Piazza dell'Aracoeli, 12 - 00186 Roma - tel *30 06 6784168 Bollettino del 22 LUGLIO 2014 A cura di Manlio Lo Presti ESERGO Tutto è fantastico. Il senso della vita è il sogno. O piuttosto si sente che la vita è una modalità di esistere del sogno o il sogno è un modo di esistere della vita. JORGE L. BORGES, Testamento poetico letterario, Giunti, 2004, pag. 30 De Chirico Giorgio. Il sogno trasformato, 1913. Materiali; olio su tela. Misure; 63 x 152 cm. Collocazione; Saint Louis Art Museum. www.atlantedellarteitaliana.it ***************************************** CHI SIAMO La Lidu è la più antica Organizzazione laica che difende i diritti dell’Uomo. Si è aperta la campagna tesseramenti 2014. Sosteniamola affinché non si spenga una delle poche voci indipendenti esistenti in Italia ________________________________________________ L.I.D.U. Lega Italiana dei Diritti dell’uomo TESSERAMENTO 2014 Socio Giovane Socio Ordinario Socio Sostenitore Socio Benemerito quota minima quota minima versamento minimo versamento minimo data ultima di versamento per il rinnovo € 10,00= (fino a 30 anni) € 50,00= € 200,00= € 500,00= 30 GIUGNO NOTA Poiché la L.I.D.U. è un'Associazione Onlus e la quota associativa è stata fissata ad euro 50,00- ogni versamento maggiore della quota suddetta, verrà considerata come versamento liberale e potrà essere dedotta, nei termini di legge, dalla dichiarazione dei redditi. La condizione necessaria è che il versamento debba essere effettuato direttamente alla L.I.D.U. nazionale, in qualsiasi forma, salvo che in contanti. L'attestato del versamento dovrà essere richiesta alla Tesoreria nazionale. si può effettuare il pagamento della quota dovuta a mezzo: contanti; assegno; bollettino di c/c/postale n° 64387004 bonifico bancario IBAN IT 90 W 05216 03222 000000014436 bonifico postale IBAN IT 34 N 07601 03200 000064387004 Intestati a: F.I.D.H. Fédération International des Droits de l’Homme - Lega Italiana onlus ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 5 x 1000 Come previsto dalla legge è possibile destinare il 5 x 1000 del reddito delle persone fisiche a fini sociali. La nostra Associazione è ONLUS e può beneficiare di tale norma. Per effettuare la scelta per la destinazione, occorre apporre la propria firma e indicare il Codice Fiscale 97019060587 nell'apposito riquadro previsto nei modelli dell'annuale denuncia dei redditi. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° COMUNICAZIONI LIDU On. Giorgio Napolitano Presidente della Repubblica Palazzo del Quirinale – Roma Dott. Matteo Renzi Presidente del Consiglio dei Ministri centromessaggi@governo.it On. Patrizia Mogherini Ministro degli Esteri ministro.affariesteri@cert.esteri.it On. Gianluca Galletti Ministro dell'Ambiente, tutela del territorio e del mare MATTM@pec.minambiente.it On. Giuliano Poletti segrgabinetto@lavoro.gov.it p.c. Karim Lahidji Presidente della F.I.D.H.-Federation Internationale des Ligues des Droits des l'Homme klahidji@fidh.org Dominique Gilbert Presidente dell'A.E.D.H-Association Européenne pour la défense des Droits de l’Homme aedh@aedh.eu Onorevole Presidente della Repubblica, Onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, Onorevoli Ministri, mi corre obbligo di segnalare alle Vostre Signorie ed all'opinione pubblica quanto resoci noto dal nostro responsabile per le politiche ambientali ed i diritti umani, Avv. Costante Garibaldi. Viene da sé che la segnalazione è altresì una pressante richiesta d'intervento sui responsabili dell'E.N.E.L., in quanto un ente pubblico di Stato non può tollerare comportamenti in contrasto con Principî della Costituzione e con gli strumenti internazionali sui diritti degli esseri umani liberamente sottoscritti dal nostro Stato, nonché con le disposizioni supernazionali europee in materia. La difesa dell’ambiente e delle risorse naturali che costituiscono il nostro pianeta va di pari passo, nella maggior parte dei casi, con la difesa dei diritti umani. Non solo da un punto di vista teorico, in quando è evidente che tutelando l’ambiente in cui viviamo tuteliamo anche noi stessi, ma anche pratico. Questo perché le aziende che per i propri interessi economici non esitano a distruggere ed inquinare in maniera irreparabile le risorse naturali di cui possono disporre, sono anche le stesse che non si pongono problemi a violare i diritti dei propri lavoratori o delle comunità che popolano le terre circostanti. Un esempio di questo è dato dall’azione intrapresa dall’associazione ambientalista Greenpeace destinata a far luce sulle violazioni dei diritti umani poste in essere da due partner commerciali di Enel, la Drummond e la Prodeco. A seguito di un’indagine commissionata da Greenpeace Italia all’Istituto di ricerca indipendente olandese SOMO con l’obiettivo di verificare la sostenibilità ambientale della filiera del carbone proveniente dalla Colombia, è infatti emerso che Enel ha stretto rapporti commerciali per l’importazione del carbone con due società, la Drummond e la Prodeco – da entrambe ha acquistato una quantità di carbone che si aggira attorno alle 700.000 tonnellate solo nel secondo semestre del 2013 -, che nel corso degli anni sono state condannate per palesi violazioni non solo delle leggi in materia di diritto ambientale ma anche per vicende legate alla violazione dei diritti umani. I primi fatti riguardanti violazioni dei diritti umani che hanno visto protagonista la Drummond hanno avuto origine dal 2001, quando il presidente ed il vicepresidente del sindacato dei lavoratori della miniera furono brutalmente uccisi da parte di miliziani dell’ AUC ( United Self Defense Forces of Colombia), un gruppo paramilitare di estrema destra. È stato accertato, sia tramite lo studio della SOMO sia dalle indagini effettuate dallo studio legale che difendeva le vittime di questo e di altri omicidi successivi, che l’ AUC ricevette diversi finanziamenti direttamente dalla Drummond, assumendo il compito di garantire la sicurezza sia nelle miniere sia lungo le linee ferroviarie necessarie al trasporto del carbone. Fino ad oggi molte sono state le accuse, e nella maggior parte dei casi le condanne, promosse nei confronti della Drummond di aver commissionato omicidi e torture nei confronti dei propri lavoratori, oltre che aver ridotto la maggior parte di questi in uno stato di perenne terrore e sofferenza. Episodi simili, messi in luce da un reportage della BBC nel 2012, hanno visto coinvolta anche la Prodeco. Nel 2002 furono uccise almeno 10 persone da gruppi di miliziani intorno all’area della miniera di Calenturias allo scopo, stando a quanto sostenuto dai giudici colombiani, di permettere alla Prodeco di espandere la propria presenza nella zona per poter così incrementare la capacità estrattiva di carbone. Le uccisioni attribuite alla Prodeco facevano parte di un ampia opera di trasferimento coattivo di tutti gli abitanti della zona ai quali sarebbe dovuto essere riconosciuto un risarcimento a titolo compensativo che, ovviamente, non è mai stato effettivamente ottenuto. In sua difesa la società, pur riconoscendo la mancata erogazione dei risarcimenti alle famiglie trasferite, nega qualunque rapporto con i gruppi di miliziani ed accusa a sua volta il governo colombiano di averla “forzata” ad acquisire un’area alla quale non era interessata. A seguito di quanto emerso con lo studio SOMO, Greenpeace ha chiesto ad Enel, che si ricorda essere una controllata pubblica con maggior azionista il Governo italiano, di interrompere i suoi rapporti commerciali con queste due società. Continuare ad importare carbone colombiano frutto di violazioni dei diritti umani, oltre che ambientali, vorrebbe dire accettarli e pertanto concorrere alla loro realizzazione. Il comunicato con il quale Enel ha voluto rispondere alle richieste dell’associazione ambientalista, oltre ad essere giunto con notevole ritardo, non sembra offrire vere garanzie sulla possibilità che vengano intraprese azioni destinate ad interrompere i rapporti commerciali con le due società incriminate o, quantomeno, ad impedire che vengano nuovamente poste in essere violazioni dei diritti umani ed ambientali. Enel si limita infatti a dichiarare che si impegnerà a verificare la correttezza delle accuse ed a richiamare i principi etici dell’azienda. Principi etici che sono stati sanciti nel 2011 attraverso un accordo siglato dalle 11 maggiori aziende europee impegnate nel commercio del carbone che ha di fatto istituito un organo denominato “Bettercoal”. Quest’organo, ideato per essere lo strumento attraverso il quale controllare la filiera del carbone anche da un punto di vista