Salva in PDF - La Voce del Popolo

Press
aprile 2014 / no.65
ISSN 2039-540X
Professione Economica e Sistema Sociale
Press
Sommario/aprile
WCOA 2014
31 Ifac
DIAMO I NUMERI
EDITORIALE
Greco: “Il concordato preventivo nel letto
di Procuste della «transazione fiscale»”
58 Osservatorio economico
PROFESSIONE
E TEMPO LIBERO
L’INTERVENTO
4
8
14
16
18
22
24
Giuseppe Greco
Giulio Nicola Nardo
Cristina Bauco
Franco Michelotti
Patrizia Riva
Marcello Pollio
Emanuele Mattei
PRIMO PIANO
- Pag. 16
- Pag. 18
Maria Luisa Campise
3
- Pag. 4
Michelotti: “Il commissario giudiziale
nel concordato con riserva”
Riva: “Attestatore e Pre-Commissario,
tra deontologia e auto-riesame”
28 Luca Santi, Luigi Butti
60 Letti per voi
Pollio: “Gestire la crisi,
non tutto è così semplice”
- Pag. 22
Soluzioni alternative alla crisi d’impresa
P
er più di sessanta anni nel nostro Paese la materia fallimentare è stata disciplinata dal r.d.
267/1942. Una disciplina che ha visto la luce in un momento storico in cui l’impresa
agricola e la proprietà terriera costituivano le principali attività a fronte di una ridottissima
percentuale di imprese commerciali. In questo contesto il fallimento era improntato ad una
prospettiva essenzialmente sanzionatoria: l’azienda in difficoltà era destinata ad essere estromessa
dal mercato e l’esercizio provvisorio (art. 90 l.f. ante riforma) era visto in funzione meramente
liquidatoria; l’amministrazione controllata ed il concordato erano destinati solo all’imprenditore
meritevole e prescindevano da qualunque attenzione per la sorte dell’attività d’impresa nel suo
complesso. A livello legislativo, l’attenzione per la “continuità” dell’attività d’impresa, a prescindere
dalla sorte dell’imprenditore, emergeva solo con le leggi degli anni ‘70 sui salvataggi industriali e
con la legge Prodi del 1979. Si trattava comunque di procedure rivolte alle grandi imprese, con
200 o più lavoratori, il cui recupero mirava principalmente alla salvaguardia dei livelli
occupazionali. Solo all’inizio degli anni 2000, si inizia a favorire la
continuità aziendale anche per la media e piccola impresa
insolvente, per poi arrivare negli anni 2005-2007 alla riforma
“organica” delle procedure concorsuali ed alla chiara ed esplicita
emersione dell’interesse dell’ordinamento per la conservazione dei
valori aziendali. E ciò, non solo nell’interesse generale
dell’economia, dei dipendenti e dei collaboratori, ma anche dello
stesso ceto creditorio, o almeno della parte interessata alla
prosecuzione dei rapporti con l’impresa investita dalla crisi.
In realtà, come sappiamo, la riforma, ancorché chiamata
“organica”, tale era rimasta solo nel titolo, non trovandosi
l’accordo sulle cosiddette “procedure di allerta” e sull’obbligo di
segnalare al tribunale i primi sintomi di crisi. In ogni caso negli 2005-2007 venivano introdotti nuovi
strumenti - quali gli accordi di ristrutturazione disciplinati dall’art. 182 - bis l.f ed i piani di
risanamento previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d), l.f, -, e si rafforzava la procedura di concordato
preventivo con l’intento di alzare una barriera preventiva al fallimento ed in genere alla
disgregazione dei valori aziendali.
In realtà negli anni successivi alla riforma, i dati hanno fatto emergere che il concordato preventivo
ha continuato a rappresentare uno strumento utilizzato non ai fini del rilancio dell’impresa ma
semplicemente quale modalità più rapida, e ragionevolmente più vantaggiosa, del fallimento,
mentre si è riscontrata una scarsissima utilizzazione degli accordi ex art. 182-bis e dei piani
attestati ex art.67, 3°comma, lettera d, l.f..
A fronte di questa situazione, e del sempre più ampio diffondersi delle crisi aziendali, a metà del
2012 è intervenuto il cosiddetto decreto ‘Sviluppo’, che ha introdotto il pre-concordato (o
concordato in bianco, o con riserva), di cui all’art. 161, 6°comma, l.f..
Il legislatore ha voluto in tal modo compiere un altro tentativo di indirizzare le imprese sulla strada,
già aperta dalla riforma fallimentare, della tutela della continuità aziendale, nell’intento di
contribuire a frenare, “dal basso”, il degrado dell’economia. Ed è proprio alle soluzioni alternative
previste dal legislatore per evitare il fallimento e preservare la continuità delle aziende in crisi che
abbiamo voluto dedicare questo numero di Press.
Maria Luisa Campise
Direttore Press
4
Il concordato
preventivo nel letto
di Procuste della
«transazione fiscale»
Giuseppe Greco
Giudice Delegato ai Fallimenti - Tribunale di Cosenza
Con l’attuale disciplina ogni benevolo tentativo del legislatore volto a far
uscire dalla crisi l’imprenditore onesto rischia di naufragare a causa
dell’incognita fiscale
rocuste (in greco lo
«stiratore») era il
soprannome di Damaste
o Polipèmone. Il mito
racconta che questi era
un brigante che viveva, in Attica, sul
monte Coridallo in prossimità del
fiume Cefiso ed era il terrore dei
viandanti che percorrevano la via
sacra che da Eleusi conduceva ad
Atene: dopo averli ospitati e lusingati
con generose libagioni li sottoponeva
ad un atroce supplizio: li costringeva a
sdraiarsi su di un letto scolpito nella
roccia, dove li uccideva percuotendoli
con un martello non prima di averne
adattato il corpo al letto di tortura
cioè allungandolo se più corto o
resecandone gli arti se sporgente dal
letto. Subì il contrappasso per opera
di Teseo il quale lo pose sul suo stesso
letto e lo uccise facendogli fare la fine
delle sue vittime.
Le cronache di questi anni
narrano che l’onesto imprenditore
P
(absit iniura verbis!) investito dalla
crisi iniziata nel 2008 sempre più di
frequente, sebbene già sovraccarico
per il gravoso fardello di debiti
tributari ai quali si sono poco a poco
sommati quelli verso i fornitori e da
ultimo dei dipendenti, pur di evitare le
angustie del fallimento e il sole a
scacchi che si accompagna all’eclissi
da bancarotta, decide di inerpicarsi
sulla strada tortuosa del «novellato»
concordato preventivo. La legge
sembra particolarmente benevola
consentendo, addirittura, di avviare il
passaggio lungo i tornanti con un
semplice lasciapassare (detto
«concordato in bianco») la cui validità
è compresa «fra sessanta e centoventi
giorni» tutto sommato «prorogabile,
in presenza di giustificati motivi» di
altri provvidenziali «sessanta giorni» che così ascendono a centoottanta cui sovente se ne può aggiungere
qualcun altro dopo la fase in bianco
«per apportare integrazioni al piano e
produrre nuovi documenti» a seconda
della magnanimità del Tribunale che
potrà prorogare anche più volte la
resa dei conti.
L’entusiasmo del viaggio scaccia i
pensieri nefasti come secondo la nota
legge di Gresham «la moneta buona
scaccia quella cattiva». La strada è
lunga ma il morale è elevato: chi può
escludere che la benevolenza del
legislatore che ha tanto a cuore il
salvataggio del «valore aziendale» non
garantirà, strada facendo, qualche
altro sconto inaspettato?
Perché mai temere che tanto
amorevole attenzione per la cultura
dell’impresa e per il suo
insopprimibile «valore sociale» possa
nascondere una insidia inaspettata
dalle sembianze di un moderno
Polipèmone?
D’altra parte, oramai è chiaro, il
benigno legislatore ha fatto di tutto
per allontanare e disinnescare gli
effetti potenzialmente dirompenti di
L’intervento
quella che la stessa Corte Suprema di
Cassazione ha definito, con
encomiabile realismo, «incognita
fiscale».
Il buon giorno si vede dal mattino: se
è possibile una «transazione fiscale»
vuol dire che su tutto si tratta, si
media, si mercanteggia: tacitato
l’Erario si andrà avanti senza fatica secondo la massima del condottiero
romano «divide et impera» - nella
formazione di «classi» nelle quali
relegare i creditori più impazienti.
Più facile a dirsi che a farsi.
Il percorso verso il concordato deve,
ahimè, fare i conti con una insidia
inattesa che rischia di condurre la
proposta dell’onesto imprenditore in
un letto di Procuste.
L’art. 182-ter l.fall. (ultimo inciso
del comma 2) si preoccupa di
disciplinare la presentazione della
domanda relativa ai «contributi
amministrati dall’agenzia delle
dogane» (accise ecc.) ma nulla dice
riguardo alla procedura di transazione
relativamente ai contributi
amministrati dagli enti gestori di
forme di previdenza e assistenza
obbligatorie» fatta esclusione,
ovviamente, per quelli già iscritti a
ruolo e consegnati all’Agente della
Riscossione (che l’art. 182-ter, inserito
nella legge fallimentare dal decreto
legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 entrato
in vigore il 16 luglio 2006, continua a
definire impropriamente
«concessionario del servizio nazionale
della riscossione» benché in
precedenza fosse già legge dello Stato
- dal 4 ottobre 2005 - l’art. 3 del
decreto-legge 30 settembre 2005, n.
203 recante «misure di contrasto
all’evasione fiscale e disposizioni
urgenti in materia tributaria e
finanziaria», convertito nella legge 2
dicembre 2005, n. 248, il quale il quale
aveva, espressamente, soppresso il
sistema di affidamento in concessione
del servizio nazionale della
riscossione conferendo le relative
funzioni all’Agenzia delle entrate, che,
a sua volta, le esercita mediante la
società Riscossione s.p.a.; oggi
Equitalia s.p.a. definita «Agente della
Riscossione»).
La norma dell’art. 182-ter
disciplina la procedura relativamente
alla «proposta di accordo sui crediti di
natura fiscale» (comma 2). Ma per la
transazione dei «contributi» quale
procedimento dovrà essere seguito?
La circolare n. 38/2010 della
Direzione Centrale Entrate Coordinamento Generale Legale
stabilisce che «la richiesta di
transazione ex art. 182-ter, corredata
5
della documentazione di cui all’art.
161 l.fall.» deve essere presentata alla
«Sede competente»; ma tale
disposizione non può evidentemente
integrare la difettosa norma della
legge fallimentare.
La transazione dei «tributi
amministrati dalla agenzie fiscali»
determina il «consolidamento del
debito fiscale»; ma per quello
«contributivo» può parlarsi di un
omologo «consolidamento»?
In verità è la stessa nozione di
«consolidamento del debito fiscale»
ad apparire di dubbio significato: a
sentire la Suprema Corte si
tratterebbe di una formulazione
«atecnica» di significato «non ancora
univocamente definito».
Ma ancor più equivoco deve
6
L’intervento
considerarsi l’effetto del richiamato
«consolidamento»: secondo la
Cassazione con tale espressione (al
netto della evidenziata equivocità) si
intenderebbe una sorta di
«cristallizzazione» della «pretesa
tributaria alla data di presentazione
della domanda così come quantificata
dall’ufficio con esclusione da una
parte della facoltà del medesimo di
procedere ad ulteriori accertamenti
anche se non sia ancora maturata la
decadenza e dall’altra di contestare
pretese anche se non ancora
definitive». Pertanto l’Agenzia delle
Entrate non potrebbe effettuare alcun
accertamento neppure nel termine dei
trenta giorni successivi alla
presentazione della domanda di
transazione fiscale entro il cui termine
essa è tenuta «a procedere alla
liquidazione dei tributi risultanti dalle
dichiarazioni ed alla notifica dei
relativi avvisi di irregolarità,
unitamente ad una certificazione
attestante l’entità del debito derivante
da atti di accertamento ancorché non
definitivi».
Tale interpretazione appare, ictu
oculi, contrastata dalla lettera della
norma appena riportata. Ma sul punto,
ad ogni evidenza, il Fisco la pensa
diversamente: nella pubblicazione
dell’Ufficio Riscossione – Settore
Controlli e Riscossione della
Direzione Regionale della Sicilia
(intitolata « Il Fisco a sostegno delle
imprese in crisi - La transazione
fiscale», aggiornata a novembre 2013)
si legge che pur dopo la presentazione
della domanda di transazione fiscale
«resta salva la possibilità per
l’Amministrazione di esercitare
attività accertatrice ulteriore relativa
ai tributi oggetto di transazione in
base alla sopravvenuta conoscenza di
nuovi elementi» (pag. 17).
D’altra parte a ben vedere, è la stessa
nozione di «transazione fiscale» a
risultare fuorviante; e che dire del
«principio di indisponibilità del
credito tributario»?
L’art. 182-ter l.fall. allude alla
transazione solo nella rubrica: ma è
sufficiente tale suggestivo richiamo
per ricondurre l’istituto nel paradigma
della transazione quale negozio
fondato sull’«aliquid datum aliquid
retentum»? Non sarebbe stato, forse,
più corretto parlare semplicemente di
pagamento percentuale del credito
tributario?
E come ricostruire i rapporti tra la
norma sopravvenuta (con l’entrata in
vigore del decreto correttivo) del
capoverso dell’art. 160 l.fall. che ha
esteso la falcidiabilità in generale dei
crediti privilegiati e la disciplina
speciale dettata per la «transazione
fiscale»? E come rendere compatibili i
presupposti diversi dettati dall’art. 160
e dall’art. 182-ter? E come porre in
consonanza logica la condizione
dettata dalla norma da ultimo citata
(cioè che la percentuale, i tempi di
pagamento e le eventuali garanzie non
devono essere inferiori a quelli offerti
ai creditori che hanno un grado di
privilegio inferiore, ovvero ai soli
crediti tributari degli enti locali) e il
divieto di falcidia dell’iva e delle
ritenute effettuate dal sostituto
d’imposta? E quali i rapporti tra
«transazione fiscale» e diritto di difesa
avuto riguardo alla impossibilità per il
contribuente di proseguire il giudizio
tributario dopo la omologa del
concordato?
E come intendere l’ipotesi
prospettata dalla Cassazione di
«tentativo di transazione fiscale non
riuscito» rispetto alla ritenuta
irrilevanza di un diniego dell’Ufficio
fiscale ai fini della omologa del
concordato? E come interpretare la
seguente criptica affermazione della
Cassazione: «la norma invocata dalla
Corte d’appello (art. 160, comma 2)
attiene, per contro, unicamente al
trattamento aggiuntivo rispetto a
quello imposto ex lege (ancorato al
valore dei beni oggetto della garanzia)
che viene deciso discrezionalmente
dal debitore ma che trova appunto un
limite nel rispetto del grado di
rilevanza attribuito dal legislatore ai
diversi crediti in ragione del valore
sociale della loro causa. Il vincolo, per
contro, non astringe il legislatore che
può, come nella fattispecie e per
cause discrezionalmente individuate,
attribuire un trattamento particolare a
determinati crediti come avviene per
la prededuzione, senza che ciò incida
automaticamente sul trattamento
degli altri»? Come rendere intelligibile
tale passaggio se non nell’ottica
(errata) secondo cui il credito erariale
per iva sia un privilegio speciale
(come quello di rivalsa ex art. 2758
comma 2 cod.civ.) e non un privilegio
generale su tutti i beni mobili del
debitore? E cosa vorrà mai dire
«trattamento aggiuntivo»?
Com’è noto diversi Tribunali e
Corti di appello (tra tutte quella di
Genova e di Venezia) hanno disatteso
quanto statuito dalla Cassazione nelle
famose sentenze da cui sono tratte le
citazioni sopra riportate (nn.
22931/2011 e 22932/2011).
A ben vedere il problema dei
problemi che presenta l’attuale
disciplina del concordato preventivo è
proprio quello connesso alle norme
dettate nella c.d. «transazione fiscale»,
che in questa sede è stato possibile
solo accennare, ed è su questo
ostacolo che rischia di naufragare
ogni «onesto» tentativo di fuoriuscire
dalla crisi d’impresa. Vogliamo lavorare per qualcosa,
non contro qualcuno.
