Visco, governatore di Bankitalia:“Crimine, evasione e corruzione bloccano l’economia italiana. Serve la legge sull’autoriciclaggio”. Lo dica a Renzi Sabato 8 novembre 2014 – Anno 6 – n° 308 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 RENZI E IL CASO DI STEFANO IMPRESENTABILI A TAVOLA Psicodramma dem: il deputato del Pd (ma aveva cominciato dal centrodestra ai tempi di Storace), accusato di mazzette e tra i coordinatori dei dibattiti della Leopolda, costretto all’ultimo momento a rinunciare alla cena di finanziamento del partito. Un’altra “cattiva compagnia” del premier Lillo, Marra, Pacelli e Tecce » pag. 2 - 3 L’AUTUNNO DEL COLLE PROFONDO LEGA La stanchezza di Napolitano. E Clio disse: “Andiamo via” y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!=!#!"!{ Salvini, il comunista padano tra felpe, ronde e il fantasma Belsito Trattare col Pd oppure no? Il mal di pancia di M5S d’Esposito » pag. 5 De Carolis » pag. 4 Zanca » pag. 6 » SCANDALO CHICAGO » L’arcivescovado rende pubblici i dossier ALTA TENSIONE Pedofilia Usa, i file: “Alcol, abusi e festini” Gli scontri a Bagnoli LaPresse Bagnoli, cariche e scontri al corteo anti Sblocca Italia Napoli, la manifestazione sostenuta anche dal sindaco De Magistris sfila pacifica fino alla Città della Scienza e poi degenera: una ventina di feriti Iurillo » pag. 4 C’ERAVAMO TANTO AMATI Online le 15 mila pagine che documentano 60 anni di violenze nella diocesi che ha già dovuto pagare 130 milioni di dollari alle vittime dei preti. 68 i nomi coinvolti. I racconti dei maltrattamenti: “Ci mettevano sdraiati sui lettini e poi lo facevano...” Vitaliano » pag. 13 VISTI DA VICINO OLTRE LE SBARRE Altro che divorzio facile: resta lungo e un po’ complicato Le multe, la Panda e le bombe d’acqua È Marino Comics Scanzi » pag. 6 Oliver Stone l’anti amerikano e il colossal sullo zar Putin Liuzzi e Natangelo » pag. 11 » ROMA DA RIDERE Zunini » pag. 12 Rebibbia, anche il teatro rischia la condanna della chiusura Minnucci » pag. 14 LA CATTIVERIA Montezemolo nuovo presidente Alitalia. E i ritardi non potranno attribuirsi a Massa » www.forum.spinoza.it Un giorno normale di Marco Travaglio el Paese di Sottosopra, come lo chiamava N Giorgio Bocca, è normale che si consideri anormale ciò che è normale e normale ciò che è anormale. È normale che il presidente della Repubblica, dopo aver ripetuto di non aver nulla di nuovo da dire sul periodo 1992-'93 al processo sulla trattativa Stato-mafia, quando è costretto a rispondere ai magistrati riveli un progetto di attentato ai suoi danni (e a quelli del collega Spadolini) subito dopo le stragi del 27 luglio '93 di cui né lui né l’allora ministro dell’Interno Mancino avevano mai detto nulla per 21 anni. Ed è normale che non avesse mai fatto parola del piano eversivo, anzi di “colpo di Stato”, che i vertici istituzionali dell’epoca avevano ben chiaro da parte della mafia corleonese e non solo di quella (altrimenti che golpe sarebbe stato) per ricattare il governo in cambio dell’alleggerimento del 41-bis, che infatti di lì a poco arrivò. In compenso, è ritenuto anormale quel che è accaduto l’altroieri in Parlamento: e cioè che le Camere, paralizzate da quattro mesi dai veti incrociati fra e dentro i partiti del Patto del Nazareno (Pd e FI), siano riuscite a eleggere uno dei due nuovi membri della Consulta con i voti del Pd e dei 5Stelle, i quali però non hanno votato la candidata di FI per i suoi potenziali conflitti d’interessi. Le vestali del Nazareno, cioè della trattativa Stato-Mediaset che infesta l’Italia da vent’anni, non hanno mai trovato nulla di anormale nel patto occulto siglato dal premier Rottamatore e dall’ex premier Decaduto, Pregiudicato e Detenuto, col plurimputato Denis Verdini nel ruolo di sensale e paraninfo. Ma ora sono in allarme per ciò che ritengono anormale: e cioè che la stragrande maggioranza dei parlamentari, liberi da vincoli di mandato, dopo aver respinto giustamente i diktat del Quirinale, di Palazzo Chigi e di Cesano Boscone su Violante, Catricalà, Indagato Bruno e Caramazza, abbiano eletto alla Consulta una giurista indicata dal Pd ma non “del Pd” provvista di tutti i requisiti formali e morali per quel ruolo di garanzia, e abbiano finalmente completato il plenum del Csm con un ottimo professore universitario indicato in rete dai suoi studenti e designato dal M5S ma non “del M5S”. Il Giornale di Sallusti tuona contro il “Patto dell’Ebetino” e contro l’“inciucio Renzi-Grillo”. Il Foglio non si dà pace e, con l’amorevole impegno che mettono i secondi della boxe a rifocillare il pugile suonato all’angolo, incitano Renzi e B. a restare insieme: “Il patto deve reggere”, “la separazione” sarebbe una sciagura, sennò poi i cittadini rischiano di contare davvero. E anche i giornaloni “indipendenti” tremano all’idea che il patto Renzi-Grillo (peraltro inesistente) si ripeta quando bisognerà trovare un successore a Napolitano. Stefano Folli, su Repubblica, si consola per la gioia dei lettori: tra Silvio e Matteo “non è ancora un addio definitivo”. Ah, meno male. Ancor più affranto, il pompiere gemello del Corriere, Massimo Franco, non trattiene la “preoccupazione” per “quanto potrà accadere di fronte al vuoto che lascerebbe Napolitano” se il nuovo inquilino del Quirinale fosse affidato alla “imprevedibilità di una formazione che segue le dinamiche imperscrutabili della Rete e del suo leader”. Cioè all’eventuale voto decisivo dei 5Stelle. Il grumo di potere che ingrassa da due decenni all’ombra dell’Inciucione fra la sinistra più stupida e ricattabile del mondo e la destra più impresentabile e ricattatrice del mondo non si dà pace all’idea che quello schema tramonti. Sono quei poveretti che periodicamente si domandano, spiritosi, “come camperanno gli antiberlusconiani ora che non c’è più B.”. E intanto sono loro a tremare, in preda all’horror vacui, dinanzi alla prospettiva di veder sparire il piccolo mondo antico e laido che ancora un anno fa tradì il voto popolare e ci rifilò le larghe intese, dal Colle a Palazzo Chigi giù giù fino alle assemblee di condominio. Chissà se Grillo e i suoi si sono finalmente accorti di quanto possono aiutare l’Italia a cambiare, anche dall’opposizione, se fanno politica e la smettono di guardarsi l’ombelico. 2 FINANZIAMENTI SABATO 8 NOVEMBRE 2014 B“Governo ulgarelli (M5S): garantisce solo i derivati” “RENZI INSERISCE nella legge di Stabilità poche righe per permettere la garanzia dello Stato su contratti di derivati che lo stesso Stato firmò con Morgan Stanley, Jp Morgan, Deutsche Bank e altre banche negli anni Novanta”. Lo afferma la senatrice del Movimento 5 Stelle, Elisa Bulgarelli, riprendendo anche una denuncia fatta da Adusbef e Federconsumatori. “Nessuna modifica - spiega - è stata inserita invece a salvaguardia del capitale dei versamenti contributivi che nel 2014 subiranno una lieve decurtazione. Cosa significa? - si chiede la Bulgarelli le perdite delle banche le coprirà lo Sta- il Fatto Quotidiano to, mentre i cittadini si vedranno ridurre la pensioni. Intanto Renzi gira la testa dall’altra parte”. “Ma non è finita, - conclude - ricordo infatti i tagli di più di 10 miliardi di euro agli enti locali che costringeranno gli amministratori ad aumentare le tasse locali”. DI STEFANO IMBARAZZA IL PD E RIMANE SENZA CENA IL PARLAMENTARE INDAGATO PER TANGENTI SI AUTOSOSPENDE DAL PARTITO E SALTA LA RACCOLTA FONDI NONOSTANTE AVESSE GIÀ PORTATO 5 IMPRENDITORI di Wanda Marra S ono un imprenditore. Mi chiamo Giordani. E penso che Renzi è un ragazzo che va sostenuto”. Abito scuro e cravattone in bell’evidenza, l’ospite fa una vera e propria conferenza stampa, prima di entrare nel Salone delle Tre Fontane a Roma. Location già nota alle cronache per le mega-cene che Berlusconi organizzava per promuovere i suoi candidati. Mentre la folla si assiepa per entrare, le luci sulla facciata rimandano il rosso bianco e verde della bandiera italiana. E del Pd. Qualche suv, molti taxi, il generone romano che già fu di Rutelli e di Veltroni fa la fila. “Io queste iniziative le ho sempre fatte”, dice, entrando, un habitué, come Chicco Testa. Non manca il veltronianissimo e ricchissimo Raffaele Ranucci. Un’altra antica conoscenza. Ma soprattutto, c’è l’ospite d’onore: il presidente della Roma, James Pallotta. “Ci sarà un nuovo stadio per la Capitale?”, si chiedono i commensali. Un po’ più in disparte l’ex calciatore, Odoacre Chierico. “Mi hanno invitato, non ho pagato”. Per cenare con il segretario premier, l’iniziativa organizzata da Francesco Bonifazi e Alessia Rotta, prevedeva un finanziamento di 1.000 euro ciascuno. Molti politici non li hanno versati (pure se non sono arrivati forniti di ospiti) e molti sono invitati. Caos renziano. Fino a mezz’ora prima dell’inizio, d’altronde, i tavoli non erano neanche composti e lo psicodramma Di Stefano, con i 5 imprenditori suoi ospiti (da evi- tare o da accogliere, con tanto di portafoglio al seguito?) aleggiava sulla cena. Alla fine, il protagonista, è stato convinto a non farsi vedere e anzi si è autosospeso dal Pd. Il tavolo a suo nome è saltato. fatto a mano TERRITORIO delicato, quello romano, difficilmente controllabile, tra “palazzinari” e “macellai” per citare le perplessità Dem. Difficile selezionare gli ospiti in modo da evitare scivoloni. Inutile per questo lo schieramento di polizia all’entrata degno di una cena di Stato. Dentro, peperoncino in bell’evidenza, grazie alla presenza del calabrese Franco Monaco, e menù a base di parmigiana di melanzane e cacio e pepe. Tanta Roma e tanto “casino”. Ospiti buoni per tutte le stagioni come i fratelli Toti, Parnasi e Mezzaroma. Più GLI OSPITI Alla kermesse dell’Eur, il presidente della Roma Pallotta, gli storici finanziatori Toti e Parnasi e anche Mezzaroma e Testa tantissimi esponenti del sottobosco cittadino, dai notai agli avvocati, passando per farmacisti, medici, industriali e imprenditori di vari livelli. Arriva ad omaggiare il potere che avanza un ristoratore di grido come Giuseppe Roscioli. Il regista Fausto Brizzi non tradisce IN SALA Il salone delle Tre Fontane all’Eur. In basso il menu della serata: sformatini di parmigiana, raviolo cacio e pepe e mousse ai tre cioccolati Ansa l’amico premier. Ci sono il produttore Fulvio Lucisano e il re del sigaro toscano, Maccaferri. E il potere romano: ecco Bettini e Gasbarra. Poi, il sindaco, Marino (qualcuno deve averlo avvertito che non c’era bomba d’acqua in arrivo) e il presidente del Lazio, Zingaretti, al tavolo con Lorenza Bonaccorsi, vicino a quello del premier. Scelta precisa. Tra i neo finanziatori anche il direttore generale della Lamborghini, Umberto Possini. Sta al tavolo di Michele Anzaldi, che ha portato una quindicina di ospiti, tra cui l’ambasciatrice del Kazakistan. Vanno forte i rutelliani. Tanti produttori di vino: l’azienda laziale Casal del Giglio, la famiglia Santarelli e i Ber- tani (del Santa Margherita). Si beve acqua Norda. Ernesto Carbone ha portato più di dieci suoi amici avvocati, tra cui Paolo Cerù e il tributarista Raffaele De Stefano. C’è anche Raffaele De Luca Tamajo, legale della Fiat di Marchionne. Nutrita la pattuglia politica dei calabresi: Ernesto Magorno, Enzo Bruno, Mario Oliverio, Stefania Covello, Enza Bruno Bossio, Nicodemo Oliverio e Massimo Canale. Che pure hanno organizzato un pulmino di ospiti: il presidente di Confindustria Catanzaro, Daniele Rossi, il presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti. E gli imprenditori Palmiro Raffo e Antonella Dodaro. In mezzo all’“Italia che produce” (definizione standard) più o meno ansiosa di farsi vedere insieme a Renzi, anche politici: la Madia e Beppe Fioroni, Lotti, Boschi e il Sottosegretario Rughetti. C’è Orfini, che un tempo andava alle Feste dell’Unità: “Preferisco le salsicce, ma vanno bene anche queste iniziative”. Arriva pure il neo Pd, Gennaro Migliore, che una volta stava in Rifondazione. “Chi ho portato? Me stesso. Ho passato una vita a fare sottoscrizioni per il partito cui appartenevo”. Alla fine, è sold out con almeno 600 persone. E Renzi, che siccome non ce la fa a stringere le mani di tutti (e poi, meglio evitare i selfie con gli sconosciuti) allieta il parterre a moh di colonna sonora, con un discorso che dura tutta la serata. A COLPI DI PREFERENZE di Carlo Tecce La scalata di un poliziotto in carriera on poteva che presiedere un tavolo dedicato ai “pagamenti N digitali” durante il pensatoio renziano, la Leopolda numero 5, il deputato dem Marco Di Stefano, accusato di aver intascato una mazzetta da 1,8 milioni di euro, scorporata di 300.000 euro per un collaboratore che risulta irrintracciabile. È pratico con le ordinazioni dei posti, il politico romano, che ha indossato più casacche per breve tempo e ricoperto più poltrone per tanto tempo. Accolto senza troppi indugi dai renziani, assieme a un bagaglio di preferenze sempre disponibili. E così per la cena di finanziamento di Matteo Renzi, servita ieri sera a Roma, Di Stefano ha contattato gli organizzatori: “Marco più cinque”, che poi sarebbero imprenditori con quota di 1.000 euro cadauno. Viene respinto dopo un dramma al Nazareno: niente tavolo, stavolta. Ai dem non fa difetto l’inchiesta per corruzione, i rapporti con i costruttori Pulcini che, nei propri palazzi, per oltre 7 milioni ospitarono in affitto una società regionale laziale, la “Lazio Service”, mentre il referente Marco era assessore al Demanio durante la giunta di Piero Marrazzo. E finì nel dimenticatoio pure l’esposto alla Corte dei Conti del centrodestra subentrato a Marrazzo, chissà dove riposa quel documento che bollava come eccessivo il canone versato con denaro pubblico ai signori Pulcini. Con la stessa sicumera, la stessa pretesa che non tollera diniego, Di Stefano ha risposto a una solerte Maria Elena Boschi che chiedeva ai parlamentari dem un’adesione per la Leo- polda. E ancora: “Prego, Marco più qualcuno”, di contorno, a ragionare di riforme, progetti, modernità. Per poi ammettere su Twitter: “Non conosco Renzi”. Ne ha consumati di sampietrini quest’ex poliziotto che voleva inaugurare la carriera politica al Municipio XVIII di Roma, dove era dislocato, ma fu bloccato perché considerato inadeguato dai vertici di Alleanza Nazionale. ALL’EPOCA, Di Stefano pendeva a destra. Poi ha smesso di pendere non di oscillare; è diventato democristiano. Senza l’originale Dc e l’adorato Vittorio Sbardella, non gli restò che Mario Baccini (oggi compaiono assieme nell’inchiesta di Roma, ma Baccini non è indagato). Il primo maestro, però, fu Nicola Stampete, esponente di An, zona Casalotti-Boccea, che suona familiare anche per la parodia di Corrado Guzzanti sul raccordo anulare che circonda la Capitale. Nicola Stampete, conosciuto col soprannome di “er pipistrello” per via di un paio di orecchie appuntite, era un serbatoio di voti. Il figlio Antonio, amico di Di Stefano, è presidente di commissione (Urbanistica) al Comune di Roma. Ma ritorniamo a metà degli anni Novanta, quando Di Stefano esordisce in politica, consigliere comunale per il Centro Cristiano Democratico e poi segretario provinciale romano per l’Udc, galassia Pier Ferdinando Casini e senz’altro Baccini, esuli Dc. Quando pare scontata la vittoria in Regione di Piero Marrazzo, lo scaltro Di Stefano, convinto dal sindaco Walter Veltroni come raccontano le cronache di quei mesi del 2005, fa un salto a sinistra, però in una lista civica. E da lì sale a velocità più sostenuta: assessore con tre deleghe, Risorse Umane, Patrimonio e Demanio. Campo libero per gestire con disinvoltura un potere enorme e anche per aiutare la futura “convivente” - questa è la dicitura degli inquirenti – Claudia Ariano, direttore della logistica proprio di “Lazio Service”. Le denunce contro Di Stefano provengono anche da Gilda Renzi, l’ex moglie. Ai tratti da telenovela, però, si aggiungono coincidenze molto più fosche. Dopo una rimpasto, a febbraio 2009, Di Stefano fu estromesso dalla squadra di Marrazzo. La “vendetta” fu a caldo, rapida, per mezzo di una conferenza stampa. Disse: “Ho ricevuto pizzini da importanti esponenti della Giunta. Quei pizzini erano relativi ai concorsi interni per lo scorrimento delle posizioni dei dipendenti. Li ho rispediti al mittente”. A settembre 2009, un paio di mesi prima di rassegnare le dimissioni per LA METAMORFOSI Democristiano, prova ad entrare in An, poi si lega al Ccd di Casini e Baccini, segue l’Udeur di Mastella e diventa assessore di Marrazzo. Attualmente è democratico renziano il Fatto Quotidiano FINANZIAMENTI JOBS ACT E DINTORNI CAMUSSO: “PREMIER DIVIDE I LAVORATORI” Ancora un duro botta e risposta, a distanza, tra il premier Matteo Renzi e il leader della Cgil, Susanna Camusso. “Guai a pensare che si possa fare del mondo del lavoro il terreno dello scontro”, dice il presidente del Consiglio dall’inaugurazione del nuovo stabilimento di Piaggio Aerospace a Villa- nova d’Albenga (Sv). “È stato Renzi a innescare lo scontro sul lavoro”, dividendo anche i lavoratori (tra “pubblici e privati, tra stabilizzati e non stabilizzati”, tra i “vecchi” e i “nuovi”) e togliendo i diritti invece di estenderli, e quindi tocca a lui “risolverlo”, ribatte il numero uno del sindacato di Corso d’Italia. Che poi rincara: “Noi ci mettiamo la faccia, stiamo con i lavoratori e prendiamo le manganel- SABATO 8 NOVEMBRE 2014 3 late”. Gli risponde il pd Orfini: “Il Jobs act estende diretti e doveri. Camusso riconosca questo e il dialogo sarà più facile”. A margine dell’assemblea dell’Anci a Milano, Susanna Camusso è anche tornata sulla somiglianza tra Renzi e la Thatcher: “A livello fisico Renzi non mi ha mai ricordato la Thatcher, per quanto riguarda le politiche ribadisco le mie opinioni”. LE CARTE Affari e reti offshore all’ombra del “Leopoldo” NELL’INCHIESTA ROMANA È STATO INTERCETTATO ANCHE L’EDITORE DI LIBERO ANGELUCCI PER VIA DI UNA CONTROLLATA LUSSEMBURGHESE GIÀ NOTA ALLE CRONACHE di Marco Lillo e Valeria Pacelli P er capire cosa sia diventato il Pd nell’era di Matteo Renzi bisogna partire da un ex convento ristrutturato nel cuore di Trastevere, in via della Cisterna 22. Qui si intrecciano i destini dell’onorevole Marco Di Stefano, renziano dell’ultima ora ma subito promosso coordinatore alla Leopolda; di Arnaldo Rossi, presidente del quotidiano Libero (di Tonino Angelucci, senatore di Forza Italia) e infine quelli del costruttore Daniele Pulcini. CHE CI FACCIO QUI? In alto, Matteo Renzi. A sinistra alcuni degli ospiti della serata dell’Eur: Chicco Testa e James Pallotta. Più in basso, il deputato autosospeso Marco Di Stefano alla Leopolda. In un tweet del 26 ottobre Di Stefano commenta “mai conosciuto @Matteorenzi #politica #cambiadavvero. Yes!” Ansa lo scandalo che lo coinvolse, Marrazzo reintegra Di Stefano, che è promosso assessore all’Istruzione. In questo periodo, abbandonata l’Udeur di Clemente Mastella, scialuppa utile per attraversare il governo di Romano Prodi, Di Stefano aderisce al Partito democratico, lo fa in quota ex popolari, soprattutto di Giuseppe Fioroni. Ma non ridimensiona gli interessi per “Lazio Service”: si batte per far sostituire il presidente Massimiliano Marcucci, nonostante il contratto in scadenza nel 2016. TRA IL 2012 E IL 2013, da consigliere regionale, unico di minoranza a capo di una commissione, Di Stefano prepara il gran salto in Parlamento e organizza manifestazioni a Santa Marinella, d’estate, perché i romani vanno a fare il bagno a Santa Marinella. Il 10 giugno 2012, in un istituto religioso, accorre pure Enrico Letta, vicesegretario dem. C’era la governatrice Polverini e il presidente della Provincia di Rieti, Fabio Melilli, oggi segretario regionale del Pd, industriali e cacicchi laziali. Osservò Di Stefano: “Vogliamo promuovere finalmente il dialogo e lo scambio di idee tra la politica e il mondo delle imprese”. Le parlamentarie di dicembre 2012 non sono un successo, soltanto 2.573 preferenze, la metà di Marianna Madia. Viene inserito al sesto posto nella circoscrizione Lazio 1, non eletto a Montecitorio, ma viene ripescato perché Marino chiama in Campidoglio la quinta in classifica, Marta Leonori. Il Nazareno lo recupera. L’ex poliziotto non è mai stato lettiano, appena ha potuto s’è trasformato in renziano. Già un anno fa, mentre il governo di Letta scricchiolava, era tra i referenti del sindaco di Firenze in Commissione Finanze. E ai renziani va bene così. SECONDO L’IPOTESI accusatoria dei pm romani l’ex assessore regionale al demanio Marco Di Stefano sarebbe stato corrotto da Daniele Pulcini con una mazzetta di 1,8 milioni di euro perché la controllata della Regione, Lazio Service prendesse in affitto una nuova sede di proprietà del gruppo Pulcini. La manovra era destinata a far aumentare, grazie al canone annuo stratosferico di complessivi 7 milioni e 327 mila euro, il valore dei due palazzi in via del Serafico. I Pulcini riuscirono - grazie all’affitto pagato dai contribuenti - a vendere i palazzi all’Ente di Previdenza e Assistenza dei Medici, Enpam con una plusvalenza enorme di 53 milioni di euro. Aveva le sue ragioni l’allora assessore Di Stefano quando interveniva nell’assemblea di Lazio Service, in rappresentanza dell’azionista unico il 5 agosto 2008, per sostenere la necessità impellente della nuova sede. Per i pm Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli, i Pulcini gli avrebbero versato tangenti per 1,8 milioni di euro oltre a 300 mila euro destinati al suo ex braccio destro Alfredo Guagnelli, scomparso nel nulla nel 2009. È indagata anche Claudia Ariano, direttore logistica di Lazio Service che nel dicembre del 2009 aveva dato l’input al Cda per cercare una nuova sede in locazione. Nel dicembre del 2012 i magistrati spiegavano che “era possibile accertare come tra il Di Stefano Marco e Ariano Claudia era in corso una relazione sentimentale”. Altro personaggio chiave della vicenda è Luigi Antonio Caccamo: il funzionario responsabile del settore immobiliare dell’Enpam indagato per corruzione perché espresse parere favorevole all’acquisto dei due immobili di via del Serafico nonostante “una plusvalenza ingiustificata rispetto al prezzo di acquisto risalente a pochi mesi prima pari rispettivamente al 100 e al 62 per cento”. E cosa c’entra l’ex convento di Trastevere, in via Cisterna, comprato dai frati? Caccamo secondo un’informativa della Guardia di Finanza del 2012 allora ci abitava grazie a un contratto di comodato gratuito occupando uno splendido appar- lo Stato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e altro; Caccamo Luigi, già iscritto per truffa aggravata e corruzione, Marco Pacelli (nipote del Papa Pio XII, Ndr), già condannato per truffa aggravata e iscritto per bancarotta fraudolenta, e altri in corso di identificazione che intendevano trasferire all’estero denaro e altre utilità provenienti dal delitto (...) tramite la costituzione di società anonime e fiduciarie in Lussemburgo rappresentate dai medesimi associati in capo alle quali avveniva il trasferimento di detti beni ovvero di quote sociali e che accedevano a rapporti bancari presso istituti lussemburghesi gestiti fiduciariamente”. In questo filone di indagine è stato intercettato (non indagato) anche il figlio di Tonino Angelucci, il manager Giampaolo Angelucci. Le parti delle informative che riguardano questo filone però sono coperte da omissis. ANCHE IL DEPUTATO Di Ste- fano ha goduto in passato, secondo la Guardia di Finanza, dell’uso gratuito di un appartamento in via della Cisterna, per il quale tra l’altro nel 2012 c’era stata anche un’indagine del pm Maria Cordova sulla ristrutturazione che sta andando verso la prescrizione. Luigi Giuliano, difensore con Tito Milella, di Antonio e Daniele Pucini precisa: “La maggioranza del materiale probatorio riguarda il procedimento relativo all’Enpam. Noi stiamo preparando il ricorso al Tribunale del riesame per i nostri assistiti”. Antonio Angelucci LaPresse LAZIO SERVICE La società di proprietà della Regione Lazio usata secondo i pm per mungere i soldi pubblici tamento di 6 vani. L’immobile però era stato ceduto nel 2005 dal gruppo Pulcini alla misteriosa società lussemburghese Omnia International S.A., amministrata dal presidente del Cda della società Editoriale Libero, e consulente factotum del gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci. La Guardia di Finanza ha verificato che le due società che controllano Omnia International SA, la Aqualegion Ltd sede a Londra e la Walbond Investmnents Ltd nelle isole Vergini Britanniche “sono comparse anni addietro sulle cronache nazionali come imprese rientranti nella cosiddetta ‘rete offshore’ della nota famiglia Angelucci”. Dagli atti depositati nell’inchiesta sull’Enpam si scopre un filone segreto di indagine sui manager del gruppo Angelucci, per vicende diverse. Arnaldo Rossi, insieme a Luisella Moreschi e Frederique Vigneron (della Tosinvest S.A., Ndr) sono indagati per associazione a delinquere, riciclaggio e fittizia intestazione di beni con Claude Nicolas Victor Shong perché “la Moreschi offriva a un numero indeterminato di soggetti, per il tramite di Arnaldo Rossi, tra i quali Antonio Angelucci, già iscritto per i reati di truffa ai danni del- CAMPANIA De Luca si candida (e prende un altro rinvio a giudizio) IL SINDACO DI SALERNO ANDRÀ A PROCESSO PER IL CRESCENT EDIFICATO SUL LUNGOMARE di Vincenzo Iurillo oveva essere un giorno di festa per il sindaco Pd di D Salerno Vincenzo De Luca. L’accensione delle Luci d’Artista, “l’evento turistico più importante del Sud Italia”, celebrazioni tra artisti e cantanti e un nobile pensiero per Ciro Esposito, il tifoso del Napoli morto per le ferite d’arma da fuoco riportate durante la finale di Coppa Italia, ricordato insieme alla mamma, la signora Antonella Leardi. Tutto bello e struggente, con tanto di polemica con la Regione che non ha mollato un euro per le Luci: “È una vergogna”. E le cose cambieranno, sì se cambieranno, se lui diventerà Governatore, di fatto è già candidato, sui social brillano le sue pagine: “Seguimi per costruire il cambiamento: Campania, mai più ultimi”. Peccato che dal Tribunale siano rimbalzate notizie amare. Il Gup Sergio De Luca lo ha rinviato a giudizio per le presunte illegittimità collegate alla realizzazione del Crescent, l’edificio a mezzaluna di Ricardo Bofill, il mega complesso edilizio in via di ultimazione sul lungomare, leggermente ridimensionato da alcune recentissime prescrizioni della Soprintendenza. Il De Luca giudice ha fissato per il De Luca politico la prima udienza del processo al 23 dicembre 2014. Natale due volte amaro. Il sindaco è accusato di abuso d’ufficio, falso e lottizzazione abusiva. E con lui vanno alla sbarra una nutrita schiera di persone, ben 21: dieci assessori che nel 2008 approvarono un po’ di delibere, l’ex soprintendente Giuseppe Zampino, un paio di funzionari della Soprintendenza, dirigenti municipali e costruttori. Il giudice ha accolto la costituzione di parte civile delle associazioni NoCrescent e Italia Nostra, firmatarie di una valanga di esposti finiti sulle scrivanie dei pm Rocco Alfano e Guglielmo Valenti. Qualche giorno fa a proposito delle sue (numerose) pendenze giudiziarie De Luca ha detto in tv: “Non parlo per carità di patria, ho rispetto per la magistratura vera”. Ieri ha preferito un profilo più basso: “Massimo rispetto per i giudici, ho agito nel solo interesse della città”. 4 PIAZZE E PALAZZI SABATO 8 NOVEMBRE 2014 B oschi: “Sulla legge elettorale stiamo chiudendo” IL GIORNO DOPO, gli “scricchiolii” nella maggioranza arrivano da angoli diversi. L’avvertimento lanciato da Renzi a Berlusconi con la nomina di Sciarra alla Corte costituzionale e Zaccaria al Csm grazie all’appoggio dei 5Stelle, ha smosso le acque interne a Forza Italia convincendo l’ex Cavaliere a fare la voce un po’ più forte con i suoi. Ottenendo qualche risultato, ma meno di quanto si aspettasse. Il redde rationem interno agli azzurri è ormai rimandato ai primi giorni della prossima settimana, quando Berlusconi incontrerà i gruppi. Ma qualcosa, comunque, si è mosso. E verso una ricucitura del patto del Nazareno. Su che il Fatto Quotidiano punti, lo si vedrà, ma intanto, questo ha consentito a Maria Elena Boschi, ieri mattina, di annunciare serena: “Siamo a un passo dall’accordo sulla legge elettorale”. Ai renziani, ieri, premeva far trapelare che l’asse con i grillini sulla Suprema Corte è stato solo un problema di “convenienze reciproche”. DI MAIO APRE AL PD, CASALEGGIO LO RICHIAMA ALL’ORDINE DOPO LA VITTORIA SULLE NOMINE DELLA CONSULTA IL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA PENSA ALL’ACCORDO PER IL COLLE. MA IL GURU DEL MOVIMENTO METTE I PALETTI di Luca De Carolis L a gelata. Il cambio rapido di clima, nel Movimento che si ritrova sospeso. Da una parte i mal di pancia e le proteste degli ultraortodossi, che accusano Di Maio e Toninelli di fuga in avanti. Con Casaleggio che di buon mattino contatta il vicepresidente della Camera e lo esorta a precisare la linea, agitato da una sua intervista. Dall’altra la soddisfazione dei tanti che sulla Consulta sono convinti di aver portato a casa una vittoria politica. Da non lasciare lì come un trofeo episodico. Non riesce a gioire per più di poche ore, il M5S che giovedì ha incassato l’elezione del proprio candidato al Csm, Alessio Zaccaria, e quello di Silvana Sciarra alla Corte costituzionale, nome renziano ma comunque molto più potabile di Violante per i grillini. Soprattutto, ha imposto al Pd il proprio metodo: nome proposto pubblicamente dai Dem, poi votato dall’assemblea congiunta dell’M5S. E a seguire la ratifica degli iscritti sul blog di Grillo, favorevoli alla Sciarra a grande maggioranza (l’88 per cento). Ma non basta, ai grillini doc: timorosi di passare per inciucisti agli occhi della base. LE APERTURE di Di Maio e To- ninelli a un confronto anche sul Quirinale hanno irritato più d’uno: “Troppo presto”. E poi c’è Casaleggio. Legge l’intervista di Di Maio sul Corriere della Sera. Nota la parola accordo nel titolo. Storce la bocca. E allora fa sapere al deputato che è me- glio ricordare come patti o alleanze con il Pd non siano concepibili. Di Maio rimane tranquillo. Sa che l’operazione Consulta ha convinto la maggior parte dei parlamentari, ricorda la soddisfazione dello stesso Casaleggio e di Grillo giovedì sera. Ma precisa: “È errato collaborato con Giuliano Amato”. Lui ricorda come tanti docenti e costituzionalisti abbiano lavorato con l’ex premier. In serata al Tg3 ribadisce: “Sul Quirinale non siamo pronti a un’intesa ma siamo pronti a un metodo: quello della democrazia”. Allarga: “Fino a che il Pd non fa CAPITAN FUTURO “Anche per il Quirinale è possibile pensare di intraprendere la stessa strada percorsa per la Corte costituzionale” Luigi Di Maio, M5S LaPresse SPONDA DEMOCRAT Roberto Giachetti: “L’ultima versione dell’Italicum è molto vicina alle proposte dei deputati di Grillo” Roberto Giachetti, Pd LaPresse parlare di un accordo tra Pd e Movimento”. Poi rifila colpi al premier: “Ha uno spread enorme tra parole e fatti. Se ha bluffato con l’accordo di giovedì? Certo, lui bluffa sempre”. Si passa a Toninelli, il principale mediatore con il Pd. Alcuni parlamentari gli contestano: “Non ci hai detto che la Sciarra aveva un passo nei nostri confronti migliorando la legge elettorale non possiamo sederci a un tavolo. Se lo fa, possiamo sederci”. Condividono in tanti: consapevoli che giovedì l’M5S è uscito dall’angolo. “Abbiamo ottenuto una grande vittoria politica, il nervosismo è quello normale in un gruppo parlamentare che la- vora” riassume Roberto Fico. Da Parma batte le mani il “ribelle” Pizzarotti: “Sulla Consulta c’è stato un buon dialogo: se ci saranno convergenze su obiettivi perché non rifarlo?”. LA SENATRICE Barbara Lezzi: “Noi e Renzi siamo all’opposto su tutto: sappiamo che lui prova a usarci contro Berlusconi, siamo lucidi. Ma se il Pd segue il nostro metodo e si confronta pubblicamente, allora si può vedere. Il Colle? Dovessero proporci nomi, saranno votati dagli iscritti del M5S, assieme ai nostri”. Il primo nodo però è la legge elettorale. Il Democratellum del M5S è di impianto proporzionale, l’Italicum renziano è iper maggioritario. Di Maio ostenta scetticismo: “Il Pd ci ha già preso in giro ai tavoli”. Ma il renziano Roberto Giachetti vede varchi: “L’ultima versione della legge è molto vicina alla proposta dei 5Stelle. Ora prevede il premio di maggioranza alla lista, come chiedevano loro, e ci sono le preferenze, seppure con i capilista bloccati. Loro non vogliono sbarramenti, è vero: ma quello per i singoli partiti potrebbe scendere ancora. Un punto di caduta si può trovare”. Aggiunge: “Si può ragionare anche sull’altro nome per la Consulta”. Ma c’è stallo su tanti fronti. Maurizio Buccarella: “Sul ddl anticorruzione in Senato siamo ancora fermi in commissione, dalla scorsa primavera, perché Forza Italia non vuole il falso in bilancio. Noi potremmo anche votare buoni emendamenti del Pd. m non si muove nulla: forse pesa il Nazareno...”. BILANCI-DEM Francesco Bonifazi, tesoriere del Partito democratico Ansa Bonifazi: “Tagliati affitti e consulenze” “RECUPERATI 18 MILIONI” CELEBRA IL TESORIERE: MA COSTANO LA CHIUSURA DI UNITÀ ED EUROPA bbiamo recuperato 18 milioni di euro. Grazie a questi nesA sun dipendente andrà in cassa integrazione”. Si lanciava così nell’annuncio giovedì sera Matteo Renzi, durante la cena di fundraising di Milano. Una rivelazione destinata ad attirare im- mediatamente l’attenzione: tra il 2012 e il 2013, infatti, 18 milioni erano esattamente le perdite del Pd. Una cifra talmente da capogiro da far dubitare di un possibile futuro per il partito. E invece no. Non solo Renzi, ma anche il tesoriere Francesco Bonifazi, che fino a qualche settimana fa lanciava allarmi sgomenti, e puntava il dito sulla gestione della “ditta”, forte anche di una serie di dossier sul suo tavolo, con spese astronomiche e non giustificate, a questo punto annuncia con una soddisfazione degna del suo segretario: “Abbiamo ridotto la spesa del 43 per cento medio. Il che equivale a risparmi per 21 milioni di euro”. Insomma, Bonifazi come Mandrake. Dettaglia: “Abbiamo ridotto le consulenze, gli affitti, le spese per i servizi e le forniture”. Come dice lui, era tutto nella relazione alla direzione nazionale dello scorso 12 giugno. QUANDO Bonifazi raccontava di aver previsto tagli ai costi per i servizi e per le forniture. E soprattutto per le consulenze (nel 2013 ammontavano a 1.149.000 euro), e per gli affitti di via Tomacelli e di via del Tritone, che nel frattempo sono stati disdetti. A più riprese, i nuovi vertici dem hanno puntato il dito contro le spese “endemiche” della scorsa struttura: la segreteria, i forum e le rispettive iniziative nel 2013 costavano 1.022.000 euro. E allora, ecco attuata la minaccia: i membri della segreteria renziana sono a stipendio zero. La nuova gestione non rimborsa nulla, tanto meno gli affitti, come accadeva un tempo. Meno soldi per la campagna elettorale. Tra i risparmi, c’è ne sono pure alcuni non edificanti, come quello derivato dalla chiusura de l’Unità e dalla prossima chiusura di Europa (il cdr ha annunciato la liquidazione e la messa in cassa integrazione per il 15 novembre): sono stati tolti i contributi in acquisto copie per i giornali di partito. Certo, tutto questo più che certificato, va preso come un atto di fede, o poco ci manca. Per fare tutti i conti, cifre alla mano, bisogna aspettare il bilancio 2014. L’annuncite tocca pure i conti del Pd. wa.ma. Bagnoli, scontri tra No-Renzi e polizia IL CORTEO ANTI-SBLOCCAITALIA E ANTI-COMMISSARIAMENTO, SOSTENUTO DA DE MAGISTRIS, FINISCE CON MANGANELLATE E LACRIMOGENI Napoli estaggi, sampietrini contro gli P agenti in tenuta antisommossa, cassonetti ribaltati, segnali stradali divelti, cariche, lacrimogeni. Il caos. Il corteo di Bagnoli contro il decreto Sblocca Italia, provvedimento che in alcuni articoli commissaria l’ex area industriale Italsider, è degenerato in una violenza quantificata dai 18 agenti feriti insieme a due carabinieri e a qualche giornalista, compreso un operatore Rai leggermente ferito dall’esplosione di un petardo. GLI SCONTRI sono partiti quando un gruppo di manifestanti ha provato a forzare il cordone di sicurezza delle forze dell’ordine di fronte all’ingresso di quella parte di Città della Scienza non toccata dall’incendio del marzo 2013. “Volevamo svolgerci l’assemblea dei promotori di questa iniziativa” ha spiegato uno dei manifestanti, in conflitto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi che non ha mantenuto la promessa di venire a Bagnoli e delusi per la mancata bonifica dell’area ancora sotto sequestro giudiziario per l’alto tasso di inquinamento riscontrato dalle perizie LA DISAVVENTURA Bambini in visita alla Città della Scienza sono dovuti rimanere per alcune ore dentro la struttura dei consulenti della Procura. Al corteo hanno partecipato il presidente della Vigilanza Rai, Roberto Fico, e alcuni assessori comunali tra cui il vice sindaco Tommaso Sodano. Lo stesso De Magistris aveva sostenuto le ragioni della protesta. Sodano e Fico si sono comunque allontanati all’inizio degli scontri, mentre una scolaresca in visita a Città della Scienza è rimasta “intrappolata” per qualche ora. “Ricorreremo alla Corte costituzionale, alla giustizia amministrativa e a quella ordinaria contro lo Sblocca Italia”, ha annunciato lo stesso sindaco Luigi de Magistris, attaccando ancora il governo: “È una legge pericolosa che espropria la città dai suoi poteri e apre la strada alle mani sulla città. Va contrastata e lo faremo con ogni mezzo”. Secondo il sindaco di Napoli De Magistris, la norma su Bagnoli vuole consegnare l’area occidentale proprio “a quei soggetti privati che l’hanno inquinata e contro cui ho emesso un’ordinanza che ordina di risarcire la città e Bagnoli”. vin.iur. NAPOLI Gli scontri di ieri a Bagnoli, davanti alla Città della Scienza, tra i manifestanti antiRenzi e la polizia Ansa PIAZZE E PALAZZI il Fatto Quotidiano Nulla di più solido. Anche in prospettiva. Anche se poi – questo comunque l’avvertimento passato in filigrana dal Pd – dentro Forza Italia continuate a litigare, poi noi ci arrangiamo in modo diverso. Un “modo diverso” che Maurizio Sacconi, capogruppo Ncd in commissione Giustizia a Palazzo Madama, ha toccato con mano, risponden- do in modo durissimo all’eventualità di essere messo all’angolo, lui con gli alfaniani: “Se la maggioranza si divide su temi sensibili, è evidente che viene meno. Nel momento in cui deve affrontare riforme importanti, deve rivelarsi coesa. Altrimenti cade la maggioranza”. Il problema, comunque, gira tutto intorno a un punto: se, alla fine, SABATO 8 NOVEMBRE 2014 Forza Italia dovesse tirarsi indietro? “Dovremo andare avanti con gli altri partiti – ha annunciato la Boschi – le riforme dobbiamo farle e le facciamo con chi ci sta”. Riforme a maggioranza variabile, insomma, ricercando sempre il massimo consenso possibile? Renzi, come noto, si sta organizzando. Per non dover essere costretto a guardare ai 5 5Stelle. Al Senato è in corso di costruzione un nuovo gruppo di fuoriusciti grillini e delusi del centrodestra, che potrebbe tenere in piedi la maggioranza in caso di scossoni interni. La legge elettorale arriva martedì in Senato. I renziani hanno un pugno di voti in più, allo stato pochi per star tranquilli. Sara Nicoli Napolitano, presidente stanco con l’agenda piena di incontri I GRANDI GIORNALI E I PARTITI, GRILLINI COMPRESI, PARLANO DI SUCCESSIONE COME SE NULLA FOSSE. DAL QUIRINALE RASSICURANO: “OGNI GIORNO HA UN APPUNTAMENTO PUBBLICO” di Fabrizio d’Esposito L’ ultimo a esercitarsi sul delicato tema è stato ieri Luigi Di Maio, grillino e vicepresidente della Camera, in una conversazione al Corriere della Sera: “Se nel Pd c’è buon senso, in futuro noi ci saremo. Anche per il Quirinale”. Dove a contare è la seconda parte della frase, quella in cui si parla della successione a Giorgio Napolitano. Ormai tutti ne parlano o scrivono apertamente, da Berlusconi e Renzi per finire agli editorialisti dei giornaloni cosiddetti “istituzionali”. Le dimissioni di Napolitano, che ha 89 anni compiuti il 29 giugno scorso, non sono più un tabù, una questione scivolosissima su cui glissare in un’intervista. Tutto questo, nonostante il recentissimo “monito” estivo dello stesso Napolitano a non “esercitarsi” sulle sue dimissioni. che. All’epoca aveva 72 anni e gli erano già stati curati tre melanomi maligni. Il suo medico personale intervenne con una dichiarazione ufficiale: “Non vi sono segnali di un ritorno del melanoma per il quale è stato operato nel 1993, nel 2000 e nel 2002. McCain gode di una salute eccellente e dimostra un’energia straordinaria”. La ITALICUM DECISIVO Il capo dello Stato per decidere su eventuali dimissioni starebbe aspettando soltanto la nuova legge elettorale salute di un politico è pubblica oppure no? Lo stop della moglie Clio: ”Caro andiamo via” Quella drammatica domanda ai suoi collaboratori Il punto è che le voci sulla “stanchezza” del capo dello Stato si moltiplicano con il passare dei giorni e spesso ci si sofferma, come accadeva in Unione Sovietica ai tempi di Breznev e Andropov, sulle sue apparizioni pubbliche per captare lo stato reale delle sue condizioni. Giovedì scorso, per esempio, dopo una manifestazione nei saloni del Quirinale, Napolitano si è intrattenuto con gli ospiti durante il rinfresco. Circondato dai corazzieri ha salutato un paio di persone e poi è arrivata subito la moglie Clio: “Giorgio andiamo via”. Una permanenza breve, tipica di chi è stanco. Ieri, invece, sempre al Colle, ha tenuto un intervento, per un’altra iniziativa, con una voce bassa e affaticata. Prima ancora, infine, e sempre questa settimana, ha dato forfait a un’importante cerimonia all’Accademia dei Lincei. Al netto, dunque, di tutto quello che vanno dicendo i vari leader (Berlusconi in particolare) sulla salute di Napolitano, quali sono le sue vere condizioni? Non è una questione di trasparenza chiederselo e chiederlo? In Italia il capo dello Stato non è eletto dai cittadini. Non solo. Nel caso di Napolitano, per la prima volta nella storia della Repubblica un presidente è stato confermato nel suo settennato, alla vigilia del suo ot- La democrazia americana e l’esempio di McCain Negli Stati Uniti, le cartelle cliniche dei presidenti sono un argomento classico delle campagne elettorali. In quella democrazia è considerato normale affidare la propria fiducia a un politico anche in base alla sua salute. Nel 2008, quando Obama vinse per la prima volta, il candidato repubblicano John McCain mise a disposizione dei media quattrocento pagine delle sue cartelle clini- tantottesimo compleanno. Re Giorgio ha sempre parlato di “sacrificio personale”, vista l’età, ma adesso le decisioni che prenderà in base alle sue condizioni sono cruciali per l’evoluzione dei vari scenari politici. Non a caso la domanda drammatica posta in una riunione con i suoi collaboratori sull’ipotesi delle dimissioni Candidature riassume tutte le incognite che circolano: “Cosa accadrebbe se domani mattina non mi alzo?”. Secondo alcuni amici del presidente, il desiderio di Napolitano è quello di andar via dal Quirinale prima di festeggiare i novant’anni. La finestra temporale delle sue dimissioni va da gennaio a marzo del prossimo anno. Archiviata la tormentata deposizione ai giudici di Palermo sulla trattativa tra lo Stato e la mafia, a cavallo tra Prima e Seconda Repubblica, il capo dello Stato aspetterebbe solo il varo della nuova legge elettorale, l’Italicum. Le “forze” del Re e il rebus della successione Dalle sue “forze” dipendono quindi le mosse dell’intero quadro politico. La sua successione è un macigno, per esempio, tra Renzi e la tentazione del voto anticipato. E lo stesso Berlusconi potrebbe “rientrare” lunedì prossimo nel patto del Nazareno per pesare sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica, non tanto per la riforma elettorale. L’elezione del dodicesimo capo dello Stato nel 2015 è il fattore decisivo per capire in che direzione andrà questa legislatura. L’ultimo a intervenire, appunto, è stato Luigi Di Maio, il volto più istituzionale del Movimento 5 Stelle. Alla luce dell’importanza della “stanchezza” di Napolitano, il Fatto ha interpellato gli uffici della comunicazione del Quirinale. Dal Colle si spiega che non c’è alcun mistero sulla sua “stanchezza” perché Napolitano ogni giorno, o quasi, ha un appuntamento pubblico. E l’agenda della prossima settimana è pienissima. Giorgio Napolitano con il figlio Giulio e la moglie Clio Umberto Pizzi MESCHINITÀ EUROPEE Giorgio, i ragazzacci e il modello Gozi F inché si scherza si scherza, ma adesso basta. Giorgio Napolitano è preoccupato: passi finché erano quei trogloditi della Lega, ma se adesso pure dentro al Pd – persino ragazzi che il nostro metaforicamente tenne sulle ginocchia come Cuperlo – si mettono a criticare la Ue e l’euro vuol dire che il mondo sta impazzendo. Immediato, dunque, è arrivato il monito: “Bisogna reagire alle tante rappresentazioni meschine, malevole, riduttive della costruzione europea” e fare “lo sforzo necessario a suscitare negli italiani il senso dell’immedesimazione nell’Ue”. Vaste programme per il capo dello Stato, che però forse assegna al suo percorso personale un valore universale che non ha: “Comunismo, eurocomunismo, euro” non è passaggio che riesca a tutti. Magari potrebbe provare con la mozione degli affetti: “Ma benedetti ragazzi, non potete essere tutti come Sandro Gozi, che è così europeo?”. Sergio Chiamparino “Se il M5S ci sta, al Colle vado di corsa” di Giampiero Calapà e per la Presidenza della Repubblica S mi vogliono anche i Cinque Stelle io sono già lì, ci vado di corsa”. Sergio Chiamparino, classe 1948, per dieci anni sindaco di Torino e oggi governatore del Piemonte – seppur con un caso firme-false di cui si sta occupando il Tar sul groppone – cuore rosso Pci e oggi renziano convinto, è pronto per la corsa al Quirinale. Nell’aprile 2013 era il nome di partenza della minoranza renziana. Oggi, con all’orizzonte un riallineamento Pd-M5S, potrebbe essere qualcosa di più? “Perché no?”