Distretto ceramico accaDmenti «FLORIM non è in vendita!» Rolando Rivi, un esempio per tutti noi Così il Presidente Claudio Lucchese replica ai rumors Martire e testimone: il giovane Beato visto da Don Achille Lumetti pagina 4 pagina 9 133 by Ceramicanda Il giornale di tendenza che non grava sulle casse dello stato DSTRISCIO C’era una volta l’autorità Di Roberto Caroli anno 5 numero 133 • 2 Novembre 2013 • euro 1,00 Comuni a rischio default: mani (e tasche) bucate... segue a pagina 3 Lavoro Contratto: Confindustria Ceramica sfida i sindacati Il 2013 porta con se una novità di rilievo: il no pubblico dell’associazione dei produttori ceramici alla richiesta di aumento salariale fatta dai sindacati. Un no pronunciato da Enzo Mularoni, Presidente della Commissione Sindacale di Confindustria Ceramica DI NUOVO IN ONDA L ’immediato dopo guerra vissuto dal nostro Paese è facilmente raccontabile: miseria, fame e macerie ovunque. La maggior parte degli italiani viveva alla giornata con quel poco che riusciva a raccattare qua e là. Si narra di famiglie riunite davanti alle chiese, a volte anche presso le caserme dei militari ad elemosinare cibo; si racconta di uomini assiepati di primo mattino sotto i balconi dei municipi in attesa di un lavoro. Soltanto il sindaco, con totale discrezionalità, stabiliva chi avrebbe lavorato anche solo per una giornata e chi, invece, doveva fare ritorno alle proprie misere case, speranzoso che il giorno dopo sarebbe andata meglio. I racconti ci portano immagini di gente in fila indiana attraversare il cuore delle città armata di carriole e badili, diretti a svolgere lavori di manutenzione delle strade, a rompere pietre sulle sponde dei fiumi. Ma sulle comunità, avvolte dal freddo e tetro momento economico, filtrava la luce delle autorità del luogo; ai cittadini arrivava forte l’affetto, l’abbraccio di Comuni, Chiese, caserme: veri punti di riferimento in grado di infondere sicurezza. DISTRETTO CERAMICO Canale 813 di Sky Tutti i giorni 13.30 - 21.30 pagina 4 Anche sul web www.tgarchitettura.com Formigine Trc-Telemodena Qualcuno fermi Gigetto, prima che sia tardi Gio 22.05; Sab 13.00 - 18.00 Telereggio Gio 22.40; Dom 13.10 C PRIMI AD INIZIARE PRIMI NEGLI ASCOLTI asse pubbliche a rischio default? Se ne parla, e anche nel distretto ceramico. In passato ci eravamo occupati del maxidebito di Castellarano, questa volta tocca a Sassuolo, zavorrato dai debiti di quella SGP che si è presa, da un paio di mesi a questa parte, il primo piano nel dibattito politico. Che a Sassuolo, attorno ai conti del Comune, si è fatto in- cendiario, con Caselli sovraesposto e le opposizioni a chiederne le dimissioni quando non la sostituzione con un commissario prefettizio. Lo snodo cruciale è il 30 novembre, quando dall’aula del consiglio comunale sassolese passeranno i numeri del Comune e di SGP: intanto, però, il sindaco Luca Caselli racconta la sua verità a pagina 2 e 3 BAR DELLE VERGINI Colazione, pranzo e cena? Da Tiffany! S pese pazze in regione: è questo l’argomento del momento al Bar delle Vergini. Tutti e nove i capigruppo - di Pd, Pdl, Idv, Lega Nord, Fds, M5S, Sel-Verdi, Udc e gruppo Misto - sono indagati per peculato, sono accusati di aver speso il nostro denaro con finalità “discutibili”. Un consigliere regionale che andava alle cene di beneficenza e si faceva rimborsare il costo dalla Regione, un rappresentante del Pd ha messo nella nota spese 2 scontrini da 50 centesimi l’uno per andare a fare pipì nei bagni pubblici, i grillini hanno messo in nota spese un divano letto e un phon, ma ci sono anche consiglieri Pdl che hanno acquistato da Tiffany i regali di Natale per amiche e segretarie: ovviamente tutto a spese nostre! Per non parlare del capogruppo del Pd che ci ha messo in conto cene tra i 150 e i 200 euro a testa. Speriamo almeno che abbiamo mangiato bolognese e non novelle cuisine! Il treno Modena-Sassuolo è di nuovo sotto attacco: costa molto e non funziona pagina 10 Casalgrande Una piazza da un milione di euro La riqualificazione del centro di Salvaterra: progetto ambizioso (e costoso) pagina 12 Scandiano L’antenna della discordia agita Fellegara Centottanta firme contro un ripetitore telefonico in via di installazione pagina 13 Programmi d’abbonamenti anno V, n° 133 di Novembre 2013 del bisettimanale “Il Dstretto” - Poste Italiane Spa Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L- 27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 - aut. N° 080032 del 28/05/2008 - DCB - BO 2 DSTRISCIO anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 80milioni di buco: oltre 2mila euro per ogni sassolese Il dissesto di SGP, il rischio-liquidazione e il piano di salvataggio: tecnici al lavoro, prossima scadenza fine novembre S ono settimane decisive per il futuro della casse del Comune di Sassuolo appesantite dalla zavorra di un debito da oltre 80milioni di euro accumulato da Sgp, la società che ha come unico socio il Comune stesso per il quale gestisce beni e servizi. Come dire che ogni sassolese ha sul capo un debito di oltre 2mila euro da saldare in tempi brevissimi. Il rischio, neppure tanto remoto, è la messa in liquidazione della società con conseguente accollamento del debito da parte di via Fenuzzi; l’ipotesi alla quale stanno alacremente lavorando i tecnici comunali è la prosecuzione dell’attività di Sgp con un continuo lavoro di riduzione e taglio dei costi, pur in una ottica di salvaguardia dei creditori e dei 37 dipendenti. Il buco da 80.737.784 milioni di euro, di cui 21.903.848 con scadenza a breve, è rappresentato principalmente da mutui in essere contratti dalla società, fondata nel 2009 dall’allora Sindaco graziano Pattuzzi con la missione di gestire global service, eventi ed immobili di proprietà comunale. Un dissesto finanziario fotografato con precisione già a dicembre 2012 da Renzo Manfrin, il commercialista al quale era stato proposto anche il ruolo di amministratore delegato. Oltre 10 mesi fa Manfrin sosteneva che “dall’analisi economico-finanziaria appariva evidente il forte squilibrio finanziario che palesa addirittura uno stato di insolvenza, il tutto gravato dal fatto che l’attività svolta non risulta redditizia e tale, quindi, da non creare quel cash flow necessario a garantire il pagamento dei debiti maturati, sia di breve che di lungo periodo”. Manfrin non ci era andato per il sottile sostenendo che “la società, così come strutturata, non riesce a produrre utili sufficienti a produrre utili finanziari tali da garantire un equilibrio finanziario, onde per cui se non si provvederà a breve ad apportare rilevanti interventi strutturali, essa è destinata a chiudere in perdita anche i prossimi esercizi e ad incrementare sempre più l’indebitamento fino ad un naturale collasso”. Manfrin si era poi premurato anche di studiare gli scenari futuri ipotizzando che di fronte al forte indebitamento rispetto ad un fatturato annuo me- dio che supera mediamente a mala pena i 7 milioni, rimanevano due alternative: la prima di constatare lo stato di insolvenza e depositare i libri in tribunale per la dichiarazione di autofallimento; la secon- da valutare se possano esistere remote possibilità di liquidare parte dell’attivo immobilizzato per far fronte ai debiti e nello stesso tempo ridurre l’attività alle sole gestioni redditizie. “La seconda ipotesi - scriveva Manfrin - rappresenta una scommessa in quanto i numeri di partenza non sono incoraggianti. Qualora fosse questa la volontà del socio unico è necessario mettere in atto immediatamente una serie di strategie dal forte impatto che hanno lo scopo da una parte di trasferire patrimonio e debiti al socio e dall’altra ridurre i costi non necessari”. Manfrin suggeriva di “trasferire al Comune la gestione dei global service, escluso quello cimiteriale, la gestione degli eventi, degli immobili di proprietà dell’ente non inseriti nei global service, trasferire al Comune l’impianto natatorio con contropartita compensazione del debito accumulato di quattro milioni e mezzo di euro, rinuncia dei diritti di superficie immobiliari con contemporanea assunzione della piena proprietà da parte del Comune e contemporaneo trasferimento all’ente dei mutui in essere, riduzione proporzionale del personale rispetto alla riduzione dei servizi”. Ora il tempo stringe ed i primi disservizi hanno dato la misura di quanto potrebbe accadere: corrente saltata in un asilo, il distacco dell’illuminazione pubblica in diverse zone della città, lo spegnimento delle lampade votive in alcuni cimiteri e la mancata accensione del riscaldamento presso villa Giacobazzi. Il prossimo appuntamento ufficiale è fissato per il Consiglio Comunale che dovrebbe tenersi entro fino novembre, per allora in tecnici ed il Sindaco dovrebbero aver approntato il piano d’azione. (Daniela D’angeli) IL SISTEMA CHE RIVOLUZIONA GLI SPAZI URBANI 5 volte più resistente rispetto la posa tradizionale della ceramica www.stripegres.it - info@stripegres.it anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 3 DSTRISCIO «Il dissesto del Comune? Sassuolo non è messa peggio di altre Amministrazioni» Luca Caselli La verità di Caselli su SGP: «Il maxidebito c’era già nel 2009. Oggi all’ordine del giorno ci sono tagli importanti, ma non c’è il rischiodefault. I conti del Comune sono ok, quelli di SGP no: si tratta di lavorare per consolidare i due contenitori» L a notte dorme, Luca Caselli, «ma non così sereno». Si sveglia, dice, ad intervalli, a seconda di quelli che sono i problemi che gravano sull’amministrazione che guida ormai da quattro anni. A rischio default, dicono i detrattori, «ma chi agita davanti ai cittadini il rischio-fallimento del Comune è un irresponsabile, e fa campagna elettorale sulle spalle dei cittadini, pensando di poter approfittare delle loro paure». Paure scritte nel maxidebito di SGP, Sassuolo Gestioni Patrimoniali, da cui nascono molti dei problemi della Sassuolo di oggi, «anche se – puntualizza Caselli – nel tanto che si è detto c’è anche molta propaganda. All’ordine del giorno, se parliamo di SGP, ci sono tagli importanti, ma non c’è il rischio del dissesto della finanza pubblica. I conti del Comune sono ok, quelli di SGP no: si tratta di lavorare per consolidare i due contenitori» Chi ha voluto SGP? «E’ nata nel 2005, come società patrimoniale del Comune. Anche altre amministrazioni, come quella che governava Sassuolo allora, si sono dotate di uno strumento del genere, ma poche, come invece ha fatto Sassuolo, l’hanno strutturata così, ovvero con servizi e dipendenti. Chi ha scelto di fare una cosa del genere e perché è, ad oggi, una domanda senza