documento base politiche aziendali popolazioni migranti 2013/2014

DOCUMENTO BASE
POLITICHE AZIENDALI POPOLAZIONI MIGRANTI
2013/2014
a cura della dr. Anna Domenichelli
si ringraziano per la collaborazione tutte le Unità Operative citate
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INDICE
1. Premessa
4
2. Dati demografici
12
3. Immigrazione e lavoro in provincia di Arezzo
32
4. Valutazioni epidemiologiche
34
5. Screening oncologico
48
6. Assistenza domiciliare integrata cittadini stranieri
49
7. Sanità d’iniziativa cittadini stranieri
49
8. Servizio mediazione linguistico culturale
50
9. Normativa per iscrizione SSN dei cittadini non italiani presenti in Italia
55
10. Riferimenti normativi
58
11. Progetti nuovi
67
12. Esperienze dell’Azienda USL 8
89
13. Conclusioni
116
NOTA:
Progetti confermati:
Progetto di integrazione e partecipazione ASL/Provincia: “PIS: Percorsi di integrazione
Sociale”
Realizzazione di una rete di interventi per la Prevenzione e la gestione delle malattie infettive
nella popolazione immigrata (Dipartimento Prevenzione)
Progetti formativi per personale medico e di comparto dipendente e per lavoratori immigrati
(Dipartimento Prevenzione)
Popolazioni immigrate e lotta alle diseguaglianze (U.O. Educazione alla Salute)
Promozione di stili di vita sani nella popolazione di giovani casentinesi, in particolare per i
rischi connessi all'uso e abuso di alcool (SerT)
Progetto informativo in varie lingue e sito web (SerT)
Maternità ed intercultura: corsi di accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno
genitoriali fino al puerperio alle popolazioni straniere con difficoltà linguistico-culturali
(CONSULTORI)
Collaborazione con Centro Basaglia ed UCODEP (Salute Mentale)
Costituzione team clinici specifici (Salute Mentale)
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Premessa
Nel settembre 2013 si è svolta la Convention dei Servizi Socio Sanitari della ASL 8 di Arezzo.
Tra i seminari richiamiamo quello avente come tema ed oggetto: “Politiche per l’immigrazione e la
cooperazione”.
Nel seminario sono stati illustrati i seguenti obiettivi perseguiti e tracciati dai relatori:
identificare i bisogni socio-sanitari dei cittadini stranieri che richiedono la nostra opera,
transitando dal "concetto di paziente al concetto di persona";
approcciarsi alle persone, o cittadini, stranieri e non, con una nuova ottica capace di superare
le criticità ancora presenti nei nostri servizi, che ne impediscono la fruizione libera e
consapevole;
anticipare i bisogni, utilizzando quanto più possibile strumenti capaci di garantire le
informazioni utili a comprendere al meglio il funzionamento e le modalità di accesso ai servizi
socio-sanitari;
assicurare eventi formativi continui rivolti agli operatori della salute, allo scopo di rendere
quanto più efficiente ed efficace, quindi di qualità, i nostri servizi, che già hanno un alto grado
di eccellenza.
Nel seminario è stato introdotto il tema immigrazione nel contesto italiano, sono stati forniti dati utili
anche alla comprensione del fenomeno migratorio nella sua globalità, facilitando la comprensione
delle sue caratteristiche strutturali, anche se in evoluzione e molto dinamiche, affermando la necessità
e utilità del fenomeno migratorio per il nostro Paese.
La piena e cosciente adesione da parte degli operatori della salute ai principi di equità solidarietà e
partecipazione, oltre ha migliorare la coesione sociale, garantiscono la visione corretta e appropriata
al fenomeno migratorio nel contesto di cura, assistenza, riabilitazione, e prevenzione. Si propone
anche un superamento dell'assistenza vista come relazione tecnica tra professionista e cliente, tipica
dello schema della relazione di aiuto, per introdurre nuovi paradigmi nel processo assistenziale,
spostando il processo di nursing al processo di dialogo, e dalla relazione d'aiuto arrivare alla relazione
tra persone.
La metodologia su cui poggia il suo percorso è "l'approccio transculturale ", visto e vissuto come un
incontro tra l'infermieristica e l'antropologia. Attraverso questa esperienza metodologica è stato
evidenziato, tra gli altri elementi, come il "pregiudizio" gioca un ruolo strategico e trasversale nel modo
di affrontare la professione. Proprio per questo, avvalendosi di metodologie didattiche, si vuole portare
i discenti ad avvicinarsi al tema della diversità per favorire il superamento delle disuguaglianze
nell'assistenza. Inoltre si auspica che la formazione continua degli operatori della salute tutti, possa far
mantenere quel grado di eccellenza faticosamente conquistato negli anni dai nostri servizi, tanto più
che si affaccia nel nostro contesto sociale il rischio di esclusione, dovuto sì all'aumento della
popolazione in povertà, ma non esclusivo dei nostri cittadini stranieri.
Si è parlato delle problematiche dell'immigrazione in Italia, puntualizzando che parte delle malattie
infettive di rilievo epidemiologico nella popolazione migrante sono patologia contratte nel paese
d'origine, e poi rilevate o aggravate nel paese ospite, l'Italia appunto, a causa dell'esposizione a fattori
di rischio sociali quali: prostituzione, detenzione, sovraffollamento abitativo, ecc. Si è sottolineato
l'aumento del rischio d'incidenza delle infezioni da HIV in gruppi di cittadini stranieri residenti nella
nostra provincia, con appartenenza etnica specifica, provenienti dalla Nigeria o Brasile, dove la
positività all' HIV è particolarmente diffusa. Alcuni non sanno di essere positivi e questo aumenta il
rischio di diffusione del virus. La causa potrebbe essere ricercata nella dinamica di "chiusura sociale"
del gruppo etnico stesso, o della mancanza di consapevolezza\conoscenza del fenomeno stesso, che
porta ad una sottovalutazione del rischio. Dobbiamo quindi da affrontare un problema "culturale",
auspicando un nuovo approccio, magari con una nuova "formula d'inclusione". Sicuramente agire
nella formazione degli operatori della salute aiuterebbe in questo processo. Anche per la TBC si
registra un'aumentata dell'incidenza in gruppi di cittadini stranieri residenti nella nostra provincia, e con
le stesse dinamiche sopra citate. Per poter fornire risposte adeguate al fenomeno, da parte dei nostri
servizi, va ampliato, approfondito, e studiato il fenomeno delle nuove povertà, anche perchè coinvolge
sempre di più la popolazione italiana. Il rischio di esclusione socio-sanitaria aumenta, e aumentano in
contemporanea le fragilità. Infatti poter usufruire di cure mediche, e in genere di servizi socio-sanitari,
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in maniera libera e piena diventa difficile quando la mancanza di risorse finanziarie, e le condizioni
sociali e lavorativi si degradano (lavoro nero o sottopagato, contesti abitativi degradanti, ecc.). Anche
qui si vede rilanciato il ruolo fondamentale della formazione degli operatori della salute, che
potrebbero da un lato cogliere al meglio i vari aspetti e sfumature di una società in evoluzione,
sensibilizzando se stesso; dall'altro lato agire con azioni più ampia di sensibilizzazione in politica
sanitaria. Infatti è di fondamentale importanza sostenere politiche di solidarietà appropriate e mirate
verso fasce di popolazione svantaggiata, che siano cittadini stranieri o italiani. Fondamentale è quindi
il coinvolgimento e la messa in rete degli Enti pubblici e privati territoriali, Regione, Provincia,
Comune, ASL, ecc; nel governare il fenomeno con l'obiettivo di creare metodologie e strumenti
condivisi, allo scopo di perseguire efficacia ed efficienza del nostro Sistema Sanitario Pubblico. A tale
scopo si identificano i seguenti punti di forza su cui puntare:
1. Analisi a monte dei bisogni socio-sanitari.
2. La prevenzione, specie nell'ambito dell'educazione alla salute.
3. Formazione Permanente in Medicina.
4. Supporto della mediazione linguistica-culturale.
5. Miglioramento dell'assistenza agli immigrati irregolari.
7. Approccio multidisciplinare alla persona.
Durante il seminario è stato illustrato il progetto "PASSI" e i corretti stili di vita, nello specifico il numero
dei pasti da consumare e qualità degli alimenti raccomandati per ridurre il rischio di sovrappeso e
obesità, che ormai è considerata vera e propria epidemia (un terzo dei nostri giovani italiani è obeso e
sedentario). Difatti malattie come il diabete sono sempre più presenti in popolazioni di cittadini
stranieri, non solo per ragioni culturali che vedono il consumo di cibi etnici, ma più correttamente per
erronei stili di vita. Inoltre si fa presente come il consumo di prodotti a basso costo, la tendenza al
risparmio, la scarsità di prospettive lavorative, incidono sulle scelte alimentari.
Da attuali ricerche si evidenzia che non ci sono diversità di cittadinanza nella popolazione italiana e
quella straniera, ma diversità nell' approcciarsi al consumo di cibo sano, influenzato nelle scelte oltre
che dal reddito anche dal livello d'istruzione individuale; infatti tanto più il cittadino straniero, o italiano
che sia, è istruito tanto più si alimentare con cibi "sani", intendendo per sano ciò che nutre, ciò che fa
bene. Sempre in questi studi si evidenzia che i cittadini stranieri in Italia prediligono il cibo dei fast food
per il 62%, e il 76% mangiano in ristoranti o pizzeria. Una proposta per la prevenzione è quella di
istituire un corso di formazione per individuare un cooking-leader per facilitare la comunicazione, e
formazione, per la popolazione straniera, oltre all'introduzione di cibi etnici nelle mense scolastiche.
Sono state illustrate le iniziative e l'offerta data dai Consultori di Arezzo e comuni limitrofi (visite di
controllo, corsi di accompagnamento alla nascita, spazio giovani, promozione dell'allattamento
materno, ecc.).
Importante e forte elemento di riflessione sono state le proiezioni statistiche 2010 del Consultorio di
Arezzo, dove si evidenziano degli indicatori di squilibrio notevoli nella popolazione delle donne
straniere. A tale proposito ricordiamo che, presso il Consultorio di Arezzo, per quanto riguarda
l'interruzione volontario della gravidanza (IVG) ben il 61% interessa le donne straniere residenti nel
Comune di Arezzo, e solo il 25% utilizza il servizio consultoriale per la contraccezione; anche per
questo è attualmente attivo il progetto di "Peer Education" incentrato sulla divulgazione della
contraccezione allo scopo di prevenire il rischio dell'aborto ripetuto e inappropriato. Sono state
presentate alcune future iniziative della Casa delle Culture nel Comune di Arezzo, struttura dedicata
all'incontro e alla "contaminazione" tra le diverse culture presenti in città e la popolazione autoctona.
Uno spazio dov'è possibile scambiare e confrontarsi con stili, culture, proposte, azioni e idee. Qui è
possibile trovare:
- uno sportello informativo dei servizi al cittadino straniero;
- sale incontri e feste per comunità straniere o per altri enti e associazioni;
- sale per riunioni;
- aule (corsi di lingua italiana, doposcuola, corsi di teatro, corsi di cucina);
- sala polivalente per mostre, rassegne cinematografiche, rassegne teatrali, seminari, presentazione di
libri.
Inoltre, è stata riportata l'esperienza maturata al Tavolo immigrati istituito nella Zona Distretto di
Arezzo, sottolineando che le risposte ai bisogni non possono che essere multidisciplinari; infatti il
"Tavolo per l'Immigrazione" non è solo composto da tecnici del socio-sanitario, ma anche da
rappresentanti delle istituzioni pubbliche, il così detto terzo settore (cooperative, organizzazioni Onlus
e ONG, ecc.), le Associazioni di migranti, le Associazioni di categoria. Questo organismo ha
evidenziato come criticità la necessità di realizzare un diverso modo di comunicare tra i vari Istituti
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(Comune, Provincia, ASL 8, ecc.) e la cittadinanza tutta. Inoltre, si sottolinea che forte e costante è la
richiesta del bisogno formativo, specie per gli operatori socio-sanitari. Altro punto focalizzato è la
necessità di orientare ed informare al meglio i cittadini tutti, italiani e stranieri, verso i servizi.
Sono state riportate le esperienze del CCM (Chronic Care Model) rispetto alla malattia diabetica,
proponendo l'istituzione di tavoli specifici per l'individuazione delle criticità e per le risposte possibili
future.
Durante il seminario sono state date Informazioni su altri progetti che hanno avuto un buon impatto
sulla popolazione, nell'ottica della medicina proattiva, incentrati sull'educazione alla salute, ricordiamo
a tale proposito le varie iniziative nel territorio dedicate alla promozione della salute svoltesi in vari
contesti pubblici come la "Festa dei Popoli" di Arezzo, le campagne di prevenzione promosse
all'interno dei supermercati del nostro territorio, e altre ancora.
E’ stato argomentato come il diritto alla salute per ogni cittadino, straniero ed italiano, sia ormai
diventato patrimonio comune e come il concetto universalistico della tutela della salute sia risorsa e
patrimonio esportabile in altre aree del mondo.
E’ stato esplicitato come la cooperazione internazionale sia utile e necessaria a tale scopo e, a
sostegno di questo, sono stati elencati progetti internazionali di cui la nostra ASL 8 è stata ed è
coinvolta: Libano (2008/2014), Uganda, Ciad, Repubblica Domenicana.
Infine è stata data l’informativa sulle iniziative fatte e in divenire dalla Regione Toscana.
Conclusioni
In tutte le relazioni, ma anche nei vari interventi trascritti e scelti tra i tanti, si colgono degli aspetti in
comune, uno fra tutti il desiderio, bisogno, necessità di formazione.
Un punto importante è la volontà di creare percorsi formativi che vedono maggiormente e
specificamente coinvolti, non tanto cittadini o gruppi etnici di stranieri, ma gli operatori socio-sanitari
tutti.
Una formazione capace di parlare non solo con i numeri e le normative, ma capace di calarsi nel
concreto dialogo quotidiano tra le persone.
Uscire dall' etnocentrismo professionale facilita e sostiene un "dialogo tra le persone", capace di
superare gli ostacoli che troviamo quotidianamente nell'approcciarci a sistemi complessi come quello
socio-sanitario. Prendersi cura dei nostri cittadini tutti, nell'ottica delle pari opportunità, dà senso
compiuto al nostro lavoro quotidiano di "Servitori dello Stato".
Va sottolineato che nel lavoro qui proposto non si coglie o rileva mai una criticità nei servizi sociosanitari erogati, ma solo una percezione e volontà che si possano migliorare; questo senza
autoreferenzialismi o compromessi visto che la cittadinanza straniera, come quella italiana, denuncia
le stesse carenze (ad esempio i tempi d'attesa per l'erogazione di esami diagnostici, o del Pronto
Soccorso, oppure la difficoltà nell'orientarsi ed informarsi presso i servizi di base, in primis Medici di
Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta.
Si rileva anche come i servizi socio-sanitari si avvalgono del contributo, in maniera appropriata, della
mediazione linguistico-culturale, e di come risulti utile e necessario.
Premessa alla riorganizzazione aziendale del settore della Assistenza alla popolazione
migrante e della Cooperazione Sanitaria Internazionale.
Di fronte alle problematiche di salute internazionale ed agli scambi tra i popoli, la ASL di Arezzo pone
una particolare attenzione alla salute della popolazione immigrata e, attraverso possibili e appropriate
forme di partecipazione, vuole concorre all’ attuazione di politiche di solidarietà tese alla promozione
del diritto alla salute come diritto inalienabile delle persone e delle comunità con particolare
attenzione a quelle dei Paesi in via di sviluppo. A tal proposito le principali linee di azione che la
programmazione Aziendale persegue, attraverso i propri servizi e le proprie risorse umane e
tecnologiche, riguardano la salute della popolazione immigrata e la cooperazione sanitaria, aderendo
in particolare ai Programmi di Cooperazione Sanitaria Internazionale della Regione Toscana.
L’Equità di accesso alle cure, la Qualità delle stesse e la loro Sostenibilità nella Continuità
rappresentano gli obiettivi strategici primari che la Asl persegue attraverso azioni integrate in
collaborazione con le altre Istituzioni pubbliche, il volontariato ed il privato sociale.
Dal punto di vista operativo l’Azienda Sanitaria Locale, nel perseguire i propri compiti istituzionali, si
trova di fatto ad operare
• sia sul piano della promozione della salute, su quello della prevenzione e della risposta ai
problemi di salute della popolazione immigrata,
attraverso la programmazione e
l’organizzazione sociosanitaria delle proprie Zone Distretto e dei propri Presidi Ospedalieri
• sia sul piano della cooperazione internazionale, interfacciandosi con i coordinamenti di Area
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•
Vasta e con i Tavoli Regionali della Cooperazione decentrata.
Sia rispetto al proprio concorso alla promozione e definizione delle politiche della salute che
interessano tale ambito in ambito provinciale e regionale .
Con la delibera 323 del 20 giugno 2011 la ASL 8 ha voluto ridefinire i livelli di responsabilità e la
struttura di coordinamento interno e di referenza esterna al fine di conseguire una maggiore
uniformità e coerenza alle linee di azione su citate e per perseguire, di conseguenza, obiettivi di
maggiore qualità ed efficacia delle azioni intraprese, anche in relazione ai partenariati ed ai progetti in
cui, di volta in volta, si trova coinvolta.
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Dati demografici:
La presenza di immigrati in provincia di Arezzo
(all’ Ottobre 2011)
Scheda di sintesi
•
La popolazione straniera nella realtà aretina
•
Il panorama delle provenienze
•
La famiglia e le seconde generazioni
•
Alunni stranieri ad Arezzo: presenza e esiti
•
Immigrazione e lavoro
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La popolazione straniera nella realtà aretina
L’analisi delle principali caratteristiche demografiche degli stranieri mostra chiaramente il consolidarsi
dell’immigrazione, la stabilizzazione delle presenze e l’aumento dei ricongiungimenti familiari. Tutto ciò
ha determinato significativi cambiamenti nella connotazione della popolazione straniera legale che
come sottolineato già da qualche anno, non è solo l’immigrato giovane, celibe e lavoratore ma anche
coniugato, non di rado con moglie o marito, figli e genitori anziani.
Per quanto concerne la Toscana gli stranieri residenti sono 364.152, con un’incidenza sul totale dei
residenti del 9,7%. Si osserva pertanto un’incidenza superiore alla media nazionale (7,5%) e a quella
dell’Unione Europea (6,5%). A livello provinciale vediamo che sono le zone costiere a registrare le
percentuali più basse, ultima Massa-Carrara con il 6,7%, mentre nell’entroterra il rapporto risulta
maggiore, Prato addirittura arriva all’13,6%, la percentuale in assoluto più alta a livello regionale. Dopo
Prato segue in termini d’incidenza percentuale Firenze con l’11,2%; Siena con il 10,9% ed Arezzo con
il 10,8%.
Consistenza numerica e localizzazione territoriale
Gli ultimi dati disponibili relativi all’anno 2010 suggeriscono un trend di assestamento delle presenze
immigrate sul territorio aretino. I cittadini e le cittadine stranieri residenti in provincia di Arezzo nel 2010
sono 37.691, oramai il 10,8% della popolazione totale. Rispetto al 2009, la popolazione complessiva è
cresciuta di 1.389 unità, ma al suo interno con andamenti diversificati tra italiani e stranieri. Nello
specifico si osserva una decrescita di 786 unità per la popolazione italiana e una parallela crescita di
2.175 unità per la popolazione straniera, di cui 579 nati in Italia da genitori stranieri. Vale a dire che il
saldo positivo registrato nel bilancio demografico è dovuto alla popolazione migrante residente nel
territorio provinciale.
Tabella 1: Presenza degli stranieri residenti nella provincia di Arezzo suddivisi per zone socio-sanitarie
all’1/1/2011. Valori assoluti e percentuali
ZONE
Stranieri residenti (v.a.)
Straneri residenti %
CASENTINO
4.715
12,5%
VALDARNO
8.936
23,7%
VALDICHIANA
6.086
16,1%
VALTIBERINA
3.121
8,3%
ARETINA
14.833
39,4%
PROVINCIA AREZZO
37.691
100,0%
Lo scenario evolutivo degli ultimi dieci anni è caratterizzato da un forte incremento della popolazione
straniera che è più che triplicata passando dalle 11.626 presenze del 2000 alle 37.691 del 2010. Il
tasso di crescita da un anno all’altro è sempre positivo, ma con un andamento non lineare nel tempo
dovuto ad eventi esterni come le sanatorie e regolarizzazione decise dal Governo (+ 26,9% del 2003
effetto della grande regolarizzazione dell’anno precedente) o ai cambiamenti del panorama geopolitico
come l’allargamento dell’Unione Europea a Romania e Bulgaria (+ 21,8% del 2007).
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Tabella 2: Quadro riepilogativo delle presenze degli immigrati e incrementi registrati annualmente.
Periodo 2000-10
Anno
Stranieri residenti
Incrementi % annuali
-
2000
11.626
2001
13.283
14,3
2002
13.647
2,7
2003
17.322
26,9
2004
20.263
17,0
2005
22.526
11,2
2006
24.041
6,7
2007
29.278
21,8
2008
33.074
13,0
2009
35.516
7,4
2010
37.691
6,1
Grafico 1: Presenze degli immigrati in base ai dati forniti dalle Anagrafi Comunali: serie storica
Il saldo demografico naturale degli stranieri risulta in costante aumento, con un numero sempre
crescente di nascite (579 per il 2010), a fronte di un numero
numero limitato di decessi, che quest’anno è pari
Documento
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a 65 casi. Per quanto riguarda il saldo migratorio , sempre positivo negli ultimi dieci anni, nel 2010
vede la provincia di Arezzo ricevere 2.877 iscritti in anagrafe dall’estero, gli immigrati propriamente
detti. Ad aumentare non sono solo gli immigrati stranieri provenienti dall’estero, ma anche quelli
provenienti dal resto d’Italia che sono 1.808. E’ da sottolineare l’alta mobilità interna dei migranti che
nello stesso anno vede 1.780 residenti in provincia di Arezzo spostarsi in un’altra provincia italiana.
Una delle chiavi interpretative di tale fenomeno considera come principale motivazione della mobilità
interna degli stranieri, il sistema di opportunità che offre quel determinato contesto territoriale;
diversamente la mobilità degli italiani è per lo più dovuta allo squilibrio socio-economico tra le regioni.
Oltre a ciò dalla lettura dei dati si evince che 307 cittadini/e sono o rientrati nel loro paese o trasferiti
in un altro stato estero; mentre le acquisizioni di cittadinanza sono state 338.
E’ importante sottolineare la distribuzione dei migranti nelle cinque zone socio sanitarie della provincia
di Arezzo, partendo dal presupposto che i comuni sono il livello di governo locale più vicino alle
esigenze dei cittadini e svolgono un ruolo fondamentale per il processo di integrazione dei cittadini di
origine straniera.
1
Il saldo migratorio della popolazione straniera residente è la differenza tra il numero di immigrati e quello di
emigrati riferito al territorio della provincia di Arezzo nell’anno 2010.
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Come negli anni precedenti, il Casentino si conferma la vallata con la maggiore concentrazione di
cittadini stranieri, il 12,7% (+0,4% rispetto all’anno precedente), percentuale molto alta se si considera
la media nazionale. Segue la Valdichiana con l’11,4% (+0,4% rispetto all’anno precedente), la zona
Aretina con l’11,2% (+ 0,7%), ed infine la Valtiberina con il 9,9% (+ 0,5%) e il Valdarno con il 9,3%
(+0,6%).
Un secondo aspetto osservato è che all’interno delle cinque aree l’incidenza della componente
straniera è piuttosto diversificata da comune a comune. La mappa ben disegna la realtà della
distribuzione della popolazione straniera residente e ci illustra come si strutturano gli insediamenti.
L’analisi disaggregata della presenza per zone socio sanitarie evidenzia che ad attirare il maggior
numero di cittadini stranieri in termini assoluti è la zona del capoluogo, che raccoglie il 39,4% del
totale dei stranieri residenti. La concentrazione urbana risente dei vantaggi connessi alle maggiori
opportunità di occupazione e di sviluppo. Segue la zona caratterizzata dal distretto industriale delle
pelli, calzature e cuoio ovvero il Valdarno con il 23,7%, ed infine le aree a maggior vocazione agricola
come la Valdichiana, il Casentino e la Valtiberina con l’8,3%.
Tabella 3: Quadro sintetico dei residenti stranieri e delle percentuali d’incidenza sulla popolazione
complessiva al 1/1/2011 in provincia di Arezzo
Stranieri
% Stranieri su
residenti
Tot popolazione (% di colonna)
Stranieri
Totale
popolazione
CASENTINO
4.715
37.005
12,7%
12,5%
VALDARNO
8.936
95.600
9,3%
23,7%
VALDICHIANA
6.086
53.233
11,4%
16,1%
VALTIBERINA
3.121
31.388
9,9%
8,3%
ARETINA
14.833
132.290
11,2%
39,4%
PROVINCIA AREZZO
37.691
349.516
10,8%
100,0%
ZONE
La crescita ha riguardato tutto il territorio seppur con percentuali inferiori rispetto all’anno precedente.
Nell’anno in esame è sempre il Valdarno a registrare il maggior incremento con il 7,4%, confermando il
trend di crescita emerso dal 2007. Ciò nonostante i valori percentuali sono inferiori di circa 2 punti
rispetto al 2009.
Anche il Casentino, seppur molto lontano dalla media provinciale (6,1%), registra quest’anno un
incremento del 3,0%. Sono i piccoli comuni di Montemignaio e Talla ad evidenziare i dati più elevati:
rispettivamente +15,9% e +8,4%. E’ tuttavia opportuno tener conto che si tratta di numeri molto piccoli.
A livello comunale sono 4 le realtà che hanno registrato un calo delle presenze (Castel San Niccolò,
Chiusi della Verna, Cavriglia e Caprese Michelangelo), in tutti gli altri casi si annotano percentuali
positive, la cui punta più elevata si è registrata a Capolona (+16,7%).
Il genere e l’età
Si conferma anche in provincia di Arezzo la crescente femminilizzazione della popolazione migrante.
Nel nostro territorio gli uomini e le donne rappresentano rispettivamente il 47,8% e il 52,2%. Dal
confronto con l’anno precedente si evince un incremento della componente femminile di 0,4 punti
percentuali. L’evoluzione storica della presenza femminile, rappresentata nel grafico sottostante, ci
mostra la prevalenza numerica delle donne a partire dall’anno 2007. Nello specifico, l’arco temporale
2000-2004 si caratterizza per una netta presenza maschile a cui segue un biennio piuttosto equilibrato
nella distribuzione di genere ed a partire dal 2007 il sorpasso della componente femminile. In un
decennio (2000-2010) le cittadine straniere sono più che triplicate con un ritmo di crescita superiore ai
cittadini stranieri.
va sottolineato che la percentuale femminile della popolazione migrante risulta superiore in tutte le
zone tranne che in Casentino, dove la componente maschile supera quella femminile (50,6% degli
uomini e il 49,4% delle donne). Rispetto allo scorso anno anche in Casentino rileviamo una situazione
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di minor squilibrio di genere, mentre persistono divergenze significative all’interno delle singole realtà
locali del territorio provinciale. È opportuno ricordare che i diversi gruppi hanno avuto e tuttora hanno
un’incidenza molto differente in termini numerici nel corso dei diversi periodi. Infatti abbiamo gruppi
geoculturali dove la presenza delle donne è maggiore rispetto agli uomini e altri in cui la loro presenza
è minore, altri gruppi in cui la presenza dei maschi e delle femmine è più equilibrata.
A conferma di quanto osservato precedentemente, mettendo in relazione le prime 15 nazionalità
presenti nella provincia per numero di residenti e le 5 zone, ci mostra che il rapporto tra i generi è
spesso molto sbilanciato all’interno delle singole comunità. Tra le principali collettività a prevalenza
femminile ci sono le polacche (70,1%) e le rumene (56,7%), mentre una maggioranza maschile si
rileva tra i cittadini dell’Albania, Marocco, Bangladesh, India, Pakistan, Cina e Macedonia. Le maggiori
disuguaglianze di genere concernono i cittadini e cittadine della Polonia per quanto riguarda la netta
prevalenza della componente femminile e per il Bangladesh e Pakistan per la prevalenza della
componente maschile.
A ciò si deve aggiungere che non è un caso se sono proprio i Paesi altamente rappresentati nel
settore del lavoro domestico registrano un’alta incidenza femminile: è questo infatti il settore che più
degli altri richiede manodopera femminile e crea quindi un meccanismo di domanda ed offerta di
lavoro che incentiva proprio l’immigrazione femminile.
Si registra uno scarto di quasi 15 anni sull’età media tra autoctoni e stranieri: per i migranti è di 31,4
anni mentre per gli italiani di 46,3 anni. E’ inoltre significativo notare che per la collettività rumena l’età
media è leggermente più alta rispetto alla media generale della popolazione straniera ossia 31,6,
mentre inferiori sono le età medie delle collettività albanese (29,6) e marocchina (28,6). Una
spiegazione di ciò discende dall’incidenza della presenza delle seconde generazioni che sono più
numerose tra le nazionalità con maggiore anzianità migratoria come quella albanese e marocchina.
Per quanto riguarda la struttura demografica il grafico sottostate ci mostra due popolazioni (italiani e
stranieri) diametralmente opposte: più minori che anziani tra gli stranieri, mentre molti più anziani che
minori tra gli italiani.
Emerge una netta differenza riguardo gli estremi delle distribuzioni:
1. tra gli italiani gli anziani ultrasettantenni sono il 19,5% contro l’1,6% degli stranieri;
2. all’opposto i bambini fino a 10 anni sono molto più numerosi in proporzione tra gli stranieri
(13%) in confronto agli italiani (8%);
3. inoltre tra gli stranieri la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 30-34 anni mentre per gli
italiani si attesta tra i 45-49 anni.
Sebbene siano in gran parte molto giovani e in età da lavoro, gli immigrati stanno diventando sempre
più adulti e grandi adulti.
Grafico 2: Piramidi di età della popolazione straniera e italiana
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
17
La tabella sottostante evidenzia l’evoluzione di oltre un decennio delle caratteristiche demografiche
della popolazione straniera residente in provincia
provincia di Arezzo. Se nel 1997 quasi la metà (47,5%) della
popolazione straniera in provincia di Arezzo era concentrata nella fascia d’età che va dai 25 ai 40
anni, oggi tale fascia ricomprende il 37%: un calo di oltre 10 punti percentuali che ha visto crescere in
maniera speculare la consistenza delle fasce over 40 anni. Si tratta quindi di una popolazione
costituita per lo più di “giovani-adulti”
“giovani adulti” in età lavorativa; la serie storica dimostra come
progressivamente aumenti la percentuale degli over 40 che nel 2010
0 raggiungono il 31% rispetto al
dato del 1997 in cui rappresentavano il 19,7%. Questo dato indica un processo di maturazione
demografica, quindi una stabilizzazione del fenomeno che negli anni ha visto mutare progetti migratori
a breve termine in progetti a lungo termine o definitivi.
Tabella 4: Residenti stranieri per fasce d’età (valori percentuali) negli anni 19971997 2010
Fascia di età
0-4
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85-89
90 e +
Totale
1997 (%)
7,5
6,1
4,7
5,8
8,8
16,6
18,1
12,8
8,6
4,5
2,1
1,4
0,8
0,7
0,7
0,5
0,2
0,1
0,1
100,0
2003 (%)
7,7
5,9
5,2
5,6
11,2
15,6
14,8
11,7
8,4
6,0
3,3
1,6
1,1
0,8
0,5
0,4
0,2
0,1
0,0
100,0
2007 (%)
7,4
6,1
5,4
5,3
9,0
13,4
14,2
12,5
9,1
6,9
4,5
2,5
1,4
1,1
0,6
0,4
0,2
0,1
0,0
100,0
2008 (%)
7,3
6,0
5,3
5,2
9,2
13,2
13,8
11,8
9,4
6,9
5,1
2,8
1,5
1,1
0,6
0,3
0,2
0,1
0,0
100,0
2009 (%)
7,3
5,8
5,3
5,2
8,9
12,5
13,7
11,7
9,8
7,0
5,3
3,2
1,7
1,1
0,8
0,4
0,2
0,1
0,0
100,0
2010 (%)
7,1
5,8
5,3
5,0
8,5
11,9
13,6
11,5
10,3
7,0
5,5
3,6
2,0
1,2
0,8
0,4
0,2
0,1
0,0
100,0
Anche il grafico sottolinea la tendenza della diminuzione nel tempo della percentuale di giovani a
Documento
cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
18
favore di quella degli over 40. Nell’analizzare questi dati bisogna tener conto di una molteplicità di
fattori che hanno influenzato la struttura della popolazione straniera a livello provinciale e non solo: la
regolarizzazione del 2002, l’apertura delle frontiere di nuovi paesi Ue nel 2004 e nel 2007, il crescente
bisogno di manodopera a basso costo per lavori pesanti e, nell’ultimo biennio la crisi economica
globale.
I giovani tra 0 e 19 anni nel 2010 sono il 23,2%, e si mantengono piuttosto stabili nell’arco temporale
studiato. Basti pensare che nel 1997 erano il 24,1%, nel 2007 il 24,2%
24,2% e nel 2009 il 23,6%. La classe
d’età considerata comprende sia i giovani migranti sia coloro che sono nati nel territorio aretino che
rappresentano una fetta della popolazione sempre maggiore.
Grafico 3: Stranieri 1997-2003
2003-2007-2010. Valori percentuali
Se evidenziamo le fasce d’età per sesso della popolazione straniera, si nota che non c’è un equi–
equi
distribuzione tra uomini e donne.
Complessivamente gli uomini sono superiori nelle fasce d’età inferiori ai 24 anni, mentre la
popolazione femminile risulta
ulta di molto superiore a partire dai 25 anni in su. Il maggior divario è
rilevabile per le classi d’età 50-54
50
e 55-59 anni.
Documento
cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
19
Grafico 4: Stranieri residenti al 1 gennaio 2011 suddivisi per sesso e fascia d’età. Valori Assoluti
Se prendiamo in analisi
isi le comunità più numerose notiamo una diseguale distribuzione per fasce
d’età. Le Filippine, storico paese d’immigrazione, hanno un’alta percentuale di over 40, con un picco
del 26% tra i 40 e i 49 anni; anche l’Ucraina e, in misura comunque minore, la Polonia evidenziano
delle percentuali di cittadini/e ultra 40enni molto elevate e, probabilmente legate ad un’immigrazione
marcatamente femminile. La Cina e il Bangladesh invece sono i paesi con la più alta percentuale di
giovanissimi: oltre il 20% della popolazione
p
ha un’età sotto i 10 anni.
Il panorama delle provenienze
Nella provincia di Arezzo nel 2010 risiedono i cittadini di 122 paesi, di questi i primi 2 (Romania e
Albania) raggruppano oltre la metà delle presenze (51,2%). Fermo restando un certo policentrismo
p
di
fondo, è pur vero che il ventaglio di nazionalità ampiamente rappresentate è piuttosto ristretto.
La Romania è la principale provenienza per gli immigrati residenti nel nostro territorio provinciale con
13.366 presenze pari al 35,5% dell’intera
dell’intera popolazione migrante. Al secondo posto c’è l’Albania,
comunità con una storia migratoria consolidata, con 5.904 cittadini/e (15,7%). Seguono a distanza il
Marocco con 2.153 residenti (5,7%), il Bangladesh con 1.922 (5,1%) e l’India con 1.781 (4,7%).
Rispetto agli anni precedenti si conferma questa strutturazione nel panorama delle provenienze.
Il 2010, pur essendo caratterizzato da buoni tassi di crescita per tutte le principali nazionalità, segna
un trend di stabilizzazione. Gli incrementi percentuali
percentuali più sostenuti li rileviamo per l’India (+11,7%), il
Pakistan (+12,7%) e la Cina (+22,5%), mentre la Romania, collettività più numerosa, registra un ritmo
di crescita (5,9%) vicino alla media provinciale, che si attesta al 6,1%.
Documento
cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
20
Tabella 5: Prime 20 nazionalità per numero di presenze e incidenza. Anno 2007-2010
Totale
presenze
2007
Totale
presenze
2008
Totale
Totale
presenze presenze
2009
2010
ROMANIA
10.168
11.880
12.621
ALBANIA
4.941
5.409
MAROCCO
1.704
BANGLADESH
INDIA
2010 - %
sul totale
Incr %
2009/2010
13.366
35,5%
5,9%
5.720
5.904
15,7%
3,2%
1.899
2.056
2.153
5,7%
4,7%
1.396
1.694
1.805
1.922
5,1%
6,5%
1.084
1.348
1.595
1.781
4,7%
11,7%
POLONIA
968
1.070
1.149
1.251
3,3%
8,9%
PAKISTAN
693
786
897
1.011
2,7%
12,7%
MACEDONIA
694
714
766
722
1,9%
-5,7%
CINA
524
606
688
843
2,2%
22,5%
REGNO UNITO
530
569
602
558
1,5%
-7,3%
GERMANIA
REPUBBLICA
DOMINICANA
516
521
527
536
1,4%
1,7%
416
447
501
524
1,4%
4,6%
FILIPPINE
392
452
500
538
1,4%
7,6%
UCRAINA
392
452
498
537
1,4%
7,8%
TUNISIA
356
389
413
428
1,1%
3,6%
252
390
395
1,0%
1,3%
CITTADINANZA
KOSOVO
BULGARIA
292
325
343
370
1,0%
7,9%
SRI LANKA
263
301
315
351
0,9%
11,4%
338
264
297
0,8%
12,5%
244
235
235
242
0,6%
3,0%
ALTRE NAZIONALITA'
3.703
3.385
3.631
3.962
10,5%
9,1%
Totale complessivo
29.276
33072
35.516
37.691
100,0%
6,1%
SERBIA
RUSSIA
Osservando l’evoluzione storica del panorama delle presenze rileviamo che la comunità rumena è
quella che ha vissuto i ritmi di crescita più sostenuti e costanti, con picchi nel 2003 e nel 2007 in
corrispondenza dell’effetto della sanatoria 2002 e dell’allargamento a 27 dell’UE. Invece, le nazionalità
a storia migratoria consolidata come il Marocco e l’Albania hanno visto nel corso degli anni diminuire il
tasso d’incremento.
