EDITORIALE ALTIRPINIA E’ CRISI! L a GIUSTIZIA, è in crisi. E' ormai una realtà sotto gli occhi di tutti gli italiani che il mondo giudiziario, cui è delegato il compito di dare risposta alla richiesta di tutela del diritto di ciascuno, affanna e certamente non contribuisce a risolvere la crisi il clima di rissosità permanente in cui si sono lasciati trasportare, sia il governo, che la magistratura. Si tratta di poteri dello Stato che si atteggiano, in diarchia conflittuale, spesso trasbordando dalle rispettive competenze, inoltrandosi nelle sabbie mobili della conquista di un primato non consentito dalla nostra Carta Costituzionale. La pratica oltre che rischiosa per il sistema democratico, blocca di fatto il cambiamento in nome del quale entrambe le parti hanno predicato la svolta positiva. Nello stesso tempo induce nei cittadini una profonda depressione morale con la conseguenza che essi si disaffezionano sempre più verso chi amministra la giustizia. Se veramente si vuole porre un freno alla deriva morale conseguente allo scontro di siffatte proporzioni, è tempo che ciascuna delle parti impari a pensare di non potersi assolvere segnando a dito l'altra che sbaglia. Bisogna, cioè, che ciascuno impari a fare la propria parte, il che equivale semplicemente a fare il proprio dovere. Gli avvocati, che da sempre sono sentinelle attente a tutti i mutamenti politici, ma anche censori autorevoli e qualificati delle più gravi disfunzioni dell'amministrazione giudiziaria, in questo momento storico hanno il dovere di imporsi in modo deciso nel sistema come soggetto unitario a tutela degli interessi dei cittadini e della giustizia, rivendicando dal Governo, dal Parlamento e dalla Magistratura quella considerazione, caratterizzante la categoria, che da tempo doveva essere loro accordata per l'alta ed irrinunciabile funzione di rappresentanza che svolgono a difesa della gente comune. buto allo sviluppo della mentalità unitaria e politica dell'avvocatura, che costituisce lo spirito e il motore fondamentale di ricerca di un più stretto raccordo degli interessi dei cittadini con il mondo giudiziario, proponiamo il modesto lavoro di questa pubblicazione a cui, si spera, possano seguirne altre con la partecipazione di più numerosi collaboratori. Essa nasce dal desiderio unanime di creare uno strumento di incontro e di raccordo tra gli avvocati irpini e di confronto dialettico con la magistratura e tutti gli addetti ai lavori, nonché tra questi e la società civile nell'intento di recuperare credibilità all'universo giudiziario in nome della GIUSTIZIA intesa come ordine normativo e di legalità conforme ai principi generali di natura e di ragione nella mutata realtà dei tempi. Il disegno è difficile e ambizioso, per cui, lungi dal volerlo attuare, ci preoccuperemo solo di poggiare una "prima pietra" facendo una semplice opera di raccolta della giurisprudenza più significativa con qualche cenno di commento, che non potrà mai andare oltre il collegamento tra il pronunciato e la norma giuridica e cercheremo di segnalare le novità normative di maggiore interesse. Nell'ottica delineata, si è voluto limitare la raccolta al più ristretto ambito del Circondario del Tribunale santangelese per concentrare gli sforzi nella ricerca, da un lato, di un utile raccordo tra la giustizia togata appartenente al solo Tribunale e quella dei vari Uffici del giudice minore spesso chiamato a decidere, in prima istanza, su materia "incandescente" che tocca poteri forti, senza le protezioni del giudice professionale e per altro verso con l'obiettivo di fornire una serie di elementi, nozioni ed approfondimenti atti a ridurre al massimo decisioni contrastanti sugli stessi temi, pur nel pieno rispetto del principio dell'autonomia e del libero convincimento del giudice. Naturalmente il giudizio finale resta affidato ai nostri "venticinque lettori". Il direttore Con l'intento di dare un sia pur modestissimo contri- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 1 JUS Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA L'ART. 1469-BIS: UNA NORMA CHE LASCIA MOLTE PERPLESSITA' NELLA RICERCA DEL RIEQUILIBRIO TRA "PROFESSIONISTA" E "CONSUMATORE" a cura della redazione La nozione Il tema delle nozioni di professionista e di consumatore individuate dall'art1469-bis, e quindi dell'ambito di applicazione soggettivo della disciplina sulle clausole abusive introdotta dal legislatore nel 1996 è stato trattato così lungamente dalla studio, a causa della limitatezza e imprecisione del dato normativo, che per esaminarlo approfonditamente e riassumere le diverse teorie studiorie e le molteplici pronunce giurisprudenziali dovrebbe essere assunto come argomento unico di tesi. Ci limiteremo ad accennare ai diversi problemi che, in questi anni, hanno appassionato i giuristi e gli interpreti nostrani. A dire il vero la nozione di professionista non ha comportato notevoli difficoltà interpretative; l'art 1469-bis II comma lo definisce come "la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma". Tale definizione segue pedissequamente quella contenuta nella direttiva con l'unica precisazione della attività svolta dal "professionista". Infatti il professionista, nel nostro ordinamento, è il prestatore d'opera intellettuale. Il legislatore comunitario, nel definire la parte forte del rapporto contrattuale, ha utilizzato una nozione presa in prestito dall'ordinamento francese, quella di "professionel" che in Francia sta ad indicare l'esperto in una materia in contrapposizione al profano. Per 2 questo il legislatore interno nell'adeguarsi alla direttiva ha dovuto precisare che il professionista è colui che svolge un'attività professionale o imprenditoriale introducendo così nel nostro Ordinamento una nuova accezione più ampia di professionista che include tutti coloro che - persone fisiche o enti - svolgono un'attività economica lavorativa in modo professionale. "Il termine professionale è utilizzato in contrapposizione al termine occasionale, cioè per qualificare un'attività che viene svolta in modo sufficientemente durevole e stabile e con un certo apporto organizzativo"1 . Come precisa il magistrato palermitano, con l'apporto concorde della studio, il requisito che caratterizza la nozione di professionista è proprio la "abitualità" dell'attività svolta. Ciò implica che la normativa antivessatoria si rivolge non solo alle libere pro- fessioni e all'impresa, ma ad ogni sorta di attività lavorativa svolta non occasionalmente e con l'organizzazione dei mezzi necessari, a condizione che colui che la esercita ricorra ad una contrattazione standardizzata o unilateralmente predisposta2. La disciplina si applica al professionista, sia esso persona fisica o giuridica e per concorde opinione della studio anche agli enti di fatto. Se, infatti, la legislazione antivessatoria non fosse efficace anche nei confronti delle società di fatto e di persone, e in genere nei confronti dei soggetti collettivi privi di personalità giuridica, i quali sono tuttavia idonei a svolgere attività imprenditoriale, "si offrirebbe alle imprese la possibilità di aggirare la disciplina di protezione, mantenendo nell'attività di cessione di beni o di fornitura di servizi ai clienti una forma societaria che non comporti l'acquisizione della personalità giuridica ovvero - nel caso di imprese di grosse dimensioni - esercitando l'attività stessa mediante il controllo di piccole società prive di personalità giuridica."3 Ancora il professionista può operare in qualsiasi settore economico (commercio, agricoltura, industria, turismo, ecc.) non essendoci restrizioni nella norma, e può essere soggetto privato o anche pubblico potendo, quindi, la disciplina essere applicata ai contratti contenenti clausole vessatorie stipulati dalla Pubblica Amministrazione. E' il caso dell'applicazione della normativa in questione da parte del tribunale di Roma ai concorsi del totocal- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note JUS ALTIRPINIA cio e del totogol.4 Parte della studio ritiene inoltre che la qualifica di imprenditore debba attribuirsi non solo al lavoratore autonomo, ma anche al lavoratore subordinato che nell'esercizio della sua professione concluda un contratto con un cliente consumatore. Infatti, "professionista in relazione alla controparte non professionale, deve considerarsi anche colui che agisce in nome e per conto del professionista. Tale è innanzi tutto l'ausiliario dipendente dell'imprenditore, che nei limiti della rappresentanza a lui conferita, stipula contratti in nome del professionista ovvero l'ausiliario che per conto del professionista raccoglie la firma del consumatore su note d'ordine già sottoscritte dal professionista da cui è stipendiato ... .E' importante affermare, tuttavia, che nella maggior parte dei casi, il professionista che predispone il contenuto contrattuale è un lavoratore autonomo e non subordinato."5 A differenza della nozione di professionista ampia e precisa, quella di consumatore che ci ha fornito il legislatore comunitario è ristretta e ha sollevato non pochi dubbi interpretativi nella studio e giurisprudenza non solo italiana. Il consumatore è definito, dall' art. 2 dir., come "qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale". La ragione della scelta di una nozione così ristretta è facilmente individuabile attraverso un'analisi dei considerando che precedono la direttiva 93/13. Da questa analisi si evince, infatti, che lo scopo dell'intervento correttivo sulle clausole abusive non sia tanto garantire i diritti dei consumatori in quanto tali, attraverso strumenti in grado di assicurare una effettiva giustizia sostanziale, quanto la promozione e la protezione del mercato interno non perturbato da fenomeni distorsivi della concorrenza. E' evidente che la finalità primaria della normativa ha matrice economica consistendo nello sviluppo del mercato comunitario attraverso una tutela del sistema concorrenziale per facilitare le attività dei commercianti attraverso l'incentivazione dei traffici commerciali oltre i Paesi di appartenenza. Con la garanzia di una soglia minima di tutela comune a tutti gli Stati membri e avvertendo la protezione degli ordinamenti giuridici, il consumatore è incoraggiato a concludere i propri affari senza limiti territoriali. Così la protezione del cittadino-consumatore viene realizzata soltanto in seconda battuta.6 Essendo questo l'obiettivo principale della direttiva, non si potevano ledere gli interessi delle imprese di maggiori dimensioni e di superiore forza economica, che hanno pressato per l'approvazione di una direttiva che accogliesse una limitata nozione di consumatore. Sulla stessa linea del legislatore comunitario si è espresso anche il legislatore italiano, che ha seguito la ricostruzione operata dal primo, nonostante avesse la possibilità di estendere la tutela minimale prevista dalla direttiva; come è successo in Paesi quali la Spagna o l'Olanda dove la disciplina è stata ritenuta applicabile anche ai rapporti tra imprese. Durante i lavori preparatori alla legge di attuazione molto si è discusso in relazione alla nozione di consumatore, e nel progetto della commissione per la tutela dei consumatori era prevista l'estensione della tutela anche agli artigiani e alle imprese familiari. Ma come ben sappiamo la scelta finale fu quella di mantenere intatta la nozione contenuta nella direttiva cosicché l'art 1469-bis II comma definisce consumatore "la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta". Nemmeno l'opera della giurispru- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI CALENDARIO DELLE LEZIONI CORSO DI FORMAZIONE PROFESSIONALEALE 1) 24.09.2004 LA RIFORMA DELLE SOCIETA' DI CAPITALI. PROF AVV. GIOVANNI CAPO. ORDINARIO DIRITTO FALLIMENTARE - UNIVERSITA' DI SALERNO. 2) 08.10.2004 LE NUOVE FRONTIERE DEL RISARCI- MENTO DEL DANNO. PROF. AW. BRUNO MEOLI. ASSOCIATO DIRITTO PRIVATO UNIVERSITA' DI SALERNO. 3) 22.10.2004 - LE AZIONI A TUTELA DELLA PROPRIETA'. PROF AVV. ANGELO SATURNO. ASSO- CIATO DIRITTO PRIVATO UNIVERSITA' DI SALERNO. 4) 05.11.2004 LE FASI DEL PROCESSO DI ORDINARIA COGNIZIONE E LE PRECLUSIONI. PROF AVV. MODESTINO ACONE. ORDINARIO DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - VERSITA'FEDERICO II° - NAPOLI. UNI- 5) 26.11.2004 PROVVEDIMENTI D'URGENZA EX ART. 700 C.P.C. PROF AVV. LUIGI IANNICEL- LI. INCARICATO DIRITTO DELL'ESECUZIONE FORZATA. UNIVERSITA'DI SALERNO. Segue a pag. 5 Sant’Angelo dei Lombardi agli inizi del ‘900 3 JUS Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA denza - come è successo in acquistino o utilizzino beni o serFrancia (vedi infra) - è valsa ad vizi per scopi non riferibili all'attiampliare la nozione di consuma- vità imprenditoriale e professionatore tanto è vero che la Corte di le eventualmente svolta". Cassazione La Mefite Gli elementi prima e poi identificativi anche la Corte del soggetto Costituzionale "consumatore" hanno bocciato Ritornando alla l'allargamento definizione della stessa. della legge La nozione di vediamo quali consumatore sono gli elemencon la quale ci ti che costituitroviamo ad scono la figura operare, può del consumatodirsi generale in re: l'essere perquanto si applisona fisica, l'asca a tutti i consenza di profestratti conclusi sionalità, l'agire dal consumatoper soddisfare bisogni della vita re - e di conseguenza sono da privata. Ognuno di questi aspetti ritenersi speciali le definizioni presenta dei profili problematici contenute in disposizioni extra- che andremo di seguito ad analizcodicistiche di attuazione di altre zare. direttive comunitarie (multipro- In primis il consumatore, perché prietà, viaggi, contratti a distan- riceva la tutela introdotta dagli za, ecc.) - ma c'è da considerare artt. 1469-bis e ss., deve essere che la stessa comprende solo un parte debole di un rapporto conaspetto particolare della vita di trattuale con un professionista, relazione del consumatore, quel- imprenditore o meno che sia. lo contrattuale.7 Sicuramente il consumatore Non bisogna dimenticare che vi acquirente di beni o l'utente di sono - come abbiamo visto nel servizi possono essere consideprimo capitolo - direttive comuni- rati parti debotarie sulla tutela del consumatore li nei confronti che considerano altri aspetti del professionidella vita relazionale del consu- sta, ma quid matore stesso: la direttiva sulla iuris nel caso in pubblicità ingannevole o quella cui il consumasui prodotti difettosi. tore sia l'aliePurtroppo, però, una nozione n a n t e ? unitaria e generale del consumaè tore, oggi, non esiste né nell'ordi- L'ipotesi namento comunitario, né in quel- quella ad esemlo interno, con la conseguenza pio di Tizio che che la definizione della direttiva decide di ven93/13 è la più generale. Ne è la dere la propria riprova il fatto che anche la l. casa ad una 281/1990 "Disciplina dei diritti società immodei consumatori e degli utenti" che biliare, che sucrappresenta il bill of rights di que- cessivamente rimetterà in comsta categoria, elencando nell'art. mercio il bene immobile, agendo 2 i diritti riguardanti tutti gli aspetti delle operazioni commer- all'interno della propria attività ciali dei consumatori, ha saputo professionale. Il soggetto non far di meglio e ha praticamente professionista, infatti, il quale riproposto la definizione dell'art. aliena un immobile ad un vero del settore, 1469-bis; "per consumatori-utenti professionista si intendono le persone fisiche che "potrebbe trovarsi nella medesima 4 situazione di debolezza contrattuale che giustifica l'applicazione della disciplina relativa ai contratti dei consumatori."8 Di conseguenza è possibile affermare l'irrilevanza del ruolo rivestito dal consumatore nel rapporto contrattuale. Inoltre il consumatore deve essere una persona fisica, di conseguenza sono escluse dalla disciplina tutte le persone giuridiche, sia gli enti di diritto (società, associazioni, fondazioni), sia gli enti che non hanno ottenuto il riconoscimento. E' pacifico che il legislatore abbia accettato le motivazioni di fondo della direttiva recependo puntualmente questa limitazione. Infatti, quando ha voluto, ha ampliato l'ambito di applicazione della direttiva, come è successo per la l. 675/1996 sul trattamento dei dati personali nella quale il legislatore ha incluso nella definizione di interessato al trattamento, oltre alla persona fisica (unico soggetto considerato dal legislatore comunitario) la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si riferiscono i dati ( art 1, II comma, lettera f). Questa scelta si basa, oltre che sulle motivazioni di ordine politico che abbiamo esaminato precedentemente, su due assunti: a) che gli enti di diritto e di fatto non possano mai agire per fini extraprofessionali, essendo sempre tenuti ad operare legittimamente solo in funzione della realizzazione degli scopi sociali che ne giustificano l'esistenza e la capacità, perciò rimanendo sempre in ambito latu sensu professionale; b) che operando normalmente nell'ambito del mercato per la realizzazione dei loro scopi, sono più attenti alla contrattazione. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note JUS ALTIRPINIA Tali affermazioni sono, però, oggi, contestate da parte della studio che rileva come tali soggetti possono agire al di fuori della attività specifica per la quale sono sorti, ad esempio nel caso in cui l'ente stipuli dei contratti strumentali al perseguimento dello scopo, e come soprattutto in questi casi possano trovarsi in situazioni di debolezza contrattuale nei confronti della controparte.9 Un'altra limitazione imposta dal legislatore è quella degli scopi per cui il soggetto agisce, che devono essere estranei "all'attività professionale eventualmente svolta"; anche questa specificazione è basata sull'assunto non sempre veritiero che considera l'operatore economico professionista come esperto e specializzato nel settore e quindi attento alla fase della contrattazione in quanto abituato a concludere determinati contratti. In effetti, però, se ci si sofferma ad analizzare la situazione non è difficile scorgere una latente ingiustizia nella normativa. Basti pensare alla miriade di piccole imprese che dominano l'economia italiana che non debbono essere protette nei loro rapporti contrattuali ad esempio di utenza telefonica o energetica, o ancora nei contratti bancari. In particolare gli effetti negativi della mancata considerazione delle disparità contrattuali che si possono verificare nei rapporti endocommerciali, si ripercuotono sui cc.dd. intermediari della catena distributiva, cioè quei rivenditori che sono costretti ad accettare condizioni contrattuali inique nei rapporti con le grandi imprese che occupano posizioni di mercato dominanti, ma che non possono riproporre tali clausole nei rapporti con i consumatori. L'unica arma a loro disposizione rimane quella dell'aumento dei prezzi dei beni e servizi in modo da bilanciare i costi aggiuntivi causati dalla eccessiva onerosità del contratto di distribuzione. Il legislatore ha tentato di porre rimedio a questa situazione, attraverso la predisposizione di strumenti a disposizione degli intermediari nei rapporti con la grande impresa. In primis c'è da considerare il divieto di abuso di posizione dominante introdotto dalla legge 192/1998 sulla subfornitura. Un'altra disposizione importante è quella prevista dall'art. 1469-quinquies del c.c., che al IV comma prevede per gli stessi una tutela indiretta - introdotta a completamento della direttiva dal legislatore italiano - consistente nel "diritto di regresso del venditore nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di inefficacia delle clausole dichiarate abusive". La norma presuppone il divieto dei fornitori di utilizzare clausole vessatorie a carico dei venditori, sanzionabile però solo in termini di responsabilità contrattuale per i danni subiti in conseguenza dell'azione del consumatore nei confronti del venditore che abbia riproposto il regolamento contrattuale imposto dal fornitore.1 Ma ritornando all'analisi sugli scopi che il consumatore voleva perseguire nel compiere quell'atto di consumo, dobbiamo specificare, assieme alla studio e la giurisprudenza unanime, che la indagine sugli scopi non deve Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 6) 17.12.2004 LA RIFORMA BIAGI ED IL NUOVO MER- CATO DEL LAVORO. PROFSSA MARIA JOSE' VACCARO. ORDINARIO DIRITTO DEL LAVORO - UNIVERSITA'DI SALERNO. 7) 14.01.2005 I REATI SOCIETARI. PROF. AVV. ANDREA CASTALDO. ORDINARIO DIRITTO PENA- LE. UNIVERSITA' DI SALERNO. 8) 28.01.2005 COLPA PROFESSIONALE E REATO. PRO£ AVV. FRANCESCO FORZATI. ASSOCIATO DIRITTO PENALE -UNIVERSITA' FEDERICO II° -NAPOLI. 9) 11.02.2005 LE INDAGINI DIFENSIVE. PROF AVV. ALESSANDRO SAMMARCO. ASSOCIATO DIRITTO DELL'ESECUZIONE PENALE. UNIVERSITA' DI SALERNO 10) 25.02.2005 IL PROCEDIMENTO PENALE DAVANTI AL GIUDICE DI PACE. DOTT. FERDINANDO LIGNOLA.MAGISTRATO. 11) 11.03.2005 PROCEDIBILITA' DEL RICORSO IN MATERIA DI LAVORO E QUESTIONI APPLICATIVE. DOTT. LUCIANO CIAFARDINI. MAGISTRATO. 12) 08.04.2005 DEONTOLOGIA FORENSE: PRINCIPI. DOTT. GIUSEPPE PALMIERI. AVVOCATO, 13) 22.04.2005 TEORIA E TECNICA DELLA REDAZIONE DEL RICORSO PER CASSAZIONE. PROF AVV. FRANCESCO DE SANTIS. STRAORDINARIO DIRITTO PROCESSUALE CIVILE. UNIVERSITA'DI SALERNO. GLI INCONTRI SI TERRANNO IN SAN- T'ANGELO DEI LOMBARDI, AULA MAGNA DEL TRIBUNALE, DALLE ORE ALLE ORE 17:00. 15:00 IL PRESIDENTE AVV. BRUNO SALZARULO IL CONSIGLIERE DELEGATO AVV. GIUSEPPE PALMIERI 5 JUS Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA essere svolta come una indagine sulle motivazioni soggettive che hanno spinto il consumatore a compiere l'atto, ma come un analisi oggettiva che evidenzi il collegamento funzionale tra il bene o servizio, oggetto della prestazione, e l'attività di colui che di esso si rende acquir ente-fr uitor e. Quindi, per accertare nel singolo caso concreto, la non professionalità degli scopi dell'agente, si dovranno prendere in considerazione oltre alla natura del bene, anche il suo uso normale, il tipo di atto posto in essere, le modalità di conclusione del contratto e, cosa più importante, la relazione tra il tipo di attività svolto dalla parte e l'oggetto della prestazione. Questa indagine, affidata all'interprete, è estremamente complicata e raggiunge il suo picco massimo di difficoltà in due casi particolari: quello dell'acquisto di beni o fruizione di servizi per uso promiscuo; e quello della parte contrattuale plurisoggettiva a composizione diseguale. Il primo caso è quello di tutti quei beni acquistati o servizi fruiti per scopi in parte rientranti nell'alveo della sfera professionale, in parte rientranti nell'alveo della sfera privata. Esempi classici sono quelli de computer o dell'automobile acquistati sia per esigenze di lavoro che per svago. Il fenomeno è particolarmente importante tenuto conto delle tante imprese a carattere familiare che operano nel nostro Paese. In questi casi il giudice dovrebbe adoperare un criterio di prevalenza, valutando di volta in volta per quale uso venga maggior- 6 mente impiegato il bene. In stu- ma degli scopi, distinguendo tra dio, c'è chi ritiene che "l'interpre- atti della professione e atti strutazione letterale della norma sug- mentali alla stessa. "Con questa gerisce di dare spazio, anche nel espressione non si vuole affermacaso di usi promi- re che con gli atti di acquisto dei scui, alla tutela cc.dd. beni strumentali alla profesdel consumatore: sione si perseguono interessi proegli agisce pur fessionali in via mediata, bensì sempre (anche se che interessi professionali in non solo) per senso tecnico sono quelli attuati scopi estranei con gli atti di esercizio della proalla sua attività pria professione, mentre tutti gli professionale; e altri interessi, anche se relativi la legge non dice alla professione non sono da conche egli deve siderarsi professionali ma di conagire esclusiva- sumo. E' il collegamento tra atto e mente per scopi professione di chi lo compie a perestranei a mettere l'individuazione del conquesta."11 Ma c'è sumatore quale contraente ovvero anche chi, a con- quale professionista: il semplice trario, ritiene che agire in veste professionale non il legislatore, nel comporta la qualifica di professiodettato normati- nista ai sensi della legge52/1996 vo, abbia fatto se l'atto posto in essere non è un una scelta chiara atto di esercizio di quella determiche richieda un nata professione".14 atto posto in essere esclusiva- Ciò implica che se l'imprenditore mente per scopi extraprofessio- che produce scarpe si vuole nali.12 avvalere di un computer per Il secondo caso può essere ben organizzare l'inventario della rappresentato dall'esempio dei merce di magazzino, non può due coniugi che acquistano, da essere considerato un professiouna società immobiliare, un nista.15 appartamento da utilizzare in Tale ipotesi interpretativa è rafparte come abitazione e in parte forzata dal criterio della compecome ufficio di uno dei due. Quid tenza e specializzazione del proiuris? Anche qui bisogna applica- fessionista, da tempo presente re il criterio della prevalenza? nella giurisprudenza francese, Qualcuno in studio ritiene appli- che può essere riassunto nel cabile la normativa di protezione seguente modo: il professionista Monteverde- Il Castello in virtù di una che conclude i interpretazione contratti che non di natura teleolosiano in rapporto gica della noveldiretto con la la, cioè aderente attività economialle finalità di ca esercitata protezione che dallo stesso, e ne ispirano la che agiscono ratio.13 quindi in un setNel silenzio del tore diverso dal legislatore una proprio, deve parte della stuessere considedio e della giurirato consumatosprudenza ha re perché ineoperato una sperto e incominterpretazione petente. di taglio favorevole al consuma- La giurisprudenza francese ha tore riguardo proprio al proble- per questa strada ampliato l'am- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note JUS ALTIRPINIA bito applicativo della legge sui contratti dei consumatori, e apportato una tutela anche al piccolo imprenditore e al commerciante, che agiscono in settori estranei alla loro specifica attività professionale. A tal proposito è da notare che gli sforzi della studio di ammettere, sulla scorta del progetto iniziale di recepimento, alla tutela anche gli artigiani e i piccoli imprenditori sembrano essere stati, per il momento, bloccati dalla sentenza ultima della Corte Costituzionale n.469 del 22 novembre 2002, la quale afferma che " ... non irrazionalmente il legislatore ha escluso l'applicabilità delle suddette norme ai contratti conclusi da artigiani e piccoli imprenditori." Nella motivazione si legge che " La scelta del legislatore di limitare la tutela non solo non appare irragionevole ma si sottrae a tutte le censure mosse dal giudice rimettente. Di particolare rilievo ai fini dell'armonizzazione delle legislazioni è anzitutto il dato che nella normativa di numerosi Paesi membri dell'Unione Europea la definizione di consumatore è ristretta alle sole persone fisiche che agiscono per scopi non professionali; la medesima definizione ricorre anche nel progetto di c.c. europeo in corso di elaborazione. (...) La preferenza nell'accordare particolare protezione a coloro che agiscono in modo occasionale, saltuario e non professionale, si dimostra non irragionevole allorché si consideri che la finalità della norma è proprio quella di tutelare quelli che secondo l'id quod plerumque accidit sono presumibilmente privi della necessaria competenza per contrattare; onde la logica conseguenza dell'esclusione dalla disciplina in esame di categorie di soggetti - quali quelle dei professionisti, dei piccoli imprenditori, degli artigiani - che proprio per l'attività abitualmente svolta hanno cognizioni idonee per contrattare su un piano di parità." Un'ultima notazione, al termine di questo lungo excursus, infine riguarda la precisazione operata in studio ma anche da parte del Governo italiano (osservazioni alla procedura di infrazione 98/2026 ex art. 169 del trattato CE) che il soggetto tutelato è il titolare del rapporto giuridico e non la parte in senso formale che ha stipulato il contratto, ipotesi che si realizza ad esempio con la conclusione di un contratto a favore di terzi o per persona da nominare (si pensi all'imprenditore che concluda un contratto di viaggio come premio per i dipendenti particolarmente meritevoli). In conclusione può dirsi che la nozione di consumatore elaborata dal legislatore comunitario è stata volutamente ristretta e questa e la motivazione principale per cui, né il parlamento, né successivamente i giudici hanno accettato le pressanti richieste della studio a rivedere i confini di tale definizione per ammettere alla tutela un maggior numero di soggetti giuridici. Ovviamente la materia dei contratti con i consumatori è in così continuo sviluppo, che nulla può indurci a ritenere questa una scelta definitiva. L'augurio è che ci si torni sopra presto al fine di ricolmare gli squilibri dannosi per la parte debole. NOTE 1 Trib. Palermo 8.3.99 2 Più approfonditamente vedi GATT, in Ambito soggettivo di applicazione della disciplina. Il consumatore e il professionista, in NLCC II p. 845 3 Così GATT, op. ult. cit. p. 847 4 Vedi Trib. Roma 2.8.97 e Trib. Roma 22.8.97. 5 GATT, op. ult. cit. p. 847. 6 Vedi a proposito BARENGHI, in La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile. 1996; o ASTONE in Art. 1469-bis II comma in Le clausole vessatorie nei contratti con i consumatori - Commentario agli art. 1469bis - 1469-sexies, a cura di ALPA e PUGLIATTI 1996. 7 Vedi GATT, op. ult. cit. ; nello stesso senso G. DE NOVA, in Le clausole vessatorie 1996 8 SANNIA, in Art. 1469-bis comma 2, in Clausole vessatorie e contratto del consumatore a cura di CESARO 1996, p. 104 9 Vedi G. LOFFARI in I contratti in generale in Il diritto pri- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi vato nella giurisprudenza a cura di P. CENDON 2001 10 Vedi BIANCA, Istituzioni di diritto civile 2000 11 ROPPO, Clausole vessatorie (nuova normativa) in EG TRECCANI, VI, 1997. 12 ALPA e CHINE', I contratti di massa in , I contratti in generale Aggiornamento 1991-98 a cura di ALPA-BESSONE, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale BIGIAVI 1999 p. 545 13 TULLIO, in Il contratto per adesione. Tra il diritto comune dei contratti e la novella sui contratti dei consumatori 1997, p. 29. 14 GATT, op. ult. cit. 15 Confronta con Tribunale di Roma 20.10.1999 dove è ben espresso il suddetto criterio distintivo. Il presente studio tiene conto delle lezioni di diritto civile del Prof. Nicola Di Prisco dell’Università degli Studi di Napoli Federico II 7 JUS Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA LA TRASPARENZA E’ UN DOVERE NELL’ INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO DEL CONSUMATORE a cura della redazione L’articolo 1469-quater. L’art. 1469-quater riproduce letteralmente l’art. 5 della Direttiva e statuisce che: “Nel caso di contratti in cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. La disposizione di cui al secondo comma non si applica nei casi di cui all’art. 1469-sexies.” La prima notazione da farsi riguarda il rapporto tra il primo e il secondo comma dell’articolo in questione (essendo il terzo soltanto una specificazione dell’ambito di applicazione del secondo). Infatti, la sanzione alla proposizione da parte del professionista di clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile, non può essere (o per lo meno non può essere soltanto) quella di un’interpretazione più favorevole al consumatore, in quanto se questo fosse stato il fine del legislatore “la soluzione più adeguata sarebbe stata quella di inserire soltanto il secondo comma”.1 Sulla sostanziale autonomia dei principi indicati dai due commi dell’articolo in questione la studio è pressoché unanime;2 condizione che, invece, non si 8 ritrova affatto nella valutazione della sanzione che, rebus sic stantibus, è da applicarsi alla inosservanza del principio espresso dal primo comma. Il dovere di trasparenza nelle operazioni contrattuali. Il principio di trasparenza è un’applicazione del più ampio principio di buona fede (espresso dagli artt. 1337, 1366, 1375 c.c.) che permea di sé tutta la materia delle obbligazioni, e consiste nel dovere per le parti di comportarsi correttamente e di “parlar chiaro”, durante tutte le fasi dell’operazione contrattuale. Il I comma dell’art. 1469quater, proprio in attuazione di tale principio, impone al professionista di predisporre delle clausole che siano chiare e comprensibili. In merito alla chiarezza e comprensibilità, è opportuno svolgere qualche ulteriore considerazione. Si sostiene in studio che la chiarezza va riferita “ad una redazione con caratteri leggibili: la clausola non deve, come spesso accade, essere posta in micrografia allo scopo di farla passare inosservata, o di farla ritenere, sebbene onerosa, di minore importanza rispetto al testo del contratto”; invece, la comprensibilità va riferita al contenuto “formulato in modo da rendere edotto l’aderente dei propri diritti attraverso la lettura del testo”.3 Tuttavia più che distinguere i due requisiti è importante la individuazione del criterio in base al quale debbono essere valutati; occorre cioè avere riguardo ad un consumatore medio, di ordinaria diligenza, senza che significhi, però, imporre all’impresa un’attitudine didascalica a favore della parte debole. Ma, il problema che ha sollevato tanti interventi studiori non è quello della valutazione dell’obbligo che pende in capo al professionista, bensì, come abbiamo visto, quello dell’individuazione della sanzione appropriata nell’ipotesi di violazione di tale obbligo. Una parte della studio ritiene che “le clausole insuscettibili di essere comprese da un soggetto di media capacità e intelligenza devono (...) ritenersi non incluse nel contenuto del contratto, in applicazione della regola che esclude dal contenuto del contratto le condizioni generali incomprensibili, ferma restando la Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note JUS ALTIRPINIA possibilità di una loro accettazione da parte del consumatore.”4 Come si può notare da questa affermazione la regola dell’art. 1469-quater I comma è messa in relazione con quella prevista dall’art. 1341 sulla quale già la studio si era espressa a favore di una non inclusione nel contratto delle clausole non specificamente approvate per iscritto. Un’altra parte della studio ha optato, invece, per un confronto della norma in esame con i principi generali che caratterizzano il sistema dell’interpretazione negoziale, giungendo, così, alla conclusione che l’inintelligibilità della clausola varrebbe a determinare la nullità della stessa. L’art. 1469-quater così come l’art. 1469-ter II comma, sarebbero delle norme speciali rispetto ai principi generali dell’interpretazione, producendo l’effetto di elevare la soglia minima di intelligibilità quando la dichiarazione sia rivolta ad un consumatore.5 Ancora, in una diversa prospettiva, la disposizione in esame è da taluno letta in connessione con la tematica concernente la vessatorietà (e la conseguente inefficacia) delle clausole. Da un lato si sottolinea che interpretando a contrario l’art. 1469-ter II comma si deduce che la mancanza di trasparenza delle clausole attinenti alla determinazione dell’oggetto del contratto e all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, costituisce un elemento rilevante per il giudizio di vessatorietà; anche per le clausole non attinenti all’oggetto del contratto.6 Nello stesso senso c’è chi afferma che proprio nella possibilità che le clausole vengano dichiarate vessato- rie risiede la sanzione per il difet- consumatori gli strumenti per to di trasparenza.7 permettere loro di valutare il conDall’altro, c’è chi ritiene tenuto precettivo del contratto, e che la mancanza di chiarezza e di scegliere liberamente. Ma questa comprensibilità rappresenta una soluzione non sembra applicabiviolazione del principio di buona le, in quanto non solo sarebbe fede (che rappresenta uno dei troppo oneroso per i professionicriteri per la valutazione della sti, ma soprattutto il disinteresse abusività) e quindi implica, diret- dei consumatori circa la portata Frigento, La Cattedrale tamente, la vessadelle clausole contorietà della clautrattuali deriva sola.8 dalla condotta Tale interrazionale degli pretazione, però, stessi e non da secondo i sosteninegligenza o tratori della esclusioscuratezza. “Infatti ne della clausola la maggior parte dal contenuto condelle clausole contrattuale, “urta tenute nei contratti contro il rilievo che standardizzati la clausola oscura risulta sconosciuta non comporta al consumatore necessariamente proprio perché il un significativo costo di acquisisquilibrio di diritti zione dell’infored obblighi.” mazione necessaNon è di ria eccede il questo avviso una beneficio che è delle poche pronunce giurispru- ragionevole attendersi dalla condenziali sul tema: “... l’equivocità quista e metabolizzazione del e non trasparenza della clausola è dato informativo stesso.”10 essa stessa fonte di squilibrio tra Se, infatti, l’eventualità le parti ed iniquità sostanziale che i rischi contemplati dalle aggravando l’asimmetria informa- clausole abbiano a concretizzarsi tiva già presente nei contratti per è remota, i costi che il consumatore ha da sostenere per ricercaadesione...”9 Un‘altra interpretazione re un’alternativa sul mercato si proposta dalla studio muove da dimostrerebbero assai rilevanti, una valutazione della trasparen- in ragione anche della sostanziaza condotta dal- le uniformità dei modelli contratl’esterno e atti- tuali adottati sul versante dell’ofnente non già al ferta. Per questo gli operatori di profilo dell’atto, mercato non hanno interesse ad quanto a quello offrire regolamenti contrattuali dell’attività, che migliori, poiché i maggiori costi se non è impron- che ciò comporterebbe, non tata ai criteri sarebbero compensati dalla sotdella trasparenza trazione ad altri operatori di sete correttezza può tore di settori di clientela sufficomportare rime- cientemente ampi.11 di di natura risarLa conclusione di questa citoria. analisi è che “non sarebbe ragioLa proble- nevole costringere il predisponenmatica della infor- te a fornire al consumatore una mazione precon- compiuta spiegazione del signifitrattuale del consumatore cato di ciascuna clausola.” Non sembra, quindi essepotrebbe essere facilmente risolta se i professionisti fornissero ai re una scelta ragionevole quella Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 9 JUS Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA operata dalla giurisprudenza ultima che afferma invece come l’obbligo di buona fede sia fonte per il professionista di “un dovere di informativa a favore del consumatore avente ad oggetto l’esposizione dettagliata delle clausole del testo contrattuale e finalizzata a permettere al consumatore un’agevole lettura delle singole clausole.” L’interpretatio contra proferentem. L’articolo 1469-quater II comma detta una regola già nota all’ermeneutica contrattuale, per essere la stessa prevista nell’articolo 1370 c.c. La studio ha comunque chiarito che la norma di derivazione comunitaria non rappresenta un’inutile duplicazione di quella introdotta nel codice del 1942, in quanto l’ambito di applicazione è diverso. La regola prevista dall’art. 1370 ha sicuramente un ambito di applicazione soggettiva più ampio, non applicandosi – come abbiamo visto – solo ai rapporti tra professionista e consumatore; ma, dal punto di vista oggettivo ha, invece, un ambito applicativo più ristretto. Il II comma dell’art. 1469-quater, infatti, diversamente dall’art. 1370, trova applicazione anche al di fuori della contrattazione standardizzata. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente la norma in questione non rappresenta la sanzione della mancanza di chiarezza e comprensibilità delle clausole; o almeno non ne rappresenta l’unica sanzione. Il giudice, infatti, potrà sicuramente interpretare una clausola incomprensibile a favore del consumatore, ma di certo dovrà applicare una diversa sanzione, tra quelle che abbiamo analizzato nel capitolo precedente, quando la clausola risulti a lui comprensibile, non suscitando alcun “dubbio”, ma non lo sia per il consumatore 10 medio di ordinaria diligenza. Infatti i criteri espressi dalle due norme sono riferiti a soggetti diversi: la chiarezza e comprensibilità per il consumatore; il dubbio per il giudice. L’unico dubbio interpretativo, che ha suscitato l’analisi della norma in esame, è quello del valore da darsi all’espressione “nel senso più favorevole all’aderente.” In studio, infatti, sono state proposte due interpretazioni: secondo la prima la soluzione più favorevole al consumatore non deve essere per forza L’interpretazione che salva la clausola, potendo essere anche Calitri quella che la fa incorrere in un giudizio di vessatorietà e quindi la fa cadere12; dall’altro lato c’è chi ritiene che, invece, se la clausola può ricevere una interpretazione che ne escluda la abusività e una che la comporti, sia da preferire senz’altro la prima.13 Le considerazioni svolte in questo paragrafo ci portano ad affermare, insieme a parte rilevante della studio, che nella materia dei contratti con i consumatori – ma più in generale nella materia della tutela del contraente debole (vedi le considerazioni svolte nel parte II, Capitolo II) – il ruolo che devono svolgere i criteri di interpretazione oggettiva, e in particolare la regola dell’ interpretatio contra stipu- latorem, sia ben diverso da quello ad essi riservato nell’interpretazione del contratto in generale. Tale ruolo va rivalutato per il semplice motivo che in queste materie non vi è un incontro di volontà poste sullo stesso piano, anzi, l’aderente si trova in una posizione di minore forza contrattuale nei confronti del predisponente. Risulta, quindi, essere molto meno importante – se non del tutto inutile – una indagine sulla reale volontà delle parti, anche perché se il rapporto contrattuale arriva dinanzi al giudice è proprio per accertare un eventuale abuso da parte del professionista-predisponente. L’art. 1469-quater II comma costituisce proprio l’occasione per un ripensamento di tutto il sistema in modo da giungere alla conclusione che: “allorquando le clausole contenute nei contratti dei consumatori non siano negoziate si applicano le norme di interpretazione oggettive ed in particolare questa; qualora, invece siano oggetto di trattativa, valgono le regole generali sull’interpretazione del contratto.”14 L’esclusione dell’interpretatio contra proferentem nell’ambito della tutela inibitoria. Il III comma dell’articolo 1469-quater è stato introdotto dalla legge 21/12/1999 n. 526 che ha modificato gli artt. 1469-bis e ss. c.c. secondo le indicazioni proposte dalla U.E. nella procedura di infrazione mossa contro l’Italia per il cattivo recepimento della Direttiva 93/13. Nella querelle, durata per circa tre anni, con la U.E., il Governo italiano aveva già precisato come la studio e la giurisprudenza interne avessero già interpretato la norma dell’art. 1469-quater II comma nel senso che l’interpretatio contra stipulatorem non dovesse ritenersi applicabile alle ipotesi delle azioni Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note JUS ALTIRPINIA proposte dalle associazioni di categoria o dalle Camere di commercio per inibire l’uso di una clausola contenuta in un regolamento contrattuale. Le motivazioni proposte dalla studio vertevano proprio sul principio di interpretazione della normativa di recepimento alla luce della Direttiva, che conteneva all’art. 5 tale esclusione. Di più, la giurisprudenza aveva precisato che non sarebbe potuto essere invocato il disposto dell’art. 1469-quater II comma al fine di evitare l’inibitoria circa l’utilizzazione delle clausole non trasparenti, attribuendo alla clausola stessa un’interpretazione che, in quanto favorevole al consumatore, ne avesse escluso l’abusività. Infatti, tale disposizione non trova applicazione in sede di giudizio collettivo, poiché, se nell’ambito del giudizio individuale “il consumatore può far valere il suo interesse alla conservazione della pur oscura clausola in forza di un interpretatio contra proferentem”, tale principio non può invece valere nell’ambito di un giudizio collettivo ex art. 1469-sexies c.c., “il cui scopo, realizzato dall’inibitoria preventiva, è di contrastare la diffusione delle clausole abusive, potenzialmente dannose nei confronti di tutti i consumatori, anticipatamente rispetto alla loro inserzione nei contratti individuali.”15 NOTE 1 Vedi V. RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997 p. 23 2 Vedi, oltre a RIZZO, DI GIACOMO, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 11; M. BIANCA, in Diritto civile, Il contratto 2000 p.390; E. MINERVINI, in Tutela del consumatore e clausole vessatorie 1999 p. 141 3 Vedi E. DANESE, in Commento alla direttiva 93/13 sulle condizioni generali di contratto e le clausole abusive. Una prospettiva per l’attuazione nell’ordinamento interno 1997 p.446 4 BIANCA, in Diritto civile, Il contratto 2000 p.390; nello stesso senso vedi S. MASUCCI,Art. 1469-quater in La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile a cura di A. BARENGHI 1996 p. 160 5 Vedi in tal senso G. CIAN, in Il nuovo capo XIV-bis del codice civile sulla disciplina dei contratti con i consumatori in SI 1996 p. 419 6 Vedi l’interpretazione di E. MINERVINI, in Tutela del consumatore e clausole vessatorie 1999 p. 134 7 Vedi E. ROPPO, in Clausole vessatorie (nuova normati- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi va) in EG TRECCANI 1996 p. 4 8 Vedi DI GIOVANNI, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 106; nello stesso senso RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997 p. 60 9 Tribunale di Roma 21.1.2000. 10 R. PARDOLESI e A. PACCES , in Clausole vessatorie e analisi economica del diritto note in margine alle ragioni (e incongruenze) della nuova disciplina 1996 p. 405 11 Vedi la ricostruzione operata da PARDOLESI e PACCES, op. ult. cit. 12 Vedi RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997 p. 95 13 Vedi DI GIOVANNI, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 86 14 E. MINERVINI op. ult. cit. ; nello stesso senso ALPA e BESSONE, in I contratti in generale,in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale 1998 BIGIAVI p. 450 15Tribunale di Roma 21.01.2000 11 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA E’ COMPETENTE L’A.G.O. NELL’AZIONE PER IL RISARCIMENTO DEI DANNI DA OCCUPAZIONE USURPATIVA RIF. NORM. L. N.2359/865; L. N.662/996; L. N.865/971; L. N.359/992; C.C. N.2043; 2055; MASSIMA IN CASO DI MANCATA FISSAZIONE DEI TERMINI (O DELLA LORO INUTILE SCADENZA), L’APPRENSIONE DEL FONDO DEL PRIVATO E LA SUA INTEGRALE TRASFORMAZIONE, NON POSSONO RICONDURSI AD UNA VALIDA E PERDURANTE D.P.U. PER CUI NON INTEGRANO AFFATTO COMPORTAMENTO ESPRESSIVO DI ESERCIZIO DI POTERE AMMINISTRATIVO, COME TALE RIENTRANTE NELL’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA EX ART. 34 D.LGS. 80/1998. LA C.D. OCCUPAZIONE USURPATIVA, IL CUI PRESUPPOSTO È LA MANCANZA IN RADICE DELLA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ, ESULA DALLA MATERIA ESPROPRIATIVA RIENTRANDO TRA I COMUNI FATTI ILLECITI PERMANENTI DISCIPLINATI DALL’ART. 2043 C.C. RESTANO ESCLUSI DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA COMPORTAMENTI P.A. NON COLLEGATI AD ALCUNA UTILITÀ PUBBLICA FORMALMENTE DICHIARATA, O PER MANCANZA AB DELLA INITIO DELLA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ O PERCHÉ QUESTA È VENUTA MENO IN SEGUITO AD ANNULLAMENTO DELL’ATTO IN CUI ESSA ERA CONTENUTA O PER SCADENZA DEI RELATIVI TERMINI. IN CASO DI OCCUPAZIONE USURPATIVA, NON È APPLICABILE, QUANTO ALLA LIQUIDAZIONE DEI DANNI, LO IUS SUPERVENIENS DI CUI AL COMMA 7 BIS DELL’ART. 5 BIS LEGGE N. 359 DEL 1992, ATTESO CHE IL RIFERIMENTO LEGISLATIVO ALLE “OCCUPAZIONI ILLEGITTIME DI SUOLI PER CAUSA DI P.U.” ESPRIME PUR SEMPRE UN COLLEGAMENTO TELEOLOGICO CON LE FINALITÀ PERSEGUITE A MEZZO DELLA PROCEDURA ESPROPRIATIVA, COLLEGAMENTO LEGITTIMAMENTE PREDICABILE NEL SOLO CASO DI OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA. PERTANTO IL RISARCIMENTO, SGANCIATO DALLA LOGICA ESPROPRIATIVA, SEGUE LA REGOLA GENERALE DELLA INTEGRALITÀ DELLA RIPARAZIONE E DELLA EQUIVALENZA DEL PREGIUDIZIO CAGIONATO AL DANNEGGIATO, E, IMPONENDO UNA VALUTAZIONE ISPIRATA A CRITERI DI CONCRETEZZA, VA COMMISURATO AL VALORE DI MERCATO DEL BENE. TRIBINALE DI SANT’ANGELO DEI LOMBARDI – SENTENZA 15 MAGGIO 2004 G.M. DOTT. G. IANNARONE (omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione in data 16 ottobre 1998, V. M. e F. F. convenivano in giudizio il Comune di S. Angelo dei Lombardi e l’I.A.C.P. di Avellino esponendo che il primo era proprietario dei terreni siti nel territorio del predetto ente, alla località “Fontana Piccola” individuati in catasto alla partita I2902, foglio 29, p.lle 32, 144, 145 e 146 ed alla partita 4II, foglio 29, p.lla 188; con delibera n. 3239 dell’8 aprile 1986 il Consiglio Regionale aveva approvato un programma straordinario di edilizia residenziale da realizzarsi nel citato Comune; 12 con delibera n. 34 del 17 marzo 1986 pertanto il Consiglio Comunale di S. Angelo dei Lombardi approvava il progetto dei lavori di insediamento di edilizia economica e popolare e, con delibera di G.M. n. 109 del 10 febbraio 1987, l’ente convenuto si impegnava ad occupare le aree ed a pervenire alla loro espropriazione entro 30 mesi dall’occupazione e a terminare i lavori entro 5 anni dalla data di esecutività della delibera di assegnazione definitiva dell’area; ancora, con delibera di C.C. n. 28 del 27 febbraio 1987, venivano localizzate le aree necessarie alla realizzazione dell’intervento; con decreto sindacale n. 3 del 18 febbraio 1987 veniva disposta l’occupazione temporanea in via di urgenza delle stesse; successivamente veniva approvata la relazione di stima dell’UTE che prevedeva un valore dell’area pari a £ 42.215 al mq; tuttavia la proposta transazione non veniva perfezionata per cui residuavano l’occupazione illegittima, in mancanza di emissione del decreto di esproprio, e l’irreversibile trasformazione del bene per effetto della costruzione dell’opera pubblica. In punto di diritto affermavano Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA gli attori non potersi applicare il termine lungo di anni 18 previsto dalla disciplina in materia avendo la P.A. fissato i termini per i lavori e le espropriazioni in applicazione dell’art. 13 l. 2359 del 1865; ne derivava la caducazione d e l l a dichiarazione di pubblica utilità e quindi la configurabilità di un mero illecito permanente con conseguente inapplicabilità dei criteri limitativi di liquidazione del danno di cui all’art. 3, comma 65, l. 662 del 1996; in subordine, in caso di ritenuta verificazione di una ipotesi di occupazione appropriativa chiedevano il risarcimento del danno. Si costituiva il Comune di S. Angelo dei Lombardi che preliminarmente eccepiva il difetto di legittimazione passiva essendo obbligato al risarcimento solo l’I.A.C.P. quale ente realizzatore dell’opera pubblica; in subordine eccepiva il difetto di prova in ordine al mancato rispetto dei termini fissati nella delibera n. 109 del 1987 e quindi sulla caducazione della dichiarazione di pubblica utilità che comunque era stata preceduta dalla integrale realizzazione dell’opera; essendosi quindi realizzata l’occupazione appropriativa doveva ritenersi prescritto il diritto degli attori ad ottenere il risarcimento del danno; in via gradata eccepiva la natura agricola del terreno. Per il caso di soccombenza agiva nei confronti dell’I.A.C.P. chiedendo di essere tenuto indenne essendosi l’ente obbligato alla sopportazione dei costi per l’acquisizione delle aree. Si costituiva altresì l’I.A.C.P. che, “ in via preliminare, eccepiva il la Suprema Corte (Cass. civ. Ord., difetto di legittimazione passiva Sez.un., 06/06/2003, n.9139, in essendo il Comune l’unico legitti- Foro Amm. CDS, 2003, 1827) affermato in qualità di ente espro- ma la giurisdizione dell’A.G.O.; la priante avendo altresì l’istituto seconda ipotesi rientra invece rifiutato la delega per il compi- nell’ambito della giurisdizione mento delle espro- esclusiva del G.A. in materia urbanistica (Cons. Stato, Sez.VI, priazioni; eccepiva poi la pre- 04/04/2003, n.1768, in Foro Amm. scrizione del diritto CDS, 2003, 1352; Corte Cost., vantato in quanto 16/04/2002, n.123, in Giur. Costit., l’occupazione legitti- 2002, 963; T.A.R. Puglia Bari, ma era scaduta il Sez.II, 11/01/2002, n.167, in Foro 18/2/1992 mentre la Amm. TAR, 2002, 227; Trib. 06/05/1999, in citazione era stata Palermo, notificata solo in data Urbanistica e appalti, 1999, 950; T.A.R. Campania Napoli, Sez.V, 20/10/1998. Infine eccepiva il 17/12/2001, n.5476, in Foro Amm., difetto di legittima- 2001, 3307). zione attiva in capo Si tratta allora di individuare il vizio dal quale è affetto l’esperito agli attori. Nelle note depositate il 30/12/99 procedimento ablatorio, e la gli attori ribadivano la tesi del dichiarazione di pubblica utilità carattere permanente dell’illeci- in particolare; se esso cioè sia to, con conseguente dedotta tale da determinarne la nullità infondatezza dell’eccezione di ovvero la mera annullabilità; in prescrizione; in via subordinata questo secondo caso infatti, non deducevano che comunque il essendo la D.P.U. stata né impuComune, approvando la proposta gnata né annullata in sede giuritransattiva, con delibera n. 318 sdizionale amministrativa, la del 1994, aveva riconosciuto il stessa non potrebbe ritenersi loro diritto con ciò interrompen- caducata; con l’ulteriore conseguenza che l’unico vizio riscondo il corso della prescrizione. Nel corso del giudizio veniva trabile risiederebbe nella mancata emanazione del decreto di disposta CTU. All’udienza del 21.10.2002 veniva espropriazione. Si configurerebbe in tal caso sollevata eccezioSan Francesco, Montella l’ipotesi della ne di difetto di giuoccupazione risdizione. appropriativa All’udienza del 2 rientrante nella febbraio 2004 le giurisdizione parti rassegnavano del G.A. (Corte le conclusioni in Cost. Ord., epigrafe riportate 16/04/2002, per cui la causa n.123 cit.). veniva riservata in Al riguardo sendecisione alla scaz’altro fondata denza dei termini risulta la ricodi cui all’art. 190 struzione, in fatto e in diritto, c.p.c. operata dall’attore. MOTIVAZIONE Al fine di affrontare e risolvere la Dalla documentazione dallo stesquestione di giurisdizione, logi- so prodotta emerge infatti che il camente preliminare, occorre Comune di S. Angelo dei partire dalla qualificazione della Lombardi, al momento della indipresente vicenda ablatoria in ter- viduazione delle aree per l’insemini di occupazione usurpativa diamento di edilizia residenziale ovvero appropriativa. pubblica, era privo del P.E.E.P. E’ noto infatti che nel primo caso per cui ricorse, ex art. 51 l. ...occupazione appropriativa rientrante nella giurisdizione del G.A. ... “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 13 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 865/1971, alla localizzazione delle aree con la delibera del Consiglio Comunale n. 28 del 27/2/1987 (Approvazione localizzazione area “Fontana Piccola” da assegnare all’I.A.C.P.) nella quale espressamente si legge: “non disponendo di un P.d.Z. vigente per le aree 167, indichiamo, stralciandola dal P.R.G., l’area in cui l’I.A.C.P. dovrà operare redigendo l’apposito progetto, con le prescrizioni tecniche delle norme di attuazione dello strumento generale”. Pertanto