risposta» Cosa non ha funzionato? «Se io ho un bancomat, devo sapere che non ho un credito illimitato. E quanto al maxidebito del quale tanto si parla, quando siamo arrivati noi c’era già. SGP ha continuato a pagare, ma le entrate non erano quelle attese» Chiuderla prima? «Non era possibile. Non si chiude dal mattino alla sera una società che ha in pancia molti dei servizi essenziali del Comune, come ad esempio i lavori pubblici e molte manutenzioni. Come amministrazione abbiamo ridotto, nel tempo, gli impegni. Ma siamo, e questa è una nostra responsabilità, arrivati lunghi, e nel frattempo il debito ha continuato a correre» Un po’ una metafora dell’Italia del terzo millennio: il privato lotta e fatica per tenersi fuori dai guai, il pubblico si indebita… «Il maxidebito, e lo ripeto, c’era già. SGP è un giochino creato per eludere il patto di stabilità, e la cosa che ancora oggi lascia perplessi è come, fino al 2009, i conti della società siano rimasti pressoché inaccessibili anche a chi, come le opposizioni, hanno chiesto di poterli vedere» Questo è il passato: sul presente di SGP grava invece il rischio fallimento, a quanto si legge… «Non siamo né in dissesto e, siccome la legge configura anche questa fattispecie, nemmeno in predissesto» Succedesse? «Tasse più alte, magari un commissario che provi a far tornare i conti con operazioni essenzialmente contabili. Ma non succederà:il dissesto è legato alla mancata approvazione del bilancio, e noi il 30 novembre, e comunque entro allora, il bilancio lo approviamo» Siamo alla canna del gas, sindaco? «Solo nella misura in cui l’abbiamo aperta per ripristinare alcuni servizi. La mancanza di liquidità di SGP ha creato una serie di problemi ai quali lavoriamo giorno e notte, e dei quali mi sono pubblicamente scusato con la città. C’è chi su queste cose ha cominciato a fare la campagna elettorale. Noi invece lavoriamo per la città, ed SGP resta una priorità» Chiuderla appena arrivato in via Fenuzzi le avrebbe risparmiato un sacco di grattacapi… «Non sarebbe stato possibile allora, come ho già detto. E nel 2009 c’erano altre emergenze, anche a livello di ordine pubblico, poi abbiamo scelto di finanziare, come nessuno, i servizi sociali, Scelte politiche, che rivendico come legittime, cui abbiamo dato la priorità, poi ci siamo mossi su SGP» Senza grossi risultati: oggi quali strade restano da percorrere? «Stiamo predisponendo due studi di fattibilità: uno prevede la liquidazione, l’altro la sopravvivenza. Bisogna capire se SGP deve vivere o morire» Ma con quali redditi avrebbe dovuto campare, secondo chi la creò? «Iva, parcometri e occupazione del suolo pubblico» Se la palla passasse alla magistratura? «Resterei sereno: su SGP feci un esposto già nel 2011» Teme un processo politico? «Quelli, per fortuna, non ci sono più. Ci sono le elezioni e il giudizio dei cittadini, cui ci rimetteremo. Come ci rimetteremo al giudizio della magistratura, se dovesse avere a che ridire su SGP» Una sentenza della corte di Stasburgo dice che dei debiti dei Comuni dovrà farsi carico lo Stato. Forse conviene riportare SGP in dissesto finanziario. Su tutti spicca Detroit, citta di settecentomila abitanti che ha accumulato un debito di 18 miliardi di dollari: 25mila a carico di ciascun cittadino. E’ evidente quindi che non solo le imprese falliscono ma anche i Comuni, seppure per loro esista una legislazione apposita che ne scongiura la totale debacle. Ma con quali conseguenze per cittadini, sindaci, segretari generali e assessori competenti che hanno amministrato all’acqua di rose? La magistratura indagherà sui dirigenti pubblici per appurare se si configurino bancarotta, abuso del credito ed altri reati finanziari ed amministrativi, mentre i cittadini saranno chiamati a sborsare più imposte sulla casa, a pagare servizi e trasporti più cari, a subire un aggravio della tassa dei rifiuti, a non vedere più attivi alcuni servizi anche importanti. Crescerà il conto dei fornitori esposti verso il Comune incriminato, anche perché è loro preclusa la via dell’ingiunzione di pagamento nei confronti dello Stato, padre putativo di tutti i Comuni. O almeno era così fino a ieri, in quanto una recentissima sentenza del Tribunale per i diritti umani di Strasburgo ha decretato la totale responsabilità dello Stato che ora si vedrà costretto a ripianare i debiti dei municipi. Ma non si illudano i cittadini, così facendo toccherà sempre a loro, in seconda battuta, pagare per l’irresponsabilità e l’inadeguatezza dei loro amministratori. La luce del faro dei Comuni, quella che illuminava le comunità nel primo dopoguerra, si sta affievolendo lentamente e il nostro destino è sempre più avvolto in una coltre di fitta nebbia. C’era una volta l’autorità segue dalla prima pagina L a stessa luce, quella dell’autorità, che oggi sta venendo meno, che si sta affievolendo ovunque, anche “più in alto”: lo Stato, fortemente indebolito e impoverito dal debito pubblico, capace solo di esigere nuovi tributi; le Regioni, le Province, i Comuni ci ammorbano con i loro buchi di bilancio e il dissesto finanziario. I numeri sono impietosi: dal 1998 al 2012 sono 460 gli enti “falliti” in Italia tra Province, Comuni e Comunità montane. il record va alla Calabria con 131 procedi- menti, poi la Campania con 121 e il Lazio con 43. Ed ora anche Sassuolo, città simbolo mondiale delle piastrelle in ceramica, dopo la conquista della serie “A” nel calcio potrebbe aggiungersi all’elenco dei comuni in dissesto finanziario, alle prese con un debito di 80 milioni di euro della controllata Sgp; senza dimenticare la vicina Castellarano, schiacciata da un debito di 6 milioni di euro, non pochi in rapporto al suo magro bilancio. Se può consolare, dal 1954 ad oggi sono una sessantina i comuni americani finiti all’interno del Comune e scaricare tutto sullo Stato? «Resta da capire, in questi giochi, chi ha i soldi. Per come la vedo io, non ce li ha né lo Stato né i Comuni. Il primo taglia sui secondi, i secondi sui cittadini» Non resta che tagliare su SGP… «Di ottanta milioni di debito ce ne sono sessanta con le banche. Tra cinquant’anni ci saranno sia il Comune che le banche: prevedere un piano di rientro anche lunghissimo termine mi sembra strada percorribile. Una delle tante cui si lavora, giorno e notte» Tutta colpa di una classe dirigente inadeguata, dice qualche sassolese… «Sassuolo fa notizia, ma non è messa peggio di altre amministrazioni. Ci sono realtà che hanno cinque volte i debiti di Sassuolo, ma non se ne legge, né se ne scrive» Meglio il governo degli stranieri, diceva Montanelli… «Magari sì, ma non solo nelle pubbliche amministrazioni. L’Italia è questa, e questa è la battaglia che si combatte ogni giorno» Lei si ricandida? «Sto valutando. Ho un lavoro e una famiglia, e fare il sindaco è un impegno che ha tolto molto ad entrambi, in questi anni» Succedesse, con che faccia si proporrà? «Sempre questa: non ho rubato nulla e il Sindaco l’ho fatto mettendoci tutto me stesso» Sassuolo è in serie A nel calcio, è capitale di un distretto industriale leader: retrocedere per debiti sarebbe una iattura… «Non succederà, e chi agita questi spettri davanti ai sassolesi credo faccia torto all’intelligenza dei sassolesi stessi». (Roberto Caroli) 4 DISTRETTO CERAMICO anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 «FLORIM non è in vendita!» Il presidente Claudio Lucchese fa giustizia dei rumors circolati tra gli stands in occasione del Cersaie: «Abbiamo investito 150 milioni di euro in cinque anni: pensassi di vendere non mi sarei spinto a tanto» Claudio Lucchese S mentite le voci circolate in occasione del Cersaie circa una possibile vendita del gruppo Florim ai colossi Thailandesi “ SIAM CEMENT GROUP ” (SCG), leader, tra le altre, nella produzione mondiale di piastrelle di ceramica con 220 milioni di metri quadri. E’ lo stesso presidente Claudio Lucchese a sottolinearlo con forza. «Voci assolutamente false. Il gruppo – dice il numero uno di Florim - rimane saldamente nelle mani della famiglia Lucchese. Forse il fatto che i thailandesi della SCG siano presenti al 9% nella FINTWIN SPA , la finanziaria che controlla FINFLOOR SPA e tutto il gruppo Florim, può avere stimolato la fantasia di qualcuno a spingersi oltre l’immaginario. Anche se trovo tutto questo strano, visto che i thailandesi sono nostri soci da 23 anni» Lo stabilimento americano? «E’ al 100% nostro, con buoni risultati di bilancio negli ultimi anni» Sa , certe voci possono nascere a seguito dei cospicui investimenti sostenuti dal suo gruppo negli ultimi 5 anni: si parla 150 milio- ni di euro… «Si, tra torre tecnologica, impianti vari, magazzino verticale e la show room di 9500 metri abbiamo investito parecchio. A tale proposito, secondo Lei, se io pensassi di vendere mi sarei spinto così tanto con gli investimenti ? Suvvia, un minimo di logica!» O forse tali voci nascono perché non si vede la continuità dopo Claudio Lucchese. A proposito chi ci sarà dopo di Lei? « Mio figlio Alberto e i miei nipoti!» (R.C.) Confindustria Ceramica dice no ai sindacati: niente aumento di 130 euro in busta paga Enzo Mularoni «Puntiamo - dice il Presidente della Commissione Sindacale Enzo Mularoni - ad un rinnovo contrattuale unitario, che tenga conto della difficile realtà, della diversa competitività di imprese che operano a livello internazionale, degli esuberi strutturali esistenti e delle necessarie tutele di welfare» rattative serrate in queste settimane per il rinnovo del contratto nazionale del settore ceramico. Come sempre le contrattazioni si svolgono nel più stretto riserbo e con tempistiche che oramai conosciamo, ma questo 2013 porta con se una novità di rilievo: il no pubblico dell’associazione alla richiesta di aumento salariale fatta dai sindacati. Un no pronunciato da Enzo Mularoni, Presidente della Commissione Sindacale dell’Associazione: «Confindustria Ceramica punta ad un rinnovo contrattuale unitario, che tenga conto della difficile realtà, della diversa competitività di imprese che operano a livello internazionale, degli esuberi strutturali esistenti e delle necessarie tutele di welfare». Un no motivato con «fattori oggettivi da cui non si può prescindere - scrivono da Confindustria - la crisi strutturale ha ridotto, dal 2008 in poi, la produzione nazionale di 130 milioni di metri quadrati anche a causa del crollo del 50% del mercato edile italiano; la produttività per addetto in Italia è di 17.000 metri quadrati anno rispetto ai 26.000 metri quadrati spagnoli; il delta negativo nei costi ci costringe a vendere a prezzi superiori dell’80% a quelli spagnoli e del 