Dopo il 2002, anno della grande regolarizzazione, le cittadinanze che sono aumentate maggiormente
nel territorio italiano sono quelle dell’Europa centro-orientale, in particolare gli incrementi più
accentuati si sono registrati per le nazionalità di immigrazione più recente come Ucraina e Moldavia,
mentre per altri paesi di più vecchia tradizione migratoria si è mantenuto un costante e consistente
flusso d’ingresso.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
21
Tabella 6: Prime nazionalità per numero di presenze – incrementi annuali percentuali. Periodo 20002009
2009
2010
Romania
ANNO 2000
40,8% 31,0% 17,2% 69,0% 24,5% 14,3% 8,2% 59,4% 16,8% 6,2%
2001
5,9%
Albania
27,9% 19,4% 14,2% 18,4% 14,0% 10,6% 5,8%
6,6%
5,7%
3,2%
Marocco
17,9% 12,1% 6,4%
9,1%
8,0%
6,4% 11,4% 6,7%
4,7%
Bangladesh
48,3% 19,3% 8,7%
17,2% 17,9% 11,4% 6,1%
8,8% 21,3% 6,6%
6,5%
India
25,7% 19,1% 14,2% 16,9% 33,6% 15,0% 9,2% 12,4% 24,4% 18,3% 11,7%
Polonia
23,3% 9,0%
Macedonia
31,8% 22,7% 7,0%
Pakistan
Serbia Montenegro
32,2% 10,1% -17,9% 45,8% 18,9% 16,6% 2,4%
Regno Unito
2,7% 10,0% -7,9%
9,6%
Cina
9,0% 19,5% -2,2%
16,7% 14,3% 5,3% 11,9% 23,6% 15,6% 13,5% 22,5%
Germania
2,9% -2,3% -8,9%
4,3%
0,6% -10,8% 12,0% 4,7%
1,0%
1,2%
1,7%
4,7%
14,9% 6,0%
7,5% 12,1%
4,6%
Ucraina
93,8% 6,5% 36,4% 308,9% 46,2% 19,3% 9,0% 12,0% 15,3% 10,2%
7,8%
Filippine
8,4% 13,0% -7,7%
0,0% 15,3% 10,6%
7,6%
Altre nazionalità
9,6%
6,9%
9,5% 13,9%
5,1%
26,9% 17,0% 11,2% 6,8% 21,7% 13,0% 7,4%
6,1%
19,9% 8,6%
Dominicana Rep. 10,8% 8,8%
TOTALE
2002
-6,2%
2003
2004
2005
16,4% 6,5%
2006
2007
2008
9,5%
26,4% 24,2% 19,8% 15,4% 22,8% 10,5% 7,4%
8,9%
43,3%
-5,7%
4,8%
0,2% 12,6% 12,3% 2,9%
7,3%
1,5% 13,4% 14,1% 12,7%
-4,1% -12,7% 18,9% 15,1% -0,7% 2,9% -5,8% -43,8% 57,6%
-4,5%
37,5%
12,0% 14,5% 7,3% 16,0% 7,4%
5,4% 14,7% 9,2%
5,3% -11,6% 16,8% 10,7% 9,6%
20,8% 14,3% 2,7%
1,0%
3,6%
1,0%
5,8%
-7,3%
Il panorama delle presenze sul territorio aretino è caratterizzato da una distribuzione variabile in
relazione ai diversi modelli insediativi propri delle singole comunità. Rumeni, albanesi e marocchini, le
prime tre comunità in ordine di importanza numerica a livello provinciale, sono presenti in tutte le
zone, ma con gradi di concentrazione differenti.
La tabella sottostante ci mostra che sono 27 su 39 i comuni in cui la Romania è la provenienza
principale (uno in più rispetto all’anno scorso). Nello specifico è la prima collettività in tutta la zona
aretina, in Valdichiana e in quasi tutto il Casentino, ad eccezione del piccolo comune di Talla, in cui la
Germania è la nazionalità prevalente. Gli albanesi predominano numericamente in Valdarno, sia a
livello di zona con un’incidenza sul totale degli stranieri pari al 28,2% (circa 1 punto percentuale in
meno rispetto allo scorso anno), che a livello comunale dove costituiscono la comunità più numerosa
in 6 comuni su 10.
Esistono poi collettività che rivestono un ruolo significativo solo in alcune realtà geografiche: ad
esempio i macedoni sono la prima comunità a Badia Tedalda e Sestino, rappresentando
rispettivamente il 26,9% (circa un punto percentuale in più rispetto all’anno scorso) e il 22,3% (circa
due punti percentuali in più) del totale degli stranieri residenti nei due comuni in esame. Mentre gli
inglesi sono la prima collettività a Caprese Michelangelo con un’incidenza del 26,3% (decremento di 9
punti percentuali rispetto allo scorso anno), i tedeschi a Talla con il 33,3%, i serbi ad Anghiari con il
17,4% ed infine i marocchini a Pieve Santo Stefano (35,3%). Queste differenze sono ascrivibili alle
caratteristiche del mercato del lavoro, all’azione delle catene migratorie (ricongiungimenti familiari e
attrazione della singola comunità nei confronti del paese di origine) e alle peculiarità dei contesti locali
di arrivo.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
22
Tabella 7: Principale comunità residente per Comune all’1/1/2011 (numero e incidenza % sul totale
degli stranieri)
Incidenza % sul
NAZIONI
Prima comunità
Stranieri residenti
totale stranieri
Bibbiena
Romania
1249
59,4%
C. Focognano
Romania
163
47,2%
C.S. Niccolò
Romania
117
53,2%
Chitignano
Romania
51
48,1%
Chiusi della Verna
Romania
56
33,9%
Montemignaio
Romania
34
66,7%
Ortignano
Romania
37
61,7%
Poppi
Romania
555
67,8%
Pratovecchio
Romania
222
57,4%
Stia
Romania
241
73,3%
Talla
Germania
43
33,3%
AREA CASENTINO
Romania
2765
58,6%
Bucine
Albania
244
25,4%
Castelfranco
Albania
36
22,9%
Caviglia
Albania
149
29,9%
Latrina
Romania
112
35,3%
Loro Ciuffenna
Romania
148
35,7%
Montevarchi
Albania
955
28,3%
Pergine V.no
Romania
66
32,2%
Piandiscò
Romania
112
39,0%
S. Giovanni V.no
Albania
694
38,7%
Terranova
Albania
266
28,7%
AREA VALDARNO
Albania
2518
28,2%
Castiglion Fiorentino
Romania
710
44,1%
Cortona
Romania
668
27,3%
Foiano Della Chiana
Romania
793
55,1%
Lucignano
Romania
86
27,5%
Marciano della Chiana
Romania
151
53,9%
AREA VALDICHIANA
Romania
2408
39,6%
Anghiari
Serbia
82
17,4%
Badia Tedalda
Macedonia
21
26,9%
Caprese Michelangelo
Regno Unito
36
26,3%
Monterchi
Romania
44
31,7%
P. S. Stefano
Marocco
118
35,3%
Sansepolcro
Albania
363
20,5%
Sestino
Macedonia
42
22,3%
AREA VALTIBERINA
Romania
495
15,9%
Arezzo
Romania
4463
37,4%
Capolona
Romania
196
37,3%
Castiglion Fibocchi
Romania
80
32,9%
Civitella
Romania
284
38,1%
Monte S.Savino
Romania
348
48,0%
Sabbiano
Romania
202
31,0%
AREA ARETINA
Romania
5573
37,6%
PROVINCIA AREZZO
Romania
13366
35,5%
Se consideriamo la distribuzione degli immigrati per continente nelle 5 zone socio sanitarie vediamo
che i cittadini europei si concentrano prevalentemente nella zona Aretina con il 35,8%, seguita dal
Valdarno con il 23,2%, Valdichiana con il 18,4%, Casentino con il 14,4% ed infine la Valtiberina con
l’8,3%.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
23
Tabella 8: Incidenze zonali delle provenienze all’1/1/2011 sul complesso degli immigrati
Continente
Casentino
Valdarno
Valdichiana
Valtiberina
Aretina
Provincia
3.677
5.937
4.707
2.118
9.161
25.600
3.070
2.758
3.286
993
6.576
16.683
607
3.179
1.421
1125
2.585
8.917
Africa
296
824
769
490
1.277
3.656
America
76
472
224
158
696
1.626
Asia
664
1.700
377
350
3.696
6.787
2
3
9
5
3
22
4.715
8.936
6.086
3.121
14.833
37.691
Casentino
Valdarno
Valdichiana
Valtiberina
Aretina
Provincia
78,0%
66,4%
77,3%
67,9%
61,8%
67,9%
ue
65,1%
30,9%
54,0%
31,8%
44,3%
44,3%
extra ue
12,9%
35,6%
23,3%
36,0%
17,4%
23,7%
Africa
6,3%
9,2%
12,6%
15,7%
8,6%
9,7%
America
1,6%
5,3%
3,7%
5,1%
4,7%
4,3%
Asia
14,1%
19,0%
6,2%
11,2%
24,9%
18,0%
Oceania
0,0%
0,0%
0,1%
0,2%
0,0%
0,1%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
100,0%
Casentino
Valdarno
Valdichiana
Valtiberina
Aretina
Provincia
14,4%
23,2%
18,4%
8,3%
35,8%
100,0%
ue
18,4%
16,5%
19,7%
6,0%
39,4%
100,0%
extra ue
6,8%
35,7%
15,9%
12,6%
29,0%
100,0%
Africa
8,1%
22,5%
21,0%
13,4%
34,9%
100,0%
America
4,7%
29,0%
13,8%
9,7%
42,8%
100,0%
Asia
9,8%
25,0%
5,6%
5,2%
54,5%
100,0%
Oceania
9,1%
13,6%
40,9%
22,7%
13,6%
100,0%
Totale
12,5%
23,7%
16,1%
8,3%
39,4%
100,0%
Europa
ue
extra ue
Oceania
Totale
percentuale di colonna
Continente
Europa
Totale
percentuale di riga
Continente
Europa
Nello specifico sono i cittadini comunitari che risiedono in misura maggiore nella zona Aretina (39,4%)
mentre i non comunitari raggiungono qui solo il 29%. E’ il Valdarno a contare la maggior percentuale di
non comunitari con il 35,7% ed ultimo è il Casentino con il 6,8%.
Per quanto riguarda il continente africano rileviamo una maggiore distribuzione nella zona Aretina
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
24
(34,9%) a cui segue il Valdarno con il 22,5%, la Valdichiana con il 21%, la Valtiberina con il 13,4% ed
infine il Casentino con l’8,1%. L’America si divide principalmente tra due zone: l’Aretina (42,8%) e il
Valdarno (29%). L’Asia invece vede una forte polarizzazione nell’Aretino (54,5%).
La ripartizione continentale degli immigrati conferma che l’Europa è il principale continente di
provenienza. La serie storica ci mostra che le presenze dal 1996 al 2010 sono raddoppiate. Dalla
lettura dei dati disaggregati si nota l’aumento delle persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est
in particolare a seguito della procedura di regolarizzazione e all’allargamento dell’UE. Rumeni e
polacchi (o forse meglio polacche) già dal 2003 registrano un forte incremento rispetto all’anno
precedente. Nel complesso le principali presenze del continente Europa arrivano dalla Romania,
Albania, Polonia, Macedonia e Ucrania, fermo restando una costante che caratterizza alcuni territori
della provincia, ossia la presenza di cittadini tedeschi ed inglesi.
La famiglia e le seconde generazioni
Passiamo ora ad analizzare la composizione delle famiglie in provincia di Arezzo al 1° gennaio 2011.
Un primo aspetto che emerge è la crescita delle famiglie con capofamiglia straniero e delle famiglie al
cui interno c’è almeno una persona di origine straniera. Nello specifico sono 13.615 (+ 294) le famiglie
con capofamiglia straniero iscritte nelle anagrafi della popolazione residente e 16.273 quelle al cui
interno è presente almeno uno straniero. Secondariamente rileviamo che quasi il 20% delle 2.975
nascite in provincia di Arezzo sono figli e figlie dei migranti che secondo la nostra legislazione
continuano ad essere considerati stranieri. Rispetto allo scorso anno osserviamo un aumento di circa
2 punti della percentuale dei nati stranieri sul totale delle nascite. Queste tendenze segnalano
l’evolversi di un processo di stabilizzazione per i migranti residenti sul nostro territorio.
Tabella 9:Nati stranieri e numero di famiglie con almeno 1 straniero al 1/1/2011 suddivisi per zona
ZONA
ARETINA
CASENTINO
VALDARNO
VALDICHIANA
VALTIBERINA
PROVINCIA AREZZO
Nati
stranieri
221
62
154
81
61
579
% Nati
stranieri sul
Totale Nati totale nati
1.126
19,6%
293
21,2%
852
18,1%
450
18,0%
254
24,0%
2975
19,5%
Numero di
famiglie con
almeno 1
straniero
7.343
1.849
3.581
2.101
1.399
16.273
di cui con
intestatario
straniero
6.334
1.603
2.764
1.751
1.163
13.615
Il Casentino e la Valtiberina sono le zone che nel corso del 2010 hanno registrato la maggior incidenza
percentuale dei nati stranieri sul totale nascite. Dal confronto con l’anno precedente si evince una
diminuzione di quasi 4 punti percentuali per il Casentino e un aumento di circa 5 punti per la
Valtiberina. Passiamo ora ad approfondire il fenomeno delle seconde generazioni (G2), che sulla base
delle caratteristiche delle banche dati a nostra diposizione, è costituito da coloro che sono nati in Italia
da genitori stranieri. Precisiamo che non esiste unanimità nel definire cosa s’intende per “seconda
generazione”, la ricchezza di sfaccettature che si cela al suo interno e le specificità di ogni singola
storia rendono difficile circoscrivere chi è incluso dentro tale termine e chi ne è escluso. Ciò
nonostante con i dati a nostra disposizione nel nostro computo ci sono soltanto i figli dei migranti nati
in Italia che potranno, se lo vorranno, acquisire la cittadinanza italiana a 18 anni, attraverso la richiesta
entro un anno dal compimento della maggiore età. Da questa categoria sono esclusi i figli nati in Italia
da genitori immigrati ma che hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
In provincia d’Arezzo sono 4.837 i cittadini residenti di seconda generazioni nati in una delle province
italiane, il 12,8% del totale degli stranieri. Sono aumentati di mezzo punto percentuale rispetto al
2009, in termini assoluti +520. La tabella 4.2 ci mostra l’aumento costante delle G2 che in soli due
anni sono cresciute di 1000 persone. Inoltre anche i dati di quest’anno consolidano che le G2 sono
sempre una realtà piuttosto giovane e recente come lo è del resto la tradizione migratoria nella nostra
nazione. Il 50,9% ha un’età compresa tra 0 e 4 anni, il 31,5% tra 5 e 9 anni: una schiera di
giovanissimi quindi che si fa sempre più largo tra la popolazione straniera locale.
Tabella 10: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo suddivisi per fascia d’età. Anni
2010-2008
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
25
fascia d'età
0-4
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40 e +
Totale
2010
2464
1523
577
109
28
36
23
12
65
4.837
2010
(%di colonna)
50,9%
31,5%
11,9%
2,3%
0,6%
0,7%
0,5%
0,2%
1,3%
100,0%
2009
2406
1315
415
91
24
22
7
3
34
4.317
2009
(%di colonna)
55,7%
30,5%
9,6%
2,1%
0,6%
0,5%
0,2%
0,1%
0,8%
100,0%
2008
2201
1166
325
68
32
21
15
8
0
3.836
2008
(%di colonna)
57,4%
30,4%
8,5%
1,8%
0,8%
0,5%
0,4%
0,2%
0,0%
100,0%
Per quanto riguarda il panorama delle provenienze delle G2 rileviamo che tra i 4.837 nati in Italia da
genitori stranieri il 22,7% è albanese, il 22,6 % rumeno e 9,2% marocchino. Nonostante ciò i figli e le
figlie dei migranti albanesi sono diminuiti rispetto all’anno scorso dello 0,7%, quelli rumeni dell’1%, e
dello 0,3% per i bengalesi e marocchini. Registrano un valore di incremento le G2 dell’India, della
Cina e della Polonia. Se consideriamo l’universo totale della popolazione straniera residente sul
territorio della provincia di Arezzo rileviamo percentuali d’incidenza maggiore della componente G2
per la Tunisia, la Cina, la Serbia-Montenegro, il Marocco, il Senegal e il Bangladesh.
Tabella 11: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per
cittadinanza
Cittadinanza
Romania
Albania
Marocco
Bangladesh
India
Cina
Pakistan
Macedonia
Tunisia
Kossovo
Filippine
Serbia Montenegro
Polonia
Sri Lanka
Senegal
Altre nazionalità
Totale complessivo
F
543
539
206
180
114
109
89
57
51
39
38
48
36
28
28
236
2.341
M
557
552
237
206
162
113
82
65
69
57
54
39
40
27
26
210
2.496
Totale
1.100
1.091
443
386
276
222
171
122
120
96
92
87
76
55
54
446
4.837
(%) Colonna
22,7%
22,6%
9,2%
8,0%
5,7%
4,6%
3,5%
2,5%
2,5%
2,0%
1,9%
1,8%
1,6%
1,1%
1,1%
9,2%
100,0%
( % G2 sul totale degli
stranieri)
8,2%
18,4%
20,5%
20,2%
15,6%
26,6%
16,9%
17,1%
28,1%
19,8%
17,1%
22,0%
6,1%
18,5%
20,5%
7,3%
12,9%
Nelle cinque zone socio sanitarie l’incidenza delle G2 è piuttosto omogenea con percentuali che
oscillano tra il valore minimo della Valtiberina (11%) e quello massimo del Casentino (14,2%). La
rilevata consistenza del fenomeno G2 nel nostro territorio rappresenta un importante indicatore del
processo di integrazione dei migranti, poiché l’avere dei figli nati “qua” incide sulla stabilità del proprio
progetto migratorio.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
26
Tabella 12: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per zona
Zone
(% di colonna)
(% sul totale degli stranieri)
Arezzo
39,3%
12,8%
Casentino
13,9%
14,2%
Valdarno
25,4%
13,8%
Valdichiana
14,3%
11,4%
Valtiberina
Totale
7,0%
100,0%
11,0%
12,8%
Infine, un’ultima precisazione sul luogo di nascita delle nostre G2. Dalla tabella si evince che oltre
l’80% delle G2 residenti in provincia di Arezzo sono nate nel medesimo territorio, mentre l’11,5% in un
territorio della Toscana e il restante 6,8% al di fuori della Toscana.
Tabella 13: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per luogo di
nascita
Luogo di nascita
Arezzo
Altre province
Toscane
Altre province italiane
Totale
0-4
2.096
5-9
1.288
10-14
421
223
145
2.464
145
90
1.523
95
61
577
Luogo di nascita
0-4
5-9
10-14
85,1% 84,6% 73,0%
Arezzo
Altre province
9,1%
9,5% 16,5%
Toscane
5,9% 10,6%
Altre province italiane 5,9%
100,0% 100,0% 100,0%
Totale
fascia d'età
15-19 20-24
70
12
19
20
109
10
6
28
fascia d'età
15-19 20-24
64,2% 42,9%
17,4% 35,7%
25-29
18
30-34
11
35 e +
32
Totale
3948
15
3
36
10
2
23
41
4
77
558
331
4837
25-29
50,0%
41,7%
30-34
47,8%
43,5%
35 e +
41,6%
53,2%
Totale
81,6%
11,5%
6,8%
18,3% 21,4% 8,3%
8,7%
5,2%
100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
Nel complesso i dati per il 2010 evidenziano un generale consolidamento dei flussi in arrivo: il territorio
aretino risulta essere molto attrattivo per la popolazione straniera. Si conferma altresì la tendenza allo
stabilizzarsi da parte di coloro che già risiedono nel territorio, con tassi di natalità alti, incremento delle
acquisizioni di cittadinanza e percentuali elevate di bambini in età 0-4 e 5-9 anni. Allo stesso tempo si
osserva un’elevata mobilità interna dei migranti e una quota di cittadini stranieri che o si trasferiscono
all’estero o rientrano nel paese di origine. Rispetto allo scorso anno le cancellazioni per l’estero sono
diminuite di circa 80 unità (da 383 a 307).
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
27
Alunni stranieri ad Arezzo. Presenza e seconde generazioni (a.s. 2010/11) - ritardi ed esiti
scolastici (a.s. 2009/2010)
Gli alunni stranieri nelle scuole della provincia di Arezzo nell’a.s. in corso 2010/11 sono 5.212 e
rappresentano il 13,5% dell’intera popolazione studentesca. Si evidenzia una ripresa del trend di
crescita della popolazione studentesca di nazionalità non italiana. La popolazione studentesca di
nazionalità non italiana aumenta di 497 unità mentre gli alunni italiani diminuiscono di 131 unità.
L’analisi nel tempo conferma la crescita e la stabilizzazione tra i banchi di scuola dei figli della
migrazione.
L’incremento delle presenze è una tendenza che coinvolge tutti gli ordini d’istruzione. Per quanto
riguarda la distribuzione nei livelli d’istruzione la scuola primaria si conferma l’ordine di scolarità a
maggiore presenza di alunni stranieri: con 2.078 iscritti, essa raccoglie da sola il 33,5% degli studenti
stranieri. Segue la secondaria di II grado con il 26,9%.
La distribuzione scolastica degli alunni stranieri e italiani nelle scuole superiori evidenzia la
preferenza da parte degli studenti stranieri degli istituti tecnici e professionali. Emerge infatti una
vistosa concentrazione di alunni di origine immigrata negli istituti professionali (36,9%) mentre le
iscrizioni nei licei in particolare in quello classico scendono al 13,3%. Diametralmente opposta si
presenta la situazione per gli alunni autoctoni, i quali studiano per il 36,7% al classico e solo nel
14,2% nell’istruzione professionale. Mentre più equilibrate risultano le ripartizioni nell’istruzione
tecnica, artistica e linguistica.
La zona di Arezzo, con il capoluogo, raccoglie un maggior numero di famiglie immigrate e di istituti
superiori e quindi registra anche per il 2010/11 la percentuale maggiore: il 36,1%. In termini relativi,
l’incidenza maggiore si conferma nel distretto scolastico del Casentino con la percentuale più alta di
studenti stranieri sul totale della popolazione studentesca: il 19,1% non ha cittadinanza italiana. Il
Casentino interrompe il trend negativo registratesi dal 2007/2008 e riprende a crescere con una
variazione percentuale del 9%. Positivi anche i dati del Valdarno e Valtiberina, con una variazione
nella crescita rispettivamente del 8,8% e dell’8,4%. Infine, osserviamo un valore più contenuto per la
Valdichiana pari al 5%.
Continuano ad attirare la popolazione immigrata non solo le città di medie dimensioni ma anche quelle
di piccole dimensioni. L’incidenza percentuale più alta di studenti stranieri della zona Aretina si registra
a Castiglion Fibocchi (19,6%); in Casentino a Stia (23%); in Valdarno a Montevarchi (16,9%); in
Valdichiana a Foiano della Chiana (19,2%) ed infine in Valtiberina a Sestino (25,8%).
Sono 87 le nazionalità di provenienza degli alunni/e stranieri. Analizzando le provenienze per macroaree notiamo che gli studenti stranieri maggiormente rappresentati provengono principalmente dai
Paesi dell’Unione Europea (sono il 34,7% del totale), seguono i Paesi Europei non appartenenti
all’Unione Europea (con il 30,9%). Dal confronto dei dati nel tempo si evidenzia l’attenuarsi della
crescita degli alunni provenienti dai paesi dell’Est Europeo. Questi diminuiscono, ogni anno
analizzato, di un punto percentuale. Subiscono una certa oscillazione quelli provenienti dai Paesi non
UE che si riducono di un punto e mezzo. Mentre continuano, il loro trend di incremento gli alunni
provenienti dall’Asia con il 16,9%.
le prime tre nazionalità maggiormente rappresentate tra i banchi delle nostre scuole sono quella
rumena (28,8%), quella l’albanese (21,5%) e quella marocchina con il 9,1%. Benché Romania,
Albania e Marocco rappresentino da sole, quasi il 60% del totale della popolazione studentesca,
l’analisi pluriennale evidenzia un trend di crescita negativo. Nello specifico l’incidenza percentuale
degli alunni rumeni diminuisce dello 0,3%; dell’1,5% per quelli albanesi; e dell’0,4% per gli studenti
marocchini
Le “seconde generazioni” (G2, intese come “nati in Italia” da genitori immigrati) rappresentano il
37,3% del totale alunni stranieri (in termini assoluti sono 2.320 su 6.212). Rispetto all’intera
popolazione studentesca (italiani e stranieri), le G2 rappresentano il 5,1% mentre gli alloctoni stranieri
(cioè i nati all’estero) sono l’8,4%. Rispetto all’anno scolastico precedente le G2 sono aumentate dello
0,9%, mentre rimangono pressoché invariati gli alloctoni stranieri.
Negli ultimi cinque anni scolastici rileviamo il progressivo aumento percentuale degli alunni di seconda
generazione e una parallela diminuzione degli alunni stranieri ricongiunti. Dal primo anno della
rilevazione ad oggi, le G2 sono cresciute di 14 punti percentuali. Nel 2006/2007 consistevano nel
23,5% (in termini assoluti 1.099 su 4.765 studenti stranieri) ora sono il 37,3% (in termini assoluti sono
2.320 su 6.212). Se aggiungiamo che il nostro dato sulle G2 è un dato molto “circoscritto”, poiché
considera solo i nati qua, è evidente che il fenomeno G2 è molto più consistente e costituisce gran
parte dell’attuale categoria “alunni stranieri”.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
28
I dati inoltre confermano che, per la nostra provincia, le G2 sono sempre una realtà piuttosto giovane
e recente. Si concentrano nell’82,5% nelle scuole dell’infanzia (80,2%), seguono le primarie (53%), le
secondarie di I grado (21,9%) e, infine, le superiori (6,2%).
I ritardi scolastici
Ora esaminiamo i dati sui ritardi e gli esiti scolastici degli alunni stranieri, quest’ultimi distinti in
ricongiunti e nati in Italia (“seconde generazioni” in senso stretto), prendendo in considerazione
soltanto gli alunni stranieri iscritti alle scuole primarie e secondarie di I e II grado.
Per ritardo scolastico si intende lo scarto tra l’età anagrafica e l’età corrispondente alla classe di
riferimento. Come è noto, per gli alunni neoarrivati (NAI), spesso è nel primo anno d’ingresso che
comincia il ritardo, ritenendo che l’iscrizione ad una classe inferiore possa permettere all’alunno di
colmare le eventuali carenze, soprattutto quelle legate alla conoscenza della lingua italiana. La
normativa ha più volte sottolineato che l’inserimento dello straniero deve seguire il criterio generale
della classe corrispondente all’età anagrafica o, in via di eccezione e motivatamente, in quella
immediatamente inferiore, secondo il verificato livello di scolarità e competenze dell’alunno (vedi
“Linee guida” del 2006 nonché il DPR 394/1999, art. 45). Nonostante ciò, come è noto, accade spesso
che l’inserimento avvenga già con uno o più anni di ritardo (in quest’ultimo caso, la legge non lo
consentirebbe), condizionando il percorso scolastico dell’alunno che vede così svalutate le esperienze
pregresse e si trova a relazionarsi con compagni più piccoli in un’età in cui anche solo pochi anni
fanno la differenza.
Un primo dato positivo riguarda la diminuzione di circa 2 punti percentuali del ritardo scolastico degli
alunni/e stranieri nella provincia di Arezzo rispetto all’anno precedente (42,8% nel 2008/09, 40,9 nel
2009/10) e dunque di un corrispondente innalzamento del numero degli allievi stranieri con un
curriculum scolastico regolare. Una diminuzione che conferma una tendenza già emersa negli anni
precedenti, mano a mano che aumenta il numero dei “nati qua”, per i quali come è noto il percorso
scolastico è in genere simile o identico a quello dei loro compagni italiani. Il dato complessivo
comunque evidenzia uno scarto rilevante tra la componente straniera e quella italiana: una situazione
di ritardo (di uno o più anni) per 4 alunni stranieri su 10 contro 1 a 10 degli alunni italiani.
Gli alunni stranieri iscritti ad una classe inferiore rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica
(ritardo di 1 anno) sono il 28,8%, mentre quelli con due o più anni di ritardo raggiungono il 12,1%: la
situazione di ritardo è spesso dovuta ad un inserimento iniziale dell’alunno/a in una classe inferiore di
un anno all’età anagrafica (e ciò avviene soprattutto per coloro che si ricongiungono ad anno
scolastico inoltrato), a cui si sommano le ripetenze durante il percorso scolastico.
Tabella 14: Percorso scolastico degli alunni/e italiane e stranieri. Valori percentuali
Italiani
Stranieri
In anticipo
2,9
1,8
In pari
86,6
56,9
In ritardo
10,3
40,9
di cui:
Ritardo 1 anno
8,0
28,8
Ritardo 2 anni
2,0
8,9
Ritardo 3 anni
0,3
2,4
Ritardo 4 anni e +
0,1
0,8
Esterni e/o privatisti
0,1
0,4
Totale
100,0
100,0
Totale
2,8
82,9
14,1
10,6
2,8
0,5
0,2
0,2
100,0
La tabella conferma l’andamento crescente del ritardo: con il passaggio da un ordine scolastico
all’altro sale la percentuale degli alunni stranieri (ma anche italiani) in situazione di ritardo. Infatti, se
nella scuola primaria la percentuale di alunni stranieri in ritardo è del 18,7% (sostanzialmente di un
anno, dovuto in buonissima parte a un “ritardo iniziale”), nella scuola secondaria di I grado tale
percentuale sale al 45,5% (circa il 10% di due e più anni), fino a coinvolgere oltre i 2/3 degli studenti
iscritti alla secondaria di II grado (in questo caso con circa il 40% in ritardo di un anno e il 30% con
due o più anni di ritardo).
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
29
Tabella 15: Percorso scolastico degli alunni/e stranieri per livello d’istruzione
%
%
Primaria
Sec. I grado
Sec. II grado
In anticipo
72
3,6
10
0,8
3
In pari
1551
77,7
684
52,7
444
In ritardo
374
18,7
591
45,5
961
di cui:
Ritardo 1 anno 341
17,1
464
35,7
552
Ritardo 2 anni
31
1,5
105
8,1
282
Ritardo 3 anni
2
0,1
18
1,4
95
Ritardo 4 anni e +
4
0,3
32
Esterni e/o
13
1,0
7
privatisti
Totale
1997
100,0
1298
100,0
1415
%
0,2
31,4
67,9
%
Tot.
85
1,8
2679 56,9
1926 40,9
39,0
19,9
6,7
2,3
1357 28,8
418 8,9
115
2,4
36
0,8
0,5
100,0
20
0,4
4710 100,0
Osservando i dati dei ritardi in relazione ai vari ambiti territoriali in cui si suddivide la provincia di
Arezzo, si nota un panorama abbastanza differenziato: Casentino, Valdarno e Valdichiana sono le
zone dove si registra l’incidenza più bassa di ritardo scolastico degli allievi stranieri (tra il 37% e il
38%). A detenere il primato delle situazioni di ritardo, in ragione della maggiore concentrazione di
istituti di istruzione superiore, è la zona Aretina (45,4%), mentre il ritardo nella Valtiberina è pari al
41,7% (dove si è comunque ridotto di oltre 5 punti il dato registrato nel 2008/09).
Tabella 16: Percorso scolastico degli alunni/e stranieri per distretto scolastico. Valori percentuali
Aretina Casentino Valdarno Valdichiana Valtiberina
Totale
In anticipo
2,4
1,9
1,0
1,7
1,2
1,8
In pari
52,1
60,7
60,2
59,7
57,1
56,9
In ritardo
45,4
37,3
37,4
38,1
41,7
40,9
di cui:
1 anno 30,8
27,5
26,8
28,5
28,6
28,8
2 anni
9,8
8,4
7,7
7,7
10,8
8,9
3 anni
3,2
1,3
2,5
1,6
2,1
2,4
4 anni e +
1,5
0,2
0,4
0,3
0,2
0,8
Esterni e/o privatisti
0,1
1,3
0,5
0,4
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Consideriamo, infine, la provenienza geografica degli alunni/e stranieri in situazione di ritardo o con
curriculo regolare. Rispetto allo scorso anno, emerge un miglioramento per tutti i continenti di
provenienza. Le situazioni migliori (con curriculo regolare) si registrano per gli allievi africani (66,2%),
asiatici (66,8%), europei non comunitari (66,1%); quelle peggiori per gli allievi americani (curriculo
regolare solo per il 46,7%) e comunitari (sono regolari solo per il 48,2%). Per quest’ultimi, “pesa” il
ritardo degli studenti romeni come evidenziato dalla tabella 1.10 dalla quale è possibile osservare
come si distribuisce il ritardo scolastico tra le nazionalità più presenti sui banchi delle scuole aretine. I
romeni sono in pari soltanto per il 45,9%, i polacchi per il 40,6%, i dominicani per il 41,5%; all’opposto,
gli studenti più “virtuosi” sono quelli di nazionalità indiana (72,4%), bangladesha (72,7%), filippina
(69,0%), serba e montenegrina (69,4%).
Gli esiti scolastici
La chiusura dell’a.s. 2009/2010 ha visto pressoché invariati i dati relativi alla percentuale di studenti
complessivamente promossi, che si attesta al 93,2% (nel 2008/09 era del 93,3%). Tuttavia lo scarto
tra i respinti è più che doppio per gli alunni stranieri (10,8%) rispetto agli allievi italiani (pari al 5,2%).
Rispetto allo scorso anno la percentuale dei respinti tra gli studenti stranieri si innalza di mezzo punto
percentuale (dal 10,3% al 10,8%); diminuisce quella dei promossi che passa dall’86,5% del 2008/09
all’85,8%. Il divario tra gli esiti degli alunni italiani e degli alunni stranieri sale quindi a 8,5 punti rispetto
ai 7,7 dell’anno scorso. Nel calcolo di tale percentuale comunque va ad incidere il dato relativo ai
“ritirati”, soprattutto stranieri (3,5% contro lo 0,5 degli italiani), tra i quali sono da ricomprendere anche
gli “abbandoni” scolastici durante il percorso di istruzione superiore. L’incremento dei “ritirati” sembra
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
30
comunque confermare l’alta mobilità che caratterizza le famiglie migranti, soprattutto in un fase di crisi
economica come l’attuale, e i percorsi migratori caratterizzati da frequenti “andirivieni” tra l’Italia e il
paese di origine degli alunni stranieri, e di alcune nazionalità in particolare (Cina, Paesi del Magherb,
Asia). Già da questi primi dati si evince come il quadro complessivo degli esiti degli alunni stranieri si
sia ulteriormente aggravato.
Tabella 17: Esiti scolastici alunni/e italiani e stranieri
Esito
Italiani
%
Stranieri
Promosso
31.019
94,3
4.039
Respinto
1.706
5,2
507
Ritirato
166
0,5
164
Totale
32.891
100,0
4.710
%
85,8
10,8
3,5
100,0
Totale
35.058
2.213
330
37.601
%
93,2
5,9
0,9
100,0
Scomponendo il dato relativo agli esiti degli alunni stranieri si nota come questi siano strutturalmente
differenti a seconda del grado scolastico a cui ci si riferisce. Come già evidenziato negli anni
precedenti, anche nel 2009/10 le percentuali più alte di successo scolastico continuano a registrarsi
nella scuola primaria, mentre, salendo di grado, queste tendono progressivamente a diminuire. E
difatti:
- i/le bambini/e promossi nella primaria è pari al 94,6%. Qui si registra una contrazione delle
promozioni dell’1,4% rispetto all’anno precedente, a conferma di una tendenza negativa già emersa
nel 2008/09. Ma sul dato, occorre ripeterlo, incidono i “ritirati” che per questo ordine di scolarità sono
più da imputare a situazioni di migrazione di ritorno (anche temporanea) dell’alunno/a nel paese di
origine dei genitori, rese più frequenti dalla crisi economica. Rispetto al dato riferito ai bambini/e
italiani presenti nella primaria (tab. 2.3), lo scarto nel valore dei respinti è di 1,1 punti (il dato degli
italiani è dello 0,1%, quello degli stranieri dell’1,2%);
- nella secondaria di I grado sono promossi l’88,3% degli studenti stranieri (da considerare un 2,9% di
ritirati) contro il 97,5% degli allievi “autoctoni”. Nonostante il forte divario, si registra un aumento delle
promozioni per gli allievi stranieri in questo ordine di scolarità (+0,8%) rispetto all’anno precedente;
- nella scuola superiore il divario cresce ulteriormente: le promozioni degli alunni stranieri sono al
70,9% (con un 3,0% di ritirati), mentre per gli allievi italiani sono pari all’87,7% (e uno 0,9% di ritirati).