perfettamente calzante al caso di specie è la giurisprudenza citata da parte attrice secondo cui la delibera di approvazione di programmi costruttivi ex art. 51, l. n. 865 del 1971 (cosiddette localizzazioni) deve indicare i termini di cui all’art. 13, I. n. 2359 del 1865 (inizio e fine delle espropriazioni e dei lavori) perché non si applica ai detti programmi l’art. 9, comma 1 della l. n. 167 del 1972, che, per i piani di edilizia economica e popolare, fa discendere i termini direttamente dalla legge (Cons. Stato, Ad. Plen., 20/12/2002, n.8, in Giornale Dir. Amm., 2003, 485). Ciò in quanto, a differenza della delibera di approvazione del P.E.E.P., la cui efficacia è temporalmente delimitata ai sensi dell’art. 9, comma 1, l. cit. quella avente ad oggetto il programma costruttivo di cui all’art. 51 l. n. 865 del 1971 si presenta ad efficacia temporalmente illimitata, pertanto la stessa deve indicare esplicitamente i termini di inizio ed ultimazione degli espropri e dei lavori, dovendosi ritenere operante nella relativa fattispecie la norma, dalla valenza residuale, di cui all’art. 13 l. n. 2359 del 1865. Ed infatti il provvedimento di localizzazione di un intervento di edilizia residenziale, di cui all’art. 51 l. 22 ottobre 1971 n. 865, comporta la dichiarazione di pubbli- ca utilità del programma costruttivo e deve pertanto contenere la previsione dei termini iniziali finali della procedura espropriativa e dell’esecuzione dei lavori (T.A.R. Campania Napoli, Sez.IV, 11/09/2002, n.4836, in Foro Amm. TAR, 2002; Cons. Stato, Sez.IV, 01/08/2001, n.4214, in Foro Amm., 2001, 1946). Ne deriva che, non contenendo la delibera di C.C. n. 28/1987 alcuna prefissione di termini, la stessa deve ritenersi viziata, salvo poi a vedere la natura del vizio dal quale la stessa è affetta (nullità radicale ovvero illegittimità), “ ne per la conclusione della procedura espropriativa (30 mesi dalla occupazione delle aree). Ciò in quanto l’art. 51 cit. prevede che la delibera di localizzazione, implicante D.P.U., venga emanata dal Consiglio Comunale per cui la stessa non può essere successivamente integrata, ove carente di elementi essenziali, con una delibera di Giunta Municipale, organo privo di ogni potere al riguardo. Inoltre la delibera di G.M. n. 109/1987 si è limitata a fissare i termini ex art. 35, comma 8, lett. d) l. 865/1971, relativi alla convenzione con l’I.A.C.P., che nulla hanno a che vedere con i termini ex art. 13 l. 2359/1865 previsti a pena di invalidità della D.P.U. Per questo, con notevole acume giuridico, parte attrice ha focalizzato l’attenzione, in sede di comparsa conclusionale, sulla delibera n. 28/1987 (“oggetto del presente giudizio è la delibera del consiglio comunale di S. Angelo dei Lombardi 27 febbraio 1987 n. 28, avente ad oggetto la localizzazione delle aree”: cfr. comparsa conclusionale pag. 3). A ciò si aggiunga che, in base alla documentazione prodotta dall’attore, anche il termine finale per la esecuzione dei lavori risulta essere stato superato per cui comunque si perviene, sebbene per altra via, alla affermazione della caducazione della D.P.U. in base all’orientamento giurisprudenziale a mente del quale la scadenza del termine finale di compimento dell’opera determina la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e, di conseguenza, la perdita del potere espropriativo (Cons. Stato, Sez.IV, 28/12/2001, n.6435, in Riv. Giur. Edil., 2002, I, 734; Cass. civ., Sez.I, 22/03/2001, n.4088, in Urbanistica e appalti, 2001). Nè può prendersi in considera- ... la delibera di approvazione di programmi costruttivi ex art. 51, l. n. 865 del 1971 (cosiddette localizzazioni) deve indicare i termini di cui all'art. 13, I. n. 2359 del 1865 ... “ 14 questione che incide sulle tematiche della giurisdizione, della prescrizione del diritto vantato dall’attore, della legittimazione passiva dei convenuti e dell’ammontare del risarcimento nonché dei relativi criteri di liquidazione. In merito va aggiunto che l’omissione della indicazione dei termini di cui all’art. 13 l. 2359/1865, non può ritenersi validamente sanata dalla successiva delibera di G.M. n. 109/1987 che ha fissato i termini di inizio e fine dei lavori (rispettivamente due anni dalla delibera di assegnazione definitiva dell’area o nel minor tempo derivante dalla concessione ad edificare e dalle norme Statali o Regionali sull’attuazione degli interventi di Edilizia Residenziale Pubblica e cinque anni con le medesime decorrenze) e il termi- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA zione la delibera di C.C. n. 34 del 17 marzo 1986 con la quale venne approvato il progetto dei lavori di insediamento la quale, potendo integrare dichiarazione di pubblica utilità implicita, ben potrebbe contenere l’indicazione dei termini. Ed infatti l’esistenza di tale delibera è stata meramente affermata da parte attrice mentre le altre parti, alle quali astrattamente avrebbe potuto giovare, non l’hanno prodotta. Si tratta allora di vedere, sia per il caso di omessa fissazione dei termini che di loro scadenza, quale natura abbia il vizio che affligge il procedimento espropriativo e quali siano le conseguenze sulla tutela del privato. E’ noto a questo Giudice che, soprattutto di recente, a fronte di un orientamento della Suprema Corte che ravvisa nei summenzionati casi altrettante ipotesi di carenza di potere in concreto, con conseguente nullità dell’intero procedimento, per l’inesistenza originaria o la successiva caducazione della D.P.U., con tutte le discendenti implicazioni in tema di giurisdizione e prescrizione del diritto, il Consiglio di Stato ritiene invece sussistere una mera illegittimità della D.P.U. o dei provvedimenti ablatori emanati dopo la scadenza dei termini, con la conseguenza che il privato deve esperire, nel breve termine di decadenza di 60 giorni, il ricorso giurisdizionale innanzi al T.A.R., potendo solo all’esito del suo accoglimento, in virtù della c.d. pregiudizialità amministrativa, agire per il risarcimento del danno (Cons. Stato, Sez.IV, 11/07/2001, n.3880, in Foro Amm., 2001, f. 7-8; Cons. Stato, Sez.IV, 07/03/2001, n.1315, in Foro Amm., 2001, 355; Cons. Stato, Sez.IV, 07/12/2000, n.6512, in Foro Amm., 2000, f.12). Ha di recente affermato il Consiglio di Stato, nel suo supremo consesso, che: “l’omissione dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori comporta l’annullabilità, e non la nullità, della dichiarazione di pubblica utilità; pertanto non determina carenza di potere rispetto ai successivi atti espropriativi” (Cons. Stato, Ad. Plen., 26 marzo 2003 n. 4, in Foro It., 2003, III, 433). Evidenti sono le conseguenze dei due diversi orientamenti in relazione al caso che ci occupa. Ed infatti, secondo la tesi della Suprema Corte, in caso di mancata fissazione dei termini (o della loro inutile scadenza), l’apprensione del fondo del privato e la Montella il castello sua integrale trasformazione, non possono ricondursi ad una valida e perdurante D.P.U. per cui non integrano affatto comportamento espressivo di esercizio di potere amministrativo, come tale rientrante nell’ambito della giurisdizione esclusiva ex art. 34 D.lgs. 80/1998. Ricorre secondo questa prospettiva una ipotesi di c.d. occupazione usurpativa che, presupponendo la mancanza in radice della dichiarazione di pubblica utilità, esula dalla materia espropriativa rientrando tra i comuni fatti illeciti permanenti disciplinati dall’art. 2043 c.c. Essa risulta compatibile con il diritto del cittadino ad una tutela reale, che si attua con la restituzione dell’area (anche se utilizzata per opere pubbliche), mentre l’occupazione appropriativa Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi comporterebbe l’acquisizione del bene nella titolarità della P.A. Così, nella prospettiva dell’originario criterio di riparto della giurisdizione, si è affermato che un’esproprio, se non preceduto da un provvedimento che abbia indicato i termini di cui all’art. 13 l. n. 2359 del 1865, deve ritenersi pronunciato da un’autorità priva del potere di emetterlo e ciò anche nel caso di dichiarazione di pubblica utilità implicita come quella derivante dall’approvazione di un piano di edilizia popolare ed economica; pertanto, il diritto del proprietario non degrada a interesse legittimo ed è il giudice ordinario che deve conoscere della domanda di risarcimento del danno formulata dal privato per l’illegittima occupazione del terreno di sua proprietà (Cass. civ., Sez.un., 19/07/1999, n.460, in Mass. Giur. It., 1999; Cass. civ., Sez.un., 11/11/1998, n.11351, in Foro It., 1999, I, 2616). Ciò in quanto, secondo il ragionamento della Suprema Corte, la cosiddetta occupazione acquisitiva non si realizza nell’ipotesi in cui la dichiarazione di pubblica utilità manchi, ovvero debba ritenersi giuridicamente inesistente (come nei casi in cui essa sia stata annullata dal giudice amministrativo, o sia carente dei suoi caratteri essenziali tipici, fra i quali la prefissione dei termini richiesti dall’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 per il compimento delle espropriazioni e dei lavori), o, ancora, sia divenuta inefficace, ex art. 1, comma 3, della legge n. 1 del 1978, per mancato avvio della realizzazione delle opere nel triennio successivo all’approvazione del progetto, configurandosi in tal caso solo una mera occupazione - detenzione illegittima dell’immobile privato, inquadrabile nella responsabilità ex art. 2043 c.c., con le necessarie implicazioni sia in punto di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dalla permanenza della illecita occupa- 15 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA zione, sia in punto di esperibilità delle azioni reipersecutorie a tutela della non perduta proprietà del bene, potendo tale tutela trovare ostacolo solo nella eccessiva onerosità della reintegrazione in forma specifica (art. 2058, comma 2, c.c.), nonchè nel pregiudizio arrecato dalla distruzione dell’opera alla economia nazionale (art. 2933, comma 2, c.c.), con conseguente possibilità per l’interessato di scegliere di abbandonare l’immobile danneggiato all’amministrazione occupante ed ottenerne in cambio l’integrale risarcimento del danno per la perdita definitiva del bene; in tale ipotesi, solo con il suddetto atto abdicativo del proprietario del fondo cessa il dovere dell’amministrazione di porre fine alla cennata situazione permanente di antigiuridicità, ed inizia a decorrere il termine prescrizionale dell’azione risarcitoria (Cass. civ., Sez.I, 12/12/2001, n.15710, in Mass. Giur. It., 2001). Posto dunque che la mancata prefissione dei termini comporta carenza di potere espropriativo e quindi il mancato perfezionarsi della fattispecie acquisitiva, in capo alla P.A., del bene che rimane di proprietà del privato, sebbene ablato di ogni possibilità di godimento dello stesso, con conseguente configurabilità di un illecito permanente, la giurisdizione del G.O. in simili casi, è stata affermata anche con riferimento ai nuovi criteri di riparto introdotti dal d.lgs. 80/1998 che hanno appunto previsto una ipotesi di giurisdizione in ordine ad ogni comportamento, anche meramente materiale della P.A., nella materia urbanistica. Si è infatti affermato che l’acquisto a favore della P.A. di un bene “ immobile, occupato e irreversi- pativa - nelle quali, mancando bilmente trasformato a seguito una valida e perdurante dichiaradell’esecuzione di un’opera pub- zione di pubblica utilità dell’opeblica (in mancanza del decreto di ra in ragione della quale è stata esproprio), si determina soltanto disposta l’occupazione di un qualora l’opera sia funzionale a fondo, non si realizza il fenomeno una destina- della cosiddetta accessione zione pubbli- invertita, ma soltanto un fatto cistica, e ciò illecito generatore di danno - susavviene solo siste la giurisdizione del giudice per effetto di ordinario, non essendo tali fattiuna dichiara- specie in alcun modo riconducizione di pub- bili all’esercizio di un potere blica utilità amministrativo in materia urbaformale o con- nistica (Cass. civ., Sez.un., nessa a un 06/06/2003, n.9139, in Guida al atto ammini- Diritto, 2003, 39, 53). strativo che, Pertanto, in estrema sintesi, le per legge, pro- cadenze argomentative della tesi duca tale effet- sostenuta dalla Suprema Corte, to. Restano sono le seguenti: esclusi dall’ambito di applicazio- 1)la mancata prefissione dei terne dell’occupazione appropriati- mini ex art. 13 l. 2359/1865 inteva comportamenti della P.A. non gra nullità della D.P.U. e quindi collegati ad alcuna utilità pubbli- inesistenza del potere espropriaca formalmente dichiarata, o per tivo; mancanza ab initio della dichiara- 2)in simili casi residua un mero zione di pubblica utilità o perché comportamento materiale che questa è venuta meno in seguito non costituisce affatto espressioad annullamento dell’atto in cui ne di esercizio di potere amminiessa era contenuta o per scaden- strativo in materia urbanistica za dei relativi termini. Ciò in per cui la cognizione dello stesso quanto non tutti i comportamen- non rientra nell’ambito della giuti implicanti un uso del territorio risdizione esclusiva ex art. 34 sono riconducibili alla materia d.lgs. 80/1998; urbanistica, ma solo quelli che, 3) in mancanza di valida D.P.U., Frigento, Casolare esprimendo che funzionalizl’esercizio za la realizzaziodi un potere ne delle opere al amministrasoddisfacimento tivo, siano di un fine pubblicollegati ad co, non può veriun fine pubficarsi alcun blico o di effetto acquisitipubblico vo in capo alla interesse P.A. per cui il prilegalmente vato rimane prodichiarato; prietario del in difetto di fondo e ne ciò, si è al di fuori dell’ambito potrebbe ottenere la restituzione applicativo della riserva di giuri- nonostante la intervenuta costrusdizione in favore del giudice zione di un’opera pubblica; amministrativo, prevista dall’art. 4) l’illecito della P.A. è di caratte34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, re permanente concretandosi nel testo sostituito dall’art. 7 nella ablazione di ogni facoltà di della legge 21 luglio 2000, n. 205. godimento del fondo in danno di Ne consegue che nelle controver- colui che ne rimane proprietario; sie aventi ad oggetto fattispecie 5) qualora il privato non preferidi occupazione cosiddetta usur- sca ottenere la restituzione del ... fattispecie acquisitiva in capo alla P.A. per effetto dell'irreversibile trasformazione del bene ... “ 16 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA “ bile trasformazione del bene; 5) trattandosi di illecito istantaneo da quel momento decorre il termine di prescrizione; 6) si applica l’art. 5 bis l. 359/1992. Ciò posto ritiene il Giudicante, in conformità al disposto dell’art. 65, comma 1, 30/1/1941 n. 12 (a mente del quale la Corte di Cassazione assicura il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni) e dell’art. 111, ultimo comma, Cost., debba aderirsi alla tesi della Suprema Corte, della nullità della D.P.U. priva della fissazione dei termini ex art. 13 l. 2359/1865, per le conseguenze che essa comporta appunto in tema di giurisdizione. Ne deriva che, nel caso di specie, ricorre una ipotesi di c.d. occupazione usurpativa, e non di occupazione appropriativa. La conseguente carenza del potere espropriativo determina l’illegittimità ab origine dell’occupazione d’urgenza e l’illiceità permanente dell’opera pubblica. Quest’ultima, oltre a legittimare la richiesta di restituzione del bene, impedisce - conformemente alla decisione della Corte di Strasburgo nell ’ a f f a r e Carbonara e Ventura vs. Italia - la decorrenza del termine prescrizionale dell’azione di risarcimento, che il privato ritenga di proporre, abdicando implicitamente alla proprietà. Respinte quindi le eccezioni di difetto di giurisdizione e di prescrizione occorre esaminare gli altri profili relativi alla determinazione dei criteri di liquidazione del danno ed alla individuazione ... l’illecito della P.A. è di carattere permanente ... “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi “ del soggetto passivamente legittimato rispetto alla domanda risarcitoria. Quanto al primo aspetto occorre partire dalla qualificazione dell’illecito perpetrato dalla P.A. come illecito permanente consistente nella privazione di ogni possibilità di godimento del bene, che continua ad appartenere al privato, per effetto della sua occupazione e della sua irreversibile trasformazione. Ne consegue che il proprietario, fino a quando rimane tale, ha diritto ad una somma per l’illecita occupazione del fondo che ben può essere calcolato con lo stesso criterio utilizzato per la liquidazione della indennità di occupazione (pari agli interessi legali sul valore del bene, sulla cui determinazione cfr. infra) con la precisazione però che, a differenza di questa che integra debito di valuta (Cass. civ., Sez.I, 06/11/1998, n.11158, in Mass. Giur. It., 1998) si tratta di una somma dovuta a titolo di risarcimento del danno che, come tale, costituisce debito di valore. In secondo luogo il proprietario avrà diritto al risarcimento del danno per la perdita definitiva della proprietà del fondo nel momento in cui, abdicando alla stessa, propone la relativa domanda . Ed infatti l’acquisizione del bene alla mano pubblica, nel caso in esame, non consegue automaticamente (come nell’occupazione appropriativa) all’irreversibile trasformazione di esso, ma è logicamente e temporalmente successiva, e dipende da una scelta del proprietario usurpato che, rinunciando implicitamente al diritto dominicale, opta per una tutela (integralmente) risarcitoria in luogo della (pur possibile) tutela restitutoria. ... sussiste la giurisdizione esclusiva del G. A. ... “ fondo, previa riduzione in pristino (che potrebbe essere evitata in quanto eccessivamente onerosa per il debitore ovvero pregiudizievole per l’economia nazionale), può chiedere il risarcimento del danno abdicando in tal modo esplicitamente al diritto di proprietà; 6) non verificandosi una ipotesi di occupazione appropriativa non può trovare applicazione, nella liquidazione del danno, il criterio riduttivo di cui all’art. 3, comma 65, l. 662/12996. A soluzione esattamente opposte porta invece la tesi sostenuta dal Consiglio di Stato, secondo cui la mancata prefissione dei termini determina mera illegittimità della D.P.U. e pertanto, non comporta carenza di potere rispetto ai successivi atti espropriativi. In base a tale tesi infatti: 1) la D.P.U., in quanto meramente illegittima, è pienamente efficace ed imperativa, finchè non venga impugnata ed annullata; il ricorso giurisdizionale può essere proposto nel termine di decadenza di gg. 60; 2) sia gli atti che i comportamenti posti in esecuzione della stessa, per quanto illegittimi, devono considerarsi esercizio di potere amministrativo in materia urbanistica e pertanto rientrano a pieno titolo nell’ambito dell’art. 34 d.lgs. 80/1988; conseguentemente sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A.; 3) davanti al G.A. la domanda risarcitoria può essere proposta solo se sia stato impugnato tempestivamente il provvedimento lesivo e può essere accolta solo se tale provvedimento sia stato annullato; 4) qualora non venga emesso il decreto di esproprio si realizza la fattispecie acquisitiva in capo alla P.A. per effetto dell’irreversi- 17 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA Per il calcolo di entrambe le voci risarcitorie occorre quindi determinare il valore del fondo. Al riguardo la giurisprudenza è del tutto pacifica nel riconoscere che, in caso di occupazione usurpativa, non è applicabile, quanto alla liquidazione dei danni, lo ius superveniens di cui al comma 7 bis dell’art. 5 bis legge n. 359 del 1992, atteso che il riferimento legislativo alle “occupazioni illegittime di suoli per causa di P.U.” esprime pur sempre un collegamento teleologico con le finalità perseguite a mezzo della procedura espropriativa, collegamento legittimamente predicabile nel solo caso di occupazione appropriativa, con la conseguenza che vengono meno le ragioni, evidenziate anche dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost. 30 aprile 1999 n. 148) per derogare alla regola generale di integralità della riparazione ed equivalenza del pregiudizio cagionato al danneggiato (Cass. civ., Sez.I, 16/05/2003, n.7643, in CED Cassazione, 2003; Cass. civ., Sez.I, 28/03/2001, n.4451, in Mass. Giur. It., 2001; Cass. civ., Sez.I, 30/01/2001, n.1266, in Mass. Giur. It., 2001). Pertanto il risarcimento, sganciato dalla logica espropriativa, segue la regola generale della integralità della riparazione e della equivalenza del pregiudizio cagionato al danneggiato, e, imponendo una valutazione ispirata a criteri di concretezza, va commisurato al valore di mercato del bene. La necessitata rinuncia alla proprietà del fondo, che consegue all’occupazione in cui sia stata perpetrata la radicale trasformazione con perdita dell’identità fisica e giuridica del bene, trae origine da comportamento illecito dell’occupante, 18 che crea diritti risarcitori: trat- di carattere tecnico e tiene conto tandosi di obbligazione di valore, della ubicazione del fondo, immein cui va tradotto in moneta, per diatamente a ridosso del centro equivalente, il valore del bene al urbano, sito in zona di espansiomomento del fatto (aestimatio), e ne edilizia. Del resto, a norma la risultante somma sottoposta a dell’art. art. 51, comma 1, l. rivalutazione fino alla data della 865/1971 condizione essenziale sentenza (taxatio), sulla rivaluta- della localizzazione prevista dalta somma unitaria, comprensiva l’art. 51 l. n. 865 del 1971 è la della perdita del destinazione residenziale delle bene e degli inte- aree, già oggetto di previsione da ressi per il manca- parte del P.R.G. (Cons. Stato, to godimento Sez.IV, 29/08/2002, n.4341, in Foro prima della perdi- Amm. CDS, 2002, f. 8). Ed infatti, ta del bene, posso- secondo le previsioni del P.R.G. no riconoscersi, all’epoca vigente i terreni occuquale lucro ces- pati ricadevano in zona territosante (che deve riale “C” – Residenziale di espanessere oggetto di sione”. prova, anche A ciò si aggiunga che il valore ricorrendo a pre- determinato in C.T.U. è addirittusunzioni sempli- ra inferiore ritenuto congruo ci), gli interessi dall’UTE nella valutazione del non necessariamente commisu- 30/12/1994 che, nonostante l’aprati al tasso legale, mediante l’uti- plicazione dell’art. 5 bis l. lizzo di criteri equitativi, e com- 359/1992, pervenne ad una stima putati con riferimento ai singoli pari a £ 40.350 al mq. momenti riguardo ai quali la Ne deriva che, a quella data, il somma equivalente al bene per- fondo aveva un valore di £ 41.417 duto si incrementa nominalmen- al mq per complessive £ te, per effetto dei prescelti indici 150.757.880. di valutazione, ovvero in base ad Pertanto, stando ai suindicati criun indice medio. teri di liquidazione, occorrerebPertanto, passando a liquidare la be, per il ristoro della illegittima prima voce di occupazioSant’Angelo dei Lombardi, il Goleto danno (consene dalla guente allo data di spossessamenapprensione to e quindi alla del bene perdita di ogni fino al paspossibilità di saggio della godimento proprietà in dello stesso), capo alla occorre partire P.A. (che dal valore venaavviene con le del fondo alla la proposidata del 31 zione della marzo 1987 in domanda) cui avvenne calcolare su l’occupazione tale cifra, dello stesso. per il primo Al riguardo è anno (dal senz’altro possibile assumere a 1987 al 1988) la somma dovuta a base del calcolo il valore del titolo di interessi legali (pari £ fondo accertato in CTU in £ 7.537.894). Tale somma, dovuta 56.000 al mq con riferimento al 13 al 18/2/1988, costituendo per le luglio 1992. ragioni suesposte, debito di valoLa valutazione infatti risulta sor- re dovrebbe essere rivalutata alla retta da adeguate considerazioni attualità (per cui, in applicazione Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA degli indici ISTAT, essa equivale a £ 13.541.826). Inoltre sulla somma originaria, via via rivalutata, dovrebbero essere calcolati i c.d. interessi compensativi che vanno appunto a compensare quella ulteriore voce di danno costituita dalla mancata disponibilità della somma medio tempore. Essi, in difetto di prova di un danno ulteriore, vanno calcolati ad un tasso medio equitativo che tenga conto del differenziale tra la redditività media del denaro nel periodo di riferimento. La somma ulteriore a tale titolo calcolata andrebbe dunque sommata alla somma rivalutata (£ 13.541.826) ottenendosi in tal modo la somma finale che rappresenta il risarcimento del danno, rivalutato alla attualità e comprensivo degli interessi compensativi, per il mancato godimento del fondo nel periodo che va dal 18/2/1987 al 18/2/1988. La medesima operazione dovrebbe poi essere eseguita per ciascuno degli anni successivi. Tuttavia in tal modo si perverrebbe ad un risultato superiore rispetto alla domanda dell’attore che, pur avendo correttamente inquadrato la vicenda come occupazione usurpativa, non ne ha tratto le logiche conseguenze in tema di criteri per la liquidazione del danno. Lo stesso ha infatti richiesto il pagamento “dell’indennità di occupazione legittima, nella misura degli interessi legali sul valore del bene, pari a £ 203.840.000, con decorrenza dal 18 febbraio 1987 all’11 novembre 1991, con gli ulteriori interessi legali dalla scadenza di ciascuna annualità al soddisfo”. Evidente è dunque l’errore in cui è incorso l’attore; da un lato infatti, nel caso di specie, non può proprio parlarsi di occupazione legittima neppure per il periodo di vigenza del relativo decreto di occupazione; dall’altro il risarcimento del danno (e non l’indennità) per il periodo di occupazione non può fermarsi al momento della scadenza del relativo decreto (da ritenersi tamquam non esset in assenza di valida D.P.U.) ma è dovuto fino a quando l’illecita occupazione permanga e cioè fino al momento in cui, con la proposizione della domanda di risarcimento e la connessa abdicazione al diritto di proprietà il bene passa nel patrimonio della P.A. che cessa di detenerlo abusivamente. “ soddisfo; € 7895,59 per il periodo che va dal 18/2/1991 al 11/11/1991, oltre interessi legali dal 12/11/1991 al soddisfo. Diverso discorso invece deve farsi per il danno derivante da perdita della proprietà in quanto l’applicazione del criterio indicato dall’attore porta ad un risultato superiore rispetto a quello derivante dal criterio corretto suindicato. Ed infatti l’attore ha chiesto la somma di £ 203.840.000 con la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale dall’11/4/1991 (data della irreversibile trasformazione del bene) fino alla sentenza. In realtà la irreversibile trasformazione del bene (fatta risalire all’11 aprile 1991) nell’ottica della occupazione usurpativa è del tutto indifferente in quanto il privato, ciononostante, continua a rimanere proprietario del bene per cui fino alla perdita della proprietà (che si ha con l’abdicazione al diritto insita nella proposizione della domanda) continua ad aver diritto (ove abbia proposta apposita ed idonea domanda) al risarcimento del danno per illecita occupazione. Ne deriva che occorre determinare il valore del fondo al momento della proposizione della domanda (28 ottobre 1998). Sempre sulla base della C.T.U., ed in considerazione dell’incremento di valore registrato tra la data della valutazione (13/7/1992) e quella del trasferimento del diritto (28/10/1998), a quest’ultima data il terreno aveva un valore di £ 250.765. Tale somma, rivalutata alla attualità equivale a £ 284.193.000. Sulla somma originaria, via via rivalutata, sono dovuti gli interessi compensativi (e non gli interessi al tasso legale come richiesti da parte attrice) che costituiscono una modalità di liquidazione forfetaria della ulteriore voce di danno rappresentata dalla ... con la responsabilità dell'ente espropriante concorre quella dell'ente delegato alla costruzione di edifici sul suolo occupato ... “ In ogni caso però, considerato che la qualificazione giuridica data dall’attore al suo credito (in termini di indennità piuttosto che di risarcimento) non osta all’accoglimento della domanda, può senz’altro accogliersi il criterio di liquidazione richiesto dallo stesso attore che, come già detto, conduce ad una somma inferiore rispetto a quella che scaturirebbe dalla applicazione dei più corretti criterio di calcolo suevidenziati. Per questo a tale titolo, considerati i tassi legali di interesse vigenti nel periodo, sono dovuti: € 5263,72 per il periodo che va dal 18/2/1987 al 18/2/1988, oltre interessi legali dal 19/2/1988 al soddisfo; € 5263,72 per il periodo che va dal 18/2/1988 al 18/2/1989, oltre interessi legali dal 19/2/1989 al soddisfo; € 5263,72 per il periodo che va dal 18/2/1989 al 18/2/1990, oltre interessi legali dal 19/2/1990 al soddisfo; € 7018,30 per il periodo che va dal 18/2/1990 al 18/2/1991, oltre interessi legali dal 19/2/1991 al Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 19 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA “ giudizio), a prescindere dal fatto che l’opera eseguita entri o no nel patrimonio dell’autore della condotta illecita (Cass. civ., Sez.I, 18/02/2000, n.1814, in Appalti, urbanistica, edilizia, 2000). Ne deriva che non rileva che l’I.A.C.P. abbia rifiutato la delega per il compimento delle procedure espropriative essendo sufficiente, ai fini della astratta configurabilità della sua corresponsabilità solidale, che abbia materialmente provveduto alla costruzioni degli alloggi (cfr. punto 3, lett.c, delibera n. 109/1987) sebbene attraverso propri concessionari (A.T.I. Del Bavero Costruzioni S.p.A. – Afa Costruzioni) Quanto all’elemento psicologico della colpa, sebbene l’illiceità della intera attività posta in essere generi dalla patente nullità della delibera di localizzazione, imputabile esclusivamente al Comune, comunque un soggetto qualificato come l’I.A.C.P. non non poteva non rendersi conto della giuridica inesistenza della D.P.U. per cui anche la sua attività meramente materiale si connota del requisito della colpa. Consegue che, ex art. 2055 c.c., entrambi i convenuti sono tenuti al risarcimento del danno in favore degli attori. Ai sensi del comma 3 della norma citata le colpe, in difetto di qualsivoglia approfondimento istruttorio al riguardo, si presumono uguali con la conseguenza che non può accogliersi la domanda di rivalsa proposta dal Comune nei confronti dell'I.A.C.P. neppure espressamente richiamata in sede di precisazione delle conclusioni. Le spese seguono la soccombenza. ...responsabilità aquiliana. ... 20 “ mancata disponibilità della somma medio tempore e che è dovuta in quanto, in base al raffronto tra la redditività media del denaro ed il tasso di inflazione nel periodo di riferimento, può fondatamente sostenersi che, ove l’attore avesse disposto della somma ab origine, oggi disporrebbe di una somma maggiore rispetto a quella risultante dalla mera rivalutazione della stessa. Tali interessi compensativi vanno liquidati al tasso medio equitativo del 2% per cui a tale titolo sono dovute ulteriori £ 29.645.624 per cui, per la perdita della proprietà del terreno, è dovuta la somma complessiva, rivalutata alla attualità e comprensiva degli interessi compensativi di £ 313.838.624, pari ad € 162.084,12. Va da sé che su tale somma, che una volta liquidata costituisce debito di valuta, decorreranno gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo. Rimane infine da affrontare il problema della individuazione del soggetto sul quale deve ricadere l’onere economico del risarcimento e cioè del soggetto cui è imputabile l’illecito commesso in danno del privato. Così impostata la questione emerge la assoluta irrilevanza degli accordi interni intervenuti tra il Comune e l’I.A.C.P. in forza dei quali quest’ultimo, in corrispettivo della concessione del diritto di superficie, avrebbe dovuto versare una somma pari al costo di acquisizione ed occupazione delle aree destinate alla realizzazione dell’intervento. Ed infatti, nel caso di specie, non sono applicabili le regole della legittimazione passiva dell’obbligazione indennitaria, ma i principi generali in forza dei quali viene individuato il responsabile dell’illecito (T.A.R. Emilia - Romagna Bologna, Sez.I, 04/07/2001, n.536, in Foro Amm., 2001). Ciò posto va tenuto presente che nell’ipotesi di collaborazione di più enti alla realizzazione dell’opera pubblica, qualora l’occupazione risulti ab initio illegittima, tutta l’attività svolta nel corso dell’occupazione, da chiunque esplicata, risulta, conseguentemente, illegittima, ove causalmente collegata al danno, nonchè fonte di responsabilità per gli autori, tenuti al relativo risarcimento ai sensi degli art. 2043 e 2055 c.c. Pertanto, con la responsabilità dell’ente espropriante concorre quella dell’ente delegato alla costruzione di edifici sul suolo occupato qualora, nel comportamento di chi perseveri nell’occupazione del terreno e nella costruzione dei manufatti, pur essendo a conoscenza della prospettata illegittimità dell’occupazione, possano individuarsi tutti gli elementi della responsabilità aquiliana (condotta attiva od omissiva, elemento psicologico della colpa, danno, nesso di causalità tra condotta e pre- P.Q.M. (omissis) IL GIUDICE DOTT. GENNARO IANNARONE. Lioni Ofanto Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA NON E' ESPERIBILE L'AZIONE DI ARRICCHIMENTO CONTRO LA P.A. PER I DEBITI FUORI BILANCIO RIF. NORM. D.LGS. N.342/97; D.L. N. 66/99; D.LGS. N. 267/00 T.U. ENTI LOCALI 1989 C.C. ART. 2042 MASSIMA A NORMA DELL'ART. 191 D.LGS. N. 267 DEL 2000, IN CASO DI MANCATO RICONOSCIMENTO, IL RAPPORTO CONTRATTUALE INTERCORRE UNICAMENTE TRA IL TERZO CONTRAENTE E IL FUNZIONARIO O L'AMMINISTRATORE CHE HA AUTORIZZATO LA PRESTAZIONE. L'ATTIVAZIONE DELL'ITER AMMINISTRATIVO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO È RISERVATA ALLA DISCREZIONALITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE NON POTENDO IL GIUDICE SOSTITUIRSI AD ESSA NEL RICONOSCERE IL DEBITO ANCHE CON LA NUOVA DISCIPLINA RIMANE FERMA LA REGOLA DELLA CONCLUSIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO CON L'AMMINISTRATORE, IL FUNZIONARIO O IL DIPENDENTE CHE HANNO CONSENTITO LA FORNITURA AL DI FUORI DEGLI IMPEGNI CONTABILI, SALVA LA POSSIBILITÀ DI UN RICONOSCIMENTO "A POSTERIORI" DELLA LEGITTIMITÀ DEI DEBITI FUORI BILANCIO. TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI G.M. DOTT. GENNARO IANNARONE (omissis) MOTIVAZIONE La domanda di ingiustificato arricchimento proposta nei confronti della P.A. non può essere accolta per difetto del requisito della sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c. In contrario l’attore ha sostenuto la piena proponibilità dell’azione in relazione ai debiti “riconoscibili” poiché il rapporto contrattuale diretto tra funzionario e privato che, consentendo l’esperimento dell’azione contrattuale, esclude l’ammissibilità dell’azione di arricchimento, riguarderebbe esclusivamente i debiti fuori bilancio “non riconoscibili”. La tesi, esposta con ricchezza di argomentazioni giuridiche, e che ha trovato autorevole avallo sia in studio che in giurisprudenza (Trib. Napoli, sez. dist. Afragola, 1 febbraio 2002 n. 33 in Corriere giuridico, 2003, 947, con nota di commento), in estrema sinte- “ si si fonda sul riconoscimento di un carattere profondamente innovativo rispetto al sistema instaurato con l’art. 23 d.l. 2/5/89 n. 66, alla modifica legislativa introdotta dal d.lgs. 342/1997, confermata dal T.U. 267/2000. Siffatta innovazione, ampliando le possibilità di tutela del privato nei confronti dell’ente piuttosto che nei confronti di un funzionario spesso insolvibile rispetto alle ingenti somme richieste, consentirebbe la proposizione dell’azione di arricchimento verso la P.A. affermando la imputabilità all’Ente per la parte riconoscibile del debito (cioè per la parte di cui sia accertata e dimostrata l’utilità) laddove permarrebbe la non imputabilità allo stesso, con conseguente diretta responsabilità del funzionario, solo per la parte non riconoscibile. Da questa impostazione consegue poi che la riconoscibilità o meno del debito dovrebbe essere valutata dal Giudice pur in difetto di espresso riconosci- ... imputabilità all'Ente per la parte riconoscibile del debito... “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 21 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA mento del debito fuori bilancio da parte dell’ente che, in relazione alla parte in cui la spesa sia stata rivolta ad un effettivo arricchimento, non potrebbe considerarsi discrezionale. Siffatta tesi tuttavia non può accogliersi in quanto è già passata al vaglio della Suprema Corte che l’ha ritenuta infondata affermando che l’attivazione dell’iter amministrativo per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio è riservata alla discrezionalità dell’amministrazione non potendo il giudice sostituirsi ad essa nel riconoscere il debito f e r m o restando che (a norma dell’art. 191 d.lg. n. 267 del 2000), in caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l’amministratore che ha autorizzato la prestazione. Ed infatti, avuto riguardo al tenore letterale e alla ratio della norma indicata, la relativa valutazione spetta all’amministrazione e il giudice non può ad essa sostituirsi affermando l’esistenza di un diritto al riconoscimento del debito assunto fuori bilancio, nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore, perchè l’ente possa procedere al riconoscimento (Cass., Sez.III, 14/01/2002, n.355, in Foro It., 2002, I). Da ciò consegue che l’azione di arricchimento sarà esperibile solo dopo il positivo riconoscimento del debito da parte dell’ente. Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione era stato appunto invocato lo ius superveniens costituito dall’art. 5 del d.lvo 342/1997 per sostenere l’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti della P.A. nei limiti dell’utilità e dell’arricchimento. In contrario invece la Suprema Corte ha ritenuto che anche con la nuova disciplina rimane ferma la regola della conclusione del rapporto obbligatorio con l’amministratore, il funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura al di fuori degli impegni contabili, salva la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilancio. Più specificamente, con la previsione della possibilità del riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio per l’acquisizione di beni e servizi in violazione delle regole poste dai primi tre commi dell’art. 194 T.U. enti locali, si è consentito all’ente, “ ... il riconoscimento dei debiti fuori bilancio è riservata alla discrezionalità dell'amministrazione... “ 22 attraverso il meccanismo della deliberazione consiliare (che provvede anche per il finanziamento della spesa), di riconoscere ex post le obbligazioni irritualmente assunte dall’amministratore, dal funzionario o dal dipendente, che altrimenti, sulla base della disciplina legislativa in vigore dal 1989, sarebbero rimasti direttamente a carico di quelli senza possibilità di imputazione all’ente. Il legislatore, ritenendo evidentemente troppo rigida la precedente disciplina, ha consentito il riconoscimento dei debiti assunti irritualmente fuori bilancio, circondando tuttavia la fattispecie di particolari garanzie e subordinando il riconoscimento ad una formale deliberazione consiliare di riconoscimento del debito “nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente”, fermo restando, come già detto, che, in caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l’amministratore che ha autorizzato la prestazione. Anche nel mutato quadro normativo il Giudice non può sostituirsi all’amministrazione affermando l’esistenza di un diritto al riconoscimento del debito fuori bilancio, pur nella ricorrenza delle condizioni previste dalla legge perché l’ente possa procedere al riconoscimento. Ed infatti si è osservato che, ove effettivamente sussistesse un diritto al riconoscimento giustiziabile dinanzi al Giudice, in presenza della condizioni previste dalla legge, non si comprenderebbe il mantenimento del principio della sussistenza del rapporto obbligatorio unicamente tra il terzo e l’amministratore o il funzionario che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi. Ne consegue che l’azione di arricchimento non poteva essere esperita e pertanto deve essere rigettata. Sussistono più che evidenti ragioni per disporre la compensazione integrale delle spese di lite. P.Q.M. IL TRIBUNALE in persona del GIUDICE MONOCRATICO dott. Gennaro Iannarone definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione notificato in data 22 settembre 200, da C. F. nei confronti del Comune di Bagnoli Irpino, in persona del Sindaco p.t., così provvede: rigetta la domanda; compensa tra le parti le spese di lite. S. Angelo dei Lombardi 21 febbraio 2004. IL GIUDICE DOTT. GENNARO IANNARONE. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA COMPRAVENDITA DI IMMOBILI RIF. NORM T.U. EDILIZIA L. N. 47/85 COD. CIV. ART. 1338; 2932; COD. P. CIV. ART. 183; 184 MASSIMA NEL CONTRATTO PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA NON È RICHIESTO, A PENA DI NULLITÀ DEL CONTRATTO, LA ALLEGAZIONE DEL CERTIFICATO DI DESTINAZIONE URBANISTICA, TUTTAVIA LA MANCATA ALLEGAZIONE NON CONSENTE L'ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA PROPOSTA EX ART. 2932 DI ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA. LA NULLITÀ DEL CONTRATTO PER VIOLAZIONE DELL'ART. 18 CO. 2 L. NR. 47/85 (OGGI ART. 30 T.U. EDILIZIA) È NULLITÀ FORMALE ASSOLUTA, RILEVABILE D'UFFICIO IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCESSO. TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 12.11.2000. G.M. DOTT. G.IANNARONE (omissis) MOTIVAZIONE Preliminarmente occorre procedere alla qualificazione del contratto intercorso tra le parti e considerato da parte attrice in un primo momento quale contratto definitivo e, in sede di seconda precisazione delle conclusioni, quale contratto preliminare. La prima qualificazione appare senz’altro corretta emergendo chiaramente dal tenore dell’atto la volontà delle parti di realizzare un effetto traslativo immediato del bene piuttosto che di vincolarsi alla prestazione di un futuro consenso traslativo. Tanto che il contratto prevede, oltre agli effetti reali immediati, anche la riproduzione in forma pubblica dell’atto intesa quale mera attività di formalizzazione, ai fini della trascrizione, dell’atto traslativo già posto in essere. In questa direzione depone anche l’inequivoco tenore dell’atto di citazione (da considerarsi anche come comportamento successivo alla redazione dell’atto rilevante ai fini della sua interpretazione), che correttamente qualifica il negozio come preliminare c.d. improprio (o compromesso), con conseguente richiesta della declaratoria del già intervenuto effetto traslativo. Ciò posto l’atto risulta senz’altro affetto da nullità per violazione dell’art. 18, comma 2. l. 47/1985 (oggi art. 30 T.U. edilizia). Si tratta di una nullità formale assoluta, rilevabile d’ufficio, e che inficia l’atto ove al momento della sua stipulazione, sebbene in forma privata, non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica del “ terreno. La nullità non è limitata, come potrebbe far ritenere la sua previsione nell’ambito della lottizzazione abusiva, alle sole ipotesi di trasferimenti e frazionamenti che integrino la fattispecie penale essendo sufficiente al riguardo la previsione del comma 1 dell’art. 18 cit. Ed infatti l’obbligo di allegare il certificato non è diretto a consentire all’acquirente di constatare se l’attività negoziale sia lottizzatoria o meno. Se tale fosse stata la funzione del certificato lo si sarebbe dovuto allegare solo per quegli atti di trasferimento aventi ad oggetto beni frazionati e non anche per tutti gli atti aventi ad oggetto trasferimenti di terreni anche se non frazionati e indipendentemente dalla loro estensione, come invece richiesto dalla norma. L’intento perseguito dal legislatore è quello di assicurare certezza e trasparenza nei rapporti contrattuali e solo indirettamente quello di fare opera di prevenzione. Ne deriva che la nullità sussiste anche quando non venga in considerazione una fattispecie lottizzatoria ed è diretta a salvaguardare anche interessi pubblici per cui si tratta di nullità assoluta rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (ex plurimis Cass. civ., Sez.II, 02/04/2001, n.4811, in Riv. Notar., 2002, 230). Pertanto la domanda originaria, diretta all’accertamento dell’intervenuto trasferimento del bene, non avrebbe potuto essere accolta stante la nullità dell’atto. Tale domanda in ogni caso non è stata riproposta per cui deve ritenersi rinunciata. ... assicurare certezza e trasparenza nei rapporti contrattuali e solo indirettamente quello di fare opera di prevenzione.... “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 23 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA Tantomeno può essere accolta la domanda di ese- forme previste dalle norme citate. cuzione in forma specifica del contratto prelimina- Ne consegue che la domanda proposta ex art. 2932 re ex art. 2932 c.c. divenuta, in sede di definitiva c.c. deve essere rigettata. precisazione delle conclusioni, la domanda princi- Neppure può essere accolta la domanda di risolupale (laddove sia nell’atto di citazione che nelle zione, che ovviamente presuppone la validità del conclusioni originarie era stata proposta solo in via contratto, del contratto traslativo; mentre riguardo subordinata). all’allegato presupposto negozio transattivo si tratCiò in primo luogo perché il contratto concluso tra ta di domanda assolutamente nuova proposta oltre le parti non è un contratto preliminare ma un con- i termini di cui all’art. 183 c.p.c. tratto definitivo di compravendita. Non è configurabile una obbligazione risarcitoria In secondo luogo poi, se pure è vero che la allega- della F. per aver concluso un contratto invalido poizione del certificato di destinazione urbanistica non ché, derivando l’invalidità dalla violazione di una è richiesta a pena di nullità per il contratto prelimi- norma imperativa, che doveva essere conosciuta nare (da ultimo Cass. civ., Sez.II, 17/01/2003, n.628, anche da parte attrice, non risulta che questa abbia in Gius, 2003, 10, 1108), è altrettanto vero che la sua confidato nella validità del contratto senza sua mancanza impedisce al Giudice di accogliere la colpa, secondo la dizione normativa dell’art. 1338 domanda proposta ex art. 2932 c.c. c.c. E tale certificato, nell’ambito della suddetta azione Affermata dunque la nullità del contratto consegue costitutiva, deve essere allegato al momento della l’accoglimento della domanda riconvenzionale di domanda o, al più, nei limiti delle preclusioni istrut- restituzione dell’anticipo già versato sul prezzo torie non potendosi tenere conto pertanto del cer- sebbene essa sia stata proposta ad altro titolo tificato prodotto dopo la remissione della causa sul (annullamento del contratto per errore o violenza) ruolo e quindi ben oltre il termine di cui all’art. 184 con decorrenza degli interessi dalla domanda c.p.c. essendo gli attori possessori di buona fede. Certo potrebbe obiettarsi che, in In merito alle spese di lite sussiste Torella Dei Lombardi, Il Castello assenza di una illecita attività di lotpiù di una ragione per la compensatizzazione, si tratterebbe di una zione. mera irregolarità formale sanabile in In primo luogo rileva il comportaogni tempo. Non va dimenticato mento di parte convenuta che solo infatti che, con riferimento agli edifinelle memorie di replica ha posto la ci, l’art. 40 l. 47/1985 (ora art. 46 T.U. questione della nullità meramente edilizia) dispone che, ove la mancaformale che affliggeva l’atto; in ta indicazione in atto degli estremi secondo luogo perché, a parte siffatdella concessione edilizia non sia ta nullità, tutte le doglianze espresse dipesa dalla insussistenza del perda parte convenuta erano risultate messo di costruire al tempo in cui gli atti medesimi del tutto infondate. Non può poi ignorarsi che, nella sono stati stipulati, i relativi atti di trasferimento pratica, quasi mai ai contratti redatti in forma privapossono essere confermati anche da una sola delle ta viene allegato il certificato di destinazione urbaparti mediante atto successivo, redatto nella stessa nistica del terreno con la conseguenza che, ove non forma del precedente, che contenga la menzione sorgano giustificati contrasti, provvede poi il notaomessa. io a sanare la nullità in sede di riproduzione in Una analoga possibilità di sanatoria non è invece forma pubblica dell’atto stesso. prevista per gli atti aventi ad oggetto i terreni il che P.Q.M. potrebbe indurre a ritenere una ingiustificata dispa- IL TRIBUNALE rità di trattamento. E la giurisprudenza considera in persona del Giudice Monocratico dott. Gennaro pacificamente l’art. 40 l. 47/1985 inapplicabile agli Iannarone, definitivamente pronunciando sulla atti aventi ad oggetto terreni: La mancata allegazio- domanda proposta, con atto di citazione notificato ne del certificato di destinazione urbanistica, con in data 26 febbraio 1998, da S. F. e S. A., nei confronriguardo agli atti traslativi di terreni, comporta, ai ti di F. L. nonché sulla domanda riconvenzionale da sensi dell’art. 18, l. 28 febbraio 1985, n. 47, la nullità questa proposta con la comparsa di risposta depodegli atti medesimi ed il divieto della loro trascrizio- sitata in data 27 aprile 1998, così provvede: ne, nonché ai sensi dell’art. 21, detta l., la responsa- 1) rigetta le domande principali; bilità disciplinare del notaio che li abbia ricevuti od 2) accoglie la domanda riconvenzionale e per l’effetautenticati (nullità non suscettibile di successiva to condanna S. F. e S. A. alla restituzione, in favore “convalida”, prevista dall’art. 40, l. stessa solo per gli di F. L. di € 15.493,70, oltre interessi legali dalla atti inerenti ad edifici)” (Cass. civ., Sez.III, domanda al soddisfo; 03/07/1990, n.6786, in Vita Notar., 1990, 247). 3) compensa tra le parti le spese di lite. Tuttavia non vi è spazio per la rilevanza nella con- S. Angelo dei Lombardi 12 novembre 2000 troversia in esame di una eventuale questione di Il Giudice costituzionalità essendosi parte attrice limitata a Dott. Gennaro Iannarone produrre (tardivamente) il certificato di destinazione urbanistica piuttosto che convalidare l’atto nelle 24 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA IL LIMITE DELLA TUTELA COSTITUZIONALE DELLA " CRITICA POLITICA" R IF. N ORM . C OST AR T.21 L . N .142/90 C . C . AR T 2043 M ASSIMA L A CRITICA POLITICA TROVA IL FONDAMENTO DELLA SUA LEGITTIMITÀ NELL ' AR T. 21 DELLA COSTITUZIONE CON UN LIMITE , CONDIVISO DALLA STUDIO , CHE LA CRITICA DEVE RIGUARDA RE LA C . D . IDENTITÀ POLITICA DEL PERSONAGGIO PUBBLICO CRITICATO , OVVERO LA DIMEN SIONE PUBBLICA DELLO STESSO NEL SENSO CHE LA MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO DEVE INCIDERE SU QUEGLI ASPETTI DELLA ATTIVITÀ E DELLA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO CHE SIANO ESPOSTI AL PUBBLICO E NON LA DIMENSIONE MERAMENTE PRIVATA CHE MERITA UNA TUTELA PI Ù INCISIVA . P ER AVERSI , IN TEMA DI CRITICA POLITICA , UNA FATTISPECIE RISARCITORIA OCCORRE CHE IL DANNO SIA NON SOLO " CONTRA IUS ", MA ALTRESÌ CHE SIA STATO ARRECATO ATTRAVER SO UNA CONDOTTA NON AUTORIZZATA O COMUNQUE NON CONSENTITA DALL ' ORDINAMENTO : ATTRAVERSO , CIO È, UNA CONDOTTA " NON IURE ". A FFINCHÈ RICORRA UN ILLECITO CIVILE , FORIERO DELL ' OBBLIGO DI RISARCIRE IL DANNO ( AR T. 2043 C . C .), OCCORRE CHE VI SIA STATA LA LESIONE DI UN INTERESSE GIURIDICAMEN TE PROTETTO DALL ' ORDINAMENTO E CHE TALE LESIONE NON SIA STATA ARRECATA NEL L ' ESERCIZIO DI UNA FACOLTÀ PARIMENTI RICONOSCIUTA DALL ' ORDINAMENTO STESSO IL GIUDIZIO SULLE CIRCOSTANZE DI FATTO , CONSIDERATE MANOVRE POLITICHE PER LA CAP TAZIONE DEL CONSENSO , E LA LORO AFFERMATA RICONDUCIBILITÀ ADDIRITTURA A FATTISPE CIE DELITTUOSE , TUTTAVIA ESCLUSE IN SEDE PENALE , NON PUÒ CHE RICONDURSI AL LEGIT TIMO , CONTINENTE ( PERCHÈ ESPRESSO CON LINGUAGGIO CORRETTO E CIVILE ) E PER TINEN TE ( PERCHÈ SUSSISTE L ' INTERESSE PUBBLICO ALLA CONOSCENZA DI QUEI FATTI ) ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRITICA POLITICA TUTELATO A LIVELLO COSTITUZIONALE . TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, 12.12.02 G.M. DOTT. G.IANNARONE (omissis) MOTIVAZIONE La domanda è infondata e pertanto deve essere rigettata. In primo luogo la semplice lettura del ricorso – denuncia dimostra inequivocabilmente che non sussistono gli estremi per l’affermazione della responsabilità civile dei firmatari dello stesso. Ed infatti, secondo la prospettazione dell’attore, egli avrebbe subito una ingiusta lesione dei suoi diritti della personalità (onore e decoro) nonché una consequenziale lesione del suo diritto assoluto alla salute, a causa del patema d’animo indotto dalle accuse pubblicamente mossegli e dalla divulgazione che le stesse avevano avuto su vari organi di stampa. Al riguardo occorre brevemente ricordare che, affinché ricorra un illecito civile, foriero dell’obbligo di risarcire il danno (art. 2043 c.c.), occorre che vi sia stata la lesione di un interesse giuridicamente protetto dall’ordinamento e che tale lesione non sia stata arrecata nell’esercizio di una facoltà parimenti riconosciuta dall’ordinamento stesso. Per aversi quindi una fattispecie risarcitoria occorre che il danno sia non solo contra ius ma altresì che sia stato arrecato attraverso una condotta non autorizzata o comunque consentita dall’ordinamento: attraverso, cioè, una condotta non iure. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Orbene, calando queste brevi ed istituzionali premesse nel caso specifico, è facile dedurre che si è di fronte al legittimo esercizio di critica politica espresso attraverso una interpretazione, appunto di tipo politico, della attività amministrativa posta in essere dalla compagine vincente, e in particolare dall’attore, in prossimità delle elezioni amministrative ed una richiesta alle varie Autorità di controllo (politico, amministrativo e giudiziario) di un approfondimento su quanto veniva denunciato. In particolare nel ricorso – denuncia del quale si duole l’attore i consiglieri di minoranza, odierni convenuti, hanno espo- 25 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA sto le seguenti circostanze: 1) che mentre nei primi mesi dell’anno erano state adottate solo 41 delibere di G.M., nel periodo dalla indizione delle elezioni (17/2/1997) alla celebrazione delle stesse (24/4/1997) erano state adottate ben 149 delibere; 2) che tra i bisognosi a favore dei quali erano stati elargiti sussidi figuravano anche persone titolari di reddito; 3) che e r a n o state autorizzati molti lavori con la procedura della c.d. s o m m a urgenza; 4) che erano stati autorizzati numerosi lavori di manutenzione di strade in maniera illegittima dal punto di vista formale e contabile; 5) che, in prossimità delle elezioni qualunque richiesta dei cittadini veniva prontamente esaudita; 6) che, sempre in prossimità delle elezioni, erano state attribuite qualifiche superiori a taluni dipendenti; 7) che era stato pubblicato, in data 16/4/1997, il bando per la assegnazione di 47 alloggi di edilizia economica e popolare che erano ancora in via di ultimazione ovvero i cui lavori erano appena iniziati; 8) che, nonostante per le casette asismiche vi fosse già una progettazione esecutiva finanziata, si era deciso di procedere con l’appalto – concorso esponendo il Comune all’azione civile dei tecnici che avevano redatto il primo progetto. Dal punto di vista valutativo e critico i firmatari della denuncia, oltre a sostenere la illegittimità o inopportunità ovvero onerosità, sotto il profilo economico, delle scelte amministrative effettuate, hanno affermato che le delibere citate erano tutte, in considerazione del periodo in cui erano state adottate e della violazione dei requisiti formali e dei controlli necessari, finalizzate ad ottenere il consenso degli elettori emergendo pertanto il reato di voto di scambio. Basterebbe pertanto, come già “ detto, la lettura dell’esposto per rendersi pienamente conto che si tratta niente altro che di esercizio di critica politica la quale, come è ovvio, presenta, per la sua stessa essenza ontologica, un nucleo valutativo in senso negativo della attività posta in essere dal proprio antagonista. Del resto uno dei casi più frequenti di critica politica ha ad oggetto proprio la stigmatizzazione, anche dura e formulata con toni aspri, degli strumenti utilizzati dal competitore per la conquista del consenso degli elettori. E’ sufficiente scorrere le cronache politiche degli ultimi anni per ritrovare numerosi esempi di tale pratica: si pensi, a livello politico generale, alla critica ai provvedimenti di natura fiscale, spesso definiti misure captatorie volte a carpire la buona fede degli elettori ovvero, a livello regionale, alla accusa di utilizzazione clientelare dei fondi europei, fino a quella di finalizzazione della attività amministrativa alla conquista ovvero all’acquisto del consenso elettorale, a livello amministrativo – locale. E in questo quadro si inserisce appieno la vicenda che ci occupa che si appalesa appunto come una forma tipica e ricorrente di critica politica essendo frequente che il competitore sconfitto, interpretando politicamente l’attività dell’avversario e gli esiti elettorali, tenda ad attribuire questi ultimi, piuttosto che ad una scelta libera e consapevole del corpo elettorale, ad una gestione poco corretta e trasparente del potere amministrativo piegato alla captazione del consenso. Né vale a mutare l’interpretazione della vicenda la circostanza che nel ricorso – denuncia vi sia espresso riferimento alla com- ... un nucleo valutativo in senso negativo della attività posta in essere... “ 26 missione di illeciti penali da parte dell’attore, sub specie di voto di scambio e che al riguardo vi sia stata archiviazione. Ed infatti da un lato va posto in luce che la situazione sarebbe rimasta immutata ove pure i firmatari si fossero astenuti da siffatta qualificazione giuridica, che comunque attiene al lato valutativo dell’esposto, in quanto la stessa narrazione dei fatti sarebbe stata sicuramente sufficiente ai fini della instaurazione di un procedimento penale; dall’altro va rilevata la assoluta autonomia del giudice civile, investito di una richiesta di risarcimento danni per diffamazione ed ingiuria, rispetto alle valutazioni del P.M. e del G.I.P. che, rispettivamente, abbiano formulato richiesta di archiviazione ed accolto la stessa. L’unica questione rilevante in sede civile è se vi sia stata o meno lesione ingiusta e non consentita (contra ius e non iure) dei diritti assoluti dell’attore (onore, decoro e salute). Ed al riguardo occorre scrutinare, in punto di diritto ed in termini generali, la questione relativa all’ambito di applicabilità del diritto di critica politica, ai suoi limiti, ed al rapporto con il criterio, elaborato ai fini della legittimità del diritto di cronaca, della verità obiettiva dei fatti; per poi, in punto di fatto e con riferimento al caso concreto, valutare le risultanze processuali ed applicare alle stesse i principi generali elaborati dalla studio e dalla giurisprudenza. Orbene, in merito alla questione di diritto, va ricordato che la giurisprudenza si è più volte occupata della critica politica ed ha rinvenuto il fondamento della sua legittimità nell’art. 21 della Costituzione con un limite, condiviso dalla studio, che la critica deve riguardare la c.d. identità politica del personaggio pubblico criticato, ovvero la dimensione pubblica dello stesso nel senso che la manifestazione del pensiero deve incidere su quegli aspetti della attivi- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA bile del presente atto” e verbale di s.i.t. di del ragioniere comunale Ruggiero Giuseppe: “in ordine alla delibera n. 181 del 23.04.1997, avente ad oggetto l’assistenza ai bisognosi, il parere del ragioniere comunale è richiesto ai sensi della legge. 142/90; parere che il sottoscritto non ha manifestato favorevolmente in quanto nel bilancio 1997, nel Comune di Lacedonia non esisteva all’epoca uno specifico capitolo acceso all’assistenza ai bisognosi. Per quanto riguarda il codice di imputazione indicato nella delibera, lo stesso è acceso ai fondi destinati per il pagamento delle spese di tesoreria”) ovvero la soddisfazione di alcune richieste di cittadini solo in prossimità delle elezioni (cfr. verbale di s.i.t. di Quadrale “ ... Il diritto di critica non presuppone neppure la verità del fatto ... “ tà e della personalità del soggetto che siano esposti al pubblico e non la dimensione meramente privata che merita una tutela più incisiva. Il diritto di critica inoltre, secondo un indirizzo giurisprudenziale non del tutto univoco, non presuppone neppure la verità del fatto, poiché si differenzia dal diritto di cronaca, che per essere validamente esercitato richiede che i fatti narrati siano veri, perché si concretizza nella espressione di un giudizio. Ove poi tale giudizio tragga origine da fatti concreti il limite della verità può riferirsi (se ritenuto necessario) solo ai fatti in sé e per sé considerati, e cioè, nel nostro caso, alla adozione di un determinato numero di delibere in prossimità delle elezioni, al rifacimento delle strade, alla pubblicazione del bando per l’assegnazione degli alloggi popolari, alla gestione della pratica relativa alla ricostruzione delle casette asismiche etc…; non può invece certo riferirsi al giudizio relativo alla legittimità o opportunità di siffatti atti amministrativi o alla loro funzionalizzazione all’ottenimento del consenso elettorale. Ed al riguardo occorre notare che la storica verificazione dei fatti materiali narrati nel ricorso – denuncia non è stata contestata dall’attore che non ha affatto negato l’adozione di un rilevante numero di delibere di G.M., l’esecuzione di lavori con la procedura di somma urgenza, l’adozione di una delibera di assistenza ai bisognosi senza il prescritto parere contabile, la pubblicazione del bando per l’assegnazione degli alloggi popolari etc… avvenuti in prossimità delle elezioni amministrative dell’aprile 1997; la stessa risulta inoltre dalla documentazione prodotta in atti dalla quale si evincono, oltre alla coincidenza temporale tra i vari atti amministrativi ed il periodo della campagna elettorale, anche taluni profili di dubbia legittimità lamentati dai convenuti (cfr. delibera di G.M. 23/4/1997 n. 181: “lo stanziamento dello stesso codice è sufficientemente capiente per i programmi dell’Ente ed anche in assenza di parere contabile in quanto sussiste la regolarità conta- Leonardo Rosario del 5/10/1997: “circa due anni fa ho presentato al comune di Lacedonia una istanza [……….]. Più volte ho rappresentato all’ex Sindaco S. M. tale problema. Solamente nell’aprile 1997 mi è stato richiesto quanto da me richiesto [……….]. I lavori sono stati effettuati il giorno prima delle elezioni comunali del 27.04.1997”) o ancora veri e propri favori elargiti per fini privati (verbale di s.i.t. di Pasciuti Giuseppe del 10/10/1997: “nel mese di aprile 1997, prima delle elezioni comunali il Comune di Lacedonia portò della breccia in detta stradina perché era dissestata [……]. La strada citata è di mia proprietà). Ne deriva, posta la corrispondenza al vero dei fatti materiali, che l’unica questione da vagliare riguarda il giudizio ricavatone dai convenuti, in particolare se esso integri, dal punto di vista oggettivo e soggettivo, un illecito civile, cioè una ingiusta aggressione dei diritti assoluti dell’attore non giustificata dall’esercizio di una Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi facoltà legittima. Riguardo all’elemento soggettivo aspetto va subito detto che il complesso di attività poste in essere in prossimità delle elezioni amministrative e le relative modalità senz’altro potevano ingenerare, in assoluta buona fede, la convinzione della loro finalizzazione all’ottenimento del consenso della quale i consiglieri di minoranza, nell’esercizio di una loro facoltà legittima, hanno inteso fare denuncia. In merito all’elemento oggettivo in parte già si è detto: il giudizio sulla complessa attività preelettorale espresso dai componenti la minoranza consiliare senza dubbio alcuno si inquadra nel legittimo esercizio della critica politica che è stata espressa su dati oggettivi, con linguaggio corretto e continente e senza mai trasmodare in attacchi sul piano personale e privato. Ciò che rileva infatti è la peculiarità della competizione politica, che è costituzionalmente protetta e garantita, attraverso la quale si sviluppa la dialettica democratica che costituisce il fondamento dello Stato di diritto. E in tale dialettica è sicuramente compito, facoltà se non addirittura dovere civico, dei gruppi di opposizione svolgere una funzione di controllo ed anche di denuncia investendo Autorità terze ed imparziali dei propri dubbi sulla liceità dell’agire amministrativo dei propri competitori con il solo limite della commissione del delitto di calunnia che, nel caso di specie, sicuramente esula non tanto e non solo per l’operatività di una scriminante quanto per l’assoluto difetto del dolo inteso quale sicura certezza della innocenza dell’incolpato. E nell’affermare i richiamati principi la Suprema Corte ha escluso la consumazione tanto del reato quanto dell’illecito civile in casi ben più gravi di quello oggi all’esame di questo Tribunale nei quali era stato utilizzato un linguaggio turpe e volgare all’indirizzo di un avversario politico (“ladro, ladro, ancora state a sentire quel ladrone, vai a lavarti che puzzi e puzza la via dove passi”: Cass. 15 marzo 2001 n. 31220 pubblicata in Guida al Diritto del 27 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 28 Ciò in quanto, nel caso di specie, non solo la domanda si è dimostrata totalmente infondata per la corrispondenza al vero dei fatti materiali e per la riconducibilità della interpretazione degli stessi nell’ambito della critica politica; ma anche perché non ricorre ragione alcuna di compensazione delle spese neppure parziale vertendosi in una situazione nella quale si è ben lontani da quelle aggressioni al patrimonio morale di una persona nelle quali la Suprema Corte ha parimenti riconosciuto l’operatività della scriminante pur di fronte ad accuse ben più gravi rivolte all’avversario politico ed all’utilizzo di termini volgari e scurrili; espressioni e termini che sono stati tuttavia ritenuti giustificati in virtù della contestualizzazione degli “ “ 29 settembre 2001 n. 37 con titolo: Le espressioni colorite in consiglio comunale non sfociano nel reato di diffamazione e nota: L’assenza di frasi gratuitamente offensive fa scattare la scriminante del diritto di critica). In estrema sintesi stante la verità del nucleo materiale dei fatti esposti in ricorso, accertati documentalmente (numero di delibere emesse, bando di concorso per l’assegnazione degli alloggi, lavori di somma urgenza, rifacimento delle strade rurali etc..) ovvero non contestati (assegnazione di fondi anche a soggetti non bisognosi, riconoscimento di qualifiche superiori a taluni dipendenti), il giudizio sugli stessi, considerati manovre politiche per la captazione del consenso, e la loro affermata riconducibilità addirittura a fattispecie delittuose, tuttavia escluse in sede penale, non può che ricondursi al legittimo, continente (perché espresso con linguaggio corretto e civile) e pertinente (perché sussiste l’interesse pubblico della comunità lacedoniese alla conoscenza di quei fatti) esercizio del diritto di critica politica tutelato a livello costituzionale. La ricorrenza di siffatta esimente esclude l’antigiuridicità obiettiva del fatto e, pertanto, la configurabilità di un illecito civile trattandosi di attività che rientra nel complesso delle facoltà, se non addirittura dei doveri civici di coloro che sono chiamati a svolgere, in seno al consiglio comunale, la funzione di opposizione politico – amministrativa. Alla luce di queste considerazioni ne consegue l’assoluta superfluità della ulteriore attività istruttoria richiesta da parte convenuta nonché della consulenza medico – legale intesa ad accertare il pregiudizio alla salute subito dal Sessa a seguito della lettura e dell’inoltro dell’esposto – denuncia che non può costituire fonte di danno risarcibile essendone stata esclusa l’antigiuridicità. All’integrale rigetto della domanda consegue la condanna dell’attore al pagamento delle spese processuali. ... dialettica democratica costituisce il fonfamento dello Stato di diritto... episodi nell’ambito di accese dispute consiliari che hanno registrato un progressivo imbarbarimento del linguaggio politico. Nulla di tutto questo è dato riscontrare nel caso di specie ove, a fronte della lettura del documento in seno alla prima seduta della nuova consiliatura, i consiglieri oggetto delle accuse, nell’ambito della dialettica politica in cui va relegato l’episodio per cui è processo, replicarono alle stesse muovendo accuse simili ai loro oppositori (cfr. verbale della seduta di C.C. del 10/5/1997 dichiarazioni del Sessa: “le opposizioni non avendo accettato il verdetto popolare del voto tentato in modo capzioso di inficiare lo stesso con azioni non corrette che il dichiarante si riserva di impugnare in tutte le sedi competenti al fine di far conoscere la verità e la personalità di alcuni Consiglieri neo – eletti che avendo ricoperto la carica di Sindaco negli anni precedenti pongono nel dimenticatoio gli atti amministrativi poco corretti posti in essere nei periodi antecedenti alle elezioni amministrative dell’anno 1988 dove vennero rilasciati numerosi buoni contributo ex legge nr. 219/1981 senza copertura economica. Evidenzia altresì che il dichiarante e tutto il Gruppo della lista neo eletta hanno fatto una campagna elettorale estremamente corretta e rispettosa delle leggi e dei comportamenti sociali, mentre ritiene che le attuali minoranze avevano riposto in questa campagna elettorale altre aspettative”). P.Q.M. IL TRIBUNALE definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con atto di citazione in data 13 luglio 1998, da S. M. nei confronti di C. L., Di N. A., M. M., M. D. e A. C. così provvede: rigetta la domanda; condanna S. M. al pagamento delle spese processuali in favore di C. L., Di N. A., M. M., M. D. e A. C. che liquida in complessivi Euro 2740 di cui Euro 140 per spese, Euro 900 per diritti ed Euro 1700 per onorari oltre IVA e CPA come per legge e rimborso forfetario ex art. 15 T.P. S. Angelo dei Lombardi 31 dicembre 2002. Il Giudice Dott.G. Iannarone Rif. Norm. COSTITUZIONE Art. 21 Cod.Civ. art. 2043 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA ARBITRATO RITUALE ED IRRITUALE E NATURA DELLA PRONUNCIA GIURISDIZIONALE RIF. NORM. C.P.C. 177, 178, 806, 184; COST. ART. 18, ART. 39, ART. 24 L. 146/90 C.P.C. ARTT. 88, 96, 116, C.P.C. DISP ATT. ART 104 MASSIMA IN TEMA DI INTERPRETAZIONE DI UNA CLAUSOLA COMPROMISSORIA, IL CARATTERE RITUALE OVVERO IRRITUALE DELL'ARBITRATO IN ESSA PREVISTO VA DESUNTO CON RIGUARDO ALLA VOLONTÀ DELLE PARTI RICOSTRUITA SECONDO LE ORDINA-RIE REGOLE DI ERMENEUTICA CONTRATTUALE, RICORRENDO LA FATTISPECIE DELL'ARBITRATO RITUALE QUANDO SIA STATA DEMANDATA AGLI ARBITRI UNA FUNZIONE SOSTITUTIVA DI QUELLA DEL GIUDICE, INTEGRANDOSI, PER CONVERSO, L'IPOTESI DELL'ARBITRATO LIBERO QUANDO IL COLLEGIO ARBITRALE SIA STATO INVESTITO DELLA SOLUZIONE DI DETERMINATE CONTROVERSIE IN VIA NEGOZIALE, MEDIANTE UN NEGOZIO DI ACCERTAMENTO OVVERO STRUMENTI CONCILIATIVI O TRANSATTIVI. LA PRONUNCIA CHE PRENDA ATTO DELL'ESISTENZA DI UNA CLAUSOLA ARBITRALE RISOLVE UNA QUESTIONE SUL MERITO DELLA CAUSA, ONDE VA DICHIARATA LA IMPROPONIBILITÀ DELLA DOMANDA E NON L'INCOMPETENZA DEL GIUDICE ADITO, ANCHE NELL'IPOTESI DI ARBITRATO RITUALE, VENENDO IN RILIEVO UNA QUESTIO-NE INERENTE ALLA VALIDITÀ O ALL'INTERPRETAZIONE DEL COMPROMESSO O DELLA CLAUSOLA COMPROMISSORIA TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 26.06.02 DOTT. L. CIAFARDINI (omissis) verso, l’ipotesi dell’arbitrato libero quando il collegio arbitrale sia stato investito della solu- “ ... il carattere rituale ovvero irrituale dell'arbitrato... “ MOTIVI DELLA DECISIONE L’eccezione di compromesso arbitrale è fondata e va accolta. E’ pacifico tra le parti che l’atto costitutivo della società, depositato dal convenuto sin dalla sua costituzione in giudizio, prevede una clausola arbitrale, di cui deve essere vagliata la natura. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 562 del 17/01/2001), in tema di interpretazione di una clausola compromissoria, il carattere rituale ovvero irrituale dell’arbitrato in essa previsto va desunto con riguardo alla volontà delle parti ricostruita secondo le ordinarie regole di ermeneutica contrattuale, ricorrendo la fattispecie dell’arbitrato rituale quando sia stata demandata agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, integrandosi, per con- zione di determinate controversie in via negoziale, mediante un negozio di accertamento ovvero strumenti conciliativi o transattivi. Dall’interpretazione della clausola del contratto in esame (cfr. art. 13, secondo cui “qualunque controversia dovesse insorgere tra i Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi soci in dipendenza del presente contratto sarà rimessa al giudizio di tre arbitri amichevoli compositori, dei quali due da nominarsi da ciascuna delle parti contendenti ed il terzo dai due arbitri così eletti, ed in caso di disaccordo dal presidente del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi. Gli arbitri giudicheranno ex bono et aequo senza formalità di procedura e con giudizio inappellabile”) emerge la natura irrituale dell’arbitrato, avendo le parti manifestato di voler ottenere un provvedimento che componga la lite sul piano dell’autonomia negoziale attraverso un contratto assoggettabile alle ordinarie impugnative negoziali (arbitrato irrituale). La clausola arbitrale costituisce un contratto ad effetti processuali che preclude la possibilità di 29 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA adire il giudice dello Stato per la di atto di autonomia privata e risoluzione della medesima con- correlativamente il compromestroversia. so si configura Peraltro la quale patto di d i s c u s s i o n e ... fra giudici ordinari ed r i n u n c i a circa la natura all’azione giudiarbitri non possono della clausola ziaria e alla giuconfigurarsi questioni è destinata a risdizione dello perdere di Stato, lo stabilidi competenza... consistenza re se una conalla luce del troversia apparnuovo orientatenga alla cognimento impostosi nella giurispru- zione del giudice ordinario o sia denza della Suprema Corte in deferibile agli arbitri (i quali, non ordine alla natura della pronun- svolgendo una forma sostitutiva cia giudiziale in caso di eccezio- della giurisdizione, non sono ne di clausola compromissoria. qualificabili come organi giurisdiFino a poco tempo fa la Suprema zionali dello Stato) costituisce Corte era sufficientemente ferma una questione, non già di compenel considerare che l’arbitrato tenza in senso tecnico, ma di rituale attribuiva agli arbitri merito, in quanto direttamente l’esercizio di un potere alternati- inerente alla validitaà o all’intervo e sostitutivo rispetto a quello pretazione del compromesso o del giudice ordinario (Cass. della clausola compromissoria. 26.2.2000 n. 2184) destinato ad Ancora più esplicita è Cass. n. avere sbocco in una pronuncia 3144 del 05/03/2001, secondo cui cui l’ordinamento attribuiva effi- fra giudici ordinari ed arbitri cacia uguale a quella di una sen- non possono configurarsi quetenza (Cass. 1.2.99 n. 833). stioni di competenza, potendo Veniva in rilievo, dunque, una tali questioni porsi, in senso tecpronuncia che – prendendo atto nico, solo fra giudici (e gli arbitri dell’esistenza di una valida clau- non possono essere considerati sola arbitrale - risolveva una que- tali), cosicchè in ogni caso, il stione sulla competenza (così c o n t r a s t o Cass. n. 12175 del 15/09/2000; sulla validità Cass. n. 14366 del 03/11/2000; di una clauCass. n. 2490 del 21/02/2001; sola comproCass. n. 16056 del 21/12/2000; m i s s o r i a , Cass. n. 6710 del 15/05/2001). ovvero sul Si è poi avuto un deciso muta- deferimento mento di rotta a partire dalla pro- ad arbitri di nuncia delle Sezioni Unite n. 527 una causa ad del 3.8.2000, secondo la quale, opera di un pur nell’ambito dei rapporti tra determinato arbitrato e giurisdizione, la pro- compromesnuncia che prenda atto dell’esi- so o di una stenza di una clausola arbitrale determinata risolve una questione sul merito c l a u s o l a della causa, onde va dichiarata la compromisimproponibilità della domanda. soria, non L’orientamento è stato ripreso e può essere confermato da successive pro- considerata questione di comnunce (es. Cass. n. 15524 del petenza, bensì di merito. 07/12/2000), che ne hanno via via Principio ribadito da Cass. n. specificato i contorni. 6007 del 24/04/2001, secondo cui Così Cass. n. 1403 del l’arbitrato rituale, al pari di quel01/02/2001, secondo cui posto lo irrituale, non si configura che anche nell’arbitrato rituale come affidamento agli arbitri di la pronuncia arbitrale ha natura una frazione di quello stesso “ “ “ potere giurisdizionale che la legge attribuisce all’autorità giudiziaria statale, ma si caratterizza, viceversa, per la sua ontologica diversità rispetto a quest’ultimo, costituendone la sua antitesi e la sua negazione. La pronuncia arbitrale, pertanto, ha natura di atto di atto di autonomia privata, per ciò stesso derogativo della giurisdizione statuale, con conseguente esclusione della configurabilità di una questione di competenza stricto sensu tra l’autorità giudiziaria e gli arbitri. L’orientamento si è sostanzialmente consolidato con le successive pronunce della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 7533 del 04/06/2001; Cass. n. 13484 del 30/10/2001; Cass. n. 15405 del 5/12/2001; Cass. n. 3026 del 1/03/2002). La conseguenza, in termini di natura della pronuncia del giudice che prenda atto dell’esistenza di una clausola arbitrale regolatrice della controversia tra privati, è bene esplicitata da Cass. n. 10925 del 08/08/2001, secondo cui la eccezione, con la quale si deduca l’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato rituale, così come nel caso di arbitrato irrituale, non attiene alla competenza, ma al merito, essendo diretta a far valere non l’incompetenza del giudice adito, ma la rinunzia convenzionale delle parti all’azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, e, quindi, l’improponibilità della domanda. Occorre soltanto risolvere un problema postosi nel corso del giudizio atteso che la parte attrice, all’udienza di trattazione dell’11.3.1996, pur riconoscendo ...l'inutile decorso del termine e la persistente inerzia degli arbitri legittimi solo alla richiesta di sostituzione degli stessi ai sensi dell'art. 813, co. 3, c.p.c ... “ 30 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA l’operatività della clausola arbi- (e dunque in epoca addirittura trale, sollevò una eccezione di successiva alla notifica dell’atto decadenza del Collegio arbitrale di citazione introduttivo del preche era stato insediato prima sente giudizio), le parti autorizzadella proposizione della doman- rono il collegio arbitrale al depoda giudiziale, chiedendo un ter- sito del lodo entro il 31.10.1995. mine per la esibizione della docu- Nessuna altra udienza risulta mentazione comprovante l’ecce- tenuta né risulta il deposito del zione di decadenza. lodo. Orbene, parte attrice non provvi- Orbene se è vero che secondo Rocca San Felice, La Rocca de nei termini una risalente di cui all’art. e non condi184 c.p.c. a visibile giuridepositare la sprudenza documentazio(richiamata ne. anche dall’atE’ anche vero, tore) l’inutile peraltro, che il decorso del Giudice istruttermine pretore dell’eposcritto per la ca, invece di pronuncia risolvere in del lodo limine litis la determina questione soll’inefficacia levata con l’ecdel patto cezione di compromiscompromesso sorio ed il arbitrale, risorgere diede ingresso alla fase istrutto- della competenza dell’autorità ria – consentendo l’espletamento giudiziaria ordinaria, è invece degli interrogatori formali deferi- preferibile ritenere, con la studio ti dalle parti – ed assegnò, con più avvertita, che l’inutile decorordinanza del 28.6.1999 e dunque so del termine e la persistente ben oltre le preclusioni istrutto- inerzia degli arbitri legittimi solo rie nel frattempo maturate, termi- alla richiesta di sostituzione degli ne alla parte più diligente per stessi ai sensi dell’art. 813, co. 3, produrre copia degli atti del pro- c.p.c., con conseguente decorcedimento arbitrale (atti peraltro renza di un nuovo termine, in depositati solo in parte all’udien- assenza di una rinuncia pattizia za del 18.9.2000 ed ancora di tutte le parti alla decisione all’udienza dell’1.10.2001). arbitrale (nella specie assente, Ma è anche vero che quella ordi- avendo il convenuto sempre nanza, ponendosi contro il prin- mantenuto ferma l’eccezione di cipio della rigida separazione clausola arbitrale ed avendo della fasi processuali, deve esse- spiegato le sue difese nel merito re revocata ai sensi degli artt. 177 ed avanzato domanda riconvene 178 c.p.c., con conseguente inu- zionale solo in via subordinata tilizzabilità della documentazio- per il caso di rigetto dell’eccezione relativa al procedimento arbi- ne). trale. In definitiva, poiché la controverDel resto, quando anche si voles- sia attiene certamente a diritti se ritenere utilizzabile la docu- disponibili e non rientra nell’area mentazione relativa al procedi- di “non compromettibilità in arbimento arbitrale, neppure potreb- tri” prevista dall’art. 806 c.p.c. e be ritenersi fondata l’eccezione poiché la clausola arbitrale condi decadenza del Collegio arbitra- tenuta nell’art. 13 dell’atto costile. tutivo della società Campania Risulta dala stessa, infatti, che Trasporti S.N.C. continua a manancora all’udienza del 30.9.1995 tenere la sua efficacia, deve esse- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi re dichiarata l’improponibilità delle domande innanzi al giudice ordinario adito. Per la complessità della questione affrontata e per l’atteggiamento dilatorio mantenuto da entrambe le parti nel corso dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per una integrale compensazione tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: Dichiara l’improponibilità delle domande proposte dalle parti. Compensa le spese di lite. S. Angelo dei Lombardi, 26.6.2002 31 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA L'AVVOCATO NON HA DIRITTO DI SCIOPERO MASSIMA L'ASTENSIONE COLLETTIVA DALLE UDIENZE PROCLAMATA DAGLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DELL'AVVOCATURA NON PUÒ ESSERE RICOMPRESA NEL CONCETTO TECNICO GIURIDICO DI SCIOPERO, COME DISCIPLINATO DALL'ART. 40 COST., MANCANDO (ALMENO DI REGOLA E TRANNE L'IPOTESI DI APPLICAZIONE DI SANZIONI AD OPERA DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA PER LO SCIOPERO NEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI) SIA UN PREGIUDIZIO ECONOMICO PER LO "SCIOPERANTE" SIA UNA CONTROPARTE ALLA QUALE VIENE INFLITTO UN DANNO ECONOMICO SIA INFINE QUELLA "SOTTOPROTEZIONE SOCIALE" DELLA CATEGORIA CHE FA RICORSO ALLO SCIOPERO IN FUNZIONE DI RIEQUILIBRIO DI POSIZIONI DI FORZA ECONOMICA DISOMOGENEE. IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLE ASTENSIONI FORENSI È DA INDIVIDUARE NELLA GARANZIA DELLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE PREVISTA DALL'ART. 18 COST. E NON ANCHE NELL'ART. 24, COMMA 2, COST., CHE TUTELA IL DIRITTO DI DIFESA IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCEDIMENTO, DAL MOMENTO CHE IL TITOLARE DEL DIRITTO ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE (OSSIA NORMALMENTE IL CLIENTE DELL'AVVOCATO) NELLE IPOTESI DI ASTENSIONE COLLETTIVA DALLE UDIENZE È PORTATORE DI UN INTERESSE POTENZIALMENTE CONTRAPPOSTO A QUELLO DEL DIFENSORE, TESO CIOÈ AD UNA TRATTAZIONE SOLLECITA DELLA CONTROVERSIA. LA PROCLAMAZIONE DELL'ASTENSIONE FORENSE ATTRIBUISCE AL DIFENSORE IL DIRITTO DI ASTENERSI DALLA TRATTAZIONE DEL PROCEDIMENTO, MA NON PRIVA IL DIFENSORE DELLA CONTROPARTE DEL DIRITTO DI CHIEDERE LA TRATTAZIONE DELLO STESSO. LA PARTE CHE, PUR EDOTTA DEL RINVIO, NON SI PRESENTI PROPRIO ALL'UDIENZA, ANCHE SOLO PER DICHIARARE DI ADERIRE ALL'ASTENSIONE, DOVRÀ SUBIRE TUTTE LE CONSEGUENZE ANCHE DI UNA EVENTUALE TRATTAZIONE RICHIESTA DALLA CONTROPARTE NELL'ESERCIZIO DEL CONCORRENTE DIRITTO DI NON ADERIRE ALL'ASTENSIONE. NELL'IPOTESI IN CUI SOLO UNA DELLE PARTI DICHIARI DI ADERIRE ALL'ASTENSIONE E L'ALTRA, NONOSTANTE TALE DICHIARAZIONE, INSISTA PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ PROCESSUALE, IL GIUDICE DOVRÀ LIMITARSI A PROVOCARE IL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI PRESENTI E DOVRÀ ASSICURARE ALLA PARTE CHE ABBIA DICHIARATO DI ASTENERSI DI ESERCITARE IL SUO DIRITTO DI DIFESA ANCHE EVENTUALMENTE REVOCANDO LA DICHIARAZIONE DI ADESIONE, MA NON POTRÀ ESIMERSI DAL TRATTARE LA CONTROVERSIA. TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI LOMBARDI ORDINANZA DEL 13.12.2002 DOTT.L.CIAFARDINI (omissis) Il Giudice Letti gli atti del procedimento n. xxx/2000, sciogliendo la riserva ritenuta all’udienza del 12.11.2001 OSSERVA All’udienza del 7.10.2002, fissata per l’espletamento delle prove testimoniali e tenuta nel corso di una astensione dalle udienze proclamata dal locale Foro, erano presenti il Difensore di parte 32 attrice ed il Difensore del convenuto xxx. Nessuno compariva per il terzo chiamato in causa xxx. Il procuratore di parte attrice, appartenente a Foro diverso da quello si S. Angelo dei Lombardi, chiedeva l’escussione del teste citato. Il procuratore di parte convenuta dichiarava di aderire all’astensione dalle udienze proclamata dal locale Foro. Il Difensore di parte attrice insisteva nella richiesta di espletamento della prova testimoniale. Il Difensore di parte convenuta, preso atto dell’insistenza di parte attrice a trattare la causa, si allontanava dall’aula di udienza, confermando la propria astensione. Si procedeva all’escussione del teste citato (peraltro proveniente da fuori regione) e parte attrice, Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA all’esito, chiedeva la declaratoria all’udienza del 7.10.2002 era di decadenza dalla prova ammes- dovuta all’astensione dalle udiensa per il terzo chiamato xxx, non ze proclamata dal locale foro, cui risultando citati i testi ammessi il difensore aveva implicitamente per quest’ultima e non essendo aderito non presentandosi gli stessi comparsi. all’udienza. Il Giudice si riservava di provve- Orbene, occorre procedere su tale istanza alla successi- dere ad alcune consideva udienza, nel corso della quale razioni di carattere il terzo chiamato esibiva la inti- generale prima di promazione a testi regolarmente cedere alla decisione effettuata per l’udienza del sulle contrapposte 7.10.2002. istanze avanzate dalle Il procuratore di parte attrice sol- parti. levava allora ulteriore eccezione In primo luogo va scandi decadenza dalla prova ammes- dagliato il fondamento sa per la xxx, questa volta ai costituzionale del diritsensi dell’art. 208, co. 1, c.p.c., to di astensione dalle per non essersi la parte presenta- udienze esercitato ta all’udienza fissata per l’esple- dall’Avvocato, avendo tamento del mezzo istruttorio. la legge n. 83 del 2000 Chiedeva altresì dichiararsi parte (di modifica ed integraconvenuta decaduta dalla prova zione della legge 146/90) inserito contraria per non avere citato i le astensioni collettive degli testi né per l’udienza del Avvocati nel sistema di bilancia7.10.2002 né per la successiva mento a salvaguardia dei diritti udienza dell’11.11.2002. della persona costituzionalmente La difesa di parte convenuta xxx tutelati. chiedeva fissarsi ulteriore udien- Come ha infatti sottolineato la za per procedere a nuova escus- Corte Costituzionale, nella fondasione dei testi di parte attrice, mentale sentenza n. 171 del 1996 onde poter procedere anche (in Giur. Cost., 1996, 1552 ss.), all’espletamento della prova con- tale forma di protesta collettiva traria ammessa con i medesimi può compromettere il pieno ed testi, nonché per procedere a ordinato esercizio di funzioni, confronto tra i come queltesti escussi. la giurisdiRipor tandosi zionale, ... fondamento alle deduzioni che assudettate a vermono un costituzionale del bale di udienza r i l i e v o diritto di astensione essenziale dell’11.11.2002, inoltre, chiedenell’ordinadalle udienze va dichiararsi mento. esercitato la nullità della La stessa prova espleta- dall'Avvocato, la legge C o r t e ta per parte n. 83 del 2000 ... attrice, non avendo la stessa intimato i propri testi per le udienze ante- Costituzionale ha decisamente riori a quella del 7.10.2002. escluso che l’astensione collettiLa difesa della parte chiamata in va dalle udienze proclamata dagli causa xxx chiedeva dichiararsi la organi rappresentativi nullità della prova testimoniale dell’Avvocatura possa essere assunta all’udienza del 7.10.2002 ricompresa nel concetto tecnico per violazione del principio del giuridico di sciopero, come discicontraddittorio, in quanto la plinato dall’art. 40 Cost. mancata presenza del difensore Manca infatti (almeno di regola e “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi tranne l’ipotesi di applicazione di sanzioni ad opera della Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali) un pregiudizio economico per lo “scioperante” e manca soprattutto una controparte alla quale viene inflitto un danno economico. Manca infine quella “sottoprotezione sociale” della categoria che fa ricorso allo sciopero in funzione di riequilibrio di posizioni di forza economica disomogenee. Per questo non sono condivisibili le decisioni giurisprudenziali che riconducono l’astensione collettiva dalle udienze nel fenomeno dello sciopero (cfr. Pret. Monza, 15.5.1993, in Foro it., 1994, II, 191; Pret. Ivrea, 26.3.1996, in Rass. For., 1997, 261; Corte d’App. Napoli, 15.6.1995, in Giur. Mer., 1995, 901 ss., citata anche dalla difesa della Sun Ice). Ugualmente da respingere sono le costruzioni studiorie che riconducono il fenomeno alla “serrata”, mancando lavoratori dipendenti contrapposti al datore di lavoro e nei confronti dei quali la serrata è in genere diretta. Va piuttosto notato che nella generalità dei casi, durante le astensioni forensi, l’attività professionale che si svolge all’interno degli studi legali non si interrompe (ricevimento dei clienti; studio degli atti; predisposizione di attività defensionale; ecc.), venendo sospesa solo l’attività di rappresentanza ed assistenza in udienza. Ha avuto molto successo in studio, perché suggerita dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 171 del 1996, la tesi secondo cui il fondamento costituzionale delle astensioni forensi sarebbe da individuare nella garanzia della libertà di associazione prevista dall’art. 18 Cost., 33 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA PIANO TERRA: TRIBUNALE SEZIONE PENALE CANCELLERIA PENALE ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedì-Venerdi Ore 8.30-13.30 Martedì-Mercoledì Ore 15.00-17.00 Sabato Ore 9.00-13.00 AULE DI UDIENZA PENALE UFFICIALI GIUDIZIARI ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedì-Venerdi ore 9.00-12.00 Sabato ore 9.00-10.00 Atti urgenti ore 9.00-10.00 Periodo feriale 1/08-15/09 ore 9.00-10.00 UFFICIO DELGIUDICE DI PACE ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedi-Sabato 9.00-13.00 Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00 Tel.-Fax 0827-23872 E-mail: gdp.santangelodeilombardi@giustizia.it I PIANO: CANCELLERIA CIVILE ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedì-Venerdì ore 9.00-13.30 Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00 Sabato:assicurati i servizi di cancelleria complementari alle attività giudiziarie connesse all’osservanza dei termini processuali CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI Tel-Fax 0827-23144 II PIANO: PROCURA DELLA REPUBBLICA Procuratore della Repubblica Dott. Mario Pezza ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedì – Venerdì ore 8.30 – 13.30 Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00 Sabato:assicurati i servizi di cancelleria complementari alle attività giudiziarie Segue a pag. 36 34 che si dipanerebbe in una serie di esempio i testimoni, nonché il facoltà tra le quali rientrerebbero rilievo, oggi assurto a rango la proclamazione e l’attuazione costituzionale, da attribuire delle astensioni. all’esigenza di assicurare una Ulteriore specificazione di tale “ragionevole” durata al procediorientamento è data dalla tesi mento (cfr. art. 111, comma 2, che riconduce le astensioni Cost.). forensi all’esercizio della libertà A non diversi risultati, giova per di azione sindacale garantita dal- completezza aggiungere, si perl’art. 39 Cost. verrebbe sulla scia di recentissiCertamente da escludere è l’ag- ma studio, che aggancia le astengancio con l’art. 24, comma 2, sioni collettive alla garanzia della Cost., che tutela il diritto di dife- libertà di iniziativa economica di sa in ogni stato e grado del proce- cui all’art. 41 Cost. dimento. Ha osservato acuta stu- Escluso, in ogni caso, che il fondio che a tale ricostruzione si damento costituzionale deloppone il tradizionale carattere l’astensione collettiva forense sia di personalità dei diritti di libertà rintracciabile nell’art. 40 Cost., e, tra questi, del diritto di tutela va sicuramente respinto l’oriengiurisdizionale, il cui godimento tamento giurisprudenziale citato può avvenire solo dalla Difesa della in maniera diretta, Sun Ice nelle note ad opera cioè del illustrative deposititolare, normaltate in data ... garanzia della mente il cliente del23.11.2002, secondo l’avvocato, che libertà di iniziativa cui l’adesione allo invece nelle ipotesi sciopero degli economica di cui di astensione colAvvocati – avendo all'art. 41 Cost.... lettiva dalle udienquest’ultimo peso ze è portatore di un costituzionale supeinteresse potenzialriore o quantomeno mente contrappoequivalente a quelsto a quello del difensore, teso lo di cui all’art. 24, co. 1, Cost. cioè ad una trattazione sollecita che risulta inevitabilmente sacridella controversia. ficato - determina un impedimenDunque l’inserimento del feno- to allo svolgimento dell’udienza meno in esame nell’alveo dell’art. ed impone il rinvio di ufficio della 18 Cost. impone di trovare un stessa (Corte d’App. Napoli, bilanciamento con altri interessi 15.6.1995, in Giur. Mer., 1995, 901 costituzionalmente garantiti. e ss.). Su questa scia Pret. Napoli, ord. Tale tesi è smentita dalla più 4.7.1995 (in Giur. Merito, 1995, recente giurisprudenza di legitti901 ss.), ha sostenuto, nel conflit- mità (Cass. Sez. I, sent. 16.7.2002, to tra esercizio della libertà di n. 10296), in quanto la proclamaassociazione e diritto di azione, zione dell’astensione dalle udienla sicura prevalenza del diritto ze da parte di un Foro non comtutelato dall’art. 24 comma 1 porta affatto la soppressione delCost. (diritto di agire in giudizio l’udienza tenuta dal Magistrato, per la tutela dei propri diritti ed che invece si svolge nella sua interessi legittimi) nei confronti materialità. di quello previsto dall’art. 18 Né rileva alcun impedimento del Cost.; in termini analoghi Pret. S. difensore alla trattazione della Angelo dei Lombardi, sent. 18 causa, con effetti limitativi del dicembre 1998, in Giur. Merito, diritto di difesa della parte (così 2000, 53 ss. Cass., sez. II, sent. 1468 del Ad abundantiam va anche sottoli- 5.2.1993). neata la rilevanza dei diritti di Piuttosto, come ha sottolineato altri soggetti coinvolti a vario lo stesso Consiglio Nazionale titolo nel processo, come ad Forense, la proclamazione dello “ “ NOTIZIE UTILI (a cura dell’avv. S. Santoro) PALAZZO DI GIUSTIZIA S. ANGELO DEI LOMBARDI Via Petrile PRESIDENTE DEL TRIBUNALE Dott. R. Carbone Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA “sciopero” attribuisce al difensore il diritto di astenersi dalla trattazione del procedimento, ma non priva il difensore della controparte del diritto di chiedere la trattazione dello stesso. Ed infatti “Il diritto di astenersi dalle udienze così come il diritto di non aderire all’astensione sono istituzionalmente garantiti e devono essere esercitati liberamente dal professionista, nè gli organi istituzionali dell’avvocatura possono intervenire sulla scelta operata se non nei casi in cui l’esercizio del diritto, di lavorare o di astenersi, si attivi con modalità tali da cagionare danni ai colleghi e discredito alla dignità e al decoro dell’avvocatura.” (Cons. Naz. Forense, 23/11/2000, n.201). E’ evidente che il danno cui fa riferimento il Consiglio Nazionale Forense si arreca appunto svolgendo attività processuale. E ciò implica che vi sia un Giudice che provvede sulle istanze avanzate dal Difensore che non aderisca all’astensione. E’ ovvio che è “disciplinarmente rilevante il comportamento del professionista che, non aderendo all’astensione e senza avvertire la controparte, abbia insistito per l’effettuazione della prova per testi, assumendo così un comportamento volto a danneggiare il collega di controparte” (così ancora Cons. Naz. Forense, 23/11/2000, n.201). Ma trattasi di questione che involge profili di deontologia professionale e di rapporto tra gli Avvocati, sui quali competente a decidere è appunto il Consiglio dell’Ordine e non il Magistrato, che deve limitarsi a provvedere sulle istanze. E sempre dalla giurisprudenza della sezione disciplinare del Consiglio Nazionale Forense si ricava la certezza dell’ininfluenza della proclamazione dello sciopero rispetto all’esercizio della giurisdizione civile, sub specie di obbligo di provvedere sulle istanze avanzate da Avvocati non aderenti (nello stesso senso Cass., sez. II, sent. n. 2009 del 15.9.1965). Il Consiglio ha infatti statuito che “pone in essere un comportamento contrario ai principi di correttezza e lealtà, oltre che al dovere di colleganza, il professionista che partecipi all’udienza facendo constare a verbale la mancata comparizione a rendere l’interrogatorio del cliente del collega che abbia precedentemente verbalizzato di aderire allo sciopero” (Cons. Naz. Forense, 28/12/2000), con ciò presupponendo il regolare svolgimento dell’udienza. Altra questione è la valutazione processuale del materiale acquisito all’esito di condotta oggettivamente sleale e scorretta del Difensore che approfitti delCalitri l’astensione della controparte per ottenere risultati favorevoli. Si può pensare, ad esempio, all’applicazione dell’art. 88 c.p.c., con il corollario dell’applicazione degli artt. 116 c.p.c. – elementi di prova dal comportamento delle parti -, 96 c.p.c. – soccombenza del litigante scorretto, pur eventualmente vittorioso, ecc. Ma giammai il Giudice potrebbe rifiutare di compiere un’attività (la celebrazione del processo) per lui doverosa, in un ordinamento che prevede il principio di disponibilità delle parti (che comprende quello di far trattare il processo anche in dispregio dei canoni di lealtà e probità processuale, salvo poi subirne le sanzioni sul piano processuale e disciplinare). Né, in una ipotesi siffatta, potrebbe invocarsi la lesione del diritto di difesa e del contraddittorio. La questione non si pone per la Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi parte che, pur edotta del rinvio, non si presenti proprio all’udienza, anche solo per dichiarare di aderire all’astensione. In tal caso essa dovrà subire tutte le conseguenze anche di una eventuale trattazione da parte della controparte nell’esercizio del concorrente diritto di non aderire all’astensione (per spunti in tal senso cfr. la citata Cass., sez. II, sent. n. 2009 del 15.9.1965). Il problema nasce quando solo una delle parti dichiari di aderire all’astensione e l’altra, nonostante tale dichiarazione, insista per lo svolgimento di attività processuale. Il Giudice dovrà provocare il contraddittorio tra le parti presenti (e questo nella specie è puntualmente avvenuto) e dovrà assicurare alla parte che abbia dichiarato di astenersi di esercitare il suo diritto di difesa anche eventualmente revocando la dichiarazione di adesione (ponendo così in essere un comportamento sicuramente “scriminato” dal punto di vista disciplinare). Non a caso una pronuncia della Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata in quanto il giudice a quo non aveva ammesso alla discussione della causa il difensore di una delle parti, che aveva richiesto il rinvio della discussione in adesione ad uno “sciopero” degli avvocati, ma poi, a seguito dell’opposizione della controparte, si era dichiarato disposto a spiegare la propria attività difensiva (Cass. civ., Sez.lav., 08/04/1998, n.3632). In tutti i casi non viene in rilievo alcun comportamento discrezionale del Magistrato, il quale deve trattare la causa, consentendo ai difensori di effettuare le loro istanze ed osservazioni onde influire sul risultato processuale, salvo assumere le sue determinazioni in proposito (sotto il profilo processuale e di iniziativa presso gli organi titolari del potere disciplinare). Del resto si è verificato spesso che singoli difensori si siano fatti “autorizzare” dal Consiglio 35 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA III PIANO: PRESIDENZA AULE dei MAGISTRATI DIRIGENTE dI CANCELLERIA AULE DI UDIENZA CIVILE UFFICIO VOLONTARIA GIURISDIZIONE CENTRALINO Tel.0827-23152 Fax 0827-24164 Segue a pag. 40 36 dell’Ordine locale (procedura del applicare il secondo comma deltutto anomala, visto che al diritto l’art. 104 disp. att. c.p.c. per di aderire corrisponde un altret- l’omessa intimazione di tali testi tanto forte diritto in relazione di non aderire allo all’udienza del sciopero), trattan7.10.2002 (perché do le cause anche le parti potevano ... La parte che in assenza della confidare nell’intiintende aderire mazione controparte o in che presenza di conavrebbe dovuto deve infatti troparti che non si comunque effetdichiararlo.... erano fatte analotuare parte attrigamente autorizce), non può ritezare, senza che nersi giustificata mai nessuno l’omissione dell’inabbia posto in dubbio l’assoluta timazione per l’udienza successilegittimità della celebrazione del va dell’11.11.2002, cosicchè parte processo. E certo non si può pen- convenuta e terzo vanno dichiasare che basti l’autorizzazione rati decaduti dalla prova contradell’organo che proclami lo scio- ria con i medesimi testi di parte pero per escludere una lesione attrice. dei diritti della controparte non Non può, invece, essere dichiaraautorizzata. ta la decadenza dalla prova testiQuesto dunque il quadro genera- moniale diretta ammessa per la le dei principi nel cui alveo assu- Sun Ice. mere le decisioni attinenti al pro- Una applicazione rigorosa dei cesso. principi esposti in precedenza, Partendo dall’eccezione di deca- infatti, dovrebbe portare alla denza dalla prova ex art. 104 declaratoria di decadenza, non dicp. att. c.p.c. (mancata intima- essendo comparsa all’udienza zione dei testi) sollevata sia da del 7.10.2002 la parte nel cui inteparte attrice sia da parte conve- resse i mezzi istruttori erano nuta, va rilevato che le stesse stati ammessi. sono infondate. Come già accennato, infatti, non La Sun Ice ha infatti depositato è condivisibile il principio afferregolarmente le intimazioni ai mato dal precedente giurisprutesti effettuate sia per l’udienza denziale citato dalla difesa della del 7.10.2002 sia per l’udienza Sun Ice secondo cui la mancata dell’11.10.2002. comparizione di una parte ad una La decadenza dalla prova per udienza di “sciopero” dovrebbe mancata intimazione dei testi essere intesa come adesione può essere rilevata dal giudice od all’astensione. opposta dalla controparte solo Se così fosse, infatti, sarebbe iniall’udienza fissata per l’espleta- bito al giudice di rinviare la causa mento con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 309 c.p.c. in caso in mancanza, detta decadenza di mancata comparizione di non può essere dichiarata a entrambe le parti; e ciò a fronte norma degli art. 156 e 157 c.p.c. di un loro comportamento oggetavendo l’atto raggiunto lo scopo tivamente ambiguo, in presenza cui era destinato. di due diritti costituzionali (quaDeve invece essere dichiarata la lunque sia il fondamento normadecadenza di parte convenuta e tivo individuabile nella Carta del terzo chiamato dalla prova Fondamentale, come osservato contraria con i medesimi testi di in precedenza) ugualmente parte attrice, non avendo provve- importanti quali quello di aderire duto gli stessi alla relativa intima- e quello di non aderire alla prozione per l’udienza clamata astensione (Cass. Ord. dell’11.11.2002. 1.2.1991, n. 111). Se infatti sarebbe stato possibile La parte che intende aderire “ “ Segue da pag. 34 connesse all’osservanza dei termini processuali Tel. 0827-23302/23155 CASELLARIO GIUDIZIARIO ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI Lunedì-Venerdì ore 8.30-13.30 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA deve infatti dichiararlo, anche a mezzo di proprio delegato, e non limitarsi a non comparire in udienza, e ciò anche perché i soggetti destinatari delle eventuali sanzioni di cui alla legge n. 146/90 – nell’ipotesi di illegittima proclamazione dell’astensione sono anche i singoli professionisti che (art. 4, co. 4, l. 146/90) “aderendo alla protesta si siano astenuti dalle prestazioni, in caso di violazione dei codici di autoregolamentazione di cui all’art. 2bis, o della regolamentazione provvisoria della Commissione di Garanzia…” (così nella delibera della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, n. 02/113 del 6.6.2002, inviata anche al Presidente del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi). Contrasterebbe con il principio di materialità dell’illecito l’irrogare una eventuale sanzione all’Avvocato che si sia limitato a non comparire all’udienza celebrata nel corso della proclamata astensione tenendo così un comportamento assolutamente neutro e non significativo ai fini della sanzione e rilevante esclusivamente nel rapporto interno con il cliente e per le conseguenze processuali che dallo stesso scaturiscono. Del resto la Suprema Corte (Cass. Sez. I, sent. 16.7.2002, n. 10296, cit.) ha chiarito che l’adesione del difensore all’astensione forense “deve essere portata a conoscenza dell’ufficio, anche mediante semplice dichiarazione rassegnata in udienza, in quanto la facoltà del difensore, pur avendo origine o fonte da un deliberato <<collettivo>>, si esercita mediante un atto di esternazione individuale, la cui presenza è indefettibile, appartenendo alla sfera dei diritti perso- nali la facoltà di aderire, o meno, udienza fissata per l’espletamenad una decisione di astensione to, su istanza della controparte dall’attività”. (che nella specie è mancata) Dunque, la mancata comparizio- oppure su rilievo officioso del ne del procuratore della Sun Ice Giudice (che nella specie si è all’udienza del 7.10.2002 non può limitato ad un mero rinvio con di per sé solo assu- Sant’Angelo dei Lombardi, Via Calitri riserva di provvedemere il significato re sulla diversa istanimplicito di adesioza di decadenza ne all’astensione. avanzata dalla conPeraltro l’unica giutroparte ex art. 104 stificazione addotta disp. Att. c.p.c.). dalla Sun Ice Essendosi “consumaa l l ’ u d i e n z a to” il relativo potere dell’11.11.2002 per all’udienza del la mancata compari7.10.2002 lo stesso zione all’udienza non può essere eserprecedente è quella citato nelle udienze relativa all’astensiosuccessive. ne in atto da parte Del resto la Suprema del locale Foro. Corte ha avuto modo Orbene, per quanto di chiarire che il puro affermato in precee semplice rinvio denza, non è possibile considera- della causa (cui è da considerare re “non imputabile” alla parte la equiparabile il rinvio con riserva mancata comparizione all’udien- di provvedere sulla sola istanza za fissata per l’espletamento ex art. 104 disp. att. c.p.c. avanzadella prova, in quanto né il pote- ta nella specie dalla difesa dell’atre processuale (escussione del tore) non comporta alcuna declateste ammesso) né il “diritto di ratoria, neppure implicita, di astensione” sono stati esercitati decadenza dalla prova ai sensi all’udienza del 7.10.2002. dell’art. 208 c.p.c. (Cass. sent. n. Né viene in rilievo una omissione 2722 del 29.10.1966). inevitabile anche con un compor- Non sussistono, infine, gli estretamento diligente, in quanto mi per disporre la rinnovazione sarebbe bastato comparire in dell’esame testimoniale già espleudienza, anche a mezzo di pro- tato o per mettere a confronto i prio delegato, per dichiarare testi già escussi, come richiesto l’adesione all’astensione in atto, da parte convenuta. laddove nella La decisione sulla consulenza specie la parte tecnica di ufficio richiesta da ha scelto di tene- parte attrice va riservata all’esito re un comporta- dell’espletamento della restante mento assoluta- prova testimoniale. mente inerte e, P.Q.M. per quanto detto Rigetta le contrapposte eccezioni in precedenza, di decadenza dalla prova diretta non univoca- e fissa per l’espletamento della mente significa- prova testimoniale ammessa per tivo (tenuto la Sun Ice l’udienza del ______. conto anche del Si comunichi fatto che il pro- S. Angelo dei Lombardi, cedimento non 13.12.2002 era in passato Il Giudice incappato in altre udienze “di sciopero”). Dr. Luciano Ciafardini La decadenza di cui all’art. 208 c.p.c., tuttavia, non può che essere dichiarata nella medesima Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 37 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA DIFFERENZA TRA DANNO PSICHICO E DANNO MORALE E CRITERI DI LIQUIDAZIONE DEL DANNO DA RITARDO RIF. NORM. C.P.C. 1224, 1282 MASSIMA L'EVENTO STRESSANTE IN GRADO DI PROVOCARE IL DISTURBO POST-TRAUMATICO IDONEO AD INCIDERE PERMANENTEMENTE SULL'INTEGRIT PSICHICA DEL SOGGETTO È SOLO QUELLO VIOLENTO ED IMPROVVISO AVENTE IL SIGNIFICATO DI GRAVE ED IMMINENTE PERICOLO DI VITA, E NON ANCHE QUELLO COLLEGATO AD UN EVENTO SICURAMENTE TRAUMATICO MA RIENTRANTE NEL NOVERO DEGLI EVENTI DI MODESTA PORTATA CLINICO-PROGNOSTICA, I QUALI PIUTTOSTO SONO CERTAMENTE IDONEI AD INCIDERE SULLA LIQUIDAZIONE DEL DANNO MORALE, INTESO COME TRANSEUNTE STATO DI TURBAMENTO PSICOLOGICO, CONCERNENTE LE SOFFERENZE DI ORDINE PSICHICO E MORALE CHE IL DANNEGGIATO SUBISCA IN CONSEGUENZA DELL'INFORTUNIO. IL DANNO DA RITARDO NASCENTE DAL TARDIVO PAGAMENTO DELLA SOMMA RICONOSCIUTA A TITOLO RISARCITORIO VA LIQUIDATO SOTTO FORMA DI INTERESSI O CALCOLANDOLI SUL VALORE DELLA SOMMA VIA VIA RIVALUTATA NELL'ARCO DEL PERIODO DI RITARDO, OVVERO UTILIZZANDO DEGLI INDI- TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI - SENTENZA DEL 20 GIUGNO 2003 - DOTT. LUCIANO CIAFARDINI (omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione notificata in data 27-29.10.1999 gli appellanti convenivano in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Frigento (AV) C. G. e la UNIASS Ass.ni per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni alla persona subiti dal minore T. R. (n. il 31.7.1986) in conseguenza del sinistro verificatosi in Villamaina in data 18.4.99. Sostenevano gli attori che la responsabilità del sinistro era addebitabile esclusivamente a C. G., che con la sua auto Renault 19 tg. AV353439 – assicurata presso la Uniass Ass.ni - aveva investito T. R. in retromarcia. Si costituiva Cipriano Gaetano, contestando la ricostruzione dei fatti operata dagli attori. Si costituiva anche la Uniass Ass.ni, aderendo alle difese spiegate dal Cipriano. All’esito del giudizio di primo grado, il Giudice di Pace, con sen- 38 tenza n. 23\2001 depositata in data 21\7\2001, riconoscendo l’esclusiva responsabilità nella causazione del sinistro in capo al C., condannava i convenuti in solido al risarcimento dei danni in favore dei legali rappresentanti del minore T. R. nella misura di £ 5.372.500 (£. 