Numero 19 - editoriali

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20
MENSILE DIRCREDITO
ncontri
I idee&fatti
febbraio 2014
anno IV
19
OCCUPAZIONE
CONTRO
IL BARATTO DELL’ABI
SALARIO
www.dircredito.info
informati con DirCredito
Incontri
idee&fati
Anno IV - numero 19 - febbraio 2014
Editore: DirCredito
Direttore responsabile: Franz Foti
Vice Direttore: Cristina Attuati
Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi,
Franz Foti, Cristina Attuati
Hanno collaborato a questo numero
Guido Antolini, Filippo Arena, Maurizio Arena, Cristina Attuati, Silvio
Brocchieri, Dante Columbro, Franz Foti, Elisabetta Giustiniani, Livio
Iacovella, Claudio Minolfi, Paolo Monaco, Agnese Ninci, Claudio Nobili, Giulio Pomar, Giulia Ranieri, Dante Sbarbati, Roberto Spoletini.
Progetto grafico: Claudia Spoletini
Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma
Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma
Periodico telematico in corso di registrazione
Reg. Trib. Roma n. 441/2005 - Iscrizione al ROC n. 13755
chiuso in tipografia il 24 febbraio 2014
SOMMARIO
IL PUNTO
Il caso di Electrolux
L’EDITORIALE
L’anacronistico baratto dell’Abi
INTERNAZIONALE
Brevi dal mondo
SINDACATO
Breaking through: il piano d’azione di Uni Global Union
Banca delle Marche: lavori in corso - Fruendo - Equitalia
DirCredito, all’avanguardia sulla difesa della salute
POLITICA
Il Governo secondo Matteo
ECONOMIA
Decreto pasticcio
Cinesi d’élite nei paradisi fiscali
LAVORO
Waiting for Job Act
Esodati: la legge di stabilità tradisce ancora, fuori in 200.000
La crisi aumenta la scala delle disuguaglianze
PENSIONI
INPS, un colosso dai piedi d’argilla
CORPORATE GOVERNANCE
Unione Europea e azionariato dei dipendenti
LEGALE
Osservatorio sulla giustizia
Il filo d’Arianna
BANCA
Credito su pegno
SOCIETÀ
Sessismo, la crisi sociale e politica piomba nell’aula del Parlamento
Cina, le contraddizioni in seno al popolo
In nome della madre
Il saluto a Claudio Abbado
L’italianità, una caratteristica unica
PERSONE
Francesco contro l’usura
CURIOS@NDO
Dallo spazzolino da denti al bordello
Bitcoin: la moneta virtuale impazza nella rete
Gio Batta Persi, il ciclista che prende la vita a pedalate
Umbria, meta affascinante per un weekend “fuori porta”
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n I L P U N TO
Il fatto
del mese
IL CASO ELECTROLUX
Electrolux è una multinazionale svedese, produce elettrodomestici per la casa e per uso professionale.
Ha impianti in 25 paesi d’Europa e in Italia – a Solaro (Lombardia), Porcia (Friuli Venezia Giulia),
Forlì e Susegana (Veneto) – ha concentrato la maggior parte della produzione continentale con 5.715
dipendenti.
A causa della crisi, che ha determinato un calo dell’utile dell’azienda del 29%, il gruppo ha deciso il taglio di 2.000 posti di lavoro a livello globale (1.500 in Europa). Indicando gli stabilimenti italiani come
scarsamente competitivi, l’azienda ha deciso di avviare un’indagine con i sindacati sulla sostenibilità
degli impianti produttivi.
A gennaio si è svolta a Mestre una riunione tra i dirigenti della multinazionale e i sindacati, durante la
quale l’azienda ha presentato i propri piani industriali per i 3 stabilimenti di Solaro, Forlì e Susegana,
ma non per quello di Porcia, dove ogni decisione è stata rinviata all’aprile 2014.
Nel testo base della discussione con i sindacati Electrolux ha proposto una riduzione strutturale dell’orario di lavoro – da 8 a 6 ore – e una riduzione del costo dell’ora lavorata, cioè del rapporto tra il
costo complessivo sostenuto rispetto alle ore effettivamente lavorate. Quest’ultima da realizzarsi attraverso la sospensione dei premi legati a produttività, redditività, qualità ed efficienza, attraverso la sospensione del pagamento delle festività che cadono di sabato e domenica, la riduzione del 50 per cento
dei permessi sindacali, la riorganizzazione delle pause sull’orario a 6 ore, il congelamento degli scatti
di anzianità e anche degli eventuali incrementi legati alla contrattazione nazionale.
Tutte queste misure dovrebbero essere applicate ai quattro stabilimenti italiani e si tradurrebbero nella
riduzione da 3 a 5 euro degli attuali 24 euro spesi in media all’ora per lavoratore. In termini di salario
netto questo equivale a circa l’8 per cento di riduzione, circa 130 euro al mese. A fronte di ciò si giunge
addirittura a fissare per ogni stabilimento l’incremento dei pezzi prodotti per ogni ora lavorata.
Per quanto riguarda Porcia, lo stabilimento che in termini produttivi manifesta maggiori criticità, invece
di porre l’attenzione sui lavoratori, l’azienda si è concentrata sull’analisi della differenza di costo tra
una lavatrice prodotta nella fabbrica di Pordenone e la stessa lavatrice prodotta in Polonia: differenza
che ammonta a 30 euro a pezzo. Quindi, anche significativi tagli di salario non sarebbero comunque
sufficienti a colmare la differenza e a renderla accettabile.
Sembra incredibile, ma è tutto vero.
Redazionale
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In cont ri
L’ E D I TO R I A L E n
L’ANACRONISTICO BARATTO DELL’ABI
Occupazione contro salario, i banchieri in pieno stile Electrolux
di Maurizio Arena
Quando si legge che nel nostro Paese il
10% della popolazione detiene il 50%
della ricchezza non si può far a meno di
pensare che sono proprio le strategie
come quelle messe in campo da ABI che
hanno contribuito a determinare questo
fenomeno che mina lo sviluppo dei sistemi produttivi, del consumo e del progresso sociale e culturale.
“Rivedere” non ha lo stesso significato di
smantellare e appiattire. Confrontiamoci
senza pregiudizi e valutiamo quanto potere d’acquisto le retribuzioni dei bancari
hanno perso nell’ultimo quinquennio.
Smontare la contrattazione integrativa
sarebbe scellerato, perché in essa non
sono presenti privilegi di casta, ma strumenti contrattuali regolarmente negoziati che consentono di premiare la
produttività e le specificità professionali.
Dobbiamo, al contrario, rafforzare la contrattazione di secondo livello per evitare
che molte banche la utilizzino per derogare a norme contrattuali nazionali.
Non sarà forse che l’ABI, invece di pensare a rilanciare il settore e il Paese at-
traverso una seria politica di investimenti
e di accesso al credito di famiglie ed imprese stia cercando di applicare il metodo Electrolux che tenta di far pagare
ai lavoratori il dumping sugli elettrodomestici messi in atto da alcune grandi catene di distribuzione? Prima che sul
metodo impariamo a discutere sul merito, individuando per esempio con l’ausilio di esperti indipendenti che cosa ha
fallito nel modello di banca che i banchieri si ostinano ad applicare.
Dal canto nostro siamo pronti a confrontarci, con onestà intellettuale, su quali
siano e quanto pesino le reali inefficienze
nelle banche. La pregiudiziale che poniamo è che quest’analisi abbia la finalità
non di ridurre i costi, ma di ricercare
anche soluzioni per il rilancio del settore
che ha bisogno di essere profondamente
rinnovato, proiettato verso il futuro e
molto più vicino ai bisogni dei cittadini e
delle imprese, attraverso una riflessione
critica che non escluda a prescindere,
come vorrebbe l’ABI, le responsabilità
del top management.
“ Sembra che l’ABI,
quando si riferisce al contratto,
tenda a declinare gli aggettivi
“innovativo” e “riformista”
in modo del tutto originale
e soprattutto penalizzante
per gli oltre 300.000
lavoratori del settore
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“
Ci risiamo. L’Abi non si smentisce e in
questa fase di attesa, per la riapertura del
confronto per il rinnovo del CCNL, trapelano da Palazzo Altieri alcune voci che
farebbero intendere la volontà di depotenziare la contrattazione integrativa,
perché non più sostenibile. Un film già
visto, che poco ci appassiona in quanto
strumentale e poco costruttivo.
Sembra che l’Associazione Bancaria,
quando si riferisce al contratto, tenda a
declinare gli aggettivi “innovativo” e “riformista” in modo del tutto originale e
soprattutto penalizzante per gli oltre
300.000 lavoratori del settore. Quando
i banchieri pensano al “nuovo” lo fanno
limitandosi ad immaginare tagli dei salari
e quando pensano a “riforme” teorizzano ulteriori affossamenti delle tutele riguardanti i lavoratori.
Il mantra, per l’Abi, è “l’occupazione ad
ogni costo”. Si dimentica, a quanto pare,
che le persone comuni, oltre ad essere
occupate, devono anche provvedere al
proprio mantenimento e a quello delle
loro famiglie a differenza di chi ha il vantaggio, come nel caso dei manager, di
percepire retribuzioni non soggette alle
logiche di mercato.
Noi non siamo disponibili a subire alcun
ricatto. E’ assurdo e insostenibile barattare salario contro occupazione.
Questo tipo di scambio, infatti, non serve
al rilancio dell’economia come hanno
ben compreso in molti altri Paesi. Lo testimonia la presa di posizione del Presidente Obama che, in occasione del
Discorso dell’Unione, “motu proprio”, ha
annunciato l’intenzione di alzare la paga
oraria minima per i dipendenti della pubblica amministrazione.
Siamo di fronte a retaggi che appartengono a Paesi come India, Cina, Brasile,
che hanno avuto tassi di crescita a due
cifre, ma ora in difficoltà espansive, dove
i meccanismi economici si stanno inceppando. Sono Paesi che non brillano certo
per democrazia e redistribuzione della
ricchezza prodotta.
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n INTERNAZIONALE
BREVI DAL MONDO
Notizie, fatti e curiosità oltre i confini
n EUROPA: RISPOSTE CONCRETE AL
CAMBIAMENTO CLIMATICO
Finora l’Europa è sempre stata impegnata in prima linea sul tema dei cambiamenti climatici. Tre erano gli obbiettivi
che il Vecchio Continente si era prefissato per il 2020: la riduzione del 20 %
delle emissioni di gas serra, il recupero
del 20 % del fabbisogno energetico da
fonti rinnovabili e la riduzione del 20%
dei consumi. A sei anni dal traguardo
possiamo dire di essere a buon punto,
poiché nel 2012 le emissioni rispetto al
2007 si sono ridotte del 18 %, le fonti
rinnovabili rappresentano ormai il 14,4 %
del fabbisogno energetico e anche in
tema di razionalizzazione dei consumi si
sono ottenuti risultati apprezzabili.Tali risultati non sarebbero mai stati ottenuti
se a monte non vi fosse stata una forte
volontà politica. Tuttavia pare che altrettanta determinazione non abbia caratterizzato l’azione Europea quando sono
stati fissati i traguardi da raggiungere nei
prossimi 15 anni. L’unico punto fermo
sembra essere la volontà di ridurre drasticamente l’emissione di gas serra, circa
il 35 % rispetto ai livelli del 1990. Nulla è
stato stabilito per quanto riguarda le
fonti di energia rinnovabili senza le quali
si privilegia inevitabilmente l’uso dell’energia nucleare.
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Sembrerebbe quasi che l’Europa sotto la
pressione di stati come Francia e Gran
Bretagna, particolarmente interessati al
business legato al nucleare, abbia varato
un piano orientato ad ottenere vantaggi
a brevissimo termine, allontanando la
prospettiva di una politica energetica più
onerosa, ma più responsabile che fornisca risposte concrete al cambiamento
climatico. Paradossalmente ridimensionando le proprie ambizioni di salvaguardia ambientale l’Europa si indebolisce
proprio in uno di quei settori di cui deteneva la leadership.
n TURCHIA: CRESCITA ESPONENZIALE DEL DEFICIT
Il 29 gennaio, dopo molti tentennamenti,
la banca centrale turca ha deciso di alzare i suoi principali tassi d’interesse, rispettivamente dal 4,5 al 10 % e dal 7,75
al 12 %. Secondo un articolo apparso sul
Financial Times la decisione si è resa necessaria per cercare di porre un argine
al fenomeno dell’inflazione, cresciuta
enormemente negli ultimi mesi anche a
causa del crollo accusato dalla lira turca
nei confronti del dollaro e dell’euro. Probabilmente anche a causa dell’instabilità
politica evidenziata dai recenti disordini
di piazza, la risposta popolare alla politica
sempre più repressiva, anche nell’ambito dei
diritti umani, messa in campo da Erdogan,
nell’ultimo anno il Paese ha
registrato una massiccia fuga dei
capitali
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In cont ri
stranieri. A ciò va aggiunta la crescita
esponenziale del deficit commerciale
che, per l’80 %, è finanziato con capitali
stranieri a breve termine.
n USA: SOLLIEVO ALLE FAMIGLIE
Nel corso dell’annuale discorso sullo
stato dell’unione, tenuto da Barak
Obama lo scorso 29 gennaio a Washington, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di voler far ricorso allo
strumento dell’ordine esecutivo, una
sorta di decreto presidenziale, per superare le divisioni del congresso e varare
misure economiche che possano in qualche modo ridare slancio all’economia
reale e, in particolare, riducano la pressione della crisi sulle famiglie. L’obiettivo
dichiarato di Obama è quello di dare sollievo alle famiglie statunitensi e diminuire
il divario tra ricchi e poveri e tra uomini
e donne. Tra le misure adottate, anche
l’aumento del salario orario minimo dei
dipendenti del governo da 7,25 a 10,10
dollari e l’istituzione di un nuovo fondo
per i pensionati. Il presidente che si trova
nel suo secondo e ultimo mandato ha
così impresso un’accelerazione alla sua
politica chiedendo alla camera, a maggioranza repubblicana, di sbloccare la riforma dell’immigrazione, suo cavallo di
battaglia, già approvata dal senato.
n SUD AFRICA: UNA DONNA CANDIDATA ALLE PRESIDENZIALI 2014
Un’altra donna entra nell’agone politico
e lo fa candidandosi a guidare un Paese
importante e complesso come il Sud
Africa. Si tratta di Mamphela Ramphele,
candidata per Alleanza democratica alle
presidenziali del 2014. Alleanza democratica (Da) è il più importante partito
dell’opposizione sudafricana e può contare su molti sostenitori anche tra la popolazione bianca del Paese. Ramphele
sfiderà l’attuale Presidente Jacob Zuma,
in quota al National African Congress, il
partito di Nelson Mandela. Zuma fischiato più volte in pubblico durante le
cerimonie per le esequie di Madiba è in
netto calo di popolarità. La candidata
dell’opposizione è una nota attivista contro l’apartheid e ha svolto il ruolo di ́ direttrice generale della Banca mondiale.
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WAITING FOR JOB ACT
Che l’attesa non diventi una poltrona
Aspettando Godot, in inglese "Waiting
for Godot". è la più famosa opera teatrale di Samuel Beckett. Appartiene a
un genere di teatro detto “dell'assurdo” di cui, oltre a Beckett, fanno
parte autori come Ionesco, Adamov,
Luigi Pirandello e Genet.
E’ un movimento che si caratterizza
con la credenza che la vita dell'uomo
sia senza senso e senza scopo, dominata dall'incomunicabilità e dalla crisi di
identità che contraddistinguono le relazioni fra gli esseri umani.
Il tema dell’attesa, spesso vana, è un
aspetto che, paradossalmente, caratterizza tutta la nostra esperienza di cittadini italiani rispetto alle istituzioni e
alla politica che ci rappresenta.
Che cosa ci aspetta ora, dopo il “tormentone” della legge elettorale che ha
visto accapigliarsi, per motivi che i più
stentano a comprendere, i nostri deputati e senatori, mentre il Paese,
quello vero, in fila per due, si bloccava
nelle pastoie burocratiche per il pagamento della Tares e della Mini Imu.
