DOCUMENTO BASE POLITICHE AZIENDALI POPOLAZIONI MIGRANTI 2013/2014 a cura della dr. Anna Domenichelli si ringraziano per la collaborazione tutte le Unità Operative citate Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 1 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 2 INDICE 1. Premessa 4 2. Dati demografici 12 3. Immigrazione e lavoro in provincia di Arezzo 32 4. Valutazioni epidemiologiche 34 5. Screening oncologico 48 6. Assistenza domiciliare integrata cittadini stranieri 49 7. Sanità d’iniziativa cittadini stranieri 49 8. Servizio mediazione linguistico culturale 50 9. Normativa per iscrizione SSN dei cittadini non italiani presenti in Italia 55 10. Riferimenti normativi 58 11. Progetti nuovi 67 12. Esperienze dell’Azienda USL 8 89 13. Conclusioni 116 NOTA: Progetti confermati: Progetto di integrazione e partecipazione ASL/Provincia: “PIS: Percorsi di integrazione Sociale” Realizzazione di una rete di interventi per la Prevenzione e la gestione delle malattie infettive nella popolazione immigrata (Dipartimento Prevenzione) Progetti formativi per personale medico e di comparto dipendente e per lavoratori immigrati (Dipartimento Prevenzione) Popolazioni immigrate e lotta alle diseguaglianze (U.O. Educazione alla Salute) Promozione di stili di vita sani nella popolazione di giovani casentinesi, in particolare per i rischi connessi all'uso e abuso di alcool (SerT) Progetto informativo in varie lingue e sito web (SerT) Maternità ed intercultura: corsi di accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno genitoriali fino al puerperio alle popolazioni straniere con difficoltà linguistico-culturali (CONSULTORI) Collaborazione con Centro Basaglia ed UCODEP (Salute Mentale) Costituzione team clinici specifici (Salute Mentale) Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 3 Premessa Nel settembre 2013 si è svolta la Convention dei Servizi Socio Sanitari della ASL 8 di Arezzo. Tra i seminari richiamiamo quello avente come tema ed oggetto: “Politiche per l’immigrazione e la cooperazione”. Nel seminario sono stati illustrati i seguenti obiettivi perseguiti e tracciati dai relatori: identificare i bisogni socio-sanitari dei cittadini stranieri che richiedono la nostra opera, transitando dal "concetto di paziente al concetto di persona"; approcciarsi alle persone, o cittadini, stranieri e non, con una nuova ottica capace di superare le criticità ancora presenti nei nostri servizi, che ne impediscono la fruizione libera e consapevole; anticipare i bisogni, utilizzando quanto più possibile strumenti capaci di garantire le informazioni utili a comprendere al meglio il funzionamento e le modalità di accesso ai servizi socio-sanitari; assicurare eventi formativi continui rivolti agli operatori della salute, allo scopo di rendere quanto più efficiente ed efficace, quindi di qualità, i nostri servizi, che già hanno un alto grado di eccellenza. Nel seminario è stato introdotto il tema immigrazione nel contesto italiano, sono stati forniti dati utili anche alla comprensione del fenomeno migratorio nella sua globalità, facilitando la comprensione delle sue caratteristiche strutturali, anche se in evoluzione e molto dinamiche, affermando la necessità e utilità del fenomeno migratorio per il nostro Paese. La piena e cosciente adesione da parte degli operatori della salute ai principi di equità solidarietà e partecipazione, oltre ha migliorare la coesione sociale, garantiscono la visione corretta e appropriata al fenomeno migratorio nel contesto di cura, assistenza, riabilitazione, e prevenzione. Si propone anche un superamento dell'assistenza vista come relazione tecnica tra professionista e cliente, tipica dello schema della relazione di aiuto, per introdurre nuovi paradigmi nel processo assistenziale, spostando il processo di nursing al processo di dialogo, e dalla relazione d'aiuto arrivare alla relazione tra persone. La metodologia su cui poggia il suo percorso è "l'approccio transculturale ", visto e vissuto come un incontro tra l'infermieristica e l'antropologia. Attraverso questa esperienza metodologica è stato evidenziato, tra gli altri elementi, come il "pregiudizio" gioca un ruolo strategico e trasversale nel modo di affrontare la professione. Proprio per questo, avvalendosi di metodologie didattiche, si vuole portare i discenti ad avvicinarsi al tema della diversità per favorire il superamento delle disuguaglianze nell'assistenza. Inoltre si auspica che la formazione continua degli operatori della salute tutti, possa far mantenere quel grado di eccellenza faticosamente conquistato negli anni dai nostri servizi, tanto più che si affaccia nel nostro contesto sociale il rischio di esclusione, dovuto sì all'aumento della popolazione in povertà, ma non esclusivo dei nostri cittadini stranieri. Si è parlato delle problematiche dell'immigrazione in Italia, puntualizzando che parte delle malattie infettive di rilievo epidemiologico nella popolazione migrante sono patologia contratte nel paese d'origine, e poi rilevate o aggravate nel paese ospite, l'Italia appunto, a causa dell'esposizione a fattori di rischio sociali quali: prostituzione, detenzione, sovraffollamento abitativo, ecc. Si è sottolineato l'aumento del rischio d'incidenza delle infezioni da HIV in gruppi di cittadini stranieri residenti nella nostra provincia, con appartenenza etnica specifica, provenienti dalla Nigeria o Brasile, dove la positività all' HIV è particolarmente diffusa. Alcuni non sanno di essere positivi e questo aumenta il rischio di diffusione del virus. La causa potrebbe essere ricercata nella dinamica di "chiusura sociale" del gruppo etnico stesso, o della mancanza di consapevolezza\conoscenza del fenomeno stesso, che porta ad una sottovalutazione del rischio. Dobbiamo quindi da affrontare un problema "culturale", auspicando un nuovo approccio, magari con una nuova "formula d'inclusione". Sicuramente agire nella formazione degli operatori della salute aiuterebbe in questo processo. Anche per la TBC si registra un'aumentata dell'incidenza in gruppi di cittadini stranieri residenti nella nostra provincia, e con le stesse dinamiche sopra citate. Per poter fornire risposte adeguate al fenomeno, da parte dei nostri servizi, va ampliato, approfondito, e studiato il fenomeno delle nuove povertà, anche perchè coinvolge sempre di più la popolazione italiana. Il rischio di esclusione socio-sanitaria aumenta, e aumentano in contemporanea le fragilità. Infatti poter usufruire di cure mediche, e in genere di servizi socio-sanitari, Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 4 in maniera libera e piena diventa difficile quando la mancanza di risorse finanziarie, e le condizioni sociali e lavorativi si degradano (lavoro nero o sottopagato, contesti abitativi degradanti, ecc.). Anche qui si vede rilanciato il ruolo fondamentale della formazione degli operatori della salute, che potrebbero da un lato cogliere al meglio i vari aspetti e sfumature di una società in evoluzione, sensibilizzando se stesso; dall'altro lato agire con azioni più ampia di sensibilizzazione in politica sanitaria. Infatti è di fondamentale importanza sostenere politiche di solidarietà appropriate e mirate verso fasce di popolazione svantaggiata, che siano cittadini stranieri o italiani. Fondamentale è quindi il coinvolgimento e la messa in rete degli Enti pubblici e privati territoriali, Regione, Provincia, Comune, ASL, ecc; nel governare il fenomeno con l'obiettivo di creare metodologie e strumenti condivisi, allo scopo di perseguire efficacia ed efficienza del nostro Sistema Sanitario Pubblico. A tale scopo si identificano i seguenti punti di forza su cui puntare: 1. Analisi a monte dei bisogni socio-sanitari. 2. La prevenzione, specie nell'ambito dell'educazione alla salute. 3. Formazione Permanente in Medicina. 4. Supporto della mediazione linguistica-culturale. 5. Miglioramento dell'assistenza agli immigrati irregolari. 7. Approccio multidisciplinare alla persona. Durante il seminario è stato illustrato il progetto "PASSI" e i corretti stili di vita, nello specifico il numero dei pasti da consumare e qualità degli alimenti raccomandati per ridurre il rischio di sovrappeso e obesità, che ormai è considerata vera e propria epidemia (un terzo dei nostri giovani italiani è obeso e sedentario). Difatti malattie come il diabete sono sempre più presenti in popolazioni di cittadini stranieri, non solo per ragioni culturali che vedono il consumo di cibi etnici, ma più correttamente per erronei stili di vita. Inoltre si fa presente come il consumo di prodotti a basso costo, la tendenza al risparmio, la scarsità di prospettive lavorative, incidono sulle scelte alimentari. Da attuali ricerche si evidenzia che non ci sono diversità di cittadinanza nella popolazione italiana e quella straniera, ma diversità nell' approcciarsi al consumo di cibo sano, influenzato nelle scelte oltre che dal reddito anche dal livello d'istruzione individuale; infatti tanto più il cittadino straniero, o italiano che sia, è istruito tanto più si alimentare con cibi "sani", intendendo per sano ciò che nutre, ciò che fa bene. Sempre in questi studi si evidenzia che i cittadini stranieri in Italia prediligono il cibo dei fast food per il 62%, e il 76% mangiano in ristoranti o pizzeria. Una proposta per la prevenzione è quella di istituire un corso di formazione per individuare un cooking-leader per facilitare la comunicazione, e formazione, per la popolazione straniera, oltre all'introduzione di cibi etnici nelle mense scolastiche. Sono state illustrate le iniziative e l'offerta data dai Consultori di Arezzo e comuni limitrofi (visite di controllo, corsi di accompagnamento alla nascita, spazio giovani, promozione dell'allattamento materno, ecc.). Importante e forte elemento di riflessione sono state le proiezioni statistiche 2010 del Consultorio di Arezzo, dove si evidenziano degli indicatori di squilibrio notevoli nella popolazione delle donne straniere. A tale proposito ricordiamo che, presso il Consultorio di Arezzo, per quanto riguarda l'interruzione volontario della gravidanza (IVG) ben il 61% interessa le donne straniere residenti nel Comune di Arezzo, e solo il 25% utilizza il servizio consultoriale per la contraccezione; anche per questo è attualmente attivo il progetto di "Peer Education" incentrato sulla divulgazione della contraccezione allo scopo di prevenire il rischio dell'aborto ripetuto e inappropriato. Sono state presentate alcune future iniziative della Casa delle Culture nel Comune di Arezzo, struttura dedicata all'incontro e alla "contaminazione" tra le diverse culture presenti in città e la popolazione autoctona. Uno spazio dov'è possibile scambiare e confrontarsi con stili, culture, proposte, azioni e idee. Qui è possibile trovare: - uno sportello informativo dei servizi al cittadino straniero; - sale incontri e feste per comunità straniere o per altri enti e associazioni; - sale per riunioni; - aule (corsi di lingua italiana, doposcuola, corsi di teatro, corsi di cucina); - sala polivalente per mostre, rassegne cinematografiche, rassegne teatrali, seminari, presentazione di libri. Inoltre, è stata riportata l'esperienza maturata al Tavolo immigrati istituito nella Zona Distretto di Arezzo, sottolineando che le risposte ai bisogni non possono che essere multidisciplinari; infatti il "Tavolo per l'Immigrazione" non è solo composto da tecnici del socio-sanitario, ma anche da rappresentanti delle istituzioni pubbliche, il così detto terzo settore (cooperative, organizzazioni Onlus e ONG, ecc.), le Associazioni di migranti, le Associazioni di categoria. Questo organismo ha evidenziato come criticità la necessità di realizzare un diverso modo di comunicare tra i vari Istituti Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 5 (Comune, Provincia, ASL 8, ecc.) e la cittadinanza tutta. Inoltre, si sottolinea che forte e costante è la richiesta del bisogno formativo, specie per gli operatori socio-sanitari. Altro punto focalizzato è la necessità di orientare ed informare al meglio i cittadini tutti, italiani e stranieri, verso i servizi. Sono state riportate le esperienze del CCM (Chronic Care Model) rispetto alla malattia diabetica, proponendo l'istituzione di tavoli specifici per l'individuazione delle criticità e per le risposte possibili future. Durante il seminario sono state date Informazioni su altri progetti che hanno avuto un buon impatto sulla popolazione, nell'ottica della medicina proattiva, incentrati sull'educazione alla salute, ricordiamo a tale proposito le varie iniziative nel territorio dedicate alla promozione della salute svoltesi in vari contesti pubblici come la "Festa dei Popoli" di Arezzo, le campagne di prevenzione promosse all'interno dei supermercati del nostro territorio, e altre ancora. E’ stato argomentato come il diritto alla salute per ogni cittadino, straniero ed italiano, sia ormai diventato patrimonio comune e come il concetto universalistico della tutela della salute sia risorsa e patrimonio esportabile in altre aree del mondo. E’ stato esplicitato come la cooperazione internazionale sia utile e necessaria a tale scopo e, a sostegno di questo, sono stati elencati progetti internazionali di cui la nostra ASL 8 è stata ed è coinvolta: Libano (2008/2014), Uganda, Ciad, Repubblica Domenicana. Infine è stata data l’informativa sulle iniziative fatte e in divenire dalla Regione Toscana. Conclusioni In tutte le relazioni, ma anche nei vari interventi trascritti e scelti tra i tanti, si colgono degli aspetti in comune, uno fra tutti il desiderio, bisogno, necessità di formazione. Un punto importante è la volontà di creare percorsi formativi che vedono maggiormente e specificamente coinvolti, non tanto cittadini o gruppi etnici di stranieri, ma gli operatori socio-sanitari tutti. Una formazione capace di parlare non solo con i numeri e le normative, ma capace di calarsi nel concreto dialogo quotidiano tra le persone. Uscire dall' etnocentrismo professionale facilita e sostiene un "dialogo tra le persone", capace di superare gli ostacoli che troviamo quotidianamente nell'approcciarci a sistemi complessi come quello socio-sanitario. Prendersi cura dei nostri cittadini tutti, nell'ottica delle pari opportunità, dà senso compiuto al nostro lavoro quotidiano di "Servitori dello Stato". Va sottolineato che nel lavoro qui proposto non si coglie o rileva mai una criticità nei servizi sociosanitari erogati, ma solo una percezione e volontà che si possano migliorare; questo senza autoreferenzialismi o compromessi visto che la cittadinanza straniera, come quella italiana, denuncia le stesse carenze (ad esempio i tempi d'attesa per l'erogazione di esami diagnostici, o del Pronto Soccorso, oppure la difficoltà nell'orientarsi ed informarsi presso i servizi di base, in primis Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta. Si rileva anche come i servizi socio-sanitari si avvalgono del contributo, in maniera appropriata, della mediazione linguistico-culturale, e di come risulti utile e necessario. Premessa alla riorganizzazione aziendale del settore della Assistenza alla popolazione migrante e della Cooperazione Sanitaria Internazionale. Di fronte alle problematiche di salute internazionale ed agli scambi tra i popoli, la ASL di Arezzo pone una particolare attenzione alla salute della popolazione immigrata e, attraverso possibili e appropriate forme di partecipazione, vuole concorre all’ attuazione di politiche di solidarietà tese alla promozione del diritto alla salute come diritto inalienabile delle persone e delle comunità con particolare attenzione a quelle dei Paesi in via di sviluppo. A tal proposito le principali linee di azione che la programmazione Aziendale persegue, attraverso i propri servizi e le proprie risorse umane e tecnologiche, riguardano la salute della popolazione immigrata e la cooperazione sanitaria, aderendo in particolare ai Programmi di Cooperazione Sanitaria Internazionale della Regione Toscana. L’Equità di accesso alle cure, la Qualità delle stesse e la loro Sostenibilità nella Continuità rappresentano gli obiettivi strategici primari che la Asl persegue attraverso azioni integrate in collaborazione con le altre Istituzioni pubbliche, il volontariato ed il privato sociale. Dal punto di vista operativo l’Azienda Sanitaria Locale, nel perseguire i propri compiti istituzionali, si trova di fatto ad operare • sia sul piano della promozione della salute, su quello della prevenzione e della risposta ai problemi di salute della popolazione immigrata, attraverso la programmazione e l’organizzazione sociosanitaria delle proprie Zone Distretto e dei propri Presidi Ospedalieri • sia sul piano della cooperazione internazionale, interfacciandosi con i coordinamenti di Area Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 6 • Vasta e con i Tavoli Regionali della Cooperazione decentrata. Sia rispetto al proprio concorso alla promozione e definizione delle politiche della salute che interessano tale ambito in ambito provinciale e regionale . Con la delibera 323 del 20 giugno 2011 la ASL 8 ha voluto ridefinire i livelli di responsabilità e la struttura di coordinamento interno e di referenza esterna al fine di conseguire una maggiore uniformità e coerenza alle linee di azione su citate e per perseguire, di conseguenza, obiettivi di maggiore qualità ed efficacia delle azioni intraprese, anche in relazione ai partenariati ed ai progetti in cui, di volta in volta, si trova coinvolta. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 7 Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 8 Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 9 Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 10 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 11 Dati demografici: La presenza di immigrati in provincia di Arezzo (all’ Ottobre 2011) Scheda di sintesi • La popolazione straniera nella realtà aretina • Il panorama delle provenienze • La famiglia e le seconde generazioni • Alunni stranieri ad Arezzo: presenza e esiti • Immigrazione e lavoro Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 12 La popolazione straniera nella realtà aretina L’analisi delle principali caratteristiche demografiche degli stranieri mostra chiaramente il consolidarsi dell’immigrazione, la stabilizzazione delle presenze e l’aumento dei ricongiungimenti familiari. Tutto ciò ha determinato significativi cambiamenti nella connotazione della popolazione straniera legale che come sottolineato già da qualche anno, non è solo l’immigrato giovane, celibe e lavoratore ma anche coniugato, non di rado con moglie o marito, figli e genitori anziani. Per quanto concerne la Toscana gli stranieri residenti sono 364.152, con un’incidenza sul totale dei residenti del 9,7%. Si osserva pertanto un’incidenza superiore alla media nazionale (7,5%) e a quella dell’Unione Europea (6,5%). A livello provinciale vediamo che sono le zone costiere a registrare le percentuali più basse, ultima Massa-Carrara con il 6,7%, mentre nell’entroterra il rapporto risulta maggiore, Prato addirittura arriva all’13,6%, la percentuale in assoluto più alta a livello regionale. Dopo Prato segue in termini d’incidenza percentuale Firenze con l’11,2%; Siena con il 10,9% ed Arezzo con il 10,8%. Consistenza numerica e localizzazione territoriale Gli ultimi dati disponibili relativi all’anno 2010 suggeriscono un trend di assestamento delle presenze immigrate sul territorio aretino. I cittadini e le cittadine stranieri residenti in provincia di Arezzo nel 2010 sono 37.691, oramai il 10,8% della popolazione totale. Rispetto al 2009, la popolazione complessiva è cresciuta di 1.389 unità, ma al suo interno con andamenti diversificati tra italiani e stranieri. Nello specifico si osserva una decrescita di 786 unità per la popolazione italiana e una parallela crescita di 2.175 unità per la popolazione straniera, di cui 579 nati in Italia da genitori stranieri. Vale a dire che il saldo positivo registrato nel bilancio demografico è dovuto alla popolazione migrante residente nel territorio provinciale. Tabella 1: Presenza degli stranieri residenti nella provincia di Arezzo suddivisi per zone socio-sanitarie all’1/1/2011. Valori assoluti e percentuali ZONE Stranieri residenti (v.a.) Straneri residenti % CASENTINO 4.715 12,5% VALDARNO 8.936 23,7% VALDICHIANA 6.086 16,1% VALTIBERINA 3.121 8,3% ARETINA 14.833 39,4% PROVINCIA AREZZO 37.691 100,0% Lo scenario evolutivo degli ultimi dieci anni è caratterizzato da un forte incremento della popolazione straniera che è più che triplicata passando dalle 11.626 presenze del 2000 alle 37.691 del 2010. Il tasso di crescita da un anno all’altro è sempre positivo, ma con un andamento non lineare nel tempo dovuto ad eventi esterni come le sanatorie e regolarizzazione decise dal Governo (+ 26,9% del 2003 effetto della grande regolarizzazione dell’anno precedente) o ai cambiamenti del panorama geopolitico come l’allargamento dell’Unione Europea a Romania e Bulgaria (+ 21,8% del 2007). Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 13 Tabella 2: Quadro riepilogativo delle presenze degli immigrati e incrementi registrati annualmente. Periodo 2000-10 Anno Stranieri residenti Incrementi % annuali - 2000 11.626 2001 13.283 14,3 2002 13.647 2,7 2003 17.322 26,9 2004 20.263 17,0 2005 22.526 11,2 2006 24.041 6,7 2007 29.278 21,8 2008 33.074 13,0 2009 35.516 7,4 2010 37.691 6,1 Grafico 1: Presenze degli immigrati in base ai dati forniti dalle Anagrafi Comunali: serie storica Il saldo demografico naturale degli stranieri risulta in costante aumento, con un numero sempre crescente di nascite (579 per il 2010), a fronte di un numero numero limitato di decessi, che quest’anno è pari Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 14 1 a 65 casi. Per quanto riguarda il saldo migratorio , sempre positivo negli ultimi dieci anni, nel 2010 vede la provincia di Arezzo ricevere 2.877 iscritti in anagrafe dall’estero, gli immigrati propriamente detti. Ad aumentare non sono solo gli immigrati stranieri provenienti dall’estero, ma anche quelli provenienti dal resto d’Italia che sono 1.808. E’ da sottolineare l’alta mobilità interna dei migranti che nello stesso anno vede 1.780 residenti in provincia di Arezzo spostarsi in un’altra provincia italiana. Una delle chiavi interpretative di tale fenomeno considera come principale motivazione della mobilità interna degli stranieri, il sistema di opportunità che offre quel determinato contesto territoriale; diversamente la mobilità degli italiani è per lo più dovuta allo squilibrio socio-economico tra le regioni. Oltre a ciò dalla lettura dei dati si evince che 307 cittadini/e sono o rientrati nel loro paese o trasferiti in un altro stato estero; mentre le acquisizioni di cittadinanza sono state 338. E’ importante sottolineare la distribuzione dei migranti nelle cinque zone socio sanitarie della provincia di Arezzo, partendo dal presupposto che i comuni sono il livello di governo locale più vicino alle esigenze dei cittadini e svolgono un ruolo fondamentale per il processo di integrazione dei cittadini di origine straniera. 1 Il saldo migratorio della popolazione straniera residente è la differenza tra il numero di immigrati e quello di emigrati riferito al territorio della provincia di Arezzo nell’anno 2010. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 15 Come negli anni precedenti, il Casentino si conferma la vallata con la maggiore concentrazione di cittadini stranieri, il 12,7% (+0,4% rispetto all’anno precedente), percentuale molto alta se si considera la media nazionale. Segue la Valdichiana con l’11,4% (+0,4% rispetto all’anno precedente), la zona Aretina con l’11,2% (+ 0,7%), ed infine la Valtiberina con il 9,9% (+ 0,5%) e il Valdarno con il 9,3% (+0,6%). Un secondo aspetto osservato è che all’interno delle cinque aree l’incidenza della componente straniera è piuttosto diversificata da comune a comune. La mappa ben disegna la realtà della distribuzione della popolazione straniera residente e ci illustra come si strutturano gli insediamenti. L’analisi disaggregata della presenza per zone socio sanitarie evidenzia che ad attirare il maggior numero di cittadini stranieri in termini assoluti è la zona del capoluogo, che raccoglie il 39,4% del totale dei stranieri residenti. La concentrazione urbana risente dei vantaggi connessi alle maggiori opportunità di occupazione e di sviluppo. Segue la zona caratterizzata dal distretto industriale delle pelli, calzature e cuoio ovvero il Valdarno con il 23,7%, ed infine le aree a maggior vocazione agricola come la Valdichiana, il Casentino e la Valtiberina con l’8,3%. Tabella 3: Quadro sintetico dei residenti stranieri e delle percentuali d’incidenza sulla popolazione complessiva al 1/1/2011 in provincia di Arezzo Stranieri % Stranieri su residenti Tot popolazione (% di colonna) Stranieri Totale popolazione CASENTINO 4.715 37.005 12,7% 12,5% VALDARNO 8.936 95.600 9,3% 23,7% VALDICHIANA 6.086 53.233 11,4% 16,1% VALTIBERINA 3.121 31.388 9,9% 8,3% ARETINA 14.833 132.290 11,2% 39,4% PROVINCIA AREZZO 37.691 349.516 10,8% 100,0% ZONE La crescita ha riguardato tutto il territorio seppur con percentuali inferiori rispetto all’anno precedente. Nell’anno in esame è sempre il Valdarno a registrare il maggior incremento con il 7,4%, confermando il trend di crescita emerso dal 2007. Ciò nonostante i valori percentuali sono inferiori di circa 2 punti rispetto al 2009. Anche il Casentino, seppur molto lontano dalla media provinciale (6,1%), registra quest’anno un incremento del 3,0%. Sono i piccoli comuni di Montemignaio e Talla ad evidenziare i dati più elevati: rispettivamente +15,9% e +8,4%. E’ tuttavia opportuno tener conto che si tratta di numeri molto piccoli. A livello comunale sono 4 le realtà che hanno registrato un calo delle presenze (Castel San Niccolò, Chiusi della Verna, Cavriglia e Caprese Michelangelo), in tutti gli altri casi si annotano percentuali positive, la cui punta più elevata si è registrata a Capolona (+16,7%). Il genere e l’età Si conferma anche in provincia di Arezzo la crescente femminilizzazione della popolazione migrante. Nel nostro territorio gli uomini e le donne rappresentano rispettivamente il 47,8% e il 52,2%. Dal confronto con l’anno precedente si evince un incremento della componente femminile di 0,4 punti percentuali. L’evoluzione storica della presenza femminile, rappresentata nel grafico sottostante, ci mostra la prevalenza numerica delle donne a partire dall’anno 2007. Nello specifico, l’arco temporale 2000-2004 si caratterizza per una netta presenza maschile a cui segue un biennio piuttosto equilibrato nella distribuzione di genere ed a partire dal 2007 il sorpasso della componente femminile. In un decennio (2000-2010) le cittadine straniere sono più che triplicate con un ritmo di crescita superiore ai cittadini stranieri. va sottolineato che la percentuale femminile della popolazione migrante risulta superiore in tutte le zone tranne che in Casentino, dove la componente maschile supera quella femminile (50,6% degli uomini e il 49,4% delle donne). Rispetto allo scorso anno anche in Casentino rileviamo una situazione Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 16 di minor squilibrio di genere, mentre persistono divergenze significative all’interno delle singole realtà locali del territorio provinciale. È opportuno ricordare che i diversi gruppi hanno avuto e tuttora hanno un’incidenza molto differente in termini numerici nel corso dei diversi periodi. Infatti abbiamo gruppi geoculturali dove la presenza delle donne è maggiore rispetto agli uomini e altri in cui la loro presenza è minore, altri gruppi in cui la presenza dei maschi e delle femmine è più equilibrata. A conferma di quanto osservato precedentemente, mettendo in relazione le prime 15 nazionalità presenti nella provincia per numero di residenti e le 5 zone, ci mostra che il rapporto tra i generi è spesso molto sbilanciato all’interno delle singole comunità. Tra le principali collettività a prevalenza femminile ci sono le polacche (70,1%) e le rumene (56,7%), mentre una maggioranza maschile si rileva tra i cittadini dell’Albania, Marocco, Bangladesh, India, Pakistan, Cina e Macedonia. Le maggiori disuguaglianze di genere concernono i cittadini e cittadine della Polonia per quanto riguarda la netta prevalenza della componente femminile e per il Bangladesh e Pakistan per la prevalenza della componente maschile. A ciò si deve aggiungere che non è un caso se sono proprio i Paesi altamente rappresentati nel settore del lavoro domestico registrano un’alta incidenza femminile: è questo infatti il settore che più degli altri richiede manodopera femminile e crea quindi un meccanismo di domanda ed offerta di lavoro che incentiva proprio l’immigrazione femminile. Si registra uno scarto di quasi 15 anni sull’età media tra autoctoni e stranieri: per i migranti è di 31,4 anni mentre per gli italiani di 46,3 anni. E’ inoltre significativo notare che per la collettività rumena l’età media è leggermente più alta rispetto alla media generale della popolazione straniera ossia 31,6, mentre inferiori sono le età medie delle collettività albanese (29,6) e marocchina (28,6). Una spiegazione di ciò discende dall’incidenza della presenza delle seconde generazioni che sono più numerose tra le nazionalità con maggiore anzianità migratoria come quella albanese e marocchina. Per quanto riguarda la struttura demografica il grafico sottostate ci mostra due popolazioni (italiani e stranieri) diametralmente opposte: più minori che anziani tra gli stranieri, mentre molti più anziani che minori tra gli italiani. Emerge una netta differenza riguardo gli estremi delle distribuzioni: 1. tra gli italiani gli anziani ultrasettantenni sono il 19,5% contro l’1,6% degli stranieri; 2. all’opposto i bambini fino a 10 anni sono molto più numerosi in proporzione tra gli stranieri (13%) in confronto agli italiani (8%); 3. inoltre tra gli stranieri la fascia d’età più rappresentata è quella tra i 30-34 anni mentre per gli italiani si attesta tra i 45-49 anni. Sebbene siano in gran parte molto giovani e in età da lavoro, gli immigrati stanno diventando sempre più adulti e grandi adulti. Grafico 2: Piramidi di età della popolazione straniera e italiana Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 17 La tabella sottostante evidenzia l’evoluzione di oltre un decennio delle caratteristiche demografiche della popolazione straniera residente in provincia provincia di Arezzo. Se nel 1997 quasi la metà (47,5%) della popolazione straniera in provincia di Arezzo era concentrata nella fascia d’età che va dai 25 ai 40 anni, oggi tale fascia ricomprende il 37%: un calo di oltre 10 punti percentuali che ha visto crescere in maniera speculare la consistenza delle fasce over 40 anni. Si tratta quindi di una popolazione costituita per lo più di “giovani-adulti” “giovani adulti” in età lavorativa; la serie storica dimostra come progressivamente aumenti la percentuale degli over 40 che nel 2010 0 raggiungono il 31% rispetto al dato del 1997 in cui rappresentavano il 19,7%. Questo dato indica un processo di maturazione demografica, quindi una stabilizzazione del fenomeno che negli anni ha visto mutare progetti migratori a breve termine in progetti a lungo termine o definitivi. Tabella 4: Residenti stranieri per fasce d’età (valori percentuali) negli anni 19971997 2010 Fascia di età 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90 e + Totale 1997 (%) 7,5 6,1 4,7 5,8 8,8 16,6 18,1 12,8 8,6 4,5 2,1 1,4 0,8 0,7 0,7 0,5 0,2 0,1 0,1 100,0 2003 (%) 7,7 5,9 5,2 5,6 11,2 15,6 14,8 11,7 8,4 6,0 3,3 1,6 1,1 0,8 0,5 0,4 0,2 0,1 0,0 100,0 2007 (%) 7,4 6,1 5,4 5,3 9,0 13,4 14,2 12,5 9,1 6,9 4,5 2,5 1,4 1,1 0,6 0,4 0,2 0,1 0,0 100,0 2008 (%) 7,3 6,0 5,3 5,2 9,2 13,2 13,8 11,8 9,4 6,9 5,1 2,8 1,5 1,1 0,6 0,3 0,2 0,1 0,0 100,0 2009 (%) 7,3 5,8 5,3 5,2 8,9 12,5 13,7 11,7 9,8 7,0 5,3 3,2 1,7 1,1 0,8 0,4 0,2 0,1 0,0 100,0 2010 (%) 7,1 5,8 5,3 5,0 8,5 11,9 13,6 11,5 10,3 7,0 5,5 3,6 2,0 1,2 0,8 0,4 0,2 0,1 0,0 100,0 Anche il grafico sottolinea la tendenza della diminuzione nel tempo della percentuale di giovani a Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 18 favore di quella degli over 40. Nell’analizzare questi dati bisogna tener conto di una molteplicità di fattori che hanno influenzato la struttura della popolazione straniera a livello provinciale e non solo: la regolarizzazione del 2002, l’apertura delle frontiere di nuovi paesi Ue nel 2004 e nel 2007, il crescente bisogno di manodopera a basso costo per lavori pesanti e, nell’ultimo biennio la crisi economica globale. I giovani tra 0 e 19 anni nel 2010 sono il 23,2%, e si mantengono piuttosto stabili nell’arco temporale studiato. Basti pensare che nel 1997 erano il 24,1%, nel 2007 il 24,2% 24,2% e nel 2009 il 23,6%. La classe d’età considerata comprende sia i giovani migranti sia coloro che sono nati nel territorio aretino che rappresentano una fetta della popolazione sempre maggiore. Grafico 3: Stranieri 1997-2003 2003-2007-2010. Valori percentuali Se evidenziamo le fasce d’età per sesso della popolazione straniera, si nota che non c’è un equi– equi distribuzione tra uomini e donne. Complessivamente gli uomini sono superiori nelle fasce d’età inferiori ai 24 anni, mentre la popolazione femminile risulta ulta di molto superiore a partire dai 25 anni in su. Il maggior divario è rilevabile per le classi d’età 50-54 50 e 55-59 anni. Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 19 Grafico 4: Stranieri residenti al 1 gennaio 2011 suddivisi per sesso e fascia d’età. Valori Assoluti Se prendiamo in analisi isi le comunità più numerose notiamo una diseguale distribuzione per fasce d’età. Le Filippine, storico paese d’immigrazione, hanno un’alta percentuale di over 40, con un picco del 26% tra i 40 e i 49 anni; anche l’Ucraina e, in misura comunque minore, la Polonia evidenziano delle percentuali di cittadini/e ultra 40enni molto elevate e, probabilmente legate ad un’immigrazione marcatamente femminile. La Cina e il Bangladesh invece sono i paesi con la più alta percentuale di giovanissimi: oltre il 20% della popolazione p ha un’età sotto i 10 anni. Il panorama delle provenienze Nella provincia di Arezzo nel 2010 risiedono i cittadini di 122 paesi, di questi i primi 2 (Romania e Albania) raggruppano oltre la metà delle presenze (51,2%). Fermo restando un certo policentrismo p di fondo, è pur vero che il ventaglio di nazionalità ampiamente rappresentate è piuttosto ristretto. La Romania è la principale provenienza per gli immigrati residenti nel nostro territorio provinciale con 13.366 presenze pari al 35,5% dell’intera dell’intera popolazione migrante. Al secondo posto c’è l’Albania, comunità con una storia migratoria consolidata, con 5.904 cittadini/e (15,7%). Seguono a distanza il Marocco con 2.153 residenti (5,7%), il Bangladesh con 1.922 (5,1%) e l’India con 1.781 (4,7%). Rispetto agli anni precedenti si conferma questa strutturazione nel panorama delle provenienze. Il 2010, pur essendo caratterizzato da buoni tassi di crescita per tutte le principali nazionalità, segna un trend di stabilizzazione. Gli incrementi percentuali percentuali più sostenuti li rileviamo per l’India (+11,7%), il Pakistan (+12,7%) e la Cina (+22,5%), mentre la Romania, collettività più numerosa, registra un ritmo di crescita (5,9%) vicino alla media provinciale, che si attesta al 6,1%. Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 20 Tabella 5: Prime 20 nazionalità per numero di presenze e incidenza. Anno 2007-2010 Totale presenze 2007 Totale presenze 2008 Totale Totale presenze presenze 2009 2010 ROMANIA 10.168 11.880 12.621 ALBANIA 4.941 5.409 MAROCCO 1.704 BANGLADESH INDIA 2010 - % sul totale Incr % 2009/2010 13.366 35,5% 5,9% 5.720 5.904 15,7% 3,2% 1.899 2.056 2.153 5,7% 4,7% 1.396 1.694 1.805 1.922 5,1% 6,5% 1.084 1.348 1.595 1.781 4,7% 11,7% POLONIA 968 1.070 1.149 1.251 3,3% 8,9% PAKISTAN 693 786 897 1.011 2,7% 12,7% MACEDONIA 694 714 766 722 1,9% -5,7% CINA 524 606 688 843 2,2% 22,5% REGNO UNITO 530 569 602 558 1,5% -7,3% GERMANIA REPUBBLICA DOMINICANA 516 521 527 536 1,4% 1,7% 416 447 501 524 1,4% 4,6% FILIPPINE 392 452 500 538 1,4% 7,6% UCRAINA 392 452 498 537 1,4% 7,8% TUNISIA 356 389 413 428 1,1% 3,6% 252 390 395 1,0% 1,3% CITTADINANZA KOSOVO BULGARIA 292 325 343 370 1,0% 7,9% SRI LANKA 263 301 315 351 0,9% 11,4% 338 264 297 0,8% 12,5% 244 235 235 242 0,6% 3,0% ALTRE NAZIONALITA' 3.703 3.385 3.631 3.962 10,5% 9,1% Totale complessivo 29.276 33072 35.516 37.691 100,0% 6,1% SERBIA RUSSIA Osservando l’evoluzione storica del panorama delle presenze rileviamo che la comunità rumena è quella che ha vissuto i ritmi di crescita più sostenuti e costanti, con picchi nel 2003 e nel 2007 in corrispondenza dell’effetto della sanatoria 2002 e dell’allargamento a 27 dell’UE. Invece, le nazionalità a storia migratoria consolidata come il Marocco e l’Albania hanno visto nel corso degli anni diminuire il tasso d’incremento. Dopo il 2002, anno della grande regolarizzazione, le cittadinanze che sono aumentate maggiormente nel territorio italiano sono quelle dell’Europa centro-orientale, in particolare gli incrementi più accentuati si sono registrati per le nazionalità di immigrazione più recente come Ucraina e Moldavia, mentre per altri paesi di più vecchia tradizione migratoria si è mantenuto un costante e consistente flusso d’ingresso. