Jus 2005 - Studio Legale Bruno ed Associati

EDITORIALE
ALTIRPINIA
E’ CRISI!
L
a GIUSTIZIA, è in crisi.
E' ormai una realtà sotto gli occhi di tutti
gli italiani che il mondo giudiziario, cui è delegato il
compito di dare risposta alla richiesta di tutela del
diritto di ciascuno, affanna e certamente non contribuisce a risolvere la crisi il clima di rissosità permanente in cui si sono lasciati trasportare, sia il governo, che la magistratura. Si tratta di poteri dello Stato
che si atteggiano, in diarchia conflittuale, spesso trasbordando dalle rispettive competenze, inoltrandosi
nelle sabbie mobili della conquista di un primato
non consentito dalla nostra
Carta Costituzionale.
La pratica oltre che rischiosa per
il sistema democratico, blocca di
fatto il cambiamento in nome
del quale entrambe le parti
hanno predicato la svolta positiva. Nello stesso tempo induce
nei cittadini una profonda
depressione morale con la conseguenza che essi si disaffezionano sempre più verso chi
amministra la giustizia.
Se veramente si vuole porre un
freno alla deriva morale conseguente allo scontro di siffatte
proporzioni, è tempo che ciascuna delle parti impari a pensare di non potersi assolvere segnando a dito l'altra che sbaglia. Bisogna,
cioè, che ciascuno impari a fare la propria parte, il
che equivale semplicemente a fare il proprio dovere.
Gli avvocati, che da sempre sono sentinelle attente a
tutti i mutamenti politici, ma anche censori autorevoli e qualificati delle più gravi disfunzioni dell'amministrazione giudiziaria, in questo momento storico
hanno il dovere di imporsi in modo deciso nel sistema come soggetto unitario a tutela degli interessi dei
cittadini e della giustizia, rivendicando dal Governo,
dal Parlamento e dalla Magistratura quella considerazione, caratterizzante la categoria, che da tempo
doveva essere loro accordata per l'alta ed irrinunciabile funzione di rappresentanza che svolgono a difesa della gente comune.
buto allo sviluppo della mentalità unitaria e politica
dell'avvocatura, che costituisce lo spirito e il motore
fondamentale di ricerca di un più stretto raccordo
degli interessi dei cittadini con il mondo giudiziario,
proponiamo il modesto lavoro di questa pubblicazione a cui, si spera, possano seguirne altre con la partecipazione di più numerosi collaboratori.
Essa nasce dal desiderio unanime di creare uno strumento di incontro e di raccordo tra gli avvocati irpini e di confronto dialettico con la magistratura e tutti
gli addetti ai lavori, nonché tra questi e la società
civile nell'intento di recuperare credibilità all'universo giudiziario in nome della GIUSTIZIA intesa come
ordine normativo e di legalità
conforme ai principi generali
di natura e di ragione nella
mutata realtà dei tempi.
Il disegno è difficile e ambizioso, per cui, lungi dal volerlo
attuare, ci preoccuperemo solo
di poggiare una "prima pietra"
facendo una semplice opera di
raccolta della giurisprudenza
più significativa con qualche
cenno di commento, che non
potrà mai andare oltre il collegamento tra il pronunciato e la
norma giuridica e cercheremo
di segnalare le novità normative di maggiore interesse.
Nell'ottica delineata, si è voluto limitare la raccolta
al più ristretto ambito del Circondario del Tribunale
santangelese per concentrare gli sforzi nella ricerca,
da un lato, di un utile raccordo tra la giustizia togata
appartenente al solo Tribunale e quella dei vari
Uffici del giudice minore spesso chiamato a decidere, in prima istanza, su materia "incandescente" che
tocca poteri forti, senza le protezioni del giudice professionale e per altro verso con l'obiettivo di fornire
una serie di elementi, nozioni ed approfondimenti
atti a ridurre al massimo decisioni contrastanti sugli
stessi temi, pur nel pieno rispetto del principio dell'autonomia e del libero convincimento del giudice.
Naturalmente il giudizio finale resta affidato ai nostri
"venticinque lettori".
Il direttore
Con l'intento di dare un sia pur modestissimo contri-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
1
JUS
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
L'ART. 1469-BIS: UNA NORMA CHE LASCIA
MOLTE PERPLESSITA' NELLA RICERCA DEL
RIEQUILIBRIO TRA
"PROFESSIONISTA" E "CONSUMATORE"
a cura della redazione
La nozione
Il tema delle nozioni di professionista e di consumatore individuate dall'art1469-bis, e quindi
dell'ambito di applicazione soggettivo della disciplina sulle clausole abusive introdotta dal legislatore nel 1996 è stato trattato
così lungamente dalla studio, a
causa della limitatezza e imprecisione del dato normativo, che
per esaminarlo approfonditamente e riassumere le diverse
teorie studiorie e le molteplici
pronunce
giurisprudenziali
dovrebbe essere assunto come
argomento unico di tesi.
Ci limiteremo ad accennare ai
diversi problemi che, in questi
anni, hanno appassionato i giuristi e gli interpreti nostrani.
A dire il vero la nozione di professionista non ha comportato notevoli difficoltà interpretative; l'art
1469-bis II comma lo definisce
come "la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel
quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il
contratto di cui al primo comma".
Tale definizione segue pedissequamente quella contenuta nella
direttiva con l'unica precisazione
della attività svolta dal "professionista".
Infatti il professionista, nel
nostro ordinamento, è il prestatore d'opera intellettuale. Il legislatore comunitario, nel definire
la parte forte del rapporto contrattuale, ha utilizzato una nozione presa in prestito dall'ordinamento francese, quella di "professionel" che in Francia sta ad indicare l'esperto in una materia in
contrapposizione al profano. Per
2
questo il legislatore interno nell'adeguarsi alla direttiva ha dovuto precisare che il professionista
è colui che svolge un'attività professionale o imprenditoriale
introducendo così nel nostro
Ordinamento una nuova accezione più ampia di professionista
che include tutti coloro che - persone fisiche o enti - svolgono
un'attività economica lavorativa
in modo professionale.
"Il termine professionale è utilizzato in contrapposizione al termine occasionale, cioè per qualificare un'attività che viene svolta in
modo sufficientemente durevole e
stabile e con un certo apporto
organizzativo"1 .
Come precisa il magistrato palermitano, con l'apporto concorde
della studio, il requisito che
caratterizza la nozione di professionista è proprio la "abitualità"
dell'attività svolta. Ciò implica
che la normativa antivessatoria
si rivolge non solo alle libere pro-
fessioni e all'impresa, ma ad ogni
sorta di attività lavorativa svolta
non occasionalmente e con l'organizzazione dei mezzi necessari,
a condizione che colui che la
esercita ricorra ad una contrattazione standardizzata o unilateralmente predisposta2.
La disciplina si applica al professionista, sia esso persona fisica o
giuridica e per concorde opinione della studio anche agli enti di
fatto. Se, infatti, la legislazione
antivessatoria non fosse efficace
anche nei confronti delle società
di fatto e di persone, e in genere
nei confronti dei soggetti collettivi privi di personalità giuridica, i
quali sono tuttavia idonei a svolgere attività imprenditoriale, "si
offrirebbe alle imprese la possibilità di aggirare la disciplina di protezione, mantenendo nell'attività
di cessione di beni o di fornitura di
servizi ai clienti una forma societaria che non comporti l'acquisizione della personalità giuridica
ovvero - nel caso di imprese di
grosse dimensioni - esercitando
l'attività stessa mediante il controllo di piccole società prive di
personalità giuridica."3
Ancora il professionista può operare in qualsiasi settore economico (commercio, agricoltura, industria, turismo, ecc.) non essendoci restrizioni nella norma, e può
essere soggetto privato o anche
pubblico potendo, quindi, la
disciplina essere applicata ai
contratti contenenti clausole vessatorie stipulati dalla Pubblica
Amministrazione. E' il caso dell'applicazione della normativa in
questione da parte del tribunale
di Roma ai concorsi del totocal-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
JUS
ALTIRPINIA
cio e del totogol.4
Parte della studio ritiene inoltre
che la qualifica di imprenditore
debba attribuirsi non solo al
lavoratore autonomo, ma anche
al lavoratore subordinato che
nell'esercizio della sua professione concluda un contratto con un
cliente consumatore. Infatti, "professionista in relazione alla controparte non professionale, deve
considerarsi anche colui che agisce in nome e per conto del professionista. Tale è innanzi tutto l'ausiliario dipendente dell'imprenditore, che nei limiti della rappresentanza a lui conferita, stipula
contratti in nome del professionista ovvero l'ausiliario che per
conto del professionista raccoglie
la firma del consumatore su note
d'ordine già sottoscritte dal professionista da cui è stipendiato ... .E'
importante affermare, tuttavia,
che nella maggior parte dei casi, il
professionista che predispone il
contenuto contrattuale è un lavoratore autonomo e non subordinato."5
A differenza della nozione di professionista ampia e precisa, quella di consumatore che ci ha fornito il legislatore comunitario è
ristretta e ha sollevato non pochi
dubbi interpretativi nella studio
e giurisprudenza non solo italiana.
Il consumatore è definito, dall'
art. 2 dir., come "qualsiasi persona fisica che agisce per fini che
non rientrano nel quadro della sua
attività professionale". La ragione
della scelta di una nozione così
ristretta è facilmente individuabile attraverso un'analisi dei considerando che precedono la direttiva 93/13. Da questa analisi si
evince, infatti, che lo scopo dell'intervento correttivo sulle clausole abusive non sia tanto garantire i diritti dei consumatori in
quanto tali, attraverso strumenti
in grado di assicurare una effettiva giustizia sostanziale, quanto la
promozione e la protezione del
mercato interno non perturbato
da fenomeni distorsivi della concorrenza.
E' evidente che la finalità primaria della normativa ha matrice
economica consistendo nello sviluppo del mercato comunitario
attraverso una tutela del sistema
concorrenziale per facilitare le
attività dei commercianti attraverso l'incentivazione dei traffici
commerciali oltre i Paesi di
appartenenza. Con la garanzia di
una soglia minima di tutela
comune a tutti gli Stati membri e
avvertendo la protezione degli
ordinamenti giuridici, il consumatore è incoraggiato a concludere i propri affari senza limiti
territoriali. Così la protezione
del cittadino-consumatore viene
realizzata soltanto in seconda
battuta.6
Essendo questo l'obiettivo principale della direttiva, non si potevano ledere gli interessi delle
imprese di maggiori dimensioni e
di superiore forza economica,
che hanno pressato per l'approvazione di una direttiva che accogliesse una limitata nozione di
consumatore.
Sulla stessa linea del legislatore
comunitario si è espresso anche
il legislatore italiano, che ha
seguito la ricostruzione operata
dal primo, nonostante avesse la
possibilità di estendere la tutela
minimale prevista dalla direttiva;
come è successo in Paesi quali la
Spagna o l'Olanda dove la disciplina è stata ritenuta applicabile
anche ai rapporti tra imprese.
Durante i lavori preparatori alla
legge di attuazione molto si è
discusso in relazione alla nozione
di consumatore, e nel progetto
della commissione per la tutela
dei consumatori era prevista
l'estensione della tutela anche
agli artigiani e alle imprese familiari. Ma come ben sappiamo la
scelta finale fu quella di mantenere intatta la nozione contenuta
nella direttiva cosicché l'art
1469-bis II comma definisce consumatore "la persona fisica che
agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale
eventualmente svolta".
Nemmeno l'opera della giurispru-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
CONSIGLIO DELL'ORDINE
DEGLI AVVOCATI
SANT'ANGELO DEI LOMBARDI
CALENDARIO DELLE LEZIONI
CORSO DI FORMAZIONE
PROFESSIONALEALE
1) 24.09.2004
LA RIFORMA DELLE SOCIETA' DI CAPITALI. PROF AVV. GIOVANNI CAPO. ORDINARIO DIRITTO FALLIMENTARE - UNIVERSITA' DI SALERNO.
2) 08.10.2004
LE NUOVE FRONTIERE DEL RISARCI-
MENTO DEL DANNO. PROF. AW. BRUNO
MEOLI. ASSOCIATO DIRITTO PRIVATO
UNIVERSITA' DI SALERNO.
3) 22.10.2004
-
LE AZIONI A TUTELA DELLA PROPRIETA'.
PROF AVV. ANGELO SATURNO. ASSO-
CIATO DIRITTO PRIVATO UNIVERSITA' DI
SALERNO.
4) 05.11.2004
LE FASI DEL PROCESSO DI ORDINARIA
COGNIZIONE E LE PRECLUSIONI. PROF
AVV. MODESTINO ACONE. ORDINARIO
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
-
VERSITA'FEDERICO II° - NAPOLI.
UNI-
5) 26.11.2004
PROVVEDIMENTI D'URGENZA EX ART.
700 C.P.C. PROF AVV. LUIGI IANNICEL-
LI. INCARICATO DIRITTO DELL'ESECUZIONE FORZATA. UNIVERSITA'DI SALERNO.
Segue a pag. 5
Sant’Angelo dei Lombardi agli inizi del ‘900
3
JUS
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
denza - come è successo in acquistino o utilizzino beni o serFrancia (vedi infra) - è valsa ad vizi per scopi non riferibili all'attiampliare la nozione di consuma- vità imprenditoriale e professionatore tanto è vero che la Corte di le eventualmente svolta".
Cassazione
La Mefite
Gli
elementi
prima e poi
identificativi
anche la Corte
del soggetto
Costituzionale
"consumatore"
hanno bocciato
Ritornando alla
l'allargamento
definizione
della stessa.
della
legge
La nozione di
vediamo quali
consumatore
sono gli elemencon la quale ci
ti che costituitroviamo
ad
scono la figura
operare,
può
del consumatodirsi generale in
re: l'essere perquanto si applisona fisica, l'asca a tutti i consenza di profestratti conclusi
sionalità, l'agire
dal consumatoper soddisfare bisogni della vita
re - e di conseguenza sono da privata. Ognuno di questi aspetti
ritenersi speciali le definizioni presenta dei profili problematici
contenute in disposizioni extra- che andremo di seguito ad analizcodicistiche di attuazione di altre zare.
direttive comunitarie (multipro- In primis il consumatore, perché
prietà, viaggi, contratti a distan- riceva la tutela introdotta dagli
za, ecc.) - ma c'è da considerare artt. 1469-bis e ss., deve essere
che la stessa comprende solo un parte debole di un rapporto conaspetto particolare della vita di trattuale con un professionista,
relazione del consumatore, quel- imprenditore o meno che sia.
lo contrattuale.7
Sicuramente il consumatore
Non bisogna dimenticare che vi acquirente di beni o l'utente di
sono - come abbiamo visto nel servizi possono essere consideprimo capitolo - direttive comuni- rati parti debotarie sulla tutela del consumatore li nei confronti
che considerano altri aspetti del professionidella vita relazionale del consu- sta, ma quid
matore stesso: la direttiva sulla iuris nel caso in
pubblicità ingannevole o quella cui il consumasui prodotti difettosi.
tore sia l'aliePurtroppo, però, una nozione n a n t e ?
unitaria e generale del consumaè
tore, oggi, non esiste né nell'ordi- L'ipotesi
namento comunitario, né in quel- quella ad esemlo interno, con la conseguenza pio di Tizio che
che la definizione della direttiva decide di ven93/13 è la più generale. Ne è la dere la propria
riprova il fatto che anche la l. casa ad una
281/1990 "Disciplina dei diritti società immodei consumatori e degli utenti" che biliare, che sucrappresenta il bill of rights di que- cessivamente rimetterà in comsta categoria, elencando nell'art. mercio il bene immobile, agendo
2 i diritti riguardanti tutti gli
aspetti delle operazioni commer- all'interno della propria attività
ciali dei consumatori, ha saputo professionale. Il soggetto non
far di meglio e ha praticamente professionista, infatti, il quale
riproposto la definizione dell'art. aliena un immobile ad un vero
del
settore,
1469-bis; "per consumatori-utenti professionista
si intendono le persone fisiche che "potrebbe trovarsi nella medesima
4
situazione di debolezza contrattuale che giustifica l'applicazione
della disciplina relativa ai contratti dei consumatori."8 Di conseguenza è possibile affermare l'irrilevanza del ruolo rivestito dal
consumatore nel rapporto contrattuale.