Crediamo che sia
giunto il momento
di ragionare come
una comunità.
Servono regole certe,
riforme del sistema
fiscale e giudiziario.
Serve un pensiero
tecnico, imparziale,
non schierato
che affianchi
le istituzioni:
per lavorare, non più
contro qualcuno,
ma a favore di tutti.
8
La tutela dei creditori
nel concordato preventivo
Giulio Nicola Nardo
Avvocato - Professore Università della Calabria e Università di Bologna
A fronte del drastico ridimensionamento dei poteri di controllo del
tribunale fallimentare la centralità acquisita dai creditori non
rappresenta una soluzione efficace.
a tutela dei creditori nelle
procedure concorsuali in
generale, con particolare
riferimento alle cd.
soluzioni concordate della
crisi d’impresa, non è stata oggetto di
approfondita analisi da parte del
legislatore della riforma della legge
fallimentare.
Invero, la tutela del credito viene
sacrificata alle esigenze dell’impresa
in crisi, e ancora di più nelle ipotesi
del cd. concordato in continuità
aziendale, per come normato dal
nuovo art. 186 bis l.f., sicché a fronte
del drastico ridimensionamento dei
poteri di controllo del tribunale
fallimentare, la centralità acquisita
(sia per il voto che per il meccanismo
svolto dall’innesco delle eventuali
opposizioni nel giudizio di
omologazione) dal creditore nella
valutazione e controllo della proposta
di concordato preventivo, in specie in
ragione dei meccanismi di
maggioranza nel sistema delle
votazioni, non rappresenta una
soluzione efficace.
Ancora più delicata è la situazione di
quei creditori la cui esistenza sia
misconosciuta o contestata all’interno
della procedura di concordato
L
preventivo.
A differenza del fallimento, la
procedura per l’ammissione al
concordato preventivo non prevede
uno specifico provvedimento
giurisdizionale per l’accertamento del
passivo, atteso che la prima
individuazione dei creditori, del
relativo credito e delle garanzie, è
fornita direttamente dall’imprenditore
che propone il concordato: infatti con
la redazione della domanda, in
ossequio al disposto di cui all’art. 160
l.f. vengono indicati quali sono i
creditori, li raggruppa in classi, ne
propone tempi e modalità di
soddisfazione.
Tuttavia, il debitore deve
comunque almeno dare conto anche
delle pretese di terzi, che pure ritiene
non fondate (e per le quali quindi non
prevede alcuna soddisfazione). Del
resto, accade non infrequentemente
nella prassi che sia lo stesso
imprenditore, già nella proposta e nel
piano, a proporre prudenzialmente di
accantonare le somme che si
dovrebbero assegnare a quei terzi se
le pretese dovessero rivelarsi fondate,
attribuendole altrimenti ai creditori
accertati (o a garantire con
fideiussione di terzi l’eventuale
pagamento dei creditori su cui verte
contestazione, onde non deprimere
con certezza le percentuali proposte
agli altri creditori).
Anzi, recenti orientamenti della
Suprema Corte sembrerebbero
addirittura pretendere l’inserimento
dei crediti contestati nel passivo da
soddisfare (in una delle classi
omogenee previste dalla proposta o in
una classe ad essi riservata), in
particolare perché altrimenti “il
debitore sarebbe incentivato alla
contestazione, nei riguardi di crediti
non accertati in via definitiva e
soprattutto di quelli di maggior peso
sul piano delle aspettative di soddisfo,
lasciandoli fuori dalla proposta e
ponendo i suoi beni a disposizione
degli altri creditori, sollecitati
all’approvazione proprio dalla
circoscritta area delle passività
indicate, senza alcuna previsione per
quelle controverse”.
L’orientamento della Cassazione,
seppur condivisibile, va tuttavia
contemperato con il rischio, di segno
contrario, che se fosse sufficiente per
pretendere di essere inseriti nel
passivo, nella misura e qualità
richiesti, semplicemente affermarsi
creditori dell’imprenditore, ciò
L’intervento
potrebbe in pratica automaticamente
precludere in alcune ipotesi
all’ammissibilità della proposta di
concordato per difetto della fattibilità
giuridica, ad esempio, anche se il
credito che si pretende di fare valere
sia manifestamente inesistente, così
all’opposto incentivando
comportamenti non commendevoli
dei presunti creditori.
È dunque preferibile lasciare in
situazioni simili caso per caso la
valutazione sulla necessità di inserire
o no il creditore contestato come
creditore non solo al giudice delegato
ai fini dell’ammissione o no alla
votazione, ma già al tribunale
fallimentare ai fini della valutazione
sulla ammissibilità della proposta, o
sulla omologazione del concordato,
come ora si dirà, esclusivamente ai
fini della valutazione della fattibilità
giuridica della proposta.
Nel concordato preventivo,
dunque, l’imprenditore redige un
elenco nominativo dei creditori (art.
161 l.f.), che il commissario giudiziale
deve verificare apportandovi le
necessarie rettifiche (e, se ritenga
l’omissione di uno o più crediti
dolosa, avvertire immediatamente il
tribunale fallimentare perché valuti se
ricorrano o no le condizioni per
provvedere alla revoca
9
dell’ammissione al procedimento ex
art. 173 l.f.); i creditori concorrenti ed
il debitore potranno poi a loro volta
dare indicazioni, ed infine il giudice
delegato, che potrebbe anche inserire
ex novo creditori che si fossero
presentati all’adunanza senza essere
presenti negli elenchi rettificati,
deciderà quali crediti ammettere ed in
che grado, ma ai soli fini del voto.
I creditori non ammessi, poi, ex
art. 176 l.f. potranno opporsi
all’esclusione in sede di omologazione
del concordato solo nel caso in cui
l’ammissione avrebbe avuto influenza
sulla votazione nella maggioranza.
Al creditore, naturalmente, rimane
10
L’intervento
certo la possibilità di promuovere (o
continuare) una comune azione
giudiziaria in via ordinaria per
ottenere il riconoscimento della
sussistenza e della qualità del credito
vantato, atteso che la sospensione
dell’attività giurisdizionale ordinaria,
intervenuta per effetto della proposta
concordataria, riguarda, ex art. 168
l.f., esclusivamente le azioni cautelari
ed esecutive.
In queste ipotesi, tuttavia, se il
credito fosse appunto contestato, e il
provvedimento giurisdizionale
ottenuto in sede ordinaria non ancora
definitivo, ai sensi dell’art. 180 l.f. al
momento dell’omologazione del
concordato sarà il tribunale
fallimentare a bloccare il pagamento e
ordinare il deposito della somma; ciò
non consente una immediata
soddisfazione del creditore,
permettendo tuttavia altresì di
proteggere il credito in contestazione
evitando che, nel tempo occorrente al
suo accertamento giudiziale, l’attivo
concordatario si disperda
irrimediabilmente. Un onere, quello
del tribunale fallimentare ora
descritto ex art. 180 l.f., che
verosimilmente potrebbe applicarsi
anche ai crediti (per la somma o per il
grado) contestati durante il
procedimento di ammissione al
concordato, pur ancora in assenza di
un’incoata azione giudiziaria, che
dovrebbe essere iniziata entro un
termine prefissato dal tribunale.
Accantonamento che il creditore
contestato potrà sollecitare già nella
fase precedente all’omologazione, o
che potrà richiedere, laddove non
concesso dal tribunale fallimentare,
impugnando per questo aspetto il
decreto di omologazione.
È pertanto opportuno per il
creditore, la cui esistenza sia
contestata, partecipare già alla fase
precedente l’omologazione, sì da
ottenere quantomeno una tutela
cautelativa da parte del tribunale
fallimentare, che, peraltro, in sede di
omologa (ed in realtà già anche nella
prima fase di ammissione alla
procedura), anche sulla scorta delle
richieste di partecipazione alla
votazione e di ammissione al passivo
concordatario, ben potrebbe
procedere ad una nuova e diversa
valutazione rispetto a quella del
giudice delegato in sede di votazione,
e, specie in presenza di opposizioni,
valutare se quei crediti contestati
debbano o no essere considerati a
questi fini verosimilmente ammessi, e
se pertanto se ne debba ipotizzare il
pagamento (nei termini della classe di
appartenenza); e, in questa ipotesi (ed
a prescindere dalle ulteriori eventuali
conseguenze in tema di
raggiungimento delle maggioranze),
verificare se questo ampliarsi del
passivo nella specifica fattispecie in
esame non possa verosimilmente
condurre all’impossibilità di
riconoscere un pagamento anche se
minimo ai creditori chirografari, o ad
un abbattimento delle percentuali da
assegnare ai creditori tale da
determinare la presumibile
impossibilità di assicurare ai creditori
quel ristoro minimo al di sotto del
quale per la Suprema Corte non si
manifesta la “fattibilità giuridica” del
concordato, con il conseguente e
necessario provvedimento di rigetto
della proposta di concordato.
Valutazioni che potrebbero essere
oggetto anche della pronuncia del
giudice dell’impugnazione davanti alla
quale sia eventualmente reclamato il
decreto di omologazione.
Molto più difficile, è, invece,
individuare ipotesi efficaci di tutela
per i crediti che semplicemente non
sono stati valutati dal commissario
giudiziale e quindi eventualmente
compresi nel passivo dal giudice
delegato perché egli ne sconosce
l’esistenza non essendone stato
avvertito dal ricorrente e non
avendone comunque trovato
altrimenti traccia, in assenza di una
spontanea richiesta del creditore
(evento non inconsueto, purtroppo
alla luce della non sempre efficace
pubblicità del decreto di ammissione
ex art. 166 l.f.); crediti che il tribunale
fallimentare non ha potuto tutelare
con il deposito delle somme al
momento dell’omologazione ex art.
180 l.f..
Certo, l’impresa in stato di crisi
che decida consapevolmente di
omettere l’esistenza di uno o più
crediti assume su di sé il rischio che
ex art. 173 l.f. si proceda alla revoca
dell’ammissione al concordato (e, in
presenza dei presupposti, alla
dichiarazione di fallimento), e questo
può certo rappresentare un deterrente
a simili comportamenti, che tuttavia
possono verificarsi, ed in effetti si
verificano nella prassi. Però, non sono
previste espresse possibilità di tutela
dopo il giudizio di omologazione,
tanto che ben si è addirittura
ipotizzata l’impossibilità nel far valere
“tardivamente” le proprie ragioni
creditorie; e d’altro canto, va anche
considerato che i creditori che hanno
dato l’assenso alla proposta di
concordato lo hanno fatto sulla base
di una prospettazione della potenziale
ripartizione dell’attivo che verrebbe
così successivamente modificata se si
allargasse la base dei crediti da
soddisfare.
Tuttavia al contrario, fermo
restando il principio generale
esdebitatorio dato dalla “falcidia
concordataria”, che colpisce anche i
creditori che non hanno partecipato
alla procedura (art. 184 l.f.), in via
L’intervento
generale, non si debbono creare
ostacoli al proporre un’azione
ordinaria di accertamento del proprio
credito nei confronti dell’impresa in
crisi la cui proposta di concordato
preventivo sia stata accolta e
omologata (anche perché
l’accertamento dei crediti alla base
delle determinazioni del giudice
delegato in materia di votazioni ed
eventuali disposti nel giudizio di
omologazione non comporta
comunque un giudicato sul punto). E
l’eventuale pronuncia di
riconoscimento del credito ottenuta
dal creditore in sede ordinaria farà
effetto anche nei confronti degli
organi del concordato, che saranno
tenuti a inserire il creditore nel
riparto.
Inoltre, il creditore estraneo alla
fase di omologazione, potrebbe
richiedere ed essere ammesso al
passivo ed a partecipare già anche agli
eventuali riparti parziali a prescindere
da una previa pronuncia giudiziale in
sede ordinaria laddove non contestato
da debitore e altri creditori, e se
inoltre la sua richiesta sia
positivamente verificata dal
liquidatore (nel concordato con
cessione dei beni e che tale organo
richieda) o dal commissario giudiziale
ex art. 185 l.f. (laddove manchi il
liquidatore). Questa imprevista
ammissione, peraltro, oltre alla
partecipazione dunque ai pagamenti
insieme agli altri creditori, in alcuni
casi potrebbe ben comportare ancora
ulteriormente che, particolarmente il
liquidatore (nei concordati in cui è
previsto) o il commissario giudiziale,
sulla base dell’ampliamento dei crediti
da soddisfare, potrebbero ritenere
verificate ipotesi che pretendono
l’immediato annullamento o la
risoluzione del concordato preventivo
già omologato; ad esempio, se alla
luce dei nuovi crediti da soddisfare
non si potessero più raggiungere e di
molto le percentuali promesse ai
creditori, manifestandosi dunque un
potenziale inadempimento non di
“scarsa importanza” nei confronti
della globalità dei creditori tale da
obbligare alla risoluzione del
concordato preventivo ex art. 186 l.f..
In tutti i casi ora considerati, al
creditore ingiustamente pretermesso
è comunque garantita una tempestiva
e parzialmente efficace tutela.
Ma è tuttavia ipotesi ben possibile
purtroppo che, al momento
dell’accertamento del credito
pretermesso, il concordato possa
essere già stato integralmente
adempiuto; in questo caso, in un
concordato con cessione dei beni, il
creditore non potrebbe più ottenere
nulla.
Quando invece il concordato
conduca al risanamento dell’azienda
con il concordato in continuità ex art.
186 bis l.f., in quest’ipotesi, pur nei
limiti percentuali ora individuati, il
creditore potrà successivamente fare
valere il proprio diritto.
La soluzione va precisata quando
il concordato preventivo sia garantito
da un fideiussore; in caso, su
quest’ultimo incombe comunque
l’obbligo di garantire il pagamento del
creditore pretermesso, pur se nei
limiti percentuali previsti per la classe
di credito di appartenenza. Va da sé,
tuttavia, che, e così sarà nella più
parte dei casi, il fideiussore ha il
potere di evitare anche questo rischio
laddove si specifichi nella proposta di
concordato quali crediti egli intende
garantire.
Una possibilità, quella della
delimitazione del rischio, invece non
prospettabile dall’assuntore (figura
ora espressamente prevista nel
concordato preventivo ex art. 161 l.f.),
11
se pure ex art. 124 l.f. oggi invece nel
concordato fallimentare il terzo
acquirente può limitare gli impegni
assunti ai soli creditori che abbiano
già chiesto di essere ammessi al
passivo del fallimento; l’assuntore nel
concordato preventivo pertanto
sconterà il rischio di essere chiamato,
pur se sempre soltanto nella
percentuale concordataria, a
rifondere anche il creditore non
ricompreso negli elenchi depositati e
nelle verifiche del commissario
giudiziale.
A parte, poi, va considerata la
possibilità della tutela dei crediti
esclusi per il tramite della risoluzione
del concordato preventivo ex art.186
l.f., in ipotesi sollecitata proprio dal
creditore pretermesso ma
successivamente riconosciuto in sede
giudiziale ordinaria, e tuttavia che non
abbia trovato più nulla su cui
soddisfarsi (e che pertanto chiede che
il concordato preventivo sia risolto
per inadempimento); si tratta tuttavia
di un rimedio per lo più inefficace per
il creditore ingiustamente
pretermesso (ai fini di una sua
soddisfazione economica), specie a
ritenere applicabile anche al
concordato preventivo il principio
dettato dall’art. 140 comma 3 l.f. per il
concordato fallimentare, che esclude
la ripetizione delle somme ricevute
dai creditori in base ad un concordato
fallimentare risolto, come ora sembra
ricavarsi direttamente dagli art. 111
comma 2 l.f., e 67 comma terzo lett.
e). E analoghe considerazioni quanto
alla limitata tutela del creditore
pretermesso possono essere compiute
se si tiene in conto la possibilità che
questi agisca per l’annullamento del
concordato preventivo sulla base
proprio della alterazione prodotta dal
doloso occultamento del creditore
operato dal proponente; a prescindere
12
L’intervento
dalla non piana applicazione della
disciplina ad una fattispecie che ha
provveduto semmai a ridurre e non ad
esagerare il passivo, l’esclusione
comunque della ripetizione delle
somme già corrisposte agli altri
creditori renderà il più delle volte
inefficace anche questa misura.