150% rispetto a quelli dei paesi in via di sviluppo. Questa situazione porta ad avere esuberi strutturali per oltre 3.000 lavoratori mentre gli ammortizzatori sociali, che interessano 10.000 lavoratori – e che hanno visto il settore ceramico nazionale pioniere nell’utilizzo di formule utili anche a salvaguardare le professionalità – stanno esaurendo le risorse». Confindustria richiama i sindacati alla reale consapevolezza della gravità della situazione e senza mezzi termini sostiene che «richiedere 130 euro di aumento, cifra addirittura superiore al precedente rinnovo ed in forma fissa, significa far finta che nulla sia successo». Un forte richiamo alla realtà, quello di Confindustria, e non una resa di fronte alle difficoltà, come conferma la scelta delle aziende di fare investimenti in Italia superiori al 5% del proprio fatturato: 255 milioni di euro nel solo 2012, e con cifre simili in ciascuno degli ultimi cinque anni. «Mentre il mercato crollava – proseguono - l’industria ceramica italiana ha continuato ad investire. Una scelta che ci ha consentito di mantenere, a fatica, la leadership del commercio mondiale in valore con il 35% e di sviluppare percorsi di vera internazionalizzazione produttiva, necessaria per servire dall’interno quei mercati esteri, e non per chiudere gli stabilimenti in Italia». Di più, l’associazione si è detta disposta ad investire risorse e a trattare aumenti salariali che, per quanto definiti nel contratto nazionale, tengano conto delle singole situazioni settoriali ed aziendali. Non possiamo che salutare con favore questa presa di posizione dell’associazione, da tempo suggeriamo loro di alzare la voce, di lasciare i toni melliflui della diplomazia e di prendere il toro per le corna. Peccato non averlo fatto anche in Rai. L’occasione era ghiotta: lo Studio di Uno mattina, nel quale abbiamo sentito raccontare la “favola” di un distretto senza problemi. Colori che lasciano il segno Il sistema Smaltink vanta, nell’ambito della stampa digitale, un range colorimetrico unico ed estremamente ampio, che permette di ottenere tonalità affidabili, sfumature definite, e soprattutto di lasciare il segno. Italia . Indonesia . Espana . Brasil . South Africa www.smalticeram.it + T 5 DISTRETTO CERAMICO anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 Il Gruppo Concorde celebra il Prof. Tamagnini Consegnati, al Barozzi, i premi istituiti dal Gruppo Concorde in memoria di Ildefonso Tamagnini, scomparso due anni fa C onsegnati, presso l’aula magna dell’Istituto Jacopo Barozzi di Modena, i premi di studio che il Gruppo Concorde ha istituito in memoria di Ildefonso Tamagnini, indimenticato presidente del gruppo ceramico di Fiorano Modenese scomparso due anni fa. Destinatari dei riconoscimenti, i dieci migliori studenti dell’istituto modenese, presso il quale Tamagnini, subito dopo la laurea, aveva insegnato tecnica bancaria. Lasciando, come del resto presso il Gruppo Concorde, una pesante eredità di umanità, serietà e competenza, patrimonio ideale che i vertici del Gruppo Concorde, anche attraverso l’istituzione di un premio dedicato alla memoria di Tamagnini, hanno scelto di non disperdere, consapevoli di quanto sia importante il legame tra aziende e territorio, tra formazione scolastica e professione. La cerimonia si è svolta nell’aula magna del Barozzi alla presenza di circa duecento studenti delle classi quinte , che hanno reso l’atmosfera particolarmente vivace e festosa. Era- no presenti la moglie e i familiari del dott. Tamagnini, i Consiglieri del Gruppo Concorde, le autorità scolastiche e naturalmente il gruppo dei premiandi accompagnati dai loro familiari. Dopo i saluti di rito del Preside e del prof. De Mizio che ha portato i saluti e le congratulazioni del Provveditore, Davide Mussini ha commemorato la figura del Dottor Tamagnini, sottoline- andone la statura morale, il rigore professionale, l’onestà intellettuale sempre dimostrata, soffermandosi sull’attenzione che il Dottore riservava ai giovani che entravano in azienda, proseguendo idealmente anche in ambito aziendale la sua vocazione di insegnante e leggendo una lettera pervenuta alla direzione del Gruppo Concorde poco dopo la morte di Tamagnini. Mittente un ex studente del Barozzi che lo aveva avuto come professore nel lontano 1967/68 e, avendo appreso della scomparsa di Tamagnini, aveva sentito ancora, dopo oltre quarant’anni, il bisogno di esprimere la sua ammirazione e gratitudine per questo suo vecchio professore. Diventato, negli anni, una delle figure più carismatiche del distretto ceramico, nonché guida di un grup- po industriale che, ha evidenziato Roberto Nicolini, responsabile della Formazione del gruppo Concorde, «è organizzato per proseguire in ambito aziendale la formazione ricevuta a scuola, non solo sul piano tecnico, per fornire a ciascuno gli strumenti di cui ha bisogno nella sua specifica attività in azienda, ma anche e soprattutto per motivare le persone, rafforzare lo spirito di team e infondere una cultura aziendale basata sui valori della famiglia, del rispetto delle persone e dei ruoli, della condivisione degli obiettivi». Questo l’elenco dei premiati: Alessio Allegro, Emanuela Barbapiccola, Gloria Bastia, Alessio Canalini, Marta Da Re, Dhessa Ylen Dolor, Nikolas Gavioli, Nikolas Gavioli, Jacopo Manotti, Francesca Migliori. Investimenti e innovazione per Vernis Italia Srl Quindici anni di solida presenza sul mercato per il colorificio italo-spagnolo, riconosciuti dall’Alfa de Oro conferitogli nel 2013, a bissare quello già ottenuto qualche anno fa « Per essere ancora più competitivi abbiamo scelto di investire in un impianto di miscelazione automatizzato. L’impianto studiato in collaborazione con la ditta Simac Tech Srl sfruttando le ultime innovazioni tecnologiche del settore. Già dalla fine del 2013 saremo in grado di aumentare sensibilmente la produzione aziendale. Inoltre, la profonda sinergia maturata tra la nostra filiale e Vernis S.A., ovvero la sede centrale sita a Castellon de la Plana, in Spagna, ci ha Emer Zanfi permesso di instaurare partnership importanti con Polonia, Stati Uniti, Turchia e Ucraina». Tecnologie d’avanguardia e attenzione ai STARLIKE MonoMIX Scopri Starlike® Monomix su www.starlike.it ® mercati esteri: Emer Zanfi, presidente di Vernis Italia Srl, ha idee chiarissime su quelle che sono le evoluzioni del mercato ceramico e sul tipo di risposta che un’azienda che guarda al futuro deve essere in grado di fornire. Con Vernis Italia Srl, della quale è presidente, Zanfi produce smalti, da quelli in bicottura rapida e tradizionale a quelli in gres porcellanato smaltato, passando per quelli in monoporosa e monocottura, fritte e coloranti, «e tutta la nostra gamma – dice – è destinata alle industrie produttrici di piastrelle ceramiche ed è carat- terizzata da alta qualità e da raffinate tecniche realizzative». Vernis Italia Srl mette infatti a disposizione dei suoi partner tanto il prodotto finito quanto le singole materie e in quindici anni di attività è riuscita a conquistarsi la fiducia dei gruppi più importanti e rappresentativi del made in Italy della ceramica. «Tra i nostri clienti – dice Zanfi – ci sono tra gli altri il gruppo Atlas Concorde, Emilceramica, Sichenia, Opera Group, Moma, Coop Imola e Panariagroup, GranitiFiandre e Rondine Group: il laboratorio è costantemente impegnato nell’elaborazione di grafiche in grado di soddisfare le richieste dell’oggi e di interpretare le tendenze del domani. Il tutto – dice Zanfi – in sinergia con i nostri partner spagnoli, che dispongono di laboratori di ultima generazione in grado di studiare la struttura chimico fisica dei vari prodotti». Ricerca come valore aggiunto, insomma, e il resto lo fanno quindici anni di storia e una solida presenza sul mercato: «Dobbiamo il nostro successo ai parametri tradizionali con i quali lavoriamo le materie e i prodotti, alla capillare assistenza fornita ai clienti cui assicuriamo velocità e nell’acquisizione e nella consegna degli ordini. Le competenze sviluppate in questi anni – garantisce Zanfi – ci permettono di rispondere in maniera rapida ed efficiente ad ogni richiesta, e la professionalità e la preparazione dei nostri tecnici sono stati riconosciuti a livello internazionale nel 2006, quando il gruppo Vernis è stato insignito dell’Alfa De Oro e riconfermato recentemente con un nuovo Alfa de Oro per l’innovazione tecnologica nel 2013». IL NOSTRO ULTIMO PROGETTO: UN SIGILLANTE PRONTO ALL’USO E RIUTILIZZABILE. STARLIKE® MONOMIX, IL PRIMO, L’UNICO. Starlike® Monomix è l’unico sigillante poliuretanico all’acqua monocomponente, pronto all’uso e riutilizzabile. 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Era l’agosto del 1988, infatti, quando Silvio Bellei, uno dei pionieri che hanno fatto grande il distretto ceramico, fondava la Novabell: un’azienda basata su valori che, dice Roncaglia, «sono gli stessi nei quali credeva il fondatore e che Novabell, nel tempo, ha fatto suoi». Serietà, competenza, concretezza e umanità hanno accompagnato il primo quarto di secolo di attività di Novabell, oggi realtà «ben solida, in grado di guardare al futuro con la prospettiva di fare ancora tanto. E bene». Di Bellei e delle sue passioni, in Novabell, c’è ancora tanto: c’è l’aeroplano, tanto caro al fondatore, nel logo aziendale, ma c’è soprattutto l’impronta dell’uomo, inteso come fattore umano. Afferma Roncaglia: «posso dire con orgoglio di conoscere tutti i nostri centottanta dipendenti, per nome e cognome. Il nostro capitale più importante sono tutti coloro che lavorano per noi sentendosi parte di una grande famiglia». I risultati, anche in una contingenza non semplice, inorgogliscono non meno della ricorrenza per il venticinquennale, festeggiato in linea con quelli che sono gli standard di Novabell. Concretezza e sobrietà: guardare avanti senza perdere di vista da dove si è partiti, tenere i piedi ben dentro il distretto ceramico, culla del made in Italy della piastrella, ritagliandosi tuttavia uno spazio importante sul mercato globale. «Oltre l’ottantacinque per cento del nostro fatturato – dice Roncaglia – lo facciamo all’estero, per il sessanta per cento in Europa, che resta uno dei nostri mercati di riferimento, come del resto gli Stati Uniti». L‘Italia, in questo contesto, resta, per ora, sullo sfondo. Tuttavia oggi fare impresa in Italia sta diventando sempre più difficile. Molti controlli e soprattutto una burocrazia esasperante, che sembra quasi voler penalizzare le imprese che fanno il proprio dovere». Un cruccio, cui Roncaglia dedica solo un piccolo inciso, non sufficiente a togliere