. Crede a questo riavvicinamento Renzi-Grillo? Magari è solo una mossa di carattere tattico. Sicuramente Renzi ci guadagna, perché ha più potere negoziale al tavolo con Berlusconi per la legge elettorale. Ma ci guadagnano anche i Cinque Stelle, forse oggi si rendono conto che se iniziano a giocarsi le loro possibilità facendo politica qualcosa possono anche ottenere, invece di essere condannati all’irrilevanza. Insomma, potrebbe essere anche il loro presidente? Da una parte le dico: difficile. Sa, conoscendo le mie posizioni sul Tav... oppure sugli inceneritori. Dall’altra, quando mi misuro sul terreno delle cose concrete con i Cinque Stelle noto che spazi e margini di intesa ci sono. Sicuramente più che con Berlusconi, perché non c’è nessuna incompatibilità genetica tra noi e loro. Ma questo riavvicinamento può davvero essere, in prospettiva, un’intesa per il Colle? Senta, io sui retroscena non ci capisco molto, poi da Torino mi viene difficile sapere tutto. Ma le dico, può anche essere, certo. Come dicevo prima, tutto sta ai Cinque Stelle, se preferiscono continuare a essere irri- levanti a livello politico o giocarsi qualche possibilità per diventare incisivi. Anche in chiave elettorale, perché la gente la prima volta ti vota, ma se poi, alla lunga, non porti a casa proprio nulla... poi c’è un’altra cosa... Sarebbe? C’è che Matteo Renzi e il suo Partito democratico sono al centro del sistema politico. E nessuno li può schiodare. E nessuno può non dover fare i conti con questa cosa. Immaginiamo che domani le Camere votino davvero per il Quirinale. Renzi propone Chiamparino e i Cinque Stelle dicono di sì. preciso. Diciamo che probabilmente fu trasversale il vantaggio di far saltare il nome di Prodi. Quanto è diventato “renziano”? Sono un renziano autonomo. Da presidente dei governatori di Regione ho ad esempio detto che la manovra così com’è formulata è insostenibile per gli enti locali. Ma credo che Renzi stia guidando il Paese nella giusta direzione. A sinistra non c’è molto spazio in questo momento? Quello schema non funziona più. Oggi i partiti nascono e muoiono in funzione di una leadership. Io ho vissuto di pane e partito, ma è cambiato tutto in modo radicale. Le ripeto, ci vado di corsa. Ma forse è già troppo fare il presidente della Regione Le piacciono le cene del Pd? Piemonte. Poi ancoNon saranno belle esteticamente, ma c’è almera non si è capito no trasparenza. Poi ci davvero perché saltò sono sempre le feste Prodi. Il suo nome NUOVE dell’Unità. sarebbe più naturale Però non c’è più l’Unità. per un’operazione INTESE del genere. Le feste rimangono un Con i pentastellati Chi erano i 101? grande momento di coNon è difficile ricomunicazione politica. si possono struirlo. Non sono Quindi tra la piazza della in grado di fare nomi Cgil e Renzi sceglie Renfare accordi, perché e cognomi, ma non è zi? non ci divide difficile. Col cuore sono sempre C’erano anche i rendove ci sono le bandiere l’incompatibilità ziani tra i 101? rosse, ma con la testa Non credo che fu non voglio andare a genetica che un’azione organizsbattere. Meno male che ci separa da Berlusconi Renzi c’è. zata di un gruppo 6 DA NORD A SUD SABATO 8 NOVEMBRE 2014 R azzi e Minetti possibili naufraghi all’Isola dei Famosi ANTONIO RAZZI potrebbe essere uno dei partecipanti alla decima edizione del reality show l’Isola dei famosi, sbarcato da Raidue a Canale 5. La conferma arriva dallo stesso senatore di Forza Italia: “È vero, Mediaset mi ha contattato ma non so se posso assentarmi per tutto quel tempo da Palazzo Madama”. L’unico problema? Ovviamente lo stipendio da senatore: “Qua è una paga il Fatto Quotidiano sicura, laggiù non si sa. Come si usa dire, cca nisciuno è fesso“. Vedremo come andrà a finire la sua crisi di coscienza. Ma il senatore potrebbe non essere l’unico politico, si fa per dire, a partecipare. Dopo aver elogiato il programma, sarebbe stata contattata anche l’ex consigliera regionale lombarda Nicole Minetti, sotto processo a Milano nell’inchiesta Ruby bis. IL NUOVO CHE AVANZA? di Paola Zanca C on la scopa in mano e la bava alla bocca, ripeteva: “Chi ha sbagliato pagherà”. Lui, Bobo e i meno intimi del cerchio magico da una parte. Renzo Bossi e le lauree finte, Rosi Mauro e i diamanti, Belsito e la Tanzania dall’altra. Ma adesso che Matteo Salvini è riuscito a spazzare via dalla memoria dei più le magagne della Lega, di rialzare i tappeti di via Bellerio non ha più voglia. Che chissà se c’è ancora della polvere, lì sotto. Così, ieri, l’altro Matteo nazionale ha deciso, lasciando di stucco pure Maroni: la Lega rinuncia a chiedere i danni alla vecchia guardia. “Cose che appartengono al passato”, dice. E meglio che non ritorni proprio adesso che i sondaggi lo danno al 9 per cento, proprio ora che il 23 per cento degli italiani lo considera l’unico sfidante in corsa contro Matteo Renzi. La Ypsilon e il ventennio Chissà se lo immaginava quel giorno in cui ha fatto il suo primo ingresso al Comune di Milano. Era il primo giorno dell’estate 1993. Quando è uscito, cominciava l’ottobre del 2012. Consigliere della Lega per vent’anni: esordio “a sinistra” con la lista dei Comunisti padani, saltuarie frequentazioni giovanili del Leoncavallo, terminate con la richiesta - da segretario provinciale, una manciata di anni dopo - di vietare ogni manifestazione dei centri sociali per sei mesi. Lui, in giro per Milano, ci andava con una Ypsilon 10 con il retro tappezzato di adesivi della Lega. L’ha tenuta quindici anni, poi l’ha passata all’amico Igor Iezzi e si è comprato una Volvo S60 (diesel). Salvini, il Gianburrasca è diventato l’altro Matteo DAGLI ESORDI IN CONSIGLIO COMUNALE A MILANO ALL’OCCUPAZIONE DELLE TV IL LEADER DELLA LEGA SOGNA IN GRANDE. E NON FA PIÙ LA GUERRA A BELSITO & C. La radio e il Burghy A Palazzo Marino è entrato subito dopo il diploma al liceo classico. Si è iscritto alla facoltà di Storia, ma niente da fare: anni da fuori corso, poi lascia a cinque esami dalla laurea. Nel frattempo, però, bazzica Radio Padania che lo fa prima giornalista e poi direttore (l’ultimo stipendio è del 2013: politica a parte, le esperienze di lavoro finiscono qui, se si escludono i “diversi mesi” passati al Burghy). C’è lui al microfono quando Umberto Bossi si riprende dall’ictus: fa sentire “la voce del capo”, poi piange. Matteo Salvini, 41 anni LaPresse Calcio e scarponi Fede rossonera, se deve prendersela con qualche ultrà, predilige i romanisti e i napoletani (cantò il celebre “senti che puzza scappano anche i cani...”, ma quella volta faceva politica, a Pontida). Quelli che sopporta meno, comunque, sono i tifosi dell’ultim’ora, quelli diventati milanisti solo da quando vince e ha Berlusconi presidente. Il discrimine per lui porta la data del 7 novembre 1982: Milan-Cavese, Serie B. Solo chi ha sofferto BRAULIO E CALDARROSTE Con il suo piatto preferito ha festeggiato anche la vittoria su Bossi all’ultimo congresso con l’82 per cento dei voti Il sindaco di Roma allora, può festeggiare adesso. Quando non va allo stadio, pesca o va in montagna a Caderzone, altrimenti nota come “la Madonna di Campiglio dei poveri”. La tv e Gianburrasca Come l’altro Matteo, poco più che bambino ha esordito in tv (e fatto lo scout): quiz con Corrado Tedeschi, Doppio Slalom. Oggi, il piccolo schermo è la sua dimensione naturale. Dicono le camicie verdi meno amiche: “Da Telelombardia, alla Rai a La7: in un giorno piazza il miliardo di Mare nostrum prima per i disoccupati, poi per i pensionati, poi per le imprese. Se ascolti lui, a sera quel miliardo sono diventati 15”. Strizza l’occhio a Putin e alla LePen, cerca consensi in Calabria e Sicilia, “va a letto con Twitter” (Formigoni dixit) e fa il Landini con il referendum contro la legge Fornero. Fa anche lui parte della categoria del folgorati sulla via del “selfie al piatto”. Immortala lo zabaione in Trentino, il tortello di zucca alla festa della Lega, i missoltini del lago. E agli amici virtuali domanda: “Mi piace da matti mangiare la crosta del Grana. È normale?”. Per catalogare il tipo, Umberto Bossi lo ribattezzò “Gianburrasca”: casinista che non combina nulla. Strasburgo e le felpe Il metodo però funziona. Gianburrasca si fa notare. Ai mondiali 2006, quelli vinti dall’Italia, indossa la prima delle felpe che ora sfoggia regolarmente (ne ha una per ogni posto: Piacenza, Viterbo, Lumezzane). C’è scritto: “Forza Germania”. Per un anno fa il deputato. Poi lo rispediscono a Strasburgo. Si narra che Bossi non lo volesse più tra i piedi a Roma. Eppure, quella che doveva essere una punizione, è diventata la sua fortuna. Molto più facile imboscarsi a Bruxelles che a Montecitorio: così, Salvini, quasi fisso a Milano, si è coltivato rapporti che gli sono valsi 220 mila preferenze alle ultime elezioni. E un trionfo al congresso: ha battuto Bossi con l’82 per cento dei voti. Poi è andato a casa e ha festeggiato con il suo piatto preferito: caldarroste e Braulio. FEDE ROSSONERA Non gli piacciono i tifosi dell’ultima ora. Per lui ci sono solo quelli che nell’82 hanno pianto per Milan-Cavese PORTO IMPERIA Assolto Bellavista Caltagirone ra imputato per truffa aggravata e abuso d’ufE ficio nell’inchiesta sul porto turistico di Imperia. Ma “il fatto non sussiste” e dunque l’impren- ditore romano Francesco Caltagirone Bellavista è stato assolto dal Tribunale di Torino. Si chiude così, in attesa delle motivazioni della sentenza, la vicenda giudiziaria esplosa il 5 marzo 2012 con l’arresto dell’imprenditore 75enne. Alla lettura della sentenza l’uomo ha abbracciato i suoi legali: “Non ho parole per i giudici - ha detto dopo la lettura del verdetto -. Sono contento che in Italia ne esistano così”. Il pm Giancarlo Avenati Bassi aveva chiesto la condanna a 8 anni: secondo l’accusa i costi per la realizzazione del porto turistico di Imperia erano lievitati fino a 140 milioni di euro, ma l’opera non era stata neppure collaudata, con decine di proprietari di posti barca che avevano investito migliaia di euro senza avere nulla in cambio. Vizi Capitali Panda e bombe d’acqua, la tragicommedia Marino di Andrea Scanzi robabilmente si aspettava una trama diP versa, lui come chi lo ha eletto sindaco di Roma. Neanche un anno e mezzo fa, Igna- zio Marino era percepito come una delle espressioni meno furbastre del Partito democratico. Dunque una delle figure migliori. Ora è cambiato tutto e non in meglio. La vita da sindaco di Marino, 59 anni da Genova, ha un che di costantemente tragicomico. La bomba d’acqua, paventata e mai arrivata, è solo l’ultimo inciampo di una lunga serie. Oltretutto, mentre esortava i romani a non uscire di casa, tra scuole e stazioni metro chiuse, lui se ne stava a Milano. Un’assenza più o meno giustificata, perché era un impegno istituzionale, ma anche questo ha alimentato la sensazione del sindaco alieno: del corpo estraneo. Non è un caso che Max Paiella, quando lo imita su RadioDue, lo tratteggi come un politico disperatamente bisognoso di dimostrare agli elettori la propria “romanità”: peccato che poi, alla prova dei fatti, non sappia nemmeno dire daje (ma un mestissimo “dage”). Secondo sondaggi ormai neanche più clandestini, Marino ha oggi la fiducia di due soli romani su dieci: una Waterloo vera, su cui provano a far leva politici con un senso del ridicolo poco pronunciato. PER ESEMPIO ALEMANNO, quello che se la prendeva con i pini (“Colpa degli alberi di Roma, non sono abituati alla neve”). Decenza minima gli imporrebbe il silenzio, ma lui twitta a mitraglia: “Roma sotto la #pioggia e @ignaziomarino fugge a Milano con una falsa scusa. Bel modo di #mettercilafaccia. #orabasta”; “Roma in emergenza maltempo e #IgnazioMarino a Milano all'assemblea #anci2014 a fare nulla?”. Spesso Marino non è difeso neanche dal suo partito: non essendo granché renziano, vanta ben pochi santi al Nazareno. Agli errori legati alla gestione maltempo si sono unite le vicende fantozziane della mitica (vabbè) Panda rossa, parcheggiata “in deroga” 14 mesi nei posti riservati ai vere. Politicamente e ancor senatori. Il sindaco, che abita a due passi e verosimilmente più mediaticamente. Lo crivellano di continuo: per avepreferiva quel posto gratuito agli esosissimi garage a pare pressoché regalato il Circo gamento, aveva addotto moMassimo ai Rolling Stones; per avere officiato matrimotivazioni d’emergenza (minacce e atti vandalici seguiti ni gay ben sapendo che in alla sua elezione). Alla fine, quei casi la sua firma sarebbe tardivamente e dopo i servizi valsa quanto un autografo; de Le Iene, l’ha spostata. Poi per i litigi rabbiosi con Bruno Vespa sui rifiuti; per le orperò sono arrivate le otto multe per essere entrato nella dinanze ambientaliste, per zona a traffico limitato con Ignazio Marino Ansa l’aumento delle rette per gli asilo nido. pass scaduto. Dal 23 giugno al 21 agosto 2014, sempre con la Panda rossa. Ottanta euro a infrazione: due pagate, sei no. A INIZIO MANDATO, Marino amava farsi Secondo il senatore Ncd Augello, che ha ver- ritrarre mentre pedalava allegro per la città, il gato una interrogazione parlamentare ad hoc, casco in testa e la povera scorta ad arrancare le multe sono state “bloccate d’ufficio dietro. Forse credeva che, per governare Rodall’amministrazione comunale, sanando i ma, bastasse qualche selfie bucolico. La realtà due mesi di mancato rinnovo del permesso si è rivelata appena diversa, e oggi Marino come se si trattasse di un errore del Comu- sembra una brava persona finita in un gioco ne”. Se la bomba d’acqua non è arrivata, di – quasi mai divertente – troppo più grande di sicuro sopra Marino non smette mai di pio- lui. EUROCRISI il Fatto Quotidiano Ca Berneschi arige, sequestro & c.: 29 mln in case e gioielli LA GUARDIA DI FINANZA di Genova ha trovato altri beni da sequestrare a Giovanni Berneschi e ai suoi amici, per 29 milioni, nell’ambito dell’inchiesta sulla truffa alla banca da parte dell’ex presidente, del suo avvocato svizzero Davide Enderlin, di alcuni dirigenti del Centro fiduciario e dell’immobiliarista Alberto Cavallini. Tutti arrestati - e poi scarcerati con diversi obblighi di legge - nell’ambito dell’in- dagine che aveva già portato a sequestri che, con quelli di ieri, arrivano a 79 milioni. L’elenco è lungo: 47 unità immobiliari tra cui la villa di Ortonovo (La Spezia) dei Berneschi, intestate alla moglie, 7 unità immobiliari di Berneschi, al quale sono stati sequestrati orologi e preziosi per 234 mila euro, 27 unità immobiliari di Antonio Cipollina e Gian Marco Grosso, valuta e titoli per 1,7 milioni di euro. PROCESSO A JUNCKER A RISCHIO IL PIANO DA 300 MILIARDI A Bruxelles già circola la teoria del complotto: inglesi e tedeschi vogliono colpire Jean Claude Juncker proprio mentre sta lavorando al suo primo atto importante da presidente della Commissione europea, il piano anti-deflazione da 300 miliardi di investimenti. Strumento del complotto sarebbe il consorzio di giornalismo investigativo ICIJ che ha rivelato i 340 accordi tra aziende multinazionali e il Lussemburgo all’epoca guidato da Juncker per pagare meno tasse. Tra i giornali partner di ICIJ (in Italia l’Espresso) quelli che hanno usato le informazioni in modo più aggressivo sono quelli inglesi e tedeschi. COME TUTTE LE TEORIE del complotto non è dimostrabile (e comunque ICIJ lavora da anni sul tema dei paradisi fiscali). Ma un dato è sicuro: queste notizie creano parecchi problemi a Juncker, il suo portavoce deve smentire i giornalisti che già lo indicano come un’anatra zoppa: “Non credo che la situazione di Juncker corrisponda alla definizione indicata”. La prossima settimana, su iniziativa del gruppo dei Socialisti e democratici guidato da Gianni Pittella (Pd), il Parlamento europeo discuterà il caso Lussemburgo. Juncker è invitato, se si presenterà finirà sotto processo. Gli argomenti contro di lui sono evidenti, lo erano anche quando è stato individuato prima come candidato dei Popolari e poi come presidente della Commis- sione nelle elezioni europee di maggio: Juncker ha guidato il Lussemburgo dal 1995 al 2013, ma è stato al governo fin dal 1982, quando a 27 anni era ministro del Lavoro. Gli accordi al centro dello scandalo sono stati tutti avallati dal suo governo: sono i cosiddetti tax ruling, quando cioè un’azienda ottiene l’approvazione dell’autorità fiscale del Paese il proprio schema tributario. Il Lussemburgo ha sempre avallato basi CAMERON E MERKEL Inglesi e tedeschi fanno pressioni sempre più forti per condizionare le misure anti-crisi e il trattato con gli Usa imponibili minimali, permettendo a grandi gruppi come Ikea, Amazon, Procter & Gamble e banche (incluse Intesa e Unicredit) di risparmiare miliardi di tasse. La prova è nei numeri: secondo i dati Ocse, nel 2013 il Lussemburgo ha ricevuto “investimenti diretti esteri” per 2.280 miliardi di dollari, ma soltanto 122 sono andati all’economia reale. Il resto, è chiaro, non erano investimenti ma soldi portati nel Granducato per sottrarli al fisco dei Paesi in cui erano stati prodotti e quindi dove andavano tassati. Nell’Unione europea la fiscalità è rimasta in capo agli Stati nazionali: la guerra delle aliquote è lecita, Olanda, Irlanda e Gran Bretagna, oltre al Lussemburgo, si arricchiscono offrendo basse imposte alle imprese che spostano entro i loro confini le proprie sedi legali e profitti. Se il trattamento fiscale Jean Claude Juncker e Ignazio Visco Ansa/LaPresse viene però accordato come privilegio a una singola azien- lecito ogni attacco: il piano che deve da per attirarla può risultare equi- mettere in circolo 300 miliardi di valente a un aiuto di Stato (far pa- euro, usando la Banca europea degli gare meno tasse è come regalare sol- investimenti, capitali privati e garanzie pubbliche, trova molte residi a danno dei concorrenti). La Commissione europea sta inda- stenze a Berlino. gando sull’Irlanda per il trattamento di Apple, sull’Olanda per gli ac- LA GERMANIA è preoccupata ancordi con Starbucks e con il Lussem- che del documento sulla flessibilità burgo per una controllata di Fiat, nei vincoli di bilancio che Juncker Fiat Finance. Il Granducato è l’uni- vuole presentare a dicembre (per la co dei Paesi sotto esame che non sta gioia di Matteo Renzi) e Angela collaborando pienamente. Tocche- Merkel sta esercitando tutto il suo rà alla Commissione Juncker gestire potere di lobbying per condizionare il caso, nessuna regola interna pre- in senso protezionistico i negoziati vede che ci possa essere un proble- sul trattato di libero scambio con gli ma se un funzionario della Com- Stati Uniti (TTIP). In Gran Bretamissione si trova a giudicare i prov- gna, David Cameron invece tifa per vedimenti che ha adottato quando la massima apertura commerciale agli Usa mentre cerca di sottrarre era attivo nella politica nazionale. Juncker ha rimbalzato le accuse di consensi ai populisti di Nigel Farage essere simbolo di una vecchia Eu- attaccando Bruxelles sui contributi ropa e di avere problemi di alcoli- al bilancio europeo versati da Lonsmo, arrivati dalla stampa inglese e dra. In mezzo c’è Juncker, odiato da tedesca a ridosso della nomina. Cameron e poco amato dalla MerQuesta volta non può negare l’evi- kel. La sua flemma lussemburghese denza. Di cui tutti erano consape- questa volta sarà messa a dura provoli, ma ora la rilevanza delle scelte va. Twitter @stefanofeltri di Juncker nei prossimi mesi rende LA MANOVRA NON STANZIA I NUOVI SOLDI PROMESSI DAL JOBS ACT E TAGLIA GLI INVESTIMENTI PUBBLICI i sono un paio di temi, nella manovra di biC lancio del governo Renzi, che finora sono rimasti sotto traccia: il tema dei nuovi ammortiz- zatori sociali promessi dal Jobs act (ma i soldi sono nella legge di Stabilità) e il ruolo degli investimenti pubblici. Ebbene per quanto riguarda entrambi ci sono sorprese sgradevoli. Partiamo dalla legge delega sul lavoro. Spiega il premier dalle immancabili colonne del libro di Bruno Vespa (quest’anno si chiama Italiani voltagabbana) che “siamo i primi ad aver messo i soldi, veri e tanti, sul tavolo degli ammortizzatori sociali”, mica come quelli dei governi Prodi (Bersani, ndr) che “dicevano che le riforme vanno fatte ‘a saldi invariati’, cioè senza tirare fuori un euro”. PECCATO che quei soldi nelle tabelle non ci siano a fronte delle spettacolari promesse del Jobs act: basta con la cassa integrazione in deroga, che tutela solo alcuni, e estensione del sussidio di disoccupazione pure ai precari. E poi formazione continua, orientamento per trovare un nuovo lavoro. Il Bengodi. Solo che nel ddl Stabilità che sta in Parlamento al capitolo “nuovi ammortizzatori sociali” c’è scritto 2 miliardi, 500 milioni dei quali servono però per contributi figurativi e altre cosette. Insomma un miliardo e mezzo che potrebbero diventare circa 2,2 con una posta inserita nello Sblocca Italia. Tradotto: esattamente la stessa cifra che i vari governi degli ultimi anni hanno stanziato per pagare la Cassa integrazione e la mobilità in deroga. La classica riforma a costo zero criticata da Renzi. Non solo: quella cifra non basta a garantire tutte le promesse scritte nella legge delega LEGGE DI STABILITÀ 3700 emendamenti in commissione Bilancio (quasi metà dalla maggioranza). Ora il presidente Boccia dovrà valutare quanti sono ammissibili CRIMINALITÀ Autoriciclaggio Bankitalia contro Renzi l governatore della Banca d’Italia, Ignazio I Visco, considera un primo passo la norma sull’autoriciclaggio che il Senato sta esa- Le bugie su ammortizzatori e crescita di Marco Palombi 7 VISCO CHIEDE NORME PIÙ SEVERE DI QUELLE IN DISCUSSIONE IN SENATO DOPO LE RIVELAZIONI SUGLI ACCORDI DEL SUO LUSSEMBURGO CON LE MULTINAZIONALI CHE VOLEVANO PAGARE MENO TASSE, IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE È GIÀ IN DIFFICOLTÀ di Stefano Feltri SABATO 8 NOVEMBRE 2014 sul lavoro. Lo sottolinea persino il parere di maggioranza alla manovra della commissione Lavoro della Camera e, più apertamente, il suo presidente Cesare Damiano: “Renzi ha promesso 1,6 miliardi come risorse aggiuntive per tutelare anche i lavoratori precari. Mi pare che nell’attuale situazione le risorse previste non siano totalmente aggiuntive visto che la previsione è di 1,72 miliardi solo per la cassa in deroga”. GUSTOSO anche leggere le tabelle sulla “manovra che rilancia la crescita” elaborate da Banca d’Italia. Vi si scopre una cosetta curiosa sottolineata sul suo blog dall’economista Gustavo Piga. A far scendere il deficit dei 4 decimali (6 miliardi) che servono a Pier Carlo Padoan per accontentare la Commissione europea (dal 3 al 2,6% del Pil) sono due voci: per una metà concorre la minor spesa per interessi sul debito pubblico, per l’altra la riduzione della spesa in conto capitale, cioè quella per investimenti pubblici, quella col miglior moltiplicatore fiscale. Spiegazione: un euro di spesa per investimenti produce più crescita di quella corrente (ad esempio gli stipendi) e assai di più di minando, ma non sufficiente a colpire chi prova a riciclare i proventi dei propri crimini. A un convegno della Fondazione Cirgis, a Milano, Visco parla di “Contrasto all’economia criminale” come “precondizione alla crescita economica”. E il passaggio politicamente più rilevante è questo: “In molte occasioni la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di autoriciclaggio. La