E mentre la Fiat, che non si chiama più
così, trasferiva la sua sede fiscale nel
Regno Unito e, nello stesso tempo
l’Electrolux, per rimanere in Italia, proponeva ai suoi operai un taglio del salario dal 30 al 50%.
Ma ecco che, finita quest’attesa, immediatamente se ne profila all’orizzonte
un’altra che si prospetta altrettanto
complessa e foriera di tensioni.
Stiamo parlando del “Job Act”, il piano
per il lavoro che il “vulcanico” Matteo
Renzi ha più volte annunciato tratteggiandolo negli aspetti essenziali e scatenando, come al solito, un mare di
polemiche.
Vediamo allora di fare chiarezza, almeno stando alle informazioni che oggi
sono in nostro possesso, sugli effetti
che questa nuova riforma del lavoro,
nel bene e nel male, e sempre con beneficio di inventario, potrebbe produrre sull’ormai devastato mercato del
lavoro italiano. Va detto che il Job Act,
nelle sue linee guida ancora molto sfumate, è stato accolto positivamente da
Bruxelles, fatto che tuttavia non deve
spaventarci, poiché non è detto che ciò
che entusiasma Olli Rehn debba necessariamente terrorizzarci.
Partiamo dal principio, effettuando
un’analisi preliminare degli aspetti principali della proposta renziana che, come
detto, è ancora in “lavorazione”.
Si prevede un taglio dell’Irap, la tassa
che alimenta la sanità regionale, del 10
% che si finanzierebbe con un aumento
dell’imposta sulle rendite finanziarie.
Fare ciò, anche se solo parzialmente,
costerebbe circa 2 miliardi.
Dove verranno reperiti i fondi o, più
semplicemente, verrà ulteriormente
aumentato il carico fiscale sui soliti
noti?
Relativamente al reddito di cittadinanza, o ad una sorta di assegno universale per chi rimane disoccupato,
con l’obbligo di seguire un corso di formazione e, pena la perdita del sussidio,
di accettare una proposta di lavoro che
gli venisse eventualmente offerta, lo
strumento esiste già. Lo ha introdotto
la Fornero nel 2012.
Renzi, dal canto suo, potrebbe allentare
i requisiti necessari per poter godere
di tale diritto.
Estremamente positiva la proposta di
introduzione dell’obbligo di rendicontazione della for- mazione finanziata con fondi pubblici.
E, per rimanere in ambito pubblico, ci pare apprezzabile il tentativo, probabilmente ai
limiti della “mission impossible”, di eliminare i
contratti a tempo indeterminato per i dirigenti
pubblici, prevedendo di
fatto la limitazione del potere dei “boiardi di stato”.
Più fumosa, invece è la
promessa di abbattere i
costi energetici di circa il
10%, non si capisce infatti
I ncontr i
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n L AV O RO
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su chi poi alla fine verranno addebitati
i costi di questa operazione.
Altrettanto campata in aria sembra la
teoria di creare nuova occupazione in
settori come Cultura-Turismo-Agricoltura, Made in Italy, Ict, Green economy,
Nuovo Welfare, Edilizia, Manifattura, ad
oggi abbiamo solo i titoli del progetto
che manca completamente delle modalità di attuazione.
Diamo ora uno sguardo ai temi che
come organizzazione sindacale ci toccano più da vicino.
Nel Job Act si annuncia che, tempo
otto mesi, verrà presentato un codice
del lavoro che si pone l’obiettivo di ridurre le oltre 40 forme contrattuali
presenti, orientandosi verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Almeno nelle intenzioni la nuova
forma contrattuale prevedrebbe il raggiungimento di tutte le garanzie nell’arco di tre anni.
Anche qui è tutto da verificare, poiché
se, in linea di principio, le semplificazioni
possono giovare alla ripresa dell’occu-
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In cont ri
pazione, l’importante è che con la
scusa di rendere più agili gli impianti
normativi che regolano i rapporti di lavoro non si finisca per agire con l’accetta solo sui diritti dei lavoratori.
Lo stesso ragionamento vale per la
Legge sulla rappresentatività sindacale
e i rappresentanti eletti dai lavoratori
nei Cda delle grandi aziende a cui fa
cenno il Job Act.
Sulla prima non siamo contrari, almeno
in linea di principio, purché la rappresentanza dei lavoratori venga garantita
non solo con riferimento al fattore numerico, ma prestando attenzione alle
specificità professionali.
Sull’ingresso nei Cda delle aziende attraverso l’adozione del sistema tedesco, la Mitbestimmung, che prevede la
presenza dei lavoratori in Consigli di
sorveglianza con possibilità di intervenire sulle scelte aziendali e, in alcuni
casi, di nominare i manager, crediamo
che sia opportuno lavorare su più
fronti, magari anche su quello del sostegno all’azionariato dei dipendenti
previsto dalla nostra Costituzione che,
tuttavia, al momento non
sembra essere contemplato.
Infine, ma non da ultimo,
siamo assolutamente d’accordo sul rafforzamento delle
regole a tutela della trasparenza a 360 gradi. Riteniamo
che tali norme debbano valere in primis per le amministrazioni, ma anche per partiti
e sindacati che beneficiano di
contributi pubblici.
Tuttavia pur non appartenendo a questo tipo di associazioni, vivendo il nostro
sindacato esclusivamente grazie alle quote degli associati,
quando ciò venisse previsto
non avremmo alcuna difficoltà a far certificare i nostri
bilanci.
Ci auguriamo che l’attesa per
il Job Act e le sue declinazioni
pratiche non risulti infinita,
perché come era solito dire
John Fitzgerald Kennedy
“Dobbiamo usare il tempo
come uno strumento, non
come una poltrona”.
Cristina Attuati
POLITICA n
IL GOVERNO SECONDO MATTEO
La morsa dei tempi costringe al disarmo bilanciato governo e opposizione
Siamo sul punto d’invertire la rotta. La
ripresa è vicina.Timidi ma certi i segnali
di rilancio. La macchina del risveglio è
già in corsa. Fra sei mesi saremo fuori
dalla bufera. Il processo delle riforme è
già partito. Questi sono stati gli slogan
recenti della politica che ormai scivolano addosso a chiunque. Disincanto e
scetticismo sono ancora prevalenti tra
la gente. Ora si attende il nuovo.
Mario Monti ci aveva abituati alle frasi
brevi e incisive, ma non si allontanava
molto dallo stereotipo dello slogan e
contemporaneamente scagliava sassate contro salari e pensioni. Centinaia
di migliaia di esodati sono ancora in
lacrime e non per solidarietà con la
Fornero.
Letta ci stava abituando al post andreottismo: un passo alla volta ripetuto più
volte, sino allo sfinimento.
Renzi vuole “il veloce cambio di passo”,
chiaro e preciso, ma le trame delle
lobby e dei poteri forti, naturalmente
quelli che stanno dietro le quinte dei
partiti – i boiardi della finanza speculativa, degli ordini professionali e della
burocrazia di stato – sono sempre in
agguato. Pronti a costringere il Paese in
uno stato ricattatorio di limbo politico
e sociale perché così prospera la ricchezza dei pochi.
E così il sistema Italia continua a reggersi su due pilastri marcescenti, il Privilegio e il Potere perverso.
Intanto Alfano ha necessità di consolidare il suo schieramento. Con una legislatura lunga logorerebbe il suo ex
datore di lavoro, almeno anagraficamente, con l’ambizione di ereditare lo
scettro della destra.
Il centro sarebbe felice di mettere insieme i cocci delle recenti diaspore in
tempi non brevi e la sinistra minoritaria
del PD potrebbe giocare i suoi brutti
scherzi al nuovo messia politico Matteo Primo. Antichi e disastrosi “vizietti”
autodistruttivi della sinistra.
Grillo e la sinistra radicale sono già in
attesa che il governo Renzi venga impallinato e “rottamato” già sul nascere.
Anche per loro i tempi lunghi della legislatura non sarebbero augurabili perché ci si dovrebbe misurare con le
macroriforme e con proposte alternative in una situazione economica a risorse zero. Così ci dicono. E Berlusconi,
vero arbitro del governo Renzi, aspetta
la rivincita giocando in panchina le sue
solide carte.
Matteo ha già configurato il suo “vangelo” fondato su tre assi che dovrebbero dare il senso vero del mutamento: contenuti riformatori, velocità di
esecuzione, ripresa economica e rimotivazione alla politica.
Punta su quattro piani di azione che
comprendono riforme istituzionali, lavoro, riforma della pubblica amministrazione, fisco. I tempi sono davvero
stretti.
Il “vangelo” dovrà produrre i suoi effetti
entro il mese di giugno e poi si dovranno chiudere le fasi parlamentari
per riformare il Titolo Quinto della Costituzione. Se dovesse saltare “il banco”,
I ncontr i
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mentre la disoccupazione avanza disastrosamente, probabilmente andremo
verso la balcanizzazione italo-ellenica.
In realtà siamo di fronte a uno scenario
mefitico e preoccupante: mafie, evasione fiscale, corruzione, sprechi e burocrazia pubblica valgono 1000 miliardi
di euro.
Il Paese soffre e pazienta, ma non
credo che “i timonieri” abbiano molto
tempo nel dare risposte urgenti.
La sintesi più incisiva dello stato del
paese l’ha fatta una recente copertina
dell’Espresso con solo cinque strisce
flash, che ripeterei sino all’ossessione:
cinquantamila denunce per reati tributari, 987 arresti; 32 condoni fiscali in 34
anni; 5 milioni di contribuenti sospetti,
2 mila controlli veri; 808 miliardi nascosti e scoperti, appena 69 recuperati; e
quando si arriva al processo, ci vogliono 903 giorni solo per il primo
grado. “E questo è tutto” avrebbe
detto Perry Mason.
Franz Foti
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n ECONOMIA
DECRETO PASTICCIO
Imu pagata da Banca d’Italia con i soldi dei cittadini.
Battaglia in Parlamento contro l’ennesimo regalo alle banche
A passare ai raggi x il decreto ImuBankitalia, la contestazione che ha minacciato di bloccare i lavori parlamentari, non appare completamente fuori
luogo. Deprecabile nei modi ma,
nel merito delle misure, parzialmente
apprezzabile.
Il provvedimento, così come è stato
approvato alla Camera, dopo il doppio
passaggio parlamentare, prevede che il
capitale della Banca d’Italia, rimasto
inalterato al suo valore originale del
1936 – circa 156 mila euro – venga rivalutato. Un comitato di esperti nominato dalla stessa Bankitalia, ha stimato
il valore attuale del capitale tra i 5 ed i
7,5 mld di euro, demandando al governo, che ha fissato in 7,5 miliardi, la
cifra definitiva. In tal modo ai soci, banche e assicurazioni italiane, è stato attribuito un nuovo valore delle quote di
appartenenza, molto più alto di quello
precedente e tutto a carico delle riserve statutarie accantonate nel
tempo da Bankitalia.
Inoltre, il provvedimento prevede, per
evitare concentrazioni, che nessun
socio possa detenere una quota supe-
“ Il provvedimento prevede
che nessun socio possa detenere
una quota superiore al 3%
del capitale, obbligando
a vendere quelle in eccesso
10
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”
In cont ri
riore al 3% del capitale, obbligando a
vendere quelle in eccesso.
La scelta di agganciare la rivalutazione
delle quote di Bankitalia alla cancellazione della seconda rata Imu ha assunto un valore economico reale ed
un rapporto diretto. Le coperture finanziarie per assicurare la cancellazione dell’imposta arrivano infatti
prevalentemente da un aumento significativo degli acconti fiscali per banche
e assicurazioni e da un’addizionale una
tantum sugli utili degli stessi istituti
(solo per l’anno 2013, 1,53 miliardi di
euro relativi alla plusvalenza derivante
dall’incremento di valore delle quote
che si somma ai 1,49 miliardi di anticipi
che il Governo ha chiesto come acconto sulle imposte da versare per
l’esercizio 2014).
Le banche e le assicurazioni, dopo
qualche timida protesta, hanno accettato senza scomporsi solo perché,
stimolate dal fatto che nella seconda
parte del decreto, quella relativa
appunto alla rivalutazione delle quote Bankitalia, sarebbero arrivate le
compensazioni.
Sono infatti tre i motivi per cui il provvedimento ha immediatamente innescato l’interesse delle banche. Il primo
è di natura contabile: le nuove quote
rivalutate rafforzeranno il loro patrimonio alla vigilia della supervisione che
la Banca Centrale Europea si appresta
a svolgere sui bilanci degli istituti. Il valore delle proprie partecipazioni viene
moltiplicato - da 0,56 a 25.000,00 euro
- consentendo di consolidare, agli occhi
dei supervisori comunitari, anche se
non per l’esercizio 2013, i bilanci che
attualmente non sono proprio al top
della forma.
Ma c’è dell’altro. Il nuovo provvedimento fissa al 6% un tetto massimo di
quota di dividendi da ripartire sugli utili
che Bankitalia produce. Una parte rilevante arrivano da sempre dall’attività
ECONOMIA n
di signoraggio – l’emissione fisica di
monete e banconote - che compie in
regime di monopolio (attività pubblica)
e che andrebbero, con l’attuale riforma, distribuiti a favore dei privati. Il
6% sul capitale rivalutato equivale a
una somma massima di 450 milioni di
euro che annualmente sarebbero distribuiti alle banche, a scapito di quella
destinata tradizionalmente allo Stato.
Tanto che, prudenzialmente, nel bilancio 2014-2015 e 2016 il governo ha
previsto un abbattimento di entrate
per 750 milioni di euro. Possiamo dire
che lo Stato ha generosamente deciso
di rinunciare a una parte consistente
degli utili attesi ogni anno a favore delle
banche.
I commi 5 e 6 dell’articolo 4 del decreto impongono la cessione delle
quote superiori al 3%. Intesa e Unicredit ad esempio, per via delle acquisizioni realizzate nel corso degli anni, si
sono ritrovate proprietarie, da sole, di
oltre il 50% delle quote (30% Intesa,
22% Unicredit). La parte eccedente il
3% ciascuna dovrà essere ceduta ad
istituzioni finanziarie con sede in Italia.
Se nessuno dovesse comprare le
quote in eccesso, in un mercato di
fatto inesistente, il decreto stabilisce
che potrebbe essere il Consiglio Superiore di Bankitalia a riacquistarle, al fine
di riportare le quote in parità fra i soci.
Il beneficio per queste due banche potrebbe essere tra i 4 e i 5 miliardi a carico della stessa Banca d’Italia,
acquirente di “prima” istanza per poi ricollocarle su altri soggetti della mede-
sima tipologia. Ma la generosità non ha
limiti.
La rivalutazione impone alle banche il
pagamento delle tasse sulla plusvalenza
maturata essendo passato il valore
della quota da 0.56 a 25.000 euro. L’aliquota ordinaria da applicare, pari al
22%, avrebbe garantito allo Stato almeno 1,5 miliardi di euro, ma di passo
in passo nell’ingorgo legislativo di fine
anno l’aliquota viene fissata al 12%.
Così, l’intera operazione “costa” alle
ARRIVA SEPA
banche solo 900 milioni di euro. E lo
Stato, alla fine dei conti, incassa meno
di un miliardo.
In conclusione, maxi dividendi, restyling
dei bilanci prima dei test europei,
quote da vendere e miliardi da incassare tutto a carico delle riserve statutarie di Bankitalia, che appartengono in
fin dei conti ai cittadini italiani. Forse
L’IMU la stanno pagando comunque i
contribuenti.
Dante Sbarbati
Sepa è l’acronimo di Single euro payments area, ossia l’area unica dei pagamenti
europei al cui interno possono essere effettuati e ricevuti pagamenti, utilizzando
un unico conto corrente o un’unica carta di credito, indipendentemente dal
paese in cui ci si trova senza alcuna differenza tra pagamenti nazionali ed europei.
Appartengono a questa area 33 paesi, quindi anche se non facenti parte dell’area
euro.
In pratica dal 1° febbraio il bonifico Sepa e l’Addebito diretto Sepa sostituiranno
il bonifico nazionale e il RID. Di fatto con questa modifica non si saranno più
differenze fra pagamenti domestici ed europei che saranno effettuati con le medesime modalità, sicurezza e costi. A breve saranno estesi anche ai pagamenti
di e-commerce di beni e di servizi.