il sorriso e la fiducia ad un’azienda che festeggia un traguardo prestigioso come il quarto di secolo di attività e, mentre alza i calici per i brindisi di rito, si vede bene che sta già pensando al prossimo traguardo. Giap e il marketing: uscire dalle regole per vincere di Claudio Sorbo Il 4 ottobre scorso è scomparso alla veneranda età di 102 anni il Generale vietnamita Go Nguyen Giap. Agli adolescenti questo nome probabilmente non dice niente e ai loro padri abbastanza poco, mentre ai loro nonni dice molto, anzi, per alcuni Giap è ancora un idolo: nel secolo scorso è stato l’unico comandante militare che ha costretto alla resa e alla fuga due potenze occidentali che avevano occupato il suo paese: i francesi nel 1954 e gli americani nel 1975. Sono rimaste storiche le immagini degli elicotteri che evacuavano gli ultimi americani dalla loro ambasciata sotto la fucileria dei vietcong. Giap, nato nel 1911, era di bassa statura, magro, riservato, parlava a bassa voce, era mite ma aveva una volontà di ferro e una determinazione granitica: quando gli fu chiesto come avesse sconfitto i francesi nell’assedio di Dien Bien Phu rispose con pacatezza: «Là dove passa una capra passa anche un uomo e dove passa un uomo passa un battaglione». Si riferiva all’attraversamento della giungla – ritenuto impossibile – che aveva portato di sorpresa lui e i suoi soldati alle spalle e poi all’accerchiamento dei francesi. In quell’occasione i Viet Minh, i soldati vietnamiti, dapprima distrussero gli aeroporti per tagliare i rifornimenti, poi strinsero d’assedio i francesi finché questi, stremati, alzarono bandiera bianca. Il vero eroe, però, non fu il comandante Langlais ma una nobildonna, Geneviève de Galard, un’eroica crocerossina che si prodigò per salvare le vite dei feriti. Con la sconfitta e l’uscita dall’allora Indocina, la Francia si avviò verso lo smantellamento finale del suo impero coloniale, che si concluse pochi anni più tardi quando l’Algeria si rivoltò contro il dominio di Parigi e ottenne l’indipendenza. Contro gli americani la lotta fu combattuta diversamente: Giap sapeva che storicamente ogni guerra era sempre stata una riedizione della precedente, ma combattuta con armi e mezzi più potenti. Ebbene, nell’impossibilità di disporre della potenza militare americana, egli decise di combattere una “non guerra”: niente scontri frontali, niente bombardamenti, cannoneggiamenti, assalti: organizzò un “non esercito” di militari senza divisa, quindi non identificabili, privi di gradi, quindi senza una gerarchia visibile, con il supporto della popolazione civile nella logistica, nell’esecuzione degli attentati, nella resistenza passiva contro gli americani. A questi elementi, Giap ne aggiunse altri due che subdolamente misero al tappeto il fisico e il morale delle truppe statunitensi: la droga, che veniva regalata ai soldati americani, e le malattie veneree, propagate attraverso le prostitute che agivano in Tailandia, paese dove erano stati costruiti alberghi di lusso in cui soggiornavano in licenza i soldati americani. Giap non voleva fare morti, bensì feriti e malati. Sosteneva che la gestione di un morto non richiedeva impegno: una volta sepolto, tutto era finito mentre la cura di un ferito o di un malato o, peggio, di un tossicodipendente richiedevano l’impegno di molte persone, per un tempo lungo e con costi elevati. Le strategie vietnamite e la consapevolezza di combattere una guerra inutile prostrarono il morale e minarono l’equilibrio dei sodati, al punto che talvolta reagirono con la violenza figlia della frustrazione: è storico l’eccidio di My Lay, dove il Tenente Calley e i suoi uomini uccisero 347 civili, soprattutto donne, bambini e neonati. Quando gli fu chiesto perché avesse ordinato quel massacro, la risposta fu «Non lo so». Giap era anche paziente: lo dimostrò il famoso “Sentiero di Ho Chi Minh”, una vera e propria strada nella giungla che partiva dal Vietnam del nord e trasferiva uomini e mezzi nel sud passando per Laos e Cambogia; nonostante i bombardamenti, il sentiero non smise mai di funzionare. Infine, le unità combattenti del nord erano strutturate in pattuglie di pochi soldati, tutti senza divisa e senza gradi. Non potendo reagire coi loro battaglioni, gli americani si uniformarono ma commisero un errore: i loro soldati indossavano la divisa e i loro ufficiali portavano i gradi, come previsto dalla Convenzione di Ginevra. Così, i vietnamiti abbattevano il capo pattuglia, così gli altri componenti restavano senza ordini e quindi facili prede. L’intelligenza di Giap fu di uscire dalle regole: se avesse combattuto come gli americani sarebbe stato spazzato via. E dire che la strategia di Giap non era una novità: un principio noto e applicato in tanti campi dice che per vincere devi portare per mano il tuo avversario in una situazione che non sa gestire. Ad esempio, nei recenti campionati europei di basket, nella partita contro l’Ucraina la nostra nazionale all’inizio del quarto tempo è rimasta senza segnare per 5 minuti: la difesa asfissiante dei nostri avversari ha invischiato i nostri atleti costringendoli a sparacchiare tiracci sbilenchi che venivano regolarmente catturati dai nostri avversari, tra l’altro più alti. Così, l’astro Belinelli ha registrato un penoso 2 su 19 al tiro e i suoi compagni non sono stati migliori. È finita che abbiamo perso perché non siamo stati capaci di giocare come pareva a noi perché gli ucraini ci hanno costretti a giocare come pareva a loro. Il principio seguito da Giap vale anche per il Marketing: comportati sempre in modo diverso da quel che si aspetta il tuo concorrente. I prodotti copiati, detti “Me too, me too”, “Anch’io, anch’io”, di solito sono dei flop perché annacquano i mercati (li hanno tutti) e non consentono di capire la differenza tra i vari competitori. Così, i consumatori finali finiscono per acquistare il prodotto che costa meno. E non lamentiamoci se è cinese. Ceramicanda diventa anche TV On Demand seguila su www.tgarchitettura.com anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 7 DISTRETTO CERAMICO G.M.M., tanti marchi ma un solo fornitore Ottantamila referenze a magazzino per un’azienda in grado di offrire ai propri clienti un servizio completo e personalizzato Oltre alla componentistica per meccanica, motori, riduttori, il cuore del business dell’azienda fondata da Attilio Milani nel 1973 rimangono i sistemi rotativi, in particolare il cuscinetto di cui è distributore autorizzato di marchi come SKF, TIMKEN, ISB, NBS, ASAHI, NADELLA, ASKUBAL, FARO, STIEBER, TSC. «Stiamo registrando una crescita costante dal 2010, non soltanto per il fatturato, ma anche in termini di risorse umane», spiega Attilio Milani. «Abbiamo incrementato il numero di collaboratori, che da sempre considero il bene più importante dell’azienda» S ono 30 i marchi di cui G.M.M. Trasmissioni Meccaniche è oggi rivenditore autorizzato e ammontano a 80.000 i prodotti a magazzino presso la sede di Spezzano tra cui due novità: il marchio Renold per le catene per trasmissioni e Koyo per i supporti orientabili con cuscinetto. A completare il quadro dell’ampia offerta è il centro di taglio a misura delle guide THK, con evasione del materiale tagliato in sole 24 ore e supporto tecnico applicativo. Così G.M.M. offre ai propri clienti un servizio completo e personalizzato e si prepara a crescere ancora. La vendita dei sistemi lineari sta registrando, infatti, un +20% rispetto al 2012 sia per le guide lineari di precisione sia per le viti a ricircolo di sfere, unità supporti, manicotti a ricircolo di sfera, alberi di precisione. Oltre alla componentistica per meccanica, motori, riduttori, il cuore del business dell’azienda fondata da Attilio Milani nel 1973 rimangono i sistemi rotativi, in particolare il cuscinetto di cui è distributore autorizzato di marchi come SKF, TIMKEN, ISB, NBS, ASAHI, NADELLA, ASKUBAL, FARO, STIEBER, TSC. Un nuovo servizio per le ceramiche G.M.M. non poteva non pensare anche alle ceramiche visto che da sempre risiede nel cuore del Distretto. Per loro presenta un nuovo servizio continuativo che consente alle aziende di affidarsi a un fornitore unico per l’interfaccia ordini, il deposito delle scorte presso il magazzino del fornitore, consegna in 24 ore dal ricevimento ordine, e altre soluzioni studiate su misura con l’obiettivo di ottenere il miglior ritorno sugli investimenti a fronte di un reale risparmio sui costi di gestione delle scorte. Ridurre il numero di fornitori significa avere un risparmio diretto sui costi e i tempi di approvvigionamento. In questo modo, G.M.M. gestisce tutti i prodotti di consumo per la manutenzione generale e aiuta le aziende ad analizzare i processi, razionalizzare la gestione, lasciare che l’ufficio acquisti del cliente si concentri su articoli di maggiore valore. Il magazzino automatico Le 80.000 referenze a magazzino sono gestite da magazzini automatici verticali, investimento effettuato nel corso del 2012 per migliorare la gestione insieme alla gestione ordini con codice a barre. Così G.M.M. ha ridotto al minimo il rischio di errore umano e i tempi di consegna. Un’azienda giovane Con un giro d’affari annuo pari a 12 milioni di euro, che nel 2013 si preannuncia in ulteriore incremento, G.M.M. Trasmissioni Meccaniche ha un grande futuro davanti con 40 anni di storia, appena festeggiati in settembre con un evento che ha riunito nella sede di Spezzano i 40 collaboratori (età media 36 anni!) a dirigenza, clienti, fornitori. «Stiamo registrando una crescita costante dal 2010, non soltanto per il fatturato, ma anche in termini di risorse umane», spiega Attilio Milani. «Abbiamo incrementato il numero di collaboratori, che da sempre considero il bene più importante dell’azienda. In un periodo storico di sofferenza economica, anche noi affrontiamo ogni giorno delle difficoltà, ma da “capitano d’impresa” sono soddisfatto di poter avere oggi un’azienda giovane e desidero che i miei figli possano continuare a farlo in futuro. In questo momento stiamo dando un segnale in controtenden- za, stiamo crescendo», afferma soddisfatto Attilio Milani. Il futuro A chiarire gli obiettivi per i prossimi anni è il fondatore Attilio Milani. «Per i prossimi anni – aggiunge Milani - vogliamo diventare punto di riferimento nel settore della distribuzione meccanica con l’ambizione di poter spegnere in futuro altrettante candeline e di poter festeggiare, ancora una volta, assieme ai nostri clienti e a tutti coloro che hanno contribuito alla crescita di G.M.M». anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 accaDmenti L’esempio di Rolando