Rimane, infine, al creditore
pretermesso la possibilità di far valere
l’eventuale responsabilità
extracontrattuale del professionista
che abbia falsamente attestato
l’esistenza dei presupposti di
fattibilità della proposta
concordataria, comunque contribuito
consapevolmente all’attuazione del
piano in difetto dei presupposti; ma
evidentemente, si tratta di un rimedio
residuale non certo esauriente.
In conclusione, allora, si avverte
talora un “vuoto” nel sistema
protettivo endoconcorsuale tutte le
volte in cui incertezze o contestazioni
impongano il ricorso ad una tutela
giudiziale ordinaria da parte del
creditore estraneo al giudizio di
omologazione del concordato
preventivo e che solo
successivamente sia in condizione di
fare valere le proprie ragioni, vuoto
che va necessariamente colmato
dall’interprete.
E che potrebbe essere colmato
prospettando, successivamente alla
omologa del concordato preventivo,
l’esecuzione diretta sui beni del
concordato da parte del presunto
creditore pretermesso. Ai sensi
dell’art. 168 l.f., come è noto, infatti
almeno espressamente il divieto di
azioni esecutive o cautelari sui beni
oggetto della procedura si esaurisce al
momento dell’omologazione; di qui le
diverse tesi quanto alla possibilità di
azione diretta da parte dei creditori
almeno su quei beni della procedura
destinati alla liquidazione (cosa non
scontata, nelle ipotesi di concordato
“in continuità”) e senza particolari
indicazioni quanto alle forme della
stessa liquidazione nel provvedimento
di omologa. Una soluzione in via
generale non condivisibili, ritenendo
che al creditore ricompreso nel
passivo concordatario siano già
riconosciute sufficienti tutele
endoconcorsuali (e ciò anche per il
creditore “contestato” almeno quando
le somme in teoria loro destinate
siano prudenzialmente “accantonate”
ex art. 180 l.f.), e che consentire di
agire “dall’esterno” renderebbe ancora
più difficile il lavoro del liquidatore
giudiziale. Ma che, va sottolineato,
potrebbero essere diversamente
valutate se adottate particolarmente
nei confronti del creditore
pretermesso, perché appunto privo di
una tutela endoconcorsuale, e che
tuttavia di una tutela certamente ha
diritto; sicché non può non
considerarsi con attenzione la
possibilità di agire in via di
espropriazione forzata individuale, se
già dotato di un titolo esecutivo
(quando il commissario giudiziale o il
liquidatore giudiziale rifiutino di
inserirlo nei creditori concorsuali da
soddisfare), o chiedendo al giudice
della causa di cognizione in cui si
chiede la condanna e/o il
riconoscimento del diritto di credito
la concessione di un sequestro
conservativo o di un provvedimento
d’urgenza che blocchi alcuni dei beni
destinati altrimenti alla liquidazione
concorsuale.
E, tuttavia, sarebbe preferibile una
diversa soluzione per tutelare il
presunto creditore pretermesso; in
alcune situazioni, infatti, laddove il
concordato sia assimilabile ad un
concordato con cessione di beni ai
creditori ed in assenza di garanti, la
prossima ripartizione delle somme o
dei beni in fase di liquidazione, o
comunque la creazione e la
distribuzione degli strumenti finanziari
a questi fini creati, con distribuzione
pertanto precedente all’ottenimento
un prodotto giudiziale in sede
ordinaria tale da consentire la
partecipazione al riparto, rappresenta
la classica situazione del (almeno nella
gran parte dei casi) “fondato motivo di
temere che durante il tempo
occorrente per far valere il diritto in
sede ordinaria questo sia minacciato
da un pregiudizio imminente e
irreparabile”, garantita dall’utilizzo
appunto della misura cautelare di cui
all’art. 700 c.p.c., con la quale,
all’interno (o ante causam) del
giudizio ordinario per l’accertamento
del credito (con legittimati passivi il
debitore ed il liquidatore o il
commissario giudiziale), il creditore
pretermesso possa richiedere, se
naturalmente il suo diritto di credito
sia assistito dal fumus, un
provvedimento d’urgenza che ordini al
soggetto incaricato l’inibizione alla
distribuzione agli altri creditori di
quella somma o di quei beni che
invece spetterebbero a quel creditore
se il suo credito fosse riconosciuto, e
ne determini la custodia fino alla finale
determinazione giudiziale ordinaria.
In conclusione, sono queste le
complesse dinamiche che meglio
consentono di contemperare la
posizione del creditore ingiustamente
pretermesso e le esigenze generali
della procedura di concordato
preventivo, all’esito di un faticoso
tentativo per l’interprete di assicurare
un minimo di effettiva tutela ai
creditori nelle procedure di
risoluzione delle crisi d’impresa
disciplinate dal nostro legislatore. L’ottimismo prevede un duro lavoro.
Essere ottimisti oggi
non significa credere
semplicemente che sarà
possibile uscire dalla crisi.
Significa piuttosto,
trasformare questa crisi in
opportunità di cambiamento:
non solo in termini di
riforme del sistema,
ma anche di responsabilità.
Chi, come noi, non reputa
il lavoro come un diritto
acquisito, sa che solo
attraverso l’impegno e
i sacrifici possiamo lasciarci
la crisi alle spalle, senza
farla ricadere su quelle
dei nostri figli.
14
La domanda
di concordato in bianco
Cristina Bauco
Ricercatore area giuridica IRDCEC
Uno strumento che, se utilizzato secondo i canoni di correttezza,
consente alle imprese in crisi di risollevarsi dalle difficoltà
egli ultimi tempi la
materia relativa alla
gestione e alla
risoluzione delle crisi di
impresa ha assunto un
ruolo di primo piano nell’ambito degli
interventi normativi volti a facilitare
l’accesso alle soluzioni negoziali e a
definire tempi e modalità precisi e
concreti per risollevare le imprese in
difficoltà.
Nell’ambito di tali interventi, si
inserisce l’importante modifica
effettuata nel corpo dell’art. 161 l.f.
dal d.l. n. 83/2012 e dal successivo
d.l.n. 69/2013 e relativa alla
presentazione della domanda di
concordato in bianco.
La c.d. domanda prenotativa di
concordato ha registrato nelle prassi
dei Tribunali sin dai primi mesi di
applicazione della normativa novellata
un rilevante impiego: a ben vedere, la
domanda in bianco, se utilizzata
secondo i canoni di correttezza e non
per ritardare la dichiarazione di
insolvenza, consente l’emersione
tempestiva della crisi, dal momento
che si autorizza il debitore a
presentare il ricorso al manifestarsi
dei primi sintomi e di “confezionare”
il piano e la proposta rivolta ai
creditori successivamente purché nel
N
rispetto dei termini che vengono
fissati dal Tribunale.
A garanzia dei creditori e al fine di
evitare possibili abusi, il d.l. n. 69/2013
ha rafforzato i poteri del Tribunale
contemplando altresì la possibilità di
nominare un commissario giudiziale.
In estrema sintesi, e come recita
la legge, l’imprenditore che si trova in
stato di crisi può depositare il ricorso
contenente la domanda di concordato
unitamente ai bilanci relativi agli
ultimi tre esercizi e all’elenco
nominativo dei creditori con
l’indicazione dei rispettivi crediti,
riservandosi di presentare la proposta,
il piano e la documentazione a
corredo e l’attestazione del
professionista indipendente, entro un
termine fissato dal giudice compreso
fra sessanta e centoventi giorni e
prorogabile, in presenza di giustificati
motivi, di non oltre sessanta giorni.
Nello stesso termine, in alternativa e
con conservazione sino
all’omologazione degli effetti prodotti
dal ricorso, il debitore può depositare
domanda ai sensi dell’articolo 182-bis,
primo comma. In mancanza, si applica
l’articolo 162, commi secondo e terzo.
La domanda di concordato va
pubblicata a cura del cancelliere nel
Registro delle imprese entro il giorno
successivo al deposito in cancelleria;
da tale data e fino al momento in cui il
decreto di omologazione del
concordato preventivo diventa
definitivo, i creditori per titolo o causa
anteriore non possono, sotto pena di
nullità, iniziare o proseguire azioni
esecutive e cautelari sul patrimonio
del debitore come impone l’art. 168
l.f..
Alla luce di quanto sopra, la
vicenda considerata nel sesto comma
dell’art. 161 l.f., omettendo le
questioni relative alla qualificazione
giuridica della medesima, può essere
idealmente articolata in diversi
momenti. A monte vi è sempre una
domanda (in bianco) di concordato
che viene presentata al Tribunale
tramite un ricorso; a seguire vi è la
proposta di accordo con i creditori e
la predisposizione del piano di
concordato e della documentazione a
corredo nonché della attestazione del
professionista indipendente (o in
alternativa e con conservazione sino
all’omologazione degli effetti
“protettivi” verso i creditori, una
domanda di accordo di
ristrutturazione ex art. 182 – bis l.f.).
Tra presentazione della domanda e la
formulazione della proposta e la
predisposizione del piano scorrono i
L’intervento
termini – da sessanta a centoventi
giorni, salvo proroga – fissati dal
Tribunale e prorogabili di non oltre
sessanta giorni solo in presenza di
giustificati motivi. In questo periodo
l’impresa è costantemente monitorata
dal Tribunale e dal commissario
giudiziale se nominato, come peraltro
confermato dalle modifiche effettuate
tramite il d.l. n. 69/2013.
L’ultima novella, infatti, ha:
previsto la nomina del
commissario giudiziale col decreto
motivato che fissa i termini;
stabilito le funzioni del
commissario e sancito l’obbligo di
acquisirne il parere (non
vincolante) in particolari
occasioni;
predisposto obblighi informativi
periodici da parte del debitore al
Tribunale;
previsto una forma di controllo da
parte dei creditori che in ogni
momento possono essere sentiti
dal Tribunale.
Nell’ottica di incentivare l’impresa
ricorrente ad attivarsi fattivamente
nella predisposizione del piano e della
proposta, appaiono declinate le
previsioni che enfatizzano il ruolo
dell’autorità giudiziaria in funzione di
vigilanza e che, a titolo
esemplificativo, ineriscono
all’autorizzazione del Tribunale per il
compimento di atti urgenti di
straordinaria amministrazione, agli
obblighi informativi periodici che il
debitore deve assolvere con
periodicità almeno mensile, alla
possibilità di abbreviare anche
d’ufficio i termini previamente
concessi nel caso in cui l’attività
compiuta dal debitore sia
manifestamente inidonea alla
predisposizione della proposta e del
piano. Dovute ad un’esigenza di
immediata vigilanza sul debitore sono
le disposizioni che concernono le
funzioni del commissario giudiziale.
Costui è la longa manus del
Tribunale e, come tale, è tenuto a
vigilare costantemente l’attività del
debitore, ottenendo adeguate
informazioni, al fine di accertare la
ricorrenza delle condotte di cui all’art.
173 l.f. che deve segnalare
immediatamente al Tribunale affinché
adotti i provvedimenti che ritenga
maggiormente appropriati.
In particolare, il commissario è
chiamato ad esprimere il proprio
parere sull’opportunità del
compimento di atti di straordinaria
amministrazione che il Tribunale può
autorizzare; il commissario è tenuto a
vigilare sull’adempimento degli
obblighi informativi dovuti al
Tribunale da parte del debitore e ad
esprimere un parere circa la manifesta
inidoneità dell’attività svolta dal
debitore per la predisposizione della
proposta e del piano, ai fini della
15
valutazione effettuata dal Tribunale
circa la riduzione dei termini
concessi.
Emerge con una certa evidenza,
dunque, l’importanza di quest’ultimo
intervento legislativo che consente
alle imprese in crisi di “prenotarsi”
per il concordato in anticipo rispetto
alla concreta formulazione di una
proposta e alla predisposizione del
piano guadagnando tempo prezioso
anche per l’attestazione del
professionista indipendente. Il favor
legislativo per le soluzioni negoziali
della crisi trova altresì conferma nelle
disposizioni di cui all’art. 182 sexies
l.f. e relative alla sospensione degli
obblighi di ricapitalizzazione delle
imprese ammesse al concordato
preventivo (anche) con riserva: in tal
modo si privilegia la riuscita della
soluzione concordataria rispetto ai
tradizionali strumenti di intervento
del diritto societario quali sono la
ricapitalizzazione, la liquidazione
ovvero la trasformazione. 16
Il commissario
giudiziale nel
concordato con riserva
Franco Michelotti
Odcec di Pistoia
Una facoltà prevista dal legislatore e non un obbligo, come tale spesso la
nomina avviene quando nel ricorso il debitore dichiara di voler proporre
ai creditori un concordato in continuità ex art. 186-bis legge fallimentare
a legge n. 134/2012 ha
introdotto nel nostro
ordinamento il cd.
concordato con riserva o
in bianco o preconcordato, prendendo come
riferimento il cd. automatic stay,
disciplinato dal noto Chapter 11
statunitense.
La suddetta riforma ha avuto un
indubitabile successo, in quanto dalla
sua entrata in vigore (11 settembre
2012) la gran parte dei concordati
presentati hanno avuto avvio con un
ricorso ex art. 161, co. 6, l.f., con
riserva di deposito della proposta, del
piano e della documentazione relativa,
ivi compresa la relazione attestativa
del professionista.
Sennonché, si sono verificati
anche abusi, perché in certi casi si è
chiesto il termine solo per dilazionare
il momento in cui la crisi o
l’insolvenza si rendeva palese, senza
effettivamente adoperarsi per il
raggiungimento di un accordo con i
creditori o per la presentazione della
proposta e del piano ai creditori. Il
tutto con l’aumento delle
L
prededuzioni, che nelle situazioni più
gravi hanno manifestamente recato
danno alle ragioni dei creditori,
aggravando lo stato di crisi.
Nel periodo cd. interinale, che va
dalla data del deposito del ricorso ex
art. 161, co. 6, l.f. alla data del
deposito del decreto di ammissione al
concordato preventivo, infatti,
l’imprenditore conserva
l’amministrazione della sua impresa,
dovendo essere autorizzato dal
Tribunale solo per il compimento
degli atti urgenti di straordinaria
amministrazione. Tuttavia, i debiti
legalmente contratti in tale periodo
godono della prededuzione.
In questo contesto, è intervenuto
il legislatore che, con il cd. decreto del
‘Fare’, ha ulteriormente modificato la
l.f., proprio nell’art. 161, che è stato
riformulato al fine di reprimere gli
abusi che si erano verificati nel
concordato con riserva.
Il d.l. n. 69/2013, conv., con mod.
dalla l. n. 98/2013, ha adottato delle
misure correttive volte a rafforzare i
poteri di controllo del Tribunale nella
fase del pre-concordato, rendendo più
trasparente la gestione dell’impresa in
tale delicato periodo interinale.
Tra le novità introdotte, oltre
all’obbligo del deposito in sede di
ricorso con riserva dell’elenco dei
creditori e alla fissazione di obblighi
informativi mensili circa la
conduzione aziendale, spicca il potere
di nominare il commissario
giudiziale. Si tratta di facoltà e non di
un obbligo, per cui tale potere verrà
esercitato dal tribunale nei casi più
delicati, espressamente motivando le
ragioni della nomina. Spesso in
pratica la nomina avviene quando nel
ricorso il debitore dichiara di voler
proporre ai creditori un concordato in
continuità ex art. 186-bis della l. fall..
Il momento, a partire dal quale la
nomina può essere disposta, decorre
dal decreto in cui il tribunale fissa il
termine per il deposito della proposta
e del piano, ma, in pratica, potrà
avvenire anche successivamente,
allorché se ne ravvisi la necessità,
come per esempio in occasione della
richiesta di particolari autorizzazioni.