Il bonifico Sepa verrà eseguito con l’utilizzo del codice IBAN del destinatario
della rimessa (fino al 31 gennaio 2016 per le destinazioni non domestiche potrebbe essere richiesto ancora il BIC). L’esecuzione avverrà entro il giorno successivo all’operazione.
L’addebito diretto Sepa: nulla varia per chi ha già la domiciliazione RID in quanto
il passaggio al nuovo sistema avverrà automaticamente. Per chi dovrà invece attivare nuove domiciliazioni, oltre il sistema cartaceo attualmente in vigore, a
breve potrà utilizzare un modulo online sul sito del fornitore. Il cliente potrà
inoltre comunicare alla banca di limitare l’importo o fissare una determinata periodicità ed infine fornire liste di creditori indesiderati.
Chi utilizza i sistemi di home banking avrà certamente notato le modifiche formali già presenti, ma per eseguire un bonifico, nella sostanza, la procedura non
è stata cambiata e l’utente ha eseguito l’operazione senza accorgersi di nulla.
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
11
n C O R P O R AT E G O V E R N A N C E
UNIONE EUROPEA
E AZIONARIATO DEI DIPENDENTI
Timide esperienze in Italia, nel sistema bancario tutto tace
L’azionariato dei dipendenti, elemento
essenziale per una moderna strategia
partecipativa, è ormai definitivamente
visto come tassello necessario per la
coesione sociale.
È questo il momento per tracciare un
bilancio della legislatura europea che si
avvia a conclusione, dal punto di vista
sovranazionale della Federazione Europea dell’Azionariato dei Dipendenti
– Efes (ndr presieduta da Guido Antolini), con un occhio anche a quanto accade in Italia.
La legislatura europea è arrivata al suo
termine naturale. Con le elezioni del
prossimo maggio 2014 i cittadini europei eleggeranno i Deputati componenti il Parlamento, avviando anche il
processo di ricostituzione della Commissione europea, l’organo esecutivo
dell’Unione.
La prima valutazione di questa legislatura è relativamente positiva. Le aspettative che il semestre iniziale di
presidenza francese dell’Unione potessero portare nelle istituzioni europee
12
un impulso alle modalità concretamente partecipative tramite l’azionariato dei dipendenti, in cui la Francia è
da sempre il Paese più avanzato, sono
state parzialmente disattese. Occorre
tuttavia sottolineare che il lavoro incessante, ma poco visibile, delle parti sociali europee, con il diretto contributo
della EFES ha portato dei risultati importanti. L’Avviso Comune del Comitato Economico e Sociale (il CNEL
europeo) dell’ottobre 2010 è stato un
primo elemento di condivisione e superamento di consolidati pregiudizi.
Nello stesso periodo la Direzione
Mercato Interno, sotto la responsabilità
del Commissario Michel Barnier, alle
prese con la drammatica crisi del sistema bancario e produttivo europeo,
ha radicalmente modificato l’approccio
alla Corporate Governance precedentemente assunto dal Commissario Mc
Creevy, ultraliberista già ispiratore
dell’effimero “miracolo economico irlandese” dei primi anni 2000.
La presenza esplicita dell’azionariato
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
dei dipendenti nei documenti ufficiali
comunitari di corporate governance
(ai quali, ricordo, il DirCredito ha fornito suoi autonomi contributi) ha indotto EFES a chiedere all’Unione Europea di passare all’azione, nel corso
dell’audizione pubblica presso il Parlamento Europeo del Marzo 2012. Il Parlamento, nelle ristrettezze di budget
ormai familiari, ha accolto parzialmente
le nostre richieste, avviando un progetto pilota direttamente gestito dalla
Commissione, nel cui ambito si è tenuta una conferenza lo scorso 30 gennaio. L’elemento di maggior interesse è
stata la presentazione del documento,
approvato a larga maggioranza dalla
Commissione Lavoro del Parlamento
e successivamente in plenaria, per la
promozione della partecipazione finanziaria in Europa, presentato dal relatore on. Phil Bennion.
È fatta? Certamente no, ancora molti
equivoci vanno definiti, primo fra tutti
la parificazione fra profit sharing (ordinaria attività sindacale, in cui l’azienda
è controparte negoziale) e azionariato
dei dipendenti, la forma di partecipazione più “alta” direttamente interessata dalle questioni di Corporate
Governance. Ma l’indirizzo per la prossima legislatura è ormai tracciato.
In Italia, forse, qualcosa si muove. Telecom Italia e Prysmian hanno lanciato
piani di azionariato diffusi, mentre il segnale più importane viene dal progetto
di assegnare una quota rilevante di
Poste Italiane ai dipendenti, nel quadro
della prevista privatizzazione.
Nel sistema bancario, invece, tutto
tace. Sembra che l’ansia di ridurre il
cuneo fiscale si plachi quando si ricorda
che esiste una franchigia di 2.065 euro
per i pagamenti in azioni.
Chissà se nel prossimo CCNL ci potrà
essere anche qualcosa di positivo…
Guido Antolini
SOCIETÀ n
SESSISMO, LA CRISI SOCIALE E POLITICA
PIOMBA NELL’AULA DEL PARLAMENTO
Si sposta sulla rete la frustrazione maschile di mediocri, codardi e primitivi
Per una volta partiamo da lontano. Di
fronte all’adulterio quasi mai l’opinione
pubblica ha dubbi; se si riferisce all’uomo arriva subito il perdono perché
“l’uomo è cacciatore”. Se invece l’osservazione raggiunge l’altro emisfero di
genere scatta subito la condanna perché “la donna è ….”.
Fa male ammetterlo ma ancora oggi, in
qualunque regione d’Italia e a qualsiasi
età, la percezione è che questa sia
sempre l’opinione più diffusa.
Un luogo comune, certo, come quello
dei carabinieri “fedeli nei secoli” o delle
stagioni “che non esistono più” e dei
politici “tutti ladri”. Ma proprio perché
“comune” è più difficile da combattere.
Qual è il meccanismo sessista che
scatta ogni volta?
Dato il presupposto che la donna è disponibile sempre a tutto e con tutti, in
caso di confronto acceso, per l’uomo
spesso l’offesa a sfondo sessuale è una
conseguenza naturale.
Un’abitudine, talvolta, con protagonisti
d’aspetto insospettabile, che oggi trova
la sua migliore opportunità nell’anonimato della rete internet. Ogni occasione diventa buona per sfogare i
propri istinti repressi, rovesciando offese di tutti i tipi alle donne, sempre e
comunque facendo riferimento al
sesso, nelle sue più oscure perversioni.
In definitiva molti uomini proprio non
ce la fanno.
Il bilancio è desolante e sembra impossibile cambiare percezioni radicate fortemente nell’animo di molti. Quando
c’è da offendere una donna la prima
cosa che viene in mente ad un uomo
è un’offesa sessista.
Nelle scorse settimane il problema
è emerso in tutta la sua drammaticità perché ha investito le massime i
stituzioni.
Prima in Parlamento, poi sulla rete, ad
alcune deputate della Repubblica sono
state rivolte espressioni di forte disprezzo sessista: “voi donne siete qui
solo perché sapete fare …”. Sul blog
di Beppe Grillo in tanti si sono rivolti
alla presidente Laura Boldrini invo-
livia
Incon t ri
cando addirittura violenza sessuale e
inneggiando allo stupro. Incredibile, assurdo, ingiustificabile!
Qui non si tratta solo di razzismo o di
sottocultura popolare e non è solo un
problema di veline. Siamo in presenza
di una vera e propria emergenza culturale a cui non si può far fronte semplicemente con la censura.
Bisogna tirarsi su le maniche e tornare
a parlare quotidianamente di valori
umani e rispetto per il prossimo. Alla
base non c’è solo un problema di parità tra uomo e donna.
Questo è un problema sociale gravissimo che ha ripercussioni in ogni
ambito, da quello professionale lavorativo a quello familiare, all’educazione
religiosa che ha anch’essa profonde
responsabilità.
Papa Francesco ricorda molto spesso
il ruolo fondamentale della donna nella
Chiesa; ma chissà se si arriverà mai a
riformarne la struttura di base, ammettendo l’altro emisfero al sacerdozio e
conseguentemente alla carriera ecclesiale. Questa sì sarebbe una vera rivoluzione culturale, per il mondo intero
e non solo per il nostro piccolo Paese.
La politica deve fare molto, anzi moltissimo, tornando a ricomporre il modello sociale da proporre alla percezione popolare. È da lì che si dovrebbe
iniziare. Spesso, in passato, proprio
nell’ambito politico esempi non esaltanti di corruzione sessuale ce ne sono
stati, lo sappiamo tutti.
L’esempio deve venire da tutti, uomini
e donne capaci, insieme, di superare
stereotipi e cliché tramandati per generazioni, pensando che la cultura e il
rispetto per la persona costituiscono
valori sui quali costruire relazioni e rapporti che possano accrescere le opportunità e non limitarne i confini
intellettuali. Saremo capaci?
Livio Iacovella
- genn ai o 201 4 n
13
n LEGALE
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA
a cura di Claudio Minolfi
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 22798 del 12 dicembre 2012
“
il dipendente che
inserisce una
clausola, sia pure
di miglior favore,
non prevista
tra le condizioni
di investimento,
infrange l’obbligo
di eseguire
la prestazione
fedelmente
“
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE BANCARIO
PER VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE
NEI CONFRONTI DEI CLIENTI
Confermando le decisioni già di primo e di secondo grado, la Corte di Cassazione
ha sancito la legittimità del licenziamento comminato al dipendente bancario, nella
specie Responsabile di Filiale, che aveva fatto sottoscrivere ad alcuni clienti prenotazioni d’acquisto obbligazioni senza fornire loro idonee informazioni, soprattutto in
ordine alle possibilità di vendita a determinate scadenze, inserendo di proprio pugno
l’impegno a vendere i titoli – entro una certa data – a prezzo non inferiore al valore
nominale. A nulla è valso il tentativo d’invocare la carenza di proporzionalità tra
l’evento contestato e la sanzione applicata, sostenendo d’aver agito il funzionario nella
piena convinzione di operare nell’esclusivo interesse dell’Azienda e di poter personalmente ripianare le possibili perdite cui aveva esposto l’istituto. Analogamente vano,
anche, addurre la mancata esposizione dei previsti regolamenti in un luogo accessibile
della Banca, avendo quest’ultima dimostrato di aver fatto una capillare consegna del
testo direttamente ai dipendenti.
Hanno ritenuto i Giudici della Suprema Corte che, indipendentemente da ogni altra
valutazione, nel momento in cui il dipendente inserisce una clausola, sia pure di miglior
favore, non prevista tra le condizioni d’investimento fissate nel modulo sottoscritto
dai clienti (predisposto dalla Banca in modo conforme alle leggi ed alle delibere dei
propri organi di vigilanza, per dargli caratteristiche di generalità e certezza), non infrange regole di comportamento, ma addirittura l’obbligo di eseguire la prestazione
fedelmente.
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 17371 del 16 luglio 2013
14
n fe bb rai o 2014 -
“
In cont ri
la valutazione
negativa sullo
svolgimento di vari
incarichi affidati
al collaboratore,
non è sufficiente
da sola a giustificare
un provvedimento
espulsivo
“
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO COMMINATO PER MANCATO
RAGGIUNGIMENTO DEI RISULTATI
Con decisione del novembre 2009, la Corte d’Appello di Trento rigettava il gravame
proposto nei confronti di una sentenza del Tribunale con cui era stata dichiarata l’illegittimità del licenziamento di un dipendente dell’Amministrazione Provinciale di
Bolzano, per il suo persistente insufficiente rendimento ed i susseguente mancato
raggiungimento degli obiettivi. Puntualizzavano i giudici di merito che, in assenza di
specifiche contestazioni circa omissioni di comportamento, non è sufficiente la prova
del mancato raggiungimento del risultato atteso per integrare i presupposti di un licenziamento per “scarso rendimento”, almeno non prima di aver giustificato il livello
minimo della prestazione esigibile. La valutazione negativa sullo svolgimento di vari
incarichi affidati al collaboratore, non è sufficiente da sola a giustificare un provvedimento espulsivo.
Facendo propri gli esposti principi, la Suprema Corte, ha confermato, con la sentenza
in esame, che il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale non integra
di fatto un inadempimento, non potendosi tra l’altro escludere che l’inadeguatezza
della prestazione resa potrebbe essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o a fattori non dipendenti dal lavoratore.
In mancanza, tra l’altro, di prova sulla persistenza nel tempo del presunto scarso rendimento, riviene dall’assunto della decisione il principio che l’insufficiente prestazione
lavorativa, per poter giustificare la massima sanzione, deve essere, riferita, rapportandola alle varie mansioni attribuite, ad un rendimento significativamente basso ed inadeguato, non dal mancato raggiungimento di un risultato sia pur ben definito.
ECONOMIA n
CINESI D’ÉLITE NEI PARADISI FISCALI
All’ombra di Mao 22 mila società offshore e 180 milioni di poveri
Mai fu più azzeccato il detto popolare
"ogni mondo è Paese”. I figli dell’ex premier Wen Jiabao e il cognato del presidente Xi Jinping sono finiti in una lista
"nera" che riporta i nomi dei notabili
cinesi del nuovo corso che coniuga il
comunismo di "stretta osservanza" con
il capitalismo sfrenato che hanno deciso di guardare ad occidente, occultando i propri capitali in paradisi fiscali.
Non si tratta di casi isolati, l'eccezionalità dell'evento risiede nel fatto che,
stando ai dati forniti da un'inchiesta
condotta dall' International consortium
of investigative journalists, sono ben 22
mila le società offshore create negli ultimi anni da altrettanti cittadini cinesi.
Si tratta di persone che hanno deciso
di trasferire i propri "risparmi" in luoghi,
come le Antille Olandesi, le Virgin Island e Samoa, noti, oltre che per le loro
spiagge bianchissime ed incontaminate,
per la disinvoltura con cui accolgono e
tassano capitali di dubbia provenienza,
frutto di illecito e quasi sempre sfuggiti
alla tassazione dei Paesi di appartenenza. Parlando di cifre, pare, stando
sempre ai dati emersi dalla ricerca citata, che nell'ultimo decennio i miliardi
di dollari che hanno lasciato la Cina per
dirigersi verso paesi più compiacenti,
È da poco trascorso il Capodanno cinese, celebrato quest’anno il 31 gennaio. Essendo quello tradizionale cinese un calendario lunisolare, i mesi coincidono con il novilunio, quindi, la data
d'inizio del capodanno può variare di circa 29 giorni, venendo a coincidere con la seconda luna nuova dopo il solstizio d'inverno, evento
che, a seconda degli anni, si verifica fra il 21 gennaio e il 19 febbraio
del calendario gregoriano. Le festività per il nuovo anno durano in
media due settimane, anche se la festa vera e propria inizia la sera
della vigilia per terminare la sera del quindicesimo giorno con la festa
delle lanterne. I cinesi tendono a trascorrere questo periodo in famiglia visitando parenti e amici. Inoltre indossano per quanto possibile capi rossi, colore tradizionale ritenuto propiziatorio. Quest’anno,
in occasione della ricorrenza, la Cina del nuovo corso ha provveduto,
attraverso la banca centrale, ad iniettare liquidità nei principali istituti
di credito del Paese per garantire la circolazione del contante durante i giorni di festa che, da sempre, hanno fatto registrare un sensibile aumento della richiesta di liquidità. La mossa del Governo va
anche intesa a sostenere la riduzione dei tassi di interesse dei prestiti
interbancari, che a gennaio sono schizzati dal 4 al 6,5 per cento.
I ncontr i
da un punto di vista fiscale, siano quasi
quattromila. Un bel mucchio di soldi se
si pensa che la Cina oggi conta circa
1,35 miliardi di abitanti di cui il 13,4%
si trovano ancora sotto la linea di povertà. Ricchezza che, se venisse tassata
e comunque reinvestita nel Paese che
l’ha prodotta, contribuirebbe sicuramente a ridurre quella percentuale di
poveri a 2 cifre.