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 21 Tabella 6: Prime nazionalità per numero di presenze – incrementi annuali percentuali. Periodo 20002009 2009 2010 Romania ANNO 2000 40,8% 31,0% 17,2% 69,0% 24,5% 14,3% 8,2% 59,4% 16,8% 6,2% 2001 5,9% Albania 27,9% 19,4% 14,2% 18,4% 14,0% 10,6% 5,8% 6,6% 5,7% 3,2% Marocco 17,9% 12,1% 6,4% 9,1% 8,0% 6,4% 11,4% 6,7% 4,7% Bangladesh 48,3% 19,3% 8,7% 17,2% 17,9% 11,4% 6,1% 8,8% 21,3% 6,6% 6,5% India 25,7% 19,1% 14,2% 16,9% 33,6% 15,0% 9,2% 12,4% 24,4% 18,3% 11,7% Polonia 23,3% 9,0% Macedonia 31,8% 22,7% 7,0% Pakistan Serbia Montenegro 32,2% 10,1% -17,9% 45,8% 18,9% 16,6% 2,4% Regno Unito 2,7% 10,0% -7,9% 9,6% Cina 9,0% 19,5% -2,2% 16,7% 14,3% 5,3% 11,9% 23,6% 15,6% 13,5% 22,5% Germania 2,9% -2,3% -8,9% 4,3% 0,6% -10,8% 12,0% 4,7% 1,0% 1,2% 1,7% 4,7% 14,9% 6,0% 7,5% 12,1% 4,6% Ucraina 93,8% 6,5% 36,4% 308,9% 46,2% 19,3% 9,0% 12,0% 15,3% 10,2% 7,8% Filippine 8,4% 13,0% -7,7% 0,0% 15,3% 10,6% 7,6% Altre nazionalità 9,6% 6,9% 9,5% 13,9% 5,1% 26,9% 17,0% 11,2% 6,8% 21,7% 13,0% 7,4% 6,1% 19,9% 8,6% Dominicana Rep. 10,8% 8,8% TOTALE 2002 -6,2% 2003 2004 2005 16,4% 6,5% 2006 2007 2008 9,5% 26,4% 24,2% 19,8% 15,4% 22,8% 10,5% 7,4% 8,9% 43,3% -5,7% 4,8% 0,2% 12,6% 12,3% 2,9% 7,3% 1,5% 13,4% 14,1% 12,7% -4,1% -12,7% 18,9% 15,1% -0,7% 2,9% -5,8% -43,8% 57,6% -4,5% 37,5% 12,0% 14,5% 7,3% 16,0% 7,4% 5,4% 14,7% 9,2% 5,3% -11,6% 16,8% 10,7% 9,6% 20,8% 14,3% 2,7% 1,0% 3,6% 1,0% 5,8% -7,3% Il panorama delle presenze sul territorio aretino è caratterizzato da una distribuzione variabile in relazione ai diversi modelli insediativi propri delle singole comunità. Rumeni, albanesi e marocchini, le prime tre comunità in ordine di importanza numerica a livello provinciale, sono presenti in tutte le zone, ma con gradi di concentrazione differenti. La tabella sottostante ci mostra che sono 27 su 39 i comuni in cui la Romania è la provenienza principale (uno in più rispetto all’anno scorso). Nello specifico è la prima collettività in tutta la zona aretina, in Valdichiana e in quasi tutto il Casentino, ad eccezione del piccolo comune di Talla, in cui la Germania è la nazionalità prevalente. Gli albanesi predominano numericamente in Valdarno, sia a livello di zona con un’incidenza sul totale degli stranieri pari al 28,2% (circa 1 punto percentuale in meno rispetto allo scorso anno), che a livello comunale dove costituiscono la comunità più numerosa in 6 comuni su 10. Esistono poi collettività che rivestono un ruolo significativo solo in alcune realtà geografiche: ad esempio i macedoni sono la prima comunità a Badia Tedalda e Sestino, rappresentando rispettivamente il 26,9% (circa un punto percentuale in più rispetto all’anno scorso) e il 22,3% (circa due punti percentuali in più) del totale degli stranieri residenti nei due comuni in esame. Mentre gli inglesi sono la prima collettività a Caprese Michelangelo con un’incidenza del 26,3% (decremento di 9 punti percentuali rispetto allo scorso anno), i tedeschi a Talla con il 33,3%, i serbi ad Anghiari con il 17,4% ed infine i marocchini a Pieve Santo Stefano (35,3%). Queste differenze sono ascrivibili alle caratteristiche del mercato del lavoro, all’azione delle catene migratorie (ricongiungimenti familiari e attrazione della singola comunità nei confronti del paese di origine) e alle peculiarità dei contesti locali di arrivo. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 22 Tabella 7: Principale comunità residente per Comune all’1/1/2011 (numero e incidenza % sul totale degli stranieri) Incidenza % sul NAZIONI Prima comunità Stranieri residenti totale stranieri Bibbiena Romania 1249 59,4% C. Focognano Romania 163 47,2% C.S. Niccolò Romania 117 53,2% Chitignano Romania 51 48,1% Chiusi della Verna Romania 56 33,9% Montemignaio Romania 34 66,7% Ortignano Romania 37 61,7% Poppi Romania 555 67,8% Pratovecchio Romania 222 57,4% Stia Romania 241 73,3% Talla Germania 43 33,3% AREA CASENTINO Romania 2765 58,6% Bucine Albania 244 25,4% Castelfranco Albania 36 22,9% Caviglia Albania 149 29,9% Latrina Romania 112 35,3% Loro Ciuffenna Romania 148 35,7% Montevarchi Albania 955 28,3% Pergine V.no Romania 66 32,2% Piandiscò Romania 112 39,0% S. Giovanni V.no Albania 694 38,7% Terranova Albania 266 28,7% AREA VALDARNO Albania 2518 28,2% Castiglion Fiorentino Romania 710 44,1% Cortona Romania 668 27,3% Foiano Della Chiana Romania 793 55,1% Lucignano Romania 86 27,5% Marciano della Chiana Romania 151 53,9% AREA VALDICHIANA Romania 2408 39,6% Anghiari Serbia 82 17,4% Badia Tedalda Macedonia 21 26,9% Caprese Michelangelo Regno Unito 36 26,3% Monterchi Romania 44 31,7% P. S. Stefano Marocco 118 35,3% Sansepolcro Albania 363 20,5% Sestino Macedonia 42 22,3% AREA VALTIBERINA Romania 495 15,9% Arezzo Romania 4463 37,4% Capolona Romania 196 37,3% Castiglion Fibocchi Romania 80 32,9% Civitella Romania 284 38,1% Monte S.Savino Romania 348 48,0% Sabbiano Romania 202 31,0% AREA ARETINA Romania 5573 37,6% PROVINCIA AREZZO Romania 13366 35,5% Se consideriamo la distribuzione degli immigrati per continente nelle 5 zone socio sanitarie vediamo che i cittadini europei si concentrano prevalentemente nella zona Aretina con il 35,8%, seguita dal Valdarno con il 23,2%, Valdichiana con il 18,4%, Casentino con il 14,4% ed infine la Valtiberina con l’8,3%. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 23 Tabella 8: Incidenze zonali delle provenienze all’1/1/2011 sul complesso degli immigrati Continente Casentino Valdarno Valdichiana Valtiberina Aretina Provincia 3.677 5.937 4.707 2.118 9.161 25.600 3.070 2.758 3.286 993 6.576 16.683 607 3.179 1.421 1125 2.585 8.917 Africa 296 824 769 490 1.277 3.656 America 76 472 224 158 696 1.626 Asia 664 1.700 377 350 3.696 6.787 2 3 9 5 3 22 4.715 8.936 6.086 3.121 14.833 37.691 Casentino Valdarno Valdichiana Valtiberina Aretina Provincia 78,0% 66,4% 77,3% 67,9% 61,8% 67,9% ue 65,1% 30,9% 54,0% 31,8% 44,3% 44,3% extra ue 12,9% 35,6% 23,3% 36,0% 17,4% 23,7% Africa 6,3% 9,2% 12,6% 15,7% 8,6% 9,7% America 1,6% 5,3% 3,7% 5,1% 4,7% 4,3% Asia 14,1% 19,0% 6,2% 11,2% 24,9% 18,0% Oceania 0,0% 0,0% 0,1% 0,2% 0,0% 0,1% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Casentino Valdarno Valdichiana Valtiberina Aretina Provincia 14,4% 23,2% 18,4% 8,3% 35,8% 100,0% ue 18,4% 16,5% 19,7% 6,0% 39,4% 100,0% extra ue 6,8% 35,7% 15,9% 12,6% 29,0% 100,0% Africa 8,1% 22,5% 21,0% 13,4% 34,9% 100,0% America 4,7% 29,0% 13,8% 9,7% 42,8% 100,0% Asia 9,8% 25,0% 5,6% 5,2% 54,5% 100,0% Oceania 9,1% 13,6% 40,9% 22,7% 13,6% 100,0% Totale 12,5% 23,7% 16,1% 8,3% 39,4% 100,0% Europa ue extra ue Oceania Totale percentuale di colonna Continente Europa Totale percentuale di riga Continente Europa Nello specifico sono i cittadini comunitari che risiedono in misura maggiore nella zona Aretina (39,4%) mentre i non comunitari raggiungono qui solo il 29%. E’ il Valdarno a contare la maggior percentuale di non comunitari con il 35,7% ed ultimo è il Casentino con il 6,8%. Per quanto riguarda il continente africano rileviamo una maggiore distribuzione nella zona Aretina Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 24 (34,9%) a cui segue il Valdarno con il 22,5%, la Valdichiana con il 21%, la Valtiberina con il 13,4% ed infine il Casentino con l’8,1%. L’America si divide principalmente tra due zone: l’Aretina (42,8%) e il Valdarno (29%). L’Asia invece vede una forte polarizzazione nell’Aretino (54,5%). La ripartizione continentale degli immigrati conferma che l’Europa è il principale continente di provenienza. La serie storica ci mostra che le presenze dal 1996 al 2010 sono raddoppiate. Dalla lettura dei dati disaggregati si nota l’aumento delle persone provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est in particolare a seguito della procedura di regolarizzazione e all’allargamento dell’UE. Rumeni e polacchi (o forse meglio polacche) già dal 2003 registrano un forte incremento rispetto all’anno precedente. Nel complesso le principali presenze del continente Europa arrivano dalla Romania, Albania, Polonia, Macedonia e Ucrania, fermo restando una costante che caratterizza alcuni territori della provincia, ossia la presenza di cittadini tedeschi ed inglesi. La famiglia e le seconde generazioni Passiamo ora ad analizzare la composizione delle famiglie in provincia di Arezzo al 1° gennaio 2011. Un primo aspetto che emerge è la crescita delle famiglie con capofamiglia straniero e delle famiglie al cui interno c’è almeno una persona di origine straniera. Nello specifico sono 13.615 (+ 294) le famiglie con capofamiglia straniero iscritte nelle anagrafi della popolazione residente e 16.273 quelle al cui interno è presente almeno uno straniero. Secondariamente rileviamo che quasi il 20% delle 2.975 nascite in provincia di Arezzo sono figli e figlie dei migranti che secondo la nostra legislazione continuano ad essere considerati stranieri. Rispetto allo scorso anno osserviamo un aumento di circa 2 punti della percentuale dei nati stranieri sul totale delle nascite. Queste tendenze segnalano l’evolversi di un processo di stabilizzazione per i migranti residenti sul nostro territorio. Tabella 9:Nati stranieri e numero di famiglie con almeno 1 straniero al 1/1/2011 suddivisi per zona ZONA ARETINA CASENTINO VALDARNO VALDICHIANA VALTIBERINA PROVINCIA AREZZO Nati stranieri 221 62 154 81 61 579 % Nati stranieri sul Totale Nati totale nati 1.126 19,6% 293 21,2% 852 18,1% 450 18,0% 254 24,0% 2975 19,5% Numero di famiglie con almeno 1 straniero 7.343 1.849 3.581 2.101 1.399 16.273 di cui con intestatario straniero 6.334 1.603 2.764 1.751 1.163 13.615 Il Casentino e la Valtiberina sono le zone che nel corso del 2010 hanno registrato la maggior incidenza percentuale dei nati stranieri sul totale nascite. Dal confronto con l’anno precedente si evince una diminuzione di quasi 4 punti percentuali per il Casentino e un aumento di circa 5 punti per la Valtiberina. Passiamo ora ad approfondire il fenomeno delle seconde generazioni (G2), che sulla base delle caratteristiche delle banche dati a nostra diposizione, è costituito da coloro che sono nati in Italia da genitori stranieri. Precisiamo che non esiste unanimità nel definire cosa s’intende per “seconda generazione”, la ricchezza di sfaccettature che si cela al suo interno e le specificità di ogni singola storia rendono difficile circoscrivere chi è incluso dentro tale termine e chi ne è escluso. Ciò nonostante con i dati a nostra disposizione nel nostro computo ci sono soltanto i figli dei migranti nati in Italia che potranno, se lo vorranno, acquisire la cittadinanza italiana a 18 anni, attraverso la richiesta entro un anno dal compimento della maggiore età. Da questa categoria sono esclusi i figli nati in Italia da genitori immigrati ma che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. In provincia d’Arezzo sono 4.837 i cittadini residenti di seconda generazioni nati in una delle province italiane, il 12,8% del totale degli stranieri. Sono aumentati di mezzo punto percentuale rispetto al 2009, in termini assoluti +520. La tabella 4.2 ci mostra l’aumento costante delle G2 che in soli due anni sono cresciute di 1000 persone. Inoltre anche i dati di quest’anno consolidano che le G2 sono sempre una realtà piuttosto giovane e recente come lo è del resto la tradizione migratoria nella nostra nazione. Il 50,9% ha un’età compresa tra 0 e 4 anni, il 31,5% tra 5 e 9 anni: una schiera di giovanissimi quindi che si fa sempre più largo tra la popolazione straniera locale. Tabella 10: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo suddivisi per fascia d’età. Anni 2010-2008 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 25 fascia d'età 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40 e + Totale 2010 2464 1523 577 109 28 36 23 12 65 4.837 2010 (%di colonna) 50,9% 31,5% 11,9% 2,3% 0,6% 0,7% 0,5% 0,2% 1,3% 100,0% 2009 2406 1315 415 91 24 22 7 3 34 4.317 2009 (%di colonna) 55,7% 30,5% 9,6% 2,1% 0,6% 0,5% 0,2% 0,1% 0,8% 100,0% 2008 2201 1166 325 68 32 21 15 8 0 3.836 2008 (%di colonna) 57,4% 30,4% 8,5% 1,8% 0,8% 0,5% 0,4% 0,2% 0,0% 100,0% Per quanto riguarda il panorama delle provenienze delle G2 rileviamo che tra i 4.837 nati in Italia da genitori stranieri il 22,7% è albanese, il 22,6 % rumeno e 9,2% marocchino. Nonostante ciò i figli e le figlie dei migranti albanesi sono diminuiti rispetto all’anno scorso dello 0,7%, quelli rumeni dell’1%, e dello 0,3% per i bengalesi e marocchini. Registrano un valore di incremento le G2 dell’India, della Cina e della Polonia. Se consideriamo l’universo totale della popolazione straniera residente sul territorio della provincia di Arezzo rileviamo percentuali d’incidenza maggiore della componente G2 per la Tunisia, la Cina, la Serbia-Montenegro, il Marocco, il Senegal e il Bangladesh. Tabella 11: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per cittadinanza Cittadinanza Romania Albania Marocco Bangladesh India Cina Pakistan Macedonia Tunisia Kossovo Filippine Serbia Montenegro Polonia Sri Lanka Senegal Altre nazionalità Totale complessivo F 543 539 206 180 114 109 89 57 51 39 38 48 36 28 28 236 2.341 M 557 552 237 206 162 113 82 65 69 57 54 39 40 27 26 210 2.496 Totale 1.100 1.091 443 386 276 222 171 122 120 96 92 87 76 55 54 446 4.837 (%) Colonna 22,7% 22,6% 9,2% 8,0% 5,7% 4,6% 3,5% 2,5% 2,5% 2,0% 1,9% 1,8% 1,6% 1,1% 1,1% 9,2% 100,0% ( % G2 sul totale degli stranieri) 8,2% 18,4% 20,5% 20,2% 15,6% 26,6% 16,9% 17,1% 28,1% 19,8% 17,1% 22,0% 6,1% 18,5% 20,5% 7,3% 12,9% Nelle cinque zone socio sanitarie l’incidenza delle G2 è piuttosto omogenea con percentuali che oscillano tra il valore minimo della Valtiberina (11%) e quello massimo del Casentino (14,2%). La rilevata consistenza del fenomeno G2 nel nostro territorio rappresenta un importante indicatore del processo di integrazione dei migranti, poiché l’avere dei figli nati “qua” incide sulla stabilità del proprio progetto migratorio. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 26 Tabella 12: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per zona Zone (% di colonna) (% sul totale degli stranieri) Arezzo 39,3% 12,8% Casentino 13,9% 14,2% Valdarno 25,4% 13,8% Valdichiana 14,3% 11,4% Valtiberina Totale 7,0% 100,0% 11,0% 12,8% Infine, un’ultima precisazione sul luogo di nascita delle nostre G2. Dalla tabella si evince che oltre l’80% delle G2 residenti in provincia di Arezzo sono nate nel medesimo territorio, mentre l’11,5% in un territorio della Toscana e il restante 6,8% al di fuori della Toscana. Tabella 13: Stranieri nati in Italia (G2) residenti in provincia di Arezzo al 1/1/2011 suddivisi per luogo di nascita Luogo di nascita Arezzo Altre province Toscane Altre province italiane Totale 0-4 2.096 5-9 1.288 10-14 421 223 145 2.464 145 90 1.523 95 61 577 Luogo di nascita 0-4 5-9 10-14 85,1% 84,6% 73,0% Arezzo Altre province 9,1% 9,5% 16,5% Toscane 5,9% 10,6% Altre province italiane 5,9% 100,0% 100,0% 100,0% Totale fascia d'età 15-19 20-24 70 12 19 20 109 10 6 28 fascia d'età 15-19 20-24 64,2% 42,9% 17,4% 35,7% 25-29 18 30-34 11 35 e + 32 Totale 3948 15 3 36 10 2 23 41 4 77 558 331 4837 25-29 50,0% 41,7% 30-34 47,8% 43,5% 35 e + 41,6% 53,2% Totale 81,6% 11,5% 6,8% 18,3% 21,4% 8,3% 8,7% 5,2% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Nel complesso i dati per il 2010 evidenziano un generale consolidamento dei flussi in arrivo: il territorio aretino risulta essere molto attrattivo per la popolazione straniera. Si conferma altresì la tendenza allo stabilizzarsi da parte di coloro che già risiedono nel territorio, con tassi di natalità alti, incremento delle acquisizioni di cittadinanza e percentuali elevate di bambini in età 0-4 e 5-9 anni. Allo stesso tempo si osserva un’elevata mobilità interna dei migranti e una quota di cittadini stranieri che o si trasferiscono all’estero o rientrano nel paese di origine. Rispetto allo scorso anno le cancellazioni per l’estero sono diminuite di circa 80 unità (da 383 a 307). Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 27 Alunni stranieri ad Arezzo. Presenza e seconde generazioni (a.s. 2010/11) - ritardi ed esiti scolastici (a.s. 2009/2010) Gli alunni stranieri nelle scuole della provincia di Arezzo nell’a.s. in corso 2010/11 sono 5.212 e rappresentano il 13,5% dell’intera popolazione studentesca. Si evidenzia una ripresa del trend di crescita della popolazione studentesca di nazionalità non italiana. La popolazione studentesca di nazionalità non italiana aumenta di 497 unità mentre gli alunni italiani diminuiscono di 131 unità. L’analisi nel tempo conferma la crescita e la stabilizzazione tra i banchi di scuola dei figli della migrazione. L’incremento delle presenze è una tendenza che coinvolge tutti gli ordini d’istruzione. Per quanto riguarda la distribuzione nei livelli d’istruzione la scuola primaria si conferma l’ordine di scolarità a maggiore presenza di alunni stranieri: con 2.078 iscritti, essa raccoglie da sola il 33,5% degli studenti stranieri. Segue la secondaria di II grado con il 26,9%. La distribuzione scolastica degli alunni stranieri e italiani nelle scuole superiori evidenzia la preferenza da parte degli studenti stranieri degli istituti tecnici e professionali. Emerge infatti una vistosa concentrazione di alunni di origine immigrata negli istituti professionali (36,9%) mentre le iscrizioni nei licei in particolare in quello classico scendono al 13,3%. Diametralmente opposta si presenta la situazione per gli alunni autoctoni, i quali studiano per il 36,7% al classico e solo nel 14,2% nell’istruzione professionale. Mentre più equilibrate risultano le ripartizioni nell’istruzione tecnica, artistica e linguistica. La zona di Arezzo, con il capoluogo, raccoglie un maggior numero di famiglie immigrate e di istituti superiori e quindi registra anche per il 2010/11 la percentuale maggiore: il 36,1%. In termini relativi, l’incidenza maggiore si conferma nel distretto scolastico del Casentino con la percentuale più alta di studenti stranieri sul totale della popolazione studentesca: il 19,1% non ha cittadinanza italiana. Il Casentino interrompe il trend negativo registratesi dal 2007/2008 e riprende a crescere con una variazione percentuale del 9%. Positivi anche i dati del Valdarno e Valtiberina, con una variazione nella crescita rispettivamente del 8,8% e dell’8,4%. Infine, osserviamo un valore più contenuto per la Valdichiana pari al 5%. Continuano ad attirare la popolazione immigrata non solo le città di medie dimensioni ma anche quelle di piccole dimensioni. L’incidenza percentuale più alta di studenti stranieri della zona Aretina si registra a Castiglion Fibocchi (19,6%); in Casentino a Stia (23%); in Valdarno a Montevarchi (16,9%); in Valdichiana a Foiano della Chiana (19,2%) ed infine in Valtiberina a Sestino (25,8%). Sono 87 le nazionalità di provenienza degli alunni/e stranieri. Analizzando le provenienze per macroaree notiamo che gli studenti stranieri maggiormente rappresentati provengono principalmente dai Paesi dell’Unione Europea (sono il 34,7% del totale), seguono i Paesi Europei non appartenenti all’Unione Europea (con il 30,9%). Dal confronto dei dati nel tempo si evidenzia l’attenuarsi della crescita degli alunni provenienti dai paesi dell’Est Europeo. Questi diminuiscono, ogni anno analizzato, di un punto percentuale. Subiscono una certa oscillazione quelli provenienti dai Paesi non UE che si riducono di un punto e mezzo. Mentre continuano, il loro trend di incremento gli alunni provenienti dall’Asia con il 16,9%. le prime tre nazionalità maggiormente rappresentate tra i banchi delle nostre scuole sono quella rumena (28,8%), quella l’albanese (21,5%) e quella marocchina con il 9,1%. Benché Romania, Albania e Marocco rappresentino da sole, quasi il 60% del totale della popolazione studentesca, l’analisi pluriennale evidenzia un trend di crescita negativo. Nello specifico l’incidenza percentuale degli alunni rumeni diminuisce dello 0,3%; dell’1,5% per quelli albanesi; e dell’0,4% per gli studenti marocchini Le “seconde generazioni” (G2, intese come “nati in Italia” da genitori immigrati) rappresentano il 37,3% del totale alunni stranieri (in termini assoluti sono 2.320 su 6.212). Rispetto all’intera popolazione studentesca (italiani e stranieri), le G2 rappresentano il 5,1% mentre gli alloctoni stranieri (cioè i nati all’estero) sono l’8,4%. Rispetto all’anno scolastico precedente le G2 sono aumentate dello 0,9%, mentre rimangono pressoché invariati gli alloctoni stranieri. Negli ultimi cinque anni scolastici rileviamo il progressivo aumento percentuale degli alunni di seconda generazione e una parallela diminuzione degli alunni stranieri ricongiunti. Dal primo anno della rilevazione ad oggi, le G2 sono cresciute di 14 punti percentuali. Nel 2006/2007 consistevano nel 23,5% (in termini assoluti 1.099 su 4.765 studenti stranieri) ora sono il 37,3% (in termini assoluti sono 2.320 su 6.212). Se aggiungiamo che il nostro dato sulle G2 è un dato molto “circoscritto”, poiché considera solo i nati qua, è evidente che il fenomeno G2 è molto più consistente e costituisce gran parte dell’attuale categoria “alunni stranieri”. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 28 I dati inoltre confermano che, per la nostra provincia, le G2 sono sempre una realtà piuttosto giovane e recente. Si concentrano nell’82,5% nelle scuole dell’infanzia (80,2%), seguono le primarie (53%), le secondarie di I grado (21,9%) e, infine, le superiori (6,2%). I ritardi scolastici Ora esaminiamo i dati sui ritardi e gli esiti scolastici degli alunni stranieri, quest’ultimi distinti in ricongiunti e nati in Italia (“seconde generazioni” in senso stretto), prendendo in considerazione soltanto gli alunni stranieri iscritti alle scuole primarie e secondarie di I e II grado. Per ritardo scolastico si intende lo scarto tra l’età anagrafica e l’età corrispondente alla classe di riferimento. Come è noto, per gli alunni neoarrivati (NAI), spesso è nel primo anno d’ingresso che comincia il ritardo, ritenendo che l’iscrizione ad una classe inferiore possa permettere all’alunno di colmare le eventuali carenze, soprattutto quelle legate alla conoscenza della lingua italiana. La normativa ha più volte sottolineato che l’inserimento dello straniero deve seguire il criterio generale della classe corrispondente all’età anagrafica o, in via di eccezione e motivatamente, in quella immediatamente inferiore, secondo il verificato livello di scolarità e competenze dell’alunno (vedi “Linee guida” del 2006 nonché il DPR 394/1999, art. 45). Nonostante ciò, come è noto, accade spesso che l’inserimento avvenga già con uno o più anni di ritardo (in quest’ultimo caso, la legge non lo consentirebbe), condizionando il percorso scolastico dell’alunno che vede così svalutate le esperienze pregresse e si trova a relazionarsi con compagni più piccoli in un’età in cui anche solo pochi anni fanno la differenza. Un primo dato positivo riguarda la diminuzione di circa 2 punti percentuali del ritardo scolastico degli alunni/e stranieri nella provincia di Arezzo rispetto all’anno precedente (42,8% nel 2008/09, 40,9 nel 2009/10) e dunque di un corrispondente innalzamento del numero degli allievi stranieri con un curriculum scolastico regolare. Una diminuzione che conferma una tendenza già emersa negli anni precedenti, mano a mano che aumenta il numero dei “nati qua”, per i quali come è noto il percorso scolastico è in genere simile o identico a quello dei loro compagni italiani. Il dato complessivo comunque evidenzia uno scarto rilevante tra la componente straniera e quella italiana: una situazione di ritardo (di uno o più anni) per 4 alunni stranieri su 10 contro 1 a 10 degli alunni italiani. Gli alunni stranieri iscritti ad una classe inferiore rispetto a quella corrispondente all’età anagrafica (ritardo di 1 anno) sono il 28,8%, mentre quelli con due o più anni di ritardo raggiungono il 12,1%: la situazione di ritardo è spesso dovuta ad un inserimento iniziale dell’alunno/a in una classe inferiore di un anno all’età anagrafica (e ciò avviene soprattutto per coloro che si ricongiungono ad anno scolastico inoltrato), a cui si sommano le ripetenze durante il percorso scolastico. Tabella 14: Percorso scolastico degli alunni/e italiane e stranieri. Valori percentuali Italiani Stranieri In anticipo 2,9 1,8 In pari 86,6 56,9 In ritardo 10,3 40,9 di cui: Ritardo 1 anno 8,0 28,8 Ritardo 2 anni 2,0 8,9 Ritardo 3 anni 0,3 2,4 Ritardo 4 anni e + 0,1 0,8 Esterni e/o privatisti 0,1 0,4 Totale 100,0 100,0 Totale 2,8 82,9 14,1 10,6 2,8 0,5 0,2 0,2 100,0 La tabella conferma l’andamento crescente del ritardo: con il passaggio da un ordine scolastico all’altro sale la percentuale degli alunni stranieri (ma anche italiani) in situazione di ritardo. Infatti, se nella scuola primaria la percentuale di alunni stranieri in ritardo è del 18,7% (sostanzialmente di un anno, dovuto in buonissima parte a un “ritardo iniziale”), nella scuola secondaria di I grado tale percentuale sale al 45,5% (circa il 10% di due e più anni), fino a coinvolgere oltre i 2/3 degli studenti iscritti alla secondaria di II grado (in questo caso con circa il 40% in ritardo di un anno e il 30% con due o più anni di ritardo). Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 29 Tabella 15: Percorso scolastico degli alunni/e stranieri per livello d’istruzione % % Primaria Sec. I grado Sec. II grado In anticipo 72 3,6 10 0,8 3 In pari 1551 77,7 684 52,7 444 In ritardo 374 18,7 591 45,5 961 di cui: Ritardo 1 anno 341 17,1 464 35,7 552 Ritardo 2 anni 31 1,5 105 8,1 282 Ritardo 3 anni 2 0,1 18 1,4 95 Ritardo 4 anni e + 4 0,3 32 Esterni e/o 13 1,0 7 privatisti Totale 1997 100,0 1298 100,0 1415 % 0,2 31,4 67,9 % Tot. 85 1,8 2679 56,9 1926 40,9 39,0 19,9 6,7 2,3 1357 28,8 418 8,9 115 2,4 36 0,8 0,5 100,0 20 0,4 4710 100,0 Osservando i dati dei ritardi in relazione ai vari ambiti territoriali in cui si suddivide la provincia di Arezzo, si nota un panorama abbastanza differenziato: Casentino, Valdarno e Valdichiana sono le zone dove si registra l’incidenza più bassa di ritardo scolastico degli allievi stranieri (tra il 37% e il 38%). A detenere il primato delle situazioni di ritardo, in ragione della maggiore concentrazione di istituti di istruzione superiore, è la zona Aretina (45,4%), mentre il ritardo nella Valtiberina è pari al 41,7% (dove si è comunque ridotto di oltre 5 punti il dato registrato nel 2008/09). Tabella 16: Percorso scolastico degli alunni/e stranieri per distretto scolastico. Valori percentuali Aretina Casentino Valdarno Valdichiana Valtiberina Totale In anticipo 2,4 1,9 1,0 1,7 1,2 1,8 In pari 52,1 60,7 60,2 59,7 57,1 56,9 In ritardo 45,4 37,3 37,4 38,1 41,7 40,9 di cui: 1 anno 30,8 27,5 26,8 28,5 28,6 28,8 2 anni 9,8 8,4 7,7 7,7 10,8 8,9 3 anni 3,2 1,3 2,5 1,6 2,1 2,4 4 anni e + 1,5 0,2 0,4 0,3 0,2 0,8 Esterni e/o privatisti 0,1 1,3 0,5 0,4 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Consideriamo, infine, la provenienza geografica degli alunni/e stranieri in situazione di ritardo o con curriculo regolare. Rispetto allo scorso anno, emerge un miglioramento per tutti i continenti di provenienza. Le situazioni migliori (con curriculo regolare) si registrano per gli allievi africani (66,2%), asiatici (66,8%), europei non comunitari (66,1%); quelle peggiori per gli allievi americani (curriculo regolare solo per il 46,7%) e comunitari (sono regolari solo per il 48,2%). Per quest’ultimi, “pesa” il ritardo degli studenti romeni come evidenziato dalla tabella 1.10 dalla quale è possibile osservare come si distribuisce il ritardo scolastico tra le nazionalità più presenti sui banchi delle scuole aretine. I romeni sono in pari soltanto per il 45,9%, i polacchi per il 40,6%, i dominicani per il 41,5%; all’opposto, gli studenti più “virtuosi” sono quelli di nazionalità indiana (72,4%), bangladesha (72,7%), filippina (69,0%), serba e montenegrina (69,4%). Gli esiti scolastici La chiusura dell’a.s. 2009/2010 ha visto pressoché invariati i dati relativi alla percentuale di studenti complessivamente promossi, che si attesta al 93,2% (nel 2008/09 era del 93,3%). Tuttavia lo scarto tra i respinti è più che doppio per gli alunni stranieri (10,8%) rispetto agli allievi italiani (pari al 5,2%). Rispetto allo scorso anno la percentuale dei respinti tra gli studenti stranieri si innalza di mezzo punto percentuale (dal 10,3% al 10,8%); diminuisce quella dei promossi che passa dall’86,5% del 2008/09 all’85,8%. Il divario tra gli esiti degli alunni italiani e degli alunni stranieri sale quindi a 8,5 punti rispetto ai 7,7 dell’anno scorso. Nel calcolo di tale percentuale comunque va ad incidere il dato relativo ai “ritirati”, soprattutto stranieri (3,5% contro lo 0,5 degli italiani), tra i quali sono da ricomprendere anche gli “abbandoni” scolastici durante il percorso di istruzione superiore. L’incremento dei “ritirati” sembra Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 30 comunque confermare l’alta mobilità che caratterizza le famiglie migranti, soprattutto in un fase di crisi economica come l’attuale, e i percorsi migratori caratterizzati da frequenti “andirivieni” tra l’Italia e il paese di origine degli alunni stranieri, e di alcune nazionalità in particolare (Cina, Paesi del Magherb, Asia). Già da questi primi dati si evince come il quadro complessivo degli esiti degli alunni stranieri si sia ulteriormente aggravato. Tabella 17: Esiti scolastici alunni/e italiani e stranieri Esito Italiani % Stranieri Promosso 31.019 94,3 4.039 Respinto 1.706 5,2 507 Ritirato 166 0,5 164 Totale 32.891 100,0 4.710 % 85,8 10,8 3,5 100,0 Totale 35.058 2.213 330 37.601 % 93,2 5,9 0,9 100,0 Scomponendo il dato relativo agli esiti degli alunni stranieri si nota come questi siano strutturalmente differenti a seconda del grado scolastico a cui ci si riferisce. Come già evidenziato negli anni precedenti, anche nel 2009/10 le percentuali più alte di successo scolastico continuano a registrarsi nella scuola primaria, mentre, salendo di grado, queste tendono progressivamente a diminuire. E difatti: - i/le bambini/e promossi nella primaria è pari al 94,6%. Qui si registra una contrazione delle promozioni dell’1,4% rispetto all’anno precedente, a conferma di una tendenza negativa già emersa nel 2008/09. Ma sul dato, occorre ripeterlo, incidono i “ritirati” che per questo ordine di scolarità sono più da imputare a situazioni di migrazione di ritorno (anche temporanea) dell’alunno/a nel paese di origine dei genitori, rese più frequenti dalla crisi economica. Rispetto al dato riferito ai bambini/e italiani presenti nella primaria (tab. 2.3), lo scarto nel valore dei respinti è di 1,1 punti (il dato degli italiani è dello 0,1%, quello degli stranieri dell’1,2%); - nella secondaria di I grado sono promossi l’88,3% degli studenti stranieri (da considerare un 2,9% di ritirati) contro il 97,5% degli allievi “autoctoni”. Nonostante il forte divario, si registra un aumento delle promozioni per gli allievi stranieri in questo ordine di scolarità (+0,8%) rispetto all’anno precedente; - nella scuola superiore il divario cresce ulteriormente: le promozioni degli alunni stranieri sono al 70,9% (con un 3,0% di ritirati), mentre per gli allievi italiani sono pari all’87,7% (e uno 0,9% di ritirati). Gli studenti stranieri hanno una percentuale di respinti più che doppia rispetto a quella dei loro compagni italiani (26,1% contro l’11,5%). Tabella 18: Esiti scolastici alunni/e stranieri per livello d’istruzione % % % Sec. II grado Esito Primaria Sec. I grado Promosso 1.890 94,6 1.146 88,3 1.003 70,9 Respinto 24 1,2 114 8,8 369 26,1 Ritirato 83 4,2 38 2,9 43 3,0 Totale 1.997 100,0 1.298 100,0 1.415 100,0 % Tot. 4.039 85,8 507 10,8 164 3,5 4.710 100,0 L’esame dei dati relativi agli esiti per distretto scolastico evidenzia che, anche per l’anno scolastico 2009/10, la zona ove si registra il maggior tasso di promozioni è il Casentino con il 90,1%. La zona ove minore è la percentuale di successo tra gli studenti stranieri è invece quella Aretina, con l’82,2%. In tutti i distretti della provincia si registra una diminuzione percentuale degli studenti stranieri promossi rispetto all’anno precedente, con l’eccezione della Valtiberina dove, al contrario, si evidenzia un sostanziale incremento nelle promozioni, pari al 4,2%. Le percentuali più elevate di respinti si registrano nell’Aretino (13,6%); Casentino, Valdarno e Valdichiana, pur mantenendosi al di sotto di tale cifra, registrano comunque un incremento percentuale rispetto all’anno precedente (intorno all’1,7%). Passiamo adesso ad esaminare gli esiti scolastici degli studenti stranieri di seconda generazione. Anche la chiusura dell’anno scolastico 2009/2010 conferma la sostanziale uguaglianza nei tassi di promozione tra gli studenti italiani e quelli stranieri nati in Italia: sono stati promossi il 94,4% degli alunni autoctoni ed il 93,6% delle G2. Va tuttavia notato che rispetto all’anno precedente si registra un arretramento dell’1,6% nel tasso di promozione delle G2. Resta comunque molto alto il divario tra gli esiti delle G2 e quello degli alunni stranieri ricongiunti (Alloctoni-Stranieri): lo scarto si attesta a 10,7 punti percentuali (il 93,6% dei primi contro l’82,9% dei secondi). Per quanto riguarda i tassi d’insuccesso scolastico le G2 mantengono il tasso più contenuto con il 4,1% (seppur questo cresce dell’1,4% rispetto all’anno scorso) mantenendo un punto percentuale di Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 31 distanza dagli autoctoni che hanno il 5,1% di respinti. Da segnalare infine il dato relativo ai “ritirati” più volte ricordati in questa nostra analisi: il dato delle G2 è significativo (2,3%) anche se inferiore agli allievi ricongiunti (3,9%). L’andamento decrescente del tasso di successo scolastico delle G2, da un ordine di scolarità all’altro, è ovviamente riscontrabile tra tutti gli allievi, siano essi stranieri ricongiunti o italiani: cambiano però le percentuali, anche significativamente. Prendiamo il dato più “pulito” rappresentato dai “respinti”: 1. nella scuola primaria il tasso di bocciatura delle G2 è dello 0,9%, per i ricongiunti è 2 dell’1,4% , per gli italiani dello 0,1%; 2. nella scuola secondaria di I grado il tasso di bocciatura per le G2 è dell’8,3%, per i ricongiunti è dell’8,7%, per gli italiani del 2,2%; 3. nella scuola superiore il tasso di ripetenza è per le G2 del 28,2%, più alto di quello dei ricongiunti, pari al 25,4%, mentre per gli italiani le bocciature pesano per l’11,5%. Se dunque il dato aggregato sugli esiti delle G2 appare piuttosto positivo, anche se peggiora di anno in anno (andamento delle ripetenze rispetto allo scorso a.s.: +0,9% nella primaria, +5,8% nella media, +2,7% nella superiore), esso evidenzia tutta la sua problematicità quando andiamo ad esaminare i singoli livelli di istruzione: nella primaria, dove le G2 sono presenti ancora in numero nettamente prevalente, sono poche le bocciature essendo questo un ordine di scolarità dove si tende, in generale, a promuovere gli alunni; mano a mano che si passa verso percorsi scolastici più esigenti, emergono le difficoltà scolastiche anche degli alunni nati in Italia. Immigrazione e lavoro in provincia di Arezzo Il lavoro dipendente Al 1° gennaio 2010 in provincia di Arezzo si contavano oltre 18mila occupati stranieri (non UE e comunitari), pari al 18,1% dell’intero stock dei lavoratori (105mila). Un dato assoluto leggermente inferiore all’anno precedente, quando erano circa 19mila. Occorre leggere questo dato in relazione all’incidenza percentuale della presenza di cittadini stranieri residenti nel territorio aretino che è pari al 10,2% dell’intera