È possibile che, contestualmente
alla nomina, il Tribunale disponga il
L’intervento
deposito presso la cancelleria
fallimentare di una somma in denaro
per fronteggiare le spese relative al
compenso del commissario, in quanto
è noto come il ricorso di concordato
con riserva non sempre conduca
all’apertura di un concordato
preventivo, per cui in tali casi il
deposito delle spese assicura la
remunerazione dell’attività compiuta
dal commissario; infatti, lo
scioglimento della riserva può avere i
seguenti esiti:
a. deposito della proposta di
concordato completa e
conseguente ammissione al
concordato;
b. deposito di un accordo di
ristrutturazione dei debiti ex art.
182-bis l.f.;
c. rinuncia al ricorso, in mancanza di
istanze di fallimento, con il ritorno
in bonis del debitore;
d. deposito di una domanda di
fallimento in proprio, nel caso in
cui l’impresa versi in una
situazione di insolvenza e
conseguente dichiarazione di
fallimento;
e. deposito di un’istanza per la
dichiarazione dello stato di
insolvenza ai fini
dell’amministrazione straordinaria
di cui al d.lgs. n. 270/99 e succ.
mod. ed int., in presenza dei
relativi presupposti;
f. eventuale interferenza con le
procedure di sovraindebitamento,
in caso di insussistenza dei
presupposti ex art. 1, co. 2 l.f..
Molteplici e delicate sono le funzioni
del cd. pre-commissario.
1. Riferisce al tribunale
immediatamente quando rileva
che il debitore ha posto in essere
una delle condotte di cui all’art.
173 l.f.. Il tribunale, se verifica la
sussistenza delle condotte stesse,
può dichiarare improcedibile la
domanda e su istanza del p.m. o di
un creditore avviare l’istruttoria
prefallimentare per dichiarare il
fallimento, sempreché ve ne siano
i presupposti.
2. Vigila sull’assolvimento da parte
del debitore dell’obbligo
informativo periodico, circa la
gestione finanziaria dell’impresa e
l’attività compiuta ai fini della
predisposizione della proposta e
del piano, nonché sul deposito
della situazione finanziaria
mensile al fine della pubblicazione
nel Registro delle imprese.
3. Riferisce al tribunale circa la
manifesta inidoneità dell’attività
compiuta dal debitore alla
predisposizione della proposta e
del piano, al fine di eventualmente
far abbreviare il termine per lo
scioglimento della riserva,
completando la domanda.
4. Esamina le scritture contabili
dell’impresa che è obbligata a
17
tenerle a sua disposizione.
5. Vigila che non vengano pagati
debiti anteriori, al di fuori delle
ipotesi di cui all’art. 182,
quinquies, co. 4, l. f..
6. Esprime il parere:
a. nel caso in cui il tribunale
d’ufficio valuti se abbreviare il
termine per lo scioglimento
della riserva nella fattispecie n. 3
di cui sopra;
b. sulla richiesta di autorizzazione
a compiere gli atti urgenti di
straordinaria amministrazione.
Si tratta di un parere
obbligatorio, nel senso che il
tribunale è obbligato a
richiedere e il commissario è
obbligato a esprimere, ma non è
vincolante per il tribunale;
c. sulla richiesta di scioglimento o
di sospensione dei contratti
pendenti ex art. 169-bis l.f.;
d. sulla richiesta di pagamento dei
creditori anteriori strategici o di
autorizzazione a contrarre
finanziamenti in prededuzione. 18
Attestatore e Pre-Commissario,
tra deontologia e auto-riesame
Patrizia Riva
Odcec di Monza, Professore Aggregato Università del Piemonte Orientale
Due figure professionali chiamate a svolgere differenti compiti
e la cui coesistenza non può che portare benefici effetti
’introduzione in caso di
Concordato Preventivo del
ruolo del cosiddetto PreCommissario o
Commissario Giudiziale
nominato nella fase di concordato in
bianco ha comportato la necessità di
riflettere sul delicato rapporto che si
deve instaurare tra i controllori posti
dalla legge fallimentare a presidio di
questa fase. Da un lato, infatti, la
norma ha sin dall’inizio previsto che
l’azienda individui l’Attestatore del
piano ossia un professionista
indipendente, iscritto all’Albo dei
revisori cui sono demandati compiti
rilevanti di verifica sulla situazione
contabile iniziale e sul piano in corso
di definizione da parte dell’azienda,
ma al quale non è riconosciuto il ruolo
di pubblico ufficiale. Dall’altro, ora la
stessa norma ha previsto la possibilità
di affiancargli un secondo organo di
controllo anticipando, rispetto al
momento della ammissione al
concordato in bianco, la nomina del
Commissario Giudiziale che è
pubblico ufficiale e i cui compiti in
questa fase possono rivelarsi
particolarmente importanti se svolti
con equilibrio.
Il Pre-Commissario si muove a
parere di chi scrive in differenti
direzioni. È innanzitutto opportuno
che egli prenda contatto direttamente
L
con l’azienda per verificare quale sia
la situazione in cui la stessa versa.
Particolare attenzione deve essere
posta sulla valutazione della capacità
della stessa azienda di muoversi per la
composizione del piano verificando se
siano o meno al lavoro le figure
professionali caratteristiche che in
questa fase solitamente la affiancano
nella preparazione del piano
concordatario e dell’istanza - advisor e
legale - ma, soprattutto, assicurandosi
che sia stato individuato in tempo
utile l’Attestatore. Sempre nei
confronti dell’azienda il PreCommissario sarà chiamato a
prendere visione delle informative
periodiche prodotte e ad esprimersi
su di esse. Dovrà inoltre verificare che
non siano poste in essere condotte
dannose per i creditori che possano
indurre, come richiesto dalla legge
fallimentare, alla immediata
segnalazione al Tribunale e alla
formulazione di un giudizio negativo
sulla situazione in cui versa l’azienda
mediante la redazione della relazione
ex art. 173 l.f..
Ci si vuole focalizzare però in
questa sede sul rapporto che
necessariamente si viene ad
instaurare tra il Pre-Commissario e
l’Attestatore(1).
Il Pre-Commissario dovrà in primo
luogo verificare se l’Attestatore scelto
possegga i requisiti di indipendenza
previsti dalla norma, intervenendo
qualora giudichi che i medesimi non
sussistano e segnalando le eventuali
anomalie riscontrate in primo luogo
all’Attestatore stesso, quindi
all’azienda e al Tribunale. L’assoluta
indipendenza dell’Attestatore in
coerenza con gli standard elevatissimi
stabiliti dalla normativa rappresenta
infatti una importantissima garanzia
ex ante per i creditori sulla qualità del
lavoro dell’Attestatore.
Pare però a chi scrive che
nell’interesse del successo delle
operazioni di ristrutturazione il
compito del Pre-Commissario non
possa e non debba essere relegato a
quello svolto da un osservatore “fuoricampo” che si limiti a valutare la
corretta identità degli attori in scena.
La presenza del Pre-Commissario,
quando si instauri con l’Attestatore,
un rapporto ispirato alla trasparenza,
alla deontologia professionale e a
rispetto reciproco dei ruoli, rafforza
notevolmente le potenzialità di azione
dell’Attestatore. Conviene ricordare in
questa sede che, prima della
introduzione della figura del PreCommissario, l’Attestatore scomodo
che fosse giunto a conclusioni non
condivise dall’azienda poteva essere e spesso era - semplicemente
sostituito(2). La società poteva
L’intervento
19
recedere dal mandato, o indurre
l’Attestatore al recesso, senza che il
lavoro di revisione da questi svolto
lasciasse tracce rilevanti se non in
sede di eventuale successiva
insinuazione al fallimento del
professionista. Una tale scelta
dell’azienda resta naturalmente
ancora possibile, ma comporta
sicuramente la necessità di fornire dei
chiarimenti nell’ambito delle
informative al Tribunale e quindi, se
nominato, al Pre-Commissario. Tale
comportamento dell’azienda risulta
ancor più distonico qualora, come
pare auspicabile a chi scrive e pur
nella consapevolezza che non si tratti
di un orientamento condiviso, il citato
Attestatore si sia confrontato con il
Pre-Commissario al momento
dell’assunzione del proprio incarico o
al momento della nomina di
quest’ultimo se successiva, illustrando
al medesimo l’impostazione delle
proprie verifiche e condividendo i
principi di riferimento per lo
svolgimento del lavoro. In proposito è
solo il caso di ricordare che
recentemente è stato reso pubblico
anche se ad oggi solo in bozza(3) il
documento Principi di attestazione
dei piani di risanamento(4) che
costituisce senz’altro un utile
riferimento.
È opportuno ricordare che, come ben
(1)
“Crisis and controls: the italian model”, P. Riva, R. Provasi, in Corporate Ownership
and Control, Vol. 11, Issue 1, 2013.
(2)
Riva P., “Il rischio di selezione avversa sul mercato degli attestatori e i fattori necessari
per limitarlo”, in Il Fallimentarista, Giuffrè Editore, settembre 2012.
(3)
I principi sono pubblicati per commenti sul sito http://www.accademiaaidea.it/g-s-aattivi/consultazione-su-principi-di-attestazione-dei-piani-di-risanamento/.
(4)
Il documento è stato redatto a cura di AIDEA (Accademia Italiana Di Economia
Aziendale), IRDCEC (Istituto di ricerca dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili)
ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari),
(Associazione Professionisti Risanamento Imprese),
Risanamento delle Imprese).
APRI
OCRI (Osservatorio Crisi e
chiarito nei citati principi, i
professionisti chiamati a svolgere
questi due delicati compiti operano
entrambi - a prescindere dalla
provenienza della propria nomina - in
situazione di indipendenza
dall’azienda, e che ai medesimi la
legge fallimentare riconosce compiti
differenti. L’Attestatore verifica la
situazione di partenza del piano ed
esprime il proprio giudizio sulla
20
L’intervento
fattibilità del piano come esso è
predisposto dalla azienda, ponendo
attenzione sul presente e sul futuro,
ma prescindendo dall’analisi del
passato e dalla valutazione
dell’alternativa fallimentare (salvo il
caso specifico del concordato in
continuità) (5). Il Pre-Commissario che nella maggior parte dei casi
coinciderà da un punto di vista
soggettivo con il Commissario
nominato contestualmente alla
successiva ammissione della domanda
di concordato - deve spingersi invece
oltre svolgendo, stanti per altro i suoi
più importanti poteri di indagine in
quanto pubblico ufficiale, anche
verifiche utili ad apprezzare ai sensi
(5)
dell’art. 173 l.f., c. 1 se il debitore
abbia occultato o dissimulato parte
dell'attivo, dolosamente omesso di
denunciare uno o più crediti, esposto
passività insussistenti o commesso
altri atti di frode. A tale fine verifica
anche i precedenti bilanci e pone
l’attenzione sulle situazioni del
passato che influenzano la situazione
attuale e il piano stesso.
Pare a chi scrive che le due figure
certamente non possano essere
considerate sovrapponibili e che, al
contrario, la coesistenza delle stesse
non possa che portare benefici effetti.
Perché ciò sia possibile è però
indispensabile il raggiungimento di un
complesso punto di equilibrio:
Riva P. “L’attestazione dei piani delle aziende in crisi. Principi e documenti di riferimento
a confronto. Analisi empirica”, Giuffrè, 2009.
i) in primo luogo rifiutando la più
semplicistica logica del conflitto e
della contrapposizione tra
professionisti anche in nome delle
norme deontologiche che vincolano
entrambi i soggetti;
ii) in secondo luogo impostando i
rapporti al sostanziale rispetto dei
differenti ruoli assunti nella specifica
situazione;
iii) infine, avendo presente che la
condivisione dei principi di
riferimento e dei criteri di
impostazione delle verifiche deve
rappresentare l’opportunità di un
migliore presidio ex ante delle
situazioni, ma non deve essere portata
al punto di divenire codeterminazione delle scelte operative
così da evitare ogni “rischio di autoriesame”. Vogliamo dare una mano al Paese.
Anzi centodiecimila.
Crediamo nell’utilità
sociale del pensiero
tecnico e che non
sia questo il momento
di chiedere, ma di dare.
E di mettere al servizio
della comunità
la competenza,
la professionalità
e l’esperienza dei
Commercialisti Italiani.
Possiamo essere
utili al Paese perché
siamo professionisti,
vogliamo esserlo
perché siamo cittadini.
22
Gestire la crisi,
non tutto è così
semplice
Marcello Pollio
Odcec di Genova
La corretta gestione della crisi passa anche da una adeguata
applicazione degli obblighi degli amministratori e di controllo
dell’operato degli stessi a cura del collegio sindacale
’ampliamento delle
soluzioni negoziali della
crisi d’impresa e la più
facile attivazione dei nuovi
strumenti di composizione
non deve fare venire meno l’attenzione
degli organi societari alle responsabilità
gestorie. Il rischio, infatti, è addirittura
aumentato con l’introduzione del c.d.
concordato preventivo con riserva.
Dal 2005 in poi il nostro
legislatore ha introdotto molte nuove
opportunità per evitare il fallimento e
preservare la continuità delle aziende
in difficoltà.
Le soluzioni sono oggi modulate e
modulabili a seconda della gravità
della crisi dell’impresa per cui lo stesso
legislatore ha ipotizzato vari strumenti
alternativi o tra loro combinabili. In
base alla profondità della crisi gli
strumenti sono: (i) il piano attestato di
risanamento stragiudiziale, (ii)
l’accordo di ristrutturazione dei debiti,
e (iii) il concordato preventivo (sia con
continuità aziendale sia di tipo
liquidatorio).
Con il “decreto sviluppo” (d.l. 83/2012,
convertito nella legge 134/2012), poi, è
L
stato introdotto il meccanismo del
“concordato preventivo prenotativo”
(o anche detto concordato preventivo
in bianco o concordato preventivo
con riserva), definito da alcuni il
“Chapter 11” all’italiana. Lo strumento
permette, con una semplice domanda
assai scarna e con allegazioni
pressoché minime di chiedere un
termine al tribunale per depositare
successivamente il piano e la proposta
di composizione della crisi del
debitore. Con il ricorso ed entro
ventiquattro ore dalla presentazione il
debitore può ottenere, con poco
sforzo e “automaticamente”, tutti gli
effetti tipici del concordato
preventivo, ovvero: a) il blocco delle
azioni esecutive; b) il blocco dei
pagamenti dei creditori anteriori alla
trascrizione del ricorso al Registro
delle imprese; c) il blocco del decorso
degli interessi sui debiti chirografari;
d) l’inefficacia delle trascrizioni
pregiudizievoli per ipoteche giudiziali
avvenute nei 90 giorni precedenti; e) il
decorso del termine delle azioni
revocatorie fallimentari dalla data di
iscrizione del ricorso al Registro delle
imprese. Inoltre il debitore può
beneficiare di altre opportunità che il
tribunale può eventualmente
concedere su istanza del debitore. I
benefici sono evidenti e il larghissimo
(e facile) utilizzo del meccanismo del
concordato preventivo in bianco è
stato dimostrato dalle statistiche rese
note da Cerved (si veda in particolare
Osservatorio Cerved 11/2013 in
www.cerved.it), che tuttavia ha anche
messo in evidenza come solo una
minima parte delle domande con
riserva porti ad una effettiva e fattibile
proposta ai creditori.
La fase di predisposizione di un
piano di soluzione negoziale della crisi
ed i tempi per definire la soluzione,
infatti, sono spesso complessi e
disseminati di insidie. Le difficoltà ed i
rischi di insuccesso rendono ancora
più pericolosi, talvolta, i tentativi di
salvataggio o di raggiungimento di
componimenti alternativi al
fallimento. In questi contesti, infatti,
le responsabilità degli organi sociali
devono avere estrema priorità. Una
disposizione assai poco messa in luce
ed anzi spesso sottovalutata è il
L’intervento
secondo comma dell’art. 182 sexies
della legge fallimentare. La norma
dedicata all’ipotesi di riduzione o
perdita del capitale delle società in
crisi, tuttavia fissa un parametro
assolutamente importante e
“pericoloso” per tutti gli
amministratori di società che devono
gestire il periodo di crisi che precede
la definizione di una soluzione
negoziale con i creditori.