Il problema, tuttavia, non interessa solo
Paesi emergenti i cui impianti democratici lasciano molto a desiderare,
dove quindi chi detiene il potere economico è in fondo legittimato dalla
mancanza di regole certe a tiranneggiare tutti gli altri.
È un problema che investe anche realtà come la nostra dove le norme
sulla tassazione e le sanzioni contro
l’esportazione illecita di capitali abbondano, lo sanno bene i cittadini comuni.
Ciò determina la progressiva concentrazione delle ricchezze nelle mani di
pochi con l’evidente risultato di un impoverimento graduale del ceto medio,
una disgregazione del principio di solidarietà e quindi una messa a rischio del
concetto stesso di democrazia.
Morale: la Cina è sempre più vicina!
- feb brai o 2014 n
15
Giulia Ranieri
n SOCIETÀ
CINA
LE CONTRADDIZIONI IN SENO AL POPOLO
Spuntano le opere d’arte, lusso femminile, super ricchi a 38 anni e tanti poveri
Mai e poi mai Mao, nell’immaginare il
futuro, avrebbe supposto una società
cinese così polarizzata come nella
quasi totalità del vituperato occidente
e in così breve tempo.
Pensate: donne cinesi che fanno regali
di lusso superando la tradizionale supremazia degli uomini, dominano il
mercato raggiungendo quasi la metà di
tutti gli acquisti influenzando il mercato
per una cifra che si aggira intorno ai 14
miliardi di dollari, si lanciano negli acquisti di cosmetici, profumi e abbigliamento femminile. E tutto ciò
si verifica anche in presenza di
un rallentamento dell’economia che segnala
una certa spinta all’austerità, tanto che le
autorità cinesi vietano ai funzionari
pubblici di
farsi protagonisti di spese esagerate
e malgrado si sia registrata una contrazione dei consumi per “cadeaux”
del 25 per cento rispetto all’anno
scorso. Quattrocento milionari cinesi di cui 41 super ricchi vantano un reddito annuo di 16 milioni di dollari, mentre gli altri si fermano a soli 1,6 milioni
di dollari - con un’età media di 38 anni,
16
hanno speso per regali il 15 per cento
in meno rispetto al 2013.Nei primi
posti della scala degli acquisti dei ricchi
cinesi ci sono i vini, orologi, articoli di
moda per le donne, senza disdegnare
la propensione ai viaggi che continua a
scalare le classifiche dei desideri dei cittadini dagli occhi a mandorla. E senza
volersi far mancare lo sport. Ma non
quello popolare bensì il blasonato golf,
che, certamente, non verrà praticato in
luoghi in cui si usa la mascherina antismog per poter sopravvivere in salute.
E fin qui siamo nella
scia della ricerca
condotta da
dirige, come prodotto nuvoloso
d’esportazione gratuita, con sempre
maggiore frequenza, verso i luoghi più
vicini della disinvolta America. E con
questa realtà non fa certo “pendant” la
vocazione dei neo ricchi a procurarsi
costose collezioni di orologi e chissà
perché proprio gli orologi, mentre
spunta anche una propensione all’acquisto di opere d’arte come accadeva
nel mondo occidentale, soprattutto ai
ricchi nostrani che spendevano cifre
stratosferiche per esibire pareti casalinghe cariche di dipinti di De Chirico,
Modigliani e Dalì. La ricchezza è sacro
santa e nessuno
Bain&Co.
e riportata
da Red Luxury.
È evidente che restano fuori dalla ricerca i quasi 200
milioni di cinesi che vivono in povertà e le centinaia di migliaia che lavorano oltre i limiti del
possibile, in ambienti non del tutto sicuri e con tassi d’inquinamento da rabbrividire. Inquinamento che ormai si
può pensare di ridimensionarla per
motivi ideologici o per idiosincrasia nei
confronti di persone dai dobloni d’oro.
È che, forse, una maggiore attenzione
alla povertà, ai diritti civili delle comunità cinesi, una condizione più umana
di lavoro accompagnata da attenzione
alla sicurezza non dispiacerebbe e non
solo in Cina.
Franz Foti
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
LEGALE n
IL FILO D’ARIANNA
Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana
Tracciabilità dei pagamenti e limiti all’uso del contante
Pronti a pagare con il Bancomat prodotti e servizi forniti da imprese
e professionisti per importi superiori ai trenta euro
Ulteriore e nuova disposizione del Governo in carica, nell’intento di favorire i consumatori nei loro pagamenti consentendo, nel contempo, una maggiore tracciabilità dei
medesimi, è quella che impone dal prossimo 28 marzo l’obbligo per imprese e professionisti di accettare i pagamenti superiori ai trenta euro mediante carta di debito.
Non appena, però, pubblicato il Decreto recante il nuovo dispositivo (D.M. 24/01/14),
con un emendamento al testo del Decreto Milleproroghe 2013, proposto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, l’indicata decorrenza è già stata prorogata
al 30 Giugno 2014.
Il provvedimento, mirando ad una semplificazione degli oneri a carico della collettività,
ha introdotto un’ulteriore misura di controllo alla circolazione del danaro e, pur lasciando inalterato il limite degli € 999,99 per i pagamenti in contante, ha di fatto ridotto tale limite per diverse operazioni.
E’ dal 2011 che ridotto il limite di utilizzo del contante, prima da € 5.000 ad € 2.500
e quindi ad € 1.000, non è stato più modificato tale tetto e, nel Marzo 2012, sono
stati ricondotti nel limite degli € 999,99 anche i saldi dei libretti al portatore.
Come noto caposaldo della normativa antiriciclaggio: ogni trasferimento di danaro
superiore ai mille euro dovrà avvenire unicamente per il tramite di un intermediario
abilitato o a mezzo assegni bancari o circolari, vaglia cambiari o postali, purché muniti
di clausola di non trasferibilità.
Opportuno ricordare che, per le violazioni alla Legge, le sanzioni, da un minimo di
tremila euro, saranno ben rilevanti e l’unico mezzo per alleggerirne il peso potrà essere la scelta, solo per le infrazioni inferiori ai 250mila euro, del pagamento di un’oblazione del 2% dell’importo eccedente la soglia, purché nei 60 giorni dalla
contestazione.
Sarà comunque possibile senza alcuna limitazione d’importo, in Banca o alla Posta,
prelevare dal proprio conto corrente, cambiare un assegno, effettuare pagamenti in
contante, trattandosi di transazioni in cui è parte attiva un intermediario abilitato.
Si dovrà, però, in detti casi evitare la frequenza delle operazioni, potendo l’intermediario essere indotto da tale comportamento a segnalare all’organo competente
(U.I.F. - Unità di Informazione Finanziaria) di trovarsi di fronte ad attività sospette di
essere finalizzate al riciclaggio.
Risulta chiaro che non sono stati vietati i trasferimenti superiori ai mille euro, ma che
sarà possibile effettuarli in contante solo per la parte non eccedente gli € 999,99 regolando la differenza con mezzi tracciabili (assegno, carta di credito, bancomat, bonifico), e tanto anche nei rapporti familiari, per cui il limite varrà anche per il passaggio
di danaro tra coniugi e da genitori a figli.
Disciplina ancor più restrittiva per il pagamento dei canoni d’affitto, avendo la “Legge
di Stabilità 2014” (n° 147 del 23/12/13) sancito l’obbligatorietà della loro corresponsione solo mediante modalità che escludano l’uso del contante e assicurino la tracciabilità qualunque ne sia l’importo, ad eccezione di quelli afferenti ad alloggi di edilizia
pubblica.
Claudio Minolfi
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
17
n BANCA
CREDITO SU PEGNO
Una proposta di utilità sociale contro l’usura
Corriere della sera.it (29.10.13) “…
Cresce il credito bancario su pegno. Abitudini che cambiano, la prospettiva della
liquidità immediata…”.
La Repubblica - Torino.it (25.11.13)
“… Crisi, tra i big del credito sfida sul
Monte dei Pegni: a Torino si moltiplicano
gli sportelli dove poter lasciare in pegno
preziosi…”.
Il Sole 24 Ore – Finanza e Mercati
(01.12.13): “…Credito su pegno: un canale antico che decolla in tempi difficili:
circa 40 banche in Italia offrono denaro
in prestito a fronte di un pegno…”.
La stampa, nel corso di svariati anni, si
è ciclicamente interessata al credito su
pegno enfatizzando come, in questo
modo, fosse semplice e conveniente
ottenere prestiti.
Tuttavia, in 37 anni dedicati esclusivamente a questa attività, non ho mai
letto qualcosa di nuovo rispetto a ciò
che è stato confezionato apparentemente sempre dallo stesso sarto.
In primis, bisognerebbe stabilire cosa
sia più importante: risvegliare l’attenzione dei clienti o quella dei vertici
degli istituti che offrono, fra i loro “prodotti”, il credito su pegno?
Questa attività sottrae, alla diffusa rete
18
nel “marketing sociale”
l’obiettivo primario
è quello di ottenere
un beneficio sociale
o di salute per i destinatari
del progetto
n fe bb rai o 2014 -
“
“
In cont ri
dell’usura, coloro che in possesso di
oggetti preziosi, sono privi delle altre
garanzie necessarie per accedere al
credito ordinario: ma il tasso che le
banche applicano al credito su pegno,
è proporzionato al fattore rischio insito
in questa tipologia di credito o si ritiene comunque valido in quanto confrontato con i tassi degli usurai?
Immaginate di prestare tre banconote
da 10€ ad una persona che, per fare
dei piccoli ed urgenti acquisti, non riuscendo a cambiare la sua banconota
da 100€, ve la dà in garanzia della concordata e futura restituzione.Vi sembra
di assumere un grande rischio?
L’intera disciplina del credito su pegno,
nata per tutelare i Monti quali enti di
beneficenza, assicura alle banche che
praticano questa forma di credito
anche una speciale tutela, ma, ciò nonostante, questa attività si è voluta paragonarla ad un qualsiasi altro
prodotto bancario benché essa fosse
priva del consueto fattore “rischio”
previsto in tutte le altre tipologie del
credito. Fattore, in questo caso “inesistente”, considerato la variabile che determina il tasso d’interesse per le
operazioni della fattispecie.
Il credito su pegno, è regolato dagli articoli non abrogati della legge n. 745
del 10 maggio 1938, e dal regolamento
di attuazione contenuto nel R.D. n.
1279 del 25 maggio 1939, che devono
essere applicati in deroga alle norme
di diritto comune.
La legge speciale in argomento mette
a disposizione, degli istituti che svolgono questa attività, un insieme di privilegi tali da assicurare ulteriori ed
esclusive garanzie:
- lo strumento della vendita del bene
all’asta pubblica regolata dalle norme
interne dell’ente mutuante;
- l’esenzione dell’azione revocatoria
fallimentare;
- la natura “al portatore”, che ostacola
lo svolgimento di azioni espropriative
e cautelari da parte degli altri creditori,
ncontri
I idee&fatti
19
febbraio 2014
anno IV
SPECIALE EVENTI
IL RINNOVAMENTO
DELLE INFRASTUTTURE GIURIDICHE
DEL SISTEMA - ITALIA
IL CATTIVO FUNZIONAMENTO DELLE ISTITUZIONI
FRENA L'ECONOMIA
ROMA, 10 FEBBRAIO 2014
CAMERA DEI DEPUTATI, PALAZZO MARINI - SALA DELLE COLONNE, VIA POLI 19, ROMA
SPECIALE EVENTI
STUDI E APPROFONDIMENTI
PER PICCOLI AZIONISTI E AZIONARIATO DEI DIPENDENTI
DirCredito, Conapa e Fondazione Bruno Visentini collaborano per lo svilippo del Paese
Si è svolto il 10 febbraio a Roma, presso la Sala Cotato il lavoro di ricerca, successivamente approfonlonne della Camera dei Deputati, il Convegno “Il rindito nelle varie visuali dai professori Sabrina Bruno
novamento delle infrastrutture giuridiche in Italia”,
e Gian Domenico Mosco, con il contributo finale di
organizzato dalla Fondazione Bruno Visentini. Il ConAldo Sicurani, Segretario generale della Fédération
vegno rappresenta la prosecuzione del rapporto avdes Investisseurs Individuels et des Clubs d'investisviato nel marzo 2012 con DirCredito e CONAPA,
sement, che ha rappresentato le modalità di interfinalizzato all’approfondimento delle tematiche revento previste in Francia per i 4 milioni di azionisti
lative alla Corporate Governance, con particolare
individuali.
attenzione alla partecipazione assembleare dei PicNel pomeriggio il Convegno è proseguito con la
coli azionisti e dell’azionariato dei dipendenti.
presentazione del progetto di ricerca biennale imLa collaborazione, nata in occasione della Confepostato in occasione del centenario della nascita di
renza-dibattito tenutasi nel Marzo 2012 a Riccione,
Bruno Visentini, con il contributo, fra gli altri, dei Prein occasione del Consiglio Nazionale del DirCredito
sidenti emeriti della Corte Costituzionale Giovanni
sul tema "Rappresentanza dei Piccoli Azionisti: gaMaria Flick e Franco Gallo.
ranzie, etica e partecipazione", intende ricercare tutti
Guido Antolini
quegli elementi utili al miglioramento dell’attuale legiFirmato il Protocollo fra Banca MPS, CONAPA
slazione italiana nella cornice
istituzionale europea, formue Associazioni di Piccoli Azionisti
lando osservazioni e propoIn apertura del Convegno il Presidente del CONAPA Bruno Tabacci ha anste concrete.
nunciato la sottoscrizione del Protocollo di intesa fra la Banca senese, rappreIl Convegno si è quindi artisentata dal Presidente Alessandro Profumo, le Associazioni Azione MPS e
colato in due distinti moBuongoverno MPS, presiedute da Antonio Spinelli e Maria Alberta Cambi, e
menti: il primo ha presenCoordinamento Nazionale delle Associazioni di Piccoli Azionisti, al quale entato gli esiti della ricerca
trambe le Associazioni aderiscono. “Si lamenta sempre e ovunque la scarsa
condotta da Niccolò Antipartecipazione assembleare dei Piccoli Azionisti. La Legislazione italiana deve
essere aggiornata e semplificata, ma nessuna legge può fare a meno di un conchi, giovane ricercatore
testo di comportamenti positivi delle parti in causa. L’accordo oggi annunciato
presso la LUISS, dal titolo
tra MPS e CONAPA con le Associazioni aderenti è un significativo passo in
“La funzionalità delle assemquesta direzione di cui le varie sedi istituzionali non potranno non tener conto”
blee: l’attuale legislazione nel
ha affermato il Presidente Tabacci nel corso dell’Assemblea annuale del COconfronto internazionale”.
NAPA, tenutasi in chiusura del Convegno, che lo ha fra l’altro confermato PreBruno Tabacci, presidente
sidente per acclamazione, riconoscendone l’insostituibile contributo e ruolo
del CONAPA, il prof. Gupropulsivo.
stavo Visentini e il Segretario
Il DirCredito, promotore e sostenitore di Azione MPS, saluta con soddisfazione
generale di DirCredito Mauquesto risultato, unico nel panorama delle Società quotate italiane, testimorizio Arena. hanno intronianza concreta della capacità propositiva che, anche attraverso l’attività rappresentativa degli azionisti dipendenti, il nostro Sindacato è in grado di fornire.
dotto i temi etici e di politica
generale che hanno delimi-
II
n fe b br ai o 20 14 -
I n con tri
SPECIALE EVENTI
MERITO, PARTECIPAZIONE AZIONARIA
E TUTELA DEGLI INTERESSI DEI DIPENDENTI
L’intervento di Maurizio Arena, Segretario Generale DirCredito
Un caloroso saluto a tutti i presenti, e un ringraziamento per aver voluto assistere a questa manifestazione che DirCredito ha deciso di patrocinare con
particolare entusiasmo e interesse.
Il sostegno a quest’iniziativa, oltre che per il solido
rapporto di collaborazione che ci lega alla Fondazione Bruno Visentini, scaturisce dal fatto che questo
convegno tocca diversi aspetti particolarmente cari
a DirCredito.
