L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 61 (46.899)
Città del Vaticano
domenica 15 marzo 2015
.
Inizia il cammino verso l’anno santo straordinario annunciato da Papa Francesco
La casa che accoglie tutti
Per una Chiesa che apre le porte della misericordia di Dio
«Nessuno può essere escluso dalla misericordia di
Dio. Le sue porte permangono spalancate, perché
quanti sono toccati dalla grazia possano trovare la
certezza del perdono». Nelle parole di Papa Francesco risuonate venerdì 13 marzo nella basilica vaticana
Udienze agli insegnanti cattolici
e alla comunità Seguimi
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il senso dell’Anno santo della misericordia, che si celebrerà dall’8 dicembre prossimo al 30 novembre
2016.
Nel giorno in cui è iniziato il terzo anno del pontificato, l’annuncio del Pontefice richiama il Vangelo
della misericordia che è al centro della vita della
Chiesa, «la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta».
Una casa dalle porte spalancate, immagine eloquente
della porta santa che si aprirà proprio in occasione
del giubileo straordinario.
Durante la celebrazione penitenziale il Papa ha
confidato di aver «pensato spesso a come la Chiesa
possa rendere più evidente la sua missione di essere
testimone della misericordia». Si tratta di «un cammi-
no che inizia con una conversione spirituale» ha sottolineato, aggiungendo al testo preparato un invito
esplicito: «dobbiamo fare questo cammino». Da qui
la decisione di un giubileo da «vivere alla luce della
parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre”» del vangelo di Luca, dal quale saranno tratte le
letture per le domeniche del tempo ordinario durante
l’anno santo. Che si aprirà nel giorno dell’Immacolata, lo stesso in cui cinquant’anni fa si chiudeva il Vaticano II (nell’illustrazione: Jean Guitton, «Giovanni e
Pietro davanti al concilio», 1964, particolare).
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Ciò che cambia il mondo
di RINO FISICHELLA
n anno santo della misericordia.
Non è improprio sostenere che
Papa Francesco ha fatto della
misericordia il suo programma di pontificato. Questo giubileo anche se arriva
improvviso non è affatto inaspettato.
Giunge nel secondo anniversario
dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio
a successore di Pietro. Per molti versi,
l’annuncio di un anno santo straordinario non fa che confermare quanto il Papa aveva scritto nella sua lettera programmatica Evangelii gaudium: «La
Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano... e per questo essa sa fare il primo
passo, sa prendere l’iniziativa senza
paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade
per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia,
frutto dell’aver sperimentato l’infinita
misericordia del Padre e la sua forza
diffusiva. Osiamo un po’ di più di
prendere l’iniziativa!» (n. 24). Ecco
l’iniziativa che Papa Francesco ha assunto e che trascina con sé tutta la
Chiesa in un’avventura di contemplazione e preghiera, di conversione e di
pellegrinaggio, di impegno e testimonianza, di fantasia della carità da vivere
dovunque. Un’iniziativa già prefigurata, fin dal suo primo Angelus quando
con semplicità Papa Francesco diceva:
«Misericordia. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo».
Non è un caso che l’annuncio del
giubileo sia stato dato proprio durante
una celebrazione penitenziale. Papa
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U
Francesca Cabrini
e l’Expo di ieri e di oggi
Erano meravigliati di vedere
la regina accanto a me
MARIA BARBAGALLO
A PAGINA
4
Francesco, parlando della misericordia,
ha indicato anche il primo luogo in cui
ciascuno può sperimentare direttamente
l’amore di Dio che perdona: la confessione. L’icona del Papa inginocchiato
dinanzi al confessore permane come il
linguaggio più espressivo per far riscoprire la bellezza di questo sacramento
da troppo tempo dimenticato. Le parole di Papa Francesco al suo primo Angelus ritornano oggi con tutta la loro
forza profetica: «Non dimentichiamo
questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai... noi ci stanchiamo, noi
non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui mai si stanca di perdonare». Molti fedeli in questi due anni si
sono riaccostati, dopo tanti anni, al
confessionale proprio perché colpiti da
questo invito del Papa. Celebrare questo sacramento, comunque, è l’inizio di
un cammino di carità e solidarietà. La
misericordia, infatti, ha un volto: è l’incontro con Cristo che chiede di essere
riconosciuto nei fratelli. Rivisitare le
opere di misericordia, pertanto, sarà un
percorso obbligatorio durante il prossimo giubileo.
L’apertura della porta santa avverrà
nella solennità dell’Immacolata Concezione. Neppure questa data è una scelta casuale. Cinquant’anni fa, presso
quella stessa porta si concludeva il concilio Vaticano II. Aprendo la porta santa è come se Papa Francesco volesse far
ripercorrere a tutti l’intensità di quei
quattro anni di lavori conciliari che fecero comprendere alla Chiesa l’esigenza
di uscire di nuovo verso il mondo. Il
Vaticano II, infatti, chiedeva alla Chiesa
di parlare di Dio a un mondo cambiato, con un linguaggio nuovo, efficace,
ponendo al centro Gesù Cristo e la testimonianza di vita. Quale parola più
espressiva poteva attendere il mondo
dalla Chiesa se non quella di misericordia? E proprio nella Gaudium et spes, là
dove i Padri affrontavano il tema
dell’aiuto che la Chiesa poteva offrire
alla società, si ribadiva che essa «può,
anzi deve, suscitare opere destinate al
servizio di tutti, ma specialmente dei
bisognosi come, per esempio, opere di
misericordia» (Gaudium et spes, 42).
Prima di ogni intervento di ordine politico, economico e sociale, la Chiesa offre la sua nota distintiva: essere segno
efficace della misericordia di Dio. Papa
Francesco, annunciando un anno santo
straordinario con al centro la misericordia ribadisce la strada che cinquant’anni prima era stata indicata dai padri
conciliari e conferma la Chiesa nell’instancabile cammino della nuova evangelizzazione.
La misericordia sarà in questo anno
la protagonista della vita della Chiesa
per consentire a tutti di percepire la
grandezza del cuore paterno di Dio che
ha voluto rivelarsi e farsi conoscere come «ricco di misericordia e grande
nell’amore».
Per la Colombia un triste secondo posto
BO GOTÁ, 14. Dopo la Siria, la Colombia soffre le conseguenze della
più grande crisi di sfollati e rifugiati
al mondo con sei milioni di persone
costrette ad abbandonare le loro case
a causa di un conflitto che si protrae
da oltre mezzo secolo. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), è più che
mai urgente trovare una soluzione
all’emergenza umanitaria basata sui
diritti umani. Per agire concretamente, l’Unhcr è convinta che un eventuale accordo di pace tra il Governo
di Juan Manuel Santos con le Forze
Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) diminuirebbe il numero
dei rifugiati, ma avverte le azioni dei
gruppi armati non inclusi nel negoziato continueranno a incidere negativamente.
Un agente con i bambini di un villaggio precedentemente controllato dalle Farc (Reuters)
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza:
Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marc Ouellet, Prefetto
della Congregazione per i
Vescovi;
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Orlando Antonini, Arcivescovo
titolare di Formia, Nunzio
Apostolico in Serbia.
Il Santo Padre ha nominato Consultori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi i Reverendi
Signori: Monsignor Lluís
Clavell, Membro Ordinario della Pontificia Accademia di San Tommaso
d’Aquino; Giuseppe Bonfrate, Docente presso la
Facoltà di Teologia della
Pontificia Università Gregoriana in Roma; Maurizio Gronchi, Professore
Ordinario
di
Teologia
Dogmatica presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma; Michele Giulio Masciarelli, Docente di
Teologia Dogmatica presso la Facoltà Marianum in
Roma e di Teologia Fondamentale presso l’Istituto
Teologico Abruzzese-Molisano in Chieti; Peter Paul
Saldanha, Docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Urbaniana
in Roma; Dario Vitali,
Docente di Ecclesiologia
presso la Pontificia Università Gregoriana in Roma;
Aimable
Musoni,
S.D.B., Docente di Teologia Sistematica, Ecclesiologia ed Ecumenismo presso
la Pontificia Università Salesiana in Roma; i Reverendi Padri: François-Xavier Dumortier, S.I., Rettore Magnifico della Pontificia Università Gregoriana
in Roma; Georges Ruyssen, S.I., Docente di Diritto Canonico presso il Pontificio Istituto Orientale in
Roma; Sabatino Majorano, C.SS.R., Docente di
Teologia Morale Sistemati-
ca presso l’Accademia Alfonsiana in Roma; Manuel
Jesús
Arroba
Conde,
C.M.F., Preside dell’Istituto
Utriusque Iuris presso la
Pontificia Università Lateranense; José Granados,
D.C.J.M., Vice Preside del
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su
Matrimonio e Famiglia,
Docente presso la Pontificia Università Gregoriana.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato il Reverendo Padre
Alojzij Cvikl, S.I., Arcivescovo Metropolita di Maribor (Slovenia).
Dalle Chiese orientali
cattoliche
Il Sinodo dei Vescovi
della Chiesa Patriarcale
Maronita, tenutosi in sessione straordinaria elettiva
dal 10 al 14 marzo 2015:
— ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’Eparchia di Lattaquié,
presentata da Sua Eccellenza
Reverendissima
Monsignor Elias Sleiman,
in conformità al canone
210 del Codice dei canoni
delle
Chiese
orientali
(CCEO);
— ha eletto Presidente
del Tribunale Patriarcale
di Appello Sua Eccellenza
Reverendissima
Monsignor Elias Sleiman;
— ha eletto Vescovo di
Zahlé, Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor
Joseph Mouawad, finora
Vescovo titolare di Tolemaide di Fenicia e Vicario
Patriarcale in Ehden-Zgorta;
— ha eletto, previo Assenso Pontificio, Vescovo
di Lattaquié in Siria, il
Reverendo
Corepiscopo
Antoine Chbeir, finora
Cancelliere nel Vicariato
Patriarcale di Jounieh e
Parroco di Nostra Signora
dei Doni in Adna.
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domenica 15 marzo 2015
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon,
apre i lavori della conferenza (Ansa)
Intervento della Santa Sede sull’ambiente sostenibile
TOKYO, 14. Si apre oggi a Sendai,
nel nordest del Giappone, la Terza
conferenza mondiale dell’Onu sulla
riduzione del rischio di disastri naturali. Un vertice che porterà nella
città nipponica almeno trenta tra capi di Stato e di Governo e il segretario delle Nazioni Unite, Ban Kimoon.
Secondo il programma del summit, saranno adottati la Dichiarazione politica e il documento operativo
sulla strategia post-2015 per la riduzione del rischio disastri, il cui scopo è definire una serie di principi e
di linee guida, seppur non vincolanti, per trovare la migliore strategia
possibile su sviluppo sostenibile e
incremento delle capacità di resistenza ai rischi, con l’adozione di
un nuovo quadro d’azione. Uno
schema generale che sostituirà quello della conferenza del 2005, indicando i settori prioritari d’intervento
nei prossimi quindici anni.
In base ai recenti rapporti
dell’Ufficio delle Nazioni Unite, negli ultimi dieci anni la frequenza e
gli effetti delle catastrofi e delle
emergenze sono cresciuti, con costi
che raggiungono ormai i trecento
miliardi di dollari annui. «Ogni
dollaro investito nella prevenzione —
ha osservato da Tokyo Jim Yong
Kim, presidente della Banca mondiale, nel corso di un incontro con
la stampa estera — vale trentasei
dollari in termini di benefici economici». Ed è in questo contesto che
assumono sempre maggiore importanza le attività di prevenzione, pianificazione e preparazione, al fine di
ridurre la portata delle catastrofi e
renderne più efficiente la gestione.
Il summit, che si tiene a cadenza
decennale e che il Giappone ha già
ospitato nella precedente edizione
di Kobe del 2005, prevede che la
Dichiarazione politica metta in risalto l’indispensabile e pieno coinvolgimento delle organizzazioni internazionali, delle ong, delle amministrazioni locali, delle comunità vulnerabili e del settore privato.
Secondo fonti di stampa, è previsto che il primo ministro nipponico,
Shinzo Abe, comunicherà alla con-
Una questione di giustizia
Pubblichiamo la traduzione italiana
della dichiarazione dell’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, in occasione della
28ª Sessione del Consiglio dei diritti
dell’uomo sull’ambiente sostenibile.
Signor Presidente,
Come la Santa Sede ha affermato
durante il summit sul clima delle
Nazioni Unite, il godimento di un
ambiente sostenibile è una questione di giustizia, di rispetto e di equità. Il degrado ambientale può influenzare, e di fatto influenza, in
modo negativo il «godimento di
una vasta serie di diritti umani»
(cfr. doc. A/HRC/22/43, par. 34). Lo
stesso Consiglio dei diritti dell’uomo ha affermato che «i danni ambientali possono avere implicazioni
negative, sia dirette sia indirette, per
l’effettivo godimento dei diritti
umani» (cfr. Risoluzione 16/11).
Queste situazioni devono essere affrontate dalla prospettiva del principio di una giustizia contributiva e
distributiva. Di una giustizia contributiva, nel senso che tutti devono
contribuire in base alle loro possibilità finanziarie e tecnologiche; di
una giustizia distributiva, al fine di
fornire a ogni Paese il know-how,
nonché la possibilità di svilupparsi,
Aperta in Giappone la Conferenza dell’O nu
Come limitare gli effetti
delle catastrofi naturali
ferenza un maggiore impegno finanziario del suo Paese per le misure di
prevenzione in Nazioni in via di sviluppo, ma anche le prospettive di
intervento di Tokyo rispetto alla ricostruzione delle aree devastate del
Giappone nord-orientale e l’emergenza nucleare, ancora in atto, nella
disastrata centrale di Fukushima.
La scelta di svolgere il vertice a
Sendai, capoluogo della prefettura
di Miyagi, non è casuale: la città è
stata infatti colpita da un terribile
terremoto nel marzo 2011 con successivo tsunami le cui onde hanno
spazzato via treni, edifici, navi, automobili, aeroporto e persone. La
catastrofe provocò oltre 15.000 morti, inclusa la più grave emergenza
nucleare dopo Chernobyl. È stato il
più potente sisma in Giappone e il
quarto a livello mondiale.
L’arcipelago del Pacifico devastato dal passaggio del ciclone Pam
Decine di vittime nelle isole Vanuatu
Situazione drammatica nella capitale Port Vila
SYDNEY, 14. Si temono decine di
morti a Vanuatu per il passaggio
del ciclone Pam che ha lasciato
«una totale devastazione», in quello che potrebbe essere uno dei più
gravi disastri mai registrati nel Pa-
cifico. È l’allarme lanciato da Save
the Children e da altre agenzie
dell’Onu presenti nell’arcipelago
che si trova a circa 1.750 chilometri
a est dell’Australia. Le 65 isole sono state spazzate da venti fino a
270 chilometri orari che hanno devastato interi villaggi mentre molte
zone sono state inondate dalle
piogge torrenziali.
Le comunicazioni sono isolate e
manca la corrente praticamente in
Gigantesco
incendio assedia
la città cilena
di Valparaíso
SANTIAGO DEL CILE, 14. Il Governo
cileno ha proclamato la notte scorsa
lo stato di emergenza per la zona
delle città di Valparaíso e Viña del
Mar, disponendo l’evacuazione di
almeno 16.000 persone a causa del
gigantesco incendio forestale che
avanza incontrollato nella regione.