definizione di una adeguata fattispecie penale consentirebbe di punire efficacemente gli autori dei reati di evasione fiscale, truffa e corruzione i cui comportamenti in vario modo ostacolano l’individuazione della provenienza delittuosa del denaro”. Con una definizione adeguata di autoriciclaggio si eviterebbe il rischio prescrizione, perché la pena prevista (di solito bassa) per questi reati verrebbe aumentata da quella prevista per l’autoriciclaggio. Il disegno di legge che il Parlamento sta discutendo, ora in Senato per la seconda lettura dopo l’approvazione della Camera, non convince Visco: “Prevede pene detentive per chi avendo commesso un delitto - impiega i proventi con la finalità di ostacolare l’identificazione del reato presupposto. Esclude quindi la punibilità in caso di mero impiego di tali proventi”. In pratica si può punire l’evasore perché cerca di occultare l’evasione fiscale ma non se usa i soldi sottratti al fisco per comprare un’auto o per un investimento finanziario. Nel suo intervento, Visco ricorda quale zavorra rappresenti la criminalità organizzata per l’Italia. Un freno allo sviluppo la cui portata è anche difficile da calcolare perché, per definizione, le attività criminali sono fuori dalle statistiche ufficiali. Secondo stime un po’ a spanne, come ricorda lo stesso Visco, la criminalità organizzata è costata 16 punti di Pil (circa 240 miliardi) di mancata crescita alla Puglia e alla Basilicata dagli anni Settanta a oggi. Un’altra stima sempre ardita sostiene che il posticipo dell’obbligo scolastico introdotto dalla riforma Berlinguer nel 1999 ha aumentato la scolarizzazione del 7 per cento e ridotto la delinquenza minorile del 20. Come dire: il crimine non si combatte soltanto con pene più dure e ridurlo è nell’interesse di tutti. Il ministro Pier Carlo Padoan; sotto, Francesco Boccia Ansa quella destinata a tagliare le tasse. Ebbene, le tabelle di Bankitalia ci dicono che la spesa corrente resta più o meno ferma, mentre quella per investimenti cala ancora (esattamente come faceva ai bei tempi di Berlusconi, Monti e Letta). Difficile, comunque, che i fondamentali di questa legge cambino, nonostante il solito diluvio di emendamenti presentati in commissione Bilancio della Camera. Da una prima ricognizione risultano essere circa 3.700, oltre mille firmati da deputati del Pd, quasi metà da gruppi di maggioranza: non proprio una buona notizia per il governo, ma è ancora presto per preoccuparsi. Ora il presidente della commissione, Francesco Boccia, dovrà valutare l’ammissibilità di tutti quegli emendamenti e eliminare i doppioni: se il parametro sarà lo stesso che ha usato cassando dalla manovra una quarantina di commi dello stesso governo ne rimarranno assai meno della metà. 8 SENZA SCONTI SABATO 8 NOVEMBRE 2014 O ggi statali in piazza a Roma, previsti in 50 mila SARANNO oltre 500 gli uomini delle forze dell’ordine impiegati oggi per il corteo dei lavoratori del pubblico impiego a Roma. Circa 50 mila i manifestanti attesi per la manifestazione che partirà da piazza della Repubblica intorno alle 13 e si concluderà a piazza del Popolo, sfilando lungo via Barbe- rini, via Sistina e Trinità dei Monti. Predisposte misure di vigilanza lungo il percorso del corteo. Al momento non sarebbero state disposte "misure particolari" nè ci sarebbero timori per scontri o presenze di frange violente al corteo di oggi che arriva a 10 giorni dai disordini avvenuti in piazza Indi- il Fatto Quotidiano pendenza durante la manifestazione degli operai dell’Ast di Terni. “Una risposta così massiccia erano anni che non la vedevamo", dice il segretario generale della Fp Cgil, Rossana Dettori: "Bisogna avere il coraggio di dire che il bonus degli 80 euro non sono il rinnovo contrattuale del pubblico im- piego che noi rivendichiamo", dopo che è bloccato dal 2010. Per la Cgil, dal ministro della Pa, Mariana Madia, sono arrivati "troppi slogan e pochi fatti". A cominciare dalla "staffetta generazionale, che produrrà al massimo 500 nuove assunzioni e non 15 mila come promesso". Google chiude agli editori: “Vi diamo già 9 miliardi” LA FIEG CONTRO IL COLOSSO USA: MOTORE DEL PRIVILEGIO, PAGHI I CONTENUTI di Salvatore Cannavò G oogle è “un motore del privilegio” e come tale deve pagare i diritti d’autore agli editori. La presa di posizione di Maurizio Costa, presidente della Federazione degli editori di quotidiani riapre il “caso Google” dopo la polemica dello scorso anno. Il deputato del Pd, Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, proponeva che la società di Larry Page e Sergey Brin pagasse le tasse sui suoi utili in Italia e non in Irlanda dove ha la sede legale. Ma Matteo Renzi impedì che quella proposta si realizzasse. Ora, ad attaccare Google, si muovono gli editori di giornali anche se la mossa della Fieg punta ad altro: “Chiediamo solo che paghi il giusto chi utilizza contenuti editoriali di proprietà di altri” dice Costa in un’intervista a Repubblica. “È ora che questo gigante come qualsiasi aggregatore di notizie di Internet, riconosca il diritto d’autore per gli articoli, le foto, i video linkabili da Google News”. LA MOSSA È INEDITA. Finora gli editori italiani non si erano spinti fino a questo punto e in Europa l’esempio più avanzato resta quello francese dove, grazie alla pressione del governo e al ruolo avuto dalla presidenza Hollande, lo scorso anno è sta- to siglato un accordo a tre – editori, Google, esecutivo – che ha obbligato il motore di ricerca a versare 60 milioni di euro per lo sviluppo dell’attività digitale degli editori. “A noi l’idea di questa una tantum, di un condono tombale, non piace” precisa il presidente Fieg. “Chiediamo si paghi in modo trasparente e con continuità”. La richiesta si basa sull’andamento del mercato editoriale. I giornali italiani vendevano circa 6 milioni di copie al giorno nel 2000 mentre nel 2013 sono arrivati a 3,7. Un dissanguamento progressivo che sta bruciando posti di lavoro, riducendo spazi e mettendo in seria difficoltà i piani di sviluppo delle imprese. Al contempo, nonostante la crescita dell’informazione online – che riguarda ormai lo stesso numero di lettori giornalieri – i ricavi delle società editoriali dipendono al 94% dal settore cartaceo. La contraddizione è evidente. Anche per il sindacato che, infatti, con il segretario di Stampa romana, Paolo Butturini, plaude all’intervento di Costa che “ha centrato il problema” anche se, aggiunge Butturini, “omette di dire che in questi anni gli editori non hanno fatto altro che lavorare sulla compressione del costo del lavoro, con l’ovvio riflesso dello scadimento dell’informazione”. Per il sindacalista vanno quindi “rimossi atteggiamenti vendicativi nei conScontro tra editori e Google per le news LaPresse SERVIZIO PUBBLICO di Nanni Delbecchi Lezione di Strada alla Quartapelle Quartapelle, quasi fosse la prima del Fidelio alla Scala. Finalmente si poteva vedere all'opera l'ennesima ragazza proaro Gino Strada, lei è digio del Pd, candidata un’eccellenza italiana da Matteo Renzi direttae siamo orgogliosi che mente alla Farnesina Emergency stia usando le risenza passare dal via. Ed sorse governative”. Strano ecco Fidelia presentarsi che Gino Strada, in collegada Michele Santoro nella mento, non paresse altretLia Quartapelle Ansa puntata dedicata all'etanto orgoglioso. Poco dopo mergenza Ebola. Le basi è capito perché: “Onorevole Quarstano pochi minuti per farsi zittire da tapelle, cosa sta dicendo? Emergency Gino Strada; dopodiché, invece di annon ha partecipato al bando organizdare a nascondersi, lei resiste indomizato dalla Cooperazione per compiata, fedele all'esempio del capo: “Voi dicere le varie parrocchie. Quindi non te quello che vi pare, ma io non arretro prende una lira dal governo”. C'era di un millimetro”. Nel telespettatore, grande attesa, giovedì a Servizio Pubperò, il dubbio rimane: Quartapelle o quarta balla? blico, per la prima televisiva di Lia C STAMPA E WEB Il padrone di Internet non vuole trattare: finanziamo i giornali con la pubblicità. Dopo le tasse si apre un nuovo fronte fronti dei giornalisti e, soprattutto, si deve puntare all’innovazione, che significa investimenti a medio e lungo periodo”, in questa prospettiva si può accettare “la sfida del cambiamento”. LA RISPOSTA di Google, però, non invita all’ottimismo. La nota che la società Usa dirama nel pomeriggio ricorda, infatti, che il colosso americano “invia ogni mese 10 miliardi di clic agli editori di tutto il mondo e che riceviamo di gran lunga più richieste di essere inclusi in Google News che non di essere esclusi”. Inoltre, aggiunge la società, “attraverso il programma AdSense, nel 2013 abbiamo ridistribuito 9 miliardi di dollari agli editori di tutto il mondo, una cifra in crescita di 2 miliardi rispetto al 2012”. Il messaggio è chiaro: noi vi aiutiamo già e senza di noi ci rimettereste certamente. Quindi, nessuna disponibilità a nuovi accordi. I problemi non sono di facile soluzione. I 9 miliardi cui si riferisce Google sono quelli prodotti dal programma AdSense tramite cui il motore di ricerca, come una specie di concessionaria, trasferisce le inserzioni a pagamento sui siti che ne fanno espressamente richiesta. Quella cifra, quindi, non rappresenta un compenso per i contenuti utilizzati. Allo stesso tempo, è anche vero che Google News funziona come una sorta di rassegna stampa che, per la lettura degli articoli, rinvia ai siti di provenienza. Quindi c’è un effettivo smistamento di traffico. “IN REALTÀ” spiega al Fatto Stefano Quintarelli, uno dei massimi esperti del settore, oggi deputato di Scelta civica, ci sarebbe un reciproco vantaggio da sfruttare. Invece di denaro, ad esempio, gli editori potrebbero sfruttare il lavoro di “profilazione” del cliente svolto da Google e che potrebbe essere loro riversato”. Ma anche secondo l’esperto di Internet, non esiste “la” soluzione quanto, invece, un monitoraggio della trasformazione in corso. Resta comunque l’ipotesi “google tax”: “Stavolta non la propongo” dice Boccia, “ma se il governo vuole la si fa in un attimo”. Pensioni in calo, colpa di Pil e riforme CON IL PASSAGGIO AL SISTEMA CONTRIBUTIVO LA RIVALUTAZIONE È LEGATA ALLA CRESCITA. CHE ORA È NEGATIVA a pensione del futuro sarà sempre più bassa. Ancora L di più di quanto era prevedi- bile fino a ieri. Negli ultimi anni, infatti, è accaduto quello che, quando fu istituito il sistema contributivo, nessuno aveva previsto: la variazione negativa del Prodotto interno lordo per effetto della recessione prolungata. Secondo le nuove norme, varate nel 1995 e rilanciate dalla riforma Fornero, questo si rifletterà sul calcolo delle pensioni future in modo disastroso. Le perdite per i pensionati di domani possono essere di diverse migliaia di euro a seconda del tipo di pensione, di anni di contribuzione e di età del pensionato stesso. L’effetto negativo è il frutto del metodo contributivo, quello che nel 1995, con la riforma Dini, ha preso il posto del sistema retributivo. Fino a quella data, infatti, le pensioni erano parametrate sulla media degli ultimi dieci stipendi (fino al 1992 erano gli ultimi cinque) in seguito alla riforma del 1969 che agganciava la pensione “al salario”. CON LA RIFORMA Dini si sta- bilisce, invece, che l’assegno previdenziale dipenderà dal numero dei contributi versati e da un coefficiente di rivalutazione legato al Pil. I contributi annui rivalutati formano il montante contributivo individuale. E il montante contributivo individuale viene rivalutato al 31 dicembre di ogni anno sulla base della variazione media quinquennale del pro- dotto interno lordo nominale. Non sulla base dell’andamento dei prezzi ma sulla crescita dell’economia reale. Dal 2009, però, il Pil ha registrato una perdita secca: - 5,5% in quell’anno e poi, dopo i rialzi del 2010 e 2011, -2,4% nel 2012 e -1,9% nel 2013. Segno negativo anche quest’anno, con una previsione di -0,3%. Così, per la prima volta, quest’anno il tasso di capitalizzazione è risultato negativo: 0,1927%. E negativo sarà anche negli anni a venire. L’impatto sarà immediato sugli assegni previdenziali anche perché, a partire dal 1° gennaio 2012, le anzianità contributive verranno calcolate per tutti i lavoratori con il sistema di calcolo contributivo e, per coloro che avevano maturato un di- ritto retributivo, avranno una pensione in pro rata calcolata con entrambi i sistemi di calcolo. DI FRONTE A QUESTA situa- zione Cgil, Cisl e Uil hanno assunto una posizione unitaria: “Riproponiamo con forza scrivono Vera Lamonica, Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti - quanto da noi già sostenuto nella piattaforma unitaria su fisco e previdenza: va attuata una correzione nel funzionamento del sistema contributivo, prevedendo un tasso di capitalizzazione minimo che impedisca la svalutazione del montante quando il Pil è negativo”. Cgil, Cisl e Uil chiedono a governo e parlamento “un emendamento alla legge di Stabilità, che si unisca all’altro, egualmente indispensabile, di eliminazione del previsto aumento dall’11,5% al 20% sui rendimenti annuali dei Fondi Pensione”. L’emendamento, però, andrà valutato e approvato dal governo che, finora, non si è pronunciato. L’Inps, attualmente gestita dal commissario Tiziano Treu, non ha attivato nessuna procedura limitandosi a ribadire che l’istituto si limita ad applicare il calcolo così come comunicato dal ministero del Lavoro. Che a sua volta prende, automaticamente, le rilevazioni Istat. Effetto di quella riforma, voluta dal governo Dini, e preparata dal ministro del Lavoro di allora. Guarda caso, lo stesso Tiziano Treu. Sal. Can. Il commissario Inps Treu LaPresse CHI È STATO il Fatto Quotidiano L’ appello del Fatto: già 67 mila firme Aderisce anche Fo OSSEQUIOSI con i potenti, brutali con i deboli. Una regola che indica il vuoto assoluto di giustizia”: così Dario Fo, che ha firmato l’appello del fattoquotidiano.it affinché chiunque sia a conoscenza di fatti che potrebbero riaprire il caso Cucchi si decida a parlare. In poche ore, superate le 67 mila adesioni. “Aderisco convinto che la pres- SABATO 8 NOVEMBRE 2014 sione e l'indignazione dell'opinione pubblica italiana possano contribuire in modo determinante all'individuazione dei responsabili della morte di Stefano”, ha scritto il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. “Questa volta è diverso, questa volta chi sa non deve avere paura di parlare. Ha l’intera Italia dietro di sé. Ter- 9 remo gli occhi aperti, terremo alta l’attenzione, non permetteremo che ci siano ritorsioni contro chi dirà la verità”, sostiene Susanna Marietti di Antigone. Così il portavoce di Articolo21, Beppe Giulietti: “Non si può e non si deve accettare è che si possa morire nelle mani dello Stato e magari per mano dei rappresentanti dello Stato”. LA CELLA, LE MANETTE E I JEANS: CUCCHI, I CC SI CONTRADDICONO RICORDI CONTRASTANTI TRA I CARABINIERI CHE PORTARONO STEFANO IN TRIBUNALE DOPO L’ESPOSTO DELLA FAMIGLIA, APERTA L’INDAGINE SUL MEDICO DELLA PROCURA di Silvia D’Onghia A bbiamo consegnato i due albanesi a una guardia penitenziaria e insieme, lui e noi tre, ci siamo recati a portarli ognuno nella sua cella. Contemporaneamente i due colleghi delle pattuglie di zona hanno accompagnato il Cucchi, con un’altra o la stessa guardia penitenziaria, presso un’altra cella. Io ho visto entrare Cucchi in questa cella che era situata più o meno a metà del corridoio”. Questo dichiara ai pm il 7 novembre 2009, circa 15 giorni dopo la morte di Stefano Cucchi, il carabiniere Francesco Tedesco, in servizio all’epoca presso la stazione di Roma Appia. È uno dei militari che lo hanno arrestato la notte tra il 15 e il 16 ottobre, mentre il ragazzo spacciava hashish e cocaina nel Parco degli Acquedotti. Insieme con lui, quella notte e poi nei sotterranei di piazzale Clodio la mattina dopo, c’è anche il collega Gabriele Aristodemo. Eppure la versione di quest’ultimo della “consegna” dell’arrestato è molto differente. Sentito anch’egli come persona informata sui fatti, ai pm dichiara: “Intorno alle 9.40 io e il carabiniere Tedesco abbiamo consegnato alla polizia penitenziaria i due arrestati albanesi e immediatamente dopo i due colleghi della pattuglia Casilina hanno fatto lo stesso con Cucchi. Più precisamente davamo i nominativi degli arrestati allo sportello dove era presente un appartenente alla penitenziaria. Nell’ufficio c’era anche un altro appartenente alla P.P. mentre altre due guardie provvedevano materialmente a prendere gli arrestati e a portarli nelle rispettive celle. Non so se ognuno dei tre arrestati sia andato in una cella singola perchè dal punto dove mi trovavo non si riescono a vedere le celle”. Chi ha accompagnato Stefano Cucchi in cella, i carabinieri o la penitenziaria? E perché uno dei due militari vede la cella e l’altro no? NON È L’UNICA contraddizione che emerge dai verbali di assunzione di informazioni, su cui adesso la famiglia Cucchi si augura che il procuratore Pignatone possa far luce. Tedesco preleva Cucchi per portarlo dalla cella dei sotterranei all’aula 17 “senza le manette”; Aristodemo sostiene invece di averlo preso, insieme a Tedesco, “con le manette”. C’è poi un elemento sul quale non solo hanno ricordi differenti, ma sono stati entrambi smentiti dai reperti. Tedesco parla dei pantaloni che indossava Stefano come di jeans “molto trasandati, piutto- sto sporchi e forse avevano qualche taglio”. Aristodemo conferma il “taglio all’altezza della coscia destra”, ma non ricorda “di aver visto né particolari macchie né particolari rotture”. La foto dei jeans di Stefano, che questo giornale ha già pubblicato, evidenzia come sul tavolo dell’obitorio le uniche macchie presenti fossero quelle di sangue e che non era presente alcun taglio, a eccezione dei buchi eseguiti dai periti per le analisi. Entrambi i carabinieri sostengono che il ragazzo camminava normalmente, ma l’agente penitenziario Nicola Minichini che lo prende in consegna subito dopo l’udienza di convalida ha detto invece al Fatto di averlo visto camminare con fatica. C’è poi un particolare, nel racconto di Tedesco, che stride con la registrazione di quel giorno e con la testimonianza del padre Giovanni: il militare afferma che Cucchi “ha parlato tranquillamente al giudice” e ha “salutato tranquillamente il padre”. Nell’audio dell’udienza si sente chiaramente il ragazzo affermare: “Mi scusi, signor giudice, ma non riesco a parlare bene”. E sappiamo quanto teso fu l’abbraccio tra Giovanni e Stefano: “Papà, ma lo vuoi ca- pire che m’hanno incastrato?”. Incongruenze, però, che evidentemente la Procura di Roma non ha ritenuto determinanti ai fini delle indagini. Ieri il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, ha aperto un fascicolo “atti relativi”, cioè senza indagati e senza ipotesi di reato, dopo la denuncia presentata dalla famiglia Cucchi contro il perito Paolo Arbarello, consulente dei pm accusato di aver redatto una falsa perizia sulla morte di Stefano. Il professore sta valutando in queste ore se querelare Ilaria Cucchi. E la stessa sorella del ragazzo ha nuovamente incontrato Pigna- GOVERNO E TOGHE Responsabilità civile solo con la fiducia LA MAGGIORANZA NON C’È, NCD NON MOLLA: INEVITABILE LO SCONTRO CON I MAGISTRATI di Sara Nicoli intento era evitare in tutti i modi che le toghe scendessero L’ in piazza contro il governo, come il presidente dell’Amn, Sabelli, ha minacciato anche parlando direttamente con il mi- tone, che terrà per sè il fascicolo: “Non è stato tempo perso”, ha detto stavolta Ilaria. nistro Orlando. Ma sulla responsabilità civile dei magistrati, l’esecutivo non ha margini. E si avvia a trascrivere in un decreto il disegno di legge ora in commissione Giustizia al Senato. E a portarlo in Aula rapidamente, gravato della richiesta del voto di fiducia. Senza la quale un passaggio rapido e senza scosse del provvedimento sarebbe impensabile. L’altra sera, in commissione Giustizia di Palazzo Madama, con l’alzata di scudi del capogruppo Ncd, Maurizio Sacconi (che ha minacciato le dimissioni per poi farle rientrare dopo una lunga telefonata con Renzi), il governo si è reso conto che sulla responsabilità civile dei magistrati, la maggioranza non c’era. Dunque, meglio non rischiare. “Non abbiamo nessuna volontà punitiva nei confronti dei magistrati – ha spiegato Orlando – ma in Italia c’è una legge che non è riuscita a tutelare i cittadini che si sono trovati colpiti”. E questa riforma “ce la chiede l’Europa”. Una frase che indica quale sarà la chiave di lettura con cui il governo renziano cercherà di giustificare il ricorso al decreto e alla fiducia, anche se ieri Orlando ha lasciato uno spiraglio. “Il decreto si potrà evitare solo se, durante il passaggio in aula al Senato, ci saranno i numeri per correggere alcune contraddizioni del testo”. INTANTO la storia di Cucchi MA I NUMERI, come si è capito in commissione, non ci sono. Da Emergenza maltempo Stefano Cucchi Ansa SICILIA, I DANNI E LA PAURA DEL CICLONE Fino a ieri sera le zone costiere delle province di Catania, Siracusa e Ragusa hanno atteso il ciclone. Danni a Lampedusa, nella foto Acireale (Catania) Ansa Il Guardasigilli pd, Andrea Orlando Dlm continua a mobilitare le coscienze. Questo pomeriggio, alle 18, è prevista a Roma una grande fiaccolata “Mille candele per Stefano”, promossa dai familiari e da Acad (Associazione contro gli abusi in divisa). Decine le adesioni tra comitati, associazioni, municipi, centri sociali e singoli cittadini. un lato Ncd dimostra su alcuni articoli un’intransigenza degna di più alta causa, dall’altro i renziani non si fidano fino in fondo dell’asse che si è creato, spontaneo, con i 5 Stelle. Di qui la scelta del decreto e della fiducia, anche se si cercherà di mediare con gli alfaniani fino all’eventuale ingresso del testo in Consiglio dei ministri. “Il governo è deciso a difendere il suo articolato – ha spiegato ancora Orlando – e una parte delle questioni poste da Ncd si possono affrontare con tranquillità”. Sono gli alfaniani a non essere affatto tranquilli, anzi. Considerano il testo del governo troppo morbido e hanno fatto sentire il loro ricatto. Crac Ligresti, indagato Cancellieri jr PIERGIORGIO PELUSO, FIGLIO DELL’EX MINISTRO, AVREBBE GARANTITO UNICREDIT AFFOSSANDO UNA SOCIETÀ SANA di Gianni Barbacetto Milano ai tanti faldoni del caso Ligresti, D sparsi tra la Pocura di Milano e quella di Torino, spunta un avviso di ga- ranzia per Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex ministro Anna Maria Cancellieri. È il pm milanese Luigi Orsi, che sta da tempo indagando sul fallimento del gruppo di Salvatore Ligresti, a mandargli un invito a comparire, scoprendo così le carte e notificandogli che è indagato per concorso in bancarotta. La vicenda è quella della Imco, società immobiliare dei Ligresti, che nel 2012 fa crac. Due anni prima, nel 2010, Peluso era capo di Unicredit Corporate Banking. Unicredit aveva maturato nel tempo forti crediti nei confronti di Imco e della società che la controllava, Sinergia. Nel 2010, Sinergia ha un debito in scadenza di 88,5 milioni con Unicredit e di 20 con Ge Capital (ex Interban- ca) che