Il primo di questi aspetti è senz’altro la valorizzazione del merito, tema centrale nell’attività dell’organizzazione che rappresento.
Siamo, quindi, particolarmente orgogliosi di presentare oggi il lavoro di un giovane talento del diritto,
Niccolò Antichi, al quale vanno i nostri complimenti
per l’impegno e la passione con cui ha portato a
compimento il suo lavoro e per la qualità del prodotto finale.
Il secondo riguarda l’attenzione di DirCredito verso
In cont r i -
tutte le tematiche riguardanti la partecipazione azionaria. Attenzione che ci ha portato a promuovere
l’azionariato dei dipendenti quale strumento, non
solo di “democrazia sociale”, ma anche di motivazione e coinvolgimento per i lavoratori a tutti i livelli,
organizzandone la corretta rappresentanza assembleare attraverso l’unico strumento praticabile oggi
in Italia, che è quello delle Associazioni di Piccoli
Azionisti.
Dieci anni fa, quando nacque il DirCredito, unificando i sindacati che rappresentavano l’area direttiva e le alte professionalità del settore bancario,
esisteva nel mondo delle banche un'unica associazione di piccoli azionisti, Azione BNL, nata proprio
dalla volontà di una delle organizzazioni che diedero
vita a DirCredito.
Da allora, grazie ad una costante attività di stimolo
e d’impulso, le Associazioni si sono moltiplicate e si
sono coordinate con altre, esterne al mondo delle
fe bbrai o 201 4 n
III
SPECIALE EVENTI
banche, attraverso il CONAPA e anche grazie alla
disponibilità e all’autorevolezza del Presidente
Bruno Tabacci, hanno assunto sempre maggiore incisività e un crescente ruolo di rappresentanza nelle
Assemblee Societarie.
Il terzo elemento d’interesse per i temi che oggi andremo a trattare sta nella caparbia intenzione di DirCredito di intervenire, rappresentando e tutelando
i nostri aderenti, in tutti gli aspetti che influiscono
sulla Corporate Governance.
È proprio in quest’ottica che abbiamo avviato da
tempo una sistematica analisi delle consultazioni
promosse sul tema dalle autorità nazionali ed internazionali fornendo proposte e contributi. Vorrei ricordare tra queste solo la più recente, quella
promossa dalla Banca d’Italia sulla Corporate Governance e le retribuzioni dei Vertici aziendali, argomento quest’ultimo di forte contenuto etico e
simbolico, rispetto al quale condividiamo in pieno
l’indignazione ell’opinione pubblica, e che intendiamo riproporre ad ABI anche nell’imminente fase
di rinnovo dei CCNL di categoria.
Ebbene, DirCredito ha risposto alla consultazione
entrando nel merito dei problemi , fornendo la propria opinione con la trasparenza e la correttezza che
il rispetto delle Istituzioni impone. In particolare abbiamo segnalato un problema che anche in questa
sede ribadiamo con forza, e cioè che alcune Banche
Popolari quotate impediscono statutariamente ai dipendenti azionisti di esercitare il diritto di voto: questo è a nostro avviso in piena contraddizione con
lo spirito della Cooperazione e con le regole di
mercato e la Banca d’Italia non può non tenerne
conto intervenendo in modo adeguato.
Come ho accennato poc’anzi, anche rispetto alle retribuzioni dei Top Manager abbiamo rappresentato
attraverso la consultazione la nostra posizione che
è ormai nota ed è stata esplicitata in numerose occasioni attraverso gli organi di stampa.
Nessuno deve trarre profitto dalla riduzione delle
retribuzioni e/o dell’occupazione. Rendere redditizia
un’azienda o una banca solo riducendo il costo del
lavoro non denota particolari capacità imprenditoriali o spirito d’innovazione.
Se la disoccupazione rappresenta il principale problema, come da tutti riconosciuto, non solo non vediamo motivo di correlare agli utili le retribuzioni di
pochi, ma riteniamo odioso che ciò avvenga a spese
della generalità dei dipendenti. Le imprese possono
IV
attraversare fasi di ristrutturazione anche dolorose,
ma nessuno deve ottenerne benefici personali a discapito di altri e se utili ci sono, tutti devono averne
accesso con criteri di proporzionalità ben diversi da
quelli attuali assolutamente distorti.
Oggi parliamo di uno studio, da noi patrocinato in
appoggio all’iniziativa del Presidente Tabacci, che
contiene elementi per una proposta di Legge.
È la chiusura del cerchio, la capacità di un sindacato
numericamente piccolo di partecipare alla produzione di contributi non velleitari e non demagogici,
in linea con la complessità che il sistema giuridico
e regolamentare ha ormai raggiunto e, credetemi,
nessuno come un bancario capisce cosa voglia
dire affrontare quotidianamente le complessità
regolamentari.
Ascolteremo fra poco gli approfondimenti giuridici
sulla funzionalità delle assemblee, materia dottrinaria
svolta dal meglio che si possa oggi trovare in Italia,
la scuola di diritto commerciale del Prof. Visentini.
Per quanto riguarda questo tema DirCredito ha da
tempo una semplice proposta da avanzare al legislatore: che nel terzo comma dell’art. 137 del Testo
Unico della Finanza “Lo statuto può prevedere disposizioni dirette a facilitare l’espressione del voto
tramite delega da parte degli azionisti dipendenti”
si sostituisca il “può” con “deve”.
Basterebbe questo per rendere più agevole l’attività di par tecipazione alle associazioni di piccoli
azionisti.
Concludo questa mia breve introduzione con una
notizia recentissima che mi da particolare soddisfazione: abbiamo oggi il piacere di salutare la sottoscrizione di un Protocollo fra Banca MPS, CONAPA
ed Associazioni di Piccoli Azionisti, nella cui costruzione un ruolo determinante è da attribuire all’associazione Azione MPS promossa dal DirCredito e
al suo Presidente Antonio Spinelli.
Questo sta ad indicare che le alte professionalità del
mondo bancario, che ho l’onore di rappresentare in
ogni sede istituzionale, dimostrano una capacità di
intervento propositivo che, a mio avviso, è il necessario ed insostituibile carburante per avviare una
nuova, positiva stagione economica, all’insegna di
una migliore distribuzione della ricchezza e della
partecipazione.
Maurizo Arena
n fe b br ai o 20 14 -
I n con tri
BANCA n
per cui è indispensabile l’obbligo di
prova dell’appartenenza dei beni ovvero della polizza al debitore esecutato, nelle procedure cautelari ed
espropriative;
- la tutela giuridica di fronte ai casi di
sequestro penale e di confisca;
- la responsabilità dei periti stimatori
per l’integrale recupero del credito;
- la tutela giuridica nei riguardi dei proprietari di cose rubate o smarrite, costituite in pegno e parimenti, di
chiunque, per qualsiasi motivo, abbia
diritto sulle cose costituite in pegno e
ne richieda la restituzione.
L’ente mutuante, si trova così nella condizione privilegiata – nel caso di inadempimento del debitore o di
qualunque altra azione espropriativa o
cautelare – di essere, con diritto di prelazione, integralmente soddisfatto del
suo credito sul bene costituito in pegno.
Date queste premesse, ci si aspetterebbe un tasso particolarmente agevolato ma, al contrario, quasi tutte le
banche che praticano il credito su
pegno, si attestano (TAEG) poco al di
sotto del “tasso soglia” rilevato ai fini
della legge sull’usura.
Nonostante l’evidente lucrosità, negli
istituti più importanti che praticano
questo tipo di attività, si evidenzia una
forte contraddizione: le strutture dedicate non sono sempre adeguatamente
sostenute per carenza di personale,
mancato aggiornamento professionale,
assenza di monitoraggio/indirizzo/controllo sulle attività tecniche. In alcuni
casi, addirittura, i vertici aziendali non
sembrano interessati allo sviluppo di
questa attività.
Alcune banche, pur avendo numerosi
sportelli che praticano il credito su
pegno, sono prive di una funzione di
indirizzo centrale in grado di accentrare e coordinare tutte le attività necessarie ai fini di un equilibrato
sviluppo del prodotto e in particolare:
- La formazione del personale;
- L’azione di monitoraggio sulla qualità
della risposta commerciale - verifica ed
analisi dei risultati di vendita nelle sale
d’asta aziendali - finalizzata successivamente alla formulazione degli indirizzi
necessari per le stime dei preziosi;
- L’attività di controllo sull’applicazione
degli stessi per la verifica della congruità delle stime;
- La revisione tecnica sulla qualità degli
oggetti pegnorati nonché sulla corrispondenza dei dati trascritti nella compilazione delle polizze di pegno al
momento dell’emissione;
- La verifica sull’efficienza dei sistemi informatici e procedurali dedicati alla
specifica attività per individuare eventuali carenze.
In conclusione, è possibile che l’attenzione si risvegli con un cambio di finalità del prodotto?
E’ ipotizzabile, che i vertici di un grande
istituto di credito rinuncino alla redditività del prodotto pegno, per riorganizzare questa attività con esclusive
finalità sociali? Quale sarebbe la valida
contropartita?
Questa iniziativa potrebbe rappresentare una “esclusiva intuizione” per
l’istituto disponibile a metterla in
atto.
Infatti, ciò significherebbe effettuare
un’azione di marketing per piazzare sul
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
mercato un prodotto e/o servizio
avendo come finalità ultima non –
come di consueto – il maggior profitto
possibile, bensì un esclusivo e notevole
rientro pubblicitario.
Quindi, un orientamento al marketing
considerato come comprensione dei
bisogni dei clienti per produrre ciò che
è adatto a soddisfarli e, trattandosi di
servizi mai come oggi necessari ed
attuali, un orientamento a quello
che viene definito come “marketing
sociale”.
A differenza del marketing commerciale, nel quale si ricerca un vantaggio
economico per chi vende, nel “marketing sociale” l’obiettivo primario è
quello di ottenere un beneficio sociale o di salute per i destinatari del
progetto.
Una tale iniziativa, se riferita al grande
pubblico e veicolata efficacemente dai
mass media, assicurerebbe un forte
rientro d’immagine unitamente a
quella credibilità che rappresenta un
elemento estremamente vitale e costantemente ricercato proprio dai
grandi istituti di credito.
La rinuncia alla redditività per finalità
sociali - alta in rapporto al credito erogato nel settore pegno, ma ben poca
cosa rispetto a quella derivante dalla
globalità delle attività di una grande
banca - in questo particolare momento di diffusa difficoltà economica,
raccoglierebbe, senza alcun dubbio, un
vasto e popolare consenso per l’istituto di credito pronto a realizzare un
progetto di questa natura.
19
Paolo Monaco
n L AV O RO
ESODATI: LA LEGGE DI STABILITÀ
TRADISCE ANCORA, FUORI IN 200.000
Regolarizzati solo in 17.000, la legge Fornero continua a seminare lacrime
Un nuovo intervento nella legge di Stabilità ha esteso ad altri 17.000 “esodati” le salvaguardie necessarie ad
eliminare, almeno per loro, i drammatici effetti prodotti dalla riforma delle
pensioni di fine 2011.
Contrariamente a quanto diffuso da
molti media, non si tratta dell’intera
platea degli “esodati” sino al 2020,
bensì soltanto di quella porzione tra
loro, assolutamente minoritaria, che, in
base alle precedenti normative, avrebbe percepito la pensione entro la fine
del 2014 (il riferimento al 2020 riguarda solo l’impegno di spesa complessiva – pari a 900 milioni di euro –
atti a garantirli).
Restano quindi esclusi dal salvataggio
persino coloro che, pur avendo maturato il proprio “diritto” entro la stessa
data, avrebbero goduto del conseguente trattamento – per effetto della
finestra “Maroni” - solo a partire dal
2015.
Strano Paese davvero il nostro!
Si maturano diritti e non si percepiscono benefici.
Ci troviamo di fronte a legislatori che
si sono avvalsi dell’apporto di sprovveduti contabili che si sono rivelati ignari
degli effetti nefasti che avrebbero prodotto con la brutale riforma, peraltro
priva di un regime transitorio, e incapaci pure di riferirsi, per le tutele alla
20
SALVAGUARDIE: dati
Inps al 31.12.2013
platea
prevista
certificazioni
inviate
pensioni
liquidate
1a salvaguardia
65.000
60.854
26.345
2a salvaguardia
55.000
13.964
596
3a salvaguardia
10.130
5.171
0
4a salvaguardia
6.500
maturazione dei diritti anziché ai loro
effetti. Soluzione che avrebbero potuto
tranquillamente adottare.
Paradosso che la cancelliera Angela
Merkel non ha esitato a definire “impressionante”.
Ma fortunatamente c’è ancora chi,
anche nei “Palazzi”, continua a perseverare in favore di questi malcapitati,
contrastando anche l’intollerabile prassi – divenuta quasi regola – di annullare
settimane di discussioni ed intese raggiunte nell’apposita Commissione.
Prassi che utilizza lo stratagemma dei
decreti legge, ignobilmente giustificati
da esigenze di cassa e per rispondere
ai ricatti europei.
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
Di fronte a queste procedure ci si
trova spalle al muro e si applica il principio-tagliola: “prendere o lasciare”.
Non c’è posto in cui è ammissibile
mandare al massacro lavoratori rei soltanto di essersi fidati delle leggi dello
Stato che lasciano scoperti, anche
dopo gli ultimi interventi di salvaguardia e secondo stime, non meno di 200
mila persone.
Persone ancora senza tutele, private
sia di lavoro che di pensione e con l’aggravante dell’età avanzata, poco utile
per trovare una nuova occupazione.
Come una grande città, considerando
i nuclei familiari coinvolti, di circa un milione di abitanti.
Una massa che si chiede ogni
giorno come sbarcare il lunario,
sfiduciata di uno Stato che ha
calpestato i suoi diritti e si mostra incapace di ridimensionare
– anche solo di poco – il risparmio di oltre 90 miliardi di euro
e 300 a regime – sbandierato
dal 2011 ad un’Europa ancora
oggi incredula.
In tabella i dati recentemente
pubblicati dall’Inps sulle salvaguardie già varate.
Giulio Pomar
L AV O RO n
LA CRISI AUMENTA
LA SCALA DELLE DISUGUAGLIANZE
Servono misure urgenti: lavoro e sviluppo col bollino rosso
Anche Cristine Lagarde – Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale – in una intervista recentemente
rilasciata alla emittente televisiva France
2, ha sottolineato come nel mondo, con
tutte le implicazioni socio/economiche
che questo comporta, sia notevolmente
aumentata la diseguaglianza sociale.
Questa stortura, più volte evidenziata
anche da DirCredito, prodotta dalla
nuova società modernista, è il vero e
drammatico problema che questa lunghissima crisi ci lascerà come eredità,
alla quale purtroppo non possiamo volontariamente rinunciare.
Nella realtà dei fatti può succedere
che, se nella esecuzione di una successione ereditaria i debiti siano maggiori
dei crediti, gli eredi possano rinunciare
alla eredità. Nel nostro caso no, non è
possibile.
E’ ormai sotto gli occhi di tutti come la
non politica, figlia della autoreferenzialità e vulnus dei nostri tempi, abbia prodotto solo disastri che andranno a
ripercuotersi inevitabilmente anche
sulle nuove generazioni.
La nuova classe dirigente, che ha deciso di non decidere e di fare esclusivamente scelte di opportunità per la
conservazione dei propri privilegi, ha
demolito regole non scritte di buona
e serena convivenza.
Regole che, nel tempo e con grandi sacrifici, avevano consentito ai nostri
nonni e ai nostri padri di costruire una
società migliore di quella in cui loro
avevano vissuto.
La solidarietà contadina, dove i più giovani accudivano e provvedevano anche
al sostegno economico dei più vecchi,
aveva lasciato il posto ad una solidarietà più strutturata, fatta di pensioni,
salari e stipendi più adeguati alla realtà
del lavoro. In poche parole, avevano ridistribuito, in maniera più equa e solidale, la ricchezza prodotta dal paese.
Nella stessa intervista Lagarde ha evidenziato un ulteriore pericolo sulla
strada della ripresa economica, un fe-
nomeno poco noto all’opinione pubblica definito deflazione che consiste in
un ribasso generalizzato dei prezzi.