etico ed ambientale, pur rappresentando in teoria un passo avanti, rischia di essere l’ennesimo fuoco di paglia utile solo a gettare fumo negli occhi di chi chiede il rispetto dei più basilari principi di diritto internazionale da parte da parte delle società produttrici di carbone. Infatti, lo studio e l’analisi delle procedure interne al Bettercoal, nonché del suo statuto, hanno evidenziato notevoli carenze da un punto di vista della trasparenza, della capacità di dar voce in maniera libera ed indipendente a tutti i soggetti coinvolti nella filiera del carbone, di pubblicità degli esiti delle indagini effettuate all’interno delle miniere e delle misure effettivamente imposte alle società, quali ad esempio Enel, al fine di porre rimedio alle violazioni che dovessero essere riscontrate a seguito delle indagini di Bettercoal. Risulta pertanto di primaria importanza insistere affinché Enel non si limiti a semplici dichiarazioni di facciata ma prenda una posizione concreta e tangibile nei confronti di Drummond e Prodeco, interrompendo i propri rapporti commerciali con queste due aziende o assicurandosi, cosa al momento di difficile realizzazione, che in futuro cessi in maniera definitiva qualunque violazione dei diritti umani ed ambientali. Con sensi di viva e dovuta stima Alfredo Arpaia °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° RASSEGNA STAMPA http://www.corriere.it/ IL RAPPORTO Milano, 14 luglio 2014 - 18:00 Fmi, «l’Italia deve migliorare giustizia civile e occupazione» Il fondo raccomanda il contratto a tutele crescenti e il rafforzamento dell’organigramma giudiziario. Ripresa lenta in Europa rischi da geopolitica e disimpegno monetario Usa Fausta Chiesa Migliorare la macchina della giustizia civile e agire per favorire l’occupazione. Sono queste le priorità per l’Italia, secondo le linee guida tracciate dal Fondo monetario internazionale nel rapporto stilato al termine della ricognizione sull’area euro. L’OCCUPAZIONE Se passi avanti si registrano nelle misure a sostegno dell’occupazione giovanile annunciate nel luglio 2013, come «gli sgravi fiscali per i datori di lavoro che assumono under 30 con contratti a tempo indeterminato, l’Italia deve comunque fare di più per combattere l’elevata disoccupazione. Il Fondo loda la riforma Fornero nella parte in cui «riduce i costi dei singoli licenziamenti», ma torna a raccomandare al governo italiano un contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti che «aumentino gradualmente le tutele con l’anzianità per abbassare i costi di assunzione e di supporto all’apprendistato». Secondo gli economisti di Washington gli ammortizzatori sociali andrebbero «ridisegnati» e trasformati in «un sistema di supporto universale subordinato alla ricerca di lavoro e alla formazione». Infine il Fondo chiede all’Italia di aprire gli ordini professionali. LA GIUSTIZIA Il Fmi ritiene che la gestione dell’organigramma giudiziario vada «rafforzata» per migliorare la gestione e che sia necessario «liberalizzare completamente l’accesso alle professioni» legate ai tribunali. Per quanto riguarda lo snellimento della giustizia civile, gli ispettori del Fondo esprimono un giudizio positivo sullo schema di mediazione pregiudiziale obbligatoria previsto nel «decreto del fare» del 2013, ma suggeriscono di ricorrere alla «mediazione fuori dai processi, di attuare una revisione complessiva delle tariffe forensi, di rafforzare l’organizzazione dei tribunali e la loro gestione, e di consentire il libero alla professione legale». LA CRESCITA La ripresa nell’eurozona «sta prendendo piede» ma «non è né robusta né sufficientemente forte». Secondo il Fmi il Pil dell’area della moneta unica dovrebbe crescere dell’1,1% nel 2014 e dell’1,5% nel 2015. A primavera il Fondo prevedeva per l’eurozona un incremento del Pil dell’1,2% per quest’anno. Gli economisti di Washington segnalano un «rischio di stagnazione nel medio termine» e una «alta disoccupazione». Per il Fmi «i rischi sulla crescita sono ancora orientati al ribasso» e degli shock potrebbero «spingere l’economia verso un’inflazione più bassa e la deflazione». Tra i rischi esterni, il Fondo elenca «l’escalation dei rischi geopolitici» e «l’uscita dalle politiche monetarie non convenzionali negli Usa». IMPRESE E PMI Per il Fondo, l’Italia deve favorire l’accesso delle Pmi al credito e accrescere la concorrenza nei mercati di prodotti e servizi. Il Fondo sottolinea che l’Italia deve «rimuovere le strozzature strutturali che spingono in alto i costi di produzione delle imprese» aumentando la concorrenza nelle forniture di energia alle aziende, ma rileva come positiva «la liberalizzazione del settore del gas» con le decisioni dell’Authority dell’energia. 14 luglio 2014 | 18:00 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.agoravox.it/ Datagate: come i servizi segreti manipolano l’opinione pubblica di Francesca Barca giovedì 17 luglio 2014 Tanto si è parlato, grazie alle rivelazioni di Edward Snowden, di come i Servizi Segreti occidentali spiino i cittadini. Poco, per ora, di come i Servizi invece cerchino di manipolare l'opinione pubblica. Ed è su questo che si concentrano le ultime, tra le tante, rivelazioni dell'ex agente del NSA. In parole semplici: in che modo Internet viene usato per influenzarci? Novità? Non proprio: che ci sia un tentativo di spostare l'opinione pubblica su temi che sono cari alla politica, è antico come il mondo. Ma quando, come in questo caso, ce lo spiegano pure, vale la pena vederlo scritto nero su bianco. The Intercept il sito on line di giornalismo investigativo fondato dal Glenn Grenwald (l'uomo a cui Snowden ha affidato la maggior parte dei suoi leak) lunedì scorso ha pubblicato dei nuovi documenti. Si tratta di dati che risalgono al 2012 e che raccontano le attività di manipolazione psicologica che i servizi segreti inglesi (Gchq), tramite un loro servizio interno, il Joint Threat Research Intelligence Group (JTRIG), hanno messo in capo. Si tratta di un vero e proprio vademecum che ci spiega: come fare per cambiare i dati di un sondaggio online; nascondere le pubblicazioni su un wall di Facebook (che sia un caso l'esperimento di Facebok di cui tanto si è parlato?); produrre e diffondere materiali sul web; cancellare video “estremisti”; inviare email e sms per sostenere una campagna di informazione (o di disinformazione); crescere in maniera artificiale il traffico verso un sito; bloccare l'invio di email; aumentare la visibilità di un contenuto; lanciare attacchi Ddos contro un server; mandare mail con false identità. Queste rivelazioni seguono quelle che lo scorso febbraio The Intercept aveva pubblicato sull'uso del web come strumento per realizzare campagne per screditare, per esempio, la reputazione di qualcuno pubblicando falsi blog o informazioni sulla stampa. La morale di questa storia è, come sempre, #sapevatelo. Foto: Anonymous9000/Flickr °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.ilsole24ore.com/ La democrazia paga il conto di un mondo senza regole di Guido Rossi La diffusa sensazione che la corruzione abbia permeato tutta la vita politica, economica e sociale del nostro Paese, in modi persin più gravi di tutti quelli finora conosciuti, sembra avere due cause evidenti. La prima è che essa sia una conseguenza del declino dell'ordine e delle istituzioni politiche italiane; la seconda è che costituisca un sintomo del regime economico non solo italiano, ma europeo che condiziona dagli anni 80 del secolo scorso le nostre società. In esse, infatti, i mercati rappresentano il valore di riferimento e il denaro la misura di tutte le cose. Il sistema ideologico alla base delle politiche economiche e di un erroneo concetto di libertà ha fatto sì che se le scuole, gli ospedali e persino le prigioni possano essere privatizzate a scopo di lucro. E se così è, perché non dovrebbe essere, allo stesso scopo, privatizzato anche ogni ufficio pubblico? Questo sistema ha creato due conseguenze che vanno di pari passo: le ineguaglianze, delle quali ha dato un'impareggiabile recente documentazione il tanto discusso libro di Thomas Piketty "Le capital au XXI siècle" e la corruzione, sia nel settore pubblico sia in quello privato; ambedue con usi del lemma estremamente vasti e variegati. In un recente lunghissimo saggio sulla London Review of Books dall'inquietante titolo "The italian Disaster" si conclude che l'Italia in Europa non è un caso anomalo, ma piuttosto una sorta di concentrato, dimostrando che la manipolazione da parte dei poteri esecutivi nei confronti dei legislativi e la generale involuzione e crisi delle classi politiche