A darne notizia è stato il sottosegretario dell’Interno, Mahmud Aleuy.
L’emergenza ha provocato una
vittima, una donna di 67 anni morta
per problemi cardiorespiratori e dieci feriti — di cui due in gravi condizioni — tra i volontari dei vigili del
fuoco impegnati nella difficile opera
di contenimento delle fiamme. Altre
cinque donne sono rimaste ferite
nell’incendio. L’incendio è scoppiato in una discarica abusiva e si è
propagato con grande rapidità a
causa del forte vento. Per cercare di
spegnere le fiamme sono stati impiegati sette aerei, otto elicotteri e 12
brigate di pompieri.
La zona di Valparaíso fu già colpita lo scorso aprile da un incendio
che fece 15 morti, 500 feriti e provocò la distruzione di 15.000 case.
«Abbiamo decretato l’allerta rossa a
Valparaíso e Viña del Mar, e quella
gialla nelle aree vicine», ha precisato il ministero dell’Interno, sottolineando che finora le fiamme hanno
distrutto oltre 300 ettari. Il sindaco
di Valparaíso, Jorge Castro, ha d’altra parte confermato che le fiamme
hanno già distrutte numerose abitazioni alla periferia della città.
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di produrre beni e di fornire servizi.
La giustizia riparativa implica che
quanti hanno tratto più vantaggio
dall’uso delle risorse naturali, e
quindi hanno danneggiato maggiormente l’ambiente, hanno un dovere
speciale di adoperarsi per il suo ripristino e la sua cura.
Gli obblighi e gli impegni relativi
ai diritti umani hanno il potenziale
di influenzare e rafforzare la legislazione internazionale, regionale e nazionale nel campo della protezione
dell’ambiente ed esortano gli Stati a
«tenere conto dei diritti umani
quando sviluppano le loro politiche
ambientali» (Risoluzione 16/11).
Questo Consiglio, come anche le
Parti alla Convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, hanno dichiarato che gli Stati devono, in tutte le azioni collegate
al cambiamento climatico, rispettare
appieno i diritti umani (Risoluzione
18/22; e FCCC/CP/2010/7/add.1, decisione 1/CP.16).
Gli obblighi relativi ai diritti
umani collegati all’ambiente comprendono anche quello sostanziale
di adottare quadri legali e istituzionali che proteggano contro i danni
ambientali che potrebbero interferire con il godimento dei diritti umani, compresi quelli causati da attori
privati. Come la mia Delegazione
ha già dichiarato nel suo intervento
sulle società transnazionali, ribadia-
Macerie delle abitazioni distrutte dal ciclone (Ap)
Grave epidemia di dengue
nello Stato brasiliano di San Paolo
BRASILIA, 14. Si aggrava l’epidemia
di dengue nello Stato di San Paolo, il più ricco e sviluppato del
Brasile. Nell’ultima settimana si
sono infatti registrati cinque nuovi
casi mortali, che hanno portato a
ventinove le vittime dall’inizio
dell’anno. Nello stesso periodo del
2014 i morti erano stati cinque.
Tre degli ultimi decessi si sono
verificati a Bauru e due nella regione di Campinas, nel nordest.
I casi di dengue registrati
dall’inizio dell’anno sono oltre
centomila, contro i quasi dodicimi-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
la dello stesso periodo dello scorso
anno. Secondo il ministero della
Salute, l’aumento dei casi della
malattia tropicale, altamente infettiva, dipende dall’ondata di caldo
e dal razionamento dell’acqua. La
dengue viene trasmessa dalla zanzara Aedes Aegipty e si manifesta
con febbre alta ed eruzioni cutanee
simili al morbillo. Non esistendo
una vaccinazione efficace, la prevenzione si ottiene mediante l’eliminazione delle zanzare e del loro
habitat, per limitare l’esposizione
al rischio di trasmissione
Servizio vaticano: vaticano@ossrom.va
Servizio internazionale: internazionale@ossrom.va
Servizio culturale: cultura@ossrom.va
Servizio religioso: religione@ossrom.va
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
photo@ossrom.va www.photo.va
Continuano
i negoziati tra Cuba
e Stati Uniti
L’AVANA, 14. Roberta Jacobson,
segretario aggiunto del dipartimento di Stato americano per
l’Emisfero occidentale, andrà domani all’Avana per un nuovo
round di negoziati con Cuba sulla ripresa delle relazioni diplomatiche. Lo ha riferito oggi il dipartimento di Stato americano. Si
tratta del terzo round di negoziati tra le due delegazioni, dopo il
primo di gennaio a Cuba e il secondo a febbraio a Washington.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
tutte le case. Notizie non confermate ufficialmente riferiscono di 44
morti soltanto nella provincia nordorientale di Penama.
Situazione drammatica nella capitale Port Vila, sull’isola di Efete,
dove vivono 47.000 dei 267.000 abitanti dell’arcipelago, che ha vissuto
«15-30 minuti di terrore assoluto»,
come ha raccontato la portavoce
dell’Unicef, Alicia Clements. La
Croce rossa australiana parla di distruzione incredibile nella capitale.
«siamo estremamente preoccupati
per la sicurezza e il benessere di
decine di migliaia di persone a Vanuatu».
Sempre secondo la Croce rossa
australiana, le necessità umanitarie
saranno «enormi».
Per far fronte a un’emergenza
umanitaria che si annuncia come
enorme, il ministro degli Esteri australiano, Julie Bishop, ha preannunciato l’immediato invio di un
team di soccorso.
Il ciclone Pam, che ha già investito Kribati e le isole Salomone, è
stato catalogato come tempesta tropicale di categoria cinque ed è considerato uno dei più violenti mai
registrati nell’emisfero sud.
mo il nostro invito a proteggere i
diritti umani dai danni ambientali.
Gli Stati devono trovare un compromesso tra la protezione dell’ambiente e altri interessi sociali legittimi.
Ma il compromesso deve essere ragionevole e non risultare in violazioni ingiustificate e prevedibili di diritti umani.
A tale riguardo, la Santa Sede desidera esprimere il suo apprezzamento per la buona pratica di preparare «relazioni di sostenibilità»
che descrivono l’impatto economico,
ambientale e sociale prodotto dalle
attività quotidiane delle aziende. Le
linee guida comprensive elaborate
dalla Global Reporting Initiative forniscono un quadro per misurare e
riferire l’impatto e il rendimento
collegati alla sostenibilità, che include gli indicatori relativi alla protezione dei diritti umani e dell’ambiente (Relazione dell’Esperto Indipendente sulla questione degli obblighi riguardanti i diritti umani relativi al godimento di un ambiente
sicuro, pulito, sano e sostenibile,
documento A/HCR/28/61, par. 81).
È una questione di giustizia aiutare le persone povere e vulnerabili
che soffrono per cause che in larga
parte non sono dovute a loro e che
sono fuori dal loro controllo. Un
passo concreto sarebbe quello di
mettere a loro disposizione ciò che
di meglio esiste per quanto riguarda
la tecnologia per l’adattamento e la
mitigazione. Ora tutti gli occhi sono puntati sulla ventunesima Conferenza delle Parti della UNFCCC e
sull’undicesimo incontro delle Parti
del Protocollo di Kyoto, che si svolgeranno a Parigi nel dicembre 2015.
Lì, a vincere saranno sia i poveri sia
i ricchi se riusciremo a raggiungere
un accordo su una strategia politica
internazionale post-2020, nel quale
tutte le Nazioni del mondo, compresi i più grandi emettitori di gas
serra, si vincoleranno a un trattato
universale sul clima.
Per concludere, Signor Presidente,
Come Papa Francesco ha affermato in diverse occasioni: «Anche se
“la natura è a nostra disposizione”,
troppo spesso “non la rispettiamo e
non la consideriamo come un dono
gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese
le generazioni future”. Pure in questo caso va chiamata in causa la responsabilità di ciascuno affinché,
con spirito fraterno, si perseguano
politiche rispettose di questa nostra
terra, che è la casa di ognuno di
noi» (Discorso ai membri del Corpo
Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 13 gennaio 2014). La responsabilità di proteggere l’ambiente, non importa se come Paese sviluppato o come Paese in via di sviluppo, grava sulle spalle di tutti noi.
Tenendo conto delle buone pratiche
evidenziate dal Relatore Speciale,
non dobbiamo evitare il lavoro urgente che occorre ancora svolgere
per assicurare che le generazioni future trovino un mondo che permetta
loro di condurre una vita prospera.
Grazie, Signor Presidente.
Oppositore venezuelano
trovato morto in carcere
CARACAS, 14. Era stato arrestato
nell’aprile dell’anno scorso e denunciato in diretta televisiva dal presidente venezuelano, Nicolás Maduro, come «uno dei cervelli dell’insurrezione» contro il Governo chavista. Ora Rodolfo González, 64
anni, noto per la sua opposizione al
Governo di Caracas, è stato trovato
morto nella cella dove era rinchiuso,
nella sede centrale del Servizio bolivariano di intelligence.
Sui social network la notizia della
morte di González, circolava già da
giovedì scorso, ma è stata sua figlia,
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
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fax 06 69885164, 06 698 82818,
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Lisette, a dare la conferma ieri. Secondo le prime ipotesi della stampa
locale, González si sarebbe suicidato nella sua cella dopo essere stato
informato che lo avrebbero spostato
nel famigerato carcere di Yare, a
cento chilometri da Caracas. Si tratta di una delle prigioni più temute
del Paese, a causa del sovraffollamento — costruita per 15.000 detenuti, ne ospita circa 44.000 — e
dell’arbitrio che vi esercitano le bande criminali. Le autorità hanno annunciato un’inchiesta per appurare
l’accaduto.
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Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
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Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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domenica 15 marzo 2015
pagina 3
Bambino in un campo profughi nigeriano
in Ciad (Ap)
Non conoscono tregua i combattimenti tra le forze irachene e l’Is
Tikrit
in fiamme
BAGHDAD, 14. Non conosce tregua
la guerra in Iraq contro i terroristi
del sedicente Stato islamico (Is).
Epicentro dei combattimenti è sempre più la città di Tikrit, 130 chilometri a nord di Baghdad.
In Marocco
la fase finale
dei colloqui
sulla Libia
RABAT, 14. «La fase finale, decisiva dei colloqui sulla Libia» si
terrà giovedì prossimo 19 marzo
in Marocco: lo ha annunciato ieri
sera l’inviato speciale dell’O nu,
Bernardino León, parlando a
giornalisti dopo un round negoziale cui non ha partecipato la
delegazione del Parlamento di
Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale.
Al tavolo negoziale di ieri era
presente la delegazione del Congresso generale nazionale di Tripoli, sostenuto dalle milizie islamiche. Un deputato di Tobruk,
Mohammed Sharif Elouafi, ha
detto che León «ha accetto la richiesta dei deputati del Parlamento eletto di rinviare i negoziati per garantire la loro genuinità». Il Parlamento libico, eletto
a giugno, è costretto a riunirsi a
Tobruk, nella Libia orientale, per
motivi di sicurezza, mentre il
Congresso generale nazionale è
rimasto nella capitale. I due Parlamenti rivali stanno discutendo
sulla formazione di un Governo
di unità nazionale che metta fine
alle ostilità in Libia.
«Non c’è modo di risolvere la
crisi libica con la via militare»
ma bisogna sostenere «la formazione di un Governo di unità nazionale» ha detto ieri l’alto rappresentante per la Politica estera
e di sicurezza comune dell’Ue,
Federica Mogherini, a margine
della conferenza economica di
Sharm El Sheikh, assicurando
che è anche «interesse degli egiziani oltre che degli europei
giungere a una soluzione diplomatica in Libia».
E la situazione in Libia sarà
uno dei principali temi sul tavolo
del Consiglio Esteri dell’Ue di
lunedì prossimo. I 28 ministri ribadiranno il proprio sostegno
all’iniziativa dell’inviato speciale
delle Nazioni Unite León, per il
dialogo e una soluzione politica
alla crisi nel Paese. I ministri degli Esteri, spiega un alto funzionario europeo, discuteranno le
modalità con cui l’Ue può sostenere la Libia se il tentativo di
León avrà successo.
L’offensiva per riconquistare il
centro abitato è entrata oggi nel
quarto giorno. L’Is ha più volte negato di aver perso il controllo della
città, come invece sostenuto dalle
forze irachene. Secondo osservatori
indipendenti, la battaglia non può
dirsi ancora conclusa: permangono
infatti numerose sacche di resistenza. L’avanzata delle forze governative, supportate da milizie sciite, sunnite e curde, è rallentata dagli attentati suicidi, dalle cariche esplosive
lasciate dai jihadisti lungo le strada
e dai cecchini. Ieri, sei soldati iracheni e miliziani sciiti loro alleati
sono stati uccisi da un’autobomba
esplosa vicino alla loro postazione
nel centro della città.
E sempre ieri il primo ministro
iracheno, Haidar Al Abadi, ha assicurato che le autorità di Baghdad
«manterranno l’ordine ed eserciteranno un fermo controllo» per impedire violenze contro i sunniti sospettati di sostenere l’Is nelle aree di
Tikrit sottratte al controllo dei jihadisti. Nei mesi scorsi vi sono state
infatti numerose denunce di atrocità
contro la popolazione sunnita accusata di avere sostenuto l’Is in altre
aree riprese dai governativi, in particolare nella provincia di Diyala, a
nord-est di Baghdad.
Fonti di stampa riferiscono intanto che seicento cristiani iracheni
hanno deciso di entrare a far parte,
dopo un periodo di addestramento,
delle milizie curde per combattere
contro l’Is. Il generale Abu Bakr
Ismael, responsabile del reclutamento, ha sottolineato ieri che sono tutti
volontari.
Decine di migliaia di cristiani sono stati costretti a lasciare le loro
case in Iraq e a rifugiarsi nel territorio della regione autonoma del Kurdistan la scorsa estate, quando le
forze dell’Is hanno compiuto una
fulminea offensiva nel Nord, impadronendosi dell’intera provincia di
Ninive, di cui Mosul è capoluogo, e
di gran parte di quella di Salahuddin. Nel nord-est della Siria, anch’esso in parte nelle mani dell’Is, le
milizie dei cristiani assiri si battono
già da tempo al fianco dei curdi.
A causa delle violenze di Boko Haram
Oltre duecentomila sfollati in Nigeria
ABUJA, 14. Oltre duecentomila persone sono state costrette a lasciare il nord-est della Nigeria, assediato dai
miliziani islamisti di Boko Haram, trovando rifugio in
Niger. Il dato è stato fornito dal governatore della provincia nigerina di Diffa, Yacuba Usmana Gawo, nel
corso della visita di Kashim Shettima, governatore dello
Stato nigeriano del Borno, dove imperversano gli jihadisti. Gawo ha spiegato che la recente conquista di Baga da parte dei miliziani islamisti ha fatto crescere di
molto il numero dei rifugiati. Intanto, il Sud Africa ha
smentito le recenti notizie secondo cui suo personale
Il premier Modi a Colombo
Contro le basi dei talebani
Dialogo tra India e Sri Lanka
Raid dell’aviazione pakistana
sui territori tribali
COLOMBO, 14. Il primo ministro indiano, Narendra Modi, è a Colombo
per una visita ufficiale di due giorni,
che ha come principale obiettivo il
riavvicinamento diplomatico fra India e Sri Lanka. Al termine di un incontro con il presidente, Maithripala
Sirisena, che dopo essere stato eletto
in gennaio aveva scelto proprio l’India per il suo primo viaggio di Stato
all’estero, Modi ha sottolineato che
«i legami economici sono un pilastro
delle nostre relazioni bilaterali».