A prima vista, potrebbe sembrare un
fatto positivo: aumenta il potere d’acquisto della moneta in rapporto ai beni
e ai servizi che con essa si possono acquistare, ovvero l’opposto dell’inflazione.
Gli economisti, invece, affermano che
la deflazione è sintomo di un cattivo
stato di salute del sistema economico,
in quanto la riduzione dei costi non è
determinata da una abbondanza di
offerta ma, contrariamente, è dovuta
ad un calo della domanda. E’ un circolo
vizioso, insomma: meno domanda,
meno ricavi, meno produzione, meno
occupazione.
Tra il 2000 e il 2006 il Giappone ha vissuto la deflazione e, nonostante un
consistente taglio alle tasse, non è riuscito a sconfiggerla dimostrando che
non ci sono soluzioni lineari e indolore
per uscirne.
La combinazione crisi economica e deflazione sarebbe, quindi, una iattura che
andrebbe ulteriormente a pesare,
forse in modo definitivo, su quel ceto
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
medio – già fortemente penalizzato e
dimezzato nei numeri in questi anni di
crisi – che finora ha maggiormente
contribuito a cercare di risanare le finanze pubbliche.
Alla luce di questo scenario dalle “tinte
fosche”, diventa imprescindibile pensare a una decisa regolamentazione, a
livello globale, del mercato finanziario,
colpevole di aver determinato, con la
sua indiscriminata speculazione, questa
pericolosa deriva.
Creare lavoro in primis, non certo “per
decreti”, ma i tempi sono ormai maturi
perché coloro che devono prendere
decisioni lo facciano. E’ necessario che
oggi, finalmente, qualcuno si assuma la
responsabilità e il coraggio di adottare
strategie di lungo periodo, correndo il
rischio, magari inizialmente, anche dell’impopolarità, ma che risultino determinanti per la risoluzione del problema
lavoro, fulcro di tutti i mali del Paese.
Il superamento di tale problema comporterebbe verosimilmente benefici a
cascata per tutti, risolvendo molte delle
altre attuali criticità.
Silvio Brocchieri
21
n PENSIONI
INPS, UN COLOSSO DAI PIEDI D’ARGILLA
Si riapre il balletto delle cariche, delle cifre e dei debiti
n Ci risiamo
Puntuale come una rata di mutuo da
pagare, ecco che arriva la notizia del
"solito" buco nei conti dell'Inps, stavolta
ulteriormente appesantita da ombre e
sospetti in coincidenza con le dimissioni del suo presidente Mastrapasqua.
Già all'epoca della signora Fornero, in
alcune occasioni, c'erano stati spifferi
sulla solidità dell'ente previdenziale
pubblico, dopo essere stato caricato
del deficit dell'Inpdap a seguito della
sua incorporazione.
Altrettanto puntuali, all'epoca, erano
giunte le smentite tranquillizzanti da
parte della professoressa Fornero.
A questo proposito, è bene ricordare
quel secco – "nessun rischio pensioni"
– circa il rilievo fatto dal Consiglio di
Sorveglianza dello stesso Inps sul disavanzo di 6 miliardi portato in eredità
dall'Inpdap che avrebbe potuto influire
sulle gestioni finanziarie future. Ciò tenuto anche conto che, nelle variazioni
al bilancio preventivo del 2012, si era
già registrata una spesa per le prestazioni previdenziali ed assistenziali, in
funzione del Pil, superiore del 5,34%
rispetto a quanto originariamente
previsto.
22
Puntuale
come una rata di mutuo
da pagare, ecco che
arriva la notizia
del "solito" buco
nei conti dell'Inps
n fe bb rai o 2014 -
“
“
In cont ri
A detta della Fornero, la preoccupazione per il futuro pensionistico sarebbe dovuta addirittura diminuire
grazie ai risparmi derivanti dalla creazione del cosiddetto "Super Inps".
Purtroppo, i dati relativi al bilancio di
previsione dell'Inps 2014, non ancora
ufficializzati ma già pubblicati da diversi
mass media nei giorni scorsi, vanno in
tutt'altra direzione, presentando una situazione generale dell'ente che può infondere qualche timore e, tante, tante
perplessità sui sistemi di gestione di
questo mastodontico pachiderma.
n La figura del presidente
La prima (piacevole?) meraviglia viene
nell'apprendere che il compenso del
tanto osteggiato presidente è stato di
"appena" 220.000 euro annui più altri
45.000 di rimborsi spese.
Compenso non proprio eccessivo se
raffrontato ad altre entità molto più
piccole dell'Inps.
Va però tenuto conto che il rapporto
di Mastrapasqua con l'Inps non è stato
di natura esclusiva, ma ha costituito
solo uno dei diversi incarichi o attività
professionali da lui svolte (dai 25 di
qualche anno fa ai 9 attuali), fra le quali
la gestione di un proprio studio da
commercialista.
Come sia stato possibile che il presidente dell'Inps, il maggior istituto
previdenziale europeo, abbia potuto
continuare a svolgere, fra le altre,
anche l'attività di commercialista ha
dell’incredibile.
L’ex presidente del Consiglio Letta, a
questa clamorosa stortura, ha subito
ovviato con un repentino decreto
legge che (solo ora) impone l'esclusività per determinate cariche pubbliche
e, il giorno dopo, Mastrapasqua, bontà
sua, ha presentato le dimissioni.
A parte le situazioni di palese incompatibilità o, peggio, di dubbia gestione,
che stanno ora emergendo e delle
quali, nelle sedi più opportune, si spera
che vi sia chiarezza, ci si augura che con
l'avvento di una nuova guida, che fino
PENSIONI n
alla fine di settembre sarà un commissario straordinario - Vittorio Conti, di
estrazione per lo più bancaria, ex
Comit, Intesa, Consob, Bankitalia - si
possa voltare pagina e, soprattutto, stabilire un rapporto semplice e trasparente con i milioni di pensionati,
bisognosi di tanta tranquillità in merito
al loro assegno mensile.
Chiaramente, vista la breve durata del
mandato, 7 mesi, questa è da considerare una gestione di transizione, ma ci
si augura che sia propedeutica a quella
futura, per la quale tutti auspicano una
svolta positiva sull'andamento non solo
dell'Inps, ma di tutto il sistema previdenziale, costantemente sotto tiro da
parte dei legislatori.
n Il Colosso Inps
L'ultimo dato ufficiale relativo al numero dei dipendenti (vedi tabella in
pagina) è quello al 31/12/2012, dopo
la fusione con l'Inpdap.
A partire dal 2002 c'è stata una progressiva diminuzione del personale in
nome di una spendig review interna
che, dal 2012, è stata interrotta per l'incorporazione dell'Inpdap e dell'Enpals,
generando sfasature finanziare e aumentando le dimensioni dell'ente
(circa 7.000 dipendenti in più). Da qui
l'accresciuto soccorso da parte statale.
n I dati trapelati
Dal raffronto di dati fra il preventivo
2014 (ufficioso) e il bilancio sociale del
IL COLOSSO INPS
Alcuni dati rilevati dal Bilancio sociale 2012
Anno
2002
2005
2008
2010
2012
Personale Dipendente
34.174
32.773
29.533
27.640
25.842=32.782 (di cui 1.799 in part time)
dopo l'incorporazione dell'Inpdap
Età media dipendenti 51 anni
Il costo, onnicomprensivo delle liquidazioni, è stato di 2.409 milioni
Trasferimenti da parte dello Stato
2011
84.053 (compresi ex Inpdap e Enpals)
2012
93.802
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
2012 (ultimo ufficiale sul sito Inps, che
invitiamo a consultare per la ricchezza
di dettagli) emergono alcune variazioni
significative.
Innanzitutto che, in termini numerici
per pensioni erogate, la riforma Fornero ha colpito nel segno, registrandosi
un calo addirittura del 43%, a causa
principalmente dei tanto deprecati allungamenti dei termini di maturazione
previdenziale.
Inoltre, per gli anni 2013 e 2014, sono
previsti ulteriori, forti diminuzioni nei
nuovi trattamenti di anzianità.
Le previsioni per l'esercizio in corso indicano un risultato finale negativo intorno agli 11 miliardi che comporterebbe una diminuzione del patrimonio
dell'Istituto a meno 4,5 miliardi, cosa
che, però, non avverrà. Infatti, contestualmente a questo dato, va tenuto
presente che l'ultima legge di stabilità
ha previsto la trasformazione delle
precedenti anticipazioni erogate dallo
Stato (intorno ai 25 miliardi), in occasione dell'assorbimento dell'Inpdap, in
trasferimenti definitivi.
Grazie a questi, il disavanzo di 12 miliardi si trasformerà in un avanzo di 13
miliardi con la risalita del patrimonio ai
precedenti 20 miliardi.
Anche per questa manovra tecnicocontabile, la conclusione è la solita: è
sempre lo Stato a sanare le inefficienze
dei propri enti, accollandole, poi, in
altre forme, al povero cittadino. Se così
non fosse, non esisterebbe il detto, costantemente ribadito dagli italiani, che
"alla fine paga sempre Pantalone".
23
Dante Columbro
n SOCIETÅ
IN NOME DELLA MADRE
Ai figli si potrà dare il solo cognome materno
La Corte europea dei diritti dell'uomo
ha condannato il nostro Paese perché
discrimina tra uomo e donna quando
si tratta del cognome dei figli. Avendo
negato la possibilità ad una coppia di
dare alla figlia il cognome materno, l'Italia, secondo la Corte di Strasburgo, non
rispetta il principio di uguaglianza e discrimina le donne.
Una sentenza europea definita dal premier Letta “una bastonata”, che ha subito coinvolto il governo con la
presentazione di un disegno di legge in
4 punti.
In Parlamento sono anni che si accumulano proposte di legge che vanno in
questa direzione e che puntualmente
si sono arenate, perché quando si toc-
cano argomenti come la “famiglia” e, in
questo caso, il nome del padre, emerge
il “conservatorismo puro” dei politici
italiani, che temono attacchi terroristici
all'ordine familiare precostituito.
Non possiamo dire che l'intervento
“tempestivo” del governo vada in questa direzione, anche se taluni hanno
parlato di “rivoluzione copernicana”.
Il disegno di legge, alquanto scarno, è
emblematico di un bizantinismo barocco mai morto.
L'art. 1 prevede: “il figlio assume il cognome del padre ovvero, in caso di accordo tra i genitori risultante dalla
dichiarazione di nascita, quello della
madre o quello di entrambi i genitori”.
Per i figli nati fuori dal matrimonio si
livia
24
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
applicano gli stessi parametri (art. 2),
per gli adottati la complicazione della
dichiarazione scritta risale alla richiesta
di adozione e comunque prima del decreto di adozione (art. 3), tutte le disposizioni saranno applicate dopo
l'entrata in vigore della legge (art. 4). Si
apra il dibattito.
Anche in questa situazione è stato formato un gruppo di lavoro nel quale
sono stati coinvolti i dicasteri Pari Opportunità, Esteri, Interni e Giustizia.
Questo gruppo dovrà approfondire
una serie di problemi pazzeschi: fratelli
e sorelle potrebbero avere cognomi
diversi, il doppio cognome comincerebbe ad essere pesante nelle trasmissioni tra generazioni con l'accavallarsi
di cognomi doppi, tripli, quadrupli, il
ruolo della madre permane secondario, perché se il padre non è d'accordo
il ragazzino s'acchiappa solo il patronimico e via dicendo.
Formare un gruppo di lavoro così blasonato desta qualche preoccupazione,
a nessuno viene in mente, che considerati tutti i problemi che abbiamo, basterebbe in questo caso copiare da chi
ha già risolto razionalmente la questione, come in Francia, Inghilterra e
Germania.
Abbiamo il sospetto che si stia tentando di prendere tempo e di insabbiare una legge così rivoluzionaria che,
per il solo fatto di sancire l'ennesimo
principio di uguaglianza, possa erodere
il nostro sistema alle basi.
In nome del padre già si stanno muovendo gruppi di opinione, mentre i
neo genitori stanno litigando intestardendosi ad assegnare ai propri figli i
nomi dei nonni, paterni e materni,
senza trattino, mandando in tilt il sistema anagrafico.
I miei genitori lo hanno fanno tanto
tempo fa, e il mio primo nome è ElisabettaAgnese, tralascio per brevità i secondi nomi assegnatimi (quello della
madrina e del padrino di battesimo).
Elisabetta Giustiniani
S I N D A C AT O n
BREAKING THROUGH
IL PIANO D’AZIONE DI UNI GLOBAL UNION
Cambiare le regole del gioco del mercato globale
Da Nagasaki 2010 a Cape Town 2014.
Ha preso avvio il cammino verso il
Congresso mondiale di UNI Global
Union, che nel mese di dicembre 2014,
vedrà riuniti nella città sudafricana circa
2.000 delegati provenienti da oltre 100
paesi di tutto il mondo.
Le mozioni che daranno corpo e significato a questo appuntamento, uno dei
momenti più importanti del calendario
sindacale internazionale, saranno focalizzate su tre argomentazioni, correlate
tra loro, che sintetizzino le problematiche di questo infinito periodo di grave
crisi a livello globale: “includersi” per far
crescere il movimento sindacale; “risistemare l’economia”; un “nuovo
mondo” per il lavoro.
La finalità è quella di trovare e proporre soluzioni alternative a quelle finora adottate che contribuiscano a
rilanciare il mercato del lavoro.
Lo scorso 5 febbraio, i Responsabili dei
Dipartimenti Internazionali dei Sindacati italiani del settore credito, che aderiscono a UNI, si sono riuniti per fare il
punto della situazione e programmare
un percorso comune che consenta
una fattiva collaborazione alla stesura
delle mozioni.
L’obiettivo italiano è quello di riuscire
ad inserire all’interno di tali mozioni,
determinazioni caratteristiche, che possano connotarsi con il “sistema Italia”.
DirCredito, nella consapevolezza che
l’isolamento all’interno dei confini domestici sia del tutto anacronistico, ritiene fondamentale la propria
collocazione nel contesto di un organismo intersettoriale mondiale, che
rappresenta oltre 20 milioni di lavoratori dislocati su tutto il pianeta.
Perché Cape Town
Il 2014 sarà un anno di cambiamenti e trasformazioni importanti per tutto il Sudafrica. Il
Paese celebrerà, infatti, il 20° anniversario della giovane democrazia sudafricana, ci saranno le
elezioni presidenziali e sarà il
primo anno e la prima prova di
coesione nazionale senza la supervisione di Nelson Mandela.
Queste le motivazioni principali
che hanno spinto Uni Global
Union a scegliere Cape Town
quale sede del suo quarto Congresso mondiale.
Filippo Arena
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
25
n S I N D A C AT O
BANCA DELLE MARCHE: LAVORI IN CORSO
Ristrutturazioni e riorganizzazioni, sono
ancora questi gli argomenti oggetto
della maggior parte delle vertenze in
corso.
Tutto è fermo! L’economia è ferma, lo
sviluppo è fermo, le assunzioni e gli stipendi sono fermi… le ristrutturazioni
e le riorganizzazioni aziendali delle banche no! Anzi, si sviluppano e si propagano a un ritmo vertiginoso, senza
soluzione di continuità.
Il fenomeno è molto sentito e preoccupa non poco le parti sociali in
quanto porta con sé, solo ed esclusivamente, disagi – psicologici e professionali – per tutti i lavoratori, riduzione
della base occupazionale – esodi più o
meno volontari – oltre all’apertura di
nuove procedure di esternalizzazione
e/o cessioni di ramo di azienda.
Il tutto in una miope strategia di breve
termine. Con poca fantasia creativa e
con il solo obiettivo di ridurre immediatamente il costo del lavoro, senza
preoccuparsi troppo delle ricadute.
Una significativa realtà – fondamentale
per lo sviluppo del territorio e punto
di riferimento dell’economia locale –
come Banca delle Marche, nonostante
il commissariamento in essere già dal
mese di agosto dello scorso anno, è
tutt’ora alle prese con questo tipo di
problematiche.