Inoltre il consumatore deve essere una persona fisica, di conseguenza sono escluse dalla disciplina tutte le persone giuridiche,
sia gli enti di diritto (società,
associazioni, fondazioni), sia gli
enti che non hanno ottenuto il
riconoscimento. E' pacifico che il
legislatore abbia accettato le
motivazioni di fondo della direttiva recependo puntualmente questa limitazione. Infatti, quando ha
voluto, ha ampliato l'ambito di
applicazione della direttiva,
come è successo per la l.
675/1996 sul trattamento dei dati
personali nella quale il legislatore
ha incluso nella definizione di
interessato al trattamento, oltre
alla persona fisica (unico soggetto considerato dal legislatore
comunitario) la persona giuridica, l'ente o l'associazione cui si
riferiscono i dati ( art 1, II
comma, lettera f).
Questa scelta si basa, oltre che
sulle motivazioni
di ordine politico
che abbiamo esaminato precedentemente, su due
assunti: a) che gli
enti di diritto e di
fatto non possano
mai agire per fini
extraprofessionali,
essendo sempre
tenuti ad operare
legittimamente
solo in funzione
della realizzazione
degli scopi sociali
che ne giustificano l'esistenza e
la capacità, perciò rimanendo
sempre in ambito latu sensu professionale; b) che operando normalmente nell'ambito del mercato per la realizzazione dei loro
scopi, sono più attenti alla contrattazione.
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
JUS
ALTIRPINIA
Tali affermazioni sono, però,
oggi, contestate da parte della
studio che rileva come tali soggetti
possono
agire al di fuori
della attività specifica per la quale
sono sorti, ad
esempio nel caso
in cui l'ente stipuli dei contratti
strumentali
al
perseguimento
dello scopo, e
come soprattutto
in questi casi possano trovarsi in
situazioni
di
debolezza contrattuale nei confronti della controparte.9
Un'altra limitazione imposta dal
legislatore è quella degli scopi
per cui il soggetto agisce, che
devono essere estranei "all'attività professionale eventualmente svolta"; anche questa specificazione è basata sull'assunto non
sempre veritiero che considera
l'operatore economico professionista come esperto e specializzato nel settore e quindi attento
alla fase della contrattazione in
quanto abituato a concludere
determinati contratti.
In effetti, però, se ci si sofferma
ad analizzare la situazione non è
difficile scorgere una latente
ingiustizia nella normativa.
Basti pensare alla miriade di piccole imprese che dominano l'economia italiana che non debbono
essere protette nei loro rapporti
contrattuali ad esempio di utenza telefonica o energetica, o
ancora nei contratti bancari.
In particolare gli effetti negativi
della mancata considerazione
delle disparità contrattuali che si
possono verificare nei rapporti
endocommerciali, si ripercuotono sui cc.dd. intermediari della
catena distributiva, cioè quei
rivenditori che sono costretti ad
accettare condizioni contrattuali
inique nei rapporti con le grandi
imprese che occupano posizioni
di mercato dominanti, ma che
non possono riproporre tali clausole nei rapporti con i consumatori.
L'unica
arma a loro
disposizione
rimane quella
dell'aumento
dei prezzi dei
beni e servizi in
modo da bilanciare i costi
aggiuntivi causati dalla eccessiva onerosità
del contratto di
distribuzione.
Il legislatore ha
tentato di porre
rimedio a questa situazione,
attraverso la predisposizione di
strumenti a disposizione degli
intermediari nei rapporti con la
grande impresa. In primis c'è da
considerare il divieto di abuso di
posizione dominante introdotto
dalla legge 192/1998 sulla subfornitura. Un'altra disposizione
importante è quella prevista dall'art. 1469-quinquies del c.c., che
al IV comma prevede per gli stessi una tutela indiretta - introdotta
a completamento della direttiva
dal legislatore italiano - consistente nel "diritto di regresso
del venditore nei confronti del
fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della declaratoria di inefficacia delle clausole
dichiarate abusive". La norma
presuppone il divieto dei fornitori di utilizzare clausole vessatorie
a carico dei venditori, sanzionabile però solo in termini di
responsabilità contrattuale per i
danni subiti in conseguenza dell'azione del consumatore nei confronti del venditore che abbia
riproposto il regolamento contrattuale imposto dal fornitore.1
Ma ritornando all'analisi sugli
scopi che il consumatore voleva
perseguire nel compiere quell'atto di consumo, dobbiamo specificare, assieme alla studio e la giurisprudenza unanime, che la
indagine sugli scopi non deve
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
6) 17.12.2004
LA RIFORMA BIAGI ED IL NUOVO MER-
CATO DEL LAVORO. PROFSSA MARIA
JOSE'
VACCARO. ORDINARIO DIRITTO
DEL LAVORO - UNIVERSITA'DI SALERNO.
7) 14.01.2005
I REATI SOCIETARI. PROF. AVV. ANDREA
CASTALDO. ORDINARIO DIRITTO PENA-
LE. UNIVERSITA' DI SALERNO.
8) 28.01.2005
COLPA PROFESSIONALE E REATO.
PRO£ AVV. FRANCESCO FORZATI.
ASSOCIATO DIRITTO PENALE -UNIVERSITA' FEDERICO II° -NAPOLI.
9) 11.02.2005
LE INDAGINI DIFENSIVE. PROF AVV.
ALESSANDRO SAMMARCO. ASSOCIATO
DIRITTO DELL'ESECUZIONE PENALE.
UNIVERSITA' DI SALERNO
10) 25.02.2005
IL PROCEDIMENTO PENALE DAVANTI AL
GIUDICE DI PACE. DOTT. FERDINANDO
LIGNOLA.MAGISTRATO.
11) 11.03.2005
PROCEDIBILITA' DEL RICORSO IN MATERIA DI LAVORO E QUESTIONI APPLICATIVE. DOTT. LUCIANO CIAFARDINI. MAGISTRATO.
12) 08.04.2005
DEONTOLOGIA FORENSE: PRINCIPI.
DOTT. GIUSEPPE PALMIERI. AVVOCATO,
13) 22.04.2005
TEORIA E TECNICA DELLA REDAZIONE
DEL RICORSO PER CASSAZIONE. PROF
AVV. FRANCESCO DE SANTIS. STRAORDINARIO DIRITTO PROCESSUALE CIVILE.
UNIVERSITA'DI SALERNO.
GLI INCONTRI SI TERRANNO IN SAN-
T'ANGELO DEI LOMBARDI, AULA MAGNA
DEL TRIBUNALE, DALLE ORE
ALLE ORE 17:00.
15:00
IL PRESIDENTE
AVV. BRUNO SALZARULO
IL CONSIGLIERE DELEGATO
AVV. GIUSEPPE PALMIERI
5
JUS
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
essere svolta come una indagine
sulle motivazioni soggettive che
hanno spinto il consumatore a
compiere l'atto, ma come un analisi oggettiva che
evidenzi il collegamento funzionale tra il bene o
servizio, oggetto
della prestazione, e l'attività di
colui che di esso
si rende acquir ente-fr uitor e.
Quindi,
per
accertare nel singolo caso concreto, la non professionalità
degli
scopi dell'agente,
si
dovranno
prendere in considerazione oltre
alla natura del
bene, anche il
suo uso normale,
il tipo di atto posto in essere, le
modalità di conclusione del contratto e, cosa più importante, la
relazione tra il tipo di attività
svolto dalla parte e l'oggetto
della prestazione.
Questa indagine, affidata all'interprete, è estremamente complicata e raggiunge il suo picco massimo di difficoltà in due casi particolari: quello dell'acquisto di
beni o fruizione di servizi per uso
promiscuo; e quello della parte
contrattuale plurisoggettiva a
composizione diseguale.
Il primo caso è quello di tutti
quei beni acquistati o servizi fruiti per scopi in parte rientranti
nell'alveo della sfera professionale, in parte rientranti nell'alveo
della sfera privata. Esempi classici sono quelli de computer o dell'automobile acquistati sia per
esigenze di lavoro che per svago.
Il fenomeno è particolarmente
importante tenuto conto delle
tante imprese a carattere familiare che operano nel nostro Paese.
In questi casi il giudice dovrebbe
adoperare un criterio di prevalenza, valutando di volta in volta
per quale uso venga maggior-
6
mente impiegato il bene. In stu- ma degli scopi, distinguendo tra
dio, c'è chi ritiene che "l'interpre- atti della professione e atti strutazione letterale della norma sug- mentali alla stessa. "Con questa
gerisce di dare spazio, anche nel espressione non si vuole affermacaso di usi promi- re che con gli atti di acquisto dei
scui, alla tutela cc.dd. beni strumentali alla profesdel consumatore: sione si perseguono interessi proegli agisce pur fessionali in via mediata, bensì
sempre (anche se che interessi professionali in
non solo) per senso tecnico sono quelli attuati
scopi
estranei con gli atti di esercizio della proalla sua attività pria professione, mentre tutti gli
professionale; e altri interessi, anche se relativi
la legge non dice alla professione non sono da conche egli deve siderarsi professionali ma di conagire esclusiva- sumo. E' il collegamento tra atto e
mente per scopi professione di chi lo compie a perestranei
a mettere l'individuazione del conquesta."11 Ma c'è sumatore quale contraente ovvero
anche chi, a con- quale professionista: il semplice
trario, ritiene che agire in veste professionale non
il legislatore, nel comporta la qualifica di professiodettato normati- nista ai sensi della legge52/1996
vo, abbia fatto se l'atto posto in essere non è un
una scelta chiara atto di esercizio di quella determiche richieda un nata professione".14
atto posto in essere esclusiva- Ciò implica che se l'imprenditore
mente per scopi extraprofessio- che produce scarpe si vuole
nali.12
avvalere di un computer per
Il secondo caso può essere ben organizzare l'inventario della
rappresentato dall'esempio dei merce di magazzino, non può
due coniugi che acquistano, da essere considerato un professiouna società immobiliare, un nista.15
appartamento da utilizzare in Tale ipotesi interpretativa è rafparte come abitazione e in parte forzata dal criterio della compecome ufficio di uno dei due. Quid tenza e specializzazione del proiuris? Anche qui bisogna applica- fessionista, da tempo presente
re il criterio della prevalenza? nella giurisprudenza francese,
Qualcuno in studio ritiene appli- che può essere riassunto nel
cabile la normativa di protezione seguente modo: il professionista
Monteverde- Il Castello
in virtù di una
che conclude i
interpretazione
contratti che non
di natura teleolosiano in rapporto
gica della noveldiretto con la
la, cioè aderente
attività economialle finalità di
ca
esercitata
protezione che
dallo stesso, e
ne ispirano la
che
agiscono
ratio.13
quindi in un setNel silenzio del
tore diverso dal
legislatore una
proprio,
deve
parte della stuessere considedio e della giurirato consumatosprudenza
ha
re perché ineoperato
una
sperto e incominterpretazione
petente.
di taglio favorevole al consuma- La giurisprudenza francese ha
tore riguardo proprio al proble- per questa strada ampliato l'am-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
JUS
ALTIRPINIA
bito applicativo della legge sui
contratti dei consumatori, e
apportato una tutela anche al
piccolo imprenditore e al commerciante, che agiscono in settori estranei alla loro specifica attività professionale.
A tal proposito è da notare che
gli sforzi della studio di ammettere, sulla scorta del progetto iniziale di recepimento, alla tutela
anche gli artigiani e i piccoli
imprenditori sembrano essere
stati, per il momento, bloccati
dalla sentenza ultima della Corte
Costituzionale n.469 del 22
novembre 2002, la quale afferma
che " ... non irrazionalmente il
legislatore ha escluso l'applicabilità delle suddette norme ai contratti conclusi da artigiani e piccoli imprenditori." Nella motivazione si legge che " La scelta del
legislatore di limitare la tutela
non solo non appare irragionevole ma si sottrae a tutte le censure
mosse dal giudice rimettente. Di
particolare rilievo ai fini dell'armonizzazione delle legislazioni è
anzitutto il dato che nella normativa di numerosi Paesi membri
dell'Unione Europea la definizione di consumatore è ristretta alle
sole persone fisiche che agiscono per scopi non professionali; la
medesima definizione ricorre
anche nel progetto di c.c. europeo in corso di elaborazione. (...)
La preferenza nell'accordare particolare protezione a coloro che
agiscono in modo occasionale,
saltuario e non professionale, si
dimostra non irragionevole allorché si consideri che la finalità
della norma è proprio quella di
tutelare quelli che secondo l'id
quod plerumque accidit sono
presumibilmente privi della
necessaria competenza per contrattare; onde la logica conseguenza dell'esclusione dalla
disciplina in esame di categorie
di soggetti - quali quelle dei professionisti, dei piccoli imprenditori, degli artigiani - che proprio
per l'attività abitualmente svolta
hanno cognizioni idonee per contrattare su un piano di parità."
Un'ultima notazione, al termine
di questo lungo excursus, infine
riguarda la precisazione operata
in studio ma anche da parte del
Governo italiano (osservazioni
alla procedura di infrazione
98/2026 ex art. 169 del trattato
CE) che il soggetto tutelato è il
titolare del rapporto giuridico e
non la parte in senso formale che
ha stipulato il contratto, ipotesi
che si realizza ad esempio con la
conclusione di un contratto a
favore di terzi o per persona da
nominare (si pensi all'imprenditore che concluda un contratto di
viaggio come premio per i dipendenti particolarmente meritevoli).
In conclusione può dirsi che la
nozione di consumatore elaborata dal legislatore comunitario è
stata volutamente ristretta e questa e la motivazione principale
per cui, né il parlamento, né successivamente i giudici hanno
accettato le pressanti richieste
della studio a rivedere i confini di
tale definizione per ammettere
alla tutela un maggior numero di
soggetti giuridici.
Ovviamente la materia dei contratti con i consumatori è in così
continuo sviluppo, che nulla può
indurci a ritenere questa una
scelta definitiva. L'augurio è che
ci si torni sopra presto al fine di
ricolmare gli squilibri dannosi
per la parte debole.
NOTE
1 Trib. Palermo 8.3.99
2 Più approfonditamente vedi GATT, in Ambito soggettivo
di applicazione della disciplina. Il consumatore e il professionista, in NLCC II p. 845
3 Così GATT, op. ult. cit. p. 847
4 Vedi Trib. Roma 2.8.97 e Trib. Roma 22.8.97.
5 GATT, op. ult. cit. p. 847.
6 Vedi a proposito BARENGHI, in La nuova disciplina
delle clausole vessatorie nel codice civile. 1996; o ASTONE
in Art. 1469-bis II comma in Le clausole vessatorie nei
contratti con i consumatori - Commentario agli art. 1469bis - 1469-sexies, a cura di ALPA e PUGLIATTI 1996.
7 Vedi GATT, op. ult. cit. ; nello stesso senso G. DE NOVA,
in Le clausole vessatorie 1996
8 SANNIA, in Art. 1469-bis comma 2, in Clausole vessatorie e contratto del consumatore a cura di CESARO 1996, p.
104
9 Vedi G. LOFFARI in I contratti in generale in Il diritto pri-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
vato nella giurisprudenza a cura di P. CENDON 2001
10 Vedi BIANCA, Istituzioni di diritto civile 2000
11 ROPPO, Clausole vessatorie (nuova normativa) in EG
TRECCANI, VI, 1997.
12 ALPA e CHINE', I contratti di massa in , I contratti in
generale Aggiornamento 1991-98 a cura di ALPA-BESSONE, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale BIGIAVI 1999 p. 545
13 TULLIO, in Il contratto per adesione. Tra il diritto comune dei contratti e la novella sui contratti dei consumatori
1997, p. 29.
14 GATT, op. ult. cit.
15 Confronta con Tribunale di Roma 20.10.1999 dove è
ben espresso il suddetto criterio distintivo.
Il presente studio tiene conto delle lezioni di diritto civile del
Prof. Nicola Di Prisco dell’Università degli Studi di Napoli
Federico II
7
JUS
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
LA TRASPARENZA E’ UN DOVERE
NELL’ INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
DEL CONSUMATORE
a cura della redazione
L’articolo 1469-quater.
L’art. 1469-quater riproduce letteralmente l’art. 5 della
Direttiva e statuisce che:
“Nel caso di contratti in
cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono
sempre essere redatte in modo
chiaro e comprensibile.
In caso di dubbio sul
senso di una clausola prevale l’interpretazione più favorevole al
consumatore.
La disposizione di cui al secondo
comma non si applica
nei casi di cui all’art.
1469-sexies.”