A riguardo, il capo dell’Esecutivo
di New Delhi ha annunciato un accordo da 1,5 miliardi di dollari tra le
due banche centrali per aiutare a
mantenere stabile la rupia srilankese.
Inoltre, l’India si è detta pronta a
sostenere la città portuale di Trincomalee nel diventare un importante
centro petrolifero e a fornire una linea di credito di 318 milioni di dollari per lo sviluppo del settore ferroviario.
Firmate
anche
intese
sull’esenzione dal visto per i titolari
di passaporti diplomatici, sulla cooperazione in materia di assistenza reciproca nel settore doganale, su un
protocollo d’intesa per lo sviluppo
dei giovani e un altro per costruire
un museo in memoria del poeta e
scrittore Rabindranath Tagore.
Sul delicato e complesso problema
dei pescatori e della demarcazione
del confine marittimo, che da sempre ha lacerato i rapporti tra i due
Paesi, Modi ha detto che saranno
esaminate nuove proposte. «Il problema dei pescatori ha una dimen-
Il presidente srilankese Sirisena, a sinistra, insieme al premier indiano Modi, a destra (Afp)
sione sia di sostentamento che umanitaria». Come gesto di buona volontà, il Governo di Colombo ha
promesso di rilasciare ottantasei pescatori indiani arrestati con l’accusa
di bracconaggio.
Modi si recherà poi a Jaffna, nel
Nord, devastata dalla trentannale
guerra civile, dove consegnerà ad alcune famiglie tamil delle case co-
struite con l’aiuto dell’assistenza indiana. Fra le ragioni del distanziamento diplomatico e politico fra
New Delhi e Colombo vi è stato anche il lungo conflitto di cui è stata
protagonista nel nord dello Sri Lanka la guerriglia secessionista delle
Tigri dell’Eelam tamil, legata etnicamente alla popolazione dello Stato
indiano del Tamil Nadu.
Proseguono le trattative sul debito greco
I dubbi di Bruxelles e la retromarcia di Tsipras
BRUXELLES, 14. Il Governo ellenico
di Alexis Tsipras «non è populista»
e in ogni caso «è pronto a sospendere o ritardare le promesse elettorali per creare maggior fiducia tra le
proprie controparti negoziali e renderle fattibili nell’arco dei quattro
anni di mandato parlamentare».
Queste le parole pronunciate ieri dal
ministro delle Finanze greco, Yanis
Varoufakis, ieri a Cernobbio per
partecipare ai lavori del seminario
Ambrosetti. Il ministro ha chiesto
«un nuovo contratto» con l’Europa,
a beneficio di tutti perché «quello
che stiamo facendo è stabilizzare la
Grecia e avviarla sulla strada della
ripresa, che è l’unico modo per ripagare nostro debito».
E intanto ieri il premier greco Tsipras, a Bruxelles per incontrare il
presidente della Commissione Ue
Juncker, si è detto «ottimista» sulla
militare sarebbe dispiegato in Nigeria per lottare contro
Boko Haram.
Qualsiasi cittadino sudafricano, ha affermato Siphiwe
Dlamini, portavoce della forza di difesa nazionale, che
lotta contro Boko Haram verrà considerato «come un
mercenario» e potrebbe essere «perseguito per violazione della legge».
In precedenza, alcune voci — riportate dalle agenzie
ma non verificate autonomamente — avevano parlato di
diversi gruppi di militari sudafricani attivi in Nigeria
nell’offesiva contro Boko Haram.
La bandiera greca sventola sull’Acropoli ad Atene (Ansa)
possibilità di trovare una soluzione
per risolvere la crisi. Risolvere il nodo greco è infatti «un interesse comune» perché «non è solo un problema greco ma un problema europeo» ha detto Tsipras. Quanto alle
incomprensioni con altri Paesi, secondo Tsipras, bisogna «andare
avanti in modo costruttivo». Il presidente dell'Europarlamento, Martin
Schulz, ha lanciato il suo invito al
dialogo e ha anticipato che Atene,
Parlamento europeo e Commissione
«resteranno in contatto per creare
un piano specifico di investimenti
per la crescita della Grecia, con una
strategia sostenibile di creazione di
posti di lavoro per i prossimi quattro mesi». Parole che si scontrano
con l’opinione del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble,
che non esclude più l’ipotesi di
un’uscita della Grecia dall’euro.
ISLAMABAD, 14. Almeno venti miliziani sono morti e altri quindici sono rimasti feriti in una nuova operazione condotta ieri dall’aviazione
militare pakistana nella Khyber
Agency, territorio tribale al confine
con l’Afghanistan. Lo hanno reso
noto fonti militari a Islamabad.
I caccia pakistani, si è appreso,
sono entrati in azione nella Tirah
Valley contro basi del Lashkar-eislam, movimento talebano che risponde al comandante Mangal
Bagh. Una campagna denominata
Khyber-1 è stata sferrata dalle forze
di sicurezza pakistane nell’ottobre
2014 per eliminare le basi del gruppo di ribelli nella Khyber Agency,
e secondo fonti ufficiali centinaia di
militanti sono stati uccisi o arrestati. Si deve inoltre segnalare che ieri
il portavoce del Tehrek-e-taliban
Pakistan Jamat ul Ahrar, Ehsanullah Ehsan, ha reso noto che il suo
gruppo, lo stesso Lashkar-e-islam e
il Tehrek-e-taliban si sono uniti sotto l’unico nome di Tehrek-e-taliban-Pakistan per lottare contro il
Governo e l’esercito pachistani.
Nel frattempo, un importante
comandante afghano che lottò per
estromettere i talebani dal Governo
alla fine degli anni Novanta è stato
ucciso oggi insieme a sei uomini
della sicurezza che erano con lui
nella provincia di Ghazni in un imboscata rivendicata dagli insorti.
Il portavoce del Governo provinciale, Nang Safi, ha precisato che si
tratta di Wali Muhammad, che è
stato il massimo comandante della
rivolta antitalebana nel distretto di
Andar, e che è stato ucciso da un
commando talebano in un checkpoint della sicurezza. L’operazione
è stata rivendicata dal portavoce
degli insorti, Zabihullah Mujahid.
Affonda
un traghetto
in Myanmar
NAYPYIDAW, 14. Almeno cinquanta persone sono annegate
oggi nell’affondamento di un
traghetto in Myamnar. L’imbarcazione — con oltre duecentodieci persone a bordo — si è inabissata a causa del mare mosso
mentre era in viaggio da
Taunggok a Sittwe, capitale dello Stato occidentale di Rakhine.
I soccorritori hanno tratto in salvo circa centocinquanta persone,
ma ci sono poche speranze di
recuperare i dispersi, che, secondo testimoni, potrebbero essere
anche di più di quelli dichiarati.
Molti passeggeri, infatti non
avevano il biglietto.
Verso la distensione
nel sud-est dell’Ucraina
KIEV, 14. Le forze armate ucraine
non hanno registrato «perdite militari per diversi giorni» e «questo è
un chiaro segnale di graduale deescalation» nel conflitto del Donbass. Lo ha affermato ieri il presidente ucraino, Petro Poroshenko, in
un’intervista televisiva precisando
tuttavia che nel caso di «una nuova
fase di aggressione» Kiev riceverà
«immediatamente armi letali e ha
firmato contratti per importazioni
di armi con undici Paesi dell’Ue».
Dal 15 febbraio scorso è in vigore
un nuovo cessate il fuoco nel conflitto nel sud-est dell’Ucraina, che
ha provocato più di seimila morti
in undici mesi. Le autorità di Kiev
continuano a denunciare una presenza di forze separatiste filorusse
lungo la linea del fronte. Il presidente ucraino ha precisato che la situazione rimane tesa in particolare
in due zone: attorno all’aeroporto
di Donetsk, ripreso dai ribelli in
gennaio dopo violenti combattimenti, e nei pressi del villaggio di
Chirokine, a una decina di chilometri dal porto strategici di Mariupol.
L’Ucraina ha inoltre consegnato
un elenco di armi pesanti che sono
state ritirate dal fronte. Lo riferisce
l’Organizzazione per la sicurezza e
la cooperazione in Europa (Osce).
Il ritiro è una parte fondamentale
dell’accordo di pace raggiunto a
Minsk.
Nel frattempo, il Consiglio Ue
ha prolungato ieri le misure restrittive contro la Russia. Il congelamento dei beni e lo stop dei visti
per 150 persone e 37 entità viene
esteso per altri sei mesi, fino al 15
settembre. La decisione dà effetto
legale alla decisione politica presa
al Consiglio straordinario esteri
dell’Unione europea sull’Ucraina
del 29 gennaio scorso.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
domenica 15 marzo 2015
L’esposizione fu inaugurata il 28 aprile 1906
Come scrisse la fondatrice a madre Diotti
«Prima di tutto ho gridato tanto col Comitato
fino a che ci hanno conceduto
un altro pezzetto di posto»
Alcune delle fotografie della mostra
«Alla mensa del Pane e della Parola»
Francesca Cabrini e l’Expo di ieri e di oggi
di MARIA BARBAGALLO
ell’Expo che si tenne
dal 28 aprile all’11 novembre 1906 a Milano
si celebravano «i successi dell’industria italiana proiettata verso l’Europa e il
mondo, mostrando un’immagine
nuova, moderna e di un’Italia che
cresceva, proiettata verso il futuro di
cui il traforo ferroviario del Sempione era uno dei simboli più lampanti».
Madre Francesca Cabrini, che era
in quel momento occupatissima dalle sue fondazioni e pure assillata da
tante situazioni dolorose, tra le quali
il nuovo orfanotrofio di New Orleans, decise di parteciparvi. Lei
stessa spiega al vescovo di Lodi,
monsignor Giovanni Battista Rota,
che era stato l’arcivescovo di Milano,
il cardinale Andrea Carlo Ferrari, a
suggerirle di presentare le opere realizzate in favore degli emigranti italiani, nel Padiglione dedicato al la- potenzialità produttive e commerciavoro degli italiani all’estero.
li dell’emigrazione, possibile moltiInfatti nel febbraio 1906 il giorna- plicatore
dell’economia
italiana
le ufficiale del Comitato esecutivo all’estero, e quello di rappresentare
dell’Esposizione così annunciava il in tal modo una più grande Italia
varo della mostra degli italiani che, oltre a quella racchiusa entro i
all’estero: «Fra le più geniali propo- confini statali, comprendesse anche
ste accolte devesi menzionare quella quella delle molte destinazioni del
che dia campo ai milioni di italiani lavoro svolto dagli italiani all’estero
stabilitisi all’estero, o di là rimpatria- nel presente e nel passato.
ti, di far conoscere e apprezzare alla
L’intenso lavoro di madre Cabrini
patria tutta l’opera loro fuori dei e l’operosità delle sue missionarie
confini».
permise così che si potesse avere
Sulla scia di quanto era stato già all’Expo uno spazio per esporre le
fatto a Genova in occasione opere prodotte dagli immigrati itadell’esposizione colombiana del 1892 liani negli Stati Uniti, in Argentina,
e all’Esposizione di
Torino del 1898 si progettava dunque di dare
Le religiose cabriniane
spazio e opportunità
alle faticose ma fertili
non avranno uno spazio nell’edizione 2015
conseguenze dell’emiMa celebreranno l’avvenimento
grazione italiana. Ambedue queste Expo cicon una mostra a Codogno
tate dal giornale erano
per illustrare la loro missione in Africa
conosciute — e forse
erano state anche visitate — dalla madre Cabrini che, scrivendo a
una suora un’istruzione per come Brasile, Francia, Inghilterra, Spagna
doveva esporre le cose, menzionava e Centro America.
Come si poteva immaginare, a
quella di Torino.
La mostra chiamava quindi i pro- madre Cabrini non bastava lo spazio
tagonisti dell’emigrazione a presen- che le avevano riservato, come scrive
tare i risultati raggiunti, perseguen- nella stessa lettera al vescovo di Lodo esplicitamente due obiettivi: di: «Siccome poi il posto conceduto
quello di offrire una vetrina delle alle suore era troppo ristretto per il
Erano meravigliati di vedere
la regina accanto a me
N
numero degli oggetti da esporsi, mi
sono affrettata a venir qui da Roma
per ottenere, come mi è riuscito di
fare, maggior spazio».
Prima di arrivare in Italia, comunque, madre Cabrini aveva moltiplicato gli sforzi per avere abbondante e
interessante materiale da esporre:
«Desidero che prepariate delle belle
composizioni per l’esposizione di
Milano. Fatele fare dalle Professoresse in fogli grandi, indi riunitele come in un album legate con una bella
pergamena e inviatele a Milano alla
Direttrice per l’esposizione. Io sarò
là prima dell’apertura per vedere la
disposizione del nostro reparto. Fa’
fare anche dei bei lavori da M.e Fede, un poco originali allo stesso scopo e spediscili in maggior quantità
che potete. Per la spedizione fatti dire dalla Direttrice di Milano il modo
per spedire il tutto senza pagar niente perché anche da New York le cose
che vanno per l’esposizione non pagano né trasporto né dogana.»
Non sappiamo esattamente come
fossero queste composizioni, sappiamo però che molte furono poi usate
per il museo allestito a Roma in occasione della sua beatificazione e
qualche album con la raccolta di
preziose pergamene dipinte a mano
dalle suore è ancora visibile al museo di Codogno. in provincia di Lodi. La madre parla anche di fascicoli, pergamene, fotografie, riconosci-
menti, alcuni dei quali erano firmati
da personalità come il commissario
dell’emigrazione, il capitano Giuseppe Pizzati, i vescovi e cardinali che
conoscevano e ammiravano madre
Cabrini. Alcuni dei fascicoli di cui si
parla dovevano certamente essere dei
dépliant con le spiegazioni necessarie. Per questo scriveva: «Spero che
avrai già spedito i fascicoli, ce ne vogliono tanti perché all’Esposizione
di Milano sono molto ricercati essendo che la nostra piace più di tutte e la gente accorre da ogni parte.
Il tronco pietrificato poi è la meraviglia di tutti».
Il famoso tronco rimase poi presso l’Istituto Cabrini di Milano fino a
qualche anno fa, quando venne tra-
Cibo disegnato a Cartoomics 2015
Anche i fumetti mangiano
di SILVIA GUIDI
Eta Beta in realtà non ha mai mangiato
naftalina. O meglio l’ha mangiata solo
in Italia, spiega Tito Faraci, sceneggiatore, scrittore ed esperto di fumetti intervistato da Monica Onore per Rai
Expo. Nella versione originale Disney,
l’uomo proveniente dal futuro Eega
Beeva (alias Pittisborum Psercy Pystachi
Pseter Psersimmon Plummer-Push) si
procurava scorte di cubetti di ghiaccio e
kumquat, mandarini cinesi sottaceto, un
frutto poco conosciuto nell’Italia degli
anni Cinquanta. Dato che i fumetti non
erano pubblicati a colori e le palline
erano tutte bianche, gli autori decisero
di trasformarle nel tarmicida che un
tempo era presente in tutti gli armadi.
