile una vita che non ricordi niente, ma è assolutamente impensabile una vita che ricordi tutto. Cristicchi e
Jan Bernas selezionano, scelgono, decidono, la memoria è
sempre immaginativa, creativa, trasformatrice, non è mai
magazzino dei ricordi. L’esercizio del ri-cor-dare, cioè del rimettere nel cor, nel centro del nostro esserci, ciò che è decisivo del passato, è sempre una fatica, un tormento, una sofferenza. La poesia ha, però, la capacità di vivificare al massimo grado la virtù della memoria, ma non può impedirne gli
aspetti inquietanti. Il ricordare implica un ritornare in se stessi, rimettere fatti, volti e avvenimenti del passato in noi per
conoscere se stessi. Sono due aspetti dello stesso movimento: ricordare e voler conoscere se stessi. È una fatica improba, significa sfidare l’abisso, inabissarci verso il fondamento
di noi, andare giù giù giù, fino al fondo, immersione profonda,
fino alla Grande Frattura, fino al momento in cui un popolo è
stato diviso in due tronconi, capire quello che hanno fatto di
noi. Andare più in là nel tempo, oltre quella soglia, non ci interessa, e nemmeno all’aedo. Basta arrivare là.
Ricordare quel passato è sempre tremendo. Significa evocare i morti, e i morti non si evocano gratuitamente. Ulisse,
Enea, lo stesso Dante, nelle loro visite ai morti, tentano di
abbracciare le ombre e stringono sé stessi. Richiamare i
morti non è facile né senza prezzo. Occorre fornire loro del
sangue. Il passato non ti si presenta gratuitamente, si presenta se tu ti dai a lui, se sei pronto a spoliarti del sé e abbandonarti, se ti “sacrifichi”. Se non ti sacrifichi, se non soffri, il
passato non ti dice nienCome se non fosse
L’ARENA DI POLA te.
mai stato. Non è forse
questa la posizione che
Direttore responsabile:
assumiamo per difenPaolo Radivo
derci da questa relazioEditore:
ne così pericolosa, per
Associazione «Libero Comune
non venir fagocitati dal
di Pola in Esilio»
passato? Non voglio rivia Malaspina 1 - 34147 Trieste
cordare per non soffrire.
Lo ricorda lui. Solo in
Redazione:
scena, senza bisogno di
Via Malaspina 1
sostegni. Corpo e voce.
34147 Trieste (TS)
Cristicchi ci toglie ogni
Telefono-fax: 040 830 294
difesa, con la potenza
Mail: redazione.arena@yahoo.it
della parola e del canto
Redattore: Paolo Radivo
ci ha portati laggiù, ci ha
Impaginatore: Paolo Radivo
resi disponibili al sacrifiSito www.arenadipola.it:
cio, alla sofferenza e al
dolore, alla rielaborazioMail: info@arenadipola.it
ne collettiva, ai picchi di
Curatrice: Maria Rita Cosliani
pathos più elevati sulle
Consiglio di Redazione:
note di «Non so perché
Lucia Bellaspiga,
stasera penso a te /
Tito Lucilio Sidari,
strada fiorita della gioRoberto Stanich, Lino Vivoda
ventù. / Come vorrei essere un albero che sa /
Stampa:
dove nasce e dove moriArt Group SRL
rà». Senza questa soffevia Malaspina 1 - 34147 Trieste
renza, senza il dono di
MAGAZZINO 18
noi, il passato se ne sarebbe rimasto là, morto, inerte, un oggetto di vana curiosità, come i volti dei ritratti e delle fotografie alle pareti del magazzino.
Quella sera, a Pola, quel 10 dicembre, v’è stato, invece,
uno scambio difficile e pericoloso tra i morti e i vivi, come pure uno scambio tanto arduo quanto auspicabile tra gli “andati”
ed i ‘rimasti’.
Se ne esce profondamente turbati, si emerge alla luce in
preda ad un sentimento che non è dato dalla ragione quanto
da una connessione del cuore e della mente che sta al di là di
ciò che è semplicemente tangibile. Emozione e commozione
spingono la sala della Comunità degli Italiani di Pola ad
esplodere in una standing ovation, come mai s’è vista, di liberazione e di gratitudine, per questo trovatore di nome Simone
Cristicchi che ha saputo toccare le corde più sensibili e più
universali dell’animo umano, che ha saputo incantare, affascinare, emozionare, divertire, commuovere raccontando
nient’altro se non la nostra storia.
Nelida Milani (Pola)
Cristicchi condanna il terrore
e redime le vittime
Chi lo ha contestato (generalmente a priori) non ha capito
niente di ciò che volevasi dimostrare. “Magazzino 18” non è l’invocato processo a Tito o, peggio,
a una nazione, e non è l’indulto
per le foibe. Non è rivendicazione
del territorio, non è irriverenza,
non è odio e soprattutto non è incitamento all’odio. “Magazzino
18” è solo ed è unicamente la
condanna del terrore dell’uomo
sull’uomo. Per capirci: di qualsiasi terrore e di qualsiasi uomo che
infligga terrore al proprio simile.
Ma soprattutto è redenzione delle
vittime. Per capirci un’altra volta,
se ce ne fosse ancora il bisogno:
di qualsiasi vittima innocente, di
oggi, di ieri e di sempre.
Chiusa parentesi sull’umano
bisogno di cercare il pelo nell’uovo e il nemico dietro l’angolo,
prendiamo il lavoro di Simone
Cristicchi per quello che voleva
essere ed è di fatto: una splendida narrazione, epica e lirica al
contempo, dell’esodo giulianodalmata con tutti gli antefatti e le
conseguenze; un magnifico allestimento teatrale, un buono strumento didattico per chi ancora
fosse digiuno di storia e geografia
patria e un eccellente contributo alla corrente riconciliatoria
che si va affermando malgrado tutto di qua e di là dal confine.
Confine che fu il casus belli, la fonte di tutte le sciagure. La
storia (Bernas, Cristicchi) è veloce, incalzante, incisiva, commovente; la regia (Antonio Calenda) è lineare e pulita, costruita ad innesto di storie particolari nella trama universale,
rafforzate da video, fotografie e brani musicali toccanti; la recitazione ineccepibile. Cristicchi è in scena un’ora e tre quarti
senza prendere fiato. È uno e trino nei personaggi di Persichetti, dello Spirito e della Vittima (a turni, la vittima del fascismo, la vittima di un’amministrazione angloamericana indifferente, la vittima dell’esodo e dell’espropriazione dei beni, la
vittima dell’ostilità dei connazionali in patria, la vittima del revanscismo e delle foibe, la vittima dell’illusione e della disillusione nel socialismo). Il pretesto della narrazione è uno qualunque. L’archivista Persichetti è chiamato dal Ministero degli
Interni a fare l’inventario, per poi farlo sparire, delle masserizie accatastate da decenni in un magazzino del porto di Trieste. È nostro amico dal momento in cui apre bocca perché ci
rappresenta. Rappresenta chi ignora, chi è pauroso, chi preferirebbe non averci mai messo piede in quella palude di
morti e di memoria seppelliti nel silenzio più assoluto, e chi tuttavia vuole sapere e non vuole più tacere di fronte a tanta
ingiustizia.
Persichetti non conosce, ma d’altronde è scontato: è giovane ed è romano, non ha parenti esuli, in Croazia ci andrà
solo per fare il bagno, non ha mai sentito parlare di “esodo”
(tant’è che ci mette l’accento sulla prima “o”) né conosce l’aggettivo “giuliano-dalmata” (e infatti lo scambia per un nome
proprio di persona: il tale Giuliano Dalmata). È spassoso come Alberto Sordi, è mite, buono ed è sincero. Sguardo ebete
per timore, occhi fuori dalle orbite, capelli alla scienziato pazzo, con Persichetti Cristicchi ha dato il meglio di sé e ha reso
onore alla lunga tradizione comico-satirica italiana. Ma la satira è solo un ornamento. La storia è ben altra, ed è drammatica da non poter trattenere le lacrime. A raccontarla sarà lo
Spirito delle masserizie (sempre Cristicchi, non meno convincente di prima), la voce narrante che a momenti si fa un freddo documentarista, a momenti giudice universale e a tratti
anche sacerdote, per recitare l’ennesimo suffragio alle vittime.
I fatti sono noti ai giuliani ma vanno insegnati a chi ancora
non conosce. Serve allo scopo la breve ricostruzione storica
e geopolitica per disegnare l’Istria dal 1914 in qua: dissoluzione della monarchia austroungarica, fascismo, occupazione, guerra, armistizio, truppe titine a Trieste, amministrazione
anglo-americana a Pola, Trattato di Pace, Vergarolla, foibe,
esodo, il mea culpa di Đilas, il controesodo dei monfalconesi,
l’Isola calva. Ma il quadro storico sarebbe piuttosto arido se
Cristicchi non ci avesse incastonato la sciagura degli individui, le vittime che «muoiono ancora oggi su un altro campo di
battaglia: quello dei numeri». Poche troveranno posto sulla
scena di Magazzino 18, ma sono emblematiche: quella che è
stata stuprata 17 volte in una notte e gettata in foiba, quello
che ci finì dentro fucilato e quello che invece lo seguì da vivo
solo per subire una morte ancora più atroce, quello che morì
e quello che sopravvisse alla strage di Vergarolla solo per
seppellirne la famiglia intera, quello che temette per la propria vita e partì esule, quello che fu costretto a lottare contro i
pregiudizi di un’Italia matrigna, quella che morì assiderata in
7
un campo profughi all’età di un anno e quello infine che s’impiccò perché «senza radici non si può vivere»... Vittime senza numero e senza nome, tranne uno: il medico chirurgo
Giuseppe Micheletti, che non ha smesso di operare giorno e
notte malgrado avesse perso lui stesso in spiaggia entrambi i
figlioletti. La sciagura degli italiani d’Istria è agghiacciante e
Magazzino 18 ne offre una brillante testimonianza che è, insieme, catarsi e lezione di vita da “non dimenticare”. Proprio
come recita l’undicesimo comandamento di Cristicchi. Non
dimenticare.
Daria Deghenghi (Pola)
Tratto dal blog “Contatto diretto”
Ora portiamo Magazzino 18
all’Arena di Pola!
Straordinaria, originale e realista in ogni senso l’interpretazione di Cristicchi in Magazzino 18, un’opera che ha dimostrato una profonda ed emozionante comprensione della tragedia del confine orientale e di un trauma permanente toccando l’anima e il cuore della nostra parte, cioè di quei giusti
rimasti allineati e decisi al riallaccio fraterno e progressivo. A
parte le polemiche e le solite tesi burrascose innalzate dallo
spirito antitaliano purtroppo ancora forte e presente per via
ereditaria, timoroso e contrario
Pola, 10 dicembre alle definitive scoperchiature del2013. Simone Cri- le ingiustizie occultate, il successticchi imbarazzato so è stato abbondante ed appreze commosso duran- zato con degno coraggio e con
te l’ovazione finale una replicante affermazione
del pubblico.
esemplare.
Ora però bisogna deghettizzare questa spettacolare iniziativa
che rende Cristicchi come un portabandiera eroico, assieme all’intrepido intellettuale Jan Bernas,
della nostra causa nel modo più
giusto e composto, cioè quello
artistico e di lectio magistralis,
creatori di conoscenza e riflessione per i connazionali non Istriani,
Fiumani e Dalmati. E’ giusto, giustissimo e indiscutibile sotto tutti i
profili, ed era attendibile! Portare
Magazzino 18 all’Arena, facendo
combaciare la data di agosto nella quale viene commemorata la
strage di Vergarolla e dell’innesco di un Esodo cittadino in massa, sarebbe il massimo del soddisfacente sfondamento contro l’attanagliante, dubbiosa e continua
negazione di una tragedia Popolare che fino a poco tempo fa – e
per non dire ancora – veniva coperta del tutto e viene rimarchiata con l’immagine delle colpe
fasciste.
Ingrandire le cerimonie, gli spettacoli, le opere teatrali e
speriamo anche cinematografiche con i dibattiti storici, documentando sempre più dettagliatamente le fasi della travagliata vicenda di un’area lacerata con la soddisfazione accertante che l’abbraccio fraterno culturale e artistico è diventato
forte e compatto, è possibile e fattibile. Lo abbiamo visto a
Trieste, Pirano, Pola, Umago, Buie e in molte altre località
della nostra bella e meravigliosa terra vedendo Magazzino
18, che possiamo definire una continuità vincente per la nostra causa e uno dei più saldi principi per il futuro. Queste
sono le nostre armi migliori per mantenere in vita e in pratica
il più limpido volto tradizionale Italiano in queste terre che ci
appartengono nel diritto di viverci e convivere. I limiti vengono imposti quando manca la libertà, ora devono esistere solo
per bloccare le falsità e le esagerazioni da qualsiasi parte in
causa. Io personalmente a fine spettacolo ho stretto la mano
a Simone ringraziandolo in nome di tutti i Polesani e Istriani
per la comprensiva interpretazione. Ripeto e ripeto: emozionante davvero, perché quando qualcuno non nasce nella tua
Regione e conosce la sua Storia come un fratello della stessa lingua e Nazione diventa un sacro amico e compagno per
crescere insieme e vincere tutte le ingiustizie.
Roberto Hapacher Barissa (Pola)
Me ga colpido la sua semplicità
Go un gran dispiasser de no’ gaver podudo andar al Circolo a veder el spetacolo de Cristicchi. Ghe ne go sentido tanto
parlar con grande entusiasmo perché tuti disi che el ga avudo un grandissimo sucesso.
Mi go visto una sua intervista su Telecapodistria che ghe
ga fato quela brava Rebeka Legović che la ospita ogni setimana una persona de sucesso in te la sua rubrica “L’APPUNTAMENTO”. E là de Cristicchi me ga colpido la semplicità del
modo de esprimerse. Là el ga spiegado come e perché che
el ga portado in scena ’sto famoso MAGAZZINO 18, a Trieste, dove che per quasi setanta ani xe stadi amuciadi mobili e
strafanici, ricordi e lagrime de povera gente. Insoma un bagalio de ricordi de tanta gente che xe morta pensando ale
sue strasse abandonade in quel magazin e dimenticade de
tuti, coverte de mufa, rosigade dei sorsi, marside e disfade
sensa pietà del passar dei ani. Una tristessa che i Grandi no’
ga mai volù ricordar, ansi, i ga voludo sepelir per dirghe adio
ala Storia, una roba simile a quel famoso “armadio della vergogna” che ancora esisti in Italia e che se ga paura de verserlo perché el xe un vaso de Pandora.
Cristicchi ga dito che lui no’ saveva gnente dela nostra storia, ma che via via che el se documentava ghe vegniva voia
de meterla in scena per farghe saver a tuti come che le radise parla e le conta de tanti dolori, de tanti regimi, de tante ditature, de fassismo con lignade e oio de ricino, de foibe e de
tanti morti sia per morte violenta che de crepacuor. Cussì el
xe aprodado anche a Pola comovendo la gente e ingrumando ovassioni. I me ga dito che el ga una vose assai bela e
che el ga contado la Storia con semplicità, sensa malanimi e
sensa astio, cussì come che la iera, nuda e cruda.
Ester Sardoz Barlessi (Pola)
Tratto da “La Voce del Popolo”, 13 dicembre 2013
8
Riemerge una foto
di Giuseppe Callegarini
L’appello lanciato nel numero precedente de “L’Arena ” h a trovato
ascolto. Lino Vivoda, consigliere ed
ex sindaco del Libero Comune di
Pola in Esilio, si è
ricordato di aver
visto una foto della Medaglia d’Oro
al Valor Militare
Giuseppe Callegarini sulla rivista
“Pagine Istriane”
e, cercando cercando, è riuscito a
recuperarla. Era
pubblicata nel n.
40 del gennaio
1977 a pag. 16.
La didascalia diceva: «Animatore
della Resistenza
Italiana in Istria, il
prof. Giuseppe
Callegarini si ispirava ad alti ideali
di umanità e di patriottismo, per i quali sopportò le torture
della Polizia tedesca e affrontò la morte (Natale 1944). Qui è
ritratto in divisa di sottotenente di complemento di fanteria,
durante il servizio prestato in zona d’operazioni (1941)».
La foto soprastante immortala invece, sul Castello di Pola,
il Secondo Reparto Esploratori ASCI “Giuseppe Callegarini”,
fondato a Pola nel giugno 1945, dopo l’arrivo degli inglesi, da
don Giordano Tarticchio e Giulio Rella e sciolto nel gennaio
1947, subito prima dell’esodo. Il 14enne Lino Vivoda era caposquadriglia “Stambecchi” e qui lo si vede davanti a don
Giordano Tarticchio con il guidone di caposquadriglia.
Rivista storica “Histria”:
presentato a Pola
il terzo numero
Il terzo numero (2013) della rivista annuale “Histria”, edita
dalla Società Storica Istriana, è stato presentato il 18 dicembre scorso nell’aula magna dell’Università “Juraj Dobrila” di
Pola. Le 552 pagine si suddividono in tre capitoli: “Studi e
saggi”; “Recensioni, segnalazioni, comunicazioni”; “Reazioni
e polemiche”, con testi in croato, italiano e sloveno.
Il primo capitolo comprende 9 contributi: uno di Darja
Mihelič (in sloveno) sul libro notarile come fonte per l’esplorazione della popolazione della città di Pinguente fra il 1492 e il
1517; uno di Rino Cigui (in italiano) su alcuni aspetti della vita
socio-economica a Umago nei secoli XVI e XVII; uno di Igor e
Ivana Eterović (in croato) su nove testamenti redatti a Laurana nella seconda metà del ’700 quali strumenti conoscitivi
della coeva realtà storico-linguistica della cittadina costiera
dell’Istria nord-orientale; uno di David Orlović (in croato) su
come la rivista istriana in lingua croata “Naša sloga” trattò il
colonialismo italiano in Africa fra il 1885 e il 1896; uno di Roberto Spazzali (in italiano) sul conflitto tra gli imperialismi
giapponese, americano e russo in Asia alla fine del XIX e
all’inizio del XX secolo visto da Silvio Benco; uno di Barbara
Riman (in croato) sulle Società slovene a Pola fra il 1886 e il
2011; uno di Ines Grgurina e Luka Tidić (in croato) sulla scuola per insegnanti di Castua (1906-1947); uno di Marko Medved (in croato) sul monaco benedettino istriano e primo vescovo di Fiume Isidoro Sain (1869-1932); e infine uno di
Tihomira Stepinac Fabijanić (in croato) sulle casite come elementi riconoscibili dell’identità istriana.
L’estesissimo secondo capitolo contiene perlopiù testi in
lingua croata. Le recensioni in lingua italiana riguardano il libro di David Di Paoli Paulovich Pedena: storia e memoria
dell’antica Diocesi istriana, quello di Roberto Starec Pietra su
pietra. L’architettura tradizionale in Istria e quello di Vlado
Benussi La storia delle bitinade rovignesi attraverso la raccolta dei testi e delle musiche. In croato sono invece recensiti
il libro a cura di Fulvio Pappucia e Franco Cecotti Un’epoca
senza rispetto: antologia sulla questione adriatica tra ’800 e
primo ’900, quello abbinato di Franco Cecotti Il tempo dei
confini: atlante storico dell’Adriatico nord-orientale nel contesto europeo e mediterraneo 1748-2008, e quello di William
Klinger Germania e Fiume: la questione fiumana nella diplomazia tedesca (1921-1924), gli “Atti del Centro di Ricerche
Storiche di Rovigno” XLI, gli “Atti e memorie della Società
Istriana di Archeologia e Storia Patria” CXI, nonché “Ricerche
sociali” n° 18 del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno.