non può più rimborsare. Imco, “Questa operazione di ristrutturazione la sua controllata, ha invece un buon as- del debito” di Sinergia, “chiaramente set: il Cerba, un progetto immobiliare strumentale a rimborsare la banca Unialla periferia sud di Milano. Ecco allora credit, fu negoziata per il gruppo Ligrela mossa escogitata – nell’ipotesi d’ac- sti da Salvatore Rubino e dai dirigenti cusa – da Peluso. Imco offre il Cerba in Peluso e Perco per Unicredit”. ipoteca a Unicredit per garantire i debiti Rubino, da tempo indagato, era l’amdi Sinergia. Ma così, per salvare i crediti ministratore delegato di Imco e diretdella banca, viene depauperata Imco, tore generale di Sinergia. Tra i docuche si deve accollare 108,5 milioni di de- menti che sono stati sequestrati a lui e biti bancari. Oggi il conto viene chiesto a Peluso, per il quale LE EMAIL Orsi ipotizza il reato di concorso in banNelle missive tra carotta preferenziale. Tra le deposizioil manager e un dirigente ni sul tavolo di Orsi, del gruppo in crisi, c’è quella di un commercialista scopi e modalità amministratore di alcune delle società del trasferimento di Imco, Luciano di un debito da 88 milioni Betti, che dichiara: agli altri amministratori delle società ligrestiane, ci sono anche alcune email tra “Aurelio” (pseudonimo di Rubino) e Peluso, che insieme, tra il 2009 e il 2010, strutturano l’affare, descritto come “come una tecnicalità per realizzare l’operazione di trasferimento del debito di Sinergia a Imco”. Secondo il pm, nei testi allegati alle email “sono esplicitate le motivazioni del differimento del termine discusso con le banche e il disegno volto al trasferimento del debito e degli assets”: Imco si svena per Sinergia. Agli amministratori di Imco viene anche fatto deliberare l’acquisto da Sinergia delle quote della Tenuta Cesarina: un’azienda agricola di Ligresti nei pressi di Roma che negli anni precedenti aveva bruciato solo perdite e non aveva alcuna speranza di sviluppo immobiliare. Eppure, viene pagata da Imco 76 milioni di euro. Così, dopo la cura Peluso, Imco accumula debiti bancari per 246 milioni e affonda. E VISSERO INFELICI il Fatto Quotidiano Ideil quotidiano vescovi attacca la riforma di Emiliano I Liuzzi l divorzio breve è diventato facile, almeno così dicono dalle stanze del governo. “Un ossimoro”, secondo l'avvocato Annamaria Bernardini De Pace, la matrimonialista più autorevole d'Italia. “Può essere breve, e questa nuova legge allunga i tempi invece di accorciarli”, spiega al Fatto Quotidiano, “ma facile non può mai essere. Parla una persona che da anni combatte perché la fine del matrimonio diventi lampo, divorzio lampo. La legge che entrerà in vigore quando verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, almeno un mese, mi sembra una di quelle cose all’italiana, un minestrone. Tempi sicuramente invariati, a occhio più lunghi; parcelle da pagare agli avvocati più salate; incertezza sulla competenza. Ma soprattutto la solita discriminazione tra i figli nati nel matrimonio e quelli che invece sono fuori”. Facile in realtà è un’espressione dei giornali. Ma, anche con l’aiuto dei giuristi, siamo sul terreno delle ipotesi: la legge non può fare ancora il miracolo di prevedere cosa accadrà con i ricorsi delle parti, la costituzionalità, le eccezioni più o meno ammissibili. A intuito si può dedurre che sarà semplice (ma in tempi lunghi) separarsi e poi sciogliere il vincolo se non ci sono figli o grandi beni da spartire. Il resto lo scopriremo per strada. Le soluzioni promosse dal decreto legge Le nuove regole sono state inserite nel decreto sulla giustizia civile (lo stesso che prevede la negoziazione arbitrale e il periodo di ferie nei tribunali dal 1° al 31 agosto e non più fino al 15 settembre) trasformato in legge due giorni fa. L’elemento nuovo, e che non piace per niente ai vescovi e all’ala ultracattolica del Parlamento, è quello di poter IN PRIMA PAGINA il titolo è inequivocabile: la famiglia diventa più precaria. È questo l’effetto della riforma della giustizia civile secondo Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. Secondo il giornale dei vescovi, inoltre, grazie al provvedimento presentato dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, il divorzio sarà “più facile”. NELL’ARTICOLO, a firma di Giovanni Grasso, la critica è rivolta con l’ironia del titolo che ribalta il ruolo dei primi cittadini. Invece della di- SABATO 8 NOVEMBRE 2014 chiarazione di unione in matrimonio, si legge, “da oggi il sindaco dirà: vi dichiaro divorziati”. Dito puntato contro il Guardasigilli Orlando, reo non solo di dichiararsi “soddisfatto” ma anche di annunciare che questo “è solo il primo passo”. Il nuovo divorzio all’italiana: lungo e tutt’altro che facile LO SCIOGLIMENTO AVVERRÀ SEMPRE TRE ANNI DOPO LA SEPARAZIONE. LE PROCEDURE SI SVOLGERANNO IN COMUNE, ANCHE SENZA AVVOCATI, SE NON CI SONO FIGLI NÉ CONTENZIOSI evitare il passaggio davanti al tribunale dove fino a oggi le coppie che volevano separarsi e, trascorsi i tre anni, divorziare, sono obbligate ad andare. In qualità di pubblico ufficiale lo potrà fare il sindaco. Non cambieranno i tempi del divorzio, che arriverà sempre tre anni dopo la separazione, ma si eviterà il tribunale facilitando la consulenza di avvocati di parte per avviare la procedura di separazione e accompagnarla fino al divorzio. Sempre che nel nucleo familiare non ci siano figli minori, portatori di handicap ed economicamente non autosufficienti: in questi casi le regole sono diventate addirittura più complesse. Nel senso che è possibile avvalersi di un avvocato e presentarsi in prima istanza nel Comune dove il matrimonio è stato celebrato e trascritto, ma l’ufficio deve trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica (novità assoluta) che potrà ricorrere al tribunale. Un metodo “facile” nella definizione, ma che deve ancora essere metabolizzato e sperimentato dagli stessi avvocati. Sicuramente era e resta congelato in Senato il cosid- Aborto, un pool legale per i non obiettori INTERRUZIONI DI GRAVIDANZA sempre più difficili. Lo denunciano i medici della Laiga, la Libera associazione italiana dei ginecologi per l’applicazione della legge 194. Secondo quanto dichiarato ieri dalla presidente Silvana Agatone, in apertura del convegno della Laiga a Napoli, la legge per la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza, approvata nel 1978, non è applicata per la prevalenza, fino al 90 per cento, dei medici obiettori. Per le interruzioni di gravidanza entro i primi tre mesi dal concepimento, solo il 64% degli ospedali è in grado di garantirne l’applicazione, a fronte del 100% previsto dalla legge stessa. Per questo motivo a supporto e a sostegno delle donne che ne faranno richiesta e a cui non verrà riconosciuto questo diritto fondamentale, sarà istituita una rete di avvocati che seguiranno gli iter di eventuali denunce contro ginecologi e personale non obiettore. Sarà anche formata una rete di tutte le associazioni coinvolte nella tutela della salute riproduttiva della donna che contribuirà detto decreto Moretti, che prevedeva separazioni lampo, da sei mesi a un anno. Ma vediamo cosa cambierà nella sostanza. c’è la separazione, ma per il divorzio, dunque lo scioglimento del matrimonio, dovranno presentarsi dopo tre anni come oggi. Coppia senza prole che vuole separarsi La procedura si complica per chi ha figli minori In questo caso la procedura è semplice. In teoria, in assenza di contenzioso economico e patrimoniale, può essere evitato anche il passaggio dall’avvocato se non esistono questioni aperte. I coniugi si presentano in Comune e vengono riconvocati 30 giorni dopo per la conferma delle loro intenzioni. A quel punto In questo caso la pratica può essere sempre sbrigata in Comune, davanti al sindaco o a una persona che lui delega, ma l’accordo deve essere trasmesso alla Procura della Repubblica dove, un pubblico ministero, dovrà valutare la situazione nell’interesse dei minori e si dovrà esprimere anche tre anni dopo quando anche all’attività di formazione dei medici nelle scuole di specializzazione. “Attualmente i medici non obiettori applicano con preoccupazione la legge 194”, ha spiegato Silvana Agatone. Alla base del problema ci sarebbero carenza di personale e di mezzi messi a disposizione dalle strutture ospedaliere. Inoltre i medici non obiettori sono costretti a operare “tra mille difficoltà anche burocratiche e organizzative”. A farne le spese come sempre sono sempre le pazienti: molte donne sono infatti costrette a recarsi altrove, spostandosi di regione in regione per abortire. Inoltre, quando a fare richiesta dell'applicazione della 194 sono donne in stato di gravidanza da oltre novanta giorni, in presenza di gravi patologie del feto o rischi per la madre, i numeri peggiorano, e gli ospedali disposti ad applicare le procedure sono ancora meno numerosi, il che costringe molte donne a spostarsi anche all’estero per sottoporsi all’intervento. Critiche anche per il ministero della Salute, secondo il quale gli aborti praticati dai medici non obiettori sarebbero pochi a settimana: per Agatone la media è molto più alta. 11 LA SPECIALISTA L’avvocato Bernardini De Pace: “Aumentano le spese legali e restano le discriminazioni per i bambini nati fuori dal matrimonio” sarà possibile chiedere lo scioglimento definitivo del matrimonio. Figli maggiorenni disabili o senza reddito In questi casi i passaggi diventano tre. La coppia si presenta in Comune – sempre che non ci siano controversie – e formalizza la richiesta di separazione. Gli atti vengono trasmessi alla Procura della Repubblica che, a sua volta, se tutto rientra nella norma, si rivolge al presidente del Tri- bunale civile che si esprime in ultima istanza sulla separazione e, dopo il triennio, sul divorzio. L’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita da avvocati è equiparato ai provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Se c’è conflitto la procedura resta giudiziale Nelle cause in cui esiste un conflitto insanabile, che numericamente sono la maggior parte, la procedura sarà quella attuata fino a oggi: la separazione e il divorzio si discutono esclusivamente in tribunale davanti al giudice. E le parcelle degli avvocati? Aumentano... Non ci sono dubbi. Oggi uno studio legale con un nome non chiede meno di 6.000 euro per avviare una causa di separazione che all’apparenza si risolve con un accordo. Con la nuova legge – e lo dicono gli avvocati – come minimo la parcella verrà raddoppiata. Lasciamo le conclusioni all’avvocato De Pace, in attesa, anche lei, di capire cosa accadrà nella vita reale dei tribunali: “Complicazioni ci aspettano. Anche perché non esiste una specializzazione e tutti si improvvisano avvocati matrimonialisti, una tema assai difficile. Il futuro prevede che chi ha competenza possa scontrarsi con colleghi che nel quotidiano si occupano di altro. Per chi ha delle competenze i tempi di lavoro si allungano e di conseguenza anche le parcelle non potranno più essere le stesse applicate in passato, visto che ci impongono anche spese che, in caso di errore e non è detto che sia nostro, dovremo pagare. Gli avvocati chiederanno quella copertura, non possono lavorare e rischiare di rimetterci. Un minestrone. All'italiana, come sempre”. 12 ALTRI MONDI SABATO 8 NOVEMBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano INTERPOL JIHADISTI SU NAVI DA CROCIERA Aspiranti jihadisti viaggiano sulle navi da crociera per raggiungere le zone di conflitto in Medio Oriente. L’Interpol, senza fornire cifre precise, sottolinea che alcuni di coloro che vogliono unirsi ai gruppi di militanti in Iraq e Siria hanno usato compagnie di crociera verso la Turchia. LaPresse SPAGNA “SOLO” EVASIONE PER LA SORELLA DEL RE Il tribunale di Palma di Maiorca ha fatto cadere le accuse di riciclaggio di denaro nei confronti della principessa Cristina, sorella del re Filippo VI, ma ha deciso di andare avanti con l’indagine su un caso di evasione fiscale. LaPresse Stone l’“anti-americano” tra Snowden e Putin IL REGISTA GIÀ ESEGETA DI FÌDEL CASTRO E CHAVEZ INCONTRA A MOSCA LA ‘TALPA’ DEL DATAGATE E PENSA A UN FILM ANCHE SUL LEADER RUSSO di Roberta I Zunini l conto alla rovescia è iniziato e per questo match è prevedibile che Oliver Stone sferrerà un potente uno-due nello stomaco degli Stati Uniti. Il regista americano Oliver Stone è sbarcato a Mosca dove ha incontrato l'informatico Edward Snowden, rifugiato politico in Russia e il presidente Vladimir Putin. Se però il progetto di girare un film su colui che ha rivelato alla stampa lo spionaggio di massa praticato dall'agenzia di sicurezza nazionale Usa è in fase avanzata, non è ancora certo che il documentario sullo “zar” verrà realizzato. Ma è molto probabile: cosa potrebbe del resto CONTROCORRENTE L’artista statunitense spiega: “Voglio mostrare ai miei connazionali ciò che non vorrebbero mai vedere e sentire” trattenere Putin dal consegnare le sue verità a un cineasta che da anni sforna pellicole sui più noti detrattori degli Usa tout court ? Dopo Ca- stro e Chavez, ora è il turno di Putin. Peccato che l'uomo forte del Cremlino non si definisca nemmeno più formalmente di sinistra, socialista, SUPER-POTENZA Lo sperma dello zar per tutte le russe L a notizia dello sperma di Putin mandato per posta a tutte le russe inonda quasi istantaneamente la Rete, ma la velocità con cui diffonde la presunta proposta della deputata Yelena Borisovna Mizulina (“Ogni cittadina russa potrà ricevere via posta lo sperma del presidente Putin, rimanere incinta di lui, e avere un figlio. Queste madri riceveranno agevolazioni dal governo”, realizzazione del sogno nazista immaginato in I ragazzi venuti dal Brasile di “ricreare” Hitler) ne mette in dubbio la veridicità. Nella smania da culto del leader che imperversa in Russia può sembrare credibile anche una beffarda iniziativa che omaggia la potenza machista del nuovo zar ex sovietico per renderlo perpetuo, dunque immortale. In attesa di conferme, il mensile gay americano The Advocate lo ha messo ironicamente in copertina come “Uomo dell’anno”. comunista e via dicendo. Ma a Stone interessa il comune denominatore antimperialista delle sue star politiche. “Voglio mostrare agli americani ciò che non vorrebbero mai vedere e sentire”. Obiettivo encomiabile e fondamentale purché non risulti l'ennesima operazione apologetica, senza nemmeno l'ombra di una domanda critica. NELL'ATTESA DI VEDERE un documentario finalmente obiettivo, che metta in luce non solo i lati positivi di Putin ma anche quelli negativi – Castro e Chavez pare non ne avessero - oltre che quelli del suo entourage piuttosto dedito alla concentrazione di capitali e al consumismo e lusso più sfrenati, sarà nel frattempo molto interessante conoscere nei dettagli la storia del ragazzo che ha fatto conoscere al mondo intero il sistema indegno usato dalla Nsa per raccogliere informazioni. Stone sta lavorando da quasi un anno al film su Snowden, il cui titolo sarà The Snowden Files e avrà come protagonista Joseph Gordon-Levitt (Inception). Le riprese dovrebbero cominciare tra un paio di me- PRO OBAMA Il 68enne newyorchese, supporter democratico LaPresse si. La trama si basa sul romanzo Time of the Octopus (Il tempo della piovra) scritto dall’avvocato russo dell’informatico americano, Anatoly Kucherena, e sul libro di Luke Harding, giornalista di The Guardian, uno dei giornali che rivelarono i documenti riservati fatti trapelare da Snowden, dopo la coraggiosa decisione del giornalista Glen Greenwald di anticiparli sul suo blog, The intercept, nonostante i rischi per sé e per i suoi cari. Da quel momento Nsagate è diventato di dominio pubblico. Al momento “stiamo ultimando la sceneggiatura”, ha spiegato Stone. “Il lavoro con Oliver procede molto bene”, ha confermato Anatoliy Kucherena, sottolineando che Snowden “non è contro, chi sarebbe contro un film su se stessi?”. L'informatico vive a Mosca dal 2013 dove ha ottenuto l'asilo politico dopo essere fuggito dagli Stati Uniti per evitare una sicura e durissima condanna a decenni di carcere. Prima di sbarcare in Russia è stato protagonista di una rocambolesca fuga a Hong Kong, poi , assistito dal team legale di Wikileaks, è rimasto intrappolato nell'aeroporto di Mosca poiché gli era stato annullato il passaporto americano, diventando quindi apolide fino al salvataggio messo in atto dal Cremlino. INDIPENDENZA O RABBIA La carica dei 40 mila per far votare la Catalogna di Elena Marisol Brandolini Barcellona na signora mi ha chiesto ‘ci sarà casino doU menica?’ E io le ho risposto, lei non deve avere paura di nulla, se vuole andare a votare vada al collegio che le ho indicato, infili nell’urna la scheda di sua scelta e basta”: così racconta uno dei molti volontari che, negli ultimi giorni, si sono avvicendati nella sede di Òmnium Cultural, a Barcellona, per contattare telefonicamente quanta più gente possibile, informandola su dove votare, domani, in Catalogna. Non è più una consultazione come quella convocata dal governo catalano alla fine di settembre, sospesa dal Tribunal Constitucional su ricorso del governo spagnolo. Piuttosto una chiamata alle urne che si è trasformata in processo partecipativo, una proposta a partecipare collettivamente alla costruzione del futuro della Catalogna attraverso un voto senza alcun altro valore che quello politico, di testimonianza, eppure ugualmente ricorsa dallo Stato spagnolo e ugualmente sospesa. Perché il Partido Popular al governo del paese, che inizialmente aveva irriso alla nuova iniziativa catalana, sommerso dalla corruzione e preoccupato dai sondaggi che lo danno perdente, ha pensato opportuno spostare l’attenzione dell’elettorato sull’unità della patria e l’intangibilità della Costituzione. Ma la campagna per il diritto a decidere questa volta non si è arrestata, neppure di fronte all’ul- timo rifiuto del Tribunal Supremo di annullare la sospensione del Tribunal Constitucional, come aveva chiesto il presidente della Generalitat, Artur Mas, sostenendo che quella sospensione vulnera diritti fondamentali dei cittadini catalani, come la libertà di espressione. La macchina di Ara és l’hora - Questo è il momento, è andata avanti sulle gambe e la passione delle migliaia di donne e uomini disponibili a sostenerne le iniziative, realizzandole in prima persona. PERCIÒ, ALL’INDOMANI della nuova sospensione da parte della giustizia spagnola, sembrava naturale imbattersi, nei giorni scorsi, nell’attività serena ed efficiente delle persone riunite nella saletta di Òmnium, in turni di 45 alla volta, dando vita a una maratona telefonica con il concorso di politici, artisti e intellettuali e soprattutto di tanti cittadini da casa, fino a inviare, nel solo primo giorno, 200.000 telefonate. Del resto, tutta la campagna si è retta sul volontariato delle persone, con un uso della comunicazione moderno, che non disdegna strumenti antichi come la relazione porta a porta, o la “cassolada” notturna nei balconi delle città catalane. L’utilizzo delle reti sociali si è sommato ad una strategia pubblicitaria efficace, gestita dall’impresa Blue State Digital, la stessa che ha assistito, tra gli altri, Barack Obama nelle sue due elezioni presidenziali e Dilma Rousseff in Brasile, nonché lo schieramento del NO nel referendum scozzese. Sono 40.000 quelli che si sono resi disponibili a gestire i seggi elettorali di domani. E ancora prima, durante tutto il mese di ottobre, bastava iscriversi a un’iniziativa di Ara és l’hora, per portare a termine un segmento del programma comune. Come ha fatto Montse, a Vilanova, andando in giro, in coppia con un’altra persona, per le case di un palazzo, a proporre un questionario alle famiglie incontrate sull’idea di un nuovo paese. Gli indipendentisti sfilano a Barcellona e Artur Mas LaPresse SOCIETÀ CIVILE Nonostante la bocciatura del referendum da parte di Madrid a Barcellona regna l’entusiasmo per la consultazione di domani Un protagonismo della società civile che è la chiave del successo di questo movimento. Un movimento in cui la rivendicazione indipendentista è riuscita a diffondersi in quella per il diritto a decidere, per l’ottusità del governo spagnolo che l’unica cosa che ha fatto è stato negare la possibilità di voto. Così, in Catalogna, è nato il Pacte Nacional pel Dret a Decidir, dove sono l’associazionismo, i sindacati confederali, le istituzioni locali, lo schieramento di partiti promotore della consultazione originaria e dei due quesiti su cui questa domenica ci si pronuncerà – se si vuole che la Catalogna sia uno Stato e che sia indipendente. Oltre alle due entità che rappresentano la spina dorsale del movimento, Òmnium Cultural e l’Assemblea Nacional Catalana (Anc), protagoniste delle oceaniche manifestazioni degli ultimi anni in Catalogna sull’indipendenza. UN MOVIMENTO GUIDATO DA DUE DONNE, radicali ma mai estremiste, entrambi con un passato nella sinistra catalana: Muriel Casals, presidente di Òmnium e Carme Forcadell, presidente della Anc. Che avanza un progetto di paese, dietro cui vanno partiti e governo catalani: non poca cosa in epoca di crisi dei valori e della politica. Così si arriva questa domenica alle urne, senza sapere quale sarà la reazione del governo spagnolo. Quello che non si capisce, dice la Forcadell, “è che il governo spagnolo impedisca un processo di partecipazione”. Però, aggiunge la Casals, “ci piace non solo dire quello che facciamo, ma anche come lo facciamo. E lo facciamo in una maniera pacifica, civile, in maniera allegra”. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI GRAN BRETAGNA UCCISO CANNIBALE Matthew Williams, 34 anni, è stato sorpreso in una stanza d’albergo a mangiare parte del volto e i bulbi oculari della 22enne che aveva adescato, ed è stato ucciso dalla scarica elettrica di un taser usato dalla polizia intervenuta nell’hotel di Argoed (a 30 chilometri da Cardiff). LaPresse EBOLA 4.960 MORTI E NUOVO FARMACO Il virus Ebola continua a mietere vittime in Africa occidentale: sono 4.960 i morti secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), con 13.200 casi. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha reso noto che l’Esercito italiano sta sperimentando un nuovo farmaco. LaPresse SABATO 8 NOVEMBRE 2014 13 “PADRE RUSSELL ERA UBRIACO MENTRE LO MASTURBAVA” CHIESA CHOC A CHICAGO: PUBBLICHE 15 MILA PAGINE DI ATTI SU 60 ANNI DI ABUSI DELLA DIOCESI STATUNITENSE CHE HA GIÀ DOVUTO PAGARE 130 MILIONI ALLE VITTIME DEI PRETI PEDOFILI di Angela I Vitaliano New York l reverendo Thomas Kelly avrebbe abusato di B.G. costringendolo a essere oggetto di sesso orale in ripetute occasioni, in un periodo di età fra gli 11 e i 16 anni. La vittima denuncia anche di aver trascorso spesso la notte nella canonica, afferma che padre Kelly lo portava regolarmente al cinema o a cena e gli faceva anche consumare alcol”. Sono letture difficili, non solo per la quantità, oltre 15 mila pagine, quelle dei documenti resi pubblici dall’arcidiocesi di Chicago relative alle denunce per atti di pedofilia a carico di 36 preti che, perlomeno in un’occasione, si sono resi responsabili di abusi sessuali nei confronti di minori. I fascicoli pubblicati “volontariamente”, come viene chiarito nel sito dell’arcidiocesi di Chicago, vanno ad aggiungersi a quelli già pubblicati a gennaio e relativi agli altri 30 religiosi identificati nel novembre del 2014. Non sono stati ancora pubblicati i carteggi relativi ai reverendi Daniel J. McCormack e Edward J. Maloney, sui quali ci sono attualmente dei processi in corso per chiarire con precisione le rispettive responsabilità. La pubblicazione dei documenti è stata decisa dal cardinale Francis George, che si è trovato a gestire, in maniera non sempre cristallina, uno degli scandali più ampi sulla pedofilia che ha rappresentato un vero e proprio terremoto per la chiesa cattolica negli Usa. “Non cancellare il passato, ma ridare fiducia” George, ormai prossimo alla pensione, dopo essere stato in carica dal 1997, ha dichiarato in un comunicato stampa “non possiamo cambiare il passato ma speriamo di ricostruire la fiducia attraverso un dialogo onesto e aperto”. La pubblicazione degli atti fa parte di un accordo raggiunto con il procuratore generale di Chicago Jeff Anderson che includeva anche il pagamento di 130 milioni di dollari per risarcimenti alle famiglie dei 352 bambini vittime di molestie sessuali dal 1950 fino allo scorso anno. “Per oltre 10 anni sono stato un parrocchiano attivo alla Saints Faith, Hope and Charity di Winnetka – scrive a nome degli altri genitori un uomo, in una nota inviata all’arcidiocesi per denunciare l’enorme difficoltà creata dalla presenza di padre Thomas Swade, uno dei preti accusati di atti di pedofilia, nei luoghi frequentati dai bambini – e se il reverendo Swade vuole ancora venire nella nostra parrocchia, dopo aver realizzato l’impatto che la sua sola presenza produce sui nostri bambini, allora io metto in dubbio il suo valore di cristiano. E prego affinché voi non consentiate che tutto ciò continui oltre perché certamente non vorrei trovarmi a mettere in dubbio anche la vostra fede”. Trasferimenti di religiosi per mettere a tacere I documenti, infatti, mostrano anche con estrema chiarezza come i preti accusati di molestie e atti di pedofilia, venissero regolarmente trasferiti da una parrocchia all’altra al solo scopo di “mettere a tacere” le voci sul loro conto. Molti di loro, infatti, sono riusciti persino ad arrivare alla pensione e sono morti senza aver mai dovuto rispondere di atti che dai documenti appaiono assolutamente intollerabili e immorali. “Padre Russell Romano è stato accusato di fare gesti inappropriati e avances nei confronti della vittima E.J.”, si legge, ad esempio in uno dei file. Approfondimenti su questa segnalazione, rivelarono poi che padre Romano aveva con- TASK FORCE Papa Bergoglio ha creato una commissione per lo studio dei casi di pedofilia nella Chiesa. Sotto, il cardinale Francis George, la diocesi di Chicago e alcune delle scatole con i documenti Ansa/LaPresse REVERENDO KELLY Ha costretto B.G. a essere oggetto di sesso orale in ripetute occasioni, in un periodo di età fra gli 11 e i 16 anni, trascorrendo spesso la notte in canonica LA 17ENNE DI O’BRIEN Le chiese che tipo di mutandine indossasse. La fece distendere e si sdraiò su di lei iniziando poi a masturbarsi fino a eiaculare su tutto il suo corpo GIAPPONE Fukushima, tre anni dopo Abe riaccende il nucleare tre anni e mezzo dal disastro nergia nucleare in base ai A di Fukushima, il Giappone nuovi standard sulla sitorna al nucleare. I reattori 1 e 2 curezza e potrebbe essere della centrale nucleare di Sendai, nel sud del paese, saranno i primi a essere riattivati dopo lo tsunami del 2011. Il governatore della prefettura di Kagoshima ha definito "inevitabile" il riavvio nel corso di un'assemblea che ha vissuto momenti di tensione per le proteste degli attivisti anti nucleari presenti nel settore riservato al pubblico. La decisione arriva dopo il via libera dato a settembre dell'autorità giapponese per la regolamentazione dell'e- operitiva già a fine anno. L'ultima parola spetta al Primo ministro Shinzo Abe che sicuramente non farà mancare la sua firma visto che fin dalla sua rielezione nel 2012 ha auspicato il ritorno alla produzione di energia nucleare per un Giappone in piena recessione. Secondo il premier, lo stop alle 48 centrali "ha colpito duramente l’economia nazionale" rendendo inevitabile l'aumento dell'Iva, dal 5 all'8 percento, affos- dotto la vittima in un “drive–in” per guardare un film pornografico, gli aveva fornito dell’alcol durante questa e molte altre occasioni; la vittima si era svegliata poi nuda al fianco di Romano che era egualmente nudo. Un altro incidente simile si verificò quando la vittima aveva compiuto 18 anni o era più grande”. I dettagli relativi agli atti di pedofilia perpetrati da padre Russell a danno delle sue vittime, includono anche la condivisione di riviste pornografiche, la pratica di sesso orale e di masturbazione. Reati su bambini e ragazzine minorenni Ci sono, naturalmente, anche ragazze a denunciare atti di molestia come quelli a carico di William John O’Brien, che secondo il racconto della vittima “la incontrò, la salutò e la baciò sulle labbra. Le chiese anche che tipo di mutandine indossasse. Quando la vittima aveva 17 anni, padre O’Brien la condusse sul suo letto nella sua stanza in parrocchia la fece distende e si sdraiò su di lei iniziando poi a masturbarsi fino a eiaculare su tutto il suo corpo”. I documenti fanno comprendere in maniera dolorosa il profondo senso di rabbia che ancora accompagna le vittime di quei racconti atroci e che non sono, oggi, per niente “impressionate” dal gesto dell’Arcidiocesi. “L’arcidiocesi si comporta come se stesse facendo chissà quale grande cosa, ma la mia domanda è perché hanno impiegato tanto tempo? La loro segretezza ha permesso il perpetuarsi del crimine con la conseguenza che molti altri bambini sono stati violentati”, lo dice Peggy Hough di Evanston che subì abusi dal reverendo Eugene Burns sin da quando aveva solo 8 anni. Dal file relativo a Burns si evince che il prete fu trasferito ripetutamente fino a ritirarsi, per poi morire nel 2005. “Cinque mesi fa ho per errore aperto una lettera non indirizzata a me, ma ad una delle ragazze del dormitorio. La lettera era firmata “con amore Rick”, ma era chiaramente scritta dal reverendo Richard Theisen”, questo quanto si legge in una lettera inviata al vescovo O’Donnel, da una persona che aveva “scoperto” la relazione fra il prete e una ragazza della scuola. O’Donnel risponde che lo scambio di missive era stato “provvidenza divina” e che lui aveva parlato con il “giovane prete” convincendolo a porre fine immediatamente al suo comportamento. Confessione di omosessualità “molto attiva” sando i consumi e il Pil che nell'ultimo trimestre ha registrato una flessione del 6,8 percento, la peggiore dallo tsunami che ha devastato il paese. Come confermato dal portavoce del governo, Yoshihide Suga, con la ripresa del programma nucleare, il governo punta a rilanciare l'economia con il calo delle bollette e l'esportazione di energia, una delle voci da sempre più ingenti nella bilancia commerciale nipponica. “Secondo la vittima I.G., padre David Braun abusò di lui sessualmente quando aveva 13 anni. Il 2 novembre 1963, un agente di polizia chiamò in centrale per avvisare che padre David Braun era stato fermato per atti osceni nei confronti di un ragazzo. Il prete ha confermato senza fornire spiegazioni. Braun ha raccontato di aver dato un passaggio al ragazzo, di avergli offerto un bicchierino di whisky e una birra ma di non averlo toccato” Padre Braun, secondo i documenti, confessò poi, in seguito a un altro “incidente”, di essere omosessuale ed “estremamente attivo” con giovani ragazzi che “raccoglieva” per strada con la scusa di un passaggio. 14 il Fatto Quotidiano SABATO 8 NOVEMBRE 2014 FERRARI IN FIAMME IN BRASILE LIBERE DOMINATE DA ROSBERG STAR WARS, SVELATO IL TITOLO SARÀ UNO JEDI 30 ANNI DOPO Principio di incendio sulla Ferrari di Alonso, durante le seconde libere del Gp del Brasile. Il pilota spagnolo ha preso un estintore ed è intervenuto in prima persona IL RITORNO DEI PINK FLOYD, NOSTALGIA E MARKETING “Star Wars: il risveglio della Forza”sarà il titolo del nuovo episodio. Lo ha twittato la Disney. Il film sarà ambientato 30 anni dopo “Il ritorno dello Jedi”e avrà personaggi nuovi SECONDO A 20 anni dal loro ultimo album, i Pink Floyd tornano con “The Endless River”, album di inediti uscito ieri. Grazie ai pre-ordini, il disco è da settimane in testa alle classifiche TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE Rebibbia, il teatro non deve morire IL LABORATORIO TEATRALE DELLE DETENUTE DI MASSIMA SICUREZZA DEL CARCERE ROMANO È A RISCHIO CHIUSURA. LA REGIONE LAZIO COPRE IL 50%, L’ASSOCIAZIONE ANANKE DEVE TROVARE LA SUA QUOTA: SERVONO ALMENO 25 MILA EURO. CI PROVA CON IL CROWDFUNDING E di Caterina Minnucci a chi sarebbe mai potuto interessare il racconto del viaggio di una ciurma con il mal di mare? Chi ci avrebbe ascoltato? Chi sarebbe venuto a vederci ormeggiare finalmente in un qualche porto sconosciuto? E invece vennero. Erano lì, tanti, diversi, liberi, ad aspettare noi. Incuriositi, pronti a sentire la nostra voce, neutri...”. È il diario di Teresa, detenuta-attrice al suo debutto. Il sipario si apre e il palcoscenico è quello di un teatro particolare: il carcere di Rebibbia, il penitenziario femminile più grande d’Italia, 400 detenute fra cui 21 in regime di massima sicurezza. Sezione in cui, dall’anno scorso si sperimentano laboratori teatrali. Un percorso prezioso per il recupero psicologico, culturale, sociale che rischia di interrompersi per mancanza di fondi. Il bando indetto dalla Regione Lazio copre solo il 50% dei costi, 25 mila euro. Per riceverli l’Associazione Per Ananke, che cura il progetto, deve trovarne altri 25 mila e ha dato vita all'iniziativa Le Donne del Muro Alto, lanciando un crowdfunding: ci sono tre mesi di tempo. Donne, madri che si sono macchiate di reati gravi, prevalentemente di mafia, cercano gior- no dopo giorno un percorso di recupero. E il teatro costituisce un passo importante. Un modo per rileggere il passato e cercare di costruire il futuro sopportando il presente nella negazione della libertà: “Dove c'è la sofferenza l'umanità è amplificata. L’arte assume un valore educativo profondo” spiega Fiorella Mannoia, che dedica parte del suo tempo proprio a favore del recupero dei detenuti cantando nelle varie carceri italiane. Cosa di cui è fortemente convinta la direttrice di Rebibbia, Ida del Grosso, che ricorda: “L’articolo 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, ndr) dà la misura del nostro compito che non può prescindere da queste attività rieducative”. teatro in carcere diventa una terapia” spiega la curatrice del progetto Francesca Tricarico, aiuto regista del film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, vincitore di cinque David di Donatello e dell’Orso d’oro al Festival di Berlino, e girato proprio a Rebibbia. Indimenticabile la scena finale del film quando il capocomico Cosimo Rega dice: “Da quando ho conosciuto l’arte questa cella è diventata una prigione”. “Quello che il teatro riesce a fare in più, rispetto all'insegnamento di un mestiere, è agire sulla visione sociale di queste persone svolgendo una funzione di analisi personale e sociale che può essere anche terapeutica. INOLTRE insegna la condivisio- ne e aiuta a spezzare il ripetersi nella cella di quei rapporti gerarchici, di forza, difesi con la violenza dell'ambiente da cui provengono. Il lavoro più duro all'inizio – continua Francesca Tricarico – è scardinare queste relazioni e stabilire che nelle ore di teatro sono tutte uguali e devono cooperare per svolgere un lavoro collettivo”. E scoprire che dietro a donne che si sono macchiate di reati ci sono delle persone che sono state “educate” a vivere in un altro modo che credono sia il solo possibile. Ecco che il Teatro, come il canto, offre un livello culturale capace di arrivare al cuore: “Ora IL PRECEDENTE La regista, Francesca Tricarico, ha assistito i fratelli Taviani nel film “Cesare deve morire”, Orso d’Oro a Berlino e candidato all’Oscar “MI SENTII comoda, non più lontana, padrona delle mie parole e della mia storia, e così vicina alle mie compagne di maremoto. E così ascoltata...”, come dimostrano le parole scritte e recitate da Maria Grazia, napoletana, che superano l’isolamento e vanno oltre le sbarre tratte da Didone, la regina che fonda Cartagine e si innamora di Enea, portato in scena l’anno scorso. È il primo spettacolo realizzato all’interno di una sezione di massima sicurezza aperto al pubblico. Maria Grazia, condannata per reati di camorra, ha scelto di recitare in napoletano, la lingua della sua terra quasi a voler arrivare al cuore dei suoi affetti più cari, primo fra tutti il figlio. “Il TORINO però il sipario si è chiuso e attendo speranzosa che prima o poi riusciremo a riaprirlo”. A lei, la detenuta Maria Grazia, ogni volta che la vedeva arrivare, prima di iniziare le prove, diceva: “Vai a portare il nostro spettacolo nelle scuole, per raccontare che nella vita si può fare altro”. Alludendo senza dirlo alla scuola frequentata da suo figlio spinta dal desiderio profondo di poterlo strappare a un destino forse segnato. ATTRICI Le detenute di Rebibbia. A fianco, i fratelli Taviani, che da un progetto analogo trassero “Cesare non deve morire” Francesca Leonardi/LaPresse Artissima, vendesi performance a 5 mila euro di Claudia Colasanti Torino i tutto e di più. L’esito, per l’intera città di D Torino – destinato ad autoesaurirsi entro lunedì – è, oltre che deflagrante, concreto. Come accade a Venezia durante la Biennale d’Arte, alberghi pieni con camere a prezzi record, niente posto al ristorante: un’ottima ricaduta sulla città. Artissima compie 21 anni e pare ringiovanirsi, amplificare, almeno temporaneamente, il mercato dell’arte, favorendo la nascita di altri satelliti, mostre, fiere in competizione, diverse o anche più abbordabili. Un circuito frenetico: da Paratissima, che quest’anno inaugura a Torino Esposizioni, sotto le splendide curve di Nervi, Photissima Art Fair (all’Ex Manifattura Tabacchi), Flashback al Palalpitur con l’arte del passato e The Others nella cornice inquietante del’ex Carcere Le Nuove. vono con i musei sin dagli Anni 60, ma il modo di Lo spazio di Artissima, presso l’Oval, rimane il più acquistare la performance sta cambiando. Se firigoroso e ordinato, con 195 gallerie provenienti nora si comprava la documentazione (video e foda 34 paesi. Con la contraddizione, fortemente tografie), ora si sperimentano diverse modalità di voluta dalla Direttrice Sarah Cosulich, di vederla vendita. È un’arte sempre più apprezzata dal animata da performance improvvise, nei corri- mercato ed è un salto nel buio applicare le didoi, all’ingresso e all’interno denamiche dell’espressione comgli stand. È la principale novità Gli stand di Artissima a Torino merciale alla performance, predel 2014, la sezione intitolata sentarla per la prima volta come Per4m, dedicata esclusivamente sezione, mentre sino ad oggi alla performance e dotata di un aveva agito solo come effetto premio di 10 mila euro (financollaterale. Il programma è ricziato da K-Way) per l’opera più co: 16 performance nei quattro significativa. La fiera diventa giorni di fiera, selezionate da tre quasi didattica: ci insegna che importanti curatori, vengono oggi le performance si comprapresentate a orari precisi. Hanno. Azioni e rappresentazioni no cominciato Giovanni Mormesse in scena da artisti convibin, distribuendo biglietti pro- fumati all’ingresso e Marcello Maloberti con i suoi tableaux vivant coloratissimi e proseguiranno, fra gli altri, Cally Spooner, sorprendendo il pubblico in zone inaspettate come il piano bar e Tom Johnson in un monologo quasi teatrale. I prezzi vanno dai 5 mila ai 50 mila euro: “Ospitare la performance costituisce una grande sfida”, spiega la Direttrice, “è una forma d’arte senza regole, che assume sembianze differenti e ha un rapporto con il pubblico che cambia in modo drastico”. Il fine principale resta comunque competere a livello internazionale, attenzione ai giovani, sperimentazione e ricerca. Oltre ad Artissima e alle altre fiere, Torino vivrà di contemporaneo fino a domenica, con 5 mostre nei grandi poli (Rivoli, Gam, Palazzo Cavour, Fondazione Merz e Fondazione Sandretto), il festival dell’elettronica Club to Club. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano Il regista SABATO 8 NOVEMBRE 2014 15 Laurent Cantet Il mio posto non c’è Ritorno all’Avana di Malcom S Pagani piantati bugiardi che piegati dai debiti e dalle menzogne sterminano la famiglia in una notte d’inverno, attempate signore in trasferta ad Haiti alla ricerca di corpi marmorei, conflitti generazionali all’interno di una fabbrica e amici del tempo che fu affacciati su una terrazza cubana a stilare consuntivi in cui la politica cede il passo al sentimento. Nel cinema di Laurent Cantet, 53 anni, sorriso largo, capelli bianchi, nera camicia fuori dai pantaloni e pacchetto di Gauloises saccheggiato senza ritegno, nuotano uomini e donne alla disperata ricerca di senso. “Anche in Ritorno a L’Avana, il mio ultimo lavoro, dispongo i miei personaggi intorno a un quesito che ritengo fondamentale: qual è il nostro posto nel mondo?”. Quello di Cantet, Palma d’Oro a Cannes per La classe nel 2008, è sulla sponda di chi con l’affilata arte del dubbio racconta storie che rimangono dentro anche a distanza di anni. È un’inquietudine narrativa che il regista francese riconosce come intima esigenza perché non tutti i conti tornano e certe addizioni restituiscono sempre una sottrazione: “Sono convinto che più ci allontaniamo dall’adolescenza, più restringiamo il campo delle possibilità che un tempo ci parevano infinite. Quando si confrontano con la realtà, gli ideali sbiadiscono, perdono di forza e finiscono per autodistruggersi, ma quello che rimane in piedi e che non crolla è la nostalgia per ciò che non siamo riusciti a essere e non saremo più. La più interessante delle trame da dipanare, il tema di tutta la mia filmografia”. Anche questa volta, con l’isola di Fidel sullo sfondo, Cantet ha dato vita alla sua piccola rivoluzione. Ritorno a L’Avana (miglior film delle giornate degli autori veneziane, distribuito in Italia da Lucky Red) è stato girato in poco tempo e con mezzi limitati: “Ma proprio per questo, con soli 17 giorni di ripresa, l’urgenza di ciò che volevo descrivere mi pare sia rimasta sullo schermo”. DA ADOLESCENTE, il Cantet che studiava fotografia: “Proprio in quell’epoca vidi La Terrazza di Scola, un film che non ho più rivisto e ho scientemente scelto di non rivedere prima di girare Ritorno a L’Avana proprio perché non volevo che le disillusioni di un microcosmo di sinistra, stagno tematico comune alle due opere, finissero per somigliarsi” a suo dire era un ragazzo triste: “Ricordo solitudine, entusiasmi relativi, assenza di vivacità”. Oggi che la vita è cambiata: “La Palma d’Oro mi ha permesso di inventare in assoluta libertà senza che il produttore di turno, con fare poliziesco, mi chiedesse trama, cast e possibilità di riuscita al botteghino” Cantet tenta di animare le sue passioni con il talento. “Abbiamo tutti compiuto sciocchezze di cui pentirci, anche io. E anche io, come tutti, ho l’insopprimibile pulsione ad andare altrove rendendomi poi conto che evadere è difficile e siamo spesso destinati a rimanere nello stesso posto. I film sono il grimaldello, la lama per tagliare le sbarre e provare a viaggiare con la fantasia”. Lo fecero anche i cubani: “Al tempo in cui abbandonati dall’Unione Sovietica, poverissimi, sognarono di lasciare l’isola” per poi ritrovarsi, una volta fatto rientro a Itaca “a cercare il proprio posto in un gruppo precocemente abbandonato”. Verrebbe da pensare che a ogni partenza corrisponda una ferita non curabile, ma è “nella rete delle relazioni contraddizioni e non di rado mentiano anche a noi stessi. Ma non per questo siamo insinceri. Siamo semplicemente chiamati a un percorso complicato e per affrontarlo, ognuno di noi si tutela come può”. L’ASSICURAZIONE di Cantet, dice mentre un solo caffè non gli basta più e sbracciandosi si abbandona senza rimorsi al raddoppio del vizio, è nella libertà di sguardo: “Una libertà che non si appoggia mai al moralismo, che detesta giudicare e che non prende parte perché a mia volta non amo i film in cui il regista mi indica buoni, cattivi e etiche da non violare”. Si concede, riflette, il solo lusso: “Di portare in scena personaggi verso cui provare comunque una qualche forma di empatica comprensione. Non riuscirei a raccontare qualcuno che non amo”. Consequenzialmente, senza timori di apparire superato, Cantet non corre a vedere “i film d’azione” e non ama la serialità televisive: “Anche se alcune storie sono molto interessanti e a una serie di notevole esito, Les Revenants, sono molto legato perché è stata realizzata da un caro amico che fu anche mio montatore”. “Troppo pigro” per gli appuntamenti fissi, Cantet, figlio di professori, padre a sua volta di due ragazzi, corre verso la sua prossima visione: “Il racconto di un ventenne di oggi senza punti di riferimento, attraversato dalla soffocante impressione di essere nato in un mondo che non gli offrirà possibilità alcuna”. PALMA D’ORO 2008 VOLERE SCAPPARE Evadere è difficile e siamo spesso destinati a rimanere nello stesso luogo. I film sono la lama per tagliare le sbarre e provare a viaggiare con la fantasia Laurent Cantet è nato a Melle (Fra) nel 1961 LaPresse umane” giura Cantet, che si annida la salvezza della contemporaneità smarrita: “In un periodo in cui non esistono più leader politici, ideologie e chiese di riferimento, l’unica possibilità di non recidere i fili con il prossimo e con l’umanità è nel dialogo reciproco, nello scambio e paradossalmente anche nel litigio. Siamo esseri complessi, viviamo di Bologna, stand a “Scriba” A BOLOGNA “Scriba”, le mille e una scritture di Chiara Daina è un pregiudizio che traC’ scina la scrittura in un’area riservata a pochissimi eletti. Sfatiamolo: l’essere scrittore non è appannaggio esclusivo di chi scrive libri, sceneggiature, articoli di giornale. È un’azione quotidiana, di tutti. Pensate, per esempio, alle ricette di cucina, alle diagnosi dei medici, alle memorie degli avvocati, agli annunci immobiliari, bugiardini, quotazioni in borsa, previsioni del tempo, assicurazioni, verbali di polizia, libretti d’istruzioni eccetera. Per non parlare di blog, tweet e Facebook. Viviamo immersi nella scrittura, un po’ meno nella lettura. Ed è proprio delle “penne” da tutti i giorni che si basa il concept di Scriba, il festival dedicato alla varietà dello scrivere a Bologna fino a domenica. Lo organizza per il terzo anno di fila Bottega finzioni, la scuola di scrittura fondata da Carlo Lucarelli con un focus particolare sulle forme di composizione snobbate dagli eventi culturali: “L’Italia è forse il Paese che produce più sovra-lingue, ogni settore di interesse ha un suo vocabolario specifico, tramandato da professionista in professionista, spesso ostico ai profani, slegato da sintassi e linguaggio comune”. A dirlo è lo scrittore Marcello Fois, uno degli ideatori, che farà luce sull’universo degli annunci immobiliari: “L’agente immobiliare è uno CALCIO A CONFRONTO Poca corsa e poco pallone: perché le italiane sono scarse di Luca Pisapia e altre squadre corrono di più. Un L mantra che in Italia si sente ripetere oramai da diversi anni, e il presente non nello spiegare la crisi della squadra di Mazzarri si è lasciato sfuggire: “Forse abbiamo sbagliato qualcosa in fase di preparazione”. Il fatto che all’estero si corre di più e soprattutto meglio è dato dalle diverse metodologie di allenamento utilizzate, fin dai settori giovanili. fa eccezione. I dati statistici di Opta riportati dal Corriere dello Sport sono impressionanti: nel doppio confronto tra Roma e Bayern Monaco i tedeschi han- NON È CHE QUI siamo choosy o sfaticati, no corso 227 km, gli italiani 210. Una come vorrebbero alcuni ministri, in Itadifferenza di 8 km a partita visibile a oc- lia addirittura ci si allena mediamente chio nudo. Più in generale, se la media più tempo che all’estero. È che ci si allena della Champions è di oltre 112 km a par- peggio. Da noi tutto è concentrato sulla tita, la Roma ne corre solo 106, salvo poi forza, in palestra, in solitudine. Il pallone essere in Serie A una delè un miraggio. le squadre che fa della All’estero – dai poli corsa la sua arma vincenpresuntamente oppoTUTTI FERMI te. Un’evidente contradsti di Mourinho e dizione di termini che in realtà in Nel doppio confronto tra Guardiola, simboleggia il preoccuquesto molto simili – pante solco che si sta alsi lavora sulla forza Roma e Bayern Monaco largando sempre di più con il pallone in gioco. i tedeschi hanno corso 227 E con il pallone tra i tra il nostro campionato e quello delle altre magpiedi si allenano velokm, gli italiani 210. Una cità e rapidità: altro giori leghe europee. Non è solo una questione deldifferenza di 8 km a partita che sollevare pesi. L’Italia è un paese ferla Roma ovviamente, il visibile a occhio nudo mo, anche nel calcio. ds interista Piero Ausilio De Rossi contrasta Alaba LaPresse Qui si sperimentano pseudo laboratori scientifici e si utilizzano astrusi e costosissimi macchinari ginnici per potenziare la forza: sempre da soli, sempre in palestra. Prandelli questi macchinari se li portò anche in Brasile, e l’Italia si piantò. Altrove si fanno invece partitelle tre contro tre, cinque contro cinque: sempre con la palla, sempre in movimento. Poi, come spiega Stefano Fiorni, presidente dell’Aipac (Associazione Italiana Preparatori Atletici Calcio) c’è un altro punto dirimente: “Se all’estero si corre col pallone, in Italia è esasperato l’aspetto tattico. Troppi particolari, sulla posizione dei piedi o del corpo da tenere in ogni situazione, che risultano dannosi. Troppe informazioni che appesantiscono la testa e inibiscono la leggerezza necessaria alla corsa”. Il risultato sono le brutte figure e i ripetuti fallimenti dei club a livello europeo, e le precoci eliminazioni della Nazionale agli ultimi Mondiali. che racconta le case, e usa termini scomparsi, come bivano, trivano, quadrivano, perché è più prestigioso di ‘due stanze’, o incomprensibili, come finestrato, nel senso che esistono appartamenti senza finestre? Rifiniture di pregio? Parzialmente ristrutturato? Che forse non avevano i soldi per completare l’opera?”