La prima notazione da farsi riguarda
il rapporto tra il
primo e il secondo
comma dell’articolo in
questione (essendo il
terzo soltanto una
specificazione
dell’ambito di applicazione del secondo).
Infatti, la sanzione alla proposizione da parte del professionista di clausole
redatte in modo non
chiaro e comprensibile, non può essere (o per lo meno
non può essere soltanto) quella
di un’interpretazione più favorevole al consumatore, in quanto
se questo fosse stato il fine del
legislatore “la soluzione più adeguata sarebbe stata quella di
inserire soltanto il secondo
comma”.1
Sulla sostanziale autonomia dei principi indicati dai due
commi dell’articolo in questione
la studio è pressoché unanime;2
condizione che, invece, non si
8
ritrova affatto nella valutazione
della sanzione che, rebus sic stantibus, è da applicarsi alla inosservanza del principio espresso dal
primo comma.
Il dovere di trasparenza nelle
operazioni contrattuali.
Il principio di trasparenza è un’applicazione del più
ampio principio di buona fede
(espresso dagli artt. 1337, 1366,
1375 c.c.) che permea di sé tutta
la materia delle obbligazioni, e
consiste nel dovere per le parti di
comportarsi correttamente e di
“parlar chiaro”, durante tutte le
fasi dell’operazione contrattuale.
Il I comma dell’art. 1469quater, proprio in attuazione di
tale principio, impone al professionista di predisporre delle clausole che siano chiare e comprensibili.
In merito alla chiarezza e
comprensibilità, è opportuno
svolgere qualche ulteriore considerazione. Si sostiene in studio
che la chiarezza va riferita “ad
una redazione con caratteri leggibili: la clausola non deve, come
spesso accade, essere posta in
micrografia allo scopo di farla
passare inosservata, o di farla ritenere, sebbene onerosa, di minore
importanza rispetto al testo del
contratto”; invece, la comprensibilità va riferita al contenuto “formulato in modo da rendere edotto
l’aderente dei propri diritti attraverso la lettura del testo”.3
Tuttavia più che distinguere i due
requisiti è importante la individuazione del criterio in base al
quale
debbono
essere
valutati;
occorre cioè avere
riguardo ad un consumatore medio, di
ordinaria diligenza,
senza che significhi, però, imporre
all’impresa un’attitudine didascalica
a favore della parte
debole.
Ma, il problema che ha sollevato tanti interventi studiori non è
quello della valutazione dell’obbligo
che pende in capo
al professionista,
bensì, come abbiamo visto, quello dell’individuazione della sanzione appropriata nell’ipotesi di violazione di
tale obbligo.
Una parte della studio
ritiene che “le clausole insuscettibili di essere comprese da un soggetto di media capacità e intelligenza devono (...) ritenersi non
incluse nel contenuto del contratto, in applicazione della regola
che esclude dal contenuto del contratto le condizioni generali
incomprensibili, ferma restando la
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
JUS
ALTIRPINIA
possibilità di una loro accettazione da parte del consumatore.”4
Come si può notare da questa
affermazione la regola dell’art.
1469-quater I comma è messa in
relazione con quella prevista dall’art. 1341 sulla quale già la studio si era espressa a favore di
una non inclusione nel contratto
delle clausole non specificamente approvate per iscritto.
Un’altra parte della studio ha optato, invece, per un confronto della norma in esame con i
principi generali che caratterizzano il sistema dell’interpretazione negoziale, giungendo, così,
alla conclusione che l’inintelligibilità della clausola varrebbe a
determinare la nullità della stessa. L’art. 1469-quater così come
l’art. 1469-ter II comma, sarebbero delle norme speciali rispetto ai
principi generali dell’interpretazione, producendo l’effetto di elevare la soglia minima di intelligibilità quando la dichiarazione sia
rivolta ad un consumatore.5
Ancora, in una diversa
prospettiva, la disposizione in
esame è da taluno letta in connessione con la tematica concernente la vessatorietà (e la conseguente inefficacia) delle clausole.
Da un lato si sottolinea
che interpretando a contrario
l’art. 1469-ter II comma si deduce
che la mancanza di trasparenza
delle clausole attinenti alla determinazione dell’oggetto
del
contratto
e
all’adeguatezza
del corrispettivo dei beni e dei
servizi, costituisce un elemento
rilevante per il
giudizio di vessatorietà; anche
per le clausole
non
attinenti
all’oggetto del
contratto.6
Nello
stesso
senso c’è chi afferma che proprio nella possibilità che le clausole vengano dichiarate vessato-
rie risiede la sanzione per il difet- consumatori gli strumenti per
to di trasparenza.7
permettere loro di valutare il conDall’altro, c’è chi ritiene tenuto precettivo del contratto, e
che la mancanza di chiarezza e di scegliere liberamente. Ma questa
comprensibilità rappresenta una soluzione non sembra applicabiviolazione del principio di buona le, in quanto non solo sarebbe
fede (che rappresenta uno dei troppo oneroso per i professionicriteri per la valutazione della sti, ma soprattutto il disinteresse
abusività) e quindi implica, diret- dei consumatori circa la portata
Frigento, La Cattedrale
tamente, la vessadelle clausole contorietà della clautrattuali
deriva
sola.8
dalla
condotta
Tale interrazionale
degli
pretazione, però,
stessi e non da
secondo i sosteninegligenza o tratori della esclusioscuratezza. “Infatti
ne della clausola
la maggior parte
dal contenuto condelle clausole contrattuale,
“urta
tenute nei contratti
contro il rilievo che
standardizzati
la clausola oscura
risulta sconosciuta
non
comporta
al
consumatore
necessariamente
proprio perché il
un
significativo
costo di acquisisquilibrio di diritti
zione dell’infored obblighi.”
mazione necessaNon è di
ria eccede il
questo avviso una
beneficio che è
delle poche pronunce giurispru- ragionevole attendersi dalla condenziali sul tema: “... l’equivocità quista e metabolizzazione del
e non trasparenza della clausola è dato informativo stesso.”10
essa stessa fonte di squilibrio tra
Se, infatti, l’eventualità
le parti ed iniquità sostanziale che i rischi contemplati dalle
aggravando l’asimmetria informa- clausole abbiano a concretizzarsi
tiva già presente nei contratti per è remota, i costi che il consumatore ha da sostenere per ricercaadesione...”9
Un‘altra interpretazione re un’alternativa sul mercato si
proposta dalla studio muove da dimostrerebbero assai rilevanti,
una valutazione della trasparen- in ragione anche della sostanziaza condotta dal- le uniformità dei modelli contratl’esterno e atti- tuali adottati sul versante dell’ofnente non già al ferta. Per questo gli operatori di
profilo dell’atto, mercato non hanno interesse ad
quanto a quello offrire regolamenti contrattuali
dell’attività, che migliori, poiché i maggiori costi
se non è impron- che ciò comporterebbe, non
tata ai criteri sarebbero compensati dalla sotdella trasparenza trazione ad altri operatori di sete correttezza può tore di settori di clientela sufficomportare rime- cientemente ampi.11
di di natura risarLa conclusione di questa
citoria.
analisi è che “non sarebbe ragioLa proble- nevole costringere il predisponenmatica della infor- te a fornire al consumatore una
mazione precon- compiuta spiegazione del signifitrattuale
del
consumatore cato di ciascuna clausola.”
Non sembra, quindi essepotrebbe essere facilmente risolta se i professionisti fornissero ai re una scelta ragionevole quella
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
9
JUS
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
operata dalla giurisprudenza ultima che afferma invece come l’obbligo di buona fede sia fonte per
il professionista di “un dovere di
informativa a favore del consumatore avente ad oggetto l’esposizione dettagliata delle clausole del testo contrattuale e finalizzata a permettere al consumatore
un’agevole lettura delle singole
clausole.”
L’interpretatio contra proferentem.
L’articolo 1469-quater II
comma detta una regola già nota
all’ermeneutica contrattuale, per
essere la stessa prevista nell’articolo 1370 c.c.
La studio ha comunque chiarito che la norma di
derivazione comunitaria non
rappresenta un’inutile duplicazione di quella introdotta
nel codice del 1942, in quanto
l’ambito di applicazione è
diverso. La regola prevista
dall’art. 1370 ha sicuramente
un ambito di applicazione
soggettiva più ampio, non
applicandosi – come abbiamo
visto – solo ai rapporti tra
professionista e consumatore; ma, dal punto di vista
oggettivo ha, invece, un ambito applicativo più ristretto. Il
II comma dell’art. 1469-quater,
infatti, diversamente dall’art.
1370, trova applicazione anche al
di fuori della contrattazione
standardizzata.
Come abbiamo visto nel
paragrafo precedente la norma in
questione non rappresenta la
sanzione della mancanza di chiarezza e comprensibilità delle
clausole; o almeno non ne rappresenta l’unica sanzione. Il giudice, infatti, potrà sicuramente
interpretare una clausola incomprensibile a favore del consumatore, ma di certo dovrà applicare
una diversa sanzione, tra quelle
che abbiamo analizzato nel capitolo precedente, quando la clausola risulti a lui comprensibile,
non suscitando alcun “dubbio”,
ma non lo sia per il consumatore
10
medio di ordinaria diligenza.
Infatti i criteri espressi dalle due
norme sono riferiti a soggetti
diversi: la chiarezza e comprensibilità per il consumatore; il dubbio per il giudice.
L’unico dubbio interpretativo, che ha suscitato l’analisi
della norma in esame, è quello
del valore da darsi all’espressione “nel senso più favorevole
all’aderente.” In studio, infatti,
sono state proposte due interpretazioni: secondo la prima la soluzione più favorevole al consumatore non deve essere per forza
L’interpretazione che salva la
clausola, potendo essere anche
Calitri
quella che la fa incorrere in un
giudizio di vessatorietà e quindi
la fa cadere12; dall’altro lato c’è
chi ritiene che, invece, se la clausola può ricevere una interpretazione che ne escluda la abusività
e una che la comporti, sia da preferire senz’altro la prima.13
Le considerazioni svolte
in questo paragrafo ci portano ad
affermare, insieme a parte rilevante della studio, che nella
materia dei contratti con i consumatori – ma più in generale nella
materia della tutela del contraente debole (vedi le considerazioni
svolte nel parte II, Capitolo II) – il
ruolo che devono svolgere i criteri di interpretazione oggettiva, e in particolare la regola
dell’ interpretatio contra stipu-
latorem, sia ben diverso da
quello ad essi riservato nell’interpretazione del contratto in
generale. Tale ruolo va rivalutato
per il semplice motivo che in
queste materie non vi è un incontro di volontà poste sullo stesso
piano, anzi, l’aderente si trova in
una posizione di minore forza
contrattuale nei confronti del
predisponente. Risulta, quindi,
essere molto meno importante –
se non del tutto inutile – una
indagine sulla reale volontà delle
parti, anche perché se il rapporto
contrattuale arriva dinanzi al giudice è proprio per accertare un
eventuale abuso da parte del professionista-predisponente.
L’art. 1469-quater II
comma costituisce proprio
l’occasione per un ripensamento di tutto il sistema in
modo da giungere alla conclusione che: “allorquando le
clausole contenute nei contratti dei consumatori non siano
negoziate si applicano le
norme di interpretazione
oggettive ed in particolare questa; qualora, invece siano
oggetto di trattativa, valgono
le regole generali sull’interpretazione del contratto.”14
L’esclusione dell’interpretatio contra proferentem nell’ambito della tutela inibitoria.
Il III comma dell’articolo
1469-quater è stato introdotto
dalla legge 21/12/1999 n. 526 che
ha modificato gli artt. 1469-bis e
ss. c.c. secondo le indicazioni
proposte dalla U.E. nella procedura di infrazione mossa contro
l’Italia per il cattivo recepimento
della Direttiva 93/13.
Nella querelle, durata per
circa tre anni, con la U.E., il
Governo italiano aveva già precisato come la studio e la giurisprudenza interne avessero già
interpretato la norma dell’art.
1469-quater II comma nel senso
che l’interpretatio contra stipulatorem non dovesse ritenersi applicabile alle ipotesi delle azioni
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
JUS
ALTIRPINIA
proposte dalle associazioni di
categoria o dalle Camere di commercio per inibire l’uso di una
clausola contenuta in un regolamento contrattuale.
Le motivazioni proposte
dalla studio vertevano proprio
sul principio di interpretazione
della normativa di recepimento
alla luce della Direttiva, che
conteneva all’art. 5 tale esclusione.
Di più, la giurisprudenza aveva
precisato che non sarebbe potuto essere invocato il disposto dell’art. 1469-quater II comma al fine
di evitare l’inibitoria circa l’utilizzazione delle clausole non trasparenti, attribuendo alla clausola stessa un’interpretazione che,
in quanto favorevole al consumatore, ne avesse escluso l’abusività.
Infatti, tale disposizione non
trova applicazione in sede di giudizio collettivo, poiché, se nell’ambito del giudizio individuale
“il consumatore può far valere il
suo interesse alla conservazione
della pur oscura clausola in forza
di un interpretatio contra proferentem”, tale principio non può invece valere nell’ambito di un giudizio collettivo ex art. 1469-sexies
c.c., “il cui scopo, realizzato dall’inibitoria preventiva, è di contrastare la diffusione delle clausole
abusive, potenzialmente dannose
nei confronti di tutti i consumatori, anticipatamente rispetto
alla loro inserzione nei contratti
individuali.”15
NOTE
1 Vedi V. RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997 p. 23
2 Vedi, oltre a RIZZO, DI GIACOMO, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 11; M.
BIANCA, in Diritto civile, Il contratto 2000 p.390; E.
MINERVINI, in Tutela del consumatore e clausole vessatorie 1999 p. 141
3 Vedi E. DANESE, in Commento alla direttiva 93/13 sulle
condizioni generali di contratto e le clausole abusive. Una
prospettiva per l’attuazione nell’ordinamento interno
1997 p.446
4 BIANCA, in Diritto civile, Il contratto 2000 p.390; nello
stesso senso vedi S. MASUCCI,Art. 1469-quater in La
nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile a cura di A. BARENGHI 1996 p. 160
5 Vedi in tal senso G. CIAN, in Il nuovo capo XIV-bis del
codice civile sulla disciplina dei contratti con i consumatori in SI 1996 p. 419
6 Vedi l’interpretazione di E. MINERVINI, in Tutela del
consumatore e clausole vessatorie 1999 p. 134
7 Vedi E. ROPPO, in Clausole vessatorie (nuova normati-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
va) in EG TRECCANI 1996 p. 4
8 Vedi DI GIOVANNI, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 106; nello stesso senso
RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997
p. 60
9 Tribunale di Roma 21.1.2000.
10 R. PARDOLESI e A. PACCES , in Clausole vessatorie e
analisi economica del diritto note in margine alle ragioni
(e incongruenze) della nuova disciplina 1996 p. 405
11 Vedi la ricostruzione operata da PARDOLESI e PACCES, op. ult. cit.
12 Vedi RIZZO, in Trasparenza e contratti del consumatore 1997 p. 95
13 Vedi DI GIOVANNI, in La regola di trasparenza nei contratti dei consumatori 1998 p. 86
14 E. MINERVINI op. ult. cit. ; nello stesso senso ALPA e
BESSONE, in I contratti in generale,in Giurisprudenza
sistematica di diritto civile e commerciale 1998 BIGIAVI p.
450
15Tribunale di Roma 21.01.2000
11
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
E’ COMPETENTE L’A.G.O. NELL’AZIONE PER IL
RISARCIMENTO DEI DANNI DA
OCCUPAZIONE USURPATIVA
RIF. NORM. L. N.2359/865;
L. N.662/996;
L. N.865/971;
L. N.359/992;
C.C. N.2043; 2055;
MASSIMA
IN CASO DI MANCATA FISSAZIONE DEI TERMINI (O DELLA LORO INUTILE SCADENZA), L’APPRENSIONE DEL FONDO
DEL PRIVATO E LA SUA INTEGRALE TRASFORMAZIONE, NON POSSONO RICONDURSI AD UNA VALIDA E PERDURANTE
D.P.U. PER CUI NON INTEGRANO AFFATTO COMPORTAMENTO ESPRESSIVO DI ESERCIZIO DI POTERE AMMINISTRATIVO, COME TALE RIENTRANTE NELL’AMBITO DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA EX ART. 34 D.LGS. 80/1998.
LA C.D. OCCUPAZIONE USURPATIVA, IL CUI PRESUPPOSTO È LA MANCANZA IN RADICE DELLA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ, ESULA DALLA MATERIA ESPROPRIATIVA RIENTRANDO TRA I COMUNI FATTI ILLECITI PERMANENTI
DISCIPLINATI DALL’ART. 2043 C.C.