IERI & OGGI
Infoibati ed esuli
di religione ebraica
Il 27 gennaio scorso ricorreva la Giornata della Memoria, con la quale anche la Repubblica italiana vuole rendere un doveroso ricordo alla Shoah, quella “tempesta
devastante” provocata dal regime nazista che colpì il popolo ebraico prima e durante la seconda guerra mondiale. Partecipe attivo di quella tragedia fu anche il regime
fascista, soprattutto con l’emanazione delle leggi razziali
che furono preannunciate da Mussolini per la prima volta
a Trieste dal balcone del municipio il 18 settembre 1938
in occasione della sua visita alla città. A Trieste e a Fiume
risiedevano, sin dai tempi dell’imperatrice Maria Teresa
d’Austria, fiorenti e numerose comunità ebraiche che
contribuirono allo sviluppo delle attività collegate soprattutto al commercio. Anche per le associazioni degli esuli
giuliano-dalmati presenti nella Capitale e nel resto d’Italia
il 27 gennaio è stato un giorno di grave lutto.
Dopo la prima guerra mondiale a Spalato, a Trieste e a
Fiume gli ebrei erano di casa e fino al giorno dell’emanazione delle leggi razziali nessuno mai si era posto veramente il problema di una incombente questione ebraica.
Nel 1939 Lionello Lenaz, medico fiumano e legionario
con D’Annunzio, rifiutò decisamente di tenere una conferenza sulla razza ebraica richiestagli dall’Istituto di cultura fascista di Fiume. Nella stessa città il circolo dei combattenti fu intitolato nel 1924 a Bruno Mondolfo, ebreo
fiumano ucciso nel giugno del ’21 durante una manifestazione antigovernativa contro la cessione del porto Baross. Il letterato ebreo goriziano Enrico Rocca fu tra i
fondatori del Fascio di Roma. Sempre a Fiume, nel settembre del ’19, al fianco di D’Annunzio ci sono molti ebrei
fra cui Aldo Finzi, che divenne poi Sottosegretario agli interni e membro del Gran Consiglio; e l’elenco dei casi
potrebbe continuare. Nel ’39 a Fiume e provincia vivevano poco meno di 2.000 appartenenti alla religione ebraica e per loro, dopo le prime persecuzioni subite dal regime fascista, le cose si complicarono drammaticamente in
seguito all’armistizio e per la precisione dal 14 settembre
’43 in poi, dopo l’instaurazione da parte tedesca della zona militare di operazioni del Litorale Adriatico. L’arrivo dei
nazisti mise temporaneamente fine agli infoibamenti degli italiani da parte dei partigiani jugoslavi in varie contrade dell’Istria, ma dall’altro canto diede inizio a una feroce
persecuzione contro gli ebrei di Trieste, Fiume e Abbazia.
A nulla valsero le azioni di alcuni italiani, come il questore
di Fiume Giovanni Palatucci, volte al salvataggio degli
ebrei, perché tale era il rigore esercitato dalla Gestapo e
dalle SS tedesche che non lasciava molto spazio a chi
era animato da sentimenti di umanità e di giustizia. A Fiume i tedeschi diedero fuoco al bell’edificio della Sinagoga
e iniziarono la deportazione sistematica di circa un migliaio di ebrei. Lo stesso Palatucci morì a Dachau il 10
febbraio ’45, nel lager dove fu deportato perché ritenuto
responsabile di pericolose attività antigermaniche. A Trieste operò per lungo tempo anche il famigerato campo di
internamento di San Sabba, ideato dal nazista austrosloveno Odilo Globocnik, che diventò centro di eliminazione dei partigiani sloveni, croati e italiani e luogo di
smistamento degli ebrei versi i lager tedeschi, diventati
nel frattempo veri e propri campi di sterminio.
Noi giuliano-dalmati conosciamo bene questa tragica
storia, alla quale molte ricerche sono state dedicate anche dalla Società di Studi Fiumani. Tale istituzione, sorta
nel 1960 a Roma, oggi presieduta da Amleto Ballarini, vide tra i suoi soci fondatori molti ebrei fiumani, che dopo
aver subito le persecuzioni da parte italiana e tedesca
vennero allontanati anche dal regime comunista jugoslavo. Ebbene, per conservare la memoria della città perduta, esuli fiumani italiani ed esuli fiumani ebrei si unirono in
un progetto di conservazione della memoria che si concretizzò proprio nella costituzione dell’Archivio-Museo di
Fiume, che oggi ha sede nel Quartiere Giuliano Dalmata
di Roma (zona EUR-Laurentina). Ricordo tra i primi Pietro Blayer, che divenne poi negli anni Sessanta presidente della Unione delle Comunità israelitiche in Italia, il senatore a vita Leo Valiani (nome originario Leo Weiczen),
che fu per molti anni presidente onorario della Società di
studi fiumani, la professoressa Laura Einhorn, i cui genitori morirono ad Auschwitz, l’ingegner Federico Falk, lo
scrittore Paolo Santarcangeli (nome originario Pal Schweitzer) e tanti altri. Riccardo Gigante, Senatore del Regno, uno dei massimi rappresentanti del fascismo fiumano trucidato senza processo dai partigiani nel maggio del
1945, aveva la moglie ebrea e si era sempre adoperato
per aiutare, quando possibile, alcuni suoi concittadini di
origini ebraiche ad espatriare. Da questi brevi cenni si
può comprendere una realtà molto ricca e complessa
che lega il mondo ebraico alle terre fiumane, triestine e
dalmate, insomma a quelle terre che furono poi sottoposte a un’altra barbarie dopo la sconfitta tedesca, quella
riconducibile all’azione di repressione genocida messa in
atto dai partigiani comunisti di Tito contro gli italiani.
Insieme alle migliaia di italiani infoibati possiamo annoverare anche molti ebrei. A Fiume scomparve l’intera famiglia Wilhelm; fece analoga fine l’antifascista ebreo fiumano Angelo Adam insieme a tutta la famiglia e così si
potrebbe continuare per molto citando casi analoghi avvenuti a Spalato, a Zara, a Gorizia o a Trieste. La Società
di Studi Fiumani ha pubblicato in questi anni diversi studi
sulle comunità ebraiche di Fiume e Abbazia, mentre il
comitato provinciale dell’ANVGD di Roma ha promosso
in più occasioni gemellaggi con la Comunità ebraica di
Roma. Durante le ultime edizioni del Viaggio nella civiltà
istriana e dalmata, organizzate per oltre 200 studenti dal
Comune di Roma, abbiamo sempre voluto con noi le due
sorelle ebree fiumane Tatiana e Andra Bucci, testimoni
della duplice ingiustizia della deportazione e dell’esilio,
alle quali dedico un pensiero particolare.
Marino Micich
direttore Archivio Museo storico di Fiume (Roma)
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Nuovi volumi
della Società Istriana
di Archeologia e Storia Patria
Ha avuto luogo sabato 24 gennaio nella sede di via Crispi 5
a Trieste l’Assemblea annuale dei soci della Società Istriana
di Archeologia e Storia Patria.
Nella sua relazione il presidente Giuseppe Cuscito ha lamentato che il mancato saldo del contributo da parte del Ministero degli Esteri (legge 296/2006), la perdita del finanziamento del biennio successivo e il ritardo con cui è stato assegnato appena il 23 dicembre 2013 il contributo da parte della
Regione Friuli Venezia Giulia (legge 4/92) hanno bloccato o
ridotto le iniziative approvate all’Assemblea del 19 gennaio
2013, cioè la pubblicazione di un volume-guida sull’archivio
della SIASP, l’edizione a stampa dei seminari sulla storia
dell’Istria tenuti nel 2012 durante gli Incontri di primavera e
autunno, la programmazione di altri cicli di conferenze e le ristampe anastatiche di opere relative all’Istria. Ciononostante
si è potuto concludere il riordino e il vaglio dell’archivio e
stampare la monografia di Luisa Crisvar su due collezioni
triestine di stampe giapponesi, il fascicolo 113° degli “Atti e
Memorie” e il fascicolo XII di “Histria Terra”.
Il fascicolo 113° degli “Atti e Memorie” (272 pagine) propone una memoria di Maurizio Buora sull’arredo delle aule doppie della basilica di Aquileia, una di Pietro Riavez sullo scavo
dell’abside del duomo di Muggia, una di Daniela Durissini
sull’immigrazione e l’economia a Trieste tra XIV e XV secolo,
una di Marzia Vidulli Torlo sull’aspetto originario della fontana
dei Quattro Continenti di Trieste, una di Gian Luigi Bruzzone
sulla fondazione del “Giornale storico della letteratura italiana” nei carteggi degli irredentisti triestini Salomone Morpurgo
e Albino Zenatti (1881-1884), e infine una di Pietro Zovatto
sulla coscienza del trascendente in Giani Stuparich. Seguono notizie sull’apertura delle celebrazioni per il 750° anniversario del duomo di Muggia, sulle due campane donate recentemente al duomo di Pirano dalla parrocchia berlinese di St.
Konrad e sulla partecipazione delle società remiere di Trieste
e dell’Istria ai primi Campionati italiani del 1919. Le recensioni riguardano i libri Epigrafi. Voci cristiane del patriarcato di
Aquileia attraverso la testimonianza epigrafica (secoli IV-VII),
di Giuseppe Cuscito, Notizie da Muggia e dintorni. Della storia degli sloveni del Muggesano, di Stefan Čok, Marta Ivašić
e Kiljan Ferluga, Storie e memorie dell’antica diocesi di Pedena, di David Di Paoli Paulovich, e Ai margini della guerra
(1938-1947). Diario inedito del cardinale Celso Costantini.
Il fascicolo XII di “Histria Terra” propone invece un articolo
di Michela Dal Borgo sulle cattive condizioni dell’Arena di
Pola e i restauri effettuati nella seconda metà del ’700 (con
due splendide piante e sei documenti del 1770 e 1783), e le
note sull’Istria tratte dal diario di Antonio Paravia (1776) con
diverse cartine annesse.
La SIASP si è dotata di una casella mail istituzionale, ha
aperto la propria pagina su Facebook, mentre l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca ha inserito gli “Atti e Memorie” tra le riviste di scienze
storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche. Per il 2014
si prevede di celebrare il 130° anniversario di fondazione, di
allestire il numero 114° degli “Atti e Memorie”, di stampare
(fondi permettendo) i due volumi relativi ai seminari sulla storia dell’Istria tenuti nel 2012 e all’archivio della SIASP e di arricchire la biblioteca sociale aperta al pubblico.
L’Assemblea ha approvato le relazioni sia del presidente
sia della tesoriera Gianna Duda Marinelli. A seguire, la storica e paleografa Daniela Durissini ha parlato della Trieste del
’300 sottolineando il ruolo dei fuoriusciti fiorentini nella nascita del prestito ad interesse e delle saline di Servola, dove furono convogliati esperti salinai dall’Istria veneta e da Pago.
Istriani morti nei lager
e sepolti in cimiteri militari
Nel suo recente libro Dimenticati di Stato. Memoria condivisa (332 pagine, euro 39) lo studioso indipendente Roberto
Zamboni ha elencato fra gli altri i cittadini italiani della Venezia Giulia, Istria compresa, deceduti fra il 1940 e il 1945 e poi
sepolti nei cimiteri militari italiani d’onore in Germania, Austria e Polonia. Si tratta di soldati prigionieri di guerra, deportati civili, liberi lavoratori e lavoratori coatti o loro familiari che
si trovavano negli ex territori del Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale. L’elenco, consultabile anche su internet, riporta cognomi e nomi di tali defunti suddivisi per località di nascita. Gli istriani sono numerosi, i nativi di Pola 23.
I quattro più giovani fra questi morirono a soli 17 anni.
Concorso Mailing List Histria
La Mailing List Histria, con il patrocinio dell’Associazione
per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio e
dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo, bandisce il 12°
Concorso Mailing List Histria, strutturato in due sezioni (MLH
e Associazione Dalmati Italiani nel Mondo - Libero Comune
di Zara in Esilio) e in vari premi speciali. Sono invitati a parteciparvi gli allievi delle Scuole Elementari e Medie Superiori
Italiane e i ragazzi che frequentano le Comunità degli Italiani
con sede in Croazia e Slovenia che conoscano la lingua italiana o il dialetto locale di origine veneta ed istriota, nonché
gli allievi delle Scuole Elementari e delle Medie Superiori croate o montenegrine situate nell’antica Dalmazia, da Cherso
fino ai confini dell’Albania, che conoscano la lingua italiana o
il dialetto locale di origine veneta/romanza. I testi, redatti in
italiano o in uno dei dialetti romanzi parlati in Croazia, Slovenia e Montenegro, saranno ammessi soltanto se inviati entro
il 31 marzo 2014 per posta elettronica o per raccomandata.
Il bando di concorso si può leggere sul sito internet www.
adriaticounisce.it. Per la prima volta la Regione Istriana assegnerà 8 premi speciali, che si aggiungeranno a quelli dell’Associazione per la Cultura Fiumana, Istriana e Dalmata del
Lazio, dei Liberi Comuni di Pola e Fiume in Esilio, del Comitato ANVGD di Gorizia, della Famìa Ruvignîsa, di “Istria Europa” e della Famiglia Dignanese.
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
22 febbraio 1944:
Pola bombardata ancora
Il consigliere ed ex sindaco dell’LCPE Lino Vivoda racconta nel suo libro In Istria prima dell’esodo. Autobiografia di un esule da Pola (Edizioni Istria Europa) il secondo
bombardamento di Pola, avvenuto il 22 febbraio 1944.
25 gennaio 1944, la palazzina comunale colpita in Piazza
Foro. Foto gentilmente concessa da Raul Marsetič.
L’allarme era suonato, e come al solito corremmo ai rifugi.
Facendo di corsa via Sergia mi recai all’entrata del clivo Gionatasi del rifugio che, traforato sotto al Castello, serviva tutta
cità vecia. Scelsi quell’entrata perché sapevo che avrei trovato da quella parte le sorelle Giacomazzi, che abitavano in clivo dei Capitani. Mi avrebbe raggiunto l’amico Claudio Mastantuoni e così avremmo trascorso il lungo tempo dell’allarme chiacchierando in compagnia. Era il 22 febbraio, ed erano passati quasi due mesi dal primo bombardamento, quando incominciammo a sentire nelle orecchie lo spostamento
d’aria ed il terreno tremare per le bombe. Quando uscimmo,
dappertutto polvere, sassi ed il caratteristico odore lasciato
dallo scoppio delle bombe. Raggiunsi trafelato casa mia e da
lontano pensai: meno male, è ancora in piedi, ma quando
entrai nel cortile ebbi la sorpresa di un mucchio di macerie
dove prima era stata la casa dei Bottegaro. E guardai anche
la mia finestra che dava sul cortile e mi accorsi che qualcosa
non andava. Lo spostamento d’aria aveva devastato anche il
mio appartamento. Eravamo sinistrati, anche se parzialmente! Brutto termine per indicare i colpiti nelle proprie abitazioni
dalle bombe.
Entrato a casa mi accorsi che dalla mia cameretta, sul cortile interno del caseggiato (scardinati gli infissi s’era creato un
buco nella parete), erano stati risucchiati attraverso la finestra tutti gli oggetti vicini.
Così era sparita tutta la mia collezione del “Vittorioso”, di
“Signal”, di “Adria Zeitung” e parecchi libri con altri oggetti di
minor conto e biancheria. Nonna Maria, con il suo senso pratico, prese le gamelle di Papà e si recò dai Vigili del Fuoco
dove davano un buonissimo minestrone fatto per i sinistrati.
Facemmo pranzo e cena, poi dormimmo tutti vestiti nell’ex
Lavoratorio, l’unica stanza intatta di tutto l’appartamento che
aveva tutte le finestre con i vetri interi e le porte chiudibili.
L’indomani Mamma si dette da fare e due giorni dopo ci trasferimmo nella casa di via Castropola, soto el Castel, affittata
dall’avvocato Artusi. Per fortuna quasi tutti i mobili erano depositati nella cantina di zio Nino in via San Martin e quindi
c’era poco da trasportare.
Lino Vivoda
Il battesimo del fuoco
Nel numero di gennaio avevamo esortato i lettori a
mandarci la propria testimonianza sul primo, micidiale bombardamento di Pola, avvenuto il 9 gennaio
1944. Di seguito pubblichiamo una poesia dell’esule
polese Otello Soiatti, a lato invece un contributo del
sindaco dell’LCPE Tullio Canevari. L’appello resta
valido anche per i bombardamenti successivi.
Corollario
Ed era, appunto, domenica mattina,
seconda di un gennaio illividito
da chiara nuvolaglia di stagione
che andava zigzagando a spinte d’aria
come in attesa di qualche novità.
Ed era, appunto, domenica mattina,
ora da messa solenne sotto allarme
a qualche giorno dal volo befaniano
sulla scopa da fiaba finita al ripostiglio
delle note riservate al calendario.
Ed era, appunto, domenica mattina,
del parroco indeciso col messale in mano,
lo stesso coinvolto poi nel polverìo
dove scomparve chiesuola e San Giuseppe
alle pendici del Monte Paradiso.
Ed era, appunto, domenica mattina,
l’ora in cui borbottavano i tegami
della bidella Papadopoli alla “Manzoni”,
che finì in famiglia, rottame tra rottami,
nel crollo della scuola elementare.
Ed era, appunto, domenica mattina,
con gli aspersori aperti in alto cielo
che Pola conobbe il battesimo del fuoco
dentro e fuori dai bellici obiettivi
nel primo mese del quarantaquattro.
Ed era, appunto, domenica mattina…
Ma c’è sempre un altro giro d’orologio
che ricorda del sìbilo di bomba l’eco soltanto
e lascia il passo con rito collaudato
al corollario delle estreme unzioni.
Otèlo
LA NOSTRA STORIA
Brioni, 9 gennaio 1944
Il 9 gennaio 1944, quando, verso le 11 del mattino, incominciò il primo bombardamento aereo su Pola, io probabilmente ero a scuola.
Frequentavo la prima classe elementare, nel castello di Val
di Torre, a Brioni, e per noi bambini le squadriglie di aeroplani
che vedevamo passare, in alto nel cielo, non erano motivo di
paura, anzi: era quasi un gioco riuscire a contare il numero
degli aerei di una formazione e poi sommarlo a quelli delle
altre. Era con meraviglia e quasi con incosciente ammirazione che apprezzavamo la perfezione geometrica delle squadriglie che passavano sopra le nostre teste. Per vederli meglio, spesso salivo nella soffitta della casa dove abitavo: un
posto meraviglioso, attraversato da tante capriate di legno,
con le catene che passavano sopra il pavimento e che perciò
dovevamo scavalcare, con i puntoni che si univano, incastrati nel “monaco”, molto in alto, perché la casa era grande e, di
conseguenza, lo erano anche le campate.
Mio cugino Omero, figlio di mia zia Cristina, aveva otto anni
più di me e catturava degli uccellini, simili ai passeri, che noi
chiamavamo “verdoni” e li teneva nelle gabbie, in quella soffitta. E così, visti dagli abbaini, gli aerei sembravano stormi di
uccelli migratori. Quel giorno di gennaio, a scuola, probabilmente non li ho contati.
A Brioni vivevamo felici; gli aerei passavano, e andavano
da qualche altra parte.
Finché... finché non è arrivata la X MAS.
Ho ripreso dagli scaffali il libro di Danilo Colombo Marò.
Gruppo d’assalto Brioni e ho trovato la conferma dei miei ricordi di bambino.
Ad un certo momento della guerra, il Comando di Pola decise di costituire il “Gruppo d’assalto” della X Flottiglia MAS,
formato da una decina di “barchini esplosivi”; con questo nome confidenziale, che sentivo usare in casa dal mio papà,
amico degli ufficiali della Decima, venivano indicati dei motoscafi veloci, carichi di esplosivo, che venivano lanciati contro
le navi nemiche, pilotati da un “marò”, che veniva eiettato in
mare, con il suo seggiolino, collocato a poppa, poco prima
dell’impatto. I barchini erano sistemati nella pineta, tra gli alberghi e le case dei dipendenti, nascosti dagli alberi e mascherati da teli scuri. Ma dopo una settimana (o due o tre...) il
controspionaggio o le spie slave, il che è lo stesso, hanno
fatto il loro lavoro e per Brioni è cominciata la guerra.