Rivi, 128+1 Don Achille Lumetti Rolando Rivi, non è la 139ma vittima di Monchio, ma l’unica vittima di Monchio con la connotazione di “martire” e di testimone è stato scritto da un giornalista inesperto e sprovveduto di eventi religiosi che il giovane Rolando Rivi seminarista, ucciso dai partigiani a Monchio non è nient’altro che la 139ma vittima dell’atroce strage. Occorre invece, prima di tutto, ricordare che la strage di Monchio fu opera dei nazisti come rappresaglia di guerra avvenuta in quel periodo in molte altre parti d’Italia, mentre il sacrificio di Rolando Rivi non appartiene, in nulla e per nulla, a questa vicenda bellica. L’uccisione di Rolando Rivi fu infatti un’atroce azione singola e insolita, anche nel contesto di guerra civile e di rappresaglia. Fu frutto unicamente di “odio e stupro della fede cattolica” in quanto quel ragazzo di soli quattordici anni era in cammino verso il sacerdozio. L’unica sua “arma”, un indole “disarmante”. Segno qualificante di questo suo cammino era la piccola “veste talare” che egli indossava sempre e in ogni circostanza. Oggi pronunciare la sigla “comunismo” sembra anacronismo. Ma in quel periodo, nel quale il fronte popolare, i garibaldini e i partigiani schierati e fanatici non erano null’altro che dei “settari comunisti…”. L’odio, la sete di vendetta, il livore contro la Chiesa, appare evidente dal moltiplicarsi di uccisioni ed eliminazioni di troppi zelanti e operosi Sacerdoti. In questa bolla di prepotenza e sopraffazione fu costretto a vivere anche il giovane Rolando. Io stesso, essendo un ragazzo, il quel periodo ho dovuto subire la triste esperienza di due partigiani prepotenti, che puntandomi addosso il loro rudimentale fucile, per intimorirmi fecero razzia di modesti alimenti che io, rimasto solo a casa, custodivo quasi con riverente rispetto per i miei genitori e fratelli. Quando si riscrive la storia di quel periodo, si deve interpretare la “resistenza” riferendola a comportamenti eroici e non connotati di vigliaccheria e prepotenza. Rolando Rivi, quindi non è la 139ma vittima di Monchio, ma l’unica vittima di Monchio con la connotazione di “martire” e di testimone. La manifestazione dello scorso ottobre, avvenuta la Pala- panini di Modena, in occasione della “beatificazione” di Rolando Rivi, è un chiaro richiamo alla separazione del “martirio” dalle stragi avvenute in quel periodo da cancellare per sempre. Quindi chi si attiva oggi a scrivere di Rolando Rivi si inchini prima di tutto davanti a questo inerme, mite, studioso e generoso ragazzo, poi si accinga a scrivere con il cuore sconvolto e con le lacrime agli occhi. La satira e la penna avvelenata usiamola contro ogni forma di violenza, di cattiveria umana. Ai giovani di oggi, spesso fracassoni, rumorosi e superficiali vorrei dire con forza: “silenzio, parla Rolando Rivi”. La costituzione, la corte costituzionale devono capire e comprendere che la prima e migliore costituzione è la nostra robusta e integra costituzione morale e ci- vile. Quando gli autori di storia scrivono, non devono depistare la verità e costringerla al proprio interesse perché dimostrerebbero semplicemente che viaggiano “in folle” e che, con tutta evidenza, il cervello “non è inserito”. Rolando Rivi sia uno stimolo per tutti, ma specialmente per i ragazzi e i giovani, perché non si lascino andare a gesti stupidi e volgari ipotecando la possibilità di diventare potenziali delinquenti e dare vita a una “sottocultura del branco”. Non possiamo nutrirci soltanto di soia e di farro, per apparire “stilizzati”; aggiungiamo invece carbone alle nostre roventi esistenze, per riuscire a planare su piste di rispetto e di valori. Onore e gloria a questo “vivo” testimone della fede. (Don Achille Lumetti) 9 10 FORMIGINE e FIORANO anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 Qualcuno fermi Gigetto G Paolo Bigliardi Il trenino che collega Sassuolo a Modena è sotto attacco: costa molto, dice Paolo Bigliardi, e non funziona. «Rottamiamolo» igetto, il trenino della tratta Modena-Sassuolo, continua a far discutere. Le minoranze consiliari di Formigine sono da tempo sul piede di guerra, a Casinalbo è nato addirittura un comitato che si prefigge l’obiettivo di mandare in pensione il vecchio trenino e ora si sta pensando anche ad una raccolta firme, per dar modo alla cittadinanza di esprimersi su questo scottante tema. Dividono più che unire, quei pochi vagoni che collegano il distretto ceramico al capoluogo estense, e sono in tanti, e non da ieri, a chiedersi se valga la pena insistere su un modello di logistica che costa molto e rende poco: e tra i nemici giurati di Gigetto c’è Paolo Bigliardi, che sul trenino ha le idee chiarissime. «Per Formigine – detta Bigliardi - Gigetto è ormai solo un problema. Gigetto – aggiunge Bigliardi - non serve. E’ ora che la ferrovia Modena-Sassuolo abbia un’altra destinazione e occorre porre fine ad una situazione ormai divenuta ingestibile. Non passa giorno che non raccogliamo lamentele di cittadini» I motivi? «Treni sempre vuoti, il cui transito blocca il paese, inquinamento dell’aria e acustico, blocco delle sbarre, corse saltate o in grave ritardo senza nessun avviso, difficoltà a reperire i biglietti, costi altissimi, sporcizia, mancanza di sicurezza, distanza dai nuovi poli scolastici. Non dimentichiamo che Formigine ha 9 passaggi a livello a raso in 3 km di ferrovia che tagliano a metà i centri storici di Casinalbo e della stessa Formigine» Come mai tanto accanimento contro il povero Gigetto? «Non si tratta assolutamente di accanimento, ma della volontà di provare a risolvere una situazione invivibile, e che tra l’altro costa. Bisogna pensare che sulla tratta Modena-Sassuolo non vi è nessun altro comune che ha le criticità di Formigine e delle sue frazioni, in primis Casinalbo. Questo tema è importante per la nostra comunità ed è per questo che da tempo chiediamo un tavolo di confronto con tutti gli Enti responsabili per cercare di cambiare l’attuale, insostenibile, situazione» Senza ferrovia, dice chi difende smo e la padronanza della lingua inglese – dicono gli organizzatori – rappresentano oggi il primo livello di alfabetizzazione. Come Comune siamo partiti da questa esperienza, ottenendo l’appoggio dei genitori e il loro gradimento, e restiamo convinti che si tratti di un impegno che vale la pena portare avanti, nella speranza che possa essere assunto dallo stato, in un prossimo futuro, e riguardare l’intero sistema scolatico». Nel frattempo, Fiorano muove dai nidi, ovvero da un primo passo che tuttavia non vuole rimanere fine a se stesso. «Dopo un anno di esperienza – dice l’assessore alle politiche educative Maria Paola Bonilauri - abbiamo voluto fare il punto con una giornata informativa, raccontando e facendo vivere il progetto ai genitori, ai nostri cittadini, agli addetti ai lavori e soprattutto a chi, da altri comuni, ci chiede informazioni su un’esperienza la cui importanza è stata testimoniata dagli importanti risultati raggiunti tra il novembre del 2012 e il giugno del 2013». (E.A.) il servizio, come verrà garantito il servizio ai tanti pendolari che Gigetto continuano ad usarlo? «Con le ruote, ovvio. Se il trasporto si effettuasse su gomma grandi problemi non esisterebbero» E il traffico? L’inverno? L’inquinamento? «Non dimentichiamo che anche con il treno si possono verificare problemi, anche quando nevica e/o gela. La certezza di arrivare in orario assoluto non esiste. La soluzione potrebbe anche essere un treno moderno, un metrotram, insomma tutte quelle soluzioni, che esistono nelle città moderne, ma è soluzione futuribile» La vostra posizione? «Trasporti più moderni, ma che oggi come oggi sono un sogno. Se venisse adottata una di queste idee che abbiamo proposto avremmo meno rumore, meno inquinamento, più velocità e poi verrebbero tolti i passaggi a livello, perchè le soste di questi mezzi sono brevissime, tipo quelle che si effettuano ai semafori» Invece? «Formigine e Casinalbo sono tagliate in due dalla ferrovia, complici ben nove passaggi a livello. Le soluzioni potrebbero essere tante ed è per questo motivo che noi chiediamo da tempo un gruppo di lavoro, per studiare la situazione, ma non abbiamo mai avuto una risposta. E nemmeno dati. I costi sono troppo alti, per il servizio che viene offerto alla cittadinanza» Ci sono anche i pro-Gigetto… «Qualcuno per motivi ideologici e politici. Si obietta che la ferrovia è ecologica, ma questo è vero se funziona, ma questo treno crea un grande inquinamento, con le lunghe file ferme ai semafori» Si sono spesi milioni e milioni per rendere la linea un minimo moderna «Spesi male: chi difende Gigetto, secondo me, questo treno non lo ha mai usato, diversamente si renderebbe conto che, oggi come oggi, Gigetto è un mezzo da terzo mondo». (Edda Ansaloni) Il nido dell’inglese Un progetto presso le scuole dell’infanzia fioranesi: «il bilinguismo come livello base di alfabetizzazione» Maranello S i comincia presto, a Fiorano, con l’inglese. I bambini fioranesi cominciano infatti a prendere confidenza con una lingua straniera, l’inglese, già dal nido. Questa importante iniziativa è stata fortemente voluta dall’amministrazione comunale, un primo passo per la costruzione di un bagaglio culturale che si forma proprio attraverso l’istruzione, e che l’amministrazione stessa vorrebbe estendere a tutto il sistema scolastico. «Il bilingui- Dal 1988 tradizione e innovazione Materie prime per ceramica: Ricerca e sv iluppo Controllo Qualità Logistica Stoccaggio Mineral s.r.l. Via Aldo M oro 20, 41043 Formigine ( M odena ) - Italia - Tel. (+39) 059 578911 - Fax (+39) 059 578991 http://www.mineral.it - E-mail: info@mineral.it anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 11 SASSUOLO e MARANELLO Differenziata, Sassuolo non fa la... differenza Meglio Formigine, Fiorano e Maranello della capitale del distretto ceramico, dove i dati, da un anno all’altro, sono e restano quelli, quasi a dire che chi la fa continua a farla, e gli altri se ne sbattono... L ’abitudine sembra ormai consolidata, nè sono attesi particolari picchi in questo 2013. Non, almeno, rispetto al 2012: si parla, e pazienza se l’argomento non intriga, di pattume, o meglio di rifiuti solidi urbani, e di dati, diffusi di recente dall’amministrazione comunale, che da una parte raccontano una Sassuolo sempre uguale a se stessa – quanto raccolto nei primi sei mesi del 2013 è circa la metà del totale raccolto nel 2012 – e nella produzione e nella pratica virtuosa che si chiama raccolta differenziata. Erano, i dati della differenziata, pari al 59,72% nel 2012, sono il 59,40% del