1.900.000 a titolo di danno biologico corrispondente all’1% di invalidità permanente; £ 510.000 per 10 giorni di invalidità temporanea assoluta; £ 257.000 per 10 giorni di invalidità temporanea parziale al 50%; £ 700.000 per danno morale; £ 2.000.000 per danni patrimoniali collegati alla ricostruzione protesica), con interessi legali dalla data del sinistro, oltre liquidazione delle spese legali. Avverso detta decisione hanno proposto appello T. M. e D. C., in qualità di genitori e legali rappresentanti del minore T. R., con atto notificato in data 24-28.1.2002, con il quale hanno convenuto innanzi a questo Tribunale Cipriano Gaetano e la Uniass Ass.ni, allo scopo di veder riformata l’impugnata sentenza, per i seguenti motivi: Immotivato rigetto delle conclusioni medico-legali della C.T.U. sull’invalidità permanente ed insufficiente motivazione in ordine ai criteri adottati per la determinazione e liquidazione dell’invalidità permanente. In particolare gli appellanti si dolgono del fatto che il Giudice di prime cure si sia discostato dalle conclusioni cui era giunto il CTU dr. Pascucci in ordine alla sussistenza di esiti permanenti sull’integrità fisio-psichica in misura pari al 2,5% per la frattura parziale traumatica dell’incisivo superiore centrale destro, con sottile linea di frattura a becco di clarino al III° medio della radice corrispondente, con inabilità temporanea assoluta pari a 10 giorni ed inabilità temporanea parziale al 50% Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA pari a 10 giorni, e con disturbo post-traumatico da stress. Il Giudice di prime cure, basandosi sulla sola circostanza che il minore si era rialzato da solo dopo lo scontro, avrebbe immotivatamente escluso un trauma psichi- co permanente che aveva portato, invece, il CTU a calcolare gli esiti permanenti nella misura del 2,5% Immotivato rigetto delle conclusioni medico-legali della C.T.U. in ordine al danno patrimoniale subito ed insufficiente motivazione in ordine ai criteri adottati per la determinazione e liquidazione di tale danno. Il Giudice di prime cure si sarebbe erroneamente discostato dalle risultanze dell’ausiliare tecnico, che aveva quantificato i danni patrimoniali in un ammontare pari a £ 800.000900.000 per la ricostruzione dell’elemento dentario (oltre £ 300.000 per la necessaria terapia scanalare), da rinnovare ogni 810 anni, laddove il CTU aveva operato una valutazione equitativa onnicomprensiva – non richiesta da nessuna delle parti – liquidando tale danno in complessive £ 2.000.000. Sulla scorta di tali motivi, gli appellanti chiedevano di riformare la sentenza di primo grado in ordine al quantum del risarcimento del danno, riconoscendo il danno biologico in misura pari al 2,5%, il danno morale in misura pari ad ½ del danno biologico ed il danno patrimoniale in £ 7.500.000 (il tutto previa sottrazione della somma ricevuta a titolo di acconto in esecuzione della sentenza di primo grado per £ 5.372.500), con vittoria delle spese anche del secondo grado di giudizio. Si costituivano gli appellati, chiedendo l’integrale conferma della sentenza di primo grado, anche sulla scorta delle osservazioni alla CTU in primo grado avanzate dal perito di parte convenuta ed evidentemente accolte dal Giudice di prime cure. Precisate dalle parti le conclusioni di cui in epigrafe, la causa veniva riservata in decisione all’udienza del 3.3.2003, previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. che può pacificamente, secondo la letteratura scientifica più accreditata, essere valutato in misura pari all’1% di riduzione dell’integrità fisica del soggetto), ma anche di quelli incidenti sulla sfera psichica, derivanti dal “forte spavento” caratteristico in tutte le persone che vengono investite e che possono avere conseguenze nella vita futura, tanto da aver indotto il CTU dr. P. ad aumentare la percentuale di invalidità al 2,5 %. Orbene, ritiene questo giudicante che la doglianza non colga nel segno. Seppure con una motivazione stringata il Giudice di prime cure ha correttamente escluso la sussistenza di un trauma psichico permanente, peraltro solo ipotizzato dal CTU senza alcun aggancio con risultanze di esami clinici specifici, essendo del tutto mancata la prova della causazione di una percezione di un grave ed MOTIVI DELLA DECISIONE imminente pericolo in grado di lasciare tracce indelebili nella L’appello è solo parzialmente fon- psiche del minore investito. dato e va accolto per quanto di Ritiene questo giudicante di ragione. dover condividere le osservazioInvero, l’unico capo impugnato ni critiche svolte sul punto alla della sentenza di primo grado, CTU a firma dr. P. ad opera del che per i restanti capi deve esse- consulente di parte convenuta in re considerata passata in giudica- primo grado, dr. Pescatore (sufto (con particolare riferimento fragata da letteratura scientifica all’esclusiva responsabilità del C. sufficientemente accreditata pronella causazione del sinistro ed dotta per estratto agli atti di alla riconducibilità a quest’ulti- causa), secondo il quale l’evento mo delle lesioni prospettate dagli stressante in grado di provocare attori ed analizzate dal CTU in il disturbo post-traumatico idoprimo grado), concerne la deter- neo ad incidere permanentemenminazione del te sull’integrità Frigento, Panorama quantum di risarpsichica del sogcimento dei danni. getto è solo quello Affermano in parviolento ed ticolare gli appelimprovviso avenlanti che male te il significato di avrebbe fatto il grave ed imminenGiudice di prime te pericolo di vita, cure a non riconoe non anche quelscere il 2,5% di lo collegato ad un invalidità permaevento sicuranente comprensimente traumatico va non solo degli ma rientrante nel esiti relativi all’innovero degli eventegrità fisio-psichica (frattura ti di modesta portata clinico-proparziale traumatica di un dente, gnostica. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 39 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA Piuttosto, eventi di tale genere, soprattutto in un soggetto minore, sono certamente idonei ad incidere sulla liquidazione del danno morale, inteso come transeunte stato di turbamento psicologico, concernente le sofferenze di ordine psichico e morale che il danneggiato subisca in conseguenza dell’infortunio, che nella specie può sicuramente essere calcolato in base ad una percentuale pari al 50% del danno biologico liquidato, senza possibilità di incidere sugli esiti permanenti dell’integrità fisio-psichica (del resto lo stesso CTU ha affermato che il soggetto si presentava vigile, tranquillo, ordinato, collaborante, ben orientato nello spazio e nel tempo, senza segni deficitari e/o irritativi a carico del sistema nervoso centrale o periferico). Va invece accolto il motivo di appello relativo alla liquidazione equitativa operata dal primo giudice in ordine al danno patrimoniale cagionato. Sia il CTU sia il CTP in primo grado hanno infatti concordato in ordine all’ammontare delle spese necessarie per l’intervento protesico (£ 800.000) e per la terapia scanalare (£ 300.000), nonché sulla necessità della rinnovazione dell’intervento ogni 10 anni, cosicché non trova alcuna spiegazione logica la limitazione della liquidazione del danno patrimoniale a £ 2.000.000, dovendosi invece calcolare un importo iniziale di £ 1.100.000 per il primo intervento ed una ripetizione dello stesso per almeno 6 volte (in base alla considerazione che la durata media dell’uomo è di circa 80 anni), dovendosi dunque giungere ad un ammontare pari a Lire 5.900.000 pari ad Euro 3.047,10. Nessuna censura è stata mossa in ordine al calcolo dell’ITT e dell’ITP operata in primo grado, né sull’importo riconosciuto per ogni punto di invalidità (1.900.000 x 0.940 coefficiente di moltiplicazione relativo all’età) onde non appare possibile un riesame in grado di appello. Concludendo, per il danno biologico vanno riconosciuti Euro 922,39; per il danno morale Euro 461,20; per l’ITT Euro 265,98; per l’ITP Euro 132,99; per il danno patrimoniale Euro 3.047,10. In totale vanno riconosciuti agli appellanti, nella qualità, Euro 4.829,56, da considerare comprensivi anche della rivalutazione monetaria fino alla data della pronuncia della presente senten- “ risarcitorio, intanto può essere riconosciuto in quanto il creditore ne abbia fornito la prova, non potendo essere considerato presunto per legge. Nel temperare tale affermazione, e consapevole delle difficoltà spesso insormontabili cui potrebbe andare incontro il creditore qualora si optasse per un’interpretazione rigida, la Corte ha poi soggiunto che la prova de qua può essere fornita anche attraverso il ricorso a criteri presuntivi ovvero mediante l’utilizzo di criteri equitativi, indicando diverse soluzioni. Tra queste ha peraltro suggerito anche il ricorso alla liquidazione sotto forma di interessi o calcolandoli sul valore della somma via via rivalutata nell’arco del periodo di ritardo, ovvero utilizzando degli indici medi di rivalutazione, avendo al contempo cura di ribadire l’impossibilità, come avvenuto invece in passato, di poter compiere tale calcolo sulla somma riconosciuta al danneggiato per il danno emergente già rivalutata, pena il verificarsi di “una sorta di anatocismo, all’infuori dei casi previsti dall’art. 1283”. Nella fattispecie in esame, proprio alla luce dell’adesione all’opinione espressa dalle Sezioni Unite, è possibile ritenere la sussistenza del pregiudizio de quo proprio in considerazione dell’ammontare della somma liquidata in precedenza, dello scarto tempor a l e tra la d a t a dell’illecito e quella della liquidazione, che contribuiscono a rafforzare il convincimento circa l’esistenza del danno ... non è consentito il cumulo del risarcimento da svalutazione con la liquidazione forfettaria degli interessi stessi.... “ 40 za. Su tale somma così rivalutata non possono essere concessi gli interessi nella misura legale a decorrere dal momento del fatto illecito, secondo il tradizionale orientamento giurisprudenziale, poichè detto orientamento è stato superato dalla pronuncia delle S.U. del Supremo Collegio n. 1712 del 17.2.1995. La Corte ha infatti riconosciuto che non è consentito il cumulo del risarcimento da svalutazione con la liquidazione forfettaria degli interessi stessi, computati sulla somma rivalutata a decorrere dal giorno dell’evento. Tale sistema, invero, non esclude la possibilità che il danneggiato consegua un ristoro pecuniario maggiore del danno concretamente subito. Tuttavia, il danno da ritardo nascente dal tardivo pagamento della somma liquidata a titolo Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA da ritardato pagamento, potendosi ragionevolmente sostenere che il creditore avrebbe impiegato fruttuosamente la somma riconosciutagli. Tale danno si ritiene poi di poter quantificare facendo ricorso alla attribuzione degli interessi al tasso annuo equitativamente stabilito in misura pari al 4 %, sulla somma di Euro 4.611,83 (pari alla media tra la somma rivalutata e quella devalutata al momento del fatto secondo gli ultimi indici ISTAT disponibili del febbraio 2003), dalla data del fatto (18.4.1999) fino a quella di pubblicazione della presente sentenza. A seguito del passaggio in giudicato della sentenza che provvede alla liquidazione del danno, il debito risarcitorio di valore si trasforma in debito di valuta, cosicchè, ai sensi dell’art. 1282 c.c., sulla somma liquidata vanno applicati gli interessi al tasso legale, mentre nulla deve essere corrisposto a titolo di rivalutazione, atteso che, stante l’attuale modesto incremento del fenomeno inflattivo, in mancanza di prova diversa, il relativo pregiudizio (da ricomprendersi nel maggior danno di cui all’art. 1224, co. 2, c.c.) è tale da poter essere adeguatamente compensato con la corresponsione dei soli interessi legali. Dalle somme così determinate deve essere detratto l’importo eventualmente già percepito in esecuzione della sentenza di primo grado. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo e di ufficio, in mancanza di nota spese tempestivamente depositata. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto da T. e D. avverso la sentenza n. 23/2001 depositata in data 21.7.2001 dal Giudice di pace di Frigento (AV), accoglie parzialmente l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza così provvede: Condanna, in solido tra loro, C. G. e la Uniass Assicurazioni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante p.t., al risarcimento dei danni in favore di T. E D., nella qualità genitori e legali rappresentanti del minore T. R., che liquida nella misura di Euro 4.829,56, oltre interessi al 4% sulla somma di Euro 4.611,83 dal 18.4.1999 fino alla data di pubblicazione della presente sentenza ed oltre interessi legali sulla complessiva somma così determinata dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo, detratta la somma percepita in esecuzione della sentenza di primo grado. Condanna, in solido tra loro, C. G. e la Uniass Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t., al rimborso in favore degli appellanti delle spese del secondo grado di giudizio, che liquida in Euro 814,21, di cui Euro 124,31 per spese, Euro 309,90 per diritti e Euro 380 per onorario, oltre IVA e CPA come per legge. Così deciso in S. Angelo dei Lombardi il 20.6.2003 Il Giudice Dr. Luciano Ciafardini P.Q.M. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Segue da pag. 36 TRIBUNALE CIVILE UDIENZE CIVILI: CAUSE CIVILI ORDINARIE Lunedi: Dott. L. Ciafardini - Dott. G. Iannarone Dott. Santoro Martedì: Dott. P. Calabrese - Dott. F. Magistero Dott. R.Carbone (Presidente) Dott. Vicinanza - Dott.ssa Rafaniello Dott. E. Di Blasio ESECUZIONI IMMOBILIARI Martedì: Dott. P. Calabrese ESECUZIONI MOBILIARI Mercoledì: Dott.ssa G. Fiore LAVORO E PREVIDENZA Martedi: Dott. C. Luce Venerdì: Dott. D. Colucci COLLEGIO AGRARIO Primo giovedì di ogni mese CANCELLERIE Pubb. Sentenze -Decreti Ingiuntivi A. Strazza Iscrizioni a Ruolo G. Parenti Ruoli Udienze M. Balestra-S.Buongiardino Sez. Stralcio A. Chieffo Volontaria Giurisdizione E. Fiorenzi Ricorsi di FallimentoCampione Fallimentare A. C. Cianci - R. Imbriano Esecuzioni Mobiliari G. Lotano Ufficio Ragioneria V. Rabasca Coord.Settori: Fallimento- Esecuzioni I. Cangero Esecuzioni Immobilari* R. Iannaccone Fallimentare** I. Cangero Lavoro E Previdenza L. Di Leo- C. Cerbino- Tedesco Ufficio Tutela E Curatela G. Iuliano *Accesso Fascicoli Esec. Immob. Lunedì,Mercoledì,Venerdì ** Accesso Fascicoli Fallimento Martedì, Mercoledì, Giovedì 41 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA LA DELIBERA CONDOMINIALE NON E' SINDACABILE NEL MERITO DALL'A.G.O RIF. NORM. COST. ART. 24 L. N.742/69 C.C. ART 1137 C.P.C. 155 MASSIMA L'IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE CONDOMINIALI PUÒ ESSERE PROPOSTA, INFATTI, OLTRE CHE CON IL RICORSO, COME PREVISTO DALL'ARTICOLO 1137 DEL C.C., ANCHE CON L'ATTO DI CITAZIONE, PURCHÉ LO STESSO VENGA NOTIFICATO AL CONDOMINIO NEL TERMINE INDICATO DAL COMMA 3 DEL MEDESIMO ARTICOLO, COSTITUENDOSI IL RAPPORTO PROCESSUALE AL MOMENTO DELLA NOTIFICA DELL'ATTO DI CITAZIONE RITUALMENTE COMPIUTA LE DELIBERAZIONI DI UN'ASSEMBLEA CONDOMINIALE AVENTI CONTENUTO NEGATIVO SONO LEGITTIMAMENTE IMPUGNABILI DINANZI ALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA AL PARI DI TUTTE LE ALTRE SULLE DELIBERE DELLE ASSEMBLEE DI CONDOMINIO DEGLI EDIFICI IL SINDACATO DELL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA NON PUÒ ESTENDERSI ALLA VALUTAZIONE DEL MERITO ED AL CONTROLLO DELLA DISCREZIONALITÀ DI CUI DISPONE L'ASSEMBLEA QUALE ORGANO SOVRANO DELLA VOLONTÀ DEI CONDOMINI, MA DEVE LIMITARSI AL RISCONTRO DELLA LEGITTIMITÀ CHE, OLTRE AD AVERE RIGUARDO ALLE NORME DI LEGGE O DEL REGOLAMENTO CONDOMINIALE, SI ESTENDE ANCHE ALL'ECCESSO DI POTERE, RAVVISABILE QUANDO LA CAUSA DELLA DELIBERAZIONE SIA FALSAMENTE DEVIATA DAL SUO MODO DI ESSERE, IN QUANTO ANCHE IN TAL CASO IL GIUDICE NON CONTROLLA L'OPPORTUNITÀ O CONVENIENZA DELLA SOLUZIONE ADOTTATA DALL'IMPUGNATA DELIBERA, MA DEVE SOLO STABILIRE SE LA DELIBERA SIA O MENO IL RISULTATO DEL LEGITTIMO ESERCIZIO DEL POTERE DISCREZIONALE DELL'ASSEMBLEA. TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 26.01.04 DOTT. L. CIAFARDINI (omissis) Il giudice, dr. Luciano Ciafardini, all’udienza del 26.1.2004, ha pronunziato - dando lettura, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione – la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N.R. 700 dell’anno 2003 TRA P.D.G., rapp.to e difeso dagli Avv.ti R. M. e G. M. E CONDOMINIO PALAZZO R. (Teora -AV- via Nazionale), in persona dell’amministratore p.t. V. R., rapp.to e difeso dall’Avv.to V. D. OGGETTO: impugnativa delibera 42 assembleare RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Con atto di citazione notificato in data 25.11.2003 al Condominio Palazzo R. di Teora (AV) via Nazionale, in persona dell’amministratore p.t., P. D. G. impugnava la delibera condominiale del 25.10.2003, nella parte in cui l’Assemblea aveva ritenuto di non dover esaminare il preventivo a firma degli Arch. F.-F. “perché non all’ordine del giorno”. Chiedeva dunque una pronunzia giudiziale che accertasse e dichiarasse il preventivo di spesa predisposto dagli arch. Forcella e Fratianni per la direzione dei lavori per la ristrutturazione del “Palazzo R.” in Teora più vantaggioso rispetto all’ammontare delle competenze professionali pretese per le corrispondenti opere dai tecnici nominati dal condominio, con condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni. Chiedeva inoltre la sospensione della delibera ex art. 1137 c.c. Si costituiva il condominio con- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA venuto eccependo in via preliminare la tardività dell’impugnazione e contestando nel merito i motivi di impugnazione. La domanda proposta dall’attore è infondata e va rigettata. In via preliminare va rilevato che l’impugnativa è tempestiva. L’impugnazione delle delibere condominiali può essere proposta, infatti, oltre che con il ricorso, come previsto dall’articolo 1137 del c.c., anche con l’atto di citazione, purché lo stesso venga notificato al condominio nel termine indicato dal comma 3 del medesimo articolo, costituendosi il rapporto processuale al momento della notifica dell’atto di citazione ritualmente compiuta (cfr. da ultimo Trib. Milano, Sez.VIII, 08/01/2003, in Guida al Diritto, 2003, 7, 75). Per i condomini assenti il termine decorre dalla data di comunicazione della delibera, mentre per quelli dissenzienti dalla sua approvazione. Risulta dal verbale della delibera che il P. è stato presente alla deliberazione relativa ai primi due punti all’ordine del giorno, per allontanarsi all’atto della discussione del terzo punto (“varie ed eventuali”) dopo aver depositato una richiesta scritta ed una relazione. Orbene, con riferimento alla deliberazione assunta sui primi due punti all’ordine del giorno, peraltro non oggetto di impugnativa giudiziale, il P. va considerato “ il termine per l'impugnativa decorre dalla comunicazione del verbale.... ... “ presente. Non così per quanto concerne la deliberazione del terzo punto (“varie ed eventua- li”). Ed infatti soltanto al momento del voto, nelle assemblee condominiali, viene manifestata in maniera giuridicamente rilevante la volontà dei singoli, con la conseguenza che non possono essere reputati presenti coloro che siano intervenuti nel dibattito e abbiano eventualmente espresso la propria opinione, favorevole o contraria all’approvazione di una proposta, ma in seguito abbiano disertato la seduta, senza partecipare alla votazione (Cass. civ., Sez.II, 05/06/2003, n.8981). Dunque, nella specie il termine per l’impugnativa decorre dalla comunicazione del verbale. Ma se anche si volesse considerare il P. presente alla deliberazione, la soluzione non muterebbe. Nella specie l’impugnazione della delibera del 25.10.2003 è avvenuta con atto di citazione notificato in data 25.11.2003. Se si applica la regola dettata dall’art. 155 c.p.c. per i termini processuali – secondo cui dies a quo non computatur in termino – allora l’impugnativa è tempestiva. Questa è la soluzione preferibile, dal momento che la natura processuale del termine di 30 giorni previsto dlal’art. 1137, co. 3, c.c. si ricava dalla decisione con la quale la Corte Costituzionale ha Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi dichiarato costituzionalmente illegittimo - in riferimento all’art. 24 cost. - l’art. 1, l. 7 ottobre 1969, n. 742 (<sospensione dei termini processuali nel periodo feriale>), nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di trenta giorni, di cui all’art. 1137 c. c., per l’impugnazione delle delibere dell’assemblea di condominio (Corte cost., 02/02/1990, n.49, in Giur. It., 1990, I,1, 1026). Parte convenuta, tuttavia, si duole del carattere anomalo di una impugnativa che non abbia ad oggetto una deliberazione di contenuto positivo. La doglianza è fondata. Se è vero, infatti, che le deliberazioni di un’assemblea condominiale aventi contenuto negativo sono legittimamente impugnabili Sant’Angelo dei Lombardi, Portale dinanzi all’autorità giudiziaria al pari di tutte le altre, limitand o s i l’art. 1 1 3 7 c.c. a stabilire la possibilità del ricorso all’autorità giudiziaria contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio, senza operare nessuna distinzione tra quelle che abbiano approvato proposte o richieste e quelle che le abbiano, invece, respinte (Cass. civ., Sez.II, 14/01/1999, n.313, in Mass. Giur. It., 1999), è anche vero che nella specie l’assemblea non ha assunto una deliberazione di carattere negativo (respingendo una proposta all’ordine del giorno), ma ha semplicemente deciso di non deliberare su una proposta proveniente da un 43 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA condomino (peraltro allontanatosi al momento della discussione sulla questione), ritenendola non rientrante nei punti posti all’ordine del giorno (anche per evitare l’invalidità della delibera adottata su questione non espressamente rientrante nell’ordine del giorno, dal momento che se è vero che il tema da trattare in assemblea può essere indicato anche in forma sintetica in modo da permettere la delimitazione ex ante della materia da trattare, tuttavia la voce “varie ed eventuali” non comprende atti negoziali, ma si riferisce a semplici comunicazioni, suggerimenti per future assemblee, prospettazioni dei problemi e risposte dell’amministratore e non a n c h e all’assunzione di decisioni su questioni rilevanti per la gestione del condominio, come nella specie l’approvazione di un preventivo di spesa inerente l’incarico di direzione dei lavori per la ristrutturazione dell’immobile condominiale). Ma anche a volere superare l’inammissibilità dell’impugnativa di un non liquet assembleare (rispetto al quale altri sono i rimedi offerti dall’ordinamento), anche nel merito la domanda sarebbe infondata. Sulle delibere delle assemblee di condominio degli edifici il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone “ l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, si estende anche all’eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione sia falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso il giudice non controlla l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’assemblea (Cass. civ., S e z . I I , 20/04/2001, n.5889, in Mass. Giur. It., 2001; Cass. civ., S e z . I I , 11/02/1999, n.1165, in Mass. Giur. It., 1999; Cass. civ., Sez.II, 26/04/1994, n.3938, in Mass. Giur. It., 1994). Tale eccesso di potere non è riscontrabile nel caso di specie, in cui si contesta l’opportunità della scelta operata dall’assemblea condominiale per avere approvato un preventivo di spesa in luogo di altro preventivo asseritamente più vantaggioso, non avendo l’attore neppure indicato in citazione i motivi per cui il preventivo presentato dagli arch. F. e F. sarebbe più vantaggioso rispetto a quello presentato e preteso dai tecnici – neppure indicati – nominati dal condominio. Del resto già ictu oculi una tale prospettazione è infondata, per- ... il sindacato dell'autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito deve limitarsi al riscontro della legittimità.... “ 44 ché non si fa valere uno sviamento nell’esercizio del potere (come avverrebbe, ad esempio, se si deducesse l’approvazione di un documento non veridico dal punto di vista fattuale: Cass. Cass. civ., Sez.II, 27/01/1988, n.731, in Vita Notar., 1988, 249) ma una mera maggiore vantaggiosità di un diverso preventivo, chiedendo all’Autorità Giudiziaria di entrare nel merito di una decisione (che inevitabilmente involge diversi aspetti da comparare a prescindere dal mero dato numerico dell’importo del preventivo: si pensi alla maggiore esperienza o capacità del professionista che pure abbia presentato un preventivo più caro; ai caratteri accessori della prestazione offerta – in termini ad esempio di risorse materiali ed umane – seppure di importo più elevato; ecc.) sulla quale la volontà della maggioranza assembleare è sovrana, prevalendo inevitabilmente sulla diversa opinione della minoranza. La domanda,in definitiva, va rigettata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1) Rigetta la domanda. 2) Condanna l’attore al rimborso in favore del condominio convenuto delle spese di lite, che liquida in Euro xxx, di cui Euro xxx per diritti e Euro xxx per onorari, oltre IVA e cpa come per legge, con attribuzione al procuratore anticipatario S. Angelo dei Lombardi, 26.1.2004 Il Giudice Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA FASE PREPARATORIA E FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO CIVILE: SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITA' (ARTT.183 E 184 C.P.C. E LA DECADENZA DALLE ISTANZE ISTRUTTORIE) RIF. NORM. C.P.C. 183, 184, 187 MASSIMA UNA VOLTA TERMINATE LE ATTIVITÀ DI ALLEGAZIONE FINALIZZATE ALLA DEFINIZIONE DEL THEMA DECIDENDUM E DEL THEMA PROBANDUM, NEL CORSO DELLA PRIMA UDIENZA DI TRATTAZIONE, OVVERO NEL CORSO DELL'EVENTUALE SUCCESSIVA UDIENZA CHE NE COSTITUISCE PROSECUZIONE NEL CASO PREVISTO DALL'ART. 183, COMMA 5, INIZIA, SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ, E SENZA NECESSITÀ DI DISPORRE UN RINVIO AD ALTRA APPOSITA UDIENZA, LA FASE ISTRUTTORIA. NE CONSEGUE CHE LA FACOLTÀ DELLE PARTI DI CHIEDERE L'ASSEGNAZIONE DI UN TERMINE PER NUOVE DEDUZIONI ISTRUTTORIE DEVE ESSERE ESERCITATA, A PENA DI DECADENZA, NELLA PRIMA UDIENZA DI TRATTAZIONE O NEL CORSO DELLA SUA PROSECUZIONE EX ART. 183, COMMA 5) TRIBUNALE DI SANT' ANGELO DEI LOMBARDI, ORDINANZA 4.04.03 DOTT. L. CIAFARDINI (omissis) Il Giudice Letti gli atti del procedimento n. 645/2001 R.G., sciogliendo la riserva ritenuta all’udienza del 31.3.2003 OSSERVA All’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. del 18.11.2002, dopo il rigetto dell’istanza di concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, su istanza di parte venivano concessi i termini di cui al quinto comma dell’art. 183 c.p.c. per consentire alle parti di precisare o modificare le domande e le eccezioni già proposte, con fissazione dell’udienza del 31.3.2003 per i provvedimenti di cui all’art. 184 c.p.c. Tali termini non venivano usufruiti dalle parti. All’udienza del 31.3.2003 compariva la sola parte opposta (a mezzo dell’avv. G.B. De Simone (giusta delega scritta dell’avv. A. Trulio depositata in atti), la quale chiedeva “fissarsi udienza per le richieste di cui all’art. 184 c.p.c.” La Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 21 giugno-25 novembre 2002 n. 16571 (in Guida al Diritto, fasc. 2, 18.1.2003, pp. 53 e ss.), ha precisato che nel nuovo processo civile, disciplinato dalla legge n. 353 del 1990 e successive modifiche, che lo configura come processo suddiviso per fasi successive (la fase preparatoria, la fase istruttoria e la fase decisoria) alle quali si correlano preclusioni all’esercizio dei poteri processuali, nell’ipotesi in cui le parti (come nella specie) non abbiano articolato istanze istruttorie negli atti introduttivi del giudizio, la facoltà di chiedere nuovi mezzi di prova deve essere esercitata, a pena di decadenza, formulando l’istanza di assegnazione del termine per ulteriori deduzioni istruttorie di cui all’art. 184, comma 1, in un momento ben preciso, che va individuato nel momento in cui si conclude la fase di trattazione preparatoria e si apre, senza soluzione di conti- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi nuità, la fase istruttoria (ovvero si verifica l’immediato passaggio alla fase decisoria, ai sensi dell’art. 187). La fase di trattazione preparatoria si svolge (oltre che nella udienza di prima comparizione di cui all’art. 180, dedicata alla verifica della regolarità del contraddittorio) nella prima udienza di trattazione di cui all’art. 183. Udienza di prima trattazione che è dedicata (oltre agli incombenti costituiti dall’interrogatorio libero delle parti, dal tentativo di conciliazione, dalla richiesta di chiarimenti e dalla indicazione, da parte del giudice, delle questioni rilevabili d’ufficio: art. 183, commi 1, 2 e 3) alla definizione del thema decidendum e del conseguente thema probandum, anche con l’introduzione di elementi di novità rispetto a quanto allegato negli atti introduttivi, consistenti, per l’attore, nella proposizione delle domande ed eccezioni che siano conseguenza della riconvenzionale o delle 45 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA eccezioni proposte dal convenu- valutazione della rilevanza ed to, o nella formulazione della ammissibilità dei mezzi di prova richiesta di chiamare in causa un proposti, e successivamente alla terzo, se l’esigenza è sorta dalle loro assunzione (nei modi e nei difese del convenuto, e, per termini previsti dagli artt. 202 entrambe le parti, nella precisa- c.p.c. e 81 d.a. c.p.c.). zione e modificazione di doman- È quindi in tale momento che si de, eccezioni e conclusioni (art. aprono le varie ipotesi di svilup183, comma 4), e, come sarà più po, sul piano istruttorio, del proavanti precisato, anche nella indi- cesso delineate dall’art. 184, cazione di nuovi mezzi di prova. comma 1, e cioè: a) il giudice, Le menzionate facoltà di intro- ritenuta la causa matura per la durre elementi di novità nel pro- decisione senza necessità di cesso debbono, di regola, essere istruttoria, ne dispone l’immediaesercitate in ta rimessione forma orale nel in decisione, in corso della prima applicazione udienza di dell’art. 187, trattazione. comma 1 (ed ... definizione del Tuttavia, l’art. 183, egualmente comma 5, prevede thema decidendum e dispone nelle che il giudice, se ulteriori ipotesi del thema richiesto, può di cui ai commi consentire alle probandum.... 2 e 3); b) il giuparti di esercitare dice, previa con memorie valutazione scritte, da deposidella loro tare entro termini ammissibilità e perentori, le suindicate attività; e rilevanza, ammette i mezzi di dispone che, con la stessa ordi- prova già proposti; c) le parti nanza, il giudice fissa l’udienza hanno facoltà di richiedere l’asper i provvedimenti di cui all’art. segnazione di un termine entro il 184. quale produrre documenti e indiNel caso in cui sia stata concessa care i nuovi mezzi di prova, nonl’appendice scritta, quindi, la ché di altro termine per l’evenprima udienza di trattazione non tuale indicazione di prova contrasi esaurisce, ma è destinata a ria, e l’accoglimento dell’istanza proseguire nella udienza che il determina l’esigenza del rinvio giudice fissa ai sensi dell’art. 183, ad altra udienza in data successicomma 5. va alla maturazione dei termini, Ora, una volta terminate le attivi- che l’art. 184, comma 2, qualifica tà di allegazione finalizzate alla p e r e n t o r i . definizione del thema deciden- La Suprema Corte ha quindi dum e del thema probandum, nel escluso che, una volta determicorso della prima udienza di trat- nati definitivamente il thema decitazione, ovvero nel corso del- dendum ed il thema probandum, il l’eventuale successiva udienza giudice possa fissare una nuova che ne costituisce prosecuzione udienza, appositamente dedicata nel caso previsto dall’art. 183, all’adozione dei provvedimenti di comma 5, inizia, senza soluzione cui all’art. 184. di continuità, e senza necessità Consegue che la facoltà delle di disporre un rinvio ad altra parti di chiedere l’assegnazione apposita udienza (rinvio che i di un termine per nuove deduzioprimi quattro commi dell’art. 183 ni istruttorie deve essere esercinon prevedono, mentre quello tata nella prima udienza di trattaprevisto dal comma 5 si risolve, zione (o nel corso della sua procome già detto, in una mera pro- secuzione ex art. 183, comma 5), secuzione dell’udienza di prima in coincidenza con la conclusiotrattazione), la fase istruttoria ne della fase di definizione del destinata in primo luogo alla “ “ 46 thema decidendum e del thema probandum, e l’apertura, senza soluzione di continuità, della fase istruttoria secondo le modalità previste dall’art. 184. Si tratta di facoltà che deve essere esercitata, nei termini suddetti, a pena di decadenza. La Suprema Corte, infatti, ha chiarito che sebbene la norma non enunci espressamente tale sanzione, essa discende dal sistema, incentrato sulle preclusioni, e dalla considerazione che, se è soggetta a termini perentori la formulazione di nuovi mezzi di prova per la parte che abbia proposto tempestivamente l’istanza, a maggior ragione deve essere sanzionata con la decadenza l’inerzia della parte. Ha anche aggiunto, del tutto condivisibilmente, che la sanzione della decadenza non contrasta neppure con il diritto di difesa, tutelato dall’art. 24 Cost., sia perché, nel nuovo processo, l’esercizio dei poteri istruttori delle parti è ampiamente garantito dalla indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi (citazione e comparsa di risposta), dalla facoltà di indicare «nuovi» o «ulteriori» mezzi di prova (nei sensi sopra precisati) nella prima udienza di trattazione, ed infine dalla facoltà di richiedere i termini di cui all’art. 184, commi 1 e 2, sia perché l’art. 184-bis consente alla parte che dimostra di essere incorsa in decadenze (ivi compresa quella concernente la indicazione di nuovi mezzi di prova) per causa ad essa nonnon imputabile di chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini. Concludendo, deve essere dichiarata chiusa la fase istruttoria del giudizio. P.Q.M. Dichiara chiusa la fase istruttoria e rinvia, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del __________ Si comunichi S. Angelo dei Lombardi, 4.4.2003 Il Giudice Dr. Luciano Ciafardini Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA DECLARATORIA DI INEFFICACIA EX ART. 669 NOVIES C.P.C. RI. NORM C.P.C. 699 NOVIES MASSIMA IN CASO DI RICORSO EX ART. 669NOVIES PER LA DECLARATORIA DI INEFFICACIA DELLA MISURA CAUTELARE E LA PRONUNCIA DI (EVENTUALI) MISURE RIPRISTINATORIE, IL PROCEDIMENTO SI SVOLGE E SI CONCLUDE, SE NON VI È CONTESTAZIONE DELL'ALTRA PARTE, DAVANTI AL GIUDICE CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO, MENTRE, IN PRESENZA DI CONTESTAZIONE, È L'UFFICIO GIUDIZIARIO AL QUALE APPARTIENE IL GIUDICE CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO A DECIDERE, PREVIA FISSAZIONE DI UDIENZA AI SENSI DELL'ART. 183, CON CONCESSIONE DEL TERMINE DI CUI ALL'ART. 180, COMMA 2, ALLO SCOPO DI SEGNARE IL PASSAGGIO ALLA SUCCESSIVA FASE DI ORDINARIA COGNIZIONE (CHE NON ABBISOGNA PERÒ DI NUOVA ISCRIZIONE A RUOLO), IL CUI OGGETTO È ESCLUSIVAMENTE LIMITATO ALLA VERIFICA DELLA SUSSISTENZA O MENO DELLE CONDIZIONI PER LA DECLARATORIA DI INEFFICACIA IN BASE ALLE DOGLIANZE AVANZATE DALL'INTERESSATO E CHE SI CHIUDE CON SENTENZA CHE DEVE CONTENERE LA PRONUNCIA SULLE SPESE DEL PROCEDIMENTO. TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI - SENTENZA DEL 22.04.02 - G.M. DOTT. LUCIANO CIAFARDINI (omissis) misura cautelare concessa. Si costituiva il D., dimostrando di aver provveduto al versamento della cauzione nelle forme di cui all’art. 86 disp. att. c.p.c., onde alcuna irregolarità nell’adempimento delle prescrizioni imposte “ ... non essendovi alcun collegamento tra la causa dell'inefficacia e l'eventuale giudizio di merito.... “ SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 20.2.2002 e notificato a controparte con pedissequo decreto di fissazione di udienza, il Condominio “Comparto 59 del P.d.R. di Guardia dei Lombardi”, in persona dell’amministratore p.t. F. M., conveniva in giudizio D. R., in qualità di procuratore di D. V., chiedendo la declaratoria di inefficacia dell’ordinanza emessa in data 3.12.2001 all’esito della fase sommaria di un procedimento di danno temuto ex art. 1171 c.c., con il quale era stato ordinato al Condominio, su ricorso di D. R. nella qualità indicata, di sospendere i lavori intrapresi nel Comparto 59 del Comune di Guardia dei Lombardi (AV), imponendo contemporaneamente al ricorrente l’obbligo di prestare cauzione. Sosteneva parte attrice che il D. non aveva osservato le prescrizione dell’ordinanza in relazione alle modalità di deposito della cauzione, cosicchè occorreva dichiarare l’inefficacia della nell’ordinanza poteva rilevarsi. All’udienza fissata, in mancanza del presupposto della “non contestazione” previsto dall’art. 669novies c.p.c. per la pronuncia con ordinanza, si passava alla fase a cognizione sommaria. Prodotta documentazione, la causa, sulle conclusioni in epi- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi grafe trascritte, veniva all’udienza dell’11.4.2002 riservata in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE La competenza a dichiarare l’inefficacia e a pronunciare (eventuali) misure ripristinatorie è attribuita al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare solo nelle due ipotesi contemplate dal primo comma dell’art. 669-novies c.p.c. (mancato inizio del giudizio di merito e sopravvenuta estinzione dello stesso). Qualche dubbio solleva la competenza a dichiarare l’inefficacia nel caso di mancato versamento della cauzione. In linea di massima, si tende ad escludere che il ricorso vada indirizzato al magistrato persona fisica, propendendosi per una generica intestazione all’ufficio giudiziario, con costituzione quindi di un nuovo fascicolo (non essendovi alcun collegamento tra la causa dell’inefficacia e l’eventuale giudizio di merito instaurato), che passa al dirigen- 47 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA te per la designazione del magistrato cui affidare l’incarico, ferma l’opportunità di designare ove possibile - il medesimo magistrato che ha emesso il provvedimento cautelare (così Tribunale di Milano, 8.11.1995, in Foro it., 1996, I, 1441). ... La studio dominante esclude che in sede di reclamo si possa chiedere che sia dichiarata l’intervenuta inefficacia del provvedimento (così Tribunale di Udine, 8.8.1996) ed in effetti il Tribunale adito in sede di reclamo avverso l’ordinanza di cui si chiede la declaratoria di inefficacia ha giudicato inammissibile l’istanza anche in quella sede proposta. Nonostante l’uso del termine “convocazione”, l’opinione prevalente in studio è nel senso che il ricorso vada notificato - insieme al decreto che fissa l’udienza - a cura della parte ricorrente (e così è avvenuto nel caso di specie). La legge non fissa termini minimi a comparire e spetta al giudice valutare e contemperare, secondo un principio di ragionevolezza, da un lato l’urgenza di provvedere sull’istanza, dall’altro le esigenze di difesa del resistente. Il procedimento si svolge e si conclude, se non vi è contestazione dall’altra parte, davanti al giudice che ha emesso il provvedimento, mentre, in presenza di contestazione, è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento a decidere (non più con ordinanza, ma) con sentenza provvisoria- “ mente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa i provvedimenti di revoca o modifica della misura cautelare. Ci si è chiesto in studio se d e b b a comunque essere fissata udienza ai sensi dell’art. .... 183, con concessione del termine di cui all’art. 180, comma 2, oppure se, ritenuta la causa matura, anche in esito alla fase sommaria il giudice possa immediatamente trattenere la causa per la decisione. Nella specie si è ritenuto di far seguire alla fase sommaria una cesura, con fissazione dell’udienza ex 183 e concessione del termine di cui all’art. 180, co. 2, c.p.c., allo scopo di segnare il passaggio alla successiva fase di ordinaria cognizione (che non abbisogna però di nuova iscrizione a ruolo), il cui oggetto è esclusivamente limitato alla verifica della sussistenza o meno delle condizioni per la declaratoria di inefficacia in base alle doglianze avanzate dall’interessato. In ogni caso la forma del provvedimento finale è quello della sentenza, imposta in ragione della necessità di risolvere, con i poteri della cognizione piena, le la forma del provvedimento finale è quello della sentenza “ 48 contestazioni avanzate dalla parte che resiste alla richiesta di declaratoria d’inefficacia, pur se l’oggetto di questo giudizio è in ogni caso limitato alla detta declinatoria. La “non contestazione” presuppone che la controparte compaia all’udienza e svolga una difesa “attiva”, riconoscendo l’avvenuto verificarsi del presupposto dell’inefficacia posto a fondamento dell’istanza . In ipotesi di contestazione la conseguente sentenza deve contenere la pronuncia sulle spese del procedimento per la declaratoria di inefficacia in applicazione dei principi generali (artt. 91 e 92 c.p.c.). Passando al merito della controversia, va premesso che l’ordinanza conclusiva della fase sommaria del procedimento nunciatorio disponeva: “Occorre, allora, ordinare all’impresa Genua Costruzioni s.r.l. ed al condominio convenuti la sospensione dei lavori intrapresi … e contemporaneamente imporre a D. R., in qualità di procuratore speciale di D.V., l’obbligo di prestare una cauzione dell’ammontare di £. 15.000.000 (quindici milioni ), nelle forme di cui all’art. 86 disp. att. c.p.c., ovvero mediante libretto di deposito bancario costituito presso Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA un Istituto di credito scelto dal ricorrente, per il medesimo importo, in favore del condominio n. 59 del PDR del Comune di Guardia dei Lombardi, in persona dell’amministratore p.t., soggetto a vincolo di indisponibilità fino all’esito dell’instaurando giudizio di merito, salvo diverso ordine del giudice competente, oppure ancora mediante fideiussione bancaria esigibile a prima richiesta, presso un Istituto di credito scelto dal ricorrente, per il medesimo importo, in favore del condominio n. 59 del PDR del Comune di Guardia dei Lombardi, in persona dell’amministratore p.t., soggetto a vincolo di indisponibilità fino all’esito dell’instaurando giudizio di merito, salvo diverso ordine del giudice competente; ciò entro il termine di giorni 20 dalla comunicazione della presente ordinanza, ed a pena di inefficacia del provvedimento cautelare, disponendo altresì che il ricorrente produca nel fascicolo di ufficio la documentazione attestante l’avvenuto adempimento di quanto prescritto”. Orbene, il termine “ovvero” rappresenta una forma rafforzata della congiunzione disgiuntiva “o”, usata (come nella specie) soprattutto quando il secondo termine, a cui si premette, è costituito da un’intera proposizione (cfr. Vocabolario della lingua italiana – TRECCANI). In sostanza trattasi di termine di uso certamente meno comune di “oppure”, ma di cui ha la medesima valenza, distinguendosi dal termine “ossia” (o suoi equivalenti) che ha invece valenza esplicativa di una precedente proposizione. Ciò è confermato dall’utilizzo successivo dell’espressione “oppure ancora”, in cui il secondo termine (“ancora”) non avrebbe alcun senso se non fosse utilizzato per introdurre una ulteriore ipotesi di congiunzione disgiuntiva (evidentemente analoga a quella – “ovvero” – utilizzata in precedenza). In definitiva, appare corretta l’impostazione difensiva del resistente, laddove afferma che con l’ordinanza in esame si sono indicate tre modalità alternative di versamento della cauzione: nelle forme di cui all’art. art. 86 disp. att. c.p.c.; nelle forme del deposito bancario; nelle forme della fideiussione Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi bancaria. Evidentemente il resistente ha scelto la prima forma, indicata dall’art. 86 disp. att. c.p.c., che recita: “Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma dell’art. 119 del codice, la cauzione deve essere prestata in danaro o in titoli del debito pubblico, nei modi stabiliti per i depositi giudiziari”. Ed in effetti appaiono rispettate le forme previste dal r.d. 10.3.1910, n. 149, per i depositi giudiziari, come risulta dalla fotocopia della ricevuta di versamento esibita dallo stesso ricorrente. In definitiva, la domanda di declaratoria di inefficacia della misura cautelare concessa con ordinanza del 3.12.2001 (nell’ambito del procedimento n. 676/2001 R.G.) deve essere rigettata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. (omissis) 49 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA IL PRATICANTE AVVOCATO NON PUO' ESERCITARE IL PATROCINIO IN GRADO DI APPELLO RIF. NORM. L. N. 479/99 D.L. N. 1578/33 D. LGS. N. 51/98 C.P.C. 281 MASSIMA AI SENSI DELL'ART. 7 DELLA LEGGE 479/99, I PRATICANTI AVVOCATI, DOPO IL CONSEGUIMENTO DELL'ABILITAZIONE AL PATROCINIO, POSSONO ESERCITARE L'ATTIVITÀ PROFESSIONALE NELLE CAUSE DI COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE E DINANZI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA, LIMITATAMENTE - QUANTO AGLI AFFARI CIVILI - ALLE CAUSE, ANCHE SE RELATIVE A BENI IMMOBILI, DI VALORE NON SUPERIORE A LIRE CINQUANTA MILIONI. TUTTAVIA LO IUS POSTULANDI SPETTA AI PRATICANTI AVVOCATI LIMITATAMENTE ALLE CONTROVERSIE DA TRATTARE IN PRIMO GRADO E NON ANCHE PER LE CONTROVERSIE DA TRATTARE, SEBBENE INNANZI AL TRIBUNALE MA IN GRADO DI APPELLO, COSICCHÉ L'APPELLO AVVERSO LA SENTENZA DEL GIUDICE DI PACE NON PUÒ ESSERE PROPOSTO CON IL PATROCINIO DI UN PRATICANTE AVVOCATO ED IL DIFETTO DI IUS POSTULANDI DETERMINA L'INAMMISSIBILITÀ DELL'IMPUGNAZIONE. SENTENZA TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 15.12.03 DOTT. L.CIAFARDINI (omissis) Il giudice, dr. Luciano Ciafardini, all’udienza del 15.12.2003, ha pronunziato - dando lettura, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione – la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N.R.O. 508 dell’anno 2003 TRA P. p.Avv. A., in giudizio di persona, nonché rappresentato e difeso dall’Avv. G. M, elett.te domiciliato presso quest’ultimo in S. Angelo dei Lombardi (AV), alla via Petrile E FONDIARIA SAI S.p.A, in persona del legale rapp.te p.t., domiciliata presso lo studio del difensore nel giudizio di primo grado Avv. B. S., in Lioni (AV) alla Piazza XXV Luglio n. 4 APPELLATA NONCHE’ D. P. A., res. in Nusco (AV) alla C/da Fiorentine APPELLATO “ dagli atti introduttivi e dai verbali di causa, va rilevato che l’attore, praticante avvocato, ha proposto appello di persona, pur difettando nella specie di ius postulandi. Ai sensi dell’art. 7 della legge 479/99, i praticanti avvocati, dopo il conseguimento dell’abilitazione al patrocinio, possono esercitare l’attività professionale ai sensi dell’articolo 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, nelle cause di competenza del giudice di pace e dinanzi al tribunale in composizione monocratica, limitatamente – quanto agli affari civili - alle cause, anche se relative a beni immobili, di valore non superiore a lire cinquanta milioni. Vi è da ritenere, tuttavia, che lo ius postulandi spetti ai praticanti avvocati limitatamente alle controversie da trattare in primo grado e non anche per le controversie da trattare, sebbene innanzi al tribunale ma in grado di appello. Ed infatti, l’articolo 8 del R.D. 1578 del 1933 (così come modificato dall’art. 246, comma 1, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51) statuisce che i laureati in giurisprudenza, che svolgono la pratica professionale e sono iscritti nel registro speciale tenuto dal consi- ... lo ius postulandi spetti ai praticanti avvocati limitatamente alle controversie da trattare in primo grado.... RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Premesso lo svolgimento del processo come risulta 50 “ OGGETTO: appello avverso sentenza giudice di pace Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA glio dell’ordine degli avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro sono ammessi ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della legge 16 luglio 1997, n. 254 (contenente la delega al Governo per l’istituzione del giudice unico di primo grado), rientravano nella competenza del pretore. In base alle norme vigenti prima di tale ultima legge, il pretore era organo giudicante esclusivamente di primo grado, in quanto ai sensi del previdente art. 341 c.p.c. l’appello contro le sentenze del pretore e del tribunale si proponeva rispettivamente innanzi al tribunale ed alla corte di appello, laddove l’appello contro le sentenze del giudice di pace si proponeva innanzi al tribunale. Del resto la Suprema Corte ha escluso l’ultrattività del mandato conferito – pur con formula ampia per ogni grado e stato del giudizio - in primo grado con la suddetta formula generica, interpretando come volontà delle parti di limitare il conferimento al solo giudizio pretorile la circostanza dell’espressa menzione della qualità di praticante-procuratore, propria del professionista officiato dell’incarico (Cass. Sez. Lav. sent. n. 7487 del 18.6.1992) e privo evidentemente di ius postulandi in grado di appello. Se così è, l’appello avverso la sentenza del giudice di pace non può essere proposto con il patrocinio di un praticante avvocato ed il difetto di ius postulandi determina l’inammissibilità dell’impugnazione. Evidentemente conscio dell’errore commesso, il praticante avvocato appellante ha provveduto a farsi affiancare, nell’esercizio della difesa, da un avvocato costituitosi tuttavia solo in data 3.12.2003, ossia abbondantemente oltre la costituzione in giudizio dell’appellante (avvenuta in data 26.8.2003) e la notifica dell’atto di appello (avvenuta in data 19/22.9.2003) e dunque in maniera inidonea ad escludere la declaratoria di inammissibilità dell’appello per la nullità del relativo introduttivo (Cassazione civile, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2476) non avendo il giudice alcun onere (art. 182 c.p.c.) di ordinare la regolarizzazione della posizione dell’appellante, ormai non più sanabile (Cassazione civile, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2476). “ Ed infatti la disposizione del comma 2 dell’art. 125 c.p.c. - secondo cui “la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata - consente la sanatoria della sottoscrizione dell’atto introduttivo del giudizio da parte di un difensore che in tal momento non era fornito di valida procura, ma non si riferisce anche all’ipotesi in cui detto atto sia stato sottoscritto solo dalla parte personalmente o comunque da un soggetto privo di ius postulandi. In quest’ultima ipotesi, infatti, detto atto è affetto da nullità assoluta per violazione dell’art. 82, comma 3 c.p.c. (secondo cui innanzi al tribunale ed alla corte di appello la parte deve stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente), non sanabile dalla procura successivamente rilasciata (Cassazione civile, sez. I, 9 luglio 1993, n. 7569) a soggetto abilitato. ... l'appello avverso la sentenza del giudice di pace non può essere proposto con “ il patrocinio di un praticante avvocato.... Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Nulla per le spese non essendosi costituito il convenuto. P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1) Dichiara inammissibile la domanda; 2) Nulla per le spese di lite. S. Angelo dei Lombardi, 15.12.2003 Il Giudice Dr. Luciano Ciafardini 51 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA E' RECLAMABILE IL PROVVEDIMENTO DI MODIFICA O REVOCA DI MISURA CAUTELARE MASSIMA ANCHE L'ADOZIONE AI SENSI DELL'ART. 669DECIES C.P.C DEL PROVVEDIMENTO DI REVOCA E/O DI MODIFICA DELLA CAUTELA GIÀ CONCESSA (O DI RIGETTO DELLE ISTANZE A TALI FINI RIVOLTE), INCIDENDO COMUNQUE SULLA SFERA PERSONALE O PATRIMONIALE DI ENTRAMBE LE PARTI DEL GIUDIZIO ED ARRECANDO PREGIUDIZIO AGLI INTERESSI DELL'UNA O DELL'ALTRA IN MISURA NON VALUTABILE ASTRATTAMENTE, PUÒ ESSERE SOGGETTA AL CONTROLLO IN CUI SI CONCRETA LO STRUMENTO DEL RECLAMO AL COLLEGIO EX ART. 669TERDECIES C.P.C. E IL RECLAMO INVESTE IL COLLEGIO DEL POTERE DI COMPIERE GLI ATTI DI ISTRUZIONE NECESSARI AL CONTROLLO DEL SOPRAVVENUTO MUTAMENTO DELLE CIRCOSTANZE CHE HANNO INDOTTO AL PROVVEDIMENTO CONTESTATO. SENTENZA TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI DEL 19.02.02, PRES: DOTT. R.. CARBONE G.EST. DOTT. L. CIAFARDINI (omissis) Il TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI LOMBARDI riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati: Dott. Rocco Carbone -Presidente Dott. Ciro Luce - Giudice Dr. Luciano Ciafardini-Giudice rel. ha pronunziato la seguente ORDINANZA Nella procedura recante il numero di reg. reclami n.