Danilo Colombo conferma, con qualche piccola differenza
(Vittoria non era una “tombolotta”; aveva, sì, sedici anni, abitava sul mio pianerottolo, ma era bella e tutti erano innamorati di lei), i miei ricordi; al suono della sirena di allarme, scappavamo a rifugiarci in una buca scavata nella terra, sotto un
albero, un vano cubico di due metri di lato, ricoperto di frasche. Eravamo stipati lì dentro, quando una bomba è caduta
a dieci metri di distanza. Una parete è franata; appena possibile, siamo usciti per correre, attraverso i boschi, verso il rifugio antiaereo, una galleria scavata nella roccia, dove c’era
una cava romana, quella che, forse, ha fornito il monolite che
copre il Mausoleo di Teodorico a Ravenna. La galleria era a
forma di U, con due ingressi; era divisa a metà da una cancellata: da una parte stavano i militari, tedeschi e italiani,
dall’altra la popolazione civile.
Ci siamo stati più giorni, ininterrottamente; nel ricordo familiare dovrebbero essere stati sette giorni e otto notti. Noi
bambini dormivamo dentro i tavoli rovesciati dell’Accademia
Navale di Livorno, anch’essa trasferita a Brioni.
All’esterno i soldati cucinavano della minestra in grandi
pentoloni e la scodellavano con dei mestoli con un lungo manico di legno, così grandi che poi uno di questi è diventato,
per uso domestico, una pentola.
Ma quel 9 gennaio gli aerei non sono andati lontano; dopo
due minuti erano già sull’obiettivo. Ho rivissuto quel tragico
evento, rievocato da Lino Vivoda, con una partecipazione
emotiva che allora non ci sarebbe potuta essere.
Ho letto con emozione il volume, curato da Raul Marsetič Il
cimitero civico di Monte Ghiro a Pola; ho letto, regalatomi
dall’autore, il suo libro I bombardamenti alleati su Pola 194445 e vi ho trovato notizie che integrano i miei vaghi ricordi di
bambino.
In quel primo bombardamento ha perso
la vita Enrico Majonica, ingegnere, maggiore del Genio Navale, corrispondente
in marina al grado di
capitano di corvetta,
comandante della base navale di Pola della Marina della R.S.I.,
davanti alla quale
erano ormeggiati i
sommergibili tedeschi U-81 e U-407.
“Richetto” Majonica
era mio cugino, anche se molto più vecchio di me. La mia
mamma, Veffy Buttignoni, era la penultima di quattordici fratelli, mentre mio cugino era figlio di Zaira, la prima. E poiché alla mia mamma piacevano i balli e lo sport (tennis e canottaggio), era schizzinosa con i corteggiatori e perciò si è sposata a trentacinque
anni, io non ero ancora nato quando mio cugino è stato ritratto in questa foto, nel 1936.
Quel giorno il comandante Majonica è rimasto al suo posto; i resoconti dicono che i militari morti quel giorno furono
soltanto due: uno era lui.
Adesso è sepolto nella nostra tomba di famiglia, nel cimitero di Monte Ghiro. Nel novembre 2013 abbiamo reso omaggio, con una piccola corona di alloro legata con il nastro tricolore, al suo sacrificio. Anche se è stato inutile, non per questo
ha meno valore. Anche se “era dalla parte sbagliata”, non per
questo non ha diritto al nostro rispetto.
Era un mio parente, per questo lo ricordo con affetto.
Tullio Canevari, Sindaco dell’LCPE
9
Regia Guardia di Finanza
di Pisino: riemerge
un verbale datato 1925
Stralci di storia istriana lunghi un secolo. E, tra essi, un verbale redatto dalla Brigata Regia Guardia di Finanza di Pisino
nell’anno 1925. Il Reparto dipendeva gerarchicamente dalla
Legione di Trieste e certamente era molto attivo nella caccia
agli alambicchi clandestini. Ne è la prova l’impostazione grafica del documento rinvenuto: uno stampato di “pronto intervento”, con la previsione di spazi in bianco per data, località e
soggetto da verbalizzare. Il documento è saltato fuori da un
fondo acquisito recentemente dal Prof. David Orlović di Pola
(nella foto), giovane storico e ricercatore plurilaureato, al
quale chiediamo qualche dettaglio in più. Siamo nel cuore
dell’Istria; Pisino, in croato Pazin: dalla storia della famiglia
Brajković anche importanti spunti di ricerca relativi a ben
quattro diverse forme di governo succedutesi corso nel Secolo scorso.
Un alambicco suggellato per violazioni alle norme in
materia di accise; in quel lontano 8 settembre 1925, l’Appuntato Maida Domenico e la Guardia Galelli Dante mai
avrebbero immaginato che, dopo 90 anni, il loro verbale
sarebbe diventato una delle “tracce” italiane del fondo
Brajković. Ve ne sono altre?
La “parte Italiana” (1919-1943) è inerente una rilevante
porzione del fondo da me acquisito. Interessantissime le tessere di appartenenza dei vari membri della famiglia all’Opera
Nazionale Balilla, Confederazione Nazionale Sindacati Fascisti dell’Agricoltura ecc.. Troviamo anche un passaporto rilasciato per un viaggio in Argentina e diverse lettere pertinenti ad aspetti legali, scambiate tra un membro della famiglia e
l’importante avvocato del luogo e personaggio politico Costantino Costantini. Parimenti interessanti altri aspetti, quali
l’uso della lingua croata nelle lettere ufficiali scambiate con
una cassa di risparmio della vicina Vermo fino al 1925, ma
anche l’italianizzazione del cognome Brajković (Brajkovich)
in Braico dopo il 1928.
Provincia d’Istria e periodo tra le due Guerre Mondiali:
l’impatto del sistema tributario italiano sulla realtà socioeconomia istriana; troppe tasse?
Infatti, bollette e certificati di pagamento tasse costituiscono la maggior parte dei documenti. Siccome alcuni membri
della famiglia avevano mini-imprese per la vendita di beni
agricoli, organi di Stato puntualmente notificavano ai proprietari i più svariati obblighi in materia di imposte.
Un fondo di particolare valore documentale: la storia
di una famiglia attraverso 4 forme di governo. Da una visione globale dei carteggi, quali i principali elementi di
interesse?
I documenti più vecchi risalgono al 1896: a quell’epoca un
genitore presentò istanza all’Armata Austro-Ungarica, affinché il proprio figlio fosse esonerato dal servizio militare in
quanto non c’era modo di trovare un sostituto per il lavoro nei
campi. Nel periodo italiano, troviamo un importante episodio
che si raccorda con eventi storici; un fatto avvenuto nel 1939:
durante i lavori per la costruzione di un acquedotto vennero
danneggiati beni di un membro della famiglia. Al riguardo,
sono parecchi i documenti attraverso i quali la parte lesa provò ad ottenere una compensazione. Per il periodo jugoslavo,
invece, troviamo richieste di pensioni inerenti la partecipazione alla lotta partigiana di alcuni membri della famiglia. Con gli
anni più recenti, però, il materiale cala in qualità e rilevanza
storica.
Soffitte, cantine e vecchie cassapanche: tesori documentali ancora tutti da scoprire ed esplorare. Un’occasione di confronto culturale finalizzata, magari, ad incentivare gruppi di studio italiani e croati: sarebbe il caso di
lanciare un appello?
I documenti relativi al periodo dal 19° secolo alla fine della
Seconda guerra mondiale appaiono in gran parte in lingua
italiana. I temi di interesse che derivano dalla loro visione sono legati sia alla storia locale che alla storia più ampia di regioni o Nazioni, inclusa l’Italia. Qui vedo una possibilità di
scambio di informazioni e approfondimenti comuni sul materiale archivistico. Questioni a cui io stesso sono aperto.
Antonio Lanza (Campobasso)
A Treviso una conferenza
su Nazario Sauro
Martedì 11 marzo, con inizio alle ore 17, il dott. Bruno
De Donà, giornalista de “Il Gazzettino”, terrà nell’aula
magna del Liceo “Duca degli Abruzzi” in via Caccianiga 5
a Treviso una conferenza a ingresso libro sul tema Il Risorgimento dimenticato: Nazario Sauro. L’iniziativa sul
martire capodistriano si colloca nell’ambito degli Incontri
Culturali promossi dal Comitato di Treviso della Società
“Dante Alighieri” in collaborazione con il Liceo “Duca degli Abruzzi” e con il patrocinio del Comune di Treviso.
10
70 ANNI FA
La svolta
dell’8 settembre
Concludiamo con gli interventi della seconda giornata il resoconto del convegno scientifico internazionale 8 settembre
1943: i giorni che cambiarono la Venezia Giulia, svoltosi a
Isola d’Istria (Slovenia) il 28 e 29 novembre 2013.
Nel suo saluto iniziale il Console generale d’Italia a Capodistria Maria Cristina Antonelli ha ricordato come nei territori orientali d’Italia la Seconda guerra mondiale arrivò a livelli
servato Alessandra Argenti Tremul (Capodistria) – l’Istria
di efferatezza incredibili. Al forno crematorio di Trieste, unico
ridivenne teatro di eventi bellici, oggetto del contendere, terriin Italia, si aggiunsero le foibe, che configurarono una vera e
torio da spartire. Durante il regime la Regia Prefettura di Pola
propria pulizia etnica ai danni degli italiani.
aveva steso un elenco di “antifascisti”, “slavo-comunisti” e
Il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana
“comunisti” imprigionati in seguito a delazioni nel carcere di
Maurizio Tremul ha lodato il coraggio con cui la nostra minoCapodistria. C’erano sia italiani, sia sloveni, sia croati. Nel
ranza nazionale, malgrado le ristrettezze economiche, ha
1941, dopo l’occupazione della Jugoslavia, la Prefettura li
voluto promuovere un confronto serio, pacato e non ideologisegnalò all’Ispettorato Speciale di Polizia della Venezia Giuco tra storiografie diverse su «un tema molto doloroso, difficilia, che li internò nel Sud Italia per il pericolo che entrassero
le e complesso» proprio in Istria, «dove si sono consumate le
in contatto con i ribelli. Nel carcere furono rinchiusi anche
tappe di un percorso che ha portato a vicende terribili: prima
avversari politici provenienti dalla Provincia di Lubiana e venil fascismo, poi l’entrata in una guerra illogica e infine una rine istituita una sezione femminile. I carcerati svolgevano lavalsa che ha ridisegnato l’identità del territorio, rischiando
vori per ditte che realizzavano spazzole. Dal settembre ’43 la
quasi di cancellare la popolazione italiana con la scusa che
situazione risultò complessa per la compresenza di tre movicroati e sloveni avevano patito violenze, il che è vero, ma avmenti di liberazione: italiano, con i CLN e i Comitati di salute
venne con dinamiche un pochino diverse».
pubblica; croato, che decretò l’annessione dell’Istria alla Cro«La Resistenza slovena, orientata dal Partito Comunista
azia nella Jugoslavia; e sloveno, l’OF, di cui facevano parte il
della Slovenia (PCS) nell’ambito del Fronte di Liberazione
PCS, i cristiano-sociali e i Sokol. Le operazioni partigiane ad
(OF), si stava preparando intensamente – ha riferito Vida
opera del movimento croato iniziarono la notte fra il 31 agoDeželak Barič (Lubiana) – alla capitolazione italiana almeno
sto e il 1° settembre quando furono tagliati i fili del telefono e
dallo sbarco alleato in Sicilia. Voleva sottrarre al regio esercidel telegrafo, con l’interruzione delle comunicazioni Pisinoto il grosso delle armi e instaurare subito il proprio potere sul
Albona, Pola-Pisino, Pisino-Montona, Pola-Albona e Parenterritorio sgomberato. Raggiunse l’obiettivo dal 9 settembre
zo-Pisino. Ci si preparava dunque all’insurrezione armata.
1943, perché i militari italiani non opposero resistenza. La
Dopo l’armistizio l’OF chiamò alla mobilitazione generale anmobilitazione di massa degli uomini idonei alle armi determiche nel “Litorale” tutti gli uomini dai 18 ai 45 anni. Una comnò il rafforzamento e la diffusione capillare dell’esercito partimissione istituì un tribunale con giurisdizione su tutto il cirgiano. La priorità era la Provincia di Lubiana, dove si inasprì il
condario di Trieste. A Capodistria si avvertì subito la presenconflitto interno sloveno. Il PCS intraprese un’aspra lotta conza di partigiani comunisti slavi, “bande” slave, comunisti locatro i partiti centristi. L’eliminazione delle unità cetniche e delle
li e soldati italiani, che controllavano villaggi, case isolate e
Guardie di Paese provocò numerose vittime esasperando la
strade intorno alla città. Il 26 settembre si ebbero i primi comguerra civile. Nel Litorale i ceti moderati nutrivano riserve
battimenti tra partigiani e tedeschi. Il 27 i partigiani presero
verso il PCS, ma dopo l’armistizio l’adesione aumentò. Tra i
possesso del municipio, delle carceri e della stazione dei Cacompiti specifici e strategici del PCS in quest’area vi era la
rabinieri. Il 28, insieme ai comunisti locali, liberarono tutti i
conquista dei lavoratori a Trieste e negli altri centri operai».
prigionieri, assaltarono il fondaco, la cassa di risparmio, l’uffi«Con l’8 settembre – ha affermato Bojan Godeša (Lubiacio postale e alcune case per requisire del cibo. Il 29 i tedena) – il processo di monopolizzazione del movimento resischi li cacciarono da Capodistria, che rimase bloccata: non si
stenziale da parte del PCS, già acceleratosi nella primavera
poteva né entrare né uscire. Fra il 30 settembre e il 1° ottobre
del ’43, conobbe un ulteriore sviluppo, accompagnato dalla
vi furono altri combattimenti tra i partigiani sulle colline e i
considerevole dilatazione dell’OF fuori dalla Provincia di Lunazisti in città, con colpi di artiglieria. Ne rimase vittima un
biana (inizialmente soprattutto nella Venezia Giulia). Gli intelbambino. Il 2 ottobre ci fu a Salara il grande rastrellamento
lettuali erano strettamente legati al ruolo svolto nella Resinazista in cui persero la vita alcuni agricoltori. Il 3 novembre
stenza da Lubiana, ma specie dopo i rastrellamenti italiani
iniziarono le lezioni. In epoca jugoslava alcuni documenti
del dicembre ’42 la sua importanza diminuì a vantaggio della
d’archivio venivano tenuti nascosti e c’erano delle limitazioni
Venezia Giulia. Alla capitolazione dell’Italia non pochi intelletper gli storici, cui si dovevano dare le copie modificate a favotuali rientrarono dalle prigioni italiane, dal confino e dall’interre del Partito Comunista. Questo ci può far riflettere sulla nenamento. Nei territori liberati l’OF li impiegò nel suo apparato
cessità di istituire una commissione paritetica di storici che
politico-amministrativo. I rapporti tra i due schieramenti sloanalizzi serenamente le carte originali».
veni antagonisti conobbero una radicalizzazione. Cominciò a
«I comandi militari tedeschi – ha detto Giorgio Liuzzi
prevalere il movimento partigiano, preminenza che fece poi
(Trieste) – assegnano alla Venezia Giulia una funzione stravalere anche in campo internazionale».
tegica in quanto cerniera tra i fronti italiano e balcanico e tra
«Subito dopo l’8 settembre – ha dichiarato Milan Pahor
tutto il fronte meridionale e la Germania, nonché per il timore
(Trieste) – l’intera Venezia Giulia fu interessata da
una generale insurrezione popolare. La popolazione
slovena definì il lasso di tempo compreso tra la capitolazione italiana e l’inizio dell’offensiva tedesca come il periodo della “prima libertà”. A Trieste, Gorizia,
Monfalcone e altrove, sotto il peso di proteste vigorose, le autorità aprirono le porte delle prigioni. L’11
settembre nella scuola di Vogrsko [Voghersca, presso Nova Gorica] sorse il Consiglio di Liberazione Nazionale per la Slovenia Litoranea, che avrebbe giocato un importante ruolo politico. Il disarmo dell’esercito
italiano e il massiccio afflusso di volontari nell’OF permise la formazione di 30 nuovi battaglioni partigiani,
tra cui alcuni italiani. La possente ondata insurrezionale rimosse il potere italiano, specie nel contado, e
disarmò i militari italiani, che la popolazione aiutò poi
a fuggire dando loro abiti civili, viveri e istruzioni per il
viaggio. Si formò una larga rete di comitati locali di liberazione nazionale. L’11 settembre fu proclamata
l’annessione del Litorale alla Slovenia popolare. La
difesa del territorio liberato si svolgeva seguendo la
tattica delle unità partigiane: attacchi di breve durata
per poi ritirarsi. Un’eccezione fu il “fronte goriziano”,
che costituiva la linea difensiva contro le unità tedesche (11-25 settembre). L’offensiva militare germanica verso il “territorio liberato” iniziò il 25 settembre nel
Goriziano, il 30 settembre sul Carso e il 2 ottobre in
Istria, dove prese il nome di “offensiva incendiaria”
giacché furono bruciati decine di villaggi».
«Prima della capitolazione italiana – ha rilevato Boris Mlakar (Lubiana) – con il termine “schieramento
controrivoluzionario sloveno” intendiamo anzitutto le
Guardie di Paese, sorta in parte spontaneamente e in
parte grazie alle autorità italiane occupanti la Provincia di Lubiana nell’ambito della Milizia Volontaria Anticomunista. Ad esse si aggiunse il debole movimento
cetnico sloveno guidato da K. Novak. L’illegale Alleanza Slovena dominava le Guardie di Paese. Tutti
questi soggetti erano collegati con i servizi britannici.
Nell’estate ’43 la dirigenza di tale schieramento
aspettava uno sbarco alleato verosimilmente nel
Quarnero o in Istria, a differenza dei partigiani, dedicava minore attenzione al disarmo dell’esercito italiano e alla presa del potere. Aveva un orientamento difensivo. Il maggiore Novak poco prima della capitolazione italiana si allontanò dall’Alleanza Slovena, che
ordinò alle Guardie di Paese di tramutarsi nell’Eserci- 2-10 ottobre 1943: l’offensiva tedesca in Istria e la contestuale
to Nazionale Sloveno, con cui andare incontro agli al- partigiana (Centro di Ricerche Storiche di Rovigno).
leati. Per l’incompetenza tattica dei comandi, lo scarso armadi uno sbarco alleato. La presenza di un movimento partigiamento e gli intensi attacchi delle formazioni partigiane, che
no e di sacche libere è inammissibile: occorre un controllo
nel settembre ’43 avevano come obiettivo principale l’annientotale e capillare. La 71a divisione di fanteria occupa Lubiana
tamento dell’avversario interno, le ex Guardie di Paese e
e con una certa difficoltà Gorizia (ma i dintorni restano in maquelle dei cetnici furono in parte distrutte e in parte, per timoni partigiane), Trieste (ma la strada Lubiana-Trieste è piena
re della repressione partigiana, passarono nel Posavje o si
di blocchi di partigiani e soldati italiani), Pola (ma scontrandoassoggettarono ai tedeschi. Nella Venezia Giulia lo schierasi con gli insorti al bivio di Tizzano) e Fiume (dove è accermento controrivoluzionario esisteva solo come debole orgachiata dai partigiani). Il resto dell’Istria rimane ai partigiani. Il
nizzazione clandestina e non giocò alcun ruolo».
