Supplemento 1-2009 – Salute e sicurezza al lavoro

19-06-2009
11:44
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Medicina del Lavoro
La
Supplemento 1-2009
Volume 100
Issn 0025 - 7818
Rivista fondata nel 1901
da Luigi Devoto
Medicina del Lavoro
La
Rivista Bimestrale di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
Italian journal of Occupational Health and Industrial Hygiene
VOLUME 100
SUPPLEMENTO 1-2009
Salute e
sicurezza al lavoro
Health and
Safety at work
La prevenzione
basata
sull’evidenza
Evidence Based
Prevention (EBP)
Mattioli 1885 casa editrice
Editors:
Alberto Baldasseroni
Stefano Mattioli
Mattioli 1885 casa editrice
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA - FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2009
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Supplemento 1-2009
Volume 100
Issn 0025 - 7818
Rivista fondata nel 1901
da Luigi Devoto
Medicina del Lavoro
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Rivista Bimestrale di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale
Italian journal of Occupational Health and Industrial Hygiene
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 3-5
I
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Introduzione
N D I C E
A. Baldasseroni, S. Mattioli
RELAZIONI / INVITED PRESENTATIONS
La valutazione di efficacia delle attività di vigilanza in regione Piemonte: i progetti “sicurezza nei
cantieri edili” anni 2001-2005 e “prevenzione per le grandi opere” (la valutazione di efficacia delle
attività di vigilanza) Evaluation of the effectiveness of Occupational Safety and Health inspections
of construction sites in the Piedmont Region from 2001 to 2005 Santina Bruno, Antonella Bena,
Maria Luisa Debernardi, S. Nava, Raffaella Pastore, C. Proietti, D. Quarta
11
Prevenzione dei disturbi del rachide nei lavoratori di un ospedale: intervento multidisciplinare e
valutazione di efficacia A multidisciplinary preventive intervention in a large Italian Hospital
S. Porru, Angela Carta, Francesca Parmigiani, Manuela Oppini, G. Parrinello, L. Alessio
16
Efficacia di un intervento ergonomico sulla postura lavorativa e sul mal di schiena nei
videoterminalisti Low back pain among video-terminal workers: ergonomic postural interventions
P. Pillastrini, R. Mugnai, Lucia Bertozzi, Stefania Curti, F. De Domenico, S. Mattioli, F.S. Violante
20
Ipoacusia da rumore: i programmi di sorveglianza sanitaria sono sempre efficaci? Noise-induced
hearing loss: are health service surveillance programs always effective? L. Perbellini, N. Veronese,
E. Raineri, Marta Rava, A. Riolfi
24
Esperienze di prevenzione nelle Aziende Sanitarie. Le aggressioni ed i disturbi muscoloscheletrici
Experience of prevention activities in local health units. Assaults and musculoskeletal disorders
N. Magnavita
29
Valutazione di un programma per la diagnosi precoce di cancro polmonare negli ex esposti ad asbesto
Feasibility of a screening programme for lung cancer among workers previously heavily exposed to
asbestos G. Mastrangelo, Maria Nicoletta Ballarin, E. Bellini, Margit Eder, Federica Zannol, F. Gioffrè,
A. Zedde, Gianna Tessadri, G. Marangi, L. Scoizzato, F. Valentini, U. Fedeli, R. Rylander
33
Gli interventi di promozione della salute nei luoghi di lavoro: progetti in corso e loro valutazione di
efficacia Workplace health promotion interventions: ongoing projects and evaluation of their
effectiveness G. Gorini
37
La promozione della salute nei luoghi di lavoro: valutazione di evidenze di efficacia e
raccomandazioni metodologiche Workplace health promotion: evaluation of evidence of efficacy
and methodological recommendations Anna Pavan, Maria Elena Pirola, Marina Bonfanti,
Liliana Coppola, L. Macchi
41
Le disuguaglianze nella protezione e promozione della salute di chi lavora Inequalities in protection
and promotion of workers’ health C. Mamo
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INDICE
COMUNICAZIONI / ORAL PRESENTATIONS
Ruolo di un osservatorio infortuni per l’azione di prevenzione del servizio di Prevenzione, Igiene e
Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) Role of a surveillance system developed by the Viareggio
Local Health Unit in injury prevention Lucia Bramanti, Paola Lorenzoni, A. Pierotti, G. Angotzi
48
Indagini per infortunio svolte dai servizi di prevenzione delle ASL, una scelta per l’efficacia
Workplace accident investigations carried out by local Occupational Health and Safety Units
C. Piz
52
Modello semplificato di sistema di gestione della sicurezza sul lavoro per piccole imprese. Primi
risultati della sperimentazione A simplified occupational health and safety management system
designed for small enterprises. Initial validation results Romana Bacchi, L. Veneri, P. Ghini,
Maria Alessandra Caso, Giovanna Baldassarri, F. Renzetti, R. Santarelli
55
La valutazione del rischio Tubercolosi nelle strutture sanitarie Tuberculosis risk assessment in
Italian healthcare centres V. Puro, Loredana Bellocchi, Stefania Bertoldo, A. Bressan, Elettra Checchi,
D. Chatrian, GiuliaCheraz, Silvana Cinalli, Marinella Daglio, Tiziana Feletti, Federica Ferraro,
M. Goletti, Marina Greci, P. Marchese, M. Marchesotti, F. Mineo, Irene Pandiani, R. Polato, Roberta
Pussini, Maddalena Quintili, Oriella Renzi, Marina Scarsella, Manuela Serva, G. Simonini, M. Signori,
Gabriella Spurio, M. Strosselli, Marta Ursini
59
Applicazioni orientate all’efficacia negli interventi di prevenzione in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro realizzate in regione Lombardia nel biennio 2007-2008 Effectiveness of preventive
measures for Workplace Health and Safety in Lombardia Region during the period 2007-2008
Nicoletta Cornaggia, G. Saretto, Agostina Panzeri
62
POSTER / POSTERS
Studio di efficacia di fattori tecnici e organizzativi nella riduzione degli indici infortunistici nel
settore metalmeccanico Efficacy of a training intervention aimed at reducing injuries in the
metalworking industry A. Albonetti, L. Veneri, Emanuela Cicognani, V. Poggiolini, M. Rossi,
Stefania Canali
64
Rischio di crollo nello scavo di gallerie: monitoraggio tramite indicatori diversi dal numero di
infortuni Risk of collapse in the excavation of tunnels: use of monitoring indicators other than
number of accidents Filippo Ariani
66
Idonei al lavoro per certificato, ovvero: la prevenzione inefficace delle malattie da lavoro. Misure di
tutela del cittadino da prestazioni sanitarie improprie o inappropriate The need for measures to
safeguard citizens against inappropriate health service certification of fitness for work
Lucia Bramanti, Federica Bertagna, Valeria Ceragioli, G. Angotzi
68
Un osservatorio infortuni sul lavoro (IL) integrato tra INAIL e USL: condizione per l’appropriatezza
e la completezza della raccolta dei casi Work injury observatory shared by INAIL (National
Insurance Institute against Occupational Accidents and Diseases) and USL(Local Health Unit): an
essential condition for the proper collection of all cases Lucia Bramanti, Paola Lorenzoni, A. Pierotti,
G. Angotzi, C. Cervo, M. Lucchesi, V. Monti, Rosalba Baldinelli
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INDICE
5
70
La formazione e l’addestramento all’uso degli ausili per una corretta movimentazione dei pazienti
nell’AUSL di Bologna e le richieste del D.Lgs 81/2008 Patient lifting: legal obligations and a
training programme experience Elena Cappiello, Loredana.Cecchetti, E. Melecchi, Cinzia Mignani,
S. Sassi, D. Tovoli
72
Validità dell’integrazione delle diverse competenze nella gestione delle emergenze di origine
biologica Validity of combining different areas of expertise in the management of emergencies of
biological origin Maria Concetta D’Ovidio, Nicoletta Vonesch, D. Sbardella, Paola Tomao, Paola Melis,
S. Signorini, S. Iavicoli
74
Salute e sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura: progetto di informazione e assistenza nella
zona sud est fiorentina Health and safety of migrant agricultural workers: an ongoing training
programme Carla Fiumalbi, Maria Rosaria De Monte, P. Borghi, Sara Gatteschi, Valentina Vecci,
Sandra Rogialli, M. Giannelli
76
Dalla teoria alla pratica: utilizzo dell’Evidence-based Journal Club per la progettazione di un
intervento di prevenzione degli infortuni From theory to practice: use of Evidence-based Journal
Club to plan an intervention to prevent work injuries Lidia Fubini, L. Gilardi, Antonella Bena,
M.L. Debernardi, O. Pasqualini, D. Quarta
78
Secondo i dati del Registro di Mortalità Regionale toscano le “morti bianche” sono decisamente
sottostimate dall’INAIL According to Tuscany Mortality Records, fatal accidents at the workplace
are largely underestimated by INAIL (National Insurance Institute against Occupational Accidents
and Diseases) Lucia Giovannetti, A. Martini, A. Miglietta, Elisabetta Chellini, A. Baldasseroni
80
Valutazione dell’efficacia di un nuovo strumento nel ridurre il sovraccarico biomeccanico degli arti
superiori nelle addette alle pulizie in ambiente ospedaliero. Studio multicentrico toscano Efficacy
evaluation of a new tool designed to reduce upper limb biomechanical burden in hospital cleaners.
A multicentric study in Tuscany M. Mondelli, A. Baldasseroni, M. Mariani, Franca Luongo, A. Grippo,
Rita Ansuini, M. Ballerini, F. Giannini, M. Graziani, Rossana Mancini, P. Manescalchi, Carla Sgarrella
82
Esposizione professionale a campi magnetostatici in risonanza magnetica nucleare: tra obblighi di
legge e prove scientifiche Occupational exposure to magnetostatic fields in magnetic resonance
imaging: legal obligations and scientific evidence R. Perduri, Anna Murolo, G. Franco
84
Un nuovo modello di vigilanza in azienda sul sistema di gestione della sicurezza sul lavoro A new
method for performing health surveillance aimed at improving work safety Manuela Peruzzi,
L. Marchiori, Maria Lelli, Cristina Fiorini, Loredana Brunetti, M. Gobbi
86
È utilizzabile il questionario autosomministrato come strumento per la raccolta di informazioni nel
corso dell’accertamento preventivo? Un’indagine sul campo Suitability of self-administered
questionnaires to collect information in prevention assessment: a field investigation
Maria Elena Strozzi, Sara Ricciardi, R. Perduri, G. Franco
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 6
I
N T RO D U Z I O N E
In tutti i campi della Sanità l’efficacia del proprio fare professionale è al centro del dibattito tra i professionisti. La Prevenzione, fino a qualche anno fa emarginata da questo dibattito, sta lentamente recuperando
il tempo perduto. Le attività di prevenzione dei rischi e dei danni da lavoro sono finalmente oggetto di studio e di sintesi nei loro effetti sulla salute. Per dar conto dello “Stato dell’Arte” in questo nuovo e difficile
campo si è ritenuto utile raccogliere in un convegno le principali esperienze e riflessioni sia sul piano delle
metodologie di valutazione dell’efficacia, sia su quello dei risultati di studi empirici realizzati,in particolare,
da autori italiani. Il filone di studi legato all’esperienza della Sanità Pubblica americana parte sostanzialmente dal presupposto che le decisioni nel campo degli interventi di Sanità Pubblica si basano sempre, al
più, sulla “best available evidence”, ossia su quanto c’è, valutato secondo criteri di qualità, ma considerato
nel suo insieme, senza escludere a priori nessun tipo di indizio. Le conseguenze sul piano pratico sono che i
“criteri d’inclusione” nelle revisioni che vengono adottate da quel gruppo di operatori sono ampi e tengono
in conto anche frammenti di “prova”, purchè in grado di influenzare decisioni di politica sanitaria. Naturalmente il grading delle evidenze garantisce sul peso di ciò che è disponibile.
Il metodo adottato dalla Cochrane Collaboration prevede invece uno sbarramento in entrata degli studi
da valutare, in base al tipo di disegno adottato. Le revisioni Cochrane accettano solamente studi di tipo
Trial, dove cioè il ricercatore controlla direttamente la somministrazione del “trattamento/intervento”, meglio se nella forma randomizzata, o, più recentemente, studi di tipo ITS, serie temporali interrotte, che del
trial mantengono diverse caratteristiche. Tutti gli studi osservazionali, in generale quelli dove la selezione
dei soggetti che afferiscono al trattamento/intervento non è casuale e il trattamento/intervento non viene
somministrato dal ricercatore, ma si realizza “spontaneamente”, sono esclusi come fonte di prova. Questo fa
si che, per ora, le revisioni Cochrane nel nostro campo d’interesse risultino assai povere di studi considerati
e le conclusioni spesso siano quelle di un incitamento a fare studi di qualità tale da poter essere considerati,
senza poter dire al momento qualcosa di definito sugli orientamenti da prendere. Il convegno ha segnato
anche la conclusione di un progetto di ricerca del Centro per il Controllo delle Malattie del Ministero della
Salute dedicato proprio alla valutazione delle prove di efficacia nella prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il convegno si è rivolto a tutti gli operatori della prevenzione ed ha trattato sia dell’efficacia degli interventi
contro gli infortuni sia dell’efficacia degli interventi contro le patologie da lavoro.
In conclusione, il convegno ha mostrato quanto sia necessario ribadire che anche le attività di “Salute e
sicurezza del lavoro” possono essere misurate nella loro efficacia, benchè con le peculiarità insite nel problema. Le esperienze presentate hanno mostrato che “si può fare” e che si può togliere in questo modo comodi
alibi a chi voglia approfittare dell’equivalenza non-misurabile=inutile, ed a chi, al contrario, pretenda di non
dover mai rispondere alla domanda “Fai bene le cose giuste?”.
A. Baldasseroni
CeRIMP – Regione Toscana
Firenze
Alberto.baldasseroni@asf.toscana.it
S. Mattioli
Laboratorio di Epidemiologia
UO Medicina del Lavoro
Università degli Studi di Bologna
s.mattioli@unibo.it
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 7-10
La valutazione di efficacia delle attività di vigilanza in
regione Piemonte: i progetti “sicurezza nei cantieri edili”
anni 2001-2005 e “prevenzione per le grandi opere”
(la valutazione di efficacia delle attività di vigilanza)
SANTINA BRUNO, ANTONELLA BENA*, MARIA LUISA DEBERNARDI*, S. NAVA, RAFFAELLA PASTORE,
C. PROIETTI**, D. QUARTA*
ASL CN2 - Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL)
* ASL TO3 - Servizio Sovrazonale di Epidemiologia
** ASL TO3 - Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL)
KEY WORDS
Effectiveness; construction industry; inspection
SUMMARY
«Evaluation of the effectiveness of Occupational Safety and Health inspections of construction sites in the
Piedmont Region from 2001 to 2005». Objectives: To assess the effectiveness of safety inspections in the construction industry in Piedmont in terms of exposure to risk and injuries. Methods: We conducted a retrospective analysis of the surveillance activities carried out in Piedmont between 2001 and 2005: to this purpose, we used a logical
framework and we identified indicators to evaluate the process and its impact on exposure and injuries. Results:
Process: fixed standards involving the number of safety inspections and the type of constructions under control were
respected; there was always sufficient diversity among the public works under control, although local health units
used different working methods. Impact on exposure and injuries: injury rates in the construction industry in Piedmont showed a decreasing trend and systematically lower values compared to national rates. Injury rates in the
“roads and railways” sector showed an increasing trend owing to the great number of public works under construction. In this case, the effect of preventive measures seems less noticeable, but this mainly depends on methodological
limits, such as mismatch between numerator and denominator, difficulties in estimating the number of workers actually present on the sites, underreporting of minor events. Conclusions: Despite the limitations of a retrospective
analysis, the Piedmont safety inspection programme for the construction industry showed coherence with the objectives and had a positive impact on injury rates.
RIASSUNTO
Valutare formalmente le attività di vigilanza condotte in Piemonte nel comparto costruzioni nel periodo 20012005, misurandone l’effetto sulle esposizioni a rischio e sugli infortuni. È stata effettuata un’analisi di tipo retrospettivo-osservazionale delle attività svolte, partendo dalla costruzione di un “Logical framework” e determinando
Corrispondenza: Dr. Santina Bruno, Servizio di Prevenzione e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPreSAL), via Vida 10, 12051 Alba
(CN) - Tel. 0173 316604- Fax 0173 316 535 - E-mail: sbruno@aslcn2.it
Il progetto è stato condotto nell’ambito del Piano di Prevenzione Attiva della Regione Piemonte.
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BRUNO E COLLABORATORI
indicatori per valutare processo e impatto sull’esposizione ai rischi e sugli infortuni. Processo: sono stati rispettati gli
standard fissati in termini di numero di interventi e tipologia di opere controllate; oltre il 70% degli interventi sono
stati attivati su iniziativa autonoma. Impatto su esposizioni ed infortuni: la frequenza infortunistica in Piemonte
nel comparto costruzioni ha mostrato valori sistematicamente inferiori rispetto alla media italiana e un trend complessivamente in discesa. Il trend nel comparto “strade e ferrovie” è in salita a causa della realizzazione di numerose
grandi opere pubbliche, ma risulta condizionato da limiti metodologici (disallineamento tra numeratore e denominatore, difficoltà di stima dei lavoratori effettivamente presenti sui cantieri, sottonotifica degli eventi meno gravi).
Pur con i limiti di una valutazione di tipo osservazionale condotta a posteriori, i progetti di vigilanza attuati nel
comparto delle costruzioni sono risultati coerenti rispetto a quanto programmato e accompagnati da un impatto positivo sulla frequenza infortunistica.
INTRODUZIONE
Valutare i risultati delle attività di vigilanza in
termini d’impatto sulla salute è un obiettivo irrinunciabile per la prevenzione primaria e costituisce
probabilmente una curiosità di molti. I pochi lavori
reperibili in letteratura portano a risultati contraddittori, mettendo in evidenza effetti a volte modesti, altre volte più importanti. Considerato che gli
stili di vigilanza ed i contesti ambientali possono
essere molto diversi, si pone anche il problema della generalizzabilità e trasferibilità dei risultati delle
valutazioni effettuate. Occorre inoltre tenere in
conto l’oggettiva difficoltà a misurare l’efficacia di
interventi che agiscono su una catena causale lunga, in cui la forza dell’associazione tra vari fattori
non è sempre chiara e prevedibile: è difficile valutare l’effetto specifico della vigilanza rispetto ad altre
iniziative di prevenzione che possono essere attive
contemporaneamente.
È convinzione comune che l’attività di vigilanza
sia un fattore indispensabile per la riduzione degli
infortuni e che l’aumento del numero di interventi
di vigilanza esiti naturalmente in una riduzione degli eventi; conseguentemente, si presume che gli effetti limitati (o mancati) siano attribuibili all’inadeguatezza delle risorse. Sono tuttavia assai rari gli
studi a dimostrazione di queste affermazioni. L’avvio di progetti di valutazione dell’impatto sulla salute delle attività di vigilanza possono costituire un
importante contributo sia ai fini di una corretta allocazione delle risorse disponibili, sia per migliorare gli interventi in funzione dei risultati misurati.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di effettuare una valutazione formalizzata delle attività di
vigilanza condotte in Piemonte sul comparto delle
costruzioni nel periodo 2001-2005.
METODI
È stata condotta un’analisi di tipo retrospettivoosservazionale delle attività svolte nell’ambito dei
progetti regionali “Sicurezza nei cantieri edili” e
“Prevenzione per le grandi opere” avviati in Piemonte negli anni 2000 (3). Sulla base di un “Logical framework” sono stati individuati indicatori per
la valutazione di processo e d’impatto sull’esposizione e sugli infortuni. Le analisi comprendono le
attività svolte tra il 2000 ed il 2005 e sono state
stratificate per anno e per ASL.
Sono state utilizzate tre fonti informative:
-banca dati della Regione Piemonte, comprendente i dati raccolti attraverso le schede di attività
compilate dalle ASL;
flusso informativo INAIL-ISPESL-Regioni;
banca dati dell’Osservatorio Regionale per il
Monitoraggio Epidemiologico (Orme-TAV), istituito ad hoc per il monitoraggio degli infortuni accaduti sulla linea ferroviaria ad alta velocità TorinoNovara.
RISULTATI E DISCUSSIONE
L’elenco completo degli indicatori utilizzati e dei
risultati sono raccolti in un volume (2) completo di
un CD contenente analisi approfondite a livello di
ASL. In questo articolo ci si limita a presentare i
risultati più importanti.
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LA VALUTAZIONE DI EFFICACIA DELLE ATTIVITÀ DI VIGILANZA
Valutazione di processo
Pur con i limiti con i quali è stato necessario lavorare, la valutazione di processo realizzata permette di affermare che i progetti regionali di prevenzione sono stati condotti coerentemente rispetto a
quanto programmato. Complessivamente, gli standard fissati relativamente al numero di interventi
sono stati rispettati e, talvolta, nettamente superati,
anche se si osservano disparità tra le ASL e tra i diversi anni (dati non presentati).
Il 74% degli interventi è stato attivato su iniziativa autonoma e la tipologia di opere controllate,
pur con diversità tra ASL, ha sempre un profilo
sufficientemente vario. Anche se non è stato possibile analizzare dati sulla distribuzione temporale e
territoriale dei controlli, questi fattori suggeriscono
una buona adesione ai criteri di programmazione
richiesti al fine di aumentare l’efficacia complessiva
della vigilanza.
I controlli hanno riguardato solo una parte dei
cantieri, corrispondente a circa il 10% del numero
delle notifiche ex art 11 D.Lgs. 494/96 ed anche le
ipotesi di incremento della vigilanza contenute nel
Patto per la Salute portano a coperture inferiori al
20%. E’ quindi necessario che le attività di vigilanza
siano programmate in modo da ottenere risultati
protratti nel tempo nei cantieri controllati ed effetti
di deterrenza e persuasione anche nei cantieri non direttamente interessati dalle ispezioni (effetto alone).
Nel 65% dei controlli effettuati è stata trasmessa
notizia di reato all’Autorità Giudiziaria. Anche in
questo caso vi sono evidenti diversità tra ASL (dati
non presentati) ma complessivamente il dato documenta un corretto orientamento della vigilanza
verso i cantieri con maggiori criticità.
Questi e gli altri risultati di processo sono alla
base della riprogettazione del piano per la sicurezza
nei cantieri del 2009, che prevede una maggiore integrazione degli interventi di vigilanza con azioni
che aumentino l’effetto alone.
Impatto sulle esposizioni a rischio e sugli
infortuni
Tra gli obiettivi della valutazione vi era la misurazione degli effetti sulle esposizioni a rischio pre-
9
senti nei cantieri, risultato che teoricamente può
essere correlato all’intervento di vigilanza in modo
più semplice rispetto alla riduzione degli infortuni.
Le prescrizioni impartite (ottemperate quasi al
100%) potrebbero indicare sia l’entità dei rischi
presenti nei cantieri, sia l’entità delle bonifiche effettuate. Il dato però riguarda i soli cantieri controllati e non può essere estrapolato a tutto il comparto; inoltre l’informazione è relativamente aspecifica ed è anche realistico ipotizzare differenze di
stili operativi. La misurazione della prevalenza dei
rischi nei cantieri quindi non può che derivare da
osservazioni pianificate, intervento sicuramente necessario ai fini della valutazione di risultato, ma
non programmato in Piemonte negli anni oggetto
di questa valutazione.
La frequenza infortunistica in Piemonte nel
comparto costruzioni ha mostrato nel periodo
2000-04 valori sistematicamente inferiori del 20%
rispetto alla media italiana ed un trend complessivamente in discesa. La diminuzione dei tassi è evidente soprattutto nei comparti “costruzioni edili”
ed “impianti” (figura 1) nei quali è ricompresa la
cantieristica tradizionale, oggetto della maggior
parte degli interventi di vigilanza.
Il trend è invece in aumento nel comparto “strade e ferrovie”, settore in tumultuoso aumento in
Piemonte negli anni 2000 a causa della realizzazione di numerose grandi opere pubbliche. L’analisi
dei dati raccolti ad hoc da Orme-TAV segnala in
realtà una stabilità dei tassi infortunistici sui cantieri nel 2003-2004 ed una diminuzione nell’anno
successivo (1). L’aumento misurato dai sistemi
informativi correnti risulta quindi legato a limiti
metodologici (disallineamento tra numeratore e
denominatore, difficoltà di stima dei lavoratori effettivamente presenti sui cantieri, sottonotifica degli eventi meno gravi). Anche per tale motivo l’analisi del trend è stata effettuata con un indicatore
“per ditta”, meno influenzato dall’aumento esponenziale degli infortuni importati sui territori interessati da tali opere.
Non è stato possibile effettuare una valutazione
più diretta dell’impatto sugli infortuni accaduti
specificamente sui cantieri oggetto degli interventi
di vigilanza perché le modalità di raccolta dei dati
non hanno reso disponibile tale informazione. Non
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BRUNO E COLLABORATORI
Figura 1 - Andamento nel tempo del tasso infortunistico
“indice per territorio”- Piemonte - 2000-2004; gruppi di
tariffa del comparto costruzioni
Figure 1 - Trend of injury rates “territory index”: Piedmont 2004-2004; sub-sectors of construction industry
è stato possibile effettuare neanche valutazioni più
puntuali su sottoinsiemi infortunistici con particolari modalità di accadimento a causa della scarsa
accuratezza delle codifiche ESAW disponibili dal
2000 al 2004. Sarebbe importante sviluppare nel
prossimo anno un’ulteriore valutazione su tali punti
ed un confronto con altre realtà Regionali.
CONCLUSIONI
Pur con i limiti di una valutazione di tipo osservazionale condotta a posteriori, i progetti di vigilanza condotti in Piemonte nel comparto delle costruzioni negli anni 2000 sono risultati coerenti rispetto a quanto programmato e sono stati accompagnati da un impatto positivo sulla frequenza
infortunistica. L’applicazione del ciclo della sanità
pubblica anche nella parte di valutazione, permette
di perseguire due importanti obiettivi: individuare
elementi di riprogettazione per il prossimo piano
cantieri (alcuni potranno essere attivati su tutta la
Regione; altri potranno essere avviati a progetto,
con affiancamento di un piano di valutazione esplicito, in alcune ASL) e fornire alle ASL uno strumento di autovalutazione e confronto tra pari.
Tutti i risultati sono stati discussi con gli operatori all’interno di un percorso che ha permesso anche l’approfondimento di altre esperienze nazionali
ed internazionali. Le analisi condotte, talvolta deboli dal punto di vista del rigore scientifico, sono
invece risultate un’importante palestra per avviare
un confronto ed un dibattito con il Sistema Pubblico di Prevenzione, non solo regionale, al fine di
coordinare le attività svolte, mettendone in luce i
punti di forza e promuovendo un miglioramento
delle azioni di prevenzione rivolte al comparto. Le
difficoltà emerse durante il lavoro devono essere tenute in giusta considerazione ma non rappresentano un ostacolo alla realizzazione di ulteriori iniziative di valutazione delle attività di vigilanza svolte
dalle ASL. Il prossimo anno ci si propone di continuare la valutazione anche in cooperazione con altre Regioni interessate.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
BIBLIOGRAFIA
1. BENA A, DEBERNARDI ML, PASQUALINI O, et al: Frequenza e gravità infortunistiche nei cantieri dell’Alta Velocità Torino-Novara: qual’è il rischio infortunistico atteso? Med Lav 2008; 99: 177-186
2. PASTORE R, BENA A, BRUNO S, et al: Valutazione di efficacia delle attività di vigilanza. I progetti “Sicurezza nei
cantieri edili” e “Prevenzione per le grandi opere”, 2008,
available from: http://www.dors.it/cmfocus/alleg/volume_vigilanza.zip
3. REGIONE PIEMONTE: I Progetti “Sicurezza nei cantieri
edili” e “Prevenzione per le grandi opere”, 2008, available from: http://www.regione.piemonte.it/sanita/sicuri/
prog_settore/edilizia.htm; http://www.regione.piemonte.
it/sanita/sicuri/grandi_opere/grandi_opere.htm
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 11-15
Prevenzione dei disturbi del rachide nei lavoratori di un
ospedale: intervento multidisciplinare e valutazione di
efficacia
S. PORRU, ANGELA CARTA, FRANCESCA PARMIGIANI, MANUELA OPPINI, G. PARRINELLO*, L. ALESSIO
Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale - Università di Brescia
* Sezione di Statistica – Università di Brescia
KEY WORDS
Multidisciplinary approach; low back pain; health care workers
SUMMARY
«A multidisciplinary preventive intervention in a large Italian Hospital». Background: A multidisciplinary
intervention is necessary to tackle the occupational risk of low back disorders in manual handling of patients and to
evaluate the effectiveness. Methods: An intervention was carried out which included risk assessment, testing and
purchasing of patient handling devices, training programmes, health surveillance and collection of quantitative and
qualitative outcomes to evaluate effectiveness, in a before-after design. Results: The intervention was effective in
reducing exposures, increasing knowledge and skills in patient-handling techniques, decreasing low back pain
prevalence and injuries related to patient handling; absenteeism seemed to show a decreasing trend. Conclusions:
The multidisciplinary approach was useful in the overall management of low back pain in health care workers performing patient handling.
RIASSUNTO
In un ospedale è stato condotto un intervento multidisciplinare per la prevenzione/gestione della lombalgia in addetti alla movimentazione manuale di pazienti. L’intervento comprendeva valutazione del rischio, ausiliazione,
informazione/formazione, sorveglianza sanitaria e individuazione di indicatori qualitativi e quantitativi per valutazione dell’efficacia, nell’ambito di un disegno pre-post. L’intervento ha consentito di ridurre l’esposizione, migliorare l’informazione e la formazione, ridurre la sintomatologia e gli infortuni, con tendenza alla riduzione dell’assenteismo. L’approccio multidisciplinare si è rivelato efficace per la gestione complessiva della lombalgia negli
operatori sanitari che effettuano movimentazione manuale di pazienti.
INTRODUZIONE
Il “mal di schiena” (LBP, Low Back Pain) è rilevante problematica sanitaria e non sanitaria negli
ambienti di vita e lavoro, motivo di frequente con-
sultazione di medico curante e medico del lavoro
(MdL). Riconosce molteplici fattori di rischio interagenti e comporta varie conseguenze. Numerose
attività svolte dagli addetti all’assistenza diretta di
pazienti espongono a fattori di rischio specifici tra i
Corrispondenza: Prof. Stefano Porru, Sezione di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale, Università di Brescia Piazzale Spedali
Civili 1, 25123 Brescia - Tel. 030/3995735 - Fax 030/394902 - E-mail: porru@med.unibs.it
Il lavoro è stato parzialmente finanziato dall’Ente Universitario per la Lombardia Orientale e dall’ISPESL
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PORRU E COLLABORATORI
quali: sollevamento/trasferimento manuale di pazienti e carichi, operazioni di traino-spinta, flessioni e torsioni del tronco, lavoro “sotto pressione” (1,
2). Negli operatori sanitari (OS) vengono riportate
prevalenze annuali di LBP fino all’85%; dati
INAIL riportano (2005) circa 19000 infortuni nei
servizi ospedalieri, circa il 30% causati da movimenti sotto sforzo o scoordinati. Ernie/protrusioni
come malattie professionali dovute a movimentazione manuale pazienti (MMP) sono inoltre sottostimate.
Gli interventi preventivi multidisciplinari appaiono quelli con maggiore efficacia nella prevenzione e gestione del LBP.