° 807/2001, avente ad oggetto reclamo avverso provvedimento ex art. 669 decies c.p.c. Omissis Prima di passare alla delibazione della fondatezza delle doglianze prospettate da parte reclamante, occorre risolvere un problema preliminare posto dalla difesa del reclamato. L’eccezione di parte reclamata, circa l’inammissibilità del reclamo avverso un provvedimento di revoca e/o modifica della misura cautelare, offre lo spunto per la ricostruzione di una vicenda ricca di interventi studioli e giurisprudenziali, sulla quale ha 52 spiegato effetto, seppure riflesso, la sentenza 20-23 giugno 1994 n. 253 con cui è stata dichiarata la “illegittimità costituzionale dell’art 669 terdecies cpc nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso l’ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare”. La studio anteriore a tale pronuncia, infatti, era tendenzialmente favorevole all’ammissibilità del reclamo avverso i provvedimenti emessi ex art. 669decies c.p.c., con il limite derivante del dato normativo espresso di cui all’art. 669terdecies c.p.c., che imponeva di considerare reclamabili le ordinanze di rigetto dell’istanza di revoca e quelle di modifica “ampliativa” della misura (in quanto provvedimenti cautelari “positivi”) e non reclamabili le ordinanze di revoca e quelle di modifica “riduttiva” della misura (provvedimenti cautelari “negativi”). Pur dopo la pronuncia costituzionale citata, tuttavia, si è assistito ad una oscillazione giurisprudenziale, registrandosi due opposti schieramenti, l’uno favorevole alla reclamabilità, l’altro (forse maggioritario) attestato su posizioni di netta chiusura. A favore della reclamabilità si ricordano: Tribunale di Pesaro, 22.9.1994, Doc. U.D.A. Tribunale di Macerata; Tribunale di Nocera Inferiore, 11.1.1996, in Rep. Foro it. 1996, voce “Procedimenti cautelari” n° 105; Tribunale di S. Maria Capua Vetere, 5.11.1996, in Foro it. 1997, I, 1634; Trib. Roma, 27 giugno 1995, in Giur. it., 1996, I, 2, 768; Trib. S. Maria Capua Vetere, 5 novembre 1996, in Foro it. 1997, I, 1634. Contrarie alla reclamabilità si segnalano: Trib. Torino, 29 marzo 1995, in Giur. it., 1995, I, 2, 907; Trib. Milano, 16 gennaio 1995, in Foro it., 1995, I, 1353.; Trib. Roma, 26 maggio 1995, in Giur. it., 1996, I, 2, 769; Tribunale di Napoli del 25.11.1994 in Foro it., 1995, I, 1353; Tribunale di Roma, 26.5.1995, in Foro it., 1996, I, 1091; Tribunale di Udine, 7/8.8.1997, inedita. Gli argomenti addotti dalla tesi negativa si incentrano sulla necessità di evitare un ulteriore Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA appesantimento della fase cautemaggiore possibilità di far valere motivazione). lare, sul principio di tassatività le proprie ragioni a chi resiste E’ certamente vero che nel dei mezzi di impugnazione e sulalla richiesta di provvedimento nostro ordinamento manca la l’inesistenza di un cautelare rispetto a costituzionalizzazione del princicostituzionalizzato chi tale richiesta pio del doppio grado di giurisdiprincipio del doppropone, senza giuzione, ma è del tutto conforme al pio grado di giudistificazione di ritenere che la garanzia ... un'amputazio- sorta, giacché le sistema zio in materia caudel giusto processo imponga ne del diritto di due parti si trova- quanto meno il controllo di legittelare. Trattasi di argono, nei confronti timità sui provvedimenti somdifesa.... menti tutti superadell’ordinamento mari che incidono sul bene della bili. processuale, in vita controverso. Con la più volte posizione simmetriEd è proprio sull’ampiezza di citata sentenza n. camente equivalentale controllo di legittimità che 253/94, la Corte Costituzionale te. ci si deve soffermare. ha deciso sulle ordinanze di Se questo è il pensiero della In linea generale, sono noti i prorimessione emesse il 6 ottobre Consulta, vi è da ritenere, allora, blemi posti dal dibattito sulla 1993 dal Tribunale di Aosta, il 15 che anche l’adozione del provvenatura del giudizio di reclamo. luglio 1993 dal Tribunale di dimento di revoca e/o di modifiIn astratto le ricostruzioni possiBologna, il 3 novembre 1993 dal ca della cautela già concessa (o bili sono due: Tribunale di Roma ed il 22 di rigetto delle istanze a tali fini a) impugnazione avente ad dicembre 1993 dal Tribunale di rivolte), incidendo comunque oggetto solo le censure denunVerona. sulla sfera personale o patrimociate e non tutte le questioni di In particolare l’ordinanza del niale di entrambe le parti ed fatto e di diritto prospettate Tribunale di Bologna aveva arrecando pregiudizio agli intenella prima fase, con la conseposto all’attenzione del Giudice ressi dell’una o dell’altra in misuguenza della possibilità di una delle leggi anche la questione ra non valutabile astrattamente, sola pronuncia rescindente. della non reclamabilità dei provpossa ed anzi debba essere sogb) impugnazione avente vedimenti che revochino le getta al controllo in cui si coneffetto devolutivo di tutte le quemisure già concesse, o respingacreta lo strumento del reclamo. stioni affrontate nella prima fase no l’istanza di revoca o modifica, Ciò è confortato da altri passagcon la conseguente possibilità di o di quelli resi in sede di modifigi della motivazione della deciuna pronuncia anche rescissoca ex art.669-decies che diminuisione, in particolare laddove la ria. scano la portata della tutela in Corte afferma che la situazione precedenza accordata. di fatto esistente tra le parti Su tali ultimi aspetti la Corte appare inidonea, di per sé, a giunulla dice esplicitamente e, dunstificare qualsivoglia privilegio ... l'alterità del giudice que, è possibile ritenere che la processuale, essendo il procesdell'impugnazione reclamabilità sia estesa anche ai so diretto appunto a verificare provvedimenti indicati nella ed eventualmente a ripristinare ordinanza di rimessione del la conformità di essa al diritto. rappresenta - secondo Tribunale di Bologna. Prestare una considerazione pril'ordinamento, ma La Corte ha osservato, infatti, vilegiata allo status quo sarebbe che la revisio prioris instantiae, quindi contrario alla stessa anche secondo il in cui si concreta il reclamo - il garanzia della tutela giurisdizioquale consente, da parte di un nale dei diritti e ciò, a parere di comune sentire - un giudice diverso e collegiale, il questo Collegio, non può non fattore di maggior controllo sugli errores in procevalere anche nelle ipotesi in cui dendo e in iudicando eventuallo status quo sia determinato garanzia.... mente commessi dal giudice dalla statuizione giudiziale suldella cautela – non può essere l’istanza di revoca e/o modifica negata alla parte che subisca la avanzata ai sensi dell’art. situazione assunta come lesiva 669decies c.p.c., dal momento A sostegno di entrambe le tesi si del proprio diritto e che abbia che “l’alterità del giudice dell’imrinvengono motivate prese di richiesto senza successo una pugnazione rappresenta - seconposizione giurisprudenziali cautela anticipatoria o conservado l’ordinamento, ma anche In favore della prima tesi si tiva, realizzandosi altrimenti secondo il comune sentire - un segnalano Trib. Napoli, 25 marzo “un’amputazione del diritto di fattore di maggior garanzia” 1993, in Foro it., I, 1262; Trib. difesa”, in quanto si attribuisce (Corte Cost. sent. 253/94 cit., in Catania, 23 marzo 1995, in Foro “ “ “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 53 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA it., 1995, I, 2271; Trib. Torino, 3 dicembre 1993, in Giur. it., 1996, I, 2, 765; Trib. Firenze, 11 marzo, 1997, in Foro it., 1997, I, 3429; Trib. Padova, 13 febbraio 1996, in Giur. it., 1996, I, 2, 460. In favore della seconda tesi si segnalano Trib. Roma, 9 giugno 1995, in Lavoro nella giur., 1996, 76; Trib. Milano, 15 marzo 1993, in Foro it., 1993, I, 1262. E’ appena il caso di rilevare che la C o r t e Costituzionale, nella più volte citata sentenza n 253/94, ha qualifica il reclamo come revisio prioris istantia. E del resto appaiono maggiormente fondate le obiezioni mosse alla tesi rescindente, fondate sulla natura sostitutiva del provvedimento reso all’esito del procedimento e sull’incompatibilità logica con la possibilità di far valere in sede di reclamo “motivi sopravvenuti” (art. 669terdecies ult. comma). Basti considerare poi che la stessa Corte cost., 17 marzo 1998, n. 65, in Giust. civ., 1998, I, 1193, ha affermato che il reclamo non avrebbe carattere di impugnazione, ma si configurerebbe come fase di controllo diretto a provocare un “rinnovato esercizio della funzione cautelare”. Ma la rinnovazione dell’esercizio del potere cautelare, allora, è legata agli stessi presupposti cui è ancorato l’esercizio nella prima fase del medesimo potere, cosicchè il controllo non può che esercitarsi nel senso della verifica della sussistenza degli stessi. In tale ottica, allora, appare evidente che il reclamo proposto avverso un provvedimento di modifica e/o di revoca della misura cautelare adottato ai 54 sensi dell’art. 669decies c.p.c. non può che risolversi nella verifica del presupposto del mutamento delle circostanze e nella valutazione della correttezza dell’analisi compiuta del giudice di prime cure in relazione a tale modifica. Nel medesimo senso, del resto, si sono espresse già alcune tra le pronunce favorevoli alla reclamabilità dei provvedimenti ex art. 669decies c.p.c., ed in particolare quelle del Tribunale di Roma, 27.6.1995 e del Tribunale S. Maria Capua Vetere citt.), che delimitano l’oggetto della cognizione sul reclamo avverso il provvedimento di revoca (o modifica o reiezione delle relative istanze) alla sola verifica dell’effettivo mutamento delle circostanze (e della sua incidenza sulla valutazione circa il perdurare di fumus boni iuris e periculum in mora), senza possibilità di riesaminare complessivamente le ragioni poste a base dell’origi- nario provvedimento cautelare, destinato ad essere assorbito dalla pronuncia definitiva di merito. Non a caso la Corte Costituzionale, con la sentenza 17/3/98, n. 65, cit. ha chiarito che il giudice del reclamo è investito del complessivo contenuto della domanda cautelare ed è titolare dei medesimi poteri conferiti al primo giudice, ragion per cui il giudizio che si instaura a seguito del reclamo è destinato a svolgersi sul thema decidendum oggetto del procedimento cautelare, del quale il momento del reclamo costituisce la prosecuzione. Trattasi, dunque, di delimitazione senz’altro da condividere, come ha ben evidenziato la migliore studio sostenendo che tale restrizione ricalca i principi già affermati in numerose sentenze della Corte Suprema in materia di misure cautelari penali, per distinguere il riesame dell’ordinanza cautelare dall’appello avverso il provvedimento che decide sull’istanza di revoca della misura cautelare medesima. Delimitazione, inoltre, che incide anche sull’ambito dei poteri istruttori del Collegio investito del reclamo, che potrà compiere atti nuovi di istruzione solo strettamente necessari ad operare il controllo di cui si è detto. Passando all’esame del merito della controversia, ritiene il Collegio che il reclamo debba essere rigettato. Omissis P.Q.M. Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, sul reclamo proposto da XXXXX nei confronti di XXXXX, avverso l’ordinanza emessa dal G.D. presso il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in data 27/11/2001, così provvede: Rigetta il reclamo e per l’effetto conferma integralmente il provvedimento impugnato. Riserva la regolamentazione delle spese della presente fase alla sentenza definitiva di merito. S. Angelo dei Lombardi, così deciso nella camera di consiglio del 19.2.2002 Il Giudice. Est. Il Presidente Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Civile e Processuale Civile ALTIRPINIA LA PROVVISORIA ESECUZIONE (EX ART. 648 C.P.C.) COSTITUISCE IPOTESI DI "CONDANNA CON RISERVA" UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI ORDINANZA Il GdP “ ... condanna con riserva che prescinde dalla valutazione del periculum in mora.... Osservato che la concessione della provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. costituisce, secondo il più recente e accreditato orientamento giurisprudenziale, a cui si ritiene di aderire, una ipotesi di "condanna con riserva" che prescinde dalla valutazione del "periculum in mora" e presuppone unicamente l'esistenza di una situazione probatoria che consente, allo stato degli atti, l'accoglimento della domanda; considerato, altresì, che detto provvedimento anticipatorio, conservando la sua natura cautelare, è ammissibile soltanto quando il ricorrente opposto ha assolto l'onere di provare i fatti costitutivi della domanda (art. 2697, co. 2° c.c.) ovvero quando l'opponente non li ha contestati; “ ritenuto che la documentazione che il ricorrente ha prodotto nella fase monitoria, di per sé idonea a provocare l'emissione del decreto ingiuntivo, è, invece, inidonea a fornire la prova del credito (non vi è la prova del titolo dedotto); ritenuto che nel giudizio di merito, a seguito dell'instaurarsi del contraddittorio tra le parti, le ragioni della prova del credito inizialmente richiesto dall'opposto debbano ritenersi prevalenti sulla mancanza di allegazione, da parte dell'opponente, di prova scritta o di pronta soluzione (non può considerarsi tale la dichiarazione del 20.02.02 versata in atti, in quanto tale documento, in sé, non è adatto a dimostrare fatti impeditivi o estintivi della pretesa creditoria di cui al decreto); visto l'art. 648 c.p.c. RIGETTA allo stato la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e rinvia la causa per la trattazione ulteriore alla nuova udienza del 30.04.04. Si comunichi. Sant'Angelo dei Lombardi, 4.04.04 Il GdP Avv. Achille M.G.Bruno Il Cancelliere Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 55 Diritto Civile e Processuale Civile GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA Nota di commento Il Decreto Ingiuntivo nella fase litigiosa. (Art. 648, I co. C.p.c.) Le problematiche collegate alla norma in commento si incentrano sul provvedimento che, a contraddittorio costituito, il Giudice può adottare, consentendo (ove accolga l'istanza del creditore-intimante) una immediata, anche se provvisoria, realizzazione della pretesa monitoriamente azionata. L'ordinanza del Giudice di concessione della esecutorietà tende così a collocarsi tra i provvedimenti anticipatori di condanna, come è ad esempio l'ordinanza provvisoria di ... il Giudice dovrà rilascio (art. 665 c.p.c). L'emissione dell'ordinanza di concessione provvisoria della prima di tutto esecutorietà del D.I. comporta per il Giudice una serie di valutazioni, che si concretano in una prognosi del risultato esaminare il fumus finale del giudizio, attraverso un equilibrato contemperaboni iuris della mento delle posizioni probatorie offerte dalle parti. pretesa.... Pertanto, seguendo la studio più accreditata, possiamo dire che la provvisoria esecutorietà viene concessa ex art. 648 I co. solo se: a)i fatti costitutivi del credito sono provati mediante prove documentali in senso tecnico o non sono contestati dall'ingiunto opponente; b) le eccezioni del convenuto non sono fondate su prova scritta o di pronta soluzione. Così la norma costituisce una ipotesi applicativa della tecnica della condanna con riserva (Proto-Pisani). Sviluppando il concetto il Giudice dovrà prima di tutto esaminare il fumus boni iuris della pretesa del creditore opposto. Pertanto la domanda accolta col D.I. sarà fondata su un documento avente efficacia di prova scritta anche nel processo ordinario di cognizione (che si instaura con l'opposizione al monitorio) e le eccezioni dell'opponente non risulteranno al Giudice fondate su prova scritta o di pronta soluzione. Ai fini della concessione della provvisoria esecuzione del D.I. opposto occorre l'esistenza di una prova adeguata dei fatti costitutivi del diritto vantato dal creditore, secondo i canoni del giudizio ordinario di merito. Ciò avviene quando la documentazione della fase sommaria ha valore di prova scritta anche nel giudizio di opposizione o quando viene integrata da ulteriore documentazione o infine non vi sia stata, pur nella carenza di prova scritta secondo i canoni del giudizio ordinario, contestazione da parte dell'opponente dei fatti costitutivi della pretesa. “ “ Avv. Assunta Caruso Avv. Vito Rosamilia TRIBUNALE PENALE UDIENZE PENALI G.U.P. G.I.P. MONOCRATICHE Mercoledì - Giuvedì COLLEGIALI Venerdì CANCELLERIA Ufficio Dibattimentale Rito Monocratico E Collegiale P. Schettino - G. Di Tuccio G.U.P.-G.I.P. 56 R. Capobianco - F. Spirito - A. Barbieri A. Nicolais - F. Gallo Esecuzioni Penali e Schede Gratuito Patrocinio-Impugnazioni V. Rossi Mod. Spese di Giustizia G. Calò Corpi Di Reato-Campione Penale A. Cantelmo Coordinamento Cancelleria Penale Campione Penale R. Di Giacinto PROCURA DELLA REPUBBLICA Procuratore della RepubblicaDott. Mario Pezza Casellario Giudiziario G. Rubino-F.Cava Polizia Giud. Aliquota Carabinieri Mar."A"s.UPS E. Damiano Mar. capo C. Grasso Car."S" R. Claudio Polizia Giud. Aliq.Polizia di Stato Isp.Sup. A.R. Stanco Ass.P. Membrino Poliz.Giud.Aliq. Guardia Di Finanza Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Riflessioni e Commenti ALTIRPINIA IL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA' DELLA P.A. PER L'INSIDIA STRADALE O "TRABOCCHETTO" RIF. NORM. C.C. 2043, 2051, 1227 MASSIMA LA P.A. IN APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL "NEMINEM LAEDERE" (ART. 2043 C.C.) E NON IN BASE AL DOVERE DI CUSTODIA (ART. 2051 C.C.) E' TENUTA A FAR SI CHE IL BENE DEMANIALE NON PRESENTI PER L'UTENTE UNA SITUAZIONE DI PERICOLO OCCULTO, CIOÈ NON VISIBILE E NON PREVEDIBILE, CHE DIA LUOGO AL C.D. "TRABOCCHETTO" O "INSIDIA STRADALE." É INAPPLICABILE IL CONCORSO DI COLPA SANCITO DALL'ART. 1227, PRIMO COMMA C.C., "STANTI EVI- DENTI RAGIONI DI INCOMPATIBILITÀ LOGICA FRA UN POSSIBILE CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO E LA STESSA NOZIONE DI INSIDIA, ESSENDO QUESTA CONTRADDISTINTA DAI CARATTERI DELL'IMPREVEDIBILITÀ E DELL'INEVITABILITÀ DEL PERICOLO" LA MANCANZA DI DILIGENZA DEL DANNEGGIATO, RILEVANTE AI FINI DEL CONCORSO DI COLPA, NON RILEVA AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ DEL DANNEGGIANTE, PERCHÈ CIÒ PRODURREBBE UN'INVERSIONE DEI NORMALI CRITERI OPERATIVI DELL'ACTIO AQUILIANA, IN QUANTO IL DANNEGGIATO SAREBBE TENUTO A DIMOSTRARE CHE IL DANNO SI È VERIFICATO NONOSTANTE LA SUA DILIGENZA". SENTENZA DEL GIUDICE DI PACE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 24.09.03 AVV. A.M.G.BRUNO (omissis) avendo espletato inutilmente un tentativo di risoluzione bonaria della controversia, concludeva per la dichiarazione di responsabilità della convenuta e la sua condanna al risarcimento del danno. La convenuta, da parte sua, costituitasi ritualmente in giudizio, osservava come le modalità e le conseguenze dell’incidente facessero presumere un’alta velocità di percorrenza dell’automobile guidata dal Petito, e che, comunque, il fango e il pietrisco presenti sulla strada non potevano assolutamente qualificarsi come non visibili e non prevedibili, e comportare, quindi, l’insidia nascosta e la conseguente responsabilità del gestore della strada. Inoltre eccepiva che i depositi alluvionali provenivano dalla strada comunale (ex strada pro- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi “ ... un forte contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte.... “ SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione del 27/03/1997 l’attore dichiarava, che in data 31/10/1994 percorreva con la propria auto (Audi 80 tg. AV 316339) la S.S. 7 alla frazione San Gennaro di Sant’Angelo dei Lombardi. Giunto in prossimità dell’incrocio con la strada provinciale proveniente da S.Angelo dei Lombardi, perdeva il controllo della sua autovettura a causa del fondo stradale scivoloso su cui erano presenti fango e pietrisco, cosicché l’auto terminava la sua corsa nella cunetta laterale. Aggiungeva che in virtù di questo incidente il conducente subiva danni alla persona e la vettura riportava danni sia alla carrozzeria che alla parte meccanica. Precisava ancora l’attore che, non essendo il pericolo segnalato sulla strada, risultava evidente una responsabilità dell’A.N.A.S. e, vinciale n. 7) Martinelli. In via istruttoria veniva allegato il rapporto dei Carabinieri, ed espletato l’interrogatorio formale della parte attorea. Inoltre veniva richiesta ed effettuata la prova testimoniale per l’accertamento del “quantum debeatur”. La causa veniva trattenuta a sentenza all’udienza del 20/06/2003 sulle conclusioni riportate in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente osservato, che il tema della responsabilità 57 Riflessioni e Commenti STUDIO ALTIRPINIA dell’A.N.A.S. per i danni subiti sul punto tra le parti, ha preferito dagli utenti a causa delle insidie di seguire l’orientamento prevapresenti sulla strada vi è un forte lente che riconduce, in virtù della contrasto sentenza 156/1999 nella giuridella Corte sprudenza Costituzionale, la della Suprema ... norma primaria responsabilità sudCorte, che ha all’art. 2043 e fondamentale del detta portato alla c.c.. nascita di due "neminem laedere" Premesso ciò, la differenti domanda risulta (art. 2043 c.c.).... orientamenti essere fondata e va giurisprudenaccolta. ziali. Il primo Per giungere a quetrova il suo sta conclusione riferimento normativo nell’art. vanno esaminati, con attenzione, 2051, che tratta della responsabi- tre punti fondamentali, che raplità del proprietario per il danno presentano, poi, anche i motivi provocato dalle cose che ha in su cui si basano le eccezioni della custodia. Per questi giudici, dun- convenuta: il nesso causale tra il que, l’unica possibilità che ha comportamento del danneggianl’Ente gestore delle strade di te e l’evento dannoso, la qualifiessere manlevato dalla responsa- cazione dell’insidia come non bilità nell’ipotesi di danno deriva- visibile né prevedibile ed infine la to da una cattiva manutenzione, condotta del danneggiato. è la prova del caso fortuito. Per quanto attiene al primo Il secondo orientamento, che punto, il verbale dei Carabinieri, oggi sembra essere prevalente, esibito in data 22/05/1998, non nega che si possa riscontrare una lascia adito a dubbi sulla causa responsabilità da custodia per dell’incidente da rinvenirsi nel quei beni demaniali, che sono di fango e pietrisco presenti sulla così vasta entità da non poter carreggiata, tanto è vero che essere controllati in continuazio- anche altre autovetture poco ne. E’ per questo che i giudici in dopo l’incidente oggetto della questione hanno ritenuto di rife- controversia sbandavano nello rire il tema in oggetto all’art. 2043 stesso punto (V. relazione dei del c.c. rubricato “Risarcimento C.C. in atti). per fatto illecito” precisando che Risulta altresì accer“la P.A. incontra nell’esercizio del tata la mancanza di suo potere discrezionale, anche cartelli di segnalazionella vigilanza e controllo dei ne del pericolo, alla beni di natura demaniale, limiti cui installazione derivanti dalle norme di legge o provvedevano gli di regolamento, nonché dalle stessi Carabinieri in norme tecniche e da quelle di momento successicomune prudenza e diligenza, vo. ed in particolare, dalla norma Sul secondo punto, primaria e fondamentale del questo Giudice ritie“neminem laedere” (art. 2043 ne, sulla base delle c.c.) in applicazione della quale informazioni raccolessa e’ tenuta a far si che il bene te durante, l’istruttodemaniale non presenti per ria che l’insidia possa avere i l’utente una situazione di peri- caratteri della non visibilità colo occulto, cioè non visibile e oggettiva, trovandosi all’uscita di non prevedibile, che dia luogo al una curva, e della non prevedibic.d. “trabocchetto” o “insidia stra- lità soggettiva, in quanto le condale.” dizioni atmosferiche erano Questo giudice, anche in conside- buone, anche se, a quanto pare razione di mancanza di contrasto due giorni prima c’erano state 58 “ “ delle copiose precipitazioni. A nulla valgono le eccezioni della convenuta secondo cui l’attore abitava in quella zona, né la circostanza che lo stesso attore percorreva la strada abitualmente in quanto non deve averla per forza percorsa nei due giorni compresi tra la data in cui sarebbero avvenute le precipitazioni e la data dell’incidente. Va ritenuta altresì infondata l’eccezione proposta dalla convenuta secondo cui il semplice concorso nella causazione dell’evento, che pure si ritiene sussistente, basti ad escludere ogni responsabilità della P.A.. Anche sul punto si è acceso negli ultimi anni un contrasto giurisprudenziale degno di nota. Invero la sentenza 156/1999 della Corte Costituzionale dopo avere affermato la riconducibilità della responsabilità della P.A. per i danni arrecati agli utenti della strada sotto il regime dell’art. 2043 del c.c., e non dell’art. 2051, ha anche precisato che risulta inapplicabile il concorso di colpa sancito dall’art. 1227, primo comma c.c., “stanti evidenti ragioni di incompatibilità logica fra un possibile concorso di colpa del danneggiato e la stessa nozione di insidia, essendo questa contraddistinta dai caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità del pericolo”. Da ciò si potrebbe desumere, che o il fatto è imputabile alla P.A. con conseguente diritto al risarcimento del danno, oppure il fatto medesimo è anche solo in parte riconducibile al danneggiato ed in tal caso per quest’ultimo non sussisterà alcun diritto di natura risarcitoria. Questa ricostruzione, diffusa nella giurisprudenza di merito, è stata ben esaminata e contrastata dalla sentenza 1752/2002 della Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Riflessioni e Commenti ALTIRPINIA Corte di Cassazione che al termine di una lunga digressione sull’art. 1227 I co. c.c. e sul principio di autoresponsabilità, bene conclude affermando che l’interpretazione proposta dalla Corte Costituzionale “introdurrebbe un nuovo elemento nella responsabilità aquiliana, non previsto dall’art. 2043 c.c., e cioè la mancanza di diligenza del danneggiato, rilevante, invece, non ai fini della responsabilità del danneggiante, ma ai fini del concorso colposo ... u n ' i n v e r s i o n e “ dei normali criteri operativi dell'actio a q u i l i a n a .... “ del danneggiato. Ciò produrrebbe anche un’inversione dei normali criteri operativi dell’actio aquiliana, perché il danneggiato sarebbe tenuto a dimostrare che il danno si è verificato nonostante la sua diligenza”. E’ per questi motivi che il concorso nella causazione dell’evento, che si ritiene effettivamente esistente, sia pure in misura diversa e preponderante per l’Ente convenuto, viste le disastrose conseguenze dell’incidente, non può che contribuire ai soli fini del calcolo dell’entità del risarcimento dovuto dal danneggiante. La misura del danno richiesto va, quindi, adeguatamente ridotta e contenuta in € 6.000,00 che si reputa congrua con gli interessi di legge dalla domanda. Va infine rilevato come non abbia nessuna rilevanza il fatto, pure eccepito dalla convenuta, della provenienza dei depositi alluvionali da una strada comunale, non attinendo ai rapporti tra le parti in causa. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Definitivamente decidendo, ogni altra istanza disattesa, dichiara la responsabilità prevalente dell’A.N.A.S. nella causazione dell'incidente e per l'effetto la condanna a risarcire il danno al sig. R. P. nella misura di € 6.000,00 così determinata in via equitativa, ex art. 2043 e 1227 I co. c.c., oltre agli interessi di legge dalla domanda al soddisfo. Condanna la medesima convenuta al pagamento delle spese legali che in mancanza di nota spese specifica liquida in € 1.500,00 di cui € 700 per onorari, € 700 per diritti e € 100 per verosimili esborsi oltre IVA, CAP e rimborsi ex art. 15 L. P. con attribuzione all'avv. M. A. che ha dichiarato di averle anticipate. Sant'Angelo 24.09.03 dei Il Giudice di pace Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Lombardi, Mar."A"M. Cicchella Operatori Giud. C. Zola-R. Villani- L. Marchitto Cancelleria Dott. Pezza C. Battaglia-A. Argenio-M. Castaldo Procuratore Capo Dott. M. Pezza Sostituti Procuratori Dott. E. Aufieri- Dott. U.Miraglia Del Giudice Funz. Resp. Settore Penale P. Greco UFFICIO DEL GIUDICEDI PACE GdP Coordinatore dott. A.M.G.Bruno UDIENZE CAUSE CIVILI Venerdi: Dott. A. Nasti- Dott. A.Bruno Prima Udienza ore 10.00-14.00 Udienze istruttorie ore 11.30 - 14.00 CAUSE PENALI Dott. A Nasti - Dott. A.Bruno Dibattimentali tutti i Giovedì: ore 9.30-14.00 G.I.P. Martedì: ore 10.30-14.00 ORARIO RICEVIMENTO Giovedì ore 11.00-12.00Venerdì ore 12.30 – 13.30 ASSEVERAMENTO PERIZIE Lunedì-Giovedì ore 10.00-13.00 CANCELLERIE Penale (Unica) M. Schiavone Civile Dott. Bruno V.G. Imbriano Civile Dott. Nasti Dott. A. Valletta Ruolo Generale- Iscrizione a Ruolo V.G. Imbriano Cancelliere Dirigente Dott.ssa M.M. Grande Operatore Amm.voAssistente Dott. A. VallettaE. Sorice 59 ALTIRPINIA LO STATO DEVE RISARCIRE IL DANNO ARRECATO ALLE COLTURE DALLA FAUNA SELVAGGIA RIF. NORM. L. 11.02.1992, ART. 10, CO.8, LETT. F); L. REGIONE CAMPANIA N. 8/96, ARTT. 26 E 28; D. LGS. N.80/98, ART. 34 MASSIMA LA FAUNA SELVATICA NON È "RES NULLIUS" MA PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO, CON LA CONSEGUENZA CHE ALLO STESSO, QUALE PROPRIETARIO, INCOMBE L'OBBLIGO DI RISARCIRE IL DANNO ARRECATO A TERZI DALLA SELVAGGINA PROTETTA. IL PREGIUDIZIO ECONOMICO ARRECATO DALLA FAUNA SELVATICA AI PROPRIETARI DEI FONDI, COMPRESI NELLE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA, HA FUNZIONE RISARCITORIA IN SENSO STRETTO, E, QUINDI, DI REINTEGRAZIONE PATRIMONIALE, CHE ESCLUDE IL POTERE DISCREZIONALE DELL'AMMINISTRAZIONE SIA IN ORDINE ALL'AN CHE IN ORDINE AL QUANTUM. RIENTRA NELLA GIURISDIZIONE DELL'A.G.O. LA CONTROVERSIA INERENTE IL RISARCIMENTO DEL DANNO ARRECATO ALLA PRODUZIONE AGRICOLA DALLA FAUNA SELVATICA. NEL GIUDIZIO INTENTATO DAL DANNEGGIATO PER LA LIQUIDAZIONE DELL'INDENNIZZO LA LEGITTIMAZIONE REGIONE ED ALLA PROVINCIA CHE NE RISPONDONO IN SOLIDO TRA LORO IN ASSENZA DI UNA CHIARA NORMA DI DELEGA SULLA ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ. PASSIVA APPARTIENE ALLA UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI LACEDONIA. SENTENZA. AVV. LUCIA FORGIONE (omissis) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato 16 maggio 2002 D. L. A. ha convenuto in giudizio l'Amministrazione Provinciale di Avellino per ivi sentire accertare i gravi danni provocati dai cinghiali o fauna selvatica al vigneto, dichiarare che il fatto costituisce ipotesi di risarcimento danni anche ai sensi della legge regionale n. 8/1996 e per l'effetto condannare la convenuta al pagamento in favore dell'attore della somma di euro 2.582,29 in relazione ai fatti di cui in premessa o 60 in quella maggiore o minore, che il Giudice adito riterrà equa e giusta secondo il suo apprezzamento, oltre interessi e rivalutazione. Il tutto sempre e comunque nel- l'ambito della competenza ratio- ne-valoris del Giudice adito nonostante il cumulo operato. Condannare il convenuto al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa. L'attore ha a tal fine dedotto, che quale coltivatore diretto è proprietario del terreno sito nel Comune di Monteverde alla c.da "Pettolone" in catasto al foglio 6 p.lla 97, per una superficie di Ha 01.58.00 di cui Ha. 01.00.00 circa adibito a vigneto; che il giorno 25 settembre 2000 un branco di cinghiali ha aperto un varco nella recinzione del detto vigneto e ha divorato l'intero raccolto, provocando danni irreparabili anche alla struttura del vigneto; che l'attore a seguito di tanto, è stato costretto a ripiantare un nuovo Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ALTIRPINIA vigneto con protezione di rete prova per testi, è stata rinviata al buendo essenziale rilievo, a tal metallica; che detto vigneto rica- 19.12.2003 per la precisazione fine, al concreto atteggiarsi della de in zona di ripopolamento e delle conclusioni e discussione e disciplina positiva concernente la cattura; che l'istante immediata- a tale udienza è stata riservata in ristorabilità dei danni prodotti mente dopo il fatto, avanzava decisione. dalla selvaggina protetta. richiesta di risarcimento danni MOTIVI DELLA DECISIONE Le norme cui far riferimento nel pari a lire 5.000.000 ai sensi e Si premette che l'eccezione di caso che ne occupa sono l'art. 10 nelle forme di cui all'art. 26 legge difetto di giurisdizione sollevata comma 8 lettera f) della legge staregionale n.8/1996; Che la legge tale 11 febbraio 1992 n. 157 e l'art. statale n. 157/1992, ha riconosciu26 della legge regionale Campania to in capo allo Stato una situazion. 8/1996. ne di titolarità dominicale della Dal tenore letterale della normatifauna selvatica, sgombrando il va invocata emerge con chiarezza campo del vecchio concetto di che il pregiudizio economico "res nullius"; che dalla acquisita arrecato dalla fauna selvatica ai condizione di proprietario della proprietari dei fondi, compresi fauna selvatica, incombono sullo nelle zone di ripopolamento e catStato una serie di obblighi tra cui tura, ha funzione risarcitoria in quello di risarcire i danni arrecati senso stretto, e, quindi, di reintea terzi; che senza esito è rimasta grazione patrimoniale, come tale la richiesta di risarcimento danni esclusivo di un potere discrezio. dall'Amministrazione provinciale nale dell'amministrazione sia in Alla prima udienza di comparizio- di Avellino e dalla Regione ordine all'an che in ordine al ne si è costituita ritualmente Campania non ricorre nel caso di quantum. Infatti l'art.10 della l'Amministrazione Provinciale di specie. legge n. 157/1992 dopo aver previAvellino la quale ha eccepito in Invero la domanda proposta dal- sto la creazione di oasi di protevia preliminare il difetto di giuri- l'attore, al di lì del suo fondamen- zione e di rifugio della fauna selsdizione del giudice ordinario, to nel merito, appartiene alla vatica, zone di ripopolamento e per essere il giudizio di compe- cognizione dell'AGO. Infatti il pro- cattura e centri pubblici di produtenza del giudice amministrativo, blema attinente alla qualificabili- zione di selvaggina, anche allo il difetto di legittimazione stato naturale - esplicitapassiva, per essere legittimamente prevede - alla lettera to la Regione Campania, e nel f) - l'emanazione di norme merito ha eccepito la infonche fissino "i criteri per la datezza della domanda di cui determinazione del risarcine ha chiesto il rigetto con la mento in favore dei condutcondanna dell'istante al diritto soggettivo al risarcimento tori", mentre il successivo pagamento delle spese di senza lasciare spazio a valuta- art. 26 dispone che per "far lite. fronte ai danni non altrizioni discrezionali da parte E' stata disposta la chiamata menti risarcibili arrecati in causa della Regione della pubblica amministrazione alle produzioni agricoCampania, cui ha provvedule………….. dalla fauna selto parte attrice, e, all'udienza vatica e' costituito a cura del 07.02.2003 si è costituita della Regione un fondo anch'essa in giudizio eccedestinato alla prevenzione pendo in via preliminare il e ai risarcimenti" e che "Il difetto di giurisdizione, per esse- tà della posizione dell'attore proprietario o il conduttore del re competente il giudice ammini- come diritto soggettivo, tutelabi- fondo è tenuto a denunciare temstrativo; il difetto di legittimazio- le dinanzi il giudice ordinario, o pestivamente i danni ………… ne passiva e, nel merito, ha chie- come interesse legittimo, tutela- che procede entro trenta giorni sto il rigetto della domanda per bile dinanzi il giudice amministra- alle relative verifiche anche infondatezza. Con vittoria di tivo, va risolto tenendo presente mediante sopralluogo e ispezioni spese e competenze di lite. la consistenza riconoscibile di e nei centottanta giorni successiLa causa, istruita con la produzio- volta in volta alla posizione sog- vi alla liquidazione" ed infine l'art. ne di documenti ed assunzione di gettiva del danneggiato ed attri- 26 della legge Regionale “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 61 ALTIRPINIA Campania è intitolato ne all'an che in ordine al quan"Risarcimento danni alle produ- tum. (cass. sez. un. 10.08.1999 n. zioni agricole". 587; Cass. sez. Unite n. 12901/98; La incondizionata doverosità Sez Unite n. 5501/1991); della corresponsione del risarci- Né può ritenersi fondata l'eccemento risulta sancita anche dalle zione di difetto di giurisdizione espressioni: "Il proprietario o il sotto il profilo dell'art. 34 del conduttore è tenuto a denunziare D.Lgs n. 80/1998. il danno, entro cinque giorni dal- In effetti l'art. 34 devolve alla giul'evento, all'Ufficio Caccia della risdizione esclusiva del giudice Provincia il quale entro i succes- amministrativo le controversie sivi trenta giorni procederà agli aventi per oggetto gli atti, i provaccertamenti del caso anche vedimenti e i comportamenti mediante verifiche ed ispezioni delle amministrazioni pubbliche sopralluogo" e ancora "Entro in materia urbanistica ed edilizia. novanta giorni dal ricevimento della denunzia, previo esame della pratica da parte del comitato di cui al comma 3), la Provincia comunica al danneggiato l'importo ... la fauna selvatica italiana del danno accertato" e patrimonio indisponibile dall'inciso "..la provincia provvederà al risarcidello Stato ... mento del danno accertato nella misura del 100%…" (art. 28 comma 4°, 5° e 6° legge regionale campania). In definitiva, ritiene questo giudicante, che il quadro normativo sopra Nel caso di specie oggetto del esposto attribuisce al proprieta- giudizio non un atto, né un provrio danneggiato un vero e pro- vedimento e né un comportaprio diritto soggettivo al risarci- mento della pubblica amminimento senza lasciare spazio a strazione ma azione di risarcivalutazioni discrezionali da parte mento danni arrecati dalla fauna della pubblica amministrazione selvatica al fondo dell'attore, con la conseguenza che la relati- incluso in zona di ripopolamento va controversia rientra nella giu- e cattura. risdizione del giudice ordinario. La questione è necessariamente Sul punto anche le sezioni unite di competenza del giudice civile, della Suprema Corte di unico giudice deputato alla Cassazione, decidendo casi ana- cognizione in detta materia. loghi, hanno chiarito che il pre- Nel merito la domanda è fondata giudizio economico arrecato e provata e merita accoglimento. dalla fauna selvatica ai proprieta- In primis si precisa che prima ri dei fondi, compresi nelle zone dell'entrata in vigore della legge di ripopolamento e cattura, ha quadro sulla caccia (l. 27 dicemfunzione risarcitoria in senso bre 1977, n. 968 - ora modificata stretto, e, quindi, di reintegrazio- dalla l. 11 febbraio 1992, n. 157, ne patrimoniale, come tale esclu- Norme per la protezione della sivo di un potere discrezionale fauna selvatica omeoterma e per dell'amministrazione sia in ordi- il prelievo venatorio) si riteneva “ comunemente che gli animali selvatici viventi in libertà appartenessero alla categoria delle res nullius per cui ciascuno era libero di appropriarsene con la conseguente irrisarcibilità dei danni da essi arrecati. Il quadro normativo ha subito una trasformazione radicale con l'approvazione della citata legge quadro sulla caccia (legge 968/77 e 157/92) che ha dichiarato la fauna selvatica italiana patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1). Posto quindi che la fauna selvatica è entrata a far parte del patrimonio indisponibile dello stato incombe su questo una serie di obblighi derivanti dalla acquisita condizione di proprietario della fauna selvatica tra cui quello di risarcire i danni arrecati a terzi. Sebbene la fauna selvatica rientra nel patrimonio indisponibile dello Stato la legge n. 157/1992 attribuisce alle Regioni l'emanazione di norme relative alla gestione e tutela di tutte le specie della fauna selvatica e affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando alle province le funzioni amministrative di attuazione delle norme regionali in materia. Pertanto ritiene questo giudicante che, se ed in quanto sussiste responsabilità, le regioni e le province sono tenute in solido al risarcimento dei danni arrecati a terzi dalla fauna selvatica. Sul punto la giurisprudenza ritiene invece legittimato passivamente solo la Regione, ovvero l'ente che ha il potere di emanare norme relative alla gestione e tutela della fauna selvatica, in quanto la delega alla provincia non fa venir meno la titolarità di tali poteri in capo alla Regione e deve essere esercitata nell'ambito delle direttive dell'ente delegante. Nel caso di specie, però, la Provincia non ha provve- “ 62 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ALTIRPINIA duto ad una corretta attuazione delle norme regionali relative alla gestione e tutela della fauna selvatica; non ha provveduto alla predisposizione in concreto di piani faunistico-venatori destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale anche con la cattura di selvatici presenti in soprannumero (art. 10 legge n. 157/92) e non ha provveduto alla installazione di opere di recinzione. La Provincia inoltre non ha mai giustificato come ha utilizzato i fondi assegnati dalla Regione per l'anno 2000. Né risponde a vero l'assunto dedotto dalla stessa nella comparsa di costituzione che la Regione avrebbe provveduto allo stanziamento dei fondi solamente per l'anno 1996 in quanto dalla documentazione in atti, mai contestata, è emerso che negli ultimi cinque anni i fondi per il risarcimento danni causati dalla fauna selvatica sono stati regolarmente assegnati. Inoltre l'art. 26 L.R. n. 8/1996 attribuisce alla provincia anche i compiti di accertamento e liquidazione dei danni nella misura accertata, attraverso l'utilizzazione dei fondi stanziati dalla Regione. L'amministrazione Provinciale, sebbene parte attrice abbia regolarmente inoltrato denuncia di danno in data 02.10.2000 a mezzo racc.ta ar., come si evince dalla documentazione in atti, non ha mai proceduto ai dovuti accertamenti come previsto dalla succitata normativa regionale . In definitiva questo giudicante ritiene che la responsabilità per condotta colposa della Regione Campania e dell'Amministrazione Provinciale di Avellino vada ricondotta alla mala gestio della fauna selvatica. Infatti l'ammini- strazione Provinciale di Avellino è responsabile per non avere esercitato il suo potere di controllo sulla riproduzione dei cinghiali e per non aver provveduto alla installazione di opere di recinzione e la Regione Campania per non aver esercitato controllo “ ... le regioni e le province sono tenute in solido al risarcimento dei danni arrecati a terzi dalla fauna selvatica ... fauna selvatica, pari a euro 2.582,00 oltre interessi legali dalla domanda. L'accoglimento della domanda proposta da De Lorenzo Antonio determina in suo favore la regolamentazione delle spese di lite che seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P. Q. M. Il Giudice di Pace di Lacedonia, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da De Lorenzo Antonio nei confronti dell'Amministrazione Provinciale di Avellino con atto di citazione notificato il 16.05.2001 e nei confronti della Regione Campania con atto di chiamata in causa notificato il 5.12.2002, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) Accoglie la domanda e per l'effetto dichiara l'Amministrazione Provinciale di Avellino e la Regione Campania tenute in solido al risarcimento dei danni arrecati al vigneto dell'attore dalla fauna selvatica; 2) Condanna l'Amministrazione Provinciale di Avellino e la Regione Campania, in persona dei loro legali rapp.ti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attore D. L. A. della somma di euro 2.582,00 oltre interessi legali dalla domanda; 3) Condanna l'Amministrazione Provinciale di Avellino e la Regione Campania, in persona dei loro legali rapp.ti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attore delle spese di lite che si liquidano in euro 1.179,51 di cui euro 79,51 per spese vive anticipate, euro 600,00 per diritti ed euro 500,00 per onorario di avvocato oltre accessori di legge. “ per la migliore gestione della fauna selvatica e per non aver esercitato il potere sostitutivo sancito dall'art. 10 comma 10, legge n. 157/1992. Alla luce di tanto anche l'eccepito difetto di legittimazione passiva sollevata dalle convenute va rigettato. L'ammontare del danno arrecato al vigneto dell'attore dalla fauna selvatica è provato dalla perizia in atti redatta dal geom. Pietro Zecchino, corredata di rilievi fotografici, e confermata dal tecnico redattore, assunto come teste. Nella perizia, mai contestata, il tecnico ha accertato che i danni presenti sul vigneto del De Lorenzo, esteso per circa Ha 01.00.00, erano da imputarsi ai cinghiali i quali avevano completamente distrutto l'uva prossima alla vendemmia e ne ha altresì quantificato l'ammontare dei danni pari ad euro 2.582,00. La Regione Campania e l'Amministrazione Provinciale di Avellino sono quindi tenute in solido al risarcimento del danno arrecato al fondo dell'attore dalla Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 63 Studi e Note STUDIO ALTIRPINIA IL PROBLEMA DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ, LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE E L'APPLICAZIONE ANALOGICA DELLE "CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE". L’art 1 del Codice Penale disponendo che “Nessuno mente – ricompreso in quello sub b)); d) l’irretroatpuò essere punito per un fatto che non sia preve- tività della legge penale. Nessuno può essere conduto dalla legge come reato, né con pene che non dannato per un reato il quale non sia previsto da siano da essa stabilite”, formalizza, nel nostro una legge che preveda una fattispecie determinata Ordinamento, il principio di legalità, principio pre- e tassativa e che sia entrata in vigore prima del sidiato a livello costituzionale dall’art. 25 Cost., il fatto commesso. quale, anche se si sofferma su uno degli aspetti di In particolare il divieto di interpretazione analogica tale principio e cioè sulla regola della irretroattività è principio fondante degli Ordinamenti costruiti su della legge penale nel tempo (“Nessuno può essere un principio di legalità formale; infatti se nei Sistemi punito se non in forza di una legge che sia entrata in a legalità sostanziale il ricorso alla analogia rapprevigore prima del fatto commesso”), ha comunque senta il mezzo di adeguamento del diritto penale al inteso riferirsi, secondo la studio pressoché unani- divenire della realtà sociale, tale adeguamento nei me, a tutti gli aspetti del principio di legalità. sistemi a legalità formale può essere garantito solo Il principio di legalità formale che si riassume nel da continui e tempestivi interventi legislativi. brocardo latino nullum crimen, nulla poena sine Nel nostro Ordinamento il divieto di interpretaziolege, va nettamente distinto dal principio di legalità ne analogica è esplicitamente previsto nell’art. 14 cd. sostanziale secondo il quale vanno considerati delle Disposizioni sulla legge in generale che stabilireati tutti i fatti socialmente pericolosi, anche se sce: “Le leggi penali e quelle che fanno eccezione non espressamente previsti dalla legge, e che ad a regole generali o ad altre leggi non si applicano essi vanno applicate le pene adeoltre i casi e i tempi in esse conguate allo scopo. Tale principio è siderati”. Non può esservi dubusualmente sintetizzato con il bio, del resto, che tale divieto brocardo latino nullum crimen ... Il principio di legalità possa desumersi – come detto sine poena. Il principio di legalità in precedenza – dalla formulasostanziale è pressoché scono- sostanziale è pressoché zione dell’art. 25 della sciuto ai Sistemi giuridici moderCostituzione. sconosciuto ai Sistemi ni (rimane in vigore in alcuni La studio penalistica nostrana giuridici moderni .... Paesi di tradizione comunista ha sempre evidenziato un limite come la Cina e la Corea del Nord) al divieto di interpretazione anaessendo stato adottato, agli inizi logica nella possibilità del ricordel secolo scorso, dalla Russia so alla c.d. analogia in bonam Sovietica e dalla Germania Nazionalsocialista. Se partem. Il divieto di analogia è sempre stato concepensiamo che il Diritto moderno nasce proprio pito, infatti, in funzione di garanzia del favor libertadalla reazione dei Popoli alle storture realizzate agli tis contro limitazioni non espressamente previste albori del Secolo scorso dai Totalitarismi possiamo dalla legge, perché si è sempre avvertito e storicaben capire come si sia affermata con forza l’esigen- mente constatato che l’effettivo pericolo di abusi za di certezza e di garanzia del Diritto che ha porta- del Giudice, che nell’analogia si annida, proviene to alla affermazione del principio di legalità forma- soprattutto dall’analogia in malam partem. “E’ per le. questo che la nostra studio ha sempre circoscritto La portata di tale principio viene tradizionalmente il divieto alla sola analogia “a sfavore del reo”, ritearticolata nella enunciazione di quattro regole fon- nendo che la locuzione “leggi penali” di cui all’art. damentali che sono: a) la c.d. riserva di legge; b) la 14 disp. prel. debba intendersi nel senso restrittivo regola della tassatività e determinatezza della fatti- di leggi penali incriminatrici. Risulta quindi consenspecie legale; c) il divieto di interpretazione analo- tito il ricorso all’interpretazione analogica per quelgica (da alcuni autori – come vedremo successiva- le norme previste “a favore del reo” vale a dire “ “ 64 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi STUDIO Studi e Note ALTIRPINIA quelle norme che prevedono cause di non punibili- tezza, in ossequio al principio di tassatività, delle tà del fatto previsto come reato, o ipotesi di atte- disposizioni a favore del reo, e dal divieto generale nuazione della pena. di analogia per le norme eccezionali. Di conseguenIn realtà l’estensione analogica delle norme c.d. za le “scriminanti tacite” devono essere desunte scriminanti sul piano storico ed ideologico è postu- rigorosamente dalle scriminanti codificate, e così lata dalle stesse ragioni costitutive del divieto di per gli esempi pratici dell’attività medico-chirurgiapplicazione analogica delle norme incriminatrici e ca, dell’attività sportiva violenta, delle informazioni cioè tutelare il popolo sovrano da scelte criminaliz- commerciali(MANTOVANI). zanti non compiute dal legislatore. Per l’altra parte della studio, invece, le norme che Sul fondamento giuridico e sulla portata dell’analo- escludono l’antigiuridicità del fatto tipico, (o norme gia in bonam partem non vi è pero concordia in stu- permissive) non modificano né limitano la materia dio; gli autori che seguono la teoria “bipartita” in del divieto posto dalla norma penale, ma soltanto ordine alla struttura del reato e cioè quella che indi- né escludono l’applicabilità ai casi concreti in cui vidua i due elementi costitutivi ricorra anche l’ipotesi prevista della fattispecie criminosa nel dalla norma permissiva. Mentre fatto tipico e antigiuridico e nella la risposta alle domande che concolpevolezza, giustificano l’analocernono l’esistenza di un fatto gia in bonam partem ritenendo ... analogia in bonam tipico è interamente contenuta che il divieto di analogia si riferinel diritto penale, la risposta alla partem.... sca unicamente alle norme penali domanda se quel fatto tipico sia incriminatrici (MANTOVANI). Gli anche antigiuridico, va invece autori che, invece, seguono la ricercata guardando all’intero teoria “tripartita”, quella, cioè, Ordinamento giuridico. La fonte che individua i tre elementi costitutivi del reato nel delle singole fattispecie permissive può, infatti, fatto tipico, l’antigiuridicità (che rappresenta, quin- essere rinvenuta non solo nell’ambito del diritto di un elemento autonomo), e la colpevolezza, indi- penale, ma anche in altri settori dell’Ordinamento; viduano nelle norme che escludono l’antigiuridicità ad esempio nelle disposizioni costituzionali. La del fatto tipicamente previsto dalla legge come norma che riconosce il Diritto di Sciopero (art. 40 reato, norme non penali e per questa via ammetto- Cost.) rappresenta la fonte della non antigiuridicità no l’analogia per tali norme: “Le norme che tolgono di alcune condotte tipiche come l’interruzione di illiceità al fatto penalmente sanzionato, infatti, non pubblico servizio (art. 340 c.p.). sono norme penali, bensì autonome norme non Ne consegue che è impossibile fornire un catalogo penali aventi effetto sull’intero Ordinamento giuri- esaustivo delle cause di giustificazione che, al condico; ne segue senza strappi la loro possibile esten- trario, corrispondono ad un elenco aperto a cui il sione analogica ...”. “La norma di favore sarà suscet- legislatore può aggiungere nuove voci e che può tibile di estensione analogica se ed in quanto sia essere arricchito per via interpretativa. E’ per queespressione di un principio generale dell’ordina- sta via che la Giurisprudenza ha riconosciuto il mento ...”.(FIORE) diritto di cronaca, che rispetti i limiti della verità, Per quanto riguarda, poi, la portata dell’analogia in pertinenza e continenza, come causa di liceità del bonam partem, essa è tradizionalmente riferita alle diritto di diffamazione a mezzo stampa. (FIORE) LA REDAZIONE norme che prevedono le c.d. scriminanti o cause di giustificazione, quelle situazioni, cioè, in presenza delle quali un fatto che altrimenti sarebbe reato, tale non è perché la legge lo impone o lo consente. Le cause di giustificazione sono previste agli artt. 50 – 54 c.p. che disciplinano il consenso dell’avente diritto, l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere, l’uso legittimo delle armi, la legittima difesa, lo stato di necessità. Parte della studio tende a limitare le ipotesi in cui è consentito il ricorso all’analogia stabilendo i limiti a cui deve sottostare l’analogia in bonam partem e cioè: il dovere di desumere rigorosamente l’eadem Albert Camus ratio dal diritto scritto, dalla necessaria determina- “ “ Chi scrive in modo chiaro ha lettori, chi scrive in modo oscuro ha commentatori Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 65 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA LE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA E L'ABUSO D'UFFICIO RIF. NORM. Cod. pen. - artt. 110, 112 1° comma n° 1 e 323 Cod. proc. pen. - artt. 533, 535 e 530 2° comma Cost. - art. 97 R.D. 383/34 - art. 87 1° comma L. 241/90 - artt. 1 e 22 MASSIMA LA SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE HA EFFETTO PER TUTTI COLORO CHE HANNO COMMESSO IL REATO ANCHE QUANDO DERIVA DA FATTI RICOLLEGATI ALLA VOLONTÀ DISCREZIONALE DI UNO SOLO DEI SOGGETTI DEL PROCESSO, COME NELL'IPOTESI DI SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PER CAUSE ASCRIVIBILI A IMPEDIMENTO DELL'IMPUTATO O DEL SUO DIFENSORE. NELLA SCELTA DEL SOCIO PER LA COSTITUZIONE DI SOCIETÀ DI CAPITALI DESTINATE ALLA GESTIONE È SEMPRE NECESSARIO OSSERVARE LE PROCEDURE DI EVIDENZA PUBBLICA. CIÒ NON SOLO QUANDO LA PARTECIPAZIONE PUBBLICA SIA MINORITARIA, COME RICHIESTO ESPRESSAMENTE DALL'ART. 12 COMMA 1 L. 23 DICEMBRE 1992 N. 498, MA ANCHE QUANDO L'ENTE TERRITORIALE PARTECIPI ALLA SOCIETÀ IN POSIZIONE DOMINANTE POICHÉ, IN TALE ULTIMA IPOTESI, L'APPLICABILITÀ DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA AL PROCEDIMENTO DI SCELTA DEVE ESSERE DESUNTA INNANZI TUTTO DIRETTAMENTE DALL'ART. 97 COST., ED IN PARTICOLARE DAI PRINCIPI DI CORRETTEZZA, TRASPARENZA, PUBBLICITÀ, EFFICIENZA ED EFFICACIA DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA (CONTENUTI ANCHE NEGLI ARTT. 1 E 22 DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241 SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO), E SECONDARIAMENTE DALLE NORME GENERALI CHE REGOLANO L'ATTIVITÀ CONTRATTUALE DEGLI ENTI LOCALI (IN PARTICOLARE L'ART. 87, PRIMO COMMA, R.D. 3 MARZO 1934, N. 383, NON ABROGATO DALL'ART. 64.1 LETT. C, DELLA LEGGE 142 DEL 1990). PERTANTO, OVE NON VENGANO APPLICATE LE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA NELLA SCELTA DEL SOCIO PRIVATO DI MINORANZA, LA VIOLAZIONE DI LEGGE CHE IL NUOVO TESTO DELL'ART. 323 C.P. PONE A FONDAMENTO DEL PRECETTO PENALE VA RAVVISATA PROPRIO CON RIFERIMENTO ALLE SUDDI PUBBLICI SERVIZI LOCALI DETTE NORME TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI LOMBARDI, PRESIDENTE DOTT. ROCCO CARBONE, GIUDICE ESTENSORE DOTT. FERDINANDO LIGNOLA, 13 FEBBRAIO 2004, N° 25 R.G. SENT. (omissis) Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione collegiale dott. Rocco Carbone Presidente dott. Elena Quaranta Giudice dott. Ferdinando Lignola Giudice estensore all’udienza del 13 febbraio 2003 ha pronunziato la seguente 66 SENTENZA nel procedimento nei confronti di: 1) C. D. A., nato a ... il ...; 2) R. A., nato a ... il ...; 3) D. V. L. I., nato a ... il ...; 4) T. F., nato a ... il ...; 5) M. G., nato a ... il ...; 6) A. M., nato a ... il ...; 7) L. O., nata a ... il ...; 8) D. B. G., nato a ... il ...; 9) P. G., nato a ... il ...; - liberi presenti - IMPUTATI Concorso in abuso di ufficio (artt.110-112 1° comma n. 1- 323 c.p.) perché gli ultimi sei nella qualità di pubblici ufficiali in quanto componenti della Giunta Municipale e nello svolgimento delle loro funzioni, in violazione dell’art. 3 par. 1 della Direttiva CEE/92/50, nonché degli artt. 265 e 267 r.d. 14/9/1931 n Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA 1175,87, comma 1 del r.d.3/3/1934 n.383,3 del r.d.18/11/1923 n.2440,37 del r.d. 23/5/1924 n.827 e delle norme contenute nella L.14/11/1995 n.481, nonché delle precedenti delibere della Giunta Comunale n.36 del 30/7/1997, intenzionalmente procuravano ingiusto vantaggio patrimoniale, dapprima ai primi tre indagati, che concorrono per istigazione, e poi alla T. s.n.c. costituita dagli stessi, consistente nell’affidamento della gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano senza ricorso a regolare gara, con i seguenti atti illegittimi : a) – delibera di giunta n. 258 del 2/8/1995, in cui il T. pure essendo cognato di D. V. L. I. (socio della T.), ometteva di astenersi - di revoca della delibera 109 del 23/03/1995 ( con cui era stata indetta trattativa privata con procedura di urgenza per la gestione temporanea dell’impianto) fornita di motivazione solo apparente in violazione dell’art. 3 Legge n. 241/90; b) - delibera 256 di Giunta del 2/8/1995 (successivamente annullata dall’organo di controllo) con cui i primi 3 indagati futuri soci della T. s.n.c.