12 settembre ’43 il comando della Wehrmacht giudica neces«Dopo oltre tre secoli di pace, nell’autunno 1943 – ha ossario il veloce trasferimento di forze di polizia e altri reparti
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
per contrastare le “bande” e internare i reparti italiani. Il 22 i
servizi di informazione del comando tedesco in Italia segnalano il consolidamento delle “bande” tramite arruolamenti sia
spontanei sia forzati. Nella zona di Gorizia vi sarebbero
12.000 “banditi”, in quella di Lubiana 15-18.000, in Istria
15.000, in totale 50.000: cifre gonfiate per chiedere più aiuti e
giustificare la repressione. Si vuole impedire che facciano da
testa di ponte allo sbarco alleato. Sempre il 22 settembre
Hitler ordina di “schiacciare con spietata durezza il movimento insurrezionale sloveno comunista in Istria”. Chi oppone resistenza va fucilato. Serve un immediato successo per trasferire poi il grosso delle unità ad altri compiti. Il 23 settembre
il comando della Wehrmacht articola in tre fasi l’“Operazione
Istria”, volta a pacificare e ripulire il territorio: 1) zona di Gorizia e Postumia; 2) zona a nord di Fiume; 3) Istria. Ordina di
rastrellare e arrestare tutti i maschi dai 15 ai 70 anni. Solo i
contadini residenti possono essere esentati. I prigionieri sloveni, serbi e croati vanno trattati come prigionieri di guerra.
Ciò vale anche per i militari italiani, eccetto gli ufficiali, da fucilare subito. I comandanti delle “bande” vanno perquisiti, interrogati e poi fucilati. I prigionieri alleati vanno condotti al più
vicino comando. I “banditi” sono da interrogare. Alle unità di
fanteria della 71a e 40a divisione spetta creare sacche di accerchiamento, alle Waffen SS attuare i rastrellamenti. Il 24
settembre arriva l’ordine di fucilare chiunque opponga resistenza. Il 25 l’operazione parte da Gorizia con 50.000 uomini,
oltre 110 panzer e 140 cannoni. Il 26 settembre si contano
250 nemici uccisi e 523 arrestati, il 27 settembre 628 uccisi e
1.240 arrestati: cifre propagandistiche. In realtà gran parte
delle unità partigiane evitano l’accerchiamento e scappano.
Chiusa la fallimentare operazione nel Goriziano il 29 settembre, i tedeschi sferrano l’attacco in Istria dal 2 al 10 ottobre. Il
1° ottobre il comando revoca l’ordine di internamento della
popolazione maschile, in particolare slovena, che “appoggia
il movimento comunista solo per il terrore scatenato dalle
bande”. Ogni distruzione di paesi sloveni è vietato, a meno
che la popolazione non partecipi agli scontri. Si ritiene infatti
che il caos sia dovuto unicamente all’infiltrazione dei partigiani croati. L’operazione deve essere veloce e radicale, l’internamento riguardare solo i simpatizzanti del nemico e i comunisti. A stabilire in pratica chi lo è e chi no saranno i comandanti di reparto. Dal 2 al 10 ottobre si registrano ufficialmente
2.500 vittime e 2.800 arresti. Sulle perdite tedesche i dati sono insufficienti. In assenza di veri e propri scontri con i partigiani, il grosso degli uccisi sono civili, poiché i tedeschi li
considerano tutti possibili simpatizzanti del nemico e poi ne
giustificano l’uccisione a posteriori. L’obiettivo tedesco è non
solo colpire il movimento partigiano, ma dimostrare la propria
forza alla popolazione affinché tema più i tedeschi dei partigiani. Il 15 ottobre si insedia a Trieste l’amministrazione civile
della Zona di Operazioni Litorale Adriatico. Inizia una nuova
fase dell’occupazione tedesca, non più militare ma politica. I
tedeschi non controlleranno mai capillarmente il territorio per
mancanza di uomini. Fino al termine del conflitto sarà un continuo di rappresaglie e rastrellamenti».
«Nel Parentino – ha spiegato Walter Baldaš (Parenzo) – il
movimento popolare di liberazione si formò presso San Lorenzo del Pasenatico, San Vitale e Monteritossa. Tra
il 1941 e il ’42 alcuni comunisti arrivarono in Istria
dalla Jugoslavia occupata per preparare l’insurrezione. A Caroiba si costituì un primo nucleo partigiano
dotato di armi, medicinali e denaro. L’organizzazione
si allargò a Lanischie, Pinguente, Pisino, Parenzo,
Albona, Sanvincenti, Pola, Clana, Antignana e Rovigno, ma fino all’agosto ’43 rimase embrionale e
l’esercito italiano la contrastò. Dopo l’8 settembre
partì la mobilitazione volontaria. Circa mille insorti
dell’entroterra si fecero consegnare Parenzo dal locale Comitato di salute pubblica, disarmarono 389
soldati italiani e sequestrarono le armi. L’8 settembre
a Visignano si festeggiò la fine della guerra. L’11 settembre il parroco di San Giovanni della Cisterna chiese al podestà di mediare con i carabinieri garantendo
che avrebbero avuto salva la vita se avessero consegnato le armi. Così avvenne e sul municipio di Visignano fu issata la bandiera croata con la stella a cinque punte. Lo stesso giorno gli insorti lasciarono
passare, dopo averla disarmata, una colonna di soldati italiani diretta a Trieste. Poi al bivio di Tizzano attaccarono una colonna tedesca diretta a Pola. I tedeschi li uccisero tutti. Se ne salvarono solo due, mimetizzatisi sotto i cadaveri. La gente scappò nei boschi
per paura. A Visinada il 9 settembre uno scampanio
annunciò l’armistizio. I carabinieri furono disarmati. Il
podestà Giuseppe Cossetto rinunciò alla sua carica
mettendosi a disposizione delle nuove autorità, che
attuarono delle vendette imprigionando alcuni illustri
fascisti locali e loro familiari e portandoli nelle vicinanze di Scropetti, dove li torturano e infine li bruciarono. Una decina di persone furono uccise a Vragnasella il 26 ottobre. Tra gli insorti non c’erano solo comunisti, ma anche nazionalisti. Don Božo Milanović
diceva infatti che le ideologie passano, ma i confini
restano. Dopo l’8 settembre giunsero alcuni dirigenti
partigiani dalla Lika, altri nel 1944 dal Gorski Kotar».
Il moderatore Kristjan Knez (Pirano) ha rammentato che nell’entroterra capodistriano tra il 2 e il 10
ottobre i tedeschi incendiarono 1.800 edifici colpendo
solo civili inermi, dato che il movimento partigiano era
quasi inesistente. Nel dibattito Marino Bonifacio
(Venezia) ha criticato i comunisti sloveni e croati, che
ripudiarono l’internazionalismo proletario e il principio
di autodecisione dei popoli sancito dalla Carta Atlanritirata tica. Nevenka Troha (Lubiana) ha precisato che la
guerra civile slovena si sviluppò essenzialmente nella Provincia di Lubiana. Boris Mlakar ha sostenuto che il
grosso limite dello schieramento anticomunista sloveno fu di
puntare tutto sullo sbarco anglo-americano. Paolo Radivo
(Trieste) ha evidenziato che il 1° ottobre i partigiani si ritirarono da Parenzo in vista dell’offensiva tedesca portando con sé
ad Antignana numerosi civili prigionieri, che il 5 ottobre gettarono nella foiba di Surani. Il 7 ottobre Giuseppe Cossetto fu
ucciso da partigiani a Castellier. Walter Baldaš ha confermato che la figlia Norma non era politicamente attiva, non aveva
colpe e venne infoibata solo perché suo padre era fascista.
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
70 ANNI FA
Così mi salvai
dai nazisti
11
Nell’inquieto e vessato periodo che giostrava attorno
quieto “bene ormeggiato” alla sponda del molo! In questo
all’anno 1943 io ero a Pola, dove abitava la mia famiglia; pomarasma ricordo solamente di essere andato nella nostra
trei dire “imboscato” ma in effetti chiamato sotto le armi in
stanza dove eravamo alloggiati in sei allievi su due letti a caqualità di marinaio o marò S. V. (servizi vari), essendo stato
stello e due normali e dove qualche porcellone aveva usato il
iscritto nella leva di mare senza una qualifica ben precisa
bidet come water (forse a casa propria non ne conosceva la
(meccanico, motorista, silurista o furiere). In verità sul bracdifferenza). Ci scambiammo qualche impressione ed ognuno
zioni avute in classe. Non ricordo il risultato ottenuto ma pencio destro avevo “ricamato in oro” la sigla TS (titolo di studio):
si mise a letto con i propri pensieri.
so che la nave avesse già raggiunto il porto prima che fosse
quella sigla indicava che sapevo fare tutto e niente. Da parte
Il giorno dopo alla sveglia scorgemmo, ancorata alla boa di
stato calcolato il suo punto di navigazione. Ma forse noi “silumia cercavo di sgattaiolare fra i Comandi e gli altri uffici della
stazionamento nel canale di Fasana, la motonave Vulcania in
risti” dovevamo solo puntare e non badare alla rotta, come il
Marina grazie alla mia conoscenza della dattilografia e di un
attesa, dicevano, di imbarcarci e portarci a Brindisi, dove era
“così detto” comandante Schettino.
po’ di tedesco, per poter svolgere qualsivoglia mansione di
già diretta la motonave Saturnia con gli Allievi Ufficiali dell’AcA Brioni abitavano, oltre che i facoltosi ospiti serviti e riveri“furiere e dattilografo specializzato”. Credo che in questa mia
cademia Navale decentrata a Venezia! Per inciso fra questi
ti, anche “gli impiegati”, diciamo le persone che facevano
situazione, alquanto anomala, ci fosse stato lo zampino di
Allievi c’era un mio cugino che mi raccontò le peripezie della
funzionare tutto l’apparato “tecnico-amministrativo”; fra quequalche maresciallo dell’arma “unto” da mio padre. La mia
Saturnia per eludere la cattura da parte dei sommergibili testi c’era la famiglia di mio zio che faceva lo “chef de cuisine”
posizione mi permetteva di non lasciare Pola per il temuto,
deschi che incrociavano nell’Adriatico e che più tardi conoed abitava nelle case del personale. Per questo motivo io ero
anche se ipotetico, imbarco, in qualità di “segnalatore”, su
scemmo anche noi!
mandato in estate a sfogare la mia esuberanza giovanile in
qualche “cannoniera” destinata all’affondamento! Intanto
Il Comandate dell’Accademia, che mi pare si chiamasse
piena libertà. Nell’isola giravo in bicicletta, facevo i bagni,
tempestavo il Ministero della Marina con continue richieste
Giachin, nativo di Dignano, organizzò, con le scialuppe di
scorrazzavo nei boschi di lecci con i miei cugini e curiosavo
per ottenere i permessi necessari allo studio ed alla chiamata
salvataggio della nave, fra l’isola, ed in particolare la sua
sugli scogli appartati dove le leggiadre teutoniche esponevaper dare i cinque esami universitari indispensabili e utili per
cambusa e la stiva della Vulcania, una spola per portare via
essere ammesso ad un corso Alda Brioni tutti i generi alimentari,
lievi Ufficiali di complemento coin particolare la farina bianca,
Accademia Navale di Brioni, 1943: giuramento degli allievi ufficiali.
me era mio intendimento e diritto.
sottoponendo gli Allievi, me comFatta questa premessa, l’otto
preso, alla bisogna. Finito il carisettembre mi trovavo presso la
co, era già notte, i colleghi della
Regia Accademia Navale trasfenostra stanza dell’albergo Carrita, per cause belliche, da Livormen avevano già “prenotato, per
no nei Grandi Alberghi dell’isola
non dire requisito” una delle suite
di Brioni. Qui il Ministero aveva
della motonave proprio sotto il
organizzato il 9° Corso P.N. (preponte di comando, con ampia
liminare navale) per Allievi Uffiveduta verso prua... quando si
ciali di Complemento della Marisentirono avviati i potenti motori
na anche se solo diplomati di
della motonave ed il suo avvio
scuola superiore. Per inciso e
nel mare calmo e tranquillo... ma
conoscenza, a Venezia era stato
ad un tratto la nave si fermò, il
trasferito, pure da Livorno, il Corcomandante innestò “Indietrotutso Allievi Ufficiali Effettivi o di
ta” mandando la Vulcania ad areCarriera.
narsi sul fondale sabbioso nei
Nel gennaio 1943 ero stato
pressi del così detto “ponte dei
messo in congedo provvisorio e
cavalli” appena fuori dal porto,
nel giugno successivo entravo
dove noi dodicenni eravamo usi
“trionfalmente” e finalmente a daa fare il bagno insieme con i care il mio contributo alla causa
valli portati a rinfrescarsi dalle vibellica dell’Italia! Ero stato desticine scuderie. Era successo che
nato al 2° gruppo, 5a sezione T
appena avviata, la nave incontrò
141, Tav 142 R.A.N. Brioni. Armi
sulla sua rotta, guarda caso, un
Subacquee. In un primo momen“U-Boot” che intimò l’Alt e mise
to gli allievi erano stati alloggiati
sul barcarizzo un soldato della
nell’albergo Neptun II, per essere
Wehrmacht con il fucile in spalla
no i loro corpi al sole mediterraneo! In queste mie “mansioni”
spostati in un secondo periodo nell’albergo Carmen di coe l’ordine di non far passare nessuno: Befehl ist Befehl!
ho conosciuto tutta l’isola, la sua storia, le sue bellezze natustruzione più recente e dove c’era anche la grande mensa e
Nella confusione conseguente questi fatti io riuscii, con
rali, respirata la sua aria balsamica e visti i suoi clienti più o
le cucine. L’ambiente era ammobiliato molto spartanamente
l’aiuto del commissario di bordo, lontano parente lussignano
meno nobili. Si poteva sbirciare qualche persona importante,
come del resto tutta l’Accademia, che a Livorno, invece, brilcome mio padre, a sgattaiolare dal portellone della cambusa,
quale Donna Rachele moglie di Mussolini con la famiglia che
lava per la sua signorilità. Gli ufficiali e l’Amministrazione
con molta incoscienza e tanta paura, dalla nave in mare e,
si trattenne qualche giorno sull’isola. Altro personaggio deerano sistemati nei Grandi Alberghi Neptun!
conoscendo i posti, gli anfratti, i nascondigli che ci avevano
gno di nota il Duca Aimone di Savoia, che lasciava il suo “ritiI pasti erano serviti da camerieri (senza guanti bianchi) su
visto giocare negli anni della fanciullezza, raggiungere il ponro” del bungalow di sua proprietà costruito nei pressi del
tavoli lunghi fatti di legno greggio “finemente piallati” dove
te dei cavalli e la casa di mia zia che mi aspettava in ansia!
campo di polo dove si allenava; scendeva in “città” per venire
prendevano posto venti allievi: dieci a destra e dieci a sinistra
La mattina seguente, l’ottima zia organizzò la mia fuga
a ricevere qualche autorità politica o “coronata” o, ancora,
della tavolata. Ad ogni capo del tavolo il posto era riservato
dall’isola forse sulla falsariga di Dumas e, presi gli opportuni
qualche squadra di polo che partecipava ai tornei internazioall’ufficiale che aveva il compito di tenere a bada i commenaccordi con il motorista del vaporetto che si dondolava quieto
nali.
sali e insegnare loro il comportamento dello stare a tavola
alla banchina del molo, mi fece indossare gli abiti da meccaIn queste occasioni le grosse motonavi di linea o private si
secondo le regole che un Ufficiale della Regia Marina doveva
nico e mi affidò al suddetto motorista, che mi ficcò fra una
ancoravano nel canale di Fasana e cominciava un via vai di
conoscere. Ma eravamo in guerra e non c’era né il tempo, né
biella ed un pistone dove imparai i movimenti di un motore a
natanti che mettevano in animazione tutta l’organizzazione
lo spirito, né la sagacia di insegnare il galateo! Oggi fa pena
scoppio. Lei si sedette tranquilla ma attenta nel “salone” della
ricettiva dell’isola! Altra attrazione era alla sera il “Tanzplatz”,
vedere il “ballo delle debuttanti” condotte dagli Allievi Ufficiali
navicella, che dopo un’oretta di navigazione accostò a Pola
cioè la cena degli ospiti con ballo: allora si arrivava in frotta
dell’Accademia Navale che non sanno fare un passo di valal solito attracco della riva. La zia mi prese con tutta indiffeper curiosare, celati fra gli alti pini, in silenzio assoluto, sulle
zer, ballo appunto delle diciottenni “di famiglie bene” che enrenza sotto braccio e con “piè veloce” si raggiunse la nostra
portate, sul comportamento a tavola, sui balli più in voga e
trano in società! Ma lasciamo perdere! Altri allievi, altre deabitazione dove mia madre, con la famiglia al completo della
sugli abiti di velours e di chiffon che usavano indossare “le
buttanti, altra società!
fidanzatina, mi attendeva per abbracciarmi e ringraziare il
dame”, mentre i cavalieri sfoggiavano gli smoking bianchi.
Alcuni anni fa ho trascorso le ferie a Brioni e mi sono meracielo per lo scampato pericolo!
Per noi ragazzi era tutto un mondo di fiaba che si consumava
vigliato quanto poco confortevoli erano le sistemazioni negli
In seguito seppi, sempre dai miei parenti, che diversi allievi
mangiando i gropponi dei polli arrosti che, scartati dal menù,
alberghi degli ospiti, molto altolocati ante guerra: al tempo
vagavano per l’isola per scambiare divise e coperte per un
venivano di soppiatto dalla cucina.
dell’Impero Austro-Ungarico principi e regnanti, dignitari del
abito civile e che alcuni avevano tentato la fuga a nuoto con
Tutto questo era ed è rimasto un sogno, per un quindicenregno e ministri; ai tempi “nostri” più modestamente gerarchi
gli indumenti legati sulla testa. A Roma incontrai un collega
ne, in quel paradiso che Paul Kupelwieser acquistò per
del regime e stelle dello schermo, grandi magnati della finandel mio corso che mi raccontò la sua odissea con la fuga a
75.000 fiorini e volle rendere salubre e dolcissimo come è
za e personalità politiche, tirapiedi e portaborse con famiglie.
nuoto e col valido aiuto dei contadini istriani che lo rifocillarostato fino all’ultimo conflitto. Kupelwieser con la sua ferma
Le stanze fronte mare matrimoniali sono enormi e raggiungono e lo nascosero ai partigiani titini che cercavano gli “jebenti
volontà, la notevole disponibilità di capitali, il suo acume e
no superfici fino a 36 mq, quasi una piazza d’armi, mentre i
talijani” (maledetti italiani!). Seppi anche che il giorno 9, o giù
l’aiuto incondizionato del batteriologo prof. Robert Koch riubagni sono bugigattoli che non superano i 2/3 mq. Le muratudi li, gli allievi rimasti sull’isola fecero il lavoro inverso del giorscì a debellare la malaria negli anni 1901-1902. Un’erma pore, in pietra calcare a piastre che si trovano già in natura nelle
no prima, per scaricare la nave dalla farina e dai generi misti
sta all’entrata del rifugio antiaereo manifesta la sua vittoria.
numerose cave sfruttate ancora dai romani, per la necessaed alla fine per portare gli allievi a Pola. In quei frangenti “raUn altro modesto bassorilievo in bronzo, forse più nascosto e
ria stabilità hanno spessori che raggiungono e superano il
dio scarpa” funzionava a pieno volume. La maggior parte decollocato sulla parete di una cava lungo il sentiero che dalla
metro. E’ comprensibile come il bombardamento subìto
gli allievi e degli ufficiali, non avendo optato per collaborare
ex piscina porta in val Catena, esprime il ringraziamento delnell’isola durante la guerra abbia raso al suolo l’albergo Nepcon le autorità germaniche, erano stati rinchiusi nella caserla famiglia Kupelwieser al maestro-muratore che curò la cotun I, colpito solo dagli spezzoni incendiari!
ma Nazario Sauro. Constatata la tranquillità nella quale vivestruzione della loro casa.