popolazione (348mila). L’analisi conferma, da una parte, una stabilità nella presenza di lavoratori stranieri nel mercato del lavoro aretino e, dall’altra, rileva un rallentamento nel trend di crescita dal 2007 in poi, fino ad una vera e propria battuta di arresto nel 2009. Nel 2009 ci sono state 40.736 assunzioni e 45.085 cessazioni, da cui deriva un saldo negativo di 4.349 posti di lavoro. La percentuale dei saldi sulle assunzioni, che ci fornisce una misura della dinamica del mercato del lavoro, risulta negativa sia per gli italiani (-12,9%) che per gli stranieri (-4,7%). I contratti stipulati da cittadini di origine straniera sono stati inferiori di circa 700 unità rispetto al 2008 mentre le cessazioni sono state più contenute. Molto diverso era il trend del saldo occupazionale prima del 2008: nel 2007 gli stranieri registravano un +13,2% e gli italiani un saldo negativo più contenuto (-1,9%). Le nuove assunzioni registrano una diminuzione complessiva: dai 6.534 nuovi assunti del 2008 ai 4.575 del 2009. I nuovi assunti sono nel 53% italiani (quasi 7 punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno), nel 41,8% dei casi stranieri non UE e per il restante 5,3% lavoratori UE. Dal punto di vista socio-anagrafico i lavoratori stranieri sono prevalentemente giovani: oltre il 23% dei lavoratori italiani ha più di 50 anni mentre tra i lavoratori non UE questa percentuale non arriva al 9%. Parallelamente, oltre il 68% degli occupati non UE ha un’età compresa tra i 18 e i 39 anni, mentre nella stessa fascia d’età gli italiani si fermano al 44%. Per quanto riguarda le dimensioni delle aziende i lavoratori non UE si collocano prevalentemente in piccole o piccolissime imprese. Le ditte con meno di 19 dipendenti raccolgono oltre il 68% della manodopera non UE. L’analisi del mercato del lavoro aretino evidenzia, ormai da anni, una scarsa concorrenzialità degli immigrati nei confronti degli autoctoni e parallelamente un buon livello di accesso dei medesimi nei settori produttivi meno qualificati laddove tali attività sono meno gradite agli autoctoni. In generale gli oltre 16mila assicurati non UE sono occupati nel 30% dei casi nell’industria, nel 17,7% nelle costruzioni, nel 14,4% in agricoltura, nell’ 8,5% nella ristorazione e così via. L’incidenza percentuale nei vari settori economici dei lavoratori migranti vede una situazione di quasi monopolio nelle attività di 2 Il dato percentuale relativo agli esiti degli allievi stranieri “ricongiunti”, diviso per livello di istruzione, è stato ottenuto dalla tabella 2.2, togliendo al dato sugli esiti degli alunni stranieri generalmente intesi in essa presente, quelli relativi alle G2 (tab. 3.13). Il dato di percentuale relativo agli esiti degli alunni italiani Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 32 collaborazione e assistenziali svolte in famiglia con oltre il 73% (816 in termini assoluti); segue l’edilizia con il 35,5% (2.950) di assicurati non UE; l’agricoltura e l’industria metalmeccanica con il 27% (in termini assoluti 2.405 la prima e 1.171 la seconda); il 2% nella ristorazione (1.418) ed infine si registra una dilatazione tra tante attività economiche. Le donne, che costituiscono oltre la metà dei residenti di origine straniera in provincia di Arezzo (il 51,8% pari a 18.463 in termini assoluti) sono meno inserite degli uomini nel mondo del lavoro. Le occupate non UE registrano un’incidenza percentuale sul totale degli occupati non UE del 38,4% (6.418), le comunitarie del 57,5% (1.163), mentre le donne italiane del 47,2% (39.814). Lo scenario che emerge descrive una situazione di disuguaglianza di genere in cui le donne incontrano maggiori difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro. Ad eccezione di un settore che è praticamente appannaggio di questa categoria di lavoratori/lavoratrici, ossia i lavori domestici, di pulizie e di cura. L’immagine d’insieme dalla lettura delle banche dati sembra confermare una situazione generale di segmentazione del mercato del lavoro con una divisione piuttosto marcata in base all’etnia e al genere. Anche la lettura dei dati dall’Osservatorio Inps aggiornati al 2007 sul lavoro domestico conferma i due aspetti sopradetti. In provincia di Arezzo nell’anno preso in considerazione abbiamo 4.766 lavoratori domestici di cui l’81,1% di origine straniera (in termini assoluti 3.867). Tra questi le donne sono l’89,7% e le donne straniere sul totale dei lavoratori domestici sono il 71,6%. L’andamento infortunistico nella nostra provincia rispecchia la tendenza generale della diminuzione delle denunce infortunistiche. In 5 anni sono diminuite di circa 1.400 casi: da 7.279 del 2003 alle 5.867 del 2008. nel corso del 2008 (dati aggiornati al 30/04/09) ci sono stati 5.867 infortuni di cui 917 occorsi a lavoratori stranieri (15,6%). Il settore industria e servizi registra il più alto numero di denunce sia da parte dei lavoratori stranieri con l’88% sia da parte di tutti i lavoratori con l’ 86%. E’ nel vasto ambito dell’industria e dei servizi che sono comprese le professioni a più alto rischio, come quelle relative alle costruzioni e all’artigianato, ma che comprende anche il lavoro domestico che negli anni ha visto crescere in maniera preoccupante il numero delle denunce. Nel 2009 le rimesse in provincia di Arezzo hanno superato i 30 milioni di euro, con una progressione di crescita sempre molto sostenuta, a parte il rallentamento dell’ultimo anno. I migranti residenti in provincia di Arezzo che inviano denaro nel Paese di origine con più frequenza e regolarità provengono da Est Europa (43,2%) e Asia (27,8%). Il lavoro autonomo Gli effetti della congiuntura economica negativa si sono sentiti anche sull’imprenditoria straniera aretina. Il tasso di crescita, elevato per tutto il triennio 2005-2007, ha conosciuto un netto rallentamento nel 2009, anche se il numero delle imprese con almeno una persona straniera titolare, amministratore o socio d’impresa in provincia di Arezzo è ancora aumentato dell’1,7% (ma nel 2008 aveva registrato +12,8%). Si conferma dunque una flessione dei tassi di crescita, ma non un’inversione del fenomeno. Nel complesso, al 31/12/2009 risultavano iscritte alla Camera di Comm. di Arezzo 2.975 imprese con almeno una persona straniera titolare, amministratore o socio d’impresa. Nel 2002 erano circa un migliaio. Di particolare rilievo è il dato sulle Ditte individuali (D.I.) a titolarità straniera perché più diretta è in questo caso l’individuazione e l’attribuzione del ruolo di primo piano del migrante: al 31/12/2009, vi erano 2.088 D.I. a titolarità straniera. Rispetto allo scorso anno (erano 2.015) sono cresciute soltanto del 3,6%. L’incidenza delle D.I. con titolare immigrato rispetto al totale provinciale è del 9,6%: ovvero su 10 ditte individuali, una è tenuta da un imprenditore straniero. Il rapporto tra l’iniziativa economica degli immigrati, nelle sue varie forme, e il paesaggio urbano aretino è confermato dall’alto grado di concentrazione nel capoluogo delle ditte con titolare nato all’estero: il 42,1% ha sede nel Comune di Arezzo. Sono da menzionare le significative presenze nei Comuni di Montevarchi e Cortona (rispett. 6,6 e 5,2%), San Giovanni Valdarno, Castiglion Fiorentino e Foiano (tra il 4,4 e al 3,9%). E’ proprio Foiano a registrare l’incremento più significativo di D.I. (+30% rispetto al 2008). Altre variazioni positive si registrano nei Comuni di Arezzo (+8,8%) e San Giovanni (+10,7%), mentre la flessione più vistosa si registra nel Comune di Bibbiena (-9,6%), che continua ad arretrare nel numero di immigrati imprenditori, dopo anni di intensa crescita, soprattutto nel settore delle costruzioni. Rispetto alle aree di provenienza: gli imprenditori stranieri dell’Ue a 27 costituiscono il 39,6%, mentre quelli extraUe sono il 21,5%. Valori comunque significativi si registrano per Asia e Africa, rispettivamente al 18,9% e 15,6%, in linea con l’anno precedente. Nel complesso sono i cittadini, comunitari e non, provenienti dall’Europa dell’Est a prevalere nettamente tra gli imprenditori nati all’estero. Le nazionalità più rappresentate in termini assoluti tra i titolari di D.I. sono quelle numericamente più presenti sul territorio provinciale: la rumena (36,4%), seguono l’albanese (16,4%) e la marocchina Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 33 (9,9%). Spicca anche il dato relativo ai pakistani, ai cinesi e bangladesi, che incidono considerevolmente sul totale dei cittadini stranieri imprenditori (tra il 5,5 e il 4,5% del totale). Ad aver contribuito maggiormente alla crescita del numero di imprese individuali straniere rispetto al 2008 sono i bangladesi (13,8%), i macedoni (11,1%), i rumeni (9,3%), i pakistani (6,5%) e i marocchini (6,2%). Netta la flessione delle ditte individuali albanesi (-2,0%) e indiane (-7,7%). Le fasce di età che prevalgono tra i cittadini stranieri iscritti al Registro delle Imprese sono quelle dei 30-34enni e 35-39enni (il 41,7% circa dei lavoratori stranieri che si sono messi in proprio), seguite dalla classe di età 40-44 (16,7%). L’effetto “sostituzione” (ovvero il ricambio generazionale) è dunque confermato dalla sensibile differenza di età tra titolari italiani e immigrati, mediamente molto più giovani. Sono sei i settori produttivi numericamente più rilevanti per le imprese straniere: le “Costruzioni” con il 54,5%, il “Commercio” con il 19,6%, le “Attività manifatturiere” con il 12,4%, l’“Agricoltura” con il 3,4%, il settore “Trasporti” e i servizi di ristorazione, entrambi intorno al 2%. Di particolare interesse è l’analisi delle percentuali di incidenza considerando il complesso delle ditte individuali (con titolare straniero e italiano) nei vari settori di attività. Ebbene, oltre un quarto di tutte le D.I. nel settore delle costruzioni ha un titolare straniero (il 27%); ogni 8 D.I. che operano nel commercio o nel settore manifatturiero, una è immigrata (8,2%). Nel settore delle comunicazioni, tale rapporto scende a 1 a 6 (15,1%), dovuto soprattutto alla presenza significativa di molti phone-centers. Le alte percentuali di incidenza, soprattutto per i settori menzionati, sono spesso da ricondurre ad una netta prevalenza di imprenditori di una o di poche nazionalità: nelle costruzioni i rumeni e gli albanesi (rispett. con il 56,4% e il 25,6%), nel commercio i marocchini (38,5%) e i bangladesi (12,7%); nell’agricoltura i macedoni (35,2%), nel trasporto gli albanesi (33,3%) e i rumeni (20,0%), nelle comunicazioni i pakistani (33,3%), gli indiani (20,8%) e i bangladesi (8,3%). Si tratta di dati e percentuali che esprimono, in alcuni casi, una trasformazione socio-culturale dei settori citati, molto probabilmente irreversibile. Questa moderata dinamicità dell’imprenditoria immigrata nel territorio provinciale è evidenziata anche dal VII Rapporto CNEL sugli Indici di integrazione uscito a fine 2009. Nella graduatoria provinciale relativa all’indicatore che misura lo scarto tra il tasso di lavoro in proprio degli stranieri e quello complessivo - Arezzo si colloca nella fascia “media” a livello nazionale, ma nel contesto regionale è avanti soltanto alla provincia di Grosseto. Lo scostamento tra la propensione imprenditoriale degli autoctoni e quella dei migranti è di 18 punti: a Prato è di 4,5 punti, a Firenze di 14, a Siena di 15. Nel complesso, dal presente Rapporto esce un’immagine di operosità e intraprendenza della popolazione immigrata, e soprattutto di alcune sue importanti componenti, come ad esempio (ma non solo) quella romena. L’attuale situazione di crisi economica mondiale ha determinato un forte rallentamento nella crescita numerica delle D.I. straniere. A contenere il ridimensionamento numerico di tale imprese ha giocato, molto probabilmente, la scelta di non pochi immigrati che avendo perso il posto di lavoro subordinato, per restare legalmente in Italia, hanno deciso di aprire una attività di lavoro autonomo. Ma influisce anche l’assai diffuso fenomeno dell’outsorcing, o sub-contracting che prende forma a partire da strategia di subappalto delle imprese autoctone. Insomma, la scelta di avviare un’impresa, in particolare nel settore edile, è molte volte dettata da una richiesta del mercato del lavoro, che in linea con la tendenza alla flessibilità “espelle” dipendenti per “assumere” autonomi, come avviene con il caso del ricorso alle cosiddette partite Iva e alle ditte individuali. Valutazioni epidemiologiche I bisogni di salute espressi dalla popolazione immigrata La USL 8 di Arezzo si colloca tra le aziende in cui il fenomeno della migrazione dall’estero è tra i più accentuati. In particolare, analizzando i dati per zona distretto di residenza, la figura 1 mostra che il Casentino e la Val di Chiana Aretina si collocano tra le zone toscane in cui la frequenza di cittadini stranieri è più elevata superando il 10% della popolazione residente. Valutando l’ultimo aggiornamento disponibile, i cittadini esteri, iscritti all’anagrafe al 31/12/2012 (dato di fonte Anagrafe Comunale), sono 40.358, pari all’11,5% della popolazione residente; il 47% sono femmine e il 53% maschi. Si tratta di una popolazione molto giovane il 23% della quale di età compresa tra 0 e 19 anni, il 54% tra 20 e 44 anni, il 20% tra 45 e 64 anni mentre solo il 3% è di età superiore ai 64 anni. Oltre la metà dei migranti è di cittadinanza Rumena (36%) o Albanese (15%), seguono per frequenza i Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 34 migranti di cittadinanza marocchina (6%), indiana (5%) e bengalese (5%) le altre 129 cittadinanze presenti nel nostro territorio lo sono con frequenze inferiori. Negli ultimi dieci anni la presenza di cittadini stranieri è progressivamente diventata un fenomeno consistente e stabile sul territorio che oltre alle notevoli implicazioni sul piano culturale, sociale ed economico ha forti ricadute anche su quello sanitario. Come ormai noto dalle osservazioni sociologiche ed epidemiologiche, la popolazione immigrata è soggetta a due fenomeni contrapposti: da un lato l’effetto migrante sano seleziona soggetti generalmente giovani e in buona salute al momento della migrazione, dall'altro la successiva esposizione ai fattori di rischio di tipo igienico connessi all'immigrazione, e le successive avversità prevalentemente di natura socio economica nella fase di inserimento nel nuovo Paese, pongono generalmente il migrante in posizione svantaggiata. Quando si parla di salute della popolazione migrante dunque, trattandosi di una popolazione generalmente fragile dal punto di vista socio economico e meno orientata alla cultura della prevenzione, è importante orientare e monitorare l’accessibilità ai servizi socio sanitari, rilevando le possibili criticità che possono accentuare le disuguaglianze anche rispetto alle necessità sociosanitarie ed assistenziali. In questa relazione verranno di seguito trattate le aree in cui la potenziale domanda di salute degli immigrati ha il maggiore impatto in termini di utilizzo dei servizi sanitari Figura 1 Migranti dall’estero iscritti all’anagrafe x 1.000 residenti. Toscana – Zone distretto. Popolazione al 31/12/2011 – Elab. ARS su dati Istat GRAVIDANZA E PARTO Coerentemente alla frequenza di stranieri nel nostro territorio anche il numero di nati di cittadinanza estera ci vede tra le aziende in cui tale fenomeno è più numeroso. Ad Arezzo il 21% dei nati iscritti all’anagrafe ha entrambi i genitori stranieri mentre il 27% ha almeno un genitore migrante dall’estero; tali percentuali risultano superiori alla media regionale e, rispetto alle altre province toscane, ci collocano al secondo posto dopo Prato (figura 2a e figura 2b). Nel 2012 nelle strutture ospedaliere della USL 8 su un totale di 2.385 part, ben 652, pari al 27% del totale, sono stati effettuati da donne di cittadinanza estera. Figura 2a Percentuale di nati iscritti all’anagrafe con entrambi i genitori migranti dall’estero –2011 - Fonte: ISTAT Toscana 18,6 Prato 33,9 20,9 Arezzo 20,4 Firenze 19,0 Siena Pistoia 17,9 Grosseto 17,7 15,8 Pisa Massa-Carrara 12,8 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo Lucca Livorno 12,6 11,8 35 Figura 2b Percentuale di nati iscritti all’anagrafe con almeno un genitore straniero – Anno 2011 Fonte: ISTAT Toscana 24,6 38,3 Prato 27,4 Arezzo 26,8 Firenze Siena 26,2 24,7 Pistoia Grosseto 24,1 20,9 Pisa 18,8 Lucca Livorno 17,8 Massa-Carrara 15,7 La quota di nati da donne di cittadinanza estera nelle strutture ospedaliere della USL di Arezzo (figura 3) è andata aumentando in maniera consistente dal 2001 al 2011 (+108%) mentre il 2012 è stato il primo anno in cui si rileva un calo di una certa consistenza rispetto all’anno precedente: nel 2012 i nati da madre di cittadinanza estera sono il 27,5 % rispetto al 29% del 2011. Figura 3 Percentuale di nati nelle strutture ospedaliere dell’Azienda USL 8 da madri di cittadinanza estera. Anni 2001-2012. Dati estratti dal Certificato di assistenza al parto. 35% 29,0% 30% 26,8% 26,6% 25% 22,9% 20% 15% 19,3% 14,0% 20,4% 23,7% 27,5% 26,1% 22,8% 15,9% 10% 5% 0% 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Sulla base delle informazioni fornite dai genitori al momento della nascita per la compilazione del Certificato di assistenza al parto (documento obbligatorio per tutti i parti che avvengano nelle strutture ospedaliere o anche al di fuori di esse) è possibile tracciare dei profili socio-demografici e assistenziali delle donne che partoriscono e metterli in correlazione agli esiti della gravidanza. Le madri straniere sono più giovani (nel 2012 la loro età media parto è 28,7 anni rispetto ai 33,1 delle italiane) ma manifestano la stessa tendenza all’aumento dell’età media al parto che si osserva tra le italiane: nel 2001 l’età media al primo parto era per le straniere 25,6 anni mentre nel 2012 è salita a 27 anni (figura 4). Sono mediamente meno istruite: il 39% delle donne straniere non ha un diploma di scuola media superiore rispetto al 17% delle italiane. Hanno livelli di occupazione più bassi: dichiarano di essere occupate il 33% delle madri straniere contro il 79% delle italiane; Riguardo alla disoccupazione di entrambi i genitori si stima che la percentuale per gli stranieri arriva al 10% dei casi, rispetto al 2% che si osserva per le coppie italiane. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 36 Figura 4 Età media al primo parto per cittadinanza delle donne che hanno partorito nelle strutture ospedaliere dell’Azienda USL8. Anni 2001-2012. Dati estratti dal Certificato di assistenza al parto. 33 32 31 30 29 30,4 29,5 30,0 31,0 30,4 31,3 31,2 31,6 31,6 31,7 31,7 31,1 28 27 26 25 25,6 26,1 26,2 26,0 25,4 26,2 26,6 25,7 25,9 26,3 26,6 27,0 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Italia straniera Poiché un’adeguata assistenza in gravidanza è correlata sia agli esiti del parto che ad un contenimento delle complicanze che ne possono derivare appare opportuno verificare alcuni indicatori dell’assistenza in gravidanza, monitorati in base a quello che dichiarano le donne al momento della compilazione del certificato di assistenza al parto. Le tabelle 1-2-3 ci forniscono alcuni elementi chiave dell’assistenza in termini di settimane di gestazione compiute al momento della prima visita, numero totale di ecografie effettuate e struttura che in cui è stata prevalentemente seguita la donna durante la gravidanza. Se si confrontano i dati relativi alle donne di cittadinanza estera con le italiane si osserva che il 12% delle donne straniere, contro il 3% delle italiane, effettua la prima visita oltre le 12 settimane (tabella 1). Considerato che un indicatore dell'OMS di buona assistenza in gravidanza è rappresentato dalla prima visita entro la 12° settimana di gestazione appare evidente che occorrerà intervenire in questa direzione con appropriati interventi di sensibilizzazione ed educazione sanitaria . La tempestività della prima visita si riflette anche sul numero di ecografie effettuate. Infatti, come si vede in tabella 2, per circa il 6% delle straniere il numero di ecografie resta al di sotto delle tre previste dal protocollo regionale, rispetto allo 0,4% delle italiane. Dalla tabella si evidenzia altresì che nessuna donna ha dichiarato di non aver fatto ecografie in gravidanza. Per contro oltre la metà delle migranti dall’estero hanno effettuato più di tre ecografie in gravidanza. Complessivamente dunque la gran parte delle donne di cittadinanza estera segue, in gravidanza, i protocolli previsti dalle linee guida, anche se esistono margini di miglioramento rispetto alla effettuazione della prima visita entro la dodicesima settimana di gestazione. Questa tempestività può incidere anche sull'espletamento del numero di ecografie raccomandate. La tabella 3 mostra che il consultorio è la struttura principalmente utilizzata dalle donne straniere durante la gravidanza. Il 67% di esse dichiara di essere seguita prevalentemente in questa struttura, il 18% dal ginecologo privato, il 13% in ospedale e solo l’1% (7 donne nel 2012) da nessuna struttura; tra le italiane invece l’utilizzo del consultorio in gravidanza resta marginale: solo il 13% delle donne lo individua come struttura prevalentemente utilizzata in gravidanza. Da rilevare che la fase che probabilmente può influire in maniera significativa nell’avvicinare la donna straniera alle strutture sanitarie durante la gravidanza è l’accesso al consultorio per il ritiro del libretto di gravidanza. L'incontro al consultorio tra gli operatori dell'equipe e la donna pone quest'ultima a conoscenza del fatto di avere diritto ad un piano di esami prestabilito e gratuito. E' dunque in questa fase che andranno focalizzati eventuali interventi supplettivi di educazione sanitaria. Tabella 1 Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e settimane compiute di gravidanza alla prima visita di controllo. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto. Settimane compiute alla prima visita di controllo 0-12 13-24 >24 Non rilevate Totale al netto dei non rilevati Italiana N % 1685 97,4% 41 2,4% 4 0,2% 3 1730 100,0% estera N % 572 87,7% 69 10,6% 11 1,7% 1 652 100,0% Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 37 Tabella 2 Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e numero di ecografie effettuate durante la gravidanza. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto. Numero di ecografie effettuate 1-2 3 4-9 >10 Totale Cittadinanza della donna Italiana Estera N % N % 7 0,4% 38 5,8% 180 10,4% 280 42,9% 1342 77,4% 300 46,0% 204 11,8% 34 5,2% 1733 100,0% 652 100,0% Tabella 3 Donne che hanno partorito nella USL 8 per cittadinanza e struttura che ha seguito prevalentemente la gravidanza. Anno 2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto. Struttura che ha seguito prevalentemente la gravidanza Ospedale Consultorio Studio privato nessuna struttura Totale Cittadinanza della donna Italiana Estera N % N % 109 6,3% 52 8,0% 222 12,8% 457 70,1% 1399 80,7% 136 20,9% 3 0,2% 7 1,1% 1733 100,0% 652 100,0% Nonostante la quota prevalente di immigrate seguite dal consultorio le figure 4 e 5 evidenziano la marcata differenza che si registra, tra italiane e straniere, quando si tratta di fruire di spazi dedicati (corso di accompagnamento alla nascita e spazio mamme per ricevere informazione sull’allattamento al seno) in cui la lingua o il differente approccio socio culturale possono giocare un ruolo importante. Figura 4 Numero utenti che ha frequentato il corso di accompagnamento alla nascita per 100 parti effettuati nelle strutture della USL 8. Anni 2010-2011-2012 68,6 70 57,5 55,1 60 50 40 30 20 12,6 17,5 14,7 10 0 2010 2011 Cittadinanza estera 2012 Italiane Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 38 Figura 5 Numero utenti che ha frequentato lo spazio mamme - sostegno allattamento al seno per 100 parti effettuati nelle strutture della USL 8. Anni 2010-2011-2012 15 11,6 13,4 12,6 9,6 10 9,5 5,3 5 0 2010 2011 Cittadinanza estera 2012 Italiane La tabella 4 evidenzia alcune differenze nel triennio 2010-12 riguardo agli esiti della gravidanza. In particolare sia rispetto al peso che alla prematurità si registrano percentuali lievemente più elevate di peso basso (inferiore a 2500 grammi) e molto basso (inferiore a 1500 grammi) e di prematuri (nati a a prima della 37 settimana) e gravemente prematuri (nati prima della 32 settimana) tra i nati da donne di cittadinanza estera. Occorre anche precisare che a differenza di quanto avviene per il basso peso il rischio di nascere pretermine è più elevato anche tra le donne a scolarizzazione bassa (cfr Documenti ARS “nascere in Toscana 2005-07”) Tabella 4 Esiti della gravidanza per cittadinanza della madre – nati nelle strutture della USL 8 Triennio 2010-2012. Fonte: Certificato di assistenza al parto. Esiti della gravidanza -1 N nati vivi di basso peso 336 nati vivi di peso molto basso 23 nati vivi prematuri 356 nati vivi gravemente prematuri 29 Esiti della gravidanza -2 nati morti N 18 Cittadinanza della donna Italiana Estera % sul totale % sul totale dei nati vivi N dei nati vivi 6,3% 153 7,5% 0,4% 15 0,7% 6,6% 163 8,0% 0,5% 20 1,0% nati morti per nati morti per 1.000 nati N 1.000 nati 3,3‰ 4 2,0‰ 2. INTERRUZIONI VOLONTARIE DI GRAVIDANZA Considerando l’andamento temporale dei tassi di ospedalizzazione per IVG (figura 6) si può vedere che nella USL 8 si registrano livelli di abortività volontaria inferiori rispetto alla media regionale e che negli ultimi anni si assiste, sia a livello regionale che di USL, ad un calo del fenomeno. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 39 Figura 6 Tassi di ospedalizzazione per interruzione volontaria di gravidanza (diagnosi di dimissione principale ICD-IX 635) per 1.000 donne residenti in età feconda (15-49 anni). Anni 1998-2011. 12 10 8 6 4 2 Residenza AUSL 8 - Arezzo 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 0 REGIONE TOSCANA Se all’interno della USL aretina scomponiamo il dato per cittadinanza della donna (figura 7) vediamo che la frequenza delle IVG è particolarmente elevata tra le donne straniere con un rapporto di circa 4 a 1 rispetto alle italiane: nel 2012 tra le italiane si registrano 5,1 ricoveri per IVG ogni 1000 residenti di età compresa tra i 15 e 49 anni a fronte di 20,3 tra le straniere. Grazie alla rilevazione ISTAT delle IVG è inoltre possibile disporre di ulteriori dati importanti per descrivere il fenomeno come quello delle IVG ripetute. Nelle strutture ospedaliere della USL di Arezzo nel 2012 risultano effettuate 507 IVG il 50% delle quali fatte da donne di residenza estera. Il 30% delle IVG effettuate sono ripetute, tale fenomeno è particolarmente rilevante tra le straniere (il 43% dichiara di avere effettuato in precedenza una o più IVG) ma non è marginale neanche tra le italiane, tra le quali si registrano il 16% di eventi ripetuti. La riduzione delle IVG ripetute resta tra le priorità degli interventi di prevenzione ed educazione alla salute atti ad accrescere una sessualità sana e responsabile e a diffondere la conoscenza dei metodi contraccettivi. Figura 7 Tassi di ospedalizzazione per interruzione volontaria di gravidanza (diagnosi di dimissione principale ICD-IX 635) per 1.000 donne residenti in età feconda (15-49 anni) per cittadinanza della donna. Anni 2008-2012 30 25,9 23,3 25 22,6 19,5 20 20,3 15 10 6,4 5,5 5,6 5,2 5 5,1 0 2008 2009 2010 straniere 2011 2012 italiane Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 40 3. ACCESSO AI SERVIZI CONSULTORI La tabella 5 mostra il peso dell’utenza straniera sulle attività svolte dai consultori: nel 2012 sono stati registrati 24.242 utenti di questi il 15% sono di cittadinanza estera, in termini di accessi la percentuale di stranieri sale al 24%, i cittadini esteri infatti hanno un numero medio maggiore gi accessi procapite (2,7 rispetto a 1,5 degli italiani). Tabella 5 Attività rilevata nei consultori della USL di Arezzo per cittadinanza degli utenti. Anno 2012 – Fonte: estrazione da Attività rilevata nei consultori della Usl 8 Stranieri Numero Italiani % Numero Totale % Numero % 3.643 9.666 2,7 15% 24% - 20.599 30.814 1,5 85% 76% - 24.242 40.480 1,7 100% 100% - Accessi per tipologia di consultorio: Consultorio Giovani Consultorio Familiare 650 9.013 25% 24% 1.938 28.806 75% 76% 2.588 37.819 100% 100% Numero utenti per area di intervento: Maternità Contraccezione Altre tematiche ginecologiche Interruzioni volontarie di gravidanza Sterilità Prevenzione oncologica 1.297 487 618 277 120 1.520 26% 28% 20% 51% 46% 10% 3664 1239 2530 270 141 13624 74% 72% 80% 49% 54% 90% 4.961 1.726 3.148 547 261 15.144 100% 100% 100% 100% 100% 100% 801 26% 2253 74% 3.054 100% 114 9% 1189 91% 1.303 100% 62 21% 232 79% 294 100% Numero utenti Numero di accessi Accessi medi per utente Numero di libretti di gravidanza consegnati Numero utenti che ha frequentato il corso di accompagnamento alla nascita Numero utenti che ha frequentato lo spazio mamme - sostegno allattamento al seno Caribel LA SCELTA DEL MEDICO Nella tabella 6 sono riportati il numero di cittadini esteri che risultano in carico alla medicina di famiglia con tutta l’importanza che questo implica nell'attivazione dei processi diagnostici e terapeutici ma anche nell’utilizzo della rete dei servizi assistenziali. Se consideriamo i dati dell’ultimo triennio (20102012) si vede che la quota di assistiti di cittadinanza estera dal 2010 al 2012 è in lieve diminuzione (2%), risulta invece in aumento la quota di assistiti di età superiore ai 55 anni (+24%). Tabella 6 Soggetti di cittadinanza estera per classe di età che risultano essere assistiti da un medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. Anni 2010-2012 – valori assoluti e variazione percentuale 2012 rispetto al 2010. Classi dietà 2010 2011 2012 Variazioni % 2012 vs 2010 0-14 6.627 6.617 6.395 -3,5% 15-54 23.175 22.411 22.058 -4,8% 2.385 2.584 2.959 24,1% 32.187 31.612 31.412 -2,4% 55+ Totale assistiti di cittadinanza estera Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 41 VACCINAZIONI Anche in assenza di un dato specifico sulla vaccinazione dei bambini nati da immigrati appare evidente che le alte percentuali di vaccinati (tabella 7) depongono per una massiva compliance vaccinale e ciò dunque fa indirettamente ipotizzare che il fenomeno della vaccinazione coinvolge pienamente la fascia di soggetti cittadinanza straniera. Tabella 7 Percentuali di soggetti vaccinati per le malattie infettivo-diffusive per le quali è disponibile ed è raccomandato il vaccino. Confronto tra Regione e USL 8 Vaccinazioni USL 8 Toscana Anti polio 97,6 96,1 Antidifterico tetanico pertossico 97,7 96,1 Epatite B 97,6 95,5 Morbillo 94,8 92,1 Hib anti haemophilus influenzae b 97,5 95,4 Meningococco 91,0 88,0 PRESTAZIONI DI SPECIALISTICA AMBULATORIALE Per quanto riguarda l’accesso a prestazioni di specialistica ambulatoriale vengono considerate le analisi di laboratorio, le prestazioni diagnostiche (ad esclusione della diagnostica pesante) e la diagnostica pesante (TAC, RMN e PET). Le figure 8-9-10 riportano i tassi di utilizzo di tali prestazioni; sebbene i tassi calcolati su tutta la popolazione siano, tra i cittadini esteri molto più bassi (7,5 analisi di laboratorio procapite per i residenti di cittadinanza estera rispetto a 16,1 per i cittadini italiani e rispettivamente 60,4 e 6,7 prestazioni diagnostiche e di diagnostica pesante per 100 cittadini esteri rispetto a 97,8 e 20,2 degli italiani) tali differenze si riducono esaminando classi di età più giovani. Le differenze maggiori in tutte le classi età considerate si osservano per la diagnostica pesante. In questa analisi abbiamo privilegiato le misure grezze in grado di fotografare la realtà del fenomeno in termini di carico di prestazioni effettivamente utilizzate, ma ovviamente, poiché l’utilizzo di tali prestazioni cresce al crescere dell’età, è chiaro che il confronto per cittadinanza se vuole essere utilizzato, oltre che come lettura descrittiva di utilizzo di risorse, anche come opportunità di accesso, deve essere effettuato all’interno di classi di età più omogenee (nelle figure sono descritte le fasce di età 0-14, 15-44 e 45-54) o con misure standardizzate. Figura 8 Numero di esami di laboratorio procapite effettuati da residenti per cittadinanza e classe di età. Anno 2012 17,8 16,1 14,3 11,9 8,2 3,6 0-14 8,6 9,0 7,5 2,9 15-44 45-54 cittadinanza italiana 55-64 Totali cittadinanza estera Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 42 Figura 9 Numero di prestazioni diagnostiche ad esclusione della diagnostica pesante (TAC, RMN PET) erogate a residenti per cittadinanza e classe di età. Anno 2012 118,6 97,8 89,5 60,0 43,3 73,2 63,1 69,6 60,4 37,4 0-14 15-44 45-54 cittadinanza italiana 55-64 Totali cittadinanza estera Figura 10 Numero di prestazioni di diagnostica pesante (TAC, RMN PET) erogate a residenti per cittadinanza e classe di età. Anno 2012 27,3 20,2 18,9 12,2 11,9 10,9 6,7 6,4 1,9 0,8 0-14 15-44 45-54 cittadinanza italiana 55-64 Totali cittadinanza estera OSPEDALE E PRONTO SOCCORSO Nelle figure 11 e 12 sono riportati i tassi di ospedalizzazione dei residenti nella USL 8 per cittadinanza e sesso; i tassi sono calcolati considerando i ricoveri ovunque effettuati in Italia escludendo i neonati sani e i ricoveri per parto. Tra 0 e 14 anni i tassi di ricovero ospedaliero quando si escludono i neonati sani sono complessivamente maggiori tra gli italiani (+25%) tale differenza è particolarmente rilevante tra le femmine Nelle fasce di popolazione giovane-adulta (15-54 anni) i tassi di ospedalizzazione sono perfettamente allineati tra le femmine mentre tra i maschi dimostrano una maggiore propensione al ricovero gli italiani rispetto ai loro coetanei con cittadinanza estera. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 43 Figura 11 Tassi di ricovero per 1.000 abitanti di residenti nella USL 8 per cittadinanza e sesso. Età 0-14 anni. Anno 2012 0-14 91,5 Tot.-ESTERA 114,7 Tot.-ITALIANA 112,1 Mas-ESTERA 125,2 Mas.-ITALIANA Fem.-ESTERA 69,7 103,6 Fem.-ITALIANA Figura 12 Tassi di ricovero per 1.000 abitanti di residenti nella USL 8 per cittadinanza e sesso. Età 15-54 anni. Anno 2012 15-54 91,5 Tot.-ESTERA 95,0 Tot.-ITALIANA Mas-ESTERA Mas.-ITALIANA 42,2 73,3 Fem.-ESTERA 88,4 Fem.-ITALIANA 88,8 I dati riportati in tabella 8 mostrano, in termini assoluti, i ricoveri nelle strutture ospedaliere della USL 8 nel 2012 per fascia di età e cittadinanza con un ulteriore dettaglio sulla residenza. Complessivamente i ricoveri di immigrati sono il 7,3% del totale dei ricoveri; di questi l’86,1% viene erogato a immigrati con residenza ad Arezzo e il 2,7% a stranieri STP (temporaneamente presenti). Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 44 Tabella 8 Ricoveri ospedalieri nelle strutture pubbliche e private della USL 8 per sesso cittadinanza e fascia di età. Anno 2012 – Fonte: archivio SDO Cittadinanza Italiani Stranieri residenti ad Arezzo Stranieri residenti Italia (escluso Arezzo) Stranieri residenti estero Stranieri STP Totale stranieri Totale ricoveri % stranieri STP sul totale ricoveri di stranieri % stranieri residenti ad Arezzo sul totale ricoveri di stranieri % stranieri sul totale dei ricoveri 0-14 Femmine 15-54 55 e oltre 0-14 Maschi 15-54 55 e oltre 7.231 14.397 0-14 Totale 15-54 3.637 14.930 55 e oltre Totale 1.694 7.699 13.727 1.943 28.124 46.691 349 1.681 143 459 436 102 808 2.117 245 3.170 11 3 3 128 57 48 24 15 9 18 8 3 84 21 26 9 33 11 29 11 6 212 78 74 33 48 20 274 137 100 366 1.914 191 488 567 155 854 2.481 346 3.681 2.060 9.613 13.918 2.431 7.798 14.552 4.491 17.411 0,8% 2,5% 4,7% 0,6% 4,6% 7,1% 0,7% 3,0% 5,8% 2,7% 95,4% 87,8% 74,9% 94,1% 76,9% 65,8% 94,6% 85,3% 70,8% 86,1% 17,8% 19,9% 1,4% 20,1% 7,3% 1,1% 19,0% 14,2% 1,2% 7,3% 28.470 50.372 Per quanto riguarda gli accessi al pronto soccorso nella figura 13 sono riportati i tassi di accesso al pronto soccorso per 1.000 abitanti espressi per cittadinanza e per classi di età, a tale fine vengono considerati gli accessi dei residenti nella USL 8 ovunque avvenuti. In totale tra i residenti nella USL di Arezzo si contano 509,1 accessi ogni 1000 abitanti tra gli italiani e 507,4 accessi ogni 1.000 abitanti tra coloro che hanno cittadinanza estera. In particolare le differenze maggiori si riscontrano in alcune classi di età: tra i 15 e i 44 anni gli stranieri accedono in proporzione maggiore agli italiani mentre dai 55 ai 64 anni prevale la tendenza inversa. Gli accessi al pronto soccorso nelle strutture ospedaliere della USL 8 nel sono stati invece 143.404 di cui 17.404 (pari al 12%) effettuati da immigrati; la figura 14 mostra la percentuale di accessi con codice colore bianco o azzurro e la distribuzione di tali accessi per codice colore, classe di età e cittadinanza. Tra gli immigrati è maggiore la percentuale di tali codici colore, le differenze con gli italiani sono più marcate nella fascia di età pediatrica (0-14 anni). Figura 13 Tassi di accesso al pronto soccorso per 1.000 abitanti. Residenti nella USL 8 per cittadinanza e classi di età. Anno 2012 594,7 620,8 527,0 509,1 507,4 453,2 391,1 392,9 425,3 329,4 0-14 15-44 45-54 cittadinanza italiana 55-64 Totale cittadinanza estera Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 45 Figura 14 Accessi al pronto soccorso della USL 8 per codice colore bianco o azzurro per cittadinanza e classe di età. Anno 2012 43,2% 35,0% 31,0% 27,9% 33,7% 29,6% 28,8% 25,9% 25,7% 25,9% 24,7% 17,6% 0-14 15-44 54-54 55-64 cittadinanza italiana 65+ totale cittadinanza estera DIABETE La figura 15 illustra la prevalenza si diabete nella popolazione residente nella USL 8 per cittadinanza e classi di età identificata in base al consumo di risorse (ricoveri ospedalieri con diagnosi di diabete e/o consumo di farmaci antidiabetici). Quello che si osserva è una elevata prevalenza della patologia tra gli immigrati nelle fasce di età centrali (30-44 e 45-59) che per come sono identificati i soggetti diabetici può fare ipotizzare una adeguata accessibilità alle specifiche risorse sanitarie. Per contro gli esami riportati come indicatori di aderenza alle linee guida mostrano che gli stranieri hanno accesso a questi esami in percentuali significativamente inferiori agli italiani (figura16). Elemento questo che potrebbe essere superato dall’approccio proattivo della sanità d’iniziativa. Figura 15 Prevalenza del diabete (in base al consumo di farmaci e/o alla diagnosi di ricovero) nella popolazione della USL di Arezzo per fasce di età e cittadinanza. Fonte: elaborazioni USL su banca dati ARS MaCro 120 105,65 100 91,01 80 60 37,05 40 20 8,20 3,82 40,64 13,26 3,59 0 15-29 30-44 Italiani 45-59 60-74 Stranieri Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 46 Figura 16 Aderenza alle linee guida terapeutiche: percentuale di soggetti diabetici di età compresa tra 15 e 74 anni che hanno fatto almeno un esame di emoglobina glicata, profilo lipidico, creatinina, microalbuminuria per cittadina. Fonte: elaborazioni USL su banca dati ARS MaCro % emoglobina glicata %profilo lipidico 69,6 80 54,1 60 40 20 0 Stranieri 70 60 50 40 30 20 10 0 Italiani 60 48,3 Stranieri % creatinina Italiani % microalbuminuria 72,0 80 66,1 54,5 43,5 50 40 34,5 30 40 20 20 10 0 0 Stranieri Italiani Stranieri Italiani Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 47 SCREENING ONCOLOGICO Nelle tabelle sottostanti sono stati confrontati i dati di adesione delle persone nate in Italia rispetto a quelle nate all’estero per i tre programmi regionali di screening. Lo screening cervicale è quello che mostra le minori differenze. Nelle fasce corrispondenti all’età fertile, l’adesione all’invito è addirittura superiore come probabile conseguenza delle attività consultoriali connesse alla gravidanza. Sono anche evidenti, in tutti gli screening, le maggiori difficoltà delle persone nate all’estero con età superiore a 60 anni. SCREENING MAMMELLA età 50-54 55-59 60-64 65-69 Totale NATE IN ITALIA N° donne invitate 6.336 5.240 5.048 4.613 21.237 SCREENING CERVICE UTERINA età 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 Totale SCREENING COLON-RETTO Età 50-54 55-59 60-64 65-69 70+ Totale N° donne rispondenti 3.935 3.561 3.702 3.342 14.540 Adesione corretta (%) 68,8 71,2 76,0 75,0 72,52 NATE IN ITALIA N° donne N° donne invitate rispondenti 918 2.962 3.501 3.648 3.836 3.579 3.148 3.400 24.992 476 1.136 1.494 1.662 1.829 1.783 1.664 1.798 11.842 N° Adesione N° donne donne corretta rispondenti invitate (%) 59,1 661 355 60,4 363 200 50,8 207 93 48,3 105 43 57,39 1.336 691 NATE ALL'ESTERO N° Adesione N° donne corretta donne rispondenti invitate (%) 59,6 326 169 43,1 564 250 48,2 679 338 51,7 569 264 54,0 487 236 56,5 406 212 59,8 252 117 59,8 146 58 53,6 3.429 1.644 PERSONE NATE IN ITALIA (maschi+femmine) N° persone invitate 9.104 9.709 9.586 10.307 1.100 39.806 NATE ALL'ESTERO N° Adesione persone corretta rispondenti (%) 45,7 4.069 50,7 4.788 62,7 5.830 62,1 6.155 51,5 535 55,4 21.377 Adesione corretta (%) 55,2 50,7 55,1 50,0 52,1 55,1 49,8 41,1 52,1 PERSONE NATE ALL'ESTERO (maschi+femmine) N° N° Adesione persone persone corretta invitate rispondenti (%) 45,5 1.091 394 52,4 609 267 51,8 348 157 49,7 187 80 41,2 17 7 48,7 2.252 905 Differenza Adesione nate all'estero -9,7 -10,8 -25,1 -26,7 -15,1 Differenza Adesione nate all'estero -4,3 7,6 6,9 -1,7 -1,9 -1,5 -10,0 -18,6 -1,5 Differenza Adesione nate all'estero -0,2 1,6 -10,9 -12,5 -10,3 -6,7 Fonte: flusso SCR (screening) secondo i criteri dell'Osservatorio Nazionale Screening (ONS) presso il Ministero della Salute e del Centro di Riferimento Regionale presso ISPO di Firenze. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 48 ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA CITTADINI STRANIERI L’Assistenza Domiciliare Integrata è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “ la possibilità di fornire presso il domicilio del paziente quei servizi e quegli strumenti che contribuiscono al mantenimento del massimo livello di benessere, di salute e funzione”. L‘Assistenza Domiciliare Integrata è comunque un sistema di interventi e servizi sanitari e/o sociali offerti al domicilio. Si caratterizza per la integrazione tra gli operatori che intervengono ma anche delle prestazioni offerte, legate alla natura e ai bisogni ai quali si rivolge. Come si attiva L’ADI può essere attivata attraverso una segnalazione a: 1. Punto Unico di Accesso, presso la sede del Distretto 2. Punto Insieme, presso i Comuni 3. Direttamente al distretto tramite il medico di Comunità o da parte di un Medico di Medicina Generale o un Pediatra di Famiglia. Chi segnala il bisogno 1. Il Medico di Medicina Generale / Pediatra di Famiglia 2.I familiari, rivolgendosi al Punto Unico di Accesso o al Punto Insieme Erogazione di farmaci e presidi Per tutti i casi in Assistenza Domiciliare Integrata i farmaci ( presenti nel prontuario ospedaliero) e i presidi ( creme, garze, cateteri per esempio), possono essere forniti direttamente dall’Azienda, senza alcun onere per il paziente. Prestazioni erogate Tutte quelle necessarie per garantire l’assistenza al paziente. Pertanto sono erogate: • prestazioni infermieristiche • prestazioni mediche da parte del MMG o PdF • consulenza medica specialistica ove necessaria • prestazioni di riabilitazione, ove necessarie. SANITÀ D'INIZIATIVA CITTADINI STRANIERI La Sanità d'iniziativa prevede che i pazienti con età > 16 anni, che sono affetti da patologie croniche (diabete, scompenso, ictus e bpco) entrino a far parte di percorsi diagnostico terapeutici che comportano la esecuzione di esami clinici e specialistici (in relazione alla patologia) e visite di controllo presso l'ambulatorio del proprio medico di medicina generale. Per poter essere inseriti in tale percorso è condizione indispensabile: essere assistiti da un medico di medicina generale della nostra Azienda che ha iniziato ad effettuare la sanità di iniziativa, essere affetti da una delle patologie sopra menzionate avere dato il consenso al proprio medico per far parte di tale percorso. I PDTA sono consultabili sul sito della nostra Azienda. Per i cittadini stranieri non esiste al momento nessun tipo di modulistica tradotta sulla sanità d'iniziativa, perchè di fatto l'inserimento nel percorso avviene attraverso il medico di medicina generale che informa il paziente Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 49 La mediazione linguistico-culturale La mancanza di informazioni sul funzionamento del sistema sanitario da parte delle persone immigrate è probabilmente la criticità maggiore cui bisogna far fronte nella nostra sanità. Non solo perché testimonia l’effettivo non esercizio di un diritto, ma soprattutto per le molteplici ricadute che ha in termini di difficoltà e modalità non appropriate d’accesso. Si tratta di una grossa sfida per il Servizio sanitario, anche Aziendale, appare quindi prioritario agire sulle modalità più appropriate per rendere efficace la diffusione delle informazioni e non solo riflettere sulle azioni da intraprendere, onde evitare il ripetersi di errori già commessi e il conseguente spreco di risorse. Le informazioni sembrano circolare a fatica anche all’interno delle Aziende sanitarie, tra gli operatori e non soltanto rispetto ai soggetti immigrati. Appare dunque essenziale potenziare le capacità comunicative anche degli operatori, la loro capacità di stare nella relazione e di gestirne consapevolmente gli strumenti, principalmente quello della mediazione linguistico-culturale. L’Azienda USL 8 per sostenere l’integrazione dei cittadini stranieri e favorire il corretto ed appropriato accesso ai servizi ha attivato un servizio di mediazione linguistico culturale in ventitré lingue (aggiudicato con Determinazione dirigenziale dell’Estav Sud Est n. 705 del 3/08/2011). Tramite l’attività di interpretariato e mediazione culturale si realizza, infatti, l’accompagnamento nella relazione operatore/utente, con particolare attenzione ai servizi nei quali è maggiore o più critico l’accesso di cittadini stranieri (percorso nascita, percorso IVG, Pronto Soccorso, etc.). È stata data ampia rilevanza anche alla traduzione di materiali informativi: moduli, avvisi, cartellonistica interna, etc. Il servizio di mediazione linguistico-culturale presso l’USL 8 si configura come uno di quegli interventi che, come auspicato dall’OMS, non solo contribuisce a favorire l’uscita dallo stato di malattia ma stimola attivamente un proficuo rapporto tra gli stranieri e i servizi locali nella direzione della promozione della salute, attraverso le ore di mediazione programmata e dei corsi specifici su tematiche relative alla salute. La comprensione tra gli interlocutori può essere prodotta nell’interazione mediata e, osservando il problema da prospettive socio-linguistiche diverse, propone una riflessione sulla complessità di questo tipo di interazione e sul delicato compito del mediatore. Il Mediatore Linguistico Culturale è quindi una figura ponte: sono molti i testi dedicati a questa figura che è vista in molti casi come la panacea per tutti i bisogni di accesso dei migranti. La salute degli immigrati, per i quali la migrazione in sé stessa rappresenta un fattore di esposizione a molteplici rischi, è strettamente connessa ai sistemi di accoglienza e ai processi di inclusione sociale attuati nel paese ospitante. Pertanto, nell’analisi di possibili barriere legate alla comunicazione, organizzazione e informazione che possano determinare accessi e percorsi di cura inappropriati o non tempestivi, in un sistema sanitario pubblico appare fondamentale l’utilizzo di mediatori linguistico culturali. Documentazione multilingue presente nelle Strutture dell’Azienda USL 8 Lavaggio mani Informazioni registrazione nascita Assunzione pillola anticoncezionale Cordone ombelicale Malattie a trasmissione sessuale Urgenze ginecologiche in Pronto Soccorso Donne, gravidanza e fumo Allattamento al seno Spazio mamma Consultorio giovani Corso di accompagnamento alla nascita Screening prenatale per la sindrome di Down Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 50 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 51 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 52 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 53 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 54 NORMATIVA ASSISTENZA SANITARIA DEI CITTADINI NON ITALIANI PRESENTI IN ITALIA Condizione amministrativa degli stranieri Si deve preliminarmente distinguere tra persone presenti in Italia provenienti da: 1) Paesi Extraeuropei 2) Paesi appartenenti all'Unione Europea. Se provenienti da Paesi Extraeuropei possono essere regolarmente presenti in quanto in possesso di un valido permesso di soggiorno oppure possono essere presenti senza avere un valido permesso di soggiorno (irregolari: avevano in precedenza un permesso di sogg. che non hanno rinnovato; clandestini, cioè che non hanno mai avuto un permesso di soggiorno). Se provenienti da Paesi appartenenti alla U.E., a seguito dell'emanazione del D.Lgs. n. 30 del 6 Febbraio 2007, di recepimento della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'U.E. E dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, i cittadini comunitari non devono più richiedere alcun titolo di soggiorno presso la Questura. La legislazione italiana indica col termine STRANIERI le persone che hanno cittadinanza in un Paese non appartenente all'U.E., mentre col termine CITTADINI COMUNITARI vengono indicati i cittadini non italiani appartenenti all'U.E. Cittadini comunitari CAMPO DI APPLICAZIONE Quanto in appresso specificato si applica ai cittadini che si recano negli Stati dell'Unione Europea (U.E.), Spazio Econominoc Europeo (S.E.E) e Confederazione Svizzera per temporanei soggiorni, distacchi lavorativi o altri motivi. Con il D.Lgs. n. 30/2007 si è esternato il concetto che il cittadino U.E. ha diritto a soggiornare in Italia, se non è un onere sociale per lo stato italiano per cui il cittadino comunitario, in possesso dei requisiti che determinano il diritto di soggiorno per periodi superiori a tre mesi, deve provvedere all'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente. Hanno diritto all'iscrizione obbligatoria temporale al SSN tutti coloro che hanno la residenza anagrafica nella A.S.L. 8 appartenenti alle seguenti tipologie ed i familiari a loro carico: lavoratori stagionali – lavoratori subordinati con contratto di lavoro a tempo determinato - lavoratori subordinati con contratto di lavoro a tempo indeterminato – lavoratori autonomi – cittadini in disoccupazione dopo aver lavorato per meno di un anno ovvero in stato di disoccupazione involontaria verificatasi nei primi dodici mesi di soggiorno nello stato italiano – cittadini in disoccupazione dopo aver lavorato oltre un anno continuativo - disoccupati che hanno perso il lavoro iscritti ad un corso di formazione professionale in Italia - disoccupato inabile al lavoro per infortunio o malattia – detenuti in carcere, in semi libertà, sottoposti a misure alternative della pena – titolari formulari S1 (ex mod. E121-E106-E109 ed E120). Inoltre hanno diritto all'iscrizione obbligatoria al SSN i cittadini comunitari soggiornanti regolarmente in Italia da più di 5 anni. Infine, la Regione Toscana con nota del 04/05/2011 ha dato indicazioni che il cittadino comunitario o familiare dello stesso, residente nei nostri Comuni ma non avente i requisiti per l'iscrizione obbligatoria al SSN, in possesso di adeguate risorse economiche (che dovrà auto certificare) può effettuare l'iscrizione volontaria al SSN versando un contributo valido per l'anno solare (scadenza annuale), non frazionabile e non retroattivo di € 149,77 se studente, € 219,49 se collocato alla pari o € 387,34 per tutti gli altri casi. Cittadini comunitari in temporaneo soggiorno Ai cittadini dell'U.E. in temporaneo soggiorno in Italia (per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità) è garantito l'accesso alle prestazioni sanitarie medicalmente necessarie attraverso la TEAM. Cittadini extracomunitari CAMPO DI APPLICAZIONE La sottoindicata normativa si applica ai cittadini non appartenenti all'U.E., allo Spazio Economico Europeo (S.E.E.)., alla Confederazione Svizzera o ai Paesi con i quali sono vigenti specifiche convenzioni, con i quali cioè l'Itali aintrattiene rapporti di reciprocità assistenziale e gli apolidi. Ai sensi dell'art. 34, comma 1 e 2 del D. Lgs. 286/1998 “Testo Unico sull'immigrazione” hanno obbligo Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 55 di iscrizione al SSN a parità di condizioni con il cittadino italiano: A) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento; B) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano richiesto il rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro subordinato, autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza. Hanno quindi titolo ad essere iscritti al SSR i titolari di permesso di soggiorno rilasciato per: lavoro subordinato o autonomo motivi familiari (ricongiungimento; compresi i familiari ultrasessantacinquenni con ingresso in Italia precedente al 5 novembre 2008) asilo politico o rifugiato asilo umanitario, motivi umanitari o protezione sussidiaria richiesta di protezione internazionale richiesta di asilo (anche “Convenzione Dublino”) attesa adozione affidamento ivi compresi i minori non accompagnati richiesta della cittadinanza possessori di carta di soggiorno e soggiornanti di lungo periodo (5 anni) familiari non comunitari di cittadino comunitario iscritto al SSR attesa di occupazione attesa di regolarizzazione (iscrizione temporanea, in attesa della definizione della pratica, per coloro che hanno fatto domanda di regolarizzazione o emersione dal lavoro nero) minori stranieri presenti nel territorio a prescindere dal possesso del permesso di soggiorno cittadino straniero con permesso di soggiorno per assistenza minore motivi di studio per maggiorenni precedentemente iscritti a titolo obbligatorio detenuti in carcere, in semilibertà, sottoposti a misure alternative alla pena, con o senza permesso di soggiorno permessi per motivi di giustizia motivi religiosi per religiosi che svolgono un’attività lavorativa e ricevono una remunerazione soggetta alle ritenute fiscali (es. parroci) status di apolide motivi di salute/umanitari (escluso ingresso per cure mediche) motivi di studio qualora siano studenti che svolgono attività lavorativa L'assistenza sanitaria spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Le categorie di cui sopra possono procedere all'iscrizione al SSN previa presentazione dei seguenti documenti: - permesso di soggiorno valido - residenza anagrafica (o autocertificazione della residenza) - codice fiscale L'iscrizione coincide con il periodo di validità del permesso di soggiorno e, alla data di scadenza dello stesso, il cittadino straniero deve provvedere al rinnovo per continuare ad avere titolo all'assistenza sanitaria. Categorie con diritto all'iscrizione volontaria al Servizio Sanitario Regionale. I cittadini stranieri non comunitari in possesso del permesso di soggiorno con validità superiore a tre mesi (non rientranti tra coloro obbligatoriamente iscritti al SSN) sono tenuti ad assicurarsi mediante stipula di una polizza assicurativa (con un istituto assicurativo italiano o estero) valida sul territorio nazionale o, in alternativa, possono chiedere l'iscrizione volontaria al SSN previa corresponsione del contributo dovuto ai sensi del D.M. 8/10/1986 Motivi del soggiorno che consentono l'iscrizione volontaria al SSR: soggiornanti per motivi di studio collocati alla pari residenza elettiva personale religioso stranieri partecipanti a programmi di volontariato familiari ultrasessantacinquenni con domanda di ingresso in Italia dopo il 5/11/2008 dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali operanti in Italia e personale di Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 56 rappresentanze diplomatiche e Uffici Consolari. Il diritto all'assistenza decorre dal momento dell'iscrizione, ha durata di un anno, non è frazionabile e non ha decorrenza retroattiva. Chi è presente nel territorio per motivi turistici e per cure mediche non ha diritto all'iscrizione volontaria. Inoltre la R.T. con nota del 04/05/2011 ha dato indicazioni che: il genitore ultra sessantacinquenne di cittadino extracomunitario può iscriversi al SSN dietro pagamento di un contributo pari ad € 387,34. Hanno diritto invece, all'iscrizione obbligatoria: - i genitori ultra sessantacinquenni di cittadini comunitari; - i genitori ultra sessantacinquenni di cittadino extracomunitario avente lo status di rifugiato - i genitori ultra sessantacinquenni iscritti precedentemente a titolo obbligatorio al SSN che richiedono il rinnovo di permesso di soggiorno per motivi familiari. Cittadini stranieri non iscrivibili solventi in proprio I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti per periodi inferiori ai tre mesi (visto per turismo, affari, visita ecc.) non tenuti all'iscrizione obbligatoria né iscrivibili volontariamente al SSR, sono tenuti al pagamento in proprio delle prestazioni ospedaliere urgenti (pagamento alla dimissione) e delle prestazioni sanitarie di elezione (pagamento anticipato delle tariffe per intero). STRANIERI NON IN REGOLA CON LE NORME RELATIVE ALL'INGRESSO ED AL SOGGIORNO Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno sono assicurate nei presidi pubblici e accreditati: - cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali ancorché continuative, per malattia e infortunio (es. diabete, malattie cardiache, ipertensione, malattie polmonari, ecc) - i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva; - la tutela sociale della gravidanza e della maternità a parità di trattamento con le cittadine italiane e la garanzia dell'applicazione della L. 194 (I.V.G.) (in Toscana no libretto gravidanza in quanto solo alle residenti in questa Regione) - la tutela della salute del minore ; - le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva; - gli interventi di profilassi internazionale; - la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive; applicazione delle disposizioni in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, - cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza Per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona. Per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie diagnostiche e terapeutiche relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti) Le prestazioni di cui sopra sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatto salvo le quote di partecipazione alla spesa sanitaria a parità col cittadino italiano. Se lo stato di indigenza è tale da non permettere il pagamento del ticket lo straniero dovrà presentare dichiarazione di indigenza. Al cittadino straniero irregolare ed indigente, dopo sottoscrizione di apposita dichiarazione di indigenza, viene rilasciato un codice S.T.P. (Straniero Temporaneamente Presente) con validità semestrale, rinnovabile, e valenza su tutto il territorio nazionale. Viene rilasciato al momento della prima prestazione effettuata (Pronto Soccorso o ricovero Ospedaliero) dagli uffici preposti presso i Presidi Ospedalieri o al momento dell'effettuazione di visita ambulatoriale presso Distretti o visita al consultorio familiare dagli Uffici della Zona Distretto. In questo caso è' necessario presentarsi allo sportello ASL con la richiesta del medico (anche Medicina Generale) in cui è prescritto una cura urgente o essenziale. In base alle leggi italiane l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme del soggiorno NON COMPORTA ALCUN TIPO DI SEGNALAZIONE ALLE AUTORITA' DI PUBBLICA SICUREZZA, salvo casi legati a fatti criminosi. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 57 RIFERIMENTI NORMATIVI Cittadini comunitari Regolamento CE 1408/71 (attualmente valido solo per gli stati SEE, Svizzera e cittadini extracomunitari) Regolamento CE 574/72 (attualmente valido solo per gli stati SEE, Svizzera e cittadini extracomunitari) Direttiva CE 2004/38/CE del 29/04/2004 "Diritto dei cittadini dell'UE e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati Membri" D.Lgs 30 del 06/02/2007 "Attuazione della direttiva CE 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiarti di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri” Linee Guida della Commissione Europea del 02/07/2009 riguardo l'applicazione della direttiva 2004/38 Regolamento CE 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento CE 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale del 16/09/2009 Regolamento CE 988/2009 che modifica il Regolamento CE 883/2004 Regolamento UE 1231/2010 che estende i Regolamenti CE 833 e 987 ai cittadini Paese terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri (ad esclusione Regno Unito e Danimarca) Circolari Ministero dell'Interno: n. 19 del 06/04/2007, n. 39 del 18/07/2007, n. 45 del 08/08/2007, n. 18 del 21/07/2009 Circolari Ministero della Salute: DG RUERI/II/12712/I.3.b del 3 agosto 2007 DG RUERI/II/3152-P/I.3.b/1 del 19 febbraio 2008 DG RUERI/II/15645-P del 24 luglio 2009 DG RUERI/II/005846-P/I.3.b/1 del 30 marzo 2010 DG RUERI/II/ 7656- P del 28 aprile 2010 DG RUERI/II/ 7672- P del 29 aprile 2010 DG RUERI/II/ 9004- P del 18 maggio 2010 DG RUERI/II/10437-P del 11 giugno 2010 DG RUERI/II/12647-P/I.3.b/1 del 20 luglio 2010 DGRUERI/VI/I.3.b-b/12881 del 22 luglio 2010 DGRUERI/II/13254-P del 28 luglio 2010 DGRUERI/II/18839-P del 12 ottobre 2010 - Nota Regione Toscana AOOGRT/323712/Q.080.140 del 20/12/2010 “Assistenza sanitaria urgente ed essenziale per l'anno 2011 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano” - Circolare Regione Toscana AOOGRT/113/Q.080.140 del 04/05/2011 “Iscrizione volontaria al SSR cittadini comunitari ed iscrizione volontaria al SSR delle persone straniere ultrasessantacinquenni non appartenenti all'U.E.” - Delibera GRT n. 120 del 20/02/2012 “Linee Guida Regionali per l'applicazione della normativa sull'assistenza sanitaria dei cittadini non italiani presenti in Italia: approvazione”. CITTADINI EXTRACOMUNITARI (STRANIERI) Riferimenti normativi: Leggi Legge n. 40 del 6.3.1998 «Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» Legge regionale n. 29 del 9 giugno 2009 «Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana» Decreti Decreto Legislativo n. 286 del 25.7.1998 “Testo unico sull’immigrazione” Decreto Legislativo n. 113 del 13.4.1999 “Disposizioni correttive al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’art. 47. comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40” Decreto Legislativo n. 230 del 22.6.1999 “Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell’art. 5, della legge 30 novembre 1998, n. 419”. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 58 Decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31.8.1999 “Regolamento recante norme di attuazione del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n. 286” Decreto Presidente Consiglio Ministri dell’1.9.2000 “Misure relative alla conclusione degli interventi di protezione temporanea assicurati agli stranieri presenti sul territorio nazionale con permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 maggio 1999, prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 dicembre 1999” (profughi area balcanica) Decreto Legge 9 settembre 2002, n. 195, coordinato con la Legge di conversione 9 ottobre 2002, n. 222 “Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari” Decreto del Presidente della Repubblica del 18 ottobre 2004, n.334 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione” Circolari Circolare n. 5 del 24.3.2000 del Ministero della Sanità “D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286, Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero; disposizioni in materia sanitaria. Circolare Regione Toscana AOOGRT/113/Q.080.140 del 04/05/2011 “Iscrizione volontaria al SSR cittadini comunitari ed iscrizione volontaria al SSR delle persone straniere ultrasessantacinquenni non appartenenti all'U.E.” Regolamenti Regolamento del Consiglio dell’Unione Europea n. 859 del 14 maggio 2003 Estensione di disposizioni di precedenti regolamenti, il 1408/71/CEE e il n. 574/72/CEE, ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità Note ministeriali Nota del Ministero dell’Interno del 7 dicembre 2006 “Semplificazione procedure amministrative di rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno, anche in formato elettronico” Nota del Ministero della Salute del 17 aprile 2007 “Chiarimenti in materia di assistenza sanitaria ai cittadini extracomunitari a seguito delle Direttive emanate dal Ministero dell’Interno (revoca permesso di soggiorno per motivi di adozione) Nota del Ministero della Salute del 19 luglio 2007 “Iscrizione al SSN di studenti non appartenenti all’Unione Europea” Nota del Ministero della Salute del 19 novembre 2007 “Iscrizione al SSN di cittadini non appartenenti all’Unione Europea in attesa del rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari e nuova disciplina introdotta con il D.Lgs 10/8/07 n. 154” Nota del Ministero della Salute del 24 febbraio 2009 “Nuove disposizioni in materia di ricongiungimento familiare ai sensi dell’art. 29 del Testo unico Immigrazione, come modificato dal D.L. N. 160/2008. Assicurazione sanitaria per ricongiungimento genitore ultra sessantacinquenne”. Nota R.T. AOOGRT/323712/Q.080.140 del 20/12/2010 “Assistenza sanitaria urgente ed essenziale per l'anno 2011 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano” Nota R.T. AOOGRT/344003/Q.080.140 del 20/12/2012 “Assistenza sanitaria urgente ed essenziale per l'anno 2013 ai cittadini bulgari e romeni presenti sul territorio toscano” Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, nn. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, del 20 dicembre 2012 Ministero dell’Interno: procedura di emersione del rapporto di lavoro irregolare ex art. 5 del D.Lgs. 16 luglio 2012 n°109. Assistenza sanitaria nelle more della conclusione della procedura di emersione. Delibera GRT n. 120 del 20/02/2012 “Linee Guida Regionali per l'applicazione della normativa sull'assistenza sanitaria dei cittadini non italiani presenti in Italia: approvazione”. “Immigrants’ health protection: political, institutional and social perspectives at international and Italian level (IJPH - 2012, Volume 9, Number 3), Geraci, Marceca, Baglio. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 59 Deliberazione ASL 8 di Arezzo n° 237/2013” Approvazione Accordo Azienda USL8 – Caritas Diocesana Arezzo- Cortona Sansepolcro”. (percorso amministrativo per la presa in carico di STP e soggetti senza fissa dimora) Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 60 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 61 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 62 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 63 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 64 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 65 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 66 PROGETTI NUOVI Azienda USL 8: L'approccio transculturale alla persona, come strategia efficiente ed efficace in una società in evoluzione. Progetto aziendale che investe tutte le strutture dell’Azienda per rispondere alle criticità evidenziate dall’analisi del MES in cui si rilevava la difficoltà di comunicazione transuculturale tra operatori sanitari e popolazione straniera. Struttura che presenta il progetto: Zona Distretto Valdarno Responsabile del progetto: D.ssa Domenichelli Anna Animatore di formazione: Falugiani Barbara Segreteria Organizzativa: Zona Distretto Valdarno Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO La presenza significativa degli immigrati in Italia ha creato, nell’organizzazione dei servizi socio sanitari , bisogni nuovi e la necessità di sviluppare nuove competenze nei professionisti , in grado di rispondere alle istanze dei cittadini stranieri, favorendone l’integrazione. La proposta formativa nasce dall’esigenza di focalizzare l’attenzione dei professionisti dei servizi socio sanitari sulle diversita’ culturali della popolazione straniera nel nostro territorio, allo scopo di individuare universalita’ e diversita’ e sviluppare consapevolezza circa la necessita’ di un approccio assistenziale transculturale alla persona. A tal proposito la mediazione culturale rappresenta una funzione utile e necessaria per agevolare il processo di integrazione e facilita momenti di criticita’ e complessita’ assistenziale. OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto Promuovere strategie per agevolare l’accesso alle cure e al mantenimento della salute, attraverso la multiculturalita’ e la cultura dell’accoglienza nell’attività’ socio sanitaria. Migliorare le abilita’ comunicative relative al lavoro d’equipe , in materia di procedure di accesso ai servizi socio sanitari da parte del cittadino straniero. OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere Facilitare la comunicazione tra i professionisti dei servizi socio sanitari e l’utenza straniera nell’ottica della condivisione dei valori. Migliorare le competenze interculturali dei professionisti tramite appositi interventi educativi e come l’intervento di mediatori culturali possa contribuire alla qualità della prestazione socio sanitaria. FORMATORI PROPOSTI Nome e Cognome DEL FURIA LUCA Qualificazione INFERMIERE Provenienza (*) INTERNO MON ADHAULYA MEDIATORE CULTURALE MEDIATORE CULTURALE ESTERNO MEDIATORE CULTURALE ESTERNO NEPI STEFANIA ASSISTENTE SOCIALE INTERNO Ore (**) 3 per ogni edizione 2 per ogni edizione 2 per ogni edizione 1 per ogni edizione PREVISIONE DI SPESA TIPOLOGIA Organizzazione Struttura, residenzialità, attrezzature, ecc Docenza interna Docenza esterna Altro (specificare in note) Costo totale COSTO NOTE 150 – 309.84 – 414.6 : 874.4 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 67 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 68 U.O. IGIENE DEGLI ALIMENTI E DELLA NUTRIZIONE Riconferma progetto 2013 con accesso a un finanziamento regionale: Appropriatezza nell'accesso al Pronto Soccorso da parte dei migranti: criticità attuali e possibili interventi di comunicazione ed educazione alla salute per il contenimento del fenomeno. Struttura che presenta il progetto: UO Educazione alla Salute; Dipartimento Emergenza-Urgenza; Comunicazione Marketing; Oxfam. Responsabili del progetto: Baldaccini Patrizia; Marzia Sandroni; Mando’ Massimo Animatore di formazione: Cortini Donatella Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO Tutte le più recenti osservazioni sull'accesso al Pronto Soccorso (PS) da parte dei migranti in provincia di Arezzo (cfr analisi epidemiologica ASL 8) sono concordi nel rilevare che, nelle varie classi di età, si verificano accessi maggiori tra gli stranieri per i codici a minore impatto di emergenza (bianco, azzurro,) rispetto ai codici a maggiore intensità (giallo, rosso) le cui percentuali, almeno per classi di età fino a 55 anni, sono pressoché analoghe. Il maggiore ricorso degli immigrati al pronto soccorso, riguardo ai codici a minore impatto di emergenza (codici bianchi e azzurri), è probabilmente correlato ad una maggiore facilità nell' accesso che il pronto soccorso garantisce in particolare a chi, come alcune fasce di immigrati, non ha sufficiente ed adeguata conoscenza dell'articolazione dei servizi sanitari dislocati a monte rispetto all'ospedale. L'analisi dei dati fa ipotizzare, infatti, che una quota parte non indifferente di immigrati guarda ancora al presidio ospedaliero come unica struttura che può rispondere nell'immediatezza ai bisogni sanitari shuntando sia il sistema delle cure primarie che i modelli della prevenzione. Le possibili spiegazioni riguardano dunque una sorta di “trasferimento tout-court” dei modelli di organizzazione della sanità del Paese di provenienza in cui le strutture territoriali sono spesso carenti e comunque non strutturalmente paragonabili a quelli del servizio sanitario regionale. Infine, ma non per questo secondarie, si evidenziano possibili criticità di comunicazione in fase di accoglienza e di dimissione, correlate non solo a problemi linguistici (in parte contenute dai servizi di mediazione linguistico-culturale), ma anche inerenti aspetti prettamente non verbali, derivanti da riferimenti culturali diversi, il cui impatto sul singolo può influenzare gli stessi percorsi diagnostici oltre che l'adesione alle cure. I problemi dell'appropriatezza nell'accesso ai servizi e le altre criticità della comunicazione necessitano dunque di un intervento formativo rivolto agli operatori sanitari che operano nel Pronto Soccorso, al fine di trasferire loro elementi di comunicazione atti a migliorare la relazione tra gli stessi operatori e tra questi e il paziente immigrato; ad individuare casi di inappropriato accesso al PS favorendo momenti periodici di confronto (Audit) sugli stessi casi, restituendo ad uno specifico osservatorio sanitario territoriale (Tavolo Distrettuale Immigrati) i casi più significativi che necessitano di approfondimenti e di possibili