causano un silenzioso deficit di democrazia, alimentato da una quasi assoluta scarsità di mezzi di informazione indipendenti e con un aumento della corruzione. Il panorama impressionante riguarda tutti i Paesi. L'affresco incomincia con l'indiscusso per 16 anni cancelliere tedesco Helmut Kohl, che ricevette due milioni di marchi tedeschi in fondi neri, rifiutandosi di rivelare il nome dei donatori per timore che emergessero i favori che avevano ricevuto in cambio. In Francia il Presidente per dodici anni Jacques Chirac fu, alla fine dell'immunità del suo mandato, accusato di abuso d'ufficio, peculato e conflitto di interessi. Ancora in Germania, il governo di Gerhard Schröder garantì un prestito da un milione di euro a Gazprom per creare una pipeline nel Baltico, poche settimane prima che lo stesso cancelliere, terminato il mandato, diventasse consulente di Gazprom a un compenso molto maggiore di quello fino a quel momento ricevuto per governare il Paese. Altri casi potrebbero essere enumerati: in modo particolare quelli che hanno riguardato l'Inghilterra e il primo ministro Tony Blair, con la sua Faith Foundation, nonché gli altri, ben più noti, che coinvolgono la Spagna e la Grecia. La cronaca relativa al nostro Paese, minuziosamente riportata dalla London Review of Books e volutamente ignorata dai mezzi di informazione nostrani, non fa meravigliare delle conclusioni. È bene allora ancora una volta ribadire che le diseguaglianze dovute all'abnorme concentrazione in poche mani della ricchezza e le varie forme di corruzione sono indissolubilmente legate, costituendo la conseguenza principale e più grave dell'intreccio ormai inevitabile fra politica ed economia. Non è un caso che questo intreccio, nelle ideologie contemporanee, diventi inestricabile, al punto che le stesse istituzioni politiche nelle varie forme di governo - e vorrei sottolinearlo con forza, non parlo qui dei sistemi oligarchici antidemocratici o delle dittature, ma mi riferisco ai vari regimi democratici, pur nelle diverse e complesse sfumature che il mondo moderno presenta - diventino a loro volta causa ed effetto delle diseguaglianze e della corruzione. Un caso altrettanto tipico sta verificandosi negli Stati Uniti d'America, dove la Costituzione, nata per combattere la corruzione rispetto all'esperienza inglese, voleva «assicurare l'indipendenza del governo federale da chiunque non fosse il solo popolo», secondo le parole famose di James Madison. La denuncia fatta valere fin dal 2011 da Lawrence Lessig, col suo libro "Republic, Lost: How Money Corrupts Congress -- And a Plan to Stop It" porta un giusto inquietante accento su due aspetti che riguardano la corruzione. Il primo concerne la cosiddetta "gift economy", che non ha alla base dello scambio corruttivo il denaro, ma favori e rapporti, relazioni e informazioni, purtroppo sovente, specialmente nel nostro Paese, non considerati corruzione, ma giusto riconoscimento dell'importanza sociale, economica, politica o istituzionale di chi li riceve. Il secondo è costituito da un conflitto istituzionale che minaccia la democrazia americana, secondo l'opinione del grande filosofo di recente scomparso Ronald Dworkin, e seguita dallo stesso Presidente Obama. Con le decisioni della Corte Suprema Citizen United v. FEC del gennaio 2010 e la recentissima McCutcheon v. FEC del 2 aprile 2014, è stato riconosciuto il diritto costituzionale di finanziare candidati e campagne elettorali senza limiti alle somme di denaro profuse. Di conseguenza, secondo Lessig, il denaro non è un problema nella politica americana, ma è diventato il problema della politica americana e la radice di ogni altro male, che avvelena la fiducia del cittadino nel governo e nella democrazia, divenuta una sorta di sciarada. Emerge così un virus distruttivo delle democrazie, che induce i tre poteri dello Stato a confrontarsi fra loro nel tentativo di combattere senza successo la corruzione pubblica, che anche quando viene individuata rimane senza sanzione, quasi a confermare ulteriormente un aspetto deteriore dell'intreccio politica ed economia. Né i grandi banchieri né i politici corrotti sono di norma puniti con la reclusione, perché entrambi sono, secondo l'espressione americana, "too big to jail" (troppo importanti per la galera). Questo particolare malessere si ripercuote in un'altra evidente incrinatura dell'istituzione dello Stato, la più importante, cioè quella che più di ogni altra dovrebbe anche combattere le disuguaglianze: la giustizia. Ed è così, che un nuovo modo di disciplina della mondializzazione economica da parte del diritto avviene appunto attraverso la privatizzazione della giustizia. Le sanzioni contro la corruzione internazionale delle grandi multinazionali globalizzate sono comminate con il versamento di cospicue somme di danaro, attraverso accordi con organismi del potere esecutivo e delle agenzie indipendenti (DOJ, SEC), con una giustizia negoziata e privatizzata, secondo la perversa ideologia in voga. È così che la repressione della corruzione delle grandi società viene definita al di fuori delle autorità giurisdizionali, attraverso una collaborazione interna e un'autodichiarazione di colpevolezza da parte delle società che, pur di evitare la giustizia penale, pericolosa sotto ogni aspetto, anche quello reputazionale, preferiscono dichiararsi colpevoli e collaborare utilizzando complessi sistemi di indagini interne, per verificare la sussistenza di attività illegali. Siamo di fronte ad una sorta di ripetizione della classica opera del drammaturgo latino Terenzio "Héautontimorouménos", cioè secondo un rinomato verso di Baudelaire, dichiarandosi vittima e carnefice di se stessi ("Et la victime et le bourreau"). Tutto ciò va sotto il nome di Accordi di giustizia ("Justice by Deals"). D'altra parte, anche nel sistema italiano, la procedura di patteggiamento evita il processo penale, ma non rende con questo il corrotto meno colpevole. Con le sfumature del caso, la filosofia di base è la stessa. La corruzione pubblica e la corruzione privata, vittime dell'ideologia della deregolamentazione, hanno invece provocato una serie di leggi in aperta contraddizione col loro principio ideologico, rendendo lecite molte delle svariatissime forme di dipendenza da corruzione pubbliche e private, sicché il paradosso continua ad essere quello che già rivendicava Tacito quando scriveva «corruptissima re publica plurimae leges». La corruzione e le ineguaglianze, che in questo periodo caratterizzano la grande crisi delle democrazie, conservano molti aspetti di apparente legalità difficilmente sanzionabili. È così che non basta qualche raffazzonata norma legislativa per sopperire alla contraddittorietà delle strutture su cui la globalizzazione economica ha trascinato le moderne democrazie. La lotta contro le disuguaglianze e le corruzioni, pubbliche e private, illegali o elusive, deve essere ormai considerata il principale obiettivo per far sopravvivere le società che le corrette idee del passato ci avevano, prima della loro disgregazione, consegnato attraverso la tutela dei diritti dei cittadini. 15 giugno 2014 14 luglio 2014 - 21:44 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.ildiariodellavoro.it/ Aumentano i bambini che necessitano di aiuto per potersi nutrire L’aspetto più drammatico della povertà in Italia è il fatto che 428.587 bambini con meno di 5 anni di età nel 2013 hanno avuto bisogno di aiuto per poter semplicemente bere il latte o mangiare, con un aumento record del 13 % rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat, dalla quale si evidenzia che con il record di 6 milioni e 20mila individui nel 2013 sono più che raddoppiate (+ 150 per cento) le persone in condizioni di povertà assoluta rispetto al 2007 quando erano 2,4 milioni. L’analisi Coldiretti basata sulla relazione sul “Piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti 2013”realizzata dall'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea), inoltre, rivela che la popolazione totale dei bambini indigenti, espressa in valori assoluti, è concentrata in prevalenza nell’Italia Meridionale (149.002, pari al 35 per cento del numero complessivo di minori tra i 0 e i 5 anni bisognosi di aiuto) e nell’Italia Settentrionale (129.420 unità, pari al 30 per cento). In realtà la crisi ha tagliato il cibo sulle tavole della maggioranza della popolazione con 2 italiani su 3 (65 %) che hanno ridotto la quantità o ha tagliato sulla qualità della spesa per alimenti nel 2013, secondo le elaborazioni della Coldiretti. Gli acquisti di prodotti alimentari nel 2013 sono diminuiti del 3 per cento dall’inizio della crisi nel 2008, ma - sottolineala Coldiretti- è nel 2014 che si è toccato il fondo con le famiglie che hanno detto addio dalla pasta (-5 %) all’extravergine (-4 %), dal pesce (-7 %) alla verdura fresca (-4 %) nei primi due mesi rispetto allo stesso periodo del 2013. Gli italiani nei primi anni della crisi - precisala Coldiretti- hanno rinunciato soprattutto ad acquistare beni non essenziali, dall`abbigliamento alle calzature, ma poi hanno iniziato a tagliare anche sul cibo. Più di otto italiani su dieci (81 %) - concludela Coldiretti- non buttano il cibo scaduto con una percentuale che è aumentata del 18 % dall'inizio del 2014, secondo Waste watcher knowledge for Expo. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.wallstreetitalia.com/ Povertà "assoluta" si diffonde: colpisce un italiano su dieci Sono 6 milioni e 20mila e sono aumentati di 1 milione e 206mila: è il record dal 2005, da quando è cominciata la serie storica. di WSI Pubblicato il 14 luglio 2014| Ora 10:23 ROMA (WSI) - E pensare che in Svizzera è illegale essere poveri assoluti. Letteralmente. C'è una legge che vieta avere una somma cash inferiore a un certo limite. Se abitasse in Svizzera anziché in Italia una persona su dieci sarebbe dunque in condizioni di illegalità: i più poveri tra i poveri sono infatti 6 milioni e 20mila. Il numero è aumentato di 1 milione e 206mila rispetto al 2012 (il 9,9% rispetto all'8% del 2012) segnando un record dal 2005 cioè da quando è cominciata la diffusione di questa misura. A pesare in particolare, precisa l'Istat, è il peggioramento della situazione nel Mezzogiorno dove i poveri assoluti sono 3 milioni 72mila, cioè 725mila in più rispetto all'anno precedente. Anche le famiglie in povertà assoluta sono cresciute passando da 792mila a 1 milione 14mila (222mila famiglie in più). °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.unimondo.org/ Sovraffollamento e “svuota carceri” Giovedì, 17 Luglio 2014 Il problema del sovraffollamento carcerario è molto comune e sfortunatamente non infrequenti sono i casi denunciati da detenuti costretti a vivere in condizioni di vita degradanti e spesso pericolose. In Italia si registra un alto tasso di suicidi in carcere; l’ultimo aggiornamento al 30 giugno 2014 è di 21 casi di suicidio e un totale di morti in carcere di 73 (nel 2013 ammonta a 49 il numero di suicidi). Dati che fanno tremare e ci posizionano tra i Paesi con il più alto tasso di suicidi e più in generale con le condizioni carcerarie tra le peggiori in Europa. Il Consiglio d’Europa, sulla base del sondaggio SPACE I 2014 aggiornato al 1 gennaio 2014, stima che il numero di detenuti in Italia sia 62.533, la capienza regolamentare 47.040 per un tasso del 143,1% di sovraffollamento carcerario. PRISON STOCK ON 01 JANUARY 2014 Country Tot. number Tot capacity Prison density Prison population of prisoners of penal per 100 per 100.000 (including pre institutions places inhabitants 47.709 143.1 trial detainees) 01.01.2014 ITALY 62.536 Il Ministero di Giustizia pubblica i dati aggiornati al 30 giugno 2014 e si legge che il numero totale di detenuti dislocati nei 205 istituti penitenziari funzionanti è di 58.092 ma la capienza regolamentare è di 49.461. Quasi 1/5 della popolazione carceraria (9.999) è in attesa di primo giudizio mentre condannati con sentenza definitiva sono 36.926, di cui 11.601 sono stranieri. Dalle statistiche emerge che più del 50% dei reati commessi fa parte della categoria di reati “minori”, per i quali è prevista una pena detentiva da 1 a 6 anni. DETENUTI PRESENTI E CAPIENZA REGOLAMENTARE DEGLI ISTITUTI PENITENZIARI PER REGIONE DI DETENZIONE-SITUAZIONE AL 30 GIUGNO 2014 Regione di Numero Capienza Detenuti di cui di cui detenzione istituti regolamentare Presenti Donne Stranieri Totale Abruzzo 8 1.503 1.918 76 206 Basilicata 3 470 480 14 67 Calabria 13 2.626 2.589 56 302 Campania 17 6.087 7.570 352 910 Emilia 12 2.798 3.127 129 1.541 5 495 644 28 309 Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio 14 5.115 6.277 458 2.684 Liguria 7 823 963 26 408 Lombardia 19 6.075 8.297 499 3.744 Marche 7 823 963 26 408 Molise 3 276 382 0 43 Piemonte 13 3.833 3.912 147 1.799 Puglia 11 2.381 3.540 170 650 Sardegna 12 2.427 1.967 40 556 Sicilia 26 6.082 6.487 133 1.173 Toscana 18 3.344 3.620 136 1.785 Trentino Alto 2 509 348 16 246 Adige Umbria 4 1.314 1.526 50 498 Valle d’Aosta 1 180 144 0 91 Veneto 10 1.955 2.784 137 1.533 Totale 205 49.461 58.092 2.551 19.401 Nazionale E’ un concetto pacifico e diffuso quello che vuole che la civiltà di una nazione si misuri su come i membri più deboli e vulnerabili vengono trattati. Si può quindi affermare che le condizioni di detenzione e il sistema penitenziario facciano da “biglietto da visita” del Paese. Nel caso specifico dell’Italia, si sta mandando un messaggio sia a livello nazionale che internazionale altamente nocivo e distorto: si distorce il principio cardine del nostro sistema legale e penitenziario sulla funzione primaria della pena detentiva espresso dall’Art. 27 comma 3 della Costituzione che sancisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Stesso concetto ribadito dalla Legge 354/75 con cui l’ordinamento penitenziario recepisce il dettato Costituzionale e introduce misure alternative alla detenzione. La pena detentiva deve essere intesa come provvedimento di ultima istanza ma nei casi in cui la detenzione in carcere sia l’unica misura possibile, è imprescindibile che il soggetto subisca delle limitazioni personali, sia temporali che spaziali, intrinseche alla pena stessa, ma queste limitazioni devono essere controbilanciate dal rispetto dei principi fondamentali della persona, sanciti dalla Costituzione ma anche e soprattutto dai Trattati Internazionali. Come è noto, la Corte Europea dei Diritti Umani, con sede a Strasburgo, è intervenuta e si è occupata di definire il problema del sovraffollamento carcerario e una volta per tutte ha voluto dare una svolta a questa situazione. Alla Corte sono giunti numerosissimi ricorsi dall’Italia da parte di detenuti che lamentano gravi violazioni dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, che proibisce la tortura e ordina che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti”. In risposta a tutti questi ricorsi la Corte Europea dei Diritti Umani, l’8 Gennaio 2013 emana la cosiddetta “sentenza pilota” Torreggiani v Italia e impone all’Italia un termine entro il quale il Governo deve arginare il problema delle carceri e prevedere una serie di misure atte ad eliminare questa condizione in evidente violazione con i principi e diritti fondamentali dell’uomo. A dimostrazione della gravità del panorama carcerario italiano, porto ad esempio un caso singolare avvenuto appena prima che il Ministro Orlando e il Governo passassero il decreto conosciuto con il nome di “svuota carceri”. La England and Wales High Administrative Court, nel Marzo 2014 viene chiamata a giudicare sull’ammissibilità dell’estradizione di un soggetto destinato a scontare la pena in un carcere italiano. Sebbene non ci fosse nessuno specifico riferimento alla casa circondariale di Busto Arsizio (dati Antigone: capienza massima di 145, numero effettivo di detenuti 435) o Piacenza (omologato per 178, ospita 404 detenuti), gli stabilimenti “incriminati” nella sentenza Torreggiani e che presentano i maggiori problemi di sovraffollamento, la Corte Inglese, nella sua valutazione, giudica gli sforzi fatti dal governo Italiano insufficienti ad arginare una situazione cronica, come definita dalla Corte Europea, e arriva alla conclusione che il problema del sovraffollamento nelle carceri italiane è talmente grave e nettamente in violazione dell’art 3 della Convenzione Europea, da non assicurare al detenuto il godimento di condizioni carcerarie rispettose della persona e del diritto alla dignità umana. Per questa ragione rigetta l’istanza di estradizione. Il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti (CPT) afferma che il livello di sovraffollamento può essere esso stesso tale da essere ascritto tra i comportamenti inumani e degradanti e che “tutti i servizi e le attività in un carcere sono influenzati negativamente se occorre farsi carico di un numero di detenuti maggiore rispetto a quello per il quale l’istituto è stato progettato e la qualità della vita si abbassa”. Leggendo i dati del 2012 del Ministero di Giustizia, presi in esame ai tempi della sentenza Torreggiani, si nota un tasso di sovraffollamento del 148%. Nel Febbraio 2014 il Governo italiano passa il Decreto “svuota carceri” con cui si cerca di riportare i numeri entro