Scopo dello studio è descrivere un intervento
preventivo multidisciplinare per migliorare la gestione complessiva del LBP in OS addetti alla
MMP e la verifica di efficacia dell’intervento. In
tale sede presentiamo dati parziali; ulteriori elaborazioni sono in corso.
SOGGETTI E METODI
Lo studio è stato condotto presso il Presidio
Spedali Civili di Brescia, in cui si stima che circa
1300 OS siano addetti alla MMP nei reparti di degenza.
Nel 2000 è stato costituito un gruppo di lavoro
(GdL), composto da medici del lavoro/competenti
(ML) (coordinamento), fisiatri, fisioterapisti, assistenti sanitari e capo-sala della Direzione Sanitaria,
Servizio di Prevenzione e Protezione.
Gli obiettivi comprendevano: sviluppo di metodologia multidisciplinare; scelta priorità interventi
(tecnici/organizzativi/procedurali/sanitari/educativi); valutazione del rischio (VdR); sorveglianza sanitaria (SS) finalizzata a diagnosi precoce, riduzione giudizi di idoneità (GI) con prescrizioni/limitazione, miglioramento accesso al servizio sanitario
aziendale; formazione per crescita culturale, miglioramento comunicazione tra DS e servizio sanitario
aziendale, SPP e lavoratori; riduzione disturbi/patologie alcuni distretti apparato locomotore; riduzione assenteismo, infortuni e malattie professionali; dimostrazione efficacia interventi; valutazioni
costo beneficio; rispetto normativa, aspetti gestio-
nali (applicazione linee guida specifiche, migliore
gestione lavoratore con limitazioni/prescrizioni,
migliore compliance con procedure, migliore qualità
assistenza pazienti e organizzazione del lavoro.
L’intervento era così articolato:
1) VdR da MMP nei reparti di degenza (metodo
MAPO) nel 2000 (prima) e nel 2003 e 2004 successivamente agli interventi preventivi.
2) Nel 2001-2002, dopo studio pilota di sperimentazione arredi ergonomici ed ausili per MMP,
acquistati e allocati ausili ed arredi e raccolti vari
indicatori.
3) Nel 2002-2003, programma di informazione
e formazione di addetti a MMP, seguito da corsi
per formazione di formatori, corsi con lezioni frontali generali e esercitazioni pratiche in reparto, con
raccolta di vari indicatori oggettivi e soggettivi.
4) Programma di SS, che ha coinvolto nel 2000
la totalità degli addetti a MMP nei reparti di degenza a medio-alto rischio, rivalutati nel 2003,
2006, 2008. È stato utilizzato un questionario semistrutturato per raccolta di anzianità lavorativa
come OS, anzianità lavorativa specifica di reparto,
sintomatologia (lombalgia acuta e cronica), fattori
interferenti o modulanti, quali fumo di sigaretta,
sport, traumi e patologie colonna vertebrale e spalle, assenteismo LBP-correlato, antropometria. I
sintomatici venivano sottoposti ad esame obiettivo.
La disabilità è stata raccolta nel 2006 e 2008 mediante questionario ODI (Oswestry Disability Index); i fattori psicosociali sono stati valutati nel
2003, 2006 e 2008 con il Job Content Questionnaire
(Karasek). Nel 2003, 2006 e 2008 è stato somministrato un questionario per utilizzo ausili. Per la valutazione dell’efficacia sono stati individuati specifici indicatori qualitativi e quantitativi (tabella 1).
RISULTATI
Nel 2000 sono stati valutati 51 reparti di degenza, 16 a rischio elevato, 24 medio e 13 a rischio
basso e trascurabile. Nel 2004, dopo vari interventi
tecnici-organizzativi, procedurali e sanitari, tutti i
reparti considerati registravano riduzione dell’indice di rischio (p<0.0001), passando a rischio basso o
trascurabile. La sperimentazione di ausili ed arredi
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PREVENZIONE DEI DISTURBI DEL RACHIDE NEI LAVORATORI DI UN OSPEDALE
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Tabella 1 - Indicatori di efficacia dell’intervento preventivo multifattoriale
Table 1 - Efficacy indicators of a multidimensional preventive intervention
Indicatori di sistema/struttura
- Impegno della dirigenza nelle tematiche MMP
- Investimenti
- Sistema di report interni/esterni
- Accessibilità e continuità del servizio
- Procedure per VdR
Indicatori di processo
- Protocolli di SS
- Accuratezza diagnostica/anamnestica
- Gestione idoneità/verifica applicazione
- Procedure per I/F
- Informatizzazione
- Identificazione criticità
Indicatori di esito sanitario
- Andamento salute generale, giudizi di idoneità, infortuni, disabilità, assenteismo
- Identificazione ipersuscettibili
- Eventi sentinella
- Nuove diagnosi, diagnosi eziologiche, diagnosi precoci
- Miglioramento collaborazione con altri specialisti/figure aziendali
- Riabilitazione/collocamento di lavoratori disabili/infortunati
- Relazione sanitaria
Indicatori di esito
gestionale/organizzativo
- Ore dedicate
- Aderenze a procedure per la sicurezza
- Conformità alla normativa
- Abbandono prassi obsolete
- Buone pratiche
- Clima aziendale
- Valutazioni costo-beneficio
Indicatori di esito culturale/formativo
- Ore dedicate alla formazione
- Verifica programmi di I/F
- Didattica
- Divulgazione
ha permesso di individuare gli ausili più adeguati
che comportavano minor numero di sollevamenti,
diminuzione trasferimenti sovraccaricanti e operazioni di trasferimento più veloci e di allocarli nei
reparti. L’informazione-formazione che aveva coinvolto 140 lavoratori appartenenti a 23 reparti medici e 21 reparti chirurgici ha permesso di aumentare le conoscenze e migliorare le tecniche di movimentazione in modo statisticamente significativo.
Il corso di formazione formatori ha coinvolto 49
operatori e ha permesso di aumentare le conoscenze (p< 0.001), ottenere un buono-ottimo livello di
apprendimento delle tecniche sia di trasmissione
che di esecuzione delle manovre, una discreta capacità di valutazione delle manovre effettuate e
diffondere le conoscenze/abilità nei reparti. L’analisi della sintomatologia a carico del rachide evidenzia l’incremento, sia pur non statisticamente significativo, dei soggetti che dichiaravano un miglioramento; è stata riferita buona accettazione dell’ausilio da parte dei pazienti.
Le caratteristiche della popolazione sottoposta a
SS sono in tabella 2. Nel complesso è stata evidenziata una tendenza alla diminuzione della prevalenza dei lombalgici, soprattutto nei primi anni post
intervento (p < 0.01) e tendenza alla diminuzione
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Tabella 2 - Descrizione della popolazione in studio
Table 2 - Study population
2000
2003
770
436
332
275
183 (23,7)
587 (76,3)
89 (20,4)
347 (79,6)
68 (20,5)
264 (79,5)
54 (19,7)
221 (80,3)
24 (5,5)
163 (37,6)
247 (56,9)
21 (6,3)
31 (39,5)
180 (54,5)
13 (4,7)
110 (40)
152 (55,3)
10,2
2-41
11,9
1-34
15,5
4-36
16,9
6-38
374 (48,5)
396 (51,5)
208 (47,7)
228 (52,3)
210 (63,2)
122 (36,8)
205 (61,7)
127 (38,3)
144 (52,3)
131 (47,7)
147 (53,4)
128 (46,6)
Assenteismo LBP correlato (giorni)
Media
Range
16,9
1-110
14,3
1-37
25,5
2-180
12,4
1-50
32,4
4-150
Visite specialistiche
(N/% soggetti)
22 (10)
22 (12)
13 (11)
16 (12)
15 (14)
Accertamenti
(N/% soggetti)
34 (12,6)
18 (5,4)
10 (3)
31 (9,4)
18 (5,8)
Terapie
(N% soggetti)
63 (28,2)
34 (12,3)
32 (11,6)
59 (21,4)
67 (24,3)
Totale soggetti
Genere
maschi
femmine
Mansione
Capo sala (N/%)
Ausiliari/OTA/ASA(N/%)
Infermieri Professionali (N/%)
Anzianità lavorativa presso il Presidio
(anni)
Media
Range
LBP
No (N/%)
Si (N/%)
JDQ (Karasek)
Decision Latitude (media)
Decision Latitude (range)
Job Demand (media)
Job Demand (range)
Social Support (media)
Social Support (range)
ODI
Classe 1 (N/%)
Classe 2 (N/%)
Classe 3 (N/%)
Classe 4 (N/%)
18 (2,4)
239 (31)
513 (66,6)
66,2
30-90
37,2
17-56
22,1
2-31
2004
2005
2006
2007
64,8
30-126
35,4
10-52
22
3-52
51,5
22-112
34,7
24-48
23,8
14-30
110 (33,1)
161 (48,5)
50 (15)
11 (3,4)
93 (34,1)
139 (50,9)
35 (12,8)
6 (2,2)
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PREVENZIONE DEI DISTURBI DEL RACHIDE NEI LAVORATORI DI UN OSPEDALE
dell’assenteismo con peraltro un’apparente ripresa
nel periodo più tardivo. Gli infortuni dell’apparato
locomotore causati da MMP sono diminuiti per
frequenza e gravità successivamente all’intervento;
in particolare l’indice infortunistico/100 lavoratori
è passato da 0.9 nel 2001 a 0.2 nel 2003 a 0 nel
2007, valori nettamente inferiori a quelli riportati
in altri studi su infermieri italiani. I GI con prescrizioni/limitazioni per MMC formulati nel corso di
10 anni di SS sono risultati pari in media al 14%.
In generale, quando il GI è stato applicato, ha determinato miglioramento della sintomatologia e riduzione dell’assenteismo; ciò non è avvenuto se il
GI non è stato applicato.
DISCUSSIONE
Il disegno pre-post senza gruppo di controllo è
risultato funzionale alle caratteristiche
logistiche/organizzative del contesto lavorativo in
cui è stato condotto; ha tenuto conto delle cogenze
di legge, rispettando i principi etici che spesso non
consentono, in ambiente lavorativo, di randomizzare o selezionare adeguati controlli. Per limitare i
problemi di tale disegno, sono stati valutati i possibili ostacoli: eventi storici, tipo di strumentazione/
reporting, regressione verso la media, metodi di
misura, effetto maturazione e drop out; le preliminari analisi da noi condotte depongono per un adeguato controllo di tali fattori, risultati nel complesso non particolarmente significativi o improbabili.
Tra i possibili limiti vanno segnalati l’utilizzo di indicatori quali sintomatologia, disabilità, assenteismo, influenzati da condizioni anche indipendenti
dal lavoro. Tra i punti di forza dello studio: multidisciplinarietà, durata follow-up (8 anni), specificità intervento e conoscenza delle caratteristiche di
reparti e mansioni degli OS, possibilità di fornire
risposte a problemi concreti, utilizzo di risorse interne, possibilità di valutare risultati a breve e me-
15
dio termine, utilizzo di molteplici indicatori quantitativi-qualitativi, primari e secondari (tabella 1),
aver cercato di contrastare i limiti del disegno prepost, coerenza con altri studi di letteratura.
CONCLUSIONI
Lo studio ha sostanzialmente permesso di evidenziare l’efficacia di un approccio preventivo multifattoriale nella gestione complessiva del LBP negli operatori sanitari che effettuano attività di
MMP, contribuendo a migliorare vari indicatori
quantitativi e qualitativi, primari e secondari, dimostrando che le aree di intervento sono molteplici. La cultura del pragmatismo e del verificare i risultati attraverso ciò che può essere identificato come buona pratica su base tecnico-scientifica consente di raggiungere benefici per lavoratori, azienda
e società e di accrescere la professionalità di coloro
che operano per salute e sicurezza dei lavoratori,
con particolare riferimento al MdL.
Attualmente sono in corso o programmate attività tra cui sperimentazione di nuove metodiche
per la VdR e di misure oggettive di carico biomeccanico del rachide, sviluppo di ambulatorio congiunto MdL/fisiatra/fisioterapista, monitoraggio
giudizi di idoneità, promozione salute e riabilitazione all’interno dell’azienda.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
BIBLIOGRAFIA
1. LORUSSO A, BRUNO S, L’ABBATE N: A review of low
back pain and musculoskeletal disorders among Italian
nursing personnel. Ind Health 2007; 45: 637-644
2. MARTIMO KP, VERBEEK J, KARPPINEN J, et al: Manual
material handling advice and assistive devices for preventing and treating back pain in workers. Cochrane Database Syst Rev 2007; 18: CD005958
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 16-19
Efficacia di un intervento ergonomico sulla postura
lavorativa e sul mal di schiena nei videoterminalisti
P. PILLASTRINI, R. MUGNAI, LUCIA BERTOZZI, STEFANIA CURTI, F. DE DOMENICO, S. MATTIOLI,
F.S. VIOLANTE
Unità operativa di Medicina del Lavoro, Ospedale S. Orsola - Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
KEY WORDS
Musculoskeletal disorders; posture; computer terminals
SUMMARY
«Low back pain among video-terminal workers: ergonomic postural interventions». Background: Several
studies report a high prevalence of low back pain (LBP) among video-terminal (VDT) workers. Targeted ergonomic interventions can help reduce the burden. Objectives: We investigated the long-term efficacy of an ergonomic postural intervention to address LBP among VDT workers. Study design: Non-randomized, crossover
trial. Population and setting: Four hundred employees working in the administrative offices of the two main
buildings of the town hall of Forlì who used VDTs for at least 20 hours a week; we randomly selected 100 participants from each building. Intervention: Ergonomic adjustment of the VDT workstation design. Outcome measures: Changes in prevalence of LBP and work-related posture. Results: The ergonomic adjustment of the workstation improved work-related posture and reduced LBP in VDT operators who benefited from the intervention.
Conclusions: A personalized ergonomic prevention intervention can improve work-related posture and LBP for
VDT workers.
RIASSUNTO
Numerosi studi riportano un’alta prevalenza di lombalgia (LBP) nei lavoratori addetti al videoterminale (VDT).
È stato dimostrato che un corretto intervento ergonomico può contribuire alla sua riduzione. Si è valutata l’efficacia
di un intervento di prevenzione ergonomica nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e della prevalenza di LBP nei videoterminalisti. Il disegno dello studio è quello di crossover non randomizzato con follow-up
ripetuti a 5, 12 e 30 mesi dalla baseline e a 6 mesi dal crossover. La popolazione dello studio è rappresentata da 400
lavoratori, che svolgono mansioni d’ufficio in 2 edifici amministrativi del comune di Forlì e che trascorrono almeno
20 ore/settimana al VDT. Sono stati selezionati random 100 partecipanti per ciascun edificio. L’intervento oggetto
di indagine della presente ricerca è l’aggiustamento ergonomico di ciascuna postazione di lavoro al VDT. Abbiamo
valutato la postura lavorativa e la presenza di lombalgia utilizzando rispettivamente il Rapid Entire Body Assessment Method e il Pain Drawing. L’intervento ergonomico si è dimostrato efficace nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e la riduzione della prevalenza di LBP, con mantenimento di questi risultati positivi per almeno 30 mesi. Un intervento di prevenzione ergonomica individualizzato può determinare un miglioramento della postura lavorativa e una riduzione della prevalenza di LBP nei videoterminalisti.
Corrispondenza: Prof. Paolo Pillastrini, UO Medicina del Lavoro, Università di Bologna, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, via Palagi 9, 40138 Bologna - E-mail: paolo.pillastrini@unibo.it
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EFFICACIA DI UN INTERVENTO ERGONOMICO SULLA POSTURA LAVORATIVA
INTRODUZIONE
La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che un utilizzo prolungato del videoterminale
(VDT) comporti un aumentato rischio di insorgenza di disturbi muscoloscheletrici (2). È largamente riconosciuto che una proporzione significativa dei disturbi muscoloscheletrici sia legata alla
struttura del luogo di lavoro e della postazione (6).
In uno studio italiano condotto su 210 lavoratori al
videoterminale è stata stimata una prevalenza di
lombalgia (LBP) del 58,4% (1). Demure et al (2)
hanno ottenuto, con un intervento di correzione
ergonomica della postazione di lavoro di 118 lavoratori al VDT, una riduzione della prevalenza di
LBP del 43% ad un follow-up di 1 anno. Risultati
simili sono stati ottenuti da Pillastrini et al (8) che
ha riportato, ad un follow-up a 5 mesi una riduzione significativa della prevalenza di LBP ed un miglioramento della postura lavorativa nei partecipanti che hanno ricevuto un intervento di correzione ergonomica della postazione di lavoro al VDT
rispetto al gruppo di controllo. Obiettivo della presente ricerca è valutare l’efficacia di un intervento
ergonomico personalizzato nel determinare un miglioramento della postura lavorativa e della prevalenza di LBP in operatori addetti al VDT.
MATERIALI E METODI
Il presente studio, della durata complessiva di 36
mesi, è stato condotto secondo le modalità di trial
non-randomizzato con crossover. La popolazione
dello studio, costituita dal personale amministrativo
del Comune di Forlì, è composta da 400 impiegati
che svolgono mansioni d’ufficio ed utilizzano il
VDT per almeno 20 ore/settimana. I 400 partecipanti svolgevano le medesime tipologie di mansioni
ed erano ubicati in 2 edifici distinti. Da ogni edificio
sono stati selezionati in modo randomizzato 100 individui, i quali sono andati rispettivamente a costituire il Gruppo 1 (che ha ricevuto l’intervento ergonomico nel primo periodo) e il Gruppo 2 (che ha ricevuto l’intervento ergonomico nel periodo del crossover). Questa procedura è stata preferita ad una
randomizzazione individuale dei lavoratori comuna-
17
li per evitare bias di contaminazione. La prima valutazione è stata eseguita due settimane prima dell’intervento e i follow-up sono stati ripetuti a 5 mesi, 12
mesi, 30 mesi e 36 mesi. Alla baseline ad entrambi i
gruppi è stata consegnata una brochure informativa
coerente con le disposizioni della normativa nazionale italiana in materia per i videoterminalisti. L’intervento oggetto dello studio è costituito dalla correzione ergonomica della postazione di lavoro al
VDT, effettuato da un fisioterapista esperto in ergonomia. L’intervento ergonomico è stato somministrato alla baseline a tutti i partecipanti del Gruppo
1, quindi, 2 settimane dopo il trentesimo mese, è
stato effettuato il crossover, somministrando lo stesso intervento ai soggetti del Gruppo 2. Il fisioterapista ha eseguito il proprio intervento in base alle
indicazioni fornite dalla legislazione italiana ed ai
corretti criteri ergonomici presenti in letteratura,
correggendo le posture scorrette e modificando il
setting lavorativo (3, 7). La postura lavorativa è stata
valutata utilizzando il metodo Rapid Entire Body
Assessment (REBA), strumento di analisi posturale
di tipo quantitativo, che analizza la postura dell’intero corpo ed è ideale per le posture statiche (lavoro
al VDT) (9). Questo strumento analizza la postura
tramite la misurazione degli angoli articolari e osservando il carico/forza, la ripetitività dei movimenti
e la frequenza dei cambi di postura. La postura di
collo, rachide dorso-lombare, spalle, gomiti, polsi e
ginocchia è raggruppata in ranges. Ogni range posturale, relativo alla regione anatomica in esame, è
associato ad uno score, il cui valore cresce progressivamente con l’allontanamento dalla posizione neutra specifica per quel distretto anatomico. Lo score
A corrisponde alla somma dei singoli scores riguardanti la postura di collo, rachide dorso-lombare e
ginocchia con lo score relativo a carico/forza, mentre lo score B è la somma degli scores riguardanti la
postura di spalle, gomiti e polsi con lo score relativo
alle condizioni di presa per ciascuna mano. Il valore
finale dell’indice deriva da una tabella di correlazione tra i punteggi dello score A e dello score B (score
C) a cui viene sommato l’Activity score che considera il tipo di movimenti, le azioni eseguite e la ripetitività (4). La misurazione degli angoli articolari di
ciascun distretto anatomico analizzato col metodo
REBA è stata ottenuta fotografando ciascun parte-
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PILLASTRINI E COLLABORATORI
cipante, durante lo svolgimento delle usuali attività
lavorative, sul piano sagittale (destra e sinistra) e coronale (davanti e dietro). Le fotografie sono state effettuate da un terzo professionista sanitario, in cieco
rispetto all’assegnazione dei gruppi, posizionando la
macchina fotografica ad 1 metro dal livello del suolo
e a 3 metri di distanza dal lavoratore. Gli angoli articolari, richiesti dal metodo REBA, sono stati misurati direttamente sulle immagini fotografiche con
l’ausilio di un goniometro. La prevalenza di disturbi
muscoloscheletrici localizzati a polsi, mani, spalle,
collo e rachide lombare è stata valutata utilizzando
un pain drawing. Il pain drawing consiste nella raffigurazione di una silhouette corporea associata a 7
simboli che rappresentano le differenti modalità di
sintomatologia algica (5). I partecipanti sono stati
istruiti a riportare sulla silhouette corporea, nelle
aree anatomiche interessate dal dolore, i simboli che
corrispondono alla propria intensità e tipologia di
sintomatologia percepita.
LBP. L’andamento del punteggio REBA e della
prevalenza di LBP nei 3 anni è riassunta nella tabella 1. Nel primo periodo l’intervento ergonomico
si è dimostrato efficace nel determinare una riduzione del punteggio REBA e della prevalenza di
LBP nel Gruppo 1, a differenza del Gruppo 2, dove i punteggi si sono mantenuti sostanzialmente
stabili nei 30 mesi iniziali. In particolare, esaminando le differenze rispetto alla baseline, l’intervento ergonomico ha determinato una riduzione
significativa nel gruppo 1 rispetto al gruppo 2 riguardo entrambi gli outcomes valutati al follow-up
a 5, 12 e 30 mesi (dati non mostrati). L’efficacia
dell’intervento ergonomico è stata confermata dai
risultati del crossover; infatti il Gruppo 2 ha riportato nel follow-up a 36 mesi, rispetto al follow-up a
30 mesi, un decremento di 1.05±1.07 punti del
punteggio REBA e una riduzione del 23% della
prevalenza di LBP, che sono risultati significativi
rispetto alle variazioni degli score nel Gruppo 1.
RISULTATI
DISCUSSIONE
153 dei 200 partecipanti iniziali hanno completato lo studio, rispettivamente 80 nel gruppo 1 e 73
nel gruppo 2. I dropouts sono stati causati da malattia/infortunio o maternità e non per ferie. Alla
Baseline i due gruppi si sono dimostrati omogenei
riguardo le variabili demografiche, caratteristiche
dell’attività lavorativa, REBA score e prevalenza di
Questo studio ha messo in evidenza come un intervento ergonomico personalizzato possa determinare un miglioramento della postura lavorativa ed
una riduzione di LBP in operatori al VDT. Al contrario l’utilizzo della sola brochure informativa si è
dimostrato insufficiente, in quanto i lavoratori si
sono mostrati reticenti nel modificare le proprie
Tabella 1- REBA score e prevalenza di Lombalgia
Table 1 - REBA scores and low back pain prevalence
Baseline
Follow-up 5 mesi
Follow-up 12 mesi
Follow-up 30 mesi
Follow-up 36 mesi
Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 1 Gruppo 2
(N=100) (N=100) (N=99)
(N=97)
(N=95)
(N=90)
(N=85)
(N=76)
(N=80) (N=73)
REBA,
mean ± SD
REBA Score 4,9±1,2
Score A
2,8±1,2
Score B
2,8±1,1
Sintomi, %
(n/N)
Low back
51,0
(51/100)
4,8±1,1
2,7±1,1
2,6±1,1
3,6±0,9
1,8±0,8
1,7±0,9
4,9±1,3
2,8±1,1
2,8±1,3
3,7±1,0
1,9±1,1
1,7±1,0
4,8±1,3
2,9±1,3
2,4±1,2
4,0±1,2
2,3±1,3
1,5±0,8
5,0±1,2
3,2±1,2
2,0±1,2
4,0±0,9
2,4±1,1
1,3±0,7
4,0±1,0
2,4±1,2
1,3±0,5
42,0
(42/100)
25,3
(25/99)
36,1
(35/97)
31,6
(30/95)
36,7
(33/90)
35,3
(30/85)
47,4)
(36/76
30,0
(24/80)
23,3
(17/73)
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9:00
Pagina 19
EFFICACIA DI UN INTERVENTO ERGONOMICO SULLA POSTURA LAVORATIVA
postazioni di lavoro senza la guida, la supervisione
e le spiegazioni del fisioterapista. I punti di forza di
questo studio possono essere individuati nel lungo
periodo di follow-up e nel disegno dello studio
(crossover trial). I punti di debolezza sono dati dal
fatto che le fotografie, utilizzate per il metodo
REBA, rappresentano l’immagine di un momento
e non descrivono l’intero range di posture e movimenti degli operatori addetti al VDT nell’arco della giornata lavorativa.
CONCLUSIONI
Considerando la continua crescita dell’utilizzo
del VDT in ambito lavorativo, questo studio sottolinea l’importanza di una maggior consapevolezza
ed attenzione da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori stessi riguardo sia i principali fattori di rischio per l’insorgenza di patologie muscoloscheletriche sia le misure finalizzate a prevenirli. Nonostante negli ultimi anni la ricerca nell’ambito della
prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici legati
all’utilizzo del VDT abbia avuto un incremento
esponenziale, motivato dall’impatto economico di
questa patologia, ulteriori studi sono necessari per
definire il modello di intervento più efficiente dal
punto di vista del rapporto costi/benefici.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
19
BIBLIOGRAFIA
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personal.health.usf.edu/tbernard/HollowHills/REBA.pdf
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 20-23
Ipoacusia da rumore: i programmi di sorveglianza
sanitaria sono sempre efficaci?
L. PERBELLINI, N. VERONESE, E. RAINERI, MARTA RAVA*, A. RIOLFI
Medicina del Lavoro
* Unità di Statistica ed Epidemiologia - Università degli Studi di Verona
KEY WORDS
Audiometric test; noise exposure
SUMMARY
«Noise-induced hearing loss: are health service surveillance programs always effective?». Objectives: To evaluate noise-induced hearing loss in a group of workers at a steel engineering works over a 20 year period (19791999). Methods: A total of 2431 audiometric tests were performed in 708 workers (in 1979, 1984, 1989, 1994
and 1999). Audiometric tests were classified so that hearing loss could be assessed over time. Additionally, personal
noise exposure was measured for each worker (average, 85 dB(A) in tests carried out in 1992, 1996 and 1999).
Results: Over 5 years of noise exposure, mean cumulative incidence of noise-induced hearing loss was 8,2%. Over
10 years of exposure (1979-89 or 1984-94 or 1989-99), the mean incidence was 15,3%. This percentage increased
to 22,9% and 25,7% when the exposure lasted 15 or 20 years respectively. Conclusions: The considerable incidence
of noise-induced hearing loss within the wide group of steel workers examined greatly exceeds the expected incidence
related to the occupational exposure limits. The Evidence Based Occupational Medicine suggests that our health surveillance was not effective enough.
RIASSUNTO
È stata analizzata l’incidenza delle ipoacusie da rumore in un gruppo di lavoratori di una acciaieria in un periodo
di 20 anni. 708 lavoratori si sono sottoposti a 2431 esami audiometrici nei seguenti anni: 1979, 1984, 1989, 1994
e 1999. Le audiometrie sono state classificate in modo da poterne valutare l’evoluzione nel tempo. Nel 1992, 1996 e
1999 è stata anche valutata la loro esposizione individuale a rumore. L’incidenza cumulativa per esposizioni della
durata di 5 anni è risultata, in media, paria al 8,2%. Quando l’esposizione perdurava 10 anni (1979-89 o 198494 o 1989-99), l’incidenza media aumentava al 15,3%, per raggiungere valori del 22,9 e del 25,7% quando le
esposizioni erano rispettivamente di 15 e 20 anni. Una tale incidenza di ipoacusie supera considerevolmente i valori attesi dai calcoli teorici che considerano l’intensità e la durata delle esposizioni del gruppo di lavoratori. La
“Evidence Based Occupational Medicine” suggerisce che la nostra sorveglianza sanitaria non è stata sufficientemente efficace.
INTRODUZIONE
Spesso gli studi sulle ipoacusie professionali riguardano analisi epidemiologiche ed interventi di
prevenzione. I risultati della prevenzione, considerati dal punto di vista delle evidenze, sono oggetto
di lavori di grande interesse e talvolta riguardano
amplissimi gruppi di lavoratori (3, 8). Altre ricer-
Corrispondenza: Prof. Luigi Perbellini, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, Università di Verona, Piazzale L.A. Scuro 10,
37134 Verona, Italy - E-mail: luigi.perbellini@univr.it
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IPOACUSIA DA RUMORE: EFFICACIA DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA
che analizzano l’efficacia della formazione sull’uso
dei dispositivi di protezione individuale (DPI) (1,
4), le norme tecniche nella valutazione del rischio
(2), la relazione dose-risposta della patologia (8, 9),
l’appropriatezza della diagnosi e della denuncia da
parte dei medici competenti (10). Osservazioni di
carattere più generale e su ampia scala come quella
di Davies et al. (3) e Kurmis e Apps (6), nelle loro
revisioni critiche della letteratura internazionale
concludono che l’ipoacusia da rumore è una malattia senz’altro prevenibile, ma tuttora incombente
laddove il rumore persista. Il presente lavoro descrive l’andamento delle ipoacusie dal 1979 al 1999
in un gruppo di lavoratori metalmeccanici di un’azienda italiana.
21
ratori normoacusici; 2) lavoratori con iniziale innalzamento della soglia uditiva (classe 1 secondo
Merluzzi; 3) lavoratori con ipoacusie più gravi appartenenti alle classi 2, 3, 4 e 5 secondo Merluzzi.
Il primo gruppo è stato considerato gruppo di controllo e i confronti sono stati condotti rispetto agli
altri due gruppi. L’analisi statistica ha utilizzato la
regressione logistica multinomiale ed ha considerato tra le caratteristiche predittive individuali abitudini voluttuarie come il fumo e l’introito alcolico,
l’età e l’anzianità espositiva all’ultima audiometria.
Le analisi sono state eseguite con l’ausilio del
software Stata8® (StataCorp 2001, Seattle, USA).
RISULTATI
MATERIALI E METODI
Nel corso di venti anni sono stati esaminati 669
lavoratori di sesso maschile di un’acciaieria, di età
media 37,7 anni (SD=9) e anzianità lavorativa media 14,9 anni (SD=7,4). Il numero dei lavoratori
esaminati negli anni 1979, 1984, 1989, 1994 e
1999 è stato rispettivamente di 154, 294, 520, 667
e 654.
Audiometrie: Le audiometrie tonali venivano eseguite in condizioni di riposo acustico in cabina silente; in particolare venivano testate le frequenze
di 250, 500, 1000, 2000, 3000, 4000, 6000, 8000
Hz per via aerea e 500, 1000, 2000, 3000, 4000 Hz
per via ossea. Questo studio si è basato su 2284 audiometrie eseguite negli anni 1979, 1984, 1989,
1994 e 1999; alcuni lavoratori (144) sono stati esaminati in tutte le occasioni, altri in 2-4 fasi. I tracciati audiometrici sono stati valutati secondo quanto proposto da Merluzzi et al. (7), in accordo con
il metodo di Klockoff et al (5).
Esposizione personale a rumore: L’esposizione personale a rumore è stata misurata nel 1992, nel 1996
e nel 1999; i livelli medi sono risultati rispettivamente di 85,2 dB(A), 85,4 dB(A) e 85,0 dB(A).