soluzioni. OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto L'Azienda ASL 8 persegue L’Equità di accesso alle cure, la Qualità delle stesse e la loro Sostenibilità nella Continuità. Questi obiettivi sono primari e strategici per il servizio sanitario della Toscana. Alla luce delle osservazioni descritte nel paragrafo precedente, si rende necessario da un lato favorire con ogni mezzo l'Equità del Sistema, garantendo l'accesso alle cure ed evitando disuguaglianze e discriminazioni che si opporebbero alla stessa mission del Servizio Sanitario Regionale; dall'altro, la necessità di garantire, anche attraverso interventi imperniati sulla comunicazione e sull'educazione sanitaria di queste fasce di immigrati, un'adeguata conoscenza del modello sanitario toscano. Per il raggiungimento di tali obiettivi è fondamentale partire dalla Comunicazione che si instaura al Pronto Soccorso tra il cittadino straniero, portatore di bisogni e di diversità culturali e l'operatore sanitario (medico, infermiere) che lo accoglie e ne decodifica, con l'aiuto della mediazione linguisticoculturale, le sue richieste sanitarie. La facilitazione nelle diverse fasi della comunicazione, a cui, insieme ad altri attori (Psicologia clinica; Educazione alla Salute; DEU) deve concorrere anche una mediazione linguistico-culturale, adeguatamente formata ed attenta alle esigenze di entrambe le parti in causa (operatori del pronto soccorso e immigrati) è dunque essa stessa obiettivo strategico del progetto affinchè attarverso la Comunicazione passi non solo la traduzione del bisogno e il linguaggio tecnico che andrà restituito al Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 69 paziente, ma anche il rilievo dei problemi connessi alla conoscenza del sistema sanitario, da cui derivano in gran parte le criticità sull'accessibilità ai servizi da parte delle fasce di popolazione immigrata. Ciò dovrebbe favorire nel medio-lungo termine un progressivo affinamento dell'appropriatezza sul motivo che ha determinato eventuali accessi impropri al pronto soccorso. Inoltre l'efficacia della relazione comunicativa tra il soggetto portatore del bisogno e l'operatore che lo attende al triage o lo prende successivamente in carico, durante il percorso diagnostico/terapeutico dovrebbe garantire un'adeguata accoglienza del migrante con ricadure positive in termini di percorso diagnostico e di adesione alle cure. OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere Comunicazione efficace nelle varie fasi della relazione operatore sanitario-paziente, comprese le interazioni con la mediazione linguistico-culturale: a) triage; b) presa in carico; c) restituzione dei risultati della visita o del percorso diagnostico; d) eventuale counselling ed umanizzazione per casi particolari compresa la comunicazione ai familiari del decesso. L'obiettivo prevede un lavoro preliminare di conoscenza delle difficoltà evidenziate sia su campioni di immigrati sia dalla parte degli operatori del pronto soccorso. Si prevedono, all'uopo, dei focus group finalizzati a focalizzare l'attenzione sulle maggiori difficoltà di interazione, di comprensione di linguaggio, di attivazione e coinvolgimento dei sistemi di mediazione linguistico-culturale, di comunicazione non verbale ecc. Implementazione di un sistema periodico di audit tra operatori del pronto soccorso e mediatori alla presenza di professionisti di psicologia ospedaliera dell'ASL8, per approfondire e porre possibili soluzioni (problem solving) di fronte a criticità rilevate nella comunicazione e nella gestione quotidiana dei casi. Osservatorio del Pronto Soccorso dei casi di accesso incongruo e restituzione periodica (trimestrale) di quelli più significativi al Tavolo attivato presso il Distretto sulle politiche sanitarie degli Immigrati. Progressiva appropriatezza nell'accesso al pronto soccorso e conseguente riduzione degli immigrati che accedono ai codici a basso impatto di emergenza (codici bianchi, azzurri, verdi) e progressivo allineamento degli accessi, per i suddetti codici, degli immigrati con gli quelli degli italiani. Attivazione di 5 moduli formativi nell'ASL 8: uno per PS di zona. 1 - CONTENUTI DIDATTICI dell’evento Interviste random ad immigrati, con l'aiuto di esperti della mediazione linguistico-culturale, che giungono al pronto soccorso e vengono deviati ai codici a basso impatto, attraverso strumento elaborato (questionario) per rilevare eventuali criticità relative alla conoscenza dei modelli organizzativi del sistema sanitario in confronto con quello del Paese di provenienza; Focus group con personale dedicato al pronto soccorso (medici e infermieri) per evidenziare criticità più frequenti sull'aspetto della Comunicazione con gli immigrati; Strategie Comunicative in fase di accoglienza e dimissione; Implementazione di un sistema di rilevamento a livello del pronto soccorso sui casi di accesso inappropriato e sulle possibili soluzioni informative da adottare Restituzione dei casi significativi al Tavolo sugli Immigrati (Distretto-Cure Primarie); Seminario sui modelli sanitari dei Paesi di provenienza delle fasce di popolazione più rappresentate nella nostra provincia (runeni, albanesi, marocco, bangladesh, pakistan, ecc) Lezioni frontali sulle tecniche della Comunicazione verbale e non verbale; L'accoglienza, il triage e Il Counselling al Pronto Soccorso. PREVISIONE DI SPESA TIPOLOGIA Organizzazione Struttura, residenzialità, attrezzature, ecc Docenza interna Docenza esterna Altro (specificare in note) COSTO Struttura ASL (biblioteca) €.35,00 hx 50 NOTE 1 .750,00 € Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 70 U.O. IGIENE DEGLI ALIMENTI E DELLA NUTRIZIONE Titolo progetto: Cucino senza confini Obiettivo principale: Promuovere l'adesione alle linee guida nazionali sulla corretta alimentazione attraverso l'uso di alimenti “etnici” per la preparazione di piatti bilanciati ma gradevoli. Obiettivo secondario: Favorire la conoscenza e l'incontro tra persone provenienti da paesi diversi. Target: Prioritariamente pazienti inseriti nel Chronic Care Model, in secondo ordine pazienti inviati dai MMG ma non inclusi nel CCM, in terza istanza popolazione generale. Durata: 24 mesi, con revisioni semestrali Gruppo ristretto di progetto: Dr.ssa Patrizia Baldaccini, medico, Responsabile U.O. Igiene degli alimenti e della nutrizione p.baldaccini@usl8.toscana.it Dr. Nicola Vigiani, U.O. Igiene degli alimenti e della nutrizione nicola.vigiani@usl8.toscana.it Dr.ssa Stefania Magi Assessore alle Politiche per l’integrazione dei nuovi cittadini e le Pari opportunità, Politiche internazionali del Comune di Arezzo Rete a sostegno del progetto: Azienda USL8 di Arezzo, Comune di Arezzo, Provincia di Arezzo, Camera di Commercio, Oxfam Italia Descrizione del progetto Le malattie cronico-degenerative costituiscono ormai la principale causa di morte nel nostro paese. Le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche sono, in generale, malattie che hanno origine in età giovanile, ma che richiedono anche decenni prima di manifestarsi clinicamente. Dato il lungo decorso, richiedono un’assistenza a lungo termine, ma al contempo presentano diverse opportunità di prevenzione. Alla base delle principali malattie croniche ci sono fattori di rischio comuni e modificabili, tra cui un ruolo di particolare peso è rivestito da una alimentazione poco sana. Una cattiva alimentazione può generare quelli che vengono definiti fattori di rischio intermedi, ovvero l’ipertensione, la glicemia elevata, l’eccesso di colesterolo e l’obesità. A questi fattori di rischio intermedi si aggiungono fattori di rischio che non si possono modificare, come l’età o la predisposizione genetica, diventando responsabili della maggior parte dei decessi per malattie croniche in tutto il mondo e in entrambi i sessi. Anche in Italia le malattie cronico-degenerative in cui l'alimentazione gioca un ruolo di importante fattore di rischio colpiscono sia persone di cittadinanza italiana che persone con cittadinanza straniera. Le indagini epidemiologiche che hanno esplorato quali siano le caratteristiche della popolazione più esposta ai fattori di rischio legati ad una cattiva alimentanzione (Studio Passi) non hanno rilevato una differenza sostanziale tra cittadini italiani e stranieri, mentre hanno evidenziato come essi si correlino in maniera indiretta con il livello di istruzione e con lo status socio-economico. Ci si propone dunque di realizzare una modalità per favorire un miglioramento delle abitudini alimentari nelle fasce a maggior rischio, utilizzando come risorsa le opportunità date dalla presenza di cittadini stranieri sul nostro territorio e la disponibilità di alimenti “etnici” sul mercato: in questo modo i cittadini stranieri non diventano solo i destinatari del progetto, ma diventano essi stessi una risorsa anche per i cittadini italiani. Negli ultimi anni sono stati infatti introdotti sul mercato numerosi alimenti provenienti da paesi lontani ed estranei alla tradizione culinaria del nostro paese che presentano, se ben sfruttati, delle innegabili potenzialità legate al loro impiego in preparazioni che possano integrare quelle proprie della nostra tradizione culinaria, migliorandone la varietà e l'equilibrio nutrizionale. Queste opportunità verranno esplorate nel corso di una serie di incontri, aperti a cittadini stranieri e italiani, da organizzarsi presso la casa delle culture ad Arezzo, nel corso dei quali, anche attraverso metodiche tipiche del counselling motivazionale, si diano spunti per migliorare le abitudini alimentari con l'introduzione di nuovi alimenti e di nuove preparazioni nella dieta quotidiana. Reclutamento dei partecipanti Agli incontri i partecipanti dovrebbero essere inviati dal loro MMG, che li sceglierà secondo i seguenti criteri, elencati nell'ordine di priorità per la partecipazione: pazienti inclusi in percorsi CCM; pazienti non inclusi in percorsi CCM ma con storie di fallimento di precedenti tentativi di gestione del peso corporeo Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 71 La priorità dovrà essere data a cittadini stranieri. Nel caso non venga raggiunto il numero minimo di partecipanti con le categorie sopra elencate gli incontri potranno essere aperti alla popolazione generale fino al raggiungimento dei 20 iscritti. Sede Gli incontri saranno organizzati all'interno della Casa delle culture del Comune di Arezzo Programma Gli incontri avranno cadenza quindicinale ed avranno una durata di circa due ore l'uno, con una parte divulgativa ed una parte pratica. Il primo incontro sarà di presentazione del progetto con l'illustrazione di alcuni principi fondamentali della corretta alimentazione e sarà condotto da personale IAN, mentre negli incontri successivi ci sarà la compresenza di personale IAN e di esperti delle diverse cucine. In questi incontri si prenderà spunto da un alimento tipico di un paese per approfondire un tema più ampio. A titolo di esempio le cucine e i temi di approfondimento saranno: La cucina cinese e la cottura al vapore La cucina indiana e le alternative alla carne La cucina Bengalese ed il tandoor La cucina dell'Est europeo e le zuppe La cucina Africana, il cous cous ed il bulghur La cucina sudamericana ed i piatti unici La cucina caraibica e le combinazioni inusuali Costo si ipotizzano 150 euro per ciascuno dei 7 incontri, tenendo conto che il personale ASL opererà in orario di servizio ed includendo i costi per la assicurazione dei partecipanti. Ai partecipanti potrà essere richiesto un contributo di 10 euro ad incontro per la copertura dei costi, con la possibilità di portare a casa gli alimenti preparati (gli incontri sarebbero da programmarsi al mattino) per il consumo familiare. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 72 Aggiornamento progetto ESC Attività svolte al mese di agosto 2012 Da fine maggio ai primi di luglio: luglio: sono state effettuate interviste biografiche a testimoni chiave per rilevare i luoghi di aggregazione e ritrovo ritrovo delle donne rumene che vivono ad Arezzo e approfondirne le principali caratteristiche sociologiche. Gli obiettivi specifici sono stati: la rilevazione dei legami sociali, catene migratorie, senso di comunità e luoghi di aggregazione e incontro delle donne onne rumene che vivono ad Arezzo; approfondimento del tema della salute riproduttiva; condivisione delle azioni e della modalità d’intervento da implementare. Il materiale raccolto deve essere sbobinato al fine di stendere un report intermedio ad uso interno. inte • Riepilogo interviste biografiche Aurelia Caeromila Associazione Romeno italiana "Dacii” 28/05/2012 Lidia Fichiosi partecipante percorso Attiviamoci 29/05/2012 Irina Artusei Robert Caciula partecipante percorso Attiviamoci 29/05/2012 Pastore avventista ventista chiesa Pratovecchio e Arezzo 30/05/2012 Stela Fainaru 05/06/2012 Adrian Circolo rumeno e negozio Bunatati de acasa Padre Octavio Tomuta Pope ortodosso 15/06/2012 non rilascia intervista Stefan Stanasel Coordinatore nazionale rumeni in Italia 03/07/2012 • Individuazione donne rumene per il ruolo di ESC/promotrici di salute (agosto): sulla base di quanto emerso dalle interviste (la comunità romena ad Arezzo ed in Italia esiste solo a livello della coscienza collettiva italiana poiché nonostante i romeni siano molto numerosi essi sono anche molto eterogenei in termini di provenienze, caratteristiche sociali e culturali) e dalla mappatura del territorio in termini di reti sociali esistenti e agenti nei territori si è deciso di selezionare due delle e donne intervistate. Nella selezione abbiamo valutato la loro conoscenza del territorio, del contesto d’origine, le loro competenze relazionali e la loro motivazione rispetto al progetto e il desiderio di empowerment. Le due interlocutrici individuate sono son state contattate singolarmente e definito il loro livello di coinvolgimento. • Presentazione e condivisione del progetto agli operatori sanitari e sociali: 27 agosto Prossime attività da fare: • Creazione e definizione del gruppo di lavoro (obiettivi ( e metodologie di lavoro): lavoro) il gruppo sarà il nodo strategico del progetto e composto da 6/7 persone che si incontreranno con cadenza mensile. La composizione prevede le due donne rumene promotrici di salute, la responsabile del progetto e la ricercatrice di Oxfam, Oxfam, operatori dei consultori ed altre figure sanitarie strategiche individuate dal dott. Giglio. Documento cumento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 73 • Formazione (da metà settembre a metà ottobre). Il corso di formazione di 20 ore comprenderà i seguenti moduli: Seminario iniziale di presentazione del modello ESC e delle sue sperimentazioni condotte in Italia La promozione della salute di comunità come intervento di mediazione di sistema. Il ruolo degli operatori sanitari. Principali caratteristiche dell’immigrazione ad Arezzo e l’immigrazione come determinante di salute. Il ricorso all’IVG tra le donne straniere: come si leggono e cosa ci dicono i dati a disposizione. Presentazione e discussione caso studio IVG e donne rumene ad Arezzo La lettura del territorio e il lavoro sulle “comunità”: ambiguità, difficoltà, potenzialità (laboratorio) Costruire strategie per la promozione della salute (laboratorio) Sviluppare competenze comunicative e individuazione interventi (laboratorio). • • Pianificazione delle attività e delle metodologie di intervento (da novembre ad aprile 2013): sulla base di quanto emerso nei laboratori del corso di formazione e dalla ricerca azione saranno predisposte le specifiche attività di intervento. Cronogramma del progetto: Attività Mese Ricerca intervento Focus group operatori Interviste biografiche Osservazione etnografica/mappatura Formazione ESC/operatori Realizzazione interventi sensibilizzazione 2012/2013 mag x giu x lug ago sett ott x x nov dic gen feb mar apr x x x x x x X x x x x x x Oxfam Italia Intercultura SERVIZIO CIVILE Titolo del progetto: I diritti di Ulisse: i volontari con i migranti per un corretto uso del Pronto Soccorso. Settore di intervento del progetto: Tutela dei diritti sociali e di cittadinanza delle persone, anche mediante la collaborazione ai servizi di assistenza, prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale. Descrizione del contesto territoriale e/o settoriale: Il progetto si inserisce nella più vasta azione del corretto accesso al Pronto Soccorso degli Ospedali “S. Donato“ Zona Arezzo, “S. Maria La Gruccia “Zona Valdarno, “Ospedale di Bibbiena” Zona Casentino, “Ospedale Valdichiana“ Zona Valdichiana, “Ospedale Sansepolcro” Zona Valtiberina con particolare attenzione ai problemi ed alla condizione dei cittadini stranieri. Da molti anni ormai gli studi e le ricerche sociologiche ed antropologiche hanno ampiamente dimostrato a livello nazionale ed internazionale che il processo dell’emigrazione, anche quando avviene nel miglior modo possibile, rappresenta un fattore di rischio per la salute. L’allontanamento progressivo dal quadro culturale originario, da solo, rende più fragili le difese della persona; il fenomeno migratorio espone il migrante ad un rischio di privazione dei suoi aspetti cognitivi, affettivi, comportamentali che possono nel proseguo del tempo non favorire il fronteggiamento delle situazioni critiche. A questo sradicamento si associano spesso una serie di determinanti sociali sfavorevoli (condizioni lavorative, abitative, povertà economica, esclusione sociale, discriminazione, difficili rapporti con le istituzioni, stile di vita rischiosi, difficoltà relazionali…….) che costituiscono altrettanti fattori di rischio per la salute. Dunque, una particolare attenzione ai comportamenti di tutela della propria salute da parte dei migranti è diventato un impegno prioritario e non più derogabile, dal momento che le rilevazioni fatte ci dicono che spesso i cittadini stranieri non utilizzano in maniera congrua i servizi forniti ed in modo particolare sembrano fare un uso improprio del Pronto Soccorso. Il Progetto “I diritti di Ulisse – i volontari con i migranti per un corretto uso del Pronto Soccorso”, si pone l’obiettivo di contribuire a diminuire l’affluenza dei cittadini stranieri alla struttura relativamente alle situazioni non acute. Nella ASL 8 di Arezzo, come previsto dall’organizzazione generale del Sistema Sanitario Nazionale, il Pronto Soccorso è una “porta d’ingresso” all’ospedale per eventuali ricoveri in altri reparti: una volta che il paziente arriva in accettazione viene sottoposto ad una valutazione (definita triage ), effettuata da un infermiere appositamente formato al quale è demandata la decisione di stabilire il livello di gravità del disturbo presentato dal paziente. Questa prima valutazione segnerà i tempi di accesso per la visita medica. Il Pronto Soccorso rappresenta quindi un punto di riferimento per i casi di urgenza sanitaria, che ottengono risposte in tempo reale sulla base della valutazione della loro gravità. Ma non tutti i cittadini sembrano comportarsi nello stesso modo relativamente all’accesso presso questo servizio; in modo particolare sembra necessario, come sopra dicevamo, intervenire per migliorare l’uso che di questa struttura fanno i cittadini stranieri. I dati degli studi osservazionali ci dicono che gli stranieri infatti, regolari e non, utilizzano spesso questo servizio per tutti i disturbi di salute e non solo in situazioni di urgenza . L’osservatorio sulle politiche sociali della Provincia di Arezzo, da tempo attua un monitoraggio dell’utilizzo dei servizi sanitari da parte dei migranti e l’ultimo studio, che si riferisce all’anno 2011, ha fornito una interessante documentazione, qui di seguito riassunta. In generale, l’esame dei dati di accesso al Pronto Soccorso di Arezzo, ma che descrivono una realtà generalizzabile in tutte le zone all’interno delle quali si sviluppa il presente progetto, ha mostrato che: - la presenza di utenti stranieri, costituisce un notevole impatto sui servizi sanitari; vi sono, rispetto ai cittadini italiani, disuguaglianze significative in alcune patologie riconducibili a condizioni lavorative, a particolari condizioni di vita e si rilevano 75 - disuguaglianze rispetto a rischi specifici, non ultimi quelli relativi alla salute della donna; vi sono incongruenza e non-appropriatezza nell’utilizzo di particolari strutture in generale ed ancor più del Pronto Soccorso. Contemporaneamente, tutte le ricerche sull’andamento generale del fenomeno migratorio nella provincia di Arezzo, rispetto ai dati sulla presenza, sul lavoro e sulla scuola, mostrano un progressivo incremento della complessità della presenza di stranieri, sia dal punto di vista della varietà delle provenienze, sia da quello dei tempi di permanenza, sia in generale da quello dei progetti e delle modalità di integrazione. In queste condizioni, l’obiettivo di garantire a tutti un livello di accesso ai servizi per la salute che sia il meno “diseguale” possibile non passa solo attraverso una mera messa a disposizione quantitativa di prestazioni. Vi sono infatti una serie di ostacoli e di condizioni che possono rendere profondamente diseguale l’accesso a questo diritto. Tra gli ostacoli che determinano queste condizioni di limitazione del diritto alla salute e dell’appropriatezza della prestazione, vi sono certamente la scarsa informazione, la scarsa comprensione del funzionamento dei servizi, la difficoltà nel rapporto tra utente e operatore. La Carta Europea dei diritti del malato riconosce tutto ciò e recita: Ogni individuo ha il diritto di accedere a tutti i tipi di informazione che riguardano il suo stato di salute, i servizi sanitari e come utilizzarli, nonché a tutti quelli che la ricerca scientifica e la innovazione tecnologica rendono disponibili. I servizi sanitari hanno il dovere di rendere tutte le informazioni facilmente accessibili, rimuovendo gli ostacoli burocratici, educando i fornitori di assistenza sanitaria, preparando e distribuendo materiale informativo. Pronto Soccorso Nel rapporto della Sezione Immigrazione della Provincia di Arezzo, l’accesso dei cittadini stranieri al Pronto Soccorso di tutti i presidi ospedalieri è stato esaminato da più punti di vista. Ne è risultato un quadro che presenta alcuni punti di riflessione. Il 90% degli accessi di stranieri al Pronto Soccorso non è stato seguito da ricovero; questo dato è superiore, anche se non di molto, all’84% relativo ai cittadini italiani. La differenza diviene più consistente se si considera il rapporto con la popolazione residente: risultano 571 accessi non seguiti da ricovero ogni 1000 residenti stranieri, contro 316 ogni 1000 italiani. È noto che gli accessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale sono, in generale, in molti casi non appropriati. I numeri riportati sopra fanno pensare tuttavia che vi sia un livello di non appropriatezza superiore per gli stranieri rispetto ai cittadini italiani. Interessanti i dati raccolti dall’Osservatorio della Provincia di Arezzo (fonte) tramite un questionario, teso rilevare i motivi di accesso al Pronto Soccorso dal punto di vista dall’utente “cittadino straniero“ ed a raccogliere le difficoltà incontrate. Lo studio è stato condotto nel 2011, intervistando un campione di 94 persone. Hanno risposto l’83% di donne ed il 17% maschi. Nell'ultim o anno ha avuto bisogno di recrsi al Pronto Soccorso ? 60,0 mai 53,0 50,0 1 volta 39,8 40,0 più volte 7,2 30,0 20,0 10,0 0,0 mai 1 volta più volte Dei rispondenti alla domanda del questionario, quasi la metà (39,8 + 7,2%)) è passato almeno una volta dal Pronto soccorso. Se si tiene conto dell’età giovane dei soggetti 76 intervistati, appare un’alta frequenza di accessi, in linea peraltro, con quanto già segnalato in precedenza. E' rim asto soddisfatto del servizio ? 100,0 SI: 85,0 % 80,0 60,0 40,0 No: 15,0 20,0 0,0 Molto -Abbastanza Poco - Per niente Emerge poi con evidenza che, tra coloro che hanno avuto accesso al Pronto Soccorso, l’85% dichiara di essere soddisfatto del servizio (molto o abbastanza). Le motivazioni per le quali i rispondenti si sono recati al Pronto Soccorso sono state espresse nel modo seguente: 1. stavo male e non potevo andare altrove: il 58,6%; 2. ho avuto un incidente/ mi sono fatto male: il 38,5%; 3. altro: il 2,6%. Quasi il 60% quindi “stava male e non poteva andare altrove”; in questo “non potevo” ci stanno sicuramente un buon numero di soggetti che non sapeva oppure veramente non poteva ma per motivi di comprensione di come sono organizzati dei servizi sanitari. Nonostante la dichiarazione di soddisfazione generale riguardo al servizio, sono stati segnalati problemi riconducibili alla comprensione e all’ organizzazione: • • • • tempi di attesa troppo lunghi: il 7,7%; non è chiaro come funziona l’accesso: il 33,3%; gli operatori non avevano tempo di spiegare niente: il 41,0%; non ci siamo capiti a causa della lingua: il 43,6%. Certamente l’accesso regolato dalla valutazione di gravità (codici dal rosso al bianco), indispensabile al buon funzionamento di un servizio di emergenza, non è immediatamente chiaro soprattutto se ci sono problemi di comprensione legati alla diversità di lingua, segnalato dal 43,6% dei frequentanti il Pronto Soccorso. Anche la difficoltà di dialogo con gli operatori, accentuata dal “non avevano tempo di spiegare niente”, seppure comprensibile nella organizzazione di un servizio quale il Pronto Soccorso, non è sempre accettabile dal punto di vista dell’utente. La poca chiarezza sul funzionamento dell’accesso e la difficoltà a interloquire con gli operatori è stata segnalata con una leggera prevalenza da residenti nella zona Aretina, che vede anche il Pronto Soccorso con il maggior numero di accessi. Le difficoltà di comprensione linguistica, anche per il Pronto Soccorso, sono state segnalate prevalentemente da cittadini del Bangladesh, dell’India e del Pakistan. SITUAZIONE DI PARTENZA I dati estratti dal Pronto Soccorso di Arezzo, documentano che gli accessi totali 2012 sono stati 67.534 dei quali 9.162 stranieri, pari al 13,5 % degli accessi. Se confrontati con il totale dei residenti stranieri rispetto ai residenti italiani, l’accesso degli stranieri risulta di due punti e mezzo superiore a quello degli italiani. Analogamente per le atre Zone. Gli accessi dei cittadini stranieri sono per il 30% codici a bassa priorità (bianchi ed azzurri), che potrebbero quindi trovare una risposta presso gli ambulatori di medicina generale. A questo proposito appaiono credibili alcune ipotesi che occorre verificare ed avviare a soluzione: 77 1. Non tutti i migranti regolari hanno un Medico di Medicina Generale. 2. L’ospedale viene visto come l’unico luogo di cura ed il Pronto Soccorso viene toutcourt scambiato con l’Ospedale. 3. In percorso delle prescrizioni ambulatoriali può essere tortuoso e talvolta oneroso. 4. Gli orari dei Medici di Medicina Generale sono poco accessibili per lavoratori che hanno difficoltà ad assentarsi dal posto di lavoro. Inoltre, per chi non è regolarmente presente in Italia, è impossibile iscriversi al Servizio Sanitario Regionale e non è possibile avere un medico di Medicina Generale e l’accesso al Pronto Soccorso sembra essere l’unica opportunità per la risoluzione dei problemi di salute. Da un esame dei dati degli accessi sulla base del codice di gravità, risulta un “utilizzo del Pronto Soccorso potenzialmente inappropriato (al triage vengono attribuiti numerosi codici bianchi, ad indicare un livello di gravità dell’evento ritenuto molto basso) da parte dei cittadini stranieri, quasi doppio rispetto alla media complessiva . Le motivazioni possono essere varie, come abbiamo già sottolineato, in parte riconducibili a disinformazione e a maggior difficoltà nell’accesso ad altri servizi forniti dalla struttura sanitaria. Per quanto riguarda i codici ad alta priorità invece, nello specifico i codici gialli, il fenomeno si inverte, con solo 851 accessi, pari al 9% circa contro una media di utenti italiani del 19 % . Una lettura di tale dato potrebbe risiedere nel fatto che gli stranieri residenti nel nostro territorio sono tendenzialmente persone comprese tra gli 0 ed i 50 anni e non è presente una popolazione rilevante di anziani, che invece rappresenta la maggior parte degli accessi in codice giallo per i cittadini italiani residenti. Per il resto la tipologia di patologie sono mediamente sovrapponibili a quelle degli italiani. SITUAZIONE DI ARRIVO Gli studi che l’Osservatorio delle Politiche Sociali della Provincia di Arezzo ha effettuato nel 2012 documentano come ormai da tempo si sia consolidata una forte presenza di popolazione straniera immigrata. La USL 8 di Arezzo, si colloca tra le aziende toscane per le quali il fenomeno della migrazione dall’estero è tra i più accentuati: la percentuale degli immigrati sulla popolazione residente (figura 1) nella USL è superiore di oltre un punto rispetto alla media regionale e la colloca tra le prime cinque della Toscana riguardo al numero di stranieri. La migrazione è ormai un fenomeno consistente e stabile sul territorio che, oltre alle notevoli implicazioni sul piano culturale, sociale ed economico, ha forti ricadute anche su quello sanitario ed il progetto tenta di inserirsi proprio in questo settore. E quando si parla di salute della popolazione migrante, trattandosi di una popolazione generalmente più fragile dal punto di vista socio economico e meno orientata alla cultura della prevenzione, è importante indirizzare e monitorare l’accessibilità ai servizi socio sanitari. A questo proposito la struttura Educazione alla Salute della USL 8 ha individuato nel Piano Formativo 2013 del personale, un percorso rivolto agli operatori del Pronto Soccorso finalizzato ad incidere sia sul piano della competenza educativa che comunicativa degli operatori. 78 Percentuale di stranieri residenti sul totale della popolazione per Azienda USL (1-012011) – Fonte: Istat REGIONE TOSCANA 9,71 AUSL 4 - Prato 13,56 AUSL 11 - Empoli 11,32 AUSL 10 - Firenze 11,15 AUSL 7 - Siena 10,88 AUSL 8 - Arezzo 10,78 AUSL 3 - Pistoia 9,24 AUSL 9 - Grosseto 9,16 AUSL 5 - Pisa 8,43 8,30 AUSL 2 - Lucca AUSL 6 - Livorno AUSL 1 - Massa e Carrara AUSL 12 - Viareggio 7,08 6,70 5,77 Nelle zone distretto della USL 8 la distribuzione degli stranieri residenti rispetto al totale della popolazione, è disomogenea: 12,7% Casentino, 11,4 % Valdichiana, 11,2% zona Aretina, 9,9% Valtiberina, 9,3% Valdarno, determinando un peso diverso delle problematiche degli stranieri sui servizi delle zone ed anche in considerazione di ciò i volontari del Servizio Civile saranno proporzionalmente assegnati nelle varie sedi di Pronto Soccorso. Il progetto intende intervenire in questa realtà ormai consolidata ponendosi di raggiungere il seguente risultato: 1. Ridurre gli accessi dei codici minori da parte della popolazione migrante. Indicatore ► riduzione del 10 % dall’attuale 30%. 79 SERT Progetto informativo in varie lingue e sito web Attività Dipartimento Dipendenze verso popolazioni immigrate Il Dipartimento delle Dipendenze da oltre 10 anni si è posto il problema in primo luogo di comprendere il rapido mutamento in atto nelle caratteristiche sociodemografiche della popolazione della nostra provincia, poi di recepire le problematiche legate ai nuovi arrivi di immigrati (extracomunitari e dall’est europeo innanzitutto) e quindi di tarare i propri interventi alla luce delle loro specifiche connotazioni culturali e religiose. Sono state quini attivate in primo luogo iniziative di studio e formazione: tra la fine del 2000 e gli inizi del 2001 si è organizzato ad Arezzo, presso il nostro Centro di Documentazione e per conto della Regione Toscana, il corso, articolato i 4 giornate di studio, “Nuove droghe e nuove etnie. Orientamenti per l'inquadramento diagnostico” nel quale, attraverso gli interventi di vari relatori, si è affrontato il tema del rapporto tra sostanze stupefacenti e appartenenti alle diverse etnie ed il particolare, grazie anche al contributo del Presidente delle Comunità Islamiche di Arezzo, si è focalizzato il problema del consumo e abuso di alcol. Gli atti del del corso sono stati successivamente redatti a cura dello stesso Centro di Documentazione e pubblicati nel 2002 presso Armando Editore (ISBN 88-8358-313-2). Si sono quindi promosse delle specifiche progettualità: nel triennio 2001-2003, tramite un finanziamento erogato dalla Regione Toscana si è realizzato il “Progetto di informazione e sensibilizzazione su problematiche relative alla diffusione del consumo di alcol in nuove fasce a rischio: gli extracomunitari” che, tramite interventi di mediazione linguistico culturale in favore delle comunità di immigrati maggiormente presenti nel territorio aretino e l’elaborazione e distribuzione di specifici depliant informativi multilingue, ha perseguito i seguenti obbiettivi: Acquisizione da parte degli operatori impegnati nel campo dell’alcolismo, di maggiori e più appropriate conoscenze relative alle culture degli immigrati e al fenomeno dell’uso/abuso di alcol. Costituzione di un gruppo di lavoro con i referenti istituzionali degli immigrati al fine sia di migliorare i rapporti di fiducia tra il Ser.T. e le comunità degli immigrati, sia di individuare le priorità di intervento, in relazione alle problematiche alcolcorrelate. Sensibilizzazione e Formazione dei referenti istituzionali e dei leaders informali dei gruppi etnici relativamente ai problemi derivati dall’uso di alcol. Consolidare la presa in carico di immigrati con problemi di alcolismo così da permettere la cura e la riabilitazione delle persone. Successivamente, anche in base ai dati epidemiologici raccolti, si è preferito attivare interventi specifici all'interno di progettualità di più ampio respiro: da ultimo all'interno del progetto “Promozione di stili di vita sani nella popolazione di giovani casentinesi, in particolare per i rischi connessi all'uso e abuso di alcol.”(durata 2007-2011 e finanziato dallaConferenza dei sindaci del Casentino) si è pensato, fra l'altro, un intervento rivolto alla popolazione rumena, particolarmente presente nella zona tramite il coinvolgimento di un mediatore culturale e la produzione di materiale informativo in rumeno. Costante è stata l'attenzione rivolta sia agli aspetti informativi: oltre ad aver prodotto depliant in varie lingue, tramite il sito WEB: http://www.cedostar.it/sert_arezzo.htm offriamo informazioni di base sulle nostre attività nelle seguenti lingue: inglese, francese, spagnolo, arabo, albanese, rumeno, polacco; sia a quelli inerenti l'interazione tra le varie culture e le nostre modalità operative: proprio in questi giorni, abbiamo affrontato il problema del rispetto dei precetti religiosi legati al Ramadan, rappresentato da alcuni nostri utenti di fede islamica che non potevano assumere metadone durante il giorno: per questi si è provveduto a garantire un affido giornaliero introducendo alcune flessibilità nelle nostre procedure. 80 Dati epidemiologici (riferiti a TD e ALC) I 5 Ser.T. del Dipartimento delle Dipendenze, nel corso del 2010, hanno avuto in carico 226 utenti immigrati, ci cui 108 con problemi di tossicodipendenza e 118 di alcoldipedenza. Se complessivamente tale utenza è pari al 11,9 % di quella totale (di 1,7 superiore al rapporto tra immigrati e popolazione residente che nella nostra provincia è del 10,2%), è da sottolineare che tale percentuale sale ben al 20,1% per i soli alcolisti. Questa popolazione è presente soprattutto nella zona Aretina (126 utenti) dove rappresenta il 14,2 % dell'utenza totale; è comunque significativa la presenza di immigrati alcoldipendenti in Casentino (31%). Il rapporto tra maschi e femmine (179m, 47 f) è in generale simile a quello presente nel totale della nostra utenza, ma vi è una differenza tra tossicodipendenza e alcoldipendenza: sono pochissime le immigrate con problemi di tossicodipendenza ( 5 unità pari al 4,6%, le italiane sono il 18%) mentre più alto è il numero delle alcoldipendenti (42 unità pari 35,6% contro il 27,9% delle italiane). 