Il predetto articolo 182 sexies
prevede che, dal deposito della
domanda di concordato preventivo o
di accordo di ristrutturazione dei debiti
e sino all’omologazione dello
strumento, non operano le disposizioni
del Codice civile che obbligano ad
intervenire sul capitale sociale o allo
scioglimento della società. Il secondo
comma della disposizione, però,
enfatizza l’obbligo per gli
amministratori di amministrare la
società secondo una gestione
conservativa e prudente, nell’interesse
dei creditori. Infatti, la norma prevede
che “resta ferma, per il periodo
(1)
anteriore al deposito delle domande e
della proposta di cui al primo
comma, l’applicazione dell’art. 2486
del codice civile”.
L’art. 2486 c.c. è la disposizione
che stabilisce le modalità di gestione
della società in difficoltà (che ha
manifestato cioè le cause di
scioglimento) sino alla data in cui
vengono nominati i liquidatori e
quindi cessano dall’incarico gli
amministratori.
Gestire la crisi dell’impresa,
pertanto, ancorché oggi si debba
ritenere che sia una specifica
responsabilità degli amministratori
tentare una composizione negoziale
della crisi prima di decidere di portare
i libri in tribunale e quindi chiedere il
fallimento dell’impresa, comporta
innanzitutto un’appropriata
conoscenza delle regole e degli
obblighi degli organi societari in una
fase complessa e rischiosa come
quella di cui si discute.
La crisi, infatti, può sempre sfociare in
una patologia, con il conclamarsi
Si veda sul punto il documento delle Linee guida al finanziamento delle imprese in
crisi, versione 2014, dell’Università di Firenze, Assonime e Cndcec in
www.nuovodirittofallimentare.unifi.it o il principio di comportamento n. 11 del collegio
sindacale emanato dal Cndcec.
23
dell’insolvenza e l’emersione di reati
fallimentari, quali la bancarotta
fraudolenta. Ipotesi che vedono azioni
poste in essere in una fase anteriore al
fallimento e che in un normale
contesto non potrebbero in alcun
modo essere qualificate come reati,
ma con l’apertura (solo) del fallimento
divengono invece fattispecie
penalmente rilevanti.
Gli organi societari, pertanto, in
situazioni di crisi non possono in
alcun modo ritenersi sollevati dai
rischi o dalle responsabilità della
gestione sociale per il solo fatto che
sia stato attivato un procedimento di
composizione della crisi, quale che
sia, anche attraverso le modalità e
l’applicazione virtuosa consigliata
dalla prassi(1).
Gli obblighi di corretta gestione e
di conservazione dell’integrità del
patrimonio sociale devono, infatti,
essere sempre messi al centro e anzi
in ipotesi di possibile default occorre
ricordare che gli amministratori
“conservano il potere di gestire la
società, ai soli fini della
conservazione dell’integrità e del
valore del patrimonio sociale”,
divenendo, in caso di inosservanza,
responsabili personalmente e
solidalmente dei danni arrecati alla
società, ai soci, ai creditori sociali ed
ai terzi. La situazione si complica se si
pone mente alle limitazioni alla
gestione sociale che si verifica in
ipotesi di ricorso al concordato
preventivo con riserva ex art. 161,
sesto comma, l.fall., poiché il regime
autorizzativo interinale a tale fase
richiede talvolta il preventivo
intervento del tribunale. La corretta
gestione della crisi passa dunque
anche da una adeguata applicazione
degli obblighi degli amministratori e
di controllo dell’operato degli stessi a
cura del collegio sindacale. 24
Le operazioni straordinarie
nella crisi di impresa
Emanuele Mattei
Odcec di Roma
Spetta al ceto creditorio valutare in sede di adunanza le operazioni
societarie, non potendo supplire a tale conferma l’attività autorizzativa
degli organi della procedura
noto come l’espressione
testuale “operazioni
straordinarie” non sia
rinvenibile nel diritto
commerciale ove gli
istituti ad esse riferibili, la
trasformazione, la fusione e la
scissione, sono collocati
singolarmente nel Capo X del Codice
civile senza alcuna definizione o
rubricazione comune.
In altri settori dell’ordinamento, le
discipline economico-aziendali e il
diritto tributario su tutti, si fa invece
riferimento letterale alla
straordinarietà di dette operazioni,
individuando in senso ampio una serie
di istituti che determinano una
variazione del patrimonio societario
e/o una modifica degli assetti
proprietari (includendo nel catalogo
anche altre categorie di atti quali la
cessione di beni, il conferimento, le
operazioni sul capitale, gli scambi di
partecipazione et similia) posti in
essere per finalità estremamente
differenziate: la composizione di
dissidi tra soci, la realizzazione di
parte o tutta la propria attività, la
riorganizzazione della struttura
societaria e/o della catena di controllo
È
societario, l’individuazione di veicoli
societari in grado di attrarre nuovi
partner istituzionali e/o finanziari, la
ristrutturazione dell’attività esercitata.
In effetti il termine utilizzato appare
derivare in prima approssimazione dal
richiamo a vicende che comportano
una modifica, più o meno rilevante,
dell’assetto societario, secondo
modalità che spesso richiedono
maggioranze qualificate in ambito
assembleare ed una forma particolare
dei relativi atti, ma senza che tale
modifica debba necessariamente
incidere sull’esercizio dell’attività di
impresa, la quale, anzi, diviene
l’oggetto dell’operazione finalizzata
alla sua continuazione.
Oggi tali operazioni, nel mutato
contesto di mercato nel quale ci si
trova ad operare, potrebbero essere
diversamente considerate, facendole
intravedere sotto un profilo di
ordinarietà, proprio per la loro
funzionalità (e ripetitività) sia in
occasione di strategie di
ristrutturazione industriale, ove ciò
che poteva definirsi extraordinarius è
decisamente divenuto la regola, sia in
riferimento alle iniziative risolutive
delle crisi aziendali nelle quali, alcune
delle operazioni in parola, divengono
sempre più frequentemente le
assunzioni principali dei piani di
risanamento aziendale.
Il cammino per una
“ordinarizzazione” delle operazioni
societarie è passato innanzitutto
attraverso l’elaborazione della
dottrina (Nigro) fino a giungere alla
conferma normativa della riforma
societaria del 2003 culminata nella
loro piena compatibilità con la
disciplina fallimentare.
La giurisprudenza delle Sezioni
Unite (Cass. S.U. 8 febbraio 2006, n.
2637) ha compiuto un passo ulteriore
in questa direzione definendo le
operazioni di fusione e trasformazione
come atti configuranti una operazione
meramente evolutiva-modificativa del
medesimo soggetto giuridico senza la
produzione di alcun effetto
successorio ed estintivo.
Quello che appare maggiormente
afferibile infatti alla quasi totalità di
dette operazioni è la continuazione
dell’attività di impresa, anche sotto una
veste sociale che può aver subito
modifiche, ma che reca con sé la
persistenza dei rapporti in capo alle
società che partecipano alla operazione.
L’intervento
Il diritto della crisi, nei suoi
recentissimi innesti, conferma la
rilevanza delle operazioni societarie
quali strumenti idonei a favorire la
soluzione dello squilibrio economico,
patrimoniale e finanziario dell’impresa
laddove indica, nell’ambito della
disciplina del concordato preventivo,
nell’art. 160 l.fall., che la
ristrutturazione dei debiti e la
soddisfazione dei crediti ben può
essere attuata “attraverso qualsiasi
forma, anche mediante cessione dei
beni, accollo, o altre operazioni
straordinarie, ivi compresa
l’attribuzione ai creditori, nonché a
società da questi partecipate, di
azioni, quote, ovvero obbligazioni,
anche convertibili in azioni, o altri
strumenti finanziari e titoli di debito”,
disposizione integralmente ripresa
anche in tema di concordato
fallimentare all’art. 124, secondo
comma, l.fall.. Anche l’art. 186 bis
della legge fallimentare, definendo la
procedura del concordato con
continuità, dispone che quando il
piano “prevede la prosecuzione
dell’attività di impresa da parte del
debitore, la cessione dell’azienda in
esercizio ovvero il conferimento
dell’azienda in esercizio in una o più
società anche di nuova costituzione si
applicano le disposizioni del presente
articolo”.
E anche in questo caso le novità in
commento hanno avuto modelli
normativi preesistenti ai quali
attingere: gli artt. 104 bis e 105 l.fall.,
ove si regola l’affitto e la vendita
dell’azienda o dei suoi rami nonché la
cessione di beni o rapporti giuridici
25
individuabili in blocco; l’art. 56 d.lgs. 8
luglio 1999, n. 270, inerente la
disciplina dell’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese
insolventi, che indica come possibile
contenuto del programma la “cessione
dei complessi aziendali” o “la
ristrutturazione dell’impresa” con
“previsioni di ricapitalizzazione e di
mutamento degli assetti
imprenditoriali”; l’art. 4 bis d.l. 23
dicembre 2003, n. 347, convertito con
modificazioni nella l. 18 febbraio 2004,
n. 39 (c.d. decreto ‘Marzano’) che in
tema di concordato straordinario
prevede, “la ristrutturazione dei debiti
e la soddisfazione dei creditori (…)
anche mediante accollo, fusione o
altra operazione societaria”
eventualmente prevedendo
l’attribuzione ai creditori, nonché a
26
L’intervento
società da questi partecipate, di
azioni, quote ovvero obbligazioni,
anche convertibili in azioni o altri
strumenti finanziari o titoli di debito;
ed infine l’art. 4 quinquies d.l. 23
dicembre 2003, n. 347, - aggiunto dal
d.l. 28 agosto 2008, n. 134 convertito
con modificazioni nella l. 27 ottobre
2008, n. 166 (c.d. decreto ‘Alitalia’) –
che fa riferimento, onde esonerarle
dalla necessità di autorizzazione
dell’autorità antitrust, a “operazioni di
concentrazione”.
La neo dichiarata fisiologia di
dette operazioni deve comunque
essere ricondotta al principio generale
della loro coerenza con gli obiettivi
già raggiunti dalla procedura, con
quelli ragionevolmente ancora
realizzabili e comunque con la loro
capacità di assolvere alla
massimizzazione del beneficio per i
creditori.
Le questioni che si pongono, nel
concreto e alla luce delle recenti
modifiche in tema di concordato c.d.
“prenotativo”, divengono quelle della
(i) sussumibilità di dette operazioni
nel novero degli atti c.d. straordinari
di cui all’art. 161, VII comma, l.fall.,
l’elencazione dei quali viene
comunemente individuata all’art. 167
della legge fallimentare, la quale
comunque non ne esaurisce il novero,
e della (ii) conseguente preventiva
autorizzazione del giudice al loro
compimento.
La questione non appare
risolvibile semplicemente attraverso
la presentazione al giudice di tutti gli
atti che compongono la fattispecie
dell’operazione societaria che il
debitore intende compiere nell’ambito
della strategia volta ad ottenere la
soluzione della sua crisi.
Le operazioni societarie
“straordinarie”, infatti, sono
procedimenti a formazione
progressiva, composti da una serie
successiva di atti senza il cui
perfezionamento non si giunge al
compimento dell’operazione e alla sua
definitiva efficacia: siamo dunque in
presenza di una fattispecie complessa
la cui compatibilità con le operazioni
concordatarie deve essere valutata
individuando il momento in cui si
dipartono gli effetti dei singoli atti e
scrutinando di conseguenza la loro
sottoponibilità al sindacato del
giudice.
Qualora le operazioni in parola
debbano produrre i propri effetti nel
periodo intercorrente tra il deposito
del ricorso ex art. 161, sesto comma,
l.fall. e la scadenza del termine
concesso dal tribunale per il deposito
del piano e della documentazione
definitiva oppure tra il deposito di una
domanda di concordato pieno, il
decreto di ammissione e il decreto di
omologazione, sorge il problema della
compatibilità di tali atti con le
esigenze proprie della procedura
concorsuale e la legittimazione degli
organi della procedura, ove nominati,
ai provvedimenti autorizzativi.
L’intervento
La questione si interpola infatti
con la piena operatività degli organi
sociali e la prosecuzione della
gestione dell’impresa, ove la
autonomia statutaria e le regole
civilistiche permangono quali unici
modelli ai quali improntare i
comportamenti rilevando invece tutti
gli atti compiuti dagli organi sociali
che possano in astratto determinare
un vulnus del patrimonio sociale,
suscettibili in sintesi di inficiarne
l’integrità.
Sono questi ultimi gli atti da
sottoporre al vaglio preventivo degli
organi della procedura, i quali pur non
assurgendo certamente ad organi
sociali, devono comunque assolvere ai
doveri di controllo in quella fase
particolarmente delicata ove ancora
l’insuperabile vaglio dei creditori non
può ancora avvenire.
In materia di operazioni societarie
“straordinarie” tale vaglio non appare
sempre agevole.
Quid iuris infatti in tema di una
trasformazione che coinvolga
unicamente le posizioni soggettive dei
soci e le regole organizzative ove la
proposta concordataria non inficia in
alcun modo il patrimonio sociale e i
diritti dei creditori?
Oppure nelle operazioni di fusione
o scissione laddove con l’atto
straordinario si realizza un quid pluris
a tutto vantaggio del ceto creditorio
del quale si ha piena disclosure nel
piano e nella proposta, che prevedono
esplicitamente la stipula dell’atto
definitivo sottoposto alla condizione
sospensiva dell’avvenuta
omologazione del concordato?
E che dire sulla compresenza e
sulla compatibilità degli strumenti
reattivi a disposizione degli interessati
nella disciplina civilistica e in quella
fallimentare, ove a fronte di un diritto
individuale di opposizione alla fusione
(o alla scissione) di cui all’art. 2503
c.c. la disciplina fallimentare prevede
anche un’opposizione
all’omologazione del concordato a
favore anche dei medesimi soggetti, a
mente dell’art. 180 l.fall.?
O ancora in tema di fusione,
laddove il piano preveda che l’atto
definitivo debba stipularsi prima del
procedimento di omologa:
occorrerebbe attendere l’esito delle
eventuali opposizioni presentate ex
art. 2503 c.c., e ritenere applicabile
alla fattispecie la previsione di cui al
settimo comma dell’art. 161 l.fall. che
ritiene prededucibili i “crediti di terzi
eventualmente sorti per effetto degli
atti legalmente compiuti dal debitore”,
(con la conseguenza che andrebbero
soddisfatti per intero, senza
considerare l’effetto della falcidia
concordataria, i crediti dei terzi
incorporati dal soggetto proponente).
O anche la compatibilità del principio
della responsabilità solidale presente
nella operazione di scissione con le
regole proprie del concordato
preventivo laddove la regola della
preventiva escussione del patrimonio
della società beneficiaria imporrebbe
l’iscrizione al passivo della scissa di
crediti condizionali a norma
dell’ultimo comma dell’art. 55 l.fall.,
con diritto di voto per l’intero credito,
con effetti che ritengo difficilmente
superabili in tema di fattibilità del
piano.
Si tratta quindi di individuare
soluzioni compatibili con le diverse
discipline giuridiche che debbono
continuare a coesistere nel sistema
mirando alla tutela di interessi diversi
e compresenti.
In generale potrebbe affermarsi che
laddove l’operazione risulti
individuata dal piano quale
27
assunzione finalizzata alla soluzione
della crisi dell’impresa e con efficacia
postergata e dipendente
all’omologazione (sospensivamente
condizionata) non occorre ottenere
l’autorizzazione al compimento degli
atti necessari al perfezionamento
dell’operazione stessa (delibera del
consiglio di amministrazione per
l’approvazione del progetto e delle
situazioni economico-patrimoniali,
deliberazione dell’assemblea) non
avendo tali atti alcuna efficacia e
quindi insuscettibili di modificare
diritti e situazioni soggettive. In
questo caso si è sostenuto che il
debitore potrebbe liberamente
procedere a compiere gli atti di
straordinaria amministrazione previsti
dal piano e valutati dal professionista
che ne attesta la fattibilità.
Ove invece si debba presentare il
caso in cui il piano avesse previsto la
stipula dell’atto definitivo di
fusione/scissione prima
dell’omologazione (alla quale non era
quindi condizionata), con efficacia
immediata, occorrerà munirsi
dell’autorizzazione degli organi della
procedura: in tal caso, infatti, la
situazione patrimoniale della società
in concordato (incorporante o
incorporanda) non potrà tener conto
della falcidia concordataria dei debiti
sociali in quanto il concordato
preventivo non è stato ancora
approvato né tantomeno omologato.