Analisi statistica: I lavoratori sono stati suddivisi
per classi di 5 anni di età e anzianità lavorativa. Per
le ipoacusie, è stata calcolata l’incidenza cumulativa
su periodi di 5, 10, 15 e 20 anni di esposizione. I
lavoratori sono stati suddivisi in tre gruppi: 1) lavo-
L’incidenza cumulativa di ipoacusia da rumore
nel gruppo in esame nei quinquenni 1979-84,
1985-89, 1990-94 e 1995-99 ammonta rispettivamente al 9,7% , 8,2% , 6,3% e 8,7%, mentre nei decenni 1979-89, 1984-94, 1989-99 è stata rispettivamente del 15,7% , 15,9% e 14,2%. Circa il 15% dei
lavoratori esposti a rumore per dieci anni ha sviluppato ipoacusia e tale percentuale si è confermata
con lievi differenze nelle diverse decadi (1979-89,
1984-94, 1989-99). Un’esposizione a rumore di
quindici anni è associata ad una percentuale cumulativa di ipoacusia da rumore del 22,9% con poche
differenze nei due periodi considerati (1979-1994 e
1984-1999). L’incidenza cumulativa di ipoacusia da
rumore lungo i venti anni considerati ha riguardato
il 25,7% dei lavoratori, circa la metà dei quali ha
avuto un rilevante peggioramento della sensibilità
uditiva. La figura 1 riassume l’incidenza cumulativa
di ipoacusie per esposizioni di 5, 10, 15 e 20 anni a
rumore: è molto chiaro l’incremento progressivo
dell’incidenza delle ipoacusie che passa dal 8,2% dei
lavoratori dopo i primi 5 anni, al 25,7% nel periodo
di venti anni. Il modello finale di regressione logistica ha stabilito una associazione significativa dell’età con l’ipoacusia da rumore (p<0,001; CI 95%),
al netto di possibili fattori di confondimento; lavoratori di età compresa tra i 41 e i 65 anni mostrano
una probabilità di peggioramento maggiore più di
quindici volte rispetto ai lavoratori di età compresa
tra 19 e 30 anni. La proporzione di soggetti con
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PERBELLINI E COLLABORATORI
Figura 1 - Incidenza media di ipoacusie da rumore a 5, 10,
15 e 20 anni di esposizione al rischio. La colonna in grigio
chiaro mostra l’incidenza cumulative delle ipoacusie lievi
(classe 1 della classificazione di Merluzzi), mentre la colonna in grigio scuro evidenzia l’incidenza di ipoacusie da
rumore di classe superiore a 1
Figure 1 - Mean incidence of noise-induced hearing loss after
5, 10, 15 and 20 years of exposure. The light grey part of the
columns shows the cumulative incidence of mild hearing losses
(Merluzzi class 1), while the dark grey part of the columns
shows the incidence of noise induced hearing loss higher than
Merluzzi class 1
ipoacusia da rumore (incidenza cumulativa) aumenta anche con la durata dell’esposizione: lavoratori con esposizione maggiore di 16 anni mostrano
incidenza cumulativa quattro volte superiore di
quelli con esposizione fino a dieci anni. Nessuna relazione statisticamente significativa è stata trovata
tra ipoacusia da rumore e il peso corporeo espresso
come indice di massa corporea (kg/m 2). Inoltre,
nessuna relazione è stata trovata tra l’ipoacusia e l’abitudine al fumo di sigaretta, mentre è stata individuata una debole e statisticamente non significativa
relazione con l’introito alcolico. La prevalenza delle
ipoacusie di classe superiore alla 1 della Scala Merluzzi (riguardanti quindi anche le frequenze tra 500
e 3000 Hz) è stata rispettivamente del 3,2-3,7 –
2,7-2,7 e 4,6% negli anni 1979, 1984, 1989, 1994 e
1999. Abbiamo cercato di individuare alcuni elementi che potessero spiegare una così elevata incidenza di ipoacusie da rumore nel gruppo di lavoratori considerati. L’esposizione a rumore era diffusa
e interessava una proporzione importante dei lavoratori dell’azienda: 13,5%-10,8% e 7,2% dei lavoratori nel 1992, 1996 e 1999 rispettivamente erano
esposti a rumore eccedente i 90 dB(A) (i lavoratori
esposti a rumore oltre 88 dB(A) nello stesso periodo erano il 23,1 – 22,6 e 16,4% rispettivamente).
Le intensità di rumore maggiori non erano localizzate in poche aree specifiche dello stabilimento, ma
riguardavano diverse postazioni di lavoro ampiamente distribuite. Solo una piccola sezione con 16
lavoratori era caratterizzata da rumore costantemente elevato con livello medio di circa 92 dB(A).
Nel 1999 il 10,9% dei lavoratori era esposto a rumore ambientale inferiore a 80 dB(A), il 41% a rumore compreso tra 80 e 85 dB(A), il 40,7% a rumore compreso tra 85,1 e 90 dB(A) e il 7,2% a rumore oltre 90 dB(A). L’incidenza delle ipoacusie
non percettive non ha ovviamente trovato alcuna
associazione con l’intensità dell’esposizione a rumore ed è rimasta sostanzialmente costante nell’ampio periodo di tempo considerato.
DISCUSSIONE
L’incidenza dell’ipoacusia da rumore nel nostro
campione è senz’altro elevata, molto più alta delle
stime teoriche che vengono proposte dagli Igienisti
Industriali. L’utilizzo dei DPI uditivi (ampiamente
disponibili in varie forme) era regolare e supportato
dalla formazione (un controllo molto attento e costante del loro uso è tuttavia difficilmente verificabile). Il ciclo lavorativo non prevedeva utilizzo di
sostanze ototossiche. Il rumore impulsivo era quello prevalente e non si può escludere un suo coinvolgimento nelle patogenesi delle ipoacusie segnalate.
Nonostante l’applicazione delle normative e la
formazione, anche sull’impiego degli otoprotettori,
alla luce delle evidenze i nostri sforzi nella prevenzione delle ipoacusie da rumore si sono dimostrati
insufficienti.
Recenti ed interessanti pubblicazioni (3, 6) su
gruppi di lavoratori molto ampi confermano quanto da noi segnalato e sottolineano che, in caso di
esposizioni a rumore superiori a 80 dB(A), nuovi
casi di ipoacusia da rumore continuano a comparire
nonostante tutto l’impegno preventivo che si può
produrre.
Le recenti normative comunitarie e nazionali
che hanno ridotto le precedenti soglie di azione e
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IPOACUSIA DA RUMORE: EFFICACIA DELLA SORVEGLIANZA SANITARIA
limite per l’esposizione a rumore esprimono l’inadeguata capacità di protezione delle precedenti e la
necessità di ulteriori sforzi tecnici e medici per
combattere i danni da rumore.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
BIBLIOGRAFIA
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 24-28
Esperienze di prevenzione nelle Aziende Sanitarie.
Le aggressioni ed i disturbi muscoloscheletrici
N. MAGNAVITA
Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica, Roma
KEY WORDS
Safety management; low back pain
SUMMARY
«Experience of prevention activities in local health units. Assaults and musculoskeletal disorders». Background: Assaults against health care workers and musculoskeletal disorders are two significant issues for occupational health physicians. Training (the most common form of proposed intervention) by itself is not effective in reducing adverse effects. Case report: Two field studies are reported. The first experience targeted physical violence
against nursing assistants in a long-term psychiatric care unit. The basic programme included architectural, organizational, educational, and clinical efforts and led to a significant reduction in aggressive behaviour by patients.
The second experience, concerning prevention of musculoskeletal disorders in hospital workers, was based upon participatory ergonomic, educational, and rehabilitation measures. After the intervention, the prevalence of musculoskeletal symptoms decreased moderately, but significantly. Increased fitness for work was observed in workers.
Conclusion: Multi-level and multi-purpose prevention programmes can be effective in reducing occupational
health problems among health care workers.
RIASSUNTO
Il medico del lavoro deve fronteggiare un insieme complesso di problemi nei luoghi di lavoro. Nelle attività sanitarie
le aggressioni contro il personale e i disturbi muscoloscheletrici sono tra i più rilevanti. La formazione dei lavoratori, che è l’intervento preventivo più comunemente proposto, non si è dimostrato efficace, da solo, nel ridurre gli effetti negativi dei fattori di rischio. Vengono descritte due esperienze. Nella prima si è affrontato il tema della violenza
fisica contro gli operatori in una struttura psichiatrica. Il programma di minimizzazione, che comprendeva misure
architettoniche, organizzative, educative e cliniche; ha determinato una significativa riduzione delle aggressioni da
parte dei pazienti. La seconda esperienza, relativa alla gestione dei disturbi muscolo-scheletrici, ha riguardato due
aziende sanitarie, e si è basata su attività di ergonomia partecipativa, misure educative e riabilitative. Alla fine
dell’intervento la frequenza dei disturbi muscoloscheletrici è risultata moderatamente, ma significativamente ridotta. I lavoratori hanno trovato un maggiore adattamento al lavoro. Gli sforzi preventivi basati su programmi multi-livello e polivalenti sono efficaci nel ridurre i problemi correlati al lavoro.
Corrispondenza: Dr. Nicola Magnavita, Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica, Largo Gemelli 8, 00168 Roma, Italy
E-mail: nmagnavita@rm.unicatt.it; nicolamagnavita@tiscali.it
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ESPRERIENZE DI PREVENZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE
INTRODUZIONE
25
La violenza contro gli operatori sanitari è un
problema ben noto. Il nostro Ministero della Salute
ha recentemente formulato una Raccomandazione
che impegna le aziende sanitarie a prevenire il fenomeno (12).
Le aggressioni contro il personale da parte dei
pazienti sono frequenti soprattutto negli ambienti
psichiatrici (5). La tendenza a sottovalutare e non
riportare il fenomeno, ritenendolo parte della normale attività assistenziale (6), è uno degli ostacoli
per l’azione di prevenzione.
lenza e le caratteristiche della violenza contro gli
operatori, somministrando il VIF (Violent Incident
Form) di Arnetz (1) nel corso delle visite periodiche. La somministrazione dei questionari è stata ripetuta nelle successive visite mediche.
Contemporaneamente è stato attuato un programma di minimizzazione della violenza nel quadro del più generale miglioramento della qualità
dell’azienda. Tale programma, articolato su più livelli e dilazionato negli anni, ha compreso:
a) misure architettoniche, consistenti nell’ampliamento dei laboratori nei quali gli assistiti trascorrono le attività diurne, così da consentire l’assistenza di un maggior numero di soggetti da parte
di un team di lavoratori, e nel miglioramento delle
caratteristiche generali dei locali (percorsi, illuminazione, segnali di allarme, ecc.);
b) misure organizzative, consistenti nella suddivisione degli assistiti in aree di differente gravità
clinica, ciascuna assegnata ad una equipe finalizzata
al raggiungimento di obiettivi terapeutici specifici;
c) educazione dei lavoratori, tramite un programma di formazione suddiviso in differenti moduli riguardanti le competenze generali sulle aggressioni, le procedure di segnalazione degli incidenti, le specifiche strategie di sicurezza, le tecniche di identificazione e gestione dei pazienti agitati
e le modalità di comunicazione.
Materiale e metodi
Risultati
L’azienda in esame è un centro di riabilitazione
di soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche
e/o sensoriali, sorto inizialmente come opera filantropica per il ricovero di ritardati mentali in un antico convento di frati minori ai quali era stato donato da Innocenzo IV (1243-1254). Come è facile
immaginare, la struttura ha posto innumerevoli
problemi di adeguamento agli standard igienici, di
accesso e movimentazione e di sicurezza generale.
La progressiva risoluzione di questi problemi ha
consentito al servizio di sorveglianza sanitaria di rivolgere la propria attenzione al fenomeno della violenza contro i lavoratori, che era misconosciuto.
Nel 2001 è stata condotta una indagine mediante questionari (10) al fine di determinare la preva-
Nel 2001, il personale ha riportato 26 incidenti
violenti. Diciannove di queste aggressioni erano
occorse negli ultimi 12 mesi. La maggior parte del
personale di assistenza (66,7%) aveva subito almeno una aggressione nel corso della vita lavorativa, e
il 48,7% nell’ultimo anno.
Le aggressioni erano frequentemente scatenate
dai comandi del personale, o dai tentativi di controllare comportamenti aggressivi dei pazienti. I lavoratori ritenevano che la maggior parte degli assalti fossero prevedibili, e indicavano la mancanza
di formazione specifica del personale come una
delle cause determinanti.
Esse erano più frequenti verso il personale diurno che verso quello notturno e riguardavano quasi
L’insieme complesso e continuamente mutevole
dei problemi per la salute e sicurezza dei lavoratori
costringe il medico del lavoro ad applicare tecniche
diverse, in gran parte mutuate da altre discipline. Il
segno distintivo della disciplina non sta nell’originalità delle misure proposte, ma nella capacità di
selezionare e integrare i contributi di discipline eterogenee, finalizzandoli ad un miglioramento della
salute nel luogo del lavoro misurabile e sostenuta
nel tempo.
PARTE 1. LE AGGRESSIONI CONTRO IL PERSONALE
SANITARIO
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MAGNAVITA
esclusivamente il personale non qualificato. L’assalto fisico si traduceva in pugni (42%), schiaffi
(26%), tirate di capelli (21%), sputi (5%). Erano
anche segnalate aggressioni verbali e minacce. Le
lesioni fisiche erano trascurabili nella maggior parte dei casi, ma non mancavano conseguenze gravi:
in un caso una assistente 53enne colpita con un
pugno da una giovane schizofrenica ha riportato
una frattura della base cranica, inizialmente non
diagnosticata (anche perché l’incidente non era
stato riportato), con residua cefalea e liquorrea (erroneamente interpretata come rinorrea). Le conseguenze psicologiche degli assalti comprendevano
paura, ansia, umiliazione, sensazione di isolamento, talora reazioni di evitamento. Una assistente
36enne sviluppò una grave sindrome post-traumatica da stress, con persistenti sensazioni di ansia e
allarme e perdita di concentrazione, così da risultare temporaneamente non idonea all’assistenza dei
malati.
Nelle indagini trasversali condotte nel 2004 e nel
2007 la frequenza delle aggressioni nell’ultimo anno risultava sensibilmente ridotta: 6 casi nei 12
mesi precedenti le visite periodiche del 2004, 2 casi
nel 2007.
Discussione
Non è possibile indicare quale, tra i diversi interventi messi in atto, abbia svolto il ruolo principale nel ridurre la frequenza delle aggressioni.
Certamente la trasformazione della missione della
struttura, da semplice struttura alberghiera e di
contenzione a istituto di riabilitazione, ha determinato un atteggiamento più corretto verso il disagio mentale.
La riorganizzazione dei lavoratori in squadre, oltre a migliorare il rapporto terapeutico, ha limitato
i momenti in cui un lavoratore si trova isolato e
quindi più facile bersaglio di aggressioni. La formazione ha indotto i lavoratori a non considerare
le aggressioni come una normale parte del lavoro, e
ha consentito di sviluppare le capacità necessarie a
disinnescare tempestivamente i conflitti e a segnalare ai terapeuti i pazienti agitati prima che si abbia
a verificare la perdita di controllo.
PARTE 2. GESTIONE PARTECIPATIVA DEI DISTURBI
MUSCOLO-SCHELETRICI
Le attività ospedaliere espongono i lavoratori ad
un insieme di fattori di rischio per l’apparato scheletrico: movimentazione manuale dei carichi (infermieri professionali, ausiliari, operai), posture scorrette (tecnici, infermieri, operai, medici), movimenti ripetitivi degli arti superiori (impiegati addetti a
terminale video, operai, tecnici).
L’insieme di questi fattori di rischio fisici, con il
concorso di fattori psicosociali (stress da lavoro, organizzazione del lavoro, fattori individuali) determina la comparsa di disturbi muscoloscheletrici
(DMS). I DMS rappresentano la principale causa
di assenza dal lavoro, e la più frequente causa di limitazione della capacità lavorativa nei lavoratori
della sanità (2). Gli ospedali italiani sono afflitti da
una percentuale di lavoratori con limitazioni che va
dal 10% ad oltre il 25%, secondo i dati pubblicati
(4, 7, 11, 13). L’elevata prevalenza di lavoratori con
limitazione delle attività di movimentazione, in una
situazione già caratterizzata da carenza di personale, aggrava oggettivamente i carichi di lavoro e
quindi il rischio residuo per i lavoratori “sani”.
In assenza di efficaci misure preventive, i lavoratori sono indotti a comportamenti di evasione dalle
attività lavorative più rischiose, che abbassano la
qualità del servizio sanitario.
La letteratura dimostra che l’approccio tradizionale alla gestione dei DMS nei lavoratori della sanità è poco soddisfacente (3, 8). In particolare, sono
risultati inefficaci i programmi di formazione, che
rappresentano l’intervento più comunemente proposto, i programmi di controllo dello stress e la fornitura di dispositivi di prevenzione al di fuori di un
programma di intervento su più livelli. Per questo
motivo, nel periodo 2004-2006, abbiamo applicato
un programma multidimensionale (educativo, ambientale, riabilitativo) di ergonomia partecipativa in
due unità di degenza.
L’obiettivo principale della nostra azione era
quello di migliorare l’adattamento dei lavoratori alle proprie richieste di lavoro, riducendo sia la frequenza di lavoratori che lamentano disturbi muscoloscheletrici, che la percentuale di lavoratori con
limitazione della capacità lavorativa.
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ESPRERIENZE DI PREVENZIONE NELLE AZIENDE SANITARIE
Materiale e metodi
La metodologia preventiva è stata applicata in
due unità assistenziali, che occupano complessivamente 1.770 lavoratori. Il programma di ergonomia partecipativa si compone di quattro fasi: (1)
epidemiologica, di raccolta e analisi dei dati relativi
ai DMS; (2) educativa, durante la quale i lavoratori
vengono informati sui rischi e addestrati alle modalità di prevenzione partecipativa; (3) di intervento ergonomico partecipativo sugli ambienti di lavoro; (4) di assistenza dei lavoratori con DMS di rilevanza clinica, con il recupero e reinserimento dei
lavoratori.
Come in ogni intervento di ergonomia partecipativa, le varie fasi sono distinte solo in linea teorica; esse, in realtà tendono a decorrere in parallelo e
in modo iterativo piuttosto che secondo un meccanismo rigidamente codificato (9).
L’intervento educativo ha avuto la funzione di
sostituire il modello culturale tuttora predominante, che interpreta i DMS come un evento infortunistico, e conseguentemente impone l’esclusione
del rischio e il riposo prolungato, con quello derivante dalle più recenti analisi dell’evidenza scientifica, che indicano come i DMS siano una patologia
largamente prevalente, il cui decorso clinico è beneficamente influenzato dalla tempestiva ripresa
delle attività lavorativa.
I gruppi di ergonomia partecipativa sono stati
istituiti in tutti i casi in cui le segnalazioni dei lavoratori indicavano la presenza di un problema ergonomico. I piccoli gruppi partecipativi si sono generalmente concentrati sulla ricerca di misure pratiche, semplici e a basso costo. Le soluzioni a basso
costo, spesso immediatamente realizzabili, hanno
giustamente la preferenza in un sistema a risorse limitate e decrescenti.
Nell’unità di degenza A si è proceduto anche alla riabilitazione dei lavoratori con problemi, facendo ricorso alle risorse interne dell’unità. I casi identificati a seguito dell’indagine epidemiologica e
della valutazione obiettiva sono stati sottoposti ad
accertamenti diagnostici (esami ecografici, radiografici e di risonanza magnetica) e alla valutazione
specialistica fisiatrica. Su indicazione specialistica,
si è quindi proceduto ai trattamenti fisioterapici
27
specifici, finalizzati al recupero funzionale del lavoratore.
Nell’unità B, non essendo disponibili risorse interne, i casi di DMS sono stati inviati al medico
curante e assistiti in regime di servizio sanitario nazionale.
In tutti i casi si è proceduto ad una valutazione
partecipativa del luogo di lavoro e all’identificazione di soluzioni che consentissero il graduale recupero della capacità lavorativa, consentendo talora
brevi periodi durante i quali i compiti lavorativi
erano ridimensionati.
Risultati
Dopo l’intervento, la prevalenza dei DMS è risultata moderatamente ma significativamente ridotta. I lavoratori che hanno usufruito del programma di trattamento interno all’unità assistenziale hanno mostrato una riduzione del 33% delle
assenze per malattia rispetto agli altri lavoratori.
La prevalenza dei lavoratori con limitazione della idoneità lavorativa si è ridotta in modo significativo in entrambe le unità di degenza, passando dal
12% al 2,5% nella prima unità e dal 14% al 6,6%
nella seconda.
Le soluzioni ergonomiche implementate hanno
riguardato tutte le categorie professionali. Il numero delle soluzioni proposte è in crescita, in relazione
all’aumentata consapevolezza dei lavoratori e alle
reazioni positive verso gli interventi da parte dei lavoratori.
CONCLUSIONI
Le due esperienze sinteticamente riportate indicano i benefici che l’opera di medicina del lavoro
può ottenere nelle strutture sanitarie.
La prima esperienza indica la possibilità di controllare efficacemente un rischio subdolo e trascurato, la violenza contro gli operatori sanitari, attraverso un insieme di interventi architettonici, organizzativi e formativi.
La seconda esperienza conferma che l’ergonomia
partecipativa è efficace nel ridurre la frequenza dei
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MAGNAVITA
DMS e nel migliorare l’adattamento dei lavoratori
alla propria attività lavorativa.
Per risultare efficace la sorveglianza sanitaria deve essere inserita in un sistema di gestione del rischio nel quale siano integrate le diverse attività di
valutazione, formazione, progettazione e verifica
degli interventi.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
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La
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 29-32
Valutazione di un programma per la diagnosi precoce di
cancro polmonare negli ex esposti ad asbesto
G. MASTRANGELO1, MARIA NICOLETTA BALLARIN2, E. BELLINI3, MARGIT EDER4,
FEDERICA ZANNOL5, F. GIOFFRÈ6, A. ZEDDE7, GIANNA TESSADRI8, G. MARANGI2, L. SCOIZZATO1,
F. VALENTINI9, U. FEDELI10, R. RYLANDER11
Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova
SPISAL, ULSS 12, Regione Veneto
3
SPISAL, ULSS 18, Regione Veneto
4
SPISAL, ULSS 15, Regione Veneto
5
SPISAL, ULSS 8, Regione Veneto
6
SPISAL, ULSS 16, Regione Veneto
7
SPISAL, ULSS 20, Regione Veneto
8
SPISAL, ULSS 6, Regione Veneto
9
SPISAL, ULSS 13, Regione Veneto
10
Sistema Epidemiologico Regionale, Regione Veneto
11
BioFact Environmental Health Researc, Lerum, Svezia
1
2
KEY WORDS
Lung neoplasms; screening; asbestos
SUMMARY
«Feasibility of a screening programme for lung cancer among workers previously heavily exposed to asbestos».
Background: We evaluated the feasibility and costs of a screening programme with spiral CT for the early diagnosis of lung cancer among workers previously heavily exposed to asbestos. Methods: We invited 2000 workers, 1165
(58%) of whom accepted. Women and individuals with incomplete information were excluded; 1119 subjects (mean
age, 57 years) entered the main analysis. Subjects with non-calcified lung nodules and/or dubious pleural plaques
(No=338) entered a post-screening diagnostic protocol based on radiological follow-up. Results: Twenty-five biopsies were performed (13 pulmonary, 9 pleural, 3 combined) revealed 5 cases of lung cancer (including 1 in stage IA).
The positive predictive value of the screening test was low (31%) despite its known high sensitivity (100%) and
specificity (99%). Incidence of lung cancer was similar to that registered among male residents of the Veneto Region
aged 55 to 59 years. The cost of the programme was €1,000 per screened subject and €245,000 per diagnosis (total
cost, €1,181,310). The total radiation dose administered to healthy subjects was about 1,100 mSv (220 mSv per
lung cancer diagnosis). Conclusions: This screening programme was ineffective due to the low participation rate,
the small number of diagnoses, low predictive value, and high costs.
RIASSUNTO
Sono stati valutati fattibilità e costi di un programma di screening con TAC spirale per la diagnosi precoce di cancro polmonare in lavoratori con pregressa elevata esposizione ad asbesto. Di 2000 invitati,1165 (58,3%) hanno
accettato di partecipare. Escluse le donne e i soggetti con informazioni incomplete, sono stati inclusi nell’analisi
1119 ex-esposti. 338 soggetti con noduli polmonari non calcifici e/o placche pleuriche sospette sono entrati nel protoCorrispondenza: Prof. Giuseppe Mastrangelo, Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica, Università di Padova, Via
Giustiniani 2, 35128, Padova, Italy - E-mail: giuseppe.mastrangelo@unipd.it
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MASTRANGELO E COLLABORATORI
collo diagnostico (follow-up radiologico) che ha portato a 25 biopsie (13 polmonari, 9 pleuriche, 3 di entrambi) e a 5
casi di cancro polmonare (uno in stadio IA). Nonostante l’elevata sensibilità (100%) e specificità (99%) del test di
screening, il valore predittivo (31%) era basso. L’incidenza della patologia era simile a quella della popolazione generale maschile veneta di età 55-59 anni (l’età media coorte: 57 anni). Il costo dell’indagine è stato di 1.000 euro
per soggetto esaminato e 245.000 per diagnosi (costo totale: 1.181.310 euro). La dose totale di radiazioni somministrata a soggetti sani è stata di circa 1.100 mSv (220 mSv per caso di cancro polmonare diagnosticato). Concludendo, questo programma di sorveglianza non si è mostrato efficace a causa di: bassa percentuale di partecipazione,
basso numero di casi trovati, basso valore predittivo, costi elevati.
INTRODUZIONE
Un documento di consenso prevedeva un continuo aumento dell’incidenza di cancro polmonare
nei lavoratori esposti ad asbesto culminante nel periodo 2010-2020 (2). Pertanto, un programma di
diagnosi precoce del cancro polmonare poteva aumentare l’efficacia del trattamento e quindi la sopravvivenza e la qualità di vita negli ex esposti.
Quattro grandi studi clinici randomizzati e controllati avevano mostrato che lo screening con radiografia del torace, con o senza esame citologico
dell’escreato, non era in grado di ridurre la mortalità
per cancro polmonare (1). In uno studio su 1.000
fumatori asintomatici, la TAC spirale aveva trovato
più casi di tumore polmonare rispetto alla radiografia del torace (2,7% vs 0,7%) e, in particolare, più
casi in stadio IA (2,2% vs 0,4%). L’intervento chirurgico di un cancro di stadio IA porta ad una sopravvivenza di 5 anni in più del 70% dei casi (5).
Nel presente studio è stato usato un approccio
“one-time screening” per valutare la fattibilità e i
costi di un programma di screening con TAC spirale nei lavoratori con pregressa esposizione ad
asbesto.
SOGGETTI E METODI
Si decise di selezionare fra i 20.000 lavoratori residenti in regione Veneto con pregressa esposizione
professionale ad asbesto, quelli a massimo rischio: i
dipendenti di aziende di fabbricazione e manutenzione di carrozze ferroviarie, di prodotti in cemento-asbesto, i cantieri navali e le aziende di coibentazione e decoibentazione per contro terzi. Queste
aziende sono state identificate attraverso le domande che i lavoratori avevano presentato per ottenere i
benefici previdenziali previsti dalla legge 257/92.
Alle aziende è stata chiesta la lista storica dei dipendenti. È stata così individuata una coorte di
5.378 lavoratori.
Dopo aver diffuso l’informazione sul programma
di sorveglianza attraverso la stampa locale e i sindacati, è stata inviata una lettera d’invito a 2.000
lavoratori e ai loro medici di famiglia. Ottenuto il
consenso informato, ogni soggetto è stato esaminato da un medico del lavoro e sottoposto a TAC spirale. L’indagine è stata condotta da gennaio 2000 a
luglio 2003 su 1165 soggetti (36 femmine e 1129
maschi).
Il protocollo per l’esecuzione della TAC e per il
follow-up radiologico era quello descritto da Henschke (5). Le caratteristiche dei noduli polmonari
(dimensione, forma, posizione, margini, e presenza
di calcificazioni) venivano registrate. Il nodulo veniva biopsiato ed esaminato istologicamente se aveva un diametro maggiore di 10 mm o se mostrava
un aumento delle dimensioni ripetendo la TAC a
3, 6, 12 e 24 mesi (follow-up radiologico). Se il nodulo restava invariato per 24 mesi il soggetto era
negativo.
Per stimare l’esposizione ad asbesto è stato usato
un questionario (6) che indagava i determinanti di
esposizione: natura del materiale (asbesto compatto
o friabile); modalità di esecuzione del lavoro (entità
della sollecitazione meccanica dei materiali durante
la lavorazione); disponibilità di mezzi di controllo
dell’esposizione (ventilazione, aspirazione localizzata, uso di dispositivi individuali di protezione).
Ai determinanti veniva assegnato uno score. Integrando gli score si attribuiva un livello di esposizio-
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VALUTAZIONE DI UN PROGRAMMA PER LA DIAGNOSI DI CANCRO POLMONARE
ne che, moltiplicato per la frequenza e la durata,
forniva una stima di esposizione cumulativa.
È stata realizzata anche la sorveglianza passiva
della coorte: è stato condotto un record-linkage
con l’anagrafe sanitaria regionale del Veneto, e i
4367 (su 5.378) lavoratori identificati sono stati seguiti per l’occorrenza di cancro polmonare attraverso l’archivio regionale delle schede di dimissione
ospedaliera (SDO).
Per gli ex-esposti di cui era rintracciato almeno
un ricovero con diagnosi di tumore del polmone
nel periodo 1999-2004, la data del primo ricovero
è stata assunta come data presunta di incidenza. Il
follow-up sullo stato vitale è stato condotto mediante linkage con l’anagrafe sanitaria. La sopravvivenza nei soggetti diagnosticati nell’ambito o
fuori dallo screening organizzato è stata confrontata con il log-rank test e graficamente con le curve di sopravvivenza secondo il metodo di KaplanMeyer.
Per stimare i costi, il programma di sorveglianza
è stato diviso in tre processi: (1) definizione del
protocollo e formazione degli intervistatori; (2)
preparazione delle liste dei lavoratori e dei programmi di informatizzazione dei dati; e (3) esecuzione dello screenig. Ogni processo è stato disaggregato in attività e di ogni attività è stato stimato
il costo unitario (c) e il tempo di esecuzione (t). I
costi parziali e totali sono la sommatoria dei prodotti (c x t).
La dose di radiazioni è stimata intorno a 0,30,55 mSv per una TAC a basso dosaggio e 3-27
mSv per una TAC convenzionale (3).
RISULTATI
1.165 dei 2.000 lavoratori invitati hanno accettato di partecipare (58,3%). Sono state escluse le poche donne e i 10 uomini con dati incompleti. Il
gruppo analizzato include dunque 1.119 lavoratori
maschi ex-esposti ad asbesto.
338 soggetti con noduli polmonari non calcifici
e/o placche pleuriche sospette sono stati inclusi nel
protocollo diagnostico (follow-up radiologico) che
ha portato a 25 biopsie (13 del polmone, 9 della
pleura, 3 di entrambi) e a 5 casi di cancro polmo-
nare (4 primario e 1 secondario). Un altro caso di
cancro polmonare primario è stato diagnosticato
con l’esame citologico dell’escreato. Solo un cancro
polmonare era in stadio 1A e gli altri in stadi più
avanzati.
La sorveglianza passiva attraverso le SDO non
ha individuato casi addizionali nei 1119 soggetti
screenati, in particolare nessuno entro 12 mesi dall’ultimo controllo radiologico. Pertanto, i falsi negativi erano pari a 0 e i falsi positivi 11 (tabella 1).