Gli studenti stranieri hanno una percentuale di respinti più che doppia rispetto a quella dei loro
compagni italiani (26,1% contro l’11,5%).
Tabella 18: Esiti scolastici alunni/e stranieri per livello d’istruzione
%
%
%
Sec. II grado
Esito
Primaria
Sec. I grado
Promosso
1.890
94,6
1.146
88,3
1.003
70,9
Respinto
24
1,2
114
8,8
369
26,1
Ritirato
83
4,2
38
2,9
43
3,0
Totale
1.997
100,0
1.298
100,0
1.415
100,0
%
Tot.
4.039 85,8
507
10,8
164
3,5
4.710 100,0
L’esame dei dati relativi agli esiti per distretto scolastico evidenzia che, anche per l’anno scolastico
2009/10, la zona ove si registra il maggior tasso di promozioni è il Casentino con il 90,1%. La zona
ove minore è la percentuale di successo tra gli studenti stranieri è invece quella Aretina, con l’82,2%.
In tutti i distretti della provincia si registra una diminuzione percentuale degli studenti stranieri
promossi rispetto all’anno precedente, con l’eccezione della Valtiberina dove, al contrario, si evidenzia
un sostanziale incremento nelle promozioni, pari al 4,2%.
Le percentuali più elevate di respinti si registrano nell’Aretino (13,6%); Casentino, Valdarno e
Valdichiana, pur mantenendosi al di sotto di tale cifra, registrano comunque un incremento
percentuale rispetto all’anno precedente (intorno all’1,7%).
Passiamo adesso ad esaminare gli esiti scolastici degli studenti stranieri di seconda generazione.
Anche la chiusura dell’anno scolastico 2009/2010 conferma la sostanziale uguaglianza nei tassi di
promozione tra gli studenti italiani e quelli stranieri nati in Italia: sono stati promossi il 94,4% degli
alunni autoctoni ed il 93,6% delle G2. Va tuttavia notato che rispetto all’anno precedente si registra un
arretramento dell’1,6% nel tasso di promozione delle G2. Resta comunque molto alto il divario tra gli
esiti delle G2 e quello degli alunni stranieri ricongiunti (Alloctoni-Stranieri): lo scarto si attesta a 10,7
punti percentuali (il 93,6% dei primi contro l’82,9% dei secondi).
Per quanto riguarda i tassi d’insuccesso scolastico le G2 mantengono il tasso più contenuto con il
4,1% (seppur questo cresce dell’1,4% rispetto all’anno scorso) mantenendo un punto percentuale di
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
31
distanza dagli autoctoni che hanno il 5,1% di respinti. Da segnalare infine il dato relativo ai “ritirati” più
volte ricordati in questa nostra analisi: il dato delle G2 è significativo (2,3%) anche se inferiore agli
allievi ricongiunti (3,9%).
L’andamento decrescente del tasso di successo scolastico delle G2, da un ordine di scolarità all’altro,
è ovviamente riscontrabile tra tutti gli allievi, siano essi stranieri ricongiunti o italiani: cambiano però le
percentuali, anche significativamente. Prendiamo il dato più “pulito” rappresentato dai “respinti”:
1. nella scuola primaria il tasso di bocciatura delle G2 è dello 0,9%, per i ricongiunti è
2
dell’1,4% , per gli italiani dello 0,1%;
2. nella scuola secondaria di I grado il tasso di bocciatura per le G2 è dell’8,3%, per i
ricongiunti è dell’8,7%, per gli italiani del 2,2%;
3. nella scuola superiore il tasso di ripetenza è per le G2 del 28,2%, più alto di quello dei
ricongiunti, pari al 25,4%, mentre per gli italiani le bocciature pesano per l’11,5%.
Se dunque il dato aggregato sugli esiti delle G2 appare piuttosto positivo, anche se peggiora di anno
in anno (andamento delle ripetenze rispetto allo scorso a.s.: +0,9% nella primaria, +5,8% nella media,
+2,7% nella superiore), esso evidenzia tutta la sua problematicità quando andiamo ad esaminare i
singoli livelli di istruzione: nella primaria, dove le G2 sono presenti ancora in numero nettamente
prevalente, sono poche le bocciature essendo questo un ordine di scolarità dove si tende, in generale,
a promuovere gli alunni; mano a mano che si passa verso percorsi scolastici più esigenti, emergono le
difficoltà scolastiche anche degli alunni nati in Italia.
Immigrazione e lavoro in provincia di Arezzo
Il lavoro dipendente
Al 1° gennaio 2010 in provincia di Arezzo si contavano oltre 18mila occupati stranieri (non UE e
comunitari), pari al 18,1% dell’intero stock dei lavoratori (105mila). Un dato assoluto leggermente
inferiore all’anno precedente, quando erano circa 19mila. Occorre leggere questo dato in relazione
all’incidenza percentuale della presenza di cittadini stranieri residenti nel territorio aretino che è pari al
10,2% dell’intera popolazione (348mila). L’analisi conferma, da una parte, una stabilità nella presenza
di lavoratori stranieri nel mercato del lavoro aretino e, dall’altra, rileva un rallentamento nel trend di
crescita dal 2007 in poi, fino ad una vera e propria battuta di arresto nel 2009.
Nel 2009 ci sono state 40.736 assunzioni e 45.085 cessazioni, da cui deriva un saldo negativo di
4.349 posti di lavoro. La percentuale dei saldi sulle assunzioni, che ci fornisce una misura della
dinamica del mercato del lavoro, risulta negativa sia per gli italiani (-12,9%) che per gli stranieri
(-4,7%). I contratti stipulati da cittadini di origine straniera sono stati inferiori di circa 700 unità rispetto
al 2008 mentre le cessazioni sono state più contenute. Molto diverso era il trend del saldo
occupazionale prima del 2008: nel 2007 gli stranieri registravano un +13,2% e gli italiani un saldo
negativo più contenuto (-1,9%).
Le nuove assunzioni registrano una diminuzione complessiva: dai 6.534 nuovi assunti del 2008 ai
4.575 del 2009. I nuovi assunti sono nel 53% italiani (quasi 7 punti percentuali in meno rispetto allo
scorso anno), nel 41,8% dei casi stranieri non UE e per il restante 5,3% lavoratori UE.
Dal punto di vista socio-anagrafico i lavoratori stranieri sono prevalentemente giovani: oltre il 23% dei
lavoratori italiani ha più di 50 anni mentre tra i lavoratori non UE questa percentuale non arriva al 9%.
Parallelamente, oltre il 68% degli occupati non UE ha un’età compresa tra i 18 e i 39 anni, mentre
nella stessa fascia d’età gli italiani si fermano al 44%. Per quanto riguarda le dimensioni delle aziende
i lavoratori non UE si collocano prevalentemente in piccole o piccolissime imprese. Le ditte con meno
di 19 dipendenti raccolgono oltre il 68% della manodopera non UE.
L’analisi del mercato del lavoro aretino evidenzia, ormai da anni, una scarsa concorrenzialità degli
immigrati nei confronti degli autoctoni e parallelamente un buon livello di accesso dei medesimi nei
settori produttivi meno qualificati laddove tali attività sono meno gradite agli autoctoni. In generale gli
oltre 16mila assicurati non UE sono occupati nel 30% dei casi nell’industria, nel 17,7% nelle
costruzioni, nel 14,4% in agricoltura, nell’ 8,5% nella ristorazione e così via. L’incidenza percentuale
nei vari settori economici dei lavoratori migranti vede una situazione di quasi monopolio nelle attività di
2
Il dato percentuale relativo agli esiti degli allievi stranieri “ricongiunti”, diviso per livello di istruzione,
è stato ottenuto dalla tabella 2.2, togliendo al dato sugli esiti degli alunni stranieri generalmente
intesi in essa presente, quelli relativi alle G2 (tab. 3.13). Il dato di percentuale relativo agli esiti degli
alunni italiani
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
32
collaborazione e assistenziali svolte in famiglia con oltre il 73% (816 in termini assoluti); segue
l’edilizia con il 35,5% (2.950) di assicurati non UE; l’agricoltura e l’industria metalmeccanica con il 27%
(in termini assoluti 2.405 la prima e 1.171 la seconda); il 2% nella ristorazione (1.418) ed infine si
registra una dilatazione tra tante attività economiche.
Le donne, che costituiscono oltre la metà dei residenti di origine straniera in provincia di Arezzo (il
51,8% pari a 18.463 in termini assoluti) sono meno inserite degli uomini nel mondo del lavoro. Le
occupate non UE registrano un’incidenza percentuale sul totale degli occupati non UE del 38,4%
(6.418), le comunitarie del 57,5% (1.163), mentre le donne italiane del 47,2% (39.814). Lo scenario
che emerge descrive una situazione di disuguaglianza di genere in cui le donne incontrano maggiori
difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro. Ad eccezione di un settore che è praticamente
appannaggio di questa categoria di lavoratori/lavoratrici, ossia i lavori domestici, di pulizie e di cura.
L’immagine d’insieme dalla lettura delle banche dati sembra confermare una situazione generale di
segmentazione del mercato del lavoro con una divisione piuttosto marcata in base all’etnia e al
genere.
Anche la lettura dei dati dall’Osservatorio Inps aggiornati al 2007 sul lavoro domestico conferma i due
aspetti sopradetti. In provincia di Arezzo nell’anno preso in considerazione abbiamo 4.766 lavoratori
domestici di cui l’81,1% di origine straniera (in termini assoluti 3.867). Tra questi le donne sono
l’89,7% e le donne straniere sul totale dei lavoratori domestici sono il 71,6%.
L’andamento infortunistico nella nostra provincia rispecchia la tendenza generale della diminuzione
delle denunce infortunistiche. In 5 anni sono diminuite di circa 1.400 casi: da 7.279 del 2003 alle 5.867
del 2008. nel corso del 2008 (dati aggiornati al 30/04/09) ci sono stati 5.867 infortuni di cui 917 occorsi
a lavoratori stranieri (15,6%). Il settore industria e servizi registra il più alto numero di denunce sia da
parte dei lavoratori stranieri con l’88% sia da parte di tutti i lavoratori con l’ 86%. E’ nel vasto ambito
dell’industria e dei servizi che sono comprese le professioni a più alto rischio, come quelle relative alle
costruzioni e all’artigianato, ma che comprende anche il lavoro domestico che negli anni ha visto
crescere in maniera preoccupante il numero delle denunce.
Nel 2009 le rimesse in provincia di Arezzo hanno superato i 30 milioni di euro, con una progressione
di crescita sempre molto sostenuta, a parte il rallentamento dell’ultimo anno. I migranti residenti in
provincia di Arezzo che inviano denaro nel Paese di origine con più frequenza e regolarità provengono
da Est Europa (43,2%) e Asia (27,8%).
Il lavoro autonomo
Gli effetti della congiuntura economica negativa si sono sentiti anche sull’imprenditoria straniera
aretina. Il tasso di crescita, elevato per tutto il triennio 2005-2007, ha conosciuto un netto
rallentamento nel 2009, anche se il numero delle imprese con almeno una persona straniera titolare,
amministratore o socio d’impresa in provincia di Arezzo è ancora aumentato dell’1,7% (ma nel 2008
aveva registrato +12,8%). Si conferma dunque una flessione dei tassi di crescita, ma non
un’inversione del fenomeno. Nel complesso, al 31/12/2009 risultavano iscritte alla Camera di Comm.
di Arezzo 2.975 imprese con almeno una persona straniera titolare, amministratore o socio d’impresa.
Nel 2002 erano circa un migliaio.
Di particolare rilievo è il dato sulle Ditte individuali (D.I.) a titolarità straniera perché più diretta è in
questo caso l’individuazione e l’attribuzione del ruolo di primo piano del migrante: al 31/12/2009, vi
erano 2.088 D.I. a titolarità straniera. Rispetto allo scorso anno (erano 2.015) sono cresciute soltanto
del 3,6%. L’incidenza delle D.I. con titolare immigrato rispetto al totale provinciale è del 9,6%: ovvero
su 10 ditte individuali, una è tenuta da un imprenditore straniero.
Il rapporto tra l’iniziativa economica degli immigrati, nelle sue varie forme, e il paesaggio urbano
aretino è confermato dall’alto grado di concentrazione nel capoluogo delle ditte con titolare nato
all’estero: il 42,1% ha sede nel Comune di Arezzo. Sono da menzionare le significative presenze nei
Comuni di Montevarchi e Cortona (rispett. 6,6 e 5,2%), San Giovanni Valdarno, Castiglion Fiorentino e
Foiano (tra il 4,4 e al 3,9%). E’ proprio Foiano a registrare l’incremento più significativo di D.I. (+30%
rispetto al 2008). Altre variazioni positive si registrano nei Comuni di Arezzo (+8,8%) e San Giovanni
(+10,7%), mentre la flessione più vistosa si registra nel Comune di Bibbiena (-9,6%), che continua ad
arretrare nel numero di immigrati imprenditori, dopo anni di intensa crescita, soprattutto nel settore
delle costruzioni.
Rispetto alle aree di provenienza: gli imprenditori stranieri dell’Ue a 27 costituiscono il 39,6%, mentre
quelli extraUe sono il 21,5%. Valori comunque significativi si registrano per Asia e Africa,
rispettivamente al 18,9% e 15,6%, in linea con l’anno precedente. Nel complesso sono i cittadini,
comunitari e non, provenienti dall’Europa dell’Est a prevalere nettamente tra gli imprenditori nati
all’estero.
Le nazionalità più rappresentate in termini assoluti tra i titolari di D.I. sono quelle numericamente più
presenti sul territorio provinciale: la rumena (36,4%), seguono l’albanese (16,4%) e la marocchina
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
33
(9,9%). Spicca anche il dato relativo ai pakistani, ai cinesi e bangladesi, che incidono
considerevolmente sul totale dei cittadini stranieri imprenditori (tra il 5,5 e il 4,5% del totale). Ad aver
contribuito maggiormente alla crescita del numero di imprese individuali straniere rispetto al 2008
sono i bangladesi (13,8%), i macedoni (11,1%), i rumeni (9,3%), i pakistani (6,5%) e i marocchini
(6,2%). Netta la flessione delle ditte individuali albanesi (-2,0%) e indiane (-7,7%).
Le fasce di età che prevalgono tra i cittadini stranieri iscritti al Registro delle Imprese sono quelle dei
30-34enni e 35-39enni (il 41,7% circa dei lavoratori stranieri che si sono messi in proprio), seguite
dalla classe di età 40-44 (16,7%). L’effetto “sostituzione” (ovvero il ricambio generazionale) è dunque
confermato dalla sensibile differenza di età tra titolari italiani e immigrati, mediamente molto più
giovani.
Sono sei i settori produttivi numericamente più rilevanti per le imprese straniere: le “Costruzioni” con il
54,5%, il “Commercio” con il 19,6%, le “Attività manifatturiere” con il 12,4%, l’“Agricoltura” con il 3,4%,
il settore “Trasporti” e i servizi di ristorazione, entrambi intorno al 2%. Di particolare interesse è l’analisi
delle percentuali di incidenza considerando il complesso delle ditte individuali (con titolare straniero e
italiano) nei vari settori di attività. Ebbene, oltre un quarto di tutte le D.I. nel settore delle costruzioni ha
un titolare straniero (il 27%); ogni 8 D.I. che operano nel commercio o nel settore manifatturiero, una è
immigrata (8,2%). Nel settore delle comunicazioni, tale rapporto scende a 1 a 6 (15,1%), dovuto
soprattutto alla presenza significativa di molti phone-centers.
Le alte percentuali di incidenza, soprattutto per i settori menzionati, sono spesso da ricondurre ad una
netta prevalenza di imprenditori di una o di poche nazionalità: nelle costruzioni i rumeni e gli albanesi
(rispett. con il 56,4% e il 25,6%), nel commercio i marocchini (38,5%) e i bangladesi (12,7%);
nell’agricoltura i macedoni (35,2%), nel trasporto gli albanesi (33,3%) e i rumeni (20,0%), nelle
comunicazioni i pakistani (33,3%), gli indiani (20,8%) e i bangladesi (8,3%). Si tratta di dati e
percentuali che esprimono, in alcuni casi, una trasformazione socio-culturale dei settori citati, molto
probabilmente irreversibile.
Questa moderata dinamicità dell’imprenditoria immigrata nel territorio provinciale è evidenziata anche
dal VII Rapporto CNEL sugli Indici di integrazione uscito a fine 2009. Nella graduatoria provinciale
relativa all’indicatore che misura lo scarto tra il tasso di lavoro in proprio degli stranieri e quello
complessivo - Arezzo si colloca nella fascia “media” a livello nazionale, ma nel contesto regionale è
avanti soltanto alla provincia di Grosseto. Lo scostamento tra la propensione imprenditoriale degli
autoctoni e quella dei migranti è di 18 punti: a Prato è di 4,5 punti, a Firenze di 14, a Siena di 15.
Nel complesso, dal presente Rapporto esce un’immagine di operosità e intraprendenza della
popolazione immigrata, e soprattutto di alcune sue importanti componenti, come ad esempio (ma non
solo) quella romena. L’attuale situazione di crisi economica mondiale ha determinato un forte
rallentamento nella crescita numerica delle D.I. straniere. A contenere il ridimensionamento numerico
di tale imprese ha giocato, molto probabilmente, la scelta di non pochi immigrati che avendo perso il
posto di lavoro subordinato, per restare legalmente in Italia, hanno deciso di aprire una attività di
lavoro autonomo. Ma influisce anche l’assai diffuso fenomeno dell’outsorcing, o sub-contracting che
prende forma a partire da strategia di subappalto delle imprese autoctone. Insomma, la scelta di
avviare un’impresa, in particolare nel settore edile, è molte volte dettata da una richiesta del mercato
del lavoro, che in linea con la tendenza alla flessibilità “espelle” dipendenti per “assumere” autonomi,
come avviene con il caso del ricorso alle cosiddette partite Iva e alle ditte individuali.
Valutazioni epidemiologiche
I bisogni di salute espressi dalla popolazione immigrata
La USL 8 di Arezzo si colloca tra le aziende in cui il fenomeno della migrazione dall’estero è tra i più
accentuati. In particolare, analizzando i dati per zona distretto di residenza, la figura 1 mostra che il
Casentino e la Val di Chiana Aretina si collocano tra le zone toscane in cui la frequenza di cittadini
stranieri è più elevata superando il 10% della popolazione residente.
Valutando l’ultimo aggiornamento disponibile, i cittadini esteri, iscritti all’anagrafe al 31/12/2012 (dato
di fonte Anagrafe Comunale), sono 40.358, pari all’11,5% della popolazione residente; il 47% sono
femmine e il 53% maschi. Si tratta di una popolazione molto giovane il 23% della quale di età
compresa tra 0 e 19 anni, il 54% tra 20 e 44 anni, il 20% tra 45 e 64 anni mentre solo il 3% è di età
superiore ai 64 anni.
Oltre la metà dei migranti è di cittadinanza Rumena (36%) o Albanese (15%), seguono per frequenza i
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
34
migranti di cittadinanza marocchina (6%), indiana (5%) e bengalese (5%) le altre 129 cittadinanze
presenti nel nostro territorio lo sono con frequenze inferiori.
Negli ultimi dieci anni la presenza di cittadini stranieri è progressivamente diventata un fenomeno
consistente e stabile sul territorio che oltre alle notevoli implicazioni sul piano culturale, sociale ed
economico ha forti ricadute anche su quello sanitario.
Come ormai noto dalle osservazioni sociologiche ed epidemiologiche, la popolazione immigrata è
soggetta a due fenomeni contrapposti: da un lato l’effetto migrante sano seleziona soggetti
generalmente giovani e in buona salute al momento della migrazione, dall'altro la successiva
esposizione ai fattori di rischio di tipo igienico connessi all'immigrazione, e le successive avversità
prevalentemente di natura socio economica nella fase di inserimento nel nuovo Paese, pongono
generalmente il migrante in posizione svantaggiata.
Quando si parla di salute della popolazione migrante dunque, trattandosi di una popolazione
generalmente fragile dal punto di vista socio economico e meno orientata alla cultura della
prevenzione, è importante orientare e monitorare l’accessibilità ai servizi socio sanitari, rilevando le
possibili criticità che possono accentuare le disuguaglianze anche rispetto alle necessità sociosanitarie ed assistenziali.
In questa relazione verranno di seguito trattate le aree in cui la potenziale domanda di salute degli
immigrati ha il maggiore impatto in termini di utilizzo dei servizi sanitari
Figura 1
Migranti dall’estero iscritti all’anagrafe x 1.000 residenti. Toscana – Zone distretto. Popolazione al 31/12/2011 – Elab. ARS su
dati Istat
GRAVIDANZA E PARTO
Coerentemente alla frequenza di stranieri nel nostro territorio anche il numero di nati di cittadinanza
estera ci vede tra le aziende in cui tale fenomeno è più numeroso.
Ad Arezzo il 21% dei nati iscritti all’anagrafe ha entrambi i genitori stranieri mentre il 27% ha almeno
un genitore migrante dall’estero; tali percentuali risultano superiori alla media regionale e, rispetto
alle altre province toscane, ci collocano al secondo posto dopo Prato (figura 2a e figura 2b).
Nel 2012 nelle strutture ospedaliere della USL 8 su un totale di 2.385 part, ben 652, pari al 27% del
totale, sono stati effettuati da donne di cittadinanza estera.
Figura 2a
Percentuale di nati iscritti all’anagrafe con entrambi i genitori migranti dall’estero –2011 - Fonte: ISTAT
Toscana
18,6
Prato
33,9
20,9
Arezzo
20,4
Firenze
19,0
Siena
Pistoia
17,9
Grosseto
17,7
15,8
Pisa
Massa-Carrara
12,8
Documento
base Politiche Aziendali popolazioni
migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
Lucca
Livorno
12,6
11,8
35
Figura 2b
Percentuale di nati iscritti all’anagrafe con almeno un genitore straniero – Anno 2011 Fonte: ISTAT
Toscana
24,6
38,3
Prato
27,4
Arezzo
26,8
Firenze
Siena
26,2
24,7
Pistoia
Grosseto
24,1
20,9
Pisa
18,8
Lucca
Livorno
17,8
Massa-Carrara
15,7
La quota di nati da donne di cittadinanza estera nelle strutture ospedaliere della USL di Arezzo (figura
3) è andata aumentando in maniera consistente dal 2001 al 2011 (+108%) mentre il 2012 è stato il
primo anno in cui si rileva un calo di una certa consistenza rispetto all’anno precedente: nel 2012 i nati
da madre di cittadinanza estera sono il 27,5 % rispetto al 29% del 2011.
Figura 3
Percentuale di nati nelle strutture ospedaliere dell’Azienda USL 8 da madri di cittadinanza
estera. Anni 2001-2012. Dati estratti dal Certificato di assistenza al parto.
35%
29,0%
30%
26,8% 26,6%
25%
22,9%
20%
15%
19,3%
14,0%
20,4%
23,7%
27,5%
26,1%
22,8%
15,9%
10%
5%
0%
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Sulla base delle informazioni fornite dai genitori al momento della nascita per la compilazione del
Certificato di assistenza al parto (documento obbligatorio per tutti i parti che avvengano nelle strutture
ospedaliere o anche al di fuori di esse) è possibile tracciare dei profili socio-demografici e assistenziali
delle donne che partoriscono e metterli in correlazione agli esiti della gravidanza.
Le madri straniere sono più giovani (nel 2012 la loro età media parto è 28,7 anni rispetto ai 33,1
delle italiane) ma manifestano la stessa tendenza all’aumento dell’età media al parto che si osserva
tra le italiane: nel 2001 l’età media al primo parto era per le straniere 25,6 anni mentre nel 2012 è
salita a 27 anni (figura 4). Sono mediamente meno istruite: il 39% delle donne straniere non ha un
diploma di scuola media superiore rispetto al 17% delle italiane. Hanno livelli di occupazione più bassi:
dichiarano di essere occupate il 33% delle madri straniere contro il 79% delle italiane; Riguardo alla
disoccupazione di entrambi i genitori si stima che la percentuale per gli stranieri arriva al 10% dei casi,
rispetto al 2% che si osserva per le coppie italiane.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
36
Figura 4
Età media al primo parto per cittadinanza delle donne che hanno partorito nelle strutture ospedaliere
dell’Azienda USL8. Anni 2001-2012. Dati estratti dal Certificato di assistenza al parto.
33
32
31
30
29
30,4
29,5
30,0
31,0
30,4
31,3 31,2
31,6
31,6
31,7
31,7
31,1
28
27
26
25
25,6
26,1
26,2
26,0
25,4
26,2
26,6
25,7
25,9
26,3
26,6
27,0
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
Italia
straniera
Poiché un’adeguata assistenza in gravidanza è correlata sia agli esiti del parto che ad un
contenimento delle complicanze che ne possono derivare appare opportuno verificare alcuni indicatori
dell’assistenza in gravidanza, monitorati in base a quello che dichiarano le donne al momento della
compilazione del certificato di assistenza al parto.
Le tabelle 1-2-3 ci forniscono alcuni elementi chiave dell’assistenza in termini di settimane di
gestazione compiute al momento della prima visita, numero totale di ecografie effettuate e struttura
che in cui è stata prevalentemente seguita la donna durante la gravidanza.
Se si confrontano i dati relativi alle donne di cittadinanza estera con le italiane si osserva che il 12%
delle donne straniere, contro il 3% delle italiane, effettua la prima visita oltre le 12 settimane (tabella
1). Considerato che un indicatore dell'OMS di buona assistenza in gravidanza è rappresentato dalla
prima visita entro la 12° settimana di gestazione appare evidente che occorrerà intervenire in questa
direzione con appropriati interventi di sensibilizzazione ed educazione sanitaria .
La tempestività della prima visita si riflette anche sul numero di ecografie effettuate. Infatti, come si
vede in tabella 2, per circa il 6% delle straniere il numero di ecografie resta al di sotto delle tre
previste dal protocollo regionale, rispetto allo 0,4% delle italiane. Dalla tabella si evidenzia altresì che
nessuna donna ha dichiarato di non aver fatto ecografie in gravidanza. Per contro oltre la metà delle
migranti dall’estero hanno effettuato più di tre ecografie in gravidanza. Complessivamente dunque la
gran parte delle donne di cittadinanza estera segue, in gravidanza, i protocolli previsti dalle linee
guida, anche se esistono margini di miglioramento rispetto alla effettuazione della prima visita entro la
dodicesima settimana di gestazione. Questa tempestività può incidere anche sull'espletamento del
numero di ecografie raccomandate.
La tabella 3 mostra che il consultorio è la struttura principalmente utilizzata dalle donne straniere
durante la gravidanza. Il 67% di esse dichiara di essere seguita prevalentemente in questa struttura, il
18% dal ginecologo privato, il 13% in ospedale e solo l’1% (7 donne nel 2012) da nessuna struttura;
tra le italiane invece l’utilizzo del consultorio in gravidanza resta marginale: solo il 13% delle donne lo
individua come struttura prevalentemente utilizzata in gravidanza.
Da rilevare che la fase che probabilmente può influire in maniera significativa nell’avvicinare la donna
straniera alle strutture sanitarie durante la gravidanza è l’accesso al consultorio per il ritiro del libretto
di gravidanza. L'incontro al consultorio tra gli operatori dell'equipe e la donna pone quest'ultima a
conoscenza del fatto di avere diritto ad un piano di esami prestabilito e gratuito. E' dunque in questa
fase che andranno focalizzati eventuali interventi supplettivi di educazione sanitaria.
Tabella 1
Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e settimane compiute di gravidanza
alla prima visita di controllo. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto.
Settimane compiute
alla prima visita di controllo
0-12
13-24
>24
Non rilevate
Totale al netto dei non rilevati
Italiana
N
%
1685 97,4%
41
2,4%
4
0,2%
3
1730 100,0%
estera
N
%
572 87,7%
69 10,6%
11
1,7%
1
652 100,0%
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
37
Tabella 2
Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e numero di ecografie effettuate
durante la gravidanza. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto.
Numero di ecografie
effettuate
1-2
3
4-9
>10
Totale
Cittadinanza della donna
Italiana
Estera
N
%
N
%
7
0,4%
38
5,8%
180
10,4%
280
42,9%
1342
77,4%
300
46,0%
204
11,8%
34
5,2%
1733
100,0%
652
100,0%
Tabella 3
Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e struttura che ha seguito
prevalentemente la gravidanza. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto.
Struttura che ha seguito
prevalentemente la gravidanza
Ospedale
Consultorio
Studio privato
nessuna struttura
Totale
Cittadinanza della donna
Italiana
Estera
N
%
N
%
109
6,3%
52
8,0%
222
12,8%
457
70,1%
1399
80,7%
136
20,9%
3
0,2%
7
1,1%
1733
100,0%
652
100,0%
Nonostante la quota prevalente di immigrate seguite dal consultorio le figure 4 e 5 evidenziano la
marcata differenza che si registra, tra italiane e straniere, quando si tratta di fruire di spazi dedicati
(corso di accompagnamento alla nascita e spazio mamme per ricevere informazione sull’allattamento
al seno) in cui la lingua o il differente approccio socio culturale possono giocare un ruolo importante.
Figura 4
Numero utenti che ha frequentato il corso di accompagnamento alla nascita per 100 parti effettuati
nelle strutture della USL 8. Anni 2010-2011-2012
68,6
70
57,5
55,1
60
50
40
30
20
12,6
17,5
14,7
10
0
2010
2011
Cittadinanza estera
2012
Italiane
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
38
Figura 5
Numero utenti che ha frequentato lo spazio mamme - sostegno allattamento al seno per 100 parti
effettuati nelle strutture della USL 8. Anni 2010-2011-2012
15
11,6
13,4
12,6
9,6
10
9,5
5,3
5
0
2010
2011
Cittadinanza estera
2012
Italiane
La tabella 4 evidenzia alcune differenze nel triennio 2010-12 riguardo agli esiti della gravidanza. In
particolare sia rispetto al peso che alla prematurità si registrano percentuali lievemente più elevate di
peso basso (inferiore a 2500 grammi) e molto basso (inferiore a 1500 grammi) e di prematuri (nati
a
a
prima della 37 settimana) e gravemente prematuri (nati prima della 32 settimana) tra i nati da donne
di cittadinanza estera. Occorre anche precisare che a differenza di quanto avviene per il basso peso il
rischio di nascere pretermine è più elevato anche tra le donne a scolarizzazione bassa (cfr Documenti
ARS “nascere in Toscana 2005-07”)
Tabella 4
Esiti della gravidanza per cittadinanza della madre – nati nelle strutture della USL 8 Triennio
2010-2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto.
Esiti della gravidanza -1
N
nati vivi di basso peso
336
nati vivi di peso molto basso
23
nati vivi prematuri
356
nati vivi gravemente prematuri 29
Esiti della gravidanza -2
nati morti
N
18
Cittadinanza della donna
Italiana
Estera
% sul totale
% sul totale
dei nati vivi N
dei nati vivi
6,3% 153
7,5%
0,4% 15
0,7%
6,6% 163
8,0%
0,5% 20
1,0%
nati morti per
nati morti per
1.000 nati N
1.000 nati
3,3‰
4
2,0‰
2. INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA
Considerando l’andamento temporale dei tassi di ospedalizzazione per IVG (figura 6) si può vedere
che nella USL 8 si registrano livelli di abortività volontaria inferiori rispetto alla media regionale e che
negli ultimi anni si assiste, sia a livello regionale che di USL, ad un calo del fenomeno.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
39
Figura 6
Tassi di ospedalizzazione per interruzione volontaria di gravidanza (diagnosi di dimissione
principale ICD-IX 635) per 1.000 donne residenti in età feconda (15-49 anni). Anni 1998-2011.
12
10
8
6
4
2
Residenza
AUSL 8 - Arezzo
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
0
REGIONE TOSCANA
Se all’interno della USL aretina scomponiamo il dato per cittadinanza della donna (figura 7) vediamo
che la frequenza delle IVG è particolarmente elevata tra le donne straniere con un rapporto di circa 4
a 1 rispetto alle italiane: nel 2012 tra le italiane si registrano 5,1 ricoveri per IVG ogni 1000 residenti di
età compresa tra i 15 e 49 anni a fronte di 20,3 tra le straniere.
Grazie alla rilevazione ISTAT delle IVG è inoltre possibile disporre di ulteriori dati importanti per
descrivere il fenomeno come quello delle IVG ripetute. Nelle strutture ospedaliere della USL di Arezzo
nel 2012 risultano effettuate 507 IVG il 50% delle quali fatte da donne di residenza estera.
Il 30% delle IVG effettuate sono ripetute, tale fenomeno è particolarmente rilevante tra le straniere (il
43% dichiara di avere effettuato in precedenza una o più IVG) ma non è marginale neanche tra le
italiane, tra le quali si registrano il 16% di eventi ripetuti.
La riduzione delle IVG ripetute resta tra le priorità degli interventi di prevenzione ed educazione alla
salute atti ad accrescere una sessualità sana e responsabile e a diffondere la conoscenza dei metodi
contraccettivi.
Figura 7
Tassi di ospedalizzazione per interruzione volontaria di gravidanza (diagnosi di dimissione
principale ICD-IX 635) per 1.000 donne residenti in età feconda (15-49 anni) per cittadinanza
della donna. Anni 2008-2012
30
25,9
23,3
25
22,6
19,5
20
20,3
15
10
6,4
5,5
5,6
5,2
5
5,1
0
2008
2009
2010
straniere
2011
2012
italiane
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
40
3. ACCESSO AI SERVIZI
CONSULTORI
La tabella 5 mostra il peso dell’utenza straniera sulle attività svolte dai consultori: nel 2012 sono stati
registrati 24.242 utenti di questi il 15% sono di cittadinanza estera, in termini di accessi la percentuale
di stranieri sale al 24%, i cittadini esteri infatti hanno un numero medio maggiore gi accessi procapite
(2,7 rispetto a 1,5 degli italiani).
Tabella 5
Attività rilevata nei consultori della USL di Arezzo per cittadinanza degli utenti. Anno 2012 – Fonte: estrazione da
Attività rilevata nei consultori della Usl 8
Stranieri
Numero
Italiani
% Numero
Totale
% Numero
%
3.643
9.666
2,7
15%
24%
-
20.599
30.814
1,5
85%
76%
-
24.242
40.480
1,7
100%
100%
-
Accessi per tipologia di consultorio:
Consultorio Giovani
Consultorio Familiare
650
9.013
25%
24%
1.938
28.806
75%
76%
2.588
37.819
100%
100%
Numero utenti per area di intervento:
Maternità
Contraccezione
Altre tematiche ginecologiche
Interruzioni volontarie di gravidanza
Sterilità
Prevenzione oncologica
1.297
487
618
277
120
1.520
26%
28%
20%
51%
46%
10%
3664
1239
2530
270
141
13624
74%
72%
80%
49%
54%
90%
4.961
1.726
3.148
547
261
15.144
100%
100%
100%
100%
100%
100%
801
26%
2253
74%
3.054
100%
114
9%
1189
91%
1.303
100%
62
21%
232
79%
294
100%
Numero utenti
Numero di accessi
Accessi medi per utente
Numero di libretti di gravidanza consegnati
Numero utenti che ha frequentato il corso di
accompagnamento alla nascita
Numero utenti che ha frequentato lo spazio
mamme - sostegno allattamento al seno
Caribel
LA SCELTA DEL MEDICO
Nella tabella 6 sono riportati il numero di cittadini esteri che risultano in carico alla medicina di famiglia
con tutta l’importanza che questo implica nell'attivazione dei processi diagnostici e terapeutici ma
anche nell’utilizzo della rete dei servizi assistenziali. Se consideriamo i dati dell’ultimo triennio (20102012) si vede che la quota di assistiti di cittadinanza estera dal 2010 al 2012 è in lieve diminuzione (2%), risulta invece in aumento la quota di assistiti di età superiore ai 55 anni (+24%).
Tabella 6
Soggetti di cittadinanza estera per classe di età che risultano essere assistiti da un medico
di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. Anni 2010-2012 – valori assoluti e
variazione percentuale 2012 rispetto al 2010.
Classi dietà
2010
2011
2012
Variazioni %
2012 vs 2010
0-14
6.627
6.617
6.395
-3,5%
15-54
23.175
22.411
22.058
-4,8%
2.385
2.584
2.959
24,1%
32.187
31.612
31.412
-2,4%
55+
Totale assistiti di
cittadinanza estera
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
41
VACCINAZIONI
Anche in assenza di un dato specifico sulla vaccinazione dei bambini nati da immigrati appare
evidente che le alte percentuali di vaccinati (tabella 7) depongono per una massiva compliance
vaccinale e ciò dunque fa indirettamente ipotizzare che il fenomeno della vaccinazione coinvolge
pienamente la fascia di soggetti cittadinanza straniera.
Tabella 7
Percentuali di soggetti vaccinati per le malattie infettivo-diffusive per le quali è disponibile ed
è raccomandato il vaccino. Confronto tra Regione e USL 8
Vaccinazioni
USL 8 Toscana
Anti polio
97,6
96,1
Antidifterico tetanico pertossico
97,7
96,1
Epatite B
97,6
95,5
Morbillo
94,8
92,1
Hib anti haemophilus influenzae b
97,5
95,4
Meningococco
91,0
88,0
PRESTAZIONI DI SPECIALISTICA AMBULATORIALE
Per quanto riguarda l’accesso a prestazioni di specialistica ambulatoriale vengono considerate le
analisi di laboratorio, le prestazioni diagnostiche (ad esclusione della diagnostica pesante) e la
diagnostica pesante (TAC, RMN e PET). Le figure 8-9-10 riportano i tassi di utilizzo di tali prestazioni;
sebbene i tassi calcolati su tutta la popolazione siano, tra i cittadini esteri molto più bassi (7,5 analisi di
laboratorio procapite per i residenti di cittadinanza estera rispetto a 16,1 per i cittadini italiani e
rispettivamente 60,4 e 6,7 prestazioni diagnostiche e di diagnostica pesante per 100 cittadini esteri
rispetto a 97,8 e 20,2 degli italiani) tali differenze si riducono esaminando classi di età più giovani. Le
differenze maggiori in tutte le classi età considerate si osservano per la diagnostica pesante.