In linea con il tema dell’esposizione
universale milanese «Nutrire il Pianeta,
Energia per la Vita», Cartoomics 2015
ha organizzato in questi giorni una mostra dedicata al rapporto fra i personaggi dei comics e il cibo, «Anche i fumetti
mangiano», a cura di Luca Bertuzzi,
Luigi Bona, Alberto Brambilla e Riccardo Mazzoni.
Un lungo viaggio nelle cucine di carta
dei cartoni animati: dagli spinaci di
Braccio di Ferro ai cinghiali arrosto divo-
Snoopy e Woodstock durante il pranzo per il Giorno del Ringraziamento
rati da Obelix, dalle arachidi di Super
Pippo alle sofisticate specialità gastronomiche del topolino chef di Ratatouille,
dagli hamburger di Poldo — il nome originale è J. Wellington Wimpy, da cui
l’omonima catena inglese di fast food —
alle ciambelle di Homer Simpson.
In Tex, la serie creata nel 1948 da
Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini, quando Aquila della Notte e Kit
Carson si trovano in un saloon mangiano patatine fritte e una bistecca alta tre
dita, mentre durante i loro bivacchi non
manca mai del caffè caldo.
Dylan Dog, creato da Tiziano Sclavi
nel 1986 per Sergio Bonelli Editore, è
invece il primo protagonista di un fumetto vegetariano e astemio — in alcuni
episodi spiega di aver bevuto troppo in
passato — e accoglie sempre i suoi ospiti
offrendo una tazza di the. Zerocalcare
(alter ego di Michele Rech, l’autore de
La profezia dell’armadillo) ha bandito tabacco, alcool e droghe ma non prova
neanche a curare la sua dipendenza
cronica dal suo dolce preferito, il plumcake.
Milioni di lettori in tutto il mondo
hanno scoperto cosa sono i marshmallow, le ciambelle e la festa del ringraziamento leggendo le strisce dei Peanuts,
scritte e disegnate da Charles Schulz
per mezzo secolo, dal 1950 al 2000. Il
cibo è spesso protagonista anche nelle
graphic novel: in Gourmet Jino Taniguchi racconta in punta di matita l’arte
della cucina giapponese, mentre il tratto
semplice ed elegante del canadese Guy
Delisle nelle Cronache — dal Myanmar,
Gerusalemme o Pyongyang — racconta
piccole grandi storie di vita quotidiana
descrivendo anche le abitudini alimentari dei Paesi in cui soggiorna.
sportato nella casa natale di
Sant’Angelo Lodigiano. La madre
ne descrive la bellezza in una lettera
alle alunne del Magistero di Roma
nel febbraio del 1906, parlando della
foresta pietrificata attraversata mentre viaggiava nel deserto dell’Arizona: «Uno di questi alberi, col tronco
ancora intatto, è caduto attraverso di
un burrone della larghezza di 45 piedi in modo da formarvi quasi un
ponte, e la cima e la radice sono sepolti nella sabbia, il che vi dà
un’idea della sua altezza. Avrete certo curiosità di vedere questo bel legno pietrificato e io per soddisfarvi
ve ne porterò un pezzo al mio ritorno».
L’Esposizione fu inaugurata il 28
aprile 1906, ma madre
Cabrini vi giunse in giugno e scrisse a madre
Diotti, il 27: «Prima di
tutto ho gridato tanto col
Comitato dell’Esposizione fino a che ci hanno
conceduto un altro pezzetto di posto e dopo tre
o quattro giorni al mio
arrivo, mentre stavamo
regolando i lavori venne
il Presidente dell’Esposizione, il Commendatore
Celeria a dire che la Regina Madre in pochi minuti sarebbe stata da noi
a visitare la mostra e che
io dovevo fare gli onori
di Casa. Venne infatti, visitò minutamente tutto
meravigliandosi dei belli
e svariati lavori e delle
curiosità, mi chiese se ero
io la cugina di Depretis e
quella che sostiene il Magistero di Roma, dicendo
che la Somaglia gliene
parla frequente e sa che è
un’opera bella. Il seguito
di principi, marchesi e
conti milanesi erano meravigliati a vedere la Regina tanto familiare con me e, mentre andava negli scomparti degli altri, venivano a pregarmi di seguirla;
io però mi sono scusata per non farlo. Non par vero, vengono persino
da lontani Paesi per visitare il nostro scomparto che interessa tante persone».
Madre Cabrini scrisse poi a madre Diotti
nel luglio del 1906,
parlando di una delle
tante feste organizzate
per il venticinquesimo
anniversario della Fondazione
dell’Istituto.
«Il telegramma ieri era
fatto da Merry del Val:
molto bello. Qui fu
una festa grandiosa,
parlarono
quattro
grandi oratori e in fine
il Cardinal Ferrari. Alcune persone vennero
dicendomi perché non
invitavo la Regina Madre, la quale era informata della festa che si
faceva, io mi scusai in
qualche maniera ma io
non mi sentivo d’invitarla. Quando saranno
d’accordo col Santo Padre allora faremo ai Reali gran festa».
In realtà lo scopo principale della
madre nel mettere in mostra le sue
opere era quello di far fare bella figura alla Chiesa che vedeva molto
criticata, specialmente negli Stati
Uniti. Il suo successo in America era
dovuto ai tanti sacrifici che lei e le
sue missionarie facevano per il bene
della gente più emarginata in quel
tempo, ma anche per l’immagine che
madre Cabrini desiderava dare della
Chiesa.
Nel gennaio del 1907 la madre riceve un Diploma di “Gran Premio”
conferito dalla Giuria degli “Italiani
all’Estero” e così risponde: «Onorevole Signore, Ho ricevuto la comunicazione colla quale Ella si degna
avvisarmi del Diploma di Gran Pre-
mio assegnato al nostro Istituto dalla Giuria degli “Italiani all’Estero”
di cui Ella è benemerito Presidente.
Mentre la ringrazio della sua cortesia, l’assicuro che questa distinzione
ci sarà di eccitamento a lavorare con
maggiore alacrità a un’opera che ci è
tanto cara quale si è quella di far del
bene ai nostri fratelli italiani che vivono lungi dalla Patria».
Oggi le Missionarie di Madre Cabrini non avranno uno spazio
nell’Expo di Milano 2015, ma celebreranno l’avvenimento con la mostra «Alla mensa del Pane e della
Parola», che sarà allestita a Codogno e itinerante in altre aree
dell’Expo fuori la città di Milano.
La mostra vuole illustrare la missione cabriniana dell’Africa, dove le
missionarie hanno realizzato, nello
spirito del Vangelo, ciò che propone
il tema dell’Expo 2015: Nutrire il
Pianeta, energia per la vita.
La mostra mette in luce come
l’opera di evangelizzazione comprende la difesa della vita che significa: promuovere la dignità delle
persone, con la luce della fede, la
parola di Dio, ma anche creare condizioni migliori di vita, portando la
luce elettrica, la possibilità dell’istruzione per migliaia di bambini.
Con l’acqua dei Sacramenti nella
catechesi e nell’istruzione religiosa,
ma anche scavando i pozzi, perché
tutti possano dissetarsi, per irrigare
l’orto, per migliorare le condizioni
igieniche e curare la salute. Il pane,
è l’Eucaristia che nutre l’anima e la
vita, ma anche il corpo e promuove
il lavoro; sono stati creati forni e la
gente del luogo li sfrutta per la comunità. La vita e la donna, una promozione che valorizza i doni della
femminilità, della famiglia, della salute, della speranza per un futuro
creato da se stessi. Scuole, ambulatori e piccoli ospedali, cure preventive — da notare il grande lavoro per
prevenire e curare l’Aids in Swaziland — sono i mezzi che creano cultura e fede. Protagoniste le giovani
religiose cabriniane che portano
avanti una missione difficile ma ricca
di promesse.
Con Papa Francesco, l’Expo delle
missionarie e di molti altri collaboratori alla missione, diventa «farsi
prossimo di tutti gli esseri umani, riconoscerne la comune dignità, capirne le necessità e sostenerli nel porvi
rimedio, con lo stesso spirito di
amore che si vive in famiglia. Questo stesso amore ci porta a preservare il creato come il bene comune più
prezioso da cui dipende non un
astratto futuro del pianeta ma la vita
della famiglia umana a cui è stato
affidato. Questa attenzione richiede
un’educazione e una formazione capaci di integrare i diversi approcci
culturali, le usanze, le modalità lavorative locali senza sostituirle in nome
di una presunta superiorità culturale
o tecnica» (Messaggio nella giornata
dell’Alimentazione 2014).
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 15 marzo 2015
pagina 5
In un incontro al Pontificio Istituto orientale
Alle radici
del Grande male
Il giubileo straordinario visto dalla Siria
Dio abbia misericordia di loro
ALEPPO, 14. L’annuncio del Giubileo straordinario della misericordia
ha avuto un effetto particolare tra i
cristiani della Siria, che si trovano a
vivere in condizioni di sofferenza
dopo cinque anni di conflitto armato nel Paese. «Invochiamo e mendichiamo la misericordia di Dio per
noi stessi, per la Chiesa di qui, per
tutti i nostri amici e compagni di
strada, e anche per tutti coloro che
commettono cose atroci tirando in
ballo il nome di Dio: che Dio stesso
abbia davvero misericordia di noi e
di loro, e tocchi i cuori di tutti». È
stato questo il commento, diffuso
dall’agenzia Fides, del vescovo
Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di
rito latino.
«Per tutti noi — ha proseguito —
fare esperienza della misericordia di
Dio è una questione vitale, da
mendicare come una cosa che ci è
necessaria per vivere: solo chi fa
esperienza della misericordia di Dio
può essere poi misericordioso con
gli altri, e farsi loro incontro per
aiutarli».
«Il dolore e la sofferenza degli innocenti — ha aggiunto il vicario
apostolico — ci appaiono assurdi, e
di per sé possono indurire e spegnere anche i cuori più generosi, fino a
Una pagina
facebook
per i cristiani
in India
NEW DELHI, 14. Una pagina facebook è stata attivata dalla polizia
della capitale indiana per accogliere
e prendere in considerazione denunce e rimostranze dei cittadini cristiani in materia di sicurezza e ordine
pubblico. L’inedito provvedimento è
stato preso dopo gli attacchi avvenuti negli ultimi mesi contro chiese
e istituzioni cristiane in città.
Nella nuova pagina in rete, intitolata «Delhi Police Minority Brethren», è infatti scritto: «Fratelli e
sorelle cristiani, questa pagina è stata progettata dalla polizia di Delhi
per dare al popolo cristiano della
città la possibilità di segnalare questioni relative all’ordine pubblico,
con particolare riferimento alla sicurezza delle chiese e delle istituzioni
educative».
Il mese scorso, il primo ministro
Narendra Modi, aveva assicurato
che il suo Governo non permetterà
a nessun gruppo religioso di «incitare all’odio o di compiere violenza» in nome della fede. Il Governo
indiano ha anche assicurato di non
approvare le controverse ghar wapsi,
cioè le cerimonie di “riconversione”
all’induismo, organizzate da gruppi
estremisti indù, che nei mesi scorsi
hanno riguardato centinaia di fedeli
cristiani e di altre minoranze religiose. In particolare, il ministro federale per lo Sviluppo urbano, M. Venkaiah Naidu, ha specificato che «se
la conversione forzata è sbagliata,
anche la riconversione è sbagliata».
Per questo, ha aggiunto che «il Governo federale non prevede di presentare una legge anticonversione».
farli incattivire. Solo il miracolo della misericordia può risanare le ferite
altrimenti mortali della nostra anima, e produrre frutti di conversione
e riconciliazione. Papa Francesco ripete che la misericordia non è un
atteggiamento pastorale, ma è la
stessa sostanza del Vangelo. E questo, nella condizione in cui siamo
ad Aleppo, lo percepiamo tutti i
giorni, fin nelle pieghe più intime
delle nostre vite».
Appello degli ordinari cattolici
Le sofferenze
della Terra santa
GERUSALEMME, 14. Un invito alla
comunità internazionale e alle
Nazioni Unite a intervenire in favore dei rifugiati siriani e iracheni in Giordania «per non lasciarli
nella loro situazione di disperazione». Un appello urgente alla
«ricostruzione di Gaza per aiutare le migliaia di famiglie rimaste
senza casa dopo l’ultimo conflitto». Un richiamo alla centralità
dell’opera educativa delle scuole
cristiane, minacciate dai tagli delle sovvenzioni, e la richiesta di
un rinnovato impegno delle realtà ecclesiali nel sostegno ai profughi e agli immigrati africani e
asiatici. Questi i tre punti centrali
affrontati durante l’ultimo incontro semestrale degli ordinari cattolici di Terra santa. La riunione,
svoltasi presso il convento francescano di Gerusalemme, ha visto
la partecipazione dei presuli cattolici di Giordania, Palestina,
Israele e Cipro.
Tra gli argomenti affrontati anche quelli relativi al lavoro pastorale da compiere in vista della
prossima canonizzazione delle
due beate palestinesi, suor Marie
Alphonsine Ghattas e la carmelitana Mariam Bawardi, in programma a Roma il 17 maggio, e
del prossimo sinodo dei vescovi
sulla famiglia nel mese di ottobre.
A tal proposito, auspicando che il
sinodo «porti molti frutti», i vescovi sperano in un «approfondimento relativo alla nullità del matrimonio rendendola più flessibile
senza toccare il principio dell’unità e indissolubilità». In questo
senso, si sottolinea anche «la ne-
cessità di migliorare la preparazione al matrimonio e la formazione
continua delle coppie».
Dal comunicato finale dell’assemblea, diffuso dal patriarcato
di Gerusalemme dei Latini, emerge che i vescovi hanno discusso
anche della situazione delle scuole cristiane che dovrebbero, a loro avviso, continuare a poter offrire «oltre ad eccellente formazione accademica e umana, la
formazione religiosa a tutti gli
studenti». In particolare, per le
scuole in Israele i vescovi invitano «a proseguire il dialogo con il
ministero dell’Istruzione per risolvere la questione delle sovvenzioni e della partecipazione dei
genitori al sostegno finanziario
delle scuole, con la convinzione
che lo scopo delle nostre scuole
non è il profitto ma l’educazione
per eccellenza». Nel documento
si ribadisce inoltre l’intenzione
della Chiesa di farsi carico con
sollecitudine «dei migranti asiatici e africani che vivono in una situazione precaria», segnata dallo
sfruttamento, dalla discriminazione e dalla mancata tutela dei diritti fondamentali. Quanto ai rifugiati provenienti da Siria e
Iraq, i presuli di Terra santa
esprimono serie preoccupazioni.
Le risorse messe in campo dalla
Caritas, avvertono, diminuiscono
con il prolungarsi delle situazioni
di crisi. E il progressivo deterioramento delle loro condizioni di
vita chiama in causa in maniera
sempre più pressante le responsabilità della comunità internazionale e dell’O nu.