La sensibilità del test di screening era 100%
(=5/5), la specificità 99% (=1103/1114), ma il valore predittivo era 31% (=5/16).
Il tasso di incidenza del cancro polmonare era
154 per 100.000 nei 4367 lavoratori della coorte
identificati nell’anagrafe sanitaria regionale, e 149
per 100.000 nella sottocorte dei 1119 sottoposti a
screening. Questi valori erano molto vicini al tasso
di cancro polmonare (149 per 100.000) trovato dal
registro Tumori del Veneto nella popolazione generale maschile di età 55-59 anni (l’età media era 57
anni nei 1119 soggetti sottoposti a screening).
Oltre ai 5 soggetti diagnosticati nel corso dello
screening, altri 40 ex-esposti avevano avuto almeno
un ricovero per tumore del polmone. Nel corso del
follow-up 31/45 soggetti erano deceduti, mentre
per gli altri l’informazione sullo stato vitale era
troncata al 01/01/2005. La sopravvivenza dei soggetti diagnosticati nel corso e fuori dallo screening
era simile al log-rank test (p=0.80); le curve di Kaplan-Meyer sono mostrate in figura 1.
Tutti i 1119 soggetti hanno ricevuto una dose di
radiazioni di 0.5 mSv (1119 x 0.5 mSv), 338 lavoratori hanno ripetuto la TAC a basso dosaggio almeno una volta (338 x 0.5 mSv), e almeno 40 soggetti anche una TAC convenzionale (40 x 10 mSv).
La dose totale di radiazioni somministrata a sogTabella 1 - Risultati del programma di screening con TAC
spirale in 1119 lavoratori ex-esposti ad asbesto
Table 1 - Results of the screening program with spiral CT
among 1119 workers previously exposed to asbestos
Screening
Totale
+
-
Casi
Non casi
Totale
5
0
11
1103
16
1103
5
1114
1119
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MASTRANGELO E COLLABORATORI
Figura 1 - Stime della sopravvivenza secondo KaplanMeier
Figure 1 - Kaplan-Meier Survival Analysis
getti sani è stata pari a circa 1.100 mSv; cioè circa 1
mSv per soggetto esaminato e circa 220 mSv per
caso di cancro polmonare diagnosticato.
I costi erano, rispettivamente, 1.276, 42.225, e
1.181.310 euro per il primo, secondo e terzo processo, pari in totale a 1.224.811 euro; cioè circa
1000 euro per soggetto esaminato e circa 250.000
euro per caso di cancro polmonare diagnosticato.
Insoddisfacente.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Il programma di screening con TAC a basso
dosaggio per la diagnosi precoce di cancro polmonare nei lavoratori con pregressa esposizione ad
asbesto non si è dimostrato fattibile per i seguenti
motivi:
– bassa percentuale di partecipazione dei soggetti selezionati;
– basso numero di casi di cancro polmonare diagnositicati;
– sopravvivenza dopo la diagnosi di cancro polmonare diagnosticato durante lo screening non diversa da quella dei casi diagnosticati per i sintomi;
– alti costi ed elevata dose di radiazioni somministrata a soggetti sani.
Poiché non si è dimostrato un vantaggio di questo programma di sorveglianza, lo screening per la
diagnosi precoce di cancro polmonare nei lavoratori ex-esposti ad asbesto è stato interrotto.
In un precedente studio, il rischio di cancro polmonare aumentava all’aumentare degli anni trascorsi dalla fine dell’esposizione sino ad un massimo di 12 anni, seguito da una diminuzione del rischio (4). In un altro studio condotto in una coorte
italiana di lavoratori del cemento asbesto, il rischio
di cancro polmonare mostrava una riduzione dopo
15 anni dalla cessazione dell’esposizione ad asbesto (7).
Nel nostro studio, il tempo medio dopo l’ultima
esposizione era di 16 anni. Questo fatto potrebbe
spiegare perché il rischio di cancro polmonare nella
coorte era simile a quello della popolazione generale del Veneto di pari età e sesso, nonostante i lavoratori avessero una esposizione ad asbesto abbastanza elevata e di lunga durata.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
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Gli interventi di promozione della salute nei luoghi di
lavoro: progetti in corso e loro valutazione di efficacia
G. GORINI
UO Epidemiologia ambientale occupazionale - ISPO - Firenze
KEY WORDS
Health promotion; smoking ban
SUMMARY
«Workplace health promotion interventions: ongoing projects and evaluation of their effectiveness». Background: The Italian law of January 2005 that banned smoking in enclosed public places, also banned smoking in
the workplace. Results: This law led to the elimination of exposure to passive smoking for non-smokers, more smokers who gave up smoking, and a fall in the number of cigarettes smoked per day among smokers. Enforcement of the
ban needs to be strengthened in discotheques and at the workplace and in outdoor smoking premises. In covered outdoor areas set up for smokers in winter, passive smoking exposure is high. Discussion: A Cochrane review conducted in 2005 on workplace smoking bans did not conclude that bans helped employees to quit, while another review
found that totally smoke-free workplaces are associated with a 3.8% reduction in smoking prevalence, and 3.1 fewer
cigarettes smoked per person per day. Conclusions: Workplaces are ideal settings for health promotion, since it is
feasible to organize individual interventions, such as counselling, combined with environmental measures (e.g.,
smoking bans) in order to support behavioural changes in employees. It is difficult to evaluate these complex interventions using standard evaluation methods such as cluster randomized controlled trials. We describe two workplace
interventions conducted in Tuscany based on methods described by Sorensen.
RIASSUNTO
La Legge 3/2003, entrata in vigore nel Gennaio 2005, ha bandito il fumo anche dai luoghi di lavoro. Tale divieto
ha avuto un effetto sia sui non fumatori, eliminando il fumo passivo, che sui fumatori aumentando il numero dei
soggetti che cessano tale abitudine ed incidendo sulla riduzione del numero di sigarette/die. Il rispetto di tale legge
sembra minore nelle discoteche e nei luoghi di lavoro rispetto ad altri luoghi pubblici. Livelli di esposizione analoghi
a quelli registrati prima dell’introduzione del divieto si rilevano negli spazi esterni dei locali pubblici attrezzati in
inverno con riscaldamento e coperture. La revisione Cochrane del 2005 non giudica efficace il divieto nei luoghi di
lavoro per favorire la cessazione dell’abitudine tabagica nei dipendenti fumatori, mentre un’altra revisione conclude
che il bando determina una riduzione di 3,8 punti percentuale nella prevalenza di tale abitudine e 3 sigarette al
giorno in meno nei fumatori. L’ambiente di lavoro appare un luogo ideale per interventi di promozione della salute
in quanto è possibile promuovere simultaneamente interventi individuali ed ambientali, come appunto il divieto di
fumo, che sostiene un cambiamento nei comportamenti del singolo con effetto sul singolo e sull’ambiente in cui esso
Corrispondenza: Dr. Giuseppe Gorini, UO Epidemiologia ambientale occupazionale ISPO, via di S.Salvi 12, 50135 Firenze - Tel.
055.6268347 - Fax 055.6268385 - E-mail: g.gorini@ispo.toscana.it
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GORINI
opera. Gli studi randomizzati e controllati presentano dei limiti nella valutazione di efficacia per questi interventi
complessi. Si riportano i risultati di due interventi nei luoghi di lavoro effettuati in Toscana adattando il modello
della prof.ssa Sorensen.
IL PRIMO INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE
SUGLI STILI DI VITA NEI LUOGHI DI LAVORO
L’entrata in vigore della Legge 3/2003 ha bandito dai luoghi di lavoro il fumo passivo (FP), cancerogeno certo per l’uomo secondo la classificazione
IARC. È stato stimato che, prima dell’entrata in vigore della legge, 806.500 lavoratori in Italia erano
esposti per almeno il 75% dell’orario di lavoro, a FP,
il 36% dei quali nel settore impiegatizio, il 47% nell’industria alberghiera e di ristorazione (9). Dei
31.300 decessi per tumore del polmone in
ultra35enni che sono occorsi in Italia nel 2000,
2.164 si sono verificati in non-fumatori. Di questi,
324 decessi sono attribuibili a esposizione a FP nei
luoghi di lavoro. Dei 10.700 decessi per malattie
ischemiche del cuore in 35-65enni, 4.850 si sono
verificati in non-fumatori. Di questi, 235 sono attribuibili a esposizione a FP nei luoghi di lavoro (3).
La legge ha determinato una drastica riduzione (dal 60 al 97%) dell’esposizione a FP nei locali
di intrattenimento, come testimoniato da diversi
studi che hanno misurato la nicotina ambientale o
il particolato atmosferico ambientale prima e dopo
uno-due anni dalla legge (5, 13). Tra i locali di intrattenimento, quelli che hanno mostrato valori in
qualche caso ancora elevati sono le discoteche (5).
Dalle indagini DOXA del 2005, 2006, 2007 e 2008
i rispondenti che dichiarano che la legge è rispettata nei locali pubblici sono in percentuale sempre
minore (rispettivamente 90%; 88,2%; 83,2%;
81,5%), mentre la percentuale che dichiara che la
legge è rispettata nei luoghi di lavoro si è sempre
attestata a livelli molto più bassi (70%), senza variazioni (11). A conferma di questo dato, nell’indagine condotta in un campione rappresentativo di
non-fumatori (6), circa il 39% a Firenze e il 19% a
Belluno dichiara di essere ancora esposto a FP al
lavoro.
I risultati nei luoghi di lavoro suggeriscono la
necessità di sviluppare dei programmi di controllo
per il rispetto della legge nelle discoteche e nei posti di lavoro diversi dai locali.
Nell’inchiesta condotta in Italia subito dopo
l’entrata in vigore della legge tra oltre 1.600 proprietari di locali (8), meno dell’1% ha dichiarato di
aver predisposto un’area fumatori all’interno, per il
costo elevato. Anche inchieste successive confermano questo dato. Gli spazi all’aperto invece non
sono oggetto di regolamentazione: durante l’inverno successivo all’introduzione della legge molti locali hanno dotato gli spazi esterni di tetto, coperture e riscaldamento. Non ci sono dati sul numero di
questi spazi in Italia. E’ stata misurata la concentrazione di nicotina in tre di queste aree in inverno a
Firenze ed è risultata pari a 8,28 µg/m3 (6), agli
stessi livelli degli spazi interni prima della legge.
La legge 3/2003 ha avuto un forte impatto tra
i fumatori. L’indagine tra i proprietari di locali (8),
ha messo in luce che dopo l’entrata in vigore della
legge circa il 15% dei fumatori ha smesso e il 61%
ha ridotto il numero di sigarette fumate.
Sugli effetti per i fumatori di regolamenti o di
leggi nazionali nei posti di lavoro sono stati condotti circa 50 studi e sei revisioni, tra cui una effettuata nel 2005 dalla Cochrane nell’ambito delle valutazioni degli interventi nei posti di lavoro per
smettere di fumare (10) e una da Fichtenberg nel
2002 (4). Nessuno degli studi nelle due revisioni
presenta un disegno di tipo randomizzato e controllato (RC) perché la scelta dell’implementazione
di un regolamento sul fumo in un’azienda non può
essere randomizzata, come il trial classico richiederebbe. Nella revisione Cochrane sono compresi 14
studi. In 9 il bando determina una riduzione nel
numero di sigarette fumate durante l’orario di lavoro; 8 studi riportano una diminuzione nel consumo
durante tutto il giorno, mentre tre studi non trovano diminuzioni. Cinque studi non riportano cambiamenti nella prevalenza di fumo tra i dipendenti,
mentre 4 riportano lievi diminuzioni, e solo due diminuzioni significative. Quindi gli autori conclu-
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GLI INTERVENTI SUGLI STILI DI VITA NEI LUOGHI DI LAVORO
dono che il regolamento aziendale determina una
diminuzione nel numero di sigarette fumate durante l’orario di lavoro e che non ci sono evidenze
consistenti sulla diminuzione del consumo di sigarette nell’arco dell’intera giornata e sulla diminuzione della prevalenza di fumo tra i dipendenti.
Nell’aggiornamento del 2008 della stessa revisione
Cochrane (2), la parte relativa ai bandi al fumo nei
luoghi di lavoro è stata eliminata perchè, così viene
riportato, nel luglio 2007 in Gran Bretagna il FP è
stato bandito dai luoghi di lavoro con una legge nazionale. Rimarrebbe comunque di interesse, a nostro giudizio, la valutazione degli effetti nei dipendenti fumatori.
La revisione di Fichtenberg (4) comprende 24
articoli, di cui 10 in comune con la revisione Cochrane (10). Tra gli studi solo nella revisione di Fichtenberg ci sono 5 inchieste di popolazione che confrontano le prevalenze di fumo di lavoratori in posti
di lavoro che hanno adottato differenti regolamenti
aziendali sul fumo, dal bando alla possibilità di fumare ovunque. Questi studi di popolazione hanno
un peso non trascurabile nella analisi pooled. Gli
Autori concludono che l’implementazione di un
bando totale determina una riduzione della prevalenza di fumo di 3,8 punti percentuale e una diminuzione del consumo di circa 3 sigarette al giorno.
Il posto di lavoro rappresenta una sede ideale
per interventi sugli stili di vita perché è possibile
raggiungere circa il 60% della popolazione in età
lavorativa, e promuovere simultaneamente sia interventi individuali (counseling nutrizionale, corsi
per smettere di fumare), sia interventi nell’ambiente di lavoro finalizzati a sostenere un cambiamento
comportamentale.
Nella revisione Cochrane sugli interventi per
smettere di fumare nei luoghi di lavoro (2), i 37
studi su interventi per smettere indirizzati ai singoli lavoratori (counseling individuale, di gruppo; terapia farmacologica), risultano efficaci. Invece i 16
studi con unità di intervento l’intero posto di lavoro (3 studi che valutano il supporto dell’ambiente
di lavoro per non fumare; 5 studi sugli incentivi
economici per chi smette; 8 studi su interventi
comprensivi sul singolo e sull’ambiente di lavoro
per il fumo ed altri stili di vita, di cui 4 del gruppo
della prof.ssa Sorensen), danno risultati insufficien-
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ti. D’altro parere è una revisione di Letteratura
comprendente 45 studi RC a gruppi su interventi
sugli stili di vita nei luoghi di lavoro, che conclude
che gli effetti osservati sono positivi, anche se modesti (7). D’altronde il trial si adatta male a valutare
questi interventi complessi. Molte critiche sono
state mosse ai trial RC a gruppi, utilizzati per la valutazione di interventi comprensivi. Il percorso
causale tra gli interventi e il cambiamento comportamentale è molto complesso e lungo, con passaggi
dal biologico al comportamentale spesso non del
tutto chiariti. Quindi la capacità di supportare
un’inferenza causale è minore rispetto agli studi
RC classici. La lunga catena causale rende inoltre
difficile la generalizzazione dei risultati. Con un
percorso causale così lungo si possono verificare più
modificazioni di effetto con fattori legati al contesto dello studio. Rispetto ai trial classici, la penetrazione degli interventi e l’intensità di somministrazione sono molto variabili da studio a studio. Spesso poi non sono previste misure per aumentare la
partecipazione dei lavoratori. Tutto questo rende
questi interventi scarsamente riproducibili e difficilmente sintetizzabili in una meta-analisi. Infine
nel corso degli anni ’70-’90 si è assistito nel mondo
occidentale ad una tendenza spontanea, “secolare”
verso stili di vita sani che ha determinato un’ottima
performance anche nei gruppi di controllo, avvicinando più del previsto i risultati nei gruppi di intervento e di controllo (14).
Qui di seguito riportiamo due esperienze condotte in alcune aziende in Toscana, seguendo gli
studi della prof.ssa Sorensen (12) adattati alla realtà
italiana.
INTERVENTO PRESSO UNA DITTA
METALMECCANICA A MASSA
Sono previste 3 fasi: inchiesta pre-intervento,
l’intervento vero proprio e l’inchiesta post-intervento.
Punti salienti dell’intervento:
- Assemblee dei dipendenti con intervento di
sensibilizzazione su alcol e rischio infortunistico e
presentazione dell’analisi del questionario pre-intervento.
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- Tovagliette e brochure informative su dieta
sana nella mensa.
- Distributori automatici di cibo con frutta o
yogurt.
- Revisione del regolamento aziendale sul fumo.
- Predisposizione di uno stand in azienda per
la raccolta dei questionari, l’iscrizione ai corsi e la
distribuzione di materiale informativo e di autoaiuto su fumo, esercizio fisico, dieta e alcol.
- Corsi di attività fisica in azienda per 6-8 dipendenti al 50% in orario di lavoro, con laureato in
scienze motorie, per 30 minuti 3 volte settimanali
per 6-8 settimane.
- Corsi di counseling nutrizionale, seguito da
un medico del servizio di igiene alimenti e nutrizione dell’ASL in 8 sessioni di un’ora e mezzo con
cadenza quindicinale e 6-8 partecipanti.
- Corsi di gruppo per smettere di fumare, seguito da medico del Centro Anti-fumo dell’ASL,
articolato in 8 sedute di due ore con 10-15 fumatori.
PROGETTO PRESSO L’AZIENDA USL 10 ZONA
FIORENTINA SUD EST
In questa zona sono state contattate 33 aziende pubbliche e private per valutare il loro interesse
a partecipare a interventi di prevenzione. Le aziende sono state invitate a un seminario di presentazione del progetto e delle esperienze in Toscana e
Piemonte (1). Quindi in alcune aziende è iniziato
un percorso sul fumo.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
BIBLIOGRAFIA
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (Suppl 1): 37-40
La promozione della salute nei luoghi di lavoro:
valutazione di evidenze di efficacia e raccomandazioni
metodologiche
ANNA PAVAN, MARIA ELENA PIROLA, MARINA BONFANTI, LILIANA COPPOLA, L. MACCHI
Direzione Generale Sanità- Regione Lombardia
KEY WORDS
Health promotion programmes; evidence based prevention
SUMMARY
«Workplace health promotion: evaluation of evidence of efficacy and methodological recommendations». Objectives: Background: During the period 2004-2007 five Italian regions in cooperation with the Universities of
Pavia and Perugia and the Italian Cochrane Centre carried out a research project on health promotion programmes. Objectives: Evaluation of efficacy of health education programmes developed by the Local Health Units
from 2000 to 2004. Results: Analysis of 69 of health promotion programmes and 23 Cochrane reviews led to establishing recommendations for health operators; at the workplace the efficacious actions were: to encourage consumption of healthy food (also via automatic distributors of fruit and vegetable snacks) and physical activity, guarantee observance of the smoking ban and/or offer assistance to quit smoking. Conclusion: Health promotion projects involve the use of public resources so it is necessary that the potential impact and efficacy be evaluated in the
planning process. In particular, it is advisable to examine the data in the literature and assign preference to projects
that have proved efficacious.
RIASSUNTO
Nel triennio 2004-2007 è stato realizzato un progetto di ricerca, condotto in cinque regioni italiane in collaborazione con le Università di Pavia e Perugia e con il Centro Cochrane Italiano. Effettuare una valutazione di efficacia delle iniziative di promozione della salute svolte dalle Aziende Sanitarie Locali e desumere indicazioni metodologiche sugli interventi da realizzare nei diversi ambiti di popolazione. Per quanto riguarda gli ambienti di
lavoro, le raccomandazioni indicano che sono efficaci azioni che favoriscano, durante l’attività lavorativa, l’assunzione di alimentazione adeguata (anche tramite distributori di snack a base di frutta e verdura), lo svolgimento di attività fisica, l’osservanza del divieto del fumo e/o iniziative di disassuefazione. Gli interventi di promozione della salute, anche nei confronti dei lavoratori, comportano l’impiego di risorse da parte dei Servizi Sanitari ed è dunque necessario che, nella loro programmazione, si valuti il potenziale impatto che deriva dalla loro
applicazione. In particolare è opportuno che si esaminino i dati di letteratura e si privilegino gli interventi di dimostrata efficacia.
Corrispondenza: Dr.ssa Anna Pavan, Direzione generale Sanità, via Pola 9/11, 20124 Milano - Tel. 02 67653033 - Fax 02/3936044
E-mail: anna_pavan@regione.lombardia.it
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INTRODUZIONE
L’esigenza di farsi promotori di un progetto di
ricerca, aderendo al bando del Ministero della salute cosiddetto ex-art.12 del 2004, nacque dalla necessità, diffusa tra gli operatori sanitari, di approfondire le conoscenze sull’evidenza di efficacia
delle attività di promozione della salute ed educazione sanitaria, condotte nei confronti sia della popolazione generale che di gruppi target.
È infatti innegabile che a tali attività si dedichino molte risorse, senza che però sia sempre possibile valutarne la reale efficacia, in termini di cambiamento dei comportamenti fonte di rischio per la
salute.
Naturalmente è nota la difficoltà di condurre
trial clinici randomizzati – e dunque analisi “controllate” – come pure la mutifattorialità all’origine
del comportamento o ancora la lunga latenza tra
interventi di promozione e loro effetti misurabili:
ciononostante si è voluta affrontare questa sfida, da
cui sono originate anche utili indicazioni e prospettive future su cui operare.
a. presenza di almeno un indicatore, relativo al
processo o al risultato;
b. indicatore misurabile e rapportato ad un denominatore;
c. indicatore misurato almeno una volta sia prima che dopo l’intervento.
2. Selezione e catalogazione dei progetti pervenuti e lettura secondo i criteri Cochrane e loro valutazione.
3. Sintesi delle revisioni sistematiche Cochrane
relativamente alle tre aree del progetto.
4. Trasposizione dei dati raccolti sotto forma di
Raccomandazioni, ossia di linee guida per la programmazione di progetti di educazione alla salute
nei diversi ambiti censiti e per i diversi contenuti
considerati, in modo da consentirne una valutazione sotto il profilo dell’efficacia.
5. Realizzazione di un percorso di formazione
per il personale sanitario e per le altre agenzie educative e di workshop con tutti i soggetti coinvolti
nel progetto di ricerca, integrati da esperti esterni
per validare le Raccomandazioni e fornire indicazioni su come trasferire queste raccomandazioni
nella pratica.
METODI
RISULTATI
Il Progetto di ricerca, afferente all’area tematica
“Sperimentazione di modelli di informazione e comunicazione mirati a promuovere l’uso consapevole
e partecipato dei servizi sanitari e l’adozione di stili
di vita appropriati” e dal titolo “Valutazione di efficacia e messa a punto di un modello comunicativo
integrato di promozione della salute” è stato presentato da regione Lombardia come capofila e con la
partecipazione delle Unità Operative: Emilia Romagna, Puglia, Piemonte, Veneto, Centro Cochrane
Italia, Università degli studi di Perugia e Pavia,
Censis, IULM- Istituto Universitario Lingue Moderne; sponsor del progetto: Fondazione Pfizer.
La ricerca (4) si è sviluppata nelle seguenti fasi:
1. Raccolta della documentazione di progetti di
promozione della salute nell’area dell’alimentazione, attività fisica, tabagismo, realizzati nel periodo
2000-2004, da ASL, Comuni, Province; requisiti
per la selezione dei progetti e loro inclusione nell’analisi erano:
Il censimento e la selezione dei progetti ha condotto ad individuare 69 progetti, i cui target erano:
- Scuola: 54;
- Ambulatorio medico/pediatra di famiglia: 12;
- Luoghi di lavoro: 5;
- Popolazione generale: 19.
Alcuni interventi prevedevano la realizzazione
del programma simultaneamente in più luoghi.
Le aree tematiche cui si riferivano i progetti erano in 29 casi attinenti a tabagismo, in 13 ad attività
motoria, in 11 ad alimentazione; in 16 casi le aree
tematiche erano più di una.
L’analisi relativa alla metodologia utilizzata ha
evidenziato che 33 progetti erano riconducibili ad
un disegno dello studio tipo prima-dopo (con valutazione di conoscenze e attitudini) e che 7 progetti
hanno utilizzato un gruppo di controllo (prevalentemente sull’area tematica del tabagismo e in ambito scolastico); negli altri casi non era riconoscibile
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LA PROMOZIONE DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO
una metodologia utile a valutare l’efficacia del progetto stesso.
L’analisi della letteratura ha inoltre consentito di
individuare 23 revisioni sistematiche, di cui 19 sul
fumo, 1 sulla promozione dell’attività fisica, 1 sulla
promozione di una corretta alimentazione, 1 su fumo, promozione attività fisica e corretta alimentazione, 1 su promozione corretta alimentazione e attività fisica.
Per quanto riguarda gli interventi effettuati nei
luoghi di lavoro per la prevenzione o disassuefazione al fumo (2) i risultati sono assimilabili a quelli
rilevati in altri setting: i programmi di gruppo, il
counselling individuale e la terapia sostitutiva con
nicotina sono efficaci, mentre il materiale di auto
aiuto lo è di meno. Ancora: il divieto di fumo riduce il consumo di sigarette durante l’orario di lavoro
ma il suo effetto sul consumo totale è meno certo e
i programmi basati sugli incentivi aumentano i
tentativi di smettere ma non vi è evidenza che aumentino il tasso di soggetti che effettivamente
smettono.
A partire da quanto rilevato, sia sull’esperienza
derivante dai progetti esaminati che sulla letteratura scientifica, sono dunque state redatte raccomandazioni, dirette a professionisti del settore sanitario
ed educativo e ai membri della comunità a livello
locale, regionale e nazionale.
Obiettivo delle raccomandazioni era elaborare
indicazioni metodologiche che, sulla scorta delle
conoscenze disponibili, consentissero di supportare
il disegno, l’implementazione e la valutazione dell’efficacia di programmi integrati per la promozione di stili di vita sani nell’ambito dell’alimentazione, dell’attività fisica e del tabagismo.
Relativamente al contesto lavorativo, le raccomandazioni (3), cui si rinvia per una lettura approfondita in relazione alla complessità che le caratterizza, indicano che sono da privilegiare azioni
dirette a:
– fornire agli addetti possibilità di ottenere
un’alimentazione adeguata : ci si riferisce all’attenzione da prestare alla ristorazione aziendale e alla
promozione di offerta gratuita o semigratuita di
frutta e verdura attraverso appositi distributori in
sostituzione dei distributori di snack e bevande
dolci;
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– promuovere lo svolgimento di attività fisica,
attraverso la disponibilità, in ambito aziendale, di
spazi adeguati, la promozione nell’uso delle scale
rispetto agli ascensori, le facilitazioni da offrire rispetto al trasporto verso e dal posto di lavoro, che
privilegino l’attività motoria;
– garantire il rispetto del divieto di fumo in tutti
i luoghi di lavoro chiusi e all’aperto, se ci sono rischi di incendio e/o di esplosione, e offrire percorsi
di disassuefazione e interruzione dell’abitudine al
fumo di sigaretta.
Il 3 aprile 2008 si è tenuto a Milano l’workshop
con la sintesi del percorso e presentazione delle
Raccomandazioni (1).
DISCUSSIONE
Il tema della promozione della salute riveste un
ruolo centrale nelle attuali politiche preventive, in
ragione del peso di patologia che fumo, ridotta attività fisica, scorretta alimentazione hanno nel nostro Paese (5).
La necessità di porre in atto interventi che favoriscano l’adozione di comportamenti e stili di
vita sani attraversa in modo trasversale tutta la popolazione e quindi anche i soggetti in età lavorativa, nei confronti dei quali le patologie cronico-degenerative vanno assumendo notevole rilevanza,
con reciproche influenze con la patologia professionale.
Mentre è nota la correlazione tra tali fattori e le
ricadute sulla salute della popolazione, non altrettanto chiara è l’efficacia degli interventi che vengono posti in atto dal servizio sanitario nazionale,
per le indubbie difficoltà ad applicare i metodi della ricerca scientifica e della valutazione di evidenza
di efficacia. Tuttavia è improrogabile che ci si interroghi sull’utilità di interventi che comportano un
consistente, benché spesso scoordinato, investimento di risorse.
In tale direzione si è posto il progetto di ricerca,
finanziato dal Ministero della Salute con i fondi
ex-art-12 del 2004, con un duplice obiettivo: da
una parte sottoporre al vaglio dell’analisi scientifica
le esperienze condotte nel quinquennio precedente
e porle a confronto con i dati di letteratura disponi-
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bili; dall’altra mettere a punto uno strumento per la
progettazione che, cogliendo gli elementi conoscitivi in materia di efficacia disponibili, consentisse
di migliorare la metodologia di intervento dei progetti futuri.
Un’attenzione particolare è stata rivolta al setting
nel quale vengono implementate le iniziative; tra
essi l’ambiente di lavoro si è rivelato uno degli ambiti in cui è opportuno intervenire, benché non
presenti differenze significative rispetto ad altri settori o contesti di intervento.
Indicazione significativa è però che si debbano
privilegiare più che interventi di tipo informativocomunicativo, progetti che, nello specifico contesto,
consentano al lavoratore di “agire” comportamenti
e abitudini adeguate.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
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13-mamo
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La
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Pagina 41
Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 41-44
Le disuguaglianze nella protezione e promozione della
salute di chi lavora
C. MAMO
Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3, Grugliasco (TO)
KEY WORDS
Inequalities; occupational risks; health promotion
SUMMARY
«Inequalities in protection and promotion of workers’ health». Background: Occupational risks contribute to
health inequalities, combined with psychosocial, behavioural, and environmental risk factors. Job Strain is a wellknown risk factor for cardio-vascular and psychiatric diseases. Furthermore, stressful conditions at work promote
unhealthy life styles. Among workers, sex (female), young age and migration are all causes of health inequalities.
Conclusions: Although evidence on the effectiveness of workplace interventions for addressing inequalities is limited, equity audits to support decisions need to be implemented in conjunction with workability and health promotion programmes, and simultaneously with measures of an environmental and social nature.
RIASSUNTO
I rischi lavorativi contribuiscono alle disuguaglianze sociali di salute, in interazione con rischi psicosociali, comportamentali, ambientali. Sono noti gli effetti del Job Strain nella genesi del danno cardiovascolare e psichico. Condizioni di stress stimolano inoltre stili di vita dannosi per la salute. Tra i lavoratori il sesso (essere donna), la giovane
età, la condizione di immigrato sono tutti determinanti di disuguaglianze nella salute. Sebbene l’evidenza di efficacia di interventi sul luogo di lavoro per contrastare le disuguaglianze sia ancora limitata, risultano raccomandabili processi di equity audit e programmi per la promozione della salute e della workability, in sinergia con interventi svolti a livello ambientale e socio-contestuale.
IL LAVORO COME DIMENSIONE SOCIALE DELLA
SALUTE
Nei paesi economicamente sviluppati, pur in un
contesto di generale allungamento dell’attesa di vita, le disparità sociali di salute tendono ad accentuarsi (14). Tali disparità risultano evidenti sia utilizzando come indicatore di posizione sociale il
grado di istruzione, sia utilizzando la classe lavora-
tiva. Tra gli uomini, i lavoratori manuali presentano
eccessi di mortalità di intensità accentuatasi nel
tempo; tra le donne tali disparità, sebbene di intensità più moderata, tendono ad accentuarsi in misura
ancora maggiore.
Le disuguaglianze sono conseguenza di diversi
tempi e meccanismi di generazione (figura 1): la
stratificazione sociale interagisce con le traiettorie
di vita personali, dall’infanzia all’età adulta, in-
Corrispondenza: Dr. C. Mamo, Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASL TO3, Via Sabaudia 164, 10095 Grugliasco (TO)
Tel 011 40188221 - Fax 011 40188201 - E-mail: carlo.mamo@epi.piemonte.it
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Figura 1 - Determinanti di disuguaglianze
Figure 1 - Social Determinants of inequalities
fluenzando le esposizioni a rischi e la capacità di
proteggere le proprie risorse di salute. Si determinano condizioni di suscettibilità e fragilità, amplificate dalla mancanza di supporto e aggravate da limitazioni nell’accesso a servizi di diagnosi e a cure
appropriate.