RESTANO ESCLUSI DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA COMPORTAMENTI
P.A. NON COLLEGATI AD ALCUNA UTILITÀ PUBBLICA FORMALMENTE DICHIARATA, O PER MANCANZA AB
DELLA
INITIO
DELLA DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITÀ O PERCHÉ QUESTA È VENUTA MENO IN SEGUITO AD ANNULLAMENTO
DELL’ATTO IN CUI ESSA ERA CONTENUTA O PER SCADENZA DEI RELATIVI TERMINI.
IN CASO DI OCCUPAZIONE USURPATIVA, NON È APPLICABILE, QUANTO ALLA LIQUIDAZIONE DEI DANNI, LO IUS SUPERVENIENS DI CUI AL COMMA 7 BIS DELL’ART. 5 BIS LEGGE N. 359 DEL 1992, ATTESO CHE IL RIFERIMENTO LEGISLATIVO ALLE “OCCUPAZIONI ILLEGITTIME DI SUOLI PER CAUSA DI P.U.” ESPRIME PUR SEMPRE UN COLLEGAMENTO
TELEOLOGICO CON LE FINALITÀ PERSEGUITE A MEZZO DELLA PROCEDURA ESPROPRIATIVA, COLLEGAMENTO LEGITTIMAMENTE PREDICABILE NEL SOLO CASO DI OCCUPAZIONE APPROPRIATIVA. PERTANTO
IL RISARCIMENTO, SGANCIATO DALLA LOGICA ESPROPRIATIVA, SEGUE LA REGOLA GENERALE DELLA INTEGRALITÀ
DELLA RIPARAZIONE E DELLA EQUIVALENZA DEL PREGIUDIZIO CAGIONATO AL DANNEGGIATO, E, IMPONENDO UNA
VALUTAZIONE ISPIRATA A CRITERI DI CONCRETEZZA, VA COMMISURATO AL VALORE DI MERCATO DEL BENE.
TRIBINALE DI SANT’ANGELO DEI LOMBARDI – SENTENZA 15 MAGGIO 2004 G.M. DOTT. G. IANNARONE
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in data 16
ottobre 1998, V. M. e F. F. convenivano in giudizio il Comune di S.
Angelo dei Lombardi e l’I.A.C.P. di
Avellino esponendo che il primo
era proprietario dei terreni siti
nel territorio del predetto ente,
alla località “Fontana Piccola”
individuati in catasto alla partita
I2902, foglio 29, p.lle 32, 144, 145
e 146 ed alla partita 4II, foglio 29,
p.lla 188;
con delibera n. 3239 dell’8 aprile
1986 il Consiglio Regionale aveva
approvato un programma straordinario di edilizia residenziale da
realizzarsi nel citato Comune;
12
con delibera n. 34 del 17 marzo
1986 pertanto il Consiglio
Comunale di S. Angelo dei
Lombardi approvava il progetto
dei lavori di insediamento di edilizia economica e popolare e, con
delibera di G.M. n. 109 del 10 febbraio 1987, l’ente convenuto si
impegnava ad occupare le aree
ed a pervenire alla loro espropriazione entro 30 mesi dall’occupazione e a terminare i lavori
entro 5 anni dalla data di esecutività della delibera di assegnazione definitiva dell’area;
ancora, con delibera di C.C. n. 28
del 27 febbraio 1987, venivano
localizzate le aree necessarie alla
realizzazione dell’intervento;
con decreto sindacale n. 3 del 18
febbraio 1987 veniva disposta
l’occupazione temporanea in via
di urgenza delle stesse;
successivamente veniva approvata la relazione di stima
dell’UTE che prevedeva un valore
dell’area pari a £ 42.215 al mq;
tuttavia la proposta transazione
non veniva perfezionata per cui
residuavano l’occupazione illegittima, in mancanza di emissione
del decreto di esproprio, e l’irreversibile trasformazione del bene
per effetto della costruzione dell’opera pubblica.
In punto di diritto affermavano
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
gli attori non potersi applicare il
termine lungo di anni 18 previsto
dalla disciplina in materia avendo la P.A. fissato i termini per i
lavori e le espropriazioni in applicazione dell’art. 13 l. 2359 del
1865; ne
derivava
la caducazione
d e l l a
dichiarazione di
pubblica
utilità e
quindi la
configurabilità
di
un
mero illecito permanente con conseguente inapplicabilità dei criteri limitativi di
liquidazione del danno di cui
all’art. 3, comma 65, l. 662 del
1996;
in subordine, in caso di ritenuta
verificazione di una ipotesi di
occupazione appropriativa chiedevano il risarcimento del danno.
Si costituiva il Comune di S.
Angelo dei Lombardi che preliminarmente eccepiva il difetto di
legittimazione passiva essendo
obbligato al risarcimento solo
l’I.A.C.P. quale ente realizzatore
dell’opera pubblica;
in subordine eccepiva il difetto di
prova in ordine al mancato
rispetto dei termini fissati nella
delibera n. 109 del 1987 e quindi
sulla caducazione della dichiarazione di pubblica utilità che
comunque era stata preceduta
dalla integrale realizzazione dell’opera; essendosi quindi realizzata l’occupazione appropriativa
doveva ritenersi prescritto il
diritto degli attori ad ottenere il
risarcimento del danno;
in via gradata eccepiva la natura
agricola del terreno.
Per il caso di soccombenza agiva
nei confronti dell’I.A.C.P. chiedendo di essere tenuto indenne
essendosi l’ente obbligato alla
sopportazione dei costi per l’acquisizione delle aree.
Si costituiva altresì l’I.A.C.P. che,
“
in via preliminare, eccepiva il la Suprema Corte (Cass. civ. Ord.,
difetto di legittimazione passiva Sez.un., 06/06/2003, n.9139, in
essendo il Comune l’unico legitti- Foro Amm. CDS, 2003, 1827) affermato in qualità di ente espro- ma la giurisdizione dell’A.G.O.; la
priante avendo altresì l’istituto seconda ipotesi rientra invece
rifiutato la delega per il compi- nell’ambito della giurisdizione
mento delle espro- esclusiva del G.A. in materia
urbanistica (Cons. Stato, Sez.VI,
priazioni;
eccepiva poi la pre- 04/04/2003, n.1768, in Foro Amm.
scrizione del diritto CDS, 2003, 1352; Corte Cost.,
vantato in quanto 16/04/2002, n.123, in Giur. Costit.,
l’occupazione legitti- 2002, 963; T.A.R. Puglia Bari,
ma era scaduta il Sez.II, 11/01/2002, n.167, in Foro
18/2/1992 mentre la Amm. TAR, 2002, 227; Trib.
06/05/1999,
in
citazione era stata Palermo,
notificata solo in data Urbanistica e appalti, 1999, 950;
T.A.R. Campania Napoli, Sez.V,
20/10/1998.
Infine eccepiva il 17/12/2001, n.5476, in Foro Amm.,
difetto di legittima- 2001, 3307).
zione attiva in capo Si tratta allora di individuare il
vizio dal quale è affetto l’esperito
agli attori.
Nelle note depositate il 30/12/99 procedimento ablatorio, e la
gli attori ribadivano la tesi del dichiarazione di pubblica utilità
carattere permanente dell’illeci- in particolare; se esso cioè sia
to, con conseguente dedotta tale da determinarne la nullità
infondatezza dell’eccezione di ovvero la mera annullabilità; in
prescrizione; in via subordinata questo secondo caso infatti, non
deducevano che comunque il essendo la D.P.U. stata né impuComune, approvando la proposta gnata né annullata in sede giuritransattiva, con delibera n. 318 sdizionale amministrativa, la
del 1994, aveva riconosciuto il stessa non potrebbe ritenersi
loro diritto con ciò interrompen- caducata; con l’ulteriore conseguenza che l’unico vizio riscondo il corso della prescrizione.
Nel corso del giudizio veniva trabile risiederebbe nella mancata emanazione del decreto di
disposta CTU.
All’udienza del 21.10.2002 veniva espropriazione. Si configurerebbe in tal caso
sollevata eccezioSan Francesco, Montella
l’ipotesi della
ne di difetto di giuoccupazione
risdizione.
appropriativa
All’udienza del 2
rientrante nella
febbraio 2004 le
giurisdizione
parti rassegnavano
del G.A. (Corte
le conclusioni in
Cost.
Ord.,
epigrafe riportate
16/04/2002,
per cui la causa
n.123 cit.).
veniva riservata in
Al riguardo sendecisione alla scaz’altro fondata
denza dei termini
risulta la ricodi cui all’art. 190
struzione, in fatto e in diritto,
c.p.c.
operata dall’attore.
MOTIVAZIONE
Al fine di affrontare e risolvere la Dalla documentazione dallo stesquestione di giurisdizione, logi- so prodotta emerge infatti che il
camente preliminare, occorre Comune di S. Angelo dei
partire dalla qualificazione della Lombardi, al momento della indipresente vicenda ablatoria in ter- viduazione delle aree per l’insemini di occupazione usurpativa diamento di edilizia residenziale
ovvero appropriativa.
pubblica, era privo del P.E.E.P.
E’ noto infatti che nel primo caso per cui ricorse, ex art. 51 l.
...occupazione
appropriativa rientrante nella giurisdizione del G.A. ...
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
13
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
865/1971, alla localizzazione delle
aree con la delibera del Consiglio
Comunale n. 28 del 27/2/1987
(Approvazione localizzazione
area “Fontana Piccola” da assegnare all’I.A.C.P.) nella quale
espressamente si legge: “non
disponendo di un P.d.Z. vigente
per le aree 167, indichiamo, stralciandola dal P.R.G., l’area in cui
l’I.A.C.P. dovrà operare redigendo
l’apposito progetto, con le prescrizioni tecniche delle norme di
attuazione dello strumento generale”.
Pertanto perfettamente calzante
al caso di specie è la giurisprudenza citata da parte
attrice secondo cui la
delibera di approvazione
di programmi costruttivi
ex art. 51, l. n. 865 del
1971 (cosiddette localizzazioni) deve indicare i
termini di cui all’art. 13, I.
n. 2359 del 1865 (inizio e
fine delle espropriazioni
e dei lavori) perché non
si applica ai detti programmi l’art. 9, comma 1
della l. n. 167 del 1972,
che, per i piani di edilizia
economica e popolare, fa
discendere i termini
direttamente dalla legge
(Cons. Stato, Ad. Plen.,
20/12/2002, n.8, in Giornale Dir.
Amm., 2003, 485). Ciò in quanto, a
differenza della delibera di
approvazione del P.E.E.P., la cui
efficacia è temporalmente delimitata ai sensi dell’art. 9, comma 1,
l. cit. quella avente ad oggetto il
programma costruttivo di cui
all’art. 51 l. n. 865 del 1971 si presenta ad efficacia temporalmente
illimitata, pertanto la stessa deve
indicare esplicitamente i termini
di inizio ed ultimazione degli
espropri e dei lavori, dovendosi
ritenere operante nella relativa
fattispecie la norma, dalla valenza residuale, di cui all’art. 13 l. n.
2359 del 1865.
Ed infatti il provvedimento di
localizzazione di un intervento di
edilizia residenziale, di cui all’art.
51 l. 22 ottobre 1971 n. 865, comporta la dichiarazione di pubbli-
ca utilità del programma costruttivo e deve pertanto contenere la
previsione dei termini iniziali
finali della procedura espropriativa e dell’esecuzione dei lavori
(T.A.R. Campania Napoli, Sez.IV,
11/09/2002, n.4836, in Foro Amm.
TAR, 2002; Cons. Stato, Sez.IV,
01/08/2001, n.4214, in Foro Amm.,
2001, 1946).
Ne deriva che, non contenendo la
delibera di C.C. n. 28/1987 alcuna
prefissione di termini, la stessa
deve ritenersi viziata, salvo poi a
vedere la natura del vizio dal
quale la stessa è affetta (nullità
radicale ovvero illegittimità),
“
ne per la conclusione della procedura espropriativa (30 mesi dalla
occupazione delle aree).
Ciò in quanto l’art. 51 cit. prevede che la delibera di localizzazione, implicante D.P.U., venga emanata dal Consiglio Comunale per
cui la stessa non può essere successivamente integrata, ove
carente di elementi essenziali,
con una delibera di Giunta
Municipale, organo privo di ogni
potere al riguardo.
Inoltre la delibera di G.M. n.
109/1987 si è limitata a fissare i
termini ex art. 35, comma 8, lett.
d) l. 865/1971, relativi alla convenzione con l’I.A.C.P.,
che nulla hanno a che
vedere con i termini ex
art. 13 l. 2359/1865 previsti a pena di invalidità
della D.P.U.
Per questo, con notevole acume giuridico,
parte attrice ha focalizzato l’attenzione, in sede
di comparsa conclusionale, sulla delibera n.
28/1987 (“oggetto del presente giudizio è la delibera del consiglio comunale di S. Angelo dei
Lombardi 27 febbraio
1987 n. 28, avente ad
oggetto la localizzazione
delle aree”: cfr. comparsa conclusionale pag. 3).
A ciò si aggiunga che, in base alla
documentazione prodotta dall’attore, anche il termine finale per la
esecuzione dei lavori risulta
essere stato superato per cui
comunque si perviene, sebbene
per altra via, alla affermazione
della caducazione della D.P.U. in
base all’orientamento giurisprudenziale a mente del quale la scadenza del termine finale di compimento dell’opera determina la
decadenza della dichiarazione di
pubblica utilità e, di conseguenza, la perdita del potere espropriativo (Cons. Stato, Sez.IV,
28/12/2001, n.6435, in Riv. Giur.
Edil., 2002, I, 734; Cass. civ., Sez.I,
22/03/2001, n.4088, in Urbanistica
e appalti, 2001).
Nè può prendersi in considera-
... la delibera di approvazione di
programmi costruttivi ex art. 51,
l. n. 865 del 1971 (cosiddette
localizzazioni) deve indicare i
termini di cui all'art. 13, I. n.
2359 del 1865 ...
“
14
questione che incide sulle tematiche della giurisdizione, della prescrizione del diritto vantato dall’attore, della legittimazione passiva dei convenuti e dell’ammontare del risarcimento nonché dei
relativi criteri di liquidazione.
In merito va aggiunto che l’omissione della indicazione dei termini di cui all’art. 13 l. 2359/1865,
non può ritenersi validamente
sanata dalla successiva delibera
di G.M. n. 109/1987 che ha fissato
i termini di inizio e fine dei lavori
(rispettivamente due anni dalla
delibera di assegnazione definitiva dell’area o nel minor tempo
derivante dalla concessione ad
edificare e dalle norme Statali o
Regionali sull’attuazione degli
interventi di Edilizia Residenziale
Pubblica e cinque anni con le
medesime decorrenze) e il termi-
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GIURISPRUDENZA
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ALTIRPINIA
zione la delibera di C.C. n. 34 del
17 marzo 1986 con la quale venne
approvato il progetto dei lavori
di insediamento la quale, potendo integrare dichiarazione di
pubblica utilità implicita, ben
potrebbe contenere l’indicazione
dei termini. Ed infatti l’esistenza
di tale delibera è stata meramente affermata da parte attrice mentre le altre parti, alle quali astrattamente avrebbe potuto giovare,
non l’hanno prodotta.
Si tratta allora di vedere, sia per il
caso di omessa fissazione dei termini che di loro scadenza, quale
natura abbia il vizio che affligge il
procedimento espropriativo e quali siano le conseguenze sulla tutela del privato.
E’ noto a questo Giudice
che, soprattutto di recente,
a fronte di un orientamento
della Suprema Corte che
ravvisa nei summenzionati
casi altrettante ipotesi di
carenza di potere in concreto, con conseguente
nullità dell’intero procedimento, per l’inesistenza
originaria o la successiva
caducazione della D.P.U.,
con tutte le discendenti
implicazioni in tema di giurisdizione e prescrizione
del diritto, il Consiglio di Stato
ritiene invece sussistere una
mera illegittimità della D.P.U. o
dei provvedimenti ablatori emanati dopo la scadenza dei termini, con la conseguenza che il privato deve esperire, nel breve termine di decadenza di 60 giorni, il
ricorso giurisdizionale innanzi al
T.A.R., potendo solo all’esito del
suo accoglimento, in virtù della
c.d. pregiudizialità amministrativa, agire per il risarcimento del
danno (Cons. Stato, Sez.IV,
11/07/2001, n.3880, in Foro Amm.,
2001, f. 7-8; Cons. Stato, Sez.IV,
07/03/2001, n.1315, in Foro Amm.,
2001, 355; Cons. Stato, Sez.IV,
07/12/2000, n.6512, in Foro Amm.,
2000, f.12).