L’assunto si fonda sulla
considerazione che spetti ai creditori
valutare l’operazione societaria
dovendo la medesima essere
necessariamente prevista nel piano e
oggetto di conseguente pronuncia del
ceto creditorio in sede di adunanza,
non potendo supplire a tale conferma
l’attività autorizzativa degli organi
della procedura. 28
Primo Piano
Mediazione con o senza l’avvocato
di Luca Santi e Luigi Butti
ODCEC di Verona
Il presento commento, squisitamente operativo,
vuole fare chiarezza sulla paventata necessità della
presenza di un avvocato nella procedura di mediazione.
Con la conversione in legge del c.d. “Decreto del Fare”
(d.l. 69/2013), entrata in vigore mercoledì 21 agosto
(legge 98/2013) viene modificato il d.lgs. 28/2010, di fatto
reintroducendo l’obbligatorietà della mediazione a
partire dal 20 settembre 2013. Questa ulltima “versione”
normativa contiene plurime incongruenze ed inibisce il
lavoro del mediatore in quanto prevede l’elemento
ostativo della fase informativa, che sembra essere
inserito artatamente “ad hoc” per vanificare l’ottenimento
di un accordo, tecnicamente chiamato conciliazione.
Nulla a che vedere con la prima normazione italiana sulla
mediazione (d.lgs. 28 del 4 marzo) che fu apprezzata dalla
Comissione europea e ritenuta la migliore d’Europa e
modello a cui ispirarsi. Il primo decreto legislativo
prevedeva che ci si potesse rivolgere alla procedura di
mediazione liberamente, senza la presenza di avvocati,
intendendo la mediazione come effettivamente
complementare all’attività amministrativa della giustizia.
Tuttavia, la Corte Costituzionale italiana ritenne che tale
decreto legislativo dovesse ispirarsi ad un diverso diritto
naturale. Il diritto naturale, posizionato nell’iperuranio,
che ispirò il primo decreto si può sintetizzare nella
seguente affermazione “è permesso fare tutto ciò che la
legge non vieta”, tale posizione è condivisa da chi scrive.
La Corte Costituzionale ha contrariamente ritenuto che il
principio ispiratore del nostro diritto naturale fosse
diverso e così riassumibile “si può fare solo ed
esclusivamente quello che la legge permette”.
Riteniamo che tale posizione sia molto vicina al diritto
socialista e alla “sharia”, e molto lontana dal nostro
diritto e dal diritto romano, posizione assolutamente
disgiunta anche dagli ordinamenti di common law.
Nell’accettazione del disposto della Corte Costituzionale
il legislatore ha reinserito l’obbligatorietà della
mediazione con legge parlamentare, ovvero con norma
di pari grado gerarchico alla legge delega, fonte italiana
della prima normazione sulla mediazione.
Quindi, successivamente alla bocciatura dell’obbligatorietà
da parte della Corte Costituzionale, il decreto legge prima,
e la legge di conversione con modificazioni poi, hanno
ripristinato l’obbligatorietà di esperire un tentativo di
mediazione in certi specifici campi di provenienza della
controversia. Le due norme hanno anche goffamente
inserito l’obbligatorietà dell’assistenza di un avvocato nel
tentativo di mediazione. Tralasciamo l’approfondimento
dei seguenti argomenti: vale a dire il principio ispiratore
della mediazione che vorrebbe una procedura elastica,
libera, avulsa da formalismi; e l’esperienza diretta sul
campo, che vede molto frequentemente l’avvocato su
posizioni avversariali ed ostative ad un accordo,
soprattutto quando tale accordo esca dal petitum.
Si vuole in questa sede esaminare alcuni casi concreti che si
possono incontrare e le loro sottospecie. Volutamente
escludiamo il raro, ma ipoteticamente possibile caso (ma
realmente accaduto a chi scrive), in cui la parte che ha
attivato la procedura non si presenti. I casi di seguito
esaminati considerano, in ottica di semplificazione, due sole
parti, ma qualora si presentassero più parti attivanti e/o più
parti che aderiscono alla procedura, le risultanze valgono
in dipendenza da come si posiziona la singola parte.
1. Mediazione obbligatoria:
la parte attivante si presenta con l’avvocato e
la parte convenuta si presenta con l’avvocato.
Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo
che rechi le firme di entrambi gli avvocati ha valore
esecutivo.
Nel caso in cui non si giunga a conciliazione è stata
esperita la condizione di procedibilità e si può
quindi adire all’autorità giudiziaria.
2. Mediazione obbligatoria:
la parte attivante si presenta con l’avvocato e la parte
convenuta si presenta senza l’avvocato o non si presenta.
Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo
necessita dell’omologazione del presidente del
tribunale per avere valore esecutivo, in quanto
Primo Piano
manca la firma del legale di parte convenuta. È
comunque stato stipulato un contratto ex art. 1321
c.c..
Nel caso in cui non si giunga a conciliazione è stata
esperita la condizione di procedibilità.
3. Mediazione obbligatoria:
la parte attivante si presenta senza l’avvocato e
la parte convenuta si presenta con o senza l’avvocato o
non si presenta.
Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo
necessita dell’omologazione del presidente del
tribunale per avere valore esecutivo, in quanto manca
la firma del legale di parte istante. È comunque stato
stipulato un contratto ex art. 1321 c.c..
Nel caso in cui non si giunga a conciliazione non è
stata esperita la condizione di procedibilità. Quindi
prima di adire all’autorità giudiziaria necessita un
tentativo con l’assistenza del legale.
4. Mediazione volontaria:
la parte attivante si presenta con l’avvocato e
la parte convenuta si presenta con l’avvocato.
Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo
che rechi le firme di entrambi gli avvocati ha valore
esecutivo. Qualora almeno un avvocato non
firmasse l’accordo è comunque stato stipulato un
contratto ex art. 1321 c.c..
5. Mediazione volontaria:
almeno una delle due parti si presenta senza l’avvocato.
Nel caso in cui si giunga a conciliazione l’accordo
necessita dell’omologazione del presidente del
tribunale per avere valore esecutivo, in quanto manca
la firma del legale di una delle due parti. È comunque
stato stipulato un contratto ex art. 1321 c.c..
Chi scrive ritiene quindi che l’assitenza dell’avvocato sia
necessaria esclusivamente per due condizioni. La prima
condizione consiste nella necessità di adempiere alla
propedeuticità del tentativo di mediazione, chiaramente
nelle
sole
controversie
che
la
prevedono
obbligatoriamente. La seconda condizione si connota come
la possibilità di avere l’immediatezza dell’esecuzione senza
passare dall’omologazione del presidente del tribunale.
Analizzando nello specifico la prima condizione,
ricordiamo che l’art. 5 d.lgs. 28/2010 detta che chi
intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad
una controversia in una delle materie stabilite dal
decreto,
è
tenuto,
assistito
dall’avvocato,
preliminarmente ad esperire il procedimento di
mediazione ai sensi del presente decreto. Vorremmo
sottolineare che la norma detta “assistito” non
accompagnato; inoltre, riteniamo che non vi sia la
necessità della presenza degli avvocati e che la loro
assenza non infici sulla bontà e sull’efficacia della
mediazione stessa. Se le parti si trovano in mediazione
senza essere accompagnate dal proprio legale e si
accordano con un testo scritto che corrisponde ad un
contratto (art. 1321 c.c.), l’accordo è vincolante: l’art.
1372 c.c. sancisce che il contratto ha forza di legge tra le
parti, non esiste l’obbligo che un qualsivoglia contratto
sia sottoscritto o redatto da un avvocato, esso deve
rispettare le sole condizioni di validità imposte dalla
normativa codicistica.
Pertanto la procedura di mediazione può e dovrebbe
proseguire anche in assenza dei legali: questione aperta
ma sulla quale alcuni organismi delle Camere di
Commercio ed organismi privati concordano.
Se invece non si addiviene ad un accordo al fine di adire
al giudizio, occorre esperire, in presenza delle parti e dei
loro legali o anche con i soli legali, il tentativo di
mediazione.
Relativamente alla seconda condizione, l’articolo 12 del
decreto legislativo esprime chiaramente il fatto che nel
caso in cui l’accordo venga sottoscritto anche dagli
avvocati, lo stesso costituisca titolo esecutivo senza la
necessità di eventuale successiva omologazione con
decreto del presidente del tribunale.
In pratica se l’accordo di conciliazione non viene firmato
dagli avvocati (e quindi non acquisisce efficacia
esecutiva) e non venisse poi rispettato da una o da
entrambe le parti, potrà sorgere il diritto al risarcimento
del danno per inadempimento contrattuale disciplinato
dagli artt. 1218 e ss. c.c.. Inoltre, la parte che volesse
ottenere l’adempimento può ricorrere al tribunale “per
ottenere una sentenza che produce gli effetti del
contratto (accordo) non concluso”, previa l’esecuzione
della propria prestazione.
Concludendo si ritiene quindi che la necessità
dell’avvocato in mediazione sia molto inferiore a quanto
preteso dall’avvocatura, e si limiti a due aspetti. Il primo
è la possibilità di andare in giudizio ed il secondo è
l’esecuzione immediata in caso di mancato rispetto delle
condizioni contrattuali.
29
È tempo di pensare al futuro.
Oggi i nostri figli
hanno molti dubbi
e un’unica convinzione:
che in futuro staranno
peggio dei loro padri.
Il futuro si può, però,
ancora cambiare,
con regole e scelte
che interessino
i nostri figli,
facendo sacrifici
oggi per farne fare
meno a loro domani.
Trasformando
la crisi in opportunità
e l’immobilità in
ottimismo.
Roma, Auditorium Parco della Musica, 10-13 Novembre 2014
XIX CONGRESSO MONDIALE
DEI COMMERCIALISTI
imperial sponsor & Event App Sponsor
col patrocinio di
2020 Vision - Learning from the Past, Building the
future
Il Congresso Mondiale dei Commercialisti è un’occasione di confronto per tutti
i professionisti, promosso dall’International Federation of Accountants,
che
si
presenta
ogni
quattro
anni.
Aderiscono
all’Organizzazione
internazionale 179 organismi rappresentativi della professione. Questo
evento richiama circa 4000 commercialisti da tutto il mondo e nel 2014
sarà organizzato a Roma dal CNDCEC. Il leitmotiv delle quattro giornate
congressuali sarà quello di costruire una vision condivisa sul futuro
capitalizzando le esperienze maturate alle diverse latitudini.
La sede
Auditorium Parco della Musica
Inaugurato nel dicembre del 2002, l’Auditorium Parco della Musica rappresenta
una consolidata realtà nel panorama della vita culturale della città di
Roma e del Paese.
In questi anni, la struttura progettata da Renzo Piano, uno degli architetti
italiani più famosi al mondo, è stata scelta come sede per numerosi eventi di
portata internazionale.
Ci si immerge nello spazio dell’Auditorium attraversando la Cavea per poi
giungere al Foyer e alle sale: Sala Santa Cecilia, Sala Sinopoli e Sala Petrassi.
Questa struttura imponente, ma al tempo stesso articolata funzionalmente,
conta anche spazi per seminari e per incontri, una sala stampa e diverse aree
espositive.
Queste sue caratteristiche, unite alla vicinanza al centro storico e agli
ottimi collegamenti, la rendono la sede perfetta per ospitare il WCOA 2014.
Programma generale
Sessioni di grande attualità, affrontate con modalità interattive, in cui
confrontarsi con oltre 4000 colleghi provenienti da ogni parte del mondo..
DAY 1
Lunedì
09:00 - 16:00
Registrazione partecipanti
10 novembre
16:30 - 20:00
Cerimonia di apertura e cocktail
DAY 2
09:00 - 10:30
Sessione Plenaria I
Martedì
Tecnologia e finanza aziendale -
11 novembre
il vissuto e il futuro nell’esperienza multinazionale
DAY 3
10:30 - 11:15
Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori
11:15 - 12:45
Sessioni simultanee
12:45 - 14:00
Pranzo
14:00 - 15:30
Sessioni simultanee
15:30 - 16:00
Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori
16:00 - 17:30
Sessioni simultanee
09:00 - 10:30
Sessione Plenaria II
Mercoledì
Trasparenza e accountability del settore pubblico -
12 novembre
La via verso la crescita economica
10:30 - 11:15
Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori
11:15 - 12:45
Sessioni simultanee
12:45 - 14:00
Pranzo
14:00 - 15:30
Sessioni simultanee
19:30 - 23:00
Cena di Gala
DAY 4
09:00 - 10:30
Sessioni simultanee
Giovedì
10:30 - 11:15
Pausa Caffè e networking con delegati ed espositori
13 novembre
11:15 - 12:45
Sessione Plenaria III
Integrated thinking il pensiero integrato come approccio per migliorare la
13:00 - 14:30
performance aziendale e la generazione di valori
Sessione conclusiva e Cerimonia di chiusura
Sessioni simultanee - Macroaree
Macroarea 1
INFORMATIVA FINANZIARIA E APPROCCIO INTEGRATO
MIGLIORARE ACCOUNTABILITY E PROCESSI DECISIONALI
Società quotate, PMI, enti non profit ed enti pubblici devono tutti confrontarsi
con la definizione di un sistema di reporting e con le scelte tecnico-operative
che ne discendono. Il dibattito verterà sugli obblighi di reporting previsti
per le PMI nei diversi ordinamenti, sullo sviluppo del pensiero integrato e
offrirà una panoramica aggiornata sull’adozione degli IFRS e IPSAS a livello
globale.
1.1 L’evoluzione dell’informativa finanziaria nelle società non quotate
1.2 Convergenza sugli IFRS - Coerenza e comparabilità a livello globale
1.3 L’informativa finanziaria negli enti non profit
1.4 La contabilità del settore pubblico e il passaggio alla contabilità
economico-patrimoniale
1.5
Sostenibilità della spesa pubblica e informativa sulla performance degli enti
del settore pubblico
1.6 Reporting integrato: le sfide e opportunità
1.7
Le nuove direttive contabili europee del 2013: prospettive e criticità
Macroarea 2
SERVIZI DI ASSURANCE DELL’INFORMATIVA AZIENDALE
LA FUNZIONE DELL’INFORMATIVA DI BILANCIO IN RELAZIONE AD ASPETTATIVE
CRESCENTI
A fronte delle aspettative sempre più complesse dei diversi utilizzatori
dell’informativa economico-finanziaria, quali sono i pilastri di una revisione legale di qualità, e quali i trend a livello mondiale? Si discuterà della
richiesta di nuovi servizi di attestazione da parte delle PMI, del nuovo
modello di relazione di revisione e delle esigenze cui risponde e del ruolo
degli organi di controllo e audit committee nei vari ordinamenti.
Sessioni simultanee - Macroaree
2.1 Il valore aggiunto dei servizi di attestazione e verifica (assurance) per
l’informativa finanziaria delle PMI
2.2 I pilastri di una revisione contabile di qualità
2.3 Il nuovo modello della relazione di revisione – più informazioni
più chiarezza?
2.4 Il rischio di fallimento negli istituti finanziari – la limitazione del rischio
e la vigilanza prudenziale
2.5
L’audit committee: un elemento cardine della governance nell’interesse
pubblico
Macroarea 3
ETICA, LEGALITÀ E RESPONSABILITÀ D’IMPRESA
COMMERCIALISTI E IMPRESE ALLA RICERCA DEL GIUSTO EQUILIBRIO
Una delle sfide quotidiane per i commercialisti è destreggiarsi tra gli obblighi
di riservatezza, l’insieme delle responsabilità e la costante tutela dell’interesse
pubblico. Intanto le imprese esplorano nuovi modelli di business, alla ricerca
di un bilanciamento tra valori sociali e redditività. Un tema di forte
attualità che ricomprende i recenti sviluppi nei codici deontologici a livello
internazionale, le normative e i meccanismi di vigilanza approntati
all’indomani della crisi e le questioni di equità fiscale.
3.1 Valori sociali e redditività nella pianificazione strategica: un connubio
possibile?