limiti accettabili. Lo “svuota carceri” contiene una serie di interventi volti a migliorare nel breve periodo la situazione del sovraffollamento. In effetti si registra un miglioramento seppur lieve ma il tasso rimane sempre inaccettabile, intorno al 143%. Tra i punti più importanti, leggiamo un maggior uso del braccialetto elettronico nei casi di detenzione domiciliare, l’attenuante di lieve entità nel delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti diventa reato autonomo, scongiurando così pene sproporzionate; viene meno il divieto di disporre per più di due volte del trattamento terapeutico al servizio sociale del tossicodipendente condannato mentre ai minorenni tossicodipendenti accusati per piccolo spaccio sono applicabili le misure cautelari con invio in comunità. Inoltre viene previsto l’affidamento in prova, per cui il limite di pena anche residua si spinge fino a 4 anni e si rafforzano i poteri di urgenza del magistrato di sorveglianza. Viene prevista la liberazione anticipata che sale, in via temporanea, da 45 a 75 giorni a semestre previo valutazione di meritevolezza (esclusi condannati per mafia o altri gravi delitti). Acquista poi carattere permanente la detenzione domiciliare quando la pena detentiva non è superiore ai 18 mesi (anche pena residua), viene prevista l’espulsione dei detenuti stranieri che debbano scontare 2 anni di pena, di coloro che sono condannati per un delitto previsto dal TU sull’immigrazione purché la pena non superi i due anni e condannati stranieri per estorsione aggravata e rapina. Viene introdotta anche una particolare previsione che dovrebbe garantire o quantomeno prevedere la creazione presso il Ministero della Giustizia di un Garante nazionale dei diritti dei detenuti con il compito di vigilare sul rispetto dei diritti umani nelle carceri. Il termine imposto dalla sentenza pilota Torreggiani per correggere il sovraffollamento era il 28 Maggio 2014. La Commissione Europea dei Ministri, alla luce del provvedimento “svuota carceri” e dei nuovi numeri pubblicati dal Ministero della Giustizia (vedi tabella sopra), afferma che seppur insufficienti per risolvere il problema, i rimedi pensati e proposti dal Governo tendono positivamente a contenere e scoraggiare questa consuetudine. L’Italia si dice impegnata ad evitare che i detenuti debbano dividere una cella con altri due, quando è pensata per ospitarne uno, disponendo di uno spazio inferiore ai 3 m2. Il Governo da l’impressione che da ora in poi le attività di svago, lavoro e studio all’interno del carcere riprenderanno, che non ci saranno più problemi di accesso alle docce o di godimento dell’ora d’aria e che le condizioni igieniche come anche la privacy verranno rispettate rigorosamente. I riflettori rimangono puntati sull’Italia che non può permettersi di fallire nell’impresa di dimostrare di essere un Paese civile, rispettoso dei diritti fondamentali appartenenti a tutti, uomini o donne, stranieri o cittadini, detenuti o liberi, lo stesso Paese che fu tra i primi a volere e ratificare la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e altri trattati internazionali. Il percorso che il Governo deve fare è lungo, difficoltoso e le organizzazioni internazionali, associazioni che si occupano di monitorare le condizioni carcerarie, così come la stessa opinione pubblica si dicono scettici nel ritenere che lo “svuota carceri” sia la risposta giusta a questa situazione e spingono per un effettivo sforzo definitivo, chiedono un lavoro più ampio di riforma del diritto penitenziario e penale, atto ad eliminare contraddizioni, ripensare l’ambito di applicazione di misure alternative, prevedere una serie di incentivi e ridimensionare l’uso della detenzione in carcere. E’ giusto segnalare che nel frattempo, il 20 Giugno 2014, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato un decreto-legge contenente Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitoti in favore di detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione , all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile. Il provvedimento ha la funzione di adempiere alla direttiva europea che prevedeva un pagamento ai migliaia di ricorrenti di somme comprese tra 10.600 e 23.500 euro. Il prossimo e definitivo appuntamento con l’Europa è fissato nel Giugno 2015, durante il quale il Comitato europeo analizzerà nuovamente la situazione. Caterina Monestier da Pressenza.com °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://italian.cri.cn/ Onu: preoccupazione per la questione delle "donne di conforto" in Giappone 17 07 2014 Dal 15 al 16 luglio, a Ginevra, il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha tenuto una riunione per esaminare la sesta relazione periodica sull'attuazione delle disposizioni del "Patto internazionale sui diritti civili e politici" del Giappone. Nel frattempo, la questione delle "donne di conforto" è diventata il centro dell'attenzione. L'esperto del Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ed esperto in materia di diritti umani in Sud Africa, Zonke Zanele Majodina, ha affermato che le osservazioni e le azioni controverse del governo giapponese hanno danneggiato la sincerità delle scuse del Giappone sulla questione delle "donne di conforto". August Soto: continuo progresso della causa dei diritti umani in Cina 16 07 2014 Il 15 luglio il famoso esperto spagnolo di problemi della Cina, August Soto, ha pubblicato un articolo sul Quotidiano del Popolo, il primo grande giornale della Cina, in cui afferma che il popolo cinese gode di sempre maggiori libertà, risorse e diritti, e che la causa dei diritti umani della Cina continua ad ottenere sviluppi e progressi. Nell'articolo Soto afferma che il problema dei diritti umani è un compito comune della comunità internazionale, ed anche un tema in cui occorre considerare le diverse realtà dei vari paesi, senza definizioni intransigenti. Circa la causa dei diritti umani della Cina, la millenaria cultura tradizionale cinese ha impresso un concetto fondamentale nella mente dei cinesi, ossia la realizzazione dei diritti umani ha come base la sicurezza, e la garanzia della sopravvivenza e dello sviluppo dell'uomo tramite la garanzia della sicurezza corrisponde alla tutela del maggiore diritto umano. Soto osserva che i paesi europei apprezzano molto i risultati ottenuti dalla Cina nella realizzazione dello sviluppo del paese e nella soluzione del problema della povertà della popolazione. In alcuni decenni, 600 milioni di cinesi si sono emancipati dalla povertà, un record nella storia dell'umanità. Nel testo, Soto ribadisce che il problema dei diritti umani non è un problema di un unico paese o di una certa regione del mondo, ma ha stretto rapporto con lo sviluppo economico e con la vita della popolazione. Mentre la causa dei diritti umani della Cina è in continuo sviluppo, l' Europa ha di fronte le gravi sfide della crisi economica. In alcuni paesi europei, il livello di vita è sceso e il tasso di disoccupazione è salito a livelli inimmaginabili. Anche negli Usa esiste una situazione simile. Nel frattempo nei paesi occidentali sono emersi un gran numero dei problemi di corruzione di grandi compagnie e di politicanti. E' ormai una realtà indiscutibile la retrocessione dello sviluppo dei diritti umani nei paesi occidentali, e pochissimi fra questi possono autodefinirsi un "modello di diritti umani". °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.caserta24ore.it/ Caserta. IV Congresso dei Radicali per i “Diritti Umani e Riforma della Giustizia per gli Stati Uniti d’Europa Pubblicato il 20 luglio 2014 Il 19 Luglio si è tenuto il IV Congresso dei Radicali di Caserta dal tema: “Diritti Umani e Riforma della Giustizia per gli Stati Uniti d’Europa” che ha visto la partecipazione di numerose associazioni e la presenza della segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini. Tra gli intervenuti il dissidente iraniano Esmail Esmail Mohades, Antonio De Lucia della Democrat Youth Community of Europe, il Presidente della Croce Rossa Italiana di Caserta Caracciolo e la delegata internazionale Cri Elena Settino. Presenti inoltre i componenti del Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni, che hanno ricevuto il “I Premo Radicali Caserta per i diritti umani” e Michele Capano del Comitato Nazionale di Radicali Italiani. Inoltre hanno partecipato la deputata Camilla Sgambato, il senatore Vincenzo D’Anna, il Partito Socialista di Caserta, il direttore dell’Opinione Arturo Diaconale, Domenico Alessandro De Rossi e Enzo Farina della Lega Italiana per i diritti dell’Uomo. Presenti anche i componenti del “Progetto Colomba” organizzazione che si occupa di non violenza e tutela dei diritti umani in varie parti del mondo, Vincenzo Guida del PD, Alfonso Quarto dell’Associazione Giovani Avvocati, Antonella Soldo del Comitato Nazionale di Radicali Italiani e dell’ Associazione Luca Coscioni e Amedeo Barletta avvocato e docente di diritto, Giovanna Magna della Fondazione Angelo Affinito ONLUS, Fortunato Materazzo di CambiaMenti, Giuseppe Ferraro e l’avvocato Domenico Iaderosa. E’ intervenuto anche il sindaco di Cervino Angelo De Lucia. Sono state elette le nuove cariche dell’associazione, Domenico Letizia diviene il nuovo Segretario dei Radicali Caserta, Luca Bove il Presidente e Erminio Zona il tesoriere. Letizia dichiara: “Ci occuperemo della promozione e della tutela dei diritti umani a partire dalla giustizia con la nostra incessante richiesta di Amnistia”. Luca Bove dichiara: “In accordo con il nuovo segretario una delle prossime iniziative sarà un convegno sulla giustizia nel comune di Casal Di Principe con la presenza di Marco Pannella e Rita Bernardini. Inoltre, saremo sempre presenti a difesa dell’ambiente e della salute pubblica chiedendo l’attivazione del registro dei tumori in Campania”. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.radioradicale.it/ Diritti Umani e Riforma della Giustizia per gli Stati Uniti d'Europa - IV Congresso Associazione Radicali Caserta IV Congresso dell'Associazione Radicale "Legalità e Trasparenza" di Caserta L'audio integrale del'evento è reperibile qui: http://www.radioradicale.it/scheda/416628?format=32 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.marsalaoggi.it/ 16 luglio 2014 Presentata a Marsala la Lega per la Garanzia e la Tutela dei Diritti Umani Si è tenuta ieri a Marsala, presso la Pinacoteca Comunale di Piazza Carmine, la Conferenza Stampa di presentazione della nuova Associazione Onlus, “Lega per la Garanzia e la Tutela dei Diritti Umani – HUMAN RIGHTS ONLUS” con sede in Marsala. Nel corso della conferenza, in cui hanno relazionato: il Segretario Nazionale dell’Associazione, Cristoforo Maggio, e Luigi Maggio, responsabile dell’Ufficio Legale dell’Associazione stessa, è stato illustrato il piano d’azione e di intervento per l’anno in corso e discussi diversi progetti, tra cui: A) “ma la Sanità?” – intervento a difesa delle vittime di errori sanitari, per i diritti del malato e per i casi di mal practice medica, di errore medico/sanitario e, in generale, di malasanità nel rispetto del diritto alla salute. B) “giù le mani…” – intervento a difesa dei minori, vittime di violenza e abusi, e a tutela dei diritti del fanciullo - l’Associazione si concentrerà nell’attività di osservazione e di intervento a tutela dei diritti del fanciullo e a tutela delle vittime di abusi e violenza. L’intervento prevede anche incontri educativi con i minori nelle scuole, di concerto con professionisti e forze dell’ordine; C) “Centro ascolto genitori separati” – intervento a sostegno dell’impoverimento e del disagio sociale dei genitori separati. L’intervento prevede la costituzione di un centro d’ascolto gestito da volontari professionisti per l’ascolto dei genitori separati e per la tutela dei loro diritti; D) “Osservatorio sui diritti Umani dell’immigrato” – osservatorio sull’applicazione, il rispetto e la tutela dei diritti umani degli immigrati contro ogni violazione del diritto alla vita, alla salute, all’integrità psico-fisica e a garanzia della dignità degli immigrati; a questi si aggiungono un intervento a sostegno delle vittime di reati intenzionali violenti e sul diritto al risarcimento del danno degli stessi stante l’inadempimento dello Stato italiano a recepire la direttiva europea che prevede la costituzione di un fondo di garanzia. In aggiunta, la proposizione di un intervento sulla libertà di cronaca e critica in collaborazione con i mezzi di informazione locali/nazionali. Con l’apertura di questa nuova sede, l’Associazione intende offrire sostegno e tutela ai cittadini, operando in modo capillare su tutto il territorio Nazionale oltre che a livello regionale e provinciale. Tra gli obiettivi e scopi statutari dell’Associazione quelli di intraprendere ogni attività culturale, sociale, politica, formativa, giuridica e giudiziaria tesa alla promozione, alla attuazione, alla garanzia e alla tutela dei diritti universali inviolabili dell’uomo garantiti dalla Costituzione Italiana, dalla CEDU, dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo, dai Trattati Europei, dalle Convenzioni e dai principi di Diritto Internazionale generalmente riconosciuti. L’Ass.ne Lega per la Garanzia e la Tutela dei Diritti Umani – HUMAN RIGHTS ONLUS si prefigge di garantire il rispetto e di tutelare con ogni mezzo legittimo anche i diritti inviolabili dell’uomo sanciti dalla Costituzione Italiana e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) scendendo in campo nella lotta alla malasanità e, dunque, cercando di tutelare il fondamentale diritto dell’uomo alla Vita e alla Salute. Ed ancora, l’Associazione ha come scopo anche quello di promuovere, attuare e garantire la sicurezza, la legalità, la giustizia, la qualità dei prodotti e dei servizi, nonché la correttezza e la trasparenza nei rapporti commerciali e nei rapporti contrattuali in genere, l’educazione al consumo e all’uso del denaro, la prevenzione al sovraindebitamento e la lotta all’usura, l’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza, il razionale sfruttamento del territorio e delle risorse naturali. L’attività dell’Associazione Lega per la Garanzia e la Tutela dei Diritti Umani – HUMAN RIGHTS ONLUS si concretizza in attività di controllo, osservatorio, campagne di informazione, comunicazione, presentazioni, comunicati, supporto, tutela dei diritti dell’uomo e di ogni altra attività o mezzo che possa garantire all’uomo una corretta informazione e una adeguata tutela dei propri diritti. La su indicata Associazione ONLUS di Marsala, in persona del Suo legale rappresentante Maggio Cristoforo e con la collaborazione del personale ivi presente, potrà essere un punto di riferimento per l’intera comunità. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://it.blastingnews.com/ Onu: pericolose le strategie di vigilanza dei governi nell'era digitale 16-07-2014 - Gregorio Casabianca Gregorio Casabianca Navi Pillay giudica inaccettabile la mancanza di trasparenza in materia di vigilanza digitale. Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha dichiarato che la vigilanza massiva dei governi nell'era di Internet, si sta trasformando in "un'abitudine pericolosa". Alla presentazione del rapporto sul tema "Il diritto alla privacy nell'era digitale", ha precisato come esista una carenza "preoccupante" di trasparenza in merito alle politiche e pratiche di vigilanza governativa in rete. Il rapporto segnala, inoltre, che in molti paesi non esiste nessuna regolamentazione legale del tema, o, quando sussiste, si nota un'applicazione non adeguata della stessa. Mancano, inoltre, garanzie processuali chiare, ed una supervisione efficace sul tema: anzi, viene data carta bianca alle imprese per facilitare l'accesso alle informazioni e ai dati virtuali, senza neppure il consenso da parte degli utenti. Tale situazione, precisa ancora Pillay, di fatto impredisce la possibilità anche solo di verificare eventuali violazioni dei diritti umani, nonostante il diritto alla privacy, "sia sancito giuridicamente a livello internazionale". Durante un anno, Pillay ed i suoi collaboratori hanno analizzato le leggi nazionali ed internazionali esistenti, hanno inviato questionari alle differenti Istituzioni governative e non dei Paesi membri, a seguito di una petizione dell'Assemblea delle Nazioni Unite nel passato dicembre. La conclusione dell'informativa è drammatica: "le piattaforme tecnologiche dalle quali dipendono sempre più la vita politica, economica e sociale mondiale, non solo sono vulnerabili alla vigilanza massiva, ma in realtà la facilitano". Il rapporto invita fermamente gli Stati a stabilire istituzioni indipendenti al fine di monitorare il fenomeno, aggiungendo che "qualsiasi dato digitale catturato è potenzialmente un'interferenza alla vita privata dei cittadini, e, ancor di più, rappresenta un'ingerenza al diritto alla privacy, la raccolta e la conservazione sistematica di tali dati da parte dei governi". Altro aspetto inquietante, è la crescente dipendenza da parte dei governi, del settore privato, nel mettere in atto la vigilanza digitale: una compagnia che fornisce dati al governo statale, in risposta ad una richiesta che contravvenga