Storie di martiri, di semplici cittadini, di povera gente accomunata
dalla stessa sorte: una violenza
omicida che colpisce duramente. È
il Grande male, il Metz Yeghérn, che
nel 1915 colpì il popolo armeno e al
quale la comunità accademica del
Pontificio Istituto orientale ha voluto dedicare un incontro di riflessione nel pomeriggio di giovedì 12
marzo.
Nel suo intervento il cardinale
Leonardo Sandri, prefetto della
Congregazione per le Chiese orientali, ha ricordato «i testimoni, martyres, del popolo armeno, caldeo e
assiro», che «emisero la suprema
professione di fede, effondendo il
loro sangue e venendo privati —
spesso in modo barbaro e truce e
persino nella più tenera età — del
dono inviolabile della vita», e ha
rivolto un pensiero particolare alla
Chiesa armena cattolica, «assicurando il ricordo nella preghiera, insieme alla vicinanza per le prove
che anche nell’oggi le sono poste
dinnanzi». Una preghiera che si
rinnoverà in modo corale il prossimo 12 aprile, domenica della divina
misericordia, quando Papa Francesco presiederà la celebrazione eucaristica insieme «ai figli e alle figlie
del popolo armeno: sin d’ora — ha
assicurato il porporato — lo ringraziamo per questo gesto di paternità
e attenzione, come per quelli che
egli non lascia mancare a tutti i discepoli di Cristo che vivono le angosce della violenza nel Medio
Oriente e in Ucraina».
Preceduta da un ricordo degli ex
alunni del Pontificio Collegio armeno di Roma, affidato al vicerettore padre Krikor Badichah, e dalla presentazione dell’opera del gesuita Georges Ruyssen La questione
armena — edita da Lilamè e uscita
in quattro dei sette volumi previsti
— che raccoglie tutti i documenti
presenti nei diversi archivi della
Santa Sede sul drammatico episodio del 1915, la riflessione del cardinale Sandri ha attinto al quadro
storico di quel periodo. Per sottolineare, in particolare, quanto la
Santa Sede sia stata attenta «nel
cercare di fermare la mano dei carnefici e portare il possibile sollievo
e soccorso agli scampati». La stessa
Congregazione per le Chiese orientali, insieme al Pontificio Istituto
orientale, «sentono come particolare vanto l’essere stati fondati, nel
1917, da un Papa come Benedetto
XV»: unanime infatti «fu il plauso e
il ringraziamento perché egli ebbe
il coraggio di levare la sua voce e
di scuotere le coscienze dei potenti».
In Burkina Faso
l’arcivescovo
Ouedraogo
guida
la riconciliazione
OUAGAD OUGOU, 14. L’arcivescovo
di Bobo-Dioulasso, monsignor
Paul Ouedraogo, è stato nominato
presidente della Commissione per
la riconciliazione nazionale e le riforme del Burkina Faso.
Sono stati costituiti anche, all’interno del medesimo oganismo, cinque sottocomitati, incaricati di occuparsi di “Verità, giustizia e riconciliazione”; “Riforme costituzionali,
politiche e istituzionali”; “Riforme
elettorali”; “Finanze pubbliche e rispetto del bene comune”; “Gestione dei media e dell’informazione”.
La commissione ha come obiettivo generale, quello di incrementare
la partecipazione dei cittadini nel
processo politico di transizione in
corso nel Paese. «Lavoreremo — ha
detto il presule — in collaborazione
coi cittadini e con chi vuole aiutarci a esaudire le aspirazioni del popolo del Burkina Faso. Il popolo
burkinabé ha effettivamente bisogno di riconciliazione e riforme».
Di fronte agli interventi del Pontefice, che pronunciò «parole di
condanna» e suscitò «fattiva solidarietà», si resta «addolorati — ha
proseguito il prefetto — per le mani
alzate di coloro che colpirono a
morte un milione e mezzo di fratelli
in umanità». Ancor più però, ha ag-
Il mysterium iniquitatis che è capace «di sgorgare dal cuore
dell’uomo, e rendersi manifesto
nella distruzione che ogni peccato
reca con sé, ci impone — ha raccomandato — di metterci in ginocchio, e di supplicare, come recita il
sottotitolo del nostro incontro “Ter
Raffigurazione armena del Cristo crocifisso
giunto, «stupì il silenzio di tanti
potenti e nazioni, come stupisce ancora nell’oggi da parte di altri l’incapacità a parlarne con obiettività,
per giungere al traguardo tanto sospirato dell’auspicata riconciliazione, nella verità e nella giustizia».
voghormià... Signore pietà”: abbi
pietà dell’uomo che hai creato, ma
ora è ferito, lontano da te, povero,
peccatore, capace come Caino di
concepire morte per il suo fratello,
capace di nutrire l’odio e chiedere
vendetta».
Il cardinale Tauran in Costa d’Avorio
Mappa per il dialogo
«Facciamo abbastanza per conoscere la religione dell’altro? E
per la purificazione della memoria? Siamo attenti ai pregiudizi?
Tendiamo a criticare i seguaci di
altre religioni? Ci lasciamo manipolare da correnti di pensiero
che utilizzano la religione come
pretesto?». Sono le domande
per una sorta di esame di coscienza collettivo che il cardinale Jean-Louis Tauran ha proposto ai capi religiosi della Costa
d’Avorio incontrati sabato 14
marzo a Korhogo, nella regione
settentrionale delle Savane.
Il presidente del Pontificio
consiglio per il dialogo interreligioso si trova da venerdì 13 nel
Paese africano, per le celebrazioni dei 110 anni dell’arrivo della
fede cristiana nella zona del
Grande nord. Invitato dall’arcivescovo Daniel Dadiet, che in
seno alla Conferenza episcopale
nazionale presiede proprio la
commissione per il dialogo, il
porporato è accompagnato dal
comboniano Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del dicastero, e da monsignor Lucio
Sembrano, officiale. «Insieme,
cristiani e non, dobbiamo imparare — ha detto — a trasmettere
valori. Ma questo è possibile solo in un clima di libertà, che favorisce le scelte personali, in
particolare la ricerca della verità». Infatti, ha proseguito, «al
centro di ogni religione c’è un
messaggio di fratellanza e di pace. I credenti possono così diventare artefici di pace sociale e
contribuire a rispettare l’altro
nella sua individualità, aiutandolo a crescere».
Però, ha avvertito, «ci vuole
tempo: per potersi guardare, incontrare e non considerare le
differenze come minacce, ma
ricchezze». Infatti anche se preghiamo in modo diverso, ha
spiegato, «se crediamo che
l’umanità è una famiglia di cui
Dio è il padre, allora dobbiamo
andare aldilà della tolleranza».
Perché «in una famiglia il fratello o la sorella non si tollerano,
si amano». Ecco allora la “mappa” lasciata dal porporato riassumibile in quattro verbi: «rispettare, amare, sapere, comprendere».
Prima di trasferirsi nell’area di
Korhogo — dove nei villaggi
dell’etnia sénoufo si pratica ancora il culto degli antenati caratteristico delle religioni tradizionali — il cardinale Tauran aveva
trascorso alcune ore ad Abidjan
visitando l’Università cattolica
dell’Africa occidentale (Ucao) e
celebrando la messa nella chiesa
di Sant’Ambrogio con i fedeli
della provincia ecclesiastica. Nel
discorso rivolto all’istituzione
accademica il presidente del dicastero vaticano ha ribadito il
compito primario di qualsiasi
ateneo, soprattutto se cattolico:
«l’ascolto e il dialogo fondati su
identità chiare, per la ricerca appassionata, paziente e rigorosa
della verità e della bellezza che
il Creatore ha posto nel cuore di
ogni uomo e di ogni donna e
che sono visibili in ogni autentica espressione religiosa». Nella
circostanza il porporato ha anche rilanciato auspici di pace in
un «mondo come il nostro, dove le contraddizioni e le violazioni della dignità umana sembrano moltiplicarsi all’infinito,
nonostante gli sforzi della comunità internazionale per far
avanzare la pace, in particolare
nel continente africano».
All’omelia della celebrazione,
il cardinale presidente ha ricordato i momenti difficili e le gravi divisioni vissute dal popolo
che aspira a essere guarito. «La
società ivoriana ha bisogno della
vostra testimonianza — ha detto
alla comunità cattolica — soprattutto da parte dei giovani». Da
qui l’invito a «cooperare nella
verità all’opera di riconciliazione
nazionale» e il particolare incoraggiamento per l’azione svolta
dagli istituti religiosi femminili e
maschili — per i quali sono state
elevate particolari intenzioni —
«nel campo della salute, dello
sviluppo e dell’istruzione».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 15 marzo 2015
Laicità e neutralità religiosa in Francia
Dalla fiducia
alla paura
di GIOVANNI ZAVATTA
Su «la Croix» Guillaume Goubert
si chiede, nel suo editoriale di giovedì 12 marzo, se è meglio proteggere i ragazzi dalla violenza dei
videogiochi e dalla pornografia in
rete o metterli al riparo da ogni
influenza religiosa. Un’ironica
provocazione, mista a irritazione,
commentando la proposta di legge del Partito radicale di sinistra
(Prg) — già adottata dal Senato
francese
e
adesso
all’esame
dell’Assemblea nazionale — tesa a
estendere l’obbligo di neutralità a
persone o a strutture private che
accolgono dei minori e ad assicurare il rispetto del principio di laicità. Più precisamente l’intenzione
è di allargare il principio di neutralità in materia religiosa agli asili
e alle altre strutture che, anche
saltuariamente durante il giorno
(è il caso delle haltes garderies),
ospitano bambini, differenziando
tra chi beneficia o no di un aiuto
finanziario pubblico e tra chi si
avvale o no del carattere religioso.
L’estensione comprende addirittura centri vacanze, strutture ricreative, singoli individui come gli assistenti all’infanzia. In pratica, se
passasse il testo così com’è, non
solo gli asili privati ma anche organizzazioni giovanili come gli
scout dovrebbero sottomettersi
all’obbligo di neutralità religiosa
per beneficiare del sovvenzionamento pubblico.
Legittimo
ampliamento
del
principio di laicità dello Stato o
accanimento laicista con obiettivo
tutte le fedi? L’arcivescovo di
Marsiglia, Georges Pontier, non
ha dubbi: a nome della Conferenza episcopale francese da lui presieduta, parla di un testo «ispirato
da una manifesta sfiducia nei confronti delle religioni dalla quale
bisognerebbe proteggere i minori». Legare il rispetto della neutralità alla natura del finanziamento
«è una deviazione della lettera come dello spirito della legge del
1905 che governa la nostra laicità». Si tratta di «un nuovo attacco
che cerca non più solo di relegare
le religioni nella sfera privata ma
d’ora in avanti di nasconderle facendole sparire progressivamente
da tutti i luoghi di vita sociale.
Minando poco a poco, insidiosamente, il nostro modello di laicità,
non si vuole così garantire uno
Stato laico ma piuttosto — conclude monsignor Pontier — promuovere una società svuotata di ogni
riferimento religioso. Non possiamo accettarlo; ciò non corrisponde per niente alla realtà della nostra società».
Sulla stessa lunghezza d’onda
l’Assemblea dei vescovi ortodossi
di Francia, preoccupata dei pericoli connessi al «progressivo scivolamento da una “laicità della fiducia”, che placa e comprende, a
una “laicità della paura” che stigmatizza ed esacerba le tensioni invece di ridurle». Cercando di
estendere l’obbligo di neutralità
agli utenti dei servizi pubblici e
ad ambiti sempre più ampi della
vita privata, «questa nuova forma
aggressiva di laicità vuole ostacolare ogni forma di espressione religiosa nella sfera pubblica. La stigmatizzazione sistematica delle religioni che ne risulta, gettando su
di esse un’ombra di sospetto e di
sfiducia, non è priva di rischi per
il contratto sociale» nel Paese. La
radice del problema non è la presenza dei simboli religiosi nello
spazio pubblico quanto la sua
strumentalizzazione
per
fini
tutt’altro che spirituali. «Non opponiamo “credenza” e “conoscenza”. La coscienza civile ha bisogno di entrambe. Tutte e due —
affermano i vescovi ortodossi —
devono avere “diritto di cittadinanza” nelle democrazie moderne,
nel rispetto dell’ordine pubblico».
La
Federazione
protestante
ospita sul suo sito internet un comunicato della Federazione dello
scoutismo francese che sottolinea
come il disegno di legge contraddica il principio di laicità e la giurisprudenza. «È la prima volta che
viene proposto in Francia il prin-
cipio di vietare sovvenzionamenti
pubblici ad attività a carattere
confessionale» (la legge del 1905
sulla separazione fra le Chiese e lo
Stato li proibisce solo per le attività di culto). E prevedere che le organizzazioni possano avvalersi di
un “carattere proprio” per beneficiare dei soldi pubblici si traduce
in una specie di ricatto, in una
«condizione stigmatizzante»: la libertà di religione, garantita dalla
Costituzione e dalla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, «diventerebbe un diritto eccezionale,
marcato dal sospetto».
Se si aggiunge che anche ebrei
e musulmani hanno criticato il
provvedimento, parlando apertamente di «politica dell’intolleranza», si comprende come sia ampio
il fronte del no alla loi Laborde,
dal nome della senatrice della Prg,
Françoise Laborde, che ha presentato la proposta. Un’iniziativa che
ha preso le mosse dal caso
dell’asilo privato «Baby Loup»,
nella regione dell'Île-de-France,
dove nel dicembre 2008 venne licenziata una puericultrice musulmana per essersi rifiutata di togliersi il velo islamico indossato
durante il lavoro. I vari gradi di
giudizio hanno sostanzialmente
sempre dato ragione ai responsabili dell’istituto. Recentemente il
suo avvocato ha presentato un ricorso al Consiglio dei diritti
dell’uomo delle Nazioni Unite.
A denunciare i rischi di una deriva del primo principio della Repubblica, in un contesto di crescita di sentimenti antireligiosi, non
sono solo i rappresentanti dei culti
ma lo stesso presidente dell’O sservatorio della laicità, organismo in
seno al Governo. Per Jean-Louis
Bianco, si tratta di una proposta
di legge «inopportuna, contraria
alla Costituzione, discriminante»,
che conduce la laicità verso posizioni «integraliste, punitive, antireligiose». Se ne riparlerà a maggio. L’esame del provvedimento,
viste anche le polemiche, è slittato
a dopo le elezioni dipartimentali
del 22 e 29 marzo.
Il cardinale segretario di Stato in Bielorussia per la prima pietra della nunziatura apostolica
Dalla parte di Abele
«La diplomazia della Santa Sede si
pone al servizio dei tanti Abele che i
tanti Caino ancora uccidono» e «ricorda che Dio è dalla parte di Abele
e che è dovere prendersi cura degli
altri». Lo ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in
occasione della benedizione della
prima pietra della sede della nunziatura apostolica a Minsk. Il porporato si trova da giovedì 12 in visita ufficiale in Bielorussia, dove sta anche
incontrando le più alte autorità del
Paese.