Nell’albergo Carmen, di “nuova” costruzione, i bagni sono
va Pola sotto “l’amministrazione tedesca”, andai di persona
Torniamo al tempo, forse beato, della presenza di tanti gioun po’ più grandi, ma ogni bagno serve due stanze! Quindi i
nei pressi della caserma in una zona dove la recinzione era
vani a Brioni. Se ricordo bene, ma sono passati troppi anni,
servizi sono abbastanza modesti e, considerando l’affollastata aperta, per aiutare quanti volevano scappare dando logli Allievi raggiungevano il numero di oltre settecento, una
mento dovuto alla presenza dell’Accademia, fu gioco-forza
ro abiti civili ed ospitandoli per qualche giorno in casa nostra.
marea che oggi al pensarci non so dove si stava e dove ci si
incrementare i “servizi igienici” con la costruzione di “ritirate”,
Nessuno era disposto a fare ciò perché erano stati convinti
sparpagliava quando si era in libera uscita! Nel mio ricordo,
come erano chiamate in gergo militare, all’aperto e direttache, non avendo fatto il giuramento, venivano lasciati liberi di
molte volte le “libere uscite” venivano annullate all’ultimo momente sul mare. L’ideatore ed il costruttore dell’opera fu il
tornarsene a... casa! Così quei poveretti sono stati illusi e,
mento. Col senno di poi, oggi ritengo che questo fatto poteva
maggiore Napp del Genio Navale (forse ex A. U.) e la sua
chiusi nei vagoni bestiame (il racconto è del collega Lenzi di
dipendere dalla incerta situazione politica che stava attraverfabbriceria venne chiamata “i cessi” Napp! Il sistema non riMilano che subì la stessa sorte), spediti direttamente nei vari
sando l’Italia prima e dopo il 25 luglio!
chiedeva acqua per la pulizia, risparmiandola in un’isola allager disseminati per la Germania!
Arrivò l’otto di settembre 1943! Quel giorno mi trovavo in liquanto sitibonda.
Su richiesta di 14 ex allievi, raccolti con una certa fatica fra
bera uscita a Pola, dove abitava anche la mia fidanzatina, e
Mi sembra di aver dipinto bene, con dovizia di particolari e
quelli fortunatamente ritornati, quella volta sì, a casa, e su
proprio verso le 18 lei mi accompagnava alla “motonave”
con un certo “humour” l’ambiente ospitante, che per la verità
iniziativa dell’On. Di Giesi, venne presentata nel 1972 ed ap“Brioni”, per dirla giusta, perché il vaporetto che riportava
fu costruito più di cento anni fa, con le sue manchevolezze e
provata la proposta di legge n. 1048 con la quale veniva ricosull’isola era spinto da un motore diesel ed un futuro guardia
le sue esigenze. Le lezioni sulle armi navali e nel mio caso,
nosciuto il grado di ufficiale (guardiamarina) agli allievi del 9°
marina queste cose le deve sapere! All’altezza del caffè
essendo stato assegnato alla Sezione Tiro, sui siluri e sui
corso preliminare navale del 1943! Ovviamente era un grado
Commercio, ubicato all’inizio della riva, vedemmo uscire di
cannoni (ecco il collegamento con le cannoniere di cui sopiù onorifico e distintivo che valido perché era senza un secorsa, dal palazzo dell’Ammiragliato, un marinaio che urlava
pra), erano tenute in baracche costruite con pannelli di legno,
guito pecuniario ma con l’obbligo di giuramento fatto nel
a squarciagola: «E’ finita, è finita! Tutti a casa!». Gridando
a doppio strato, imbottiti con lana di vetro o più modestamen1976 a Milano, dove un ex allievo si presentò vestito di tutto
ballava allegro sul selciato della strada.
te con segatura, delle panche servivano da sedili ed i banchi
punto da ufficiale di marina in alta uniforme perché dopo la
Noi due, un poco imbambolati a quella notizia guardandoci
erano pure in legno greggio, spartanamente levigati. Il tutto
guerra aveva abbracciato la carriera militare e fece il giuranegli occhi e alquanto increduli ma non sapendo cosa dire o
era stato sistemato nella zona posta dietro i Grandi Alberghi.
mento insieme a noi! Così finì anche per me quel sogno da
fare, ci siamo scambiati un rapido e furtivo bacio e sorridendo
Per lo più erano lezioni teoriche perché i siluri servivano alle
ragazzo di solcare tutti i mari del mondo al comando di una
ci siamo salutati, io correndo verso il vaporetto che aveva già
nostre navi per affondare le navi nemiche, come era stato
nave da battaglia! Ma divenni un tranquillo novantenne che
fischiato per la seconda volta la partenza imminente, lei ferfatto due o tre volte con i così detti “porcellini” ed i leggendari
scrive le sue memorie di terra e di mare.
ma a guardare il suo “Bene” che si allontanava, forse verso
piloti, mentre i cannoni erano affondati insieme con le navi,
Nelle descrizioni generali e storiche mi sono avvalso delle
un destino ignoto!
pare, per l’insipienza, da parte dei nostri Comandi su l’imporpreziose e precise notizie scritte nel libro di Marcello Bogneri
Arrivato sull’isola trovai una confusione enorme: nessuno
tanza del radar! Una sola volta, prima dell’alba la nostra see Dino Calabrò “Brioni: Gemma dell’Adriatico” edito dalla Fasapeva cosa fare né dove andare, ma la maggior parte cerzione era andata sul forte Tegethoff, posto nel punto più alto
miglia Polesana di Trieste.
cava “abiti civili” e guardava il vaporetto che si dondolava
dell’isola per fare “un punto nave” sulla base delle poche noAlvaro Soppa (Bolzano)
LINGUA & DIALETTO
12
L’ano vecio xe apena finì e
semo ancora in pien clima festivo. No so però se parlar del Nadal passado de poco sarà adato
per “L’Arena” de fine genaio. Se sì, bon. Se no, bon lo stesso.
Gavemo tuti l’abitudine de butarse in questo periodo ai ricordi del Nadal de tanti ani fa co ierimo tuti fioi e vivevimo
nela nostra tera. Più sentimento religioso, più calor familiar,
meno luci e ornamenti in giro, gnente onor al consumismo
con tanto de statistiche sule frenetiche spese per i regali.
D’acordo. Ma diseme un poco: ve piaseria trovarve de punto in bianco propio durante le festività sensa el riscaldamento
central e l’aqua calda corente, col bagno sparido de casa come per un colpo de bacheta magica? Trovarve in tanti (sensa
contar parenti in visita) a divider un per de camere de leto
gelide come una jassera, con un solo “plusser” – o al massimo due – per scaldarve i piedi a vicenda?
Quassù in una bona parte del’Inghiltera e più in alto a nord
i ga avudo de novo in poco tempo aluvioni e alagamenti con
croli de camini, teti danegiadi e alberi cascadi che ga provocà
diversi morti propio nel periodo culminante dele feste. Aqua
dapertuto, dani imensi e i ga spetà più de una setimana che
l’eletricità ghe vignissi ripristinada. Un Nadal compagno no i
se lo dimentica de sicuro!
E adesso tornemo ai nostri ricordi.
El Nadal de una volta no presentava luminarie speciali lungo le vie del centro. Gnanche i interni dele case gaveva ornamenti slusiganti e festosi. A ricordar la nascita de Gesù bastava el Presepio e anche l’Albero (giovine abete vero) adobado abilmente in modo de espander e rifleter luci e colori.
No gavevimo biglieti augurali impicadi in giro perché ierimo
tuti là e no se li usava. Ma più de tuto iera i pro­fumi casalinghi
a rivelar l’aprossimarse dele feste. Squisiti profumi de dolci
fati in casa...
Per mia sorela e per mi, la prima contentessa natalissia iera quela che no gavevimo de andar a scola (se ghe xe qualchedun che a suo tem­po ghe piaseva studiar, che l’alsi la
man!). E po’ se divertivimo a vardar nostra mama a preparar
dolci e fritole in quantità perché in tanti i vegniva a farne i auguri e quindi ocoreva ofrir liquori e dolciumi a tuti.
Come che la lavorava, a impastar, a sbater, a spianar col
materel! Kuguluf, fritolie, strudel, torte varie inclusa la torta
“Girafa”, che presentava de dentro striche de ciocolata… In
questi lavori la dimo­strava una praticassa de farghe invidia al
più proveto dei coghi. Noi la vardavimo de gusto sentade al
tavolo, e ela, che la gaveva una bona vose de soprano, la ne
cantava le cansoni più in voga che noi mulete conossevimo
ben perché in casa gavevimo la radio e po’ la Rita se comprava i album e la le sonava al piano.
E qua agiungio un altro particolar in conesso con sti ricordi.
Mama la se comprava sempre riviste feminili, “Eva”, “Grazia”,
“Novella”, “Mani di Fata”. Una de queste, no ricordo più quala, una volta al mese la gaveva un inserto special: un foglio
ben piegà che nol risultava più grande de un quaderno de
scola, ma che a verzerlo el iera assai “vasto” e dentro el gaveva tute le cansonete del tempo, con le rime scrite: strofa,
ritornel e l’imancabile “finalin”.
Sto foglio iera ogni volta de color diverso, crema, celestin
palido, lila, rosa, verdolin. Noi se divertivimo a indovinar, prima che el giornal vegnissi averto, de che color che l’inserto
saria stà. Cussì, conossendo ben le parole e l’aria, mama ne
cantava su “richie­sta” quele che
ne piaseva de più, lavorando la
pasta dei dolci e ala fine de ogni
aria la se divertiva a comentarle
a modo suo fassendone crepar del rider. Bei tempi...
L’Albero e el Presepio iera el lavor dele ultime ore prima
dela mesanote. Papà aiutava con l’albero. Mama diseva che
a preparar el Presepio ghe parava de viver l’esperiensa dela
Note Santa. In ultima, noi mulete spetavimo fora dela porta
del saloto e a mesanote vegnivimo ciamade dentro e con le
luci distudade podevimo amirar l’Albero che, con le candeline
e altri pici foghi de artificio saldadi sui rami nei punti più sicuri,
el sfavilava de luci e el iera tuto un fulgor, che l’iluminava anche el Presepio. Che incanto!
L’ultimo Nadal polesan, nel 1945 – perché esatamente un
ano dopo el nostro quartier iera svodo, con la mobilia spedida a Udine –, se gaveva rivelà triste perché mama no stava
per gnente ben col mal de cuor, i tempi iera duri e zà incombeva su de noi la prospetiva de un futuro peno­so. Gavevimo
preparà come al solito el Presepio, ma l’albero che papà iera
riussido a trovar al mercato, de un tipo con i rami deboli e...
teneri, carigo de ornamenti, el pareva quasi un... salice piangente! Durante quel Nadal iera stado papà a preparar dei
strudel, amlet e un altro dolce. Fin de giovine el gaveva voludo imparar a cusinar de mama e a far dolci e – devo dir – in
questo campo i se superava a vicenda. Cussì, anche co ierimo assai pice, se mama stava mal, cusinava papà.
Ma no voio finir i ricordi con tristesse.
Go un albero de Nadal finto, bianco e cussì pien strapien
de bale e robe interessanti e altretanto slusiganti de suo che
a vardarlo vien de dir: «Ornato fin dove ornamento ci poteva
stare», e el risplendi de luce propia sensa l’porto de candeline o lampadine aposite. I mii fioi (adulti) i speta che lo gabi
completà con tuti i sui fulgori per poderlo mirar. E no manca
un mini-presepio pien de fantasia, e una scena con un coro
de angeli e altri simboli natalissi che fa tanto caldo al cuor.
E i dolci e le fritole, con quei entusmi che go mi per la cusina? Qua ve voio contar qualcossa.
Ani fa gavevo preparado le fritole usando lievito in polvere
e le me iera riusside ben, apressatissime de tuta la famiglia.
El Nadal seguente, su sugerimento dela Rita, le gavevo fate
de novo, stavolta un poche de più, cussì che diverse iera restade e le gavevo messe in una piadinela de vetro pronte per
el giorno dopo.
La matina seguente, gavendome alsà assai presto, prima
de tuti, co go dà un’ociada ale fritole, per poco no gavevo dà
un urlo: le nudava leteralmente nel oio che rivava fin quasi
l’orlo dela piadina.
«Chi me ga combinà sto scherso de svodar sora le fritole la
fiasca del oio?» – me gavevo domandà, furibonda (ma la fiasca del oio iera intata come che la gavevo lassada el giorno
prima). E alora go capì cossa che iera stà: le fritole, imbombide de oio, lo gaveva molà tuto fora jassandose e la piadinela
se gaveva impinì.
Imaginavo i dotori e dietologhi a sigar: «Magnar quele fritole? Colesterolo, pression del sangue altissima, morte sicura
per infarto!». Ma mi le gavevo ben scolade, messe a “sugar”
più volte su quela spe­cial carta de cusina che tira su tuto e le
gavevimo sbafade frede de gusto. Ma de quela volta, per
precaussion e… bon per mi!, no le go fate mai più.
Silvia Lutterodt Sizzi (Londra)
L’ultimo viaggio
Noi polesani, alegri
malgrado l’esodo
Le luci del Nadal
Seduto sulla riva del mare
lungo la Diga di Marina
ammiro i gabbiani volteggiare
ed il mio pensiero comincia a viaggiare.
Vorrei poter essere un gabbiano
e tornare con la mente bambino
per rivedere il mio paese lontano,
ma nel mio cuore è sempre vicino.
L’Istria cara vorrei rivedere,
il suo ricordo sovente mi consola.
Co me capita soto i oci sta cartolina dela nostra Arena,
me apari un’altra imagine ghe tuti gavemo visto tante
volte nei documentari del’esodo e cioè la gente che monta su un camion con le valige per esser trasportadi al
molo Carbon per imbarcarse sul piroscafo “Toscana”. E
qua se vedi un camion uguale propio nei pressi del punto
d’imbarco.
Eccola che si comincia ad intravedere
la costa, l’Arena e la mia Pola.
Ti porto il saluto di tanti istriani
che come me son dovuti partire.
Molti di loro sono ritornati
per l’ultimo viaggio da veri italiani.
Ettore Berni
Canzoneta antighèra
Go desfoiado un fior
per desfoiarte el cor.
Quel fior ti gà ciolto
da tera, sconvolto,
un baso ti gà dà
e ti me gà guardà.
Da ti son scampada
lontan stralunada
e gnanca no savevo
se ridevo o pianzevo.
Go desfoiado un fior
per desfoiarme el cor.
Or speto ch’el giorno
el faza ritorno
e me magna el morbin
de restarte vizin.
Ormai xe deziso
che con un soriso
felize dirò sì
doman per sempre a ti.
Go desfoiado un fior
ma te go dado el cor.
Liana De Luca
Però me ricordo un altro de questi punti d’imbarco
sparsi per la cità, e precisamente quel davanti alla cesa
dela Misericordia in Piassa Dante Alighieri. Qua, adeto al
trasporto dei partenti, no iera un camion ma un caro
trainà da cavai dove i partenti carigava le pesanti valige
che no doveva superar i 20 chili a testa. Qualche ansian
se fasseva issar su e se sentava co’ le gambe a pindolon,
mentre i giovani seguiva e pìe ai lati del caro.
Noi mularia andavimo a compagnarli, ma durante sto
tragito no iera tristessa per questo addio, i giovani cantava alegramente e noi mule con lori: «Noi alegri Polesani
– oi Meri, Meri, Meri oi – diventaremo americani – oi Meri,
Meri, Meri oi – oi Meri oi – Oi Meri oi – i delegati semo noi
– oi Meri oi, oi Meri oi – semo più fioi dei fioi! Per portarse
via la Rena – oi Meri, Meri, Meri oi – basta una valigia
piena – oi Meri, Meri, Meri oi. Oi Meri oi, oi Meri oi – i
dele­gati semo noi – oi Meri oi, oi Meri oi – i spussa de fasoi!».
Nerina Milia (Cagliari)
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Dinnanzi alla foiba
Da abissi violati si levano
le grida di anime dimenticate nell’oblio del silenzio,
moltitudine di volti senza nome
sprofondati nel buio di una notte infinita.
Voragini scavate da acque impetuose nelle fredde
viscere di una terra ostile,
nascondono l’ultimo lamento
mentre pallide ombre di corpi profanati giacciono
immobili nell’oscurità.
Poveri cristi inchiodati ad una croce dall’odio,
legati uno ad uno dal filo tagliente di un avverso destino
e precipitati nelle tenebre fra le braccia della morte.
Un’aria gelida soffia all’ingresso delle urne abbandonate,
dove nessuna mano pietosa deporrà corone di fiori e
lacrime,
né all’ombra di antichi cipressi angeli di marmo
veglieranno il lungo sonno
nella quiete di ogni tramonto.
Eppure ancora sento quelle voci, eco lontano di una
stagione felice
di risate e canti di bimbi,
di preghiere e racconti attorno al fuoco,
rivedo i loro volti accesi riflessi su acque d’argento
quando il mare abbraccia il cielo in questa sera vestita di
stelle.
E così ancora vivono, nella carezza di un ricordo
sospesi fra un palpito ed un respiro,
mentre si spegne l’ultimo fuoco all’orizzonte del cuore
ed il silenzio attraversa in punta di piedi la notte.
Rita Muscardin
A mio padre
Non so
se una zolla
ti copre.
Non so
se in una foiba
fosti trascinato.
Non posso
odiare il nemico,
se l’amico tradì.
Ma posso
amare e perdonare,
perché se vivrò
di questo amore,
un giorno nell’infinito,
da te avrò
il primo incommensurabile,
eterno abbraccio.
Fiorella Canesin Lesizza
Cognomi di Pola
e dell’Istria: Lorenzìn
Lorenzin è antico cognome duecentesco di Pola e della
Polesana, detto in origine Laurenzi / Lorenzi e poi Laurenzini / Lorenzini, proseguito dall’inizio del ʼ500 come
Lorenzin fino a noi specie a Medolino e a Pola.
Già nel 1150 incontriamo a Ragusei (località presso
Agello, tra Fasana e Gallesano) un Andreas filius Laurentii de Clivo, ove Clivo è la parte più alta di Pola, a Marana un Dominicus filius Laurentii e a Barbana Matrona
filia Laurentii (“Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria” 39°, 1927, pp. 330-331), mentre lʼ11/10/1271 individuiamo a Pola un Laurencius filius
condam Laurencii di Peroi che paga 2 moggia di orzo per
una sua pezza di terra a Monte San Giorgio (cit., p. 343).
Una parte dei discendenti sono continuati dal ʼ500 in
poi a Medolino e a Sissano, ove nel 1512 viveva Dominicus Laurenzini o Dominicus Lorenzin e nel 1588 Tonin
Lorenzin era meriga (= capovillaggio) di Sissano (“Archeografo Triestino” 31°, 1906, p. 296), in cui il cognome comincia a comparire nella forma dialettale istroveneta Lorenzin.
Inoltre, nella seconda metà del ʼ700 la famiglia era proprietaria di terre attorno a Medolino, dove nel 1775-76 Ive
e fratelli Lorenzin qm. Pietro avevano nella zona di Vercevani dei coronali (piccole campagne a gradoni in collina sostenute da muretti), Zorzi e fratelli Lorenzin qm. Elia
possedevano un boschetto e lo stesso Zorzi (Giorgio)
chiamato Iure Lorenzin qm. Elia era padrone anche di
due coronali.
Curiosamente, la quasi totalità dei Lorenzin non sono
esodati, rimanendo in Istria, ove oggi vivono 50 famiglie
Lorenzin a Medolino (di cui 41 scritte Lorencin), 24 a Pola
(22 scritte Lorencin), 1 a Gallesano, 1 a Lisignano, 1 a
Promontore, 1 a Sissano, 2 a Vincural, 1 a Rudani (Gimino), 1 a Rovigno, 2 a Fiume, 2 a Rubessi (Castua), più 2
a Spalato, 10 a Zagabria, 1 a Lubiana, 1 a Maribor, 2 a
Udine, 2 a Milano, 2 a Roma.