di fatto le norme fondamentali sui diritti umani, "si rende complice dei governi, abusando dei diritti umani dei cittadini". "Il flusso costante - conclude la Commissaria - di nuove informazioni sul tema, dimostra come sappiamo ancora troppo poco sulla natura precisa di questa vigilanza digitale, e a quale grado realmente si stanno violando i nostri diritti". °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.articolo21.org/ Medici per i Diritti umani: l’offensiva militare sta aggravando la crisi già in atto nel sistema sanitario di Gaza Sempre più grave la carenza di attrezzature mediche, di medicinali e di carburante e preoccupanti i danni agli impianti medici, personale medico e mezzi di soccorso di emergenza. L’offensiva sta provocando un ulteriore deterioramento del sistema sanitario palestinese già di per se in crisi e potrebbe determinare il suo collasso. Già seriamente deteriorate dalla crisi del sistema sanitario – crisi definita dal Ministero della Sanità palestinese, come la più grave dalla chiusura della Striscia di Gaza nel 2007 – le strutture sanitarie palestinesi si trovano in questi giorni ad affrontare ulteriori stati di emergenza con un crescente numero di feriti che arriva ad oltre 500 finora. L’ 8 di luglio il Ministero della Salute della Striscia di Gaza ha dichiarato lo stato di emergenza disponendo che tutte gli interventi sanitari pianificati ma non urgenti siano sospesi, che sia alzato lo stato di emergenza in tutte le strutture e che tutti gli operatori sanitari siano richiamati da ogni tipo di congedo e che siano congelate ferie e permessi. Secondo i funzionari della Striscia di Gaza, le attrezzature mediche stanno diventando insufficienti per garantire un adeguato funzionamento degli ospedali. Dalle informazioni che Medici per i Diritti Umani Israele (Physicians for Human Rights Israele – PHR Israele) ha ricevuto dai funzionari incaricati di gestire gli approvvigionamenti a Gaza, 471 tipi di forniture mediche di consumo, tra cui le garze, iniziano a mancare; circa il 30% delle forniture di farmaci di base – 122 diversi tipi di prodotti farmaceutici- non sono più disponibili e tra questi anestetici e prodotti da infusione endovenosa. Il personale medico di Gaza ha testimoniato direttamente a PHR-Israele la situazione di grave crisi che sta affrontando: l’Ospedale Shiefa – il più grande ospedale della Striscia di Gaza, che dall’inizio dell’offensiva ha curato oltre la metà dei feriti, si è trovato costretto a usare le forniture di emergenza che saranno però sufficienti solo per i prossimi due giorni; lo staff medico dell’ospedale Alodda di Jabaliya è costretto a improvvisare e trovare alternative per i materiali di base; le equipe delle sale operatorie hanno dovuto utilizzare filo comune da sarta al posto del filo sterile da sutura sterilizzandolo manualmente per limitare le infezioni. Nei giorni scorsi PHR-Israele ha ricevuto segnalazioni di danni agli edifici delle strutture ospedaliere e al personale medico. L’Euoropean Gaza Hospital di Khan Younis è stato colpito due volte negli ultimi giorni a seguito di bombardamenti aerei. Il portavoce dell’ospedale ha riferito che l’esplosione che ha avuto luogo ieri (9 luglio 2014) nei pressi dell’ospedale ha causato gravi danni alla struttura e il ferimento di 17 persone ricoverate tra cui donne e bambini. A seguito dei bombardamenti sono crollati i controsoffitti in cartongesso nel reparto di terapia intensiva, pediatria, dell’ingresso dell’ospedale e della sala d’attesa. In altri reparti, tra cui medicina interna, cardiologia e chirurgia pediatrica, le finestre sono andate in frantumi coprendo di schegge di vetro tutti gli allestimenti. L’ospedale è stato costretto ad evacuare il Dipartimento di Pediatria e a chiudere tutti i servizi ambulatoriali. L’organizzazione della Mezzaluna Rossa riferisce che ieri sera alle 21:30, il pronto soccorso e il dipartimento che gestisce il servizio di ambulanze a Jabaliya e che serve una popolazione di circa 350.000 persone, è stato colpito da bombardamenti aerei. Dodici tra medici e volontari sono rimasti feriti e tre di loro sono stati ricoverati per ricevere ulteriori trattamenti mentre gli altri sono già rientrati in servizio. Tre ambulanze su otto sono state gravemente danneggiate e non possono più essere utilizzate. I gravi danno subiti dalla struttura hanno indotto alla chiusura di tutti i servizi erogati che verranno da adesso parzialmente forniti ai residenti direttamente dalla città di Gaza. Ieri (9 luglio 2014), PMRS (Palestinian Medical Relief Society), un’ organizzazione di volontariato che opera in ambito sanitario, ha riferito di gravi danni subiti dal Centro Medico dell’organizzazione che si trova a Beit Hanoun a seguito di pesanti bombardamenti avvenuti nella zona. La notte stessa la linea di emergenza civile (101), che consente l’arrivo delle squadre di soccorso, è stata tagliata. Oltre ad aggravare la situazione del sistema sanitario palestinese, ormai vicino al collasso, e a provocare ingenti danni strutturali a molti centri medici, i bombardamenti stanno rendendo sempre piu difficile l’approvvigionamento di gasolio necessario per il funzionamento degli ospedali di Gaza. La carenza di gasolio ovviamente si ripercuote anche sui soccorsi in emergenza e in particolare sull’ autonomia e possibilità di movimento di ambulanze sul territorio: ad oggi il Ministero della Sanità palestinese si è già visto costretto a ridurre del 50% gli interventi dei mezzi di soccorso. Più di due settimane fa lo stesso Ministero aveva avvertito che le riserve di carburante stavano diminuendo e che il carburante disponibili avrebbe coperto solo il 20% delle richieste. I danni agli ospedali e ai centri medici e i pesanti bombardamenti aerei rappresentano una minaccia all’incolumità dei medici e dei pazienti, violano il principio di neutralità dell’assistenza medica e ignorano la speciale protezione accordata alle squadre di soccorso sulla base del loro status e del ruolo vitale che ricoprono in questa emergenza sanitaria. Qualora la situazione dovesse continuare ad aggravarsi, potrebbe essere messa in serie discussione la possibilità dei medici di continuare a prestare servizio per salvare vite umane. PHR-Israele chiede che lo Stato di Israele fermi l’offensiva militare e qualsiasi attacco diretto o in prossimità delle strutture e infrastrutture mediche e delle squadre mediche e di soccorso. ”Seriamente preoccupati per la vita e il benessere di tutti i residenti della zona, facciamo un appello allo Stato di Israele: fermate i bombardamenti e ogni sorta di incitamento alla violenza. Non volgiamo più vittime e feriti. Date priorità alla vita, alla salute e ai diritti di tutti gli esseri umani. Fermate le operazioni militari che stanno causando soltanto distruzioni e un crescente senso di vendetta. Non in nostro nome deve proseguire la distruzione. E’ giunto il momento di dirottare le risorse e le energie impiegate per fare la guerra, per porre fine all’occupazione e sposare una nuova visione della realtà”. 12 luglio 2014 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.datamanager.it/ Putin: cyber spionaggio violazione dei diritti umani Il presidente russo si scaglia contro le pratiche di spionaggio, frutto dell’ipocrisia e limitazione alla sovranità statale Ad un anno dal Datagate la Russia si dice pronta, assieme ad altri paesi, a sviluppare un sistema di sicurezza informatica internazionale. Vladimir Putin si esprime chiaramente contro le azioni di spionaggio cibernetico effettuate dall’americana National Security Agency e dalle controparti europee, nei confronti dei paesi aderenti all’Unione e, peraltro, partner degli stessi Stati Uniti. “Si tratta di un eccesso di ipocrisia nelle relazioni tra gli alleati – ha spiegato Putin nel corso di un incontro in vista dell’inizio di un tour in America Latina che parte oggi – ma anche di una chiara violazione dei diritti umani e violazione della privacy. Per questo – continua il presidente russo – stiamo studiando come costruire una piattaforma di sicurezza internazionale”. Russia contro NSA L’obiettivo di Putin è quello di consolidare presso la comunità internazionale la convinzione che la sicurezza informatica e la privacy sono valori globali e indivisibili, alla base della moderna società dell’informazione. “Il mondo del 21esimo secolo è globalizzato e interdipendente pertanto non vi è stato o gruppo che possa arroccarsi il diritto di stabilire uno strumento esclusivo e parallelo per la sicurezza dei cittadini”. Il parere di Putin, e della comunità internazionale, è che le azioni della NSA si