3.2 Il ruolo del professionista contabile nella lotta alla corruzione e alle frodi
– costi e benefici (l’analisi economica della normativa)
3.3 Finanza etica e sviluppo del settore bancario
3.4
Il Codice deontologico: punto di riferimento per la professione
3.5 La cooperazione internazionale nei sistemi fiscali per una maggiore equità
e crescita
3.6 CleanGovBiz – Il piano OCSE per la lotta alla corruzione
Sessioni simultanee - Macroaree
Macroarea 4
FORMAZIONE E SVILUPPO DELLE CAPACITÀ (CAPACITY BUILDING)
NUOVI STRUMENTI PER NUOVE ESIGENZE
L’innovazione tecnologica continua, con un impiego sempre maggiore di social
media, cloud computing, prestazioni professionali da remoto e XBRL, sta
modificando le metodologie e le modalità organizzative necessarie ai
professionisti per affermare la loro presenza sul mercato globale. In queste
sessioni si esamineranno le nuove forme di networking, le nuove tecnologie
e i sistemi di mobilità, in un contesto sempre più integrato.
4.1 Le competenze del revisore legale nella prospettiva degli International
Education Standard
4.2 Il miglioramento continuo della qualità, convergenza ed evoluzione negli
International Education Standard
4.3 The New Generation - La tecnologia e il futuro della funzione finanziaria –
II Parte
4.4 Modelli di avvio e sviluppo di un’architettura istituzionale per gli ordini
professionali nelle economie emergenti
4.5
I piccoli e medi studi professionali verso il 2020
4.6 OMC, qualifiche professionali e mobilità
4.7
Darwinismo digitale: rischi e opportunità del cambiamento tecnologico
Sessioni simultanee - Macroaree
Macroarea 5
CONSULENZA AZIENDALE
COMPETENZE, SFIDE, SINERGIE E INNOVAZIONE
Il commercialista è il consulente di fiducia delle imprese e di quelle di
piccole e medie dimensioni in particolare - in termini di soluzioni gestionali,
governance, crescita e sviluppo di nuove strategie di mercato, sostenibilità e
attenzione alle esigenze di cittadini e consumatori. Si offrirà una panoramica
su quali siano, in un mondo sempre più globalizzato, le nuove competenze
richieste ai commercialisti e le sfide che si trovano ad affrontare al fianco
delle PMI, tra cui le difficoltà nell’accesso al credito e l’internazionalizzazione.
Una sessione speciale è dedicata al Made in Italy e alle sfide che i brand
italiani affrontano nella competizione su scala internazionale.
5.1 Il contributo dei piccoli e medi studi professionali alla crescita
e all’internazionalizzazione
5.2 Sviluppo delle competenze dell’esperto di valutazione a livello globale
5.3 Facilitare l’accesso al credito per le PMI
5.4 Verso una maggiore inclusività - Valori, innovazione e performance
aziendale
5.5 Il Made in Italy
5.6
I principi internazionali per la professione: best practices e strumenti per una
traduzione di qualità
Relatori confermati
Sammy Almedal
Direttore Generale Jak Cooperative Bank - Svezia
Riyad Al Mubarak
Presidente dell’Autorità per la Trasparenza di Abu Dhabi
Yoseph Asmelash
Funzionario Dip. Affari Economici UNCTAD
Francesco Bottigliero
Chief Digital Officer di Brunello Cucinelli
Carol Calandra
CFO Global Markets E&Y Global Limited
Tony Chanmugam
CFO BT Plc
Linda De Beer
Presidente IAASB-CAG
James Doty
Presidente PCAOB
Paul Druckman
Direttore Generale IIRC
Julie Erhardt
Presidente Comitato 1 - IOSCO
Lewis Ferguson
Presidente IFIAR
Ken Goldman
CFO Yahoo
Simon Henry
CFO Shell Headquarters
Gianluca Italia
Responsabile del brand FIAT - Fiat Group Automobiles S.p.A. EMEA Region
Relatori confermati
Vincenzo La Via
Direttore Generale del Tesoro - MEF
Didier Millerot
Responsabile dell’Unità Contabilità & Informativa finanziaria Direzione Generale Mercato Interno della Commissione Europea
Grace Perez‐Navarro
Vicedirettore del centro per le politiche fiscali e amministrative - OCSE
Guy Piolé
Corte dei Conti - Francia
Jan Sijbrand
Comitato Direttivo EBA
Gerhard Steiger
Direttore generale per le finanze e la sostenibilità, Corte dei Conti - Austria
Susanne Stormer
Vice Presidente Global Triple Bottom Line Management, Novo Nordisk - IIRC
Patricia Sucher
Presidente Sottogruppo revisione - Comitato di Basilea
Jennifer Thomson
Direttore per la gestione finanziaria presso la Banca Mondiale
Sir David Tweedie
Presidente IVSC
Ken Warren
Direttore servizi di consulenza contabile per il Ministero del Tesoro della
Nuova Zelanda
Yu Weiping
Vice ministro delle Finanze - Cina
….e naturalmente i Direttori generali degli organismi membri e delle
organizzazioni regionali IFAC, presidenti e membri dei comitati e commissioni
dell’IFAC responsabili dello standard-setting
Quote di partecipazione
Attività incluse
Tariffa ridotta
fino al 31/07/14*
Tariffa
piena*
Paesi sviluppati
Tutte
€ 1.200
€ 1.500
Paesi emergenti
Tutte
€ 900
€ 950
Sessioni di lavoro
Programma sociale non incluso
€ 600
€ 600
Tutte
Esclusa la cena di gala
€ 950
€ 1.250
Cerimonia di apertura, spettacoli
e cena di gala
€ 350
€ 350
Tutte
Esclusa la cena di gala
-
-
Coffee break e pranzi inclusi
€ 200
€ 200
Categoria
Speciale giovani
studenti
Italiani
Accompagnatori
Stampa
Espositori
(se oltre 2 persone
per stand)
N. B.: In considerazione delle possibilità di accoglienza dell’Auditorium, si
informa che le iscrizioni saranno chiuse una volta raggiunti i 4.000 iscritti
Per iscriversi: www.wcoa2014rome.com
(*): IVA inclusa (22%)
Opportunità di sponsorship
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ACCADEMICO
DEL WCOA 2014!
Una serie di pacchetti di sponsorizzazione
flessibili per venire incontro alle peculiarità
dei nostri potenziali sponsor, offrendo
diversificazione ed opportunità a tutti i livelli.
Il
Comitato
Scientifico
del WCOA 2014 ha lanciato
un’iniziativa
inedita
in
occasione di questo evento
Pacchetti completi
mondiale: Una pubblicazione
- Imperiale
accademica dedicata al tema
- Colosseo
del congresso: “2020 Vision:
costruire il futuro della
- Cappella Sistina
professione
- Pantheon
capitalizzando
le esperienze del passato”.
- Partner Digitale
Sostieni
Opportunità di Sponsorizzazione
questa
iniziativa
diventando
Partner
Accademico WCOA 2014!
indipendenti
- Fontana di Trevi > stand espositivo
personalizzabile
- Italy with You > stand per marchi
e prodotti tipici italiani
- Premio per la ricerca accademica
e pubblicazione scientifica
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nella sede del WCOA 2014 in cui gli organismi
professionali aderenti all’IFAC
possono mostrare e condividere
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dei commercialisti i loro migliori progetti
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Roma Vi aspetta
Chi conosce bene la Capitale lo sa: non si finisce mai di stupirsi davanti al
patrimonio storico e culturale di Roma. Venite a emozionarvi ancora una
volta davanti alle meraviglie della Città eterna e a scoprirne gli angoli e i
dintorni meno noti, ma non meno ricchi di storia e bellezza.
WCOA 2014 significa anche gite indimenticabili e occasioni di incontri
sociali e professionali in una delle cornici più belle del mondo.
Basilica di San Pietro
Un viaggio nel cuore della cristianità alla scoperta dei capolavori artistici ed architettonici di grandi artisti, come Michelangelo e Gian Lorenzo
Bernini.
Castel Romano Outlet
Fashion victim? L’Outlet di Castel Romano è il posto giusto per rifarsi il
guardaroba! Potrete trovare capi delle più prestigiose griffe con uno sconto
dal 30 al 70 %.
MAXXI
MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, è la prima istituzione
nazionale italiana dedicata alla creatività contemporanea pensata come un
grande campus culturale e progettato da Zaha Hadid, donna architetto di
fama mondiale.
Mercati Traianei e la Casa dei Cavalieri di Rodi - Apertura in esclusiva
L’esclusiva visita guidata si concentra sulla Casa dei Cavalieri di Rodi, uno
splendido castello medievale del XII secolo incastonato parzialmente nel
Foro di Augusto, risultato di una plurisecolare stratificazione di monumenti
sull’area che, durante l’età imperiale, ospitava il Foro di Augusto.
Musei Vaticani & Cappella Sistina
I Musei Vaticani costituiscono una delle raccolte d’arte più grandi del mondo.
Tra le opere collezionate nei secoli dai Papi, spiccano capolavori di fama
mondiale, come la Cappella Sistina e gli appartamenti papali affrescati
da Michelangelo e Raffaello.
Roma Vi aspetta
Ostia Antica
Il tour permette di assaporare ciò che resta dell’antica città portuale
di Ostia Antica, che nel momento di massima espansione raggiunse i 100.000
abitanti. La città romana - il cui nome latino “Ostium” significa “Bocca del
fiume”, a indicare la sua posizione alla foce del Tevere - conserva tutt’oggi
i resti di monumenti pubblici, ma anche di numerose strutture private, che
restituiscono l’immagine della vita quotidiana nell’epoca imperiale.
Palazzo Colonna - Apertura in esclusiva
Questo tour esclusivo in uno dei palazzi patrizi più maestosi del mondo
porterà alla scoperta di una galleria che non ha nulla da invidiare
ai grandiosi saloni di Versailles. Si inizia con la visita dell’appartamento
della Principessa Isabella, proseguendo per il Giardino degli aranci
(interno al Palazzo), per poi raggiungere la Galleria Colonna, autentico
gioiello del barocco romano.
Roma del Caravaggio
Questo tour
consentirà di apprezzare l’opera pittorica del Caravaggio,
attraverso l’analisi dettagliata dei suoi capolavori: da Santa Maria del Popolo,
proseguendo con la Chiesa nazionale di Francia e San Luigi dei Francesi, per
terminare con la Chiesa di Sant’Agostino.
Roma Imperiale
Il tour prevede la visita al cuore archeologico della città eterna: e quindi
non può che iniziare dall’Anfiteatro Flavio, meglio noto come Colosseo,
simbolo allora, come oggi, della città di Roma. Si prosegue fino all’Arco di
Costantino, per proseguire poi con la visita del Foro Romano, centro politico
e religioso durante l’intera storia di Roma. La visita terminerà sul colle del
Campidoglio dove è possibile godere la suggestiva vista sul Foro Romano e
sul Palatino.
Roma Sotterranea
Visita guidata alla Basilica di San Clemente, un complesso di edifici radunati
intorno ad una Chiesa cattolica romana del XII secolo dedicata a Papa Clemente I.
Il sito racchiude secoli di storia dal punto di vista architettonico, politico
e religioso, a partire dall’epoca paleocristiana fino al Medioevo.
tour Pre & Post WCOA 2014
VENEZIA
Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, Venezia è una delle città
più affascinanti e romantiche al mondo. Uno di quei posti da visitare almeno
una volta nella vita. La sua natura lagunare crea una suggestiva atmosfera
di mistero, la quale si coniuga in maniera squisita con l’architettura
rinascimentale e gotica che caratterizza la città. A Venezia sono nati
e cresciuti artisticamente pittori come Tintoretto e Tiziano: la maestria delle
loro opere vi lascerà a bocca aperta durante questo tour che di sicuro sarà
indimenticabile.
Siamo certi fin da ora che Piazza San Marco, la Chiesa di San Marco, il Palazzo
Ducale, il Ponte dei Sospiri, le Prigioni, Rialto e le mille altre attrazioni
della “Serenissima” vi rimarranno nel cuore.
FIRENZE
Firenze è la culla del Rinascimento italiano. Gli amanti dell’arte affollano
il suo centro storico, tracciato sulle vecchie mura medievali, per ammirare
famosi dipinti, affreschi e statue di artisti del calibro di Raffaello, Tiziano
e Michelangelo.
Piazza del Duomo con la sua Cattedrale, Piazza della Signoria, Ponte
Vecchio e la Galleria degli Uffizi sono solo alcune delle attrazioni della
città che non potrete dimenticare.
NAPOLI
Napoli è come i suoi abitanti: solare e piena di vita.
E’ facile rimanere affascinati dal questa città per il suo labirinto di stradine
- come Spaccanapoli o San Gregorio Armeno - che caratterizza il centro
storico (protetto dall’Unesco dal 1995); per il suo bellissimo lungomare dove
si erge Castel dell’Ovo, che domina il panorama del Golfo, insieme al Vesuvio;
o per gli altri castelli, come il famosissimo Maschio Angioino e il Castel
Sant’Elmo.
Ma non solo: durante il tour sarà piacevole fermarsi per assaggiare il più
buon caffè d’Italia, assaporare la pizza lì dove è nata, oppure sorseggiare un
limoncello ad Amalfi, gioiello dell’omonima costiera.
Gli Hotel
Potrete scegliere tra una vasta gamma di hotel a 3, 4 e 5 stelle, situati in
alcuni dei quartieri più belli della Città Eterna. Le strutture che abbiamo
selezionato per voi sono state scelte in base all’alta qualità del servizio
offerto e alla loro posizione.
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Medici | www.hotelmedici.com
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ed internazionali, arriveranno a Roma da tutto il mondo per partecipare
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Segreteria relatori e Ricerca scientifica
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Rappresentiamo una minoranza del 99,9%.
In Italia le PMI sono
il 99,9% della forza
economica, eppure
vengono trattate come
una minoranza. Il
mondo produttivo e le
istituzioni funzionano
solo grazie alle libere
professioni, eppure
queste ultime non
vengono prese
in considerazione
dai poteri forti.
Essere utili al Paese
significa cambiare
anche questi squilibri,
ma soprattutto
lavorare per le
cose che contano.
Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della terza edizione inglese
180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7
Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli
e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del
CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese
della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto
all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium
Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un
valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai
principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della
qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi.
Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti
l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1;
questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi
professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli
e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti
da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione
dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione
legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore
importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità
e competenza.
Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità
Edizione Italiana 2011
862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il
risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed
il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente
modificati nei contenuti.
I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di
semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati
nell'attività di revisione legale dei conti.
La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è
ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002.
L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e
valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non
controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato
come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio.
La fase transitoria del federalismo municipale
Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali
126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5
Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili
quantitativi, contabili e fiscali della riforma.
A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti
dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione
nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi
della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e
pago.
La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti
spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione
dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali.
Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali
nella revisione contabile delle piccole e medie imprese
Volume I: Concetti fondamentali
242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Volume II: Guida pratica
328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International
Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica.
Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato
Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo
della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali.
Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i
professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA
nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della
revisione in ambito europeo.
Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione
nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la
comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico,
sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un
approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e
svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa.
Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della seconda edizione 2012
570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il
globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze
per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due
anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di
IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea
dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di
quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana
della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti.
Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel
sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione.
Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una
serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica,
gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri
e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato
la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso
(www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state
arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le
“Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed
esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite.
I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it
oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store
Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC
00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59
C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006
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Diamo i Numeri
Osservatorio economico
di Tommaso Di Nardo, IRDCEC
Migliora progressivamente il trend di
crescita globale sostenuto
dall’andamento positivo delle
economie avanzate, mentre prosegue
il rallentamento della crescita nelle
economie emergenti, in particolare
quella brasiliana. Migliora
gradualmente il clima economico
nell’area dell’euro ancora trascinata
dalla Germania che mostra una
ripresa più decisa dell’attività
economica. Permane debole la crescita
economica in Italia che continua a
soffrire il calo dei consumi legato
all’aumento della disoccupazione e la
forte restrizione del credito alle
imprese che impedisce una più veloce
ripresa degli investimenti privati.