. Fois poi fa l’esempio del blog di cucina. “Scaldi il vet- SAPERSI CAPIRE Un festival per imparare a misurarsi con i diversi linguaggi quotidiani: dalla letteratura all’annuncio immobiliare tore e lavori il prodotto fino alla glutinazione, ecco il gergo da fornelli che mai ci sogniamo di usare in altri contesti”. E l’“assicutarese”? “Una lunga litania di eccezioni più che di regole, come in latino, e c’è il rogito, un nome di per sé gastroenterico”. Il “poliziese” invece si ostina a usare “ci portammo in via Saragozza” per dire “andammo”. Il meteo è tutto una sorpresa. “Non mi appunto nulla, improvviso, guardo la cartina e comunico l’incertezza del tempo – spiega Paolo Sottocorona, metereologo – Parto dalle zone dove il cielo è più brutto e ipotizzo quello che potrebbe succedere, con il condizionale, la meteorologia non è una scienza esatta”. Diverso se lavori per l’Aeronautica. “Sei in divisa, segui uno schema da nord a sud, usi frasi solo assertive. Anche qui non esiste un elenco scritto di espressioni, le impari con la pratica”. La satira, altro pianeta che sopravvive soprattutto grazie all’oralità. Ma dietro ha sempre uno staff di scribi. “Una volta c’erano i pamphlet, oggi ci sono i video del Terzo segreto di satira, i vignettisti e c’è Crozza in tv. Lo scopo è lo stesso: denunciare quello che non va in politica”. commenta Lia Celi, ospite di Scriba. Anche le canzoni sono una forma parte. Ne discute Lorenzo Kruger, il leader dei Nobraino: “È l’attimo da mettere nero su bianco. Ogni persona potrebbe scrivere il singolo della vita. La canzone è un’opera pop. Ti costringe a non archiviare un pensiero come qualcosa di futile, ma di prenderne nota”. Ci sono regole? “Dire con meno parole possibili, per lasciare spazio all’immaginazione degli altri. E poi sganciare la parola dal suono, anche se è lunga e dura, l’importante che abbia un senso”. SECONDO TEMPO SABATO 8 NOVEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano IL CONFORMISTA 16 IL RACCONTO Gee’s Bender, Usa fermi al XIX secolo IL NUOVO J.R. MOEHRINGER, BIOGRAFO DI AGASSI, UN’INCREDIBILE STORIA DI SEGREGAZIONE di Caterina Soffici J. R. Moehringer, americano, 50 anni, tecnicamente è un giornalista. In verità è molto di più. È un vero fuoriclasse ed è anche un grande scrittore. Bastano due frasi e ti porta dentro il mondo che sta raccontando. Succede così fin dalla prima riga di Oltre il fiume, pubblicato negli Usa qualche anno fa e ora tradotto in Italia per Piemme. Nato come un reportage è poi diventato un volume, con il quale Moehringer ha vinto il Premio Pulitzer. Un racconto veloce, ma basta e avanza per piombare dentro una realtà inimmaginabile di segregazione razziale nell’America dei nostri giorni. È la storia di Gee’s Bend, un ghetto nero dell’Alabama, che il fiume divide dai bianchi da 180 anni. Un © OLTRE IL FIUME luogo dove “persino i morti sono meno separati dai vivi che i neri dai bianchi delle due cittadine, una nera e una bianca, accampate sulle due opposte sponde”. Qui, a Gee’s Bender i “benders” vivono segregati come una colonia di lebbrosi. J.R. Moehringer, premio Pulitzer e autore di “Open” LaPresse IL TEMPO è fermo all’epoca di Lincoln, prima che gli schiavi fossero liberati. Per un periodo c’è stato un traghetto, che collegava le due sponde del fiume, che permetteva ai neri di Gee’s Bender di andare sulla sponda bianca e ricca, a Camden, dove c’erano i negozi e il dottore. Ma poi i bianchi l’hanno soppresso. Peché a Camden negli Anni 40 il giornale locale pubblicava ancora gli annunci per i cacciatori di schiavi fuggiaschi ed era il tipo di cittadina del Sud dove un funzionario diceva: “Un negro è un negro, E se cerchi di aiutarlo non avrai altro che un negro cattivo, che qualcuno alla fine dovrà accoppare”. Quindi meglio rimanere oltre il fiume. Come fa Mary Lee, la protagonista della storia e che a sessant’anni suonati è ancora sulla riva del fiume ad aspettare il traghetto. Insomma, questo è Moehringer. Il suo nome forse non dirà molto ai lettori italiani. Ma è lui ad aver scritto la biografia firmata da Andre Agassi, Open (in Italia pubblicata da Einaudi, un bestseller) allora capite subito di chi stiamo parlando. Ed è anche GIALLO SCANDINAVO La pulizia etnica dei nazisti danesi di Elisabetta J.R. Moehriger Piemme pagg. 92 ¤ 10,00 l’autore de Il bar delle grandi speranze, altro capolavoro, per mesi in testa a tutte le classifiche negli Stati Uniti, nominato miglior libro dell’anno da New York Times e da tanti altri giornali americani. Quello fu il suo primo libro e fu proprio dopo averlo letto che Agassi decise di ingaggiare J.R. per lavorare alla stesura della sua autobiografia. Moehringer racconta che era su un taxi a San Francisco quando Agassi gli telefonò: “Ciao J.R. Sono Andre e gioco a tennis per vivere”. Stava per giocare la sua ultima partita IL MEMOIR Parigi, guida sentimentale © PAZIENTE 64 © ANIME BALTICHE Jan Brokken Iperborea pagg. 500 © ¤ 19,50 LO SPAZIO geografico del viaggio, durato circa dieci anni, è quello del mar Baltico e dei paesi che alle sue acque si bagnano, Lettonia, Lituania, Estonia. Quella luce morbida diventa abbagliante, quel vento calmo, nelle pagine dello scrittore olandese Jan Brokken, si trasforma in soffio vitale e in teatro di molte esistenze disperse, scomparse, fuggite via e che, qui, in Anime baltiche, tornano a parlare, a rianimarsi, a ritrovarsi. Si tratta di vite o di anime perlopiù celebri, ad esempio il pittore Mark Rothko, la filosofa Hannah Arendt, la scrittore Romain Gary, la baronessa (nonché psicanalista) Alexandra Wolff-Stomersee, andata in sposa a Tomasi di Lampedusa, il compositore Arvo Pärt, il regista Sergej Eizenštein e altri ancora. E sfilano, insieme a quegli uomini e a quelle donne, alcuni dei luoghi che furono il cuore del “mondo di ieri”: Tartu, Tallin, Vilnius – ad aprire squarci di memoria, a dispetto del tempo e delle tempeste. Enzo Di Mauro BELLE ÉPOQUE La regina dei salotti Lady Ottoline Morrell Castelvecchi pagg. 278 © ¤ 22,00 LA SEZIONE Q della polizia di Copenaghen è una delle creature meglio riuscite del giallo scandinavo. Sono in tre, lavorano in un seminterrato e si occupano di cold case, casi irrisolti del passato. Il capo è Carl Mørck, poliziotto tormentato dai sensi di colpa: è uscito illeso da una strage misteriosa in cui un collega è stato ucciso, un altro è rimasto paralizzato. Con lui ci sono due figure stravaganti: Assad, enigmatico arabo che ha contatti in tutto il mondo, e Rose, dalla personalità multipla. “Paziente 64” è la loro quarta inchiesta tradotta in Italia da Marsilio ed è una storia feroce e dolorosa. Linee Pure è un partito neofascista che sta per entrare nel Parlamento danese e sin dagli anni sessanta combatte la Lotta Segreta: sterilizzare o far abortire donne “che non sono in condizioni di generare una prole degna del nostro Paese”. È il nazismo di ritorno che ieri se la prendeva con le danesi povere o disagiate e oggi con le immigrate. Nete Hermansen è la Paziente 64, sopravvissuta da ragazza al tremendo istituto sull’isola di Sprogø. Un grande giallo, da divorare in un weekend. Fabrizio d’Esposito Le molte anime del Mar Baltico agli Us Open e voleva scrivere quel libro per liberarsi dai fantasmi di una vita passata a tirare botte a una pallina da tennis. “Andre Agassi?”. “Sì, hai già sentito parlare di me?”. Agassi si era innamorato del bar di Steve, il bar dell’angolo, dove poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati si rifugiano per raccontare le proprie storie e scordare i propri guai. Una scuola di vita per J.R. E una scuola di racconto. Che nel caso di Moehringer sono abbastanza la stessa cosa. © I RICORDI DI UNA SIGNORA MERAVIGLIOSA Jussi Adler-Olsen Marsilio pagg. 522 © ¤ 18,50 INCONTRI Sono un love toy, ti porto fuori dalla crisi MONDANA, aristocratica, pacifista, animatrice del più famoso salotto letterario londinese di inizio 900, il circolo Bloomsbury: “I ricordi di una signora meravigliosa” di Lady Ottoline Morrell. sono preziosi e curiosi, non solo per il valore storico-documentale: regalano, infatti, uno spaccato ficcante della cultura nel secolo breve, con i suoi “pittori, politici e altre persone interessanti” (Bertrand Russell, Virginia Woolf, T. S. Eliot...). Un libro da saccheggiare con malizia, spulciando tra aneddoti e gossip beneducato, come quando Henry James si rifiutò di presentare all’autrice Joseph Conrad: “Ma, mia cara signora… ha dedicato la sua vita al mare, non ha mai incontrato donne civilizzate!”. C. Tagl. © SOLO A PARIGI E NON ALTROVE Luigi La Rosa Ad Est dell’Equatore pagg. 234 © ¤ 14,00 BISOGNA leggerlo con lo stupore del flaneur. Tale si mostra l’autore, Luigi La Rosa, in questo suo libro “Solo a Parigi e non altrove”. Testimone appassionato, all’occorrenza storico e bibliografo, ma soprattutto archeologo di tutti i segreti e i tormenti della città dedita al genio e al piacere. Così non è solo una guida sentimentale su Parigi, è una confessione tout court: di vicoli, di amori, di sospiri. Sullo sfondo i tetti di ardesia e i ritratti avvelenati degli scrittori eterni che ne hanno abitato le notti. Ogni arrondissement ne racconta uno di amore, ogni fermata di metro, da place Saint Michel a rue Poulbot, ogni civico riferisce dell’uomo e del genio, del poeta, del folle: Manet, Zola, Baudelaire, Nadar . È un memoir? Forse in parte. Un saggio? Anche. Una guida sentimentale. Un’ammissione di fragilità e potenza insieme, tanto è l’amore. Come quello dell’autore, che tra i tormenti degli altri, la lussuria e la gloria degli altri, trova la ragione e la cura per raccontare di sé, in uno struggente coming out. Veronica Tomassini Ambrosi SONO il vibratore a forma di rossetto che la protagonista del libro di Valeria Benatti, Love Toys (Giunti), porta sempre con sé in ogni spostamento. Mi troverete come regalo all’interno dell’elegante cofanetto rosso con il quale è venduto il romanzo, che si apre all’insegna dello slogan: “Riuscirà la nostra eroina a trasformare un paese bigotto nella mecca dell’amore vibrante?”. La storia è questa: Daphne è sposata con due figli, ma il suo matrimonio si è trasformato in un’abulica routine. Un giorno la fabbrica per cui lavora entra in crisi, e lei finisce in cassa integrazione. Ma non si dà per vinta: col nome d’arte Daphne Vibrante, inizia a vendere sex toys, prima alle sue amiche, poi alle amiche dalle amiche finché, travolta dal successo dei suoi giocattoli amorosi, riuscirà – oltreché a ringalluzzire il suo matrimonio con candele e cremine risveglia-sensi – anche a rilanciare l’economia del paese. Il tutto in un tripudio di cuori rosa, lacrime di felicità (e frasi come “lei gli si lanciava addosso come una gattina morbida e vogliosa”). Ma il lettore resta un po’ confuso: trattasi di una bella favola o dobbiamo davvero credere che la forza dell’amore possa tutto? E in questo caso siamo sicuri che la crisi possa cancellarsi a colpi di morsetto, dildi ondosi e banane vibranti? Meglio chiarire: così chi mi acquista potrà usarmi non tanto per ritrovare il lavoro, o trasformare magicamente il marito nel Siffredi di turno, ma più concretamente per trovare micro-consolazioni dall’austerity ammazza libido. Altro che immaginazione al potere: dopo la fine della politica (e dei diritti), non ci resta che il massaggiatore-da-clitoride. LE STORIE Filosofi popolari senza gloria © EROI SENZA LAPIDE. LE VITE DEI FILOSOFI POPOLARI Carlo Lapucci Clichy pagg. 254 © ¤ 15,00 C’È CHI li chiama “scemi del villaggio”; Carlo Lapucci preferisce invece definirli “Eroi senza lapide”: gli strani, i matti, i buontemponi che bivaccano nei paesi, “amati e derisi dalla gente, ma tutto sommato parte della comunità a pieno titolo”. Paragonandoli ad alcuni bizzarri pensatori del mondo antico, come quel Diogene definito “cinico” perché si comportava come un cane o un “Socrate pazzo”, l’autore stende un divertente e affettuoso catalogo di questi “filosofi popolari” di ieri e di oggi, raccontandone la vita, il pensiero, le stranezze, ma pure la fama, l’acutezza d’inge- gno e la caratura umana. Si va da Monsieur de la Palisse, “il signore dell’ovvio e della tautologia”, a Fanfulla da Lodi, gabbato da una prostituta; dal poeta “a modo suo” Ferdinando Incarriga a Ugo Foscolo, un tizio che girava per Firenze negli Anni 60 credendosi il celebre scrittore; dal Goro affetto da “mattia umbra” a Giovanni Paneroni “scienziato intuitivo”, che gironzolava per Milano gridando: “Astronomi bestie, la Terra non gira!”. Il mondo di Lapucci funziona al contrario perché inquadrato sottosopra, dalla strada, dai margini, dai postriboli, oppure dagli occhi stralunati di nobili come il Conte di San Vitale o il Generale Mannaggia la Rocca. Qui sfilano gli sradicati, gli idioti, i barboni, i geni incompresi, gli idealisti: tutti intellettuali, forse, honoris causa e, certamente, loro malgrado. Camilla Tagliabue SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 8 NOVEMBRE 2014 17 IL GUARDASIGILLI Andrea Orlando ospite l’altra sera di Lilli Gruber Ansa PALINSESTI IL PEGGIO DELLA DIRETTA Dalla A a LaEffe, prove di tv “educativa” di Patrizia Simonetti ualsiasi cosa pensiamo, c’è un Q motivo per cui lo facciamo. E se lo facciamo in un certo modo e quindi siamo come siamo, lo dobbiamo a qualcuno. Matteo Caccia, storyteller di professione, tra i suoi maestri di pensiero annovera un ragazzino con la testa rotonda: Charlie Brown, “il più filosofo dei Peanuts” dice, per cui “la vita è come una granatina e bisogna saperla sorbire”. Imparare a pensare, stasera alle 20 su LaEffe, è il tema dell'ultimo speciale dal Cortona Mix Festival del suo alfabeto pop Dalla A a LaEffe, ospiti quattro autori Feltrinelli doc: Salvatore Veca, il collega Kant come maestro e la convinzione che la limpidezza di pensiero sia “la cosa più semplice del mondo ma la più difficile da raggiungere”; Raffaele Cantone, che quella limpidezza la chiama “libertà intellettuale” e l’ha trovata più da magistrato che da avvocato; Paolo Jannacci, musicista figlio di Enzo, che quando sta al piano pensa solo a “tradurre in suono un’immagine, una sensazione, una storia” e “parlare a tutto il mondo senza studiare le lingue”; e Alessandro Mari, scrittore perché “sono stati i libri a dirimere un po’ il casino che avevo in testa”. Il tutto passando per Aretha Franklin e I Simpson fino a Malala Yousafzai che “i libri e le penne sono le armi più potenti” dice all'ONU. “Cogito ergo sum” dunque. O piuttosto “lavoro ergo sum” dice Teresa Mannino nel prossimo appuntamento, mercoledì alle 21.10, con Marco Paolini Racconta, ricordando di come a Milano tutti le chiedessero “che lavoro fai?” mentre a Palermo avrebbero potuto domandarle solo “quale ti piacerebbe fare?” e quando rispondeva “nessuno” era come se scomparisse dal mondo. AL LAVORO che “se nobilita l'uomo, a Palermo siamo tutti plebei” ironizza, è dedicato l’ultimo speciale con il drammaturgo/monologhista bellunese che dopo la consueta chiacchierata in cui rivela di vedere “un futuro di rabbiosa riappropriazione del lavoro che svende la stagione dei diritti”, presenta i suoi Miserabili, spettacolo di monologhi, canzoni e racconti sui cambiamenti della società e “per tenere insieme il tutto ho trovato Hugo” dice. “Scritto nel 2006 quando stavamo bene, ora risulta un po’ stonato” ammette Paolini, che se lo rifacesse oggi racconterebbe di “un futuro manifatturiero qui in Italia” e di qualcuno che a chi sposta fabbriche e lavoro in Serbia, Moldavia e Cina direbbe “per 10 euro quel pezzo te lo faccio anch’io, accettando di essere poco più di niente, ma sempre meglio di niente”. L’Orlando placato: parole, blazer e noia d’ordinanza di Fulvio Abbate l Guardasigilli Andrea Orlando, lì ospite istituzionale da Lilli GruI ber a Otto e mezzo, su La7, intanto che lo guardi nel suo blazer da “Gazzetta Ufficiale”, dà la misura, sebbene remixata, della cosiddetta antica “forza dei nervi distesi”, la stessa che veniva attribuita al divo dei telefoni bianchi e anche oltre quelli, Massimo Girotti in una vecchia pubblicità. In entrambi i casi, c’è il serio sospetto, appare la palpabile inquietudine che si tratti di una recita a soggetto, la bevanda rilassante così come la legittimazione di un governo, che è poi, stringi stringi, una sorta di monocolore Renzi, un esecutivo di se stesso con il plauso silente di Silvio Berlusconi che ne contempla ogni singolo atto ora dall’astanteria ora dall’alcova e di pochi altri affezionati. Orlando, con quel suo nome che altrove suggerirebbe il clangore delle corazze e degli scudi dei paladini di Francia, lo ascolti mentre la conduttrice Gruber, insolitamente determinata, gli domanda se, per caso, c’è l’intenzione sia pure remota di modificare la legge che rende Berlusconi incandidabile, e lui, Orlando, tutt’altro che furioso, riesce a svicolare come neppure un pitone ricoperto di sciolina, di più, sembra mostrare la stessa compassatezza di quel personaggio del fumetto B.C. di Johnny Hart, proprio Il Serpente che “striscia innocuo portandosi addosso la disgrazia di essere già simbolo del peccato”. CHISSÀ SE il ministro Andrea Or- lando con quel suo carico da 11 ministeriale (ti credo dopo decenni di leggi ad personam cui perfino l’opposizione si è debolmente opposta!) nutre la sensazione personale d’essere appunto portatore di un carico che i suoi stessi colleghi di partito hanno contribuito a creare in tutta la sua immensità? Chissà insomma se mentre sta lì dalla Gruber gli tornano in mente concetti pregressi come Bicamerale o altre bizzarrie ancora di ciò che qualcuno assimilava “al sovversivismo delle classi dirigenti”? Gli ascolti di giovedì CHE DIO CI AIUTI 3 Spettatori 6,10 mln Share 25,4% NAPOLI - YOUNG BOYS Spettatori 2,96 mln Share 10,5% E tuttavia, al di là di questi dettagli sostanziali, la presenza del guardasigilli in una pubblica occasione mediatica suggeriva considerazioni di ben altra natura, riferite magari alla categoria della discrezionalità, della noia sempre più evidente che giunge dal bla-bla istituzionale riferito alla categorie delle riforme, così come della legge elettorale. Chissà se nel cuore del ministro Andrea Orlando, persona evidentemente mite e ragionevole, c’è uno spioncino attraverso il quale far passare le uniche parole adatte all’occasione, ossia la sensazione di una continua e prolungata “Agenzia Stefani” priva di quel tratto luciferino che era invece custodito dalle note ufficiali al tempo degli antichi gerarchi in orbace. Nel caso dei blazer renziani la noia è davvero modello base, priva d’ogni suggestione letteraria, per farla breve: neppure una fiction sul potere al tempo del grigio uniforme sarebbe possibile trarre da una dichiarazione del nostro caro ministro. @fulvioabbate IL SEGRETO Spettatori 3,76 mln Share 14,16% SERVIZIO PUBBLICO Spettatori 1,15 mln Share 4,97% 18 SECONDO TEMPO SABATO 8 NOVEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano BATTIBECCO ECONOMIA LEGALE Imprese confiscate la sfida dello Stato di Luca Tescaroli cordato nei confronti delle imprese mentre si deteriora la in discussione al qualità del credito”. Creare un Parlamento un apposito fondo di garanzia saprogetto di modifirebbe molto utile per sostenere ca d’iniziativa angli investimenti e affrontare i che popolare “per favorire “costi di legalizzazione”: ril’emersione alla legalità e la tuspetto dei contratti collettivi di tela dei lavoratori delle aziende lavoro e della normativa amsequestrate e confiscate alla bientale, fiscale e sulla sicurezcriminalità organizzata”. za del lavoro. L’Agenzia nazionale dei beni confiscati dovrebUn’occasione importante per aggiornare e migliorare la dibe: trasformarsi in una holding sciplina in base all’evoluzione propulsiva