Che impatto hanno le disuguaglianze di salute?
a Torino si stima che il 25% della mortalità generale negli uomini e l’8% nelle donne sia attribuibile a
gradienti socioeconomici (16).
I fattori comportamentali rivestono un ruolo rilevante nelle disuguaglianze di salute: ad esempio il
fumo sembra spiegare fino al 30% degli eccessi di
mortalità generale osservati negli uomini meno
istruiti (15). Nel contempo, fattori di rischio psicosociali e ambientali, in concorso con fattori biologici, tendono a colpire le fasce di popolazione più deprivate (23). Ma qual’è il peso rivestito dalle condizioni di lavoro?
I RISCHI LAVORATIVI COME DETERMINANTI DI
DISUGUAGLIANZE
È noto come le condizioni di lavoro più rischiose siano concentrate tra le occupazioni manuali e
non manuali meno qualificate, determinando diffe-
renze professionali in infortuni, problemi muscoloscheletrici, disabilità, malattie croniche: differenze
che si ripercuotono sul gradiente sociale di morbilità (8, 9). All’esposizione occupazionale a cancerogeni possono attribuirsi importanti quote di eccessi
tumorali in lavoratori manuali, con range che, negli
anni settanta-ottanta, variavano dal 20 al 50%, secondo la sede (3).
Il peso dei tradizionali rischi lavorativi sulle disuguaglianze tende tuttavia a ridursi, probabilmente per una più efficace prevenzione (16), mentre acquisiscono rilievo fattori di rischio meno conosciuti
(e a volte trascurati dalla prevenzione), come quelli
psicosociali (18).
Condizioni lavorative connotanti rischi psicosociali sembrano giustificare una quota rilevante delle
disuguaglianze in salute percepita (4). Il job strain
appare in grado di influire su diverse componenti
dell’organismo, contribuento alla genesi di disuguaglianze a vari livelli, dalla salute psichica (13) a
quella cardiovascolare (21), ad esempio attraverso
un aumento del rischio di cardiopatia coronarica
nei lavoratori esposti. Le condizioni di stress tendono inoltre a stimolare stili di vita dannosi per la
salute (20). Si generano così interazioni tra rischi
lavorativi e comportamentali. Interazioni già in
passato prese in considerazione per spiegare eccessi
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DISUGUAGLIANZE DI SALUTE NEI LAVORATORI
di patologie in lavoratori esposti: classica l’esposizione contemporanea a fumo e cancerogeni occupazionali (3).
La contestualizzazione dei rischi psicosociali assume rilevanza soprattutto per le donne: si considerino i potenziali effetti derivanti dalla commistione
di ruoli e responsabilità lavorative e familiari (2).
Si connotano inoltre come problemi di equità le
maggiori esposizioni a rischi di categorie lavorative
particolarmente vulnerabili: ne sono esempi la
maggiore occorrenza di infortuni gravi nei lavoratori più giovani (5) e negli immigrati (6). Specie in
questi ultimi, meccanismi auto-segreganti di identificazione sociale conducono all’acquisizione di atteggiamenti comuni, spesso a rischio.
Infortuni e malattie portano a una riduzione delle capacità lavorative: anche il concetto di workability va quindi inteso in ottica sociale (1).
La stessa disponibilità di lavoro, in quanto fonte
di risorse ed identità personale, è rilevante per il
problema: ad esempio il lavoro precario, che influenza soprattutto la salute psicologica, tende a
polarizzarsi sulle professioni meno qualificate (22),
così come le conseguenze sulla salute della disoccupazione sono più gravi nei soggetti socialmente
vulnerabili (19).
SVILUPPARE EQUITÀ ATTRAVERSO LA PROTEZIONE
E PROMOZIONE DELLA SALUTE SUL LAVORO
Abbiamo visto come le disuguaglianze possano
prodursi attraverso diversi meccanismi, meccanismi
che coinvolgono il lavoro e su cui è possibile intervenire. Innanzitutto, tramite politiche del lavoro si
possono contrastare meccanismi come l’esclusione
dal lavoro o la segregazione nei lavori più pericolosi
dei soggetti socialmente fragili, come i meno istruiti, gli immigrati, le donne, i giovani (12). Le politiche sociali possono contrastare gli effetti delle condizioni di vulnerabilità correlate a mancanza di lavoro, ad esempio tramite politiche di sostegno ai
disoccupati.
Gli interventi sull’ambiente di lavoro, basati sulle normative di sicurezza e igiene, dovrebbero promuovere in modo equo un lavoro sicuro, adatto alle
capacità della persona, e indirizzarsi verso priorità a
43
volte trascurate, ad esempio i fattori psicosociali, o
verso nuove categorie a rischio, come gli stranieri.
Parallelamente alle attività di sorveglianza per ridurre le esposizioni a rischio, il seguire un indirizzo
di equity audit nella definizione di priorità e nella
programmazione può contribuire a ridurre i danni
dei soggetti più esposti, attraverso un monitoraggio
più efficiente, l’individuazione precoce di problemi,
l’accesso tempestivo a cure ove necessario (10).
Le particolari condizioni di alcuni lavoratori
vanno prese in considerazione nelle fasi di progettazione di interventi (17). L’inefficacia dei programmi formativi è spesso correlata alla scarsa conoscenza dei fattori sociali, economici, culturali dei
lavoratori target: la formazione andrebbe fondata su
una accorta valutazione preliminare di metodi, materiali e tecniche di comunicazione, rispettando alcuni criteri basilari, come il tenere conto delle capacità linguistiche dei discenti, utilizzando se possibile trainer della stessa etnia nel caso di lavoratori
stranieri, e naturalmente prevedere un processo di
valutazione (6).
Uno strumento rivelatosi utile per promuovere
equità in ambienti di vita e lavoro è la Communitybased participatory research, in cui il coinvolgimento
attivo dei lavoratori nel processo di empowerment,
dalla segnalazione delle criticità alla definizione degli obiettivi, fino all’attuazione di interventi, rappresenta la chiave per garantirne l’efficacia (7).
Le attività mirate al contenimento e controllo
dei rischi lavorativi non esauriscono le possibilità di
preservare la salute di chi lavora: il luogo di lavoro
rappresenta un setting ideale (gruppi concentrati, di
pari) per contribuire a sviluppare le capacità delle
persone di esercitare un maggior controllo sulla
propria salute. In effetti le esperienze di promozione della salute svolte in ambiente lavorativo risultano in progressivo aumento. Partendo dalla constatazione che le malattie prevenibili rappresentano il
70% del burden of disease, influenzando pesantemente la produttività, efficaci programmi di health
promotion, riducendo i rischi per la salute dei lavoratori, si traducono in una riduzione delle spese sanitarie e dei costi aziendali (11).
Rimane da stabilire quanto si promuova oggi
equità in ambiente di lavoro: le istituzioni che si
occupano di sicurezza sul lavoro non sembrano in-
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cludere le disuguaglianze tra i loro target (12).
Contribuisce la ancora limitata evidenza di efficacia di strategie per contrastare le disuguaglianze
tramite interventi sul lavoro; limite accentuato dalle continue trasformazioni organizzative e tecnologiche. Tuttavia, l’equità rimane uno dei principi
fondamentali su cui basare la promozione di salute
dei lavoratori, soprattutto in una economia globale.
Ricordando il ruolo centrale dei professionisti
della sanità, concludiamo sintetizzando le strategie
generali per promuovere equità sul lavoro: sviluppo
di processi di equity audit, promozione di workability e comportamenti sicuri, sinergia di azione sui
fattori ambientali e socio-contestuali.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 45-47
Ruolo di un osservatorio infortuni per l’azione di
prevenzione del servizio di Prevenzione, Igiene e
Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL)
LUCIA BRAMANTI, PAOLA LORENZONI, A. PIEROTTI, G. ANGOTZI
PISLL AUSL Viareggio
KEY WORDS
Surveillance system; occupational injuries
SUMMARY
«Role of a surveillance system developed by the Viareggio Local Health Unit in injury prevention». Background:
Statistics on occupational injuries published by INAIL (National Insurance Institute for Occupational Accidents and
Diseases) are not useful to plan appropriate preventive actions in local manufacturing sectors. Methods: The injury
surveillance system, developed by Viareggio Local Health Unit, collects data on all occupational injuries that occurred
in the Versilia area, by enterprise, worksite and manufacturing sector. Enterprises operating in particular sectors (e.g.
shipyards, construction) are classified differently than in the national injury surveillance system. After trend analysis
and interpretation of injury data, the main results are available both in electronic and paper format. Results and
conclusions: Surveillance data are used by the Local Health Unit to promote and formulate specific preventive actions, such as: research and development of safer tools, promotion and control of safer use of specific tools, promotion
and enforcement of good practices, control programmes in high risk manufacturing sectors and jobs.
RIASSUNTO
Il servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro di Viareggio dispone di un proprio osservatorio
che raccoglie sistematicamente le notizie di infortuni sul lavoro accaduti nei comuni di competenza territoriale integrando fonti diverse e classificando gli accadimenti per azienda/luogo di accadimento, comparto produttivo (comprese attività che con le classificazioni ATECO si disperderebbero come nautica da diporto e altre), per modalità di
accadimento. L’elaborazione analitica delle modalità di accadimento permette di predisporre e realizzare interventi
di prevenzione mirati nei luoghi di lavoro: azioni di controllo e vigilanza, azioni positive di assistenza e comunicazione del rischio per lavoratori, datori di lavoro e loro referenti. Le informazioni sono utilizzate nelle riunioni
con le parti sociali ed in occasione di studio di misure di prevenzione e bonifiche tecniche di sicurezza, come nel settore lapideo ed altri ad elevato rischio di infortunio grave o mortale.
INTRODUZIONE
Gli infortuni sul lavoro (IL) sono un indicatore
affidabile dei livelli di sicurezza raggiunti nei luo-
ghi di lavoro e di orientamento per scelte di politica sanitaria in materia di prevenzione (2, 3). Per i
servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) delle Unità Sanitarie Loca-
Corrispondenza: Dr. Lucia Bramanti, UF Prevenzione Igiene e Sicurezza Luoghi di Lavoro, via Martiri di S. Anna 12, 55045 Pietrasanta (LU) - Tel. 0584 6058910 - E-mail: l.bramanti@usl12.toscana.it
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BRAMANTI E COLLABORATORI
li, deputati istituzionalmente alla promozione e al
controllo della salute e della sicurezza dei lavoratori
è necessario disporre di un’analisi epidemiologica
locale degli IL con particolare attenzione a comparti prevalenti e lavorazioni più frequenti, per ricavarne indicazioni indispensabili per realizzare
iniziative preventive specifiche.
MATERIALI E METODI
Il servizio PISLL di Viareggio ha attivato un osservatorio sugli infortuni a partire dal 1993, dal
1998 collegato telematicamente con il locale Pronto Soccorso Ospedaliero (PSO). Gli IL (primi certificati medici) accaduti nel territorio USL sono
raccolti sistematicamente e in tempo reale integrando varie fonti: PSO, INAIL, medici di famiglia, media, lavoratori). Per ognuno è disponibile:
– ragione sociale aziendale;
– comune ed indirizzo dell’evento;
– descrizione delle modalità di accadimento;
– comparto produttivo di accadimento, comprese peculiarità produttive locali. Così, ad esempio,
“nautica da diporto” comprende sia aziende di costruzione scafi, che di allestimento, produzione o
installazione di arredi e impianti navali, indipendentemente dal codice ATECO aziendale.
Grazie all’osservatorio è possibile avere tempestivamente tutte le informazioni utili su singoli casi
di infortunio, spesso nell’immediatezza del fatto, e
analizzare puntualmente, con cadenze ravvicinate,
gli IL nel loro complesso per ogni comparto di
produzione di beni e servizi della Versilia, così da
evidenziare criticità importanti o nuove. L’elaborazione di indici infortunistici è possibile solo per
comparti di cui è nota la forza lavoro locale.
I risultati dell’analisi dei dati trimestrale e annuale sono pubblicati in report di cui viene curata
ampia diffusione in formato elettronico e cartaceo.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Un osservatorio locale sugli infortuni ha molti
vantaggi in termini di qualità e tempestività delle
informazioni ricavate (1). La descrizione di ogni
caso e del luogo di accadimento consente di predisporre indagini di approfondimento nell’immediatezza dell’evento e di stendere profili di rischio aggiornati per attività, fase o sottofase di lavoro, di
norma utilizzati dal servizio PISLL- per la programmazione delle attività istituzionali e predisporre e realizzare interventi di prevenzione mirati
in termini di azioni di controllo e vigilanza, e di
azioni positive di assistenza e comunicazione del
rischio. Le elaborazioni degli IL sono routinariamente utilizzate nelle riunioni con rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e parti sociali
e in occasione di tavoli tecnici di studio di misure
di prevenzione e bonifiche tecniche di sicurezza.
Disporre di profili di danno specifico permette di
evidenziare infortuni “sentinella” e di agire con iniziative tempestive per eliminare rischi emergenti:
anni fa si verificò una pericolosa “epidemia” di
infortuni, fortuitamente lievi, da folgorazione in
piccoli cantieri edili per contatto di attrezzi o parti
di impianti in metallo con conduttori a media tensione. Una lettera circolare del PISLL divulgata attraverso gli ordini professionali ai coordinatori per
la progettazione/esecuzione dei lavori in sicurezza e
diffusa dagli uffici urbanistici dei comuni ai committenti ha evitato il ripetersi dell’accaduto.
Conoscere inoltre il trend degli IL in settori
chiave permette di predisporre azioni preventive
combinate, con maggiore probabilità di ottenere risultati in prevenzione. E’ accaduto per la trasformazione lapidea: gli IL durante le fasi di movimentazione dei materiali lapidei, attività a maggior rischio di infortunio grave o mortale, sono stati utilizzati per orientare percorsi formativi diretti a lavoratori e preposti in collaborazione con le associazioni datoriali di settore, per produrre, in modo
condiviso con le parti sociali, protocolli di comportamento e buone pratiche di lavoro, attualmente in
uso presso le imprese lapidee del territorio, e per far
adottare alle aziende attrezzature innovative a maggior contenuto intrinseco di sicurezza. Il monitoraggio dei casi dimostra una ridotta incidenza di
infortuni da movimentazione dei materiali, in assenza di una riduzione sensibile della forza lavoro.
L’Osservatorio infine è utile per evidenziare criticità per la sicurezza in comparti considerati “a
basso rischio di infortunio” quali commercio, pub-
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RUOLO DI UN OSSERVATORIO INFORTUNI PER L’AZIONE DI PREVENZIONE DEL PISLL
Figura 1 - % infortuni gravi (uguale/maggiore 20 giorni di
prima prognosi)
Figura 1 - % serious injuries (20 or more days away from
work)
blici esercizi, ricezione turistica, servizi alla persona. Cadere dall’alto di scale a pioli o scalei non sicuri è un evento più diffuso di quanto ci si potrebbe aspettare e, per diffondere buone pratiche di uso
e di acquisto è stato predisposto un pieghevole di
semplice lettura attualmente utilizzato per iniziative di comunicazione del PISLL e diffuso anche attraverso associazioni di categoria, consulenti, medici competenti.
Il monitoraggio nel tempo degli IL ha permesso
inoltre agli operatori di prevenzione di verificare
che in Versilia la percentuale dei più gravi (da 20
giorni di prima prognosi in poi) non accenna a ridursi nel corso degli anni (figura 1) nonostante il
47
numero complessivo sia rimasto stabile nell’ultimo
decennio (3500-3800 casi) e che un infortunato
grave su 5 è imprenditore o libero professionista,
lavoratori solo recentemente sottoposti ad obblighi
di legge per la propria salute e sicurezza. Saperlo
serve per adottare strategie diverse dalle abituali
per ridurre gli IL più gravi in queste categorie di
lavoratori. Infine, la diffusione periodica dei report
a istituzioni, associazioni di cittadini, enti locali e
parti sociali determina una immediata conoscenza
condivisa dell’andamento infortunistico tra addetti
ai lavori e permette l’adozione di azioni preventive
su base conoscitiva certa.
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POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 48-51
Indagini per infortunio svolte dai servizi di prevenzione
delle ASL, una scelta per l’efficacia
C. PIZ
ULSS n. 6 Vicenza - Dipartimento di Prevenzione. Servizio di Prevenzione Igiene e Sicurezza negli ambienti di lavoro
KEY WORDS
Injuries at work; primary prevention; EBP
SUMMARY
«Workplace accident investigations carried out by local Occupational Health and Safety Units». Background:
Workplace accident investigations place a heavy, time-consuming load on Italian Occupational Health and Safety
Units of the National Health Service. Such investigations entail preventative measures, legal proceedings and likely
penalties for enterprises. Staff shortages induce Units to reduce investigations in order to implement other preventive goals. Methods and results: This paper reports the actions that the Veneto Region performed to achieve a uniform treatment by all Units (inter-unit comparison and a new set of guidelines). We also describe a “short questionnaire-based investigation” aimed at encouraging enterprises to make preventive efforts, thereby enabling our staff
to manage more events. Conclusions: We suggest and discuss effectiveness indicators for both practices.
RIASSUNTO
Le attività di indagine relative agli infortuni richiedono un grande impegno da parte dei Servizi di Prevenzione
delle ASL e hanno rilevanti implicazioni preventive e legali per le aziende. La scarsità di personale nei Servizi impone di limitare tali indagini per poter svolgere anche le altre attività preventive. Vengono illustrati i risultati raggiunti dalla Regione Veneto con l’intervento svolto allo scopo di rendere omogenea l’attività di indagine dei Servizi
(confronto tra SPISAL ed emanazione di una circolare). Viene descritta inoltre l’attività di ”Inchiesta breve con questionario“, proposta per permettere di far fronte ad un maggior numero di casi e per coinvolgere le aziende nell’attuazione delle azioni preventive. Vengono proposti ed analizzati i parametri di efficacia per entrambe le attività.
INTRODUZIONE
L’attività di indagine per infortunio dei Servizi è
un impegno “dovuto”, ma sottovalutato. È infatti:
– una priorità etico/professionale (giustizia sociale ed indennizzo dell’infortunato o dei suoi eredi);
– motivo di indagine “dovuta” in caso di lesioni,
gravi o gravissime, connesse ad inosservanza delle
norme motivo di indagine “dovuta” in caso di lesioni, gravi o gravissime, con inosservanza delle norme);
– un impegno rilevante per prestazioni e tempi
richiesti;
Corrispondenza: Dr. Celestino Piz, Azienda Socio Sanitaria Locale n. 6 - Dipartimento di Prevenzione, Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, via IV Novembre n. 46 - 36100 Vicenza VI - Tel. 0444-752213 - Fax 0444-752333 - http://www.ulssvicenza.it
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INDAGINI PER INFORTUNIO SVOLTE DAI SERVIZI DI PREVENZIONE DELLE ASL
– inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza dei
Servizi di Prevenzione;
– determinata da scelte organizzative e da richieste esterne (Procura; parti lese ecc);
– occasione per far emergere problemi aziendali,
specifici o generali (valutazione dei rischi ecc);
– fonte informativa per macchine CE fuori norma.
Gestire in modo efficiente ed efficace questa attività è quindi una necessità fondamentale e urgente per evitare lavori inutili e per attuare prevenzione nelle aziende.
DATI DELLA REGIONE VENETO E ATTIVITÀ DI
MIGLIORAMENTO
Gli SPISAL (Servizi di Prevenzione, Igiene e
Sicurezza nei Luoghi di Lavoro) della Regione Veneto, sino al 2006, svolgevano mediamente 1800
indagini all’anno riscontrando problemi di prevenzione nel 30-34% dei casi, con variazioni annuali,
sia tra Servizi sia all’interno dello stesso Servizio.
Nel 2003 la Regione ha istituito un Gruppo di
Lavoro per elaborare un “Protocollo operativo per la
gestione degli infortuni”. Il gruppo ha organizzato:
1. il censimento delle modalità di gestione degli
infortuni, riscontrando buona omogeneità per le
fonti informative (SUEM, Pronto Soccorso) e per
la scelta degli eventi da indagare;
2. il confronto tra i Servizi (Workshop per condividere un protocollo regionale)
Come ulteriori temi di confronto il Gruppo di
Lavoro ha proposto di ricercare gli indicatori per
verificare l’utilità dei criteri di selezione dei casi da
indagare e di continuare il confronto su modalità di
conduzione delle indagine, conclusioni dei casi e
soluzioni per eliminare i rischi.
Per la gestione tempestiva dei casi, il protocollo
distribuito ai Servizi (1) suggeriva di:
a) istituire la “pronta reperibilità”;
b) costruire un sistema informativo basato sui
dati provenienti dai Pronto Soccorso (primo certificato medico);
c) operare una scelta sui certificati in arrivo
usando come criteri di selezione la gravità, le modalità e la frequenza di accadimento);
49
d) gestire gli infortuni anche con altre modalità
di lavoro (inchieste brevi, interviste);
e) svolgere le indagini utilizzando modalità di
intervento standard, indicate nel protocollo.
Quanto indicato nei punti c) e d) riduce i tempi
di lavoro (efficienza) e permette un miglior controllo dei risultati (maggior garanzia di efficacia),
attribuendo i casi a due filoni di attività:
1. casi meritevoli di inchiesta “complessa” (casi
gravi in cui è presumibile l’individuazione di responsabilità di terzi);
2. casi per i quali può essere sufficiente un’inchiesta “breve con questionario” (infortuni con modalità di evento e tipo di lesioni che non determinerebbero un “rapporto” in Procura, ma possono richiedere interventi di prevenzione).
Il Gruppo di Lavoro non ha individuato indicatori di efficacia: Per entrambe le modalità d’inchiesta, tuttavia potrebbe essere proposto il rapporto:
N. casi esaminati/N. di problemi di sicurezza risolti
(verbali di prescrizione nel caso 1 e bonifiche ottenute nel caso 2).
A seguito di questa iniziativa nel 2007 le indagini per infortunio hanno portato alla redazione di
169 verbali di prescrizioni in più rispetto al 2006
con un incremento dal 34% al 45% della proporzione di indagini sfociate nella redazione di verbali,
avendo effettuato 223 inchieste “complesse” in meno, migliorando quindi l’efficienza del sistema. Il
cambiamento ha riguardato tutti i Servizi ed è riferibile a fattori che hanno riguardato sia dirigenti
che tecnici
L’INCHIESTA “BREVE CON QUESTIONARIO” COME
ALTRA MODALITÀ DI INDAGINE
Immaginare di svolgere inchieste “complesse”
per tutti gli eventi con “lesioni gravi” è impossibile,
dato l’insostenibile carico di lavoro che ciò comporterebbe (2). È quindi necessario operare una selezione oculata dei casi da trattare con questo tipo
d’indagine e trovare altri modi per far eseguire alle
ditte gli interventi preventivi per evitare infortuni.
Di seguito esponiamo l’esperienza dell’Osservatorio degli infortuni “gravi”, attivata dal 1992 dallo
SPISAL di Vicenza che ha anche lo scopo di:
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50
– descrivere alcune caratteristiche associate agli
infortuni;
– disporre di elementi conoscitivi sulle cause degli infortuni, anche per orientare le iniziative;
– valutare i risultati (misure correttive realizzate,
in rapporto alle diverse attività messe in atto);
– verificare se gli interventi effettuati (di comparto, su singole macchine, segnalazioni alle aziende e alle parti sociali) possono ricevere ulteriori indirizzi dai dati ricavati.
Per gli eventi gravi lo SPISAL riceve notizie
nell’immediatezza dell’evento (chiamata del 118);
per gli altri casi dopo qualche giorno, tramite copia
dei certificati del Pronto Soccorso. La quota
d’infortuni non trattata con inchiesta “complessa”,
viene seguita mediante l’invio di un “questionario”
(lettera protocollata) con cui si chiede all’Azienda,
di descrivere nel dettaglio la dinamica dell’evento,
analizzarne le cause ed indicare le misure correttive
messe in atto, cioè gli stessi elementi richiesti da un
sistema di gestione delle sicurezza (SGS). Viene
chiesto che il questionario sia firmato da Datore di
Lavoro, RSPP, RLS e infortunato.
La risposta è esaminata da un tecnico del Servizio, con la supervisione del Responsabile, per ricavare le informazioni sulle cause dell’infortunio e
sulle bonifiche attuate, colmando eventuali lacune
con ulteriori approfondimenti (lettera, telefonata o
sopralluogo). La scelta fatta per l’osservatorio e
l’acquisizione dei relativi dati è sostenuta dalle seguenti motivazioni:
– l’approfondimento su una parte degli infortuni, con prognosi minima di 20 giorni, stabilito in
rapporto alle risorse ed al carico di lavoro previsto
dalle diverse azioni, permette di far entrare nell’osservatorio una percentuale di infortuni significativa
(il 7- 8% del totale);
– il “taglio” a 20 giorni di prognosi iniziale senza
altre condizioni rende credibile l’analisi delle cause,
contrariamente a quanto accadrebbe con una selezione basata su scelte operative;
– per gli infortuni indagati con inchiesta “breve
con questionario”, la metodologia adottata permette di raccogliere informazioni e di ottenere l’attuazione della misura di prevenzione appropriata,
quando necessaria, perseguendo nel contempo
obiettivi di efficacia e di efficienza
PIZ
VERIFICA DELL’EFFICACIA
L’eliminazione della causa dell’infortunio, trova
il suo proxy/misura-surrogata nel “verbale di prescrizioni” se si procede ad un’inchiesta “complessa”,
nella documentata eliminazione del rischio da parte dell’azienda se si procede ad un’inchiesta “breve
con questionario”. L’eliminazione delle cause dell’infortunio può anche essere sollecitata da telefonate e nuove richieste scritte, fino alla documentazione con foto, procedure operative o ordini di servizio. Gli esiti di entrambe le modalità di intervento vengono registrati.
RISULTATI
Su un totale di 6090 casi trattati dal 1992 al
2007 (1356 inchieste complesse e 4734 inchieste
semplici con questionario) si sono ottenute 2486
bonifiche (37% con la modalità dell’inchiesta “breve con questionario” e 54% con le inchieste “complesse”). La percentuale di “soluzioni” sta aumentando sia per le inchieste “complesse”, sia per le inchieste “brevi con questionario”, grazie anche ad
una maggior padronanza del metodo e a una miglior risposta delle aziende
Il passo successivo è la verifica dell’adempimento. Per le prescrizioni è prevista per legge (Art. 21
D.Lgs758/94) ed è sostanzialmente sempre positiva. Per le “inchieste brevi con questionario”, un sopralluogo a campione in 40 aziende che avevano
dichiarato di aver eseguito un intervento di bonifica, ha dato riscontro positivo nel 90%“ dei casi (applicazione delle soluzioni dichiarate e loro mantenimento nel tempo).
In merito all’efficienza, l’intervento con inchiesta “breve con questionario” garantisce risparmio di
risorse, tempestività e omogeneità se viene condotta in costante confronto tra tutti gli operatori del
Servizio.
CONCLUSIONI
Il confronto tra Servizi della Regione Veneto ha
indicato che per gestire in modo efficiente ed effi-
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INDAGINI PER INFORTUNIO SVOLTE DAI SERVIZI DI PREVENZIONE DELLE ASL
cace le indagini relative agli infortuni con lesioni
gravi i Servizi devono:
– dotarsi di un sistema informativo basato sui
dati dei Pronto Soccorso;
– usare criteri di selezione dei casi da trattare
con indagine “complessa”;
– stabilire criteri per svolgere tali indagini (protocollo e flussi decisionali);
– gestire gli eventi anche con altre modalità (es.
inchieste “brevi con questionario”);
– verificare l’efficacia di ogni indagine indipendentemente dalla modalità di intervento scelta.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
51
BIBLIOGRAFIA
1. DIREZIONE PER LA PREVENZIONE DELLA REGIONE VENETO: Protocollo Operativo per la Gestione degli Infortuni,
2004. Online
2. http://www.prevenzionecantieri.it/attach/content/996/
ProceduraRegionale apr.2004.doc
3. SARTO F, AGNESI R, VERONESE M, MAROSO A: Atlante
degli infortuni sul lavoro accaduti nella Regione Veneto (anni 2000-2006). Regione Veneto, C.O.R.E.O. (Centro
Operativo Regionale per l’Epidemiologia Occupazionale), Ulss 16 Padova, Settembre 2008
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 52-54
Modello semplificato di sistema di gestione della
sicurezza sul lavoro per piccole imprese. Primi risultati
della sperimentazione
ROMANA BACCHI, L. VENERI, P. GHINI, MARIA ALESSANDRA CASO, GIOVANNA BALDASSARRI,
F. RENZETTI*, R. SANTARELLI*
Dipartimento di Sanità Pubblica, A.U.S.L. di Forlì
* INAIL, Direzione Regionale Emilia-Romagna, ConTARP, Bologna
KEY WORDS
OHSMS; small enterprise
SUMMARY
«A simplified Occupational Health and Safety Management System designed for small enterprises. Initial validation results». Background: Occupational Health and Safety Management Systems (OHSMS) are known to be
effective in improving safety at work. Unfortunately they are often too resource-heavy for small businesses. Objectives: The aim of this project was to develop and test a simplified model of OHSMS suitable for small enterprises.
Methods: The model consists of 7 procedures and various operating forms and check lists, that guide the enterprise
in managing safety at work. The model was tested in 15 volunteer enterprises. Results: In most of the enterprises
two audits showed increased awareness and participation of workers; better definition and formalisation of responsibilities in 8 firms; election of Union Safety Representatives in over one quarter of the enterprises; improvement
of safety equipment. The study also helped identify areas where the model could be improved by simplification of unnecessarily complex and redundant procedures.
RIASSUNTO
Obiettivo del progetto è sviluppare un modello di Sistemi di Gestione della Sicurezza sul Lavoro semplificato per
Piccole Aziende. Il modello, formato da 7 procedure, diversi moduli e check list di verifica, è stato sperimentato in 15
ditte. La sua applicazione ha migliorato gli aspetti organizzativi della sicurezza: in metà delle aziende sono state
formalizzate per la prima volta le responsabilità sulla sicurezza, sono aumentati gli incontri con i lavoratori e in
quattro aziende sono stati eletti gli RLS. Nella maggior parte delle aziende è migliorata la partecipazione alla prevenzione di tutti i soggetti. In 14 aziende un campione di lavoratori ha segnalato un aumento della sicurezza. Secondo il parere di esperti, dopo l’intervento c’è stato un miglioramento delle attrezzature in 5 aziende e degli ambienti di lavoro in 2. Tutte le aziende hanno giudicato il modello molto utile, ma da semplificare ulteriormente.
INTRODUZIONE
Secondo una recente indagine dell’ISPESL (4)
la maggior parte degli infortuni gravi e mortali so-
no dovuti a carenze organizzative della sicurezza.
Queste sono più frequenti di quelle tecniche, in
particolare nelle piccole aziende (1). Per migliorare
l’organizzazione della sicurezza l’Ufficio Interna-
Corrispondenza: Dott. Lamberto Veneri, Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL di Forlì, via Della Rocca n. 19, 47100 Forlì (FC)
E-mail: l.veneri@ausl.fo.it
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MODELLO DI SGSL SEMPLIFICATO PER PICCOLE IMPRESE
zionale del Lavoro promuove i Sistemi di Gestione
della Sicurezza sul Lavoro (SGSL) (3). Una revisione sistematica sull’efficacia dei SGSL, ha evidenziato risultati generalmente positivi (5). L’esperienza dimostra che i modelli esistenti (2, 6) vengono rifiutati dalle piccole imprese perché complessi
ed onerosi. L’Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (UOPSAL) dell’AUSL
di Forlì e la Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione (ConTARP) dell’INAIL Regionale Emilia-Romagna hanno sviluppato un modello semplificato di SGSL per piccole aziende. In
questo articolo vengono presentati i risultati della
sperimentazione.