Ricordo che il Ministro del Turismo croato Darko Lorencin (“LʼArena di Pola” n. 8 dell’agosto 2013, p. 5) in realtà
si chiama Dario Lorenzin ed è di Medolino, parente di
Beatrice Lorenzin nata nel 1971 a Roma da padre polesano, nominata il 28/4/2013 Ministro della Salute nel Governo Letta (“LʼArena di Pola” n. 5 del maggio 2013, p. 2).
Il cognome polesano e istriano Lorenzìn (detto in dialetto polesano Lorensìn) deriva quindi da un originario
cognome Lorénzi, di cui è diminutivo con suffisso -ino
/-in.
Marino Bonifacio (piranese di Trieste)
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
“ISTRIA ADDIO”
Nuovo filmato
del Libero Comune di Pola in Esilio
per raccontare l’esodo nelle scuole
Si intitola “Istria addio” il filmato che il LCPE ha appena realizzato per raccontare nelle scuole l’esodo degli italiani da
Istria, Fiume e Dalmazia. Il nuovo lavoro è liberamente tratto
dalla sceneggiatura “La cisterna - Istria terra amata”, scritta
dal nostro associato Bruno Carra Nascimbeni esule da Rovigno che, messa in scena per la prima volta con successo nel
2005 a Trieste e ormai replicata una quarantina di volte in
tutta Italia, ha dato vita al primo spettacolo teatrale con cui si
è cercato di diffondere in maniera soft in un più vasto ambito
nazionale il racconto di quanto capitato alle nostre genti a
cavallo della fine del II Conflitto mondiale. Il nuovo DVD è disponibile per la distribuzione gratuita alle scuole che ne faranno richiesta alla Redazione di “L’Arena di Pola”. A tale riguardo, si invitano tutti i nostri lettori e simpatizzanti con possibilità d’accesso al mondo della scuola, attraverso la conoscenza diretta di qualche docente, di farsi promotori della sua
diffusione. Il filmato, dalla durata di 37 minuti, è visionabile
(tempo di scarico circa 1 ora e 30 minuti) sul sito web del nostro giornale www.arenadipola.it e su YouTube.
Con lo stesso non si è inteso proporre ai ragazzi un’ennesima lezione di storia bensì suscitare, provando a coinvolgerli
emotivamente, l’interesse ad affrontare ed approfondire un
tema, quello appunto delle foibe e dell’esodo (conformemente a quanto specificato nelle finalità del “Giorno del Ricordo”)
che sino a tempi recentissimi, pur rappresentando una delle
pagine più complesse e tragiche della storia nazionale, è
stato sottaciuto sui libri di testo e che per essere recepito dagli alunni dev’essere loro adeguatamente contestualizzato,
nel pieno rispetto dei ruoli di ciascuno, dagli insegnanti. Con
questo lavoro, pertanto, ci si ripromette di dare nuovo e più
concreto impulso alla fattiva sinergia didattica da qualche
anno avviata dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e dalle associazioni degli esuli.
In particolare, protagonista del nuovo lavoro è una coppia
di giovani istriani: Pino, italiano destinato all’esilio, e Veronica, slava sua compagna di giochi e di scuola, che, attraverso
i ricordi famigliari del primo ormai avanti negli anni, faranno
rivivere le vicende a cavallo dell’esodo così come loro le hanno vissute da bambini, poi da adolescenti e, da ultimo, da
adulti. In particolare, può apparire anacronistico il fatto che
nel filmato Pino e Veronica compaiano con un look attuale; lo
si è fatto volutamente, sia per suscitare nei ragazzi una subitanea empatia nei confronti dei protagonisti sia per dare agli
stessi, facilitandone l’immedesimazione nelle vicende narrate, la possibilità di capire che tragedie come quella capitata a
noi e solo apparentemente estranee al loro vivere quotidiano
sono invece, purtroppo, di costante attualità, come appare
evidente sfogliando un qualsivoglia giornale o guardando la
televisione. Inoltre, per rendere maggiormente percepibili le
conseguenze emotive dovute allo sradicamento dalla propria
terra e dai propri affetti, è stato inserito tra i protagonisti anche un attore a “quattro zampe”, il cane Marcello, che non
potuto portare al seguito in esilio da Pino, ancorché affidato
alle amorevoli cure dell’amica Veronica, si lascerà morire dopo la partenza del suo padroncino.
Il racconto si chiude con un esplicito invito, che dovrebbe
rappresentare un imperativo non solo per noi che quelle vicende le abbiamo vissute bensì per tutti coloro che hanno
coscienza e conoscenza di ciò che è stato, ad operare per il
superamento di quelle dolorose pagine di storia… SENZA
DIMENTICARE!
Silvio Mazzaroli
Presentazioni del video
a Monza e Trieste
Mercoledì 5 marzo, con inizio alle 9.30, Tito Lucilio Sidari, Rossana Mondoni e Luciano Garibaldi presenteranno e proietteranno l’audiovisivo Istria addio nel Comprensorio scolastico “Anna Frank” di Monza. Sabato 8 marzo,
con inizio alle ore 17, Silvio Mazzaroli farà altrettanto nella sede dell’Associazione delle Comunità Istriane in via
Belpoggio 29/1 a Trieste, con ingresso libero.
Porzûs. Due volti della Resistenza
Il 7 febbraio all’Agriturismo Bertossi di Faedis (UD) il prof.
Paolo Strazzolini ha presentato la riedizione integrale riveduta del libro di Marco Cesselli Porzûs. Due volti della Resistenza (Aviani & Aviani Editori), con proiezione di documenti,
mappe e immagini d’epoca.
IERI & OGGI
Premiato Abdon Pamich
L’ottantenne esule fiumano Abdon Pamich è uno degli
atleti premiati venerdì 31 gennaio a Trieste nella Sala
Tripcovich durante la manifestazione di gala Trieste onora i suoi campioni ricordando Giordano Cottur.
13
Un busto di Tartini a Padova
Giuseppe Tartini, uno dei figli illustri dell’Istria, visse, studiò,
lavorò, tirò di spada, si sposò, morì a Padova.
Molti padovani lo credono figlio del Veneto, come fanno
con altri, da Giovanni Valle, a Santorio Santorio, a Pier Paolo
Vergerio.
Per ovviare a questa errata convinzione così come anche
per rendere più visibile la presenza di questo illustre nostro
conterraneo, la presidente del Comitato di Padova
dell’A.N.V.G.D., prof. Italia Giacca ed io abbiamo avviato, ormai quasi due anni fa, un progetto che si è concluso il 15
febbraio con la collocazione di un busto in bronzo del violinista e compositore.
Il busto, opera dello scultore veneziano Gianni Aricò, è stato posto nello spazio antistante la chiesa di Santa Caterina di
Alessandria, nella quale Tartini, nato a Pirano d’Istria nel
1692, è sepolto, accanto alla moglie, dal 1770. Ho collaborato alla realizzazione dell’opera, ideando e facendo eseguire
la base e il supporto, a forma di diapason stilizzato.
Nato il 3 ottobre 1933 a Fiume ma di origini per metà
istriane e metà venete, Abdon Pamich lasciò la sua città il
23 settembre 1947 insieme al fratello Giovanni per raggiungere il padre esodato a Milano. Arrivò rocambolescamente a Trieste prima a piedi e poi in treno scansando i
miliziani jugoslavi. A Fiume rimasero la madre, la sorella
e il fratello più piccolo, che lo raggiunsero solo più tardi.
Dopo essere vissuto in doversi campi profughi (Milano,
Udine, Novara, Genova), trovò il suo riscatto nello sport,
più specificamente nella marcia dei 50 km. Dopo aver
partecipato nel 1956 alle Olimpiadi di Melbourne, arrivò
nel 1958 secondo ai Campionati europei di Atletica di
Stoccolma, nel 1960 terzo alle Olimpiadi di Roma, nel
1961 primo alla World Race Walking Cup di Lugano, nel
1962 primo ai Campionati europei di Atletica di Belgrado,
nel 1964 primo alle Olimpiadi di Tokyo, nel 1965 terzo alla
World Race Walking Cup di Pescara e nel 1966 primo ai
Campionati europei di Atletica di Budapest. Vinse inoltre
13 volte il titolo italiano per i 10 km di marcia su pista, 13
volte il titolo italiano per i 20 km di marcia su strada e 14
volte il titolo italiano per i 50 km di marcia su strada. Si
laureò in sociologia e psicologia ed è stato fra l’altro psicologo della nazionale italiana di pallamano. Durante la
cerimonia ha ribadito il suo amore per Fiume e la sua
perplessità verso l’odierna riduzione dello sport a mestiere. Invece ai suoi tempi era passione.
Va, pensiero, il terzo cd
dei connazionali sissanesi
Va, pensiero è il titolo del terzo CD del coro misto della
Comunità degli Italiani di Sissano presentato il giorno 18
gennaio c.a. presso la sede della comunità medesima,
alla presenza di un numerosissimo pubblico che ha calorosamente applaudito, l’esibizione di alcuni impegnativi
brani interpretati per l’occasione dal complesso vocale
sissanese. Il progetto è stato finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano per il tramite dell’Università Popolare di Trieste e dell’Unione Italiana.
Tullio Canevari e Italia Giacca all’inaugurazione.
La cerimonia dello scoprimento, seguita da un pubblico
numeroso, è proseguita all’interno della chiesa, con una dotta relazione di Kristian Knez, presidente della Società di studi
storici e geografici di Pirano, a capo di una delegazione della
città di Pirano, il quale ha illustrato i millenari legami che uniscono l’Istria al Veneto e quelli secolari tra l’Istria e l’Università di Padova, dove tanti nostri conterranei hanno studiato e
insegnato.
Infine, un quartetto di giovani e valentissimi esecutori,
emanazione della “Bottega Tartiniana”, ha concluso con un
apprezzatissimo concerto una giornata di cui possiamo andare giustamente orgogliosi.
Tullio Canevari (Sindaco dell’LCPE)
Italianità transfrontaliera
a Isola d’Istria
Il coro di Sissano vanta una consolidata tradizione costellata da numerose esibizioni sia in Croazia che
all’estero ed in particolare nella vicina Italia. Nato negli
anni ’50 come coro maschile, è dal 1990 coro misto ora
diretto con innegabile passione ed energica determinazione dalla maestra Franca Moscarda, che ha fattivamente collaborato alla creazione del CD. Lo stesso contiene nove brani di musiche popolari, ma anche composizioni tratte da opere di Giuseppe Verdi, oltre che musiche
d’ispirazione religiosa particolarmente impegnative. Il
pubblico ha potuto anche apprezzare, nell’intermezzo,
una sonatina per violino e pianoforte interpretata al pianoforte dal maestro Roberto Batelić e al violino dal maestro Milan Grbić. Oltre al folto pubblico alla manifestazione ha assistito anche il sindaco di Lisignano sig.na Maja
Cvek, la sig.a Giuseppina Rajko, vice presidente della
Regione Istriana, e il sig. Paolo Demarin, vice presidente
dell’Assemblea della UI e vicesindaco del Comune di Lisignano, attivo socio e collaboratore della CI di Sissano.
Le motivazioni che hanno suggerito alla maestra Moscarda la scelta del titolo del CD sono diverse da quelle
che ispirano i cori che gli esuli intonano sempre con trasporto e commozione. E’ il pensiero rivolto al passato ed
in questo possiamo trovare un parallelismo con la nostra
storia anche nel contesto in cui si è svolta la riuscita manifestazione e anche alla luce dei promotori e finanziatori
del progetto.
La tradizione del canto corale istriano e sissanese in
particolare ha antiche origini anche se ora il fenomeno,
per diverse motivazioni, non è più così comune ma, come ha detto il presidente della CI di Sissano Antonio Dobran al termine della manifestazione nel ringraziare tutti
coloro che con il loro impegno hanno contribuito alla pubblicazione del terzo CD, «a Sissan se canta ancora».
Pio Marcozzi (Sissano)
La Comunità degli Italiani “Dante Alighieri” di Isola d’Istria
(CIDA), presieduta dall’instancabile Amina Dudine, continua
la sua lodevole opera di diffusione della cultura italiana sul
proprio territorio in un’ottica di collaborazione transfrontaliera
con realtà operanti nella vicina Italia.
Il 18 gennaio la Compagnia Teatrale del Circolo Ricreativo
dell’Università di Trieste, già ospitata in precedenza dalla CIDA, ha magistralmente messo in scena al Teatro Cittadino di
Isola la commedia Il berretto a sonagli, scritta da Luigi Pirandello nel 1917. Il regista Giorgio Amodeo ha saputo restituire
gli originari toni caricaturali, brillanti e farseschi allo spettacolo, che con tale allestimento ha già vinto diversi premi.
Il 3 febbraio, nel centralissimo Palazzo Manzioli, il velista e
storico della vela Andrea Cappai, giovane veneziano residente a Trieste, ha presentato con l’ausilio di proiezioni il suo
libro L’equipaggio invisibile. Robert Clark e la nascita della
Vela moderna e il libro scritto assieme a Lorenzo Luxich Barche in legno. Guida al restauro e alla manutenzione, entrambi editi da Nutrimenti. Nel novembre 2012 la CIDA aveva già
ospitato Cappai per la presentazione del suo volume Navigare nell’alto Adriatico.
LETTERE IN REDAZIONE
14
Errori anagrafici sanati
Spettabile Direzione,
che non ci si debba più stupire di niente è una frase ormai
ricorrente ma non più digeribile quando certo errori vengono
compiuti dall’Amministrazione Comunale di una città come
Torino. Dopo anni che la Legge 15 febbraio 1989, n° 54 è
stata promulgata, nel citato Comune è ancora possibile un
disguido tecnico su dati provenienti dal sistema informatico
inerenti lo Stato di nascita di noi profughi istriani.
Ho ricevuto molte segnalazioni da parte di conterranei amici, pertanto Vi riporto l’accaduto sperando che con l’amplificazione dell’“Arena” anche il Sindaco sig. Fassino venga a
conoscenza di come lavorano i Suoi stipendiati.
Sergio Palmieri (Torino)
Gentile Signor Palmieri,
La ringrazio per la segnalazione. Anche a Ferrara errori simili sono stati sanati, in questo caso dalla filiale della Banca
Cassa di Risparmio di Bologna (Carisbo). In una lettera al
presidente del Comitato provinciale dell’ANVGD, il direttore
ha infatti specificato che «la Carisbo e tutto il Gruppo IntesaSanpaolo già rispettano la Legge n. 54/1989». «Alla denominazione della città – ha chiarito – non è fatto alcun riferimento
allo Stato a cui essa ora appartiene. Il nostro programma,
collegandosi al codice catastale, riconosce perfettamente la
validità di Fiume e non indica nulla in relazione alla Croazia.
Può capitare che a livello di operatore di filiale non si abbiano
strumenti o conoscenze per indicare il dato correttamente,
ma a livello centrale tutto è censito correttamente».
Il Comune di Milano, invece, aveva ammesso l’errore informatico rendendo noto di non essere più in tempo utile per inviare i moduli esatti entro la scadenza del 16 dicembre 2013.
L’articolo 1 della legge 54/89 stabilisce che «tutte le amministrazioni dello Stato, del parastato, degli enti locali e qualsiasi altro ufficio o ente, nel rilasciare attestazioni, dichiarazioni, documenti in genere, a cittadini italiani nati in comuni
già sotto la sovranità italiana ed oggi compresi nei territori
ceduti ad altri Stati, ai sensi del trattato di pace con le potenze alleate ed associate, quando deve essere indicato il luogo
di nascita dell’interessato, hanno l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano del comune, senza alcun riferimento
allo Stato cui attualmente appartiene». L’articolo 2 aggiunge:
«Le amministrazioni, gli enti, gli uffici di cui all’articolo 1 sono
obbligati, su richiesta anche orale del cittadino stesso, ad
adeguare il documento alle norme della presente legge».
“L’Arena” suscita amore per Pola
Caro Direttore,
desideriamo ringraziarLa per la ricchezza dei contenuti del
giornale da Lei diretto. La nostra “Arena” racconta, con puntualità e precisione, i fatti di quella Terra che, ormai da quasi
70 anni, ci è stata brutalmente sottratta. Ogni mese, grazie al
Suo attento lavoro, riceviamo immagini chiare e precise degli
avvenimenti oltre il confine, in quei luoghi che suscitano, in
ognuno di noi, un profondo sentimento d’amore e di rimpianto, perché per sempre perduti, sentimenti accompagnati dalla rabbia per la perdita irreparabile, della quale il nostro Paese è responsabile!
Purtroppo non è possibile invertire il corso della storia, come OGNI ESULE vorrebbe, con il ritorno della nostra terra
alla madre Patria! Possiamo, però, mantenerne vivo il ricordo, riaffermando la verità storica, per decenni negata. Risultato che si può perseguire grazie all’impegno congiunto di
tutte le Associazioni che rappresentano il mondo degli esuli,
seppure con modi e metodi differenti, nel rispetto di ognuno e
attraverso lo strumento fondamentale, quale è il giornale che
Lei dirige! Grazie e buon lavoro!
Silvana e Caterina Sricchia (La Spezia)
Care Signore,
sono felice che quanto scrivo mensilmente sia di Vostro interesse. Vorrei poter fare di più, ma già così lo spazio è poco
e la fatica tanta. “L’Arena” serve a tenere uniti gli esuli polesani, a coinvolgere i loro discendenti, a sensibilizzare le istituzioni e gli altri cittadini italiani, ma anche a far conoscere un
po’ la realtà dei nostri territori d’origine, a raccontare le principali iniziative dei nostri connazionali residenti per la preservazione dell’italianità autoctona, e ad alimentare il dialogo
nell’intera collettività polesana: sia quella della diaspora sia
Risponde il Direttore Paolo Radivo
quella rimasta. La sfida del futuro è trans-frontaliera. Noi tutti,
italiani al di qua e al di là da questi confini ormai infra-europei,
siamo chiamati a collaborare sempre più affinché l’inestimabile patrimonio linguistico-culturale trasmessoci dai nostri avi
non vada perduto con il trascorrere inesorabile del tempo.
Una manifestazione jugo-nostalgica
Egregio direttore,
Le invio il presente scritto perché credo che l’imbarazzante
situazione messa in evidenza dall’allegata fotografia ha suscitato in me a prima vista grande sorpresa (anzi, è più esatto
dire “incredulità”), per sfociare poi in un senso di gran rabbia.
Credo che i lettori del nostro Giornale abbiamo il sacrosanto
diritto di venirne a conoscenza, per capire con chi veramente
hanno a che fare allorquando si recano nella Terra dei nostri
Padri, in modo da sapersi regolare ed evitare così spiacevoli
sorprese. Questa foto, che un caro amico (strenuo difensore
della nostra Causa) mi ha fatto pervenire, è emersa navigando su Internet, e la vergognosa scena che si presenta penso
si commenti da sé.
Quindi mi chiedo: «Sarebbero questi doppiogiochisti il caposaldo della Italianità del luogo? Sarebbero questi approfittatori i fedeli custodi della millenaria cultura latino-veneta?».
«Ma mi faccia il piacere!» direbbe il grande Totò.
Perciò mi auguro che la nuova sede degli Italiani (sic!) di
Visignano, venutaci a costare 650mila euro, non sia un altro
covo di opportunisti di lungo corso, nostalgici ferventi di Josip
Broz, in arte Tito, mascherati per le “fliche” nostrane da “Patrioti italiani” con in petto però un pulsante e fiero cuore balcanico. E’ il caso di aggiungere (tenuto conto dell’impiego di
italici fondi destinati alla realizzazione di vari progetti in loco),
l’asilo italiano di Zara, inaugurato lo scorso 12 ottobre, alla
presenza di un fritto misto di Autorità, tra cui Maurizio Tremul,
“Presidente della Giunta della Unione degli Italiani”, il quale,
per quanto fosse forte la sua avversione nei confronti di Tito,
principale aguzzino delle Genti giuliane, nonché artefice della campagna per la cancellazione della nostra Civiltà in Istria
e Dalmazia, che ha dedicato allo stesso nel 1982 una poesia
intitolata Tito, la quale è tratta da “Panorama” n° 16 del 30-482, edito a Fiume. Dai versi della medesima traspare la vera
indole di Tremul, altro che Madrepatria Italia, in quanto è palese la venerazione nei confronti del despota, del quale ha
accettato e condiviso la politica. Anche in questo caso, credo
che non vi sia bisogno di ulteriori chiarimenti, essendo tutto
così lampante.