capace di coordinadelle mafie. La realtà giudiziare le esigenze delle varie impreria ci ha mostrato che le aziense confiscate, in modo da fare Operazione antimafia Ansa incontrare domanda e offerta, de, con l’intervento della misura patrimoniale, sono destiassicurando una gestione consortile e non parcellizzata delle nate al fallimento o alla cessaSCELTE CORAGGIOSE aziende sottoposte a misura di zione (9 su 10 chiudono), il che prevenzione patrimoniale; vedimostra all’esterno l’incapaLe istituzioni cità dello Stato di gestire le imrificare se queste possano avere prese mafiose. Le istituzioni rapporti commerciali per sodevono sostituirsi devono sostituirsi all’imprenstenersi a vicenda e sopperire al all’imprenditore mafioso fisiologico sviamento della ditore e trovare il percorso per fornire agli stakeholders (o porclientela da parte del mafioso e trovare il percorso tatori di interessi: clienti, fordopo il sequestro; stipulare, nitori, finanziatori – banche e con organi rappresentativi di per garantire il lavoro azionisti –, collaboratori, ma strutture bancarie, protocolli e non far fallire le aziende per individuare banche virtuoanche gruppi d’interesse esterni, come i residenti di aree lise che impediscano il ritiro del mitrofe all’azienda) garanzie credito. È poi necessario lo analoghe, se non rafforzate, rispetto a quelle che sgravio contributivo anche temporaneo per le è in grado di assicurare il mafioso. Il patrimonio imprese sequestrate e confiscate che fanno sequestrato può di per sé costituire la fonte delle emergere il lavoro nero e per chiunque usufruigaranzie, se gli operatori di giustizia adottano sca di lavori, servizi o forniture da esse erogati. iniziative idonee a non depauperare le risorse e Sul versante internazionale, occorre aprire vara valorizzare le prospettive imprenditoriali. chi per agevolare l’esecuzione dei sequestri anNon è certo agevole in terra di mafia. L’ingresso ticipati all’estero, disposti dai nostri tribunali. dello Stato nell’impresa mafiosa dovrebbe pro- La guerra ultracentenaria alle mafie si potrà vindurre effetti positivi, una volta superato l’im- cere solo se si riuscirà a valorizzare le ricchezze patto traumatico iniziale (soprattutto sui rap- confiscate, dimostrando che si può salvaguarporti pendenti: crediti e debiti con i fornitori e dare, se non aumentare l’occupazione generata con gli istituti bancari). Si tratta, quindi, di far dal mafioso, nel rispetto della legalità. ripartire un meccanismo economico depurato *sostituto procuratore presso la Dda di Roma dalle logiche di gestione mafiosa. È QUALCHE esempio recente. Per due società che si occupano del settore nautico in area demaniale, si è proceduto alla stipula di due contratti d’affitto delle relative aziende a favore di altre due imprese del settore prive di rapporti con la criminalità organizzata: queste corrispondono un canone mensile e si sono impegnate a far fronte al pagamento degli oneri concessori al demanio in proprio. In un’altra società sono stati assegnati in comodato d’uso gratuito sette immobili del suo patrimonio al comune di Olbia, tre dei quali ancora in fase di costruzione, per ospitare famiglie in difficoltà: il Comune si è impegnato a completare i tre immobili, ad accatastare le medesime porzioni e a far fronte a tutte le spese afferenti alla gestione delle sette unità. Queste iniziative consentono di soddisfare il diritto dei lavoratori a continuare a lavorare e il diritto d’iniziativa economica e di proprietà privata, di cui sono titolari il proposto e i terzi intestatari fino alla pronuncia della confisca definitiva. Le aziende e i compendi patrimoniali sottoposti a misure di prevenzione, ancorché riconducibili alla criminalità, sono di per sé una risorsa per il tessuto imprenditoriale locale e richiedono il coinvolgimento dei rappresentanti sindacali e istituzionali sul territorio. Per far emergere il lavoro nero, l’amministratore può farsi carico di pagare gli oneri contributivi e previdenziali per i dipendenti che avevano vissuto nell’ombra senza garanzie né tutele. I fornitori e gli acquirenti possono uscire dal giro mafioso e contrattare liberamente i prezzi. Il mafioso ha interesse che l’iniziativa imprenditoriale statale fallisca, perché ciò rafforza il suo potere, dimostrando che solo la presenza mafiosa produce ricchezza e occupazione. Che fare allora per valorizzare le imprese sequestrate e non disperdere l’occupazione? Il procedimento di prevenzione dev'essere celere. Uno studio della Banca d’Italia, nel 2013, ha evidenziato che “con l’aumentare degli anni di permanenza in amministrazione giudiziaria diminuisce l’ac- Fermi e infelici, forse abbiamo avuto troppo di Massimo Fini SECONDO il rapporto “Prosperity index 2014” l’Italia è al 37° posto, perdendo cinque posizioni rispetto all’anno precedente. Ma l'indice più interessante è quello sulla fiducia nel futuro che ci vede 134esimi. Tuttavia io non credo che l'Italia sia in una situazione molto diversa dagli altri Paesi occidentali. Solo che il nostro Paese, straordinario laboratorio dei fenomeni più importanti dell’ultimo millennio (da noi, a Firenze e nel piacentino, si impose la classe dei mercanti che con la sua filosofia del profitto diede origine, assieme ad altri, complessi, fattori, alla Modernità, qui nacque il fascismo, padre dei totalitarismi di destra europei che, soprattutto nella loro declinazione tedesca, furono un tentativo, contraddittorio, di respingere la Modernità – è il cosiddetto ‘modernismo reazionario’) è un termometro più sensibile di altri, e più di altri avverte il sensus finis, l’irreversibile decadenza dell’Impero Occidentale. Che prima ancora che economica è esistenziale. Le grandi ideologie partorite dalla Modernità, il liberalismo, il comunismo, il fascismo hanno fallito. E quando Nietzsche nella seconda metà dell'800 proclama “la morte di Dio”, non fa che constatare, con qualche decennio d'anticipo, che Dio è morto nella coscienza dell'uomo occidentale. Nello stesso tempo l'individualismo illuminista e i processi tecnologici hanno spazzato via ogni senso della comunità e i valori, prepolitici e preideologici, che inn clude: solidarietà, lealtà, onestà. Cosa resta allora all’uomo occidentale? La prigionia in un meccanismo anonimo che un gruppo musicale, i CCCP, ha sintetizzato nel verso “produci-consuma-crepa”, basato sull’invidia per cui raggiunto un obiettivo bisogna subito inseguirne un altro e poi un altro ancora, senza poter così mai raggiungere un momento di equilibrio, di armonia, di pace. Rovesciando venti secoli di pensiero occidentale e, ora, anche orientale (vedi Cina e India), l’industrial-capitalismo (ma il marxismo non è cosa diversa) col postulato “non è bene accontentarsi di ciò che si ha” ha creato la premessa PROGRESSO I CCCP cantavano: “Produci-consumacrepa”: un obiettivo dopo l’altro senza sosta. Ci servirebbe uno stage in Iraq Ansa programmatica dell’infelicità umana, perché “ciò che non si ha” non ha confini. Ma adesso questo meccanismo, basato sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica ma non in natura, è arrivato al suo limite. È fermo, come una macchina davanti a un muro. ED È QUINDI vero ciò che scriveva Marcuse nei primi anni 70: “Al di sotto della sua ovvia dinamicità di superficie, questa società è un sistema di vita completamente statico, che si tiene in moto da solo con la sua produttività oppressiva”. Siamo fermi. Nella creatività artistica, in cui pur noi europei fummo grandissimi, nella filmografia (i film più interessanti ci vengono da culture “altre”) e persino nella musica leggera in cui non facciamo che ripetere o scimmiottare motivi degli anni 60, 70, 80. Questo sensus finis globale si riflette inevitabilmente nelle nostre relazioni personali. Proprio nel momento in cui, liberatici della sessuofobia d’antan, i rapporti fra i sessi dovrebbero essere facilitati, sono diventati invece estremamente difficili. Viviamo in un mondo di solitudini. E l’impressionante fenomeno dei social network ne è una conferma. Il benessere ci ha fatto male. Ci ha tolto vitalità. Ci farebbe bene uno stage in Iraq o in Afghanistan. E allora forse riusciremmo a ricomporre una gerarchia dei valori, a distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, e a non fare una tragedia se si rompe un frigo. n STORIE DEL SECOLO BREVE Heidegger l’antisemita in Francia di Marco Dolcetta lungo dominante, il pensiero A del filosofo tedesco Martin Heidegger, morto nel 1976, non smette di sconcertare i suoi ammiratori ogni volta che si aprono i suoi archivi e si pubblicano i suoi inediti. La mole delle produzioni filosofiche di Heidegger è monumentale, il pubblicato in Germania, e nel resto del mondo comunque non è che una parte di quanto lui abbia scritto negli anni. I COSIDDETTI “Quaderni neri”, sorprendente l’eco prodotto dalle reazioni alla scoperta di questi suoi prodotti di archivio, polemiche fra filosofi storici e letterati di tutto il mondo. È il nuovo “affare Heidegger”. Nella pubblicazione dei 34 Quaderni, il grande pensatore di riferimento di tutta una generazione di filosofi ci ha consegnato le sue riflessioni nei decenni dal 1930 al 1970. Leggendo troviamo una quindicina di passaggi chiave antisemiti: gli ebrei vivrebbero – secondo Heidegger – in base al “principio della razza”. Mossi da “uno spirito di calcolo”, riuniti al seno di una “pericolosa alleanza internazionale”, sarebbero il popolo errante e de “l’assenza di suolo”. Il filosofo riprende dei luoghi comuni di retorica antisemita molto sommari ispirati da una lettera basica dei Protocolli dei Savi di Sion, per il colore della copertina ma anche, a detta di molti per i contenuti, nei quali lui ha consegnato negli anni i suoi pensieri rivelano che l’autore dell’Essere e il tempo oltreché un’adesione al nazismo già riconosciuta aveva integrato delle note antisemite nelle sue riflessioni più profonde. Prima in Germania e IL LATO OSCURO ora anche in Francia dove i I “Quaderni neri” “Quaderni neri” sono stati tradel filosofo tedesco dotti e stanno stanno per essere per essere pubblicati, riparte la pubblicati Oltralpe. campagna per le ostilità riguardo Facile pensare a nuove lui e i suoi pene aspre polemiche sieri. È quasi più Martin Heidegger Ansa uno oscuro documento a suo tempo controverso e prodotto di menti complottistiche nel 1901, tema che ha affascinato Umberto Eco nel suo Cimitero di Praga, un libello secondo cui il complotto giudeo-massonico minaccerebbe la conquista del mondo. Ma Martin Heidegger integra anche il suo antisemitismo a una metafisica e a una filosofia della poetica “l’ebraismo mondiale come il nazionalsocialismo rappresenta agli occhi del filosofo una delle potenze che se si sottomettono alla Machenschaft, cioè la tecnica, “lotta per dominare il mondo”, questo è quanto Peter Trawny, lo studioso che si è occupato dei “Quaderni neri” sostiene. Per il filosofo Alain Badiou, al di là del caso Heidegger “che in effetti ha la piccolezza di un antisemitismo di bassa lega, a lui importa assolutamente di fare ammettere a tutti che qualcuno può essere o essere stato anche anticomunista, stalinista, filosemita, antisemita, monarchico, democratico, militarista, nazionalista, resistente, nazista o mussoliniano, internazionalista, colonialista, egualitario, aristocratico, elitista ed eccetera eccetera, ed essere anche il filosofo della maggiore importanza del mondo”; in una parola, la riassume così il professore emerito dell’Ecole Normale Superieure: “Abbasso i piccoli maestri della purificazione della filosofia: uno nella vita può avere avuto ragione o essersi sbagliato nelle scelte politiche, questo non inficia la sua grandezza di filosofo e la filosofia stessa è indifferente agli orientamenti politici”. Ma non tutti sono di questa opinione. SULLE ORME di Farias, lo studio- so cileno che da Berlino est tanti anni fa sollevò per primo i problemi, fino a Emannuel Faye, che di recente è ritornato sull’argomento, sono in tanti che pensano che il pensiero di Heidegger è intaccato dal male sollevato nell’errare del suo affiliamento politico, senza parlare mai poi di quelli che arrivano ad avventurarsi nel dire che la filosofia del “Saggio di Friburgo” è solo un accurato rivestimento teorico del nazionalsocialismo. “Un’opera può mantenere il nome di filosofia quando considera come principio una forma di razzismo ontologico? Questa è la domanda che pone Emannuel Faye nel suo ultimo libro Heidegger, il suolo, la comunità, la razza. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 8 NOVEMBRE 2014 19 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo La destra non svanita e i Ghibellini fuggiaschi C’è chi ha scritto senza pudore che in Italia sarebbe evaporata la “destra”. In realtà, basta guardarsi un poco intorno per accorgersi che gli interpreti del potere, a tutti i livelli, in tutte le contrade, sotto tutte le bandiere, all’ombra del secondo comma dell’art. 7 della Costituzione (regalo confezionato con tanto di nastro rosso da quel genio politico che fu Palmiro Togliatti), son diventati tutti... Guelfi. Almeno un tempo si poteva cercare di sottrarsi all’imperio degli uni schierandosi con quelli dell’altra parte in campo, si poteva almeno cercare di essere “ghibellin fuggiaschi”, come il Dante evocato dal Foscolo nei “Sepolcri”, perché addirittura c’è stato un tempo in cui... “tu prima, Firenze, udivi il carme/Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco”, e oggi invece povera Firenze, per prima ti è toccato in sorte di cantar le lodi di un bullo capace solo di vincere, perché è solo vincere che conta, non importa per cosa, e oggi non si trova più un “ghibellino” manco a pagarlo in oro. Tutti Guelfi sotto il cielo della serva Italia, bianchi, rossi e neri, tutti accampati sotto l’ala protettrice del “Papato”, e che sul Trono del Vaticano sieda un retroverso o un futurista, non importa, per i politici italiani vale che chiunque ci sia di là dal Tevere (una volta biondo, oggi color della cacca che porta sino al mare)... a tutti ci si inchina. nosce umana pietà e disdegna la coerenza morale, chiedere scusa è diventato il segno assoluto di una debolezza dell’animo e dell’essere uomo. Ma io sono un uomo, un cittadino, un padre, un poliziotto, un sindacalista. Sono una persona che non vive tra la porta dell’inferno e il fiume Acheronte, in quel lembo di anti inferno di dantesca memoria in cui piangono le loro colpe quegli ignavi, vissuti “senza infamia e senza lode”. A differenza di quanti, frenati da un ordinamento del personale ancora forse troppo succube delle originarie impostazioni militari, fanno fatica a dire a gran voce la loro opinione su tutti quegli episodi che vedono alcuni di noi, nostro malgrado protagonisti, io da poliziotto sindacalista mi posso esporre in prima persona. Il sindacato di tori materiali di ordini apparentemente sbagliati; sono... siamo lavoratori. Indossiamo una divisa, ma questo non ci rende immuni, non ci rende invincibili, non ci rende inattaccabili. La nostra divisa, la mia divisa non mi rende meno vulnerabile. Come cittadino capisco lo sgomento del mio vicino di casa professore di lettere, turbato quanto me di fronte alle foto di Stefano Cucchi, preoccupato quanto lui quando si dà l’idea che la democrazia nel nostro Paese sia diventata una vittima eccellente. Ma sono anche un uomo dello Stato e credo fermamente nel mio lavoro, di poliziotto prima e di sindacalista poi. Allo Stato a cui ho giurato fedeltà chiedo giusta tutela e gli strumenti operativi idonei ad affrontare ogni giorno, nelle piazze e per le strade del mio Paese, la La scuola non ascolta gli studenti CARO FURIO COLOMBO, siamo studenti del quinto anno del Liceo di via Ripetta (Roma, Liceo Artistico, ndr) ma parliamo anche a nome degli studenti più giovani. Siamo confusi, disorientati dall’alone di mistero e di apparente disinteresse nei confronti di questa scuola che per anni si è retta sulle spalle dei professori e degli studenti e ora te la fanno apparire come un muro da abbattere per andare oltre. Nessuna possibilità di usare l’unico strumento che possediamo per esprimere la nostra opinione, la parola. Antonia, Rosella, Nicola HO SCELTO da una lunga lettera, una frase molto bella estrapolandola da un testo che fornisce argomenti scritti con passione, ma riporta alle due parole “mistero” e “disinteresse” che è il cuore di una storia molto diversa dalle solite narrazioni scolastiche e a cui si deve prestare attenzione. Decido di incontrare gli scriventi. Mi trovo di fronte a studenti dall'aria ancora più giovane dei loro probabili 17-18 anni, che amano la loro scuola, sono fortemente legati al luogo, a ciò che studiano, hanno fiducia nei loro insegnanti, hanno fabbricato una vera comunità, una città giovanissima di ragazze e ragazzi che stanno bene insieme e lavorano bene insieme. Improvvisamente si sentono messi alla porta. Vengono spinti indietro, esclusi da ogni dialogo, diventano estranei dalle decisioni che li riguardano. Raramente mi ero imbattuto in studenti che lottano per mantenere quello che a loro sembra un privilegio, il rapporto con la loro scuola. Per essere certo che Antonia non sia solo una che scrive bene e che i tre coraggiosi messaggeri (bisogna ammettere che rischiano) non siano solo bravi studenti nostalgici della scuola che stanno per lasciare (ultimo anno, poi hanno già, la vignetta Renzi e Juncker, che tristezza ben chiare, le idee su ciò che faranno), ho visto altri studenti (che da giorni fanno assemblea sul piazzale) e incontrato uno dei docenti. Il professore conferma: studenti e insegnanti avevano davvero creato una comunità di collaborazione stretta, di comunicazione aperta, di scambio continuo di proposte e di idee, senza confusione ma anche con molta libertà. Poi è arrivata una nuova preside. Ho ricostruito così ciò di cui tanti studenti sono disorientati e sorpresi: decide da sola, non vuole obiezioni, non le interessano le consultazioni (né con studenti né con professori). Ha stabilito, di sua esclusiva iniziativa nel Paese, che di sabato non c'è scuola, distribuendo le ore da recuperare in altri giorni già colmi (“certe mattine, in certe classi, ci sono quattro ore di seguito della stessa materia”) e non vuole rispondere (ma neppure il Provveditorato lo ha fatto) alle tante lettere di dissenso e sconforto. I ragazzi ti raccontano che i problemi più gravi sono due (e francamente di rado ascolti questo tipo di proteste nelle scuole): uno, con il pasticcio di orario creato dalla nuova preside e la mancanza del sabato, si perdono decine di ore che prima erano di scuola e di studio. Secondo, per una comunità in cui i ragazzi erano abituati a essere ascoltati e a progettare in comune con gli insegnanti, il nuovo “regime” è umiliante e offensivo. Io credo ai ragazzi, pubblicherò subito eventuali risposte. Ma intanto mi domando se il ministro dell’Istruzione non dovrebbe dare un’occhiata. Per esempio sapere perché nessuno incontra gli studenti, e perché un legame così forte con la propria scuola e il proprio studio debba essere trattato (se così accade) come disturbo. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Vittorio Melandri Lettera di un poliziotto dopo il caso Cucchi Sono giorni, questi, in cui le parole sono macinate senza sosta, passate al setaccio in alcuni casi, in altri rigurgitate e amplificate dai media, a volte trasformate nell’essenza, mistificate nella sostanza, devastate nell’etimologia. Così, nell’annichilita quotidianità che non co- polizia, oggi accusato di conservatorismo e corporativismo non rende la mia divisa più leggera; seppur cucita sulla mia pelle, non mi impedisce di essere obiettivo sul se e quando abbiamo sbagliato; di essere critico se e quando il nostro lavoro è stato travisato da un’abile regia; di essere realista se e quando veniamo additati come ciechi e stolti esecu- criminalità, le emergenze ma anche il disagio sociale per una crisi – di valori ed economica – che piove anche sulla mia famiglia, sui miei figli, sui miei colleghi . Ai cittadini chiedo il rispetto per il mio lavoro, il riconoscimento della dignità della mia professione, chiamata a difendere tutte le libertà costituzionalmente garantite, an- che quella di manifestare liberamente il proprio dissenso. Ai colleghi chiedo il coraggio e la determinazione figlia della consapevolezza che il nostro lavoro è fatto anche, purtroppo, di situazioni paradossali in cui lo stress e la tensione anche emotiva può giocare brutti scherzi. Ammettere – se e quando – di aver sbagliato non è il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio certo sinonimo di vigliacca defezione, noi siamo coraggiosi anche nel dolore. Perché noi comprendiamo il dolore, comprendiamo il preoccupato stupore di chi si trova di fronte a un fratello lavoratore munito di manganello. Alcune di quelle parole sentite in questi ultimi giorni non sono certamente rappresentative di tutti gli uomi- ni e le donne della Polizia di Stato; sui drammi umani e sulle incongruenze della vita il sindacato, il mio sindacato, quello che rappresento ogni giorno ha il coraggio di riconoscerne l’incondivisibile durezza e di noi, nessun potrà dire “...non ragionar di loro ma guarda e passa”. Giuseppe Tiani Segretario generale del Siap Certe immagini dei volti incartapecoriti di Berlusconi e Gianni Letta, reduci dall’incontro con Renzi per spartirsi la legge elettorale e tutto il resto possibile, inducono a profonda tristezza su chi decide i destini nazionali e internazionali. L’Europa ha scelto un presidente, Juncker, accusato di aver trasformato il suo paese in un paradiso fiscale, ma impone linea dura ai cittadini comuni. Se Renzi non fosse stato un piccolo borghese ansioso di emergere, disposto a tutto pur di sedersi al tavolo di comando, avrebbe potuto essere degno del premio Nobel, almeno per le intenzioni proclamate. L’aria purificata dai professionisti del potere sarebbe il terreno di cultura di un meraviglioso rifiorire in tutte le società nazionali, certo non se sostituiti da manipoli di carrieristi senza alcuna idea del bene comune o dal ritorno delle lobby radicate nel tessuto economico come parassiti che si combattono tra loro mentre soffocano la pianta su cui si sono abbarbicati. Giampiero Buccianti I NOSTRI ERRORI Per un errore redazionale nell’articolo di ieri “Le tasse delle multinazionali spariscono in Lussemburgo” è saltata una parte di frase in cui veniva indicato il settimanale l’Espresso come partner italiano del Consorzio internazionale di giornalismo investigativo. Ce ne scusiamo. L’edizione 2009 dello Strega Nell’intervista di ieri a Stefano Petrocchi, la domanda sull’edizione 2009 è stata tagliata male: “Le tre schede arrivate in ritardo non furono decisive per la vittoria di Scarpa. Ma sembra che lei abbia avuto qualche sospetto”. Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: abbonamenti@ilfattoquotidiano.it ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Servizio clienti assistenza@ilfattoquotidiano.it MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.
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