Dopo aver presieduto venerdì pomeriggio la cerimonia sul cantiere di
costruzione della futura rappresentanza pontificia, il cardinale Parolin
ha partecipato a un incontro organizzato dal nunzio apostolico Claudio Gugerotti per celebrare il secondo anniversario dell’elezione di Papa
Francesco. Nel suo discorso ha spiegato che «quando si costruisce una
casa, significa che si intende porre
una dimora permanente in una terra. Ed è proprio questo che la Santa
Sede intende esprimere: la sua amicizia verso i bielorussi, la vicinanza,
la partecipazione alla loro storia
umile, ma ricca di virtù umane e di
fede, la solidarietà con tante sofferenze, il sostegno alla speranza di
poter vivere un futuro di pace, pieno di occasioni, soprattutto per i
giovani». Del resto, ha proseguito,
«la terra ha una sua sacralità, come
percepisce la sensibilità dei popoli
slavi». E «mettere radici più profonde in questa terra significa impegnarsi per questo popolo, secondo
l’apporto che è proprio della Santa
Sede, del servizio diplomatico legato
al vescovo di Roma». Dunque «non
una pretesa di dominio, di rilevanza», ma «un servizio alla dignità di
ogni uomo».
In pratica, ha commentato il cardinale Parolin, «la pietra della nunziatura apostolica significa la solidarietà di un miliardo e duecento milioni di cattolici che converge nella
voce del vescovo di Roma e dei suoi
rappresentanti». Ed «è anche
un’istanza morale che si fa voce delle attese e delle aspirazioni di tante
persone fuori della Chiesa cattolica»: per esempio dei «tanti fratelli e
sorelle della Chiesa ortodossa, che è
maggioritaria», ma anche «di altri
cristiani e dei credenti di altre religioni, in particolare di quella ebraica
che in Belarus ha conosciuto un olocausto di immani dimensioni».
Dopo aver ricordato che «in tempi ancora recenti i cattolici, insieme
ad altri, hanno offerto un enorme
contributo di sangue», il cardinale
Parolin ha ribadito il dovere di dare
una risposta «a questa voce del sangue di tutti i milioni di Abele qui
immolati nella storia». Per questo,
ha assicurato, «la Santa Sede continuerà a impegnarsi perché la dignità, la libertà, i veri diritti di ogni
persona e di questo popolo, siano
Lo ha stabilito la Corte costituzionale federale tedesca
Sì al velo per le docenti musulmane
BERLINO, 14. In Germania non può
essere proibito alle insegnanti delle
scuole pubbliche di indossare il velo islamico a meno che esista un
«pericolo concreto» che metta a rischio la neutralità dello Stato o
crei disturbo al buon funzionamento della scuola: lo ha stabilito ieri
la Corte costituzionale federale tedesca, che ha sede a Karlsruhe, rilanciando un dibattito assai sentito
in un Paese dove l’islam è divenuto
la terza religione, con circa 4 milioni di fedeli su 82 milioni di abitanti. La sentenza giunge fra l’altro in
un momento delicato in cui si registra una nuova grande ondata di
immigrazione e proseguono, soprattutto a Dresda, manifestazioni
islamofobe.
Nel 2003, dopo una prima decisione della Corte costituzionale, i
Länder più grandi e popolosi avevano interdetto alle istitutrici e alle
docenti musulmane di portare il
velo all’interno del perimetro delle
scuole statali. Ma ieri i giudici hanno ritenuto che «un divieto generale delle espressioni di religiosità
nell’aspetto esterno degli insegnanti e delle insegnanti nelle scuole
pubbliche non sia compatibile con
la libertà di credo» prevista nella
Costituzione del 1949. La Corte ha
inoltre stabilito che i valori e le tradizioni cristiani non devono essere
privilegiati.
Il Consiglio centrale dei musulmani di Germania ha parlato di
«segnale positivo». Anche se questa sentenza non equivale a un’autorizzazione generale di indossare
il velo, «essa è ugualmente da festeggiare», ha detto il segretario
generale Nurhan Soykan. Sulla
stessa lunghezza d’onda la Conferenza episcopale tedesca che ha
parlato di segnale importante per
la libertà di fede.
I giudici erano stati chiamati a
deliberare sul caso di due docenti
musulmane di nazionalità tedesca
in Renania Settentrionale — Vestfalia. Una delle due aveva ricevuto
un richiamo dal suo istituto
scolastico poiché si era presentata
alle lezioni indossando un berretto
rosa con bordi in maglia che
copriva interamente i capelli, dopo
aver accettato di non portare più il
velo islamico. La seconda insegnante, professoressa di turco in
diverse scuole, era stata invece licenziata per essersi rifiutata di toglierselo.
Assai mediatizzato anche il caso
di una docente tedesca di origine
afghana che non aveva potuto diventare funzionario nel BadenWürttemberg (Land a maggioranza
cattolica e all’epoca guidato dai
conservatori) proprio perché indossava il velo a scuola.
In Germania la questione è complessa, perché l’insegnamento è
materia di competenza dei Länder,
gli Stati confederati in cui è diviso
amministrativamente il Paese. Otto
dei sedici Länder (fra essi Baviera,
Baden-Württemberg e Assia) proibiscono alle insegnanti di portare il
velo. A Berlino sono vietati ai funzionari pubblici tutti i segni che in
qualche misura manifestano un’appartenenza religiosa. Invece, in
alcune regioni dell’ex Germania
Est, dove vivono pochissimi musulmani, non esiste una legislazione
specifica.
rispettati e tutelati, in questa terra e
fuori».
Successivamente il segretario di
Stato ha messo in luce come la
Chiesa cattolica abbia offerto e continui a offrire «un contributo non
solo teorico, ma concreto, ogni giorno», e che «vorrebbe farlo, come
sempre ricorda Francesco, a partire
dai più bisognosi, materialmente e
spiritualmente», attendendo «il giorno in cui potrà unirsi, in modo ancora più forte con le sue istituzioni
nel campo dell’educazione, della cura ai malati, ai sofferenti, ai meno
fortunati, allo sforzo che già sostiene
lo Stato».
Infine il cardinale ha fatto riferimento allo «strazio della vicina terra
ucraina, per tanti aspetti legata alla
sensibilità e alla storia del popolo
bielorusso». Uno strazio che «ricorda quali orrori susciti la guerra e come la pace, se è solo la ricerca di un
fragile equilibrio fra interessi materiali, possa improvvisamente cedere
il posto alla violenza più crudele e
disumana». Nelle sue parole anche
la gratitudine della Santa Sede per
«l’impegno che le autorità bielorusse
non cessano di profondere per favorire l’incontro dei contendenti, perché cessi questo conflitto, che potrebbe avere conseguenze più drammatiche». Anche perché, ha concluso, «l’unica sconfitta della diplomazia è quando la voce del diritto e
del dialogo cede il posto alla violen-
Aperto
un centro
per i diritti
degli ortodossi
in Europa
STRASBURGO, 14. La rappresentanza del patriarcato di
Mosca presso il Consiglio
d’Europa a Strasburgo ha
aperto un centro di monitoraggio dei diritti e delle libertà dei cristiani ortodossi
in Europa. A riferirlo è il sito orthodoxie.com, che riporta dichiarazioni del capo
della rappresentanza, nonché rettore della chiesa ortodossa russa di Tous-lesSaints a Strasburgo, igumeno Philip (Ryabykh).
Le informazioni sull’attività del centro verranno
pubblicate su un apposito
sito in rete in lingua inglese.
«La necessità di questo genere di lavoro — ha spiegato
Philip — era maturata da
tempo. Ho potuto constatare quanto molti membri
dell’Assemblea parlamentare
e dei funzionari di questa
organizzazione
sapessero
poco sulla vita delle Chiese
ortodosse e sul lavoro da esse compiuto a livello di difesa dei diritti dei credenti».
Già è possibile consultare
notizie recenti così come
documenti di riferimento, in
particolare testi in inglese
delle Chiese ortodosse greca, romena e russa su questioni bioetiche come l’aborto e l’eutanasia.
za delle armi. Isolare un popolo,
emarginarlo, prepara la sconfitta
della diplomazia che invece è chiamata a trovare soluzioni sempre
nuove di comprensione e di pace. Il
parlarsi per cercare l’amicizia, non il
silenzio del rifiuto, aiuta la pace. La
democrazia si conquista per contatto, per empatia, per comunicazione,
non per allontanamento dell’altro».
Sabato 14 il cardinale ha incontrato nell’arcicattedrale della beata Vergine Maria la Conferenza episcopale
bielorussa. Complimentandosi per
come «una Chiesa, che sembrava liquidata dall’ideologia ateistica, è risorta, numerosa ed entusiasta» ed è
oggi «un esempio», ha sottolineato
che si tratta, dopo la Lituania, della
terra ex-sovietica con la più alta percentuale di cattolici. Il porporato ha
rievocato «la straordinaria opera di
ricostruzione, anche materiale», e ha
lodato in particolare la diocesi di Vitebsk, «che era quasi completamente
scristianizzata e ora vede fiorire la
fede. Pensare che le vostre processioni, affollatissime, attraversino le
stesse strade dove, fino a pochi decenni fa, trionfavano solo i simboli
dell’ateismo, ci fa ringraziare Dio»,
ha detto. Non a caso «Papa Francesco, informato di questo sviluppo,
ha voluto donare tre giovani nuovi
vescovi, quasi raddoppiandone il
numero».
Ora però, ha avvertito, «si pone il
problema di come far crescere questa abbondante messe». Infatti «i
periodi che seguono le persecuzioni
sono spesso molto travagliati: all’impegno dei confessori della fede, si è
tentati di far seguire un periodo di
calma rassicurante, di soddisfazione
per i risultati raggiunti. E questo
può far correre il rischio di una pigrizia, che ci fa sedere per godere i
frutti del lavoro di altri, senza accompagnarlo con forza ed entusiasmo». Da qui l’invito a non illudersi
«che mantenere il popolo fedele sia
facile. Non serve neppure limitarci a
deplorare la decadenza e a fissarci
solo sulla tradizione, convinti che ripetere quanto si faceva sia sufficiente ad assecondare le nuove richieste». Soprattutto come sacerdoti, religiosi e religiose, «dobbiamo evitare
l’impressione di aver trovato finalmente una professione redditizia, dimenticando lo zelo pastorale. Il Papa ci insegna che la presunzione di
diventare potenti secondo il mondo,
può portarci a quella che spesso definisce una vita “borghese” o “mondana”». Al contrario, «punto di partenza è una forte esperienza personale di Dio e del suo amore. Questo
serve soprattutto qui, dove la gente,
così umile e buona, rischia di perdere la fiducia, la speranza in un futuro migliore».
Perciò «rendere forte la Chiesa
cattolica non vuol dire — ha rimarcato il porporato — usare gli stessi
mezzi del potere politico o economico: non dobbiamo far vedere quello
che non siamo, per fare bella figura.
Dobbiamo crescere in umanità ed
esperienza di Dio, perché gli altri si
sentano affascinati dalla libertà che
ci dona Gesù». In proposito il cardinale Parolin ha esortato alla correttezza nelle questioni finanziarie e
nell’amministrazione, raccomandando anche l’obbligo per ogni parrocchia e diocesi di avere un consiglio
economico. Infine ha espresso soddisfazione per l’intenzione di realizzare un’accademia teologica cattolica, ha auspicato un maggior coinvolgimento dei laici nella vita ecclesiale e ha raccomandato ai vesc0vi
un’attenzione privilegiata per i giovani, ai quali l’autorità civile ha voluto dedicare un anno speciale.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 15 marzo 2015
pagina 7
Papa Francesco agli insegnanti cattolici
Ci vuole
un buon insegnante
Nomine
episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Slovenia e le Chiese
orientali cattoliche.
Un lavoro malpagato ma bellissimo
L’invito a «impegnarsi nelle periferie
della scuola, che non possono essere
abbandonate all’emarginazione,
all’ignoranza, alla malavita», è stato
rivolto dal Papa all’Unione cattolica
italiana insegnanti, dirigenti, educatori
e formatori (Uciim) nell’udienza di
sabato 14 marzo, nell’aula Paolo VI.
Cari colleghi e colleghe,
permettetemi di chiamarvi così, perché anch’io sono stato insegnante
come voi e conservo un bel ricordo
delle giornate passate in aula con gli
studenti. Vi saluto cordialmente e
ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole.
Insegnare è un lavoro bellissimo.
Peccato che gli insegnanti siano malpagati. Perché non c’è soltanto il
tempo che spendono per fare scuola,
poi devono prepararsi, poi devono
pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti. È vero?
È un’ingiustizia. Io penso al mio
Paese, che è quello che conosco: poveretti, per avere uno stipendio più
o meno che sia utile, devono fare
due turni! Ma un insegnante come
finisce dopo due turni di lavoro? È
un lavoro malpagato, ma bellissimo
perché consente di veder crescere
giorno dopo giorno le persone che
sono affidate alla nostra cura. È un
po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. È anche una grande responsabilità!
Insegnare è un impegno serio, che
solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno
del genere può incutere timore, ma
occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre
il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene.
La vostra Associazione ha compiuto 70 anni: è una bella età! È
giusto festeggiare, ma si può anche
cominciare a fare il bilancio di una
vita.
Quando siete nati, nel 1944, l’Italia era ancora in guerra. Da allora ne
è stata fatta di strada! Anche la
scuola ha fatto tanta strada. E la
scuola italiana è andata avanti anche
grazie al contributo della vostra Associazione, che è stata fondata dal
professor Gesualdo Nosengo, un insegnante di religione che sentì il bisogno di raccogliere gli insegnanti
secondari di allora, che si riconoscevano nella fede cattolica e che con
questa ispirazione lavoravano nella
scuola.
In tutti questi anni avete contribuito a far crescere il Paese, avete
contribuito a riformare la scuola,
avete contribuito soprattutto a educare generazioni di giovani.
In 70 anni l’Italia è cambiata, la
scuola è cambiata, ma ci sono sempre insegnanti disposti ad impegnarsi nella propria professione con
quell’entusiasmo e quella disponibilità che la fede nel Signore ci dona.
Come Gesù ci ha insegnato, tutta
la Legge e i Profeti si riassumono in
due comandamenti: ama il Signore
Dio tuo e ama il tuo prossimo (cfr.
Mt 22, 34-40). Ci possiamo domandare: chi è il prossimo per un insegnante? Il “prossimo” sono i suoi studenti! È con loro che trascorre le sue
giornate. Sono loro che da lui attendono una guida, un indirizzo, una
risposta — e, prima ancora, delle
buone domande!
Non può mancare fra i compiti
dell’UCIIM quello di illuminare e
motivare una giusta idea di scuola,
oscurata talora da discussioni e posizioni riduttive. La scuola è fatta certamente di una valida e qualificata
istruzione, ma anche di relazioni
umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante — a maggior ragione di un
insegnante cristiano — è quello di
amare con maggiore intensità i suoi
allievi più difficili, più deboli, più
svantaggiati. Gesù direbbe: se amate
solo quelli che studiano, che sono
ben educati, che merito avete? E ce
ne sono alcuni che fanno perdere la
pazienza, ma quelli dobbiamo amarli
di più! Qualsiasi insegnante si trova
bene con questi studenti. A voi chiedo di amare di più gli studenti “difficili”, quelli che non vogliono studiare,
quelli che si trovano in condizioni di
disagio, i disabili, e gli stranieri, che
oggi sono una grande sfida per la
scuola.