- venivano incaricati del servizio di manutenzione dell’impianto, ora per allora, sulla base del falso presupposto che la predetta delibera 109 era oggetto di ricorso, laddove il CO.RE.CO. si era limitato a richiedere chiarimenti su tale delibera, mai forniti, mentre dall’espetamento della gara indetta con la ripetuta delibera 109 era risultata aggiudicatario la ditta E. G. di Caserta, il tutto anche contro il parere espresso da tecnico comunale ai sensi dell’art. 53 L. 142/90 ; c) - delibera n. 388 di Giunta del 14/10/1997 (annullata dal TAR per violazione dell’art. 3 par.1 della Direttiva CEE 92/50) con la quale, dopo una serie di proroghe dell’affidamento del servizio a trattativa privata al T., veniva deciso di costituire una società a prevalente capitale pubblico per la gestione del servizio individuando la stessa T. quale socio di minoranza della costituenda società, senza il ricorso a gara in base ad argomentazione e scelte del tutto discrezionali. S. Angelo dei Lombardi - Particolare In B. fino al 14/10/1997 Con l’intervento del Pubblico Ministero Dott. U. Miraglia, del Giudice e dei Difensori di fiducia avv. C. Monaco, per C. D. A., R. A. e D. V. L. I.; avv. V. Esposito (e P. Filippone, assente), per T. F.; avv. P. Miele, per M. G., A. M., D. B. G. e P. G.; avv. D. Penetta, per A. M.; avv. Sergio De Meo per L. O.. CONCLUSIONI DELLE PARTI per l’accusa: condanna degli imputati T., M. E A. alla pena di 4 mesi e 10 giorni di reclusione; dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e P. G. per intervenuta prescrizione; assoluzione, a norma dell’art. 530, comma 2, c.p.p. per C. D. A., R. A., D. V. L. I. per non aver commesso il fatto e per L. O. perché il fatto non costituisce reato. per la difesa: avv. C. Monaco: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato; avv. V. Esposito: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce reato; in caso di condanna, il Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi minimo della pena con tutti i benefici; avv. D. Penetta: assoluzione perché il fatto non sussiste; avv. P. Miele: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché gli imputati non lo hanno commesso; avv. Sergio De Meo: assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Svolgimento del processo Con decreto del 18.4.2002 il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi disponeva - ai sensi degli artt. 429 e ss. c.p.p. - il giudizio nei confronti degli imputati in ordine ai reati contestati per l’udienza del 21.6.2002, data in cui il processo era rinviato per astensione degli avvocati all’8.11.2002. All’udienza dell’8.11.2002 dichiarata la contumacia di C. e L. ed in presenza degli altri imputati, il processo era rinviato al 31.1.2003 per l’incompatibilità di un componente del collegio. Seguiva ancora un rinvio all’11.4.2003, su richiesta del difensore presente, per impedimento dell’avv. De Meo, con dichiarazione di sospensione dei termini di prescrizione per tutti gli imputati. In data 11.4.2003, in presenza di tutti gli imputati, in assenza di questioni preliminari, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento e chiedeva l’acquisizione di una serie di documenti attinenti alla gestione dell’impianto della distribuzione del gas metano: delibera numero 30 del consiglio comunale del 1994; delibera del consiglio comunale del comune di B. numero 48 del 15 dicembre 1994; delibera numero 17 del 10 marzo 1995 con relativi allegati; delibera numero 109 del 23 67 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA marzo 1995 della giunta comula stessa costituisce comunque copia della deliberazione della nale; un documento, a norma dell’art. Giunta Comunale di B. N. 274 del delibera numero 258 della giun234 c.p.p., dal quale il giudice 2 agosto 95; ta comunale del 2 aprile 1995; può trarre elementi di giudizio: è copia della deliberazione n. 256 delibera numero 274 del 2 agodel resto pacifico che è sempre del 2 agosto 95 della Giunta sto 1995; a m m i s s i b i l e comunale di B.; delibera l’acquisizione approvazione dello schema di numero 309 di sentenze di convenzione per la gestione tecdel 21 settemprimo grado nica economica e manutenzione bre 1995; non passate in ordinaria degli impianti di distri... la sospensione e delibera giudicato, poi- buzione del gas metano, delibenumero 36 ché la loro non razione n. 17 del 10 marzo 95; l'interruzione della del 30 luglio definitività inci- copia della deliberazione n. 209 prescrizione hanno 1997 del conde solo sulla del 21 settembre 95; siglio comueffetto per tutti coloro valenza proba- copia della deliberazione n. 75 nale con relatoria ed utilizza- del 12 novembre 96 del consitivi allegati e che hanno commesso il bilità. glio comunale di B.; atto costituiSi procedeva copia della deliberazione n. 88 reato.... vo della quindi ad escu- del 28 dicembre 96; società; tere i testi M. G. copia della deliberazione del delibera (con acquisizio- Consiglio comunale di B. n. 26 numero 338 ne sull’accordo del 27 maggio 97; della giunta comunale del 14 delle parti della nota del 5 luglio copia della deliberazione del ottobre 1997; 1999, a sua firma) e D. G. D. (con consiglio comunale di B. n. 45 sentenza del TAR Campania del acquisizione sull’accordo delle del 10 ottobre 97. 27 maggio 1998; parti della relazione a sua firma La Difesa di D. V., R. e C. chiedelibera numero 256 del 2 agoed allegato relativo alla composi- deva a sua volta l’acquisizione, a sto 1995 unitamente al provvezione della giunta comunale e del norma dell’art. 507 c.p.p., di ultedimento del Co.re.co. Campania consiglio comunale negli anni dal riore documentazione che annulla la relativa delibera 1995 al 1997); quindi il processo attestato di lavoro del geometra della seduta dell’8 settembre era rinviato all’11.7.2003 per il D. V. L. I.; 1995. prosieguo. attestato di lavoro di R. A.; Le Difese chiedevano il con- L’udienza dell’11.7.2003 era rin- attestato di lavoro dell’ architettroesame dei testi del PM, l’esa- viata al 21.11.2003 per impedi- to C.; me degli imputati, e l’acquisizio- mento del Presidente del colle- copia dei libretti di lavoro dei ne di ulteriore documentazione: gio; all’udienza del 21.11.2003, tre assistiti; certificato attestante le dimisacquisita, su richiesta del PM, attestazione delle qualità persosioni volontarie dall’incarico di l’ordinanza del Consiglio di Stato nali riguardanti i tre lavoratori. assessore nel marzo 1996 di D. 180/99, era escusso M. M.; segui- Il Tribunale, sull’accordo delle B. G.; va l’esame degli parti, ammetteva Aquilonia - città antica certificato attestante le dimisimputati D. B., tutta la documensioni volontarie dall’incarico di A., T., L., con rintazione esibita, assessore in data 8 agosto 1996 vio al 14.1.2004 anche ai sensi deldi P. G.; per la discussiol’art. 507 c.p.p., delibera numero 371, approvata ne. disponendo il rindal Co.re.co.; All’udienza del vio del procedidelibera numero 256, annullata 14.1.2004 il mento per la dal Co.re.co.; P u b b l i c o discussione al 13 Alcuni difensori si opponeva- Ministero chiefebbraio 2004. no all’acquisizione della sentenza deva di poter All’odierno del TAR, perché successiva acquisire ex art. dibattimento, all’epoca dei fatti, contestati 507 c.p.p. ultedichiarati utilizzacome commessi fino al 14 otto- riore documentazione, relativa bili gli atti del fascicolo dibattibre 1997. all’affidamento del servizio di mentale, il Tribunale invitava le Il Tribunale ammetteva le gestione dell’impianto distribu- parti alla discussione. prove orali e documentali richie- zione del gas metano a trattativa Sulle conclusioni riportate in ste dalle parti; in particolare era privata ai tre futuri soci della T. epigrafe, infine, dichiarato chiuso disposta l’acquisizione anche dall’agosto 95 all’ ottobre 97, ed il dibattimento, il Tribunale prodella sentenza del T.A.R., poiché in particolare: nunciava sentenza da dispositivo “ “ 68 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA letto in udienza, assegnando il termine di giorni 30 per la motivazione. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente va precisato che, considerati i periodi di sospensione della prescrizione conseguenti a rinvio per cause ascrivibili a impedimento dell’imputato o dei Difensori o loro richieste, il tempo complessivo di sospensione della prescrizione è pari a 10 mesi e 28 giorni: 7 mesi e 28 giorni di sospensione nella fase dibattimentale e 3 mesi nella fase dell’udienza preliminare (rinvii per discussione, richiesto dal Difensore, e per astensione degli avvocati, disposti alle udienze del 21.6.2002, 31.1.2003 e 14.1.2004 e rinvio per astensione disposto in udienza preliminare il 20.9.2001). In particolare il rinvio del 31.1.2003, pur essendo dovuto all’impedimento del difensore della sola imputata L., è stato richiesto dal difensore di tutti gli imputati (avv. Miele, per alcuni di fiducia e per altri di ufficio), su indicazione conforme dei difensori di fiducia di A. e T., dei quali faceva comunque valere un impedimento non assoluto, né documentato. Né si può dimenticare che a norma dell’art. 161 comma 1 c.p. la sospensione e l’interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato. Tale norma viene normalmente interpretata molto rigorosamente, nel senso che la causa di sospensione opera non solo nell’ambito del processo al singolo imputato, ma anche nei confronti di eventuali futuri imputati nei cui confronti l’azione penale sia esercitata in un momento successivo, anche dopo il proscioglimento della persona inizialmente imputata. (Cass. pen., sez.V, 07/06/2001, n.31695, in Cass. pen., 2002, 3466). Tale interpretazione può essere confermata anche rispetto a questa peculiare causa di sospensione, cagionata da un fatto ricollegato alla volontà discrezionale di uno dei soggetti del processo. In proposito il Tribunale ha aderito al recente orientamento espresso dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui nell’ipotesi di sospensione del procedimento per cause ascrivibili a impedimento dell’imputato o del suo difensore, anche se si tratta di fattispecie con imputato non detenuto, è applicabile la novellata disposizione di cui all’art. 159 c.p., in relazione all’art. 304 c.p.p., e deve conseguentemente sospendersi il corso della prescrizione. Ed infatti il riferimento all’art. 304 c.p.p. nel corpo dell’art. 159 c.p. è stato inserito (con l. 332 del 1995: art. 15) in ossequio all’invito rivolto dalla Corte Costuzionale (C. Cost., 31 marzo 1994, n. 114) al legislatore affinché intervenisse a sanare le situazioni di paralisi dell’esercizio della funzione giurisdizionale che potevano derivare dall’esercizio del diritto dei difensori di astenersi collettivamente dalle udienze. Ne deriva che l’art. 159 comma 1 c.p. deve essere interpretato nel senso che la sospensione o il rinvio del procedimento o del dibattimento hanno effetti sospensivi della prescrizione, anche se l’imputato non è detenuto, in ogni caso in cui siano disposti per impedimento dell’imputato o del suo difensore ovvero su loro richiesta, salvo quando siano disposti per esigenze di acquisizione della prova o in seguito al riconoscimento di un termine a difesa. Nei suddetti casi la prescrizione rimane sospesa durante tutto il periodo in cui il dibattimento risulta sospeso o viene rinviato e, quindi, dalla udienza che subisce il rinvio fino alla successiva di effettiva celebrazione del dibattimento (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza dell’11 gennaio 2002 n. 1021, in Cass. Pen., 2002, 1308). Venendo al merito delle contestazioni, reputa questo Tribunale che all’esito della compiuta istruttoria dibattimentale sussistano in atti elementi idonei all’affermazione della penale responsabilità degli imputati T. F., M. G. e A. M.; viceversa non sono emersi elementi sufficienti a suffragare l’affermazione di una penale responsabilità di C. D. A., R. A., D. V. L. I., sotto il profilo della commissione del fatto, e di L. O., sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato. Va invece pronunciata sentenza di non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e P. G. per Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 69 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA intervenuta prescrizione. nuazione del servizio per altri 3 La vicenda riguarda una serie anni, ma fu chiesto un aumento di delibere di giunta comunale, del 60% dei prezzi. adottate tra il 1995 ed il 1997 ed Così la Giunta Municipale, con aventi ad oggetto l’affidamento propria delibera n. 109 del del servizio del gas metano nel 23.3.95, indisse una gara ufficiosa Comune di B., dirette a favorire, a mezzo trattativa privata, con in violazione di legge, la T. s.n.c. procedura di urgenza, per la ed i suoi soci, gestione tempoC. D. A., R. A. e ranea dell’imD. V. L. I.. pianto. Il termine Dalla depo- ...l'illecito si configura per l’apertura sizione del delle buste e quale reato di teste M. e, l’esame delle danno.... soprattutto, offerte pervenute dalla nota del era il 31.3.95 e la 5.7.99 acquisipiù vantaggiosa ta sull’accordo risultò l’offerta delle parti, è stato possibile rico- della Ditta E. di Caserta, con struire tutta la vicenda storica. ribasso del 41%. Dopo la realizzazione della rete In data 11.4.95, il Co.Re.Co. di distribuzione del gas metano, i chiese chiarimenti sulla delibera cui lavori furono aggiudicati 109 (in particolare in ordine alla all’impresa C. E. R., con regolare esistenza di una autorizzazione gara di appalto, l’impianto è stato consiliare alla trattativa privata e gestito dal Comune con il sup- agli elementi da considerare per porto tecnico-amministrativo il calcolo della vantaggiosità della Impresa C. E. R., con apposi- nella aggiudicazione), sospenta convenzione per il periodo di 3 dendone l’esecutorietà; i chiarianni, scadenza 30.3.95 e facoltà menti non furono mai forniti, e la di proroga per ulteriori anni 3. Giunta Comunale revocò la deliSuccessivamente, con delibera bera n. 109, con delibera n. 258 in consiliare n. 30 del 14.11.94, inte- data 2.8.95: a giustificazione delgrata con delibere consiliari n. 48 l’atto fu posta la sospensione del del 15.12.94 e n. 17 del 10.3.95, Co.Re.Co., ritenendolo approssimandosi la scadenza, fu opportuno, considerato che “è deciso l’affidamento del servizio intenzione di questa mediante concessione “tramite a m m i n i s t r a z i o n e licitazione privata da esperirsi abbandonare l’ipotesi tra ditte specializzate nel setto- di appalto a trattativa re”. privata con la proceduIl Comitato di Controllo di ra d’urgenza”. Avellino, con proprio visto, Già dal 29 marzo 1995, subordinò l’efficacia di tali atti però, appena due gioral parere favorevole del ni prima di quello fissaComitato Tecnico Regionale ed to per l’espletamento alla condizione che i criteri e la della gara, il Sindaco, priorità per l’esame delle offer- con provvedimento te fossero preventivamente d’urgenza, aveva afficonosciuti dai partecipanti. dato, per il tempo strettamente Approssimandosi la scadenza necessario, e fino al subentro contrattuale prevista originaria- della nuova impresa aggiudicatamente al 30.3.95, non fu esperita ria, il servizio a C. D. A., R. A. e D. la gara per l’affidamento in “con- V. L. I., sul rilievo che si trattava cessione” della rete di distribu- dei tecnici che lo avevano in prezione del gas metano, in attesa cedenza già effettuato alle dipendel parere del C.T.R.. denze C.E.R. e che occorreva eviL’Amministrazione Comunale tare l’interruzione del pubblico invitò l’impresa CER alla conti- servizio. Con la delibera 256 del 2 70 “ “ agosto 1995, la Giunta comunale incaricò poi del servizio di manutenzione dell’impianto, ora per allora, C. D. A., R. A. e D. V. L. I. (per il periodo 29.3.95 – 1.8.95), indicando come ragione della decisione l’impossibilità di portare a compimento la gara indetta con la delibera 109, per la pendenza di un ricorso (in realtà mai presentato, essendovi stata soltanto la richiesta di chiarimento da parte del Co.Re.Co). La delibera 256 fu poi annullata dal Co.Re.Co. (verb. n. 67 dell’8.9.95), osservando che la delibera 109 era tuttora sospesa e gli affidatari non risultavano in possesso dei requisiti previsti dalla legge per la gestione del servizio. Infine, con delibera 274, sempre del 2 agosto 1995 (integrata con delibere 309/95 e 371/1995), e sul presupposto della urgenza, venne affidato il servizio a trattativa privata alla T. s.n.c., fino alla stipula della convenzione con la ditta vincitrice dell’esperenda gara e comunque per una durata non superiore ad 8 mesi. La gara non fu mai esperita, perché la gestione della T. s.n.c. fu più volte prorogata (cfr. ad es. delibere del Consiglio comunale 33 del 4.6.96, 88 del 28.12.1996, 26 del 27.5.1997, 45 del 10.10.1997, in atti), fino costituire una società a prevalente capitale pubblico (G. s.r.l.) per la gestione del servizio, la cui costituzione è avvenuta in data 20.4.98 con atto del Notaio Cestone di Melfi, Rep. n. 317121, registrato a Melfi il 5.5.98 al n. 438, che prevedeva la partecipazione del Comune di B. per quote fino all’80% ed del socio di minoranza per il 20%. La decisione risale alle delibere del Consiglio comunale del 12.11.1996, n. 75 e 30.7.1997, n. 36; in particolare con la seconda si è approvato lo schema di statuto della società G. s.r.l., per un Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA capitale sottoscritto di 200 milioni, del quale non meno dell’80% di proprietà del Comune ed il restante 20% riservato ad una impresa privata del settore, da individuarsi con le procedure dell’evidenza pubblica; tuttavia, con delibera di Giunta n. 338 del 14.10.1997, dando atto che si era proceduto ad avviso pubblico (approvato con delibera 292 del 4.9.97), regolarmente pubblicizzato, e che allo stesso avevano risposto la T. s.n.c., la E. s.r.l. la C.P.L. C. sooc. coop. a r.l., si ritenne di preferire la T. s.n.c., poiché, pur essendo tutti e tre i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dall’avviso, si riteneva oltremodo opportuno scegliere la T. s.n.c. . Tre le ragioni apparenti: perché impresa con sede in B. e personale residente in B.; perché gestore di fatto del servizio dal 2.8.95 in maniera idonea; per assicurare la continuità di gestione. La delibera di Giunta n. 338 del 14.10.1997, su ricorso proposto dalla Società E., è stata annullata dal T.A.R. Campania, con sentenza del 18.9.98 n. 2922/98, appellata dal Comune; con ordinanza del 29.1.1999 è stata rigettata la domanda incidentale di sospensione della efficacia della sentenza appellata. Questo essendo il complesso quadro della vicenda dal punto di vista della attività amministrativa, bisogna ora passare ad analizzare la contestazione dell’accusa con particolare riferimento all’ultima delibera di Giunta comunale, la n. 338 del 14.10.1997. La condotta relativa alle precedenti delibere, infatti, pur assumendo rilievo decisivo ai fini della prova del dolo del delitto di abuso di ufficio, considerando il tempo complessivo di sospensione della prescrizione di 10 mesi e 28 giorni, sommato al termine complessivo di 7 anni e sei mesi di prescrizione, risulta coperta dalla causa estintiva della prescrizione, maturata, con riferimento alle altre due condotte contestate (delibere nn. 258 e 256 del 2.8.1995) fin dal 30.12.2003. Per queste ragioni va dichiarato non doversi procedere a norma dell’art. 531 c.p.p. nei confronti di D. B. G. e P. G., per intervenuta prescrizione. D. B. G., infatti, risulta cessato dalla carica di assessore fin dal 12.3.1996 (cfr. certificazione in atti del 6.6.2000), mentre P. G. risulta dimissionario fin dall’8.6.1996 (cfr. certificazione in atti del 6.6.2000). Ed infatti nessuno dei due imputati risulta poi componente della Giunta che approvò la delibera di Giunta n. 338 del 14.10.1997, della quale facevano parte invece T. F., M. G., A. M. e L. O. (assente l’assessore S. A.). Né dagli atti emergono elementi tali da consentire un giudizio assolutorio nel merito, poiché, come si dirà, la condotta relativa alle delibere 258 e 256 del 2.8.1995 integra altrettante ipotesi di abuso di ufficio, come anche quella relativa ad altre delibere, rispetto alle quali non vi è contestazione della Pubblica Accusa. Tornando all’ultima delibera, la questione fondamentale da affrontare è quella relativa alla possibilità per l’ente territoriale di procedere alla scelta del socio privato di minoranza, senza il ricorso a gara, per la gestione del servizio del gas metano. Secondo la tesi difensiva, Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ampiamente illustrata nella memoria depositata dal Difensore di A. M. e nella discussione orale da tutti i Difensori, dal raffronto dell’art. 22 comma 3 lettera e) della L. 142/1990, che prevede proprio tale figura, e la normativa prevista per la società a prevalente capitale privato (L. 498/1992), si evincerebbe un obbligo di rispetto delle regole della gara ad evidenza pubblica solo per il secondo caso e non per il primo. Né il principio sarebbe rinvenibile in altre norme di rango primario e regolamentare per due ragioni fondamentali: le norme pubblicistiche non riguardano i contratti associativi, ma quelli di scambio; la tutela degli interessi pubblicistici sarebbe assicurata dal controllo della società da parte del soggetto pubblico, azionista di maggioranza. In sostanza, nella scelta del partner, assumerebbe un rilievo pregnante l’aspetto fiduciario, poiché l’ente pubblico compie una scelta di carattere imprenditoriale e non amministrativo, da operare anche con una semplice trattativa privata previa selezione informale, come avvenne nel caso di specie. Lo stesso annullamento da parte del T.A.R. avrebbe fatto in sostanza riferimento al vizio di eccesso di potere, per violazione dei principi generali e comportamento contraddittorio della Giunta rispetto alla precedente delibera 292/1997, ipotesi non in grado di integrare quella violazione di legge e regolamento che il nuovo testo dell’art. 323 c.p. pone a fondamento del precetto penale. A giudizio del Tribunale tale prospettazione, in diritto, non può essere condivisa. Secondo la giurisprudenza ormai assolutamente prevalente del Consiglio di Stato e della Cassazione civile, infatti, la scelta 71 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA del socio di minoranza nella cazione delle modalità di scelta suale non si prestano ad essere costituzione della società a capi- del contraente ammesse dalle assolte altrimenti: “se il loro valotale pubblico maggioritario per disposizioni in materia di con- re sta nel far scaturire dal confronl’affidamento di un servizio pub- tratti delle amministrazioni dello to tra i concorrenti le soluzioni più blico deve seguire le regole del- Stato e le ragioni che ne sono alla idonee ad un’azione efficiente ed l’evidenza pubblica. base (art. 56.1. lett. c). efficace della pubblica amminiIn particolare la Suprema Non risultando direttamente strazione, è dal loro impiego che Corte (Cass. civ., Sez. ci si deve attendere queUn., sent. 754 del sto risultato, mentre 29/10/1999), nell’affronl’essere l’ente locale tare una fattispecie in detentore della maggio...nella riformulazione operata cui era si era provveduranza del capitale dall'art. 1 L. 16 luglio 1997 n. 234, è sociale non varrà a far to alla gestione del servizio idrico integrato significativamente mutato l'elemento conseguire il risultato di mediante la costituziouna gestione efficiente soggettivo del reato.... ne di una società per ed economica, se le azioni a prevalente capacità necessarie capitale pubblico, ha non siano prima state affermato in maniera tratte dal mercato chiara il principio secondo cui il applicabile l’art. 267 R.D. 14 set- mediante la messa in concorrenza modo della scelta dei soci non tembre 1931, n. 1175 (che riguar- degli aspiranti. E del resto, il pospuò considerarsi rimesso all’au- da la concessione a terzi), l’appli- sesso della maggioranza delle tonomia privata dell’ente locale, cabilità delle regole dell’evidenza azioni può assicurare all’ente sia per i principi di buona ammi- pubblica al procedimento di scel- locale la direzione dell’impresa nistrazione e trasparenza del- ta deve essere desunta innanzi sociale e che nella gestione del l’azione amministrativa, sia per il tutto direttamente dall’art. 97 servizio sia perseguito l’indirizzo rispetto della normativa vigente. Cost., ed in particolare dai princi- voluto, ma tutto ciò non ha nulla a Attraverso una attenta ricogni- pi di correttezza, trasparenza, che vedere con la salvaguardia zione dell’insieme delle disposi- pubblicità, efficienza ed efficacia del rispetto delle regole della conzioni che, a partire dalla L. 8 giu- dell’azione amministrativa (con- correnza per l’accesso dei privati gno 1990, n. 142, hanno previsto tenuti anche negli artt. 1 e 22 alla posizione contrattuale di la costituzione di società miste della legge 7 agosto 1990, n. 241 socio cui aspirino”. come mezzo per la gestione dei sul procedimento amministratiQuale ulteriore argomento, in servizi pubblici locali (art. 22 vo); secondariamente, il princi- positivo, che vale ad imporre il della legge 142 del 1990; art. 12 pio si desume dalle norme gene- ricorso alle procedure dell’evidella L. 23 dicembre 1992, n. 498; rali che regolano l’attività con- denza pubblica per la scelta dei art. 4.1 D.L. 31 gennaio 1995, n. 26 trattuale degli enti locali (in par- soci privati di minoranza, la - convertito senza modificazioni ticolare l’art. 87, primo comma, Suprema Corte ha individuato il nella L. 29 marzo 1995, n. 95; art. R.D. 3 marzo 1934, n. 383, non fatto che, assumendo la qualità 58 e artt. 51 a 57 della legge 15 abrogato dall’art. 64.1 lett. c), di socio, l’imprenditore privato é maggio 1997, n. 127; art. 17.59 della legge 142 del 1990), e quelle posto nelle condizioni di investiLioni -Ponte romano della legge 127 del 1997; artt. 18 e dettate per i contratre le proprie risorse 19 del D.L.gs. 19 novembre 1997, ti dello Stato, da finanziarie e le pron. 422, emanato in base alla dele- esso richiamate. prie capacità organizga contenuta nell’art. 4.4. lett. b) Con riferimento zative nel settore prodella L. 15 marzo 1997, n. 59; art. alla dedotta inappliduttivo della gestione 5 del regolamento emanato con il cabilità delle norme del servizio pubblico, D.P.R. 533 del 1996) il Supremo pubblicistiche ai eventualmente confeCollegio ha affermato innanzi contratti associativi, rendo alla società tutto il principio secondo cui la la Suprema Corte ha preesistenti sue strutdeliberazione di costituire una espressamente afferture aziendali; ciò società, ed in particolare una mato che rispetto al costituisce ragione società a prevalente capitale caso del comune che sufficiente per richiepubblico locale per la gestione di intenda associare un dere che l’accesso a un servizio, rientra tra i provve- imprenditore privato tale posizione condimenti, contemplati dall’art. 56 alla gestione del sertrattuale sia mediata della legge 142 del 1990 che, pre- vizio pubblico, le dall’applicazione cedendo la stipulazione di con- funzioni proprie dei delle procedure deltratti, debbono contenere l’indi- procedimenti di scelta concor- l’evidenza pubblica. 72 “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA La giurisprudenza amministrativa, passare a chiedersi se tale illegittimità poi, senza eccezioni, sia in sede consul- sia rilevante anche sotto il profilo tiva, sia in sede giurisdizionale (Cons. penale ed in particolare, con riferimenStato, Sez. V, 3/9/2001, n.4586; Cons. to all’art. 323 del codice penale, sotto il Stato, Sez.V, 22/5/2001, n.2835; Cons. profilo della violazione di legge o regoStato, Sez.V, 19/9/2000, n.4850; Cons. lamento, richiesta dalla norma incrimiStato, Sez.V, 19/2/1998, n.192; Cons. natrice. Stato, Sez.VI, 28/10/1998, n.1478) ha Come è noto la riforma del delitto di ripetutamente affermato il principio abuso di ufficio non ha comportato secondo cui in tema di scelta del socio l’abolizione generalizzata delle anterionella costituzione di società di capitali ri sottofattispecie criminose, ma ha destinate alla gestione di pubblici ser- comportato, come spesso accade, una vizi locali, è necessario osservare le parziale abolitio criminis, dovuta alla procedure di evidenza pubblica. Ciò maggiore tipizzazione del reato, ed una non solo nell’ipotesi in cui la partecipa- contestuale successione di leggi, con zione pubblica conseguente applicasia minoritaria, zione dei commi 2 e 3 come richiesto dell’art. 2 c.p.. espressamente riduzione dell’am...il danno o il vantaggio La dall’art. 12 bito del divieto penacomma 1 l. 23 le è facilmente individevono essere presi di dicembre 1992 n. duabile innanzi tutto mira dall'agente e non 498, ma anche in una più rigorosa quando l’ente semplicemente cagionati determinatezza della territoriale parfattispecie oggettivo tecipi alla socie- come risultato accessorio – materiale. tà in posizione Da una parte, infatti, della sua condotta.... dominante, in la condotta oggi è cirbase all’originacoscritta alla violaria previsione zione di legge o regodell’art. 22 l. n. 142 del 1990: il fatto che lamento, rispetto alle quali la violaziomanchi una espressa norma nell’ordi- ne dell’obbligo di astensione costituinamento che disciplini la scelta del sce una ipotesi speciale; dall’altra, l’ilsocio nelle società a capitale pubblico lecito si configura quale reato di maggioritario di cui all’art. 22 comma 3 danno, che per il suo perfezionarsi lett. e) l. n. 142 del 1990, non può infat- richiede la realizzazione di un evento ti portare ad escludere che essa si sot- naturalistico, consistente nell’ingiusto tragga ai principi concorrenziali ormai vantaggio patrimoniale per sé o per immanenti nell’ordinamento, tutte le altri oppure nel danno ingiusto altrui. volte in cui debba effettuarsi la indivi- In tal senso si è immediatamente duazione di un operatore privato chia- espressa la giurisprudenza di legittimimato a svolgere attività per conto e nel- tà, per la quale il delitto di abuso di uffil’interesse della p.a.. Sono in altri ter- cio non costituisce più un reato di perimini i principi di buona amministrazio- colo, ma integra un reato di danno, in ne e di trasparenza dell’azione ammini- quanto, nella diversa descrizione della strativa, nonchè quello di concorren- fattispecie legale tipica rispetto alla prezialità, ad imporre l’espletamento delle gressa formulazione della norma, occorprocedure di evidenza pubblica in sede re il verificarsi di una lesione effettiva e di selezione del partner privato di non la mera esposizione a pericolo delminoranza di una società a partecipa- l’interesse garantito dalla norma, che zione pubblica maggioritaria. La socie- continua a essere il bene giuridico tutetà a partecipazione pubblica non è lato dall’art. 97 della Costituzione, ossia espressione di attività negoziale, ma di il buon andamento e l’imparzialità della attività amministrativa pubblica, a pubblica amministrazione (Cass., sez. fronte della quale vi sono posizioni VI, sent. 10136 del 25.9.98, ud. 24.6.98). soggettive di interesse legittimo e giuri- Orbene, quanto alla violazione di legge, sdizione del giudice amministrativo. essa è stata correttamente individuata Verificata la palese illegittimità della tra le altre, nella contestazione, neldelibera 338 del 14.10.1997, bisogna l’art. 87, primo comma, R.D. 3 marzo “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 73 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 1934, n. 383, che si è visto essere anche l’evento materiale; in II Commissione - seduta del 2 ritenuta norma direttamente quanto generico, però, non ottobre 1996; ancora il relatore applicabile alla fattispecie con- richiede che la volontà sia orien- Siniscalchi, alla Camera - II creta dalla prevalente giurispru- tata verso una finalità posta al di Commissione seduta del 28 gendenza. Senza dimenticare, poi, fuori degli elementi essenziali naio 1997; l’on. Marotta, alla l’art. 97 della Costituzione, il della fattispecie astratta del Camera, II Commissione - seduta quale, come recentemente affer- reato. del 28 gennaio 1997). In numeromato dalla Suprema Corte (Cass. Inoltre con l’espressione inten- se decisioni, comunque, tanto pen., Sez.VI, 26/2/2002, n.31895), zionalmente deve ritenersi che il che l’indirizzo può dirsi in via di è norma programmatica per il legislatore abbia voluto esclude- pieno consolidamento, l’avverbio legislatore, ma precettiva per la re, quali criteri di imputazione “intenzionalmente” viene inteso pubblica amministrazione, ido- soggettiva, il dolo eventuale e più nel senso propugnato dalle nea a integrare la fattispecie del- in generale quello indiretto, Sezioni Unite, per cui si afferma l’abuso d’ufficio delineata nel- richiedendo invece, in prima che il danno o il vantaggio devol’art. 323 c.p. così come formula- approssimazione, un dolo diretto no essere presi di mira dall’agento con l’ultima riforma. o intenzionale (giurisprudenza te e non semplicemente cagionaVengono ancora in rilievo i prin- costante, cfr. Cass. pen., Sez.VI, ti come risultato accessorio della cipi di concorrenzialità, corret- 17/12/1997, n. 2875, in Cass. pen., sua condotta, onde la volontà tezza, trasparenza, pubblicità, 1999, 494; Cass. pen., Sez.VI, colpevole può assumere solo la efficienza ed efficacia dell’azione 2/4/1998, n. 7487, ivi, 1999, 2836; forma del dolo intenzionale Torella - Castello Saraceno amministrativa (desumibili diret- Cass. pen., Sez.V, (Cass., sez. V, tamente dagli artt. 1 e 22 della 5/5/1999, n. 7581, sent. 7581 dell’ legge 7 agosto 1990, n. 241 sul ivi, 2000, 2240; 11/6/1999, in procedimento amministrativo). Cass. pen., Sez. C.E.D., Penale, Quanto all’evento del reato, con- VI, 18/10/1999, n. massima n. sistente nell’ingiusto vantaggio 13331, ivi, 2001, 213778; Cass., per sé o altri, oppure nell’ingiu- 123; Cass. pen., sez. VI, sent. sto danno altrui, esso è evidente Sez. VI, 1/6/2000, 8745 del nel caso di specie. n.8745, ivi, 2001, 2/8/2000; Cass., Senza considerare che già l’in- 2681; Cass. pen., sez. V, sent. staurazione del rapporto con i S e z . V I , 38498 del tre coimputati (e con la T. s.n.c.) 2 6 / 2 / 2 0 0 2 , 18/11/2002 ; integra la patrimonialità del van- n.31895; Cass. VI, 5/8/2003, Cass., sez. VI sent. 42839 del taggio (con riferimento all’abuso n.33068). 18/12/2002). commesso per P ro b a b i l m e n t e , In generale il dolo intenzionale si Villamaina - Terme di San Teodoro far conseguire a come emerge dal- caratterizza per essere l’evento taluno un posto l’analisi dei lavori perseguito lo scopo finale deldi lavoro o preparatori, i legi- l’agente (Cass., Sez. Un., un’attività lavoslatori avevano 25/1/1994, n. 748; Cass. Sez. Un., rativa retribuisufficientemente 14/2/1996, n. 3571, in Dir. pen. e ta, sia pure a chiara la figura proc,, 1997, 55), pur restando irritempo determidel dolo eventua- levante il movente, cioè la motinato, cfr. Cass. le, che intendeva- vazione che induce il soggetto a pen., Sez.VI, no, comunque, perseguire come fine della con26/02/2002, escludere dall’am- dotta la realizzazione del reato. n.31895), va bito di operatività In sede di discussione le Difese considerata la posizione giuridi- della nuova disposizione, ma non (ed in sede di esame gli imputati ca della E. s.r.l., chiaramente pre- erano perfettamente consapevoli che hanno volto sottoporvisi) giudicata nelle sue legittime degli approdi cui avrebbe con- hanno molto insistito sulla carenaspettative. dotto nella pratica applicazione za, nella condotta dei pubblici Maggiore attenzione merita l’ele- l’avverbio “intenzionalmente”, ed amministratori, di tale particolamento soggettivo del reato. erano anche consapevoli di re forma di dolo, osservando che Come è noto, in seguito alla rifor- lasciare l’interprete di fronte a un la gestione del servizio pubblico mulazione operata dall’art. 1 L. problema di non semplice solu- era ottima e che vero interesse 16 luglio 1997 n. 234, è significati- zione (cfr., ad es. i rilievi del perseguito dagli agenti era ottevamente mutato l’elemento sog- Sottosegretario Ayala, al Senato, nere un risparmio di risorse pubgettivo del reato; infatti, sebbene II Commissione - seduta dell’11 bliche. ricondotto alla categoria del dolo settembre 1996; le considerazioni Invero, aderendo all’indirizzo generico, esso deve investire del relatore sen. Calvi, al Senato, menzionato, qualora la volontà 74 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA del ricorrente non sia preordinata a procurare un vantaggio economico ingiusto, pur quando l’evento si prospetti in termini di certezza nel momento rappresentativo dell’azione, esso resta estraneo al momento volitivo, venendo così a mancare quella esatta e piena corrispondenza ed omogeneità fra i due momenti, che costituisce il tratto fisionomico fondamentale del dolo intenzionale. Orbene, a giudizio del Tribunale tale elemento soggettivo deve riconoscersi nella condotta degli imputati T. F., M. G. ed A. M. e ciò non solo per la loro piena consapevolezza di operare la scelta del partner della società a capitale pubblico maggioritario in maniera del tutto svincolata da qualsiasi criterio di imparzialità, ma per favorire dei cittadini (e dunque anche elettori) di B. (uno dei quali anche cognato dell’assessore T.), come risulta dal testo stesso della delibera 338 del 1997, ma per la impressionante reiterata condotta di favoritismo a vantaggio di C. D. A., R. A. e D. V. L. I. ed a svantaggio delle altre ditte, in spregio ad elementari canoni di trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Invero, fin dai primi rilievi del Co.Re.Co appariva evidente a chiunque avesse voluto vederlo che bisognava seguire la procedura dell’evidenza pubblica, sia nell’assegnazione della gestione del servizio del gas metano, sia (poi) nella costituzione della società privata a prevalente capitale pubblico. Proprio la reiterazione dei fatti, dal 1995 al 1997, con tutte quelle delibere di proroga del temporaneo affidamento del servizio alla T. s.n.c., consente di ritenere dimostrato il dolo intenzionale, aggiudicataria (e comunque per anche alla luce del rapporto per- una durata non superiore ad 8 sonalistico che lega D. V. a T. (il mesi) ai tecnici che lo avevano in primo è cognato del secondo). precedenza già curato alle dipenAlla iniziale situazione emergen- denze C.E.R., sia l’incarico del ziale, che si è artificiosamente servizio di manutenzione dell’improtratta per 3 anni, non si è pianto, ora per allora, ai C., R. e D. rimediato nell’unico modo possi- V. (per il periodo 29.3.95 – 1.8.95) bile, ossia proce- vanno tutti nella chiara direzione dendo ad indivi- di favorire i tre e ciò è ancora più duare il gestore evidente alla luce della contedel servizio secon- stualità. do le regole del- Ancora, ai fini della prova del l’evidenza pubbli- dolo intenzionale assume rilievo ca, a seguito di importante la delibera di autoliregolare gara, sic- mitazione alla procedura di eviché i rilievi forma- denza pubblica n. 292 del li posti di volta in 4.9.1997, ingiustificatamente volta alle proro- disattesa nella delibera 338 del ghe disposte in 14.10.1997, con la quale, senza favore dei tre procedere ad alcuna effettiva coimputati C., R. e procedura di evidenza pubblica e D. V. e della T. ad alcun confronto concorrenzias.n.c., finiscono le, viene preferita la T. s.n.c., poicon il risultare ché, pur essendo tutti e tre i sogpretestuosi, poi- getti in possesso dei requisiti ché si sarebbe richiesti dall’avviso, si riteneva potuto, quanto oltremodo opportuno scegliere la meno, procedere T. s.n.c., in base ad elementi del ad una trattativa privata con gara tutto avulsi dal bando di selezioinformale, consentendo anche a ne, e cioè l’aver sede in B. la soggetti diversi di accedere alla società, l’essere i tre soggetti gestione del Gas metano. favoriti residenti in B. e l’avere gli E’ in questo contesto che vanno stessi già gestito il servizio dal valutate anche la delibera 256, 2.8.95 in maniera idonea, sicché 258 e 274, del 2 agosto 1995, che per assicurare la continuità di appartengono tutte allo stesso gestione si preferiva chi di fatto disegno di favorire C. D. A., R. A. (ed in base ad una serie di atti e D. V. L. I.. illegittimi, che finivano per il Gesualdo - il Castello medievale Sia la revorisultare ca (verapreordinamente priva ti allo di motivascopo) lo zione) della aveva già delibera 109 fatto. del 1995, In particoche comunlare, menque attratre gli verso la imputati gara ufficioA. e M. sa aveva sono praticonsentito camente un minimo sempre di concorp re s e n t i , renzialità per quannella trattativa privata, sia l’affi- to attiene all’imputato T., va condamento temporaneo e per il siderata la circostanza che egli tempo strettamente necessario al abbia partecipato alla approvasubentro della nuova impresa zione della delibera 258/1995 di Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 75 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA revoca della 109/1995, fondamentale ai fini della instaurazione la gestione della T. s.n.c.; egli è stato titolare proprio della delega alla metanizzazione - cfr. delibera del 4.6.96 – e partecipò ad alcune delle delibere di proroga della gestione temporanea, sicché la sua mancata partecipazione all’ultima delibera 338/1997 appare meramente formale, e comunque la sua condotta si protrae sicuramente fino al 4.6.96 – data di approvazione della delibera 331996, di proroga dell’affidamento temporaneo alla T. s.n.c., se non anche al 12.11.1996, poiché egli partecipa alla fase della discussione che precedette l’approvazione della delibera 75/1996. Affermata la penale responsabilità di A., M. e T., a giudizio del Tribunale possono riconoscersi a tutti gli imputati le attenuanti generiche: per la condizione di incensuratezza a T. F. e A. M. (il secondo gravato di un precedente per assegni a vuoto, sent. dell’11.6.1976 del Pretore di Lacedonia, della quale non può tenersi conto, trattandosi di reato depenalizzato); pur in presenza di un lieve precedente contravvenzionale per violazione della legge urbanistica (sent. del 22.1.1977 del Pretore di Lacedonia), a M. G.. Pertanto, operato l’aumento per la continuazione, la pena che si ritiene giusto applicare, tenuto conto dei criteri dettati dall’art. 133 c.p., è quella di 4 mesi e 10 giorni di reclusione per ciascun imputato, oltre al pagamento delle spese processuali (pena base: 6 mesi di reclusione, ridotta a 4 mesi di reclusione ex art. 62 bis c.p., aumentata a 4 mesi e 10 giorni di reclusione per la conti- 76 nuazione). Invero, da quanto emerso nel Può poi concedersi a tutti e dibattimento, nella vicenda i tre tre gli imputati il beneficio della imputati hanno avuto sostanzialsospensione condizionale della mente il ruolo di istanti dei provpena, potendosi ragionevolmen- vedimenti illeciti della Giunta te presumere che in futuro essi si comunale. asterranno dal commettere ulte- Tale elemento non è sufficiente a riori reati, in assenza di condizio- dimostrare la partecipazione al ni ostative. delitto, poichè se è pacificamente Quanto alla ammesso il concorso, morale o posizione di L. O., materiale, del soggetto privo aderendo alle della qualifica soggettiva nel richieste, in que- reato proprio, quale è quello presto assolutamente visto dall’art. 323 c.p., non può identiche, del ravvisarsi il concorso nella semP u b b l i c o plice e sola istanza relativa a un Ministero e della atto che, nel concreto, risulti illeDifesa, il gittimo e nonostante ciò venga Tribunale ritiene adottato (Cass., sez. VI, sent. che l’imputata 11204 del 4.12.97, ud. 17.10.97). In vada assolta, a altri termini, è necessario dimonorma dell’art. strare che il privato abbia svolto 530, comma 2, una effettiva attività di istigazioc.p.p. perché il ne o agevolazione rispetto fatto non costitui- all’esecuzione del reato (elemensce reato. ti indiziari, in tal senso possono L. O. non com- essere delle richieste o sollecitapare nelle delibere zioni scritte del privato nelle 256 e 258 del 1995, non ricopren- quali vengono esposte circostando incarichi di giunta, non è origi- ze in fatto o in diritto diverse da naria di B. (è di Vicenza, secondo quanto emerso nell’istruttoria Abbazia di Fontigliano quanto riferisce il amministrativa; M.llo D. G.) e parinterventi infortecipa solo ad mali o non uffialcune delle deliciali del pubblico bere di cui si è fin ufficiale sulla qui parlato. base di tali Non può dirsi richieste; legami dimostrato, allopersonali o famira, rispetto a tale liari; insussistenimputata, l’eleza di qualsivoglia mento del dolo interesse pubbliintenzionale, nei co alla base della termini in cui si è determinazione precedentemente illegittima); sicdetto. chè la prova L. O. va dundella sussistenza que assolta dal del concorso del reato contestato privato, destinaperché il fatto tario dei benefici non costituisce conseguiti dalreato, a norma l’atto abusivo, dell’art. 530 comma 2 c.p.p.. non può essere dedotta dalla Quanto alla posizione di C. D. mera coincidenza tra la sua A., R. A. e D. V. L. I., reputa questo richiesta e il provvedimento Tribunale che gli imputati vada- posto in essere dall’agente pubno assolti a norma dell’art. 530, blico (Cass. pen., Sez.VI, comma 2, c.p.p. per non aver 29/05/2000, n.8121, in Cass. pen., commesso il fatto. 2001, 839; Cass. pen., Sez.VI, Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA 11/11/2003, n.43020, in Guida al dir., 2003, 2, 97 ). Poiché infatti il privato non è tenuto, né è in grado di conoscere tutte le circostanze e le ragioni che possono rendere illegittimo un atto amministrativo, la prova dell’accordo criminoso non può desumersi dalla sola richiesta, quando questa sia conforme all’atto, ma deve ricercarsi nel contesto fattuale, nei rapporti personali tra gli imputati o in altri dati di contorno dai quali si possa dedurre l’intesa o quanto meno la determinazione o istigazione a compiere l’atto illegittimo. Sotto questo profilo, nulla indicando la contestazione in ordine alla condotta istigatrice dei tre imputati, è emerso in dibattimento solo il rapporto personale esistente tra T. F. e D. V. L. I., che rimane dunque un elemento fortemente indiziario, ma insufficiente a fornire la prova dell’istigazione: ciò probabilmente anche a causa di una evidente lacuna investigativa, conseguente alla fin troppo frettolosa richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi, tante volte (ed impropriamente) invocata dalle Difese degli imputati come unico sbocco investigativo possibile della vicenda della metanizzazione del comune di B.. In sede di escussione dibattimentale, invece, il teste M. M., consigliere di opposizione, fa riferimento a “un susseguirsi di richieste, di risposte, da parte di alcuni dipendenti dell’ex C.e.r. che non erano una società, erano dei dipendenti” (cfr. verbale del 21.11.2003, 5), tema che andava sicuramente approfondito in sede investigativa e che invece risulta del tutto tralasciato. In assenza di elementi ulteriori, in conclusione, si impone l’assoluzione a norma dell’art. 530, comma 2, c.p.p. di C. D. A., R. A. e D. V. L. I. per non aver commesso il fatto. P. Q. M. Letti gli atti 533 e 535 c.p.p. dichiara gli imputati T. F., M. G. e A. M. colpevoli dei reati contestati, riconosciute agli imputati le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, unificati i reati dal vincolo della continuazione, e li condanna alla pena di 4 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Interdizione dai pubblici uffici per la durata di un anno. Pena sospesa. Letto l’art. 530 comma 2 c.p.p. assolve C. D. A., R. A., D. V. L. I. per non aver commesso il fatto. Letto l’art. 530 comma 2 c.p.p. assolve L. O. dal reato contestato perché il fatto non costituisce reato. Letto l’art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e P. G. per intervenuta prescrizione. Assegna il termine di giorni 30 per la motivazione. S. Angelo dei Lombardi, udienza del 13.2.2004 Il Presidente Dr. Rocco Carbone Il Giudice estensore Dr. Ferdinando Lignola Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 77 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA NEL PROCESSO PENALE RIF. NORM. CODICE CIVILE: ART.2058 LEGGE 11.02.1992, N. 157, ART. 28 E ART. 30 LETT. D LEGGE 8.7.1986, N. 349, ART.18, CO.VIII LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA 10.4.1996, N.8, ART. 11,CO. II, LETT. II. VA RICONOSCIUTA LA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE AGLI AGENTI VENATORI DELLA FEDERCACCIA ALLORQUANDO, NELL'ESERCIZIO DELLE LORO FUNZIONI, ESERCITINO POTERI AUTORITATIVI E CERTIFICATIVI FUNZIONALI ALLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA CHE, IN QUANTO PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO, ATTIENE AD UN INTERESSE PUBBLICO DELLA COMUNITÀ NAZIONALE. RIENTRA, PERTANTO, NELLE PREROGATIVE DELL'AGENTE VENATORIO CHIEDERE A QUALSIASI PERSONA TROVATA IN ESERCIZIO DI CACCIA LA ESIBIZIONE DELLA RELATIVA LICENZA. II. I CACCIATORI VANNO RITENUTI SOGGETTI PARTICOLARMENTE QUALIFICATI PER LA CONOSCENZA ED IL RICONOSCIMENTO DEI CONFINI DEI SITI OVE LA CACCIA È VIETATA ATTESA, ANCHE, LA PECULIARITÀ DELL'ESAME CUI VENGONO SOTTOPOSTI PRIMA DEL RILASCIO DELLA AUTORIZZAZIONE. PER TAL VIA, NELL'IPOTESI DI "BATTUTA DI CACCIA A SQUADRA" OGNI CACCIATORE HA IL DOVERE SPECIFICO DI INFORMARSI SULLE CARATTERISTICHE DELLE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E, PIÙ IN GENERALE, DI PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA. COSTORO, PERTANTO, ANDRANNO RITENUTI RESPONSABILI A TITOLO DI COLPA LADDOVE OBIETTINO DI ESSERSI LIMITATI AD OSSERVARE LE INDICAZIONI DEL CAPO SQUADRA. III. IL LIMITE INTRINSECO DEL RISARCIMENTO DEL DANNO IN FORMA SPECIFICA, RAPPRESENTATO DALLA SUA OGGETTIVA IMPOSSIBILITÀ, DEVE ESSERE VALUTATO CON ESCLUSIVO RIFERIMENTO ALLA NUOVA PRESTAZIONE CHE IL GIUDICE IMPONE AL CONDANNATO, TENUTO CONTO DELLA SUA POSIZIONE E DEI MEZZI A DISPOSIZIONE DI QUESTI. TALE PRESTAZIONE, INFATTI, PRESENTA UN CARATTERE DI ASSOLUTA NOVITÀ ED INDIPENDENZA SIA RISPETTO ALLA LESIONE DEL DIRITTO (O DI ALTRA SITUAZIONE SOGGETTIVA DI VANTAGGIO NELLA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE) SIA RISPETTO ALLA PRESTAZIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO RIMASTO INATTUATO (NELLA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE. PER TAL VIA, IN OSSEQUIO AL DISPOSTO DELL'ART. 18, CO.8, DELLA LEGGE 349/1986, LA LIBERAZIONE IN PERIODO DI CACCIA VIETATA, A CURA E SPESE DELL'IMPUTATO, RICHIESTA DALL'ENTE LOCALE (NEL CASO DI SPECIE LA PROVINCIA) DI UN ESEMPLARE DI CINGHIALE DI GIOVANE ETÀ CONSISTERÀ IN UNA PARTICOLARE FORMA DI RIPOPOLAMENTO, CHE DOVRÀ AVVENIRE SECONDO LE MODALITÀ DETERMINATE DAL COMPETENTE UFFICIO PROVINCIALE DELLA CACCIA, IN OSSEQUIO AGLI EVENTUALI PIANI DI RIPOPOLAMENTO DI FAUNA SELVATICA AI SENSI DELL'ART.11, CO.2, LETT. I, L. REG. 8/1996, ANCHE TRAMITE LA CATTURA DI SOGGETTI, GENETICAMENTE COMPATIBILI, PRESENTI IN SOPRANNUMERO IN AMBIENTI FAUNISTICI TRIBUNALE Omissis MOTIVI DELLA DECISIONE All'esito della compiuta istruttoria dibattimentale, reputa questo Tribunale che sussistano in atti elementi idonei per pervenire all'affermazione della penale responsabilità degli imputati in ordine al reato contestato. Dall'escussione dei testi e dal- 78 DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 29.11.2001 G.M. l'esame degli imputati è emerso infatti che il giorno 14 novembre 1999, verso le ore 13:30, i tre imputati parteciparono ad una battuta di caccia al cinghiale (sus scrofa) all'interno dell'Oasi di protezione della fauna di Conza della Campania, uccidendo un esemplare. In particolare il teste TA, agente DOTT. F. LIGNOLA ittico - venatorio in servizio presso la Federazione Italiana della caccia di Avellino, ha riferito che in seguito ad una segnalazione telefonica si recò sul posto con altri colleghi, venendo da Monteverde; partendo dal punto in cui erano parcheggiate le automobili dei cacciatori (sotto il ponte della strada circumlacua- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA le) il primo cacciatore che egli l'esterno. In altri termini vi erano ti sul posto. Il PM sede, al quale incontrò fu l'imputato M (altri alcuni cacciatori che dall'interno vanno trasmessi gli atti per l'ultesuoi colleghi identificarono gli dell'oasi cercavano di spingere riore corso a carico degli altri altri due imputati, mentre gli altri gli animali all'esterno della zona partecipanti alla battuta di caccacciatori, circa dieci, rifiutarono protetta. cia, potrà inoltre escutere i tre di fornire le loro generalità, per Il teste ha più volte chiarito che imputati, ritualmente avvisati a cui furono solo annotati i numeri in definitiva dei cacciatori della norma dell'art. 64 c.p.p. in sede di targa delle loro autovetture). squadra i tre imputati furono gli di esame reso in questo procediQuesti al suo invito scaricò il unici che scaricarono i propri mento. fucile e fucili ed Il teste PV, agente venatorio della Bagnoli - Coro Ligneo mostrò esibirono federcaccia di Avellino, ha conuna autoi propri fermato la circostanza della chiarizzazione d o c u - mata riferita dal T (hanno chiadella batm e n t i , mato un nostro collega, AT, tuta al cinm e n t r e dicendo che nell'oasi di protezioghiale, gli altri ne c'erano dei cacciatori che batmentre c o m p o - tevano un cinghiale), raccontanaltri cacnenti la do che il suo collega Gimmelli ciatori si battuta di fermò l'imputato P, che si trovava rifiutaroc a c c i a proprio sotto il ponte, e probabilno di ( n o n mente Di Cecilia identificò P. mostrare i meno di I tre imputati erano impegnati in documen15 in una battuta di caccia al cinghiale, ti. Il M si tutto) si che dall'interno dell'oasi tentava trovava rifiutaro- di spingere il cinghiale fuori, con sotto il no di il fucile in mano, e quando fu loro p o n t e farlo, pro- contestata la circostanza di essedella stratestando re nell'oasi, subito esibirono i da circumlacuale, luogo in cui si vivacemente per l'interruzione propri documenti; altri cacciatosvolgeva la battuta di caccia; in della battuta (vi era un altro ani- ri, invece, protestarono per l'inquell'occasione il teste ebbe l'oc- male che stavano accerchiando). terruzione della battuta, rifiutancasione di vedere l'esemplare di Da una verifica presso l'ufficio do di farsi identificare (in particinghiale illecitamente abbattu- c a c c i a , colare il Caposele - Cascate to, posto un fuori strada p r e s s o più agitaMercedes; la presenza di mac- l'amminito era un chie di sangue sull'asfalto faceva strazione