siano dimostrate inefficaci per sconfiggere il terrorismo (seppur l’agenzia affermi il contrario) e che rappresentino quindi solo un’invasione ingiustificata nella privacy dei cittadini di tutto il mondo. “In modo da poter superare le sfide e i problemi del futuro, dobbiamo riformulare il contesto attuale – ha concluso Putin – le metodologie utilizzate finora non solo non hanno facilitato la risoluzione dei conflitti ma hanno anche portato instabilità e caos all’interno dei già precari equilibri internazionali”. °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://www.lettera43.it/ Movements.org, crowdsourcing per i diritti umani Un sito Usa mette in contatto dissidenti con avvocati e giornalisti. Per offrire aiuto e assistenza. di Gabriella Colarusso Dopo tre anni di sperimentazione, e grazie ai 250 mila dollari donati da Google per far partire il progetto, a fine giugno Advancing Human Rights (Ahr), Organizzazione no profit fondata nel 2010 da Robert L. Bernstein, ha lanciato la nuova versione di Movements.org, una piattaforma online che consente ai dissidenti di ogni parte del mondo, dalla Cina allo Yemen, dalla Russia all'Egitto, di mettersi in contatto con avvocati, giornalisti, attivisti e ricevere aiuto e assistenza. Crowdsourcing per i diritti umani. AIUTO PER GLI ATTIVISTI. Il progetto Movements è nato in realtà nel 2011, ma la fase di testing si è conclusa solo a giugno: a differenza di quanto accaduto finora, la nuova piattaforma consentirà agli attivisti e ai dissidenti di contattare direttamente i professionisti di cui hanno bisogno senza che qualcuno di Ahr faccia da mediatore, ha spiegato al Daily Beast Davide Keyes, direttore della Ong. «Coinvolgere professionisti di tutto il mondo e farli impegnare affinché diano una mano ai dissidenti», è la filosofia del progetto, «può essere un moltiplicatore di forza per promuovere i diritti umani in società autoritarie». GARANZIA DELLA PRIVACY. La piattaforma cerca di garantire il massimo della privacy a chi si iscrive, ma, avvertono gli sviluppatori, «nessun sistema digitale è sicuro al 100%». «La tua sicurezza dipende anche da te», si legge nella guida all'utilizzo del sito. «Ti preghiamo di usare questo sito e di non fornire a nessuno informazioni personali che possano contribuire a identificarti o il tuo indirizzo email fino a quando non sei sicuro che la tua controparte sia affidabile». CONTROLLI SUGLI UTENTI. Un sistema di rating misura poi l'affidabilità degli interlocutori, ma i controlli vengono effettuati anche dai gestori del progetto. La struttura della piattaforma è stata idea dagli sviluppatori di Guerrilla Software, mentre il sistema di sicurezza è stato messo a punto da Ronin Analytics, studio che si occupa di cyber intelligence e cyber security. CENTINAIA DI CONTATTI. Dal 2011 a oggi, centinaia di attivisti si sono rivolti a Movements.org. Due siriani in fuga dalla guerra hanno trovato assistenza legale da uno studio di New York per chiedere l'asilo politico. Un attivista saudita è riuscito a mettersi in contatto con funzionari del governo di Berlino per avere informazioni sulle leggi tedesche contro l'hate-speech. Un policy maker americano, invece, ha usato la piattaforma per raccogliere le testimonianze delle famiglie dei dissidenti politici iraniani arrestati dal regime di Teheran. Storie molto diverse tra loro, ma accomunate da una stessa sfida: usare la tecnologia per difendere i diritti umani, ovunque nel mondo. Sabato, 12 Luglio 2014 °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° http://it.radiovaticana.va/ Riconoscimento dei diritti dei minori rom: una realtà ancora lontana Sgomberati per due volte in due giorni, senza le garanzie previste dagli standard internazionali, e abbandonati a se stessi. Per 39 rom presenti nella Capitale nessuna soluzione abitativa alternativa ai campi abusivi è stata individuata dalle autorità capitoline. L’Associazione 21 luglio e Amnesty International rivolgono in tal senso un appello urgente al sindaco, Marino. Le violazioni dei diritti umani nei confronti di questa minoranza sono frequenti. Di tutela dei diritti e della prevenzione dell’esclusione in particolare dei minori rom, si è parlato in un recente convegno promosso a Roma da UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e dall’Unione Forense per la tutela dei diritti umani. "Se non cominciamo dalle politiche per i bambini il problema della marginalizzazione dei Rom sarà destinato ad amplificarsi nel futuro anziché ridursi", ha affermato Marco De Giorgi, direttore dell'Unar. Ma nei confronti dei rom si può parlare davvero di razzismo in Italia? Adriana Masotti lo ha chiesto a Pietro Vulpiani dello stesso Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali: R. – Consideriamo che i rom sono la prima minoranza etnica europea. In tutti i Paesi europei riscontriamo un numero ingente di casi di discriminazione. Anche in Italia sono il gruppo maggiormente discriminato sia nell’accesso a beni e servizi, che nelle relazioni con le istituzioni, che nell’accesso all’alloggio, al lavoro… D. – Quindi è più corretto parlare di discriminazione piuttosto che di razzismo? R. – C’è anche quello. La caratteristica rispetto alle altre forme di discriminazione nei confronti di altre comunità è che il comportamento individuale, nel caso dei rom, viene esteso all’intera collettività. A livello storico sono sempre stati profondamente stigmatizzati e negli ultimi 20 anni abbiamo avuto una crescita di questo processo di criminalizzazione nei loro confronti, che ha portato ad una vera e propria marginalizzazione un po’ in tutte le regioni d’ Italia. D. – Qual è il dato principale emerso dal Convegno che si è tenuto nei giorni scorsi? R. – Il Convegno affrontava il tema dei minori, un tema estremamente complesso per quanto riguarda i rom. Perché, da una parte, all’interno delle comunità c’è una risposta a questa situazione di rifiuto, che si traduce in una chiusura: una chiusura che però per i minori si pone anche nei termini di un’ “adultizzazione” dei minori stessi che vengono visti già come degli adulti. Quindi c’è la tendenza a non mandare i bambini a scuola, a non rivendicare il loro diritto alla salute ecc…. Da parte nostra, questa “adultizzazione” produce l’idea che il minore sia come un adulto e quindi possa essere discriminato, vessato. C’è una sorta di disumanizzazione del minore, che non viene percepito come soggetto di tutela. Il lavoro sui minori è un lavoro particolarmente importante perché investire sulle donne e sui minori significa seminare un cambiamento culturale profondo che le nuove generazioni vedranno. D. – Quindi si lavora per un cambiamento a partire dai bambini, un cambiamento anche dei rom stessi. Ma che cosa significa per voi integrazione di questo particolare popolo nella società di oggi? R. – Per noi è molto semplice. Il nostro obiettivo è quello di rimuovere quegli ostacoli strutturali o simbolici che impediscono al rom di avere accesso ai suoi diritti. Il problema è soltanto questo, che c’è da una parte una tendenza ormai storica all’esclusione e dall’altra, un’analoga tendenza alla auto-esclusione. Tutti e due gli elementi vanno scardinati. D. - Si è già cominciato a cambiare qualcosa, in quanto ai tempi che cosa si prevede? R. – Consideriamo che fino a pochi anni fa era impensabile avere una capacità di negoziazione, di discussione, di confronto, di dialogo con l’universo rom. Ora abbiamo tavoli nazionali, regionali e locali dei quali fanno parte anche gli stessi rom che entrano nei processi decisionali, per dare suggerimenti, per dare idee, per spiegare come riuscire a superare ostacoli che altrimenti resterebbero tali per le istituzioni che sono troppo lontane da un gruppo-bersaglio così vulnerabile ma anche così difficile da raggiungere. Però, è chiaro si tratta di processi culturali lunghi. D. – L’importante è che ci sia la volontà, in tutti i sensi, anche la volontà politica di andare avanti… R. – Quello è un elemento fondamentale. E’ chiaro che l’argomento è un argomento impopolare che non genera consensi elettorali. Per cui c’è bisogno di una responsabilizzazione delle istituzioni locali e dei nostri politici, per fare in modo che ci sia un cambiamento radicale che permetta il miglioramento della qualità della vita. Non solo per i rom, ma anche per tutti gli altri. Perché migliorare le condizioni di vita dei rom significa migliorare le condizioni di vita di tutti coloro che vivono in prossimità con i rom stessi. Dobbiamo capire che da questo processo di crescita culturale c’è un miglioramento che riguarda tutti noi.
© Copyright 2024 Paperzz