In questa analisi abbiamo privilegiato le misure grezze in grado di fotografare la realtà del fenomeno in
termini di carico di prestazioni effettivamente utilizzate, ma ovviamente, poiché l’utilizzo di tali
prestazioni cresce al crescere dell’età, è chiaro che il confronto per cittadinanza se vuole essere
utilizzato, oltre che come lettura descrittiva di utilizzo di risorse, anche come opportunità di accesso,
deve essere effettuato all’interno di classi di età più omogenee (nelle figure sono descritte le fasce di
età 0-14, 15-44 e 45-54) o con misure standardizzate.
Figura 8
Numero di esami di laboratorio procapite effettuati da residenti per cittadinanza e classe di età.
Anno 2012
17,8
16,1
14,3
11,9
8,2
3,6
0-14
8,6
9,0
7,5
2,9
15-44
45-54
cittadinanza italiana
55-64
Totali
cittadinanza estera
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
42
Figura 9
Numero di prestazioni diagnostiche ad esclusione della diagnostica pesante (TAC, RMN PET)
erogate a residenti per cittadinanza e classe di età. Anno 2012
118,6
97,8
89,5
60,0
43,3
73,2
63,1
69,6
60,4
37,4
0-14
15-44
45-54
cittadinanza italiana
55-64
Totali
cittadinanza estera
Figura 10
Numero di prestazioni di diagnostica pesante (TAC, RMN PET) erogate a residenti per
cittadinanza e classe di età. Anno 2012
27,3
20,2
18,9
12,2
11,9
10,9
6,7
6,4
1,9
0,8
0-14
15-44
45-54
cittadinanza italiana
55-64
Totali
cittadinanza estera
OSPEDALE E PRONTO SOCCORSO
Nelle figure 11 e 12 sono riportati i tassi di ospedalizzazione dei residenti nella USL 8 per cittadinanza
e sesso; i tassi sono calcolati considerando i ricoveri ovunque effettuati in Italia escludendo i neonati
sani e i ricoveri per parto.
Tra 0 e 14 anni i tassi di ricovero ospedaliero quando si escludono i neonati sani sono
complessivamente maggiori tra gli italiani (+25%) tale differenza è particolarmente rilevante tra le
femmine
Nelle fasce di popolazione giovane-adulta (15-54 anni) i tassi di ospedalizzazione sono perfettamente
allineati tra le femmine mentre tra i maschi dimostrano una maggiore propensione al ricovero gli
italiani rispetto ai loro coetanei con cittadinanza estera.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
43
Figura 11
Tassi di ricovero per 1.000 abitanti di residenti nella USL 8 per cittadinanza e sesso. Età 0-14
anni. Anno 2012
0-14
91,5
Tot.-ESTERA
114,7
Tot.-ITALIANA
112,1
Mas-ESTERA
125,2
Mas.-ITALIANA
Fem.-ESTERA
69,7
103,6
Fem.-ITALIANA
Figura 12
Tassi di ricovero per 1.000 abitanti di residenti nella USL 8 per cittadinanza e sesso. Età 15-54
anni. Anno 2012
15-54
91,5
Tot.-ESTERA
95,0
Tot.-ITALIANA
Mas-ESTERA
Mas.-ITALIANA
42,2
73,3
Fem.-ESTERA
88,4
Fem.-ITALIANA
88,8
I dati riportati in tabella 8 mostrano, in termini assoluti, i ricoveri nelle strutture ospedaliere della USL 8
nel 2012 per fascia di età e cittadinanza con un ulteriore dettaglio sulla residenza.
Complessivamente i ricoveri di immigrati sono il 7,3% del totale dei ricoveri; di questi l’86,1% viene
erogato a immigrati con residenza ad Arezzo e il 2,7% a stranieri STP (temporaneamente presenti).
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Tabella 8
Ricoveri ospedalieri nelle strutture pubbliche e private della USL 8 per sesso cittadinanza e
fascia di età. Anno 2012 – Fonte: archivio SDO
Cittadinanza
Italiani
Stranieri residenti ad
Arezzo
Stranieri residenti Italia
(escluso Arezzo)
Stranieri residenti estero
Stranieri STP
Totale stranieri
Totale ricoveri
% stranieri STP sul totale
ricoveri di stranieri
% stranieri residenti ad
Arezzo sul totale ricoveri di
stranieri
% stranieri sul totale dei
ricoveri
0-14
Femmine
15-54 55 e oltre
0-14
Maschi
15-54 55 e oltre
7.231 14.397
0-14
Totale
15-54
3.637 14.930
55 e oltre Totale
1.694
7.699
13.727
1.943
28.124 46.691
349
1.681
143
459
436
102
808
2.117
245
3.170
11
3
3
128
57
48
24
15
9
18
8
3
84
21
26
9
33
11
29
11
6
212
78
74
33
48
20
274
137
100
366
1.914
191
488
567
155
854
2.481
346
3.681
2.060
9.613
13.918
2.431
7.798 14.552
4.491 17.411
0,8%
2,5%
4,7%
0,6%
4,6%
7,1%
0,7%
3,0%
5,8%
2,7%
95,4%
87,8%
74,9%
94,1%
76,9%
65,8%
94,6%
85,3%
70,8%
86,1%
17,8%
19,9%
1,4%
20,1%
7,3%
1,1%
19,0%
14,2%
1,2%
7,3%
28.470 50.372
Per quanto riguarda gli accessi al pronto soccorso nella figura 13 sono riportati i tassi di accesso al
pronto soccorso per 1.000 abitanti espressi per cittadinanza e per classi di età, a tale fine vengono
considerati gli accessi dei residenti nella USL 8 ovunque avvenuti. In totale tra i residenti nella USL di
Arezzo si contano 509,1 accessi ogni 1000 abitanti tra gli italiani e 507,4 accessi ogni 1.000 abitanti
tra coloro che hanno cittadinanza estera. In particolare le differenze maggiori si riscontrano in alcune
classi di età: tra i 15 e i 44 anni gli stranieri accedono in proporzione maggiore agli italiani mentre dai
55 ai 64 anni prevale la tendenza inversa.
Gli accessi al pronto soccorso nelle strutture ospedaliere della USL 8 nel sono stati invece 143.404 di
cui 17.404 (pari al 12%) effettuati da immigrati; la figura 14 mostra la percentuale di accessi con
codice colore bianco o azzurro e la distribuzione di tali accessi per codice colore, classe di età e
cittadinanza. Tra gli immigrati è maggiore la percentuale di tali codici colore, le differenze con gli
italiani sono più marcate nella fascia di età pediatrica (0-14 anni).
Figura 13
Tassi di accesso al pronto soccorso per 1.000 abitanti. Residenti nella USL 8 per cittadinanza e
classi di età. Anno 2012
594,7
620,8
527,0
509,1 507,4
453,2
391,1 392,9
425,3
329,4
0-14
15-44
45-54
cittadinanza italiana
55-64
Totale
cittadinanza estera
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Figura 14
Accessi al pronto soccorso della USL 8 per codice colore bianco o azzurro per cittadinanza e
classe di età. Anno 2012
43,2%
35,0%
31,0%
27,9%
33,7%
29,6%
28,8%
25,9%
25,7%
25,9%
24,7%
17,6%
0-14
15-44
54-54
55-64
cittadinanza italiana
65+
totale
cittadinanza estera
DIABETE
La figura 15 illustra la prevalenza si diabete nella popolazione residente nella USL 8 per cittadinanza
e classi di età identificata in base al consumo di risorse (ricoveri ospedalieri con diagnosi di diabete
e/o consumo di farmaci antidiabetici). Quello che si osserva è una elevata prevalenza della patologia
tra gli immigrati nelle fasce di età centrali (30-44 e 45-59) che per come sono identificati i soggetti
diabetici può fare ipotizzare una adeguata accessibilità alle specifiche risorse sanitarie. Per contro gli
esami riportati come indicatori di aderenza alle linee guida mostrano che gli stranieri hanno accesso a
questi esami in percentuali significativamente inferiori agli italiani (figura16). Elemento questo che
potrebbe essere superato dall’approccio proattivo della sanità d’iniziativa.
Figura 15
Prevalenza del diabete (in base al consumo di farmaci e/o alla diagnosi di ricovero) nella
popolazione della USL di Arezzo per fasce di età e cittadinanza. Fonte: elaborazioni USL su
banca dati ARS MaCro
120
105,65
100
91,01
80
60
37,05
40
20
8,20
3,82
40,64
13,26
3,59
0
15-29
30-44
Italiani
45-59
60-74
Stranieri
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Figura 16
Aderenza alle linee guida terapeutiche: percentuale di soggetti diabetici di età compresa tra 15
e 74 anni che hanno fatto almeno un esame di emoglobina glicata, profilo lipidico, creatinina,
microalbuminuria per cittadina. Fonte: elaborazioni USL su banca dati ARS MaCro
% emoglobina glicata
%profilo lipidico
69,6
80
54,1
60
40
20
0
Stranieri
70
60
50
40
30
20
10
0
Italiani
60
48,3
Stranieri
% creatinina
Italiani
% microalbuminuria
72,0
80
66,1
54,5
43,5
50
40
34,5
30
40
20
20
10
0
0
Stranieri
Italiani
Stranieri
Italiani
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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SCREENING ONCOLOGICO
Nelle tabelle sottostanti sono stati confrontati i dati di adesione delle persone nate in Italia rispetto a
quelle nate all’estero per i tre programmi regionali di screening.
Lo screening cervicale è quello che mostra le minori differenze. Nelle fasce corrispondenti all’età
fertile, l’adesione all’invito è addirittura superiore come probabile conseguenza delle attività
consultoriali connesse alla gravidanza.
Sono anche evidenti, in tutti gli screening, le maggiori difficoltà delle persone nate all’estero con età
superiore a 60 anni.
SCREENING
MAMMELLA
età
50-54
55-59
60-64
65-69
Totale
NATE IN ITALIA
N°
donne
invitate
6.336
5.240
5.048
4.613
21.237
SCREENING
CERVICE
UTERINA
età
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-64
Totale
SCREENING
COLON-RETTO
Età
50-54
55-59
60-64
65-69
70+
Totale
N° donne
rispondenti
3.935
3.561
3.702
3.342
14.540
Adesione
corretta
(%)
68,8
71,2
76,0
75,0
72,52
NATE IN ITALIA
N° donne N° donne
invitate rispondenti
918
2.962
3.501
3.648
3.836
3.579
3.148
3.400
24.992
476
1.136
1.494
1.662
1.829
1.783
1.664
1.798
11.842
N°
Adesione
N° donne
donne
corretta
rispondenti
invitate
(%)
59,1
661
355
60,4
363
200
50,8
207
93
48,3
105
43
57,39
1.336
691
NATE ALL'ESTERO
N°
Adesione
N° donne
corretta donne
rispondenti
invitate
(%)
59,6
326
169
43,1
564
250
48,2
679
338
51,7
569
264
54,0
487
236
56,5
406
212
59,8
252
117
59,8
146
58
53,6
3.429
1.644
PERSONE NATE IN ITALIA
(maschi+femmine)
N°
persone
invitate
9.104
9.709
9.586
10.307
1.100
39.806
NATE ALL'ESTERO
N°
Adesione
persone
corretta
rispondenti
(%)
45,7
4.069
50,7
4.788
62,7
5.830
62,1
6.155
51,5
535
55,4
21.377
Adesione
corretta
(%)
55,2
50,7
55,1
50,0
52,1
55,1
49,8
41,1
52,1
PERSONE NATE ALL'ESTERO
(maschi+femmine)
N°
N°
Adesione
persone
persone
corretta
invitate rispondenti
(%)
45,5
1.091
394
52,4
609
267
51,8
348
157
49,7
187
80
41,2
17
7
48,7
2.252
905
Differenza
Adesione
nate
all'estero
-9,7
-10,8
-25,1
-26,7
-15,1
Differenza
Adesione
nate
all'estero
-4,3
7,6
6,9
-1,7
-1,9
-1,5
-10,0
-18,6
-1,5
Differenza
Adesione
nate
all'estero
-0,2
1,6
-10,9
-12,5
-10,3
-6,7
Fonte: flusso SCR (screening) secondo i criteri dell'Osservatorio Nazionale Screening (ONS) presso il
Ministero della Salute e del Centro di Riferimento Regionale presso ISPO di Firenze.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA CITTADINI STRANIERI
L’Assistenza Domiciliare Integrata è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “ la
possibilità di fornire presso il domicilio del paziente quei servizi e quegli strumenti che
contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, di salute e funzione”.
L‘Assistenza Domiciliare Integrata è comunque un sistema di interventi e servizi sanitari e/o sociali
offerti al domicilio. Si caratterizza per la integrazione tra gli operatori che intervengono ma anche
delle prestazioni offerte, legate alla natura e ai bisogni ai quali si rivolge.
Come si attiva
L’ADI può essere attivata attraverso una segnalazione a:
1. Punto Unico di Accesso, presso la sede del Distretto
2. Punto Insieme, presso i Comuni
3. Direttamente al distretto tramite il medico di Comunità o da parte di un Medico di Medicina
Generale o un Pediatra di Famiglia.
Chi segnala il bisogno
1. Il Medico di Medicina Generale / Pediatra di Famiglia
2.I familiari, rivolgendosi al Punto Unico di Accesso o al Punto Insieme
Erogazione di farmaci e presidi
Per tutti i casi in Assistenza Domiciliare Integrata i farmaci ( presenti nel prontuario ospedaliero) e i
presidi ( creme, garze, cateteri per esempio), possono essere forniti direttamente dall’Azienda, senza
alcun onere per il paziente.
Prestazioni erogate
Tutte quelle necessarie per garantire l’assistenza al paziente. Pertanto sono erogate:
• prestazioni infermieristiche
• prestazioni mediche da parte del MMG o PdF
• consulenza medica specialistica ove necessaria
• prestazioni di riabilitazione, ove necessarie.
SANITÀ D'INIZIATIVA CITTADINI STRANIERI
La Sanità d'iniziativa prevede che i pazienti con età > 16 anni, che sono affetti da patologie croniche
(diabete, scompenso, ictus e bpco) entrino a far parte di percorsi diagnostico terapeutici che
comportano la esecuzione di esami clinici e specialistici (in relazione alla patologia) e visite di controllo
presso l'ambulatorio del proprio medico di medicina generale.
Per poter essere inseriti in tale percorso è condizione indispensabile:
essere assistiti da un medico di medicina generale della nostra Azienda che ha iniziato ad
effettuare la sanità di iniziativa,
essere affetti da una delle patologie sopra menzionate
avere dato il consenso al proprio medico per far parte di tale percorso.
I PDTA sono consultabili sul sito della nostra Azienda.
Per i cittadini stranieri non esiste al momento nessun tipo di modulistica tradotta sulla sanità
d'iniziativa, perchè di fatto l'inserimento nel percorso avviene attraverso il medico di medicina generale
che informa il paziente
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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La mediazione linguistico-culturale
La mancanza di informazioni sul funzionamento del sistema sanitario da parte delle persone
immigrate è probabilmente la criticità maggiore cui bisogna far fronte nella nostra sanità. Non solo
perché testimonia l’effettivo non esercizio di un diritto, ma soprattutto per le molteplici ricadute che ha
in termini di difficoltà e modalità non appropriate d’accesso. Si tratta di una grossa sfida per il Servizio
sanitario, anche Aziendale, appare quindi prioritario agire sulle modalità più appropriate per rendere
efficace la diffusione delle informazioni e non solo riflettere sulle azioni da intraprendere, onde evitare
il ripetersi di errori già commessi e il conseguente spreco di risorse.
Le informazioni sembrano circolare a fatica anche all’interno delle Aziende sanitarie, tra gli operatori e
non soltanto rispetto ai soggetti immigrati. Appare dunque essenziale potenziare le capacità
comunicative anche degli operatori, la loro capacità di stare nella relazione e di gestirne
consapevolmente gli strumenti, principalmente quello della mediazione linguistico-culturale.
L’Azienda USL 8 per sostenere l’integrazione dei cittadini stranieri e favorire il corretto ed appropriato
accesso ai servizi ha attivato un servizio di mediazione linguistico culturale in ventitré lingue
(aggiudicato con Determinazione dirigenziale dell’Estav Sud Est n. 705 del 3/08/2011). Tramite
l’attività di interpretariato e mediazione culturale si realizza, infatti, l’accompagnamento nella relazione
operatore/utente, con particolare attenzione ai servizi nei quali è maggiore o più critico l’accesso di
cittadini stranieri (percorso nascita, percorso IVG, Pronto Soccorso, etc.). È stata data ampia rilevanza
anche alla traduzione di materiali informativi: moduli, avvisi, cartellonistica interna, etc.
Il servizio di mediazione linguistico-culturale presso l’USL 8 si configura come uno di quegli interventi
che, come auspicato dall’OMS, non solo contribuisce a favorire l’uscita dallo stato di malattia ma
stimola attivamente un proficuo rapporto tra gli stranieri e i servizi locali nella direzione della
promozione della salute, attraverso le ore di mediazione programmata e dei corsi specifici su
tematiche relative alla salute. La comprensione tra gli interlocutori può essere prodotta nell’interazione
mediata e, osservando il problema da prospettive socio-linguistiche diverse, propone una riflessione
sulla complessità di questo tipo di interazione e sul delicato compito del mediatore. Il Mediatore
Linguistico Culturale è quindi una figura ponte: sono molti i testi dedicati a questa figura che è vista in
molti casi come la panacea per tutti i bisogni di accesso dei migranti.
La salute degli immigrati, per i quali la migrazione in sé stessa rappresenta un fattore di esposizione a
molteplici rischi, è strettamente connessa ai sistemi di accoglienza e ai processi di inclusione sociale
attuati nel paese ospitante. Pertanto, nell’analisi di possibili barriere legate alla comunicazione,
organizzazione e informazione che possano determinare accessi e percorsi di cura inappropriati o non
tempestivi, in un sistema sanitario pubblico appare fondamentale l’utilizzo di mediatori linguistico
culturali.
Documentazione multilingue presente nelle Strutture dell’Azienda USL 8
Lavaggio mani
Informazioni registrazione nascita
Assunzione pillola anticoncezionale
Cordone ombelicale
Malattie a trasmissione sessuale
Urgenze ginecologiche in Pronto Soccorso
Donne, gravidanza e fumo
Allattamento al seno
Spazio mamma
Consultorio giovani
Corso di accompagnamento alla nascita
Screening prenatale per la sindrome di Down
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
50
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
51
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
53
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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NORMATIVA ASSISTENZA SANITARIA DEI CITTADINI NON ITALIANI PRESENTI IN ITALIA
Condizione amministrativa degli stranieri
Si deve preliminarmente distinguere tra persone presenti in Italia provenienti da:
1) Paesi Extraeuropei
2) Paesi appartenenti all'Unione Europea.
Se provenienti da Paesi Extraeuropei possono essere regolarmente presenti in quanto in possesso di
un valido permesso di soggiorno oppure possono essere presenti senza avere un valido permesso di
soggiorno (irregolari: avevano in precedenza un permesso di sogg. che non hanno rinnovato;
clandestini, cioè che non hanno mai avuto un permesso di soggiorno).
Se provenienti da Paesi appartenenti alla U.E., a seguito dell'emanazione del D.Lgs. n. 30 del 6
Febbraio 2007, di recepimento della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'U.E. E dei
loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, i cittadini
comunitari non devono più richiedere alcun titolo di soggiorno presso la Questura.
La legislazione italiana indica col termine STRANIERI le persone che hanno cittadinanza in un Paese
non appartenente all'U.E., mentre col termine CITTADINI COMUNITARI vengono indicati i cittadini non
italiani appartenenti all'U.E.
Cittadini comunitari
CAMPO DI APPLICAZIONE
Quanto in appresso specificato si applica ai cittadini che si recano negli Stati dell'Unione Europea
(U.E.), Spazio Econominoc Europeo (S.E.E) e Confederazione Svizzera per temporanei soggiorni,
distacchi lavorativi o altri motivi.
Con il D.Lgs. n. 30/2007 si è esternato il concetto che il cittadino U.E. ha diritto a soggiornare in Italia,
se non è un onere sociale per lo stato italiano per cui il cittadino comunitario, in possesso dei requisiti
che determinano il diritto di soggiorno per periodi superiori a tre mesi, deve provvedere all'iscrizione
all'anagrafe della popolazione residente.
Hanno diritto all'iscrizione obbligatoria temporale al SSN tutti coloro che hanno la residenza anagrafica
nella A.S.L. 8 appartenenti alle seguenti tipologie ed i familiari a loro carico:
lavoratori stagionali – lavoratori subordinati con contratto di lavoro a tempo determinato - lavoratori
subordinati con contratto di lavoro a tempo indeterminato – lavoratori autonomi – cittadini in
disoccupazione dopo aver lavorato per meno di un anno ovvero in stato di disoccupazione involontaria
verificatasi nei primi dodici mesi di soggiorno nello stato italiano – cittadini in disoccupazione dopo
aver lavorato oltre un anno continuativo - disoccupati che hanno perso il lavoro iscritti ad un corso di
formazione professionale in Italia - disoccupato inabile al lavoro per infortunio o malattia – detenuti
in carcere, in semi libertà, sottoposti a misure alternative della pena – titolari formulari S1 (ex mod.
E121-E106-E109
ed
E120).
Inoltre hanno diritto all'iscrizione obbligatoria al SSN i cittadini comunitari soggiornanti regolarmente in
Italia
da più di 5 anni.
Infine, la Regione Toscana con nota del 04/05/2011 ha dato indicazioni che il cittadino comunitario o
familiare dello stesso, residente nei nostri Comuni ma non avente i requisiti per l'iscrizione obbligatoria
al SSN, in possesso di adeguate risorse economiche (che dovrà auto certificare) può effettuare
l'iscrizione volontaria al SSN versando un contributo valido per l'anno solare (scadenza annuale), non
frazionabile e non retroattivo di € 149,77 se studente, € 219,49 se collocato alla pari o € 387,34 per
tutti gli altri casi.
Cittadini comunitari in temporaneo soggiorno
Ai cittadini dell'U.E. in temporaneo soggiorno in Italia (per un periodo non superiore a tre mesi senza
alcuna condizione o formalità) è garantito l'accesso alle prestazioni sanitarie medicalmente necessarie
attraverso
la
TEAM.
Cittadini extracomunitari
CAMPO DI APPLICAZIONE
La sottoindicata normativa si applica ai cittadini non appartenenti all'U.E., allo Spazio Economico
Europeo (S.E.E.)., alla Confederazione Svizzera o ai Paesi con i quali sono vigenti specifiche
convenzioni, con i quali cioè l'Itali aintrattiene rapporti di reciprocità assistenziale e gli apolidi.
Ai sensi dell'art. 34, comma 1 e 2 del D. Lgs. 286/1998 “Testo Unico sull'immigrazione” hanno obbligo
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
55
di iscrizione al SSN a parità di condizioni con il cittadino italiano:
A) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o
autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
B) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano richiesto il rinnovo del titolo di soggiorno per
lavoro subordinato, autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta
di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
Hanno quindi titolo ad essere iscritti al SSR i titolari di permesso di soggiorno rilasciato per:
lavoro subordinato o autonomo
motivi familiari (ricongiungimento; compresi i familiari ultrasessantacinquenni con ingresso in Italia
precedente al 5 novembre 2008)
asilo politico o rifugiato
asilo umanitario, motivi umanitari o protezione sussidiaria
richiesta di protezione internazionale
richiesta di asilo (anche “Convenzione Dublino”)
attesa adozione
affidamento ivi compresi i minori non accompagnati
richiesta della cittadinanza
possessori di carta di soggiorno e soggiornanti di lungo periodo (5 anni)
familiari non comunitari di cittadino comunitario iscritto al SSR
attesa di occupazione
attesa di regolarizzazione (iscrizione temporanea, in attesa della definizione della pratica, per coloro
che hanno fatto domanda di regolarizzazione o emersione dal lavoro nero)
minori stranieri presenti nel territorio a prescindere dal possesso del permesso di soggiorno
cittadino straniero con permesso di soggiorno per assistenza minore
motivi di studio per maggiorenni precedentemente iscritti a titolo obbligatorio
detenuti in carcere, in semilibertà, sottoposti a misure alternative alla pena, con o senza permesso di
soggiorno
permessi per motivi di giustizia
motivi religiosi per religiosi che svolgono un’attività lavorativa e ricevono una remunerazione soggetta
alle ritenute fiscali (es. parroci)
status di apolide
motivi di salute/umanitari (escluso ingresso per cure mediche)
motivi di studio qualora siano studenti che svolgono attività lavorativa
L'assistenza sanitaria spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.
Le categorie di cui sopra possono procedere all'iscrizione al SSN previa presentazione dei seguenti
documenti:
- permesso di soggiorno valido
- residenza anagrafica (o autocertificazione della residenza)
- codice fiscale
L'iscrizione coincide con il periodo di validità del permesso di soggiorno e, alla data di scadenza dello
stesso, il cittadino straniero deve provvedere al rinnovo per continuare ad avere titolo all'assistenza
sanitaria.
Categorie con diritto all'iscrizione volontaria al Servizio Sanitario Regionale.
I cittadini stranieri non comunitari in possesso del permesso di soggiorno con validità superiore a tre
mesi (non rientranti tra coloro obbligatoriamente iscritti al SSN) sono tenuti ad assicurarsi mediante
stipula di una polizza assicurativa (con un istituto assicurativo italiano o estero) valida sul territorio
nazionale o, in alternativa, possono chiedere l'iscrizione volontaria al SSN previa corresponsione del
contributo dovuto ai sensi del D.M. 8/10/1986
Motivi del soggiorno che consentono l'iscrizione volontaria al SSR:
soggiornanti per motivi di studio
collocati alla pari
residenza elettiva
personale religioso
stranieri partecipanti a programmi di volontariato
familiari ultrasessantacinquenni con domanda di ingresso in Italia dopo il 5/11/2008
dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali operanti in Italia e personale di
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rappresentanze diplomatiche e Uffici Consolari.
Il diritto all'assistenza decorre dal momento dell'iscrizione, ha durata di un anno, non è frazionabile e
non ha decorrenza retroattiva.
Chi è presente nel territorio per motivi turistici e per cure mediche non ha diritto all'iscrizione
volontaria. Inoltre la R.T. con nota del 04/05/2011 ha dato indicazioni che:
il genitore ultra sessantacinquenne di cittadino extracomunitario può iscriversi al SSN dietro
pagamento di un contributo pari ad € 387,34.
Hanno diritto invece, all'iscrizione obbligatoria:
- i genitori ultra sessantacinquenni di cittadini comunitari;
- i genitori ultra sessantacinquenni di cittadino extracomunitario avente lo status di rifugiato
- i genitori ultra sessantacinquenni iscritti precedentemente a titolo obbligatorio al SSN che richiedono
il rinnovo di permesso di soggiorno per motivi familiari.
Cittadini stranieri non iscrivibili solventi in proprio
I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti per periodi inferiori ai tre mesi (visto per turismo, affari,
visita ecc.) non tenuti all'iscrizione obbligatoria né iscrivibili volontariamente al SSR, sono tenuti al
pagamento in proprio delle prestazioni ospedaliere urgenti (pagamento alla dimissione) e delle
prestazioni sanitarie di elezione (pagamento anticipato delle tariffe per intero).
STRANIERI NON IN REGOLA CON LE NORME RELATIVE ALL'INGRESSO ED AL SOGGIORNO
Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all'ingresso ed
al soggiorno sono assicurate nei presidi pubblici e accreditati:
- cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali ancorché continuative, per malattia
e infortunio (es. diabete, malattie cardiache, ipertensione, malattie polmonari, ecc)
- i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva;
- la tutela sociale della gravidanza e della maternità a parità di trattamento con le cittadine italiane e la
garanzia dell'applicazione della L. 194 (I.V.G.) (in Toscana no libretto gravidanza in quanto solo alle
residenti in questa Regione)
- la tutela della salute del minore ;
- le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione
collettiva;
- gli interventi di profilassi internazionale;
- la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive;
applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, - cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza
Per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o
danno per la salute della persona.
Per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie diagnostiche e terapeutiche relative a
patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero
determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o
aggravamenti)
Le prestazioni di cui sopra sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse
economiche sufficienti, fatto salvo le quote di partecipazione alla spesa sanitaria a parità col cittadino
italiano. Se lo stato di indigenza è tale da non permettere il pagamento del ticket lo straniero dovrà
presentare dichiarazione di indigenza.
Al cittadino straniero irregolare ed indigente, dopo sottoscrizione di apposita dichiarazione di
indigenza, viene rilasciato un codice S.T.P. (Straniero Temporaneamente Presente) con validità
semestrale, rinnovabile, e valenza su tutto il territorio nazionale.
Viene rilasciato al momento della prima prestazione effettuata (Pronto Soccorso o ricovero
Ospedaliero) dagli uffici preposti presso i Presidi Ospedalieri o al momento dell'effettuazione di visita
ambulatoriale presso Distretti o visita al consultorio familiare dagli Uffici della Zona Distretto. In questo
caso è' necessario presentarsi allo sportello ASL con la richiesta del medico (anche Medicina
Generale) in cui è prescritto una cura urgente o essenziale.
In base alle leggi italiane l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le
norme del soggiorno NON COMPORTA ALCUN TIPO DI SEGNALAZIONE ALLE AUTORITA' DI
PUBBLICA SICUREZZA, salvo casi legati a fatti criminosi.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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RIFERIMENTI NORMATIVI
Cittadini comunitari
Regolamento CE 1408/71 (attualmente valido solo per gli stati SEE, Svizzera e cittadini
extracomunitari)
Regolamento CE 574/72 (attualmente valido solo per gli stati SEE, Svizzera e cittadini
extracomunitari)
Direttiva CE 2004/38/CE del 29/04/2004 "Diritto dei cittadini dell'UE e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati Membri"
D.Lgs 30 del 06/02/2007 "Attuazione della direttiva CE 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini
dell'Unione e dei loro familiarti di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati
membri”
Linee Guida della Commissione Europea del 02/07/2009 riguardo l'applicazione della direttiva 2004/38
Regolamento CE 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento CE 883/2004
relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale del 16/09/2009
Regolamento CE 988/2009 che modifica il Regolamento CE 883/2004
Regolamento UE 1231/2010 che estende i Regolamenti CE 833 e 987 ai cittadini Paese terzi che
risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri (ad esclusione Regno Unito e Danimarca)
Circolari Ministero dell'Interno:
n. 19 del 06/04/2007, n. 39 del 18/07/2007, n. 45 del 08/08/2007, n. 18 del 21/07/2009
Circolari Ministero della Salute:
DG RUERI/II/12712/I.3.b del 3 agosto 2007
DG RUERI/II/3152-P/I.3.b/1 del 19 febbraio 2008
DG RUERI/II/15645-P del 24 luglio 2009
DG RUERI/II/005846-P/I.3.b/1 del 30 marzo 2010
DG RUERI/II/ 7656- P del 28 aprile 2010
DG RUERI/II/ 7672- P del 29 aprile 2010
DG RUERI/II/ 9004- P del 18 maggio 2010
DG RUERI/II/10437-P del 11 giugno 2010
DG RUERI/II/12647-P/I.3.b/1 del 20 luglio 2010
DGRUERI/VI/I.3.b-b/12881 del 22 luglio 2010
DGRUERI/II/13254-P del 28 luglio 2010
DGRUERI/II/18839-P del 12 ottobre 2010
- Nota Regione Toscana AOOGRT/323712/Q.080.140 del 20/12/2010 “Assistenza sanitaria urgente
ed essenziale per l'anno 2011 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano”
- Circolare Regione Toscana AOOGRT/113/Q.080.140 del 04/05/2011 “Iscrizione volontaria al SSR
cittadini comunitari ed iscrizione volontaria al SSR delle persone straniere ultrasessantacinquenni non
appartenenti all'U.E.”
- Delibera GRT n. 120 del 20/02/2012 “Linee Guida Regionali per l'applicazione della normativa
sull'assistenza sanitaria dei cittadini non italiani presenti in Italia: approvazione”.
CITTADINI EXTRACOMUNITARI (STRANIERI)
Riferimenti normativi:
Leggi
Legge n. 40 del 6.3.1998 «Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»
Legge regionale n. 29 del 9 giugno 2009 «Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela
dei cittadini stranieri nella Regione Toscana»
Decreti
Decreto Legislativo n. 286 del 25.7.1998
“Testo unico sull’immigrazione”
Decreto Legislativo n. 113 del 13.4.1999 “Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art.
47. comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40”
Decreto Legislativo n. 230 del 22.6.1999 “Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell’art. 5,
della legge 30 novembre 1998, n. 419”.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31.8.1999 “Regolamento recante norme di
attuazione del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n. 286”
Decreto Presidente Consiglio Ministri dell’1.9.2000 “Misure relative alla conclusione degli interventi di
protezione temporanea assicurati agli stranieri presenti sul territorio nazionale con permesso di
soggiorno rilasciato ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 maggio 1999,
prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 1999” (profughi area
balcanica)
Decreto Legge 9 settembre 2002, n. 195, coordinato con la Legge di conversione 9 ottobre 2002, n.
222 “Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari”
Decreto del Presidente della Repubblica del 18 ottobre 2004, n.334 “Regolamento recante modifiche
ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di
immigrazione”
Circolari
Circolare n. 5 del 24.3.2000 del Ministero della Sanità “D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, Testo Unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
disposizioni in materia sanitaria.
Circolare Regione Toscana AOOGRT/113/Q.080.140 del 04/05/2011 “Iscrizione volontaria al SSR
cittadini comunitari ed iscrizione volontaria al SSR delle persone straniere ultrasessantacinquenni non
appartenenti all'U.E.”
Regolamenti
Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n. 859 del 14 maggio 2003 Estensione di disposizioni
di precedenti regolamenti, il 1408/71/CEE e il n. 574/72/CEE, ai cittadini di paesi terzi cui tali
disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità
Note ministeriali
Nota del Ministero dell’Interno del 7 dicembre 2006 “Semplificazione procedure amministrative di
rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno, anche in formato elettronico”
Nota del Ministero della Salute del 17 aprile 2007 “Chiarimenti in materia di assistenza sanitaria ai
cittadini extracomunitari a seguito delle Direttive emanate dal Ministero dell’Interno (revoca permesso
di soggiorno per motivi di adozione)
Nota del Ministero della Salute del 19 luglio 2007 “Iscrizione al SSN di studenti non appartenenti
all’Unione Europea”
Nota del Ministero della Salute del 19 novembre 2007 “Iscrizione al SSN di cittadini non appartenenti
all’Unione Europea in attesa del rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e nuova
disciplina introdotta con il D.Lgs 10/8/07 n. 154”
Nota del Ministero della Salute del 24 febbraio 2009 “Nuove disposizioni in materia di
ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 29 del Testo unico Immigrazione, come modificato dal D.L.
N. 160/2008. Assicurazione sanitaria per ricongiungimento genitore ultra sessantacinquenne”.
Nota R.T. AOOGRT/323712/Q.080.140 del 20/12/2010 “Assistenza sanitaria urgente ed essenziale
per l'anno 2011 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano”
Nota R.T. AOOGRT/344003/Q.080.140 del 20/12/2012 “Assistenza sanitaria urgente ed essenziale
per l'anno 2013 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano”
Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, nn. 281, tra il Governo,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, Indicazioni per la corretta
applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte
delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, del 20 dicembre 2012
Ministero dell’Interno: procedura di emersione del rapporto di lavoro irregolare ex art. 5 del
D.Lgs. 16 luglio 2012 n°109. Assistenza sanitaria nelle more della conclusione della
procedura di emersione.
Delibera GRT n. 120 del 20/02/2012 “Linee Guida Regionali per l'applicazione della normativa
sull'assistenza sanitaria dei cittadini non italiani presenti in Italia: approvazione”.
“Immigrants’ health protection: political, institutional and social perspectives at international
and Italian level (IJPH - 2012, Volume 9, Number 3), Geraci, Marceca, Baglio.
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Deliberazione ASL 8 di Arezzo n° 237/2013” Approvazione Accordo Azienda USL8 – Caritas
Diocesana Arezzo- Cortona Sansepolcro”. (percorso amministrativo per la presa in carico di
STP e soggetti senza fissa dimora)
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PROGETTI NUOVI Azienda USL 8:
L'approccio transculturale alla persona, come strategia efficiente ed efficace in
una società in evoluzione.
Progetto aziendale che investe tutte le strutture dell’Azienda per rispondere alle criticità evidenziate
dall’analisi del MES in cui si rilevava la difficoltà di comunicazione transuculturale tra operatori sanitari
e popolazione straniera.
Struttura che presenta il progetto: Zona Distretto Valdarno
Responsabile del progetto: D.ssa Domenichelli Anna
Animatore di formazione: Falugiani Barbara
Segreteria Organizzativa: Zona Distretto Valdarno
Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO
La presenza significativa degli immigrati in Italia ha creato, nell’organizzazione dei servizi socio
sanitari , bisogni nuovi e la necessità di sviluppare nuove competenze nei professionisti , in grado di
rispondere alle istanze dei cittadini stranieri, favorendone l’integrazione.