Chiudo qui, per carità di Patria, questa mia, lasciando a
ciascun lettore di trarre le proprie conclusioni in merito a questi vergognosi e cinici comportamenti, per i quali non ci sono
parole, ma soltanto grande delusione in tutti coloro che hanno creduto in un possibile e sincero riavvicinamento.
Ringraziando per la cortese attenzione porgo un cordiale
saluto istriano.
Luciano Toncetti, esule da Pola (Mestre)
Egregio Signor Toncetti,
questa foto risale al 17 maggio 2013, quando la “Staffetta
di Tito” partì come ogni anno da Umago. Più esattamente da
Via Garibaldi, dove ha sede il “Bar Tito”, l’unico a chiamarsi
così nell’intera Croazia. Nel suo discorso Radoslav Ilić, presidente dell’Associazione “Josip Broz Tito”, si è richiamato a
«quando si stava bene», ai «tempi dell’amore, della pace e
della libertà», ossia ai mitizzati anni ’60 e ’70 quando il turismo, gli aiuti finanziari internazionali e la riforma economica
portarono nel paese un certo benessere dopo la miseria patita nella Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra. Durante
la cerimonia il coro maschile della società culturale slovena
di Isola d’Istria “Jagodje-Dobrava” cantò inni partigiani. Al
termine una vecchia Mercedes bianca partì con una bandiera
jugoslava rosso-stellata e, dopo un lungo tragitto con tappe
in venti città, il 25 maggio raggiunse la Casa dei Fiori di Belgrado, dove ha sede il mausoleo del Maresciallo. La nostalgica iniziativa rievoca la “Staffetta della Gioventù”, che ogni
anno nel mese di maggio vedeva i Piccoli Pionieri (ovvero i
Balilla rossi) attraversare a piedi la Jugoslavia per consegnare nello stadio del “Partizan” di Belgrado un messaggio al loro presidente in occasione del suo compleanno.
Ecco dunque spiegato il contesto di questa sconcertante
foto, dove attorno al faccione di Tito si vedono da sinistra a
destra: Roberto Grassi, responsabile dei Minicantanti della
Comunità degli Italiani di San Lorenzo - Babici (Croazia), Pino Degrassi, presidente della CI di Umago, nonché Bruno
Bose, Roberto Favretto e Armando Degrassi, attivisti di
quest’ultima. Onde fugare ogni dubbio sulla loro fede politica,
i cinque connazionali si sono fieramente ammantati di magliette e bandiere con falce, martello e stella gialla su sfondo
rosso e/o di berretti da partigiani. A costoro, evidentemente
accecati dalla seduttiva ideologia che li plasmò da ragazzi,
sembra sfuggire un piccolo dettaglio: che quell’uomo e quei
simboli così venerati sono i responsabili dell’uccisione di migliaia di loro conterranei, della persecuzione di tanti altri,
nonché dell’esodo del 90% circa degli italiani dell’Istria, di
Fiume e di Zara, nonché dell’umiliante sottomissione dei pochi rimasti all’aggressivo regime liberticida jugoslavo. L’inconsapevolezza di questi cinque dirigenti è non solo deplore-
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
vole, ma inammissibile e oltraggiosa verso i loro concittadini
connazionali vittime di Tito. Il senso del pudore dovrebbe indurli a scusarsi, sia pure in ritardo, e ad astenersi in futuro da
simili patetiche carnevalate, paragonabili a certe rievocazioni
di Benito Mussolini ad opera di pochi fascisti impenitenti.
Attenzione però a non generalizzare! I cinque connazionali
che hanno partecipato a quella manifestazione folcloristica di
jugo-nostalgici non rappresentano certo tutti gli italiani residenti in Istria, nel Quarnero e in Dalmazia, ognuno dei quali
ha le proprie idee politiche. Meritano il massimo rispetto
quanti, in un territorio dove ormai sono minoranza, si impegnano gratuitamente nel promuovere la lingua e la cultura
italiana, insieme al dialetto e alle tradizioni autoctone. Perché
non dovremmo riavvicinarci a questi nostri fratelli?
Trovo ingiusto fare insinuazioni sulla neo-inaugurata sede
della CI di Visignano, visto che in quella località del Parentino
dichiararsi italiani non è stato certo conveniente, specie dopo
il 1953, quando la nostra lingua fu eliminata dalla segnaletica, dall’uso ufficiale e dall’insegnamento, in un’ottica di totale
croatizzazione. Per saperne di più sui connazionali visignanesi basta comunque chiedere lumi agli esuli della Comunità
di Visignano (appartenente all’Associazione delle Comunità
Istriane di Trieste), che da oltre dieci anni in maggio tengono
il proprio raduno nel borgo natio in loro presenza.
A Zara poi, dove sotto la Jugoslavia non si poteva essere
comunisti se ci si dichiarava italiani, l’inaugurazione dell’asilo
“Pinocchio” costituisce una ripartenza dopo 60 anni di proibizione dell’italiano nella scuola e in ogni altro ambito ufficiale.
Pertanto quei soldi pubblici non sembrano mal spesi.
Segnalo invece una contraddizione: la CI di Umago (che
conta 2.700 soci ed è la terza dopo quelle di Pola e Fiume)
coltiva buoni rapporti con la Famiglia Umaghese dell’Unione
degli Istriani, mentre la CI di San Lorenzo - Babici ha ospitato
l’Associazione culturale “Cristian Pertan” di Trieste, orientata
a destra. Il comportamento dei cinque connazionali filo-titoisti
risulta quindi ancor più paradossale e incoerente...
Quanto alla poesia su Tito, quando fu pubblicata Maurizio
Tremul aveva 19 anni e, come tutti i giovani jugoslavi, era
stato educato a onorare il “padre della Patria socialista”,
esattamente come in precedenza i giovani italiani (istriani
compresi) erano stati educati ad onorare il Duce e, se necessario, a morire per lui. Tremul ha detto più volte che quella
poesia era frutto di un’epoca fortunatamente superata. Non
si può crocifiggere un uomo per quanto ha scritto 32 anni prima, da adolescente, in una realtà che non c’è più ma che
l’aveva forgiato. Bisogna valutarlo per quanto ha fatto da
quando esercita incarichi di responsabilità, ovvero dal 1991.
12 alunne polesane sorridenti
Signor Direttore,
sono ancora io, Loredana Vatta Colella. Come si fa a dimenticare quel bel periodo scolastico, sereno e spensierato,
vissuto prima della guerra e dell’esodo? Eravamo solo 12
alunne, studiose, sorridenti, sportive e felici di aver battuto a
pallavolo tutte le scuole superiori di Pola, ma soprattutto il Liceo “Carducci”. Ed i professori? Pangher, prof. d’italiano e
musicista che, sapendo che studiavo al Conservatorio, mi diceva sempre: «la musica non dà pane». Invece per me è andata bene perché ho insegnato sempre, sia nelle scuole
pubbliche che privatamente (spesso ho mandato all’“Arena”
le foto dei miei concerti scolastici). Poi il prof. Marinoni, che
qualche volta ci ha fatto piangere per la sua “contabilità”, la
nobile prof. Gagliardi, di ricamo, la prof. Lodatti, di economia
domestica, e infine la più carina, simpatica e bella, prof. Hilda
Seta. Quest’anno purtroppo ci ha lasciato. La ricordo per la
Sua calda voce, la Sua gentilezza, la Sua simpatia.
Presento ora la nostra classe. Qualcuno forse si ricorderà
di noi? Regia Scuola Tecnica Industriale “Fratelli Liani”, Pola.
Anno scolastico 1941-42 – XX. Classe II. Nella prima fila: la
prof. Gagliardi, don Luciano Manzin, la prof. Lodatti e infine la
prof. Hilda Seta. Nella seconda fila: il prof. Pangher, Maria
Luisa Droglietti, Anna Giorgi, Ida Budicin, Luciana Pecora,
Stella Barbato, il prof. Marinoni. Nella terza fila: Lidia Pasquini, Maria Marsich, Fulvia Premuda, la sottoscritta, Wanda
Mignani, Erminia Budigna e Maria Misso. Purtroppo alcune di
noi non ci sono più. Siamo “mule polesane” più che ottantenni, perciò… andiamo avanti come possiamo.
Ho ricevuto molto volentieri la copia del suo saggio Istria
1946: il plebiscito negato. Tutto quello che parla della nostra
storia mi interessa. Molto spesso a scuola, parlando della
storia della musica, mi trovavo a parlare, non so come,
dell’Istria, di Pola, dell’esodo. Il mio accento mi tradiva sempre. Le mie colleghe non sapevano niente della nostra storia,
per cui le ho dovute documentare con i miei album fotografici.
Adesso sanno fare anche lo strudel di mele e gli gnocchi di
marmellata!
La saluto cordialmente,
Loredana Vatta Colella (Roma)
Gentile Signora,
questa bella foto ci riporta agli anni della guerra. Qualcuna
delle mule polesane immortalate vi si riconosce? Il prof. Pangher aveva proprio torto: non solo Lei grazie alla musica si è
guadagnata da vivere, ma ha pure insegnato prelibate ricette
nostrane alle sue colleghe ignare dell’Istria. Complimenti!
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
Per ricordare la cara signora
ROSAMARIA MORO,
moglie di Olinto Mileta,
i suoi amici più cari
AXEL, CLAUDIO, EUFEMIA,
GIORGIO, GUIDO, LINO, MARIA LUISA,
MARIA RITA, MAURO, RODOLFO,
STEFANO e WALTER
devolvono euro € 120 pro “Arena”.
Per un caro ricordo
di CLAUDIO BENUSSI,
i quattro dell’Ultima mularia di via Carpaccio:
RUGGERO BOTTERINI, BRUNO CARRA,
CLAUDIO BRONZIN e VENIERO VENIER,
elargiscono € 100 pro “Arena”.
LA NOSTRA MEMORIA
Mia cugina Ivonne Bonivento Zuberti
Pur avendo lottato con il coraggio del Suo dolce ma forte
carattere, il 7 dicembre 2013 ci ha lasciati Ivonne Bonivento
Zuberti.
Ivonne ed io eravamo cugine: mia mamma e Suo papà
erano fratelli, abbiamo una differenza di sei mesi di età e per
questo abbiamo condiviso buona parte della nostra infanzia
e prima giovinezza. Quando Suo padre, dopo aver giocato a
calcio nelle squadre di Juventus, Napoli e Busto Arsizio, appese gli scarpini, si sistemò nella nostra cittadina mineraria di
Arsia come impiegato negli uffici amministrativi, io spesso
ero loro ospite nelle festività ed era per me un grande avvenimento andare in “vacanza fuori casa” (20 km da Pola). Che
bei tempi!
Più grandine, eravamo assieme al mare o a passeggio ai
“giardini”. Ben presto tutto questo finì. Nel 1947, con l’esodo
le nostre vite si divisero, Lei con i Suoi genitori rimase nel
Friuli Venezia Giulia, mentre io inizialmente andai in Sardegna. Entrambe dopo qualche anno ci creammo una famiglia,
Lei con il Suo Augusto a Grado e io a Roma. Nel corso di
questi anni ci siamo incontrate in tutte le occasioni possibili,
ma soprattutto eravamo in costante contatto telefonico.
Soltanto oggi sono riuscita a scrivere queste poche righe di
ricordo. Infatti non riuscivo a farlo e mi è costato molto perché
non riesco ancora a credere che Ivonne non ci sia più.
Sono molto vicina ad Augusto, figli e nipoti e per onorare la
Sua memoria devolvo € 25 pro “Arena”.
Romilda Grünberger Schürzel (Roma)
Nel secondo anniversario della morte
di SOAREZ DI LAZZARO,
la moglie ROSY, le figlie MARZIA e SIMONETTA,
il genero ENZO e la nipote GIORGIA
lo ricordano sempre con grande affetto
devolvendo € 50 pro “Arena”.
A Claudio… di casa “Mocolo”,
via Carpaccio, Pola
Incontrarsi è un lungo viaggio, anche se non si è lontani. Io
ti ho incontrato nel momento in cui un bambino aveva più bisogno della presenza e dell’amore di un padre, di quel padre
incontrato dal bambino solo per un breve attimo e separati
troppo presto dal destino. Tra mille ricordi emerge l’immagine
di quel bambino che stava alla finestra ad aspettarti quando
rientravi dal lavoro per vederti girare l’angolo dopo la salita,
con la tua borsa nera in mano, ed essere felice.
Quel bambino ricorda il tempo passato insieme serenamente, ascoltando i tuoi racconti di gioventù nella tua Pola, le
tue storie durante la guerra, le vicissitudini e gli aneddoti di
un diciannovenne sotto le armi e poi l’esodo.
Quel bambino ricorda il tempo passato giocando nel cortile, pieno di vita, di via Lussinpiccolo insieme ad una moltitudine di bambini che animavano quel quartiere. Oggi quel cortile
è deserto, arido, occupato solo da una miriade di inerti e anonime automobili, ma si sa: i tempi cambiano.
Ricorda il tempo passato insieme ridendo, divertendoci
con piccole cose, leggere.
Ricorda le tue, le nostre passioni, quando mi facevi ascoltare ed apprezzare la musica Jazz, le giornate estive vissute
con l’amore per il mare, per il tuo mare e la cara Istria, le nostre avventure, la tua passione per la pesca. Indossando la
tua maschera, quel bambino si aggrappava alle tue spalle e
lo portavi sott’acqua insieme a te per fargli conoscere le meraviglie del mare, della natura.
Quel bambino ricorda le divertenti passeggiate sul Carso
per soddisfare il nostro bisogno di natura, per darmi la conoscenza della nostra storia recente e, non ultimo, andar per
bruscandoli.
Il tempo scorre, la vita procede, il bambino è divenuto ormai uomo, le prove che incontriamo sul nostro cammino, il
mondo, le sue tribolazioni fanno parte ognuno del proprio
percorso. Poi le scelte, preludio di un destino che sospende,
velato, inesorabile. Il lungo viaggio rallenta, rendendo tutto
impalpabile.
Un grande affetto reciproco è sempre vivo, la presenza del
bambino divenuto uomo c’è, la tua presenza anche, così come il tuo aiuto generoso nel momento del bisogno.
Ma con un grande peso nel cuore quel bambino non potrà
più comunicare, incontrarti, con la libertà e la confidenza di
un tempo, un’energia inerte e silente influenzerà a poco a
poco il percorso del nostro lungo viaggio. Quel bambino comprenderà, rispettando profondamente ogni scelta, per la tua
serenità, fino alla fine.
Quel bambino avrebbe voluto ritrovarti, darti gli stimoli di
cui ognuno ha bisogno, parlare a tu per tu, ma solo ora che
tutto è compiuto si sente libero di farlo, solo ora che il destino
ha spezzato il lungo viaggio, separando nuovamente quel
bambino da colui che amava come un padre, pur non essendogli padre.
Ciao zio, ciao Claudio, grazie per il tempo che mi hai dedicato e per l’amore che mi hai dato, che mi avete dato, tu insieme alla zia Rina.
Eri un Benussi, insieme a tua sorella madre mia, eri la mia
famiglia.
Ora mi manchi, ci manchi, ma la distanza separa il corpo,
non separa i cuori.
Avevi una visione spirituale agnostica, determinata dalla
tua razionalità, etica e onestà intellettuale, ora hai intrapreso
il viaggio più importante, ora sai.
Voglio, vogliamo tutti noi, pensarti ora uno spirito libero,
gioioso, beato, un’anima nella luce di Dio. Ciao caro Claudio,
riposa in pace.
Con amore e gratitudine, tuo nipote Stefano e Famiglia.
In ricordo dei propri familiari defunti
SILVIA FRANZI offre € 20,00 pro “Arena”.
In memoria delle famiglie
DEVESCOVI, CAPILLA e PENCO,
NIVES DEVESCOVI elargisce € 20 pro “Arena”.
Perché “L’Arena” viva
BAXA Maria Luigia
€
BELTRAME Mirella
€
BENUSSI PERCUZZI Nelly
€
BIASI Giovanni
€
BON PEDRETTI Maria
€
BUCCI RANNI Onorina
€
CRISANAZ QUICCHI Mirella
€
COCOLET Mario
€
COMISSO Isaia
€
CORRADO Adriana
€
DELISE Lidia
€
DELLA PIETRA Urbano
€
DE LUCA Orietta
€
DOBRAN Pietro
€
FERENCICH Fulvio
€
FRANZI VIRDIS Silvia
€
GIORDANELLA MANSOTTI Luciana€
GIORGINI Roberto
€
HARZARICH PESLE Sara
€
IASCHI Ercole
€
KALEBICH Annamaria
€
KASPERCKOVITZ Piero
€
LAZZARI Elda
€
LAZZARI Rina
€
LEANDRI Mirella
€
LIGUORI Luigia
€
Assenze
10
20
5
40
20
10
20
20
30
20
20
20
20
30
30
20
20
20
40
20
20
20
20
20
20
50
È mancato Glauco Dinelli. Un altro filo si è spezzato, un altro amico è andato ad attenderci sull’altra riva. Non ci siamo
mai incontrati, la nostra era un’amicizia telefonica. All’inizio
rarefatta, poi abbastanza frequente. Fu sua l’iniziativa di iniziare un contatto utile e interessante: mi spedì, parecchi anni
fa, il suo libro Lontani anni verdi con la seguente dedica: «A
Tullio, el muleto de Via Castropola. Perché riassapori l’atmosfera di un lontano passato. Con simpatia, Glauco». Naturalmente lo ringraziai e mi complimentai perché il libro si era dimostrato interessantissimo. Ricambiai con quanto scrissi in
seguito: Non solo funghi e La Cicceria. Così ci fu uno scambio di giudizi e opinioni; di solito ci sentivamo alla sera, quando non era occupato nella farmacia e io ero libero dai pochi
impegni giornalieri. Di lui ha parlato molto bene Romana de
Carli Szabados, opinioni che condivido perché Glauco era un
signore “di una volta”, serio, preciso, scrupoloso.
Nella stessa pagina 15 dell’“Arena” di novembre un altro
annuncio doloroso: la scomparsa di Dilva Mayer. Nativa di
Bagnole, si era trasferita a Pola in gioventù. Devo dire che le
combinazioni della vita sono incredibili. L’ho conosciuta e ho
parlato a lungo con lei in occasione dei nostri raduni. Era generosa, disponibile, altruista, ma c’era qualcosa di più che ci
legava. Cognome da signorina era Montagner, sorella di Dino, mio commilitone, in compagnia del quale passai gli ultimi
giorni di guerra, e moglie di Rinaldo, studente delle magistrali
a Pola, lo stesso Istituto che anch’io frequentavo.
Tullio Binaghi (Schio)
15
E’ mancata il 6 febbraio a Padova la mia cara amica
AIDA CLAPPIS, circondata dall’affetto dei suoi figli Pino
e Claudio. Di origine chersina, ma cresciuta a Pola, dopo
l’esodo si era stabilita a Padova insieme al marito Luciano Romanin, anche lui palesano, mentre la madre, vedova, e altri undici tra fratelli e sorelle emigravano in Australia. A chi chiederò adesso: «Ti te ricordi… a Pola?». E lei
si ricordava sempre, tutto. Ciao Aida!