Prodotto interno lordo. Il DEF 2014
stima la crescita dell’anno in corso a
+0,8% con una revisione di -0,3 punti
rispetto alle previsioni formulate in
autunno. In valore nominale, il Pil 2014
è stimato pari a 1.587 miliardi di euro,
27 miliardi in più del livello 2013,
+1,7% di crescita nominale. Anche la
crescita 2015 è stata rivista al ribasso
(-0,4 punti rispetto alle stime
autunnali). Nelle valutazioni del Mef
ciò è dovuto al ridotto impatto stimato
dalle misure strutturali approvate nel
2012 e nel 2013, anche in
considerazione dei ritardi di
attuazione. La crescita economica
italiana, sempre secondo il DEF 2014,
accelererà progressivamente nel corso
del triennio 2016-2018 sulla base di
ipotesi di un livello più contenuto dei
tassi di interesse sui titoli di Stato e
del differenziale di rendimento
rispetto alla Germania e, soprattutto,
dell’impatto positivo degli interventi
programmati per la riduzione del
cuneo fiscale (aumento delle
detrazioni Irpef e riduzione dell’Irap).
Pressione fiscale. La pressione
fiscale ufficiale nel 2013 è risultata
pari a 43,8% ed è prevista stabile nel
2014 con una crescita nel 2015-2016 al
livello del 44%. La pressione fiscale
reale, calcolata al netto del sommerso,
nel 2013 è risultata pari al 52,2%,
mentre è prevista al 52,4% nel 2014.
Debito Pubblico. 2.089,5 miliardi il
debito pubblico a gennaio (+20,5 mld.
rispetto a dicembre 2013 e +99,9 mld.
rispetto a dicembre 2012). Il rapporto
debito/pil 2013 sale a 132,6% dal 127%
del 2012 e continuerà a salire nel 2014
fino a raggiungere il 134,9% del Pil.
Clima di fiducia. Prosegue anche a
febbraio il miglioramento del clima di
fiducia dei consumatori già segnalato in
crescita a gennaio. In particolare, cresce
sensibilmente il clima di fiducia
corrente (+4,2%), mentre risulta in calo
il clima di fiducia economico (-1%).
Cresce anche il clima di fiducia delle
imprese (+3,6%) trascinato in modo
particolare dalle imprese dei servizi
(+9,4%), mentre nel settore
manifatturiero si registra un calo (-0,5%)
e nel settore delle costruzioni un calo
ancora più forte (-6,9%). Cresce anche il
clima di fiducia delle imprese del
commercio (+3,1%). Da segnalare, tra le
variazioni rispetto allo stesso mese del
2013, la forte crescita del clima di
fiducia economico dei consumatori
(+29%) e del clima di fiducia delle
imprese del commercio (+17%).
Congiuntura. A gennaio 2014, il tasso
di inflazione è aumentato dello 0,2%
lasciando invariato il tasso
tendenziale a +0,7%. Il dato rafforza le
aspettative di un’inflazione sempre più
bassa e alimenta il rischio di
deflazione. La produzione industriale
a dicembre ha subìto un nuovo calo
che in termini congiunturali è pari a 0,9% e in termini tendenziali a -0,7%.
La produzione nel settore delle
costruzioni è aumentata a dicembre
dell’1,3%, mentre in ragione d’anno il
tasso è -8,8%. Negativo anche il
commercio al dettaglio che a
dicembre presenta un tasso negativo
di -0,3% con un andamento
tendenziale di -2,6%. Unico dato
positivo di rilievo da segnalare la
crescita delle esportazioni verso l’area
Euro a dicembre con un tasso di
+3,5% e +7,9% in termini tendenziali.
Sale, infine, a gennaio il tasso di
disoccupazione di 0,2 punti
percentuali, +0,3 punti il tasso di
disoccupazione giovanile che
raggiunge il 42,4%.
Finanza pubblica. Il DEF 2014 fissa
il nuovo obiettivo programmatico del
rapporto deficit/pil a -2,6%, 0,1 punti in
59
più rispetto alle previsioni formulate
in autunno. Il rapporto deficit/pil si
ridurrà progressivamente negli anni
successivi sulla base di una correzione
prevista, rispetto ai valori tendenziali
contenuti nel DEF, di 0,3 punti di Pil
nel 2015 e 0,6 punti di Pil nel 2016.
Entrate tributarie. Nel mese di
dicembre 2013 le entrate tributarie
complessive sono aumentate del
51,6% a causa dello slittamento dei
termini di versamento fiscale per
Tabelle
Tabella 1. Indicatori congiunturali
INDICATORE
Mese
Indice/
Valore/Tasso
Var.
Cong.
FIDUCIA DEI CONSUMATORI
FIDUCIA DELLE IMPRESE
TASSO DI INFLAZIONE (NIC)
PRODUZIONE INDUSTRIALE (INDICE)*
PRODUZIONE COSTRUZIONI (INDICE)
COMMERCIO AL DETTAGLIO (INDICE)*
ESPORTAZIONI AREA EURO (VALORE)*
ESPORTAZIONI EXTRA UE (VALORE)*
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
TASSO DI DISOCCUPAZIONE (15-24)
FEB.
FEB.
GEN.
DIC.
DIC.
DIC.
DIC.
GEN.
GEN.
GEN.
98,0
86,8
107,4
91,3
71,5
94,9
18.393 MLD. €
15.288MLD. €
12,90%
42,40%
1,7%
3,6%
+0,2
-0,9
+1,3
-0,3
+3,5
-1,1
+0,2
+0,3
Var.
Tend.^
13,8%
8,5%
+0,7
-0,7
-8,8
-2,6
+7,9
-2,7
+1,1
+4,0
* Dato mensile destagionalizzato; ^Dati corretti per gli effetti di calendario o dati grezzi
Quadro Macroeconomico 2013-2014 (aggiornato al Def 8 aprile 2014)
INDICATORE
PIL
DEBITO
ENTRATE
(ENTRATE FISCALI)
USCITE
(INTERESSI)
DEFICIT
VALORE
2013
% SUL PIL
1.560*
2.069^
752*
683*
799*
82*
132,6
48,0
43,8
51,0
5,2
-47*
-3,0
2014
VALORE
% SUL PIL
1.587^
2.142^
134,9
* Istat 2 marzo 2014; ^Def 8 aprile 2014
ANNO
DEBITO PUBBLICO (GENNAIO)*
VARIAZIONE SU DICEMBRE
VARIAZIONE DA INIZIO ANNO (DIC.)
VARIAZIONE SU ANNO PREC. (DIC.)
2013
2014
2.089,5
+20,5
-+99,9
2.023,5
+46,1
-+127,9
** Fonte: Banca d’Italia, 14 marzo 2014
Andamento mensile del Debito Pubblico Maggio 2011 - Gennaio 2014 EMBED Excel.Chart.8 \s
Entrate Tributarie - Dati mensili MEF – Valori in milioni di euro
ENTRATE
IMPOSTE DIRETTE
IMPOSTE INDIRETTE
TRIBUTI LOCALI
TOTALE
DICEMBRE
2013
42.204
24.501
21.759
88.464
VAR. %
100,7%
-1,6%
75,4%
51,6%
GEN.-DIC.
2013
232.308
191.077
64.979
488.364
VAR. %
1,4%
-2,2%
1,7%
0,0%
* Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze, Gennaio 2014
Partite Iva - Nuove attività - Dati mensili
ENTRATE
GENNAIO
2014
VAR. %
GEN.-GEN.
2014
VAR. %
PERSONE FISICHE
SOCIETÀ DI PERSONE
SOCIETÀ DI CAPITALI
NON RESIDENTI
ALTRE FORME GIURIDICHE
TOTALE
62.154
4.828
11.868
165
240
79.255
328,2%
119,0%
50,7%
22,2%
40,4%
218,3%
62.154
4.828
11.868
165
240
79.255
-9,4%
-22,7%
2,7%
-5,2%
5,3%
-8,7%
* Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze, Marzo 2014
l’autoliquidazione Irpef e Ires. Da
inizio anno, l’andamento è invariato
rispetto al 2012. L’andamento positivo
delle imposte dirette (+1,4%) e dei
tributi locali (+1,7%) ha compensato il
calo delle imposte indirette (-2,2%).
Rispetto all’andamento complessivo
del 2013, sono da segnalare il calo (0,7%) delle ritenute dei dipendenti del
settore privato, a fronte dell’aumento
delle ritenute dei dipendenti del
settore pubblico (+2,7%) e,
soprattutto, il calo delle ritenute dei
lavoratori autonomi (-5,3%) che,
evidentemente, hanno sofferto
maggiormente della crisi economica.
Da segnalare, inoltre, il forte aumento
del gettito Ires (+9,3%), dell’imposta di
bollo (+24,7%) e delle imposte
sostitutive (+30,3%), mentre l’imposta
di registro ha subìto un calo del 5,4% e
l’Iva si è ridotta del 2,7%. Se, invece, si
considera solo il gettito dell’Iva da
scambi interni si vede come il calo è
più contenuto (-0,4%). Sul fronte dei
tributi locali, si segnala la crescita a
due cifre del gettito dell’addizionale
comunale all’Iperf (+20,3%). In linea
con i trend della crisi economica
anche il calo del gettito dell’imposta
di fabbricazione sugli oli minerali (4,5%) e dell’imposte sull’energia
elettrica e addizionali (-23%).
Partite Iva. Nel mese di gennaio, le
nuove partite Iva sono aumentate del
218,3% rispetto al mese di dicembre
2013, mentre sono diminuite dell’8,7%
rispetto al mese di gennaio 2013.
Tralasciando le variazioni mensili che
sono soggette a fattori stagionali, le
variazioni annuali mostrano un calo
molto accentuato delle nuove partite
Iva di società di persone (-22,7%)
associate a un aumento più contenuto
delle nuove partite Iva di società di
capitale (+2,7%). Sono calate, invece,
del 9,4% le nuove partite Iva di
persone fisiche. 60 Letti per Voi
AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO
Sequestro - Confisca - Gestione dei beni - Coadiutore dell’ANBSC
Tempo libero
Paolo Florio, Gianmichele Bosco, Luca D'Amore
(Ipsoa, 2014)
La sirena
Aggiornato con le recenti modifiche introdotte dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 al cd. “Codice
Antimafia”, attraverso un’approfondita analisi di dottrina, prassi e giurisprudenza, il volume affronta
in maniera completa le tematiche relative a: sequestro; confisca; gestione dei beni; funzione del
Coadiutore dell’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC).
La rinnovata grafica, caratterizzata dalla presenza di approfondimenti, riepiloghi, check-list, schemi
esemplificativi, tabelle, dati dell’esperienza, casi concreti, supporta il lettore nella consultazione del
testo, rendendola maggiormente agevole e fruibile.
Il CD-ROM allegato contiene formule, utilizzabili con qualunque sistema di videoscrittura e adattabili
al caso concreto.
Il volume, primo titolo della nuova collana “Manuali per la professione”, rappresenta uno strumento
indispensabile per i professionisti che già svolgono la delicata funzione di amministratore giudiziario
e per coloro che desiderano intraprendere questa attività.
Camilla Läckberg
(Marsilio, 2014)
IL NUOVO MANUALE DELL'IVA 2014
Commentario al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633
Nicola Forte
(Maggioli, 2014)
Il nuovo manuale dell’IVA 2014 rappresenta un’esposizione ordinata, esaustiva e brillante
dell’imposta più incisiva e discussa, anche nell’ordinamento comunitario, del nostro tempo. Ai
capitoli, destinati al commento dei singoli articoli, si affiancano le analisi e gli approfondimenti di
numerosi casi di studio. La trattazione risulta corredata da riferimenti normativi, di prassi e di
giurisprudenza, oltre che da frequenti schemi e tabelle riepilogative, che rendono più facilmente
assimilabili i contenuti esaminati. Inoltre, l’opera si caratterizza per l’impostazione che consente due
diversi “livelli di lettura”: il primo livello interessa coloro che sono alla ricerca di un testo semplice e
di agevole comprensione, pertanto è idoneo ad un primo approccio per il lettore neofita; il secondo
livello è rivolto agli operatori più esperti, che cercano nel manuale la risoluzione dei casi più
complessi. Gli approfondimenti sono stati effettuati anche con un esame completo della
giurisprudenza nazionale e comunitaria e con numerosi riferimenti agli studi della Commissione
Tributaria del Consiglio Nazionale del Notariato di cui l’Autore fa parte.
Il sesto thriller della
Läckberg è ambientato a
Fjällbacka, un ex borgo di
pescatori di aringhe
dell’estrema provincia
svedese. Una narrazione
mozzafiato che porta il
lettore alla soluzione di un
caso di forte contenuto
psicologico, in un finale
imprevedibile sino alle
ultimissime pagine.
Mindset
Cambiare forma mentis per
raggiungere il successo
Carol Dweck
(Franco Angeli, 2013)
Un libro straordinario per
la chiarezza della scrittura
e per il suo messaggio. Con
esempi ed
autoesercitazioni mostra
come ciascuno può agire
su se stesso e
trasformarsi. E se per primi
cambiamo noi stessi,
genereremo impatti
positivi e cambieremo
anche tutti gli altri intorno
a noi.
La Fragile bellezza
del giorno
IMMOBILI E TERRENI
Pierpaolo Ceroli, Paola Paoletti, Sonia Pucci, Silvio Ruggieri
(Giuffré, 2014)
Il volume illustra attraverso quadri sinottici, tabelle, schemi di sintesi esemplificativi, le differenti
tematiche e criticità in materia, risaltandone gli aspetti inerenti il possesso, la locazione, il leasing,
l’accertamento, le società immobiliari, i trasferimenti, le successioni e donazioni e, non ultimo, le
tutele finalizzate a preservare la proprietà mediante strumenti quali il trust. Completano il quadro,
infine, le agevolazioni e le esenzioni, i tributi locali sugli immobili e il relativo contenzioso, con
l'enunciazione degli obblighi dichiarativi e di versamento. L'opera tiene conto delle novità, tra cui la
IUC (Imposta unica comunale), introdotte dalle principali disposizioni fiscali emanate a fine dicembre
2013 (legge di Stabilità, decreto Milleproroghe e decreto "Destinazione Italia").
TUIR 2014
Alessandro Blasi e Giorgio Minnucci
Giorgio Montefoschi
(Bompiani, 2014)
Come gestire l’opposizione
fra il ricordo e l’onda della
vita che conosce soltanto il
presente? Il nuovo
romanzo di Montefoschi,
forse il suo più intimo e
universale, è tutto proteso
a cogliere le intermittenze
del cuore, quelle che ci
costringono a sfidare, ogni
volta di più, il tempo.
Sesto potere
La sorveglianza
nella modernità liquida
(Maggioli, 2014)
Zygmunt Bauman, David Lyon
(Laterza, 2014)
L’opera, giunta alla VI edizione, analizza tutti gli argomenti oggetto del Tuir (DpR 22 dicembre 1986, n.
917 e successive modifiche e integrazioni), accompagnando la disamina con un approfondito
commento degli autori. La trattazione è corredata di numerosissime annotazioni, che fanno
riferimento alla più recente prassi amministrativa, alle più significative pronunce giurisprudenziali ed
alla principale normativa collegata: l’obiettivo è quello di fornire al lettore tutti gli strumenti
indispensabili per avere una visione completa ed esaustiva di ogni singolo argomento.
Il volume si presenta come un supporto operativo e di consultazione di rara completezza ed utilità
pratica, nonostante il numero di pagine relativamente contenuto.
Questa edizione è aggiornata con la legge di Stabilità 2014 (L. 27 dicembre 2013 n. 147) e con il
decreto Milleproroghe (d.l. 30 Dicembre 2013, n. 150).
Siamo costantemente
controllati, messi alla
prova, valutati, giudicati nei
più piccoli dettagli della
vita quotidiana. Gli Autori si
confrontano con un tema
che ogni giorno acquista
potere sulle nostre vite:
cosa significa essere
osservati e di continuo
osservare…
A cura di Maria Pia Parenti
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Press
Professione economica e sistema sociale
Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
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