totale oggi. Totale che, per quanto riguarda Sassuolo, vale poco meno di trentamila tonnellate nel 2012 (29862), poco meno di quindicimila (14886) nei primi sei mesi del 2013 per, lo abbiamo già detto, percentuali speculari di raccolta differenziata, poco sotto al sessanta per cento. Sufficiente, ma anche lontana dai dati di eccellenza registrati in altre realtà (a Novi di Modena nel 2012 si è sfiorato il 75%, e rimanendo nel distretto ceramico Fiorano vale il 64%) e punto di partenza – forse – per dare ulteriori impulsi ad una pratica che, vale la pena ricordarlo, innesca oltre al ciclo virtuoso del riuso tutta una serie di meccanismi che vedono coinvolti, oltre Hera che gestisce il servizio di raccolta, altre realtà. Ce ne sono infatti oltre quaranta che rappresentano la prima destinazione della differenziata. Se l’indifferenziato è destinato principalmente al termovalorizzatore di Modena o ad altri impianti del genere, la differenziata si spar- ge in diversi rivoli. Carta, plastica e lattine vengono selezionati presso Akron di Modena, vetro e lattine raccolti nelle campane vanno all’impianto di Emiliana Rottami, i rifiuti organici e gli impianti di compostaggio sono destinati principalmente agli impianti di compostaggio di Sant’Agata Bolognese, di Cesena e di Faenza. Sul territorio, dicono le statistiche, la quantità di rifiuti “persa”, ovvero scartata in quanto non idonea al recupero o inquinata da agenti esterni, sarebbe tuttavia solo il 6,6%. Tutto il resto, si parla di oltre il 93% del totale, torna invece a nuova vita: il dato attiene a fine 2011 ed è dato migliorativo rispetto al 2010, quando non arrivava al 92%. I dati aggregati del 2012 sono attualmente in elaborazione, ma le tabelle del primo semestre del 2013 e i consuntivi del 2012 per quanto riguarda le singole realtà Rifiuti urbani e assimilati Indifferenziato Differenziato TOTALE (valori in tonnellate) Differenziata carta/cartone vetro/lattine plastica/lattine organico scarti vegetali altra (pile, farmaci, etc) TOTALE RD 2012 12029 17833 29862 2012 4079 1346 1372 239 5341 5456 17833 % 40,28 59,72 100 % 22,9 7,5 7,7 1,3 30,0 30,6 100 se ne sbatte, e continua a farlo, lasciando a Sassuolo la maglia nera tra i comuni ricicloni del distretto ceramico. Detto del 64% di Fiorano, infatti, anche Formigine e Maranello (61 e 63%) hanno fatto meglio di Sassuolo, ferma, almeno nel 2012, a meno del sessanta per cento. (S.F.) 2013 (6 mesi) 6044 8842 14886 % 40,6 59,4 100 2013 2130 628 679 111 2642 2652 8842 % 24,1 7,1 7,7 1,3 29,9 30,0 100,0 valori espressi in tonnellate: i dati comprendono anche i rifiuti avviati autonomamente al recupero da parte delle imprese del territorio comunale Il Grullo, mezzo secolo dopo A Una rimpatriata simbolica – c’era anche il ciclostile - per gli autori di un giornalino che cinquant’anni fa fece (parecchio) parlare di se provinciali e la loro propensione alla pratica della raccolta differenziata sembrano dire che quanto si fa in città, a livello di differenziata, è già il massimo. Almeno per i sassolesi, che scrivono dati uguali da un anno all’altro. Quasi a dire che chi differenzia lo fa e continua a farlo, mentre chi non differenzia nche se solo per una sera, “Il Grullo” è tornato a vivere. Si sono infatti riuniti, dopo 50 anni, i promotori di un giornalino, Il Grullo, appunto, uscito per sette numeri nell’inverno del 1963/64 a Maranello. All’epoca ragazzi dai 15 ai 20 anni, oggi maturi sessantenni lanciati verso i settanta. Anticipando lo stile “gossip” di certi periodici di oggi, “Il Grullo” metteva alla berlina l’ambiente giovanile di Maranello: dai frequentatori della parrocchia a quelli del Bar centrale, da coloro che si davano appuntamento in piazza sotto il pino agli studenti che ogni mattina prendevano la corriera per Modena. Imperdibile la rubrica di Sexino, pepata come il suo autore, poi Baby Caliban, Omobono, Milkerio, L’ombrello, tutti pseudonimi dietro ai quali si celavano i giovanissimi fondatori di una testata che qualche volta si spinse anche (beata ingenuità) a rivelare qualche tresca nascosta, rischiando addirittura denunce a carico dei giovanissimi autori. Fu, la stagione de “Il Grullo”, anche quella dell’assassinio di Kennedy e della sciagura del Vajont e in quelle occasioni le pagine si fecero serie, autore l’Ombrello, dietro il quale si nascondeva il cappellano della parrocchia. Insomma quei ragazzi si divertirono un sacco e ancora oggi si divertono a ricordare quei tempi a rinverdire le vecchie amicizie. Per la serata che ha celebrato la rimpatriata è stato rintracciato il vecchio ciclostile dell’epoca, intorno al quale si sono effettuate le foto ricordo. C’è stata anche una piccola cerimonia di consegna all’archivista della compagnia, collezionista accanito, già autore di un libro di foto d’epoca di Maranello, delle uniche sette copie originali del giornale, che verranno custodite come reperti a nome di tutto il gruppo fondatore. Una cena ha quindi concluso la serata, con tanti ricordi, tanti aneddoti, ma soprattutto tanta nostalgia. (E.A.) Innovazione ceramica per l’arredo urbano 12 CASALGRANDE e CASTELLARANO anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 Una piazza da un milione di euro Tanto costerà la riqualificazione del centro di Salvaterra: lavori già iniziati. Al netto di qualche perplessità di residenti e commercianti, un progetto ambizioso e, secondo il sindaco Andrea Rossi, «priorità del programma dell’amministrazione comunale» C ambia il centro e di conseguenza “il volto” di Salvaterra. In un momento particolarmente difficile dal punto di vista finanziario il comune di Casalgrande ha deciso comunque di iniziare un intervento che fra alcuni anni trasformerà dal punto di vista urbanistico l’immagine della frazione che finalmente avrà una piazza, e una nuova pavimentazione dalla chiesa fino al castello con tanto di arredi urbani e piste ciclopedonali. I lavori sono iniziati nei scorsi giorni e grazie alla clemenza della stagione procedono a buon ritmo. Il primo stralcio prevede la realizzazione della nuova pavimentazione in pietra di luserna e della costituzione dei nuovi arredi urbani su una parte di via Reverberi, sulla piazzetta Ugo Farri, su via Canalazzo e fino all’inizio della via dell’ex Castello. Ad oggi sono state realizzate le predisposizioni per l’illuminazione pubblica e le manifestazioni, tutte le impiantistiche e un nuovo sistema di raccolta delle acque piovane che renderà particolarmente difficile la possibilità di eventuali allagamenti. Tutto è pronto per iniziare la posa della pavimentazione in pietra su tutta la piazzetta Ugo Farri e le zone collegate. Ne valeva la pena? Si chiede qualcuno, ma la domanda cade nel vuoto. Come è ovvio questi lavori creano un poco di disagio ai residenti e alle attività commerciali che vengono raggiunte con una certa difficoltà da parte degli utenti. Per non arrecare dei danni economici particolarmente gravi l’amministrazione comunale ha deciso di sospendere dall’otto di dicembre fino alla fine dell’anno i lavori nel cantiere, riaprendo, per così dire, il centro di Salvaterra tutti gli appuntamenti culturali e musicali previsti nel periodo natalizio. A gennaio, tuttavia si ricomincia. I lavori riprenderanno e salvo complicazioni date dal maltempo dovrebbero terminare in primavera. Il primo stralcio che vede la spesa di circa 240mila euro è stato finanziato grazie ad un accordo fra la ditta Bervini Primo e l’amministrazione comunale. L’intera somma che si aggira sui 240mila euro è stata erogata dall’azienda specializzata nella produzione di carni in cambio dell’autorizzazione ad un una ristrutturazione edilizia dei proprio capannoni dove avviene la produzione. Grazie ad una legge regionale è stato dato il parere positivo alla ristrutturazione edilizia e gli oneri ricavati sono stati utilizzati interamente per avviare il primo stralcio dei lavori di costruzione del nuovo centro di Salvaterra. La riqualificazione della frazione più grande di Casalgrande avverrà in tre tempi. Il primo è già stato finanziato ed è anche iniziato. Sul secondo è invece prevista una spesa di circa 300mila euro e più o meno altri trecentomila euro per il terzo stralcio. Alla fine si arriverà alla bella cifra di un milione di euro che per i tempi che corrono rappresentano un grande investimento rispetto alle capacità di spesa di comuni - come quello di Sassuolo o Castellarano, giusto per citarne un paio - dove l’indebitamento non da’ margine di investimento alle rispettive amministrazioni. Casalgrande, invece? Per il secondo stralcio si prevede di utilizzare un parte del disavanzo del comune che quest’anno è stato di ben 700mila euro. «Siamo molto vincolati – sostiene il sindaco Andrea Rossi- dal patto di stabilità che di fatto non ci permette di utilizzare in tempi veloci i disavanzi che abbiamo ottenuto nella gestione del comune negli ultimi anni. Con tutta probabilità il secondo stralcio verrà finanziato con dei fondi ottenuti dal disavanzo anche se però le cose da fare a Casalgrande sono veramente molte. Per il terzo vedremo quali saranno le nostre disponibilità in base alle normative che sempre si susseguono, ma per noi dare una piazza e un centro vero a Salvaterra rappresenta uno degli scopi del programma dell’amministrazione comunale». (Paolo Ruini) i primi appelli alcuni volontari si sono presentati e non è difficile che si formerà una gruppo di una decina di persone che terrà aperta l’antica chiesa che risale all’anno mille e che contiene le spoglie del Beato Rolando Rivi ucciso a soli 14 anni da un gruppo di partigiani che professavano l’eliminazione dei religiosi e dei preti per fon- dare una nuova società basata sul comunismo. Per chi desiderasse visitare al chiesa di San Valentino gli orari attuali sono i seguenti alla domenica mattina dalle ore 10 a mezzogiorno, al giovedì dalle ore 19,30 alle 21 e al sabato dalle ore 15 alle 17. E’ possibile visitare l’edificio religioso anche in altri momenti ma è necessario concor- dare la visita con la disponibilità della famiglia che risiede in canonica allo 0536.854048. Dopo la beatificazione del seminarista Rolando Rivi le visite alla Pieve si sono fatte più numerose da parte di molti fedeli che provengono non solo dal comprensorio delle ceramiche ma anche dalle province vicine. (P.R.) Le chiese? Le aprono i fedeli Un po’ guide, un po’ custodi: i volontari a servizio di due edifici religiosi, il Santuario di Campiano e la Pieve di San Valentino, meta di parecchi fedeli Castellarano C astellarano vanta sicuramente un piccolo-grande primato nella Valle del Secchia. Ed è quello di