MATERIALI E METODI
Dal 2005 un gruppo tecnico, comprendente anche sindacati e associazioni datoriali, ha sviluppato
il modello di SGSL, partendo dalle Linee Guida
UNI-ISPESL-INAIL 2001. Nel 2007 è iniziata la
sperimentazione volontaria, durata un anno, in 15
aziende, di cui 8 metalmeccaniche, 3 chimiche, 3
impiantistiche e 1 alimentare. La mediana degli
addetti era 36, con range da 14 a 67. Tredici erano
certificate ISO 9001. Alle aziende è stato offerto
un corso di formazione gratuito di 16 ore, assistenza per l’implementazione del modello e lo sconto
del 10% sul premio INAIL. Il modello comprende
7 procedure (“Obiettivi, Organizzazione e Riesame”, “Valutazione Rischi”, “Risorse Strumentali”,
“Dispositivi di Protezione Individuali”, “Informazione, Formazione, Comunicazione”, “Sorveglianza
Sanitaria”, “Appalti”). Ad ogni procedura sono collegati moduli e check list di verifica. All’inizio ed
alla fine della sperimentazione personale appositamente formato ha condotto due audit. È stato valutato l’impatto su fattori organizzativi importanti
per la sicurezza: formalizzazione delle responsabilità, comunicazione coi lavoratori, programmazione
degli obiettivi. I responsabili aziendali dell’applicazione del modello ne hanno valutato l’utilità e la
facilità d’implementazione. La partecipazione attiva alla sicurezza di ciascun soggetto della prevenzione (lavoratori, RLS, datore di lavoro e dirigenti,
preposti, RSPP, Medico Competente) è stata valu-
53
tata da tutti gli altri con un punteggio da 0 (insufficiente), 1 (sufficiente), 2 (buona). Un campione di
lavoratori (minimo 5 per ciascuna azienda) ha valutato la sicurezza prima e dopo l’intervento. Infine
ingegneri del ConTARP hanno valutato la conformità delle attrezzature e degli ambienti di lavoro
prima e dopo.
RISULTATI
L’utilità del modello è stata unanimemente giudicata con punteggio molto elevato, mentre la
semplicità d’uso, molto buona per i moduli e la
check list, è risultata insufficiente per alcune procedure. La formalizzazione delle responsabilità per
la sicurezza è decisamente migliorata: dopo la sperimentazione in otto aziende, contro una nel primo audit, è stato formalizzato il ruolo del preposto ed in sei anche altri ruoli non obbligatori per
legge; in 7 aziende è stato incrementato il numero
degli addetti alle emergenze. È anche migliorata la
comunicazione con i lavoratori: in quattro aziende, che ne erano prive, è stato eletto il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) ed il
numero medio annuo di incontri sulla sicurezza è
salito da 2,9 a 3,4, aumentando in 9 su 15 ditte.
Ogni azienda ha pianificato in media 4,7 obiettivi
di miglioramento della sicurezza, che sono stati
raggiunti nel 50% dei casi. La tabella 1 mostra il
punteggio medio attribuito, prima e dopo la sperimentazione, alla partecipazione attiva dei vari soggetti aziendali ed il numero di aziende migliorate
(sulle migliorabili) o peggiorate (sulle peggiorabili). Il peggioramento del punteggio viene interpretato come un aumento delle aspettative dei valutatori. Rimane mediamente insufficiente, anche
dopo la sperimentazione, il giudizio sulla iniziativa dei lavoratori e la partecipazione del Medico
Competente alla valutazione dei rischi ed alla formazione. La situazione globale della sicurezza è
stata giudicata dai lavoratori migliorata in 14
aziende e stabile in una. L’audit nei reparti produttivi ha evidenziato che, su 9 aziende in cui la
situazione iniziale non era ottimale, in 5 era migliorata la conformità delle attrezzature ed in 2
quella dell’ambiente.
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BACCHI E COLLABORATORI
Tabella 1 - Valutazione della partecipazione attiva alla prevenzione dei vari soggetti aziendali
Table 1 - Evaluation of active participation in safety management of enterprises
Punteggio medio Punteggio medio
prima
dopo
Accettazione misure di sicurezza dai lavoratori
Partecipazione dei lavoratori
Partecipazione del RLS
Partecipazione dei dirigenti
Partecipazione del RSPP
Partecipazione dei preposti
Partecipazione del Medico Competente
1,4
0,9
0,9
1,5
1,6
1,3
0,9
1,4
0,9
1,2
1,6
1,8
1,3
0,9
Az .migliorate/ Az peggiorate/
(migliorabili) (peggiorabili)
6 / (11)
9 / (15)
12 / (14)
7 / (9)
6 / (8)
8 / (13)
4 / (7)
4 / (13)
5 / (13)
2 / (11)
4 / (14)
3 / (14)
6 / (15)
6 / (13)
DISCUSSIONE
BIBLIOGRAFIA
Tutte le aziende hanno ritenuto molto utile l’applicazione del modello di SGSL, anche se da semplificare ulteriormente in alcune parti. Un aspetto
giudicato unanimemente positivo è l’aumentata sensibilizzazione e partecipazione dei lavoratori. Anche
se le aziende partecipanti avevano una cultura organizzativa superiore alla media, riteniamo che si possa
affermare che un modello di SGSL semplice, operativo, proposto con una appropriata assistenza possa
essere accettato anche da piccole aziende. Pensiamo
inoltre di poter affermare che il modello abbia un
impatto positivo, almeno nel breve periodo, su alcuni fattori da noi ritenuti correlati con la sicurezza.
1. AAVV: Rapporto conclusivo del progetto di monitoraggio e
controllo dell’applicazione del D.Lgs. 626/94. Bologna,:
Agenzia Sanitaria Regionale, 2003
2. BSI, OHSAS 18001: 1999, Occupational health and safety
management systems - Specification. London, 1999
3. ILO - OSHMS: Guidelines. Ginevra, 2001
4. MARCONI M, CAMPO G, DE MERICH D: Indagine integrata per l'approfondimento dei casi di infortunio mortale - Rapporto nazionale finale. Supplemento ai Fogli
d'Informazione ISPESL n. 1, 2006
5. ROBSON LS, CLARKE JA, CULLEN K, et al: The effectiveness of occupational health and safety management system interventions: a systematic review. Safety Science
2007; 45: 329-353
6. UNI: Linee guida per un Sistema di Gestione della Salute e
della Sicurezza sul Lavoro (SGSL). Milano, 2001
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 55-58
La valutazione del rischio tubercolosi nelle strutture
sanitarie
V. PURO, LOREDANA BELLOCCHI, STEFANIA BERTOLDO, A. BRESSAN, ELETTRA CHECCHI,
D. CHATRIAN, GIULIACHERAZ, SILVANA CINALLI, MARINELLA DAGLIO, TIZIANA FELETTI,
FEDERICA FERRARO, M. GOLETTI, MARINA GRECI, P. MARCHESE, M. MARCHESOTTI,
F. MINEO, IRENE PANDIANI, R. POLATO, ROBERTA PUSSINI, MADDALENA QUINTILI,
ORIELLA RENZI, MARINA SCARSELLA, MANUELA SERVA, G. SIMONINI, M. SIGNORI,
GABRIELLA SPURIO, M. STROSSELLI, MARTA URSINI
Associazione Italiana Responsabili Servizi Prevenzione e Protezione in Ambiente Sanitario
KEY WORDS
Tuberculosis; risk assessment; healthcare workers
SUMMARY
«Tuberculosis risk assessment in Italian healthcare centres». Background: Tuberculosis transmission is a significant hazard in healthcare settings. Methods: Risk factors suggested by CDC guidelines in 1994, which were
adopted by the Italian Ministry of Health, were assessed in 29 centres via questionnaires in 2005. Results: Few
centers were equipped with negative pressure, respiratory isolation rooms. Half of the centres had high or ongoing
risk. Conclusions: The hazard is underestimated mostly because of a high number of initially undiagnosed TB patients.
RIASSUNTO
Un questionario distribuito nel 2006 ai Responsabili dei Servizi aderenti all’ Associazione Italiana Responsabili
Servizi Prevenzione Protezione Ambiente Sanitario, ha evidenziato che la Tubercolosi non sempre è considerata
nel Documento di valutazione dei rischi delle strutture sanitarie. Sulla base dei parametri suggeriti dalla letteratura si evidenzia invece che la tubercolosi rappresenta un potenziale e significativo pericolo, sottostimato. In particolare l’esposizione a pazienti bacilliferi inizialmente misconosciuti è frequente. La disponibilità di stanze per l’isolamento respiratorio appare insufficiente.
INTRODUZIONE
La tubercolosi (TB) rappresenta una importante
infezione occupazionale e nosocomiale nel settore
dell’assistenza sanitaria potendo verificarsi in tutti
gli ambienti assistenziali, reparti ospedalieri, strutture ambulatoriali e residenziali, con significativi
tassi di cuticonversione tra gli operatori (OS): 1350%.
Il rischio TB rientra pertanto a tra gli obblighi
di valutazione imposti dal Decreto Legislativo
626/94 (abrogato dal Decreto Legislativo 81/2008)
nell’ambito più generale del rischio biologico.
Le “Linee Guida” del Ministero della Sanità (3)
forniscono le indicazioni necessarie ad una adeguata valutazione del rischio TB sulla base della quale
è possibile classificare le strutture sanitarie in differenti livelli (tabella 1) e attuare specifiche misure di
Corrispondenza: Dr. Vincenzo Puro, Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, via Portuense 292 00149 Roma
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PURO E COLLABORATORI
controllo. Esse ricalcano quelle emanate nel 1994
dai Centers for Diseases Control and Prevention
(CDC) (1), aggiornate con una nuova classificazione nel 2005 (tabella 1) (2).
Si è voluto verificare se e come nel Documento
di valutazione dei rischi (DVR) delle strutture sanitarie fosse stato considerato il rischio TB e/o effettuata la classificazione e confrontare quanto riportato sulla base dei parametri previsti.
METODI
I Responsabili dei Servizi aderenti all’Associazione Italiana Responsabili Servizi Prevenzione e
Protezione in Ambiente Sanitario (www.airespsa.
org), sono stati invitati a compilare un questionario
che comprendeva informazioni sui diversi aspetti
strutturali, amministrativi ed organizzativi del centro, informazioni sulla disponibilità di protocolli
(p.es. isolamento aereo, triage di pazienti con infezioni respiratorie, sospetta TB) e sull’effettuazione
di programmi di formazione ed inoltre:
1. Valutazione del rischio TB e classificazione
della struttura esplicitamente riportata nel DVR.
2. Numero e principali caratteristiche dei casi di
TB assistiti nella struttura.
3. Casi di trasmissione occupazionale e nosocomiale.
4. Programmi di sorveglianza degli OS (intradermoreazione di Mantoux, PPD) ed eventuali casi
o cluster, (>2 casi nella stessa Unità Operativa, nello stesso intervallo di tempo) di cutiversioni tubercoliniche.
5. Esposizione a paziente bacillifero inizialmente
misconosciuto.
RISULTATI
Hanno aderito volontariamente 29 strutture: 13
con meno (gruppo I) e 16 con più di 200 posti letto
(gruppo II). Due ospedali (15%) del gruppo I e 14
del gruppo II (87%) avevano stanze a pressione negativa.
Nel gruppo I, il 38% delle strutture ha effettuato
1.473 esami diretti per AAR (0.5% positivi) e 1149
colture (0.6% positive per MTB); nel gruppo II
13/16 strutture hanno eseguito circa 21.000 esami
diretti (3% positivi) e altrettanti colturali (5%. positivi). La sorveglianza con PPD era disponibile in
tutte le strutture.
Ventitre (79%) strutture hanno effettuato la valutazione del rischio TB e il 52% l’ha riportata nel
DVR; quelle che non hanno effettuato la valutazione sono state classificate a rischio molto basso. Nel
gruppo I, 4 strutture (31%) si erano definite a rischio molto basso, 8 (61,5%) basso, una intermedio
e nessuna a rischio alto; nel gruppo II, una (6,2%) a
rischio molto basso, 4 (25%) basso, 9 (56,2%) intermedio e 2 (12,5%) alto.
I dati raccolti hanno evidenziato come 9 strutture (2 a rischio basso e 1 a rischio intermedio nel
gruppo I; 1 a rischio molto basso, 2 a rischio basso
e 3 a rischio intermedio nel gruppo II) avrebbero
dovuto essere classificate ad alto rischio per avvenuta trasmissione interumana (6 strutture), cluster
di cutiversione in OS (11 strutture), numero di assistiti con TB (>6 in una struttura).
Utilizzando i parametri del 2005, le strutture risulterebbero classificate: gruppo I, 9 (70%) a basso
rischio, 2 (15%) a rischio medio e 2 (15%) a rischio
ongoing; gruppo II, 2 a basso rischio (12%), 3 (19%)
a rischio medio e 11 (69%) a rischio ongoing.
DISCUSSIONE
L’indagine ha dimostrato una generale attenzione agli aspetti formali del D.Lgs 626/94 (il 79%
delle strutture ha effettuato la valutazione del rischio TB e il 96% ha provveduto alla formazione
del personale) e una preponderanza dell’uso di misure di protezione individuali rispetto alle collettive
(il 96% delle strutture fornisce DPI, il 55% dispone
di stanze di isolamento).
Riguardo alla valutazione del rischio e alla classificazione è emersa una sottostima legata alla
mancata considerazione per alcuni indicatori di rischio segnalati dalle raccomandazioni nazionali
quali numero di pazienti ricoverati, casi di cutiversioni e, soprattutto, episodi di esposizione a pazienti con TB misconosciuta (45% delle strutture). La
valutazione secondo le lineeguida del 2005 eviden-
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TUBERCOLOSI NELLE STRUTTURE SANITARIE
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Tabella 1 - Criteri per la classificazione delle strutture sanitarie in livelli di rischio
Table 1 - Tuberculosis risk assessment and classification
Guidelines for preventing the transmission of Mycobacterium tuberculosis in health-care facilities, 1994 (1)
Rischio minimo:
Strutture nelle quali non vengono ammessi né in degenza né in ambulatorio pazienti con TB polmonare
Nel territorio di appartenenza non si sono verificati casi di TB nell’ultimo anno.
Rischio molto basso:
Strutture nelle quali pazienti con TB polmonare attiva non sono stati ricoverati ma hanno ricevuto assistenza iniziale
o sono stati diagnosticati. Vengono però immediatamente trasferiti in struttura adeguata.
Rischio basso:
Aree in cui: a) il tasso di cuticonversione degli OS non è superiore a quello di aree senza esposizione; b) non si sono
verificati cluster di cuticonversione; c) non si è rilevata trasmissione di MT da persona a persona; d) sono stati
esaminati o trattati meno di 6 pazienti con TB polmonare attiva per anno compresa l’assistenza iniziale prima del
trasferimento.
Rischio intermedio:
Aree in cui: a) b) e c) come sopra ma d) sono stati esaminati o trattati 6 o più pazienti con TB POLMONARE attiva
per anno compresa l’assistenza iniziale prima del trasferimento.
Rischio alto:
Aree o gruppi di lavoro in cui il tasso di cuticonversione è significativamente più alto che in aree o gruppi in cui
non c’è probabilità di esposizione a TB
oppure
si è verificato un cluster di cuticonversione di presumibile origine professionale
oppure
si è verificato un caso di contagio da persona a persona.
Guidelines for preventing the transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Settings 2005 (2)
Rischio basso:
Strutture nelle quali non è previsto il ricovero di persone affette a TB quando:
<3 pazienti/anno
Per strutture: < 200 PL
≥ 200 PL
<6 pazienti/anno
Rischio medio:
Strutture nelle quali è possibile l’esposizione di operatori a soggetti con TB o con campioni clinici contenti il
M. tuberculosis quando:
≥3 pazienti/anno
Per strutture: < 200 PL
≥ 200 PL
≥6 pazienti/anno
Rischio “ongoing”:
Strutture nelle quali c'è evidenza di trasmissione diretta (paziente-paziente, paziente-OS, OS-paziente o OS-OS)
di MT nell'ultimo anno :
- cluster o aumento significativo di cutiversioni,
- operatori con diagnosi di TB,
- diagnosi tardiva di TB in pazienti/operatori,
- identità di ceppo alle analisi biomolecolari in operatori e/o pazienti
zia un rischio maggiore soprattutto negli ospedali
≥200 PL.
I limiti dello studio sono rappresentati dal fatto
che l’adesione al progetto era su base volontaria e
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PURO E COLLABORATORI
che le strutture, facendo parte dell’AIRESPSA,
erano già sensibilizzate al problema. Entrambi questi bias di selezione, lasciano intendere che le reali
dimensioni della sottostima nelle strutture sanitarie
italiane possa essere maggiore.
La principale ricaduta pratica che si rileva è che
molte strutture italiane a fronte di una rischio elevato od ongoing dovrebbero dotarsi di stanze di isolamento.
L’approccio al problema suggerito dalle lineeguida internazionali è di due tipi. I CDC, maggiormente precauzionali, raccomandano il tempestivo
isolamento in stanze a pressione negativa e l’utilizzo di filtranti respiratori nell’assistenza di soggetti
con diagnosi di malattia o con TB sospetta. Diversamente le lineeguida britanniche del 2006 (4), rigidamente basate sulle evidenze scientifiche, raccomandano l’isolamento respiratorio solo per pazienti
con tubercolosi resistente ai farmaci o in caso di
presenza nel medesimo reparto di pazienti immunodepressi.
Anche con l’intento di superare tali difficoltà applicative, il Ministero della Salute ha commissionato nel 2007 all’Istituto Nazionale per le Malattie
Infettive, Lazzaro Spallanzani di Roma, un Progetto di aggiornamento delle raccomandazioni nazionali per il controllo della tubercolosi, che sarà diffuso nel corso del 2009.
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POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
THIS ARTICLE WAS REPORTED
BIBLIOGRAFIA
1. CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION:
Guidelines for Preventing the Transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Facilities, 1994.
MMWR 1994 (RR13); 43: 1-132
2. CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION:
Guidelines for Preventing the Transmission of Mycobacterium tuberculosis in Health-Care Settings, 2005.
MMWR 2005 (RR17); 54: 1-141
3. MINISTERO DELLA SANITÀ: Linee Guida per il controllo
della malattia tubercolare. http://www.ministerosalute.
it/imgs/C_17_pubblicazioni_615_allegato.pdf
4. NATIONAL COLLABORATING C ENTRE FOR C HRONIC
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control. London: Royal College of Physicians, 2006
18-cornaggia
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 59-61
Applicazioni orientate all’efficacia negli interventi
di prevenzione in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro realizzate in regione Lombardia nel
biennio 2007-2008
NICOLETTA CORNAGGIA, G. SARETTO, AGOSTINA PANZERI
Regione Lombardia - Direzione Generale Sanità - Unità Organizzativa Governo della Prevenzione, tutela sanitaria, piano sicurezza luoghi di lavoro e emergenze sanitarie
KEY WORDS
Workplace; accidents at work; occupational diseases; EBP
SUMMARY
«Effectiveness of preventive measures for Workplace Health and Safety in Lombardia Region during the period
2007-2008». Background: The Lombardy Region has managed workplace safety prevention projects via evaluation
of efficacy indicators since 1998 but is only now measuring the effectiveness of heir application. For the 3-year period
2008-2010 Regional Law 8/2007 made it mandatory for all injury prevention departments to assess effectiveness. A
study carried out by the International Labour Organization concluded that investigations carried out to identify the
causes and the responsibilities of work accidents or occupational diseases are extremely effective in improving the
sureveillance and prevention system. Methods: The ratio between the number of cases in which it was possible to
identify an individual who could be charged with penal responsibilities and the number of investigated cases were taken as an efficacy indicator of Health Service investigation procedures. Results and discussion: Analysis revealed that
in only 29% of the 5008 industrial injuries investigated and in16% of the 2370 occupational diseases assessed was it
possible to identify penal responsibilities. These percentages appear too low and a revision of the investigation protocol
is therefore necessary mainly as regards priority criteria for the selection of cases to be investigated.
RIASSUNTO
Dal 1998 la Regione Lombardia ha realizzato alcuni progetti per la prevenzione nei luoghi di lavoro introducendo
l’utilizzo di indicatori per valutare gli effetti della loro applicazione. La l.r. 8/2007 ha introdotto, per il triennio
2008 – 2010, l’obbligo di misurare l’efficacia delle attività svolte dai Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione. Di
particolare interesse è l’attività relativa alla valutazione della qualità e dell’efficacia delle indagini di polizia giudiziaria, d’iniziativa o su delega delle Procure, che i Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro
delle Aziende Sanitarie Locali (ASL) realizzano al ricevimento di una notizia d’infortunio o di malattia professionale (m.p.). La valutazione di efficacia della capacità dell’indagine nell’individuare le responsabilità penali, ha
evidenziato che solamente il 29% delle inchieste per infortunio ed il 16% di quelle per m.p. giunge a definizione di
imputazione. La valutazione ha indicato la necessità di una adeguata ed urgente revisione dei protocolli d’inchiesta
applicati dalle ASL.
Corrispondenza: Dr.ssa Nicoletta Cornaggia, Unità Organizzativa Prevenzione, tutela sanitaria e veterinaria, Direzione Generale
Sanità, Regione Lombardia, via Pola 9/11, 20124 Milano - Tel. 02-67653276 - Fax 02-3936044 E-mail: nicoletta_cornaggia@regione.lombardia.it
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CORNAGGIA E COLLABORATORI
INTRODUZIONE
Regione Lombardia, con la l.r. 2 aprile 2007, n.
8 “Disposizioni in materia di attività sanitarie e socio-sanitarie. Collegato”. (B.U.R.L. 1° Suppl. Ordinario al n. 14 del 6 aprile 2007) chiede, attraverso
la scelta di opportuni indicatori, di misurare l’efficacia delle attività svolte da tutti i Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione. In particolare, è stata
valutata la qualità e l’efficacia delle indagini di polizia giudiziaria, d’iniziativa o su delega delle Procure, che i Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) delle Aziende Sanitarie
Locali (ASL) realizzano al ricevimento di una notizia d’infortunio o di malattia professionale (m.p.).
Se da una parte l’attività di indagine per infortunio
e m.p. impegna fortemente i Servizi, dall’altra non
vi sono evidenze di impatto, in termini di riduzione
degli eventi infortunio e di m.p., e di concreto guadagno in termini di sicurezza e salute dei lavoratori. Una reale riconversione dei SPSAL nella direzione di evidenza di efficacia, dunque, non può che
passare dall’analisi di questa attività. Valutazioni
analoghe sono già state condotte in alcune Regioni,
utilizzando, quale indicatore per la misurazione, il
rapporto tra le indagini conclusesi con il riscontro
di violazioni correlate all’evento rispetto al numero
totale delle indagini realizzate (3 ,4): la misura
d’efficacia dell’attività è stata, dunque, orientata
sulla capacità dei Servizi di accertare responsabilità
penali all’origine degli eventi, e di darne comunicazione al Magistrato per l’applicazione della pena.
METODI
Nel 2006, per comprendere se le prassi adottate
fossero efficaci ai fini preventivi, l’U.O. Governo
della Prevenzione D.G. Sanità ha realizzato una ricerca documentale finalizzata al confronto con le linee guida di paesi europei ed extra UE. In esito,
nelle elaborazioni di esperti indipendenti nel quadro dell’ILO, l’inchiesta per infortuni è definita come una delle attività potenzialmente più efficaci tra
quelle che si possono realizzare in ambito di vigilanza e ispezione (2); la “Guìa de introduccion a los
Sistemas Nacionales de Seguridad y Salud en el
Trabajo” (1) sostiene alcuni importanti principi e
fornisce indirizzi d’ordine generale, ma non per
questo di scarso rilievo. Altresì, sono state analizzate, con riferimento ad alcuni elementi giudicati rappresentativi (standard), le modalità di trattazione
delle segnalazioni d’infortunio praticate dalle ASL e
sono stati previsti diversi indicatori, tra cui quello
riferito alla capacità dell’indagine d’individuare le
responsabilità penali: (N° inchieste positive/ N° inchieste nel biennio 2009- 2010) *100 > 50%
RISULTATI
Nel 2007 sono state realizzate 5008 inchieste di
infortunio, delle quali 1442 concluse con un riscontro di violazioni correlate all’evento (28,9%). Dall’analisi su un campione di 1688 inchieste risulta:
– 29% è la quota delle indagini giunte a definizione di imputazione;
– 17% è la quota delle indagini concluse con l’emissione di prescrizioni non connesse all’evento;
– 53% è la quota delle indagini nelle quali non si
rilevano contravvenzioni, né connesse né non connesse all’evento.
Sono state, altresì, realizzate 2370 inchieste per
m.p., delle quali 190 concluse con un riscontro di
violazioni correlate all’evento (13,3%). Dall’analisi
su un campione di 986 inchieste risulta:
– 16% è la quota delle indagini giunte a definizione di imputazione;
– 4% è la quota delle indagini concluse con l’emissione di prescrizioni non connesse all’evento;
– 80% è la quota delle indagini nelle quali non si
rilevano contravvenzioni, né connesse né non connesse all’evento.
Il dati depongono verso un giudizio di relativa
inefficacia delle attività. Nel caso delle m.p., si aggiunga che in molti casi, seppure in presenza di una
nesso causale positivo, non è stato possibile procedere all’individuazione di un soggetto responsabile
trattandosi di fatti indagati troppo remoti.
DISCUSSIONE
Come già evidenziato, i dibattiti e le esperienze
condotte in Europa, ed a livello internazionale,
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APPLICAZIONI ORIENTATE ALL’EFFICACIA
convergono nel ritenere questa attività imprescindibile, oltre che attività di comprovata efficacia: una
buona indagine permette di identificare non solo le
cause dirette che hanno determinato l’evento, ma
altresì le carenze, in forma consequenziale, delle attività preventive, dell’organizzazione e, per ultimo,
della gestione della prevenzione all’interno dell’azienda. E, dall’altra parte, quando si verifica un
infortunio, in particolare se è grave, si concretizza
una speciale presa di coscienza, da parte del datore
di lavoro e dei lavoratori, in relazione alla necessità
di prevenzione, che facilita considerevolmente la
messa in atto delle misure correttive. Per questo, a
partire da questo assioma, irrinunciabile, a fronte
dei risultati ottenuti, è soprattutto opportuna una
revisione dei protocolli d’inchiesta applicati dalle
ASL, condivisi con le Autorità Giudiziarie, giacché
l’efficacia dei risultati d’indagine deve essere ricercata attraverso l’efficienza nell’organizzazione delle
attività. Ciò è in linea anche con le conclusioni al
riguardo di molti Magistrati che ravvedono, non
tanto nella norma, ma nella applicazione (in particolare nella scarsità dei controlli e nella lentezza dei
processi), la principale causa della scarsa incisività
ed efficacia di queste attività.
Una prima considerazione è che “l’indagine deve
effettuarsi il più rapidamente possibile poiché la
sua difficoltà cresce proporzionalmente al trascorrere del tempo, si perdono gli elementi propri del
caso, e, infine, la “sensibilizzazione” nei confronti
del medesimo. Il che significa che la qualità dell’indagine dipende dall’agilità del sistema di notifica
dell’infortunio.” Successivamente, circa le competenze e la professionalità del personale di ispezione
e controllo, è sempre più necessario che sia personale esperto e continuamente aggiornato a svolgere
61
le inchieste, attività che “non è soltanto repressiva,
ma che deve realizzarsi anche in termini di accompagnamento e di formazione, perché le stesse funzioni ispettive appaiono idonee a realizzare una
parte dell’attività formativa”. Occorre, comunque,
interrogarsi circa la prevenibilità degli eventi infortunistici, riguardo all’ipotesi che vede in basse percentuali degli infortuni e m.p., le quote di eventi
che potevano essere evitati qualora la norma fosse
stata applicata puntualmente. Si ravvisa l’opportunità di un’approfondita analisi al momento della
selezione delle notizie d’infortunio, di un potenziamento dell’adeguatezza dei criteri di cernita, così
da escludere quelle notizie che rappresentano eventi a carattere palesemente accidentale o eventi non
procedibili.
NO
POTENTIAL CONFLICT OF INTEREST RELEVANT TO
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BIBLIOGRAFIA
1. CASTELLÀ JL: Guìa de introduccion a los Sistemas Naccionales de Seguridad y Salud en el trabajo. Ginebra/Turin:
Oficina International del Trabajo – OIT, 2002
2. CORNAGGIA N, TOZZI GA: Efficacia, infortuni e malattie professionali. Relazione presentata al Convegno Efficacia degli interventi per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro, Firenze 5-6 maggio 2007. Sito web della regione
Lombardia - Sicurezza: www.regione.sanita.it
3. MARCHIORI L, PERUZZI M, GOBBI M, e coll: Analisi di
1000 casi di infortunio accaduti nella Ulss n. 20 di Verona. Atti 65° Congresso di Medicina del Lavoro, Messina
11-14 settembre 2002
4. MASI M, CAPONETTI A: La prevenzione nelle politiche
regionali. G Ital Med Lav Erg 2006; 28: 3
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Medicina del Lavoro
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Studio di efficacia di fattori tecnici e organizzativi nella
riduzione degli indici infortunistici nel settore
metalmeccanico
Efficacy of a training intervention aimed at reducing
injuries in the metalworking industry
A. ALBONETTI, L. VENERI, EMANUELA CICOGNANI, V. POGGIOLINI, M. ROSSI, STEFANIA CANALI
AUSL Forlì - Dipartimento Sanità Pubblica- UOPSAL
KEY WORDS
Accident prevention; EBP; metalworking industry
INTRODUZIONE
Il settore metalmeccanico nella provincia di Forlì
presenta indici infortunistici elevati; di qui la necessità di un intervento mirato (2006-2009). Lo
studio ha l’obiettivo di verificare quali carenze siano prevalenti, se organizzative o tecniche, e se un
intervento mirato può migliorare i fattori organizzativi ed abbassare il rischio infortunistico. Questo
report illustra i primi risultati.
MATERIALI E METODI
L’intervento ha coinvolto 196 aziende metalmeccaniche con più di 6 dipendenti e Indice di Incidenza infortunistica ≥ 5 o che abbiano avuto
infortuni gravi. L’analisi degli infortuni ha individuato, come determinanti principali, carenze di 4
fattori tecnici (attrezzature, movimentazione, ambienti, Dispositivi di Protezione Individuale) e 14
fattori organizzativi, aggregabili in: Valutazione del
rischio, Procedure, Istruzioni operative, Formazione. L’intervento di prevenzione ha previsto: incontri
informativi; corsi di formazione per Datori di Lavoro, RSPP, consulenti, RLS; assistenza con distribuzione di liste di controllo per autovalutazione. Dopo tali azioni, nel 2006 e nel 2007 sono state fatte
ispezioni, utilizzando liste di controllo mirate ai fattori suddetti. Ogni fattore è stato valutato con un
punteggio specifico. I dati delle autovalutazioni
aziendali sono stati confrontati con quelli delle
ispezioni. Sono state confrontate le medie (Test tStudent) e le mediane (Test M-Whitney) dei punteggi delle aziende ispezionate nel 2006 e nel 2007.
Sono stati confrontati i punteggi delle aziende che
avevano partecipato agli incontri informativi, con
quelle che non avevano partecipato. Lo stesso è
stato fatto per i corsi di formazione.