Dopo l’interruzione delle trattative
sulla ristrutturazione delle Direzione
Generale avvenuta il 20 dicembre
2013, le Organizzazioni sindacali aziendali, al fine di confrontarsi direttamente
con tutti i lavoratori, hanno convocato
una serie di Assemblee, tutt’ora in
corso di svolgimento.
Nel frattempo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, su proposta della
Banca d’Italia, ha sottoposto alla procedura di amministrazione straordinaria Medioleasing, società facente capo
al gruppo Banca Marche. Una ulteriore
preoccupazione si aggiunge così al già
problematico quadro occupazionale.
S.B.
FLASH EQUITALIA
Raggiunta l’intesa per un’ipotesi di accordo, su unica base contrattuale uguale
per tutte le società del Gruppo, circa il Contratto Integrativo Aziendale.
La previsione presenta punti qualificanti tra i quali: la salvaguardia integrale
dei diritti maturati in costanza di applicazione della L. 122; l’estensione della
previdenza a tutti i lavoratori, minimo 1% RAL, con decorrenza 1/1/15; un
contributo per i familiari disabili di Euro 4.500 annui; una erogazione per le
maggiori prestazioni dei Quadri Direttivi nonché l’introduzione di un istituto
di “welfare aziendale” da definirsi, tramite apposita commissione costituita
ad hoc, entro il 28 febbraio.
Confermati, inoltre, gli Accordi di Gruppo in materia di Polizza sanitaria, agevolazioni creditizie e Polizza infortuni professionali ed extra professionali.
L’intesa verrà sottoposta alla valutazione di tutti i lavoratori.
26
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
FRUENDO
ESTERNALIZZAZIONE
O CESSIONE DI RAMO
D’AZIENDA?
Nella nottata dello scorso 20 dicembre si è conclusa la trattativa
art. 47 L. 428/90 relativa alla cessione di ramo di azienda, con decorrenza 1° gennaio 2014, fra
Banca Monte dei Paschi di Siena
e Fruendo Srl.
Per il trasferimento del ramo
d’azienda avente come oggetto
le attività relative ai servizi ausiliari, Banca MPS ha sottoscritto
una intesa con Bassilichi e Accenture, che, come parte dell’intesa
stessa, hanno costituito una joint
venture – Fruendo Srl – partecipata al 60% da Bassilichi ed al
40% da Accenture.
Il Protocollo, contestato e non siglato da DirCredito, prevede la
fuoriuscita dal perimetro MPS di
1.064 lavoratori.
I “neo assunti” della “neo costituita” Fruendo Srl manifestano
forte preoccupazione circa il
loro futuro anche in considerazione del fatto che l’Accordo
non prevede – in caso di tensioni
occupazionali – garanzie certe,
esigibili e inequivocabili oltre a
essere molto limitate nel tempo.
Le Rappresentanze aziendali DirCredito, tramite un comunicato
indirizzato ai propri iscritti, ha
sottolineato come con questo
Accordo, che costituisce una involuzione degli aspetti normativi
essenziali, in Banca MPS sia stata
scritta una brutta pagina.
Lo scorso 6 febbraio è nato, in
Fruendo, il nuovo Organo di Coordinamento DirCredito.
S I N D A C AT O n
DIRCREDITO, ALL’AVANGUARDIA
SULLA DIFESA DELLA SALUTE
La salute e la sicurezza dei lavoratori è
stato l'oggetto degli incontri che si
sono svolti a Roma e Milano con tutti
i Responsabili dei Lavoratori - RLS appartenenti all’organizzazione.
Gli incontri, attesi da tempo, hanno
dato modo di creare quella sinergia, tra
i vari componenti, necessaria in un settore specifico come questo. Oltretutto
l’apporto professionale di ognuno ha
contribuito al successo dell’iniziativa.
Il quadro emerso dallo scambio di
esperienze, ha messo in luce, ancora
una volta, come un cospicuo numero
di aziende affronti il tema della salute
e della sicurezza sul posto di lavoro,
guardando esclusivamente il profilo
economico, per ricercare dove poter
abbattere sensibilmente i costi.
Oltre al tema della salute e della sicurezza, i partecipanti agli incontri hanno
fatto emergere, fra gli argomenti maggiormente “sensibili” il tema dello stress
lavoro correlato. Si è trattato, come
spesso avviene, di un aspetto importante che viene affrontato, dalle
aziende, applicando schemi "standard"
che non prevedono e non consentono
di apportare i correttivi specifici, pertinenti al settore bancario. Questa concezione del problema non permette di
gestirlo adeguatamente, secondo le
aspettative, per ricavarne risultati positivi. Non potendo configurare con
esattezza di rilevazione lo stresso lavoro correlato, diventa difficoltoso
trarne motivi di chiarezza di intervento
e pertanto i risultati degli approfondimenti non produco automaticamente
effetti positivi. Effetti non riscontrabili
che, il più delle volte, aggravano la situazione soggettiva e collettiva negli
ambienti di lavoro, con l’aggravante di
suscitare tra gli operatori la sensazione
di essere stati gabbati per l’ennesima
volta.
Il messaggio che si vuole inviare alle
aziende è quanto sia assurdo non trasformare un obbligo di legge in una opportunità per migliorare se stessi e, per
giunta, a costo zero.
Salute, sicurezza e stress lavoro correlato non stati però gli unici argomenti
trattati. Sono stati affrontati temi di
estremo interesse come le rapine, i
contratti di manutenzione e di pulizie,
la figura del preposto e le responsabilità di legge, la revisione dell’accordo
ABI e altri ancora.
I ncontr i
Visto l’interesse suscitato dagli incontri,
si è deciso di ripetere più spesso momenti di confronto e di approfondimento. Si è riscontrata in questa
occasione l’utilità di far emergere la necessità di un continuo confronto per
migliorare le conoscenze di ciascuno,
di scambiare esperienze e approfondire una disciplina complessa che assegna alla figura del RLS un ruolo molto
importante per la salute e la sicurezza
dei lavoratori.
Sono ragioni che ci hanno indotto a
predisporre uno specifico account di
posta (sicurezza@dircredito.eu) al
quale indirizzare richieste di chiarimento e di confronto.
Ancora una volta DirCredito impegna
i propri dirigenti sindacali nel “Dare
credito alla professionalità” convinto
più che mai che sia necessario migliorare ad ogni livello le conoscenze, per
metterle al servizio degli operatori del
credito.
Claudio Nobili – Roberto Spoletini
- feb brai o 2014 n
27
n PERSONE
FRANCESCO CONTRO L’USURA
Il Papa punta l’indice contro gli strozzini e ripropone la centralità del lavoro
Lo avevamo chiamato Francesco il
sorprendente ed infatti il Vescovo di
Roma, così preferisce essere chiamato, non finisce mai di sorprenderci.
I suoi interventi sono mirati, puntuali,
all’ascoltatore dà immediatamente la
sensazione che sa esattamente di
cosa sta parlando.
Pure essendo chiuso da circa un
anno in Vaticano, ma effettivamente il
concetto di chiusura poco si adatta
al modo di porsi ed interagire di
Francesco nei confronti di ciò che lo
circonda, il Papa, con i suoi interventi,
marca immediatamente la distanza
da chi, spesso millantando, si vanta di
conoscerci e di rappresentarci.
Lui, da buon pastore, lo comprendi
bene quando ti spara in faccia il suo
sorriso ed il suo sguardo spiritoso ed
intelligente, conosce bene la condizione delle sue pecore.
È come se vivesse accanto a noi,
un uomo normale e in questo probabilmente risiede la sua eccezionalità, che ascolta, ma comunica e
condivide.
Il mondo, soprattutto quello dei più
deboli e degli emarginati, cambia ogni
giorno, in peggio.
Francesco questa deriva la vive, la
sente, la soffre, non come ipotesi di
scuola, ma concretamente.
Ormai ci ha abituato che là dove c’è
un problema, là dove c’è un dolore,
lui c’è con la concretezza di un aiuto
materiale, troppi e troppo spesso
sono quelli che pontificano sulla miseria senza conoscerla minimamente,
ma anche con una parola, con un
gesto, con la voce.
È come se avesse il dono dell’ubiquità, forse perché i collaboratori che
si è scelto, invece di accapigliarsi sulle
beghe vaticane, girano per le strade,
incontrano la gente facendosi raccontare storie, diventando i suoi
occhi e le sue orecchie, consentendogli di vivere e quindi di capire ed
28
interpretare correttamente la quotidianità che ormai viene considerata
da molti troppo scontata per valer la
pena di essere vissuta.
Tutti guardano spasmodicamente al
futuro, ma come fa ad esserci un futuro se ci siamo giocati il presente.
Ecco che Francesco non parla, o almeno non solo, del Regno Eterno,
ma pragmaticamente svolge il suo
apostolato nel presente, in quell’inferno quotidiano che magari qualche
sacerdote considera condizione necessaria per la salvezza eterna.
“Quando una famiglia non ha da
mangiare perché deve pagare il
mutuo agli usurai, no, quello non è
cristiano, non è umano".
Il Papa non parla di povertà, ma
punta il dito contro l’usura che è
sfruttamento della povertà e quindi
riveste un ruolo ancora più diabolico
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
nel comportamento di chi la mette
in atto.
Mentre il lavoro è sorgente di dignità
perché permette all’uomo di vivere
il presente, pianificando il futuro,
l’usura ferisce la dignità inviolabile
della persona umana.
Ma perché tutto questo ci entusiasma, forse altre persone non hanno
espresso concetti simili a quelli declinati da Francesco.
No, almeno non in quel modo, perché quando si tratta di lui le parole
non rimangono tali, ma vengono
seguite dai fatti e soprattutto dall’esempio.
Lo testimonia il “giro di vite” che il
Papa ha recentemente dato all’autoindulgenza creativa con cui lo Ior, la
Banca vaticana, gestiva i propri affari.
Redazionale
PERSONE n
Silvana Paganessi, Segretario generale aggiunto, per
conto di DirCredito, dona a Papa Francesco un lbro
sull’arte piemontese, in onore delle sue origini italiane
DIRCREDITO PARTECIPA ALL’UDIENZA GENERALE DI PAPA FRANCESCO
Lo scorso 22 gennaio, una delegazione di DirCredito ha potuto condividere, insieme a una moltitudine di altre persone venute da tutto il mondo, la toccante esperienza di ascoltare da vicino le
parole del Papa.
Un Papa che già nella scelta del nome, Francesco, ha voluto mettere al centro del suo operato la
persona in quanto tale, sottolineando come la società di oggi sia avara di riconoscimenti verso gli
umili, verso coloro che lavorano e traggono sostentamento solo dal loro impegno e dalla loro fatica
e, soprattutto, verso coloro che il lavoro non ce l’hanno e non per loro scelta.
Nelle poche parole pronunciate in quell’indimenticabile mercoledì, Francesco ha esaltato la nobiltà
di sentimenti quali comunione e unità, evidenziando come “le divisioni invece indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno”.
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
29
n SOCIETÀ
IL SALUTO A CLAUDIO ABBADO
Marea umana per l’addio al grande maestro in piazza della Scala
Ci sono momenti nella vita in cui
sentirsi parte di una comunità, ritrovarsi sotto le stesse bandiere, riconoscersi in un ideale, in un progetto
aiuta a sentirsi vivi e liberi.
Il cuore batte forte, la mente si esalta
e il pensiero una volta tanto vola in
alto.
Sensazioni belle, intense, corroboranti che sempre più spesso non
siamo più capaci di provare.
L’emozione è sintomo di vitalità, di vivacità, di dinamismo. Questa è l’atmosfera che si è respirata a Milano,
dove la sera del 27 gennaio la città, i
milanesi, a migliaia, e da ultimo La
Scala hanno salutato per l’ultima
volta il Maestro Claudio Abbado, cittadino illustre, genio della musica,
rivoluzionario.
Il Teatro è vuoto, come da tradizione
ogni qualvolta rende omaggio ai suoi
direttori scomparsi, le porte sono
aperte, all’interno solo la Filarmonica
diretta da Daniel Barenboim che ese-
30
gue la Marcia funebre (Adagio assai)
dalla terza Sinfonia «Eroica» di Ludwig van Beethoven.
Il pubblico, la gente, i milanesi sono
tutti fuori, uomini, donne, anziani,
bambini, musicisti con i loro strumenti, turisti, musicofili e curiosi, uniti,
stretti uno accanto all’altro nel
freddo della sera, una marea umana
che riempie la piazza e fluisce silenziosa verso la galleria e le vie
circostanti.
I sentimenti prevalenti sono il rispetto e la commozione, quelli veri,
così profondi che anche nella folla si
vivono in silenzio.
Sentimenti che non appartengono
alla modernità, spesso dimenticati
specialmente in un Paese come il nostro che ha perso la speranza, che
non prova orgoglio per se stesso.
Tuttavia, è in momenti come questi
che occorre gettare il cuore oltre
l’ostacolo, ricacciare l’apatia e protendersi fiduciosi verso il futuro.
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
La musica, tutta, ma in particolare
quella classica, racchiude in sé questa
capacità taumaturgica di risvegliare i
cuori, le menti, le coscienze.
Ed ecco che Milano coniuga la tristezza, per aver perso uno dei suoi
talenti, con l’orgoglio di esserne stata
la Patria e, per un momento, torna ad
essere quella di un tempo, la Città
delle Cinque Giornate che con lo
sforzo e il sacrificio di tutti seppe
scuotersi di dosso l’invasore e tornare libera e pensante, diventando
uno dei fari dell’Italia risorgimentale.
Speriamo che quel senso di comunanza e di orgoglio che migliaia di cittadini hanno provato di fronte al
teatro non venga disperso nell’apatia
quotidiana, ma si trasformi nella determinazione collettiva di rialzare la
testa e di uscire dalla palude di crisi
ed incertezza in cui questo Paese,
quasi fosse preda di un incantesimo,
sembra essere precipitato.
C.A.
SOCIETÀ n
L’ITALIANITÀ, UNA CARATTERISTICA UNICA
Noi italiani siamo facilmente portati a parlare male degli altri, ma quel che è più incredibile è il tasso di autolesionismo che ci pervade. Riusciamo a parlar male anche di noi stessi. Sembra quasi sia diventato un vezzo,
un obbligato modo di essere.
Il muro del pianto si nutre ormai di luoghi comuni: “In questo Paese non si può più vivere… gli altri sono
sempre meglio di noi… non mi sento italiano… vorrei vivere in qualsiasi altro posto che non sia l’Italia”. Delegittimare qualcosa o qualcuno è diventato un mal costume che ci caratterizza e chi non vi partecipa è out.
I Social network – sinonimo di libertà – sono scaduti in luogo di insulti e di turpiloquio… anonimi naturalmente. Sembriamo chiusi in un circuito depressivo che spinge verso l’auto deprezzamento. È vero, i problemi
non ci mancano, ma da qui a “ripudiare” il Paese qualche via di mezzo deve pur esserci.
Anche gli altri marcano aspetti socialmente distorcenti: emarginazione, povertà, criminalità, disoccupazione,
problemi ambientali, disparità sociali. Quell’altrove però non sempre è in grado di esprimere pienamente il
senso di libertà che esprimiamo noi, con tutti i limiti che ciò comporta.
Siamo dei passionali e spesso l’emotività ci trascina oltre i limiti consentiti dal “bon ton”. E forse per questo
incontreremmo molta difficoltà se venisse ingabbiata la totale e a volte incontrollata e pericolosa libertà di
esprimere il nostro pensiero, sia pure in maniera emotiva, senza tabù, senza censure e magari, talvolta, anche
sopra le righe.
Tutto ciò sembra deprecabile finché si vuole, ma per evitare gli eccessi basterebbe inserire qualche regola di
controllo, mantenendo tuttavia la libertà d’essere diversi dagli altri, senza dover subire condizionamenti di
alcun genere.
La nuova “intellighenzia radical chic” sostiene, strumentalmente e a proprio vantaggio, la tesi per cui la gente
– il popolo, come amano definirlo loro – non sia in grado di pensare con la propria testa e dunque si ritrova
ad essere facilmente condizionabile. E qui traspare in maniera evidente l’intenzione di costoro, più o meno
manifesta e spocchiosa, a ritenersi unici ed esclusivi produttori di pensiero, di ragionamento e di discernimento.