Ha di recente affermato il
Consiglio di Stato, nel suo supremo consesso, che: “l’omissione
dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori comporta l’annullabilità, e non la nullità, della
dichiarazione di pubblica utilità;
pertanto non determina carenza
di potere rispetto ai successivi atti
espropriativi” (Cons. Stato, Ad.
Plen., 26 marzo 2003 n. 4, in Foro
It., 2003, III, 433).
Evidenti sono le conseguenze dei
due diversi orientamenti in relazione al caso che ci occupa.
Ed infatti, secondo la tesi della
Suprema Corte, in caso di mancata fissazione dei termini (o della
loro inutile scadenza), l’apprensione del fondo del privato e la
Montella il castello
sua integrale trasformazione,
non possono ricondursi ad una
valida e perdurante D.P.U. per cui
non integrano affatto comportamento espressivo di esercizio di
potere amministrativo, come tale
rientrante nell’ambito della giurisdizione esclusiva ex art. 34
D.lgs. 80/1998. Ricorre secondo
questa prospettiva una ipotesi di
c.d. occupazione usurpativa che,
presupponendo la mancanza in
radice della dichiarazione di pubblica utilità, esula dalla materia
espropriativa rientrando tra i
comuni fatti illeciti permanenti
disciplinati dall’art. 2043 c.c.
Essa risulta compatibile con il
diritto del cittadino ad una tutela
reale, che si attua con la restituzione dell’area (anche se utilizzata per opere pubbliche), mentre
l’occupazione
appropriativa
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
comporterebbe l’acquisizione
del bene nella titolarità della P.A.
Così, nella prospettiva dell’originario criterio di riparto della giurisdizione, si è affermato che
un’esproprio, se non preceduto
da un provvedimento che abbia
indicato i termini di cui all’art. 13
l. n. 2359 del 1865, deve ritenersi
pronunciato da un’autorità priva
del potere di emetterlo e ciò
anche nel caso di dichiarazione
di pubblica utilità implicita come
quella derivante dall’approvazione di un piano di edilizia popolare ed economica; pertanto, il
diritto del proprietario non
degrada a interesse legittimo
ed è il giudice ordinario che
deve conoscere della domanda
di risarcimento del danno formulata dal privato per l’illegittima occupazione del terreno
di sua proprietà (Cass. civ.,
Sez.un., 19/07/1999, n.460, in
Mass. Giur. It., 1999; Cass. civ.,
Sez.un., 11/11/1998, n.11351, in
Foro It., 1999, I, 2616). Ciò in
quanto, secondo il ragionamento della Suprema Corte, la
cosiddetta occupazione acquisitiva non si realizza nell’ipotesi in cui la dichiarazione di
pubblica utilità manchi, ovvero debba ritenersi giuridicamente inesistente (come nei
casi in cui essa sia stata annullata dal giudice amministrativo, o
sia carente dei suoi caratteri
essenziali tipici, fra i quali la prefissione dei termini richiesti dall’art. 13 della legge n. 2359 del
1865 per il compimento delle
espropriazioni e dei lavori), o,
ancora, sia divenuta inefficace,
ex art. 1, comma 3, della legge n.
1 del 1978, per mancato avvio
della realizzazione delle opere
nel triennio successivo all’approvazione del progetto, configurandosi in tal caso solo una mera
occupazione - detenzione illegittima dell’immobile privato, inquadrabile nella responsabilità ex
art. 2043 c.c., con le necessarie
implicazioni sia in punto di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dalla
permanenza della illecita occupa-
15
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
zione, sia in punto di esperibilità
delle azioni reipersecutorie a
tutela della non perduta proprietà del bene, potendo tale tutela
trovare ostacolo solo nella eccessiva onerosità della reintegrazione in forma
specifica (art.
2058, comma
2, c.c.), nonchè nel pregiudizio arrecato
dalla
distruzione
dell’opera alla
economia
nazionale
(art.
2933,
comma
2,
c.c.), con conseguente possibilità per l’interessato di scegliere di abbandonare l’immobile
danneggiato all’amministrazione
occupante ed ottenerne in cambio l’integrale risarcimento del
danno per la perdita definitiva
del bene; in tale ipotesi, solo con
il suddetto atto abdicativo del
proprietario del fondo cessa il
dovere dell’amministrazione di
porre fine alla cennata situazione
permanente di antigiuridicità, ed
inizia a decorrere il termine prescrizionale dell’azione risarcitoria (Cass. civ., Sez.I, 12/12/2001,
n.15710, in Mass. Giur. It., 2001).
Posto dunque che la mancata
prefissione dei termini comporta
carenza di potere espropriativo e
quindi il mancato perfezionarsi
della fattispecie acquisitiva, in
capo alla P.A., del bene che rimane di proprietà del privato, sebbene ablato di ogni possibilità di
godimento dello stesso, con conseguente configurabilità di un
illecito permanente, la giurisdizione del G.O. in simili casi, è
stata affermata anche con riferimento ai nuovi criteri di riparto
introdotti dal d.lgs. 80/1998 che
hanno appunto previsto una ipotesi di giurisdizione in ordine ad
ogni comportamento, anche
meramente materiale della P.A.,
nella materia urbanistica. Si è
infatti affermato che l’acquisto a
favore della P.A. di un bene
“
immobile, occupato e irreversi- pativa - nelle quali, mancando
bilmente trasformato a seguito una valida e perdurante dichiaradell’esecuzione di un’opera pub- zione di pubblica utilità dell’opeblica (in mancanza del decreto di ra in ragione della quale è stata
esproprio), si determina soltanto disposta l’occupazione di un
qualora l’opera sia funzionale a fondo, non si realizza il fenomeno
una destina- della cosiddetta accessione
zione pubbli- invertita, ma soltanto un fatto
cistica, e ciò illecito generatore di danno - susavviene solo siste la giurisdizione del giudice
per effetto di ordinario, non essendo tali fattiuna dichiara- specie in alcun modo riconducizione di pub- bili all’esercizio di un potere
blica
utilità amministrativo in materia urbaformale o con- nistica (Cass. civ., Sez.un.,
nessa a un 06/06/2003, n.9139, in Guida al
atto ammini- Diritto, 2003, 39, 53).
strativo che, Pertanto, in estrema sintesi, le
per legge, pro- cadenze argomentative della tesi
duca tale effet- sostenuta dalla Suprema Corte,
to.
Restano sono le seguenti:
esclusi dall’ambito di applicazio- 1)la mancata prefissione dei terne dell’occupazione appropriati- mini ex art. 13 l. 2359/1865 inteva comportamenti della P.A. non gra nullità della D.P.U. e quindi
collegati ad alcuna utilità pubbli- inesistenza del potere espropriaca formalmente dichiarata, o per tivo;
mancanza ab initio della dichiara- 2)in simili casi residua un mero
zione di pubblica utilità o perché comportamento materiale che
questa è venuta meno in seguito non costituisce affatto espressioad annullamento dell’atto in cui ne di esercizio di potere amminiessa era contenuta o per scaden- strativo in materia urbanistica
za dei relativi termini. Ciò in per cui la cognizione dello stesso
quanto non tutti i comportamen- non rientra nell’ambito della giuti implicanti un uso del territorio risdizione esclusiva ex art. 34
sono riconducibili alla materia d.lgs. 80/1998;
urbanistica, ma solo quelli che, 3) in mancanza di valida D.P.U.,
Frigento, Casolare
esprimendo
che funzionalizl’esercizio
za la realizzaziodi un potere
ne delle opere al
amministrasoddisfacimento
tivo, siano
di un fine pubblicollegati ad
co, non può veriun fine pubficarsi
alcun
blico o di
effetto acquisitipubblico
vo in capo alla
interesse
P.A. per cui il prilegalmente
vato rimane prodichiarato;
prietario
del
in difetto di
fondo
e
ne
ciò, si è al di fuori dell’ambito potrebbe ottenere la restituzione
applicativo della riserva di giuri- nonostante la intervenuta costrusdizione in favore del giudice zione di un’opera pubblica;
amministrativo, prevista dall’art. 4) l’illecito della P.A. è di caratte34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, re permanente concretandosi
nel testo sostituito dall’art. 7 nella ablazione di ogni facoltà di
della legge 21 luglio 2000, n. 205. godimento del fondo in danno di
Ne consegue che nelle controver- colui che ne rimane proprietario;
sie aventi ad oggetto fattispecie 5) qualora il privato non preferidi occupazione cosiddetta usur- sca ottenere la restituzione del
... fattispecie acquisitiva
in capo alla P.A. per
effetto dell'irreversibile
trasformazione
del bene ...
“
16
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
“
bile trasformazione del bene;
5) trattandosi di illecito istantaneo da quel momento decorre il
termine di prescrizione;
6) si applica l’art. 5 bis l.
359/1992.
Ciò posto ritiene il Giudicante, in
conformità al disposto dell’art.
65, comma 1,
30/1/1941 n.
12 (a mente
del quale la
Corte
di
Cassazione
assicura
il
rispetto dei
limiti
delle
diverse giurisdizioni) e dell’art. 111, ultimo comma, Cost., debba aderirsi
alla tesi della Suprema Corte,
della nullità della D.P.U. priva
della fissazione dei termini ex art.
13 l. 2359/1865, per le conseguenze che essa comporta appunto in
tema di giurisdizione.
Ne deriva che, nel caso di specie,
ricorre una ipotesi di c.d. occupazione usurpativa, e non di occupazione appropriativa. La conseguente carenza del potere espropriativo determina l’illegittimità
ab origine dell’occupazione d’urgenza e l’illiceità permanente dell’opera pubblica. Quest’ultima,
oltre a legittimare la richiesta di
restituzione del
bene, impedisce
- conformemente
alla
decisione
della Corte di
Strasburgo nell ’ a f f a r e
Carbonara
e
Ventura vs. Italia
- la decorrenza
del termine prescrizionale dell’azione di risarcimento, che il privato ritenga di
proporre, abdicando implicitamente alla proprietà.
Respinte quindi le eccezioni di
difetto di giurisdizione e di prescrizione occorre esaminare gli
altri profili relativi alla determinazione dei criteri di liquidazione
del danno ed alla individuazione
... l’illecito della P.A. è
di carattere
permanente ...
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
“
del soggetto passivamente legittimato rispetto alla domanda risarcitoria.
Quanto al primo aspetto occorre
partire dalla qualificazione dell’illecito perpetrato dalla P.A. come
illecito permanente consistente
nella privazione di ogni possibilità di godimento del bene, che
continua ad appartenere al privato, per effetto della sua occupazione e della sua irreversibile trasformazione.
Ne consegue che il proprietario,
fino a quando rimane tale, ha
diritto ad una somma per l’illecita occupazione del fondo che
ben può essere calcolato con lo
stesso criterio utilizzato per la
liquidazione della indennità di
occupazione (pari agli interessi
legali sul valore del bene, sulla
cui determinazione cfr. infra) con
la precisazione però che, a differenza di questa che integra debito di valuta (Cass. civ., Sez.I,
06/11/1998, n.11158, in Mass.
Giur. It., 1998) si tratta di una
somma dovuta a titolo di risarcimento del danno che, come tale,
costituisce debito di valore.
In secondo luogo il proprietario
avrà diritto al risarcimento del
danno per la perdita definitiva
della proprietà del fondo nel
momento in cui, abdicando alla
stessa, propone la relativa
domanda . Ed
infatti l’acquisizione
del
bene
alla
mano pubblica, nel caso in
esame, non
consegue
automaticamente (come
nell’occupazione appropriativa) all’irreversibile trasformazione di esso, ma è
logicamente e temporalmente
successiva, e dipende da una
scelta del proprietario usurpato
che, rinunciando implicitamente
al diritto dominicale, opta per
una tutela (integralmente) risarcitoria in luogo della (pur possibile) tutela restitutoria.
... sussiste la
giurisdizione
esclusiva del G. A. ...
“
fondo, previa riduzione in pristino (che potrebbe essere evitata
in quanto eccessivamente onerosa per il debitore ovvero pregiudizievole per l’economia nazionale), può chiedere il risarcimento
del danno abdicando in tal modo
esplicitamente al diritto di proprietà;
6) non verificandosi
una
ipotesi di occupazione appropriativa
non
può
trovare
applicazione,
nella liquidazione
del
danno, il criterio riduttivo di
cui all’art. 3, comma 65, l.
662/12996.
A soluzione esattamente opposte
porta invece la tesi sostenuta dal
Consiglio di Stato, secondo cui la
mancata prefissione dei termini
determina mera illegittimità della
D.P.U. e pertanto, non comporta
carenza di potere rispetto ai successivi atti espropriativi.
In base a tale tesi infatti:
1) la D.P.U., in quanto meramente
illegittima, è pienamente efficace
ed imperativa, finchè non venga
impugnata ed annullata; il ricorso giurisdizionale può essere
proposto nel termine di decadenza di gg. 60;
2) sia gli atti che i comportamenti posti in esecuzione della stessa, per quanto illegittimi, devono
considerarsi esercizio di potere
amministrativo in materia urbanistica e pertanto rientrano a
pieno titolo nell’ambito dell’art.
34 d.lgs. 80/1988; conseguentemente sussiste la giurisdizione
esclusiva del G.A.;
3) davanti al G.A. la domanda
risarcitoria può essere proposta
solo se sia stato impugnato tempestivamente il provvedimento
lesivo e può essere accolta solo
se tale provvedimento sia stato
annullato;
4) qualora non venga emesso il
decreto di esproprio si realizza la
fattispecie acquisitiva in capo
alla P.A. per effetto dell’irreversi-
17
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
Per il calcolo di entrambe le voci
risarcitorie occorre quindi determinare il valore del fondo.
Al riguardo la giurisprudenza è
del tutto pacifica nel riconoscere
che, in caso di occupazione usurpativa, non è applicabile, quanto
alla liquidazione dei danni, lo ius
superveniens di cui al comma 7
bis dell’art. 5
bis legge n. 359
del 1992, atteso
che il riferimento legislativo alle “occupazioni illegittime
di suoli per
causa di P.U.”
esprime
pur
sempre un collegamento
teleologico con
le finalità perseguite a mezzo della procedura
espropriativa,
collegamento
legittimamente predicabile nel
solo caso di occupazione appropriativa, con la conseguenza che
vengono meno le ragioni, evidenziate anche dalla giurisprudenza
costituzionale (Corte cost. 30
aprile 1999 n. 148) per derogare
alla regola generale di integralità
della riparazione ed equivalenza
del pregiudizio cagionato al danneggiato (Cass. civ., Sez.I,
16/05/2003, n.7643, in CED
Cassazione, 2003; Cass. civ., Sez.I,
28/03/2001, n.4451, in Mass. Giur.
It., 2001; Cass. civ., Sez.I,
30/01/2001, n.1266, in Mass. Giur.
It., 2001).