RISULTATI
I fattori tecnici sono risultati conformi agli standard nel 65%-90% dei casi; nelle stesse aziende la
percentuale di conformità dei fattori organizzativi
varia da 0% al 30%; percentuali intermedie si hanno
per valutazione del rischio e formazione generale; una
Corrispondenza: Ing. Adriano Albonetti - E-mail: a.albonetti@ausl.fo.it
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STUDIO DI EFFICACIA DI FATTORI TECNICI E ORGANIZZATIVI
significativa differenza nella percentuale di conformità fra fattori tecnici e fattori organizzativi è confermata nel campione di aziende che si sono volontariamente autovalutate. Il punteggio medio delle
aziende soggette a vigilanza nel secondo periodo di
attivazione del piano (2007) è significativamente più
alto (p< 0.002) rispetto a quelle del primo periodo
(2006); la differenza è significativa (p< 0.03) anche
per singoli fattori (formazione su manutenzione, valutazione rischio, formazione su movimentazione). Le
aziende che hanno partecipato agli incontri informativi hanno mostrato un punteggio medio significativamente maggiore di quello delle aziende “non
informate”. Per quanto riguarda la partecipazione ai
corsi di formazione, solo il sottogruppo che ha partecipato a tutti i 4 corsi di formazione ha un punteggio medio significativamente maggiore di quello
delle aziende che non hanno partecipato.
re conclusioni. Tuttavia lo studio conferma quanto
segnalato da altre indagini, cioè che le carenze più
frequenti riguardano gli aspetti organizzativi della
sicurezza; verso questi dovranno essere indirizzati
gli interventi di prevenzione. Interessante è che
l’autovalutazione delle aziende concorda qualitativamente con quella del Servizio. I miglioramenti
osservati nel punteggio medio delle aziende ispezionate nel secondo anno di intervento ed in quelle che hanno partecipato alle iniziative di informazione suggeriscono l’ipotesi che l’intervento abbia
effetti positivi anche sulle aziende non ancora direttamente coinvolte e che il coinvolgimento,
l’informazione e la distribuzione di materiale di
assistenza abbiano un effetto positivo sul miglioramento degli aspetti organizzativi.
NO
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DISCUSSIONE
I risultati presentati sono relativi ad un intervento ancora incompleto per cui è prematuro trar-
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 64-65
Rischio di crollo nello scavo di gallerie: monitoraggio
tramite indicatori diversi dal numero di infortuni
Risk of collapse in the excavation of tunnels: use of
monitoring indicators other than number of accidents
F. ARIANI
ASL 10 Firenze, UF TAV
KEY WORDS
Tunnelling; occupational injuries; collapse risk
Le opere infrastrutturali attualmente in costruzione a Firenze comprendono numerose gallerie. In
tali realizzazioni, l’instabilità dei fronti di scavo può
costituire un importante fattore di rischio infortunistico.
In una delle opere si sono rilevati notevoli problemi di tale natura. Complessivamente sono avvenuti 17 cedimenti, di cui quattro con danneggiamenti di attrezzature ed uno con infortunio. La
concordanza della distribuzione con le indicazioni
di letteratura sulla “piramide degli incidenti” suggerisce che un’eventuale prosecuzione del lavoro non
accompagnata da decise riduzioni dei cedimenti è
destinata a causare ulteriori danni ed infortuni.
La gravità del problema impone un attento monitoraggio dei risultati degli interventi di prevenzione. L’esiguità del numero di infortuni non consente di misurare direttamente il rischio; possiamo
però valutare l’esposizione tramite la quantità di cedimenti. Poiché il numero di fronti di scavo contemporaneamente attivi cambia nel corso della realizzazione, i crolli non sono stati rapportati al tempo trascorso bensì alla lunghezza di galleria progressivamente scavata.
Nei primi 633 metri sono avvenuti dieci cedimenti. È seguito un periodo più “tranquillo”, con
750 metri scavati fino al successivo crollo. I cedimenti sono poi ripresi, con sei eventi negli 461 ultimi metri.
Ci siamo chiesti se, complessivamente, il rischio
tende a ridursi o meno. A tale scopo, possiamo
suddividere idealmente i 1844 metri realizzati in
due metà identiche e confrontarle in base al rapporto cedimenti/metri. Nella prima metà si rilevano dieci cedimenti, nella seconda sette. Il rischio
sembra diminuire ma la differenza non è significativa:
Relative risk=0.70 (0.27 <RR<1.83) p-Yates=0.63
Nel periodo intermedio è avvenuto un cedimento in 750 metri. Il confronto con i 16 cedimenti avvenuti nei 1094 m corrispondenti al resto del lavoro evidenzia una riduzione significativa:
Relative risk=0.09 (0.01<RR<0.69) p-Yates=0.0072
Le cause del miglioramento non sono individuabili con certezza. Sicuramente esso non è dipeso
dalla migliore qualità del terreno osservabile in un
tratto, peraltro limitato. La variazione del rischio
non è significativa (0.20 <RR< 4.02) e ciò collima
col fatto che nella zona più stabile i preconsolidamenti sono stati ridotti e la produttività del lavoro è
cresciuta del 30%. I miglioramenti del terreno non
sono stati utilizzati per ridurre il rischio a parità di
Corrispondenza: Dr. Filippo Ariani- E-mail: filippo.ariani@asf.toscana.it
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RISCHIO DI CROLLO NELLO SCAVO DI GALLERIE
costi, bensì per ridurre questi ultimi ed accrescere la
produttività, lasciando il rischio invariato.
Il periodo “tranquillo” è iniziato dopo l’esecuzione di un sequestro giudiziario temporaneo dei
fronti di scavo, motivato in relazione al rischio di
cedimenti. Possiamo supporre che tale drastico
provvedimento abbia aumentato temporaneamente
l’attenzione al problema fino a produrre risultati favorevoli, ma l’ipotesi non può essere verificata in
base ad una singola osservazione, né risultano indicazioni di letteratura applicabili. Pertanto, non sappiamo se il risultato sia ripetibile.
Evidente infine la connessione fra crolli e modalità operative. Lo scavo si è svolto in gran parte
preconsolidando un tratto di terreno per prevenirne
il crollo, scavando poi un “campo” di lunghezza
prefissata e ripetendo quindi la sequenza. I cedi-
65
menti occorsi durante fasi così impostate sono stati
15, e 10 di essi sono avvenuti nel 33% finale del
proprio campo. Se i crolli dipendessero da fattori
puramente casuali la probabilità dovrebbe essere
identica in qualunque parte del campo. Mediante
una distribuzione binomiale si rileva però che, nell’ipotesi di localizzazione casuale, la combinazione
osser vata aveva una probabilità di verificarsi
<0,85%. Concludiamo allora, con i.c.>99%, che i
crolli derivano da fattori correlati all’avanzare dello
scavo entro ciascun campo, quali il progressivo indebolimento di preconsolidamenti già sottodimensionati all’origine.
NO
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 66-67
Idonei al lavoro per certificato, ovvero: la prevenzione
inefficace delle malattie da lavoro. Misure di tutela del
cittadino da prestazioni sanitarie improprie o
inappropriate
The need for measures to safeguard citizens against
inappropriate health service certification of fitness for work
LUCIA BRAMANTI, FEDERICA BERTAGNA, VALERIA CERAGIOLI, G. ANGOTZI
Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (PISLL) Azienda USL di Viareggio
KEY WORDS
Occupational diseases; health certification; inappropriate approach
INTRODUZIONE
Il certificato di Idoneità Fisica all’Impiego (IFI),
sostituto del Certificato di Sana e Robusta Costituzione (CSRC) rimane un obbligo per i lavoratori
del pubblico impiego nonostante le promesse di
abrogazione.
MATERIALI E METODI
In Versilia le prestazioni per IFI nei soggetti obbligati (vincitori di concorso pubblico e personale
della scuola) sono erogate dal servizio di PISLL
che dispone di una propria agenda di prenotazione
telefonica ambulatoriale con filtro delle richieste.
La domanda “non routinaria” viene sospesa in attesa che un medico del servizio verifichi con il committente la sussistenza di requisiti di legge a giustificazione della richiesta. In caso negativo, la richiesta è respinta ed il cittadino viene invitato a comunicare al PISLL eventuali episodi di ritorsione di
parte aziendale. Nei casi dovuti, la prestazione viene erogata senza accertamenti integrativi (prove
sierologiche per la sifilide quando non un vero e
proprio CSRC).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Centralizzare le IFI ha permesso di scoprire l’enorme abuso di questo tipo di certificato medico da
parte di datori di lavoro pubblici e privati. Le prestazioni effettivamente erogate dal PISLL sono
170 circa all’anno, con “punte” in anni di assunzione straordinaria nelle scuole, numero contenuto rispetto alla miriade di richieste improprie o inappropriate rigettate. Nei casi di richiesta impropria,
entro 24 ore il cittadino è informato della cancellazione della prestazione e non sono mai state osservate ritorsioni da parte aziendale. Nel caso di prestazione “legittima” si ottiene un risparmio economico, di tempo, di nocumento fisico (radiazioni ionizzanti) per l’assenza di accertamenti integrativi.
Corrispondenza: Dr.ssa Lucia Bramanti - E-mail: l.bramanti@usl12.toscana.it
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IDONEI AL LAVORO PER CERTIFICATO
In entrambi i casi si liberano risorse del SSN per
sedute radiologiche o laboratoristiche.
Spesso il committente obietta di ottenere altrove
la prestazione negata in Versilia. Può essere vero,
certamente, un’attività certificatoria per IFI non
accentrata può favorire l’abuso legittimato dal
SSN. Al contrario, un’azione informativa puntuale
del committente gestita dall’ente pubblico ha prodotto un effetto educativo sui committenti, calmierando le richieste improprie e limitandole al solo
dettato di legge, pur essendo necessaria un’attività
di vigilanza costante.
Sono state comunque impiegate risorse per eseguire oltre 1700 visite mediche inutili in questi anni, con spreco di tempo per infermieri e medici più
vantaggiosamente spendibile in altre attività a
maggior contenuto di prevenzione. L’accertamento
sanitario è soprattutto un’occasione di colloquio su
temi di educazione alla salute e di promozione di
stili di vita più salubri. Cittadini in soprappeso o
fumatori sono indirizzati al centro di educazione
nutrizionale e antifumo USL; viene effettuato il
counselling alcologico e, alle lavoratrici in età fertile sono fornite informazioni sul diritto ad un lavoro
sicuro in gravidanza e suggerita la vaccinazione
contro la rosolia, gratuita in Versilia.
67
CONCLUSIONI
L’esperienza della Versilia dimostra l’opportunità
di un atteggiamento vigile degli operatori di prevenzione per la gestione delle IFI e di altre prestazioni sanitarie di serie B. Davanti a manifesti abusi
sui lavoratori dov’è l’equità nell’accesso alle prestazioni? E soprattutto, che fine ha fatto l’appropriatezza delle prestazioni?
Come cittadini toscani, oltre che come operatori
sanitari pubblici, auspichiamo che la Toscana segua
l’esempio di altre regioni cancellando IFI e altre
certificazioni sanitarie inutili. Nel frattempo, abbiamo il dovere istituzionale di limitare quantomeno
la prestazione ai soli soggetti obbligati e, per farlo,
una ricetta collaudata è:
- costituire un centro unico di responsabilità in
ogni UUSSLL;
- formare il personale di sportello e un dirigente
medico per gestire la domanda impropria o inappropriata.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 68-69
Un osservatorio infortuni sul lavoro (IL) integrato tra
INAIL e USL: condizione per l’appropriatezza e la
completezza della raccolta dei casi
Work injury observatory shared by INAIL (National
Insurance Institute against Occupational Accidents and
Diseases) and USL (Local Health Unit): an essential
condition for the proper collection of all cases
LUCIA BRAMANTI, PAOLA LORENZONI, A. PIEROTTI, G. ANGOTZI, C. CERVO*, M. LUCCHESI*,
V. MONTI*, ROSALBA BALDINELLI
Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro AUSL di Viareggio (PISLL),
* INAIL Lucca/Viareggio
KEY WORDS
Safety management; occupational accident; information systems
INTRODUZIONE
INAIL e USL di Viareggio producono in Versilia sugli IL dati coerenti, aggiornati in tempo reale,
specifici territorialmente.
MATERIALI E METODI
Il servizio PISLL della USL dispone di un osservatorio IL informatizzato, con raccolta dei primi
certificati IL da fonti varie e, quando conosciuti,
anche riguardanti lavoratori irregolari, inoccupati,
pensionati, stranieri clandestini. Mensilmente
INAIL di Viareggio estrae dalla banca dati nazionale gli IL accaduti nei comuni della Versilia, con
accorgimenti per circoscrivere l’osservazione ai soli
lavoratori (e non altri assicurati) indipendentemen-
te dalla loro residenza. I record dei due archivi sono
appaiati e, una volta integrati, costituiscono un unico data base, usato per ogni successiva analisi. I casi, con modalità di accadimento, sono aggregati per
settori o comparti produttivi il più possibile omogenei, con particolare attenzione alle “tipicità” versiliesi, come nautica da diporto o estrazione e lavorazione del materiale lapideo e indotto, mal individuabili in ATECO. I dati elaborati sono pubblicati
trimestralmente e con riepilogo annuale e inviati a
media e soggetti sociali e istituzionali interessati ad
un osservatorio stabile sul fenomeno infortunistico
locale. L’elaborazione riguarda IL “prevenibili” e
“non prevenibili” ai fini di prevenzione nei luoghi
di lavoro, per dare massimo risalto ai casi potenzialmente evitabili con interventi tecnici, procedurali, organizzativi (ambito di intervento dei
PISLL), monitorando ugualmente sinistri stradali
Corrispondenza: Dr.ssa Lucia Bramanti - E-mail: l.bramanti@usl12.toscana.it
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UN OSSERVATORIO INFORTUNI SUL LAVORO
e aggressioni sul posto di lavoro (i non prevenibili).
Dividerli serve a fare chiarezza sui tipi di IL che
accadono in Versilia ed in effetti la distinzione è
accettata dai nostri interlocutori privilegiati.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Gli IL raccolti da INAIL e USL non coincidono
mai, non per errori ma per il diverso mandato istituzionale. L’INAIL raccoglie ogni notizia di infortunio superiore a 3 giorni compresi itinere, stradali
o altri riguardante lavoratori assicurati con l’Ente
al fine di fornire ai singoli assistenza economica,
sanitaria, riabilitativa e di reinserimento lavorativo,
sulla base della residenza dell’infortunato e non del
luogo di IL. Il PISLL ha interesse per qualunque
notizia di IL indipendentemente dai giorni, accaduto nel territorio di pertinenza a ogni lavoratore,
anche irregolare o non assicurato con l’Ente (marittimi, liberi professionisti, o imprenditori) a fini
di giustizia penale per l’individuo e di ricerca degli
infortuni di tipo “prevenibile”. I casi sono analizzati
dal punto di vista dell’applicazione di standard di
prevenzione e norme di legge, per programmare interventi di vigilanza e controllo e iniziative di comunicazione su rischi e misure di prevenzione. per
costruire e aggiornare profili di rischio di comparto
69
o lavorazione, per monitorare gli IL anche come ricaduta di iniziative preventive.
Ovviamente i dati non coincidono e, a fini della
divulgazione, il confronto puntuale è l’unico modo
per avere dati omogenei e coerenti sugli eventi accaduti in un territorio. Dal 2003 in Versilia con
questa base di dati sono elaborabili profili infortunistici aggiornati e dettagliati per lavorazione, comparto,modalità di accadimento ecc.
CONCLUSIONI
La collaborazione PISLL INAIL è vantaggiosa
in quanto:
– permette di ottenere il panorama più ampio,
più aggiornato e dettagliato degli IL accaduti nel
periodo recente sul territorio, compresi gli inferiori
a 3 giorni;
– consente di mettere in luce casi gravi, gravissimi e mortali di IL in occasione di lavoro irregolare,
altrimenti ignoti all’INAIL;
– fa emergere eventuali irregolarità, utili per approfondimenti amministrativi INAIL, nei casi di
omessa denuncia di infortunio a fronte di 1° certificato medico redatto da sanitario.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 70-71
La formazione e l’addestramento all’uso degli ausili per
una corretta movimentazione dei pazienti nell’AUSL di
Bologna e le richieste del D.Lgs 81/2008
Patient lifting: legal obligations and a training programme
experience
ELENA CAPPIELLO, LOREDANA. CECCHETTI, E. MELECCHI, CINZIA MIGNANI, S. SASSI, D. TOVOLI
Servizio di Prevenzione e Protezione AzUSL Bologna
KEY WORDS
Lifting patients; education; legislation
INTRODUZIONE
Il D.Lgs. 81/2008 definisce la formazione processo educativo coinvolgendo nelle varie fasi non solo
gli operatori che effettuano le attività, ma anche i
soggetti che svolgono funzioni di decisione e controllo e che operano sul campo a stretto contatto
con i lavoratori.
L’obiettivo di apprendimento non si esaurisce
trasferendo ai partecipanti ai corsi solo conoscenze
e procedure, ma richiede che vengano acquisite delle
competenze e per raggiungere questo risultato,
quando previsto, è richiesto anche l’addestramento
effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
MATERIALI - METODI - RISULTATI
Il Servizio di Prevenzione e Protezione dell’AUSL di Bologna, dal 2003 ha intrapreso un percorso
di formazione e addestramento per la corretta movimentazione manuale dei carichi e pazienti rivolto
al personale infermieristico e di supporto nei 9 Stabilimenti Ospedalieri. L’obiettivo si proponeva di
favorire il miglioramento delle conoscenze, abilità
tecniche ed operative di movimentazione durante
l’attività assistenziale. All’inizio è stata adottata
sperimentalmente la metodica FAD mista con addestramento e verifica scritta e pratica. Dal 2005, si
è implementata la collaborazione con il Servizio di
Recupero e Riabilitazione Fisica e in seguito alla
valutazione dei rischi dell’attività assistenziale, i
corsi sono stati rivolti alle Unità di Medicina, Chirurgia, Sale operatorie, Ortopedie, e successivamente alle altre. Dal 2007 è stata adottata una metodologia di formazione e addestramento secondo
il metodo Paul Dotte modificato, con verifica di efficacia nelle Unità Assistenziali. La realizzazione di
ogni corso è stata preceduta da un’accurata analisi
dell’attività, con l’ausilio di questionari e riprese video per valutare le esigenze correttive.
La verifica sul campo, l’implementazione della
fornitura di ausili nelle aree di degenza e il continuo perseguimento della logica partecipativa rivolta
all’operatore, ha indotto successivamente il Servizio
di Prevenzione e Protezione ad intervenire anche
direttamente nei contesti operativi. Da gennaio
2008, sono stati organizzati corsi di addestramento
Corrispondenza: Dr.ssa Elena Cappiello - E-mail: elena.cappiello@ausl.bologna.it
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LA FORMAZIONE E L’ADDESTRAMENTO ALL’USO DEGLI AUSILI
nelle Unità Assistenziali con personale esperto, per
consolidare l’applicazione dei principi di movimentazione e garantire in particolare il corretto utilizzo
degli ausili per il trasferimento e/o il posizionamento dei pazienti (telo ad alto scorrimento e rullo).
DISCUSSIONE
La dimostrazione e l’esercitazione mirata delle
manovre di movimentazione effettuate direttamente nei reparti di appartenenza e il limitato impegno
orario richiesto, hanno sicuramente contribuito ad
aumentare l’interesse e la partecipazione degli operatori. Questi aspetti stimolano a continuare la modalità di formazione nei contesti operativi, non eliminando tuttavia l’attività in ambiente protetto
(palestra) anche al fine di favorire l’acquisizione
delle competenze per operare in sicurezza.
Nel percorso intrapreso tuttavia, emergono costantemente alcune criticità da affrontare quali:
l’invecchiamento della forza lavoro e l’elevato turn
over degli operatori, che costringono le organizza-
71
zioni ad incrementare di continuo il numero degli
operatori addestrati sul campo.
Tenendo in giusta considerazione questi due
aspetti, che caratterizzano fortemente la realtà operativa sanitaria, per incoraggiare un reale cambiamento nell’approccio culturale alla movimentazione è
necessario agire su più fronti, sia favorendo la conoscenza dei rischi che fornendo allo stesso tempo gli
strumenti per poterli gestire.
Diviene pertanto indispensabile rivolgersi a tutti
gli attori coinvolti e in particolare:
– coinvolgere e sensibilizzare i Preposti, che in
questo contesto rappresentano il primo tramite indispensabile per rendere ricettivi gli operatori;
– implementare la formazione e l’addestramento
anche nei contesti operativi;
– effettuare la verifica periodica degli interventi
attraverso l’osservazione diretta, che permette di
valutarne l’efficacia e nel contempo di rafforzare
negli operatori la fiducia e il sentirsi più vicino il
Servizio di Prevenzione e Protezione.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 72-73
Validità dell’integrazione delle diverse competenze nella
gestione delle emergenze di origine biologica
Validity of combining different areas of expertise in the
management of emergencies of biological origin
MARIA CONCETTA D’OVIDIO, NICOLETTA VONESCH, D. SBARDELLA*, PAOLA TOMAO,
PAOLA MELIS, S. SIGNORINI, S. IAVICOLI
Dipartimento Medicina del Lavoro - ISPESL - Centro Ricerche Monte Porzio Catone (Roma)
* Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile - Ufficio Sanitario - Ministero dell’Interno
KEY WORDS
Biohazards; emergencies; multidisciplinarity
INTRODUZIONE
Il D.Lgs. 81/08 individua, nell’ambito del Sistema istituzionale, Informazione e assistenza in materia
di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il Ministero
dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) a svolgere
attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro. Il C.N.VV.F., tradizionalmente
identificato quale parte operativa in caso di incendi
e di emergenza di varia natura, non sempre prevedibili, dovrebbero essere formati/informati sui rischi non esclusivamente legati alle situazioni di
spegnimento incendi, ma anche di contrasto dei rischi di natura biologica. Relativamente all’influenza aviaria l’intervento dei VV.F. è stato previsto
dall’Unità di Crisi Influenza Aviaria del Ministero
della Salute - Comunicato 12 febbraio 2006 stabilendo, nel caso di rinvenimento di uccelli acquatici
selvatici morti o malati, l’intervento dei Servizi Veterinari delle ASL o dei Vigili del Fuoco, così come
in linee guida, piani operativi. Il Titolo X del
D.Lgs. 81/08 disciplina l’Esposizione ad agenti biologici in tutte le attività lavorative, attraverso misure
organizzative, tecniche, procedurali per la tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori. Nella gestione dei rischi in situazioni di emergenza, si manifesta la necessità di pianificare tutti gli interventi;
nelle emergenze di natura biologica bisogna: gestire
l’intervento della componente tecnico/operativa;
tutelare la salute e sicurezza della popolazione e dei
lavoratori esposti; fronteggiare l’emergenza sensazionalistica determinata dal diffondersi di notizie attraverso diversi mezzi di comunicazione.
DISCUSSIONE
Le emergenze di natura biologica si caratterizzano per la necessità di attuare: procedure
tecnico/operative; raccomandazioni e/o rassicurazioni di carattere generale e specifico; misure per
fronteggiare il potenziale rischio di esposizione all’agente eziologico responsabile dell’emergenza. Il
sistema operativo d’emergenza del C.N.VV.F.,
esempio quasi unico nel mondo per l’attuale orga-
Corrispondenza: Dr.ssa Maria Concetta D’Ovidio - E-mail: MariaConcetta.Dovidio@ispesl.it
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VALIDITÀ DELL’INTEGRAZIONE
nizzazione a livello nazionale, è spesso chiamato
per le proprie competenze ad intervenire in situazioni estremamente diversificate tra di loro che,
seppur in grado di fronteggiarle egregiamente dal
punto di vista tecnico/operativo, potrebbero non
essere valutate appieno nei confronti di altri nuovi
rischi di natura biologica emergenti. E’ proprio per
contribuire a fronteggiare il rischio di influenza
aviaria, che si è sviluppata l’integrazione delle competenze tecnico/operative del C.N.VV.F. e tecnico/scientifiche dell’ISPESL, che ha portato alla
stesura di due manuali tecnici/operativi.
CONCLUSIONI
Negli interventi di contrasto a rischi di natura
biologica, bisogna considerare: circoscrizione della
zona di pericolo biologico; inertizzazione del pericolo; arresto della diffusione del patogeno; difesa
della popolazione civile, dei lavoratori potenzialmente esposti; adozione di misure di prevenzione
e/o profilassi; corretta informazione/formazione
della popolazione civile, dei lavoratori; comunica-
73
zione attuata da organismi/enti istituzionali con
modalità, mezzi idonei. Il C.N.VV.F. dispone di
nuclei NBCR (nucleare, biologico, chimico, radiologico) adeguatamente formati, dotati di: procedure
operative standard, automezzi, attrezzature, dispositivi di protezione idonei ad interventi di questa
natura, in grado di affrontare e risolvere problematiche di vario tipo, ricevendo per questo una preparazione tecnico/professionale, psico-fisica, attitudinale. I VV.F. sia permanenti che volontari possono
essere esposti a rischio biologico in diverse situazioni di emergenza (antrace, SARS, influenza aviaria). Nonostante la loro preparazione, i VVF potrebbero essere chiamati a fronteggiare vari altri
emergenti agenti biologici, caratterizzati da modalità di trasmissione e di contagio richiedenti misure
non convenzionali per evitare e/o limitare l’esposizione. Bisogna promuovere interventi integrati,
coordinati di diverse figure istituzionali, per contrastare rischi biologici, in situazioni ordinarie e di
emergenza.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 74-75
Salute e sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura:
progetto di informazione e assistenza nella zona sud est
fiorentina
Health and safety of migrant agricultural workers: an
ongoing training programme
CARLA FIUMALBI, MARIA ROSARIA DE MONTE, P. BORGHI, SARA GATTESCHI*,
VALENTINA VECCI*, SANDRA ROGIALLI**, M. GIANNELLI*
UF di PISLL zona sud est, Azienda Sanitaria di Firenze;
* Centro Interculturale di Pontassieve
** Società della Salute zona sud est Fiorentina
KEY WORDS
Migrant workers; agricultural workers; education
INTRODUZIONE
L’analisi dei bisogni di salute della zona sud est
ha evidenziato come una delle priorità di intervento, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori migranti in agricoltura, attività economica importante nella zona. L’agricoltura inoltre rappresenta, oltre all’edilizia, il settore della zona sud est
in cui sono più frequenti gli infortuni nei migranti
(media 2000-2004 dati inail-ispesl elaborazioni
ASF: la % di infortuni nei migranti nella zona sud
est in agricoltura è il 27%; n. 47/168 vs il 26%; n.
89/345 dell’edilizia). È noto che tra le cause determinanti del diverso andamento infortunistico tra
italiani e migranti vi sono i lavori più rischiosi e
l’inadeguata formazione professionale. Le evidenze
scientifiche riportano che l’adozione di interventi
Behaviour-based safety (Bbs) è associata con una
riduzione significativa degli incidenti/lesioni sul lavoro. Quindi nel 2007 la UF di PISLL in collaborazione con la SdS, il Centro Interculturale di
Pontassieve (CIP) e le aziende agricole del territorio ha promosso uno specifico piano integrato di
salute.
OBIETTIVO
Aumentare la consapevolezza dei rischi e promuovere comportamenti corretti nei lavoratori migranti in agricoltura.
METODI
È stato progettato un’intervento di informazione
e assistenza per i lavoratori agricoli migranti. La
UF di PISLL zona sud est ha contribuito a costituire un gruppo di lavoro di zona interdisciplinare
con la partecipazione di personale esperto di un
centro di riferimento (CIP) per la mediazione culturale della zona, di mediatori culturali delle etnie
Corrispondenza: Dr.ssa Carla Fiumalbi - E-mail: carla.fiumalbi@ asf.toscana.it
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SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI MIGRANTI IN AGRICOLTURA
più presenti nelle aziende agricole del territorio e di
lavoratori agricoli migranti, addetti nelle aziende
partecipanti, con ottima conoscenza della lingua
italiana e ben inseriti nel contesto socio-economico
di riferimento. L’intervento è stato strutturato per
assistere le aziende agricole nell’informazione ai
migranti da effettuare in azienda a piccoli gruppi
da parte di lavoratori migranti leader adeguatamente formati e per creare una rete di assistenza
sul territorio con un centro di riferimento competente.
RISULTATI
Sono stati formati 6 mediatori culturali (arabo,
albanese, romeno, senegalese, polacco, croato) e ad
oggi è stato individuato un lavoratore migrante
della etnia maggiormente rappresentata al momento in agricoltura nella zona sud est. Con la loro
partecipazione è stato elaborato materiale informativo in lingua (8 lingue) e un questionario di valutazione di efficacia dell’intervento. Sono stati individuati indicatori di tipo qualitativo come il miglioramento sia della conoscenza sui rischi che dell’effettuazione di procedure corrette di lavoro e di
tipo quantitativo come la riduzione del numero di
75
incidenti e di lesioni (tasso grezzo: prima e dopo)
della popolazione di riferimento (lavoratori migranti informati). L’intervento sarà concluso nel
2009 e i primi risultati sull’efficacia saranno disponibili nel 2010.
DISCUSSIONE
In agricoltura, per le caratteristiche occupazionali, lavoratori migranti spesso stagionali che non si
stabilizzano nel paese e talvolta analfabeti, emerge
l’importanza di una informazione diretta con il
coinvolgimento di lavoratori leader, della stessa etnia e nell’ambito spesso della stessa azienda, formati e dedicati. La nostra esperienza conferma che la
cultura della prevenzione e sicurezza è diversa tra le
varie etnie e che vi è la necessità di promuovere
progetti specifici ed efficaci. I lavoratori agricoli
migranti sono una popolazione difficilmente raggiungibile e i risultati del nostro intervento potrebbero fornire informazioni utili a definire una metodologia “esportabile” anche in altri settori.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 76-77
Dalla teoria alla pratica: utilizzo dell’Evidence-based
Journal Club per la progettazione di un intervento di
prevenzione degli infortuni
From theory to practice: use of Evidence-based Journal Club
to plan an intervention to prevent work injuries
LIDIA F UBINI, L. GILARDI, ANTONELLA BENA*, M.L. DEBERNARDI*, O. PASQUALINI*, D. QUARTA*
DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della Salute, Regione Piemonte
* Servizio di Epidemiologia ASL TO3
KEY WORDS
EBP, occupational accidents, primary prevention
INTRODUZIONE
MATERIALI E METODI
I principi della Evidence-based Medicine possono offrire difficoltà di applicazione nella pratica sia
clinica sia preventiva (Evidence-based Prevention,
EBP). L’Evidence-based Journal Club (EBJC) è
qui proposto come strumento efficace per apprendere sul campo le abilità EBP e per trovare risposte
evidence-based a quesiti di primo piano, costituendo un ponte tra la teoria e la pratica. È considerato
quindi non solo un metodo di aggiornamento professionale realizzato in gruppo come il Journal
Club, ma anche un progetto per la valutazione della
letteratura che porta alla risposta alle seguenti domande: i risultati dello studio sono validi? I risultati
dello studio sono utili/applicabili?
Lo scopo di questo lavoro è stato sperimentare
l’EBJC in un gruppo di lavoro multidisciplinare,
con il duplice obiettivo di migliorare alcune competenze chiave per la EBP e di arrivare alla progettazione di un intervento per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro in edilizia basato su prove di efficacia.
Il gruppo di lavoro multidisciplinare era formato
da 2 esperti in ricerca e valutazione della letteratura
scientifica, 4 epidemiologi, 3 medici e 8 tecnici dei
Servizi Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di
Lavoro, e 2 rappresentanti di altri enti.