La proposta formativa nasce dall’esigenza di focalizzare l’attenzione dei professionisti dei servizi socio
sanitari sulle diversita’ culturali della popolazione straniera nel nostro territorio, allo scopo di
individuare universalita’ e diversita’ e sviluppare consapevolezza circa la necessita’ di un approccio
assistenziale transculturale alla persona. A tal proposito la mediazione culturale rappresenta una
funzione utile e necessaria per agevolare il processo di integrazione e facilita momenti di criticita’ e
complessita’ assistenziale.
OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto
Promuovere strategie per agevolare l’accesso alle cure e al mantenimento della salute, attraverso la
multiculturalita’ e la cultura dell’accoglienza nell’attività’ socio sanitaria.
Migliorare le abilita’ comunicative relative al lavoro d’equipe , in materia di procedure di accesso ai
servizi socio sanitari da parte del cittadino straniero.
OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere
Facilitare la comunicazione tra i professionisti dei servizi socio sanitari e l’utenza straniera nell’ottica
della condivisione dei valori.
Migliorare le competenze interculturali dei professionisti tramite appositi interventi educativi e come
l’intervento di mediatori culturali possa contribuire alla qualità della prestazione socio sanitaria.
FORMATORI PROPOSTI
Nome e Cognome
DEL FURIA LUCA
Qualificazione
INFERMIERE
Provenienza (*)
INTERNO
MON ADHAULYA
MEDIATORE CULTURALE
MEDIATORE CULTURALE
ESTERNO
MEDIATORE CULTURALE
ESTERNO
NEPI STEFANIA
ASSISTENTE SOCIALE
INTERNO
Ore (**)
3
per ogni edizione
2
per ogni edizione
2
per ogni edizione
1
per ogni edizione
PREVISIONE DI SPESA
TIPOLOGIA
Organizzazione
Struttura, residenzialità,
attrezzature, ecc
Docenza interna
Docenza esterna
Altro (specificare in note)
Costo totale
COSTO
NOTE
150
– 309.84
– 414.6
: 874.4
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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U.O. IGIENE DEGLI ALIMENTI E DELLA NUTRIZIONE
Riconferma progetto 2013 con accesso a un finanziamento regionale:
Appropriatezza nell'accesso al Pronto Soccorso da parte dei migranti: criticità attuali e
possibili interventi di comunicazione ed educazione alla salute per il contenimento del
fenomeno.
Struttura che presenta il progetto: UO Educazione alla Salute; Dipartimento Emergenza-Urgenza;
Comunicazione Marketing; Oxfam.
Responsabili del progetto: Baldaccini Patrizia; Marzia Sandroni; Mando’ Massimo
Animatore di formazione: Cortini Donatella
Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO
Tutte le più recenti osservazioni sull'accesso al Pronto Soccorso (PS) da parte dei migranti in
provincia di Arezzo (cfr analisi epidemiologica ASL 8) sono concordi nel rilevare che, nelle varie classi
di età, si verificano accessi maggiori tra gli stranieri per i codici a minore impatto di emergenza
(bianco, azzurro,) rispetto ai codici a maggiore intensità (giallo, rosso) le cui percentuali, almeno per
classi di età fino a 55 anni, sono pressoché analoghe.
Il maggiore ricorso degli immigrati al pronto soccorso, riguardo ai codici a minore impatto di
emergenza (codici bianchi e azzurri), è probabilmente correlato ad una maggiore facilità nell' accesso
che il pronto soccorso garantisce in particolare a chi, come alcune fasce di immigrati, non ha
sufficiente ed adeguata conoscenza dell'articolazione dei servizi sanitari dislocati a monte rispetto
all'ospedale. L'analisi dei dati fa ipotizzare, infatti, che una quota parte non indifferente di immigrati
guarda ancora al presidio ospedaliero come unica struttura che può rispondere nell'immediatezza ai
bisogni sanitari shuntando sia il sistema delle cure primarie che i modelli della prevenzione. Le
possibili spiegazioni riguardano dunque una sorta di “trasferimento tout-court” dei modelli di
organizzazione della sanità del Paese di provenienza in cui le strutture territoriali sono spesso carenti
e comunque non strutturalmente paragonabili a quelli del servizio sanitario regionale.
Infine, ma non per questo secondarie, si evidenziano possibili criticità di comunicazione in fase di
accoglienza e di dimissione, correlate non solo a problemi linguistici (in parte contenute dai servizi di
mediazione linguistico-culturale), ma anche inerenti aspetti prettamente non verbali, derivanti da
riferimenti culturali diversi, il cui impatto sul singolo può influenzare gli stessi percorsi diagnostici oltre
che l'adesione alle cure. I problemi dell'appropriatezza nell'accesso ai servizi e le altre criticità della
comunicazione necessitano dunque di un intervento formativo rivolto agli operatori sanitari che
operano nel Pronto Soccorso, al fine di trasferire loro elementi di comunicazione atti a migliorare la
relazione tra gli stessi operatori e tra questi e il paziente immigrato; ad individuare casi di
inappropriato accesso al PS favorendo momenti periodici di confronto (Audit) sugli stessi casi,
restituendo ad uno specifico osservatorio sanitario territoriale (Tavolo Distrettuale Immigrati) i casi più
significativi che necessitano di approfondimenti e di possibili soluzioni.
OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto
L'Azienda ASL 8 persegue L’Equità di accesso alle cure, la Qualità delle stesse e la loro Sostenibilità
nella Continuità. Questi obiettivi sono primari e strategici per il servizio sanitario della Toscana. Alla
luce delle osservazioni descritte nel paragrafo precedente, si rende necessario da un lato favorire con
ogni mezzo l'Equità del Sistema, garantendo l'accesso alle cure ed evitando disuguaglianze e
discriminazioni che si opporebbero alla stessa mission del Servizio Sanitario Regionale; dall'altro, la
necessità di garantire, anche attraverso interventi imperniati sulla comunicazione e sull'educazione
sanitaria di queste fasce di immigrati, un'adeguata conoscenza del modello sanitario toscano.
Per il raggiungimento di tali obiettivi è fondamentale partire dalla Comunicazione che si instaura al
Pronto Soccorso tra il cittadino straniero, portatore di bisogni e di diversità culturali e l'operatore
sanitario (medico, infermiere) che lo accoglie e ne decodifica, con l'aiuto della mediazione linguisticoculturale, le sue richieste sanitarie.
La facilitazione nelle diverse fasi della comunicazione, a cui, insieme ad altri attori (Psicologia clinica;
Educazione alla Salute; DEU) deve concorrere anche una mediazione linguistico-culturale,
adeguatamente formata ed attenta alle esigenze di entrambe le parti in causa (operatori del pronto
soccorso e immigrati) è dunque essa stessa obiettivo strategico del progetto affinchè attarverso la
Comunicazione passi non solo la traduzione del bisogno e il linguaggio tecnico che andrà restituito al
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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paziente, ma anche il rilievo dei problemi connessi alla conoscenza del sistema sanitario, da cui
derivano in gran parte le criticità sull'accessibilità ai servizi da parte delle fasce di popolazione
immigrata.
Ciò dovrebbe favorire nel medio-lungo termine un progressivo affinamento dell'appropriatezza sul
motivo che ha determinato eventuali accessi impropri al pronto soccorso. Inoltre l'efficacia della
relazione comunicativa tra il soggetto portatore del bisogno e l'operatore che lo attende al triage o lo
prende successivamente in carico, durante il percorso diagnostico/terapeutico dovrebbe garantire
un'adeguata accoglienza del migrante con ricadure positive in termini di percorso diagnostico e di
adesione alle cure.
OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere
Comunicazione efficace nelle varie fasi della relazione operatore sanitario-paziente, comprese le
interazioni con la mediazione linguistico-culturale: a) triage; b) presa in carico; c) restituzione dei
risultati della visita o del percorso diagnostico; d) eventuale counselling ed umanizzazione per casi
particolari compresa la comunicazione ai familiari del decesso.
L'obiettivo prevede un lavoro preliminare di conoscenza delle difficoltà evidenziate sia su campioni di
immigrati sia dalla parte degli operatori del pronto soccorso. Si prevedono, all'uopo, dei focus group
finalizzati a focalizzare l'attenzione sulle maggiori difficoltà di interazione, di comprensione di
linguaggio, di attivazione e coinvolgimento dei sistemi di mediazione linguistico-culturale, di
comunicazione non verbale ecc.
Implementazione di un sistema periodico di audit tra operatori del pronto soccorso e mediatori alla
presenza di professionisti di psicologia ospedaliera dell'ASL8, per approfondire e porre possibili
soluzioni (problem solving) di fronte a criticità rilevate nella comunicazione e nella gestione quotidiana
dei casi.
Osservatorio del Pronto Soccorso dei casi di accesso incongruo e restituzione periodica (trimestrale)
di quelli più significativi al Tavolo attivato presso il Distretto sulle politiche sanitarie degli Immigrati.
Progressiva appropriatezza nell'accesso al pronto soccorso e conseguente riduzione degli immigrati
che accedono ai codici a basso impatto di emergenza (codici bianchi, azzurri, verdi) e progressivo
allineamento degli accessi, per i suddetti codici, degli immigrati con gli quelli degli italiani.
Attivazione di 5 moduli formativi nell'ASL 8: uno per PS di zona.
1 - CONTENUTI DIDATTICI dell’evento
Interviste random ad immigrati, con l'aiuto di esperti della mediazione linguistico-culturale, che
giungono al pronto soccorso e vengono deviati ai codici a basso impatto, attraverso strumento
elaborato (questionario) per rilevare eventuali criticità relative alla conoscenza dei modelli
organizzativi del sistema sanitario in confronto con quello del Paese di provenienza;
Focus group con personale dedicato al pronto soccorso (medici e infermieri) per evidenziare criticità
più frequenti sull'aspetto della Comunicazione con gli immigrati;
Strategie Comunicative in fase di accoglienza e dimissione;
Implementazione di un sistema di rilevamento a livello del pronto soccorso sui casi di accesso
inappropriato e sulle possibili soluzioni informative da adottare
Restituzione dei casi significativi al Tavolo sugli Immigrati (Distretto-Cure Primarie);
Seminario sui modelli sanitari dei Paesi di provenienza delle fasce di popolazione più rappresentate
nella nostra provincia (runeni, albanesi, marocco, bangladesh, pakistan, ecc)
Lezioni frontali sulle tecniche della Comunicazione verbale e non verbale;
L'accoglienza, il triage e Il Counselling al Pronto Soccorso.
PREVISIONE DI SPESA
TIPOLOGIA
Organizzazione
Struttura, residenzialità,
attrezzature, ecc
Docenza interna
Docenza esterna
Altro (specificare in note)
COSTO
Struttura
ASL
(biblioteca)
€.35,00 hx 50
NOTE
1 .750,00 €
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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U.O. IGIENE DEGLI ALIMENTI E DELLA NUTRIZIONE
Titolo progetto:
Cucino senza confini
Obiettivo principale: Promuovere l'adesione alle linee guida nazionali sulla corretta alimentazione
attraverso l'uso di alimenti “etnici” per la preparazione di piatti bilanciati ma gradevoli.
Obiettivo secondario: Favorire la conoscenza e l'incontro tra persone provenienti da paesi diversi.
Target: Prioritariamente pazienti inseriti nel Chronic Care Model, in secondo ordine pazienti inviati dai MMG
ma non inclusi nel CCM, in terza istanza popolazione generale.
Durata: 24 mesi, con revisioni semestrali
Gruppo ristretto di progetto:
Dr.ssa Patrizia Baldaccini, medico, Responsabile U.O. Igiene degli alimenti e
della nutrizione
p.baldaccini@usl8.toscana.it
Dr. Nicola Vigiani, U.O. Igiene degli alimenti e della nutrizione nicola.vigiani@usl8.toscana.it
Dr.ssa Stefania Magi Assessore alle Politiche per l’integrazione dei nuovi cittadini e le Pari opportunità,
Politiche internazionali del Comune di Arezzo
Rete a sostegno del progetto: Azienda USL8 di Arezzo, Comune di Arezzo, Provincia di Arezzo, Camera
di Commercio, Oxfam Italia
Descrizione del progetto
Le malattie cronico-degenerative costituiscono ormai la principale causa di morte nel nostro paese. Le
cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche sono, in generale, malattie che
hanno origine in età giovanile, ma che richiedono anche decenni prima di manifestarsi clinicamente. Dato il
lungo decorso, richiedono un’assistenza a lungo termine, ma al contempo presentano diverse opportunità di
prevenzione.
Alla base delle principali malattie croniche ci sono fattori di rischio comuni e modificabili, tra cui un ruolo di
particolare peso è rivestito da una alimentazione poco sana.
Una cattiva alimentazione può generare quelli che vengono definiti fattori di rischio intermedi, ovvero
l’ipertensione, la glicemia elevata, l’eccesso di colesterolo e l’obesità. A questi fattori di rischio intermedi si
aggiungono fattori di rischio che non si possono modificare, come l’età o la predisposizione genetica,
diventando responsabili della maggior parte dei decessi per malattie croniche in tutto il mondo e in entrambi
i sessi.
Anche in Italia le malattie cronico-degenerative in cui l'alimentazione gioca un ruolo di importante fattore di
rischio colpiscono sia persone di cittadinanza italiana che persone con cittadinanza straniera.
Le indagini epidemiologiche che hanno esplorato quali siano le caratteristiche della popolazione più esposta
ai fattori di rischio legati ad una cattiva alimentanzione (Studio Passi) non hanno rilevato una differenza
sostanziale tra cittadini italiani e stranieri, mentre hanno evidenziato come essi si correlino in maniera
indiretta con il livello di istruzione e con lo status socio-economico.
Ci si propone dunque di realizzare una modalità per favorire un miglioramento delle abitudini alimentari nelle
fasce a maggior rischio, utilizzando come risorsa le opportunità date dalla presenza di cittadini stranieri sul
nostro territorio e la disponibilità di alimenti “etnici” sul mercato: in questo modo i cittadini stranieri non
diventano solo i destinatari del progetto, ma diventano essi stessi una risorsa anche per i cittadini italiani.
Negli ultimi anni sono stati infatti introdotti sul mercato numerosi alimenti provenienti da paesi lontani ed
estranei alla tradizione culinaria del nostro paese che presentano, se ben sfruttati, delle innegabili
potenzialità legate al loro impiego in preparazioni che possano integrare quelle proprie della nostra
tradizione culinaria, migliorandone la varietà e l'equilibrio nutrizionale.
Queste opportunità verranno esplorate nel corso di una serie di incontri, aperti a cittadini stranieri e italiani,
da organizzarsi presso la casa delle culture ad Arezzo, nel corso dei quali, anche attraverso metodiche
tipiche del counselling motivazionale, si diano spunti per migliorare le abitudini alimentari con l'introduzione
di nuovi alimenti e di nuove preparazioni nella dieta quotidiana.
Reclutamento dei partecipanti
Agli incontri i partecipanti dovrebbero essere inviati dal loro MMG, che li sceglierà secondo i seguenti criteri,
elencati nell'ordine di priorità per la partecipazione: pazienti inclusi in percorsi CCM; pazienti non inclusi in
percorsi CCM ma con storie di fallimento di precedenti tentativi di gestione del peso corporeo
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
71
La priorità dovrà essere data a cittadini stranieri.
Nel caso non venga raggiunto il numero minimo di partecipanti con le categorie sopra elencate gli incontri
potranno essere aperti alla popolazione generale fino al raggiungimento dei 20 iscritti.
Sede
Gli incontri saranno organizzati all'interno della Casa delle culture del Comune di Arezzo
Programma
Gli incontri avranno cadenza quindicinale ed avranno una durata di circa due ore l'uno, con una parte
divulgativa ed una parte pratica.
Il primo incontro sarà di presentazione del progetto con l'illustrazione di alcuni principi fondamentali della
corretta alimentazione e sarà condotto da personale IAN, mentre negli incontri successivi ci sarà la
compresenza di personale IAN e di esperti delle diverse cucine. In questi incontri si prenderà spunto da un
alimento tipico di un paese per approfondire un tema più ampio.
A titolo di esempio le cucine e i temi di approfondimento saranno:
La cucina cinese e la cottura al vapore
La cucina indiana e le alternative alla carne
La cucina Bengalese ed il tandoor
La cucina dell'Est europeo e le zuppe
La cucina Africana, il cous cous ed il bulghur
La cucina sudamericana ed i piatti unici
La cucina caraibica e le combinazioni inusuali
Costo
si ipotizzano 150 euro per ciascuno dei 7 incontri, tenendo conto che il personale ASL opererà in orario di
servizio ed includendo i costi per la assicurazione dei partecipanti. Ai partecipanti potrà essere richiesto un
contributo di 10 euro ad incontro per la copertura dei costi, con la possibilità di portare a casa gli alimenti
preparati (gli incontri sarebbero da programmarsi al mattino) per il consumo familiare.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
72
Aggiornamento progetto ESC
Attività svolte al mese di agosto 2012
Da fine maggio ai primi di luglio:
luglio: sono state effettuate interviste biografiche a testimoni chiave
per rilevare i luoghi di aggregazione e ritrovo
ritrovo delle donne rumene che vivono ad Arezzo e
approfondirne le principali caratteristiche sociologiche. Gli obiettivi specifici sono stati: la
rilevazione dei legami sociali, catene migratorie, senso di comunità e luoghi di aggregazione e
incontro delle donne
onne rumene che vivono ad Arezzo; approfondimento del tema della salute
riproduttiva; condivisione delle azioni e della modalità d’intervento da implementare.
Il materiale raccolto deve essere sbobinato al fine di stendere un report intermedio ad uso interno.
inte
•
Riepilogo interviste biografiche
Aurelia Caeromila
Associazione Romeno italiana "Dacii”
28/05/2012
Lidia Fichiosi
partecipante percorso Attiviamoci
29/05/2012
Irina Artusei
Robert Caciula
partecipante percorso Attiviamoci
29/05/2012
Pastore avventista
ventista chiesa Pratovecchio e Arezzo 30/05/2012
Stela Fainaru
05/06/2012
Adrian
Circolo rumeno e negozio Bunatati de acasa
Padre Octavio Tomuta
Pope ortodosso
15/06/2012
non rilascia
intervista
Stefan Stanasel
Coordinatore nazionale rumeni in Italia
03/07/2012
•
Individuazione donne rumene per il ruolo di ESC/promotrici di salute (agosto): sulla base di
quanto emerso dalle interviste (la comunità romena ad Arezzo ed in Italia esiste solo a livello
della coscienza collettiva italiana poiché nonostante i romeni siano molto numerosi essi sono
anche molto eterogenei in termini di provenienze, caratteristiche sociali e culturali) e dalla
mappatura del territorio in termini di reti sociali esistenti e agenti nei territori si è deciso di
selezionare due delle
e donne intervistate. Nella selezione abbiamo valutato la loro conoscenza
del territorio, del contesto d’origine, le loro competenze relazionali e la loro motivazione
rispetto al progetto e il desiderio di empowerment. Le due interlocutrici individuate sono
son state
contattate singolarmente e definito il loro livello di coinvolgimento.
•
Presentazione e condivisione del progetto agli operatori sanitari e sociali: 27 agosto
Prossime attività da fare:
•
Creazione e definizione del gruppo di lavoro (obiettivi
(
e metodologie di lavoro):
lavoro) il gruppo sarà
il nodo strategico del progetto e composto da 6/7 persone che si incontreranno con cadenza
mensile. La composizione prevede le due donne rumene promotrici di salute, la responsabile
del progetto e la ricercatrice di Oxfam,
Oxfam, operatori dei consultori ed altre figure sanitarie
strategiche individuate dal dott. Giglio.
Documento
cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
73
•
Formazione (da metà settembre a metà ottobre). Il corso di formazione di 20 ore
comprenderà i seguenti moduli:
Seminario iniziale di presentazione del modello ESC e delle sue sperimentazioni condotte in
Italia
La promozione della salute di comunità come intervento di mediazione di sistema. Il ruolo degli
operatori sanitari.
Principali caratteristiche dell’immigrazione ad Arezzo e l’immigrazione come determinante di
salute.
Il ricorso all’IVG tra le donne straniere: come si leggono e cosa ci dicono i dati a disposizione.
Presentazione e discussione caso studio IVG e donne rumene ad Arezzo
La lettura del territorio e il lavoro sulle “comunità”: ambiguità, difficoltà, potenzialità (laboratorio)
Costruire strategie per la promozione della salute (laboratorio)
Sviluppare competenze comunicative e individuazione interventi (laboratorio).
•
•
Pianificazione delle attività e delle metodologie di intervento (da novembre ad aprile
2013): sulla base di quanto emerso nei laboratori del corso di formazione e dalla ricerca
azione saranno predisposte le specifiche attività di intervento.
Cronogramma del progetto:
Attività
Mese
Ricerca intervento
Focus group operatori
Interviste biografiche
Osservazione
etnografica/mappatura
Formazione ESC/operatori
Realizzazione interventi
sensibilizzazione
2012/2013
mag
x
giu
x
lug
ago
sett
ott
x
x
nov
dic
gen
feb
mar
apr
x
x
x
x
x
x
X
x
x
x
x
x
x
Oxfam Italia Intercultura
SERVIZIO CIVILE
Titolo del progetto:
I diritti di Ulisse: i volontari con i migranti per un corretto uso del Pronto
Soccorso.
Settore di intervento del progetto:
Tutela dei diritti sociali e di cittadinanza delle persone, anche mediante la collaborazione
ai servizi di assistenza, prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale.
Descrizione del contesto territoriale e/o settoriale:
Il progetto si inserisce nella più vasta azione del corretto accesso al Pronto Soccorso degli
Ospedali “S. Donato“ Zona Arezzo, “S. Maria La Gruccia “Zona Valdarno, “Ospedale di
Bibbiena” Zona Casentino,
“Ospedale Valdichiana“ Zona Valdichiana, “Ospedale
Sansepolcro” Zona Valtiberina con particolare attenzione ai problemi ed alla condizione dei
cittadini stranieri.
Da molti anni ormai gli studi e le ricerche sociologiche ed antropologiche hanno ampiamente
dimostrato a livello nazionale ed internazionale che il processo dell’emigrazione, anche
quando avviene nel miglior modo possibile, rappresenta un fattore di rischio per la salute.
L’allontanamento progressivo dal quadro culturale originario, da solo, rende più fragili le
difese della persona; il fenomeno migratorio espone il migrante ad un rischio di privazione
dei suoi aspetti cognitivi, affettivi, comportamentali che possono nel proseguo del tempo non
favorire il fronteggiamento delle situazioni critiche.
A questo sradicamento si associano spesso una serie di determinanti sociali sfavorevoli
(condizioni lavorative, abitative, povertà economica, esclusione sociale, discriminazione,
difficili rapporti con le istituzioni, stile di vita rischiosi, difficoltà relazionali…….) che
costituiscono altrettanti fattori di rischio per la salute.
Dunque, una particolare attenzione ai comportamenti di tutela della propria salute da parte
dei migranti è diventato un impegno prioritario e non più derogabile, dal momento che le
rilevazioni fatte ci dicono che spesso i cittadini stranieri non utilizzano in maniera congrua i
servizi forniti ed in modo particolare sembrano fare un uso improprio del Pronto Soccorso.
Il Progetto “I diritti di Ulisse – i volontari con i migranti per un corretto uso del Pronto
Soccorso”, si pone l’obiettivo di contribuire a diminuire l’affluenza dei cittadini stranieri alla
struttura relativamente alle situazioni non acute.
Nella ASL 8 di Arezzo, come previsto dall’organizzazione generale del Sistema Sanitario
Nazionale, il Pronto Soccorso è una “porta d’ingresso” all’ospedale per eventuali ricoveri in
altri reparti: una volta che il paziente arriva in accettazione viene sottoposto ad una
valutazione (definita triage ), effettuata da un infermiere appositamente formato al quale è
demandata la decisione di stabilire il livello di gravità del disturbo presentato dal paziente.
Questa prima valutazione segnerà i tempi di accesso per la visita medica.
Il Pronto Soccorso rappresenta quindi un punto di riferimento per i casi di urgenza sanitaria,
che ottengono risposte in tempo reale sulla base della valutazione della loro gravità.
Ma non tutti i cittadini sembrano comportarsi nello stesso modo relativamente all’accesso
presso questo servizio; in modo particolare sembra necessario, come sopra dicevamo,
intervenire per migliorare l’uso che di questa struttura fanno i cittadini stranieri.
I dati degli studi osservazionali ci dicono che gli stranieri infatti, regolari e non, utilizzano
spesso questo servizio per tutti i disturbi di salute e non solo in situazioni di urgenza .
L’osservatorio sulle politiche sociali della Provincia di Arezzo, da tempo attua un
monitoraggio dell’utilizzo dei servizi sanitari da parte dei migranti e l’ultimo studio, che si
riferisce all’anno 2011, ha fornito una interessante documentazione, qui di seguito riassunta.
In generale, l’esame dei dati di accesso al Pronto Soccorso di Arezzo, ma che descrivono
una realtà generalizzabile in tutte le zone all’interno delle quali si sviluppa il presente
progetto, ha mostrato che:
-
la presenza di utenti stranieri, costituisce un notevole impatto sui servizi sanitari;
vi sono, rispetto ai cittadini italiani, disuguaglianze significative in alcune patologie
riconducibili a condizioni lavorative, a particolari condizioni di vita e si rilevano
75
-
disuguaglianze rispetto a rischi specifici, non ultimi quelli relativi alla salute della
donna;
vi sono incongruenza e non-appropriatezza nell’utilizzo di particolari strutture in
generale ed ancor più del Pronto Soccorso.
Contemporaneamente, tutte le ricerche sull’andamento generale del fenomeno migratorio
nella provincia di Arezzo, rispetto ai dati sulla presenza, sul lavoro e sulla scuola, mostrano
un progressivo incremento della complessità della presenza di stranieri, sia dal punto di vista
della varietà delle provenienze, sia da quello dei tempi di permanenza, sia in generale da
quello dei progetti e delle modalità di integrazione.
In queste condizioni, l’obiettivo di garantire a tutti un livello di accesso ai servizi per la salute
che sia il meno “diseguale” possibile non passa solo attraverso una mera messa a
disposizione quantitativa di prestazioni. Vi sono infatti una serie di ostacoli e di condizioni
che possono rendere profondamente diseguale l’accesso a questo diritto.
Tra gli ostacoli che determinano queste condizioni di limitazione del diritto alla salute e
dell’appropriatezza della prestazione, vi sono certamente la scarsa informazione, la scarsa
comprensione del funzionamento dei servizi, la difficoltà nel rapporto tra utente e operatore.
La Carta Europea dei diritti del malato riconosce tutto ciò e recita:
Ogni individuo ha il diritto di accedere a tutti i tipi di informazione che riguardano il
suo stato di salute, i servizi sanitari e come utilizzarli, nonché a tutti quelli che la
ricerca scientifica e la innovazione tecnologica rendono disponibili. I servizi sanitari
hanno il dovere di rendere tutte le informazioni facilmente accessibili, rimuovendo
gli ostacoli burocratici, educando i fornitori di assistenza sanitaria, preparando e
distribuendo materiale informativo.
Pronto Soccorso
Nel rapporto della Sezione Immigrazione della Provincia di Arezzo, l’accesso dei cittadini
stranieri al Pronto Soccorso di tutti i presidi ospedalieri è stato esaminato da più punti di
vista.
Ne è risultato un quadro che presenta alcuni punti di riflessione.
Il 90% degli accessi di stranieri al Pronto Soccorso non è stato seguito da ricovero; questo
dato è superiore, anche se non di molto, all’84% relativo ai cittadini italiani.
La differenza diviene più consistente se si considera il rapporto con la popolazione
residente: risultano 571 accessi non seguiti da ricovero ogni 1000 residenti stranieri, contro
316 ogni 1000 italiani.
È noto che gli accessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale sono, in generale, in molti casi non
appropriati.
I numeri riportati sopra fanno pensare tuttavia che vi sia un livello di non appropriatezza
superiore per gli stranieri rispetto ai cittadini italiani.
Interessanti i dati raccolti dall’Osservatorio della Provincia di Arezzo (fonte) tramite un
questionario, teso rilevare i motivi di accesso al Pronto Soccorso dal punto di vista
dall’utente “cittadino straniero“ ed a raccogliere le difficoltà incontrate.
Lo studio è stato condotto nel 2011, intervistando un campione di 94 persone.
Hanno risposto l’83% di donne ed il 17% maschi.
Nell'ultim o anno ha avuto bisogno di recrsi al
Pronto Soccorso ?
60,0
mai 53,0
50,0
1 volta
39,8
40,0
più volte
7,2
30,0
20,0
10,0
0,0
mai
1 volta
più volte
Dei rispondenti alla domanda del questionario, quasi la metà (39,8 + 7,2%)) è passato
almeno una volta dal Pronto soccorso. Se si tiene conto dell’età giovane dei soggetti
76
intervistati, appare un’alta frequenza di accessi, in linea peraltro, con quanto già segnalato
in precedenza.
E' rim asto soddisfatto del servizio ?
100,0
SI: 85,0
%
80,0
60,0
40,0
No: 15,0
20,0
0,0
Molto -Abbastanza
Poco - Per niente
Emerge poi con evidenza che, tra coloro che hanno avuto accesso al Pronto Soccorso,
l’85% dichiara di essere soddisfatto del servizio (molto o abbastanza).
Le motivazioni per le quali i rispondenti si sono recati al Pronto Soccorso sono state
espresse nel modo seguente:
1. stavo male e non potevo andare altrove: il 58,6%;
2. ho avuto un incidente/ mi sono fatto male: il 38,5%;
3. altro: il 2,6%.
Quasi il 60% quindi “stava male e non poteva andare altrove”; in questo “non potevo” ci
stanno sicuramente un buon numero di soggetti che non sapeva oppure veramente non
poteva ma per motivi di comprensione di come sono organizzati dei servizi sanitari.
Nonostante la dichiarazione di soddisfazione generale riguardo al servizio, sono stati
segnalati problemi riconducibili alla comprensione e all’ organizzazione:
•
•
•
•
tempi di attesa troppo lunghi: il 7,7%;
non è chiaro come funziona l’accesso: il 33,3%;
gli operatori non avevano tempo di spiegare niente: il 41,0%;
non ci siamo capiti a causa della lingua: il 43,6%.
Certamente l’accesso regolato dalla valutazione di gravità (codici dal rosso al bianco),
indispensabile al buon funzionamento di un servizio di emergenza, non è immediatamente
chiaro soprattutto se ci sono problemi di comprensione legati alla diversità di lingua,
segnalato dal 43,6% dei frequentanti il Pronto Soccorso.
Anche la difficoltà di dialogo con gli operatori, accentuata dal “non avevano tempo di
spiegare niente”, seppure comprensibile nella organizzazione di un servizio quale il Pronto
Soccorso, non è sempre accettabile dal punto di vista dell’utente.
La poca chiarezza sul funzionamento dell’accesso e la difficoltà a interloquire con gli
operatori è stata segnalata con una leggera prevalenza da residenti nella zona Aretina, che
vede anche il Pronto Soccorso con il maggior numero di accessi.
Le difficoltà di comprensione linguistica, anche per il Pronto Soccorso, sono state segnalate
prevalentemente da cittadini del Bangladesh, dell’India e del Pakistan.
SITUAZIONE DI PARTENZA
I dati estratti dal Pronto Soccorso di Arezzo, documentano che gli accessi totali 2012 sono
stati 67.534 dei quali 9.162 stranieri, pari al 13,5 % degli accessi.
Se confrontati con il totale dei residenti stranieri rispetto ai residenti italiani, l’accesso degli
stranieri risulta di due punti e mezzo superiore a quello degli italiani.
Analogamente per le atre Zone.
Gli accessi dei cittadini stranieri sono per il 30% codici a bassa priorità (bianchi ed azzurri),
che potrebbero quindi trovare una risposta presso gli ambulatori di medicina generale.
A questo proposito appaiono credibili alcune ipotesi che occorre verificare ed avviare a
soluzione:
77
1. Non tutti i migranti regolari hanno un Medico di Medicina Generale.
2. L’ospedale viene visto come l’unico luogo di cura ed il Pronto Soccorso viene toutcourt scambiato con l’Ospedale.
3. In percorso delle prescrizioni ambulatoriali può essere tortuoso e talvolta oneroso.
4. Gli orari dei Medici di Medicina Generale sono poco accessibili per lavoratori che
hanno difficoltà ad assentarsi dal posto di lavoro.
Inoltre, per chi non è regolarmente presente in Italia, è impossibile iscriversi al Servizio
Sanitario Regionale e non è possibile avere un medico di Medicina Generale e l’accesso al
Pronto Soccorso sembra essere l’unica opportunità per la risoluzione dei problemi di salute.
Da un esame dei dati degli accessi sulla base del codice di gravità, risulta un “utilizzo del
Pronto Soccorso potenzialmente inappropriato (al triage vengono attribuiti numerosi codici
bianchi, ad indicare un livello di gravità dell’evento ritenuto molto basso) da parte dei cittadini
stranieri, quasi doppio rispetto alla media complessiva .
Le motivazioni possono essere varie, come abbiamo già sottolineato, in parte riconducibili a
disinformazione e a maggior difficoltà nell’accesso ad altri servizi forniti dalla struttura
sanitaria.
Per quanto riguarda i codici ad alta priorità invece, nello specifico i codici gialli, il fenomeno
si inverte, con solo 851 accessi, pari al 9% circa contro una media di utenti italiani del 19 % .
Una lettura di tale dato potrebbe risiedere nel fatto che gli stranieri residenti nel nostro
territorio sono tendenzialmente persone comprese tra gli 0 ed i 50 anni e non è presente una
popolazione rilevante di anziani, che invece rappresenta la maggior parte degli accessi in
codice giallo per i cittadini italiani residenti.
Per il resto la tipologia di patologie sono mediamente sovrapponibili a quelle degli italiani.
SITUAZIONE DI ARRIVO
Gli studi che l’Osservatorio delle Politiche Sociali della Provincia di Arezzo ha effettuato nel
2012 documentano come ormai da tempo si sia consolidata una forte presenza di
popolazione straniera immigrata.
La USL 8 di Arezzo, si colloca tra le aziende toscane per le quali il fenomeno della
migrazione dall’estero è tra i più accentuati: la percentuale degli immigrati sulla popolazione
residente (figura 1) nella USL è superiore di oltre un punto rispetto alla media regionale e la
colloca tra le prime cinque della Toscana riguardo al numero di stranieri.
La migrazione è ormai un fenomeno consistente e stabile sul territorio che, oltre alle notevoli
implicazioni sul piano culturale, sociale ed economico, ha forti ricadute anche su quello
sanitario ed il progetto tenta di inserirsi proprio in questo settore.
E quando si parla di salute della popolazione migrante, trattandosi di una popolazione
generalmente più fragile dal punto di vista socio economico e meno orientata alla cultura
della prevenzione, è importante indirizzare e monitorare l’accessibilità ai servizi socio
sanitari.
A questo proposito la struttura Educazione alla Salute della USL 8 ha individuato nel Piano
Formativo 2013 del personale, un percorso rivolto agli operatori del Pronto Soccorso
finalizzato ad incidere sia sul piano della competenza educativa che comunicativa degli
operatori.
78
Percentuale di stranieri residenti sul totale della popolazione per Azienda USL (1-012011) – Fonte: Istat
REGIONE TOSCANA
9,71
AUSL 4 - Prato
13,56
AUSL 11 - Empoli
11,32
AUSL 10 - Firenze
11,15
AUSL 7 - Siena
10,88
AUSL 8 - Arezzo
10,78
AUSL 3 - Pistoia
9,24
AUSL 9 - Grosseto
9,16
AUSL 5 - Pisa
8,43
8,30
AUSL 2 - Lucca
AUSL 6 - Livorno
AUSL 1 - Massa e Carrara
AUSL 12 - Viareggio
7,08
6,70
5,77
Nelle zone distretto della USL 8 la distribuzione degli stranieri residenti rispetto al totale
della popolazione, è disomogenea: 12,7% Casentino, 11,4 % Valdichiana, 11,2% zona
Aretina, 9,9% Valtiberina, 9,3% Valdarno, determinando un peso diverso delle
problematiche degli stranieri sui servizi delle zone ed anche in considerazione di ciò i
volontari del Servizio Civile saranno proporzionalmente assegnati nelle varie sedi di
Pronto Soccorso.
Il progetto intende intervenire in questa realtà ormai consolidata ponendosi di
raggiungere il seguente risultato:
1. Ridurre gli accessi dei codici minori da parte della popolazione migrante.
Indicatore ► riduzione del 10 % dall’attuale 30%.
79
SERT
Progetto informativo in varie lingue e sito web
Attività Dipartimento Dipendenze verso popolazioni immigrate
Il Dipartimento delle Dipendenze da oltre 10 anni si è posto il problema in primo luogo di comprendere
il rapido mutamento in atto nelle caratteristiche sociodemografiche della popolazione della nostra
provincia, poi di recepire le problematiche legate ai nuovi arrivi di immigrati (extracomunitari e dall’est
europeo innanzitutto) e quindi di tarare i propri interventi alla luce delle loro specifiche connotazioni
culturali e religiose.