Se oggi un’Associazione professionale di insegnanti cristiani vuole testimoniare la propria ispirazione, è
chiamata ad impegnarsi nelle periferie
della scuola, che non possono essere
abbandonate
all’emarginazione,
all’ignoranza, alla malavita. In una
società che fatica a trovare punti di
riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo. Essa può esserlo o diventarlo se al suo interno ci sono insegnanti capaci di dare un senso alla
scuola, allo studio e alla cultura,
senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma
puntando a costruire una relazione
educativa con ciascuno studente, che
deve sentirsi accolto ed amato per
quello che è, con tutti i suoi limiti e
le sue potenzialità. In questa direzione il vostro compito è quanto mai
necessario. E voi dovete insegnare
non solo i contenuti di una materia,
ma anche i valori della vita e le abitudini della vita. Le tre cose che voi
dovete trasmettere. Per imparare i
contenuti è sufficiente il computer,
ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia
nella società ci vuole un buon insegnante.
La comunità cristiana ha tantissimi esempi di grandi educatori che si
sono dedicati a colmare le carenze
della formazione scolastica o a fondare scuole a loro volta. Pensiamo,
tra gli altri, a san Giovanni Bosco,
di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita. E lui consigliava
ai suoi sacerdoti: educare con amore.
Il primo atteggiamento di un educatore è l’amore. È a queste figure che
potete guardare anche voi, insegnanti cristiani, per animare dall’interno
Nel saluto della presidente nazionale dell’Uciim
È urgente rinnovare
Gli insegnanti cattolici della scuola italiana vogliono
vivere con determinazione la missione educativa che è
loro propria: «dare un futuro di speranza a tutti i
bambini, i ragazzi, i giovani che quotidianamente»
incontrano. Lo ha detto Rosalba Candela, presidente
nazionale dell’Unione cattolica italiana insegnanti, dirigenti, educatori e formatori (Uciim), nel saluto indirizzato a Papa Francesco all’inizio dell’udienza. «Riteniamo urgente — ha aggiunto — una scuola nuova
per una società nuova, una scuola adatta ai tempi,
per superare le crisi che ci attanagliano e preparare,
in un clima di dialogo, un futuro di collaborazione e
di solidarietà, di cura e di attenzione per l’altro».
L’incontro con il Pontefice, ha detto, «rafforza in noi
l’essere unione» e dà «più vigore e capacità di perseguire le finalità educative proprie della nostra professione». Infatti, «chi aderisce all’Uciim sa di essere un
laico cristiano che deve vivere la professione di insegnante ed educatore con il doppio mandato dello
Stato e della Chiesa». Per questo, ha sottolineato, è
necessario «aprire orizzonti» per incanalare «le tensioni ideali dei giovani, per accompagnarli nella ricerca della verità e della autentica libertà, per promuovere giustizia e pace».
una scuola che, a prescindere dalla
sua gestione statale o non statale, ha
bisogno di educatori credibili e di
testimoni di una umanità matura e
completa. Testimonianza. E questa
non si compra, non si vende: si
offre.
Come Associazione siete per natura aperti al futuro, perché ci sono
sempre nuove generazioni di giovani
a cui trasmettere il patrimonio di conoscenze e di valori. Sul piano professionale è importante aggiornare le
proprie competenze didattiche, anche
alla luce delle nuove tecnologie, ma
l’insegnamento non è solo un lavoro:
l’insegnamento è una relazione in cui
ogni insegnante deve sentirsi interamente coinvolto come persona, per
dare senso al compito educativo verso i propri allievi. La vostra presenza
qui oggi è la prova che avete quelle
motivazioni di cui la scuola ha
bisogno.
Vi incoraggio a rinnovare la vostra
passione per l’uomo — non si può
insegnare senza passione! — nel suo
processo di formazione, e ad essere
testimoni di vita e di speranza. Mai,
mai chiudere una porta, spalancarle
tutte, perché gli studenti abbiano
speranza.
Vi chiedo anche, per favore, di
pregare per me, e vi invito, voi tutti,
a pregare la Madonna, chiedendo la
benedizione.
Alla comunità Seguimi
Vangelo senza sconti
Vivere «il Vangelo senza sconti»: è
questa l’ispirazione di fondo che ha
dato origine all’associazione laicale
Seguimi, nata cinquant’anni fa in
pieno concilio Vaticano II. Il Papa
l’ha riproposta ai membri della
comunità, ricevuti in udienza nella
mattina di sabato 14 marzo, nella
Sala Clementina, invitandoli a essere
«persone decentrate da voi stessi e a
porre il vostro centro vitale nella
Persona viva di Gesù».
Cari fratelli e sorelle,
vi accolgo in occasione del 50° anniversario della fondazione della vostra comunità, l’associazione laicale
Seguimi. Vi saluto con affetto e ringrazio il Cardinale Vallini, che si è
fatto interprete dei vostri sentimenti.
Come è stato ricordato, questa
associazione è nata durante il Concilio Vaticano II, e dal magistero
conciliare ha tratto l’ispirazione a
vivere “il Vangelo senza sconti”, come
afferma il titolo di una vostra pubblicazione. Il gesto, simbolico e intensamente spirituale, dei primi
membri di partire dalle Catacombe
di San Callisto testimonia questa
volontà, che avete espresso nella
formula statutaria del vostro programma di vita: “Gesù Cristo vivo è
al centro di Seguimi”. Questo è molto bello. Vi incoraggio a vivere ogni
giorno con impegno tale programma, cioè ad essere persone decentrate da voi stessi e a porre il vostro
centro vitale nella Persona viva di
Gesù. Tante volte, anche nella
Chiesa, crediamo di essere buoni
cristiani perché facciamo opere sociali e di carità bene organizzate. Va
bene, sono cose buone. Ma non
dobbiamo dimenticare che la linfa
che porta la vita e trasforma i cuori
è lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo. Lasciate che Lui, il Signore, occupi il centro del vostro cuore e del
vostro operare. E proprio rimanendo saldamente uniti a Lui, come
tralci alla vite (cfr. Gv 15, 1-9), potete andare verso le periferie del mondo.
I vostri Fondatori hanno tracciato
alle prime compagne le linee fondazionali di Seguimi, percorrendo una
via nuova configurata oltre le forme
classiche di vita consacrata e alla
quale il Pontificio Consiglio per i
Laici ha concesso l’approvazione
pontificia. L’impegno dei consigli
evangelici in un contesto generale
di laicità è assorbito nell’unico obbligo fondamentale della fedeltà
all’amore del Padre, a Cristo e al
suo Vangelo, fedeltà all’azione dello
Spirito Santo che è amore e libertà,
fedeltà al patto vocazionale tra i
membri del Gruppo, a cui vi obbligate a non venire meno. La fedeltà
in Seguimi è sentita
come massimo valore
morale naturale, al
quale vi legate in coscienza per rispondere
alla chiamata di Dio,
senza altri vincoli giuridici di origine positiva, convinti che se la
fedeltà è veramente
vissuta, altri legami
non sono necessari.
Dunque, la vostra è
una forma di vita
evangelica da praticare
in un contesto di laicità e di libertà. Un
programma di vita cristiana per laici, con
obiettivi chiari e impegnativi, un modo originale di incarnare il
Vangelo, una via efficace per camminare
nel mondo. Le diverse
forme di appartenenza
Dal cardinale vicario
Grazie per il giubileo
«Grazie, Papa Francesco, per il dono del Giubileo straordinario: cercheremo di vivere insieme l’Anno santo della misericordia come impegno alla conversione personale e comunitaria». Così il cardinale
Agostino Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma, si è rivolto
al Pontefice all’inizio dell’udienza con la comunità Seguimi. Il porporato, dopo aver espresso al Papa un augurio anche per l’inizio del
terzo anno di pontificato, ha ricordato la nascita dell’associazione,
avvenuta cinquanta anni fa, il 19 marzo 1965, nelle catacombe romane
di San Callisto, per opera del claretiano Anastasio Gutiérrez, di Paola Majocchi e di altre laiche. Negli anni in cui si celebrava il concilio
Vaticano II quel gruppo di laici, «mossi dal desiderio di vivere in pienezza il Vangelo e le sue esigenze di radicalità, impegnati nelle realtà
del mondo, esercitarono il diritto di libertà di associazione per vivere
la vita consacrata, oltre le forme tipiche conosciute fino allora». E «la
Chiesa li incoraggiò, concedendo alcuni anni dopo l’approvazione
pontificia» ha sottolineato il cardinale definendo la comunità «una
bella famiglia che vuole favorire in ciascuno la vita cristiana».
rappresentano altrettante modalità
di impegno e di partecipazione agli
ideali dell’unica comunità. Celibi e
sposi, ciascuno nel proprio stato di
vita, si incontrano e condividono
un’esperienza arricchente di complementarietà.
Conservate e sviluppate questa
comunione fraterna e lo scambio dei
doni, finalizzati alla crescita umana
e cristiana di tutti, insieme alla creatività, all’ottimismo, alla gioia e al
coraggio di andare — quando è giusto — controcorrente. Siate vigilanti
sul vostro cammino spirituale e aiutatevi a praticare sempre la reciproca carità, che vuol dire difendersi
dall’egoismo individualista per essere veri testimoni del Vangelo.
Come laici, voi siete persone immerse nel mondo e vi impegnate
all’interno delle realtà terrene per
servire il bene dell’uomo. Siete
chiamati a permeare di valori cristiani gli ambienti in cui operate
con la testimonianza e la parola, incontrando le persone nelle loro situazioni concrete, affinché abbiano
piena dignità e siano raggiunte dalla salvezza in Cristo. Egli è la pienezza per ogni esistenza umana: infatti, rivelando il mistero del Padre
e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota
la sua altissima vocazione (cfr.
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes, 22).
Vi incoraggio ad essere laici in
prima linea, a sentirvi parte attiva
nella missione della Chiesa, a vivere
la vostra secolarità dedicandovi alle
realtà proprie della città terrena: la
famiglia, le professioni, la vita sociale nelle diverse espressioni. Così
potete contribuire, a modo di fermento, a immettere lo spirito del
Vangelo nelle pieghe della storia
con la testimonianza della fede, della speranza e della carità.
Cari amici, Seguimi possa essere
sempre più una forma di vita
cristiana e di impegno apostolico
che promuove ed eleva i suoi membri rendendoli protagonisti insieme
con gli altri di un mondo migliore.
Vi benedico di cuore e, per
favore, non dimenticatevi di pregare
per me.
Alojzij Cvikl, arcivescovo
di Maribor (Slovenia)
Nato il 19 giugno 1955 a Celje,
dopo la maturità nel 1974 è entrato nella compagnia di Gesù a
Ljubljana. Compiuti gli studi filosofico-teologici dapprima presso
la facoltà di teologia della capitale slovena e poi alla Pontificia
università Gregoriana, ha conseguito anche la licenza in pedagogia e scienze sociali nell’istituto
Lumen vitae di Bruxelles (19881990). Ordinato sacerdote il 3 luglio 1983, è stato viceparroco e
parroco dell’Incarnazione di Gesù
Cristo a Ljubljana-Dravlje, rettore
dell’internato presso l’istituto arcivescovile San Stanislao a Ljubljana-Šentvid e professore di religione al liceo classico dello stesso
istituto. Dal 1995 al 2001 è stato
provinciale dei gesuiti in Slovenia
e nel 1996 è divenuto presidente
della Conferenza dei superiori e
superiore maggiori del Paese. Dal
2001 al 2010 è stato rettore del
Pontificio collegio russo (Russicum) a Roma. Dal 2010 è economo dell’arcidiocesi di Maribor.
Joseph Mouawad
vescovo di Zahlé
dei maroniti (Libano)
Nato a Mayfouq il 26 marzo
1970, dopo gli studi istituzionali
all’università di Kaslik, è stato ordinato sacerdote il 13 agosto 1995
per l’eparchia di Jbeil-Byblos. Nel
2004 ha conseguito la licenza e il
dottorato in teologia dogmatica
all’Università Gregoriana. Ha ricoperto diversi incarichi: parroco
di Mastita (1995-1997) e di Mar
Abda a Blat (dal 2003 a oggi);
cancelliere della curia (20032008); protosincello (2008-2011);
amministratore
patriarcale
dell’eparchia (2011-2012) e, infine,
nuovamente protosincello (2012).
Cappellano della Caritas di Jbeil
e del movimento apostolico mariano - sezione giovani (20032008) dell’eparchia, insegna teologia all’università La Sagesse di
Beirut e all’università Saint-Esprit
di Kaslik. Eletto dal Sinodo maronita il 16 giugno 2012 come ausiliare e vicario generale patriarcale, ha ricevuto l’ordinazione come
vescovo titolare di Tolemaide di
Fenica dei maroniti il successivo
28 luglio.
Antoine Chbeir, vescovo
di Lattaquié dei maroniti
(Siria)
Nato il 12 gennaio 1961 a Ghosta, Kesrouan, in Libano, ha compiuto i suoi studi primari e secondari al College central di Jounieh
e ha poi conseguito un diploma
in informatica nel 1981. Entrato in
seminario ha conseguito il baccalaureato in filosofia e teologia
all’Università Saint-Esprit di Kaslik. Ordinato sacerdote il 13 giugno 1988 a Ghosta, si è trasferito
a Roma, per il dottorato in teologia biblica all’Università Gregoriana nel 1993, offrendo in quel
periodo, durante l’estate, il suo
servizio in diverse parrocchie in
Italia, a New York, Londra e Dublino. Ritornato in Libano, ha
svolto i seguenti incarichi: segretario e cancelliere diocesano (dal
1993 a oggi) e membro del consiglio per gli affari economici
(1993-2006); parroco di Notre Dame des Dons ad Adma (dal 1997
a oggi). Ha pubblicato diversi articoli, curando la traduzione in
lingua araba di alcune opere, tra
le quali il libro di Benedetto XVI
Luce del mondo. Attualmente era
cancelliere e segretario nel vicariato patriarcale di Jounieh e responsabile della commissione delle vocazioni e della formazione
biblica dei giovani.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
domenica 15 marzo 2015
Huibing He
«La donna al pozzo» (1988)
Durante la celebrazione penitenziale nella basilica vaticana Francesco annuncia l’Anno santo della misericordia
Il grande perdono
«Ho pensato spesso a come la Chiesa
possa rendere più evidente la sua
missione di essere testimone della
misericordia. È un cammino che inizia
con una conversione spirituale; e
dobbiamo fare questo cammino. Per
questo ho deciso di indire un giubileo
straordinario che abbia al suo centro la
misericordia di Dio. Sarà un Anno
santo della misericordia». Lo ha
annunciato Papa Francesco nel
pomeriggio di venerdì 13 marzo,
secondo anniversario della sua elezione
al Pontificato, durante la celebrazione
della penitenza presieduta nella basilica
di San Pietro.
Anche quest’anno, alla vigilia della
Quarta Domenica di Quaresima, ci
siamo radunati per celebrare la liturgia penitenziale. Siamo uniti a tanti
cristiani che, oggi, in ogni parte del
mondo, hanno accolto l’invito a vivere questo momento come segno
della bontà del Signore. Il Sacramento della Riconciliazione, infatti,
permette di accostarci con fiducia al
Padre per avere la certezza del suo
perdono. Egli è veramente “ricco di
misericordia” e la estende con abbondanza su quanti ricorrono a Lui
con cuore sincero.