I primi hanno effettuato una ricerca bibliografica
sistematica sia sulle banche dati del settore, sia su
siti web istituzionali, e selezionato, secondo criteri
stabiliti, gli studi pubblicati. Tutti gli studi selezionati riguardavano l’efficacia di interventi per la prevenzione degli infortuni nel settore edilizia, già rivisti durante la stesura di una precedente rassegna
di letteratura. Questi sono stati poi sottoposti ai
partecipanti, suddivisi in piccoli gruppi di studio,
con lo scopo di valutare ogni intervento secondo i
principi della EBP, e di integrarlo con il giudizio
degli esperti sulla fattibilità in territorio piemontese. Il percorso si è svolto in 3 giornate articolate in:
presentazione degli studi, esplicitazione dei criteri
di inclusione ed esclusione degli stessi, e discussione sull’applicabilità.
Corrispondenza: Dr. ssa Lidia Fubini - E-mail: lidia.fubini@dors.it
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UTILIZZO DELL’EVIDENCE-BASED JOURNAL CLUB
Al termine del percorso è stato somministrato ai
partecipanti un questionario di valutazione e gradimento del metodo.
RISULTATI
La ricerca bibliografica, dopo una prima selezione degli articoli meno validi, ha restituito 20 riferimenti a studi di intervento di cui 18 studi primari e
2 revisioni. A seguito delle 3 giornate di discussione sono stati considerati 7 studi, tra i quali 1 è stato
giudicato rispondente ai criteri di fattibilità. A partire da quest’ultimo, il gruppo di lavoro è stato in
grado di tracciare le linee generali per un intervento, definendone gli obiettivi, il target, la tipologia e
il piano di valutazione.
Il questionario di valutazione del metodo ha
inoltre evidenziato che l’EBJC è stato considerato
77
un’esperienza positiva dalla maggioranza dei partecipanti ai gruppi di studio.
Come percorso formativo, l’EBJC è stato sottoposto all’accreditamento per l’Educazione Continua in Medicina (ECM), ricevendo una valutazione di 10 crediti, per tutte le professioni.
CONCLUSIONI
In questa esperienza l’EBJC si è dimostrato utile
sia nel migliorare le competenze EBP dei partecipanti sia nello stimolare la progettazione di interventi di prevenzione basati su prove di efficacia. La
messa in opera dell’intervento progettato, costituisce la sfida per il futuro.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 78-79
Secondo i dati del Registro di Mortalità Regionale
toscano le “morti bianche” sono decisamente
sottostimate dall’INAIL
According to Tuscany Mortality Records, fatal accidents at
the workplace are largely underestimated by INAIL
(National Insurance Institute against Occupational
Accidents and Diseases)
LUCIA GIOVANNETTI, A. MARTINI, A. MIGLIETTA, ELISABETTA CHELLINI, A. BALDASSERONI*
ISPO – Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze
* CERIMP- Centro Regionale di riferimento Infortuni e Malattie Professionali e da lavoro - Regione Toscana
KEY WORDS
Information systems; occupational accidents; INAIL
Come evidenziato già negli anni ’90 dall’Associazione Ambiente e Lavoro, i dati sugli infortuni
mortali lavorativi (IML) che vengono forniti dall’INAIL, benché assai specifici, sottostimano sicuramente il fenomeno.
Nella letteratura scientifica internazionale è stata
dimostrata l’utilità di affiancare al sistema di registrazione dell’ente assicuratore altre rilevazioni
(stampa quotidiana locale, registri delle cause di
morte, ecc.) per integrare e completare la conoscenza del fenomeno in aree di lavoro marginale, in
possibili zone di evasione dall’obbligo assicurativo e
in fasce di lavoratori non coperte.
In caso di morte da causa violenta, in Italia, è richiesto al medico, che compila la scheda di decesso
ISTAT, di indicare il luogo dove è accaduto l’evento violento che ha provocato il decesso.
Il Registro Mortalità Regionale toscano (RMR),
basandosi sulle informazioni relative al “luogo del-
l’evento” e al codice ICD-9 di causa di morte, pubblica nei propri report annuali i dati elaborati sugli
IML non da incidente stradale occorsi a residenti
in Toscana.
È stata recentemente instaurata una collaborazione tra RMR e CERIMP che prevede un record
linkage annuale di tipo deterministico tra i dati
INAIL e RMR, con lo scopo di:
– integrare i dati INAIL con i dati di mortalità
provenienti dalle USL;
– fornire una stima più completa degli IML in
Toscana;
– programmare/monitorare in modo affidabile
interventi di prevenzione che si rivolgano a tutti i
lavoratori, a prescindere dalla caratteristica di essere
o meno assicurati INAIL.
Limitatamente ai residenti in Toscana sono stati
conteggiati 128 IML non da incidente stradale
nell’archivio INAIL 2004-06 e 167 IML non da
Corrispondenza: Dr. ssa Lucia Giovannetti - E-mail: l.giovannetti@ispo.toscana.it
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DATI DEL REGISTRO DI MORTALITÀ REGIONALE TOSCANO
incidente stradale nell’archivio RMR 2004-06; dal
confronto delle 2 fonti informative indipendenti
utilizzate è risultato che 86 casi erano presenti in
entrambi gli archivi.
Utilizzando metodi di analisi cattura/ricattura è
stato stimato il numero complessivo di IML non
stradali avvenuti nei tre anni considerati: 249,1
(LC 95%=228,5-269,7), pari a un numero medio
annuo di 83 eventi, di cui 13 non conosciuti da
nessuna delle 2 fonti. La completezza della fonte
informativa INAIL è stata stimata pari al 51% circa
(47,5-56,0%) e quella del RMR del 67% circa
(61,9-73,1%).
Gli IML identificati solo sulla base dell’archivio
RMR sono stati 81 nel triennio 2004-06, pari a 27
circa ogni anno. Considerando la variabile “luogo
dell’evento” come proxy del settore lavorativo si è
notato che molti di questi IML sono avvenuti in
settori lavorativi coperti dall’assicurazione INAIL,
ad esempio in edilizia (5 casi con luogo dell’evento
“cantiere”) e in agricoltura (51 casi con luogo del-
79
l’evento “azienda agricola”). Stratificando per la variabile “fascia di età“ si è visto che, nel caso dell’agricoltura, gli eventi riguardavano più spesso uomini anziani (età > 65 anni per 33 casi su 51 casi agricoli totali), presumibilmente già ritirati dal lavoro,
che forse continuavano a lavorare per sé o con contratti irregolari.
Si conferma quindi l’importanza, ben nota dalla
letteratura scientifica, di affiancare al sistema di registrazione dell’ente assicuratore almeno il sistema
dei registri di mortalità per integrare e completare
la conoscenza del fenomeno degli infortuni mortali
lavorativi. L’apporto dei registri nominativi delle
cause di morte si rivela fondamentale per una conoscenza del fenomeno più ampia e più rispondente alle esigenze di sanità pubblica, superando la definizione di IML strettamente assicurativa.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 80-81
Valutazione dell’efficacia di un nuovo strumento nel
ridurre il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori
nelle addette alle pulizie in ambiente ospedaliero. Studio
multicentrico toscano
Efficacy evaluation of a new tool designed to reduce upper
limb biomechanical burden in hospital cleaners. A
multicentric study in Tuscany
M. MONDELLI, A. BALDASSERONI*, M. MARIANI**, FRANCA LUONGO***, A. GRIPPO****,
RITA ANSUINI**, M. BALLERINI*****, F. GIANNINI*****, M. GRAZIANI, ROSSANNA MANCINI******,
P. MANESCALCHI*******, CARLA SGARRELLA***
Servizio Territoriale EMG ASL 7, Siena
* SA Epidemiologia ASL 10, Firenze
** UF PISLL ASL 12, Viareggio (LU)
*** UF PISLL ASL 10, Firenze
**** UO Neurofisiopatologia Az. Ospedaliera-Universitaria “Careggi”, Firenze
***** Dip. Neuroscienze, Università di Siena
****** UF PISLL ASL 7, Siena
******* Medico competente Coop-Lat, Siena
KEY WORDS
Ergonomics; ULMSD; occupational disease
INTRODUZIONE
Lo scopo dello studio è stato verificare se l’introduzione di uno nuovo attrezzo per la scopatura ad
umido fosse in grado di ridurre il rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore e di migliorare la sintomatologia legata alla presenza della sindrome del tunnel carpale (STC) in una popolazione di operaie addette alle pulizie.
METODI
Sono state contattate tutte le donne dipendenti
di un’unica ditta appaltatrice dei lavori di pulizia
degli ambienti di 3 ospedali toscani “Careggi” (Firenze), “S. Maria alle Scotte” (Siena) e “Versilia”
(Lido di Camaiore–LU).
I medici dei Servizi PISLL delle ASL 7, 10 e 12
della Regione Toscana ed il Medico Competente
della ditta hanno raccolto l’anamnesi lavorativa e
hobbistica ed annotato la presenza dei fattori di rischio della STC o di patologie associate. I neurofisiologi hanno valutato la presenza e la relativa gravità clinica ed elettrofisiologica della STC attraverso l’utilizzo di scale ordinali. La diagnosi di STC si
basava sulla coesistenza di sintomi/segni clinici e
del rallentamento della velocità di conduzione distale del nervo mediano. La gravità della sintoma-
Corrispondenza: Dr. Mauro Mondelli - E-mail: m.mondelli@usl7.toscana.it
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VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN NUOVO STRUMENTO
tologia veniva quantificata tramite il questionario
autosomministrato di Boston (QB) relativo alla
“severità dei sintomi” e alla “funzione della mano”
(BQ-FUNZ). I dettagli dei metodi sono stati già
pubblicati.
Veniva utilizzata la “Checklist OCRA” per confrontare il rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore tra due differenti strumenti per la
scopatura ad umido (uno di nuova progettazione
versus uno precedente) valutando un compito specifico (pulizia di uno stesso corridoio dell’Ospedale). Il nuovo attrezzo presentava due innovazioni
ergonomiche (struttura svincolata dal manico rigido ruotante al suo interno e snodo terminale) e veniva utilizzato dalle addette alla pulizia degli ospedali “Versilia” e “Careggi”; mentre nell’ospedale “S.
Maria alle Scotte” veniva mantenuta la vecchia attrezzatura. In ambedue i gruppi di operaie sono
state calcolate le differenze tra la prima osservazione e il follow-up dopo 1 anno relativamente al numero di soggetti affetti da STC e ai punteggi delle
scale di gravità clinica ed elettrofisiologica della
STC e del BQ utilizzando il χ2 e tests non parametrici per dati appaiati.
RISULTATI
Su 179 operaie, hanno accettato di partecipare
allo studio 145, di queste hanno completato il follow-up 108. 68 operaie (età media 38.9±9.5 anni)
hanno usato il nuovo attrezzo e 40 (età media
40.6±11.3 anni) quello vecchio. Le operaie affette
da STC erano 34 (50%) nel gruppo che avrebbe
adoperato il nuovo strumento e 18 (45%) nel gruppo che avrebbe continuato ad usare quello vecchio.
Al momento del reclutamento non c’erano differenze tra i due gruppi di operaie relativamente all’età, al numero di affette da STC, ai fattori di rischio, alle patologie associate e ai valori dei punteggi delle scale di gravità clinica ed elettrofisiologica
della STC e del QB eccetto che per un più elevato
valore di BMI (25.7vs23.2, p=0.014) e per un mag-
81
gior numero di obese (17/37(27%) vs 6/68(8.8%),
χ 2=6.15, p=0.013) nel gruppo delle operaie che
continuavano ad utilizzare il vecchio strumento. La
valutazione del rischio di sovraccarico biomeccanico dell’arto superiore evidenziava un punteggio
della “Checklist OCRA” di 15.5 per il “vecchio”
strumento (rischio medio) e di 6.5 per il “nuovo” (rischio accettabile). Dopo un anno, in ambedue i gruppi non si apprezzavano differenze significative per
tutte le variabili esaminate eccetto che per un peggioramento del punteggio del BQ-FUNZ della
mano dominate nel gruppo che aveva continuato
ad usare il vecchio attrezzo (valore basale=1.34 vs
follow-up=1.5, p=0.038).
CONCLUSIONI
Il nuovo strumento per la scopatura ad umido riducendo il punteggio della “checklist OCRA” dovrebbe, teoricamente, ridurre anche il rischio di insorgenza e la sintomatologia delle s. da sovraccarico
biomeccanico riconducibili a movimenti ripetitivi
di deviazione e flesso-estensione dei polsi nei gradi
estremi, in particolare della STC. Tuttavia non era
apprezzabile alcun reale beneficio in quanto non
emergevano differenze significative tra i valori basali e quelli dopo un anno sia nel gruppo di soggetti che utilizzavano il nuovo attrezzo più ergonomico rispetto a quelli che impiegavano il vecchio.
Questi ultimi mostravano un peggioramento del
punteggio del BQ relativo alla “funzione della mano”. Questo studio ha alcuni limiti. La mansione
studiata (scopatura ad umido) copre solo 1/4 del
turno lavorativo e quindi il nuovo strumento ergonomico produrrebbe solo una parziale riduzione del
rischio di sovraccarico biomeccanico negli operai
addetti alle pulizie. Inoltre il tempo del follow-up
potrebbe essere stato insufficiente per valutare i benefici a lungo termine.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 82-83
Esposizione professionale a campi magnetostatici in
risonanza magnetica nucleare: tra obblighi di legge e
prove scientifiche
Occupational exposure to magnetostatic fields in magnetic
resonance imaging: legal obligations and scientific evidence
R. PERDURI, ANNA MUROLO, G. FRANCO
Cattedra e Scuola di Specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia
KEY WORDS
Legislation, MRI, EBP
INTRODUZIONE
Il titolo VIII capo IV del D.Lgs 81/2008 fa riferimento alla protezione dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici. Per quanto riguarda l’esposizione a campi magnetostatici (CMS), la normativa
non fornisce l’indicazione di un valore limite, assegna tuttavia un valore d’azione pari a 2x105 µT (pari
a 0,2 T). L’imaging a risonanza magnetica nucleare
utilizza CMS dell’ordine di 0,5-3 T e rappresenta
una fonte di esposizione occupazionale per medici
(radiologi, anestesisti, chirurghi), tecnici, addetti alla manutenzione e ricercatori. Il datore di lavoro
dovrà quindi assolvere agli obblighi di valutazione
del rischio e di informazione e formazione dei lavoratori sul rischio specifico. Il medico competente
(MC) si troverà invece a dovere assolvere agli obblighi relativi al controllo sanitario degli esposti.
OBIETTIVO
Lo scopo del presente lavoro è la revisione degli
studi comparsi dopo la pubblicazione della mono-
grafia dell’OMS Environmental Health Criteria
232. Static fields per valutare criticamente gli effetti
sull’Uomo dei CMS generati dai dispositivi di risonanza magnetica, al fine di fornire un supporto
scientifico alle figure preposte agli adempimenti
previsti dal titolo VIII, capo IV del D.Lgs
81/2008, soprattutto in merito all’informazione e
formazione del personale e al controllo dello stato
di salute dei lavoratori esposti.
MATERIALI E METODI
Per valutare criticamente gli effetti derivanti dall’esposizione a CMS è stata condotta una ricerca
sulla base di dati Medline utilizzando specifiche
stringhe di ricerca:
– Magnetic Resonance Imaging [MeSH] AND
Electromagnetic Fields/adverse effects [MeSH] AND
(“2004/01/01”[PDAT] : “2008/05/05”[PDAT]).
– Static magnetic field [All Fields] AND
English[lang] AND humans [MeSH Terms] AND
(“2004/01/01”[PDAT] : “2007/02/28”[PDAT]).
Sono state prese in considerazione 8 pubblica-
Corrispondenza: Dr. Riccardo Perduri - E-mail: perduri.riccardo@gmail.com
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CAMPI MAGNETOSTATICI IN RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
zioni in base a criteri di selezione (lingua inglese,
sperimentazioni cliniche o rassegne, disponibilità
del riassunto, studi inerenti gli effetti sull’Uomo).
La letteratura precedente al 2004 era già stata presa
in considerazione dalla monografia dell’OMS.
RISULTATI
Non sono stati segnalati indolenzimento muscolare a comparsa ritardata nè alterazioni dei tracciati
magnetoencefalografici dell’attività cerebrale, mentre è stato dimostrato l’aumento delle onde theta in
tracciati elettroencefalografici. Sono stati segnalati
disturbi transitori (nausea, vertigini, sapore metallico) e alterazioni di alcune funzioni neurocomportamentali, non confermate in una successiva pubblicazione. Sono state infine descritte alterazioni della
perfusione ematica cutanea ed una riduzione dello
stress ossidativo.
In considerazione della scarsità di dati e della limitata comparabilità del tipo di esposizione, non è
possibile formulare conclusioni certe sugli effetti
avversi sulla salute dei CMS.
DISCUSSIONE
Il titolo VIII, capo IV del D.Lgs 81/2008 mira
alla protezione della salute dei lavoratori dagli effetti di tipo deterministico e a breve termine, con
83
esplicita esclusione di quelli a lungo termine (art.
206, commi 1 e 2). Esistono dati controversi sugli
effetti derivanti dall’esposizione acuta. Gli adempimenti demandati al datore di lavoro risentono della
mancanza di prove scientifiche e richiedono quindi
da parte sua l’uso di prudenza, equilibrio e abilità
nel comunicare le incertezze esistenti. Il MC potrà
inoltre trovare problematica l’attuazione di un programma di controllo che includa accertamenti preventivi e periodici mirati alla prevenzione del rischio, tenendo conto che il titolo VIII, capo IV
considera i soli effetti a breve termine.
CONCLUSIONI
Le prove scientifiche degli effetti dell’esposizione a CMS sono tuttora insufficienti e benché l’entrata in vigore del titolo VIII capo IV del D.Lgs
81/2008 sia stata posticipata al 2012, le figure responsabili del rispetto delle norme dovranno usare
prudenza nell’interpretazione delle prove scientifiche. Si attende inoltre che vengano emanate le linee guida del Ministero della Salute per l’applicazione del titolo VIII, capo IV nello specifico settore
sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica,
previste entro due anni dall’entrata in vigore del
D.Lgs 81/2008 (art. 212).
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 84-85
Un nuovo modello di vigilanza in azienda sul sistema di
gestione della sicurezza sul lavoro
A new method for performing health surveillance aimed at
improving work safety
MANUELA PERUZZI, L. MARCHIORI, MARIA LELLI, CRISTINA FIORINI, LOREDANA BRUNETTI,
M. GOBBI
SPISAL ULSS 20 Verona
KEY WORDS
Health surveillance; occupational accidents; work safety
È in atto un cambiamento nella natura degli
infortuni sul lavoro, sempre meno conseguenti alla
pericolosità tecnica delle macchine e dell’ambiente,
sempre più legati alla organizzazione del lavoro e
alla difficoltà nel mantenimento delle misure di sicurezza nel tempo.
La semplice vigilanza “tecnica” risulta quindi
non più adeguata ad incidere su queste nuove forme di infortunio e a garantire il mantenimento nel
tempo delle condizioni di sicurezza.
IL METODO
Al fine di mettere a punto nuove forme d’intervento, in un gruppo di 130 aziende, quelle di dimensione maggiore e con numero di infortuni più
elevato, complessivamente circa il 50% di quelli accaduti in tutta l’ULSS, si è sperimentata una nuova
metodologia di intervento di vigilanza, mirata alla
verifica della organizzazione della gestione della sicurezza e della salute dell’azienda.
Sono stati considerati i seguenti 6 aspetti: 1) politica aziendale rivolta alla prevenzione della salute
e sicurezza e all’organizzazione aziendale, con la
verifica dei ruoli e compiti delle diverse figure della
sicurezza; 2) valutazione ed l’analisi dell’infortunio
e dell’incidente e del fenomeno complessivo; 3) organizzazione e pianificazione dell’informazione e
della formazione con particolare attenzione ai flussi
di comunicazione interaziendali; 4) processo di
manutenzione-monitoraggio permanente dell’ambiente di lavoro (ambiente, macchine, dispositivi di
prevenzione e protezione collettivi ed individuali);
5) gestione degli appalti; 6) gestione della sorveglianza sanitaria.
Il controllo di questi punti ha previsto una serie di
incontri con le figure aziendali: datore di lavoro o legale rappresentante, medico competente, RSPP, RLS.
Tali incontri, svoltosi sotto forma di colloquiodiscussione, avevano l’obiettivo di analizzare il sistema di gestione della salute e sicurezza attraverso
la verifica degli obblighi del D.Lgs. n. 626/1994 a
confronto con le fasi cicliche del processo di gestione previste dalle linee guida dell’ISPESL-UNIINAIL “Per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro”, richiamate oggi anche dal nuovo
Testo Unico, il D. Lgs. 81/2008.
Per valutare l‘efficacia dell’intervento si è adottato un sistema di scoring capace di misurare il mi-
Corrispondenza: Dr.ssa Manuela Peruzzi - E-mail: manuela.peruzzi@ulss20.verona.it
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UN NUOVO MODELLO DI VIGILANZA SUL SISTEMA DI SICUREZZA SUL LAVORO
glioramento nella gestione di questi aspetti, classificando le aziende in aree di rischio in base al punteggio raggiunto.
È stato assegnato un totale di 18 punti: al primo
indicatore, l’organizzazione, sono stati attribuiti da 0
ad un massimo di 8 punti, perché considerato l’elemento fondamentale e trasversale a tutti gli altri indicatori, mentre ad altri quattro, un valore da 0 a 2.
RISULTATI
È stato evidenziato un significativo miglioramento delle capacità di organizzazione nella maggior parte delle aziende: 37 aziende sono migliorate
nell’organizzazione della sicurezza e 3 sono migliorate nella gestione degli infortuni
Questo metodo di vigilanza, iniziato nel 2006,
ha stimolato l’avvio di un processo di miglioramen-
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to nelle aziende, nell’ambito della gestione della sicurezza, sia con l’adozione di nuovi strumenti e
metodi per contrastare il fenomeno degli infortuni
e delle malattie professionali, sia con il monitoraggio costante dei rischi e delle misure di prevenzione
tecniche, organizzative, procedurali.
Permangono comunque ambiti di miglioramento in ordine decrescente: sull’organizzazione, la gestione degli appalti, gli infortuni e la manutenzione. Il monitoraggio nel tempo degli infortuni di
queste aziende ci permetterà di verificarne anche
l’efficacia in termini di salute, e di attribuire alle
aziende un codice di rischio sul quale indirizzare la
priorità dell’azione di vigilanza tecnica.
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Medicina del Lavoro
Med Lav 2009; 100 (suppl 1): 86-87
È utilizzabile il questionario autosomministrato come
strumento per la raccolta di informazioni nel corso
dell’accertamento preventivo? Un’indagine sul campo
Suitability of self-administered questionnaires to collect
information in prevention assessment: a field investigation
MARIA ELENA STROZZI, SARA RICCIARDI, R. PERDURI, G. FRANCO
Cattedra e Scuola di Specializzazione di Medicina del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia
KEY WORDS
Questionnaires; efficacy; fitting to work
INTRODUZIONE
La qualità tecnico-professionale, uno dei determinanti la qualità delle prestazioni, consiste nella
disponibilità di personale qualificato, metodi e strumenti adeguati al raggiungimento degli obiettivi.
Tra gli strumenti utilizzabili il questionario anamnestico autosomministrato (Q), di frequente impiego in ambito internazionale, non trova larga applicazione da parte del Medico Competente (MC).
OBIETTIVO
L’indagine è stata condotta allo scopo di verificare l’efficacia e l’efficienza di un Q autosomministrato nella raccolta di informazioni a supporto dell’attività del MC.
MATERIALI E METODI
La popolazione esaminata, dell’età media di 30
anni (intervallo 23-56 anni) era costituita da 68
operatori sanitari (17 maschi e 51 femmine) sottoposti ad accertamento preventivo da parte del MC
in occasione dell’assunzione presso una struttura
ospedaliera. Lo studio, del tipo crossover in singolo
cieco, prevedeva l’autosomministrazione di un Q,
comprendente 20 domande, mirato alla raccolta di
informazioni sull’occupazione e sullo stato di salute
(Faculty of Occupational Medicine, 2007). Le domande riguardavano ricoveri in ospedale, visite mediche negli ultimi 2 anni, patologie, assunzione di
farmaci, infortuni sul lavoro, giudizio sulla propria
condizione di salute, disabilità ed un elenco di patologie e sintomi di vari organi e apparati. Trentasei
operatori hanno compilato il Q prima dell’accertamento e i restanti 32 dopo l’accertamento da parte
del MC. L’autosomministrazione del Q richiedeva
un tempo compreso tra 8 e 10 minuti, l’accertamento sanitario da parte del MC tra 25 e 35 minuti. La valutazione delle informazioni è stata effettuata indipendentemente da 2 degli autori (MES e
SR), attribuendo alle singole risposte del Q un
punteggio da 0 a 1 in base a 5 criteri: chiarezza, appropriatezza, completezza, utilizzabilità e validità.
Il punteggio è stato attribuito considerando come
Corrispondenza: Dr.ssa Maria Elena Strozzi - E-mail: mariaelena.strozzi@gmail.com
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QUESTIONARIO AUTOAMMINISTRATIVO E ACCERTAMENTO PREVENTIVO
standard di riferimento l’informazione del MC. ll
punteggio di ogni risposta e la somma di tutti punteggi sono stati confrontati con l’informazione tratta dalla cartella clinica e di rischio compilata dal
MC. I punteggi sono stati confrontati mediante test per il confronto tra medie.
RISULTATI
Confrontando i risultati del gruppo in cui il Q è
stato compilato prima dell’accertamento del MC
con quelli del gruppo in cui il Q è stato compilato
dopo l’accertamento, è stato possibile escludere differenze legate al momento in cui era somministrato
il Q (period effect e treatment-period interaction). Il
punteggio totale del Q è significativamente diverso
(p<0,001) rispetto al punteggio del MC. Esiste
inoltre una variabilità tra le singole risposte: in particolare le risposte del Q a 7 domande (relative a
precedenti ricoveri ospedalieri, visite mediche nei 2
anni precedenti, anamnesi farmacologica, disabilità,
allergie, patologie cutanee, neoplasie e patologie
osteoarticolari) presentano un punteggio più basso
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in confronto alle informazioni raccolte dal MC.
Anche se i punteggi sono stati attribuiti utilizzando
l’informazione del MC come standard, in alcuni
casi le risposte del Q offrono maggiori informazioni rispetto a quelle raccolte dal MC (visite del medico di medicina generale e visite specialistiche, visite preassuntive, sintomi quali cefalea, gastralgia,
disturbi della vista e cistiti). Non è emersa associazione alcuna tra i punteggi delle risposte e genere,
età, mansione.
CONCLUSIONE
Pur esistendo alcune differenze tra le informazioni raccolte dal MC e tramite Q, i risultati dimostrano che, per la maggior parte di esse, il Q permette di raggiungere gli obiettivi prefissati e può
costituire uno strumento efficace ed efficiente da
utilizzare a supporto dell’attività del MC.
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O R M E
P E R
«LA MEDICINA DEL LAVORO» pubblica lavori originali, rassegne,
brevi note e lettere su argomenti di medicina del lavoro e igiene industriale. I contributi non devono essere già stati pubblicati o presentati ad altre
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nel lavoro stesso. Saranno accettate anche firme individuali su copie della
stessa lettera inviate per fax direttamente alla rivista (vedi CONFLITTO
D’INTERESSE).
RIASSUNTO - Il riassunto in lingua italiana ed inglese deve esporre nella lingua originale del testo in modo conciso ma chiaro e sufficientemente
G L I
AU T O R I
illustrativo i risultati della ricerca. La sua estensione nell’altra lingua potrà
essere maggiore al fine di comunicare al maggior numero di lettori i dati
sostanziali della ricerca.
Il riassunto in lingua inglese dovrà essere strutturato in: background, objectives, methods, results, conclusions, e non dovrà contenere più di 250 parole.
BIBLIOGRAFIA - La correttezza e la completezza delle citazioni bibliografiche ricade sotto la responsabilità degli autori. Nella Bibliografia le citazioni vanno elencate in ordine alfabetico e numerate progressivamente.
Per la stesura attenersi agli esempi sottoelencati:
– KALLIOMAKI PL, KALLIOMAKI K, KORHONEN O, et al: Respiratory status of stainless steel and mild steel welders. Scand J Work Environ Health
1986; 8 (suppl 1): 117-121
– MC MAHON B, PUGH TF: Epidemiology. Principles and methods. Boston
(MA): Little Brown and Co, 1970
– FOGARI R, ORLANDI C: Essential hypertension among workers of a
metallurgical factory. In Rosenfeld JB, Silverber DS, Viskoper R (eds):
Hypertension control in the community. London: Libbey J, 1985: 270-273
– GALLI DA, COLOMBI A, ANTONINI C, CANTONI S: Monitoraggio
ambientale e biologico dell’esposizione professionale a pigmenti e coloranti azoici. In Foà V, Antonini C, Galli DA (eds): Atti del convegno
Materie coloranti ed ambiente di lavoro. Milano, 14-15 marzo 1984. Fidenza: Tipografia Mattioli, 1985: 129-137
– RANOFSKY AL: Surgical operations in short-stay hospitals: United States
1975. Hyattsville (MA): National Center for Health Statistics, 1978 (DEHW publ no PHS 78-1785; Vital and health statistics, series 13, no 34)
– INTERNATIONAL AGENCY FOR RESEARCH ON CANCER: Some chemicals
used in plastics and elastomers. Lyon: IARC, 1986 (IARC monographs on
the evaluation of the carcinogenic risk of chemicals to humans no 39)
Il nome della rivista deve essere abbreviato secondo le norme dell’Index
Medicus. Le comunicazioni personali e le comunicazioni a congressi, se
non pubblicate, non devono far parte della bibliografia, ma devono essere
citate per esteso nel testo.
Nel testo i riferimenti bibliografici dovranno essere indicati con numeri
arabi tra parentesi corrispondenti al numero della citazioni in Bibliografia.
CONFLITTO DI INTERESSE – Un conflitto d’interesse sussiste
quando il giudizio professionale su un interesse primario, quale l’interpretazione dei propri risultati o di quelli ottenuti da altri, potrebbe essere influenzato, anche in maniera inconsapevole, da un interesse secondario,
quale un tornaconto economico o una rivalità personale. Un conflitto
d’interesse non è di per sé antietico. Tuttavia, esso deve essere pubblicamente ed apertamente riconosciuto. Tale riconoscimento non avrà alcun
valore ai fini della decisione sulla pubblicazione. Pertanto, in conformità
con le indicazioni della “Sesta revisione dei requisiti uniformi per i manoscritti sottoposti per pubblicazione alle riviste biomediche” dell’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE) del Novembre
2003, all’atto dell’invio di un lavoro per pubblicazione su La Medicina del
Lavoro, nella lettera d’accompagnamento allegata al manoscritto, ciascun
autore dovrà dichiarare l’esistenza o meno di legami finanziari (rapporti di
consulenza, proprietà di azioni, brevetti o licenze, etc) che possano configurare un potenziale conflitto d’interesse in relazione alle materie trattate
nel lavoro stesso. In caso di sussistenza di tali legami finanziari, gli autori
interessati dovranno indicarli con una breve ma esauriente definizione.
BOZZE - Gli autori riceveranno le bozze dell’articolo per controllare
eventuali errori tipografici. Sulle bozze non potranno essere apportate
modifiche sostanziali. La correzione delle bozze solleva la redazione da
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