Pertanto il risarcimento, sganciato dalla logica espropriativa,
segue la regola generale della
integralità della riparazione e
della equivalenza del pregiudizio
cagionato al danneggiato, e,
imponendo una valutazione ispirata a criteri di concretezza, va
commisurato al valore di mercato del bene. La necessitata rinuncia alla proprietà del fondo, che
consegue all’occupazione in cui
sia stata perpetrata la radicale
trasformazione con perdita dell’identità fisica e giuridica del
bene, trae origine da comportamento illecito dell’occupante,
18
che crea diritti risarcitori: trat- di carattere tecnico e tiene conto
tandosi di obbligazione di valore, della ubicazione del fondo, immein cui va tradotto in moneta, per diatamente a ridosso del centro
equivalente, il valore del bene al urbano, sito in zona di espansiomomento del fatto (aestimatio), e ne edilizia. Del resto, a norma
la risultante somma sottoposta a dell’art. art. 51, comma 1, l.
rivalutazione fino alla data della 865/1971 condizione essenziale
sentenza (taxatio), sulla rivaluta- della localizzazione prevista dalta somma unitaria, comprensiva l’art. 51 l. n. 865 del 1971 è la
della perdita del destinazione residenziale delle
bene e degli inte- aree, già oggetto di previsione da
ressi per il manca- parte del P.R.G. (Cons. Stato,
to
godimento Sez.IV, 29/08/2002, n.4341, in Foro
prima della perdi- Amm. CDS, 2002, f. 8). Ed infatti,
ta del bene, posso- secondo le previsioni del P.R.G.
no riconoscersi, all’epoca vigente i terreni occuquale lucro ces- pati ricadevano in zona territosante (che deve riale “C” – Residenziale di espanessere oggetto di sione”.
prova,
anche A ciò si aggiunga che il valore
ricorrendo a pre- determinato in C.T.U. è addirittusunzioni sempli- ra inferiore ritenuto congruo
ci), gli interessi dall’UTE nella valutazione del
non necessariamente commisu- 30/12/1994 che, nonostante l’aprati al tasso legale, mediante l’uti- plicazione dell’art. 5 bis l.
lizzo di criteri equitativi, e com- 359/1992, pervenne ad una stima
putati con riferimento ai singoli pari a £ 40.350 al mq.
momenti riguardo ai quali la Ne deriva che, a quella data, il
somma equivalente al bene per- fondo aveva un valore di £ 41.417
duto si incrementa nominalmen- al mq per complessive £
te, per effetto dei prescelti indici 150.757.880.
di valutazione, ovvero in base ad Pertanto, stando ai suindicati criun indice medio.
teri di liquidazione, occorrerebPertanto, passando a liquidare la be, per il ristoro della illegittima
prima voce di
occupazioSant’Angelo dei Lombardi, il Goleto
danno (consene
dalla
guente
allo
data
di
spossessamenapprensione
to e quindi alla
del
bene
perdita di ogni
fino al paspossibilità di
saggio della
godimento
proprietà in
dello stesso),
capo
alla
occorre partire
P.A.
(che
dal valore venaavviene con
le del fondo alla
la proposidata del 31
zione della
marzo 1987 in
domanda)
cui
avvenne
calcolare su
l’occupazione
tale
cifra,
dello stesso.
per il primo
Al riguardo è
anno
(dal
senz’altro possibile assumere a 1987 al 1988) la somma dovuta a
base del calcolo il valore del titolo di interessi legali (pari £
fondo accertato in CTU in £ 7.537.894). Tale somma, dovuta
56.000 al mq con riferimento al 13 al 18/2/1988, costituendo per le
luglio 1992.
ragioni suesposte, debito di valoLa valutazione infatti risulta sor- re dovrebbe essere rivalutata alla
retta da adeguate considerazioni attualità (per cui, in applicazione
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Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
degli indici ISTAT, essa equivale a
£ 13.541.826). Inoltre sulla
somma originaria, via via rivalutata, dovrebbero essere calcolati
i c.d. interessi compensativi che
vanno appunto a compensare
quella ulteriore voce di danno
costituita dalla mancata disponibilità della somma medio tempore. Essi, in difetto di prova di un
danno ulteriore, vanno calcolati
ad un tasso medio equitativo che
tenga conto del differenziale tra la redditività media
del denaro nel periodo di
riferimento. La somma ulteriore a tale titolo calcolata
andrebbe dunque sommata
alla somma rivalutata (£
13.541.826) ottenendosi in
tal modo la somma finale
che rappresenta il risarcimento del danno, rivalutato
alla attualità e comprensivo
degli interessi compensativi, per il mancato godimento del fondo nel periodo
che va dal 18/2/1987 al 18/2/1988.
La medesima operazione dovrebbe poi essere eseguita per ciascuno degli anni successivi.
Tuttavia in tal modo si perverrebbe ad un risultato superiore
rispetto alla domanda dell’attore
che, pur avendo correttamente
inquadrato la vicenda come
occupazione usurpativa, non ne
ha tratto le logiche conseguenze
in tema di criteri per la liquidazione del danno. Lo stesso ha
infatti richiesto il pagamento
“dell’indennità di occupazione
legittima, nella misura degli interessi legali sul valore del bene,
pari a £ 203.840.000, con decorrenza dal 18 febbraio 1987 all’11
novembre 1991, con gli ulteriori
interessi legali dalla scadenza di
ciascuna annualità al soddisfo”.
Evidente è dunque l’errore in cui
è incorso l’attore; da un lato
infatti, nel caso di specie, non
può proprio parlarsi di occupazione legittima neppure per il
periodo di vigenza del relativo
decreto di occupazione; dall’altro il risarcimento del danno (e
non l’indennità) per il periodo di
occupazione non può fermarsi al
momento della scadenza del relativo decreto (da ritenersi tamquam non esset in assenza di valida D.P.U.) ma è dovuto fino a
quando l’illecita occupazione
permanga e cioè fino al momento
in cui, con la proposizione della
domanda di risarcimento e la
connessa abdicazione al diritto
di proprietà il bene passa nel
patrimonio della P.A. che cessa di
detenerlo abusivamente.
“
soddisfo;
€ 7895,59 per il periodo che va
dal 18/2/1991 al 11/11/1991, oltre
interessi legali dal 12/11/1991 al
soddisfo.
Diverso discorso invece deve
farsi per il danno derivante da
perdita della proprietà in quanto
l’applicazione del criterio indicato dall’attore porta ad un risultato superiore rispetto a quello
derivante dal criterio corretto
suindicato. Ed infatti l’attore ha chiesto la somma di £
203.840.000 con la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale
dall’11/4/1991 (data della
irreversibile trasformazione del bene) fino alla sentenza.
In realtà la irreversibile trasformazione del bene (fatta
risalire all’11 aprile 1991)
nell’ottica della occupazione usurpativa è del tutto
indifferente in quanto il privato, ciononostante, continua a
rimanere proprietario del bene
per cui fino alla perdita della proprietà (che si ha con l’abdicazione al diritto insita nella proposizione della domanda) continua
ad aver diritto (ove abbia proposta apposita ed idonea domanda)
al risarcimento del danno per illecita occupazione.
Ne deriva che occorre determinare il valore del fondo al momento
della proposizione della domanda (28 ottobre 1998).
Sempre sulla base della C.T.U., ed
in considerazione dell’incremento di valore registrato tra la data
della valutazione (13/7/1992) e
quella del trasferimento del diritto (28/10/1998), a quest’ultima
data il terreno aveva un valore di
£ 250.765.
Tale somma, rivalutata alla attualità equivale a £ 284.193.000.
Sulla somma originaria, via via
rivalutata, sono dovuti gli interessi compensativi (e non gli interessi al tasso legale come richiesti da parte attrice) che costituiscono una modalità di liquidazione forfetaria della ulteriore voce
di danno rappresentata dalla
... con la responsabilità
dell'ente espropriante
concorre quella dell'ente
delegato alla costruzione di
edifici sul suolo occupato ...
“
In ogni caso però, considerato
che la qualificazione giuridica
data dall’attore al suo credito (in
termini di indennità piuttosto
che di risarcimento) non osta
all’accoglimento della domanda,
può senz’altro accogliersi il criterio di liquidazione richiesto dallo
stesso attore che, come già detto,
conduce ad una somma inferiore
rispetto a quella che scaturirebbe dalla applicazione dei più corretti criterio di calcolo suevidenziati.
Per questo a tale titolo, considerati i tassi legali di interesse
vigenti nel periodo, sono dovuti:
€ 5263,72 per il periodo che va
dal 18/2/1987 al 18/2/1988, oltre
interessi legali dal 19/2/1988 al
soddisfo;
€ 5263,72 per il periodo che va
dal 18/2/1988 al 18/2/1989, oltre
interessi legali dal 19/2/1989 al
soddisfo;
€ 5263,72 per il periodo che va
dal 18/2/1989 al 18/2/1990, oltre
interessi legali dal 19/2/1990 al
soddisfo;
€ 7018,30 per il periodo che va
dal 18/2/1990 al 18/2/1991, oltre
interessi legali dal 19/2/1991 al
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19
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ALTIRPINIA
“
giudizio), a prescindere dal fatto che l’opera eseguita entri o no nel patrimonio dell’autore della condotta illecita (Cass. civ., Sez.I, 18/02/2000, n.1814, in
Appalti, urbanistica, edilizia, 2000).
Ne deriva che non rileva che l’I.A.C.P. abbia rifiutato la delega per il compimento delle procedure
espropriative essendo sufficiente, ai fini della
astratta configurabilità della sua corresponsabilità
solidale, che abbia materialmente provveduto alla
costruzioni degli alloggi (cfr. punto 3, lett.c, delibera n. 109/1987) sebbene attraverso propri concessionari (A.T.I. Del Bavero Costruzioni S.p.A. – Afa
Costruzioni)
Quanto all’elemento psicologico della colpa, sebbene l’illiceità della intera attività posta in essere
generi dalla patente nullità della delibera di localizzazione, imputabile esclusivamente al Comune,
comunque un soggetto qualificato come l’I.A.C.P.
non non poteva non rendersi conto della giuridica
inesistenza della D.P.U. per cui anche la sua attività
meramente materiale si connota del requisito della
colpa.
Consegue che, ex art. 2055 c.c.,
entrambi i convenuti sono tenuti al risarcimento del danno in
favore degli attori.
Ai sensi del comma 3 della
norma citata le colpe, in difetto
di qualsivoglia approfondimento istruttorio al riguardo, si presumono uguali con la conseguenza che non può accogliersi
la domanda di rivalsa proposta
dal Comune nei confronti dell'I.A.C.P. neppure
espressamente richiamata in sede di precisazione
delle conclusioni.
Le spese seguono la soccombenza.
...responsabilità
aquiliana. ...
20
“
mancata disponibilità della somma medio tempore e
che è dovuta in quanto, in base al raffronto tra la
redditività media del denaro ed il tasso di inflazione
nel periodo di riferimento, può fondatamente sostenersi che, ove l’attore avesse disposto della somma
ab origine, oggi disporrebbe di una somma maggiore rispetto a quella risultante dalla mera rivalutazione della stessa.
Tali interessi compensativi vanno liquidati al tasso
medio equitativo del 2% per cui a tale titolo sono
dovute ulteriori £ 29.645.624 per cui, per la perdita
della proprietà del terreno, è dovuta la somma complessiva, rivalutata alla attualità e comprensiva
degli interessi compensativi di £ 313.838.624, pari
ad € 162.084,12.
Va da sé che su tale somma, che una volta liquidata
costituisce debito di valuta, decorreranno gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.
Rimane infine da affrontare il problema della individuazione del soggetto sul quale deve ricadere l’onere economico del risarcimento e
cioè del soggetto cui è imputabile l’illecito commesso in danno
del privato.
Così impostata la questione
emerge la assoluta irrilevanza
degli accordi interni intervenuti
tra il Comune e l’I.A.C.P. in forza
dei quali quest’ultimo, in corrispettivo della concessione del
diritto di superficie, avrebbe
dovuto versare una somma pari
al costo di acquisizione ed occupazione delle aree
destinate alla realizzazione dell’intervento.
Ed infatti, nel caso di specie, non sono applicabili le
regole della legittimazione passiva dell’obbligazione indennitaria, ma i principi generali in forza dei
quali viene individuato il responsabile dell’illecito
(T.A.R. Emilia - Romagna Bologna, Sez.I, 04/07/2001,
n.536, in Foro Amm., 2001). Ciò posto va tenuto presente che nell’ipotesi di collaborazione di più enti
alla realizzazione dell’opera pubblica, qualora l’occupazione risulti ab initio illegittima, tutta l’attività
svolta nel corso dell’occupazione, da chiunque
esplicata, risulta, conseguentemente, illegittima,
ove causalmente collegata al danno, nonchè fonte
di responsabilità per gli autori, tenuti al relativo
risarcimento ai sensi degli art. 2043 e 2055 c.c.
Pertanto, con la responsabilità dell’ente espropriante concorre quella dell’ente delegato alla
costruzione di edifici sul suolo occupato qualora,
nel comportamento di chi perseveri nell’occupazione del terreno e nella costruzione dei manufatti, pur
essendo a conoscenza della prospettata illegittimità dell’occupazione, possano individuarsi tutti gli
elementi della responsabilità aquiliana (condotta
attiva od omissiva, elemento psicologico della
colpa, danno, nesso di causalità tra condotta e pre-
P.Q.M.
(omissis)
IL GIUDICE
DOTT. GENNARO IANNARONE.
Lioni Ofanto
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
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NON E' ESPERIBILE L'AZIONE DI
ARRICCHIMENTO CONTRO LA P.A. PER I
DEBITI FUORI BILANCIO
RIF. NORM.
D.LGS. N.342/97;
D.L. N. 66/99;
D.LGS. N. 267/00
T.U. ENTI LOCALI 1989
C.C. ART. 2042
MASSIMA
A NORMA DELL'ART. 191 D.LGS. N. 267 DEL 2000, IN CASO DI MANCATO RICONOSCIMENTO, IL RAPPORTO
CONTRATTUALE INTERCORRE UNICAMENTE TRA IL TERZO CONTRAENTE E IL FUNZIONARIO O L'AMMINISTRATORE CHE HA AUTORIZZATO LA PRESTAZIONE.
L'ATTIVAZIONE DELL'ITER AMMINISTRATIVO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO È RISERVATA ALLA DISCREZIONALITÀ DELL'AMMINISTRAZIONE NON POTENDO IL GIUDICE SOSTITUIRSI AD ESSA NEL RICONOSCERE IL DEBITO
ANCHE CON LA NUOVA DISCIPLINA RIMANE FERMA LA REGOLA DELLA CONCLUSIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO CON L'AMMINISTRATORE, IL FUNZIONARIO O IL DIPENDENTE CHE HANNO CONSENTITO LA FORNITURA
AL DI FUORI DEGLI IMPEGNI CONTABILI, SALVA LA POSSIBILITÀ DI UN RICONOSCIMENTO "A POSTERIORI" DELLA
LEGITTIMITÀ DEI DEBITI FUORI BILANCIO.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI G.M. DOTT. GENNARO IANNARONE
(omissis)
MOTIVAZIONE
La domanda di ingiustificato arricchimento proposta nei confronti della P.A. non può essere accolta
per difetto del requisito della sussidiarietà di cui
all’art. 2042 c.c.
In contrario l’attore ha sostenuto la piena proponibilità dell’azione in relazione ai debiti “riconoscibili” poiché il rapporto contrattuale diretto tra funzionario e privato che,
consentendo l’esperimento dell’azione contrattuale, esclude l’ammissibilità
dell’azione di arricchimento,
riguarderebbe
esclusivamente i debiti
fuori bilancio “non riconoscibili”.
La tesi, esposta con ricchezza di argomentazioni
giuridiche, e che ha trovato autorevole avallo sia in
studio che in giurisprudenza (Trib. Napoli, sez. dist.
Afragola, 1 febbraio 2002 n. 33 in Corriere giuridico,
2003, 947, con nota di commento), in estrema sinte-
“
si si fonda sul riconoscimento di un carattere profondamente innovativo rispetto al sistema instaurato con l’art. 23 d.l. 2/5/89 n. 66, alla modifica legislativa introdotta dal d.lgs. 342/1997, confermata dal
T.U. 267/2000. Siffatta innovazione, ampliando le
possibilità di tutela del privato nei confronti dell’ente piuttosto che nei confronti di un funzionario
spesso insolvibile rispetto alle
ingenti somme richieste, consentirebbe la proposizione dell’azione di arricchimento verso
la P.A. affermando la imputabilità all’Ente per la parte riconoscibile del debito (cioè per la
parte di cui sia accertata e
dimostrata l’utilità) laddove
permarrebbe la non imputabilità allo stesso, con conseguente diretta responsabilità del
funzionario, solo per la parte
non riconoscibile.
Da questa impostazione consegue poi che la riconoscibilità o meno del debito dovrebbe essere valutata dal Giudice pur in difetto di espresso riconosci-
... imputabilità all'Ente per la
parte riconoscibile del
debito...
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
21
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
mento del debito fuori bilancio da parte dell’ente
che, in relazione alla parte in cui la spesa sia stata
rivolta ad un effettivo arricchimento, non potrebbe
considerarsi discrezionale.
Siffatta tesi tuttavia non può accogliersi in quanto è
già passata al vaglio della Suprema Corte che l’ha
ritenuta infondata affermando che l’attivazione dell’iter amministrativo per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio è riservata alla discrezionalità dell’amministrazione
non potendo
il
giudice
sostituirsi
ad essa nel
riconoscere
il
debito
f e r m o
restando che
(a
norma
dell’art. 191
d.lg. n. 267
del 2000), in
caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l’amministratore che ha autorizzato la prestazione.