81 UO Educazione alla Salute Titolo del progetto: Formazione degli operatori del Consultorio per un intervento di Promozione della Salute finalizzato al controllo dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nelle donne immigrate dall'Est Europa. (Del. 308 del 15/06/2012) Struttura che presenta il progetto: UO Educazione alla Salute Segreteria Organizzativa: Sig.ra Mencarini Maria Rosa; Sig.ra Donatella Cortini Analisi del FABBISOGNO FORMATIVO Il Tavolo sulle politiche sanitarie degli Immigrati costituitosi presso il Distretto di Arezzo e coordinato dal dr. Evaristo Giglio ha confermato, attraverso vari focus group, che l'elevata incidenza di IVG e di IVG ripetute presso i Consultori dell'ASL8 da parte delle donne provenienti da Paesi dell'Est rappresenta una delle principali emergenze sanitarie riguardanti i migranti nella nostra provincia. Il dato era già stato precedentemente osservato nell'ambito di una ricerca che l'ASL 8 aveva commissionato ad Oxfam, i cui risultati sono contenuti nell'allegato 1 della Delibera 308 del 16/06/2012. Numerosi tentativi tra i quali il counselling breve o il colloquio motivazionale in fase di intervento di Interruzione, non hanno ad oggi sortito risultati efficaci. Pertanto, considerando che erano a disposizione dei fondi residui all'interno del progetto R102, di cui una sufficiente quota derivante dalla Delibera Regionale n°259/06, si è proceduto ad articolare un progetto ad hoc, coinvolgendo il settore della mediazione culturale impegnato nella nostra Azienda a decodificare il bisogno di salute in tali popolazioni. OBIETTIVI STRATEGICI AZIENDALI cui si riferisce il progetto Uno specifico gruppo di lavoro costituitosi nel Tavolo sopraccitato ha analizzato a fondo le problematiche emergenti evidenziate dalla ricerca Oxfam. Questo studio rileva che modelli culturali interiorizzati storicamente nei Paesi di provenienza (in particolare Romania) relativi alla sessualità e alla procreazione si pongono come elementi fortemente ostacolanti rispetto all'uso dei contraccettivi. Il gruppo di lavoro concorda in tale ambito nel definire il retaggio culturale come il principale fattore tra i determinanti che si oppongono all'uso dei metodi contraccettivi. Si tratta dunque di intraprendere azioni finalizzate ad un progressivo cambiamento di questa visione culturale attraverso, in particolare, un intervento sistematico di educazione e promozione della salute da effettuarsi direttamente nei luoghi di vita utilizzando il metodo della peer education attraverso un percorso formativo che metta in grado alcune mediatrici di svolgere il ruolo di Educatrice Sanitaria di Comunità. L'intero percorso deve essere garantito da un clima tecnicamente consapevole ed accogliente sul versante del Consultorio. Per questo motivo si è reso necessario prevedere un corso formativo parallelo che coinvolgesse le ostetriche consultoriali, (almeno due figure per consultorio zonale) al fine favorire un continuum tra l'intervento educativo in Comunità, portato avanti dall'educatrice, e l'approccio tecnico-operativo proprio del livello consultoriale. OBIETTIVI FORMATIVI SPECIFICI da raggiungere 1. nel medio termine aumento atteso del numero delle donne straniere residenti nell'area target che ricorrono ai servizi territoriali; 2. diffusione e conoscenza dei metodi contraccettivi 3. nel medio-lungo termine riduzione delle IVG e delle IVG ripetute 4. riduzione dello stress degli operatori sanitari che avranno maggiori strumenti per la gestione dell'utenza immigrata 5. sviluppo e miglioramento di competenze comunicative accanto a quelle tecnico-scientifico degli operatori del materno-infantile 1 - CONTENUTI DIDATTICI dell’evento 1. Promozione della Salute di Comunità. L'intervento di mediazione del sistema; 82 2. La lettura del Territorio e il lavoro sulle Comunità: ambiguità, difficoltà, potenzialità (laboratorio) 3. Costruire strategie per la promozione della salute 4. Sviluppare competenze comunicative 5. Caratteristiche del fenomeno dell'immigrazione in provincia di Arezzo: l'immigrazione come determinante di salute 6. Il ruolo degli operatori sanitari del Consultorio; 7. Il modello dell'Educatore di Salute (condivisione con le ostetriche su obiettivi del percorso nel territorio aretino; 8. Il ricorso all'IVG: lettura e significati dei dati emersi dalla ricerca su donne rumene. 4 - DURATA dell’evento 4 giornate PREVISIONE DI SPESA TIPOLOGIA Organizzazione Struttura, residenzialità, attrezzature, ecc Docenza interna Docenza esterna Altro (specificare in note) COSTO €.1482,00 €. 200,00 NOTE Fondi UO Educazione Salute ASL8 (R102) Mensa 83 Promuovere e sostenere l’allattamento al seno in Valdarno Il progetto ha l’obiettivo di attivare percorsi e strumenti di informazione, rivolti in particolare alle donne straniere, che stimolino ad avere un atteggiamento positivo nei confronti dell’allattamento e ad aumentare il numero delle donne che scelgono di alimentare in questo modo i loro figli. Il progetto ha identificato un certo numero di azioni che possono essere messe in pratica a livello locale per promuovere, proteggere e sostenere l’allattamento al seno. OBIETTIVI La promozione dell’allattamento al seno è una priorità di salute pubblica perché: è il modo naturale di alimentare i bambini ed è l’inizio ideale per la vita; è il miglior modo di assicurare una crescita ed uno sviluppo salutare nei primi sei mesi di vita; il latte materno, accompagnato da altri alimenti, fornisce vantaggi nutrizionali anche dopo i sei mesi; ha un impatto positivo sulla salute di donne e bambini, con una ridotta spesa sanitaria e meno diseguaglianze. Attualmente a livello nazionale e locale, come in Valdarno, l’allattamento al seno non è promosso e sostenuto come dovrebbe. A volte i nostri servizi sociali e sanitari, le nostre pratiche culturali ed i mezzi di comunicazione inducono le madri a non allattare o ad allattare meno a lungo di quanto potrebbero. I dati relativi all’utenza nel 2011 dei programmi di informazione del Consultorio, rivolti a tutto il Valdarno, evidenziano una modesta partecipazione (87) ancora più bassa se riferita alle donne straniere (13). Proprio per questo riteniamo necessario attuare un programma di sostegno con i seguenti obiettivi: migliorare gli strumenti di informazione riguardanti l’allattamento al seno nei servizi sociali e sanitari; aumentare il numero di madri, in particolare straniere, che scelgono di allattare i propri figli, di allattarli in maniera esclusiva per sei mesi, e di continuare ad allattarli in seguito fino a quando lo desiderino. migliorare le competenze pratiche e la soddisfazione degli operatori sanitari. AZIONI - Raccolta dati Verrà effettuata una raccolta ed analisi dei dati relativi all’utenza nell’ultimo anno del Consultorio di San Giovanni Valdarno, in particolare riguardo alla frequenza dei programmi relativi all’informazione sull’allattamento al fine di costruire un quadro complessivo con riferimenti a nazionalità ed età dei partecipanti. • Analisi dei contesti informativi Verrà realizzata un’analisi dei contesti sanitari nei quali le donne ricevono informazioni durante la gravidanza (ospedale, medico curante, consultorio) per ricostruire il quadro delle informazioni attualmente ricevute ed utilizzare quei contesti per diffondere il materiale informativo prodotto nell’ambito del progetto. Focus group A tutte le figure professionali legate al percorso informativo delle donne durante la gravidanza (consultorio, infermiere, medici. volontari, ecc.) verrà proposta la partecipazione ad un focus group con l’obiettivo di fare emergere le principali problematiche connesse al tema dell’allattamento al senso e individuare delle strategie di azione e, in particolare, di informazione. Produzione di materiale informativo Il progetto prevede l’elaborazione di materiale informativo sull’allattamento al seno, con traduzioni nelle lingue delle principali comunità di stranieri presenti in Valdarno, e la produzione di vari format (pieghevole cartaceo, contenuti per siti internet di enti locali e azienda usl per media locali, video da diffondere nei nei locali, ecc.) Diffusione del materiale informativo Il materiale prodotto verrà diffuso nei contesti informativi individuati dal progetto. 84 - Incontri con le associazioni di stranieri Incontri di presentazione del progetto a tutte le associazioni di stranieri del Valdarno in occasione dei loro periodici momenti di incontro (al Gurudwara per la Comunità Sikh, al Centro Culturale Islamico per la Comunità Marocchina, ecc...) e in collaborazione con mediatori linguistico-culturali. Durante gli incontri verrà diffuso il materiale di comunicazione tradotto in varie lingue. Incontri con alcune associazioni di volontariato Incontri di presentazione del progetto ad alcune associazioni di volontariato del Valdarno attive nel settore sanitario, dell’immigrazione e delle pari opportunità. Durante gli incontri verrà diffuso il materiale di comunicazione tradotto in varie lingue. Rafforzamento delle attività informative Il progetto prevede un rafforzamento delle attività informative normalmente svolte presso il Consultorio, attraverso l’avvio di percorsi specifici su alcune tematiche connesse all’allattamento al seno e la partecipazione di figure professionali che possano facilitare la comunicazione, l’apprendimento e la partecipazione delle donne (antropologi, etnopsichiatri, mediatori linguisticoculturali, ecc.). -Percorso di sostegno alla genitorialità e laboratorio di narrazione Ad un gruppo di donne partecipanti alle attività del consultorio verrà proposta la partecipazione ad un percorso di sostegno psicologico alla genitorialità al cui interno si svolgerà anche un laboratorio di narrazione sul tema della maternità e, in particolare, dell’allattamento al senso con l’obiettivo di avviare un momento di confronto, condivisione e discussione della propria esperienza di maternità e di raccogliere testimonianze e storie da inserire in un cd conclusivo del progetto, come ulteriore materiale informativo. La digitalizzazione delle storie narrate permetterà di individuare dei temi/parole chiave ricorrenti e di organizzare il materiale secondo diversi criteri di lettura (cronologico, nome, paese di provenienza, tema, parola chiave). Le storie elaborate nell'ambito del progetto verranno raccolte in un dvd che sarà presentato, con l'intervento degli autori, in occasione di un convegno finale. -Interviste a campione Il progetto prevede la realizzazione di una serie di interviste a campione sull’allattamento al seno ad un gruppo di donne individuate tra quelle che hanno partecipato alle attività informative del consultorio. Le interviste rappresentano uno strumento di monitoraggio del progetto e di rilevazione di indicatori per l’analisi del raggiungimento degli obiettivi previsti. -Convegno conclusivo Al termine del progetto si prevede la realizzazione di un convegno sul tema dell’allattamento al seno con la presentazione dei risultati raggiungi e la presentazione del dvd con le testimonianze delle donne che hanno partecipato alle iniziative previste. 85 STRUTTURE CONSULTORIALI Maternità ed intercultura: corsi di accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno genitoriali fino al puerperio alle popolazioni straniere con difficoltà linguistico-culturali I progetti in essere delle strutture consultoriali sulla popolazione straniera sono: Zona Aretina,Casentino,Valdarno: Maternità ed Intercultura - almeno n. 2 corsi all'anno di accompagnamento alla nascita e percorsi di sostegno genitoriale fino al puerperio alle popolazioni straniere con più difficoltà linguistico-culturali (Valdarno Indiane, Arezzo e Casentino Bangladesh Pakistan). Tutte le zone hanno prodotto materiale informativo in varie lingue sulla contraccezione e percorso nascita; fatti tanti corsi di formazione soprattutto per operatori consultoriali. In Valdarno e Arezzo abbiamo rivisitato il CAN per renderlo più appropriato a determinate etnie. Inoltre da qualche anno, con il progetto regionale sulle IVG ripetute "conoscere per prevenire" abbiamo,come azienda, fatto indagini e focus group sulle IVG della popolazione rumena (nelle statistiche aziendali il 23% sul totale del 48% IVG degli stranieri). Attualmente il Servizio Consultoriale della nostra azienda segue, in collaborazione con l'Istituto S.S.l. e altre Regioni (Emilia Romagna, Veneto, Umbria, provincia autonoma di Trento, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Puglia - capo fila Toscana) un progetto il cui l'obiettivo è implementare/monitorare azioni e interventi che favoriscano accesso e fruibilità dei servizi consultoriali per prevenire le IVG nelle donne straniere. 86 PROGETTI FEI Soggetto proponente Partner Titolo intervento Azioni Accoglienza del paziente con particolare attenzione all'utente immigrato Formazione generale e specifica USL 8 OXFAM / Comune di Arezzo/ Associaz. PIS: percorsi di integrazione USL 8 e Provincia Migrantes/ Pronto donna sociale di Arezzo " " " " " " " " " " " Destinatari Enti Costo Finanziatori/Autori del tà di gestione progetto Volontari del servizio civile " Ministero degli interni su Attivazione di percorsi di primo livello, accoglienza e finanziamento della orientamento per donne ricongiunte Giovani donne immigrate ricongiunte Regione Toscana Recupero e orientamento per ragazzi immigrati Minori stranieri in età scolastica " Mondo dell'associazionismo Partecipazione cittadinanza straniero " " " " Realizzazione rete di interventi per la prevenzione e la gestione delle malattie infettive (TBC, HIV,Epatiti virali) nella popolazione immigrata Elaborare messaggi in più lingue Formazione dei MMG 68.800 " " " Università di Siena USL 8 " " Evento nascita e culture altre Formazione interventi dei mediatori culturali " Proieziene di un video sulla nascita 1.500 Università di Siena USL 8 " " Alimentazione e culture altre " " 1.500 " " Comune di Montevarchi USL 8 Promuovere l'allattamento al Attivare percorsi e strumenti di informazione per seno promuovere e sostenere l'allattamento al seno USL 8 Formazione degli operatori del Consultorio per un intervento di promozione della salute finalizzato al controllo delle IVG nelle donne immigrate dall'est Europa USL 8 Appropriatezza nell'accesso al Pronto Soccorso da parte di migranti Associazione culturale del Bangladesh di Arezzo USL 8/Provincia di Arezzo/Comune di Arezzo/Prefettura Intervento dei mediatori culturali Proiezione di un video Intervento specialista diabetologo Sostegno ai migranti rientranti nella categorie vulnerabili Donne straniere Medici, Dirigenti sanitari, Infermieri, Intervento sistematico di educazione e promozione OSS, OTA, ssistenti sociali, della salute effettuato direttamente nei luoghi di vita sociologi Intervenire sulla comunicazione che si instaura al PS Mediazione linguistico culturale Interviste random ad immigrati Focus group con personale del PS Finanziamento richiesto alla Regione Toscana Contributo richiesto 65.600 45.920 USL 8 1.682 Medici, Dirigenti sanitari non medici, Infermieri, OSS, OTA, ssistenti sociali, sociologi USL 8 1.750 Attivazione sportello presa in carico migranti Personale amministrativo e operatori sanitari Individuazione e segnalazione dei bisogni Formazione ai MMG Migranti di recente immigrazione e giovani stranieri di seconda generazione MMG 87 88 89 ESPERIENZE dell’ Azienda USL 8 Il Tavolo di confronto attivato nel Distretto socio sanitario della Zona Aretina per l’analisi dei bisogni sanitari emergenti degli immigrati Il Distretto di Arezzo sta effettuando una ricognizione sui percorsi e sugli strumenti informativi esistenti per facilitare l'accessibilità al sistema sanitario locale a gruppi di popolazione immigrata. Il tavolo a cui siedono referenti dei servizi socio-sanitari e medici dell'ASL 8 oltre a rappresentanti di enti ed associazioni territoriali, che da tempo svolgono un ruolo rilevante di supporto, soccorso e conoscenza per rispondere ai bisogni emergenti di una crescente fetta di popolazione straniera, si pone i seguenti obiettivi: indagine sui flussi e sulle pratiche esistenti a livello territoriale riguardo la decodifica delle richieste sanitarie, l'accompagnamento ai servizi, l'indicazione di percorsi; ricognizione di strumenti informativi esistenti finalizzata ad eventuali aggiornamenti tecnici, ad una rivisitazione dei contenuti, alla traduzione degli stessi nelle principali lingue parlate nel territorio aretino; l'elaborazione di uno strumento maneggevole e di facile lettura capace di rispondere alle esigenze informativo-educative sul versante sanitario, rivolto ai cittadini stranieri per facilitare l'orientamento nel sistema sanitario e migliorare l'accessibilità dei servizi; la diffusione dei messaggi alla popolazione target attraverso una rete che comprenda oltre i livelli ufficiali (Enti, Associazioni, Istituzioni) anche altri siti sparsi nel territorio che rappresentano punti focali nello scambio delle informazioni (call center; punti internet, luoghi di culto...) trasferimento delle conoscenze e dei saperi ai livelli intermedi del sistema (operatori sanitari, assistenti sociali, medici di medicina generale) anche attraverso specifici eventi formativi. Obiettivo intermedio imprescindibile ed ambizioso per raggiungere il risultato è quello di porre i vari interlocutori, che a vario titolo si occupano di problemi di immigrazione, in un contesto di interscambio diretto in cui le informazioni e le esperienze di ciascun soggetto (sia esso un professionista, uno sportello o un'associazione) diventino materia di conoscenza e di confronto in una visione integrata che guardi all'end point del progetto, ovvero all'empowerment di fasce sempre più ampie di cittadini immigrati e alla progressiva riduzione di possibili fenomeni di diseguaglianze tra gli stessi. Il Gruppo è coordinato dal Distretto di Arezzo tramite l'UO Educazione alla Salute ed è formato da Coordinatore Sanitario del distretto; Responsabile UF Consultoriale; Servizio Vaccinazioni; Dipartimento Prevenzione (UO Igiene Pubblica, UF PISLL), Servizio Sociale, Servizio Infermieristico; Resp. Centro Tecnico Amministrativo Distretto; UO Malattie Infettive; Pronto Soccorso; Oxfam Italia; Caritas Diocesana; Comune Arezzo: Ufficio Integrazione; Arci. Da quanto fin qui emerso si segnalano, di seguito, alcuni punti di forza e alcune criticità. • Oxfam Italia (ex Ucodep): è presente una convenzione per un progetto di mediazione linguistica con l'ASL8. Per Arezzo l'attività avviene attraverso l'intervento dell'accoglienza dell'ospedale di Arezzo che garantisce le emergenze di mediazione linguistica per l'ospedale; mentre per il territorio i servizi possono accedere direttamente ad un numero di cellulare. Il sistema garantisce una efficace programmazione per le donne in gravidanza. Le criticità riguardano attualmente la difficile gestione della rete provinciale dei vari ospedali e del territorio nelle cinque zone, oltre alle difficoltà esistenti nell'interazione con altri Enti extrasanitari (es. Provincia, Comune, Pronto Donna ecc.) • Centro Tecnico Amministrativo del Distretto:le criticità più frequenti sono rappresentate dal rilascio del STP in particolare riguardo alla mancanza di documentazione che può confermare la non iscrizione, e le difficoltà, in taluni casi, di stabilire se sussistano le condizioni per tale rilascio. Ad esempio dopo recenti accordi bilaterali gli Albanesi vengono considerati soggetti temporaneamente presenti solo se sono trascorsi tre mesi dall'ingresso autorizzato con visto turistico. Questo problema è legato naturalmente alla mobilità all'interno del nostro Paese di 90 quote di immigrati di cui a volte non è possibile discernere se siano effettivamente non iscritti al SSN. Viene altresì evidenziata la crescente richiesta di interventi sanitari gratuiti (es. IVG) da parte di soggetti comunitari che si trasferiscono temporaneamente solo per accedere alla prestazione, prevista a pagamento nel Paese di origine.(vedi anche Caritas). La RT ha comunque emanato recenti linee guida sull'intera materia. • Comune di Arezzo (Ufficio Integrazione): circa 9.000 contatti in un anno; viene evidenziata l'importanza di alcune iniziative di sensibilizzazione culturale, portate avanti con Associazione Migrantes: sportello di informazioni di 1° livello rivolto a popolazione svantaggiata (alloggio; lavoro; consulenza legale). Entro il prossimo anno è prevista l'attivazione della « casa delle culture », come luogo d'incontro con attività mirate alla facilitazione delle conoscenze di altre culture come primum movens per i processi di integrazione. La necessità di un maggiore sostegno alla rete di intercultura e il conseguente rafforzamento delle capacità progettuali devono passare (questo è l'impegno) anche attraverso sinergie tra ASL e Comune riguardo ai processi di informazione e comunicazione per la salute e educazione sanitaria (es. Totem informativo nei call center ecc.) • Consultorio: viene ribadita l'efficace cooperazione con la mediazione linguistica e viene proposta l'attivazione di corsi di lingua italiana alle donne che accedono al consultorio (corsi di accompagnamento alla nascita). Si è concluso da poco un progetto di ricerca-formazione rivolto alle donne straniere in gravidanza che ha focalizzato alcuni punti di forza e alcuni fattori di debolezza nel complesso e delicato rapporto delle stesse con i servizi materno-infantili. Anche da qui si partirà per una disamina dei messaggi educativi che andranno trasferiti sia tra gli operatori sanitari che alle comunità immigrate. • Il Dipartimento della Prevenzione indica nella difficoltà alla comprensione (culturale) dei meccanismi della prevenzione una delle più rilevanti criticità nel rapporto che gli immigrati hanno col nostro sistema sanitario. Da qui non solo la scarsa adesione ad alcune misure che ormai fanno parte del nostro comportamento sociale ma anche frequentemente l'idea che un determinato intervento preventivo quale può essere una semplice vaccinazione o uno screening trovi delle resistenze e viene finanche vissuta come una forma incomprensibile di coercizione. Oltremodo utile dovrebbe essere anche la diffusione di elementi di educazione sanitaria sui primi sintomi di malattie infettivo-diffusive che necessitano di ulteriori e precoci indagini (es. TBC). Riguardo alla tubercolosi (di 27 notifiche effettuate nel 2010, 19 erano cittadini stranieri) viene evidenziato che i contatti che fanno i chemioterapici non ricevono il contributo, così come avviene per i malati. Si prende atto, altresì, della massima disponibilità del PISSL al trasferimento di linee ed indicazioni operative riguardanti alcuni argomenti di elevato interesse (es Edilizia). • l'UO Malattie Infettive e l'Igiene Pubblica coordineranno le attività di cui al progetto CCM al cui contenuto, relativo alla realizzazione di una rete di interventi per la prevenzione e la gestione delle malattie infettive (TBC, Epatiti virali, HIV) nella popolazione immigrata, si rimanda. Per quanto concerne il ruolo del Distretto viene sancito anche in tale progetto la predisposizione di percorsi assistenziali facilitati per immigrati e il coordinamento delle attività di educazione ed informazione sull'accessibilità ai servizi. • Caritas spa: è nota da tempo l'azione che la Caritas di Arezzo, attraverso la sua rete parrocchiale, svolge riguardo ai servizi di prima necessità, tra le quali un ambulatorio medico. In un anno circa 1.300 persone si sono presentati agli sportelli della rete per circa 20.000 contatti. Il Distretto di Arezzo è disponibile ad un raccordo organizzativo con l'ambulatorio della Caritas per migliorare le informazioni sugli STP e sulla materia, in generale, di tipo amministrativo ma anche per definire meglio il ruolo e l'attività sanitaria dell'ambulatorio supportandone, eventualmente, la parte informativa. All'ambulatorio, infatti, oltre agli STP, che continuano a presentarsi anche alla scadenza della tessera senza che la Caritas abbia effettivamente precise informazioni sullo stato dell'utente, giungono anche soggetti comunitari (rumeni, bulgari) che transitano nel nostro Paese per emergenze sanitarie (IVG) e mancano ancora delle linee come intervenire su tali fasce, anche perchè molti non hanno la tessera comunitaria. Questa ultima condizione inoltre determinerebbe evidenti difformità rispetto agli aspetti assicurativi vigenti nei Paesi comunitari, riguardo ai bisogni sanitari. 91 RICERCA Gravidanza, parto, puerperio in un contesto d’immigrazione: un approccio antropologico per la calibrazione culturale dei servizi socio-sanitari Articolo pubblicato su “AM. Rivista della Società italiana di antropologia medica”, n. 35-36, gennaio 2013. “Fondazione A. Celli” di Perugia: a cura Michela Marchetti , Chiara Polari. 1. Contesto della ricerca e questioni di metodo E’ ormai ampiamente condivisa la necessità di orientare i servizi socio-sanitari sulla base di un approccio centrato sulla persona che tenga conto delle soggettività, della multiformità delle esperienze, della complessità dei vissuti. E tale esigenza appare ancora più urgente in relazione a larga parte dell’utenza immigrata che, in molti casi, pone di fronte ad alcune ormai note tematiche – quali differenze linguistiche e socio-culturali, difficoltà legate alle condizioni materiali di esistenza, mutamenti socio-relazionali connessi alla migrazione – che in qualche misura condizionano le relazioni terapeutiche e orientano i percorsi di salute e malattia (SEPPILLI T. 2000: 35-40). La (i) progressiva “femminilizzazione” che sta caratterizzando negli ultimi anni i flussi migratori , inoltre, ha determinato un proporzionale aumento del numero di donne immigrate che si rivolgono ai servizi sanitari e che ne sono fruitrici soprattutto per i bisogni legati alla salute riproduttiva. Si configura così la necessità di riflettere ulteriormente su come organizzare sempre più efficaci percorsi di inclusione per favorire una effettiva interazione tra servizi e donne immigrate, con particolare attenzione anche alla salute materno-infantile. Entro tale quadro è stato ideato e realizzato il progetto Percorsi di accompagnamento e sostegno alla genitorialità a partire dalla gravidanza: un approccio antropologico, condotto dalla Fondazione Angelo (ii) Celli per una cultura della salute su incarico della USL n. 8 della Regione Toscana (Arezzo) , il cui obiettivo generale è stato quello di elaborare modelli di risposta alle principali questioni problematiche connesse all’esperienza della gravidanza, del parto e del puerperio e alle criticità rilevate dagli operatori soprattutto in relazione all’utenza straniera. La scelta di tale ambito tematico è stata dettata dall’urgenza di avviare una riflessione intorno alla complessa questione del rapporto tra le donne immigrate e i servizi preposti alla gestione della gravidanza, del parto e del puerperio; questi, infatti, sono ampiamente interessati dall’incremento della immigrazione femminile che ha coinvolto la provincia di Arezzo e l’intera Toscana, determinando un significativo e rapido aumento dell’utenza in (iii) area materno-infantile . A differenza, infatti, delle donne italiane, che ricorrono molto più frequentemente all’assistenza medica e ostetrica privata, la maggior parte delle donne immigrate è (iv) seguita, durante la gravidanza, da operatori di consultorio . Il progetto, che si è svolto tra il 2010 e il 2011, è stato realizzato nell’ambito di una specifica proposta formativa rivolta a tutti gli operatori di ospedale e consultorio coinvolti a vario titolo nel percorso, appunto, di gravidanza, parto e puerperio (ginecologi, ostetriche, infermieri, psicologi, assistenti sociali) ed è stato condotto attraverso una metodica caratterizzata dalla costante intersezione tra il piano della formazione, quello della ricerca e quello “più operativo” dell’intervento. Attraverso il continuo coinvolgimento e confronto con gli operatori che hanno preso parte alla formazione, è stata infatti compiuta una indagine in profondità che ha avuto l’obiettivo di far emergere le principali criticità percepite dalle donne e dagli operatori, i cui esiti hanno rappresentato la piattaforma di partenza per individuare specifiche e calibrate strategie di intervento. L’indagine è stata condotta utilizzando le tecniche di rilevazione proprie della ricerca qualitativa (osservazione sul campo, colloqui in profondità, focus group) ed è stata condivisa in vario modo e nelle sue progressive fasi con tutti gli operatori coinvolti nel progetto. A seguito di una riunione di avvio con i responsabili di ogni settore per presentare il lavoro, condividerne la metodica e definire ulteriormente il quadro del problema, è stato organizzato un primo seminario collettivo aperto a tutte le figure professionali coinvolte, che ha rappresentato un’ulteriore occasione per riflettere su alcune questioni problematiche già individuate e raccogliere utili indicazioni per la calibrazione degli strumenti di indagine. In questa fase sono stati identificati i gruppi target di donne da coinvolgere nel progetto, selezionati all’interno delle comunità immigrate percepite come maggiormente “problematiche” dagli (v) operatori del distretto aretino, sulla cui area si focalizzava la ricerca di campo . Si è pertanto scelto di (vi) svolgere l’indagine con donne provenienti dal Bangladesh , dal Maghreb, dall’area sub-sahariana, e (vii) anche con donne italiane . Con loro sono stati condotti colloqui in profondità che hanno visto anche 92 la partecipazione di alcuni mariti, soprattutto nel caso di coppie maghrebine e bangladeshi; inoltre, ci si è avvalsi dell’ausilio della mediatrice linguistico-culturale proveniente dal Bangladesh che svolge servizio presso il distretto aretino della USL 8, soprattutto laddove si presentavano problematicità legate ad una scarsa conoscenza della lingua italiana. I colloqui sono stati condotti, oltre che dai ricercatori antropologi, anche da alcuni degli operatori coinvolti nel progetto (una ginecologa, una ostetrica, due infermiere e una assistente sociale) con i quali è stato realizzato uno specifico percorso formativo sulle tecniche di indagine proprie della ricerca qualitativa e in particolare, appunto, sullo svolgimento di colloqui in profondità, sulla costruzione dei relativi strumenti di indagine e sulle tecniche di trascrizione dell’intervista. Con il loro attivo contributo, quindi, è stato realizzato anche il temario semi-strutturato impiegato nei colloqui con le donne, colloqui in parte deregistrati, poi, dagli stessi (viii) operatori . Oltre a garantire una preziosa collaborazione nello svolgimento dell’indagine, tale esperienza si è rivelata particolarmente significativa sul livello formativo poiché, attraverso l’incontro con “l’altro” sul piano della comunicazione in profondità, essa ha chiaramente facilitato, nei professionisti coinvolti, l’adozione di un approccio sensibile alla complessità e ai vissuti della persona, e ha promosso così l’acquisizione di competenze orientate alla valorizzazione della soggettività del paziente e alla costruzione di una sempre più efficace comunicazione/relazione tra paziente e operatore. Durante l’indagine, inoltre, sono stati condotti, dai ricercatori antropologi, colloqui in profondità anche con alcuni operatori sanitari nonché focus group con i componenti del percorso formativo. Infine, è stata svolta osservazione partecipante presso il consultorio di Arezzo (al momento della prima accoglienza con le infermiere, durante le visite con il ginecologo, negli spazi per le attività di sostegno all’allattamento) e presso l’ospedale (nel reparto di ostetricia, in sala parto, nella nursery). Quanto via via emerso nel corso della ricerca, e in genere del progetto, è stato costantemente condiviso e problematizzato insieme a tutti gli operatori coinvolti nella formazione durante specifici seminari collettivi, organizzati, oltre che nello stadio iniziale del lavoro, anche in una fase intermedia e poi al termine dell’intero percorso. Infine, gli esiti della ricerca sono stati portati all’attenzione di un’equipe multidisciplinare appositamente costituita in fase di progetto e composta dai rappresentanti di tutte le professionalità (ix) coinvolte nel percorso e dai responsabili dei distretti della USL 8 della Regione Toscana . Tale equipe, coordinata dagli antropologi responsabili del lavoro, ha avuto l’obiettivo di riflettere, nel corso dei diversi incontri, sui più adeguati modelli di risposta ai principali nodi critici emersi durante l’indagine e (x) di contribuire ad individuare, dunque, specifici percorsi operativi . Questo approccio multidisciplinare, basato sul confronto tra soggetti portatori di professionalità, saperi, esperienze e competenze eterogenee, ha permesso, insomma, di articolare una riflessione sulle tematiche affrontate, di identificare interventi idonei e di costruire processi di comunicazione tra tutti gli attori coinvolti. 2. I temi emersi 2.1 «In mio Paese […] tutto è famiglia grande». L’impoverimento delle reti di sostegno. Dalle testimonianze raccolte nel corso della ricerca, è emersa fin da subito l’importanza di disporre di reti sociali capaci di sostenere le donne nella complessa e articolata esperienza della gravidanza, del parto e del puerperio. Pur apparendo tale esigenza ovvia e trasversale a tutte le donne, di fatto emergono una serie di criticità che non rendono affatto scontate le modalità di risposta a questo stesso bisogno. In tal senso, come era prevedibile, l’indagine ha messo in luce una prima grande differenza tra le donne italiane e le donne immigrate coinvolte nel progetto; mentre infatti le prime, in un contesto socio-culturale quale quello aretino – ancora caratterizzato per lo più da una organizzazione sociale e familiare che vede una certa prossimità geografica dei nuovi nuclei familiari con quelli originari – possono contare su solide relazioni parentali e amicali, gran parte delle donne immigrate si vedono depauperate di quella forte rete di sostegno al femminile che nei paesi di origine è detentrice della gestione della gravidanza, del parto e del puerperio. «La bambina a piangere sempre, non veniva latte, tutto, tutte cose che è stato molto male. È meglio quattro o cinque giorni in ospedale, perché a me hanno lasciato tre giorni, e poi … […] non c’è nessuno a casa, mio marito va fuori… A lavorare. Ti sarai sentita molto affaticata. Eh sì. […] E se fossi stata nel tuo Paese, come immagini che sarebbe stato? 