Essere qui per fare esperienza del
suo amore, comunque, è anzitutto
frutto della sua grazia. Come ci ha
ricordato l’apostolo Paolo, Dio non
cessa mai di mostrare la ricchezza
della sua misericordia nel corso dei
secoli. La trasformazione del cuore
che ci porta a confessare i nostri
peccati è “dono di Dio”. Da noi soli
non possiamo. Il poter confessare i
nostri peccati è un dono di Dio, è
un regalo, è “opera sua” (cfr. Ef 2,
8-10). Essere toccati con tenerezza
dalla sua mano e plasmati dalla sua
grazia ci consente, pertanto, di avvicinarci al sacerdote senza timore per
le nostre colpe, ma con la certezza
di essere da lui accolti nel nome di
Dio, e compresi nonostante le nostre
miserie; e anche di accostarci senza
un avvocato difensore: ne abbiamo
uno solo, che ha dato la sua vita per
i nostri peccati! È Lui che, con il Padre, ci difende sempre. Uscendo dal
confessionale, sentiremo la sua forza
che ridona la vita e restituisce l’entusiasmo della fede. Dopo la confessione saremo rinati.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato
(cfr. Lc 7, 36-50) ci apre un cammino
di speranza e di conforto. È bene
sentire su di noi lo stesso sguardo
compassionevole di Gesù, così come
lo ha percepito la donna peccatrice
nella casa del fariseo. In questo brano ritornano con insistenza due parole: amore e giudizio.
C’è l’amore della donna peccatrice
che si umilia davanti al Signore; ma
prima ancora c’è l’amore misericordioso di Gesù per lei, che la spinge ad
avvicinarsi. Il suo pianto di pentimento e di gioia lava i piedi del
Maestro, e i suoi capelli li asciugano
con gratitudine; i baci sono espressione del suo affetto puro; e l’unguento profumato versato in abbondanza attesta quanto Egli sia prezioso ai suoi occhi. Ogni gesto di questa donna parla di amore ed esprime
il suo desiderio di avere una certezza
incrollabile nella sua vita: quella di
essere stata perdonata. E questa certezza è bellissima! E Gesù le dà questa certezza: accogliendola le dimostra l’amore di Dio per lei, proprio
per lei, una peccatrice pubblica!
L’amore e il perdono sono simultanei: Dio le perdona molto, le perdona tutto, perché «ha molto amato»
(Lc 7, 47); e lei adora Gesù perché
sente che in Lui c’è misericordia e
non condanna. Sente che Gesù la
capisce con amore, lei, che è una
peccatrice. Grazie a Gesù, i suoi
molti peccati Dio se li butta alle
spalle, non li ricorda più (cfr. Is 43,
25). Perché anche questo è vero:
quando Dio perdona, dimentica. È
grande il perdono di Dio! Per lei ora
inizia una nuova stagione; è rinata
nell’amore a una vita nuova.
Questa donna ha veramente incontrato il Signore. Nel silenzio, gli
ha aperto il suo cuore; nel dolore,
gli ha mostrato il pentimento per i
suoi peccati; con il suo pianto, ha
fatto appello alla bontà divina per
ricevere il perdono. Per lei non ci sarà nessun giudizio se non quello che
viene da Dio, e questo è il giudizio
Tempo di misericordia
La basilica di San Pietro come un grande “ospedale da campo”. A ogni angolo tanti sacerdoti e
penitenti. Chi in ginocchio, chi seduto, chi in
piedi, decine di fedeli ricevono la “medicina”
della misericordia. Non è un farmaco, ma molto
di più, perché ha il potere di risanare all’istante
le ferite dell’anima. E il peccato non fa distinzione di persone: ecco perché nella basilica c’è gente di ogni provenienza. Uno accanto all’altro,
giovani e anziani, donne e uomini, consacrati,
laici, sacerdoti, in attesa di ricevere il perdono attraverso il sacramento della penitenza. Non poteva esserci dunque miglior occasione per annunciare un anno di grazia, un giubileo straordinario, un anno santo all’insegna della misericordia.
Come ha fatto Papa Francesco venerdì pomeriggio, 13 marzo, presiedendo la celebrazione della
penitenza. Una sorpresa che ha lasciato stupiti,
contenti, commossi, e che è stata accolta da uno
scrosciante applauso.
Sarà un tempo di misericordia quindi quello
che si aprirà l’8 dicembre prossimo, solennità
dell’Immacolata, cinquantesimo anniversario della chiusura del concilio Vaticano II, e si chiuderà
il 20 novembre 2016, domenica di Cristo Re
dell’Universo. L’annuncio ufficiale e solenne avverrà con la lettura e la pubblicazione presso la
porta santa della bolla d’indizione nella festa
della Divina misericordia, la prima domenica dopo Pasqua. Significativa la scelta di utilizzare per
le letture delle domeniche del tempo ordinario
dell’anno giubilare il vangelo di Luca, “l’evangelista della misericordia”.
Un tempo di grazia che in qualche modo è
già iniziato e che per ogni cristiano inizia tutte le
volte che il perdono di Dio riconcilia il cuore attraverso l’assoluzione sacramentale. Non è passato inosservato, del resto, che il primo a inginocchiarsi davanti a un confessore sia stato lo stesso
Papa Francesco. Sullo scalino del confessionale
in legno, il Pontefice si è genuflesso per confessarsi da uno dei frati minori conventuali che trascorre ore intere nella basilica per accogliere i
penitenti. Non è la prima volta che il Pontefice
si confessa in pubblico: già lo fece lo scorso anno, nella stessa occasione. Ma come allora, questa scena è rimasta impressa negli occhi di quanti
partecipavano al rito, con il quale ha preso il via
anche la Ventiquattro ore per il Signore, l’iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la
promozione della nuova evangelizzazione, che si
occuperà anche dell’organizzazione del Giubileo
straordinario.
Dopo aver ricevuto l’assoluzione, Francesco si
è seduto in un confessionale e ha ascoltato otto
penitenti: un giovane, un anziano, una madre di
famiglia, due volontari, una religiosa, un sacerdote e un uomo. A raccogliere le altre confessioni dei fedeli erano quarantotto sacerdoti, tra i
quali i penitenzieri delle quattro basiliche papali,
San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa
Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura.
Tra i confessori erano il cardinale Piacenza,
penitenziere maggiore, insieme con il reggente,
monsignor Nykiel, e gli officiali della Penitenzieria; gli arcivescovi Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova
evangelizzazione, e Krajewski, elemosiniere. Tra i
presenti i cardinali Bertone, Vallini, Grocholewski, Comastri, De Giorgi, Monteiro de Castro e
Montezemolo, gli arcivescovi Becciu, sostituto
della Segreteria di Stato, Gallagher, segretario
per i Rapporti con gli Stati, e Gänswein, prefetto
della Casa Pontificia, e numerosi presuli e prelati
della Curia romana.
La presenza dei penitenzieri ha rappresentato
idealmente il momento conclusivo del ventiseiesimo corso sul foro interno organizzato dalla
Penitenzieria apostolica dal 9 marzo. Nel vedere
le lunghe file di gente in attesa davanti ai sacerdoti in vari punti delle navate, venivano in
mente le parole che Gesù confidò a suor Faustina Kowalska, la santa della misericordia: «Prega perché le anime non abbiano paura di venire
a questo tribunale che è quello della mia misericordia». (nicola gori)
della misericordia. Il protagonista di
questo incontro è certamente l’amore, la misericordia che va oltre la
giustizia.
Simone, il padrone di casa, il fariseo, al contrario, non riesce a trovare
la strada dell’amore. Tutto è calcolato, tutto pensato... Egli rimane fermo alla soglia della formalità. È una
cosa brutta, l’amore formale, non si
capisce. Non è capace di compiere il
passo successivo per andare incontro
a Gesù che gli porta la salvezza. Simone si è limitato ad invitare Gesù a
pranzo, ma non lo ha veramente accolto. Nei suoi pensieri invoca solo
la giustizia e facendo così sbaglia. Il
suo giudizio sulla donna lo allontana
dalla verità e non gli permette neppure di comprendere chi è il suo
ospite. Si è fermato alla superficie —
alla formalità — non è stato capace
di guardare al cuore. Dinanzi alla
parabola di Gesù e alla domanda su
quale servo abbia amato di più, il fariseo risponde correttamente: «Colui
al quale ha condonato di più». E
Gesù non manca di farlo osservare:
«Hai giudicato bene» (Lc 7, 43). Solo quando il giudizio di Simone è rivolto all’amore, allora egli è nel
giusto.
Il richiamo di Gesù spinge ognuno di noi a non fermarsi mai alla superficie delle cose, soprattutto quando siamo dinanzi a una persona.
Siamo chiamati a guardare oltre, a
puntare sul cuore per vedere di quanta generosità ognuno è capace. Nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio. Tutti conoscono la
strada per accedervi e la Chiesa è la
casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta.
Le sue porte permangono spalancate, perché quanti sono toccati dalla
grazia possano trovare la certezza
del perdono. Più è grande il peccato
e maggiore dev’essere l’amore che la
Chiesa esprime verso coloro che si
convertono. Con quanto amore ci
guarda Gesù! Con quanto amore
guarisce il nostro cuore peccatore!
Mai si spaventa dei nostri peccati.
Pensiamo al figlio prodigo che,
quando decide di tornare dal padre,
pensa di fargli un discorso, ma il padre non lo lascia parlare, lo abbrac-
cia (cfr. Lc 15, 17-24). Così Gesù con
noi. “Padre, ho tanti peccati...” —
“Ma Lui sarà contento se tu vai: ti
abbraccerà con tanto amore! Non
avere paura”.
Cari fratelli e sorelle, ho pensato
spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di
essere testimone della misericordia.
È un cammino che inizia con una
conversione spirituale; e dobbiamo
fare questo cammino. Per questo ho
deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr. Lc 6, 36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia!
Questo Anno Santo inizierà nella
prossima solennità dell’Immacolata
Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re
dell’universo e volto vivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione
della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova
tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni
persona il Vangelo della misericordia.
Sono convinto che tutta la Chiesa,
che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori,
potrà trovare in questo Giubileo la
gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la
quale tutti siamo chiamati a dare
consolazione ad ogni uomo e ad
ogni donna del nostro tempo. Non
dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci
stanchiamo di chiedere perdono. Affidiamo fin d’ora questo Anno alla
Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul
nostro cammino: il nostro cammino
penitenziale, il nostro cammino con
il cuore aperto, durante un anno,
per ricevere l’indulgenza di Dio, per
ricevere la misericordia di Dio.
Concluso il corso promosso dalla Penitenzieria apostolica
Quando il bene sopravanza il male
Al termine della celebrazione della Penitenza presieduta dal Papa nella basilica
Vaticana, si è rinnovato per il secondo anno, in tutte le diocesi del mondo, l’appuntamento con la ventiquattr’ore di preghiera
per il Signore, organizzata dal Pontificio
consiglio per la promozione della nuova
evangelizzazione. Durante l’iniziativa, che
ha per tema «Dio ricco di misericordia»,
alcune chiese sono rimaste aperte per tutta
la notte per l’adorazione eucaristica e le
confessioni.
E il tema della misericordia ha fatto anche da filo conduttore al ventiseiesimo corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria apostolica. Essa, ha detto il cardinale Mauro Piacenza tracciando le conclusioni dei lavori, è «più grande del male e
del peccato». Auspicando confessori «ben
preparati, spiritualmente formati e saldi
nella dottrina», il penitenziere maggiore
ha ribadito che il sacerdote, «amministrando il sacramento della penitenza», deve
avvertire «in sé il dovere di far trasparire la
bellezza della verità evangelica e la purezza della dottrina cattolica». Il modello è il
«padre della parabola del figlio prodigo».
Come lui, ha spiegato, il confessore «accolga il fedele penitente, lo aiuti a emendarsi dal peccato, lo esorti a una sincera
conversione che abbia come frutto il sincero proposito di non voler più compromettersi con il male, ma di incamminarsi sempre di nuovo sulla via della perfezione
evangelica».
Una sottolineatura, quest’ultima, emersa
nell’intervento del reggente della Penitenzieria, monsignor Nykiel, per il quale i
confessori «devono cercare di svolgere la
loro missione di padri, di consiglieri, “giudici” e animatori, in sintonia con la dottrina del magistero ecclesiastico, con la padronanza del diritto canonico, con il grande cuore del pastore, procurandosi la
scienza necessaria a questo scopo e procedendo con prudenza, discrezione, pazienza, discernimento e bontà, soprattutto nei
confronti di quelle “tipologie e condizioni
particolari” di penitenti verso i quali occorre la massima attenzione, pazienza e capacità di accoglienza, discernimento e
ascolto».
Da ciò deriva l’importanza riservata
dall’ordinamento canonico della Chiesa al
foro interno che — come hanno sottolineato il vescovo Arrieta e padre Kos — «è un
“modo” di agire, nascosto e senza pubblicità, della potestà ecclesiastica di giurisdizione; ovvero, una “via” per mezzo della
quale tale potestà agisce, attraverso regole
giuridiche proprie e originali, quando le
circostanze pastorali lo impongono come
nel caso delle censure, delle irregolarità canoniche e degli impedimenti». Ecco perché la giurisdizione nel foro interno ha natura
necessariamente
remissiva,
di
perdono.
Nella sua relazione monsignor Incitti ha
avvertito che il confessore non è il padrone
del sacramento, ma solo un ministro che
può unicamente prendere atto della presenza di quanto la Chiesa, e non la sua
personale visione, esige. Perciò, come ha
spiegato anche don Carlotti, la Penitenzieria risolve i tanti e diversificati ricorsi che
quotidianamente le pervengono rimanendo
fedele «alla verità rivelata, al Catechismo
della Chiesa cattolica, ai documenti del
magistero e al Codice di diritto canonico».
Fedeltà, che però «non è rigidità», ma
«autentica pastoralità». L’impegno dei
confessori, infatti, deve essere quello di
aiutare i fedeli alla conversione.
Da parte sua monsignor Marini, maestro
delle celebrazioni liturgiche pontificie, ha
ribadito la necessità di «educare il popolo
ad amare la confessione della colpa, a non
avere timore di aprire il cuore, a esaminare
con attenzione e serietà la propria vita davanti a Dio e alla sua parola. Il rito della
penitenza è il “teatro liturgico” di una lotta: quella tra Dio e il suo antagonista, tra
la grazia e il peccato, tra il bene e il male». E «ogni assoluzione è bene che avanza e male che retrocede».
Padre Ďačok ha parlato dell’amore di
Dio che invita alla risposta nella fede, al
dialogo e all’impegno. «Nel contesto socio-culturale in cui viviamo non è facile
tendere alla santità — ha detto — perché c’è
come un pregiudizievole rifiuto della fede
cristiana, delle sue pratiche, dei suoi aspetti morali ed etici».
Al riguardo padre Faggioni ha esortato i
confessori «ad aiutare i fedeli, soprattutto
nell’ambito della morale sessuale, a interiorizzare i valori evangelici e il modello etico
cristiano. Spingere a un’uniformazione
passiva alla legge, senza un’interiorizzazione personale dei valori evangelici, sarebbe
un esiziale moralismo. Ecco perché, la particolare natura delle colpe in ambito sessuale chiede di esercitare con impegno
speciale le virtù del confessore: maturità
umana, equilibrio, capacità di discernimento, misericordia e benevolenza, capacità di
incoraggiare».