Sono state quini attivate in primo luogo iniziative di studio e formazione:
tra la fine del 2000 e gli inizi del 2001 si è organizzato ad Arezzo, presso il nostro Centro di
Documentazione e per conto della Regione Toscana, il corso, articolato i 4 giornate di studio, “Nuove
droghe e nuove etnie. Orientamenti per l'inquadramento diagnostico” nel quale, attraverso gli
interventi di vari relatori, si è affrontato il tema del rapporto tra sostanze stupefacenti e appartenenti
alle diverse etnie ed il particolare, grazie anche al contributo del Presidente delle Comunità Islamiche
di Arezzo, si è focalizzato il problema del consumo e abuso di alcol. Gli atti del del corso sono stati
successivamente redatti a cura dello stesso Centro di Documentazione e pubblicati nel 2002 presso
Armando Editore (ISBN 88-8358-313-2).
Si sono quindi promosse delle specifiche progettualità:
nel triennio 2001-2003, tramite un finanziamento erogato dalla Regione Toscana si è realizzato il
“Progetto di informazione e sensibilizzazione su problematiche relative alla diffusione del
consumo di alcol in nuove fasce a rischio: gli extracomunitari” che, tramite interventi di
mediazione linguistico culturale in favore delle comunità di immigrati maggiormente presenti nel
territorio aretino e l’elaborazione e distribuzione di specifici depliant informativi multilingue, ha
perseguito i seguenti obbiettivi:
Acquisizione da parte degli operatori impegnati nel campo dell’alcolismo, di maggiori e più
appropriate conoscenze relative alle culture degli immigrati e al fenomeno dell’uso/abuso di alcol.
Costituzione di un gruppo di lavoro con i referenti istituzionali degli immigrati al fine sia di migliorare i
rapporti di fiducia tra il Ser.T. e le comunità degli immigrati, sia di individuare le priorità di intervento, in
relazione alle problematiche alcolcorrelate.
Sensibilizzazione e Formazione dei referenti istituzionali e dei leaders informali dei gruppi etnici
relativamente ai problemi derivati dall’uso di alcol.
Consolidare la presa in carico di immigrati con problemi di alcolismo così da permettere la cura e la
riabilitazione delle persone.
Successivamente, anche in base ai dati epidemiologici raccolti, si è preferito attivare interventi
specifici all'interno di progettualità di più ampio respiro:
da ultimo all'interno del progetto “Promozione di stili di vita sani nella popolazione di giovani
casentinesi, in particolare per i rischi connessi all'uso e abuso di alcol.”(durata 2007-2011 e finanziato
dallaConferenza dei sindaci del Casentino) si è pensato, fra l'altro, un intervento rivolto alla
popolazione rumena, particolarmente presente nella zona tramite il coinvolgimento di un mediatore
culturale e la produzione di materiale informativo in rumeno.
Costante è stata l'attenzione rivolta sia agli aspetti informativi:
oltre
ad
aver
prodotto
depliant
in
varie
lingue,
tramite
il
sito
WEB:
http://www.cedostar.it/sert_arezzo.htm offriamo informazioni di base sulle nostre attività nelle seguenti
lingue: inglese, francese, spagnolo, arabo, albanese, rumeno, polacco;
sia a quelli inerenti l'interazione tra le varie culture e le nostre modalità operative:
proprio in questi giorni, abbiamo affrontato il problema del rispetto dei precetti religiosi legati al
Ramadan, rappresentato da alcuni nostri utenti di fede islamica che non potevano assumere
metadone durante il giorno: per questi si è provveduto a garantire un affido giornaliero introducendo
alcune flessibilità nelle nostre procedure.
80
Dati epidemiologici (riferiti a TD e ALC)
I 5 Ser.T. del Dipartimento delle Dipendenze, nel corso del 2010, hanno avuto in carico 226 utenti
immigrati,
ci cui 108 con problemi di tossicodipendenza e 118 di alcoldipedenza. Se
complessivamente tale utenza è pari al 11,9 % di quella totale (di 1,7 superiore al rapporto tra
immigrati e popolazione residente che nella nostra provincia è del 10,2%), è da sottolineare che tale
percentuale sale ben al 20,1% per i soli alcolisti. Questa popolazione è presente soprattutto nella
zona Aretina (126 utenti) dove rappresenta il 14,2 % dell'utenza totale; è comunque significativa la
presenza di immigrati alcoldipendenti in Casentino (31%). Il rapporto tra maschi e femmine (179m, 47
f) è in generale simile a quello presente nel totale della nostra utenza, ma vi è una differenza tra
tossicodipendenza e alcoldipendenza: sono pochissime le immigrate con problemi di
tossicodipendenza ( 5 unità pari al 4,6%, le italiane sono il 18%) mentre più alto è il numero delle
alcoldipendenti (42 unità pari 35,6% contro il 27,9% delle italiane).
81
UO Educazione alla Salute
Titolo del progetto:
Formazione degli operatori del Consultorio per un intervento di Promozione della Salute
finalizzato al controllo dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nelle donne immigrate
dall'Est Europa.
(Del. 308 del 15/06/2012)
Struttura che presenta il progetto: UO Educazione alla Salute
Segreteria Organizzativa: Sig.ra Mencarini Maria Rosa; Sig.ra Donatella Cortini
Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO
Il Tavolo sulle politiche sanitarie degli Immigrati costituitosi presso il Distretto di Arezzo e coordinato
dal dr. Evaristo Giglio ha confermato, attraverso vari focus group, che l'elevata incidenza di IVG e di
IVG ripetute presso i Consultori dell'ASL8 da parte delle donne provenienti da Paesi dell'Est
rappresenta una delle principali emergenze sanitarie riguardanti i migranti nella nostra provincia. Il
dato era già stato precedentemente osservato nell'ambito di una ricerca che l'ASL 8 aveva
commissionato ad Oxfam, i cui risultati sono contenuti nell'allegato 1 della Delibera 308 del
16/06/2012. Numerosi tentativi tra i quali il counselling breve o il colloquio motivazionale in fase di
intervento di Interruzione, non hanno ad oggi sortito risultati efficaci. Pertanto, considerando che erano
a disposizione dei fondi residui all'interno del progetto R102, di cui una sufficiente quota derivante
dalla Delibera Regionale n°259/06, si è proceduto ad articolare un progetto ad hoc, coinvolgendo il
settore della mediazione culturale impegnato nella nostra Azienda a decodificare il bisogno di salute in
tali popolazioni.
OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto
Uno specifico gruppo di lavoro costituitosi nel Tavolo sopraccitato ha analizzato a fondo le
problematiche emergenti evidenziate dalla ricerca Oxfam. Questo studio rileva che modelli culturali
interiorizzati storicamente nei Paesi di provenienza (in particolare Romania) relativi alla sessualità e
alla procreazione si pongono come elementi fortemente ostacolanti rispetto all'uso dei contraccettivi. Il
gruppo di lavoro concorda in tale ambito nel definire il retaggio culturale come il principale fattore tra i
determinanti che si oppongono all'uso dei metodi contraccettivi. Si tratta dunque di intraprendere
azioni finalizzate ad un progressivo cambiamento di questa visione culturale attraverso, in particolare,
un intervento sistematico di educazione e promozione della salute da effettuarsi direttamente nei
luoghi di vita utilizzando il metodo della peer education attraverso un percorso formativo che metta in
grado alcune mediatrici di svolgere il ruolo di Educatrice Sanitaria di Comunità. L'intero percorso deve
essere garantito da un clima tecnicamente consapevole ed accogliente sul versante del Consultorio.
Per questo motivo si è reso necessario prevedere un corso formativo parallelo che coinvolgesse le
ostetriche consultoriali, (almeno due figure per consultorio
zonale) al fine favorire un continuum tra l'intervento educativo in Comunità, portato avanti
dall'educatrice, e l'approccio tecnico-operativo proprio del livello consultoriale.
OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere
1. nel medio termine aumento atteso del numero delle donne straniere residenti
nell'area target che ricorrono ai servizi territoriali;
2. diffusione e conoscenza dei metodi contraccettivi
3. nel medio-lungo termine riduzione delle IVG e delle IVG ripetute
4. riduzione dello stress degli operatori sanitari che avranno maggiori strumenti
per la gestione dell'utenza immigrata
5. sviluppo e miglioramento di competenze comunicative accanto a quelle
tecnico-scientifico degli operatori del materno-infantile
1 - CONTENUTI DIDATTICI dell’evento
1. Promozione della Salute di Comunità. L'intervento di mediazione del sistema;
82
2. La lettura del Territorio e il lavoro sulle Comunità: ambiguità, difficoltà, potenzialità
(laboratorio)
3. Costruire strategie per la promozione della salute
4. Sviluppare competenze comunicative
5. Caratteristiche del fenomeno dell'immigrazione in provincia di Arezzo: l'immigrazione
come determinante di salute
6. Il ruolo degli operatori sanitari del Consultorio;
7. Il modello dell'Educatore di Salute (condivisione con le ostetriche su obiettivi del percorso
nel territorio aretino;
8. Il ricorso all'IVG: lettura e significati dei dati emersi dalla ricerca su donne rumene.
4 - DURATA dell’evento
4 giornate
PREVISIONE DI SPESA
TIPOLOGIA
Organizzazione
Struttura, residenzialità,
attrezzature, ecc
Docenza interna
Docenza esterna
Altro (specificare in note)
COSTO
€.1482,00
€. 200,00
NOTE
Fondi UO Educazione Salute ASL8 (R102)
Mensa
83
Promuovere e sostenere l’allattamento al seno in Valdarno
Il progetto ha l’obiettivo di attivare percorsi e strumenti di informazione, rivolti in particolare alle donne
straniere, che stimolino ad avere un atteggiamento positivo nei confronti dell’allattamento e ad
aumentare il numero delle donne che scelgono di alimentare in questo modo i loro figli. Il progetto ha
identificato un certo numero di azioni che possono essere messe in pratica a livello locale per
promuovere, proteggere e sostenere l’allattamento al seno.
OBIETTIVI
La promozione dell’allattamento al seno è una priorità di salute pubblica perché:
è il modo naturale di alimentare i bambini ed è l’inizio ideale per la vita;
è il miglior modo di assicurare una crescita ed uno sviluppo salutare nei primi sei mesi di vita;
il latte materno, accompagnato da altri alimenti, fornisce vantaggi nutrizionali anche dopo i sei
mesi;
ha un impatto positivo sulla salute di donne e bambini, con una ridotta spesa sanitaria e meno
diseguaglianze.
Attualmente a livello nazionale e locale, come in Valdarno, l’allattamento al seno non è promosso e
sostenuto come dovrebbe. A volte i nostri servizi sociali e sanitari, le nostre pratiche culturali ed i
mezzi di comunicazione inducono le madri a non allattare o ad allattare meno a lungo di quanto
potrebbero. I dati relativi all’utenza nel 2011 dei programmi di informazione del Consultorio, rivolti a
tutto il Valdarno, evidenziano una modesta partecipazione (87) ancora più bassa se riferita alle donne
straniere (13).
Proprio per questo riteniamo necessario attuare un programma di sostegno con i seguenti obiettivi:
migliorare gli strumenti di informazione riguardanti l’allattamento al seno nei servizi sociali e
sanitari;
aumentare il numero di madri, in particolare straniere, che scelgono di allattare i propri figli, di
allattarli in maniera esclusiva per sei mesi, e di continuare ad allattarli in seguito fino a quando lo
desiderino.
migliorare le competenze pratiche e la soddisfazione degli operatori sanitari.
AZIONI
- Raccolta dati
Verrà effettuata una raccolta ed analisi dei dati relativi all’utenza nell’ultimo anno del Consultorio di
San Giovanni Valdarno, in particolare riguardo alla frequenza dei programmi relativi all’informazione
sull’allattamento al fine di costruire un quadro complessivo con riferimenti a nazionalità ed età dei
partecipanti.
• Analisi dei contesti informativi
Verrà realizzata un’analisi dei contesti sanitari nei quali le donne ricevono informazioni durante la
gravidanza (ospedale, medico curante, consultorio) per ricostruire il quadro delle informazioni
attualmente ricevute ed utilizzare quei contesti per diffondere il materiale informativo prodotto
nell’ambito del progetto.
Focus group
A tutte le figure professionali legate al percorso informativo delle donne durante la gravidanza
(consultorio, infermiere, medici. volontari, ecc.) verrà proposta la partecipazione ad un focus group
con l’obiettivo di fare emergere le principali problematiche connesse al tema dell’allattamento al senso
e individuare delle strategie di azione e, in particolare, di informazione.
Produzione di materiale informativo
Il progetto prevede l’elaborazione di materiale informativo sull’allattamento al seno, con traduzioni
nelle lingue delle principali comunità di stranieri presenti in Valdarno, e la produzione di vari format
(pieghevole cartaceo, contenuti per siti internet di enti locali e azienda usl per media locali, video da
diffondere nei nei locali, ecc.)
Diffusione del materiale informativo
Il materiale prodotto verrà diffuso nei contesti informativi individuati dal progetto.
84
- Incontri con le associazioni di stranieri
Incontri di presentazione del progetto a tutte le associazioni di stranieri del Valdarno in occasione dei
loro periodici momenti di incontro (al Gurudwara per la Comunità Sikh, al Centro Culturale Islamico
per la Comunità Marocchina, ecc...) e in collaborazione con mediatori linguistico-culturali. Durante gli
incontri verrà diffuso il materiale di comunicazione tradotto in varie lingue.
Incontri con alcune associazioni di volontariato
Incontri di presentazione del progetto ad alcune associazioni di volontariato del Valdarno attive nel
settore sanitario, dell’immigrazione e delle pari opportunità. Durante gli incontri verrà diffuso il
materiale di comunicazione tradotto in varie lingue.
Rafforzamento delle attività informative
Il progetto prevede un rafforzamento delle attività informative normalmente svolte presso il
Consultorio, attraverso l’avvio di percorsi specifici su alcune tematiche connesse all’allattamento al
seno e la partecipazione di figure professionali che possano facilitare la comunicazione,
l’apprendimento e la partecipazione delle donne (antropologi, etnopsichiatri, mediatori linguisticoculturali, ecc.).
-Percorso di sostegno alla genitorialità e laboratorio di narrazione
Ad un gruppo di donne partecipanti alle attività del consultorio verrà proposta la partecipazione ad un
percorso di sostegno psicologico alla genitorialità al cui interno si svolgerà anche un laboratorio di
narrazione sul tema della maternità e, in particolare, dell’allattamento al senso con l’obiettivo di
avviare un momento di confronto, condivisione e discussione della propria esperienza di maternità e di
raccogliere testimonianze e storie da inserire in un cd conclusivo del progetto, come ulteriore
materiale informativo. La digitalizzazione delle storie narrate permetterà di individuare dei temi/parole
chiave ricorrenti e di organizzare il materiale secondo diversi criteri di lettura (cronologico, nome,
paese di provenienza, tema, parola chiave). Le storie elaborate nell'ambito del progetto verranno
raccolte in un dvd che sarà presentato, con l'intervento degli autori, in occasione di un convegno
finale.
-Interviste a campione
Il progetto prevede la realizzazione di una serie di interviste a campione sull’allattamento al seno ad
un gruppo di donne individuate tra quelle che hanno partecipato alle attività informative del
consultorio. Le interviste rappresentano uno strumento di monitoraggio del progetto e di rilevazione di
indicatori per l’analisi del raggiungimento degli obiettivi previsti.
-Convegno conclusivo
Al termine del progetto si prevede la realizzazione di un convegno sul tema dell’allattamento al seno
con la presentazione dei risultati raggiungi e la presentazione del dvd con le testimonianze delle
donne che hanno partecipato alle iniziative previste.
85
STRUTTURE CONSULTORIALI
Maternità ed intercultura: corsi di accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno
genitoriali fino al puerperio alle popolazioni straniere con difficoltà linguistico-culturali
I progetti in essere delle strutture consultoriali sulla popolazione straniera sono:
Zona Aretina,Casentino,Valdarno: Maternità ed Intercultura - almeno n. 2 corsi all'anno di
accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno genitoriale fino al puerperio alle popolazioni
straniere con più difficoltà linguistico-culturali (Valdarno Indiane, Arezzo e Casentino Bangladesh
Pakistan).
Tutte le zone hanno prodotto materiale informativo in varie lingue sulla contraccezione e percorso
nascita; fatti tanti corsi di formazione soprattutto per operatori consultoriali.
In Valdarno e Arezzo abbiamo rivisitato il CAN per renderlo più appropriato a determinate etnie. Inoltre
da qualche anno, con il progetto regionale sulle IVG ripetute "conoscere per prevenire"
abbiamo,come azienda, fatto indagini e focus group sulle IVG della popolazione rumena (nelle
statistiche aziendali il 23% sul totale del 48% IVG degli stranieri).
Attualmente il Servizio Consultoriale della nostra azienda segue, in collaborazione con l'Istituto S.S.l.
e altre Regioni (Emilia Romagna, Veneto, Umbria, provincia autonoma di Trento, Friuli Venezia
Giulia, Piemonte, Sicilia e Puglia - capo fila Toscana) un progetto il cui l'obiettivo è
implementare/monitorare azioni e interventi che favoriscano accesso e fruibilità dei servizi
consultoriali per prevenire le IVG nelle donne straniere.
86
PROGETTI FEI
Soggetto
proponente
Partner
Titolo intervento
Azioni
Accoglienza del paziente con
particolare attenzione
all'utente immigrato
Formazione generale e specifica
USL 8
OXFAM / Comune di
Arezzo/ Associaz.
PIS: percorsi di integrazione
USL 8 e Provincia Migrantes/ Pronto
donna
sociale
di Arezzo
"
"
"
"
"
"
"
"
"
"
"
Destinatari
Enti
Costo
Finanziatori/Autori del
tà di gestione
progetto
Volontari del servizio civile
"
Ministero degli interni su
Attivazione di percorsi di primo livello, accoglienza e
finanziamento
della
orientamento per donne ricongiunte
Giovani donne immigrate ricongiunte Regione Toscana
Recupero e orientamento per ragazzi immigrati
Minori stranieri in età scolastica
"
Mondo dell'associazionismo
Partecipazione cittadinanza
straniero
"
"
"
"
Realizzazione rete di interventi per la prevenzione e
la gestione delle malattie infettive (TBC, HIV,Epatiti
virali) nella popolazione immigrata
Elaborare messaggi in più lingue
Formazione dei MMG
68.800
"
"
"
Università di Siena USL 8
"
"
Evento nascita e culture altre Formazione interventi dei mediatori culturali
"
Proieziene di un video sulla nascita
1.500
Università di Siena USL 8
"
"
Alimentazione e culture altre
"
"
1.500
"
"
Comune di
Montevarchi
USL 8
Promuovere l'allattamento al Attivare percorsi e strumenti di informazione per
seno
promuovere e sostenere l'allattamento al seno
USL 8
Formazione degli operatori
del Consultorio per un
intervento di promozione
della salute finalizzato al
controllo delle IVG nelle
donne immigrate dall'est
Europa
USL 8
Appropriatezza nell'accesso
al Pronto Soccorso da parte
di migranti
Associazione
culturale del
Bangladesh di
Arezzo
USL 8/Provincia di
Arezzo/Comune di
Arezzo/Prefettura
Intervento dei mediatori culturali
Proiezione di un video
Intervento specialista diabetologo
Sostegno ai migranti
rientranti nella categorie
vulnerabili
Donne straniere
Medici, Dirigenti sanitari, Infermieri,
Intervento sistematico di educazione e promozione OSS, OTA, ssistenti sociali,
della salute effettuato direttamente nei luoghi di vita sociologi
Intervenire sulla comunicazione che si instaura al
PS
Mediazione linguistico culturale
Interviste random ad immigrati
Focus group con personale del PS
Finanziamento richiesto
alla Regione Toscana
Contributo richiesto
65.600
45.920
USL 8
1.682
Medici, Dirigenti sanitari non medici,
Infermieri, OSS, OTA, ssistenti
sociali, sociologi
USL 8
1.750
Attivazione sportello presa in carico migranti
Personale amministrativo e operatori
sanitari
Individuazione e segnalazione dei bisogni
Formazione ai MMG
Migranti di recente immigrazione e
giovani stranieri di seconda
generazione
MMG
87
88
89
ESPERIENZE dell’ Azienda USL 8
Il Tavolo di confronto attivato nel Distretto socio sanitario della Zona Aretina
per l’analisi dei bisogni sanitari emergenti degli immigrati
Il Distretto di Arezzo sta effettuando una ricognizione sui percorsi e sugli strumenti informativi esistenti
per facilitare l'accessibilità al sistema sanitario locale a gruppi di popolazione immigrata. Il tavolo a cui
siedono referenti dei servizi socio-sanitari e medici dell'ASL 8 oltre a rappresentanti di enti ed
associazioni territoriali, che da tempo svolgono un ruolo rilevante di supporto, soccorso e conoscenza
per rispondere ai bisogni emergenti di una crescente fetta di popolazione straniera, si pone i seguenti
obiettivi:
indagine sui flussi e sulle pratiche esistenti a livello territoriale riguardo la decodifica delle
richieste sanitarie, l'accompagnamento ai servizi, l'indicazione di percorsi;
ricognizione di strumenti informativi esistenti finalizzata ad eventuali aggiornamenti tecnici, ad
una rivisitazione dei contenuti, alla traduzione degli stessi nelle principali lingue parlate nel
territorio aretino;
l'elaborazione di uno strumento maneggevole e di facile lettura capace di rispondere alle
esigenze informativo-educative sul versante sanitario, rivolto ai cittadini stranieri per facilitare
l'orientamento nel sistema sanitario e migliorare l'accessibilità dei servizi;
la diffusione dei messaggi alla popolazione target attraverso una rete che comprenda oltre i
livelli ufficiali (Enti, Associazioni, Istituzioni) anche altri siti sparsi nel territorio che
rappresentano punti focali nello scambio delle informazioni (call center; punti internet, luoghi di
culto...)
trasferimento delle conoscenze e dei saperi ai livelli intermedi del sistema (operatori sanitari,
assistenti sociali, medici di medicina generale) anche attraverso specifici eventi formativi.
Obiettivo intermedio imprescindibile ed ambizioso per raggiungere il risultato è quello di porre i vari
interlocutori, che a vario titolo si occupano di problemi di immigrazione, in un contesto di interscambio
diretto in cui le informazioni e le esperienze di ciascun soggetto (sia esso un professionista, uno
sportello o un'associazione) diventino materia di conoscenza e di confronto in una visione integrata
che guardi all'end point del progetto, ovvero all'empowerment di fasce sempre più ampie di cittadini
immigrati e alla progressiva riduzione di possibili fenomeni di diseguaglianze tra gli stessi.
Il Gruppo è coordinato dal Distretto di Arezzo tramite l'UO Educazione alla Salute ed è formato da
Coordinatore Sanitario del distretto; Responsabile UF Consultoriale; Servizio Vaccinazioni;
Dipartimento Prevenzione (UO Igiene Pubblica, UF PISLL), Servizio Sociale, Servizio Infermieristico;
Resp. Centro Tecnico Amministrativo Distretto; UO Malattie Infettive; Pronto Soccorso; Oxfam Italia;
Caritas Diocesana; Comune Arezzo: Ufficio Integrazione; Arci.
Da quanto fin qui emerso si segnalano, di seguito, alcuni punti di forza e alcune criticità.
•
Oxfam Italia (ex Ucodep): è presente una convenzione per un progetto di mediazione
linguistica con l'ASL8. Per Arezzo l'attività avviene attraverso l'intervento dell'accoglienza
dell'ospedale di Arezzo che garantisce le emergenze di mediazione linguistica per l'ospedale;
mentre per il territorio i servizi possono accedere direttamente ad un numero di cellulare. Il
sistema garantisce una efficace programmazione per le donne in gravidanza.
Le criticità riguardano attualmente la difficile gestione della rete provinciale dei vari ospedali e
del territorio nelle cinque zone, oltre alle difficoltà esistenti nell'interazione con altri Enti
extrasanitari (es. Provincia, Comune, Pronto Donna ecc.)
•
Centro Tecnico Amministrativo del Distretto:le criticità più frequenti sono rappresentate dal
rilascio del STP in particolare riguardo alla mancanza di documentazione che può confermare
la non iscrizione, e le difficoltà, in taluni casi, di stabilire se sussistano le condizioni per tale
rilascio. Ad esempio dopo recenti accordi bilaterali gli Albanesi vengono considerati soggetti
temporaneamente presenti solo se sono trascorsi tre mesi dall'ingresso autorizzato con visto
turistico. Questo problema è legato naturalmente alla mobilità all'interno del nostro Paese di
90
quote di immigrati di cui a volte non è possibile discernere se siano effettivamente non iscritti
al SSN. Viene altresì evidenziata la crescente richiesta di interventi sanitari gratuiti (es. IVG)
da parte di soggetti comunitari che si trasferiscono temporaneamente solo per accedere alla
prestazione, prevista a pagamento nel Paese di origine.(vedi anche Caritas).
La RT ha comunque emanato recenti linee guida sull'intera materia.
•
Comune di Arezzo (Ufficio Integrazione): circa 9.000 contatti in un anno; viene evidenziata
l'importanza di alcune iniziative di sensibilizzazione culturale, portate avanti con Associazione
Migrantes: sportello di informazioni di 1° livello rivolto a popolazione svantaggiata (alloggio;
lavoro; consulenza legale). Entro il prossimo anno è prevista l'attivazione della « casa delle
culture », come luogo d'incontro con attività mirate alla facilitazione delle conoscenze di altre
culture come primum movens per i processi di integrazione. La necessità di un maggiore
sostegno alla rete di intercultura e il conseguente rafforzamento delle capacità progettuali
devono passare (questo è l'impegno) anche attraverso sinergie tra ASL e Comune riguardo ai
processi di informazione e comunicazione per la salute e educazione sanitaria (es. Totem
informativo nei call center ecc.)
•
Consultorio: viene ribadita l'efficace cooperazione con la mediazione linguistica e viene
proposta l'attivazione di corsi di lingua italiana alle donne che accedono al consultorio (corsi di
accompagnamento alla nascita). Si è concluso da poco un progetto di ricerca-formazione
rivolto alle donne straniere in gravidanza che ha focalizzato alcuni punti di forza e alcuni fattori
di debolezza nel complesso e delicato rapporto delle stesse con i servizi materno-infantili.
Anche da qui si partirà per una disamina dei messaggi educativi che andranno trasferiti sia tra
gli operatori sanitari che alle comunità immigrate.
•
Il Dipartimento della Prevenzione indica nella difficoltà alla comprensione (culturale) dei
meccanismi della prevenzione una delle più rilevanti criticità nel rapporto che gli immigrati
hanno col nostro sistema sanitario. Da qui non solo la scarsa adesione ad alcune misure che
ormai fanno parte del nostro comportamento sociale ma anche frequentemente l'idea che un
determinato intervento preventivo quale può essere una semplice vaccinazione o uno
screening trovi delle resistenze e viene finanche vissuta come una forma incomprensibile di
coercizione.
Oltremodo utile dovrebbe essere anche la diffusione di elementi di educazione sanitaria sui
primi sintomi di malattie infettivo-diffusive che necessitano di ulteriori e precoci indagini (es.
TBC). Riguardo alla tubercolosi (di 27 notifiche effettuate nel 2010, 19 erano cittadini stranieri)
viene evidenziato che i contatti che fanno i chemioterapici non ricevono il contributo, così
come avviene per i malati.
Si prende atto, altresì, della massima disponibilità del PISSL al trasferimento di linee ed
indicazioni operative riguardanti alcuni argomenti di elevato interesse (es Edilizia).
•
l'UO Malattie Infettive e l'Igiene Pubblica coordineranno le attività di cui al progetto CCM al cui
contenuto, relativo alla realizzazione di una rete di interventi per la prevenzione e la gestione
delle malattie infettive (TBC, Epatiti virali, HIV) nella popolazione immigrata, si rimanda. Per
quanto concerne il ruolo del Distretto viene sancito anche in tale progetto la predisposizione di
percorsi assistenziali facilitati per immigrati e il coordinamento delle attività di educazione ed
informazione sull'accessibilità ai servizi.
•
Caritas spa: è nota da tempo l'azione che la Caritas di Arezzo, attraverso la sua rete
parrocchiale, svolge riguardo ai servizi di prima necessità, tra le quali un ambulatorio medico.
In un anno circa 1.300 persone si sono presentati agli sportelli della rete per circa 20.000
contatti. Il Distretto di Arezzo è disponibile ad un raccordo organizzativo con l'ambulatorio
della Caritas per migliorare le informazioni sugli STP e sulla materia, in generale, di tipo
amministrativo ma anche per definire meglio il ruolo e l'attività sanitaria dell'ambulatorio
supportandone, eventualmente, la parte informativa. All'ambulatorio, infatti, oltre agli STP, che
continuano a presentarsi anche alla scadenza della tessera senza che la Caritas abbia
effettivamente precise informazioni sullo stato dell'utente, giungono anche soggetti comunitari
(rumeni, bulgari) che transitano nel nostro Paese per emergenze sanitarie (IVG) e mancano
ancora delle linee come intervenire su tali fasce, anche perchè molti non hanno la tessera
comunitaria. Questa ultima condizione inoltre determinerebbe evidenti difformità rispetto agli
aspetti assicurativi vigenti nei Paesi comunitari, riguardo ai bisogni sanitari.
91
RICERCA
Gravidanza, parto, puerperio in un contesto d’immigrazione: un approccio antropologico
per la calibrazione culturale dei servizi socio-sanitari
Articolo pubblicato su “AM. Rivista della Società italiana di antropologia medica”, n. 35-36, gennaio 2013.
“Fondazione A. Celli” di Perugia: a cura Michela Marchetti , Chiara Polari.
1. Contesto della ricerca e questioni di metodo
E’ ormai ampiamente condivisa la necessità di orientare i servizi socio-sanitari sulla base di un
approccio centrato sulla persona che tenga conto delle soggettività, della multiformità delle
esperienze, della complessità dei vissuti. E tale esigenza appare ancora più urgente in relazione a
larga parte dell’utenza immigrata che, in molti casi, pone di fronte ad alcune ormai note tematiche –
quali differenze linguistiche e socio-culturali, difficoltà legate alle condizioni materiali di esistenza,
mutamenti socio-relazionali connessi alla migrazione – che in qualche misura condizionano le
relazioni terapeutiche e orientano i percorsi di salute e malattia (SEPPILLI T. 2000: 35-40). La
(i)
progressiva “femminilizzazione” che sta caratterizzando negli ultimi anni i flussi migratori , inoltre, ha
determinato un proporzionale aumento del numero di donne immigrate che si rivolgono ai servizi
sanitari e che ne sono fruitrici soprattutto per i bisogni legati alla salute riproduttiva. Si configura così
la necessità di riflettere ulteriormente su come organizzare sempre più efficaci percorsi di inclusione
per favorire una effettiva interazione tra servizi e donne immigrate, con particolare attenzione anche
alla salute materno-infantile.
Entro tale quadro è stato ideato e realizzato il progetto Percorsi di accompagnamento e sostegno alla
genitorialità a partire dalla gravidanza: un approccio antropologico, condotto dalla Fondazione Angelo
(ii)
Celli per una cultura della salute su incarico della USL n. 8 della Regione Toscana (Arezzo) , il cui
obiettivo generale è stato quello di elaborare modelli di risposta alle principali questioni problematiche
connesse all’esperienza della gravidanza, del parto e del puerperio e alle criticità rilevate dagli
operatori soprattutto in relazione all’utenza straniera. La scelta di tale ambito tematico è stata dettata
dall’urgenza di avviare una riflessione intorno alla complessa questione del rapporto tra le donne
immigrate e i servizi preposti alla gestione della gravidanza, del parto e del puerperio; questi, infatti,
sono ampiamente interessati dall’incremento della immigrazione femminile che ha coinvolto la
provincia di Arezzo e l’intera Toscana, determinando un significativo e rapido aumento dell’utenza in
(iii)
area materno-infantile . A differenza, infatti, delle donne italiane, che ricorrono molto più
frequentemente all’assistenza medica e ostetrica privata, la maggior parte delle donne immigrate è
(iv)
seguita, durante la gravidanza, da operatori di consultorio .
Il progetto, che si è svolto tra il 2010 e il 2011, è stato realizzato nell’ambito di una specifica proposta
formativa rivolta a tutti gli operatori di ospedale e consultorio coinvolti a vario titolo nel percorso,
appunto, di gravidanza, parto e puerperio (ginecologi, ostetriche, infermieri, psicologi, assistenti
sociali) ed è stato condotto attraverso una metodica caratterizzata dalla costante intersezione tra il
piano della formazione, quello della ricerca e quello “più operativo” dell’intervento. Attraverso il
continuo coinvolgimento e confronto con gli operatori che hanno preso parte alla formazione, è stata
infatti compiuta una indagine in profondità che ha avuto l’obiettivo di far emergere le principali criticità
percepite dalle donne e dagli operatori, i cui esiti hanno rappresentato la piattaforma di partenza per
individuare specifiche e calibrate strategie di intervento.
L’indagine è stata condotta utilizzando le tecniche di rilevazione proprie della ricerca qualitativa
(osservazione sul campo, colloqui in profondità, focus group) ed è stata condivisa in vario modo e
nelle sue progressive fasi con tutti gli operatori coinvolti nel progetto. A seguito di una riunione di avvio
con i responsabili di ogni settore per presentare il lavoro, condividerne la metodica e definire
ulteriormente il quadro del problema, è stato organizzato un primo seminario collettivo aperto a tutte le
figure professionali coinvolte, che ha rappresentato un’ulteriore occasione per riflettere su alcune
questioni problematiche già individuate e raccogliere utili indicazioni per la calibrazione degli strumenti
di indagine. In questa fase sono stati identificati i gruppi target di donne da coinvolgere nel progetto,
selezionati all’interno delle comunità immigrate percepite come maggiormente “problematiche” dagli
(v)
operatori del distretto aretino, sulla cui area si focalizzava la ricerca di campo . Si è pertanto scelto di
(vi)
svolgere l’indagine con donne provenienti dal Bangladesh , dal Maghreb, dall’area sub-sahariana, e
(vii)
anche con donne italiane . Con loro sono stati condotti colloqui in profondità che hanno visto anche
92
la partecipazione di alcuni mariti, soprattutto nel caso di coppie maghrebine e bangladeshi; inoltre, ci
si è avvalsi dell’ausilio della mediatrice linguistico-culturale proveniente dal Bangladesh che svolge
servizio presso il distretto aretino della USL 8, soprattutto laddove si presentavano problematicità
legate ad una scarsa conoscenza della lingua italiana. I colloqui sono stati condotti, oltre che dai
ricercatori antropologi, anche da alcuni degli operatori coinvolti nel progetto (una ginecologa, una
ostetrica, due infermiere e una assistente sociale) con i quali è stato realizzato uno specifico percorso
formativo sulle tecniche di indagine proprie della ricerca qualitativa e in particolare, appunto, sullo
svolgimento di colloqui in profondità, sulla costruzione dei relativi strumenti di indagine e sulle tecniche
di trascrizione dell’intervista. Con il loro attivo contributo, quindi, è stato realizzato anche il temario
semi-strutturato impiegato nei colloqui con le donne, colloqui in parte deregistrati, poi, dagli stessi
(viii)
operatori . Oltre a garantire una preziosa collaborazione nello svolgimento dell’indagine, tale
esperienza si è rivelata particolarmente significativa sul livello formativo poiché, attraverso l’incontro
con “l’altro” sul piano della comunicazione in profondità, essa ha chiaramente facilitato, nei
professionisti coinvolti, l’adozione di un approccio sensibile alla complessità e ai vissuti della persona,
e ha promosso così l’acquisizione di competenze orientate alla valorizzazione della soggettività del
paziente e alla costruzione di una sempre più efficace comunicazione/relazione tra paziente e
operatore.
Durante l’indagine, inoltre, sono stati condotti, dai ricercatori antropologi, colloqui in profondità anche
con alcuni operatori sanitari nonché focus group con i componenti del percorso formativo. Infine, è
stata svolta osservazione partecipante presso il consultorio di Arezzo (al momento della prima
accoglienza con le infermiere, durante le visite con il ginecologo, negli spazi per le attività di sostegno
all’allattamento) e presso l’ospedale (nel reparto di ostetricia, in sala parto, nella nursery). Quanto via
via emerso nel corso della ricerca, e in genere del progetto, è stato costantemente condiviso e
problematizzato insieme a tutti gli operatori coinvolti nella formazione durante specifici seminari
collettivi, organizzati, oltre che nello stadio iniziale del lavoro, anche in una fase intermedia e poi al
termine dell’intero percorso.
Infine, gli esiti della ricerca sono stati portati all’attenzione di un’equipe multidisciplinare
appositamente costituita in fase di progetto e composta dai rappresentanti di tutte le professionalità
(ix)
coinvolte nel percorso e dai responsabili dei distretti della USL 8 della Regione Toscana . Tale equipe,
coordinata dagli antropologi responsabili del lavoro, ha avuto l’obiettivo di riflettere, nel corso dei
diversi incontri, sui più adeguati modelli di risposta ai principali nodi critici emersi durante l’indagine e
(x)
di contribuire ad individuare, dunque, specifici percorsi operativi . Questo approccio multidisciplinare,
basato sul confronto tra soggetti portatori di professionalità, saperi, esperienze e competenze
eterogenee, ha permesso, insomma, di articolare una riflessione sulle tematiche affrontate, di
identificare interventi idonei e di costruire processi di comunicazione tra tutti gli attori coinvolti.
2. I temi emersi
2.1 «In mio Paese […] tutto è famiglia grande». L’impoverimento delle reti di sostegno.