93 Molto tranquillo, perché ci sono tante persone, là. Mamma, suocera, poi mia cognata, tutti insieme. E quindi, alla fine tutto da sola? Sì. Anche per tutto il tempo di gravidanza ho fatto tutto da sola» (B., Bangladesh). Tutte le donne immigrate intervistate sottolineano il rilevante supporto offerto dalle figure femminili della famiglia (la madre, le sorelle, le cognate, le zie etc.) che si stringono intorno alla puerpera per fornirle un aiuto pratico nella gestione quotidiana della casa e nella cura del bambino, almeno per tutto il primo mese dopo la nascita. In molti casi, inoltre, a differenza di quanto accade una volta giunti nei paesi ospiti, le abitazioni nei paesi di origine accolgono più nuclei familiari uniti tra loro da legami di parentela, scongiurando già di per sé gran parte delle difficoltà legate all’impoverimento delle reti che (xi) in molti casi caratterizza la condizione migratoria . «In mio Paese sempre va così. [Marito] Perché tutto è famiglia grande, tutto famiglia. Io ho cinque fratelli e tre sorelle. E tutti sposati e ora tutti bambini. Ora quaranta, cinquanta persone [è la] famiglia. E tutti abitano insieme? Sì tutti abitano là insieme […] sì, anche mangiare tutti là insieme, cucinare tutti là insieme […] sì sempre tutti insieme. Meglio così» (B., Bangladesh). Sebbene nel nuovo contesto migratorio si riconfigurino nuove reti sociali, l’assenza del tradizionale supporto femminile di riferimento tende a essere per le donne una delle principali cause di sofferenza emotiva e di disagio legato alle difficoltà nella gestione quotidiana del bambino, in particolare nei primissimi periodi dopo la nascita. «Qui sei sola, se non cucini non mangi. […] Ho sofferto, in questa gravidanza ho sofferto parecchio, parecchio, parecchio, parecchio. […] Di cosa sentivi di avere maggiormente bisogno durante la gravidanza? Della mia mamma, dico la verità, la mia mamma. Sentivi che le persone che si trovavano intorno a te comprendevano questi tuoi bisogni? Ma a parte che non c’è nessuno intorno a me. Solo mio marito era impegnato con il lavoro, con i figlioli anche lui da portare su e giù… non c’è nessuno intorno a me» (R., Marocco). A seguito della perdita del gruppo femminile di riferimento, la maggior parte delle donne immigrate coinvolte nel progetto hanno sottolineato il fondamentale ruolo di sostegno offerto dal marito, che diviene spesso la principale figura di supporto durante la gravidanza, il parto e soprattutto il puerperio. In tal senso, è emerso chiaramente come in molti casi il contesto migratorio modifichi sensibilmente le parti all’interno della coppia, configurando talora nuove modalità nella distribuzione dei ruoli e l’attivazione di nuove risorse. Indicativa è apparsa, ad esempio, la testimonianza di una donna del Bangladesh che, sollecitata su quelli che a suo avviso erano stati i principali vantaggi a partorire in Italia, ha rilevato proprio l’importanza del ruolo rivestito dal marito in tutte le fasi della gravidanza, del parto e del post-parto, evidenziando la differenza rispetto a quanto sarebbe accaduto nel proprio Paese di origine dove, appunto, la gestione diretta di questa esperienza è tradizionalmente affidata alla componente femminile della famiglia. E’ interessante inoltre sottolineare come tale reciprocità, emersa tra le coppie coinvolte nella ricerca, tenda a contraddire uno stereotipo piuttosto radicato tra molti degli operatori sanitari che hanno partecipato al progetto; questi, infatti, soprattutto rispetto alle coppie musulmane, sono portati a percepire l’uomo – che nella maggior parte dei casi accompagna alle visite la propria moglie per una serie di questioni quali, ad esempio, la non conoscenza della lingua italiana, da parte delle proprie mogli, o la loro difficoltà a spostarsi autonomamente – come colui che induce nella donna una pesante condizione di subalternità, non sostenendola, annullandone in qualche misura le possibilità decisionali e impedendole di esprimersi liberamente. In tal senso, i mariti musulmani tendono ad essere considerati a priori dagli operatori come figure ostacolanti nella relazione terapeutica. Ciò appare significativamente descritto nello stralcio di intervista che segue: «Le donne musulmane vengono spesso accompagnate dai mariti, sono succubi dei mariti, non parlano l’italiano, non si muovono da casa se non accompagnate dal 94 marito. Non si riesce mai a stabilire una relazione con la donna perché il marito è sempre lì a rispondere» (operatore). Senza dubbio la distanza tra la percezione degli operatori rispetto a ciò che realmente accade all’interno della coppia introduce a questioni piuttosto complesse che meriterebbero ulteriori approfondimenti. Ci limitiamo qui a rilevare quanto incidano i possibili differenti ruoli rivestiti a seconda dei contesti; se da una parte, infatti, nell’intimità della casa gli uomini possono essere molto partecipi nella collaborazione domestica, anche per le contingenze dettate dalla nuova condizione migratoria, dall’altra, in molti casi, essi continuano a rivestire più comunemente in situazioni pubbliche l’immagine di “maschio dominante”. Quanto effettivamente riscontrato all’interno della coppia in termini di mutuo sostegno (le donne riportano, ad esempio, come nel post parto l’aiuto dei mariti nei compiti domestici di casa e nella gestione dell’igiene del bambino sia stata determinante), induce ad avviare una riflessione più ampia sul mutamento dei ruoli all’interno della coppia a seguito del cambiamento di contesto socio-culturale e induce, di conseguenza, a problematizzare ulteriormente l’atteggiamento degli operatori, e a favorire l’adozione di un approccio inclusivo che tenda a considerare i mariti quali risorse, anziché ostacoli nella relazione terapeutica, al fine di promuovere quanto più efficaci percorsi di sostegno alla genitorialità proprio a partire dalla gravidanza. La presenza del marito nell’ambito del setting, inoltre, può contribuire a riequilibrare in qualche misura la relazione terapeutica che, soprattutto nel caso della donna immigrata, rischia non raramente di portare alla luce una condizione di subalternità, rispetto all’operatore, che contribuisce a rendere ancora più “impari” il rapporto tra la donna e i servizi socio-sanitari. E’ opportuno sottolineare, infine, che la necessità di includere maggiormente gli uomini entro percorsi di preparazione alla nascita e alle cure allevanti, è emersa anche tra le donne italiane direttamente coinvolte nella ricerca e in genere tra le coppie incontrate durante l’osservazione partecipante; queste, infatti, in varia misura, hanno più volte espresso il bisogno di essere, come tali, ulteriormente sostenute attraverso specifici percorsi finalizzati a incrementare la fiducia nelle proprie “naturali” competenze e sviluppare maggiori consapevolezze rispetto all’essere genitori. 2.2 «Una parola ti tira su il morale, una parola, non è che chiedevo il miracolo oppure i regali, solo belle parole». Dimensioni emozionali, relazioni terapeutiche, soggettività e medicalizzazione Come è noto, una relazione terapeutica basata sull’ascolto, sull’empatia, sull’adozione di atteggiamenti non giudicanti ma anzi profondamente rispettosi del vissuto dell’altro, già di per sé contribuisce ad attivare le risorse che possono essere messe in campo nei processi di cura e guarigione; nel caso della gravidanza, del parto e del puerperio, una relazione così intesa rappresenta una prima fondamentale occasione per implementare quelle “naturali” competenze genitoriali così (xii) importanti per affrontare nel modo più “attivo” l’intera esperienza di maternità . Entro tale quadro, da tutte le donne coinvolte nell’indagine, sono emersi una serie di bisogni – necessità di ascolto, di accudimento e presa in carico, di rispetto per il proprio corpo e la propria intimità – che denotano quanto sia significativa nell’esperienza soggettiva una relazione terapeutica che sappia rispondere a queste esigenze. In tal senso, alcune delle donne intervistate sottolineano di aver incontrato operatori da cui si sono sentite sostenute, accolte e adeguatamente assistite, ad esempio nel momento del parto; altre donne, o le stesse, riportano invece sensazioni di non ascolto delle proprie istanze, in alcuni casi “senso di abbandono” durante la degenza ospedaliera e episodi vissuti talora come “abusanti” (percezioni di non rispetto per la propria intimità corporea, irruzioni nelle scene del parto e atteggiamenti del personale sanitario avvertiti come impositivi e direttivi). Gli stralci di intervista che seguono risultano testimonianze emblematiche della pluralità di risposte a tali bisogni. Si veda, ad esempio, il buon livello di soddisfazione espresso da alcune informatrici in merito agli operatori incontrati: «Io devo ringraziare proprio la […] è stata bravissima […] è stata sempre con me. […] E’ una giovane, c’ha voglia, m’ha massaggiato la schiena, e me lavava ‘n continuazione, me buttava l’acqua calda perché un pochino m’alleviava ‘l dolore, me diceva: “aspetta che ti lavo, ti lavo, ti lavo”. E’ stata bravissima. Io son convinta che senza di lei… (L., Italia). Le infermiere come sono state con te? Bravissime, molto brave. Tu le chiamavi? Ti sentivi libera di chiamarle se avevi dei dubbi? Sì. Anche in sala parto, quello che c'è infermeria, bravissima, molto brava, come se 95 dice, un'amica capito? No dai, dai fatto così [mima il gesto di accarezzare i capelli con le mani] […] Dice: “no dai, non c'è problema, tranquilla, fai coraggio che devi partorire”. No, ho trovato bene, benissimo (F., Bangladesh). Soprattutto l’anestesista era bravissimo, bravissimo, bravissimo. Se te vedessi come ti tira su il morale guarda… in una maniera! E come ti coccolava, in maniera incredibile guarda […] è stato bravissimo con me mi ha dato un coraggio lui… è stato vicino a me fino all’ultimo minuto […] con la mano attaccato a me. […] E mi ha detto: “[…] hai fatto, a posto, tranquilla”. E poi è rimasto lì, ogni minuti era lì […]. Quindi secondo te, quali comportamenti è bene tenere subito dopo il parto? Le coccole, un po’ di coccole, un po’ di… una parola ti tira su il morale, una parola, non è che chiedevo il miracolo oppure i regali, solo belle parole» (R., Marocco). Di contro, emergono anche testimonianze che denunciano grosse difficoltà nella relazione con il personale sanitario. Lo stralcio che segue, ad esempio, sottolinea quanto vissuto a seguito di un parto cesareo da una donna marocchina, che riferisce di non essersi sentita rispettata nella sua intimità corporea, né adeguatamente accudita durante la degenza ospedaliera: «Quindi ti sei sentita rispettata nella tua intimità, nei tuoi bisogni, nelle tue convinzioni? Quella è una cosa brutta, ti lasciano così, ti dico la verità, una cosa che senti un altro male. Non è che ti coprono, ti lasciano così, come sei nata, e si mettono a chiacchierare. Una marea di gente che va su e in giù… mettete un telo, un qualcosina, un pezzo di lenzuolo, un qualcosina... è una vergogna! E poi uomini, magari le donne va bene, tra noi, ma uomini, abbi pazienza. Magari sono straniera, si va bene, però un’italiana mi dice la stessa cosa, uguale, abbi pazienza […]. Poi il freddo, ti lasciano lì, scoperta, nuda come sei nata… Anche nelle visite del ginecologo, ti dico la verità, una volta m’è toccato di dire: “abbia pazienza, potete mettere un pezzo di lenzuolo, mi vergogno!”. Giuro che mi stava a pensiero il giorno della visita. Il giorno della visita mi stava pensiero grosso grosso grosso […]. Ci sono dei vantaggi a partorire qui in Italia oppure hai trovato svantaggi? Dei svantaggi nel senso che quando ti portano nella stanza, quando hai fatto il parto e hai finito ti portano… maleducati gli infermieri! Io sono sincera, sono maleducati, ti trattano come un cane. Il giorno dopo sono andata per fare il bidè. Normalmente mi ricordo nel 2005, della Sara, la mia Sara, a me m’hanno fatto il bidè nella stanza, nel mio letto. Invece questa volta niente, ti dicono che ti devi alzare; con la ferita così come mi alzo? La prima cosa non c’è il bidè, in quelle stanze […]. Ti toccava cercare (xiii) una bottiglia. Che VERGOGNA , in un ospedale, in una città come Arezzo, famosa eccetera, eccetera. Ti toccava cercare una bottiglia e cercare l’acqua calda e fai il bidè da sola, il primo giorno del parto. Un’altra cosa: a me mio marito mi ha preparato la valigia e mio marito si è scordato il detergente intimo; sono andata piano piano per alzarmi […], ho visto l’infermiera e dico: “per cortesia, se non ti dispiace puoi darmi un po’ di detergente intimo per fare il bidè? Perché ho portato, guarda, la borsa e l’unica cosa che mi sono scordata è quello […]”. E dice: “ma che dici, da noi non c’è!”. Dico: “un po’ di detergente non ce l’avete?”. Dice: “no, no, pulisci dai con l’acqua”. Ma secondo te con l’acqua si pulisce bene col sangue che ce l’avevo fino al ginocchio? Già lo faccio da me. Io non ti ho chiesto di farmelo, già è un sacrificio per me mettermi a sedere nel water. Giuro il primo giorno, giuro, così nel water da sola, guarda una disgrazia. Ho pianto… non c’avevo nessuno. Ho pianto, ho pianto, ho pianto. Ho detto: “almeno chiamatemi la mia suocera che m’aiuta!” “No”. Loro no, la mia suocera non la chiamano perché non è il momento di chiamare nessuno [si commuove]. Guarda ho sofferto!» (R., Marocco). Interessante appare anche la testimonianza di una giovane donna italiana che se da una parte evidenzia il fondamentale sostegno offertole da un’ostetrica durante tutto il travaglio – dalla quale si è sentita accudita, rassicurata e “contenuta” nelle sue paure – dall’altra restituisce la profonda inquietudine e il disagio per un parto vissuto come estremamente traumatico (si è svegliata di soprassalto al solo ricordo per tutto il mese successivo), sia per le complicazioni intervenute, sia per le modalità di comunicazione da parte del personale medico percepite come brusche e irrispettose: «La sfiga mia è stata il cambio di turno, delle due, è entrato questo cane […]. 96 E' un ginecologo? Sì. Assurdo. Mi trattava malissimo: “Signora cosa fa, spinga!”. Capirai... Lui è stato l'ultimo elemento negativo, però l'ho rimosso. Perché hai detto che lui ti ha trattato male? Di cosa ti ‘rimproverava’? Che non spingevo e non sentivo più le contrazioni. Mi dicevano: “Dai c'è la contrazione, spingi” però poi non ci riuscivo più, ero troppo troppo stanca; poi ormai ero anche impaurita, sentivo male, penso che mi sono anche messa a piangere ad un certo punto […]. E poi dopo […] lui ha detto: “Qui c'è da tagliare” e: “no, l'episiotomia no!”. E lì […] ha preso le forbici, il bisturi e lui mi ha detto: “Ora questa caccia un urlo!”, e io ho cacciato un urlo. Io per un mesetto ci ho pensato tanto al parto, ho detto: “Madonna chissà se me lo dimenticherò”. Ora è tutto più edulcorato […]. Se potessi in qualche modo migliorare i servizi, che faresti? Farei dei corsi di formazione e anche di comunicazione ai medici ginecologi: come comunicare nei momenti di stress, di controllo dello stress. Vorrei fare dei corsi affinché il medico lavori su di sé […] perché comunque il parto è sempre un punto di domanda» (L., Italia). La pluralità degli atteggiamenti degli operatori sanitari descritti dalle donne emerge anche dall’osservazione partecipante che, se da un lato ha permesso di cogliere significativi esempi di buona pratica nella relazione e comunicazione con gli utenti, dall’altra ha anche messo in luce ciò che non di rado si registra in ambito medico; ovvero, in generale, un approccio basato sul raggiungimento di obiettivi finalizzati alla presa in carico della componente organica del corpo: la quale, per quanto fondamentale ai fini diagnostico-terapeutici, rischia di tenere solo marginalmente in conto l’imprescindibile complessità che caratterizza l’esperienza singolare di ogni individuo e la dimensione (xiv) socio-culturale comunque implicita nei processi di salute e malattia . Durante le visite ginecologiche in consultorio, ad esempio, abbiamo osservato come in alcuni casi ci si soffermi esclusivamente sui risultati degli esami clinici, tralasciando invece di tenere in considerazione o di condividere con le pazienti i vissuti legati alle loro esperienze di maternità; può risultare indicativo a tale proposito l’atteggiamento di alcuni medici che nel corso delle visite post partum si limitano ad un esame esclusivamente clinico tralasciando, ad esempio, di chiedere come è andato il parto o altre informazioni legate alla nuova esperienza, anche corporea, della neo mamma. Essendo, infatti, la gravidanza, il parto e il puerperio momenti carichi di significato, anche simbolico, e densi di emozioni (xv) complesse che ne tratteggiano il vissuto , la possibilità di condividere la propria esperienza, può rappresentare una delle principali strategie per elaborare efficacemente la propria storia, aprirsi ad un importante confronto con l’altro e conseguentemente attivare idonei percorsi di salute. Non a caso, è affiorato nel corso dell’indagine, da parte di tutte le donne coinvolte, il forte bisogno di raccontarsi e condividere; in alcuni casi, i colloqui condotti dagli operatori si sono trasformati in occasioni per far emergere importanti quesiti e anche per fornire risposte alle istanze profonde venute alla luce nel corso dell’intervista. Di contro, abbiamo rilevato talora un certo “scarto” tra l’unicità dei vissuti e delle emozioni, anche contrastanti, che ogni donna sperimenta durante la gravidanza e il parto, e la riproduzione meccanica di pratiche dettate in parte da un’attenzione pressoché esclusiva al corpo e in parte dalla routine del lavoro: uno scarto che in qualche misura può determinare negli operatori una scarsa attenzione alla complessità della dimensione soggettiva nonché atteggiamenti poco empatici e comunicativi. La tendenza che abbiamo rilevato, ad esempio, da parte del personale ostetrico e infermieristico a parlare a voce molto alta di argomenti non pertinenti con la situazione, sia in prossimità dei luoghi del travaglio e del parto, sia nella nursery che accoglie i neonati, può rappresentare un segnale emblematico della distanza che spesso si frappone rispetto alla persona, magari sofferente. Se da una parte tale modalità di rapporto appare “naturale” negli atteggiamenti quotidiani degli operatori, dall’altra risulta fortemente invasiva nell’ambito di un’esperienza così intima e delicata quale quella del (xvi) parto e della nascita . A fronte, tuttavia, di un’attenzione talvolta marginale alla soggettività, che le intervistate in vario modo sottolineano come un limite nella relazione con il medico e l’operatore, è importante rilevare che il livello di soddisfazione di tutte le informatrici rispetto alle prestazioni prettamente cliniche offerte in consultorio e in ospedale si è dimostrato piuttosto alto sia da parte delle donne italiane che da parte delle donne immigrate. E anzi, tutte le donne coinvolte nella ricerca si sono sentite fortemente rassicurate dai protocolli clinici previsti e attuati durante l’intero percorso. Se da una parte, quindi, emerge una più che positiva valutazione rispetto alla “tecnica” medica, dall’altra risulta assai meno soddisfacente il giudizio connesso alla dimensione comunicativa e relazionale tra 97 medico e paziente e viene ancora una volta messa in luce la significativa scissione tra il “curare” il corpo biologico e il “prendersi cura” della persona nella sua interezza. Gli innegabili vantaggi, sulla salute della donna e del bambino, apportati dai progressi scientifici e tecnologici della medicina hanno determinato, a partire dalla seconda metà del Novecento, una progressiva e importante diminuzione della mortalità materno-infantile e hanno conseguentemente modificato la percezione dei livelli di rischio di vita legati alla nascita. E tuttavia è importante evidenziare che insieme a tali indiscutibili miglioramenti, si è assistito negli anni ad una progressiva medicalizzazione della gravidanza e del parto che ha trasformato questa esperienza in un evento da delegare quasi esclusivamente alla supervisione medica. Ad un certo punto, «la madre e il bambino hanno smesso di essere percepiti come esseri in grado di assolvere alle loro funzioni vitali in modo autonomo: entrambi dovevano essere osservati, controllati e aiutati dai rappresentanti della medicina (xvii) in quanto unici attori in grado di garantire il buon esito del processo riproduttivo» (MAFFI I. 2010: 9) . Questo percorso di medicalizzazione ha portato alla tendenza, da parte delle donne, ad affidarsi alle capacità diagnostico-terapeutiche della biomedicina, al punto da delegare quasi esclusivamente alla biomedicina stessa la risposta a quelle ansie e paure naturalmente connaturate allo stato di gravidanza, spostando la fiducia nelle proprie competenze di madri e capacità di ascolto del proprio (xviii) . E’ corpo quasi interamente negli strumenti clinici e diagnostici messi a disposizione dalla scienza indicativo in tal senso quanto riferito da una giovane donna italiana intervistata che, alla domanda su come aveva vissuto di volta in volta le ecografie fatte durante il percorso di gravidanza, sottolinea il fondamentale ruolo di quegli appuntamenti diagnostici. Questi, infatti, sono percepiti come gli unici in grado di fornirle la certezza che la bimba che porta in grembo sia ancora viva; come se i naturali segnali inviati dal corpo durante la gestazione, non siano di per sé “prove” sufficienti a garantirle che la gravidanza è in atto: «E come l’ha vissuto, lei, il momento dell’ecografia, com’era per lei? [Sorridendo a bocca larga] Ahhh, sempre un’emozione! […] Fino a che non ho iniziato a sentirla, arrivavo sempre con la paura che nun ce fosse. Sì, che dico, vado lì e ‘un batte più il cuore. […] No, poi tutti ‘sti lutti, ma po’ tutte ‘ste gravidanze che ‘unn’arivano mai a buon fine, ‘ste ragazze che perdono il bambino doppo due… cioè, n’ho sentite talmente tante, che andavo sempre lì col …. [tira un sospiro affannato come di paura] ce sarà o ‘un ce sarà. […] Ero rassicurata» (A., Italia). Va notato che se da una parte le linee guida di riferimento della Società italiana di ecografia ostetricoginecologica (2010) indicano un massimo di tre ecografie necessarie per affrontare serenamente i nove mesi di attesa (una per trimestre), dall’altra accade spesso che le donne che si rivolgono a ginecologi privati (prevalentemente le donne italiane) ne compiano molte più di quelle previste. Si conferma così quell’eccessivo ricorso alle indagini strumentali che ha contribuito alla costruzione di una “cultura tecnocratica della nascita”, comportando talora una eccessiva dipendenza dalle tecnologie mediche da parte tanto del personale sanitario quanto delle donne che progressivamente (xix) hanno delegato sempre di più alla biomedicina i propri bisogni di rassicurazione . Non è un caso che una delle competenze che si tende ad attivare nell’ambito dei corsi di accompagnamento alla nascita promossi dai consultori della USL 8, sia proprio la fiducia nelle capacità del proprio corpo, del proprio essere madre e in generale genitori; il cartello appeso nei luoghi preposti all’accoglienza recita significativamente a tale proposito: “Le donne sanno partorire, i bambini sanno nascere, gli uomini sanno proteggere”. 2.3 «Ma come faccio a esse’ senza latte, che ho bagnato tutto il lenzolo?». Allattamento e continuità assistenziale tra ospedale e consultorio In generale è emersa un certa distanza tra gli approcci adottati in ospedale ad Arezzo e quelli adottati in consultorio. Se infatti da una parte, le pratiche ospedaliere sono spesso orientate dalle criticità legate all’emergenza, all’organizzazione del lavoro, alla disponibilità di personale e in genere da un’attenzione al corpo focalizzata prevalentemente sulla risoluzione repentina di problematiche strettamente cliniche, dall’altra, l’impostazione del lavoro in consultorio (che si organizza prevalentemente su attività di prevenzione ed educazione alla salute, anziché sull’urgenza, e che prevede una presa in carico dell’utente più continuativa), consente di stabilire un approccio maggiormente disposto a tenere in considerazione anche quelle componenti non prettamente biologiche che definiscono nel suo insieme la soggettività e complessità dell’altro. E tale distanza tra ospedale e consultorio, che riflette in qualche misura differenti modalità nella presa in carico dei pazienti, rischia di ostacolare quella continuità assistenziale così importante per garantire interventi centrati sulla persona quanto più efficaci e idonei. 98 Già nelle prime fasi del progetto si è posto il problema del coinvolgimento, nell’ambito del percorso formativo, degli operatori dell’ospedale di Arezzo che, pur essendo invitati a partecipare, non hanno preso parte agli incontri. Questa mancata adesione ha rappresentato fin da subito un interessante indicatore della distanza, percepita come tale dagli operatori stessi, tra le attività di consultorio e quelle di ospedale, suscitando tra i partecipanti un acceso dibattito sulle difficoltà che talora si presentano ad adottare orientamenti comuni, pratiche e comportamenti condivisi e in generale itinerari continuativi nella presa in carico dell’utente. A riguardo è significativa la testimonianza di un’ostetrica del consultorio che, nel corso di un colloquio informale avvenuto durante l’osservazione partecipante, ha dichiarato: «tra l’ospedale e il consultorio c’è un fosso», sottolineando in tal modo la notevole distanza percepita tra gli operatori appartenenti ai due diversi ambiti. Entro tale quadro, la questione dell’allattamento risulta essere assai significativa rispetto ai differenti approcci adottati dall’ospedale di Arezzo e dai consultori e rispetto alle implicazioni per le donne. Infatti, le strategie messe in atto dai differenti consultori promuovono l’allattamento materno attraverso molteplici attività quali i corsi di accompagnamento alla nascita e specifiche iniziative di sostegno nel post partum. In Valtiberina, uno dei distretti della USL 8, ad esempio, viene promossa la visita domiciliare, effettuata dalle ostetriche qualche giorno dopo il parto al fine di sostenere le donne durante l’allattamento e per tutte le altre questioni relative al puerperio; nel consultorio di Arezzo, invece, è stato istituito un apposito spazio (lo Spazio Mamme) specificamente creato con l’obiettivo di garantire la continuità assistenziale tra ospedale e territorio (soprattutto nel momento del rientro a casa che può risultare particolarmente critico e delicato) e per promuovere e supportare (xx) adeguatamente l’allattamento al seno . In tutti i consultori viene comunque offerta alle donne la possibilità di contattare le ostetriche per qualsiasi questione inerente l’allattamento materno e in genere la cura del bambino. Diversi sono apparsi invece gli approcci in ospedale. Se infatti da una (xxi) incontrate nel corso dell’osservazione parte le infermiere e le ostetriche del reparto di ostetricia partecipante hanno confermato di promuovere l’allattamento al seno e di non somministrare ai neonati latte artificiale a meno che non venga prescritto dal pediatra o richiesto dalla madre, dall’altra, abbiamo rilevato un certo scarto tra quanto dichiarato dagli operatori e le pratiche osservate che sembrano invece confermare la tendenza, denunciata dagli operatori di consultorio e in alcuni casi dalle donne stesse, a dare con una certa facilità il latte artificiale. Al momento dell’osservazione in reparto, infatti, il latte artificiale era stato prescritto a più della metà dei neonati presenti, confermando in qualche misura quanto riscontrato durante l’osservazione nello Spazio Mamme dove tra le otto donne presenti, quattro integravano il loro latte con quello artificiale. Sulla tendenza a dare la cosiddetta “giunta” di latte artificiale, è indicativo il caso di una bambina che, pur essendo nata da sole 5 ore e pur sembrando piuttosto tranquilla, l’infermiera decide di nutrire con un po’ di latte artificiale dopo averla pesata e appurato che non aveva ancora mangiato nulla. Un esempio, questo, che appare emblematico della facilità a “cedere” al latte artificiale anche quando non compaiono le due condizioni esplicitate dagli operatori di ospedale come necessarie per la sua introduzione nell’alimentazione del neonato: la prescrizione del pediatra o la richiesta della madre. Pur essendo urgente e opportuno avviare alcune riflessioni in proposito, non possiamo tuttavia in questa sede entrare nel merito di questioni complesse, quali l’appropriatezza delle prescrizioni pediatriche di latte artificiale o le motivazioni profonde che possono spingere una madre a farne richiesta. Ci limitiamo, invece, a sottolineare che appare chiaro che se da una parte gli operatori di consultorio promuovono e sostengono con tutti i mezzi a loro disposizione l’allattamento materno, dall’altra, in ospedale si tende a non garantire un eguale investimento in tale direzione con il rischio di non supportare sufficientemente le donne per favorire la necessaria fiducia nelle proprie competenze. Durante i colloqui in profondità più volte le interlocutrici hanno riportato di “essersi sentite confuse” al momento della dimissione dall’ospedale a causa dei contrastanti messaggi ricevuti circa l’allattamento durante il corso di accompagnamento alla nascita e durante la degenza ospedaliera. In alcuni casi, poi, le donne intervistate hanno anche denunciato atteggiamenti “sbrigativi” da parte del personale, che hanno contribuito ad incrementare quelle paure, dubbi e ansie che molto spesso caratterizzano la prima e delicata fase del puerperio. «Mi sono trovata male con un’infermiera che è stata molto sgarbata. […] Doveva fargli la prova dell’udito, alla bimba, è arrivata alle 11 e me la trova al seno. Io l’avevo attaccata al seno perché così la bimba era tranquilla, io ero tranquilla, mi faceva campare, mi faceva dormire, si dormicchiava tutt’e due, insomma, era sempre alla poccia […]. Ma arriva ‘st’infermiera e dice “Gli devo fa’ la prova dell’udito; ma perché ‘sta bambina è attaccata al seno?” E io: “Perché ha fame!”. Molto volgarmente, mi ha dato una bella tastata di seno e m’ha detto: “Ma sì, ma se qui ‘un c’è niente! Hai voglia te di dargli da mangiare!”. Ha preso ‘sta bambina e l’ha buttata sopra al lettino, là dove si cambia,‘nsomma, e fa: “Eh, ma piange, ‘un mi riesce di fargli la prova dell’udito!” e io gli dico: “Ma ha fame!”, perché lei avea fame. In effetti, un po’ ce 99 dormiva, ma un po’ avea fame. Al momento quando è arrivata lei, la bimba aveva FAME! E mi fa: “Va be’, ascolta: quando hai finito di dargli da mangiare, portamela, che gli fo ‘sta prova dell’udito!” e è andata via. Io mi so’ messa a piangere, ho chiamato il mi’ compagno: “Han detto che ‘un c’ho il latte, faccio morir di fame la bambina!”. La cosa più sconcertante è che io, per fa’ prima, stavo col pigiama aperto, senza il reggiseno, perché tanto era sempre co’ ‘sta tetta’n bocca, AVEVO BAGNATO TUTTO IL LENZOLO! E io mi dicevo: “ma come faccio a esse’ senza latte, che ho bagnato tutto il lenzolo?” Il lenzolo, FRADICIO! E infatti, mi ricordavo, eppure al corso (xxii) preparto c’avean detto “a un certo punto, vi arriverà”» (A., Italia). Ovviamente le donne riportano anche significative testimonianze sul fondamentale ruolo di sostegno e supporto ricoperto da molte infermiere e ostetriche del reparto, peraltro adeguatamente formate, anche rispetto all’allattamento, ma ciò che preme qui sottolineare è comunque la generale distanza percepita e riscontrata tra ospedale e consultorio negli approcci e nelle pratiche. Una distanza che si concretizza e prende forma anche nella mancanza di strategie di informazione e comunicazione condivise circa le opportunità di sostegno offerte nel territorio che potrebbero invece garantire una efficace continuità assistenziale entro il percorso consultorio (per la gravidanza) – ospedale (per il parto) – di nuovo consultorio (per il puerperio), rivelandosi di estrema utilità e di grande sostegno per le donne. Una signora del Bangladesh coinvolta nell’indagine, che al momento del colloquio allattava il suo bambino esclusivamente con latte artificiale, sottolinea che avrebbe fortemente desiderato allattare naturalmente e confessa di continuare a pensare che se fosse stata meno stanca dopo il parto, durante la degenza in ospedale avrebbe anche potuto farcela. Se da una parte è interessante notare come la donna tenda ad assumere su di sé la responsabilità per non essere riuscita ad allattare il suo bambino, con un latente senso di colpa che traspare esplicitamente dal colloquio, dall’altra il suo racconto appare emblematico del fatto che il supporto fornitole per garantire una adeguata risposta al suo desiderio di allattamento avrebbe potuto essere più incisivo e avvalersi maggiormente degli strumenti a disposizione del servizio. Una volta a casa, infatti, a causa di forti dolori al capezzolo e sanguinamenti, torna in ospedale per chiedere consiglio sul da farsi; gli operatori (xxiii) , ma sembra che nessuno pensi di ospedalieri le raccomandano di utilizzare un paracapezzolo orientarla al consultorio per usufruire delle opportunità di sostegno offerte e iniziare quindi un percorso (xxiv) . Ciò che emerge dall’indagine, in effetti, è la tendenza a considerare la adeguato e continuativo presa in carico della donna non tanto come itinerario duraturo e condiviso tra ospedale e territorio, quanto piuttosto come un percorso che procede in qualche misura per compartimenti stagni non comunicanti tra loro. E’ esemplificativo quanto affermato da una ostetrica di ospedale che, di fronte alla domanda se al momento delle dimissioni le donne vengono informate dell’esistenza e delle opportunità offerte dallo Spazio Mamme o in genere di quelle attivate per il post-partum dai consultori dei distretti afferenti l’ospedale aretino, quasi stupita risponde: «no, quello lo deve fare il territorio, noi siamo l’ospedale!». 2.4 «Ma cosa è medico di famiglia?». La questione dell’efficacia delle informazioni fornite dai servizi Segnaliamo, infine, un’altra importante criticità – già denunciata dagli operatori in fase di avvio di progetto ed emersa fortemente nel corso dell’indagine – connessa alle questioni della conoscenza delle opportunità offerte dai servizi da parte delle donne immigrate, dei canali attivati per veicolare le informazioni socio-sanitarie e delle relative conseguenze rispetto all’accesso ai servizi stessi. Durante i colloqui e i focus group svolti con gli operatori era stato infatti più volte messo in luce il problema della scarsa frequentazione delle donne immigrate (in particolare quelle provenienti dalle aree selezionate per la ricerca) alle opportunità di sostegno messe a disposizione dai consultori per la gravidanza, il parto e il post parto, quali, ad esempio, i corsi di accompagnamento alla nascita e/o gli specifici percorsi di supporto per l’allattamento predisposti dai vari consultori. E tale problematicità è effettivamente emersa anche dai colloqui in profondità e dall’osservazione partecipante, da cui è affiorata una mancata conoscenza dei servizi offerti dal consultorio aretino, soprattutto da parte delle donne immigrate che non avevano avuto precedenti rapporti con alcune figure chiave del servizio preposte più di altre a stabilire relazioni continuative con la popolazione migrante, quali la mediatrice culturale o l’assistente sociale. (xxv) Osservando il momento dell’accoglienza in consultorio o quello della consegna del “Libretto di (xxvi) gravidanza” che, raccogliendo gli esami clinici da compiersi durante i mesi di gestazione, tutte le donne in stato interessante ricevono nelle fasi iniziali del loro percorso, appare certo che gli operatori 100 si impegnano a fornire in vario modo tutte le informazioni relative ai servizi offerti. Il problema, pertanto, non riguarda tanto il fatto che le informazioni non vengano fornite, quanto che in qualche misura queste non arrivino a destinazione, configurando un quadro piuttosto complesso che si declina dalle modalità utilizzate per veicolare la comunicazione fino a quelle impiegate per la sua decodifica. Senza dubbio appare fondamentale l’atteggiamento impiegato nella relazione con il migrante; se infatti, come abbiamo avuto modo talora di osservare, l’operatore mostra un atteggiamento di chiusura, poco accogliente, giudicante e infantilizzante nei confronti della donna o della coppia immigrata, questo non favorisce un efficace scambio di informazioni, ma al contrario tende a intimorire e contrarre gli interlocutori che non avranno né modo, né spazio di intervenire e chiedere approfondimenti o chiarimenti su ciò che viene loro proposto. Anche un atteggiamento semplicemente sbrigativo o che dà per scontata la conoscenza di alcune nozioni relative ai servizi, tende ovviamente a non facilitare la comprensione dei percorsi offerti. In più di un’occasione, ad esempio, abbiamo osservato che, informando sulla possibilità di partecipare ai corsi di accompagnamento alla nascita, alle attività di sostegno per l’allattamento o ai percorsi clinici previsti per la parto-analgesia, non si spieghi ulteriormente in cosa consistano tali proposte dando per ovvio che tutte le donne ne siano a conoscenza. Indubbiamente, laddove gli operatori hanno dimostrato di stabilire una relazione con l’altro basata sull’ascolto, sul rispetto, sull’empatia, la decodifica dei messaggi inviati è apparsa quanto più facilitata; eppure anche in questi casi, non sempre le donne con le quali abbiamo avuto modo di colloquiare informalmente al termine dell’incontro con gli operatori o delle visite mediche, hanno effettivamente compreso ciò che veniva loro spiegato. E le motivazioni sono molteplici. Innanzitutto c’è la questione non trascurabile della conoscenza della lingua; spesso, infatti, pur essendo in Italia da più anni, molte donne non hanno avuto modo di imparare l’italiano e questa condizione accomuna numerose migranti sia magrebine che bangladeshi. Non a caso, anche il reperimento delle donne con le quali svolgere i colloqui in profondità si è rivelato piuttosto complesso; tendendo, difatti, a privilegiare interlocutrici che avessero una certa dimestichezza con la lingua italiana, è apparso molto difficoltoso intercettare donne con tali competenze, pur essendo in Italia da tre o quattro anni. Appare in tal senso indicativa l’esperienza di una giovane marocchina che non ha potuto farsi assistere, come avrebbe voluto, dalla suocera al momento del parto, poiché questa, pur giunta nel nostro Paese quindici anni prima, non parlava affatto l’italiano. Sovente, poi, abbiamo notato la tendenza da parte degli operatori a delegare la trasmissione delle informazioni ai depliant divulgativi che illustrano le varie opportunità di sostegno alla gravidanza, al parto e al puerperio offerte dai servizi e che vengono consegnati alle donne generalmente all’inizio del loro percorso di gestazione. Di fatto, tuttavia, abbiamo appurato che le donne immigrate coinvolte nella ricerca, nella maggior parte dei casi, non hanno letto il materiale loro consegnato; se da una parte, perciò, l’operatore è stato certo di aver fornito le corrette informazioni all’utente, dall’altra il messaggio non è arrivato a destinazione. C’è poi un’altra questione apparentemente ovvia, ma che può rappresentare un serio limite nella comunicazione tra operatore e paziente migrante; e cioè, certe figure professionali o categorie del nostro Sistema sanitario che gli operatori “naturalmente” danno per ovvie e acquisite (si pensi ai medici di medicina generale, ai CUP, etc.), non lo sono affatto in altri Paesi, né è scontato che siano conosciute. E se a questo aggiungiamo la tendenza di molte donne migranti che abbiamo osservato, ad acconsentire gentilmente all’operatore anche se non hanno compreso bene ciò che viene loro detto, l’equivoco comunicativo diviene una ovvia conseguenza. E’ indicativo, a tale proposito, il dialogo tra una giovane donna del Senegal e un’operatrice del consultorio. Quando quest’ultima le dice di farsi prescrivere la pillola dal medico di famiglia, la donna annuisce cortesemente, lasciando intendere di aver compreso tutto quanto le era stato detto; ma una volta fuori, rivolgendosi ad una delle antropologhe osservatrici, chiede spaesata: «ma cosa è medico di famiglia?». Aggiungiamo infine che anche nel caso in cui le donne immigrate intervistate sono venute a conoscenza dei servizi offerti, in larga maggioranza non li hanno comunque frequentati. Non avendo potuto approfondire in corso di indagine questa ulteriore questione, ci limitiamo qui a lasciare aperti alcuni quesiti che meriterebbero di essere maggiormente esaminati: le proposte offerte vengono percepite come distanti e inutili, non a misura? Vengono vissute come poco inclusive? E’ un problema pratico connesso alle difficoltà di spostamento o alla gestione della famiglia? E quanto pesa le questione dei livelli di conoscenza della lingua italiana? 