avere due delle chiese storiche più importante aperte ai fedeli anche fuori dai normali orari delle funzioni religiose. Le chiese sono il Santuario della Madonna di Campiano e la Pieve di San Valentino. Per il Santuario sono anni che un gruppo di una ventina di volontari, molti sono pensionati, si danno il cambio per tenere aperto l’edificio religioso al pubblico sempre aperto dalle otto a mezzogiorno e dalle 14 alle 18. I turni sono di due ore e i volontari hanno il compito di tenere aperta la chiesetta, controllare che non succeda nulla di spiacevole e dare anche alcune informazioni ai fedeli o ai semplici visitatori sulle origini del santuario e la sua storia che nel corso dei secoli lo ha reso uno dei luoghi di culto particolarmente amati dal popolo. Tutti pos- sono fare i volontari/guardiani del santuario di Campiano, così come nella Pieve di San Valentino dove l’iniziativa di tenere aperta la chiesa è partita dopo la beatificazione di Rolando Rivi avvenuto da poco più di un mese. A San Valentino è più difficile trovare i volontari perché la frazione è piccola e gli abitanti sono troppo pochi. Però dopo anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 13 SCANDIANO Fellegara e l’antenna: centottanta firme per dire no Luciano Mattioli I residenti non vogliono un ripetitore che verrebbe installato tra fra Via del Cristo e Via delle Querce C entottanta firme raccolte in meno di una settimana: il “Comitato Diritti Veri per Tutti”, che si oppone all’installazione di un ripetitore telefonico di una nota compagnia telefonica in località Fellegara fra Via del Cristo e Via delle Querce, fa sul serio, e lancia una petizione popolare. Lunedì 21 ottobre è stato anche organizzato un incontro, al quale hanno partecipato una settantina di persone. Di ciò che sta accadendo ne abbiamo parlato con il promoto- re del comitato, l’architetto Luciano Mattioli, residente in Via delle Querce: «Ciò che chiediamo – dice Mattioli - è di sospendere l’iter della collocazione di questa antenna; e nella riunione di lunedì, tra le altre cose, si è deciso di vedere se il Comune riesce a trovare un’altra soluzione». La storia di questo comitato inizia giovedì 21 ottobre: «Tornavo a casa – racconta Mattioli – e mio padre mi ha messo al corrente del fatto che in giornata erano venute persone a fare dei rilevamenti qui nella zona a fianco della nostra proprietà. Mi sono messo sùbito alla ricerca di informazioni. Ho telefonato allo zio dei proprietari del terreno, e mi ha detto che c’è in programma l’installazione di un’antenna telefonica, un traliccio di 34 metri di altezza». L’area in questione è proprietà di un privato, che ha sottoscritto regolare accordo col gestore telefonico. A quel punto Mattioli si reca in Comune a Scandiano: «Ho parlato col tecnico che ha istruito la pratica, il quale mi ha messo a disposizione tutti gli atti rela- tivi. Devo dire che dal punto di vista della trasparenza l’amministrazione merita un plauso». Eppure nessuno sapeva nulla... «Dal punto di vista amministrativo l’operazione è formalmente corretta. C’è stato un problema politico: di questa operazione non sono stati informati nemmeno i consiglieri comunali. Poi c’è l’altro problema: non capisco perchè posizionare in prossimità degli abitati un’antenna che potrebbe essere collocata da un’altra parte. L’Arpa e l’Ausl hanno espresso per iscritto un parere unanime: suggeriscono di riprendere contatto col gestore dell’antenna e scegliere una diversa collocazione, a una distanza minima di 200 metri rispetto alle abitazioni, per una ragione di garanzia in termini di salute delle persone. Quest’antenna si ritroverà ad una distanza di 110 metri da un paio di abitazioni. Tra l’altro, considerando la stessa zona, sarebbe bastato spostare il posizionamento per avere una distanza di 200 metri dall’abitazione più vicina». E come mai allora la legge consente l’installazione fino a distanze di 70 metri? «Il problema – spiega Mattioli - è che non si riesce a definire, dal punto di vista epidemiologico, un protocollo; anche perchè le frequenze cambiano continuamente. Quelle di oggi non sono più quelle di ieri, conseguenza del fatto che cambia la tecnologia. Per cui risulta difficile mettere insieme qualcosa che possa consentire di modificare le norme. Quello che bisogna fare però è applicare il principio di precauzione e posizionare antenne del genere a una distanza almeno di 200 metri dalle abitazioni. Ora il Comune di Scandiano, anche vista la reazione della gente, sta cercando di avviare un dialogo con l‘operatore per vedere se è possibile una migliore soluzione. Valuteremo...». (Massimo Bassi) Un mese di cinema, tra luci, ombre e… fuori programma La nuova gestione del Boiardo tra incognite e conferme: bene il lunedi, male il giovedi, ma c’è chi ha affittato la sala per festeggiare l’anniversario del matrimonio È trascorso poco più di un mese dall’inizio della nuova stagione del cinemateatro Boiardo di Scandiano. Una stagione importante, segnata dal cambio di gestione con l’ingresso nella cabina di comando di una fondazione prestigiosa, l’Emilia Romaga Teatri (Ert), un ente riconosciuto per il valore della propria qualità professionale e che gestisce diverse sale della regione. Qual è stato l’impatto con la realtà scandianese? Non facile. Ed era prevedibile. Il Boiardo, da quando – anni fa – a Reggio e Rubiera sono stati aperti due multisala, ha visto calare le presenze alle proiezioni cinematografiche. E il momento di difficoltà persiste. Ert è partita con un programma di ottimo livello culturale che prevede proposte ad ampio spettro: prime visioni, rassegne in abbonamento, teatro, proiezioni accompagnate dall’incontro con registi e attori, spettacoli per ragazzi... E qualche successo lo si è già registrato, anche se nella serata di inaugurazione della stagione, con uno spettacolo e un concerto a ingresso gratuito, la sala si è riempita solo per metà. Per la messa in scena de “Il falso ospite” invece, opera teatrale dell’8 ottobre promossa dal Comune di Scandiano e dal Centro Studi Spallanzani , la sala era piena: c’è però da dire che anche in questa occasione non si pagava nessun tagliando d’ingresso. La rassegna cinematografica in abbonamento è partita in modo soddisfacente, con una cinquantina di persone presenti alla prima proiezione; così come soddisfacente è la serata del lunedì, con la prima visione promozionale a 4 euro. Non soddisfacente invece – sempre per quanto riguarda le prime visioni - la serata del giovedì, tant’è che Ert potrebbe eliminarla, destinando magari la serata all’organizzazione di iniziative di diverso tipo. Altra conseguenza potrebbe essere quella di programmare, per la domenica pomeriggio, un cartone animato per i bambini. Incoraggiante l’avvio dell’iniziativa che prevede la presenza-incontro con un personaggio in sala: sono stati duecento i presenti alla serata con Rocco Papaleo, quando sabato 26 ottobre si proiettava il suo ultimo film – in prima visione – “Una piccola impresa meridionale”. Probabilmente si proseguirà su questa linea. Da segnalare assolutamente, infine, un aneddoto tutto sui generis. Giovedì 24 ottobre un signore ha chiesto la sala in affitto, tutta per sè. Doveva festeggiare l’ottavo anniversario di matrimonio e vi ha portato la moglie, dicendole sempicemente che l’avrebbe portata a vedere il film di Papaleo. E invece... In sala c’erano solo loro due, e il gestore – d’accordo col marito – ha fatto partire il dvd del loro matrimonio... (Massimo Bassi) DIRETTORE RESPONSABILE ROBERTO CAROLI carocaroli@ceramicanda.com DIREZIONE,AMMINITRAZIONE Ceramicanda srl, via De Amicis 4 42013 Veggia di Casalgrande (RE) tel.0536990323 - fax 0536990402 REDAZIONE IL DSTRETTO via De Amicis 4 42013 Veggia di Casalgrande (RE) tel.0536822507 - fax 0536990450 redazione@ceramicanda.com REDATTORI Stefano Fogliani, Daniela D’Angeli COLLABORATORI Claudio Sorbo, Massimo Bassi, Don Achille Lumetti, Edda Ansaloni, Paolo Ruini, Bruno Dallari, Don Rino Bertoldi, L’Amico del Tempo, Sting EDITORE CERAMICANDA SRL Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Reggio Emilia al n°1202 in data 05/12/07 PUBBLICITA’ Ceramicanda srl, via De Amicis 4 42013 Veggia di Casalgrande (RE) tel.0536990323 - fax 0536990402 redazione@ceramicanda.com IMPAGINAZIONE gilbertorighi.com STAMPA SOCIETA’ EDITRICE LOMBARDA SRL- CREMONA CERAMICANDA garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo al responsabile dati Ceramicanda via De Amicis 4 42013 Veggia di Casalgrande (RE). Le informazioni custodite nel nostro archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare proposte commerciali. In conformità alla legge 675/96 sulla tutela dati personali e al codice di auotisciplina ANVED a tutela del consumatore www.ceramicanda.com Copyright©Studio Maggi /Moreno Maggi GRESPORCELLANATO SPESSORATO Cotto d’Este per la nuova Stazione Tiburtina di Roma. Il Gres porcellanato spessorato 14 mm di Cotto d’Este è realizzato con un processo produttivo unico: pressato 3 volte, cotto per oltre 90 minuti fino a 1230°, 3 volte più resistente ai carichi rispetto alla media della tradizionale ceramica di 10 mm (test certificati secondo la norma ISO-10545-4). Il processo produttivo Cotto d’Este conferisce alla superficie finiture di pregio e colori di straordinaria bellezza. Garantito 20 anni. www.cottodeste.it kerlite_Ceramicanda_v2.indd 1 27/06/2013 16:51:58 anno 5 numero 133 / 2 Novembre 2013 15 RUBRICHE Quando andrete a... La Davis – Monthan Air Force Base, il cimitero degli aerei N ell’immaginario collettivo Stati Uniti = New York, ma non è vero: gli States sono un enorme spazio pressoché disabitato fatto di immense pianure spesso incolte, montagne imponenti, fiumi interminabili (il Mississippi è lungo quasi 6.000 chilometri), deserti estesissimi. Inoltre, siccome il paese è molto grande, generalmente si ritiene che anche le sue città lo siano, mentre solo 9 hanno più di un milione di abitanti: la Cina ne conta oltre cento. Va aggiunto che spesso le città degli Stati Uniti, anche le più note, sono piccole, grigie, sbiadite e non valgono una deviazione, come direbbe la Guida Michelin: ad esempio, Tucson, in Arizona, conta poco più di 500.000 abitanti, è nel mezzo di un deserto (come Phoenix o Las Vegas) e non c’è niente di memorabile da vedere. I suoi figli celebri (sia naturali, sia adottivi) sono solo due: Jesse Owens, l’uomo di colore che nel 1936 vinse quattro medaglie d’oro nell’atletica alle Olimpiadi di Berlino, il suo trionfo provocò un travaso di bile a Hitler, che lasciò lo stadio prima delle premiazioni per non essere costretto a stringere la mano