Dalle testimonianze raccolte nel corso della ricerca, è emersa fin da subito l’importanza di disporre di
reti sociali capaci di sostenere le donne nella complessa e articolata esperienza della gravidanza, del
parto e del puerperio. Pur apparendo tale esigenza ovvia e trasversale a tutte le donne, di fatto
emergono una serie di criticità che non rendono affatto scontate le modalità di risposta a questo
stesso bisogno. In tal senso, come era prevedibile, l’indagine ha messo in luce una prima grande
differenza tra le donne italiane e le donne immigrate coinvolte nel progetto; mentre infatti le prime, in
un contesto socio-culturale quale quello aretino – ancora caratterizzato per lo più da una
organizzazione sociale e familiare che vede una certa prossimità geografica dei nuovi nuclei familiari
con quelli originari – possono contare su solide relazioni parentali e amicali, gran parte delle donne
immigrate si vedono depauperate di quella forte rete di sostegno al femminile che nei paesi di origine
è detentrice della gestione della gravidanza, del parto e del puerperio.
«La bambina a piangere sempre, non veniva latte, tutto, tutte cose che è
stato molto male. È meglio quattro o cinque giorni in ospedale, perché a me
hanno lasciato tre giorni, e poi … […] non c’è nessuno a casa, mio marito va
fuori…
A lavorare. Ti sarai sentita molto affaticata.
Eh sì.
[…] E se fossi stata nel tuo Paese, come immagini che sarebbe stato?
93
Molto tranquillo, perché ci sono tante persone, là. Mamma, suocera, poi mia
cognata, tutti insieme.
E quindi, alla fine tutto da sola?
Sì. Anche per tutto il tempo di gravidanza ho fatto tutto da sola» (B.,
Bangladesh).
Tutte le donne immigrate intervistate sottolineano il rilevante supporto offerto dalle figure femminili
della famiglia (la madre, le sorelle, le cognate, le zie etc.) che si stringono intorno alla puerpera per
fornirle un aiuto pratico nella gestione quotidiana della casa e nella cura del bambino, almeno per tutto
il primo mese dopo la nascita. In molti casi, inoltre, a differenza di quanto accade una volta giunti nei
paesi ospiti, le abitazioni nei paesi di origine accolgono più nuclei familiari uniti tra loro da legami di
parentela, scongiurando già di per sé gran parte delle difficoltà legate all’impoverimento delle reti che
(xi)
in molti casi caratterizza la condizione migratoria .
«In mio Paese sempre va così.
[Marito] Perché tutto è famiglia grande, tutto famiglia. Io ho cinque fratelli e tre
sorelle. E tutti sposati e ora tutti bambini. Ora quaranta, cinquanta persone [è la]
famiglia.
E tutti abitano insieme?
Sì tutti abitano là insieme […] sì, anche mangiare tutti là insieme, cucinare tutti là
insieme […] sì sempre tutti insieme. Meglio così» (B., Bangladesh).
Sebbene nel nuovo contesto migratorio si riconfigurino nuove reti sociali, l’assenza del tradizionale
supporto femminile di riferimento tende a essere per le donne una delle principali cause di sofferenza
emotiva e di disagio legato alle difficoltà nella gestione quotidiana del bambino, in particolare nei
primissimi periodi dopo la nascita.
«Qui sei sola, se non cucini non mangi. […] Ho sofferto, in questa gravidanza ho
sofferto parecchio, parecchio, parecchio, parecchio. […]
Di cosa sentivi di avere maggiormente bisogno durante la gravidanza?
Della mia mamma, dico la verità, la mia mamma.
Sentivi che le persone che si trovavano intorno a te comprendevano questi tuoi
bisogni?
Ma a parte che non c’è nessuno intorno a me. Solo mio marito era impegnato con il
lavoro, con i figlioli anche lui da portare su e giù… non c’è nessuno intorno a me»
(R., Marocco).
A seguito della perdita del gruppo femminile di riferimento, la maggior parte delle donne immigrate
coinvolte nel progetto hanno sottolineato il fondamentale ruolo di sostegno offerto dal marito, che
diviene spesso la principale figura di supporto durante la gravidanza, il parto e soprattutto il puerperio.
In tal senso, è emerso chiaramente come in molti casi il contesto migratorio modifichi sensibilmente le
parti all’interno della coppia, configurando talora nuove modalità nella distribuzione dei ruoli e
l’attivazione di nuove risorse. Indicativa è apparsa, ad esempio, la testimonianza di una donna del
Bangladesh che, sollecitata su quelli che a suo avviso erano stati i principali vantaggi a partorire in
Italia, ha rilevato proprio l’importanza del ruolo rivestito dal marito in tutte le fasi della gravidanza, del
parto e del post-parto, evidenziando la differenza rispetto a quanto sarebbe accaduto nel proprio
Paese di origine dove, appunto, la gestione diretta di questa esperienza è tradizionalmente affidata
alla componente femminile della famiglia. E’ interessante inoltre sottolineare come tale reciprocità,
emersa tra le coppie coinvolte nella ricerca, tenda a contraddire uno stereotipo piuttosto radicato tra
molti degli operatori sanitari che hanno partecipato al progetto; questi, infatti, soprattutto rispetto alle
coppie musulmane, sono portati a percepire l’uomo – che nella maggior parte dei casi accompagna
alle visite la propria moglie per una serie di questioni quali, ad esempio, la non conoscenza della
lingua italiana, da parte delle proprie mogli, o la loro difficoltà a spostarsi autonomamente – come colui
che induce nella donna una pesante condizione di subalternità, non sostenendola, annullandone in
qualche misura le possibilità decisionali e impedendole di esprimersi liberamente. In tal senso, i mariti
musulmani tendono ad essere considerati a priori dagli operatori come figure ostacolanti nella
relazione terapeutica. Ciò appare significativamente descritto nello stralcio di intervista che segue:
«Le donne musulmane vengono spesso accompagnate dai mariti, sono succubi dei
mariti, non parlano l’italiano, non si muovono da casa se non accompagnate dal
94
marito. Non si riesce mai a stabilire una relazione con la donna perché il marito è
sempre lì a rispondere» (operatore).
Senza dubbio la distanza tra la percezione degli operatori rispetto a ciò che realmente accade
all’interno della coppia introduce a questioni piuttosto complesse che meriterebbero ulteriori
approfondimenti. Ci limitiamo qui a rilevare quanto incidano i possibili differenti ruoli rivestiti a seconda
dei contesti; se da una parte, infatti, nell’intimità della casa gli uomini possono essere molto partecipi
nella collaborazione domestica, anche per le contingenze dettate dalla nuova condizione migratoria,
dall’altra, in molti casi, essi continuano a rivestire più comunemente in situazioni pubbliche l’immagine
di “maschio dominante”. Quanto effettivamente riscontrato all’interno della coppia in termini di mutuo
sostegno (le donne riportano, ad esempio, come nel post parto l’aiuto dei mariti nei compiti domestici
di casa e nella gestione dell’igiene del bambino sia stata determinante), induce ad avviare una
riflessione più ampia sul mutamento dei ruoli all’interno della coppia a seguito del cambiamento di
contesto socio-culturale e induce, di conseguenza, a problematizzare ulteriormente l’atteggiamento
degli operatori, e a favorire l’adozione di un approccio inclusivo che tenda a considerare i mariti quali
risorse, anziché ostacoli nella relazione terapeutica, al fine di promuovere quanto più efficaci percorsi
di sostegno alla genitorialità proprio a partire dalla gravidanza. La presenza del marito nell’ambito del
setting, inoltre, può contribuire a riequilibrare in qualche misura la relazione terapeutica che,
soprattutto nel caso della donna immigrata, rischia non raramente di portare alla luce una condizione
di subalternità, rispetto all’operatore, che contribuisce a rendere ancora più “impari” il rapporto tra la
donna e i servizi socio-sanitari. E’ opportuno sottolineare, infine, che la necessità di includere
maggiormente gli uomini entro percorsi di preparazione alla nascita e alle cure allevanti, è emersa
anche tra le donne italiane direttamente coinvolte nella ricerca e in genere tra le coppie incontrate
durante l’osservazione partecipante; queste, infatti, in varia misura, hanno più volte espresso il
bisogno di essere, come tali, ulteriormente sostenute attraverso specifici percorsi finalizzati a
incrementare la fiducia nelle proprie “naturali” competenze e sviluppare maggiori consapevolezze
rispetto all’essere genitori.
2.2 «Una parola ti tira su il morale, una parola, non è che chiedevo il miracolo oppure i regali,
solo belle parole». Dimensioni emozionali, relazioni terapeutiche, soggettività e
medicalizzazione
Come è noto, una relazione terapeutica basata sull’ascolto, sull’empatia, sull’adozione di
atteggiamenti non giudicanti ma anzi profondamente rispettosi del vissuto dell’altro, già di per sé
contribuisce ad attivare le risorse che possono essere messe in campo nei processi di cura e
guarigione; nel caso della gravidanza, del parto e del puerperio, una relazione così intesa rappresenta
una prima fondamentale occasione per implementare quelle “naturali” competenze genitoriali così
(xii)
importanti per affrontare nel modo più “attivo” l’intera esperienza di maternità . Entro tale quadro, da
tutte le donne coinvolte nell’indagine, sono emersi una serie di bisogni – necessità di ascolto, di
accudimento e presa in carico, di rispetto per il proprio corpo e la propria intimità – che denotano
quanto sia significativa nell’esperienza soggettiva una relazione terapeutica che sappia rispondere a
queste esigenze. In tal senso, alcune delle donne intervistate sottolineano di aver incontrato operatori
da cui si sono sentite sostenute, accolte e adeguatamente assistite, ad esempio nel momento del
parto; altre donne, o le stesse, riportano invece sensazioni di non ascolto delle proprie istanze, in
alcuni casi “senso di abbandono” durante la degenza ospedaliera e episodi vissuti talora come
“abusanti” (percezioni di non rispetto per la propria intimità corporea, irruzioni nelle scene del parto e
atteggiamenti del personale sanitario avvertiti come impositivi e direttivi). Gli stralci di intervista che
seguono risultano testimonianze emblematiche della pluralità di risposte a tali bisogni. Si veda, ad
esempio, il buon livello di soddisfazione espresso da alcune informatrici in merito agli operatori
incontrati:
«Io devo ringraziare proprio la […] è stata bravissima […] è stata sempre con me.
[…] E’ una giovane, c’ha voglia, m’ha massaggiato la schiena, e me lavava ‘n
continuazione, me buttava l’acqua calda perché un pochino m’alleviava ‘l dolore, me
diceva: “aspetta che ti lavo, ti lavo, ti lavo”. E’ stata bravissima. Io son convinta che
senza di lei… (L., Italia).
Le infermiere come sono state con te?
Bravissime, molto brave.
Tu le chiamavi? Ti sentivi libera di chiamarle se avevi dei dubbi?
Sì. Anche in sala parto, quello che c'è infermeria, bravissima, molto brava, come se
95
dice, un'amica capito? No dai, dai fatto così [mima il gesto di accarezzare i capelli
con le mani] […] Dice: “no dai, non c'è problema, tranquilla, fai coraggio che devi
partorire”. No, ho trovato bene, benissimo (F., Bangladesh).
Soprattutto l’anestesista era bravissimo, bravissimo, bravissimo. Se te vedessi come
ti tira su il morale guarda… in una maniera! E come ti coccolava, in maniera
incredibile guarda […] è stato bravissimo con me mi ha dato un coraggio lui… è stato
vicino a me fino all’ultimo minuto […] con la mano attaccato a me. […] E mi ha detto:
“[…] hai fatto, a posto, tranquilla”. E poi è rimasto lì, ogni minuti era lì […].
Quindi secondo te, quali comportamenti è bene tenere subito dopo il parto?
Le coccole, un po’ di coccole, un po’ di… una parola ti tira su il morale, una parola,
non è che chiedevo il miracolo oppure i regali, solo belle parole» (R., Marocco).
Di contro, emergono anche testimonianze che denunciano grosse difficoltà nella relazione con il
personale sanitario. Lo stralcio che segue, ad esempio, sottolinea quanto vissuto a seguito di un parto
cesareo da una donna marocchina, che riferisce di non essersi sentita rispettata nella sua intimità
corporea, né adeguatamente accudita durante la degenza ospedaliera:
«Quindi ti sei sentita rispettata nella tua intimità, nei tuoi bisogni, nelle tue
convinzioni?
Quella è una cosa brutta, ti lasciano così, ti dico la verità, una cosa che senti un altro
male. Non è che ti coprono, ti lasciano così, come sei nata, e si mettono a
chiacchierare. Una marea di gente che va su e in giù… mettete un telo, un
qualcosina, un pezzo di lenzuolo, un qualcosina... è una vergogna! E poi uomini,
magari le donne va bene, tra noi, ma uomini, abbi pazienza. Magari sono straniera,
si va bene, però un’italiana mi dice la stessa cosa, uguale, abbi pazienza […]. Poi il
freddo, ti lasciano lì, scoperta, nuda come sei nata… Anche nelle visite del
ginecologo, ti dico la verità, una volta m’è toccato di dire: “abbia pazienza, potete
mettere un pezzo di lenzuolo, mi vergogno!”. Giuro che mi stava a pensiero il giorno
della visita. Il giorno della visita mi stava pensiero grosso grosso grosso […].
Ci sono dei vantaggi a partorire qui in Italia oppure hai trovato svantaggi?
Dei svantaggi nel senso che quando ti portano nella stanza, quando hai fatto il parto
e hai finito ti portano… maleducati gli infermieri! Io sono sincera, sono maleducati, ti
trattano come un cane. Il giorno dopo sono andata per fare il bidè. Normalmente mi
ricordo nel 2005, della Sara, la mia Sara, a me m’hanno fatto il bidè nella stanza, nel
mio letto. Invece questa volta niente, ti dicono che ti devi alzare; con la ferita così
come mi alzo? La prima cosa non c’è il bidè, in quelle stanze […]. Ti toccava cercare
(xiii)
una bottiglia. Che VERGOGNA , in un ospedale, in una città come Arezzo, famosa
eccetera, eccetera. Ti toccava cercare una bottiglia e cercare l’acqua calda e fai il
bidè da sola, il primo giorno del parto. Un’altra cosa: a me mio marito mi ha
preparato la valigia e mio marito si è scordato il detergente intimo; sono andata
piano piano per alzarmi […], ho visto l’infermiera e dico: “per cortesia, se non ti
dispiace puoi darmi un po’ di detergente intimo per fare il bidè? Perché ho portato,
guarda, la borsa e l’unica cosa che mi sono scordata è quello […]”. E dice: “ma che
dici, da noi non c’è!”. Dico: “un po’ di detergente non ce l’avete?”. Dice: “no, no,
pulisci dai con l’acqua”. Ma secondo te con l’acqua si pulisce bene col sangue che
ce l’avevo fino al ginocchio? Già lo faccio da me. Io non ti ho chiesto di farmelo, già è
un sacrificio per me mettermi a sedere nel water. Giuro il primo giorno, giuro, così nel
water da sola, guarda una disgrazia. Ho pianto… non c’avevo nessuno. Ho pianto,
ho pianto, ho pianto. Ho detto: “almeno chiamatemi la mia suocera che m’aiuta!”
“No”. Loro no, la mia suocera non la chiamano perché non è il momento di chiamare
nessuno [si commuove]. Guarda ho sofferto!» (R., Marocco).
Interessante appare anche la testimonianza di una giovane donna italiana che se da una parte
evidenzia il fondamentale sostegno offertole da un’ostetrica durante tutto il travaglio – dalla quale si è
sentita accudita, rassicurata e “contenuta” nelle sue paure – dall’altra restituisce la profonda
inquietudine e il disagio per un parto vissuto come estremamente traumatico (si è svegliata di
soprassalto al solo ricordo per tutto il mese successivo), sia per le complicazioni intervenute, sia per le
modalità di comunicazione da parte del personale medico percepite come brusche e irrispettose:
«La sfiga mia è stata il cambio di turno, delle due, è entrato questo cane […].
96
E' un ginecologo?
Sì. Assurdo. Mi trattava malissimo: “Signora cosa fa, spinga!”. Capirai... Lui è stato
l'ultimo elemento negativo, però l'ho rimosso.
Perché hai detto che lui ti ha trattato male? Di cosa ti ‘rimproverava’?
Che non spingevo e non sentivo più le contrazioni. Mi dicevano: “Dai c'è la
contrazione, spingi” però poi non ci riuscivo più, ero troppo troppo stanca; poi ormai
ero anche impaurita, sentivo male, penso che mi sono anche messa a piangere ad
un certo punto […]. E poi dopo […] lui ha detto: “Qui c'è da tagliare” e: “no,
l'episiotomia no!”. E lì […] ha preso le forbici, il bisturi e lui mi ha detto: “Ora questa
caccia un urlo!”, e io ho cacciato un urlo. Io per un mesetto ci ho pensato tanto al
parto, ho detto: “Madonna chissà se me lo dimenticherò”. Ora è tutto più edulcorato
[…].
Se potessi in qualche modo migliorare i servizi, che faresti?
Farei dei corsi di formazione e anche di comunicazione ai medici ginecologi: come
comunicare nei momenti di stress, di controllo dello stress. Vorrei fare dei corsi
affinché il medico lavori su di sé […] perché comunque il parto è sempre un punto di
domanda» (L., Italia).
La pluralità degli atteggiamenti degli operatori sanitari descritti dalle donne emerge anche
dall’osservazione partecipante che, se da un lato ha permesso di cogliere significativi esempi di buona
pratica nella relazione e comunicazione con gli utenti, dall’altra ha anche messo in luce ciò che non di
rado si registra in ambito medico; ovvero, in generale, un approccio basato sul raggiungimento di
obiettivi finalizzati alla presa in carico della componente organica del corpo: la quale, per quanto
fondamentale ai fini diagnostico-terapeutici, rischia di tenere solo marginalmente in conto
l’imprescindibile complessità che caratterizza l’esperienza singolare di ogni individuo e la dimensione
(xiv)
socio-culturale comunque implicita nei processi di salute e malattia . Durante le visite ginecologiche
in consultorio, ad esempio, abbiamo osservato come in alcuni casi ci si soffermi esclusivamente sui
risultati degli esami clinici, tralasciando invece di tenere in considerazione o di condividere con le
pazienti i vissuti legati alle loro esperienze di maternità; può risultare indicativo a tale proposito
l’atteggiamento di alcuni medici che nel corso delle visite post partum si limitano ad un esame
esclusivamente clinico tralasciando, ad esempio, di chiedere come è andato il parto o altre
informazioni legate alla nuova esperienza, anche corporea, della neo mamma. Essendo, infatti, la
gravidanza, il parto e il puerperio momenti carichi di significato, anche simbolico, e densi di emozioni
(xv)
complesse che ne tratteggiano il vissuto , la possibilità di condividere la propria esperienza, può
rappresentare una delle principali strategie per elaborare efficacemente la propria storia, aprirsi ad un
importante confronto con l’altro e conseguentemente attivare idonei percorsi di salute. Non a caso, è
affiorato nel corso dell’indagine, da parte di tutte le donne coinvolte, il forte bisogno di raccontarsi e
condividere; in alcuni casi, i colloqui condotti dagli operatori si sono trasformati in occasioni per far
emergere importanti quesiti e anche per fornire risposte alle istanze profonde venute alla luce nel
corso dell’intervista.
Di contro, abbiamo rilevato talora un certo “scarto” tra l’unicità dei vissuti e delle emozioni, anche
contrastanti, che ogni donna sperimenta durante la gravidanza e il parto, e la riproduzione meccanica
di pratiche dettate in parte da un’attenzione pressoché esclusiva al corpo e in parte dalla routine del
lavoro: uno scarto che in qualche misura può determinare negli operatori una scarsa attenzione alla
complessità della dimensione soggettiva nonché atteggiamenti poco empatici e comunicativi. La
tendenza che abbiamo rilevato, ad esempio, da parte del personale ostetrico e infermieristico a
parlare a voce molto alta di argomenti non pertinenti con la situazione, sia in prossimità dei luoghi del
travaglio e del parto, sia nella nursery che accoglie i neonati, può rappresentare un segnale
emblematico della distanza che spesso si frappone rispetto alla persona, magari sofferente. Se da una
parte tale modalità di rapporto appare “naturale” negli atteggiamenti quotidiani degli operatori,
dall’altra risulta fortemente invasiva nell’ambito di un’esperienza così intima e delicata quale quella del
(xvi)
parto e della nascita . A fronte, tuttavia, di un’attenzione talvolta marginale alla soggettività, che le
intervistate in vario modo sottolineano come un limite nella relazione con il medico e l’operatore, è
importante rilevare che il livello di soddisfazione di tutte le informatrici rispetto alle prestazioni
prettamente cliniche offerte in consultorio e in ospedale si è dimostrato piuttosto alto sia da parte delle
donne italiane che da parte delle donne immigrate. E anzi, tutte le donne coinvolte nella ricerca si
sono sentite fortemente rassicurate dai protocolli clinici previsti e attuati durante l’intero percorso. Se
da una parte, quindi, emerge una più che positiva valutazione rispetto alla “tecnica” medica, dall’altra
risulta assai meno soddisfacente il giudizio connesso alla dimensione comunicativa e relazionale tra
97
medico e paziente e viene ancora una volta messa in luce la significativa scissione tra il “curare” il
corpo biologico e il “prendersi cura” della persona nella sua interezza.
Gli innegabili vantaggi, sulla salute della donna e del bambino, apportati dai progressi scientifici e
tecnologici della medicina hanno determinato, a partire dalla seconda metà del Novecento, una
progressiva e importante diminuzione della mortalità materno-infantile e hanno conseguentemente
modificato la percezione dei livelli di rischio di vita legati alla nascita. E tuttavia è importante
evidenziare che insieme a tali indiscutibili miglioramenti, si è assistito negli anni ad una progressiva
medicalizzazione della gravidanza e del parto che ha trasformato questa esperienza in un evento da
delegare quasi esclusivamente alla supervisione medica. Ad un certo punto, «la madre e il bambino
hanno smesso di essere percepiti come esseri in grado di assolvere alle loro funzioni vitali in modo
autonomo: entrambi dovevano essere osservati, controllati e aiutati dai rappresentanti della medicina
(xvii)
in quanto unici attori in grado di garantire il buon esito del processo riproduttivo» (MAFFI I. 2010: 9) .
Questo percorso di medicalizzazione ha portato alla tendenza, da parte delle donne, ad affidarsi alle
capacità diagnostico-terapeutiche della biomedicina, al punto da delegare quasi esclusivamente alla
biomedicina stessa la risposta a quelle ansie e paure naturalmente connaturate allo stato di
gravidanza, spostando la fiducia nelle proprie competenze di madri e capacità di ascolto del proprio
(xviii)
. E’
corpo quasi interamente negli strumenti clinici e diagnostici messi a disposizione dalla scienza
indicativo in tal senso quanto riferito da una giovane donna italiana intervistata che, alla domanda su
come aveva vissuto di volta in volta le ecografie fatte durante il percorso di gravidanza, sottolinea il
fondamentale ruolo di quegli appuntamenti diagnostici. Questi, infatti, sono percepiti come gli unici in
grado di fornirle la certezza che la bimba che porta in grembo sia ancora viva; come se i naturali
segnali inviati dal corpo durante la gestazione, non siano di per sé “prove” sufficienti a garantirle che la
gravidanza è in atto:
«E come l’ha vissuto, lei, il momento dell’ecografia, com’era per lei?
[Sorridendo a bocca larga] Ahhh, sempre un’emozione! […] Fino a che non ho
iniziato a sentirla, arrivavo sempre con la paura che nun ce fosse. Sì, che dico, vado
lì e ‘un batte più il cuore. […] No, poi tutti ‘sti lutti, ma po’ tutte ‘ste gravidanze che
‘unn’arivano mai a buon fine, ‘ste ragazze che perdono il bambino doppo due… cioè,
n’ho sentite talmente tante, che andavo sempre lì col …. [tira un sospiro affannato
come di paura] ce sarà o ‘un ce sarà. […] Ero rassicurata» (A., Italia).
Va notato che se da una parte le linee guida di riferimento della Società italiana di ecografia ostetricoginecologica (2010) indicano un massimo di tre ecografie necessarie per affrontare serenamente i
nove mesi di attesa (una per trimestre), dall’altra accade spesso che le donne che si rivolgono a
ginecologi privati (prevalentemente le donne italiane) ne compiano molte più di quelle previste. Si
conferma così quell’eccessivo ricorso alle indagini strumentali che ha contribuito alla costruzione di
una “cultura tecnocratica della nascita”, comportando talora una eccessiva dipendenza dalle
tecnologie mediche da parte tanto del personale sanitario quanto delle donne che progressivamente
(xix)
hanno delegato sempre di più alla biomedicina i propri bisogni di rassicurazione . Non è un caso che
una delle competenze che si tende ad attivare nell’ambito dei corsi di accompagnamento alla nascita
promossi dai consultori della USL 8, sia proprio la fiducia nelle capacità del proprio corpo, del proprio
essere madre e in generale genitori; il cartello appeso nei luoghi preposti all’accoglienza recita
significativamente a tale proposito: “Le donne sanno partorire, i bambini sanno nascere, gli uomini
sanno proteggere”.
2.3 «Ma come faccio a esse’ senza latte, che ho bagnato tutto il lenzolo?». Allattamento e
continuità assistenziale tra ospedale e consultorio
In generale è emersa un certa distanza tra gli approcci adottati in ospedale ad Arezzo e quelli adottati
in consultorio. Se infatti da una parte, le pratiche ospedaliere sono spesso orientate dalle criticità
legate all’emergenza, all’organizzazione del lavoro, alla disponibilità di personale e in genere da
un’attenzione al corpo focalizzata prevalentemente sulla risoluzione repentina di problematiche
strettamente cliniche, dall’altra, l’impostazione del lavoro in consultorio (che si organizza
prevalentemente su attività di prevenzione ed educazione alla salute, anziché sull’urgenza, e che
prevede una presa in carico dell’utente più continuativa), consente di stabilire un approccio
maggiormente disposto a tenere in considerazione anche quelle componenti non prettamente
biologiche che definiscono nel suo insieme la soggettività e complessità dell’altro. E tale distanza tra
ospedale e consultorio, che riflette in qualche misura differenti modalità nella presa in carico dei
pazienti, rischia di ostacolare quella continuità assistenziale così importante per garantire interventi
centrati sulla persona quanto più efficaci e idonei.
98
Già nelle prime fasi del progetto si è posto il problema del coinvolgimento, nell’ambito del percorso
formativo, degli operatori dell’ospedale di Arezzo che, pur essendo invitati a partecipare, non hanno
preso parte agli incontri. Questa mancata adesione ha rappresentato fin da subito un interessante
indicatore della distanza, percepita come tale dagli operatori stessi, tra le attività di consultorio e
quelle di ospedale, suscitando tra i partecipanti un acceso dibattito sulle difficoltà che talora si
presentano ad adottare orientamenti comuni, pratiche e comportamenti condivisi e in generale itinerari
continuativi nella presa in carico dell’utente. A riguardo è significativa la testimonianza di un’ostetrica
del consultorio che, nel corso di un colloquio informale avvenuto durante l’osservazione partecipante,
ha dichiarato: «tra l’ospedale e il consultorio c’è un fosso», sottolineando in tal modo la notevole
distanza percepita tra gli operatori appartenenti ai due diversi ambiti.
Entro tale quadro, la questione dell’allattamento risulta essere assai significativa rispetto ai differenti
approcci adottati dall’ospedale di Arezzo e dai consultori e rispetto alle implicazioni per le donne.
Infatti, le strategie messe in atto dai differenti consultori promuovono l’allattamento materno attraverso
molteplici attività quali i corsi di accompagnamento alla nascita e specifiche iniziative di sostegno nel
post partum. In Valtiberina, uno dei distretti della USL 8, ad esempio, viene promossa la visita
domiciliare, effettuata dalle ostetriche qualche giorno dopo il parto al fine di sostenere le donne
durante l’allattamento e per tutte le altre questioni relative al puerperio; nel consultorio di Arezzo,
invece, è stato istituito un apposito spazio (lo Spazio Mamme) specificamente creato con l’obiettivo di
garantire la continuità assistenziale tra ospedale e territorio (soprattutto nel momento del rientro a
casa che può risultare particolarmente critico e delicato) e per promuovere e supportare
(xx)
adeguatamente l’allattamento al seno . In tutti i consultori viene comunque offerta alle donne la
possibilità di contattare le ostetriche per qualsiasi questione inerente l’allattamento materno e in
genere la cura del bambino. Diversi sono apparsi invece gli approcci in ospedale. Se infatti da una
(xxi)
incontrate nel corso dell’osservazione
parte le infermiere e le ostetriche del reparto di ostetricia
partecipante hanno confermato di promuovere l’allattamento al seno e di non somministrare ai neonati
latte artificiale a meno che non venga prescritto dal pediatra o richiesto dalla madre, dall’altra,
abbiamo rilevato un certo scarto tra quanto dichiarato dagli operatori e le pratiche osservate che
sembrano invece confermare la tendenza, denunciata dagli operatori di consultorio e in alcuni casi
dalle donne stesse, a dare con una certa facilità il latte artificiale. Al momento dell’osservazione in
reparto, infatti, il latte artificiale era stato prescritto a più della metà dei neonati presenti, confermando
in qualche misura quanto riscontrato durante l’osservazione nello Spazio Mamme dove tra le otto
donne presenti, quattro integravano il loro latte con quello artificiale. Sulla tendenza a dare la
cosiddetta “giunta” di latte artificiale, è indicativo il caso di una bambina che, pur essendo nata da sole
5 ore e pur sembrando piuttosto tranquilla, l’infermiera decide di nutrire con un po’ di latte artificiale
dopo averla pesata e appurato che non aveva ancora mangiato nulla. Un esempio, questo, che
appare emblematico della facilità a “cedere” al latte artificiale anche quando non compaiono le due
condizioni esplicitate dagli operatori di ospedale come necessarie per la sua introduzione
nell’alimentazione del neonato: la prescrizione del pediatra o la richiesta della madre. Pur essendo
urgente e opportuno avviare alcune riflessioni in proposito, non possiamo tuttavia in questa sede
entrare nel merito di questioni complesse, quali l’appropriatezza delle prescrizioni pediatriche di latte
artificiale o le motivazioni profonde che possono spingere una madre a farne richiesta. Ci limitiamo,
invece, a sottolineare che appare chiaro che se da una parte gli operatori di consultorio promuovono e
sostengono con tutti i mezzi a loro disposizione l’allattamento materno, dall’altra, in ospedale si tende
a non garantire un eguale investimento in tale direzione con il rischio di non supportare
sufficientemente le donne per favorire la necessaria fiducia nelle proprie competenze. Durante i
colloqui in profondità più volte le interlocutrici hanno riportato di “essersi sentite confuse” al momento
della dimissione dall’ospedale a causa dei contrastanti messaggi ricevuti circa l’allattamento durante il
corso di accompagnamento alla nascita e durante la degenza ospedaliera. In alcuni casi, poi, le donne
intervistate hanno anche denunciato atteggiamenti “sbrigativi” da parte del personale, che hanno
contribuito ad incrementare quelle paure, dubbi e ansie che molto spesso caratterizzano la prima e
delicata fase del puerperio.
«Mi sono trovata male con un’infermiera che è stata molto sgarbata. […] Doveva
fargli la prova dell’udito, alla bimba, è arrivata alle 11 e me la trova al seno. Io l’avevo
attaccata al seno perché così la bimba era tranquilla, io ero tranquilla, mi faceva
campare, mi faceva dormire, si dormicchiava tutt’e due, insomma, era sempre alla
poccia […]. Ma arriva ‘st’infermiera e dice “Gli devo fa’ la prova dell’udito; ma perché
‘sta bambina è attaccata al seno?” E io: “Perché ha fame!”. Molto volgarmente, mi ha
dato una bella tastata di seno e m’ha detto: “Ma sì, ma se qui ‘un c’è niente! Hai
voglia te di dargli da mangiare!”. Ha preso ‘sta bambina e l’ha buttata sopra al lettino,
là dove si cambia,‘nsomma, e fa: “Eh, ma piange, ‘un mi riesce di fargli la prova
dell’udito!” e io gli dico: “Ma ha fame!”, perché lei avea fame. In effetti, un po’ ce
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dormiva, ma un po’ avea fame. Al momento quando è arrivata lei, la bimba aveva
FAME! E mi fa: “Va be’, ascolta: quando hai finito di dargli da mangiare, portamela,
che gli fo ‘sta prova dell’udito!” e è andata via. Io mi so’ messa a piangere, ho
chiamato il mi’ compagno: “Han detto che ‘un c’ho il latte, faccio morir di fame la
bambina!”. La cosa più sconcertante è che io, per fa’ prima, stavo col pigiama aperto,
senza il reggiseno, perché tanto era sempre co’ ‘sta tetta’n bocca, AVEVO BAGNATO
TUTTO IL LENZOLO! E io mi dicevo: “ma come faccio a esse’ senza latte, che ho
bagnato tutto il lenzolo?” Il lenzolo, FRADICIO! E infatti, mi ricordavo, eppure al corso
(xxii)
preparto c’avean detto “a un certo punto, vi arriverà”»
(A., Italia).
Ovviamente le donne riportano anche significative testimonianze sul fondamentale ruolo di sostegno e
supporto ricoperto da molte infermiere e ostetriche del reparto, peraltro adeguatamente formate,
anche rispetto all’allattamento, ma ciò che preme qui sottolineare è comunque la generale distanza
percepita e riscontrata tra ospedale e consultorio negli approcci e nelle pratiche. Una distanza che si
concretizza e prende forma anche nella mancanza di strategie di informazione e comunicazione
condivise circa le opportunità di sostegno offerte nel territorio che potrebbero invece garantire una
efficace continuità assistenziale entro il percorso consultorio (per la gravidanza) – ospedale (per il
parto) – di nuovo consultorio (per il puerperio), rivelandosi di estrema utilità e di grande sostegno per
le donne. Una signora del Bangladesh coinvolta nell’indagine, che al momento del colloquio allattava il
suo bambino esclusivamente con latte artificiale, sottolinea che avrebbe fortemente desiderato
allattare naturalmente e confessa di continuare a pensare che se fosse stata meno stanca dopo il
parto, durante la degenza in ospedale avrebbe anche potuto farcela. Se da una parte è interessante
notare come la donna tenda ad assumere su di sé la responsabilità per non essere riuscita ad
allattare il suo bambino, con un latente senso di colpa che traspare esplicitamente dal colloquio,
dall’altra il suo racconto appare emblematico del fatto che il supporto fornitole per garantire una
adeguata risposta al suo desiderio di allattamento avrebbe potuto essere più incisivo e avvalersi
maggiormente degli strumenti a disposizione del servizio. Una volta a casa, infatti, a causa di forti
dolori al capezzolo e sanguinamenti, torna in ospedale per chiedere consiglio sul da farsi; gli operatori
(xxiii)
, ma sembra che nessuno pensi di
ospedalieri le raccomandano di utilizzare un paracapezzolo
orientarla al consultorio per usufruire delle opportunità di sostegno offerte e iniziare quindi un percorso
(xxiv)
. Ciò che emerge dall’indagine, in effetti, è la tendenza a considerare la
adeguato e continuativo
presa in carico della donna non tanto come itinerario duraturo e condiviso tra ospedale e territorio,
quanto piuttosto come un percorso che procede in qualche misura per compartimenti stagni non
comunicanti tra loro. E’ esemplificativo quanto affermato da una ostetrica di ospedale che, di fronte
alla domanda se al momento delle dimissioni le donne vengono informate dell’esistenza e delle
opportunità offerte dallo Spazio Mamme o in genere di quelle attivate per il post-partum dai consultori
dei distretti afferenti l’ospedale aretino, quasi stupita risponde: «no, quello lo deve fare il territorio, noi
siamo l’ospedale!».
2.4 «Ma cosa è medico di famiglia?». La questione dell’efficacia delle informazioni fornite dai
servizi
Segnaliamo, infine, un’altra importante criticità – già denunciata dagli operatori in fase di avvio di
progetto ed emersa fortemente nel corso dell’indagine – connessa alle questioni della conoscenza
delle opportunità offerte dai servizi da parte delle donne immigrate, dei canali attivati per veicolare le
informazioni socio-sanitarie e delle relative conseguenze rispetto all’accesso ai servizi stessi. Durante
i colloqui e i focus group svolti con gli operatori era stato infatti più volte messo in luce il problema
della scarsa frequentazione delle donne immigrate (in particolare quelle provenienti dalle aree
selezionate per la ricerca) alle opportunità di sostegno messe a disposizione dai consultori per la
gravidanza, il parto e il post parto, quali, ad esempio, i corsi di accompagnamento alla nascita e/o gli
specifici percorsi di supporto per l’allattamento predisposti dai vari consultori. E tale problematicità è
effettivamente emersa anche dai colloqui in profondità e dall’osservazione partecipante, da cui è
affiorata una mancata conoscenza dei servizi offerti dal consultorio aretino, soprattutto da parte delle
donne immigrate che non avevano avuto precedenti rapporti con alcune figure chiave del servizio
preposte più di altre a stabilire relazioni continuative con la popolazione migrante, quali la mediatrice
culturale o l’assistente sociale.
(xxv)
Osservando il momento dell’accoglienza in consultorio
o quello della consegna del “Libretto di
(xxvi)
gravidanza”
che, raccogliendo gli esami clinici da compiersi durante i mesi di gestazione, tutte le
donne in stato interessante ricevono nelle fasi iniziali del loro percorso, appare certo che gli operatori
100
si impegnano a fornire in vario modo tutte le informazioni relative ai servizi offerti. Il problema,
pertanto, non riguarda tanto il fatto che le informazioni non vengano fornite, quanto che in qualche
misura queste non arrivino a destinazione, configurando un quadro piuttosto complesso che si declina
dalle modalità utilizzate per veicolare la comunicazione fino a quelle impiegate per la sua decodifica.