La realtà è molto diversa da quanto vorrebbero far credere i cosiddetti “pensatori”, forse troppo narcisisti, invaghiti dal potere, tronfi del proprio ego, per cui tardano a capire che invece la gente, il popolo, ragiona e
decide con la propria testa ed è perfettamente in grado di vagliare ed esprimere la propria opinione, molto
più di quanto si immagini.
Questo mi rende orgoglioso di appartenere a questo popolo!S.B.
S.B.
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
31
n CURIOS@NDO
DALLO SPAZZOLINO DA DENTI AL BORDELLO
Storie di straordinaria ironia tra cabaret e cinismo bancario
Il banchiere Gerrit Zalm, 61 anni, ceo
di Abn Amro, ex ministro delle Finanze
olandesi, si è esibito davanti a i suoi dipendenti in uno spettacolo “queer”,
travestito da “Drag Queen”.
Tra un battito di ciglia finte e accessori
glitter come gli occhialoni anni 50 e un
vestito da donna blu elettrico, Zalm
nelle vesti di “Priscilla”, immaginaria sorella di se stesso, ha arringato i dipendenti con doppi sensi sparati a raffica.
Ha esaltato le qualità del “front office”
occhieggiando il proprio petto generoso, poi del “back office” palpeggiandosi le natiche. Infine ha svelato il
segreto del successo del fratello - cioè
lui, Zalm – seguendo i suoi consigli e
iniziando da tre valori: fiducia, esperienza e ambizione. “Noi offriamo accoglienza calorosa, abbiamo esperienza
e soprattutto accontentiamo ogni
giorno il cliente”. Metafora comprensibile anche al più ingenuo degli spettatori che avrà inteso l'ambivalenza di
questi valori trasposti da un bordello
alla banca.
Erano 7 mila dei circa 20.000 dipendenti di Abn Amro ad assistere allo
32
spettacolo, che, dopo un iniziale smarrimento, hanno riso sonoramente nel
corso dell'insolito cabaret.
La notizia della performance di Zalm,
peraltro noto come “manager grigio e
aspro”, uno degli artefici del trattato di
Maastricht, ha fatto il giro del mondo,
suscitando curiosità e molta meraviglia.
Nessuna meraviglia hanno però provato in Italia gli ex dipendenti Banca
Antonveneta che, in passato, hanno
avuto modo di conoscere l'humor
olandese.
Nel 2005, l'allora ceo Abn Amro, Rijkman Groenink, dopo una tempesta
finanziaria da lui forse indirettamente
provocata e che portò alla caduta
del governatore della Banca d'Italia,
Antonio Fazio, riuscì a scalare la Banca
Antonveneta.
“Colonizzati” dagli olandesi, mediamente biondi, alti e snelli, i dipendenti
Antonveneta esorcizzarono le proprie
paure scherzando sui possibili risvolti
dell'incorporazione con Abn Amro.
I meno fantasiosi, ma sicuramente più
avveduti, si aspettavano mazzi di tulipani in sostituzione del sistema incen-
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
tivante, mentre i più audaci speravano
in un kit di droghe leggere, per alleviare
la sofferenza della conquista subita.
Le aspettative non andarono del tutto
deluse.
Arrivarono i tulipani in cesti enormi
come premio per le filiali più “performanti” e arrivò anche il kit, costituito
però da una t-shirt, un cappellino ed
uno spazzolino da denti, accompagnato da una lettera di Groenink.
Il ceo dava il benvenuto ai nuovi arrivati, pregandoli di non sottovalutare lo
spazzolino da denti: “con questo piccolo gesto quotidiano di lavarsi i denti,
ricorderete ogni mattina di appartenere ad un grande team, quello di Abn
Amro”.
Altro che meravigliati! Esterrefatti! Così
si sentirono i dipendenti Antonveneta,
alcuni dei quali sdegnosi restituirono il
tutto, altri, più pratici, utilizzarono lo
spazzolino regalando t- shirt e cappello
ai bisognosi, ma nessuno si divertì né
apprezzò la trovata umoristica, paventando tempi bui.
Sappiamo come è andata a finire: Antonveneta ceduta al Santander e poi a
MPS, con tutte le
note conseguenze
e il colosso olandese Abn Amro,
con oltre 100.000
dipendenti, smembrato, ridotto a
banchetta di provincia che può giusto permettersi un
po’ di cabaret.
“Priscilla” esercita
un'arte ancora più
antica di quella
delle banche, ma
con una connotazione etica diversa:
in un bordello sai
cosa stai comprando, in una
banca non sempre.
Agnese Ninci
CURIOS@NDO n
BITCOIN
LA MONETA VIRTUALE IMPAZZA NELLA RETE
La Cina la ostacola, il Brasile la sostiene e in Canada spuntano i bancomat
Se ne sente parlare già da tempo. All’inizio, come un fenomeno legato al
mondo dell’informatica, poi sempre più
come una vera rivoluzione finanziaria.
Il Bitcoin continua a conquistare
ogni giorno sempre più
credibilità.
Un’espansione inarrestabile, che conta
migliaia di esercizi,
artigiani, professionisti in tutto il mondo.
In Italia se ne contano
poco meno di duecento tra commercianti,
ristoratori e albergatori,
spinti verso il bitcoin un po’
per convinzione un po’ per marketing. Ad oggi sono 40 i Paesi che trattano il bitcoin con più o meno
coraggio. Negli USA l’Agenzia delle Entrate non ha dato ancora una risposta
definitiva ai contribuenti americani che
chiedono come trattare il bitcoin nella
dichiarazione dei redditi.
A dicembre, la banca nazionale cinese
ne ha annullato la validità con una nota
cautelare contro i rischi della moneta,
vietandone l'uso da parte degli istituti
finanziari.
Il Brasile, invece, ha sposato in pieno il
concetto di valuta elettronica. "Ad ottobre è entrata in vigore una legge che
ha reso possibile la normalizzazione dei
sistemi di mobile payment e la contestuale creazione di monete virtuali,
compreso il bitcoin".
A Vancouver, in Canada, sono perfino
spuntati i primi sportelli bancomat interamente dedicati a bitcoin. In un cafè
della città canadese hanno installato un
ATM prodotto dalla Robocoin, dove è
possibile prelevare dollari dal proprio
conto bitcoin, oppure versare danaro
fisico e incrementare il proprio conto.
Il Parlamento Italiano ha trattato la materia a gennaio, in occasione della
Legge Finanziaria, al fine
di identificare i titolari delle “transazioni superiori ai 1.000 euro” e di applicare “alle operazioni di pagamento
effettuate tramite Bitcoin o altre crittovalute le disposizioni in materia di
antiriciclaggio”.
Cosa è il Bitcoin
Il Bitcoin è una moneta elettronica nata
nel 2009. A differenza della moneta
tradizionale non utilizza un ente centrale che ne controlla i processi, ma fa
riferimento ad un database distribuito
nei nodi della rete internet, caratteristica che lo rende non manipolabile,
non arrestabile e spendibile una sola
volta.Il bitcoin è crittografato. Tutte le
transazioni sono pubbliche ma anonime e dunque non lasciano traccia
proprio come il denaro contante.
È proprio il database distribuito che ne
consente la conferma delle transazioni
e ne verifica l´autenticità, rendendo
cosi impossibile spendere due volte gli
stessi bitcoin.
Chiunque può inviarne e riceverne,
basta avere un indirizzo bitcoin, il client
trasmette la transazione ai nodi vicini
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
e questi propagano e verificano il
pagamento.
Ci sono però dei limiti, anche grossi. Essendo legato al database del proprio
computer in caso di furto o danno irreparabile si perde tutto. In questo
caso nessuna banca interverrà a rimborsare il derubato.
E c’è già chi ha superato il Bitcoin
Mentre governi e istituzioni bancarie
mondiali si interrogano su come regolamentare i bitcoin, nel mondo fiorisco
non solo altre monete elettroniche, ma
anche piattaforme che consentono di
'generare' direttamente transazioni finanziarie e i contratti più disparati,
anche la compravendita di immobili,
senza far capo ad un'autorità centrale
o ad intermediari. Come Ethereum.org,
creata da un ex hacker russo di 19 anni.
Ultim’ora
Trema l’industria del Bitcoin
Sparisce dal web Mt. Gox, big del settore, a seguito di una truffa compiuta
da alcuni hacker, per un valore di 350
milioni di dollari. Riflettiamoci.
L.I.
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n CURIOS@NDO
GIO BATTA PERSI
IL CICLISTA CHE PRENDE LA VITA A PEDALATE
Un uomo speciale pronto a scalare le cime del Tour de France e del Giro d’Italia
C’è chi insegue i propri sogni con la
fantasia e chi, molto più concretamente, li rincorre in sella ad una bicicletta. I sogni non hanno età, si sa,
come Gio Batta Persi che sulla bici
sogna di diventare il ciclista più forte al
mondo. Sogni che il genovese trasforma in realtà perché per lui prendere la vita a pedalate aiuta a sentirsi
migliori, non solo nell’aspetto fisico.
Gio Batta Persi è un uomo un po’ speciale perché può vantare primati unici.
Recordman dell’ora della piccola e
della lunga distanza, sia da solo che in
coppia e progetti che lo avvicineranno
sempre più all’olimpo dei campioni di
sempre: “Ho stabilito tanti record ed
adesso voglio dedicarmi ad altre due
grosse imprese – ha raccontato il
super ciclista – proverò a scalare tutte
le montagne più famose del Tour de
I RECORD DI GIO BATTA PERSI
ottobre 2009
record italiano dell'ora Over 70 con km/h 38.369
novembre 2011 record mondiale sui 10 Km alla media di km/h 39.374
novembre 2012 record mondiale sui 100 Km media km/h 35.965
(2 h 46' 54")
ottobre del 2012 traguardo di percorrenza in bicicletta
(tra gare ed allenamenti) di 400/mila Km
nel 2011 e 2012 titolo mondiale a cronometro su strada a coppie over 70
(in coppia con Fagnoli di Forli)
26 ottobre 2013 record mondiale sull’ora over 75 con la misura
di m 36.805 sottraendolo al canadese Giuseppe Marinoni
che lo deteneva con 35.728
France e del Giro d’Italia. Le salite che
hanno reso immortali grandi ciclisti di
tutti i tempi”. Quali ciclisti? Qual è stato
il ciclista più bravo di tutti? “Marco Pantani, senza alcun dubbio”. Poi
ripete: “Marco Pantani, nessuno è stato come lui. Ancora oggi, a dieci anni dalla
sua scomparsa, quando
guardo le immagini delle sue
imprese torno a commuovermi. Nessun altro è stato
come lui”.
La bicicletta per Gio Batta è
un incontro quotidiano; ci
salì per la prima volta a cinquanta. Oggi, che l’età è vicina ai settantasei, può
gonfiare il petto di fronte ai
circa 400 mila chilometri pedalati, fra gare, record ed al-
lenamenti, una distanza che vale dieci
volte il Giro del Mondo, più della distanza tra Terra e Luna. E’ come se Gio
Batta avesse pedalato più a lungo della
capacità di un’automobile o la metà
della vita di un camion. Incredibile ma
vero, come è vera la sua passione per
il ciclismo che gli regala gioie infinite.
Quando lavorava in banca aveva la
stessa costanza tanto da essere promosso dirigente a meno di cinquant’anni. Un uomo da record, dunque,
come quello stabilito lo scorso mese
di ottobre nell’impianto al coperto di
Montichiari (BS) quando ha percorso
più di 36 chilometri in appena un’ora.
Una distanza che spesso, in auto, non
si riesce a percorrere nemmeno dopo
aver invocato metà dei santi presenti
sul calendario.
Livio Iacovella
I RECORD PIÙ CURIOSI NEL CICLISMO
Quanto si può percorrere in 24 ore?
Su strada
• Jean-Pascal Roux (FRA) km 839 il 18 giugno 2009
• Maria Parker (USA) km 755 il 13 ottobre 2012
34
In pista
• Hubert Opperman (US) km 787 a Melbourne nel 1940
• Anna Mei (ITA) km 711 a Busto Garolfo (MI) nel settembre 2011
n fe bb rai o 2014 -
In cont ri
CURIOS@NDO n
UMBRIA, META AFFASCINANTE
PER UN WEEKEND “FUORI PORTA”
Viaggio fra luoghi santi, opere d’arte, cibi unici e artigianato artistico
La gita in Umbria si adatta a tutte le
stagioni e a tutte le età. Normalmente
la prima visita avviene in età scolastica
sulle tracce di frate Francesco, dell’arte
e della storia di una regione tra le più
belle ed accoglienti. Una seconda volta
l’invito arriva proprio dalla curiosità di
viverne la tranquillità di luoghi e i sapori spesso unici. Una terza volta si
manovra il navigatore su mete umbre
di caratteristiche artigianali introvabili,
così numerose, in altre regioni.
Non sapendo a quale di queste tre occasioni di viaggio far riferimento c’è un
itinerario, tra i mille possibili, che risponde alle tre diverse istanze.
L’emozione più forte la suscita senza
dubbio Assisi e la bellissima basilica di
San Francesco che raccoglie le opere
dei più grandi artisti del trecento e del
quattrocento: il maestro di S Francesco, Giotto, Cimabue, Simone Martini,
i fratelli Lorenzetti, solo per citare i più
noti. Naturalmente molto toccante è
la discesa nella cripta dove, in un’urna
di pietra, dal 1230 riposano i resti del
Santo Frate. Dopo
aver visitato la basilica
si attraversa Assisi per
raggiungere la piazza
del Comune con il
Tempio di Minerva, la
Chiesa Nuova poi la
chiesa di S. Chiara
con annesso convento delle Clarisse.
Volendo, la giornata
può iniziare da Santa
Maria degli Angeli e
dalla Porziuncola, il
luogo dove morì San
Francesco. Poi si può
raggiungere Assisi a
piedi utilizzando la
“mattonata di San
Francesco”.
L’altra località sugge-
rita è la deliziosa Spello, affacciata sulla
valle Umbra e circondata di ulivi che,
oltre all’ottimo olio extravergine, forniscono materia prima all’artigianato
locale che ne ricava tanti curiosi oggetti
da collezione.
A Spello la chiesa di S. Maria Maggiore
merita senz’altro una visita accurata; la
Cappella Baglioni ospita infatti tre
splendidi affreschi rinascimentali del
pittore umbro Pinturicchio.
Soddisfatta la sete di cultura curiamo
ora l’aspetto culinario: in Umbria il vino
e l’olio vantano una qualità media
molto elevata ed ovunque si trovano
aziende vinicole e oleifici dove appezzare ed acquistare prodotti eccellenti,
in particolare nella zona del Trasimeno,
Trevi e Assisi.
Chi volesse decidere di riposare le
gambe sotto il tavolo non c’è che l’imbarazzo della scelta. Per quelli in cerca
di emozioni particolari consigliamo il
ristorante La Stalla, a circa 800 metri
dalle mura di Assisi, lungo la strada per
L’eremo delle Carceri. Si tratta di una
I ncontr i
- feb brai o 2014 n
stalla vera, per cavalli, un antro “medioevale” fosco e fuligginoso, le pietre
delle pareti annerite dal fuoco delle fascine e dal fumo delle braci, i grandi tavoloni, le panche, le brocche ed i soffitti
a volta. Un autentico rustico che assicura ottimi sapori.
Riprendendo la via di casa è d’obbligo
la sosta a Deruta per ammirare le sue
deliziose ceramiche. Proprio a Deruta
ha sede l’azienda più antica al mondo
produttrice di ceramica, la famosa ditta
Ubaldo Grazia, fondata nel 1500.
Anche qui la proposta è particolare.
C’è una piccola realtà artigiana che
vanta un prodotto addirittura in esclusiva mondiale; si tratta della ditta Gli
Orci che realizza orci per olio e vino
di assoluto splendore. Un regalo unico,
da un artigiano, Marsilio Pannacci, che
ha anche un’altra caratteristica; è l’ultimo artigiano di Deruta che incide a
mano libera portavasi, centri tavola e
lampade di ogni tipo.
Buon viaggio...
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