tale chiapresumere che l'animale fosse provinciam a t o stato abbattuto sul posto. le di dagli altri A circa 50 metri dal posto, sui Avellino, "dottor piloni lungo il confine della stra- che rilaP"). da ferrata, vi era le tabelle peri- scia l'auInfine il metrali che indicano il divieto di t o r i z z a teste ha caccia ed il confine dell'oasi di zione (nel conferprotezione, per cui la strada cir- caso di mato la cumlacuale, era all'interno del specie la circostanperimetro dell'oasi, come segna- n u m e r o za della to dalle tabelle. Dopo un anno 54, in atti) presenza, circa dal fatto, lo scorso anno, sarà possu di un tali tabelle sono state spostate sibile comunque una compiuta pilone di cemento del ponte della dagli agenti della polizia provin- identificazione di tutti gli altri ferrovia, ben visibili, delle tabelle ciale, dopo circa un anno dal cacciatori (molti dei quali sono di perimetrazione. fatto, e sono state portate sul stati nominativamente indicati Il teste DM, agente venatorio ciglio della strada circumlacuale. dal Difensore degli imputati: PG, della federcaccia, ha riferito che La battuta di caccia al cinghiale, DC, DG, DM, DB; cfr. pagina 44 del mentre i suoi colleghi identificaper la quale si usano anche dei verbale di stenotipia del vano i tre odierni imputati, si cani segugi, e che consiste in un 26.4.2001), con un verifica dei recò con il collega PV ad invitare progressivo accerchiamento relativi numeri di porto d'armi ed altri cacciatori che erano ben della preda, partendo dall'inter- un riscontro attraverso i numeri all'interno dell'oasi di protezione, no dell'oasi procedeva verso di targa delle autovetture presen- ad uscire fuori. Questi in partico- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 79 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA lare si trovavano oltre il ponte non eravate nell'oasi eravate sul nè quanto era grande e non ho della strada circumlacuale, confine? visto niente" (cfr. verbale di steandando verso il centro dell'oasi RISPOSTA - Abbastanza fuori, notipia del 26.4.2001, ivi), ammete reagirono in maniera molto almeno da sopra il ponte della tendo dunque che l'abbattimento polemica, rifiutando di mostrare i ferrovia erano minimo 50-60 è avvenuto all'interno della zona propri documenti. metri, non eravamo a distanza protetta. In particolare il primo cacciatore regolamentare questo sì però PF, che si occupava dei cani, ha che egli incontrò fu l'imputato P, non nell'oasi. affermato di trovarsi a circa dueche correva con il fucile in mano Egli era probabilmente l'ultimo cento metri dalla zona dell'oasi, Montella - Piazza re monteddra e disse d e l l a mentre altri cacciatori erano coltestuals q u a d r a locati in direzione dell'oasi, a mente ai (forse ero distanza inferiore, per chiudere compal ' u l t i m o , le zone e per raccogliere i cani. gni "sta non lo Appare dunque quanto meno uscendo posso giu- contraddittorio pensare, come il cinghiarare), ma, pure in definitiva i tre imputati le". pur appo- hanno sostanzialmente affermaAnche il standosi i to, che la battuta andava nella teste DM s i n g o l i direzione opposta all'oasi, perha concacciatori ché se così fosse stato la preda fermato a circa 70 - avrebbe potuto agevolmente sotla circo80 metri trarsi alla caccia, non riuscendo i stanza l'uno dal- cacciatori, posti alle spalle dei che vi l'altro in cani ed in direzione contraria alla e r a n o m e d i a , preda, colpirla. Inoltre deve d e l l e tutti erano tenersi presente che gli agenti tabelle fuori dalla venatori, diretti verso il centro oltre la zona pro- dell'oasi, incontrarono tra i primi strada ferrata che delimitava il tetta. proprio il P, per cui è esatto afferperimetro dell'oasi, delle quali A specifica domanda egli però mare che gli altri cacciatori si trouna, ben visibile, nel luogo in cui non ha saputo (o voluto) precisa- vassero in direzione dell'oasi erano parcheggiate le auto dei re a che distanza dall'oasi si può stessa e dunque, considerate le cacciatori. cacciare, distanza poi inopinata- distanze ed il numero, chiaraIn sede di esame i tre imputati mente precisata dal Difensore di mente all'interno dell'oasi stessa. hanno negato l'addebito, soste- fiducia "50 metri di spalla e 150 Sicuramente all'interno della nendo di non aver cacciato all'in- metri frontale". zona protetta si diressero poi i terno dell'oasi, ma di essere rima- Al rilievo che comunque almeno i segugi, il cui compito era di scosti sempre all'esterno del perime- cani tale vare il cinNusco - Piazza Vescovado tro della zona protetta. confine ghiale, spinIn particolare MV ha illustrato a v re b b e gerlo verso all'ufficio le modalità di caccia al ro potuto l'esterno delcinghiale, che si svolge sotto la varcarlo, l'oasi e conguida di un capo squadra; alcuni ha evasisentire ai cacciatori prendono i cani e v a m e n t e cacciatori danno la battuta mentre gli altri r i s p o s t o appostati si appostano in attesa dell'anima- "No, ci nei pressi le per sparare. Il capo squadra, s o n o del confine individuato il posto in cui può quelli che l'abbattitrovarsi il cinghiale, indica a cia- a r r i v a n o mento. scuno dove collocarsi, per cir- ad un Anche l'imcondare la zona, e poi comanda il c e r t o putato P, alla via alla battuta con i cani. punto e lo contestazioL'imputato ha ammesso di non prendono il cane"; infine, signifi- ne circa la ragionevole prevedibitrovarsi a distanza regolamenta- cativamente, a proposito del lità di entrare nella zona protetta re, ma ha negato di avere mai var- luogo di abbattimento dell'ani- effettuando la battuta nei pressi cato il confine dell'oasi (cfr. ver- male, egli ha dichiarato "il cin- del confine, ha significativamente bale di stenotipia del 26.4.2001, ghiale è stato portato, è stato risposto: " Non abbiamo la rullina 49): tirato fuori e portato alla Jeep ma per misurare i metri però ad DOMANDA DEL GIUDICE - Ma se non l'ho visto chi l'ha sparato e occhio ci mettiamo a una certa 80 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA distanza come già sappiamo e cioè a 50 mt. di spalle a 150 mt. di faccia alla riserva, logicamente non abbiamo la rullina per misurare e si fa grosso modo" (cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 60). Davanti all'ulteriore rilievo che se egli era a 200 metri dal confine e c'erano altri cacciatori nella direzione dell'oasi matematicamente doveva esserci qualcuno all'interno almeno della zona di rispetto di 150 metri l'imputato, ancora una volta in seguito all'inopinato intervento del suo Difensore, che ne ha anticipato la risposta ("Se si mettono in linea retta ma se si mettono a cerchio no"; cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 60) non ha saputo fornire una risposta credibile, finendo con il negare che l'animale potesse essere all'interno dell'oasi "all'interno è quasi tutta acqua e vicino all'acqua i cinghiali non si mettono" (cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 63). Infine l'imputato P, il cui ruolo nella battuta era di occuparsi dei cani, pur ammettendo di aver preso posizione (di fronte a M) a circa 50 metri dal confine della zona protetta, ha negato che vi fossero tabelle nei pressi delle automobili, zona esterna all'oasi, sostenendo che la battuta si svolgeva verso la zona libera (noi sapevamo che l'oasi era alle nostre spalle e il capo squadra ci diceva dove ci dovevamo mettere, cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 76). All'atto del controllo egli avrebbe chiesto agli agenti di poter recuperare i cani, che stavano andando fuori e potevano andare anche nell'oasi. Ulteriori contraddizioni del P riguardano la sua dichiarata intenzione di voler chiudere la zona, pur avendo il fucile scarico e pur essendo la battuta di caccia ormai già finita, a prescindere dall'intervento dei guardiacaccia (cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 70-73). La ricostruzione offerta dagli imputati è risultata decisamente inattendibile, sia perché spesso intrinsecamente contraddittorie (come già osservato, ad esempio, a proposito di P), sia perché le dichiarazioni sono state fortemente condizionate dall'intervento improprio dell'avvocato Difensore nei passaggi più delicati. Quanto ai testi del PM, apparsi nel corso della deposizione decisamente sereni e sicuri delle proprie dichiarazioni, depone a favore della piena attendibilità (oltre alle già indicate modalità di esposizione) innanzi tutto la qualifica soggettiva di agenti venatori della federcaccia e dun- que volontari non retribuiti (oltre che pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni di vigilanza ed accertamento delle violazioni alla disciplina venatoria); in secondo luogo la totale coincidenza delle dichiarazioni rese, che rafforza significativamente la credibilità delle dichiarazioni di ciascuno; in terzo luogo la coerenza, completezza e logicità delle risposte offerte a tutte le domande. La stessa appartenenza degli agenti ad una associazione venatoria conferma che essi non hanno alcuna ostilità per la caccia ed i cacciatori. Va peraltro ricordato che tali soggetti non possono assumere in nessun caso la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, per cui non possono procedere al sequestro delle armi quando rilevano un infrazione alla legge sulla caccia (Cass., sez. III, sent. 1519 del 6.5.96, Masucci), cosa dalla quale correttamente essi si sono astenuti, ma che comunque rientra nelle loro prerogative, quali soggetti preposti alla vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie, ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 5, della L. 157/1992, chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata, oltre che redigere verbali nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore. In ogni caso, pur non essendo agenti di polizia giudiziaria, nell'esercizio delle loro funzioni essi ricoprono la veste di pubblico ufficiale, poiché esercitano poteri autoritativi e certificativi nell'ambito di protezione della fauna selvatica che, in quanto patrimonio indisponibile dello stato, attiene ad un interesse pubblico della comunità nazionale; integra, allora, il reato di cui all'art. 651 c.p. il rifiuto delle proprie generalità quando siano richieste dalla guardia venatoria nell'esercizio dei compiti di vigilanza venatoria (Cass., sez. V, sent. 4898 del 23.5.97, in Riv. pen., 1997, 722; Cass. pen., sez. VI, 25 marzo 1996, in Riv. giur. ambiente, 1997, 84). I poteri degli agenti venatori sono ribaditi dall'art. 28 della L. reg. Campania n. 8 del 10.4.96, secondo il quale essi possono Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 81 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione della licenza di porto di fucile per uso di caccia, del tesserino di cui all'art. 16, del contrassegno della polizza di assicurazione nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata. Come elemento di riscontro alle deposizioni degli agenti venatori, poi, vanno considerati i verbali di accertamento dell'infrazione redatti a carico di MV, PF e PM e l'autorizzazione alla caccia al cinghiale della squadra n. 54, dalla quale risulta alla data del 14.11.99 in località Ponte Muscio - Conza d e l l a Campania, l'abbattimento di un capo. Un elemento apparentemente in contraddizione con la deposizione dei testi del PM è rappresentato dalle dichiarazioni di DR, responsabile dell'ufficio caccia e pesca della Provincia di Avellino, che sulla base di un sopralluogo effettuato su sollecitazione del Difensore degli imputati, prima di questo processo ma dopo in epoca successiva ai fatti contestati, e della mappa allegata al piano faunistico provinciale approvato dal commissario ad acta nel 1998, ha dichiarato che il vallone Muscio ha una origine esterna al perimetro dell'oasi di Conza e che, percorrendo la strada circumlacuale sulla destra, il confine è a circa 50 metri; vi sono cartelli di perimetrazione sul ponte della strada cirmumlacuale, sul margine destro; a specifica domanda ha precisato che dal 1998 non c'è stato alcuno spostamento dei confini. In sostanza, partendo dall'ester- 82 no, vi è un primo ponte della ferrovia, esterno, ed un secondo ponte della strada circumlacuale, sul cui margine destro vi sono cartelli di perimetrazione dell'oasi, distante circa cento metri dal primo, ove si trova il confine dell'oasi. I testi T, PV e DM, invece, hanno riferito che cartelli di perimetrazione si trovavano sull'altro ponte, più esterno di circa 100 metri rispetto al luogo indicato dal D. Quanto alla collocazione delle tabelle, va rilevato che la diversa Frigento - Via Limiti collocazione successiva rilevata dal responsabile dell'ufficio caccia e pesca della Provincia di Avellino non dimostra affatto la falsità di quanto affermato dai tre agenti venatori, ma, piuttosto, come affermato dallo stesso D, è agevolmente spiegabile con la considerazione che i cartelli non sono inamovibili e spesso sono spostati artificiosamente. Tale spostamento, evidentemente, avviene comunemente ad opera ed in punto più favorevole ai cacciatori, con restrizione della zona vietata; questa essendo la situazione verificatasi può agevolmente affermarsi superarsi tale apparente contrasto. Quanto allo spostamento del confine, poi, non può ignorarsi che, come ammesso dallo stesso D, l'oasi di protezione di Conza della Campania è stata istituita prima del 1998, con la legge 74/80 reg. Campania. Va fatta una breve ricognizione del quadro normativo di riferimento costituito dalla legge-quadro 11 febbraio 1992 n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, attuativa delle direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici) e dalla legge regionale della Campania 10 aprile 1996, n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria in Campania). I principi fondamentali, in grado di orientare logicamente l'interprete in sede di applicazione della legge, sono espressi nell'articolo 1: La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole. È rimessa alle regioni a statuto ordinario (comma 3) l'emanazione di norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie. Alle province è invece attribuita l'attuazione della disciplina regionale ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera f), della legge 8 giugno 1990, n. 142. L'articolo 10 disciplina lo stru- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA mento dei Piani faunistico-venatori stabilendo che tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.. La realizzazione della pianificazione è affidata concretamente alle regioni e alle province, con le modalità previste nei commi 7 e 10, mediante la destinazione differenziata del territorio. Il comma 3 dell'articolo 10 stabilisce che il territorio agro-silvopastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica … In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni. Il territorio di protezione comprende anche le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica, le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio e i centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone. Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole. Il comma 5 aggiunge che ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori, nonché piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di fauna selvatica e piani di immissione di fauna selvatica. I piani faunistico-venatori, a norma del comma 8, comprendono, tra l'altro, le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura ed i centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, da indicarsi con tabelle perimetrali, apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia preposto o incaricato della gestione della singola zona. Il comma 10 dell'articolo 10 della legge 157/1992 contempla poi il Piano Faunistico Venatorio della Regione, con funzione di coordinamento dei piani provinciali, secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce la omogeneità e la congruenza a norma del comma 11, nonché con l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle province dopo dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. La legge regionale 8 del 1996 riproduce sostanzialmente le previsioni nazionali, non discostandosi da esse, per quanto attiene alla funzione di pianificazione faunistico venatoria (articoli 10 ed 11 nella legge regionale). In particolare l'articolo 11 della legge regionale disciplina i contenuti del piano faunistico provinciale, che comprendono indicazioni e perimetrazioni di massima dove potranno essere istituite, tra le altre, oasi di protezione, destinate al rifugio, alla sosta ed alla riproduzione della fauna selvatica, zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvati- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ca allo stato naturale, alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento e fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio, centri pubblici e privati di produzione della fauna. Dunque fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla legge sulla caccia (anche in attuazione di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella protezione della fauna, obiettivo prioritario al quale deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell'attività venatoria. (cfr. Corte Cost. 27 ottobre 1988 n. 1002 e 14 maggio 1999 n. 169 che, in relazione all'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio dello Stato, parla di sistema ispirato alla preminente finalità della tutela della fauna e di affievolimento del tradizionale "diritto di caccia", che viene subordinato all'istanza prevalente della conservazione del patrimonio faunistico e della salvaguardia della produzione agricola nell'ambito di un regime di caccia programmata per tutto il territorio nazionale al fine di realizzare la costante consonanza tra ordinamento nazionale e disciplina comunitaria e internazionale). In questa ottica spetta alle province la competenza alla definizione del territorio agro-silvopastorale destinato (per una quota dal 20 al 30 per cento) a protezione della fauna selvatica attraverso le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici (e privati) di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale (a mente dell'articolo 10, comma 7, della legge 157/1992, riprodotto dall'articolo 11 della legge regionale attuativa n. 8 del 83 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 1996). La regione svolge infine un ruolo di coordinamento ed esercita, eventualmente, poteri sostitutivi. Le oasi di protezione, a norma dell'art. 12 della legge regionale, sono istituite dalla Provincia sentito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Provinciale. Esse hanno la funzione di assicurare la sopravvivenza di specie faunistiche in diminuzione, a consentire la sosta e la riproduzione della fauna selvatica, con particolare riferimento alla fauna migratoria, a garantire l'integrità ambientale dei territori di particolare valore naturalistico anche al fine di preservare il flusso delle correnti migratorie. La perimetrazione "di massima" delle nuove oasi di protezione non individua i confini della zona protetta, ma produce tali effetti solo all'esito di una successiva delibera della giunta provinciale istitutiva, prevista dal comma 4 dell'art. 12 della legge regionale, da notificare ai proprietari ed ai conduttori dei fondi interessati, mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente interessati, e contro la quale è possibile, da parte di tali soggetti, produrre opposizione motivata entro 60 giorni dalla notifica. Tale iter amministrativo non si è mai perfezionato, come riferito dal teste D, essendovi stata una approvazione del piano faunistico provinciale con delibera del commissario ad acta, seguita da una presa d'atto della Provincia e dalla trasmissione della deliberazione alla Regione Campania (cfr. teste D, verbale di stenotipia dell'8.11.2001, 12). Deve pertanto ritenersi che i con- 84 fini dell'oasi di protezione, già istituita sotto la vigenza della legge regionale 74 del 1980, siano quelli riferiti dai testi T, PV e DM e regolarmente segnalati dai cartelli indicanti il divieto di caccia, non potendosi ritenere vigente la cartografia di massima prodotta dalla Difesa ed a norma dell'art. 41 comma 4 della legge regionale 8 del 1994 ("Sono abrogate le leggi regionali 11 novembre 1977, n. 61, 27 ottobre 1978, n. 48, 3 dicembre 1980, n. 74 e successive modifiche ed integrazioni ed ogni altra norma in contrasto con la presente legge regionale, fatta salva la istituzione delle zone di ripopolamento e cattura e delle oasi di protezione naturali vigenti ai sensi della legge regionale 3 dicembre 1980, n. 74, fino a quando non vengano sostituite da nuove analoghe strutture della medesima estensione"). Va allora affermata la responsabilità penale di tutti gli imputati, sussistendo il reato di cui all'art. 30 lett. D) della Legge 157/1992. Sotto il profilo oggettivo nessun dubbio permane circa l'invasione da parte di alcuni (se non tutti) i cacciatori della squadra iscritta nel registro delle battute al n. 54 in data 28.9.99 (cfr. autorizzazione della Provincia di Avellino, in atti), oltre che dei cani (di cui specificamente si occupavano i due imputati P e P) dell'area protetta di Conza della Campania, in chiaro atteggiamento di caccia. Costituisce principio pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità q u e l l o secondo cui la nozione di esercizio di attività venatoria usata nella l. 11 febbraio 1992 n. 157 non può essere intesa in senso riduttivo, dovendosi ritenere che essa comprenda non solo l'effettiva cattura o uccisione della selvaggina, ma anche ogni attività preliminare, e la complessiva organizzazione dei mezzi e, pertanto, qualsiasi atto, desumibile dall'insieme delle circostanze di tempo e di luogo, che appaia diretto a tale fine. (con riferimento all'ispezione di trappole predisposte per la cattura di richiami vivi, Cass. pen., sez. III, 26 novembre 1998, n. 452, in Cass. pen., 2000, 160; con riferimento al viaggiare a bordo di autoveicoli con materiali destinati all'esercizio della caccia, Cass. Pen., sez. III, 15 gennaio 1999, n. 452; con riferimento all'esser sorpreso nel recarsi a caccia, con l'annotazione sul relativo tesserino, in possesso di richiami vietati, Cass. pen., sez. III, 5 luglio 1996, n. 6812). A norma dell'art. 12, comma 3, della legge 11 febbraio 1992 n. 157, del resto, è considerato esercizio venatorio anche il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla, attitudine che non può essere esclusa dal fatto che il reo abbia il fucile scarico e aperto, poiché proprio perché aperto, il fucile può esser rapidamente caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina (Cassazione civile sez. I, 10 settembre 1997, n. 8890). Gli agenti fermarono comunque i tre imputati oltre il ponte della ferrovia, che rappresenta il confine dell'oasi, interrompendo la battuta di caccia al cinghiale, ancora in corso. Gli stessi imputati hanno sostanzialmente ammesso di essere in fase di caccia attiva, ad eccezione del P, rispetto al quale il teste DM ha riferito la specifica circostanza di averlo visto correre con il fucile in mano, pronto a sparare, avvertendo i compagni della prossima uscita del cinghiale. La presenza di tabelle ben visibili, nella sede in cui erano parcheggiate le autovetture dei cacciatori, poi, esclude ogni dubbio in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, qualificabile in termini di dolo diretto. Del resto gli imputati sono cacciatori, cioè soggetti particolarmente qualificati per la conoscenza ed il riconoscimento dei confini dei siti ove la caccia è vietata, in ragione anche dell'esame cui vengono sottoposti prima del rilascio dell'autorizzazione. Va poi considerato che la stessa modalità di esercizio in comune (in squadra) della battuta di caccia, per sua natura riservata a cacciatori esperti, attese le regole particolari che la governano, imponendo una previa distinzione di ruoli ed una organizzazione delle posizioni dei singoli battitori, consente a giudizio del Tribunale di individuare quel previo accordo tra i tre imputati (e gli altri 12 o più, allo stato rimasti ignoti) all'esercizio della caccia nella zona protetta. Anche a voler accedere alla tesi difensiva in ordine al limite dell'oasi, allora, i tre imputati vanno ritenuti colpevoli del reato ascritto, quanto meno a titolo di dolo eventuale, poiché, muovendosi la battuta dall'interno dell'oasi verso il limite della zona protetta (o quanto meno dislocandosi i cacciatori nei pressi del confine, lanciando i cani all'interno dell'oasi; cfr. ammissione dell'imputato M, pagina 51 del verbale di stenotipia del 26.4.2001), ciascun battitore accettava il rischio di uccidere un animale facendolo uscire, attraverso l'azione dei cani (dei quali specificamente si occupavano gli imputati P e P), dalla zona protetta. Molti cani furono infatti smarriti all'interno dell'oasi (cfr. imp. P, pagina 56 del verbale di stenotipia del 26.4.2001) In via subordinata e residuale, sempre con riferimento all'elemento soggettivo del reato, va considerato che a norma dell'art. 25 della legge regionale della Campania 10.4.1996 n. 8 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività venatoria i n Campania) "è sempre vietato … p r a t i c a re la caccia vagante a meno di 150 metri di distanza da zone di ripopolamento e catture, oasi di protezione, centri pubblici o privati di produzione nella selvaggina allo stato naturale, campi di addestramento cani", limite sicuramente superato dagli imputati per loro stessa ammissione. Circostanza questa che, trattandosi di contravvenzione, per la quale è prevista normativamente l'imputabilità al soggetto per colpa, basterebbe comunque per affermare la sussistenza dell'elemento soggettivo della contravvenzione. Per completezza va Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi osservato infine che anche nella migliore prospettiva difensiva, ipotizzando che gli imputati abbiano affermato la verità in sede di esame (circostanza già esclusa), deve ribadirsi che, proprio perché cacciatori, essi avevano un dovere specifico di informarsi sulla estensione dell'oasi, obbligo rimasto inadempiuto, essendosi essi limitati ad osservare le indicazioni inesatte del capo squadra; la caccia all'interno dell'oasi, allora, sarebbe ancora una volta riferibile agli imputati a titolo di colpa. In definitiva osserva questo Tribunale come le risultanze dell'istruttoria dibattimentale abbiano confermato la fondatezza delle accuse elevate nei confronti dell'imputato. Possono essere concesse agli imputati le attenuanti generiche, considerata la loro condotta successiva al reato e trattandosi di imputati incensurati. La pena congrua, valutati gli elementi previsti dall'art. 133 e 133 bis c.p. e valorizzata la attenuata capacità criminale d e g l i imputati, desumibile dalla condotta successiva al reato, e d a l l a condotta processuale collaborativa, essendosi gli stessi sottoposti ad esame, va determinata in cinque giorni di arresto e 600.000 lire di ammenda per ciascuno degli imputati, oltre al pagamento delle spese processuali (pena base sette giorni di arresto e 900.000 lire di ammenda, ridotta ex art. 62 bis a cinque giorni di arresto e 600.000 lire - pari a 309 - di ammenda). A norma degli artt. 53 e ss. L. 689/1981 la pena detentiva di cin- 85 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA que giorni di arresto può essere convertita in quella di L.375.000 di ammenda (pari a 193 ), per un totale di 975.000 lire (pari a 503 ) di ammenda per ciascun imputato. Sussistono altresì i presupposti per la concessione del beneficio della non menzione. Alla condanna penale degli imputati segue la condanna degli stessi al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, Provincia di Avellino e WWF Italia Onlus. Quanto alla legittimazione attiva del WWF Italia Onlus (in sostituzione della Provincia di Avellino ed in proprio), contestata sia in sede di questioni preliminari, sia in sede di conclusioni dal Difensore degli imputati, deve osservarsi che l'art. 4, 3° comma, L. 265/99, individua nelle associazioni di protezione ambientale di cui all'art. 13 L. 349/86, tra cui è da annoverare la citata istituzione, come da decreto Ministro dell'Ambiente 20.2.1987, una sorta di sostituto processuale ex ari. 81 c.p.c., come tale legittimato alla proposizione di azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario, che spettino al Comune ed alla Provincia, conseguenti a danno ambientale. Deve conseguentemente ritenersi ammissibile la costituzione di parte civile nei procedimenti per reati ambientali in sostituzione della Provincia, ben oltre le possibilità di intervento disciplinate dagli arti. 91 e ss. c.p.p.. Quanto poi alla costituzione in proprio, l'azione civile dell'ente WWF rientra perfettamente tra i casi in cui è ammissibile la costituzione di parte civile di un'associazione senza scopo di lucro. La costituzione di parte civile delle associazioni senza scopo di lucro ha una valenza non in funzione di tutela degli interessi diffusi lesi dal reato, a norma del- 86 l'art. 91 c.p.p., bensì in funzione di interessi propri, quale soggetto danneggiato dal reato, a norma dell'art. 74 c.p.p., in quanto portatore di ben più limitati interessi collettivi. Le categorie di interessi (collettivi, diffusi, ecc.) da trattare più rigorosamente, anche attraverso l'esercizio della facoltà di costituirsi parte civile, devono non solo essere preventivamente individuati dalla legge, ma anche dalla stessa collegati, concretamente ed effettivamente, alle finalità proprie di determinati enti o associazioni (Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 1998, n. 1464, in Dir. pen. e processo, 1999, 1002). In generale deve premettersi che Nusco - Il duomo la tutela dell'ambiente trova negli artt. 9 e 32 i suoi riferimenti costituzionali più diretti, tutelando tali norme costituzionali l'ambiente naturale nei suoi aspetti culturali e di salubrità. Il danno ambientale presenta una triplice dimensione: personale (quale lesione del diritto fondamentale dell'ambiente di ogni uomo); sociale (quale lesione del diritto fondamentale dell'ambiente nelle formazioni sociali in cui si sviluppa la personalità umana, art. 2 Cost.); pubblica (quale lesione del diritto-dovere pubblico delle istituzioni centrali e periferiche con specifiche competenze ambientali). In questo contesto persone, gruppi, associazioni ed anche gli enti territoriali non fanno valere un generico interesse diffuso, ma dei diritti ed agiscono in forza di un'autonoma legittimazione (Cass., sez. III, sent. n. 439 del 19 gennaio 1994 cc. del 10 novembre 1993, in C.E.D., Penale, rv. 197044). Secondo le più recenti acquisizioni della studio, allora, esso non riguarda solo la "compromissione dell'ambiente" in violazione delle leggi ambientali, ma più in generale consiste in una "offesa della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale", (Corte Costituzionale nelle sentenze 210 e 641/del 1987 e 324 del 1989). A seguito dell'introduzione dell'azione di risarcimento del danno ambientale ad opera dell'art. 18 della legge 349/1986 si è molto discusso circa la esclusione, in caso di danni ambientali, della tutela risarcitoria di diritti soggettivi individuali ed inviolabili all'ambiente salubre, come individuati dalla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha risposto in maniera affermativa, alla luce della concezione aperta dei diritti inviolabili dell'uomo recepita dalla nostra Costituzione all'art. 2, osservando che in materia di danno ambientale, posto che questo non consiste solo in una "compromissione dell'ambiente", in violazione delle leggi ambientali, giusta quanto previsto dall'art. 18 l. 8 luglio 1986 n. 349, ma anche in una "offesa della persona umana nella sua dimensione individuale e sociale", come ritenuto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 210 e Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 641 del 1987, ne deriva che la legittimazione processuale non spetta solo ai soggetti pubblici, come Stato, regioni, province, comuni, enti autonomi parchi nazionali, etc. (in nome dell'ambiente come interesse pubblico) ma anche alla persona singola o associata (in nome dell'ambiente come diritto soggettivo fondamentale di ogni uomo) (Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1996, in Arch. nuova proc. pen., 1996, 871). In questi casi l'interesse dell'ente si concretizza in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, cessando così di essere comune alla generalità dei cittadini. Il diritto di costituirsi parte civile, onde ottenere il risarcimento del danno costituito dalla lesione del diritto soggettivo inerente a lo scopo da esse perseguito, deve quindi riconoscersi alle associazioni ecologistiche rispondenti alle suddette caratteristiche e dotate di un'articolazione territoriale che li colleghi ai beni lesi. È stata così ritenuta ammissibile la costituzione di parte civile di associazioni di protezione dell'ambiente (nel caso di specie proprio il WWF in un procedimento penale per violazione dell'art. 734 c.p. e dell'art. 1 sexies d.l. 27 giugno 1985 n. 312, conv. con modificazioni in l. 8 agosto 1985 n. 431, in relazione ad attività di coltivazione di una cava), in quanto abbiano dato prova di continuità della loro azione, aderenza al territorio, rilevanza del loro contributo, ma soprattutto perché formazioni sociali nelle quali si svolge dinamicamente la personalità di ogni uomo, titolare del diritto umano all'ambiente (Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1996, cit.). Più in generale, a proposito degli interessi cd. diffusi alla tutela dell'ambiente, si è ritenuto che qualora l'interesse non sia astrattamente connotato, ma si concretizzi in una determinata realtà storica di cui il sodalizio ha fatto il proprio scopo, diventando la ragione e, perciò, elemento costitutivo di esso, è ammissibile la costituzione di parte civile dell'ente, sempre che dal reato sia derivata una lesione di un diritto soggettivo inerente allo scopo specifico perseguito. Il diritto individuale alla salubrità dell'ambiente è stato riconosciuto laddove una articolazione territoriale colleghi le associazioni medesime ai beni lesi, sicché esse sono legittimate all'azione "aquiliana" per la difesa del proprio diritto soggettivo alla tutela dell'interesse collettivo alla salubrità dell'ambiente. Inoltre è stato riconosciuta la risarcibilità del diritto della personalità dell'ente e la conseguente facoltà di agire per il risarcimento dei danni morali e materiali relativi all'offesa, diretta ed immediata, dello "scopo sociale", che costituisce la finalità propria del sodalizio. Sturno visto da frigento (Cass. pen., sez. III, 9 luglio 1996, n. 8699, in Giust. pen., 1998, III, 590; nello stesso senso cfr. Cass. pen., sez. III, 1 ottobre 1996, n. 9837, in Dir. pen. e proc., 1997, 590). In simili casi il pregiudizio a questa finalità in cui si sostanzia l'affectio societatis comporta un danno anche non patrimoniale per la frustrazione e l'afflizione degli associati, sicchè la costituzione di parte civile va ritenuta legittima nei casi in cui dall'offesa all'interesse derivi, in modo diretto ed immediato, la lesione del diritto alla personalità del sodalizio, riguardo allo scopo da esso perseguito (Cass. pen., sez. III, 30 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi giugno 1995, n. 10557, in Cass. pen., 1996, 2319). Nel caso di specie va riconosciuta la legittimazione ad agire del WWF Onlus, associazione riconosciuta a norma degli artt. 13 e 18 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, mediante decreto del Ministro dell'Ambiente del 20 febbraio 1987. Scopo istituzionale dell'ente è infatti "la conservazione della natura e dei processi ecologici e la tutela dell'ambiente" (cfr. art. 5 dello Statuto associativo, in atti); in ragione della convenzione del 6.2.98 con l'Ente per lo sviluppo, l'irrogazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, consegnatario dell'area demaniale in cui sorge l'oasi di Conza ed in attuazione del protocollo di intesa tra l'Ente e la Provincia di Avellino del 9.9.97, il WWF ha assunto la gestione tecnica dell'attività di protezione ambientale dell'area, con lo specifico compito di protezione della fauna (cfr. art. 7), ricevendo anche un finanziamento di 50.000.000 di lire dalla Provincia di Avellino (cfr. delibera della giunta provinciale n. 813 del 7.9.98) per spese di gestione dell'oasi. In tal modo deve ritenersi realizzata quella concretizzazione dell'interesse collettivo in capo all'ente esponenziale che legittima l'ente medesimo all'azione giudiziale a difesa del proprio diritto soggettivo alla tutela dell'interesse collettivo alla salubrità dell'ambiente (Cass. pen., sez. III, 9 luglio 1996, n. 8699, cit.). Quanto alla liquidazione del danno in favore del WWF in proprio, in mancanza di prova di danni materiali, l'imputato va condannato a risarcire il danno morale relativo all'offesa, diretta ed immediata, dello "scopo sociale", che costituisce la finalità propria del sodalizio. La valutazione di tale danno, sfuggendo ad una piena valutazione analitica, resta affidata ad 87 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA apprezzamenti discrezionali ed ritiene equo determinare la equitativi del giudice di merito somma in via definitiva, nell'im(Cassazione penale, sez. V, sent. porto di lire cinque milioni del 23/1/1997, n. 2113, in Cass. (2582,28 ) all'attualità. pen., 1998, 808; Cass. civ., sez. III, Quanto alla richiesta della parte 14 novembre 2000, n. 14752), il civile Provincia di Avellino, sostiquale nell'effettuare la relativa tuita dall'ente WWF a norma delquantificazione deve tenere l'art. 4, 3° comma, L. 265/99, di conto delle effettive sofferenze risarcimento del danno ambienAndretta- Panorama patite tale in dall'offeforma speso, della cifica ex gravità art. 18 dell'illedella legge cito di 349/1986 rilievo mediante penale e la liberadi tutti zione in gli eleperiodo di menti caccia viepeculiari tata, a prodella fatprie cure e tispecie spese, di c o n c re un esemta, in plare di modo da cinghiale rendere di giovane l a età all'insomma t e r n o riconodell'Oasi di sciuta C o n z a , adeguaritiene ta al parquesto ticolare Giudicante caso concreto, onde evitare sia che la richiesta possa essere che la stessa rappresenti un accolta. simulacro di risarcimento, sia Come è noto, ai sensi dell'art. 18, che possa costituire una fonte di comma 8, della L. 349/1986, tra le arricchimento privo di reale giu- forme risarcitorie del danno stificazione (Cassazione penale, ambientale, la condanna al riprisez. III, 11 febbraio 1991, in Mass. stino dei luoghi nello stato quo cass. pen., 1991, fasc. 3, 80). ante assume una rilevanza preIl danno morale è pacificamente valente, in virtù della deroga al riconosciuto anche agli enti disposto del 2° comma, art. esponenziali (ad es. Cass. civ., 2058 c. c., contenuta nella sez. III, 15 aprile 1998, n. 3807, in norma. Resp. civ. e prev., 1998, 992), per Come è noto, ai sensi dell'art. la lesione la lesione del diritto 2058 c.c. il danneggiato può costituzionale dell'ente alla sua chiedere la reintegrazione in identità storica, culturale, politi- forma specifica, qualora sia in ca, economica costituzionalmen- tutto o in parte possibile. te protetta; in questo caso, però, Tuttavia il giudice può disporre ovviamente, la quantificazione, che il risarcimento avvenga non potendosi rapportare alle solo per equivalente, se la reinsofferenze fisiche o psichiche, tegrazione in forma specifica deve tener conto dei turbamenti risulta eccessivamente onerosa morali della collettività pregiudi- per il debitore. zievoli dell'attività dell'ente. Dunque, il risarcimento in In conclusione questo Tribunale forma specifica, in base alla 88 previsione dell'art. 2058 c.c., incontra il limite estrinseco della eccessiva onerosità e quello intrinseco della oggettiva impossibilità. Quanto al primo, la giurisprudenza adotta un criterio generale, affermando che il risarcimento in forma specifica diviene eccessivamente oneroso nel momento in cui superi l'effettivo valore complessivo del danno arrecato, andando a realizzare un interesse del creditore che non è equivalente a quello del bene sottratto (nella responsabilità aquiliana) o della prestazione inadempiuto (nella responsabilità contrattuale): dunque il limite estrinseco è costituito, per la Cassazione, dal valore massimo del risarcimento per equivalente pecuniario. Il limite intrinseco, invece, dipende dall'essenza stessa dell'istituto: il risarcimento in forma specifica, infatti, si caratterizza per il fatto che la sentenza di condanna che ne costituisce il fondamento impone di adottare le misure idonee a rimuovere il danno e le sue conseguenze; ma il giudice impone al condannato di effettuare una prestazione che presenta un carattere di assoluta novità ed indipendenza sia rispetto alla lesione del diritto (o di altra situazione soggettiva di vantaggio nella responsabilità extracontrattuale) sia rispetto alla prestazione del rapporto obbligatorio rimasto inattuato (nella responsabilità contrattuale). Il profilo della possibilità del risarcimento in forma specifica, allora, deve essere valutato con esclusivo riferimento a questa nuova prestazione, tenendo conto sia della posizione del danneggiante o debitore condannato, sia dei mezzi che sono a sua disposizione. Sotto questo profilo la liberazione in periodo di caccia vietata, a cura e spese degli imputati, di un esemplare di cinghiale di giovane età, all'interno Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA dell'Oasi di Conza, in concreto consi- cia al cinghiale, attraverso la verifica sterà in una particolare forma di ripo- del possesso delle autovetture risconpolamento, che dovrà avvenire secon- trate sul posto ed attraverso le dichiado le modalità determinate dal com- razioni degli odierni imputati (cfr. petente ufficio provinciale della cac- deposizione del teste D, rapporto di cia, in ossequio agli eventuali piani di servizio prot. 315 del 15.11.1999, ripopolamento di fauna selvatica pre- dichiarazioni degli imputati, indicadisposti ai sensi dell'art. 11, comma 2, zione difensiva di PG, DC, DG, DM e lettera I della L. reg. 8/1996, anche tra- DB quali persone presenti ai fatti). mite la cattura di soggetti, genetica- P.Q.M. mente compatibili, presenti in sopran- Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara numero in ambiti faunistici. MV, PF e PM colpevoli del reato conteDel resto deve tenersi presente che, stato e, concesse agli stessi le attepur essendo il cinghiale un animale nuanti generiche, li condanna alla selvatico, con la diffusione della la pena di cinque giorni di arresto e pratica dell'allevamento brado dei 600.000 lire di ammenda, oltre al pagamaiali domestici si è realizzata l'ibri- mento delle spese processuali. Non dazione dei cinghiali con questo ani- menzione. male, il che rende concretamente rea- Letti gli artt. 53 e ss. L. 689/1981 sostilizzabile il ripopolamento in questio- tuisce la pena detentiva di 5 giorni di ne. arresto in quella di L.375.000 di Le spese di costituzione di parte civi- ammenda, per un totale di 975.000 lire le, al cui pagamento vanno condanna- di ammenda. Gesualdo - Panorama ti gli imputati a Letti gli artt. 538 e norma dell'art. 541 ss. c.p.p. condanc.p.p., vanno liquina gli imputati in date in complessive solido al risarci£ . 3 . 0 0 0 . 0 0 0 mento dei danni (1549,37 ) per nei confronti del entrambe le parti WWF Italia civili, di cui lire ONLUS, che liqui2.200.000 (1136,21 ) da in lire per onorari e lire 5.000.000. 800.000 (413,17 ) Condanna altresì per diritti, somma gli imputati in che va posta in solisolido al risarcido a carico degli mento del danno imputati ed in favoambientale in re dell'Associazione forma specifica, in WWF, anche quale sostituto dell'ente favore dell'ente Provincia di Avellino Provincia di Avellino (art. 4 comma 3 mediante la liberazione in periodo di L. 265/1999), oltre ad IVA e CPA come caccia vietata, a proprie cure e spese, per legge. di un esemplare di cinghiale di giovaVa rigettata la richiesta di provvisoria ne età all'interno dell'Oasi, oltre al esecuzione della sentenza, non aven- pagamento in solido delle spese di do la parte istante addotto alcun costituzione delle parti civili, che motivo che possa giustificarne l'ado- liquida in complessive lire 3.000.000 zione. per entrambe, comprensive di spese, Vanno infine trasmessi gli atti al PM oltre IVA e CPA come per legge. per procedere alle indagini nei con- Letto l'art. 544 c.p.p. assegna il termifronti di tutti gli altri componenti la ne di giorni 45 per la motivazione. battuta di caccia del 14.11.1999, iscrit- Atti al PM. ta al registro delle Battute al n. 54 del S. Angelo dei Lombardi, udienza del 28.9.99, da ritenersi responsabili del 29 novembre 2001 medesimo delitto contestato agli IL GIUDICE odierni imputati, oltre che della con- Dott. Ferdinando LIGNOLA travvenzione di cui all'art. 651 c.p., ed identificabili attraverso l'elenco dei richiedenti l'autorizzazione alla cac- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 89 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA PATTEGGIAMENTO: SOLO IL RITO RIENTRA NELLA DISPONIBILITÀ DELLE PARTI, NON POTENDO EVIDENTEMENTE ESSE RINUNCIARE ALLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA RIF. NORM. Cod. pen. - artt. 474 e 648 Cod. proc. pen. - artt. 444, 530 e 129 MASSIMA IN SEGUITO AL CONFERIMENTO DI PROCURA SPECIALE AL DIFENSORE PER LA DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO EX ART. 444 C.P.P., L'IMPUTATO NON COMPARSO IN UDIENZA VA RITENUTO ASSENTE PER RINUNCIA A COMPARIRE E NON CONTUMACE IN QUANTO LA PROCURA SPECIALE, FINALIZZATA AL RITO ALTERNATIVO E RILASCIATA A DIFENSORE CHE SI PRESENTI IN UDIENZA PROPRIO QUALE PROCURATORE SPECIALE PER AVANZARE RICHIESTA DI PATTEGGIAMENTO, NON POTREBBE AVERE ALTRO SIGNIFICATO CHE CONSENSO DELL'IMPUTATO ALLA PRONUNCIA DELLA SENTENZA IN SUA ASSENZA. IN MATERIA DI FALSO, ED IN PARTICOLARE DI CONTRAFFAZIONE E ALTERAZIONE DI MARCHI E SEGNI DISTINTIVI DI PRODOTTI, NON È INDISPENSABILE L'INDAGINE PERITALE AI FINI DELL'ACCERTAMENTO DELL'ELEMENTO OGGETTIVO, CHE PUÒ ESSERE DESUNTO "ALIUNDE" E DALLO STESSO ESAME DIRETTO DEL REPERTO DA PARTE DEL GIUDICE. DETTO ESAME DIRETTO BEN PUÒ CONSENTIRE AL GIUDICE DI ESCLU- DERE LA CONTRAFFAZIONE, IN DIFETTO DI QUALSIASI ALTRO ELEMENTO DAL QUALE DESUMERLA. LA RICHIESTA DI PATTEGGIAMENTO LEGITTIMA UN ACCERTAMENTO SOMMARIO ED INCOMPLETO, COMPIUTO SULLA BASE DEGLI ATTI INVESTIGATIVI CUI VIENE ATTRIBUITO VALORE PROBATORIO, MA NON PUÒ CERTO GIUSTIFICARE L'IRROGAZIONE DI UNA PENA IN DIFETTO DI PROVE DELLA RESPONSABILITÀ. E, PERTANTO, L'IMPUTATO VA ASSOLTO, ANCHE CON FORMULE DI MERITO, QUANDO DAGLI ATTI NON RISULTI UN QUADRO PROBATORIO QUANTOMENO IDONEO A DEFINIRE IL FATTO COME REATO. CIÒ NON SOLO NEL CASO DI MANCANZA DELLA PROVA NEL SENSO, RADICALE, DELLA IMPOSSIBILITÀ DI ACQUISIRLA, MA ANCHE NEL CASO DI MANCANZA DELLA PROVA CHE SIA ASTRATTAMENTE POSSIBILE ACQUISIRE, POICHÉ LE PARTI, ACCONSENTENDO AL PATTEGGIAMENTO, CHIEDONO AL Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, Giudice Dott. Ferdinando Lignola, 10 giugno 2004, n° 188 R.G. Sent. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica dott. Ferdinando Lignola, all'udienza del 10.6.2004 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento nei confronti di T. B., nato a ... il ..., libero assente, IMPUTATO A) del reato p. e p. dall'art. 90 GIUDICE UNA DECISIONE ALLO STATO DEGLI ATTI. 474 c.p. perché deteneva per la vendita, poneva in vendita o metteva altrimenti in circolazione prodotti industriali, muniti di marchi e segni distintivi contraffatti, e precisamente sette cover marca "Nokia" ed un cover marca "Alcatel" Accertato in C. il 3.6.2003. B) del delitto p. e p. dall'art. 648 comma 2 c.p. perché, senza essere concorso nel reato, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, acquistava o comunque riceveva i prodotti indicati al capo a) pur conoscendone l'illecita provenienza, trattandosi di merce oggetto di precedente contraffazione. Accertato in C. il 3.6.2003. Con l'intervento del Pubblico Ministero V.P.O. avv. A. M. Greco e del Difensore di fiducia avv. C. Cubelli, di fiducia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO A seguito di decreto di citazione a giudizio del 15.12.2003, l'imputato era tratto innanzi a questo Tribunale per rispondere dei reati di cui al capo di imputazione, per l'udienza del 10.6.04, data in cui, in assenza dell'imputato, il Difensore munito di procura speciale chiedeva applicarsi la pena di 1 mese di reclusione e 250 di multa, con Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA conversione della pena detentiva 8 cover per telefono cellulare, 7 essi, hanno determinato la deciin quella della multa, pari a 1140 , con marchio "Nokia" ed 1 con mar- sione (Cass., Sez.V, sent. 3336 del per complessivi 1390 di multa; la chio "Alcatel", per un valore di 26/01/2000, in Riv. pen., 2001, 273). richiesta era subordinata alla 150 . Successivamente furono ese- Proprio la diretta percezione sensospensione condizionale della guiti ulteriori accertamenti presso soriale ha consentito di escludere stessa. Il Pubblico Ministero pre- l'abitazione dell'imputato, ma i la contestata contraffazione, in stava il consenso ed il Tribunale, controlli diedero esito negativo. difetto di qualsiasi altro elemento ordinata l'esibizione degli atti del Questi gli elementi probatori a dal quale desumerla. fascicolo del P.M. ai sensi dell'art. carico del prevenuto, che, a giudi- Dagli atti del fascicolo del 135 disp. att. c.p.p. Pubblico Ministero non risulta ed acquisitili, proinfatti nemmeno l'individuazione nunciava sentendella persona o della società che, za, come da dispoavendo adottato il segno distintisitivo letto in ... l'imputato va ritenuto assente vo ha diritto alla tutela giuridica, udienza, assegnanelemento indispensabile ai fini delper rinuncia a comparire do il termine di 30 l'accertamento della contraffaziogiorni per la motine dei logo secondo altra decisioe non contumace ... vazione. ne (Cass., sez. V, sent. del 1 ottoMOTIVI DELLA bre - 18 giugno 2002, n. 32796, in DECISIONE www.dirittoitalia.it). Preliminarmente Deve dunque ritenersi del tutto va precisato, con riferimento alla zio del Tribunale, non consentono indimostrata la falsità degli oggetti posizione processuale di T. B., che l'emissione di una sentenza di sequestrati, in difetto di una conin seguito al conferimento di pro- applicazione della pena, pure sulenza tecnica di parte, mai cura speciale al Difensore per la richiesta dalle parti. disposta dal Pubblico Ministero, definizione del procedimento con Difetta del tutto, infatti, la prova ed alla luce di quanto indicato dai applicazione della pena su richie- della sussistenza del reato conte- Carabinieri nella scarna informatista, l'imputato va ritenuto assente stato al capo A, poiché dalla verifi- va (i militari affermano la falsità per rinuncia a comparire e non ca diretta del reperto, alla quale si degli oggetti in maniera del tutto contumace, come ritenuto dal è proceduto all'atto della decisio- apodittica, probabilmente desuTribunale in diversa composizione ne, non è risultata la falsità dei mendola dalla nazionalità marocpersonale. covers, i quali appaiono del tutto china del venditore e dalle anomaIl principio è stato pacificamente simili agli originali. le modalità di vendita, a mezzo affermato dalla giurisprudenza di In proposito va ricordato l'orienta- bancarella). legittimità (tra le ultime, Cass. mento giurisprupen., sez. I, 3 febbraio 2000, n. denziale prevalen6326, in CED, Penale, massima n. te secondo il ... Proprio la diretta percezione 215219) poiché, si è osservato, la quale, per il principrocura speciale, finalizzata al rito pio della libera sensoriale ha consentito di esclualternativo, rilasciata a procurato- prova e del libero re speciale che a tale scopo si pre- convincimento del dere la contestata contraffazione, senti in udienza, non potrebbe giudice, in materia in difetto di qualsiasi altro eleavere altro significato che consen- di falso e, in partiso dell'imputato alla pronuncia colare, di contrafmento dal quale desumerla ... della sentenza in sua assenza fazione e alterazio(Cass. pen., sez. VI, 17 marzo 1995, ne di marchi e n. 1014, Cass. pen., 1996, 3750). segni distintivi di Quanto al merito dell'istanza, a prodotti, non è indispensabile l'in- In proposito va ricordato che giudizio del Tribunale l'imputato dagine peritale ai fini dell'accerta- secondo la recente giurisprudenza va assolto perché il fatto non sus- mento dell'elemento oggettivo, di legittimità la contraffazione dei siste. che può essere desunto aliunde e marchi non può farsi dipendere Dalla informativa di reato del dallo stesso esame diretto del dal prezzo vile o dalle anomale 4.6.2003 e dal verbale di seque- reperto, da parte del giudice, modalità di vendita, di per se indistro redatto in pari data dai soprattutto quando vengono in cative al più di una provenienza Carabinieri di C. emerge che l'im- considerazione dati elementari di illecita della cosa (Cass., sez. II, putato, venditore ambulante di comune esperienza e purché sia 7giugno - 23 agosto 2001, n. 31644, nazionalità marocchina, provvisto dato atto dei risultati della diretta in www.dirittoitalia.it). di regolare permesso di soggiorno, percezione sensoriale e siano spie- Vi è poi un elemento positivo che fu sorpreso intento alla vendita di gate le ragioni che, sulla base di induce invece a ritenere probabile “ “ “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 91 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA l'autenticità degli oggetti posti in procedibilità. Dunque solo quan- verifica in chiave negativa, risponvendita, poiché sempre nell'infor- do dagli stessi atti del Pubblico dente a una "funzione di garanzia mativa dei Carabinieri si legge di Ministero emergessero le prove di di carattere ordinamentale, volta un valore comad assicurare che il patteggiamenplessivo della to non diventi un accordo sui reati merce di circa e sulle stesse imputazioni in viola150 , per un zione del l'art. 112 Cost., il quale ... la contraffazione dei marchi importo del singoesclude la facoltatività dell'azione lo oggetto pari a non può farsi dipendere dal prezpenale" (Cass., sez. III, sent. 2309 circa 19 , somma del 9/10/99, in C.E.D. Cass., Penale, indicativa di una zo vile o dalle anomale modalità massima n. 215071). L'espresso genuinità delle res. rinvio all'art. 129 c.p.p., anziché di vendita ... Esclusa la sussiagli artt. 529 e 530, andrebbe letto stenza del delitto nel senso che l'accertamento delle presupposto, possibili cause di non punibilità è requisito essenziapiù compatibile nell'ambito delile della fattispecie di ricettazione, innocenza, oppure il giudice si ren- mitato da quella norma, anziché va esclusa anche la sussistenza desse conto di una radicale impos- secondo la più ampia ed articolata del delitto contestato al capo B; T. sibilità di formazione della prova prospettiva delineata dall'art.530 B. va allora assolto da entrambi i in dibattimento, egli dovrebbe, c.p.p., poiché l'indagine preliminareati contestati perché il fatto non per evidenti ragioni di economia re, del cui solo contributo il giudisussiste, a norma degli artt. 444 e processuale, emettere sentenza di ce può avvalersi in quel procedi129 c.p.p.. proscioglimento; in casi dubbi mento, sia essa già conclusa o solLa pronuncia assolutoria è del sulla sussistenza del fatto, vicever- tanto iniziata, può offrire soltanto tutto compatibile con il rito pre- sa, l'unica via da seguire sarebbe risultati parziali, sommari, se non scelto, anzi doverosa, pur avendo quella del rigetto della richiesta addirittura provvisori e, comunl'imputato richiesto, sia pure attra- delle parti in favore del giudizio que, sempre depauperati di quella verso il suo procuratore speciale, ordinario, sì da consentire la for- rilevanza probatoria che soltanto l'applicazione della pena. mazione della prova in dibattimen- la garanzia del contraddittorio Come è noto, secondo la previsio- to (Cass., sez. III, sent. 2468 del può essere capace di determinare: ne dell'art. 444, comma 2, c.p.p., 28/7/95, in C.E.D. Cass., Penale, è, quindi, la stessa riduttiva possiuna volta acquisite le dichiarazio- massima n. 202487¸ Cass., sez. VI, bilità dell'accertamento giudiziale ni delle parti, il Giudice deve pro- sent. 1321 del 4/2/98, in Giust. che ha il giudice in quel procedicedere all'accertamento della sus- pen., 1999, III, 46 ss). mento speciale ad avere privilegiasistenza di cause rientranti nel- Per la verità non può dubitarsi in to una scelta più consona a quei l'art. 129 c.p.p.; se l'esito di tale alcun modo sulla necessità di un limiti oggettivi (cfr. Cass., sez. U, verifica è negativo, egli dovrà pro- vero e proprio giudizio sul merito sent. 3600 del 18/4/97, in Cass. cedere all'ulteriore controllo sul- dell'accusa, che trova un suo chia- pen., 1997, 2677 ss.). In sostanza il l'esattezza della qualificazione giu- ro riferimento testuale nella previ- giudice dovrebbe pronunciare ridica dei fatti e delle circostanze sione di un giudizio "sulla base sentenza di proscioglimento soldel reato, nonché alla verifica del degli atti" nell'art. 444 comma 2 tanto davanti ad una causa "evigiudizio di comparazione tra gli c.p.p. e dente" di elementi circostanziali, della con- nella necesproscioglicedibilità della sospensione condi- saria esibimento, zionale ed infine della correttezza zione (ed dovendo ... il magistrato dovrà solo i n v e c e e congruità della pena proposta. eventuale Secondo la costante interpretazio- acquisizio- assicurarsi che non vi siano applicare la ne della Suprema Corte, poiché ne) degli pena in l'art. 444 c.p.p. non richiama le atti conte- prove positive dell'innocenza ogni altro norme sulla sentenza di proscio- nuti nel caso; ciò ... glimento (artt. 529 e ss.), ma fa f a s c i c o l o p e rc h è riferimento all'art. 129 del codice d e l "uno dei di rito, non rientra fra i compiti del P u b b l i c o limiti accetgiudice la verifica della colpevo- Ministero, tati dai lezza dell'imputato; il magistrato prevista dall'art. 135 disp. att. paciscenti è costituito proprio dovrà solo assicurarsi che non vi c.p.p., "al fine di decidere sulla dalla rinuncia a contestare l'accusiano prove positive dell'innocen- richiesta". La prevalente giurispru- sa … in riferimento alle specifiche za, che il reato non sia estinto e denza di legittimità, però, intende circostanze di fatto dedotte nelche non manchino le condizioni di tale giudizio alla stregua di una l'imputazione" (Cass., sez. U, sent. “ “ “ “ 92 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA 20 del 3/12/99, in Cass. pen., 2000, in caso di mancanza della prova, quale è sempre necessaria la 1148). nel senso, radicale, della impossi- prova della colpevolezza per giunA ben vedere, però, nella discipli- bilità di acquisirla, sarebbe possi- gere ad una condanna (oppure, na del cd. "patteggiamento" non vi bile l'emissione di una sentenza di ma per questo verso è lo stesso, è alcun richiamo ad una regola di proscioglimento, poiché evidenti ad applicare della pena), correttaevidenza probatoria, rispetto al ragioni di economia processuale - mente si osserva che il vero effetproscioglimento, come sarebto della richiesta (ed in partibe accaduto se il rinvio all'art. colare della manifestazione di 129 c.p.p. fosse stato limitato volontà dell'imputato) va rin... nella disciplina del cd. al solo comma 2: in tal caso, venuto nella rinuncia all'eserinfatti, sarebbero state sicuradel diritto di difesa, inte"patteggiamento" non vi è cizio mente escluse le regole di cui so come contraddittorio in agli artt. 529-531 del codice di alcun richiamo ad una regola sede di formazione della rito. prova, con conseguente ricodi evidenza probatoria, Viceversa, posto che nella noscimento del valore di disciplina del rito speciale il rispetto al proscioglimento ... prova agli atti investigativi: in rinvio all'obbligo di immediata altri termini il consenso deldeclaratoria delle cause di non l'imputato vale a legittimare un punibilità non è meglio specifiaccertamento sommario ed cato, deve ritenersi che la regola impongono che gli atti non venga- incompleto, compiuto solo sulla di giudizio applicabile per la pro- no restituiti al Pubblico Ministero, base degli atti fino a quel momennuncia di ufficio della sentenza di il quale, peraltro, ha la possibilità to raccolti, con rinuncia alla verifiproscioglimento non sia solo quel- di ottenere una nuova riflessione ca dibattimentale dell'accusa conla dell'evidenza, come talvolta sul tema proponendo ricorso per testata e contestuale attribuzione sostenuto espressamente dalla Cassazione (Cass., sez. U, sent. 18 di valore probatorio agli atti inveCorte Suprema (Cass., sez. III, del 25/10/95, in Cass. pen., 1996, stigativi, ma non può certo giustifisent. 