3. Per un’équipe multidisciplinare permanente A conclusione dell’indagine e a seguito degli incontri seminariali svolti per condividere con tutti gli operatori quanto emerso dalla ricerca, è stata costituita l’équipe multidisciplinare incaricata di 101 individuare percorsi operativi che potessero, almeno in parte, rispondere ad alcune delle principali criticità evidenziate in corso di progetto. A tale proposito, con la conduzione dei due antropologi responsabili dell’intero processo, è stato avviato un proficuo confronto tra professionisti portatori di saperi, esperienze e competenze diversificate che ha permesso di riflettere ulteriormente sulle problematiche emerse, di identificare i temi considerati prioritari e, su questi, di pensare ai più idonei interventi. Come già specificato, il personale ospedaliero di Arezzo non ha preso parte al lavoro dell’equipe, che è risultata composta esclusivamente da medici e operatori del consultorio aretino, oltre che dai responsabili dei consultori dei vari distretti della USL 8 della Regione Toscana. Questo ha inevitabilmente condizionato la scelta dei temi su cui lavorare – in quanto sono stati prediletti quelli di diretto interesse delle attività territoriali – e ha impedito l’individuazione di modelli di risposta alle criticità riscontrate anche in ospedale, venendo meno la possibilità di co-costruire con i professionisti direttamente interessati specifici percorsi. Riconoscendo innanzitutto la necessità di omogeneizzare le prassi consultoriali, di condividere le procedure, e di estendere le buone pratiche nei vari distretti della USL 8, in particolare due sono state le tematiche selezionate dall’equipe sulle quali sono state poi individuate proposte operative: (a) la questione delle criticità connesse ai processi di informazione e comunicazione sui servizi e (b) la problematica della continuità assistenziale. In merito al primo punto, è stata avviata una ampia riflessione intorno al momento della consegna del Libretto di gravidanza, considerato cruciale per stabilire un primo significativo contatto con tutte le gestanti all’inizio della loro esperienza di maternità. A tale proposito, il lavoro dell’équipe si è concentrato sulla definizione dei contenuti da veicolare e sulle modalità della comunicazione durante questo primo importante appuntamento, rimarcando anche ulteriori percorsi che potrebbero essere attivati per favorire fin dalle prime fasi il processo di presa in carico delle donne. Sono state quindi individuate alcune importanti indicazioni quali: (a) selezionare le comunicazioni e i materiali da fornire al momento della consegna del libretto in modo da evitare un sovraccarico di informazioni; (b) individuare ulteriori spazi e tempi per la “presa in carico” della gestante che ha scelto di essere seguita dal consultorio familiare per garantire il passaggio di quei contenuti che non sono veicolati al momento della consegna del libretto e facilitare un confronto in profondità tra utenti e operatori, anche al fine di predisporre percorsi quanto più calibrati sulla persona; (c) impiegare operatori sanitari adeguatamente formati sulla base delle competenze comunicative e relazionali richieste al momento della consegna del libretto e/o negli altri specifici incontri previsti per integrare tali informazioni; (d) identificare, fin dalle prime fasi, strategie di coinvolgimento della medicina generale nell’assistenza alla gravidanza; (e) prevedere campagne di comunicazione mirate dei servizi di consultorio da effettuarsi presso i luoghi strategici (CUP, studi dei medici di medicina generale, etc.). L’eéquipe ha avuto inoltre modo di riflettere e dibattere anche in merito a quali potessero essere, all’interno dei consultori, ulteriori e più idonei percorsi di interazione con le comunità di migranti, al fine di rispondere alle questioni legate alle difficoltà linguistiche, di inclusione e in generale di accesso ai servizi. Tuttavia, a fronte delle molteplici e variegate attività proposte in sede di discussione, ripetutamente è stato evidenziato come principale limite nella loro elaborazione e applicazione la mancata disponibilità di risorse, denunciando tale questione come una delle più rilevanti problematiche cui i consultori devono far fronte per continuare a garantire un servizio quanto più efficace ed efficiente a tutta la popolazione. E’ stata perciò rilevata la necessità di ripensare i percorsi strategici nell’ottica dell’integrazione delle politiche di territorio, avviando una unica riflessione con tutte le istituzioni e i soggetti a vario titolo interessati (comprese le associazioni, i gruppi informali, etc.) per integrare e calibrare le offerte già attive nelle singole zone e coinvolgere quanto più possibile tutti i protagonisti nella individuazione di strategie territoriali. In merito al secondo tema su cui si è concentrata l’analisi dell’equipe, ovvero la delicata questione della continuità assistenziale, tutto il gruppo si è trovato d’accordo sulla necessità di attivare metodologie di lavoro permanenti in grado di (a) garantire l’adozione di un orientamento sistemico alle tematiche affrontate attraverso l’adozione di un approccio multidisciplinare; (b) facilitare la messa in rete di tutti soggetti coinvolti nell’esperienza in oggetto, attivando tra loro fondamentali processi di comunicazione; (c) agevolare la comprensione dei meccanismi che caratterizzano la complessità dei fenomeni per elaborare quanto più efficaci e calibrate strategie di intervento. A tale proposito, quale strumento per ottimizzare la continuità assistenziale, è stata proposta la formalizzazione di una équipe multidisciplinare permanente che dovrebbe essere composta da rappresentanti di tutte le famiglie professionali di ospedale e consultorio coinvolti nel percorso gravidanza, parto e puerperio, trasversale a tutte le zone socio-sanitarie, con un mandato forte e chiaro dalla Direzione; pertanto potrebbe essere riconosciuta come soggetto capace di fungere da anello di congiunzione tra il livello tecnico e quello politico-amministrativo. Tale équipe, infatti, dovrebbe avere lo scopo di lavorare per condividere e uniformare le procedure, rispondere alle criticità (a partire da quelle emerse dall’indagine) e declinare proposte operative. Già in fase di progetto, il gruppo di lavoro costituitosi nella parte finale, pur essendo composto esclusivamente da operatori di consultorio, potrebbe rappresentare una importante risorsa da cui partire per mettere a frutto e dare seguito a quanto 102 emerso; una sua formalizzazione, potrebbe permettere da un lato di approfondire le questioni già affiorate, e in particolare quelle relative all’organizzazione del lavoro dei consultori, dall’altro di disporre di uno strumento già avviato da allargare agli operatori di ospedale e ad altri soggetti chiave quali pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, rappresentanti di associazioni o gruppi informali. Inoltre, le priorità operative emerse fin qui – quali la costruzione di modelli di intervento condivisi, l’individuazione e l’adozione di strumenti che facilitino l’integrazione dell’offerta tra ospedale e consultorio, la progettazione di percorsi di integrazione di personale di ospedale e territorio, la programmazione di itinerari di sostegno alla genitorialità a partire dalle prime fasi della gravidanza – potrebbero rappresentare, almeno in una fase iniziale, alcune delle principali direttrici di lavoro su cui concentrare le attività nell’ottica di un approccio multivocale e multidisciplinare formalizzato e condiviso a tutti i livelli tecnico-amministrativi. 4. Alcune considerazioni finali Vorremmo infine qui riportare alcune nostre riflessioni che, se da una parte sono solo indirettamente connesse con i temi del progetto, dall’altra ineriscono questioni fortemente emerse durante l’intero percorso: questioni che ne hanno caratterizzato lo svolgimento, ci hanno spinto a ripensare di volta in volta le principali tematiche affrontate e hanno messo in luce un campo di indagine assai più “impegnativo” e complesso di quanto previsto nelle fasi iniziali del lavoro. Innanzitutto, i vari incontri sono stati esperiti dagli operatori anche come occasioni per confrontarsi collettivamente su tutta una serie di tematiche – quali l’impostazione e l’organizzazione del lavoro, il modo in cui la professione è soggettivamente percepita e vissuta, gli equilibri tra le differenti zonedistretto, una forte sfiducia nei processi di cambiamento – e sovente per far emergere alcuni conflitti interni. A volte inoltre, abbiamo avvertito da parte di alcuni operatori, sconforto, frustrazione, stanchezza, rabbia e in qualche maniera disillusione rispetto a dinamiche di sistema oramai consolidate che nella percezione di tali operatori non sempre valorizzano l’eccellenza, la buona volontà, le buone idee e i processi di partecipazione e condivisione. In tal senso abbiamo riscontrato un rilevante bisogno di “raccontarsi”, condividere criticità e risorse del lavoro quotidiano, esplicitare necessità, organizzare occasioni di confronto con gli altri colleghi e in particolare, per quanto riguarda la zona aretina, con quelli ospedalieri. A riguardo, la quasi totale assenza del personale ospedaliero di Arezzo durante l’intero percorso, e in particolare nel lavoro dell’equipe multidisciplinare, è stata percepita, come qualcuno ha riferito, come “un’assenza che parla”, considerata paradigmatica di alcune note questioni: la difficile continuità tra territorio e ospedale, i differenti approcci rispetto a temi non strettamente biologici, la percezione di un giudizio in qualche modo sminuente, anche sul piano del carico di lavoro, da parte degli operatori di ospedale nei confronti di quelli di consultorio. Queste problematiche, che sono costantemente emerse durante il lavoro e che spesso, non lo nascondiamo, ci hanno anche disorientato, hanno indotto a ripensare le priorità del Progetto e in qualche misura a ricalibrarne gli obiettivi. Abbiamo infatti preso atto che, ancor prima di pensare a concrete iniziative rivolte alle donne e alle loro famiglie, è necessario favorire quanto più possibile l’attivazione di flussi comunicativi tra gli operatori e attivare tavoli di lavoro comuni e trasversali per conoscere e condividere criticità e risorse insite nelle attività quotidiane di ciascun settore, per individuare collettivamente le risposte e costruire percorsi adeguati. Quanto più tali processi di partecipazione saranno incentivati e sostenuti, tanto più potranno essere valorizzate tutte le qualità emerse fra gli operatori già durante l’intero progetto: la dedizione e la passione riversate nel proprio mestiere, l’onestà nel confrontarsi, il desiderio di partecipare a progetti condivisi. Di pari passo la risposta all’utenza sarà migliore e quanto più calibrata. 103 PERCORSI E STRUMENTI INFORMATIVI ESISTENTI PER FACILITARE L'ACCESSIBILITÀ AL SISTEMA SANITARIO LOCALE A GRUPPI DI POPOLAZIONE IMMIGRATA Il Distretto di Arezzo sta effettuando una ricognizione sui percorsi e sugli strumenti informativi esistenti per facilitare l'accessibilità al sistema sanitario locale a gruppi di popolazione immigrata . Il tavolo a cui siedono referenti dei servizi socio-sanitari e medici dell'ASL 8 oltre a rappresentanti di enti ed associazioni territoriali (*), che da tempo svolgono un ruolo rilevante di supporto, soccorso e conoscenza per rispondere ai bisogni emergenti di una crescente fetta di popolazione straniera, si pone i seguenti obiettivi: • • • • • indagine sui flussi e sulle pratiche esistenti a livello territoriale riguardo la decodifica delle richieste sanitarie, l'accompagnamento ai servizi, l'indicazione di percorsi; ricognizione di strumenti informativi esistenti finalizzata ad eventuali aggiornamenti tecnici, ad una rivisitazione dei contenuti, alla traduzione degli stessi nelle principali lingue parlate nel territorio aretino; l'elaborazione di uno strumento maneggevole e di facile lettura capace di rispondere alle esigenze informativo-educative sul versante sanitario, rivolto ai cittadini stranieri per facilitare l'orientamento nel sistema sanitario e migliorare l'accessibilità dei servizi; la diffusione dei messaggi alla popolazione target attraverso una rete che comprenda oltre i livelli ufficiali (Enti, Associazioni, Istituzioni) anche altri siti sparsi nel territorio che rappresentano punti focali nello scambio delle informazioni (call center; punti internet, luoghi di culto...) trasferimento delle conoscenze e dei saperi ai livelli intermedi del sistema (operatori sanitari, assistenti sociali, medici di medicina generale) anche attraverso specifici eventi formativi. Obiettivo intermedio imprescindibile ed ambizioso per raggiungere il risultato è quello di porre i vari interlocutori, che a vario titolo si occupano di problemi di immigrazione, in un contesto di interscambio diretto in cui le informazioni e le esperienze di ciascun soggetto (sia esso un professionista, uno sportello o un'associazione) diventino materia di conoscenza e di confronto in una visione integrata che guardi all'end point del progetto, ovvero all'empowerment di fasce sempre più ampie di cittadini immigrati e alla progressiva riduzione di possibili fenomeni di diseguaglianze tra gli stessi. (*) Il Gruppo è coordinato dal Distretto di Arezzo tramite l'UO Educazione alla Salute ed è formato da Coordinatore Sanitario del distretto; Responsabile UF Consultoriale; Serv.Vaccinazioni; Dipartimento Prevenzione (UO Igiene Pubblica, UF PISLL), Servizio Sociale, Servizio Infermieristico; Resp. Centro Tecnico Amm.vo Distretto; UO Malattie Infettive; Pronto Soccorso; Oxfam Italia; Caritas Diocesiana; Comune Arezzo: Ufficio Integrazione; Arci. Da quanto fin qui emerso si segnalano, di seguito, alcuni punti di forza e alcune criticità. 1. Oxfam Italia (ex Ucodep): è presente una convenzione per un progetto di mediazione linguistica con l'ASL8. Per Arezzo l'attività avviene attraverso l'intervento dell' accoglienza dell'ospedale di Arezzo che garantisce le emergenze di mediazione linguistica per l'ospedale; mentre per il territorio i servizi possono accedere direttamente ad un numero di cellulare. Il sistema garantisce una efficace programmazione per le donne in gravidanza. Le criticità riguardano attualmente la difficile gestione della rete provinciale dei vari ospedali e del territorio nelle cinque zone, oltre alle difficoltà esistenti nell'interazione con altri Enti extrasanitari (es. Provincia, Comune, Pronto Donna ecc.) 2. Centro Tecnico Amministrativo del Distretto: le criticità più frequenti sono rappresentate dal rilascio del STP in particolare riguardo alla mancanza di documentazione che può confermare la non iscrizione, e le difficoltà, in taluni casi, di stabilire se sussistano le condizioni per tale rilascio. Ad esempio dopo recenti accordi bilaterali gli Albanesi vengono considerati soggetti temporaneamente presenti solo se sono trascorsi tre mesi dall'ingresso autorizzato con visto turistico. Questo problema è legato naturalmente alla mobilità all'interno del nostro Paese di quote di immigrati di cui a volte non è possibile discernere se siano effettivamente non iscritti al SSN. Viene altresì evidenziata la crescente richiesta di interventi sanitari gratuiti (es. IVG) da parte di soggetti comunitari che si trasferiscono temporaneamente solo per accedere alla prestazione, prevista a pagamento nel Paese di origine.(vedi anche Caritas). La RT ha comunque emanato recenti linee guida sull'intera materia. 3. Comune di Arezzo (Ufficio Integrazione): circa 9.000 contatti in un anno; viene evidenziata l'importanza di alcune iniziative di sensibilizzazione culturale, portate avanti con Associazione Migrantes: sportello di informazioni di 1° livello rivolto a popolazione svantaggiata (alloggio; lavoro; consulenza legale). Entro il prossimo anno è prevista l'attivazione della « casa delle culture », come luogo d'incontro con attività mirate alla facilitazione delle conoscenze di altre culture come primum movens per i processi di integrazione. La necessità di un maggiore sostegno alla rete di intercultura e il conseguente rafforzamento delle capacità progettuali devono passare (questo è l'impegno) anche attraverso sinergie tra ASL e Comune riguardo ai processi di informazione e comunicazione per la salute e educazione sanitaria (es. Totem informativo nei call center ecc.) 4. Consultorio: viene ribadita l'efficace cooperazione con la mediazione linguistica e viene proposta l'attivazione di corsi di lingua italiana alle donne che accedono al consultorio (corsi di accompagnamento alla nascita). Si è concluso da poco un progetto di ricerca-formazione rivolto alle donne straniere in gravidanza che ha focalizzato alcuni punti di forza e alcuni fattori di debolezza nel complesso e delicato rapporto delle stesse con i servizi maternoinfantili. Anche da qui si partirà per una disamina dei messaggi educativi che andranno trasferiti sia tra gli operatori sanitari che alle comunità immigrate. 5. Il Dipartimento della Prevenzione indica nella difficoltà alla comprensione (culturale) dei meccanismi della prevenzione una delle più rilevanti criticità nel rapporto che gli immigrati hanno col nostro sistema sanitario. Da qui non solo la scarsa adesione ad alcune misure che ormai fanno parte del nostro comportamento sociale ma anche frequentemente l'idea che un determinato intervento preventivo quale può essere una semplice vaccinazione o uno screening trovi delle resistenze e viene finanche vissuta come una forma incomprensibile di coercizione. Oltremodo utile dovrebbe essere anche la diffusione di elementi di educazione sanitaria sui primi sintomi di malattie infettivo-diffusive che necessitano di ulteriori e precoci indagini (es.TBC). Riguardo alla tuberrcolosi (di 27 notifiche effettuate nel 2010, 19 erano cittadini stranieri) viene evidenziato che i contatti che fanno i chemioterapici non ricevono il contributo, così come avviene per i malati. Si prende atto, altresì, della massima disponibilità del PISSL al trasferimento di linee ed indicazioni operative riguardanti alcuni argomenti di elevato interesse (es Edilizia). L'UO Malattie Infettive e l'Igiene Pubblica coordineranno le attività di cui al progetto CCM al cui contenuto, relativo alla realizzazione di una rete di interventi per la prevenzione e la gestione delle malattie infettive (TBC, Epatiti virali, HIV) nella popolazione immigrata, si rimanda. Per quanto concerne il ruolo del Distretto viene sancito anche in tale progetto la predisposizione di percorsi assistenziali facilitati per immigrati e il coordinamento delle attività di educazione ed informazione sull'accessibilità ai servizi. 6. 7. della Caritas SpA: è nota da tempo l'azione che la Caritas di Arezzo, attraverso la sua rete parrocchiale, svolge riguardo ai servizi di prima necessità, tra le quali un ambulatorio medico. In un anno circa 1.300 persone si sono presentati agli sportelli della rete per circa 20.000 contatti. Il Distretto di Arezzo è disponibile ad un raccordo organizzativo con l'ambulatorio Caritas per migliorare le informazioni sugli STP e sulla materia, in generale, di tipo amministrativo ma anche per definire meglio il ruolo e l'attività sanitaria dell'ambulatorio supportandone, eventualmente, la parte informativa. All'ambulatorio, infatti, oltre agli STP, che continuano a presentarsi anche alla scadenza della tessera senza che la Caritas abbia effettivamente precise informazioni sullo stato dell'utente, giungono anche soggetti comunitari (rumeni, bulgari) che transitano nel nostro Paese per emergenze sanitarie (IVG) e mancano ancora delle linee come intervenire su tali fasce, anche perchè molti non hanno la tessera comunitaria. Questa ultima condizione inoltre determinerebbe evidenti difformità rispetto agli aspetti assicurativi vigenti nei Paesi comunitari, riguardo ai bisogni sanitari. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 105 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 106 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 107 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 108 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 109 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 110 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 111 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 112 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 113 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 114 Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 115 Considerazioni finali Nell’ottica del fenomeno migratorio, mondiale come Italiano, la politica dell’emergenza ha favorito normative che si approcciano in modo puntuale sull’emergenza ma non secondo un visione globale e continuativa dell’accoglienza, dell’assistenza e dell’ inserimento dei cittadini stranieri. L’ultimo Accordo Stato Regioni ha tentato di colmare la difformità di risposta, sul territorio nazionale, in tema di accesso alle cure da parte della popolazione immigrata, ma a tutt’oggi solo alcune regioni hanno applicato l’Accordo, (che non è una nuova legge ma un livello interpretativo delle norme esistenti) mentre altre hanno continuato a legiferare in maniera soggettivistica. Questo ci conferma che il percorso di integrazione e di interazione è ancora lungo. Il nostro impegno come Azienda USL 8 è quello di cercare di offrire servizi eccellenti alla popolazione tutta e di assicurali attraverso un nuovo approccio degli operatori socio-sanitari, garantendo i diritti, informando sui doveri. L’approccio transculturale è metodologia e strumento attraverso il quale l’Azienda crea un incontro con i propri cittadini in un contesto dove ciascuno, in maniera consapevole, partecipa. Tutto ciò sarà possibile superando una visione centrata sulla propria professione e sviluppando la capacità di relazione tra persone. Si ringraziano per la collaborazione: Rossana Pinto, Roberta Forni, Luca Del Furia, Patrizia Baldaccini, Stefania Arniani. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 116 vi ( ) vii ( ) viii ( ) ix ( ) x ( ) xi ( ) xii ( ) xiii ( ) xiv ( ) xv ( ) xvi ( ) di natalità dei nuclei familiari bangladeshi, quattro volte superiore a quello della media comunale» (LUATTI L. 2011: 11). Nella scelta delle donne da coinvolgere nell’indagine sono stati inoltre impiegati ulteriori criteri di selezione, quali l’aver partorito presso l’ospedale San Donato di Arezzo da non più di un anno dalla data di avvio del Progetto e, nel caso delle donne immigrate, l’essere giunte in Italia da non più di dieci anni. È stato inoltre rilevante il contributo della dottoressa Letizia Chialli, medico di medicina generale, tirocinante presso l’Unità operativa (U.O.) Educazione alla salute dell’USL 8, che ha coadiuvato il gruppo nell’attività di registrazione. Inizialmente era stato previsto che anche una rappresentanza di donne immigrate e italiane dovesse far parte dell’équipe. Essendo infatti interlocutrici privilegiate nell’ambito dell’intero percorso, sarebbe stato interessante avviare una riflessione collettiva anche a partire dalla loro esperienza e dal loro coinvolgimento attivo. Nel corso del lavoro tuttavia si è scelto di restringere l’équipe ai soli operatori della USL, in quanto le priorità da affrontare riguardavano soprattutto alcune questioni prettamente interne all’organizzazione dei servizi. Pur essendo stata unanimemente riconosciuta l’importanza di condividere quanto emerso durante lo svolgimento del Progetto anche con le donne coinvolte, si è scelto, così, di rimandare tale confronto a eventuali successivi passaggi. Pur essendo rivolta sia a personale ospedaliero che a quello di territorio, di fatto l’équipe è stata rappresentata esclusivamente da medici e operatori di consultorio; se da una parte questo ha determinato uno specifico orientamento nella scelta dei temi su cui lavorare, dall’altra ha anche di per sé messo in luce la necessità, peraltro già emersa in corso di progetto, di incrementare una sempre più stretta comunicazione e collaborazione tra ospedale e consultorio al fine di garantire una quanto più efficace continuità assistenziale. In merito ai vissuti di spaesamento che caratterizza la condizione migratoria anche per l’assenza della rete femminile che supporta e cura la madre nei mesi precedenti e successivi al parto, si veda anche MORO M. R. 2002. Si veda a tale proposito anche MIELI G. 2009. Abbiamo scelto di lasciare questa parola in maiuscolo, rispettando la deregistrazione curata dall’infermiera che ha condotto il colloquio. In questo modo, ha infatti voluto sottolineare l’enfasi con cui la donna intervistata ha restituito la propria testimonianza. La necessità di integrare le componenti biologiche e organiche con quelle psico-socio-culturali si configura ancora come questione cruciale e urgente nella relazione terapeutica. Come evidenzia Tullio Seppilli in un’intervista di Alessandro Lupo: «La ben nota e oramai classica tripartizione dimensionale della malattia formulata dai nostri colleghi nordamericani, la disease come processo biologico, la illness come suo vissuto soggettivo e la sickness come mutamento dello statuto sociale del malato in un contesto storico determinato, è appunto il risultato di una riflessione antropologica e solo di recente la nostra medicina inizia a superare la sua focalizzazione sulla sola disease» (SEPPILLI T. intervistato da LUPO A. 2009:14). Si vedano a tale proposito anche RANISIO G. 1999; BARTOLI L. 2007. In merito è importante effettuare alcune riflessioni rispetto al ruolo, alla formazione ed anche alle questioni legali implicite nel lavoro degli operatori, sulle cui pratiche incidono almeno quattro fattori: a) innanzitutto va sottolineato il modello efficientista veicolato in genere dalle istituzioni sanitarie, in particolare gli ospedali, molto centrato sulle pratiche relative al corpo, piuttosto strutturato e di conseguenza poco aperto al mutamento se non è funzionale al sistema. Vanno inoltre considerati i problemi organizzativi e logistici, quali ad esempio la carenza di personale, le problematiche legate alla turnazione, la necessità, soprattutto per il personale di ospedale, di agire in situazioni d’emergenza, etc., che possono condizionare fortemente pratiche e atteggiamenti degli operatori. b) Incide inoltre significativamente il timore di incorrere in problemi legali che spesso orienta e condiziona le pratiche, soprattutto quelle legate al parto. Il modello tecnocratico della nascita, infatti, sembra essere quello maggiormente adottato dai ginecologi in quanto fortemente rassicurante (MAFFI I. 2010). Non possiamo certo omettere le reali difficoltà incontrate in tal senso dal personale sanitario, ma a riguardo, rimangono aperte alcune importanti questioni: qual è il confine tra i diritti degli operatori e i diritti delle donne? È possibile pensare a dei percorsi differenti dalla “medicina difensiva”? Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 117 c) Vanno inoltre tenuti presenti i percorsi formativi dei medici e degli operatori che tendono ancora ad essere incentrati prevalentemente sulla dimensione organica del corpo a scapito di una visione complessiva della persona, dei suoi vissuti, della sua soggettività. d) Infine, la tipologia stessa del lavoro, che presuppone un contatto diretto con la dimensione emotiva dell’altro e spesso con la sofferenza, porta inevitabilmente ad organizzare delle difese e delle strategie di distacco. xvii ( ) xviii ( ) Come sottolinea la stessa Irene Maffi, la medicalizzazione della nascita ha comportato profondi cambiamenti nella pratica ostetrica: «Questa nuova concezione della nascita ha generato effetti sociali e culturali molto profondi che hanno causato non solo mutamenti istituzionali e economici, ma hanno portato anche all’emergere di una nuova cultura della nascita che ha sostituito e in parte cancellato i saperi e le pratiche precedenti bollati come arretrati, barbari e dannosi. Le ostetriche che di quel mondo erano le principali rappresentanti sono in parte scomparse e in parte hanno dovuto adattarsi al nuovo sistema natale, modificando in modo profondo le proprie concezioni e la propria pratica. La scelta era tra scomparire o accettare di cambiare, un cambiamento spesso degradante poiché ha avuto come effetto la loro subordinazione totale alla corporazione dei medici, ai ritmi disumanizzanti del lavoro ospedaliero e alla svalutazione del loro ruolo. […] Se per alcuni anni questo processo di progressiva medicalizzazione della nascita non ha incontrato critiche sostanziali, durante gli anni Settanta e Ottanta diversi movimenti nati contemporaneamente in Europa e negli Stati Uniti hanno criticato aspramente idee e pratiche che riducevano le donne a soggetti passivi in balia delle logiche tecnologiche e mediche, espropriandole completamente del loro corpo e dell’esperienza positiva della nascita. Alcuni ginecologi, ostetriche e gruppi di donne hanno allora promosso la riscoperta di un modello alternativo della nascita che mirava a valorizzare le potenzialità del corpo femminile, la naturalità del processo della nascita e un approccio meno tecnologico o per niente tecnologico ad essa» (MAFFI I. 2010: 9). Si confrontino in tal senso MAFFI I. 2010; PIZZINI F. 1988, 1999. Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 118 xix ( ) xx ( ) xxi ( ) xxii ( ) xxiii ( ) xxiv ( ) xxv ( ) A tale proposito Irene Maffi fa notare che a dispetto dei numerosi studi che dimostrano la pericolosità dell’uso della tecnologia e degli interventi medici dopo il parto, le donne tendano a non percepire i rischi legati ad essi, sottolineando anche come il modello biomedico si concentri prevalentemente sui rischi connessi al processo naturale della nascita, tralasciando quasi del tutto quelli, spesso ben maggiori, legati all’uso indiscriminato della tecnologia. L’eccessiva medicalizzazione che nel corso del tempo ha delegittimato il sapere e il sentire femminile rispetto al proprio corpo ha veicolato un modello che è stato fortemente introiettato dalle donne stesse (capita non di rado che siano proprio le donne a richiedere e voler programmare il parto cesareo), togliendo loro «la possibilità di valorizzare la propria esperienza di gestante e di madre, un’esperienza di cui la donna stessa ha perso coscienza in nome della sicurezza tecnologica» (MAFFI I. 2010: 11). In tal senso è interessante la riflessione avviata in Francia oramai da diversi anni appunto in relazione alla medicalizzazione del parto. Nel piano di perinatalità francese (2005-2007), si legge: «Fino agli anni ’70-’80 il campo della nascita era dominato dalla nozione di rischio; oramai viene posto in primo piano il carattere fisiologico e naturale della gravidanza e della nascita. Un cambio fondamentale è impresso nella filosofia della presa in carico della gravidanza e della nascita, attraverso l’integrazione della nozione di sicurezza emozionale nell’accompagnamento dei futuri genitori: in determinate circostanze fare più e meglio nelle situazioni ad alto rischio e meno (e meglio) nelle situazioni a basso rischio» (PUECH F. 2010: 770). Una volta alla settimana le neomamme possono recarsi presso lo Spazio Mamme e ricevere sostegno e consigli dalle ostetriche e dalla psicologa del consultorio; tale spazio si configura inoltre anche come luogo di incontro e scambio tra madri che condividono la medesima esperienza. E’ necessario fornire alcune brevi informazioni inerenti l’organizzazione del reparto di ostetricia. Da qualche anno è stato introdotto il rooming-in e, accanto alle camere di degenza delle donne si trova la nursery, in cui i neonati soggiornano generalmente per poco tempo e per motivi differenti; in questo spazio è il personale infermieristico ad occuparsi della cura dei bambini e non le ostetriche del reparto. Queste ultime svolgono comunque visite giornaliere alle madri per verificare il loro stato dopo il parto e l’attacco al seno da parte del bimbo. Anche in questo caso abbiamo deciso di lasciare le enfasi sottolineate dall’uso dei maiuscoli nella deregistrazione del colloquio in profondità. Il paracapezzolo è un dispositivo che si applica sul seno della madre e che, molto spesso, viene consigliato alle donne con l'intenzione di fronteggiare diversi tipi di difficoltà in allattamento, quali ragadi o dolori al seno. Dai colloqui in profondità condotti con le donne è emerso che quante non hanno frequentato il corso di accompagnamento alla nascita non hanno ricevuto adeguate informazioni circa l’allattamento al seno e circa le possibilità offerte dai servizi del consultorio. Inoltre, le principali difficoltà rispetto l’allattamento materno sono emerse tra le donne bangladeshi (tutte le donne magrebine e delle aree africane sub-sahariane coinvolte nella ricerca allattavano al seno i propri figli). Nel corso del primo seminario con gli operatori era affiorata una opinione piuttosto radicata tra questi ultimi e cioè che le donne bangladeshi preferiscano allattare artificialmente i propri bambini. Di contro, dai colloqui in profondità svolti con queste ultime, è emerso invece un forte desiderio di allattare naturalmente i propri figli e un buon livello di consapevolezza circa i vantaggi che ne derivano per la salute del bambino. L’esperienza fatta nel consultorio di Arezzo è a riguardo piuttosto significativa. Infatti, a partire dal 2008, si sono svolti dei percorsi di accompagnamento alla nascita specificamente pensati per le donne bangladeshi e condotti da una delle due antropologhe ricercatrici autrici dell’articolo, in stretta collaborazione con la mediatrice linguistico culturale proveniente dal Bangladesh e con un’ostetrica del consultorio. Tutte le donne che hanno partecipato al corso, sono state adeguatamente informate, sostenute e incoraggiate e, di fatto, tutte hanno allattato al seno i propri figli. Quello dell’Accoglienza è un ufficio posto all’ingresso del consultorio, in cui sono generalmente presenti due infermiere. Questo spazio è deputato ad accogliere, informare e orientare gli utenti. Qui viene effettuata la prenotazione di visite specialistiche che si svolgono presso gli ambulatori del consultorio e si consegnano i risultati delle indagini cliniche svolte sempre negli stessi ambulatori. Inoltre, è proprio in questo luogo che avviene la consegna del Libretto di gravidanza (vedi nota 26). Documento base Politiche Aziendali popolazioni migranti 2013/2014 – Azienda USL 8 di Arezzo 119
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