Senza dubbio appare fondamentale l’atteggiamento impiegato nella relazione con il migrante; se
infatti, come abbiamo avuto modo talora di osservare, l’operatore mostra un atteggiamento di
chiusura, poco accogliente, giudicante e infantilizzante nei confronti della donna o della coppia
immigrata, questo non favorisce un efficace scambio di informazioni, ma al contrario tende a intimorire
e contrarre gli interlocutori che non avranno né modo, né spazio di intervenire e chiedere
approfondimenti o chiarimenti su ciò che viene loro proposto. Anche un atteggiamento semplicemente
sbrigativo o che dà per scontata la conoscenza di alcune nozioni relative ai servizi, tende ovviamente
a non facilitare la comprensione dei percorsi offerti. In più di un’occasione, ad esempio, abbiamo
osservato che, informando sulla possibilità di partecipare ai corsi di accompagnamento alla nascita,
alle attività di sostegno per l’allattamento o ai percorsi clinici previsti per la parto-analgesia, non si
spieghi ulteriormente in cosa consistano tali proposte dando per ovvio che tutte le donne ne siano a
conoscenza.
Indubbiamente, laddove gli operatori hanno dimostrato di stabilire una relazione con l’altro basata
sull’ascolto, sul rispetto, sull’empatia, la decodifica dei messaggi inviati è apparsa quanto più facilitata;
eppure anche in questi casi, non sempre le donne con le quali abbiamo avuto modo di colloquiare
informalmente al termine dell’incontro con gli operatori o delle visite mediche, hanno effettivamente
compreso ciò che veniva loro spiegato. E le motivazioni sono molteplici. Innanzitutto c’è la questione
non trascurabile della conoscenza della lingua; spesso, infatti, pur essendo in Italia da più anni, molte
donne non hanno avuto modo di imparare l’italiano e questa condizione accomuna numerose migranti
sia magrebine che bangladeshi. Non a caso, anche il reperimento delle donne con le quali svolgere i
colloqui in profondità si è rivelato piuttosto complesso; tendendo, difatti, a privilegiare interlocutrici che
avessero una certa dimestichezza con la lingua italiana, è apparso molto difficoltoso intercettare
donne con tali competenze, pur essendo in Italia da tre o quattro anni. Appare in tal senso indicativa
l’esperienza di una giovane marocchina che non ha potuto farsi assistere, come avrebbe voluto, dalla
suocera al momento del parto, poiché questa, pur giunta nel nostro Paese quindici anni prima, non
parlava affatto l’italiano. Sovente, poi, abbiamo notato la tendenza da parte degli operatori a delegare
la trasmissione delle informazioni ai depliant divulgativi che illustrano le varie opportunità di sostegno
alla gravidanza, al parto e al puerperio offerte dai servizi e che vengono consegnati alle donne
generalmente all’inizio del loro percorso di gestazione. Di fatto, tuttavia, abbiamo appurato che le
donne immigrate coinvolte nella ricerca, nella maggior parte dei casi, non hanno letto il materiale loro
consegnato; se da una parte, perciò, l’operatore è stato certo di aver fornito le corrette informazioni
all’utente, dall’altra il messaggio non è arrivato a destinazione.
C’è poi un’altra questione apparentemente ovvia, ma che può rappresentare un serio limite nella
comunicazione tra operatore e paziente migrante; e cioè, certe figure professionali o categorie del
nostro Sistema sanitario che gli operatori “naturalmente” danno per ovvie e acquisite (si pensi ai
medici di medicina generale, ai CUP, etc.), non lo sono affatto in altri Paesi, né è scontato che siano
conosciute. E se a questo aggiungiamo la tendenza di molte donne migranti che abbiamo osservato,
ad acconsentire gentilmente all’operatore anche se non hanno compreso bene ciò che viene loro
detto, l’equivoco comunicativo diviene una ovvia conseguenza. E’ indicativo, a tale proposito, il dialogo
tra una giovane donna del Senegal e un’operatrice del consultorio. Quando quest’ultima le dice di farsi
prescrivere la pillola dal medico di famiglia, la donna annuisce cortesemente, lasciando intendere di
aver compreso tutto quanto le era stato detto; ma una volta fuori, rivolgendosi ad una delle
antropologhe osservatrici, chiede spaesata: «ma cosa è medico di famiglia?».
Aggiungiamo infine che anche nel caso in cui le donne immigrate intervistate sono venute a
conoscenza dei servizi offerti, in larga maggioranza non li hanno comunque frequentati. Non avendo
potuto approfondire in corso di indagine questa ulteriore questione, ci limitiamo qui a lasciare aperti
alcuni quesiti che meriterebbero di essere maggiormente esaminati: le proposte offerte vengono
percepite come distanti e inutili, non a misura? Vengono vissute come poco inclusive? E’ un problema
pratico connesso alle difficoltà di spostamento o alla gestione della famiglia? E quanto pesa le
questione dei livelli di conoscenza della lingua italiana?
3. Per un’équipe multidisciplinare permanente
A conclusione dell’indagine e a seguito degli incontri seminariali svolti per condividere con tutti gli
operatori quanto emerso dalla ricerca, è stata costituita l’équipe multidisciplinare incaricata di
101
individuare percorsi operativi che potessero, almeno in parte, rispondere ad alcune delle principali
criticità evidenziate in corso di progetto. A tale proposito, con la conduzione dei due antropologi
responsabili dell’intero processo, è stato avviato un proficuo confronto tra professionisti portatori di
saperi, esperienze e competenze diversificate che ha permesso di riflettere ulteriormente sulle
problematiche emerse, di identificare i temi considerati prioritari e, su questi, di pensare ai più idonei
interventi. Come già specificato, il personale ospedaliero di Arezzo non ha preso parte al lavoro
dell’equipe, che è risultata composta esclusivamente da medici e operatori del consultorio aretino,
oltre che dai responsabili dei consultori dei vari distretti della USL 8 della Regione Toscana. Questo ha
inevitabilmente condizionato la scelta dei temi su cui lavorare – in quanto sono stati prediletti quelli di
diretto interesse delle attività territoriali – e ha impedito l’individuazione di modelli di risposta alle
criticità riscontrate anche in ospedale, venendo meno la possibilità di co-costruire con i professionisti
direttamente interessati specifici percorsi. Riconoscendo innanzitutto la necessità di omogeneizzare le
prassi consultoriali, di condividere le procedure, e di estendere le buone pratiche nei vari distretti della
USL 8, in particolare due sono state le tematiche selezionate dall’equipe sulle quali sono state poi
individuate proposte operative: (a) la questione delle criticità connesse ai processi di informazione e
comunicazione sui servizi e (b) la problematica della continuità assistenziale.
In merito al primo punto, è stata avviata una ampia riflessione intorno al momento della consegna del
Libretto di gravidanza, considerato cruciale per stabilire un primo significativo contatto con tutte le
gestanti all’inizio della loro esperienza di maternità. A tale proposito, il lavoro dell’équipe si è
concentrato sulla definizione dei contenuti da veicolare e sulle modalità della comunicazione durante
questo primo importante appuntamento, rimarcando anche ulteriori percorsi che potrebbero essere
attivati per favorire fin dalle prime fasi il processo di presa in carico delle donne. Sono state quindi
individuate alcune importanti indicazioni quali: (a) selezionare le comunicazioni e i materiali da fornire
al momento della consegna del libretto in modo da evitare un sovraccarico di informazioni; (b)
individuare ulteriori spazi e tempi per la “presa in carico” della gestante che ha scelto di essere seguita
dal consultorio familiare per garantire il passaggio di quei contenuti che non sono veicolati al momento
della consegna del libretto e facilitare un confronto in profondità tra utenti e operatori, anche al fine di
predisporre percorsi quanto più calibrati sulla persona; (c) impiegare operatori sanitari adeguatamente
formati sulla base delle competenze comunicative e relazionali richieste al momento della consegna
del libretto e/o negli altri specifici incontri previsti per integrare tali informazioni; (d) identificare, fin
dalle prime fasi, strategie di coinvolgimento della medicina generale nell’assistenza alla gravidanza;
(e) prevedere campagne di comunicazione mirate dei servizi di consultorio da effettuarsi presso i
luoghi strategici (CUP, studi dei medici di medicina generale, etc.). L’eéquipe ha avuto inoltre modo di
riflettere e dibattere anche in merito a quali potessero essere, all’interno dei consultori, ulteriori e più
idonei percorsi di interazione con le comunità di migranti, al fine di rispondere alle questioni legate alle
difficoltà linguistiche, di inclusione e in generale di accesso ai servizi. Tuttavia, a fronte delle molteplici
e variegate attività proposte in sede di discussione, ripetutamente è stato evidenziato come principale
limite nella loro elaborazione e applicazione la mancata disponibilità di risorse, denunciando tale
questione come una delle più rilevanti problematiche cui i consultori devono far fronte per continuare a
garantire un servizio quanto più efficace ed efficiente a tutta la popolazione. E’ stata perciò rilevata la
necessità di ripensare i percorsi strategici nell’ottica dell’integrazione delle politiche di territorio,
avviando una unica riflessione con tutte le istituzioni e i soggetti a vario titolo interessati (comprese le
associazioni, i gruppi informali, etc.) per integrare e calibrare le offerte già attive nelle singole zone e
coinvolgere quanto più possibile tutti i protagonisti nella individuazione di strategie territoriali.
In merito al secondo tema su cui si è concentrata l’analisi dell’equipe, ovvero la delicata questione
della continuità assistenziale, tutto il gruppo si è trovato d’accordo sulla necessità di attivare
metodologie di lavoro permanenti in grado di (a) garantire l’adozione di un orientamento sistemico alle
tematiche affrontate attraverso l’adozione di un approccio multidisciplinare; (b) facilitare la messa in
rete di tutti soggetti coinvolti nell’esperienza in oggetto, attivando tra loro fondamentali processi di
comunicazione; (c) agevolare la comprensione dei meccanismi che caratterizzano la complessità dei
fenomeni per elaborare quanto più efficaci e calibrate strategie di intervento. A tale proposito, quale
strumento per ottimizzare la continuità assistenziale, è stata proposta la formalizzazione di una équipe
multidisciplinare permanente che dovrebbe essere composta da rappresentanti di tutte le famiglie
professionali di ospedale e consultorio coinvolti nel percorso gravidanza, parto e puerperio,
trasversale a tutte le zone socio-sanitarie, con un mandato forte e chiaro dalla Direzione; pertanto
potrebbe essere riconosciuta come soggetto capace di fungere da anello di congiunzione tra il livello
tecnico e quello politico-amministrativo. Tale équipe, infatti, dovrebbe avere lo scopo di lavorare per
condividere e uniformare le procedure, rispondere alle criticità (a partire da quelle emerse
dall’indagine) e declinare proposte operative. Già in fase di progetto, il gruppo di lavoro costituitosi
nella parte finale, pur essendo composto esclusivamente da operatori di consultorio, potrebbe
rappresentare una importante risorsa da cui partire per mettere a frutto e dare seguito a quanto
102
emerso; una sua formalizzazione, potrebbe permettere da un lato di approfondire le questioni già
affiorate, e in particolare quelle relative all’organizzazione del lavoro dei consultori, dall’altro di
disporre di uno strumento già avviato da allargare agli operatori di ospedale e ad altri soggetti chiave
quali pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, rappresentanti di associazioni o gruppi
informali. Inoltre, le priorità operative emerse fin qui – quali la costruzione di modelli di intervento
condivisi, l’individuazione e l’adozione di strumenti che facilitino l’integrazione dell’offerta tra ospedale
e consultorio, la progettazione di percorsi di integrazione di personale di ospedale e territorio, la
programmazione di itinerari di sostegno alla genitorialità a partire dalle prime fasi della gravidanza –
potrebbero rappresentare, almeno in una fase iniziale, alcune delle principali direttrici di lavoro su cui
concentrare le attività nell’ottica di un approccio multivocale e multidisciplinare formalizzato e
condiviso a tutti i livelli tecnico-amministrativi.
4. Alcune considerazioni finali
Vorremmo infine qui riportare alcune nostre riflessioni che, se da una parte sono solo indirettamente
connesse con i temi del progetto, dall’altra ineriscono questioni fortemente emerse durante l’intero
percorso: questioni che ne hanno caratterizzato lo svolgimento, ci hanno spinto a ripensare di volta in
volta le principali tematiche affrontate e hanno messo in luce un campo di indagine assai più
“impegnativo” e complesso di quanto previsto nelle fasi iniziali del lavoro.
Innanzitutto, i vari incontri sono stati esperiti dagli operatori anche come occasioni per confrontarsi
collettivamente su tutta una serie di tematiche – quali l’impostazione e l’organizzazione del lavoro, il
modo in cui la professione è soggettivamente percepita e vissuta, gli equilibri tra le differenti zonedistretto, una forte sfiducia nei processi di cambiamento – e sovente per far emergere alcuni conflitti
interni. A volte inoltre, abbiamo avvertito da parte di alcuni operatori, sconforto, frustrazione,
stanchezza, rabbia e in qualche maniera disillusione rispetto a dinamiche di sistema oramai
consolidate che nella percezione di tali operatori non sempre valorizzano l’eccellenza, la buona
volontà, le buone idee e i processi di partecipazione e condivisione. In tal senso abbiamo riscontrato
un rilevante bisogno di “raccontarsi”, condividere criticità e risorse del lavoro quotidiano, esplicitare
necessità, organizzare occasioni di confronto con gli altri colleghi e in particolare, per quanto riguarda
la zona aretina, con quelli ospedalieri. A riguardo, la quasi totale assenza del personale ospedaliero di
Arezzo durante l’intero percorso, e in particolare nel lavoro dell’equipe multidisciplinare, è stata
percepita, come qualcuno ha riferito, come “un’assenza che parla”, considerata paradigmatica di
alcune note questioni: la difficile continuità tra territorio e ospedale, i differenti approcci rispetto a temi
non strettamente biologici, la percezione di un giudizio in qualche modo sminuente, anche sul piano
del carico di lavoro, da parte degli operatori di ospedale nei confronti di quelli di consultorio.
Queste problematiche, che sono costantemente emerse durante il lavoro e che spesso, non lo
nascondiamo, ci hanno anche disorientato, hanno indotto a ripensare le priorità del Progetto e in
qualche misura a ricalibrarne gli obiettivi. Abbiamo infatti preso atto che, ancor prima di pensare a
concrete iniziative rivolte alle donne e alle loro famiglie, è necessario favorire quanto più possibile
l’attivazione di flussi comunicativi tra gli operatori e attivare tavoli di lavoro comuni e trasversali per
conoscere e condividere criticità e risorse insite nelle attività quotidiane di ciascun settore, per
individuare collettivamente le risposte e costruire percorsi adeguati. Quanto più tali processi di
partecipazione saranno incentivati e sostenuti, tanto più potranno essere valorizzate tutte le qualità
emerse fra gli operatori già durante l’intero progetto: la dedizione e la passione riversate nel proprio
mestiere, l’onestà nel confrontarsi, il desiderio di partecipare a progetti condivisi. Di pari passo la
risposta all’utenza sarà migliore e quanto più calibrata.
103
PERCORSI E STRUMENTI INFORMATIVI ESISTENTI PER FACILITARE
L'ACCESSIBILITÀ AL SISTEMA SANITARIO LOCALE A GRUPPI DI
POPOLAZIONE IMMIGRATA
Il Distretto di Arezzo sta effettuando una ricognizione sui percorsi e sugli strumenti informativi esistenti
per facilitare l'accessibilità al sistema sanitario locale a gruppi di popolazione immigrata . Il tavolo a
cui siedono referenti dei servizi socio-sanitari e medici dell'ASL 8 oltre a rappresentanti di enti ed
associazioni territoriali (*), che da tempo svolgono un ruolo rilevante di supporto, soccorso e
conoscenza per rispondere ai bisogni emergenti di una crescente fetta di popolazione straniera, si
pone i seguenti obiettivi:
•
•
•
•
•
indagine sui flussi e sulle pratiche esistenti a livello territoriale riguardo la decodifica delle
richieste sanitarie, l'accompagnamento ai servizi, l'indicazione di percorsi;
ricognizione di strumenti informativi esistenti finalizzata ad eventuali aggiornamenti tecnici, ad
una rivisitazione dei contenuti, alla traduzione degli stessi nelle principali lingue parlate nel
territorio aretino;
l'elaborazione di uno strumento maneggevole e di facile lettura capace di rispondere alle
esigenze informativo-educative sul versante sanitario, rivolto ai cittadini stranieri per facilitare
l'orientamento nel sistema sanitario e migliorare l'accessibilità dei servizi;
la diffusione dei messaggi alla popolazione target attraverso una rete che comprenda oltre i
livelli ufficiali (Enti, Associazioni, Istituzioni) anche altri siti sparsi nel territorio che
rappresentano punti focali nello scambio delle informazioni (call center; punti internet, luoghi di
culto...)
trasferimento delle conoscenze e dei saperi ai livelli intermedi del sistema (operatori sanitari,
assistenti sociali, medici di medicina generale) anche attraverso specifici eventi formativi.
Obiettivo intermedio imprescindibile ed ambizioso per raggiungere il risultato è quello di porre i vari
interlocutori, che a vario titolo si occupano di problemi di immigrazione, in un contesto di interscambio
diretto in cui le informazioni e le esperienze di ciascun soggetto (sia esso un professionista, uno
sportello o un'associazione) diventino materia di conoscenza e di confronto in una visione integrata
che guardi all'end point del progetto, ovvero all'empowerment di fasce sempre più ampie di cittadini
immigrati e alla progressiva riduzione di possibili fenomeni di diseguaglianze tra gli stessi.
(*) Il Gruppo è coordinato dal Distretto di Arezzo tramite l'UO Educazione alla Salute ed è formato da
Coordinatore Sanitario del distretto; Responsabile UF Consultoriale; Serv.Vaccinazioni; Dipartimento
Prevenzione (UO Igiene Pubblica, UF PISLL), Servizio Sociale, Servizio Infermieristico; Resp. Centro
Tecnico Amm.vo Distretto; UO Malattie Infettive; Pronto Soccorso;
Oxfam Italia; Caritas Diocesiana; Comune Arezzo: Ufficio Integrazione; Arci.
Da quanto fin qui emerso si segnalano, di seguito, alcuni punti di forza e alcune criticità.
1. Oxfam Italia (ex Ucodep): è presente una convenzione per un progetto di mediazione
linguistica con l'ASL8. Per Arezzo l'attività avviene attraverso l'intervento dell' accoglienza
dell'ospedale di Arezzo che garantisce le emergenze di mediazione linguistica per l'ospedale;
mentre per il territorio i servizi possono accedere direttamente ad un numero di cellulare. Il
sistema garantisce una efficace programmazione per le donne in gravidanza.
Le criticità riguardano attualmente la difficile gestione della rete provinciale dei vari ospedali e
del territorio nelle cinque zone, oltre alle difficoltà esistenti nell'interazione con altri Enti
extrasanitari (es. Provincia, Comune, Pronto Donna ecc.)
2. Centro Tecnico Amministrativo del Distretto: le criticità più frequenti sono rappresentate dal
rilascio del STP in particolare riguardo alla mancanza di documentazione che può confermare
la non iscrizione, e le difficoltà, in taluni casi, di stabilire se sussistano le condizioni per tale
rilascio. Ad esempio dopo recenti accordi bilaterali gli Albanesi vengono considerati soggetti
temporaneamente presenti solo se sono trascorsi tre mesi dall'ingresso autorizzato con visto
turistico. Questo problema è legato naturalmente alla mobilità all'interno del nostro Paese di
quote di immigrati di cui a volte non è possibile discernere se siano effettivamente non iscritti
al SSN. Viene altresì evidenziata la crescente richiesta di interventi sanitari gratuiti (es. IVG)
da parte di soggetti comunitari che si trasferiscono temporaneamente solo per accedere alla
prestazione, prevista a pagamento nel Paese di origine.(vedi anche Caritas).
La RT ha comunque emanato recenti linee guida sull'intera materia.
3.
Comune di Arezzo (Ufficio Integrazione): circa 9.000 contatti in un anno; viene evidenziata
l'importanza di alcune iniziative di sensibilizzazione culturale, portate avanti con Associazione
Migrantes: sportello di informazioni di 1° livello rivolto a popolazione svantaggiata (alloggio;
lavoro; consulenza legale). Entro il prossimo anno è prevista l'attivazione della « casa delle
culture », come luogo d'incontro con attività mirate alla facilitazione delle conoscenze di altre
culture come primum movens per i processi di integrazione. La necessità di un maggiore
sostegno alla rete di intercultura e il conseguente rafforzamento delle capacità progettuali
devono passare (questo è l'impegno) anche attraverso sinergie tra ASL e Comune riguardo ai
processi di informazione e comunicazione per la salute e educazione sanitaria (es. Totem
informativo nei call
center ecc.)
4.
Consultorio: viene ribadita l'efficace cooperazione con la mediazione linguistica e viene
proposta l'attivazione di corsi di lingua italiana alle donne che accedono al consultorio (corsi
di accompagnamento alla nascita). Si è concluso da poco un progetto di ricerca-formazione
rivolto alle donne straniere in gravidanza che ha focalizzato alcuni punti di forza e alcuni
fattori di debolezza nel complesso e delicato rapporto delle stesse con i servizi maternoinfantili. Anche da qui si partirà per una disamina dei messaggi educativi che andranno
trasferiti sia tra gli operatori sanitari che alle comunità immigrate.
5.
Il Dipartimento della Prevenzione indica nella difficoltà alla comprensione (culturale) dei
meccanismi della prevenzione una delle più rilevanti criticità nel rapporto che gli immigrati
hanno col nostro sistema sanitario. Da qui non solo la scarsa adesione ad alcune misure che
ormai fanno parte del nostro comportamento sociale ma anche frequentemente l'idea che un
determinato intervento preventivo quale può essere una semplice vaccinazione o uno
screening trovi delle resistenze e viene finanche vissuta come una forma incomprensibile di
coercizione.
Oltremodo utile dovrebbe essere anche la diffusione di elementi di educazione sanitaria sui
primi sintomi di malattie infettivo-diffusive che necessitano di ulteriori e precoci indagini
(es.TBC). Riguardo alla tuberrcolosi (di 27 notifiche effettuate nel 2010, 19 erano cittadini
stranieri) viene evidenziato che i contatti che fanno i chemioterapici non ricevono il contributo,
così come avviene per i malati.
Si prende atto, altresì, della massima disponibilità del PISSL al trasferimento di linee ed
indicazioni operative riguardanti alcuni argomenti di elevato interesse (es Edilizia).
L'UO Malattie Infettive e l'Igiene Pubblica coordineranno le attività di cui al progetto CCM al
cui contenuto, relativo alla realizzazione di una rete di interventi per la prevenzione e la
gestione delle malattie infettive (TBC, Epatiti virali, HIV) nella popolazione immigrata, si
rimanda. Per quanto concerne il ruolo del Distretto viene sancito anche in tale progetto la
predisposizione di percorsi assistenziali facilitati per immigrati e il coordinamento delle attività
di educazione ed informazione sull'accessibilità ai servizi.
6.
7.
della
Caritas SpA: è nota da tempo l'azione che la Caritas di Arezzo, attraverso la sua rete
parrocchiale, svolge riguardo ai servizi di prima necessità, tra le quali un ambulatorio medico.
In un anno circa 1.300 persone si sono presentati agli sportelli della rete per circa 20.000
contatti. Il Distretto di Arezzo è disponibile ad un raccordo organizzativo con l'ambulatorio
Caritas per migliorare le informazioni sugli STP e sulla materia, in generale, di tipo
amministrativo ma anche per definire meglio il ruolo e l'attività sanitaria dell'ambulatorio
supportandone, eventualmente, la parte informativa. All'ambulatorio, infatti, oltre agli STP, che
continuano a presentarsi anche alla scadenza della tessera senza che la Caritas abbia
effettivamente precise informazioni sullo stato dell'utente, giungono anche soggetti comunitari
(rumeni, bulgari) che transitano nel nostro Paese per emergenze sanitarie (IVG) e mancano
ancora delle linee come intervenire su tali fasce, anche perchè molti non hanno la tessera
comunitaria. Questa ultima condizione inoltre determinerebbe evidenti difformità rispetto agli
aspetti assicurativi vigenti nei Paesi comunitari, riguardo ai bisogni sanitari.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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Considerazioni finali
Nell’ottica del fenomeno migratorio, mondiale come Italiano, la politica dell’emergenza ha favorito
normative che si approcciano in modo puntuale sull’emergenza ma non secondo un visione globale e
continuativa dell’accoglienza, dell’assistenza e dell’ inserimento dei cittadini stranieri.
L’ultimo Accordo Stato Regioni ha tentato di colmare la difformità di risposta, sul territorio nazionale, in
tema di accesso alle cure da parte della popolazione immigrata, ma a tutt’oggi solo alcune regioni
hanno applicato l’Accordo, (che non è una nuova legge ma un livello interpretativo delle norme
esistenti) mentre altre hanno continuato a legiferare in maniera soggettivistica.
Questo ci conferma che il percorso di integrazione e di interazione è ancora lungo.
Il nostro impegno come Azienda USL 8 è quello di cercare di offrire servizi eccellenti alla popolazione
tutta e di assicurali attraverso un nuovo approccio degli operatori socio-sanitari, garantendo i diritti,
informando sui doveri.
L’approccio transculturale è metodologia e strumento attraverso il quale l’Azienda crea un incontro con
i propri cittadini in un contesto dove ciascuno, in maniera consapevole, partecipa.
Tutto ciò sarà possibile superando una visione centrata sulla propria professione e sviluppando la
capacità di relazione tra persone.
Si ringraziano per la collaborazione:
Rossana Pinto, Roberta Forni, Luca Del Furia, Patrizia Baldaccini, Stefania Arniani.
Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo
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di natalità dei nuclei familiari bangladeshi, quattro volte superiore a quello della media comunale»
(LUATTI L. 2011: 11).
Nella scelta delle donne da coinvolgere nell’indagine sono stati inoltre impiegati ulteriori criteri di
selezione, quali l’aver partorito presso l’ospedale San Donato di Arezzo da non più di un anno dalla data di avvio
del Progetto e, nel caso delle donne immigrate, l’essere giunte in Italia da non più di dieci anni.
È stato inoltre rilevante il contributo della dottoressa Letizia Chialli, medico di medicina generale,
tirocinante presso l’Unità operativa (U.O.) Educazione alla salute dell’USL 8, che ha coadiuvato il gruppo
nell’attività di registrazione.
Inizialmente era stato previsto che anche una rappresentanza di donne immigrate e italiane dovesse
far parte dell’équipe. Essendo infatti interlocutrici privilegiate nell’ambito dell’intero percorso, sarebbe stato
interessante avviare una riflessione collettiva anche a partire dalla loro esperienza e dal loro coinvolgimento
attivo. Nel corso del lavoro tuttavia si è scelto di restringere l’équipe ai soli operatori della USL, in quanto le
priorità da affrontare riguardavano soprattutto alcune questioni prettamente interne all’organizzazione dei
servizi. Pur essendo stata unanimemente riconosciuta l’importanza di condividere quanto emerso durante lo
svolgimento del Progetto anche con le donne coinvolte, si è scelto, così, di rimandare tale confronto a eventuali
successivi passaggi.
Pur essendo rivolta sia a personale ospedaliero che a quello di territorio, di fatto l’équipe è stata
rappresentata esclusivamente da medici e operatori di consultorio; se da una parte questo ha determinato uno
specifico orientamento nella scelta dei temi su cui lavorare, dall’altra ha anche di per sé messo in luce la
necessità, peraltro già emersa in corso di progetto, di incrementare una sempre più stretta comunicazione e
collaborazione tra ospedale e consultorio al fine di garantire una quanto più efficace continuità assistenziale.
In merito ai vissuti di spaesamento che caratterizza la condizione migratoria anche per l’assenza
della rete femminile che supporta e cura la madre nei mesi precedenti e successivi al parto, si veda anche MORO
M. R. 2002.
Si veda a tale proposito anche MIELI G. 2009.
Abbiamo scelto di lasciare questa parola in maiuscolo, rispettando la deregistrazione curata
dall’infermiera che ha condotto il colloquio. In questo modo, ha infatti voluto sottolineare l’enfasi con cui la
donna intervistata ha restituito la propria testimonianza.
La necessità di integrare le componenti biologiche e organiche con quelle psico-socio-culturali si
configura ancora come questione cruciale e urgente nella relazione terapeutica. Come evidenzia Tullio Seppilli in
un’intervista di Alessandro Lupo: «La ben nota e oramai classica tripartizione dimensionale della malattia
formulata dai nostri colleghi nordamericani, la disease come processo biologico, la illness come suo vissuto
soggettivo e la sickness come mutamento dello statuto sociale del malato in un contesto storico determinato, è
appunto il risultato di una riflessione antropologica e solo di recente la nostra medicina inizia a superare la sua
focalizzazione sulla sola disease» (SEPPILLI T. intervistato da LUPO A. 2009:14).
Si vedano a tale proposito anche RANISIO G. 1999; BARTOLI L. 2007.
In merito è importante effettuare alcune riflessioni rispetto al ruolo, alla formazione ed anche alle
questioni legali implicite nel lavoro degli operatori, sulle cui pratiche incidono almeno quattro fattori:
a) innanzitutto va sottolineato il modello efficientista veicolato in genere dalle istituzioni sanitarie, in
particolare gli ospedali, molto centrato sulle pratiche relative al corpo, piuttosto strutturato e di conseguenza
poco aperto al mutamento se non è funzionale al sistema. Vanno inoltre considerati i problemi organizzativi e
logistici, quali ad esempio la carenza di personale, le problematiche legate alla turnazione, la necessità,
soprattutto per il personale di ospedale, di agire in situazioni d’emergenza, etc., che possono condizionare
fortemente pratiche e atteggiamenti degli operatori.
b) Incide inoltre significativamente il timore di incorrere in problemi legali che spesso orienta e
condiziona le pratiche, soprattutto quelle legate al parto. Il modello tecnocratico della nascita, infatti, sembra
essere quello maggiormente adottato dai ginecologi in quanto fortemente rassicurante (MAFFI I. 2010). Non
possiamo certo omettere le reali difficoltà incontrate in tal senso dal personale sanitario, ma a riguardo,
rimangono aperte alcune importanti questioni: qual è il confine tra i diritti degli operatori e i diritti delle
donne? È possibile pensare a dei percorsi differenti dalla “medicina difensiva”?
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c) Vanno inoltre tenuti presenti i percorsi formativi dei medici e degli operatori che tendono ancora ad
essere incentrati prevalentemente sulla dimensione organica del corpo a scapito di una visione complessiva
della persona, dei suoi vissuti, della sua soggettività.
d) Infine, la tipologia stessa del lavoro, che presuppone un contatto diretto con la dimensione emotiva
dell’altro
e
spesso
con
la
sofferenza, porta inevitabilmente ad organizzare delle difese e delle strategie di distacco.
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Come sottolinea la stessa Irene Maffi, la medicalizzazione della nascita ha comportato profondi
cambiamenti nella pratica ostetrica: «Questa nuova concezione della nascita ha generato effetti sociali e culturali
molto profondi che hanno causato non solo mutamenti istituzionali e economici, ma hanno portato anche
all’emergere di una nuova cultura della nascita che ha sostituito e in parte cancellato i saperi e le pratiche
precedenti bollati come arretrati, barbari e dannosi. Le ostetriche che di quel mondo erano le principali
rappresentanti sono in parte scomparse e in parte hanno dovuto adattarsi al nuovo sistema natale, modificando in
modo profondo le proprie concezioni e la propria pratica. La scelta era tra scomparire o accettare di cambiare, un
cambiamento spesso degradante poiché ha avuto come effetto la loro subordinazione totale alla corporazione dei
medici, ai ritmi disumanizzanti del lavoro ospedaliero e alla svalutazione del loro ruolo. […] Se per alcuni anni
questo processo di progressiva medicalizzazione della nascita non ha incontrato critiche sostanziali, durante gli
anni Settanta e Ottanta diversi movimenti nati contemporaneamente in Europa e negli Stati Uniti hanno criticato
aspramente idee e pratiche che riducevano le donne a soggetti passivi in balia delle logiche tecnologiche e
mediche, espropriandole completamente del loro corpo e dell’esperienza positiva della nascita. Alcuni
ginecologi, ostetriche e gruppi di donne hanno allora promosso la riscoperta di un modello alternativo della
nascita che mirava a valorizzare le potenzialità del corpo femminile, la naturalità del processo della nascita e un
approccio meno tecnologico o per niente tecnologico ad essa» (MAFFI I. 2010: 9).
Si confrontino in tal senso MAFFI I. 2010; PIZZINI F. 1988, 1999.
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A tale proposito Irene Maffi fa notare che a dispetto dei numerosi studi che dimostrano la
pericolosità dell’uso della tecnologia e degli interventi medici dopo il parto, le donne tendano a non percepire i
rischi legati ad essi, sottolineando anche come il modello biomedico si concentri prevalentemente sui rischi
connessi al processo naturale della nascita, tralasciando quasi del tutto quelli, spesso ben maggiori, legati all’uso
indiscriminato della tecnologia. L’eccessiva medicalizzazione che nel corso del tempo ha delegittimato il sapere
e il sentire femminile rispetto al proprio corpo ha veicolato un modello che è stato fortemente introiettato dalle
donne stesse (capita non di rado che siano proprio le donne a richiedere e voler programmare il parto cesareo),
togliendo loro «la possibilità di valorizzare la propria esperienza di gestante e di madre, un’esperienza di cui la
donna stessa ha perso coscienza in nome della sicurezza tecnologica» (MAFFI I. 2010: 11). In tal senso è
interessante la riflessione avviata in Francia oramai da diversi anni appunto in relazione alla medicalizzazione
del parto. Nel piano di perinatalità francese (2005-2007), si legge: «Fino agli anni ’70-’80 il campo della nascita
era dominato dalla nozione di rischio; oramai viene posto in primo piano il carattere fisiologico e naturale della
gravidanza e della nascita. Un cambio fondamentale è impresso nella filosofia della presa in carico della
gravidanza e della nascita, attraverso l’integrazione della nozione di sicurezza emozionale
nell’accompagnamento dei futuri genitori: in determinate circostanze fare più e meglio nelle situazioni ad alto
rischio e meno (e meglio) nelle situazioni a basso rischio» (PUECH F. 2010: 770).
Una volta alla settimana le neomamme possono recarsi presso lo Spazio Mamme e ricevere sostegno
e consigli dalle ostetriche e dalla psicologa del consultorio; tale spazio si configura inoltre anche come luogo di
incontro e scambio tra madri che condividono la medesima esperienza.
E’ necessario fornire alcune brevi informazioni inerenti l’organizzazione del reparto di ostetricia. Da
qualche anno è stato introdotto il rooming-in e, accanto alle camere di degenza delle donne si trova la nursery, in
cui i neonati soggiornano generalmente per poco tempo e per motivi differenti; in questo spazio è il personale
infermieristico ad occuparsi della cura dei bambini e non le ostetriche del reparto. Queste ultime svolgono
comunque visite giornaliere alle madri per verificare il loro stato dopo il parto e l’attacco al seno da parte del
bimbo.
Anche in questo caso abbiamo deciso di lasciare le enfasi sottolineate dall’uso dei maiuscoli nella
deregistrazione del colloquio in profondità.
Il paracapezzolo è un dispositivo che si applica sul seno della madre e che, molto spesso, viene
consigliato alle donne con l'intenzione di fronteggiare diversi tipi di difficoltà in allattamento, quali ragadi o
dolori al seno.
Dai colloqui in profondità condotti con le donne è emerso che quante non hanno frequentato il corso
di accompagnamento alla nascita non hanno ricevuto adeguate informazioni circa l’allattamento al seno e circa le
possibilità offerte dai servizi del consultorio. Inoltre, le principali difficoltà rispetto l’allattamento materno sono
emerse tra le donne bangladeshi (tutte le donne magrebine e delle aree africane sub-sahariane coinvolte nella
ricerca allattavano al seno i propri figli). Nel corso del primo seminario con gli operatori era affiorata una
opinione piuttosto radicata tra questi ultimi e cioè che le donne bangladeshi preferiscano allattare artificialmente
i propri bambini. Di contro, dai colloqui in profondità svolti con queste ultime, è emerso invece un forte
desiderio di allattare naturalmente i propri figli e un buon livello di consapevolezza circa i vantaggi che ne
derivano per la salute del bambino. L’esperienza fatta nel consultorio di Arezzo è a riguardo piuttosto
significativa. Infatti, a partire dal 2008, si sono svolti dei percorsi di accompagnamento alla nascita
specificamente pensati per le donne bangladeshi e condotti da una delle due antropologhe ricercatrici autrici
dell’articolo, in stretta collaborazione con la mediatrice linguistico culturale proveniente dal Bangladesh e con
un’ostetrica del consultorio. Tutte le donne che hanno partecipato al corso, sono state adeguatamente informate,
sostenute e incoraggiate e, di fatto, tutte hanno allattato al seno i propri figli.
Quello dell’Accoglienza è un ufficio posto all’ingresso del consultorio, in cui sono generalmente
presenti due infermiere. Questo spazio è deputato ad accogliere, informare e orientare gli utenti. Qui viene
effettuata la prenotazione di visite specialistiche che si svolgono presso gli ambulatori del consultorio e si
consegnano i risultati delle indagini cliniche svolte sempre negli stessi ambulatori. Inoltre, è proprio in questo
luogo che avviene la consegna del Libretto di gravidanza (vedi nota 26).
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