2468 del 28/7/95, in Giust. 473 ss.). care l'irrogazione concreta di una pen., 1996, III, 364), ma quella ordi- Il discorso va esteso, a giudizio del pena in difetto di prove della sua naria, per cui il giudicante è tenu- Tribunale, anche al caso di man- responsabilità. to ad effettuare una valutazione canza della prova che sia astratta- Alla pronuncia assolutoria per probatoria delle risultanze degli mente possibile acquisire, poiché insussistenza del fatto consegue il atti, che impone l'assoluzione le parti, manifestando il proprio dissequestro e la restituzione anche con formule di merito, quali consenso alla definizione anticipa- all'avente diritto delle merce sotl'insussistenza del fatto o la sua ta e semplificata del procedimen- toposta a sequestro. non commissione da parte dell'im- to, chiedono al giudice un giudizio In conclusione T. B. va assolto dai putato, quando dagli atti non risul- allo stato degli atti, in questo assi- reati contestati perché il fatto non ti un quadro probatorio quanto milabile al giudizio abbreviato, da sussiste, a norma degli artt. 530, meno idoneo a definire il fatto cui si distingue essenzialmente 444, comma 2 e 129 c.p.p.. come reato. per la (eventuale) diversa colloca- P.Q.M. Del resto accostando la disciplina zione temporale e per i significati- Letto l'art. 444 e 129 c.p.p., prodel cd. patteggiamento a quella di vi limiti al potere di impugnazione nunciando sulla concorde richiealtro procedimento speciale, sta delle parti, assolve T. il procedimento per decreto B. dai reati contestati perpenale di condanna, le ché il fatto non sussiste. Sezioni Unite della Corte di ... solo il rito rientra nella dispo- Dispone il dissequestro e Cassazione sono giunte alla la restituzione all'avente conclusione che se è vero nibilità delle parti, non potendo diritto di quanto in sequeche in entrambi i casi non evidentemente esse rinunciare stro. potrà mai verificarsi quella Assegna il termine di 30 che tecnicamente si defini- alla presunzione di innocenza ... giorni per la motivazione. sce insufficienza o contradS. Angelo dei Lombardi, dittorietà della prova, per la udienza del 10 giugno 2004 semplice ragione che queste Il Giudice categorie possono avere rilevanza della decisione. Poiché solo il rito Dott. Ferdinando Lignola soltanto quando le parti, ivi com- rientra nella disponibilità delle preso il Pubblico Ministero, abbia- parti, non potendo evidentemente no potuto esercitare compiuta- esse rinunciare alla presunzione di mente, nella sede a ciò destinata, il innocenza, intesa come precisa loro diritto alla prova, pur tuttavia regola di giudizio in forza della “ “ Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi “ “ 93 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA 94 Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA L'ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRONACA E LA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA RIF. NORM. Cod. pen. - artt. 595 1° e 3° comma, 591, 57, 51 e 59 Cod. proc. pen. - artt. 236, 238 bis, 234 e 409 MASSIMA IL DECRETO DI ARCHIVIAZIONE PRONUNCIATO NELL'AMBITO DI UN DIVERSO PROCEDIMENTO, AL PARI DELLA SENTENZA NON DEFINITIVA, PUR NON ESSENDO SUSCETTIBILE DI ACQUISIZIONE AI SENSI DELL'ART. 236 O DEL234 C.P.P.. L'EFFICACIA PROBATORIA DEL PROVVEDIMENTO, PERÒ, NON PUÒ RIGUARDARE I FATTI OGGETTO DELLO STESSO (E DUNQUE, LA RITENUTA INFONDATEZZA DELLA NOTIZIA DI REATO), IN ASSENZA DI PROVE RACCOLTE NELLA PIENEZZA DEL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI, MA ATTIENE SOLO ALLA CIRCOSTANZA STORICA DELL'INTERVENUTO PROVVEDIMENTO. CIÒ NON ESCLUDE, TUTTAVIA, CHE IL GIUDICE - IN BASE AL SUO LIBERO CONVINCIMENTO - POSSA TRARRE DAL L'ART. 238 BIS C.P.P., È COMUNQUE ACQUISIBILE A NORMA DELL'ART. PROVVEDIMENTO MEDESIMO E DALLA VICENDA CUI ESSO SI RIFERISCE ELEMENTI DI GIUDIZIO FINALIZZATI ALL'ACCERTAMENTO DELLA VERITÀ, FERMO RESTANDO IL DOVERE DI SOTTOPORRE COMUNQUE I SUINDICATI ELEMENTI AD AUTONOMO VAGLIO CRITICO SECONDO LA REGOLA GENERALE DETTATA DALL'ART. 192 COMMA 1 C.P.P.. IN TEMA DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA, PRESUPPOSTI PER L'APPLICABILITÀ DELLA SCRIMINANTE DELL'ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRONACA SONO LA PERTINENZA, CIOÈ LA RILEVANZA SOCIALE DELLA NOTIZIA PER LA COLLETTIVITÀ, LA VERITÀ DEL FATTO NARRATO E LA CONTINENZA DELLA FORMA ESPRESSIVA, OSSIA LA CORRETTEZZA DEL LINGUAGGIO ADOPERATO. L'OPERATIVITÀ DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE DI CUI ALL'ART. 51 C.P. È CONFIGURABILE ANCHE IN TERMINI DI PUTATIVITÀ EX ART. 59 C.P. TENUTO CONTO DI COME LA VERITÀ POSSA APPARIRE IN UN DETERMINATO MOMENTO STORICO ALLA LUCE DELL'ATTUALITÀ E DELL'ATTENDIBILITÀ DELLA FONTE INFORMATIVA OPPORTUNAMENTE VAGLIATA. L'UTILIZZO DELLE VIRGOLETTE CONSENTE DI ATTENUARE NOTEVOLMENTE LA PORTATA DENIGRATORIA DI UN'ESPRESSIONE LA QUALE, TRA L'ALTRO, VA SEMPRE VALUTATA CON RIFERIMENTO AL CONTESTO NEL QUALE È ADOPERATA. Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, Giudice Dott. Ferdinando Lignola, 27 marzo 2003, n° 112 R.G. Sent. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica dott. Ferdinando LIGNOLA, all'udienza del 27 marzo 2003 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento nei confronti di F. F., nato a ... il ..., libero presente, IMPUTATO del reato p.p. dall'art. 595, Comma I e III c.p., perché, quale direttore responsabile del quotidiano "O. P." e autore dell'articolo dal titolo "B. I., ruba la pensione alla madre, denunciato dalla sorella" pubblicato sul predetto quotidiano, offendeva la reputazione di G. V., facilmente identificato all'interno del paese di B. I., attraverso più elementi (fra cui il riferimento ad una precedente esperienza lavorativa a L. ed al conseguente avvicinamento, in base alla Legge n°104, per le pessime condizioni di salute della madre), indicando il predetto Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi come persona che non si curava della madre disabile a cui, inoltre, sottraeva mensilmente l'assegno di accompagnamento. In L. (luogo di stampa del quotidiano) il 25/8/99 (data della pubblicazione dell'articolo di cui sopra) Con l'intervento del Pubblico Ministero delegato V.P.O. Avv. A. Abbondandolo, del difensore di Parte Civile avv. R. Tartaglia e del Difensore di fiducia dell'imputato avv. I. Benigni. CONCLUSIONI DELLE PARTI per l'accusa: condanna dell'imputato alla multa di 1000 ; 95 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA la parte civile: affermarsi la penale responsabilità dell'imputato e condannarsi lo stesso a pena di giustizia; risarcimento danni da liquidarsi come da conclusioni scritte e nota spese; la difesa: assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste o in subordine perché il fatto non è punibile. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto di citazione emesso dalla Procura della Repubblica di S. Angelo dei Lombardi il 24.10.2001, l'imputato era tratto a giudizio innanzi al Tribunale di S. Angelo dei Lombardi per rispondere del reato riportato in rubrica, per il 5.6.2002, udienza rinviata per astensione degli avvocati al 12.12.2002. All'udienza del 12. 12.2002, in presenza dell'imputato, costituitasi parte civile la persona offesa, in assenza di questioni preliminari, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento. Il PM chiedeva l'escussione del teste di lista e produceva l'articolo di stampa del 25 agosto 1999; il Difensore della parte civile chiedeva il controesame dei testi, e l'ammissione di prova documentale (relativa al procedimento n.273/99, conclusosi con archiviazione, per dimostrare la non verità dei fatti narrati nell'articolo: delega di indagine del 4.4.2000; nota del 22.4.2000 dei Carabinieri di B. I.; richiesta di archiviazione del 9.6.2000 e decreto di archiviazione del 26.4.2001; nonchè copia di lettera datata 18 agosto 1999 sottoscritta dal legale di G. V. e indirizzata a G. M. R.); la Difesa dell'imputato chiedeva sentirsi ex art. 468 comma 4 c.p.p. G. M. R. e produceva copia della sentenza penale emessa dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi nel procedimento riguardante G. V. nel procedimento 985/99 R.G.N.R.). Il Tribunale ammetteva le prove orali e documentali richieste dal Pubblico Ministero e della Difesa di parte civile; ammetteva la prova documentale richiesta 96 dalla Difesa dell'imputato, rigettando la richiesta di prova orale, come da verbale di stenotipia. Erano quindi escussi G. V. e G. S. ed all'esito il Tribunale revocava i testi D. C. A. e B. M., su rinuncia del PM, nulla osservando le altre parti. Infine, a norma dell'art. 507 c.p.p., ritenuto assolutamente necessario acquisire presso la Procura della Repubblica di Sant'Angelo dei Lombardi la denuncia sporta da G. M. R., in relazione al procedimento penale numero 273/99 R.G.N.R., disponeva l'acquisizione della denuncia, rinviando per la materiale acquisizione e per la discussione all'udienza del 27 marzo 2003. All'odierno dibattimento, acquisita copia della denuncia sporta da G. M. R., il Tribunale, sull'accordo delle parti, dichiarava utilizzabili tutti gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, invitando le parti alla discussione; sulle conclusioni delle medesime, riportate in epigrafe, il Tribunale dichiarava chiuso il dibattimento e decideva il processo, dando lettura del dispositivo allegato al verbale di udienza e riservando il termine di 30 giorni per la motivazione. MOTIVI DELLA DECISIONE Il presente processo trae origine e spunto dalla querela presentata in data 25.11.99 da G. V., in seguito all'articolo pubblicato il 25/8/99 sul quotidiano di informazione "O. P.", a pagina 5 su una colonnina laterale, recante il titolo "B. I. "Ruba" la pensione alla madre. Denunciato dalla sorella". Nell'articolo, privo di firma, si racconta della denuncia per maltrattamenti, abbandono di incapace, lesioni e minacce presentata da una donna nei confronti del fratello, per aver trascurato la madre, grazie alla quale l'uomo era rientrato a B. I. da L. (in virtù della legge 104 del 1992, proprio per prestare assistenza al familiare portatore di handicap). Il teste G. V., escusso all'udienza del 12.12.2002, ha dichiarato di essersi riconosciuto nell'articolo del quotidiano, pur non essendo indicato il proprio nome, poichè come bidello era stato trasferito da F. (e non da L.) a M. grazie alla legge 104/1992; in seguito alla diffusione del quotidiano, infatti, molti concittadini lo associarono alla notizia (circostanza confermata anche dal teste G. S. R.). Specificamente interpellato sul punto il teste ha in un primo tempo escluso di aver mai avuto discussioni con la sorella, con la quale anzi avrebbe sempre avuto ottimi rapporti, ed ha negato di averla mai picchiata (verbale del 12.12.2002, 9 - 10); in sede di controesame, però, egli ha dovuto ammettere di avere ricevuto una denuncia dalla sorella, che nel 1999 portò con sè la madre a F., lamentando la scarsa assistenza prestatale dal fratello. Il teste G. V. ha dichiarato che entrambi i genitori erano bisognosi di continua assistenza, poiché il padre soffriva di un cancro ai polmoni e la madre del morbo di Parkinson; perciò egli chiese aiuto alla sorella, chiedendole di occuparsi almeno di uno dei genitori. I due fratelli non riuscirono però a trovare un accordo, e la vicenda sfociò nella denuncia alla Procura presentata dalla donna per maltrattamenti alla madre, sottrazione della pensione e lesioni. Il teste ha espressamente attribuito la responsabilità della diffusione della notizia sul quotidiano irpino alla sorella: mi ha denunciato prima, dopo mi ha fatto uscire sopra il giornale (verbale del 12.12.2002, 16) a distanza di pochi giorni (ed in effetti la denuncia è del 15.8.99, la contestazione delle lesioni e minacce è riferita al 17.8.99 - cfr. sentenza di assoluzione di primo grado prodotta dalla Difesa dell'imputato laddove l'articolo è del 25.8.99). E' apparso evidente, però, che la vera controversia tra i fratelli riguardava la percezione della pensione di invalidità della madre, rispetto alla quale il teste ha dichiarato di non aver mai avuto benefici diretti, poiché i Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA soldi se li prendevano loro (verbale del 12.12.2002, 18). Dalla denuncia di G. M. R. del 15.8.99 si lamenta l'abbandono della madre D. C. R., incapace di attendere alle ordinarie occupazioni ed affidata al G. V., nel febbraio 1999, e la indebita percezione da parte dell'uomo delle indennità spettanti alla madre, per i mesi da febbraio a maggio 1999. La Difesa di parte civile ha prodotto documentazione relativa al procedimento penale 273/99 (delega di indagini del 4.4.2000; nota dei Carabinieri di B. I. del 22.4.2000; richiesta di archiviazione del 9.6.2000 e decreto di archiviazione del 26.4.2001), dalla quale risulta che, poiché in data 4.4.2000 la signora D. C. R. non era più assistita dal figlio (cfr. nota dei Carabinieri di B. I.), ma si trovava in una casa per anziani, la Procura della Repubblica chiese (richiesta del 9.6.2000) ed il GIP dispose (decreto del 26.4.2001) archiviazione per il delitto di cui all'art. 591 c.p., ritenendo che la donna fosse ormai convenientemente assistita e che le questioni relative alle mensilità precedenti rilevassero esclusivamente dal punto di vista civilistico. Va premesso che a giudizio della Suprema Corte i decreti di archiviazione pronunciati nell'ambito di un diverso procedimento non sono suscettibili di acquisizione ai sensi dell'art. 236 o dell'art. 238 bis c.p.p., non contenendo essi statuizioni o accertamenti che possano essere considerati come processualmente certi (Cass. pen., sez. I, 10/7/2000, n.8881, in Arch. nuova proc. pen., 2000, 673). A giudizio del Tribunale, però, la loro acquisizione deve essere ritenuta ammissibile a norma dell'art. 234 c.p.p., anche se l'efficacia probatoria del provvedimento non può riguardare evidentemente i fatti oggetto del provvedimento (e dunque, nel caso concreto, la ritenuta infondatezza della notizia di reato), in assenza di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti (ed in assenza dello stesso esercizio dell'azione penale); l'efficacia probatoria attiene allora solo alla circostanza storica dell'intervenuto provvedimento giurisdizionale. Il provvedimento di archiviazione, infatti, "per definizione" non contiene alcun accertamento in ordine alla sussistenza di fatti, ma rappresenta la forma di esplicazione del controllo del Giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 409 c.p.p., teso a verificare se le risultanze dell'attività svolta nel corso delle indagini preliminari siano o meno esaurienti ai fini della legalità della "inazione" del P.M., che ha richiesto l'archiviazione. La Difesa dell'imputato ha prodotto sentenza n. 219/2002 di assoluzione di G. V., pronunciata in primo grado dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica, relativa ai delitti di lesioni personali volontarie e minaccia semplice, contestata in danno della sorella G. M. R.. In proposito deve rilevarsi che deve ritenersi ammissibile l'acquisizione di una sentenza di primo grado non passata in giudicato, a norma dell'art. 234 c.p.p.. Invero, anche se in questo caso la sentenza non assume quella Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi valenza probatoria dei fatti in essa affermati riconosciuta dall'art. 238 bis c.p.p. solo alla sentenza irrevocabile (ove sussistano elementi di conferma a norma dell'art. 192, comma 3, c.p.p.), essa può essere acquisita al processo quanto meno per provare che nei confronti di una persona è stato emesso un provvedimento, in ordine all'imputazione per uno specifico reato, e non anche come prova dei fatti in essa affermati (Cass. pen., sez. IV, 5/12/2000, n.9797, in Cass. pen., 2001, 3468). Ciò non esclude, tuttavia, che il giudice - in base al suo libero convincimento - possa trarre dagli indicati provvedimenti elementi di giudizio finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè dell'accertamento della verità (Cass. pen., Sez.VI, 20/05/1998, n.762, in Giust. pen., 1999, II, 385) In altri termini è consentito al giudicante trarre, avvalendosi di legittime fonti probatorie, elementi di giudizio tratti dalle vicende alle quali i detti procedimenti si riferiscono, fermo restando il dovere dello stesso giudice di sottoporre comunque i suindicati elementi ad autonomo vaglio critico, secondo la regola generale dettata dall'art. 182 comma 1 c.p.p. (Cass. pen., Sez.VI, 19/04/2001, n.20277, in C.E.D., Penale, RV 218838). Principio questo la cui portata può essere estesa, a giudizio del Tribunale, anche al decreto di archiviazione pronunciato nell'ambito di altro procedimento penale, pur con la precisazione già formulata in ordine alla natura del provvedimento. Orbene, con il decreto di archiviazione del 26.4.2001 il GIP del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi ha disposto archiviazione per il delitto di cui all'art. 591 c.p. ritenendo l'infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio. La scarna motivazione (peraltro riportata su un modulo prestam- 97 Diritto Penale e Processuale Penale GIURISPRUDENZA ALTIRPINIA pato) induce a ritenere che sia stata integralmente recepita l'impostazione giuridica proposta dal PM; l'organo inquirente, con la richiesta del 9.6.2000, assume che, poiché in data 4.4.2000 la signora D. C. R. non era più assistita dal figlio (cfr. nota dei Carabinieri di B. I.), ma si trovava in una casa per anziani, si doveva ritenere fosse ormai convenientemente assistita e che dunque le questioni relative alle mensilità precedenti rilevassero esclusivamente dal punto di vista civilistico. Nel sottoporre a valutazione critica, secondo i principi di diritto precedentemente affermati, il provvedimento di archiviazione, va osservato come il delitto di abbandono di persona incapace sia comunemente definito dalla dottrina come eventualmente permanente e dalla giurisprudenza come istantaneo (cfr. Cass., sez. V, sent. 9/4/1999 n. 6885, in motivazione): pertanto non dovrebbe assumere rilievo decisivo l'assistenza successiva, rilevando da un punto di vista penalistico anche l'abbandono temporaneo (cfr. ad es. Cassazione penale sez. V, 28/3/1990, in Cass. pen., 1992, 614). Non potendosi condividere il percorso logico-argomentativo del GIP del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, pertanto, il decreto del 26.4.2001 assume valenza probatoria solo in ordine alla circostanza storica dell'intervenuta archiviazione, nulla potendosi evincere, a giudizio del Tribunale, in ordine alla sussistenza - insussistenza del delitto di cui all'art. 591 c.p.. Quanto alla sentenza 219/2002 del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica, appellata dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli in data 15.11.2002, dalla stessa emerge che G. M. R. ha confermato in dibattimento di essere stata aggredita fisicamente e verbalmente dal fratello, a causa della precedente denuncia per abbandono della madre. La pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto è motivata sul rilievo che nessuna delle persone indicate come presenti ai fatti ha confermato la versione dalla persona offesa, pure supportata da certificazione medica. Tuttavia la decisione del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in ordine alla sussistenza dei reati per i quali è stata pronunciata assoluzione, sottoposta a vaglio critico, non convince; innanzi tutto perchè nes- “ il delitto di diffamazione deve ritenersi scriminato dall'esercizio del diritto di cronaca. “ 98 c.p.p., vi è una decisione di rigetto in ragione della non univocità delle risultanze processuali. Va comunque ribadito, in applicazione dei principi di diritto sopra enunciati che, se dalla sentenza non può dedursi l'insussistenza dei fatti oggetto di imputazione, legittimamente può desumersi quanto meno la circostanza che nei confronti di G. V. la Procura della Repubblica ha ritenuto sussistere le ipotesi di reato di lesioni volontarie e minacce continuate. Passando all'articolo del quotidiano "O. P." del 25/8/99, in assenza di una firma dell'autore, lo stesso è direttamente riferibile alla persona del direttore, responsabile in via diretta del suo contenuto e non a titolo di responsabilità colposa per omesso controllo (art. 57 c.p.; in tal senso, Cass., sez. V, sent. 6018 del 23.1.1997 e Cass. sez. V, sent. 901 dell'11.12.1996). A giudizio del Tribunale, però, anche a voler ritenere la natura oggettivamente lesiva della reputazione del G., il delitto di diffamazione deve ritenersi scriminato dall'esercizio del diritto di cronaca. In materia di diffamazione a mezzo stampa la giurisprudenza di legittimità ha da tempo elaborato una serie di principi, applicabili anche al caso in esame, per contemperare la tutela penale dell'onore e della reputazione dell'individuo con il diritto, costituzionalmente garantito, di manifestazione del pensiero. Con riferimento in particolare alla libertà di stampa, costituisce ormai pacifica acquisizione che l'esercizio dei diritti di cronaca e di critica integrino gli estremi di una causa di giustificazione del reato sun passaggio motivazionale è dedicato al delitto di minacce, per il quale pure è pronunciata assoluzione; in secondo luogo perché manca una valutazione critica in ordine alla attendibilità della teste G. M. R.. In altri termini il giudicante si limita a prendere atto delle diverse versioni dei fatti fornite dagli altri testi (nemmeno coincidenti tra di loro) e pronuncia assoluzione dell'imputato per tutti i reati perché il fatto non sussiste. Del resto anche rispetto alla ragionevole richiesta di condanna al pagamento delle spese processuali formulata dalla Difesa dell'imputato, a norma dell'art. 541, comma 2, Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi GIURISPRUDENZA Diritto Penale e Processuale Penale ALTIRPINIA (esercizio di un diritto, art. 51 c.p.). Sono stati così individuati dei presupposti e dei limiti, nel rispetto dei quali la condotta è scriminata. Con riferimento al diritto di cronaca, attinente il contenuto narrativo di fatti, tali limiti sono stati individuati nella pertinenza, cioè la rilevanza sociale della notizia per la collettività; nella verità del fatto narrato; nella continenza della forma espressiva, ossia correttezza del linguaggio adoperato (cfr., tra le tante, Cass. pen., sez. V, 2 giugno 1998, in Giust. pen., 1999, II, 327). Il diritto di cronaca, infatti, non esime di per sè dal rispetto dell'altrui reputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nella sfera privata dei cittadini solo quando possano contribuire alla formazione della pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività (Cass. pen., sez. V, 10 dicembre 1997, n. 1473, in Cass. pen., 1999, 3135). Quanto al terzo punto, in particolare, deve osservarsi che comunque, pur nel rispetto dei due limiti precedenti, se i modi usati sono per se stessi ingiuriosi, la scriminante della verità non è da ritenersi operativa ed all'agente è da imputarsi la diffamazione. Fissati i principi di diritto, bisogna ora esaminare se il contenuto dell'articolo pubblicato sul quotidiano "O. P." siano rispettose dei limiti del diritto di manifestazione del pensiero, come desumibili dalla giurisprudenza in materia di libertà di stampa. Nel caso di specie viene in rilievo essenzialmente il diritto di cronaca e dunque i limiti della pertinenza, verità e continenza; e se non vi può essere dubbio della rilevanza sociale dell'argomento per la collettività, rientrando la notizia nella cronaca giudiziaria, una maggiore attenzione deve prestarsi ai profili della verità e della continenza. Quanto alla verità della notizia riportata, è risultata vera la circostanza della duplice denuncia ai danni di G. V.; le uniche circostanze risultate non vere riguardano aspetti secondari della vicenda e rispetto ai quali non vi è motivo di doglianza del G., attenendo alla identificazione della sua persona (è indicato infatti un cittadino di B. I., rientrato da L. e non da F. a M., come nella realtà). Vero è anche che gli inquirenti si occuparono della vicenda relativa alla corresponsione dell'assegno di accompagnamento e delle successive minacce e lesioni ai danni della sorella. Con riferimento al limite della verità della notizia, del resto, costituisce principio acquisito dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui è configurabile l'operatività della causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., anche in termini di putatività ex art. 59 c.p., qualora l'esercizio del diritto di cronaca, sia stato corrispondente alla verità obiettiva dei fatti riferiti, con particolare riferimento alla fonte e attualità del riferimento storico e tale verità non abbia subito immutazioni, alterazioni o modificazioni dei dati che ne costituiscono la sostanza, in maniera da rappresentarli come sostanzialmente diversi (da ultimo, Cass., sez. V, sent. 1183 del 14 gennaio 2002, in http://www.dirittoitalia.it/documenti/viewdocument.jsp?nd=4 696). In altri termini, per non incorrere in deformazioni sostanziali della notizia e per evitare che assumano una valenza lesiva della reputazione della persona alla quale sono rivolti, l'autore non deve introdurre elementi aggiuntivi e deve esaminare, verificare e controllare, in termini di adeguata serietà professionale, la consistenza della relativa fonte di informazione. Quanto alla continenza, intesa come moderazione, proporzione, misura del linguaggio adoperato, parimenti deve ritenersi rispettato il limite individuato dalla giurisprudenza di legittimità nell'articolo in esame. Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Poiché l'art. 595 c.p. incrimina anche la propalazione di fatti veri, l'esimente del diritto di cronaca postula il limite della continenza onde evitare che l'esercizio del diritto si risolva in un pretesto e in uno strumento illecito di aggressione all'altrui reputazione. Come ribadito anche recentemente dalla Suprema Corte (Cass., sez. V, sent. 925 del 20 febbraio 2001, in C.E.D., Penale, rv. 218282), "in tema di diffamazione a mezzo stampa, il limite della continenza, entro il quale deve svolgersi un corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, viene superato quando le informazioni, pur vere, si risolvano per il lessico impiegato, per l'uso strumentale delle medesime, per la sostanza e la forma dei giudizi che le accompagnano- in un attacco personale e gratuito al soggetto cui si riferiscono: quando cioè, al di là della offensività della notizia e della negativa sua valutazione (che sono scriminate se veritiere e di interesse sociale) si realizzi una lesione del bene tutelato, attraverso il modo stesso in cui la cronaca e la critica vengono attuate..". Le censure della Difesa di parte civile si sono in particolare appuntate sul termine "ruba", riportato tra virgolette anche nell'articolo di stampa, e sull'attribuzione della tesi di G. M. R. agli organi inquirenti, laddove invece vi fu richiesta di archiviazione da parte dell'ufficio di Procura. Quanto all'uso dell'espressione "ruba", a giudizio del Tribunale, l'utilizzo delle virgolette consente di attenuare notevolmente la portata denigratoria del verbo, considerato altresì che nella denuncia della G. M. R. è ipotizzato il delitto di appropriazione indebita. Va del resto considerato anche il contesto nel quale l'espressione è adoperata: proprio con riferimento al limite della continenza, infatti, la Suprema Corte ha osservato che non è mai il lemma di per se stesso a trascendere il 99 Studio e Note STUDIO ALTIRPINIA limite di continenza, bensì l'uso nel contesto. Il problema non è perciò risolubile sul piano puramente lessicale, ma va affrontato correlativamente a quello della titolazione dell'articolo ed alla grafica di contorno e, soprattutto, al contesto espositivo. Il rispetto del limite di continenza nell'esercizio del diritto di critica non può essere affermato prescindendo dalla verifica di correlazione con i titoli, la grafica ed in particolare il contesto espositivo, giacchè la mera collocazione del riferimento può implicarne un ulteriore eccessivo significato (Cass., sez. V, sent. 12588 del 24.10.1995, in Giust. pen., 1996, II, 645). Sotto questo profilo la collocazione del titolo in pagina cinque, su una colonnina in alto a sinistra, l'immediata indicazione della pensione materna quale oggetto della sottrazione e il successivo richiamo delle denuncia della sorella, già nel titolo dell'articolo, consente di escludere quell'attacco gratuito e strumentale all'altrui persona nel quale si indivi- 100 dua il superamento del corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica. Del resto, anche nel corpo del breve articolo, non è dato rinvenire alcun giudizio negativo nei confronti dell'allora indagato, tanto che le ipotesi accusatorie sono ricondotte alla sorella ed all'ufficio inquirente. Quanto all'attribuzione della tesi accusatoria all'ufficio di Procura che invece propose richiesta di archiviazione, anziché alla sola G. M. R., deve rilevarsi che anche questo assunto è risultato vero, tanto che in data 18.10.2000 fu disposta la citazione diretta a giudizio del G. V. per i delitti di lesioni e minacce (circostanza che può desumersi con certezza dalla sentenza 219/2002 del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica) e che con atto di delega ai Carabinieri di B. I. del 4.4.2000 furono disposte effettive indagini in ordine all'assistenza ed alle condizioni di vita di D. C. R. ed alla percezione dell'indennità di accompagnamento. Da tale circostanza può ragionevolmente desumersi che alla data del 25.8.99 la denuncia della G. M. non fosse ritenuta infondata (diversamente il PM avrebbe richiesto immediatamente archiviazione, a norma dell'art. 408 c.p.p.). In conclusione F. F. va assolto dal reato contestato con la formula perché il fatto non costituisce reato, applicabile in presenza di una causa di giustificazione o, più in generale, quando manchino elementi della fattispecie tipica diversi dalla condotta. P.Q.M. Letto l'art. 530 c.p.p. assolve F. F. dal reato contestato perché il fatto non costituisce reato. Assegna il termine di 30 giorni per la motivazione. S. Angelo dei Lombardi, così deciso all'udienza del 27 marzo 2003. Il Giudice Dott. Ferdinando Lignola Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Studio e Note STUDIO ALTIRPINIA IL DECRETO DI ARCHIVIAZIONE PRONUNCIATO NELL'AMBITO DI UN DIVERSO PROCEDIMENTO È UN DOCUMENTO DAL QUALE IL GIUDICE PUÒ TRARRE ELEMENTI DI GIUDIZIO di Gerardo Forte Con la sentenza n° 112/2003, il Tribunale di S.Angelo dei Lombardi affronta il delicato problema della acquisibilità e della valenza probatoria del documento nell'ambito del nostro processo penale ispirato, da un lato, al principio della immediatezza, che imporrebbe la utilizzazione di prove formate soltanto in dibattimento col pieno rispetto del contraddittorio e dell'oralità, e, dall'altro, al principio della non dispersione degli elementi di prova, dettato dall'esigenza primaria di pervenire all'accertamento della verità. Il codice di rito risolve il conflitto tra i suddetti contrapposti principi configurando l'immediatezza come regola e l'uso di prove precostituite, quali appunto i documenti, come eccezione rispetto alla regola medesima. E' evidente, allora, che l'ampiezza con cui la giurisprudenza ritiene che possa essere utilizzato il documento nel processo penale finisce inevitabilmente per incidere sul delicato equilibrio tra i contrapposti principi cardine del processo stesso. Detta ampiezza, ben limitata nell'assetto originario del codice del 1988, fortemente ispirato ai canoni del sistema accusatorio e dunque al principio di immediatezza nella sua forma più pura, è notevolmente aumentata nel tempo, soprattutto grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n° 142 del 17 marzo 1992 che ha definitivamente affermato la utilizzabilità, oltre che della cd. prova documentale rappresentativa, anche della prova documentale dichiarativa, chiarendo che l'art. 234 c.p.p. non opera alcuna distinzione tra rappresentazione di fatti e rappresentazione di dichiarazioni. Dopo la sentenza della Consulta, la giurisprudenza ha notevolmente ampliato il novero dei "documenti acquisibili" ed ha ritenuto che rientrino nella categoria di cui all'art. 234 c.p.p. documenti di carattere marcatamente dichiarativo quali, ad esempio, i certificati ed i referti medici1. , le ordinanze di custodia cautelare emesse in procedimenti diversi2 e le sentenze non irrevocabili3 . Nel solco dell'ampliamento di detta categoria si pone anche la pronunzia in commento con cui il Tribunale di S.Angelo dei Lombardi ha dichiarato la acquisibilità, oltre che della sentenza non definitiva, anche del decreto di archiviazione pronunciato nell'ambito di un diverso procedimento ed ha, così, inaugurato un nuovo orientamento giurisprudenziale già sollecitato in dottrina. Va evidenziato che la giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, anche successivamente alla sentenza 142/1992 della Corte Costituzionale ha più volte negato la possibilità di acquisire il decreto di archiviazione, facendo essenzialmente leva sugli artt. 236, 238 e 238 bis del codice di rito. Così, nel luglio 2000, la Corte di Cassazione ha escluso che i provvedimenti di archiviazione pronunciati nell'ambito di un diverso procedimento siano suscettibili di acquisizione ai sensi dell'art. 236 o dell'art. 238 bis c.p.p., non contenendo essi statuizioni o accertamenti che possano essere considerati come processualmente certi4. Ed ancora, nel maggio 1994, il Tribunale S. Maria Capua Vetere ha statuito che non è possibile acquisire ed utilizzare nel processo penale un decreto di archiviazione emesso in altro procedimento, posto che a norma degli artt. 236 e 238 c.p.p. è consentita l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento e l'utilizzabilità soltanto di sentenze irrevocabili e di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti (incidente probatorio, dibattimento)5. Ma, a ben vedere, le pronunzie innanzi richiamate, affermando che l'utilizzabilità del decreto di archiviazione sarebbe esclusa dall'art. 191 c.p.p. in relazione alle limitazioni e specificazioni dettate in tema di acquisizione documentale dagli artt. 236, 238 e 238 bis c.p.p., sembrano non valutare appieno la effettiva portata dei richiamati articoli del codice di rito. Ed invero, non può ritenersi che tali articoli, nello scandire limitazioni e chiarimenti in relazione a casi specifici appunto in materia di acquisizione documentale, riducano, al di fuori dei detti casi specifici dagli stessi espressamente considerati, l'ambito di appli- Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 101 Studio e Note STUDIO ALTIRPINIA cazione della norma generale dettata dall'art. 234 c.p.p.. Orbene, come sottolineato dall'attenta dottrina6, l'art. 236 si occupa degli atti giurisdizionali acquisibili e di quelli non acquisibili ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato e della persona offesa o al fine di valutare la credibilità di un testimone; l'art. 238 riguarda il divieto di acquisire prove formatesi in altri procedimenti in assenza del contraddittorio delle parti; l'art. 238 bis, infine, si occupa dell'acquisizione e della valenza probatoria delle sentenze irrevocabili. Ma il decreto di archiviazione non è di per certo un atto che potrebbe essere preso in considerazione ai fini di un giudizio sulla personalità o sulla credibilità di qualcuno né è una pronunzia irrevocabile (non essendo munito della forza del giudicato, non essendo preclusivo della possibilità di una riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p. e, anzitutto, non essendo neppure un provvedimento giurisdizionale, in quanto precede lo stesso esercizio dell'azione penale), e non è neppure un verbale di prova, posto che non contiene, per definizione, accertamenti di sorta riguardo a fatti ma dà soltanto atto della impossibilità - ritenuta dal Pubblico Ministero e condivisa dal G.I.P. di esperire l'azione penale. In definitiva, il decreto di archiviazione non rientra tra i documenti della cui acquisibilità si occupano gli artt. 236, 238 e 238 bis c.p.p. e, conseguentemente, non ricade nemmeno nella previsione di inutilizzabilità di cui all'art. 191 c.p.p.. Tali considerazioni trovano pieno riscontro nella sentenza in commento con cui il Tribunale di S.Angelo dei Lombardi, discostandosi dalla precedente giurisprudenza, afferma la possibilità di acquisire il decreto di archiviazione proprio in forza della norma generale dettata dall'art. 234 c.p.p.. E tale decreto, emesso in un procedimento in qualche modo collegato a quello in cui si chiede che faccia ingresso, ha davvero tutti i requisiti del documento considerato dall'art. 234, come individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza. In assenza di una definizione espressa offerta dal legislatore, infatti, si è chiarito che, perché possa parlarsi di documento, è necessario un requisito positivo ed uno negativo: da un lato, è necessario che ci si trovi in presenza di uno scritto o, comunque, di un oggetto idoneo a rappresentare qualcosa, indipendentemente dal supporto sul quale è incorporata la rappresentazione; dall'altro, è necessario che ci si trovi di fronte ad un atto compiuto fuori dal procedimento nel quale si vuole che l'atto stesso faccia ingresso, come si legge espressamente nelle relazioni che accompa- 102 gnano il nuovo codice7 e come si desume dal fatto che, quando lo stesso codice parla di un atto del medesimo procedimento, non utilizza il termine "documento" bensì il termine "documentazione". Il provvedimento di archiviazione, allora, è certamente un documento perché è un atto scritto idoneo a rappresentare qualcosa e perché è estraneo al procedimento nel quale deve essere acquisito. Il Tribunale, disposta la acquisizione del decreto di archiviazione, si interroga, poi, sulla valenza probatoria da attribuire a tale atto. Sul punto, chiarisce anzitutto che l'efficacia probatoria del documento non può riguardare i fatti oggetto dello stesso (e dunque, la ritenuta infondatezza della notizia di reato), in assenza di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti, ma attiene solo alla circostanza storica dell'intervenuto provvedimento. E tanto risulta in piena sintonia con la disciplina codicistica la quale riserva alle sole sentenze irrevocabili la capacità di provare i fatti in esse accertati. Ma il Tribunale, appunto nell'ottica dell'ampliamento di cui si è già detto ed in perfetta assonanza con il principio del libero convincimento espresso dall'art. 192 c.p.p., ribadendo quanto già affermato altresì dalla Suprema Corte in casi analoghi8, chiarisce anche che, in ogni caso, non deve ritenersi esclusa la possibilità per il Giudice di trarre dal provvedimento e dalla vicenda cui esso si riferisce elementi di giudizio finalizzati all'accertamento della verità, fermo restando il dovere di sottoporre tali elementi ad autonomo vaglio critico secondo la regola generale dettata appunto dall'art. 192 comma 1 c.p.p.. Così, proprio nel sottoporre a valutazione critica il provvedimento acquisito, conclude che lo stesso può assumere valenza probatoria solo in ordine alla circostanza storica dell'intervenuta archiviazione, non potendosi evincere da tale provvedimento utili elementi di giudizio in quanto non appare condivisibile il percorso logico-argomentativo del G.I.P.. A tale conclusione il Giudicante perviene non senza aver opportunamente evidenziato che detto percorso logico-argomentativo si può desumere solo dalla richiesta di archiviazione del P.M., la quale deve considerarsi integralmente recepita dal G.I.P., in quanto il decreto di archiviazione presenta una scarna motivazione, peraltro riportata su un modulo prestampato, con cui ci si limita a ritenere "l'infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Ed ecco che il Tribunale mette a nudo una Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi Studio e Note STUDIO ALTIRPINIA "cattiva abitudine" comune, purtroppo, a molti G.I.P. e, cioè, quella di utilizzare moduli prestampati con formule generiche e, dunque, di non motivare affatto i decreti di archiviazione. La questione, però, solo accennata in sentenza ed aggirata con il suddetto riferimento alla richiesta del P.M., merita un maggior approfondimento. Se è vero che l'art. 125 c.p.p., al 3° comma, prevede che i decreti sono motivati, a pena di nullità, nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge e se è vero che l'art. 409 c.p.p. espressamente prescrive la motivazione per il provvedimento con cui il G.I.P. accoglie la richiesta di archiviazione, è pur vero che un decreto di archiviazione non motivato è certamente nullo. La nullità, ovviamente, colpisce non solo il provvedimento del tutto sprovvisto di motivazione ma anche quello caratterizzato da una motivazione fondata su formule generiche e prive di efficacia dimostrativa, dunque da una motivazione apparente e, come tale, sostanzialmente inesistente. Tutto ciò, sia chiaro, a prescindere dall'impiego di moduli prestampati i quali ben possono essere utilizzati per la redazione dell'atto purché siano integrati con riferimenti al caso di specie e, quindi, completati con motivi ulteriori rispetto a quelli già contenuti nel modello9. Alla luce di tali argomenti, allora, il Tribunale, indipendentemente dalla condivisibilità o meno di percorsi logico-argomentativi e da ogni ulteriore considerazione, non avrebbe potuto evincere dal decreto di archiviazione utili elementi di giudizio innanzitutto per la nullità del decreto stesso. NOTE 1 Cfr. Cassazione penale, sez. V, 12 novembre 1997, n. 11933, in Giust. pen. 1999, III, 118 (s.m.); ed ancora Cassazione penale, sez. IV, 16 gennaio 1998, n. 2270, in Arch. nuova proc. pen. 1998, 221. 2 V. Cassazione penale, sez. III, 4 dicembre 1996, n. 1061, in Giust. pen. 1998, III, 160. 3 Cfr. Cassazione penale, sez. V, 5 luglio 1999, n. 3540, in Cass. pen. 2000, 2675 (s.m.). 4 Cassazione penale, sez. I, 10 luglio 2000, n. 8881, in Arch. nuova proc. pen. 2000, 673 (s.m.) “... FATTO ... Da ultimo, il difensore del ricorrente si doleva dell'ordinanza con la quale il 1 ottobre 1999 il giudice del rinvio aveva escluso l'ingresso nel fascicolo dibattimentale dei decreti di archiviazione emessi dal giudice ordinario nei confronti del suo assistito, con riferimento ad altri episodi di prelevamento di merci dalle mense. Se è vero che gli artt. 236 n. 1 e 238 - bis c.p.p. consentono l'utilizzazione a fini probatori soltanto delle sentenze divenute irrevocabili - precisava il difensore non si vede per quale ragione, pena l'incostituzionalità delle norme processuali citate in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., i decreti di archiviazione non dovrebbero poter essere prodotti in dibattimento, quanto meno ai fini della valutazione della personalità dell'imputato. ... DIRITTO ... Priva di qualsiasi fondamento è anche la doglianza relativa all'avvenuto rigetto da parte del giudice di rinvio della richiesta avanzata dalla difesa del <M.> durante il dibattimento di acquisire, ai fini della prova quanto meno della personalità dell'imputato, i decreti di archiviazione pronunciati dal giudice ordinario in ordine ad altri fatti i peculato non militare contestati all'imputato. L'art. 238 - bis c.p.p. prevede l'acquisizione al materiale in causa delle sentenze divenute irrevocabili "ai fini della prova di fatto in esse accertato" ed è stato introdotto nell'impianto codicistico dalla I. n. 356 del 7 agosto 1992, che ha convertito con modifiche il d.l. 8 giugno 1992, n. 306, con l'obiettivo specifico di evitare di dover provare, di volta in volta, un fatto già accertato. Tale disposizione rappresenta un chiaro tentativo di "semplificazione probatoria", soprattutto nei processi di criminalità organizzata, avendo l'esperienza evidenziato la particolare onerosità di dimostrare ogni volta l'esistenza di un'associazione mafiosa in più procedimenti a carico di più soggetti accusati di farvici parte. Quanto all'art. 236 c.p.p., pure richiamato, esso contiene l'indicazione (secondo alcuni tassativa, secondo altri esemplificativa) di documenti acquisibili, ritenuti utili "ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato". Ciò posto, il richiamo al contenuto precettivo di queste due norme per ricomprendervi i decreti di archiviazione - che non hanno natura giurisdizionale penale e che perciò non possono contenere statuizioni o accertamenti processualmente certi appare del tutto fuor di luogo. L'art. 125 disp. att. c.p.p. precisa che il provvedimento di archiviazione accerta l'infondatezza di una notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio (Cass., Sez. III, 1 agosto 1990, n. 2591, Ghirarduzzi), ponendo quindi il decreto di archiviazione su un piano completamente diverso da quello di una sentenza connotata dal requisito della irrevocabilità come richiedono gli artt. 236 e 238 - bis c.p.p., requisito certamente assente nelle pronunce di archiviazione, che sono suscettibili di essere controllate e riviste con gli strumenti a ciò approntati dall'ordinamento in via ordinaria (art. 414 c.p.p.). Si aggiunga che l'acquisizione di sentenze Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi 103 Studio e Note STUDIO ALTIRPINIA divenute irrevocabili è prevista come funzionale alla "prova di fatto in esse accertato", e tale efficacia probatoria, sia pure contenuta nei limiti indicati dagli artt. 187 e 192 comma 3 c.p.p. ai quali l'art. 238 - bis fa espresso rinvio, è estranea ai decreti di archiviazione, che non costituiscono dimostrazione dei fatti in essi accertati. Parimenti priva di fondamento è la richiesta prospettata nella diversa ottica dì acquisire i decreti di archiviazione riguardanti il <M.> sub specie di documenti utili "ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato", come prescrive l'art. 236 c.p.p., perché - anche a non voler considerare tassativa l'elencazione dei documenti acquisibili ai fini del giudizio sulla personalità contenuta nella norma in parola (come sembra invece ritenere la sentenza impugnata) e a voler condividere la critica difensiva concernente il poco ortodosso richiamo contenuto nella stessa sentenza al valore di "riscontro" da attribuirsi ad un procedimento "stralciato" e conclusosi con un decreto di archiviazione -resta il fatto che non si comprende quale pertinenza al thema decidendum avrebbe potuto e dovuto attribuirsi ad un decreto di archiviazione (che ha la natura giuridica che si è dianzi messa in evidenza) pronunciato in esito ad un episodio diverso da quelli contestati. L'omessa previsione dei decreti di archiviazione tra gli atti suscettibili di acquisizione ai sensi degli artt. 236 e 238 - bis c.p.p. appare dunque pienamente giustificata, nè la loro mancata previsione in quelle disposizioni lede l'uguaglianza dei cittadini o il diritto di difesa, essendo ben diverse le situazioni accertate con una sentenza di assoluzione e con un decreto di archiviazione. La dedotta questione di legittimità costituzionale di tali disposizioni deve ritenersi pertanto manifestamente infondata (al limite della manifesta irrilevanza). ...”. 5 Tribunale S. Maria Capua Vetere, Pres. Pellecchia, Est. Di Salvo, 27 maggio 1994, in Foro It. 1996, II, 195 “... Il decreto di archiviazione emesso in data 13 settembre 1989 (dep. 30 settembre 1989) dal Dr. G. Borrelli, pretore di Aversa, in favore del segretario giudiziario A. A., denunziato dall’imputato F. F., non può essere utilizzato quale mezzo di prova, né posto a fondamento della motivazione della presente sentenza. Infatti, in piena sintonia con l’art. 466 c.p.p. abr., che consentiva la lettura degli atti relativi a procedimenti collegati, subordinandola alla duplice condizione che il loro contenuto fosse pertinente e che il processo – in cui originaria- 104 mente essi si erano formati – fosse stato definito con sentenza irrevocabile, gli artt. 236 e 238 nuovo c.p.p. statuiscono che è consentita l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento e l’utilizzabilità soltanto di sentenze irrevocabili e di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti (incidente probatorio o dibattimento). Viceversa, il decreto di archiviazione – emanato inaudita altera parte – è <<un provvedimento inoppugnabile nel merito perché non è giurisdizionale ed è sfornito di qualunque efficacia probatoria>> (Cass. 13 gennaio 1992, Palmieri, id., Rep. 1992, voce Indagini preliminari, nn. 63,65-67; 22 ottobre, Panicucci, ibid., n. 40; 27 gennaio 1992, Esposito, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 59, 64; 8 aprile 1991, Ghiani, id, Rep. 1992, voce cit., n. 47; 26 aprile 1991, Venturi, id., Rep. 1991, voce Casellario giudiziale, n. 5) e pertanto difetta del requisito previsto, a pena di inutilizzabilità, dagli artt. 191, 236 e 238 c.p.p.. Ad ulteriore conforto di tale assunto, si legge nella relazione al nuovo codice di procedura penale che il decreto di archiviazione è <<un provvedimento a struttura e funzioni affatto peculiari, di per sé caducabile in rapporto alla sempre possibile riapertura delle indagini preliminari>> (v.rel. al nuovo c.p.p.) ed ancora: <<... Escluso che possa riproporsi qualsiasi disputa di carattere teorico sulla natura del provvedimento di archiviazione, decisamente collocato fuori dall’area della giurisdizionalità...>> (v. rel. al nuovo c.p.p.). E’ sufficiente, poi, una mera lettura del citato decreto di archiviazione per cogliere ictu oculi – sia pure in sede incidentale – gli errori di logica e di diritto della motivazione. ...”. 6 Così L. Tramontano, Brevi note in tema di calunnia e suoi aspetti processuali, in Foro It. 1996, II, 195 (nota a sent. Tribunale S. Maria Capua Vetere, 27 maggio 1994). 7 Cfr. rel. prog. prel. 67 e rel. t. def. 182. 8 V. Cassazione penale, sez.VI, 20 maggio 1998, n.762, in Giust. pen. 1999, II, 385; Cassazione penale, sez. I, 2 maggio 1997, in Cass. pen. 1998, 2998 (s.m.); Cassazione penale, sez. III, 4 dicembre 1996, n. 1061, in Giust. pen. 1998, III, 160. 9 Cfr. Cassazione penale, sez. I, 12 marzo 1998, n. 1502, in Ced Cassazione 1998; Cassazione penale, sez. I, 7 febbraio 1996, n. 830, in Cass. pen. 1997, 546 (s.m.). Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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