Ed infatti, avuto riguardo al tenore letterale e alla
ratio della norma indicata, la relativa valutazione
spetta all’amministrazione e il giudice non può ad
essa sostituirsi affermando l’esistenza di un diritto
al riconoscimento del debito assunto fuori bilancio,
nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore, perchè l’ente possa procedere al riconoscimento (Cass., Sez.III, 14/01/2002, n.355, in Foro It.,
2002, I).
Da ciò consegue che l’azione di arricchimento sarà
esperibile solo dopo il positivo riconoscimento del
debito da parte dell’ente.
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione era
stato appunto invocato lo ius superveniens costituito dall’art. 5 del d.lvo 342/1997 per sostenere l’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento
nei confronti della P.A. nei limiti dell’utilità e dell’arricchimento.
In contrario invece la Suprema Corte ha ritenuto
che anche con la nuova disciplina rimane ferma la
regola della conclusione del rapporto obbligatorio
con l’amministratore, il funzionario o il dipendente
che hanno consentito la fornitura al di fuori degli
impegni contabili, salva la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti
fuori bilancio.
Più specificamente, con la previsione della possibilità del riconoscimento della legittimità del debito
fuori bilancio per l’acquisizione di beni e servizi in
violazione delle regole poste dai primi tre commi
dell’art. 194 T.U. enti locali, si è consentito all’ente,
“
... il riconoscimento dei
debiti fuori bilancio è
riservata alla
discrezionalità
dell'amministrazione...
“
22
attraverso il meccanismo della deliberazione consiliare (che provvede anche per il finanziamento della
spesa), di riconoscere ex post le obbligazioni irritualmente assunte dall’amministratore, dal funzionario o dal dipendente, che altrimenti, sulla base
della disciplina legislativa in vigore dal 1989, sarebbero rimasti direttamente a carico di quelli senza
possibilità di imputazione all’ente.
Il legislatore, ritenendo evidentemente troppo rigida la precedente disciplina, ha consentito il riconoscimento dei debiti assunti irritualmente fuori
bilancio, circondando tuttavia la fattispecie di particolari garanzie e subordinando il riconoscimento
ad una formale deliberazione consiliare di riconoscimento del debito “nei limiti degli accertati e
dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente”,
fermo restando, come già detto, che, in caso di
mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale
intercorre unicamente tra il terzo contraente e il
funzionario o l’amministratore che ha autorizzato la
prestazione.
Anche nel mutato quadro normativo il Giudice non
può sostituirsi all’amministrazione affermando
l’esistenza di un diritto al riconoscimento del debito fuori bilancio, pur nella ricorrenza delle condizioni previste dalla legge perché l’ente possa procedere al riconoscimento.
Ed infatti si è osservato che, ove effettivamente sussistesse un diritto al riconoscimento giustiziabile
dinanzi al Giudice, in presenza della condizioni previste dalla legge, non si comprenderebbe il mantenimento del principio della sussistenza del rapporto obbligatorio unicamente tra il terzo e l’amministratore o il funzionario che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi.
Ne consegue che l’azione di arricchimento non
poteva essere esperita e pertanto deve essere rigettata.
Sussistono più che evidenti ragioni per disporre la
compensazione integrale delle spese di lite.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE
in persona del
GIUDICE MONOCRATICO
dott. Gennaro Iannarone
definitivamente pronunciando sulla domanda proposta,
con atto di citazione notificato in data 22 settembre 200,
da C. F. nei confronti del Comune di Bagnoli Irpino, in persona del Sindaco p.t., così provvede:
rigetta la domanda;
compensa tra le parti le spese di lite.
S. Angelo dei Lombardi 21 febbraio 2004.
IL GIUDICE
DOTT. GENNARO IANNARONE.
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
COMPRAVENDITA DI IMMOBILI
RIF. NORM
T.U. EDILIZIA
L. N. 47/85
COD. CIV. ART. 1338; 2932;
COD. P. CIV. ART. 183; 184
MASSIMA
NEL
CONTRATTO PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA NON È RICHIESTO, A PENA DI NULLITÀ DEL CONTRATTO,
LA ALLEGAZIONE DEL CERTIFICATO DI DESTINAZIONE URBANISTICA, TUTTAVIA LA MANCATA ALLEGAZIONE
NON CONSENTE L'ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA PROPOSTA EX ART. 2932 DI ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA.
LA NULLITÀ DEL CONTRATTO PER VIOLAZIONE DELL'ART. 18 CO. 2 L. NR. 47/85 (OGGI ART. 30 T.U.
EDILIZIA) È NULLITÀ FORMALE ASSOLUTA, RILEVABILE D'UFFICIO IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCESSO.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 12.11.2000. G.M. DOTT. G.IANNARONE
(omissis)
MOTIVAZIONE
Preliminarmente occorre procedere alla qualificazione del contratto intercorso tra le parti e considerato da parte attrice in un primo momento quale
contratto definitivo e, in sede di seconda precisazione delle conclusioni, quale contratto preliminare.
La prima qualificazione
appare senz’altro corretta
emergendo chiaramente
dal tenore dell’atto la
volontà delle parti di realizzare un effetto traslativo
immediato del bene piuttosto che di vincolarsi alla
prestazione di un futuro
consenso traslativo.
Tanto che il contratto prevede, oltre agli effetti reali
immediati, anche la riproduzione in forma pubblica dell’atto intesa quale
mera attività di formalizzazione, ai fini della trascrizione, dell’atto traslativo già posto in essere.
In questa direzione depone anche l’inequivoco
tenore dell’atto di citazione (da considerarsi anche
come comportamento successivo alla redazione
dell’atto rilevante ai fini della sua interpretazione),
che correttamente qualifica il negozio come preliminare c.d. improprio (o compromesso), con conseguente richiesta della declaratoria del già intervenuto effetto traslativo.
Ciò posto l’atto risulta senz’altro affetto da nullità
per violazione dell’art. 18, comma 2. l. 47/1985 (oggi
art. 30 T.U. edilizia).
Si tratta di una nullità formale assoluta, rilevabile
d’ufficio, e che inficia l’atto ove al momento della
sua stipulazione, sebbene in forma privata, non sia
allegato il certificato di destinazione urbanistica del
“
terreno.
La nullità non è limitata, come potrebbe far ritenere la sua previsione nell’ambito della lottizzazione
abusiva, alle sole ipotesi di trasferimenti e frazionamenti che integrino la fattispecie penale essendo
sufficiente al riguardo la previsione del comma 1
dell’art. 18 cit.
Ed infatti l’obbligo di allegare il certificato non è diretto
a consentire all’acquirente
di constatare se l’attività
negoziale sia lottizzatoria o
meno.
Se tale fosse stata la funzione del certificato lo si sarebbe dovuto allegare solo per
quegli atti di trasferimento
aventi ad oggetto beni frazionati e non anche per tutti
gli atti aventi ad oggetto trasferimenti di terreni anche se non frazionati e indipendentemente dalla loro estensione, come invece
richiesto dalla norma. L’intento perseguito dal legislatore è quello di assicurare certezza e trasparenza nei rapporti contrattuali e solo indirettamente
quello di fare opera di prevenzione.
Ne deriva che la nullità sussiste anche quando non
venga in considerazione una fattispecie lottizzatoria ed è diretta a salvaguardare anche interessi pubblici per cui si tratta di nullità assoluta rilevabile
d’ufficio in ogni stato e grado del processo (ex plurimis Cass. civ., Sez.II, 02/04/2001, n.4811, in Riv.
Notar., 2002, 230).
Pertanto la domanda originaria, diretta all’accertamento dell’intervenuto trasferimento del bene, non
avrebbe potuto essere accolta stante la nullità dell’atto. Tale domanda in ogni caso non è stata riproposta per cui deve ritenersi rinunciata.
... assicurare certezza e
trasparenza nei rapporti
contrattuali e solo
indirettamente quello di fare
opera di prevenzione....
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
23
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
Tantomeno può essere accolta la domanda di ese- forme previste dalle norme citate.
cuzione in forma specifica del contratto prelimina- Ne consegue che la domanda proposta ex art. 2932
re ex art. 2932 c.c. divenuta, in sede di definitiva c.c. deve essere rigettata.
precisazione delle conclusioni, la domanda princi- Neppure può essere accolta la domanda di risolupale (laddove sia nell’atto di citazione che nelle zione, che ovviamente presuppone la validità del
conclusioni originarie era stata proposta solo in via contratto, del contratto traslativo; mentre riguardo
subordinata).
all’allegato presupposto negozio transattivo si tratCiò in primo luogo perché il contratto concluso tra ta di domanda assolutamente nuova proposta oltre
le parti non è un contratto preliminare ma un con- i termini di cui all’art. 183 c.p.c.
tratto definitivo di compravendita.
Non è configurabile una obbligazione risarcitoria
In secondo luogo poi, se pure è vero che la allega- della F. per aver concluso un contratto invalido poizione del certificato di destinazione urbanistica non ché, derivando l’invalidità dalla violazione di una
è richiesta a pena di nullità per il contratto prelimi- norma imperativa, che doveva essere conosciuta
nare (da ultimo Cass. civ., Sez.II, 17/01/2003, n.628, anche da parte attrice, non risulta che questa abbia
in Gius, 2003, 10, 1108), è altrettanto vero che la sua confidato nella validità del contratto senza sua
mancanza impedisce al Giudice di accogliere la colpa, secondo la dizione normativa dell’art. 1338
domanda proposta ex art. 2932 c.c.
c.c.
E tale certificato, nell’ambito della suddetta azione Affermata dunque la nullità del contratto consegue
costitutiva, deve essere allegato al momento della l’accoglimento della domanda riconvenzionale di
domanda o, al più, nei limiti delle preclusioni istrut- restituzione dell’anticipo già versato sul prezzo
torie non potendosi tenere conto pertanto del cer- sebbene essa sia stata proposta ad altro titolo
tificato prodotto dopo la remissione della causa sul (annullamento del contratto per errore o violenza)
ruolo e quindi ben oltre il termine di cui all’art. 184 con decorrenza degli interessi dalla domanda
c.p.c.
essendo gli attori possessori di buona fede.
Certo potrebbe obiettarsi che, in
In merito alle spese di lite sussiste
Torella Dei Lombardi, Il Castello
assenza di una illecita attività di lotpiù di una ragione per la compensatizzazione, si tratterebbe di una
zione.
mera irregolarità formale sanabile in
In primo luogo rileva il comportaogni tempo. Non va dimenticato
mento di parte convenuta che solo
infatti che, con riferimento agli edifinelle memorie di replica ha posto la
ci, l’art. 40 l. 47/1985 (ora art. 46 T.U.
questione della nullità meramente
edilizia) dispone che, ove la mancaformale che affliggeva l’atto; in
ta indicazione in atto degli estremi
secondo luogo perché, a parte siffatdella concessione edilizia non sia
ta nullità, tutte le doglianze espresse
dipesa dalla insussistenza del perda parte convenuta erano risultate
messo di costruire al tempo in cui gli atti medesimi del tutto infondate. Non può poi ignorarsi che, nella
sono stati stipulati, i relativi atti di trasferimento pratica, quasi mai ai contratti redatti in forma privapossono essere confermati anche da una sola delle ta viene allegato il certificato di destinazione urbaparti mediante atto successivo, redatto nella stessa nistica del terreno con la conseguenza che, ove non
forma del precedente, che contenga la menzione sorgano giustificati contrasti, provvede poi il notaomessa.
io a sanare la nullità in sede di riproduzione in
Una analoga possibilità di sanatoria non è invece forma pubblica dell’atto stesso.
prevista per gli atti aventi ad oggetto i terreni il che P.Q.M.
potrebbe indurre a ritenere una ingiustificata dispa- IL TRIBUNALE
rità di trattamento. E la giurisprudenza considera in persona del Giudice Monocratico dott. Gennaro
pacificamente l’art. 40 l. 47/1985 inapplicabile agli Iannarone, definitivamente pronunciando sulla
atti aventi ad oggetto terreni: La mancata allegazio- domanda proposta, con atto di citazione notificato
ne del certificato di destinazione urbanistica, con in data 26 febbraio 1998, da S. F. e S. A., nei confronriguardo agli atti traslativi di terreni, comporta, ai ti di F. L. nonché sulla domanda riconvenzionale da
sensi dell’art. 18, l. 28 febbraio 1985, n. 47, la nullità questa proposta con la comparsa di risposta depodegli atti medesimi ed il divieto della loro trascrizio- sitata in data 27 aprile 1998, così provvede:
ne, nonché ai sensi dell’art. 21, detta l., la responsa- 1) rigetta le domande principali;
bilità disciplinare del notaio che li abbia ricevuti od 2) accoglie la domanda riconvenzionale e per l’effetautenticati (nullità non suscettibile di successiva to condanna S. F. e S. A. alla restituzione, in favore
“convalida”, prevista dall’art. 40, l. stessa solo per gli di F. L. di € 15.493,70, oltre interessi legali dalla
atti inerenti ad edifici)” (Cass. civ., Sez.III, domanda al soddisfo;
03/07/1990, n.6786, in Vita Notar., 1990, 247).
3) compensa tra le parti le spese di lite.
Tuttavia non vi è spazio per la rilevanza nella con- S. Angelo dei Lombardi 12 novembre 2000
troversia in esame di una eventuale questione di Il Giudice
costituzionalità essendosi parte attrice limitata a Dott. Gennaro Iannarone
produrre (tardivamente) il certificato di destinazione urbanistica piuttosto che convalidare l’atto nelle
24
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
IL LIMITE DELLA TUTELA COSTITUZIONALE
DELLA
" CRITICA POLITICA"
R IF. N ORM .
C OST AR T.21
L . N .142/90
C . C . AR T 2043
M ASSIMA
L A CRITICA POLITICA TROVA IL FONDAMENTO DELLA SUA LEGITTIMITÀ NELL ' AR T. 21 DELLA
COSTITUZIONE CON UN LIMITE , CONDIVISO DALLA STUDIO , CHE LA CRITICA DEVE RIGUARDA RE LA C . D . IDENTITÀ POLITICA DEL PERSONAGGIO PUBBLICO CRITICATO , OVVERO LA DIMEN SIONE PUBBLICA DELLO STESSO NEL SENSO CHE LA MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO DEVE
INCIDERE SU QUEGLI ASPETTI DELLA ATTIVITÀ E DELLA PERSONALITÀ DEL SOGGETTO CHE
SIANO ESPOSTI AL PUBBLICO E NON LA DIMENSIONE MERAMENTE PRIVATA CHE MERITA UNA
TUTELA PI Ù INCISIVA .
P ER AVERSI , IN TEMA DI CRITICA POLITICA , UNA FATTISPECIE RISARCITORIA OCCORRE CHE
IL DANNO SIA NON SOLO " CONTRA IUS ", MA ALTRESÌ CHE SIA STATO ARRECATO ATTRAVER SO UNA CONDOTTA NON AUTORIZZATA O COMUNQUE NON CONSENTITA DALL ' ORDINAMENTO :
ATTRAVERSO , CIO È, UNA CONDOTTA " NON IURE ".
A FFINCHÈ RICORRA UN ILLECITO CIVILE , FORIERO DELL ' OBBLIGO DI RISARCIRE IL DANNO
( AR T. 2043 C . C .), OCCORRE CHE VI SIA STATA LA LESIONE DI UN INTERESSE GIURIDICAMEN TE PROTETTO DALL ' ORDINAMENTO E CHE TALE LESIONE NON SIA STATA ARRECATA NEL L ' ESERCIZIO DI UNA FACOLTÀ PARIMENTI RICONOSCIUTA DALL ' ORDINAMENTO STESSO
IL
GIUDIZIO SULLE CIRCOSTANZE DI FATTO , CONSIDERATE MANOVRE POLITICHE PER LA CAP TAZIONE DEL CONSENSO , E LA LORO AFFERMATA RICONDUCIBILITÀ ADDIRITTURA A FATTISPE CIE DELITTUOSE , TUTTAVIA ESCLUSE IN SEDE PENALE , NON PUÒ CHE RICONDURSI AL LEGIT TIMO , CONTINENTE ( PERCHÈ ESPRESSO CON LINGUAGGIO CORRETTO E CIVILE ) E PER TINEN TE ( PERCHÈ SUSSISTE L ' INTERESSE PUBBLICO ALLA CONOSCENZA DI QUEI FATTI ) ESERCIZIO
DEL DIRITTO DI CRITICA POLITICA TUTELATO A LIVELLO COSTITUZIONALE .