La tua amica Silva Dorigo
Mio cugino Claudio
Mio cugino Claudio Benussi non c’è più. Un grave incidente lo ha tolto all’affetto di tutti, della moglie, della sorella e
della ormai ex malignasa mularia de via Carpaccio. Un caro
ricordo di Maria: iera un bel viver con Claudio.
Carissimo cugino, il ricordo inizia proprio dalla mitica “Casa
Mocolo” dove entrambi abitavamo, tu al primo piano. Eri di
qualche anno più grande di me e mi facevi ascoltare i dischi
di Armstrong. Parlavi di ragazze, de mule, a chi giocava ancora a s’cinche. Aiutavi in casa: quasi ogni giorno andavi, in
bicicletta, alla fabbrica del ghiaccio a comperarne un pezzo
per la ghiacciaia di famiglia, l’unica in Casa Mocolo. Al primo
piano, dove abitavi, c’era un dondolo, un sitolosotolo, appeso
tra la cucina ed il corridoio, dove io e tua sorella Edvina potevamo dondolarci. Tu, invece, leggevi libri gialli.
E’ particolarmente interessante ricordarti, caro Claudio,
impegnatissimo nella pesca con freccia e fionda. Nel comporre tutto l’armamentario, come prima cosa dovevi trovare
la camera d’aria di una vecchia automobile e tagliarla per
bene adattandola al tuo volto: occhi e naso all’interno, fuori la
bocca per respirare. Poi dovevi reperire un vetro e, con attenzione, tagliarlo in cerchio – così faceva Giotto – con una punta di diamante; poi con leggeri colpetti al vetro, per non rovinare il tutto, liberavi il vetro rotondo da inserire nella maschera. I bordi del vetro reso rotondo andavano levigati per non
tagliare la maschera. Ultimo lavoro, per la maschera, dovevi
cercare una camera d’aria di motocicletta, più stretta di quella d’automobile, da usare come fascetta elastica per legare
saldamente assieme tutti gli elementi della maschera.
Se per la pesca subacquea la maschera era essenziale,
non meno importante era la realizzazione di una fionda adatta a tale tipo di pesca: filo di ferro da cornetto a cornetto in
modo da far passare, in un buco, la freccia di ferro battuto a
tempera per realizzare due buone punte come fosse un amo
per impigliare e catturare, con la tua proverbiale abilità, il pesce. Quali frecce, non hai mai usato stecche di ombrello.
Alla realizzazione della maschera da pesca partecipavo
anch’io: mentre tu sfregavi il vetro rotondo per la maschera
sulle lastre di pietra, a bordo marciapiede, in via Dante, io tenevo costantemente bagnata la pietra fintantoché il vetro risultasse ben levigato, smussà, a passare a filo il dito senza
tagliarsi.
A pescare ci andavi, in bicicletta, con il tuo amico Armando
Dorliguzzo, fratello di Albino, che abitava dirimpetto, visavì
Casa Mocolo in una piccola casetta che sembrava quella dei
sette nani. Da abilissimo pescatore ritornavi a casa con la
borsa, legata al stangon della bicicletta, piena di pesci. E qui
voglio ricordare, carissimo cugino, l’episodio nel quale mi
coinvolgesti. Quel giorno, volendo fare uno scherzo a tua
madre, mia zia Stefi (apro qui una affettuosa parentesi: ricordo il suo famoso dolce, el cuguluf, che noi chiamavamo, con
simpatia, “dolce Stefi”), avendo quel giorno preso un grosso
pesce, di parecchi chilogrammi, mi facesti attendere fuori
dell’appartamento, el quartier, con il pesante pesce tenuto
per la coda, annunciasti a tua madre che non avevi pescato
nulla. Poi, ad un segnale convenuto, entrai in casa con il pesce più grande di me.
Dopo qualche anno l’esodo da Pola, la laurea in giurisprudenza e l’attività lavorativa, Funzionario al Comune di Trieste.
Ciao Claudio. Ricordo pure le lunghe chiacchierate, tra
Monfalcone e Grado, davanti ad un piatto di pesce, sempre
in affettuosa compagnia di Maria ed Edvina. Tuo cugino Ruggero.
Ruggero Botterini (Gorizia)
Nel 25° anniversario dalla scomparsa
del prof. SERGIO CELLA,
nato a Pola e deceduto a Padova,
e con un ricordo commosso
del M.llo ARNALDO HARZARICH,
di NORMA e LICIA COSSETTO,
AUGUSTO GRUBISSA
devolve in loro memoria € 60 pro “Arena”.
In memoria di WANDA BRENCI,
GIUSEPPE BRECEVIC elargisce € 20 pro “Arena”.
Ricordando con immutato amore
il caro marito e papà DUILIO,
la moglie ANNA CHIAVERANO BONELLI
e le figlie CLAUDIA e LIVIA offrono € 20 pro “Arena”.
16
GIORNO DEL RICORDO
L’arena di pola n. 2 del 17 FEBBRAIO 2014
A Trieste cerimonie, fiaccolate, conferenze e visite straordinarie
Sono state numerose a Trieste le iniziative per il Giorno del
Ricordo, oltre alle cerimonie ufficiali svoltesi il 10 febbraio.
Giovedì 5 la Comunità di Cittanova ha presentato nella sede dell’Associazione delle Comunità Istriane (cui è affiliata)
alcuni componimenti poetici di propri compaesani sulla lontananza dal borgo natio e sul ricordo.
La mattina di sabato 8 febbraio ANVGD, Associazione delle Comunità Istriane, Liberi Comuni di Fiume, Pola e Zara in
Esilio, Lega Nazionale e Unione degli Istriani, insieme a Comune e Provincia di Trieste, hanno deposto corone alla stele
di Norma Cossetto nell’omonima via, al monumento all’Esodo in piazza Libertà, alla lapide in memoria degli Esuli che
transitarono per il Silos, al monumento agli Infoibati sul colle
di San Giusto e al monumento all’Esodo a Rabuiese.
Tra piazza Unità d’Italia e il Porto Vecchio si è svolta la Corsa del Ricordo, promossa dal Centro Nazionale Sportivo
Fiamma, da Trieste Pro Patria e dalla Lega Nazionale.
cente ha parlato delle ambizioni titine di una federazione balcanica comprendente Albania, Bulgaria e Grecia e della corsa per Trieste, vinta per un’incollatura. Il 30 aprile si ebbero a
Trieste due insurrezioni, quella filo-italiana del CLN e quella
filo-jugoslava di Unità Operaia, cui seguirono due liberazioni:
quella degli jugoslavi e quella dei neozelandesi, i quali riuscirono a infilare “un piede nella porta”. La repressione titina fu
«un disegno programmato di liquidazione dei nemici del popolo», compresi tutti coloro che ebbero a che fare con lo Stato italiano e gli antifascisti filo-italiani. Dieci, forse dodicimila
gli arrestati, la maggioranza dei quali internati nei campi di
prigionia, la minoranza infoibati. Stalin costrinse Tito a negoziare con gli anglo-americani su Trieste, e così la perse.
Alle 17.30, nella sala “Bobi Bazlen” di Palazzo Gopcevich,
Stefano Bianchi, musicologo e conservatore del Museo teatrale “Schmidl”, ha fatto un ritratto musicale del compositore
istriano Luigi Dallapiccola (Pisino 1904 - Firenze 1975).
lo, il premio Histria Terra 2014, promosso dall’Unione degli
Istriani con il patrocinio della Provincia, è stato conferito al
generale Riccardo Basile, presidente della Federazione Grigioverde delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma di
Trieste nonché della Famiglia Polesana, conferenziere e cultore di storia patria.
Le mattine dall’11 al 14 febbraio e dal 17 al 20 febbraio è
stato possibile visitare, su appuntamento, le masserizie degli
esuli riallestite dai volontari dell’IRCI nel Magazzino 18 del
Porto Vecchio. “L’Arena” di marzo vi dedicherà uno speciale.
Il 14 febbraio a Palazzo Tonello l’Unione degli Istriani ha
tenuto un incontro pubblico su Il Giorno del Ricordo dieci anni
dopo. Pregi e lacune di una giornata nazionale.
La mattina di sabato 15 febbraio alcuni studenti del Liceo
Artistico “Nordio” e dell’Istituto Nautico hanno visitato il Magazzino 18, l’ex Campo di Raccolta Profughi di Padriciano e
la Foiba di Basovizza su iniziativa di FederEsuli.
8 febbraio, cerimonia in onore delle vittime di Vergarolla.
Nel pomeriggio, presso la sede dell’Associazione delle Comunità Istriane, l’assessore del Libero Comune di Pola in
Esilio Silvio Mazzaroli ha presentato i tre volumoni contenenti le ristampe anastatiche di tutti i numeri de “L’Arena di Pola”
dal 29 luglio 1945 al 24 dicembre 1947. Ha illustrato sia l’opera editoriale e la sua genesi, sia i contenuti, soffermandosi
sull’importante ruolo svolto all’epoca dal giornale. I tre volumi, che il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo ha definito
«un monumento storico», sono ora consultabili da tutti gli interessati in via Belpoggio 29/1. Manuele Braico, presidente
del sodalizio ospitante, si è chiesto cosa possono fare le associazioni degli esuli più di quanto già fanno. Mazzaroli ha
sostenuto che è importante coinvolgere i giovani trasmettendo loro la nostra storia attraverso le emozioni e al contempo
perseguire l’obiettivo di salvare ciò che rimane dell’italianità
in Istria, a Fiume e in Dalmazia. Concetto ribadito da Dorigo,
secondo cui è compito degli esuli mantenere viva la meravigliosa cultura istro-veneta insieme ai loro connazionali residenti. Rispondendo a una domanda sui beni “abbandonati”,
Braico ha inoltre dichiarato: «Siamo stufi di essere presi in
giro. Lo Stato italiano, che aveva fatto firmare agli esuli
espropriati una liberatoria, deve dirci la verità. Vuole chiudere
la questione o no? Noi chiediamo l’indennizzo al valore del
1938. Poi c’è tutto il discorso dei beni ancora liberi». In pieno
accordo, Mazzaroli ha aggiunto di dubitare che, in tempi di
“vacche magre”, lo Stato darà ancora qualcosa agli aventi diritto. Si sta tuttavia per aprire l’ampio capitolo dei beni esclusi
dai trattati, sul quale è più fiducioso. Aveva introdotto l’incontro il coro misto dell’Associazione delle Comunità Istriane, diretto dal M° David DI Paoli Paulovich, eseguendo magnificamente quattro brani calibrati sul tema: La mia cara vecia Pola, El sogno del polesan, Son polesan sicuro e Va, pensiero,
cantato in piedi anche da tutto l’uditorio. L’iniziativa è stata
promossa congiuntamente dall’Associazione delle Comunità
Istriane, dall’LCPE e dal Comitato ANVGD di Trieste.
Poco dopo le 19 una fiaccolata promossa dal movimento
Trieste Pro Patria è partita da piazza Sant’Antonio e, percorrendo via Dante, corso Italia, via Pellico, la galleria Sandrinelli e via Capitolina, ha raggiunto il colle di San Giusto. Centinaia di persone di tutte le età, ma in maggioranza giovani,
hanno sfilato con fiaccole e bandiere italiane, triestine, istriane, fiumane e dalmate, della Lega Nazionale e degli Arditi
d’Italia, nonché striscioni recanti le scritte «Onore ai martiri
delle foibe», «Istria libera», «Ierimo semo saremo». Su due
grandi bandiere italiane si leggevano i nomi «Pola» e «Umago». Il corteo si è fermato all’angolo tra corso Italia e via Imbriani, dove un trombettiere ha suonato il Silenzio in memoria
dei 5 caduti sotto il piombo titoista il 5 maggio 1945. Al termine della fiaccolata, è stata deposta nel Parco della Rimembranza una corona al monumento in memoria dei Martiri delle Foibe. Alle 21 presso il Teatro della Chiesa di San Maria
Maggiore il gruppo musicale Ianua ha tenuto un applaudito
concerto, sempre su iniziativa di Trieste Pro Patria.
La mattina di domenica febbraio la sezione di Trieste
dell’Associazione Nazionale Alpini, in collaborazione con la
Lega Nazionale, ha tenuto una cerimonia alla Foiba di Basovizza, con la partecipazione di centinaia di alpini provenienti
da varie parti d’Italia. All’ingresso del labaro e della presidenza nazionale dell’ANA sono seguiti l’alzabandiera, gli onori ai
martiri delle foibe, la deposizione di una corona d’alloro, la
messa celebrata dal cappellano della Guardia di Finanza e la
lettura della Preghiera dell’Alpino accompagnata dal brano
Signore delle cime eseguito dal Coro ANA “Nino Baldi”. Quindi la messa e la preghiera in suffragio delle anime degli Infoibati. Infine i discorsi delle autorità.
In tarda mattinata ben 1.200 persone hanno assiepato il
Teatro Verdi per assistere alla conferenza del prof. Raoul
Pupo sul 1945 a Trieste e nella Venezia Giulia, nell’ambito
delle Lezioni di storia - I giorni di Trieste promosse da Laterza
Agorà in collaborazione con il Comune e “Il Piccolo”. Il do-
8 febbraio, presentazione de “L’Arena di Pola” 1945-47.
Da sabato 8 a lunedì 10 il Museo dell’ex Centro di Raccolta
Profughi di Padriciano è rimasto straordinariamente aperto in
orario 10-12 e 14-16 malgrado i lavori di restauro, mentre
l’apertura del Centro di documentazione della Foiba di Basovizza si è protratta dalle 10 alle 18.
Martedì 11 febbraio, nella Sala Maggiore di Palazzo Tonel-
8 febbraio, il nutrito corteo-fiaccolata in corso Italia.
Nel pomeriggio, presso l’Associazione delle Comunità
Istriane, è stato presentato il libro di Biagio Mannino Sono
andato via, una raccolta di testimonianze di esuli (e non) edita dal Circolo di cultura istroveneta “Istria”. Ne hanno parlato
la direttrice de “La nuova Voce Giuliana” Carmen Palazzolo,
il presidente del Circolo Istria Livio Dorigo e l’autore stesso.
La Spezia: il Sindaco chiede scusa agli Esuli
pianoforte di Luigi Dallapiccola, compositore di Pisino d’Istria,
In occasione del decennale del Giorno del Ricordo 2014, a
come introduzione al Giorno del Ricordo.
La Spezia il Libero Comune di Pola in Esilio da me rappreNel suo intervento il Sindaco Massimo Federici ha comsentato, insieme al Comitato Provinciale ANVGD presieduto
mosso la platea presente con un’affermazione di raro contedall’amico Vittorio Sopracase, dopo diversi incontri propenuto umano e ammirevole coraggio politico, affermando tedeutici con le scuole cittadine sulle vicende storiche delle
stualmente «… chiedo scusa a nome della Città di La Spezia
Foibe e dell’Esodo, ha organizzato una “due giorni” di grande
alla comunità dei profughi Istriani e Dalmati per il trattamento
spessore storico-culturale, riscontrando una fattiva collabosubito quando dal lontano 1947 giunsero esuli e miseri a La
razione con il Comune di La Spezia e la Prefettura, e in partiSpezia, profughi dalla loro terra ormai assegnata dal trattato
colare con il Sindaco Massimo Federici e il Prefetto S.E. Dott.
di Parigi al Regine Nazional-Comunista del Maresciallo Tito».
Giuseppe Forlani.
Parole importanti che solo qualche anno fa sarebbe stato imLa prima manifestazione si è svolta il giorno 6 febbraio
pensabile sentire pronunciare da un Primo Cittadino di una
presso l’auditorium dell’Istituto Tecnico “Fossati - Da PassaCittà che certo non aveva finora dimostrato molta comprenno”, dove sono state coinvolte tutte le scuole superiori di La
sione verso le nostre vicende.
Spezia per incontrare il Prof. Stefano Zecchi, docente di
Il Prefetto ha espresso ammirazione e condivisione per le
Estetica presso l’Università degli Studi di Milano e autore del
parole coraggiose del Sindaco, rimarcando come ogni anno
romanzo Quando ci batteva forte il cuore, già insignito nel
sia importate celebrare
2011 dalla nostra Assoquesto Giorno approfonciazione della benemedendo sempre di più gli
renza Istria Terra Amata,
aspetti meno conosciuti
invitato con il patrocinio
della nostra “storia”, per
del Comune e della Pre“ricordare” ai giovani ciò
fettura a tenere una lecche è stata una vicenda
tio magistralis inerente al
storico-politica tenuta naGiorno del Ricordo con
scosta per troppi lunghi
riferimenti al bellissimo lidecenni. In particolare le
bro da lui scritto. Erano
citazioni del Prefetto
presenti tutte le massime
hanno avuto in MagazziAutorità Istituzionali e Mino 18 l’epilogo di denunlitari, circa 400 studenti,
cia dei gravi fatti accaduti
docenti, cittadini ed Esucontro Simone Cristicchi
li, che sono rimasti affaed il suo bellissimo spetscinati dal magnifico intacolo ad opera di un certervento del Prof. Zecchi,
to randagismo ideologico
interagendo con lui sulle 6 febbraio: gli studenti delle scuole superiori spezzine convee reazionario ancora pretematiche da lui espres- nuti per ascoltare il prof. Stefano Zecchi.
sente in Italia, ma fortuse nel corso del dibattito.
natamente caratterizzato da sporadici episodi di pochi.
La riuscita organizzativa e partecipativa oltre ogni previsioDall’11 al 18 febbraio nell’atrio del municipio è stata visitane lasciava intendere che la successiva giornata del 10 febbile una mostra con tutti gli elaborati a tema realizzati dai rabraio sarebbe stata una naturale continuazione di grande ingazzi dell’Istituto Tecnico “Fossati - Da Passano”, mentre
teresse e spessore culturale. Infatti sia i manifesti ufficiali che
nell’atrio della Prefettura si è potuta ammirare una mostra founo studio approfondito con proiezione di video e interventi
tografica realizzata utilizzando stampe, documenti antichi ed
parlati da parte di alcuni studenti delle scuole superiori spezantiche fotografie “prestate” per l’occasione sia dal LCPE che
zine, sono stati un perfetto preambolo alle tematiche toccate
dall’ANVGD.
dai successivi discorsi dei rappresentanti istituzionali all’inLa nostra Associazione ha voluto così continuare quel perterno del Consiglio Comunale Straordinario indetto, come
corso celebrativo, intrapreso già da alcuni anni dai nostri
ogni anno, in occasione del Giorno del Ricordo.
Consiglieri e Assessori, rivolto soprattutto ai giovani studenti
Prima dello svolgimento della celebrazione il Sindaco, il
delle scuole, affinché il Giorno del Ricordo non sia soltanto
Prefetto e il Presidente del Consiglio Comunale di La Spezia
una manifestazione celebrativa a se stante, ma una più amhanno consegnato agli Istituti direttamente coinvolti sei perpia apertura culturale che è sempre stata nel DNA delle nogamene volute e realizzate appositamente dalla nostra Assostre popolazioni Giuliano-Dalmate.
ciazione e dall’ANVGD. In particolare è stata premiata la stuCon la speranza e la voglia di organizzare e potenziare i
dentessa Maria Irene Ratti del Liceo Classico “Costa” per
contenuti del prossimo anno, ci auguriamo di continuare in
essere risultata tra i vincitori del Concorso Regionale per il
questa direzione che, oggi, ha portato grande soddisfazione
Giorno del Ricordo 2014. Considerando che questa studene riconoscimento a tutti noi che da anni ci battiamo per vedetessa è nipote di una Profuga, e considerando che quest’anre riconosciuta la nostra Italianità e la “nostra storia” all’interno ricorre il decimo anniversario della Legge, il risultato otteno della Storia Nazionale Ufficiale.
nuto risulta ancora più importante.
Andrea Manco
A cura del Conservatorio di La Spezia, diretto dal Maestro
Assessore LCPE per la Divulgazione tra i Giovani
Giuseppe Bruno, sono state eseguite musiche per violino e