a un essere appartenente a una razza inferiore (secondo lui), e Joseph Bonanno, nato a Castellammare del Golfo (Trapani) nel 1905 e morto a Tucson a 97 anni, un’età inconsueta per chi svolgeva la sua professione: il gangster. Era detto Joe Bananas. Come Tucson ci sono mille altre città: Cheyenne, capitale del Wyoming e città più popolosa dello Stato (59.000 abitanti), 1.900 metri sul livello del mare nel cuore delle Montagne Rocciose. I suoi monumenti più importanti sono la stazione ferroviaria del 1867, quattro enormi stivali da cow boy, allegramente decorati da artisti locali, strategicamente posizionati ai vertici del giardino antistante la stazione e un enorme negozio storico della Wrangler, blue jeans, cappelli Stetson, stivali, lazos e simili: nient’altro. Simile a Cheyenne è Salt Lake City nello Utah, la mitica capitale dei Mormoni, conta 190.000 abitanti (i mormoni sono 20.000), l’unico locale trasgressivo è un bar – ristorante in cui si beve birra, si mangiano mortiferi Hamburger a due piani e si è allegramente bombardati dal frastuono assordante di musica Rock sparata a 100.000 Watt. Il nome del locale è “Squatter”, che vuol dire “occupante abusivo”. Eppure, tornando a Tucson (pronuncia “Ciusoòn, con la “s” di “rosa”) qualcosa di unico, enorme, impensabile e imprevedibile c’è, ma è fuori città: è il più grande cimitero di aerei civili e militari del mondo. Nel torrido deserto che circonda la città di trova la Davis – Monthan Air Force Base, un aeroporto militare, di cui una parte immensa, oltre 5 milioni di metri quadri, è occupata dal 309° Aerospace Maintenance And Regeneration Group, AMARG, “Gruppo di manutenzione e rigenerazione aerospaziale”, che ospita oltre 4.400 aerei civili e militari, tutti usciti di servizio o mai entrativi. Ed eccoli, mili- tarmente allineati per tipo e modello, i mitici Phantom II, cacciabombardieri supersonici della guerra del Vietnam, i più recenti F14 ed F15, oltre allo smisurato Lockheed C5A Galaxy, alto 19 metri e lungo 75, peso a vuoto 172 tonnellate, carico trasportabile di 123 tonnellate, serbatoi per 193.000 litri di carburante in grado di dargli una autonomia di 4.400 chilometri alla velocità di crociera di 908 chilometri orari (consumo: 43 litri al minuto): un bestione tuttora in servizio dopo oltre 40 anni. È più piccolo solo del russo Antonov An – 225 Mriya, un monumento al gigantismo (e alla stupidità) del regime sovietico: sei turbo reattori, carrel- lo con 32 ruote, 288 tonnellate di peso, poteva trasportare 250 tonnellate. Ne è stato costruito solo uno, tuttora in servizio dopo 20 anni. Tornando al nostro cimitero degli aerei, accanto al Galaxy e ai caccia bombardieri sono anche elicotteri, aerei civili e da trasporto e 13 mezzi aerospaziali (modelli mai entrati in servizio). Infine, incredibile, ci sono numerosi aerei nuovi finiti qui perché rivelatisi non necessari essendo stati prodotti in eccedenza rispetto alle esigenze: un capolavoro dell’intelligenza militare. Appena portati qui, gli aerei vengono collocati accanto a quelli dello stesso tipo, poi vengono tolte le parti riutilizzabili e quelle coperte da segreto militare come i radar, posizionati dietro il muso (ecco perché quasi tutte le carcasse degli aerei ne sono prive). Inoltre, il cimitero degli aerei non inquina: dopo essere stati parcheggiati, ne vengono estratti, oltre alle parti riutilizzabili, il carburante residuo, i lubrificanti, i liquidi delle parti idrauliche. Poi, lentamente e silenziosamente ogni aereo muore. Il clima torrido del deserto e l’escursione termica tra giorno e notte dilatano e fanno restringere l’alluminio delle ali e delle carlinghe, così dopo qualche anno le giunture cominciano ad allentarsi, poi cedono, i vetri della cabina di pilotaggio e quelli sulla carlinga si spezzano, le ali si afflosciano, infine l’aereo collassa al suolo. Talvolta, però, interviene il miracolo: qualcuno compra uno di questi aerei, lo paga a peso di metallo, lo porta via e lo resuscita: rivivrà, novella araba fenice, per irrorare i campi di sostanze chimiche o – opportunamente adattato – per spegnere incendi boschivi. Di questo cimitero colpisce l’aspetto surreale: gli aerei sembrano battaglioni di scheletri metallici stesi allineati sul terreno brullo e privo di presenze umane. Girando tra quelle lamiere ti aspetti che il silenzio sia rotto all’improvviso dall’urlo lacerante delle turbine pronte a sparare qualche sgangherato F14 nell’ultimo volo verso il cielo. D’altra parte, non volano in cielo anche le anime? E questo, non è forse un Aircraft Boneyard, un cimitero di aerei? (L’Amico del Tempo) Fardelli d’Italia Made in Tarocco, ovvero la contraffazione come pratica produttiva L ’ANUGA di Colonia, la più importante fiera mondiale dell’agroalimentare, nell’edizione 2013 (5 – 9 ottobre) ha confermato i numeri degli anni precedenti. Di più: mai come quest’anno c’è stata la caccia allo Stand perché se esponi all’ANUGA sei un’azienda che conta in campo internazionale, se non esponi vuol dire che non esisti. È una fiera rigorosamente riservata agli addetti ai lavori, quindi non si corre il rischio di trovarsi tra i piedi battaglioni di scolaresche fastidiose come zanzare o arzille pensionate che ti chiedono cataloghi di cui non si faranno niente: chi circola nelle corsie è un Buyer professionista o un decisore d’acquisto, quest’anno in cinque giorni ne sono stati registrati 155.000 provenienti da 187 paesi. Il leit motiv di questa edizione è stato rappresentato da due temi cruciali: la catena del valore del prodotto alimentare e il miglioramento della qualità come primo obiettivo dei produttori. Bene, avrei voluto vedere le facce degli espositori quando la mattina del giorno 8 ottobre un plotone della Guardia di Finanza tedesca è entrato nel complesso fieristico a passo di carica e si è sparso tra i vari stand sequestrando oltre 700 prodotti “Italian Sounding”, cioè che di italiano hanno solo il nome. Insomma, hanno colpito i “taroccatori senza vergogna”, coloro che avevano avuto la faccia tosta di esibire prodotti dichiarati italiani senza che lo fossero, per di più presentati negli stand in un trionfo di bandiere tricolori. Così, è finito sotto la lente dei solerti finanzieri un “Mozzarella Shredded Cheese”, “Formaggio Mozzarella a fette”, marchio registrato (!!!) dalla australiana VVRS. Essa produce e commercializza in tutto il mondo tramite organizzazioni di vendita locali zampe di pollo (piatto molto popolare in Estremo Oriente), grano, noci, frutta secca, olio, spezie, zucchero, legumi secchi, fiocchi d’avena, grano duro e, appunto, latticini e derivati. La sede sociale è a Doolandella, quartiere periferico di Brisbane, nello Stato del Queensland, e ha altre sedi operative a Melbourne e Sidney. Questi signori eviden- temente ignorano che non si può usare il nome “Mozzarella” né produrre un formaggio chiamandolo “Mozzarella”, tanto è vero che nel loro sito Internet il listino presenta i prezzi di quattro tipi di mozzarella: intera fresca, intera surgelata, a fette fresca (“shredded”, appunto) e a fette surgelata. Di più: un filmato mostra con quanta cura essi producano i formaggi, quindi possiamo stare tranquilli. Altra azienda presa in castagna dai rigorosi finanzieri teutonici è stata la tedesca Hasa di Burg, nei pressi di Magdeburgo, produttore di pizze surgelate. All’ANUGA hanno sequestrato pizze esposte sotto i marchi “Italissimo” e “Pizza Amore”, nelle versioni “Alla diavola”, “Margherita” e una esotica “Hawaii”, con piccoli tranci di ananas. Il catalogo di “Italissimo” presente in Internet ci mostra anche le versioni “Salami”, “Speciale” e un poco invitante “Tonno”, sia nella versione “Standard”, sia in quella “Premium”; inoltre, compaiono la versione “Bio” e i formati speciali – molto tedeschi – a forma di cuore o con il prosciutto che la ricopre la pizza a forma di cuore (ma perché non l’abbiamo inventata noi, che siamo creativi? Vuoi mettere che serata ci scappa fuori con la nostra compagna dopo una pizza a forma di cuore?). Il trionfo finale è stato il sequestro di quantità industriali di “Parmesan Chese”, “Pecorino Romano”, “Romano Cheese”, e “Asiago” esposti dal produttore americano “Milano’s”, tutta roba tutelata dai nostri marchi DOP e IGP, Denominazione di Origine Protetta e Indicazione Geografica Protetta, che vengono attribuiti dall’Unione Europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. L’intervento dei militari tedeschi è stato richiesto alle autorità di Berlino da parte del nostro Ministero delle politiche agricole, evidentemente sollecitato dalle proteste di una miriade di produttori stufi di queste truffe. La cosa più grave, aggiungo io, è che una parte considerevole delle aziende produttrici di questi falsi appartengono a paesi dell’Unione Europea, che evidentemente sinora ha avuto troppo da fare per occuparsi di questo scandalo che dura da decine di anni. Quanto vale questo mercato del falso alimentare? Non ci crederete: circa 60 miliardi di Euro l’anno in termini di mancati acquisti di omologhi prodotti nostrani, almeno 4,8 miliardi di IVA non incassata dallo Stato e il mancato impiego di almeno 110.000 lavoratori per produrre ciò che disonestamente viene venduto da altri. Fortunatamente siamo un popolo di buon carattere e vediamo sempre il lato grottesco delle cose: lo scorso anno il settore dell’abbigliamento (altro segmento produttivo duramente colpito dalle contraffazioni) in occasione del MIPEL di Milano(fiera della pelletteria) ha organizzato una mostra intitolata “Made in Tarocco” ove sono state esposte le foto delle false griffe di casa nostra vendute in giro per il mondo. Comunque, evitiamo di gioire troppo perché per una volta hanno incastrato gli altri: noi siamo affezionati alle nostre trasgressioni. La DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Napoli ha denunciato che la mozzarella adulterata prodotta nel comprensorio campano da 29 caseifici, tutti incriminati, era realizzata impiegando milioni di litri di latte congelato proveniente dai paesi dell’Est e con cagliate provenienti da Lituania, Polonia ed Estonia. Il tutto, con un bel marchio “DOP” contraffatto applicato sulle confezioni. Come si vede, se Atene piange, Sparta non ride. E le nostre produzioni alimentari ancora meno. (Sting) Via Pietro Nenni, 8 - 42048 Rubiera (RE) - Tel. +39 0522 621162 - Fax. +39 0522 262589 - Email: info@daxel.it TEST THE BEST DIGITALPRINTINGSYSTEM 400 X 400 DPI PER 40 METRI AL MINUTO 4 LIVELLI DI GRIGIO FINO A 80 PICOLITRI PER GOCCIA 6 BARRE COLORE LINELESS systemceramics.com
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