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, 12.12.02 G.M. DOTT. G.IANNARONE
(omissis)
MOTIVAZIONE
La domanda è infondata e pertanto deve essere rigettata.
In primo luogo la semplice lettura del ricorso – denuncia dimostra inequivocabilmente che non
sussistono gli estremi per l’affermazione della responsabilità civile dei firmatari dello stesso.
Ed infatti, secondo la prospettazione dell’attore, egli avrebbe
subito una ingiusta lesione dei
suoi diritti della personalità
(onore e decoro) nonché una
consequenziale lesione del suo
diritto assoluto alla salute, a
causa del patema d’animo indotto dalle accuse pubblicamente
mossegli e dalla divulgazione che
le stesse avevano avuto su vari
organi di stampa.
Al riguardo occorre brevemente
ricordare che, affinché ricorra un
illecito civile, foriero dell’obbligo
di risarcire il danno (art. 2043
c.c.), occorre che vi sia stata la
lesione di un interesse giuridicamente protetto dall’ordinamento
e che tale lesione non sia stata
arrecata nell’esercizio di una
facoltà parimenti riconosciuta
dall’ordinamento stesso. Per
aversi quindi una fattispecie
risarcitoria occorre che il danno
sia non solo contra ius ma altresì
che sia stato arrecato attraverso
una condotta non autorizzata o
comunque consentita dall’ordinamento: attraverso, cioè, una
condotta non iure.
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Orbene, calando queste brevi ed
istituzionali premesse nel caso
specifico, è facile dedurre che si
è di fronte al legittimo esercizio
di critica politica espresso attraverso
una
interpretazione,
appunto di tipo politico, della
attività amministrativa posta in
essere dalla compagine vincente,
e in particolare dall’attore, in
prossimità delle elezioni amministrative ed una richiesta alle
varie Autorità di controllo (politico, amministrativo e giudiziario)
di un approfondimento su quanto veniva denunciato.
In particolare nel ricorso –
denuncia del quale si duole l’attore i consiglieri di minoranza,
odierni convenuti, hanno espo-
25
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
sto le seguenti circostanze:
1) che mentre nei primi mesi dell’anno erano state adottate solo
41 delibere di G.M., nel periodo
dalla indizione delle elezioni
(17/2/1997) alla celebrazione
delle stesse (24/4/1997) erano
state adottate ben 149 delibere;
2) che tra i bisognosi a favore dei
quali erano stati elargiti sussidi
figuravano anche persone titolari
di reddito;
3)
che
e r a n o
state autorizzati
molti lavori con la
procedura
della c.d.
s o m m a
urgenza;
4)
che
erano stati autorizzati numerosi
lavori di manutenzione di strade
in maniera illegittima dal punto
di vista formale e contabile;
5) che, in prossimità delle elezioni qualunque richiesta dei cittadini veniva prontamente esaudita;
6) che, sempre in prossimità
delle elezioni, erano state attribuite qualifiche superiori a taluni
dipendenti;
7) che era stato pubblicato, in
data 16/4/1997, il bando per la
assegnazione di 47 alloggi di edilizia economica e popolare che
erano ancora in via di ultimazione ovvero i cui lavori erano appena iniziati;
8) che, nonostante per le casette
asismiche vi fosse già una progettazione esecutiva finanziata, si
era deciso di procedere con l’appalto – concorso esponendo il
Comune all’azione civile dei tecnici che avevano redatto il primo
progetto.
Dal punto di vista valutativo e
critico i firmatari della denuncia,
oltre a sostenere la illegittimità o
inopportunità ovvero onerosità,
sotto il profilo economico, delle
scelte amministrative effettuate,
hanno affermato che le delibere
citate erano tutte, in considerazione del periodo in cui erano
state adottate e della violazione
dei requisiti formali e dei controlli necessari, finalizzate ad ottenere il consenso degli elettori emergendo pertanto il reato di voto di
scambio.
Basterebbe pertanto, come già
“
detto, la lettura dell’esposto per
rendersi pienamente conto che si
tratta niente altro che di esercizio di critica politica la quale,
come è ovvio, presenta, per la
sua stessa essenza ontologica, un
nucleo valutativo in senso negativo della attività posta in essere
dal proprio antagonista.
Del resto uno dei casi più frequenti di critica politica ha ad
oggetto proprio la stigmatizzazione, anche
dura e formulata con
toni aspri,
degli strumenti utilizzati
dal
competitore
per la conquista del consenso degli elettori. E’ sufficiente scorrere le cronache politiche degli ultimi anni per
ritrovare numerosi esempi di tale
pratica: si pensi, a livello politico
generale, alla critica ai provvedimenti di natura fiscale, spesso
definiti misure captatorie volte a
carpire la buona fede degli elettori ovvero, a livello regionale, alla
accusa di utilizzazione clientelare dei fondi europei, fino a quella
di finalizzazione della attività
amministrativa alla conquista
ovvero all’acquisto del consenso
elettorale, a livello amministrativo – locale.
E in questo quadro si inserisce
appieno la vicenda
che ci occupa che
si appalesa appunto come una forma
tipica e ricorrente
di critica politica
essendo frequente
che il competitore
sconfitto, interpretando
politicamente
l’attività
dell’avversario e
gli esiti elettorali,
tenda ad attribuire
questi ultimi, piuttosto che ad una scelta libera e
consapevole del corpo elettorale,
ad una gestione poco corretta e
trasparente del potere amministrativo piegato alla captazione
del consenso.
Né vale a mutare l’interpretazione della vicenda la circostanza
che nel ricorso – denuncia vi sia
espresso riferimento alla com-
... un nucleo valutativo in
senso negativo della
attività posta in essere...
“
26
missione di illeciti penali da
parte dell’attore, sub specie di
voto di scambio e che al riguardo
vi sia stata archiviazione.
Ed infatti da un lato va posto in
luce che la situazione sarebbe
rimasta immutata ove pure i firmatari si fossero astenuti da siffatta qualificazione giuridica, che
comunque attiene al lato valutativo dell’esposto, in quanto la stessa narrazione dei fatti sarebbe
stata sicuramente sufficiente ai
fini della instaurazione di un procedimento penale; dall’altro va
rilevata la assoluta autonomia
del giudice civile, investito di una
richiesta di risarcimento danni
per diffamazione ed ingiuria,
rispetto alle valutazioni del P.M. e
del G.I.P. che, rispettivamente,
abbiano formulato richiesta di
archiviazione ed accolto la stessa.
L’unica questione rilevante in
sede civile è se vi sia stata o
meno lesione ingiusta e non consentita (contra ius e non iure) dei
diritti assoluti dell’attore (onore,
decoro e salute).
Ed al riguardo occorre scrutinare, in punto di diritto ed in termini generali, la questione relativa
all’ambito di applicabilità del
diritto di critica politica, ai suoi
limiti, ed al rapporto con il criterio, elaborato ai fini della legittimità del diritto di cronaca, della
verità obiettiva dei fatti; per poi,
in punto di fatto e con riferimento al caso concreto, valutare le
risultanze processuali ed applicare
alle stesse i principi generali elaborati dalla studio e
dalla giurisprudenza.
Orbene, in merito
alla questione di
diritto, va ricordato che la giurisprudenza si è più volte
occupata della critica politica ed ha
rinvenuto il fondamento della sua legittimità nell’art. 21 della Costituzione con un
limite, condiviso dalla studio,
che la critica deve riguardare la
c.d. identità politica del personaggio pubblico criticato, ovvero
la dimensione pubblica dello
stesso nel senso che la manifestazione del pensiero deve incidere su quegli aspetti della attivi-
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GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
bile del presente atto” e verbale di
s.i.t. di del ragioniere comunale
Ruggiero Giuseppe: “in ordine
alla delibera n. 181 del
23.04.1997, avente ad oggetto l’assistenza ai bisognosi, il parere del
ragioniere comunale è richiesto ai
sensi della legge. 142/90; parere
che il sottoscritto non ha manifestato favorevolmente in quanto
nel bilancio 1997, nel Comune di
Lacedonia non esisteva all’epoca
uno specifico capitolo acceso
all’assistenza ai bisognosi. Per
quanto riguarda il codice di imputazione indicato nella delibera, lo
stesso è acceso ai fondi destinati
per il pagamento delle spese di
tesoreria”) ovvero la soddisfazione di alcune richieste di cittadini
solo in prossimità delle elezioni
(cfr. verbale di s.i.t. di Quadrale
“
... Il diritto di critica non
presuppone neppure la
verità del fatto ...
“
tà e della personalità del soggetto che siano esposti al pubblico e
non la dimensione meramente
privata che merita una tutela più
incisiva.
Il diritto di critica inoltre, secondo un indirizzo giurisprudenziale
non del tutto univoco, non presuppone neppure la verità del
fatto, poiché si differenzia dal
diritto di cronaca, che per essere
validamente esercitato richiede
che i fatti narrati siano veri, perché si concretizza nella espressione di un giudizio.
Ove poi tale giudizio tragga origine da fatti concreti il limite della
verità può riferirsi (se ritenuto
necessario) solo ai fatti in sé e
per sé considerati, e cioè, nel
nostro caso, alla adozione di un
determinato numero di delibere
in prossimità delle elezioni, al
rifacimento delle strade, alla
pubblicazione del bando per
l’assegnazione degli alloggi
popolari, alla gestione della pratica relativa alla ricostruzione
delle casette asismiche etc…;
non può invece certo riferirsi al
giudizio relativo alla legittimità
o opportunità di siffatti atti
amministrativi o alla loro funzionalizzazione all’ottenimento del
consenso elettorale.
Ed al riguardo occorre notare che
la storica verificazione dei fatti
materiali narrati nel ricorso –
denuncia non è stata contestata
dall’attore che non ha affatto
negato l’adozione di un rilevante
numero di delibere di G.M., l’esecuzione di lavori con la procedura di somma urgenza, l’adozione
di una delibera di assistenza ai
bisognosi senza il prescritto
parere contabile, la pubblicazione del bando per l’assegnazione
degli alloggi popolari etc… avvenuti in prossimità delle elezioni
amministrative dell’aprile 1997;
la stessa risulta inoltre dalla
documentazione prodotta in atti
dalla quale si evincono, oltre alla
coincidenza temporale tra i vari
atti amministrativi ed il periodo
della campagna elettorale, anche
taluni profili di dubbia legittimità
lamentati dai convenuti (cfr. delibera di G.M. 23/4/1997 n. 181: “lo
stanziamento dello stesso codice è
sufficientemente capiente per i
programmi dell’Ente ed anche in
assenza di parere contabile in
quanto sussiste la regolarità conta-
Leonardo Rosario del 5/10/1997:
“circa due anni fa ho presentato al
comune di Lacedonia una istanza
[……….]. Più volte ho rappresentato all’ex Sindaco S. M. tale problema. Solamente nell’aprile 1997
mi è stato richiesto quanto da me
richiesto [……….]. I lavori sono
stati effettuati il giorno prima delle
elezioni
comunali
del
27.04.1997”) o ancora veri e propri favori elargiti per fini privati
(verbale di s.i.t. di Pasciuti
Giuseppe del 10/10/1997: “nel
mese di aprile 1997, prima delle
elezioni comunali il Comune di
Lacedonia portò della breccia in
detta stradina perché era dissestata [……]. La strada citata è di mia
proprietà).
Ne deriva, posta la corrispondenza al vero dei fatti materiali, che
l’unica questione da vagliare
riguarda il giudizio ricavatone dai
convenuti, in particolare se esso
integri, dal punto di vista oggettivo e soggettivo, un illecito civile,
cioè una ingiusta aggressione dei
diritti assoluti dell’attore non giustificata dall’esercizio di una
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
facoltà legittima.
Riguardo all’elemento soggettivo
aspetto va subito detto che il
complesso di attività poste in
essere in prossimità delle elezioni amministrative e le relative
modalità senz’altro potevano
ingenerare, in assoluta buona
fede, la convinzione della loro
finalizzazione all’ottenimento del
consenso della quale i consiglieri
di minoranza, nell’esercizio di
una loro facoltà legittima, hanno
inteso fare denuncia.
In merito all’elemento oggettivo
in parte già si è detto: il giudizio
sulla complessa attività preelettorale espresso dai componenti
la minoranza consiliare senza
dubbio alcuno si inquadra nel
legittimo esercizio della critica
politica che è stata espressa su
dati oggettivi, con linguaggio
corretto e continente e senza
mai trasmodare in attacchi sul
piano personale e privato.
Ciò che rileva infatti è la peculiarità della competizione politica,
che è costituzionalmente protetta e garantita, attraverso la
quale si sviluppa la dialettica
democratica che costituisce il
fondamento dello Stato di diritto. E in tale dialettica è sicuramente compito, facoltà se non
addirittura dovere civico, dei
gruppi di opposizione svolgere
una funzione di controllo ed
anche di denuncia investendo
Autorità terze ed imparziali dei
propri dubbi sulla liceità dell’agire amministrativo dei propri
competitori con il solo limite
della commissione del delitto di
calunnia che, nel caso di specie,
sicuramente esula non tanto e
non solo per l’operatività di una
scriminante quanto per l’assoluto difetto del dolo inteso quale
sicura certezza della innocenza
dell’incolpato.
E nell’affermare i richiamati principi la Suprema Corte ha escluso
la consumazione tanto del reato
quanto dell’illecito civile in casi
ben più gravi di quello oggi
all’esame di questo Tribunale nei
quali era stato utilizzato un linguaggio turpe e volgare all’indirizzo di un avversario politico
(“ladro, ladro, ancora state a sentire quel ladrone, vai a lavarti che
puzzi e puzza la via dove passi”:
Cass. 15 marzo 2001 n. 31220
pubblicata in Guida al Diritto del
27
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
28
Ciò in quanto, nel caso di specie,
non solo la domanda si è dimostrata totalmente infondata per
la corrispondenza al vero dei fatti
materiali e per la riconducibilità
della interpretazione degli stessi
nell’ambito della critica politica;
ma anche perché non ricorre
ragione alcuna di compensazione
delle spese neppure parziale vertendosi in una situazione nella
quale si è ben lontani da quelle
aggressioni al patrimonio morale
di una persona nelle quali la
Suprema Corte ha parimenti riconosciuto l’operatività della scriminante pur di fronte ad accuse
ben più gravi rivolte all’avversario politico ed all’utilizzo di termini volgari e scurrili; espressioni e termini che sono stati tuttavia ritenuti giustificati in virtù
della contestualizzazione degli
“
“
29 settembre 2001 n. 37 con titolo: Le espressioni colorite in consiglio comunale non sfociano nel
reato di diffamazione e nota:
L’assenza di frasi gratuitamente
offensive fa scattare la scriminante del diritto di critica).
In estrema sintesi stante la verità
del nucleo materiale dei fatti
esposti in ricorso, accertati
documentalmente (numero di
delibere emesse, bando di concorso per l’assegnazione degli
alloggi, lavori di somma urgenza,
rifacimento delle strade rurali
etc..) ovvero non contestati
(assegnazione di fondi anche a
soggetti non bisognosi, riconoscimento di qualifiche superiori a
taluni dipendenti), il giudizio
sugli stessi, considerati manovre
politiche per la captazione del
consenso, e la loro affermata
riconducibilità addirittura a fattispecie delittuose, tuttavia escluse in sede penale, non può che
ricondursi al legittimo, continente (perché espresso con linguaggio corretto e civile) e pertinente
(perché sussiste l’interesse pubblico della comunità lacedoniese
alla conoscenza di quei fatti)
esercizio del diritto di critica
politica tutelato a livello costituzionale.
La ricorrenza di siffatta esimente
esclude l’antigiuridicità obiettiva
del fatto e, pertanto, la configurabilità di un illecito civile trattandosi di attività che rientra nel
complesso delle facoltà, se non
addirittura dei doveri civici di
coloro che sono chiamati a svolgere, in seno al consiglio comunale, la funzione di opposizione
politico – amministrativa.
Alla luce di queste considerazioni ne consegue l’assoluta superfluità della ulteriore attività
istruttoria richiesta da parte convenuta nonché della consulenza
medico – legale intesa ad accertare il pregiudizio alla salute
subito dal Sessa a seguito
della lettura e dell’inoltro
dell’esposto – denuncia che
non può costituire fonte di
danno risarcibile essendone stata esclusa l’antigiuridicità.
All’integrale rigetto della
domanda consegue la condanna dell’attore al pagamento delle spese processuali.
... dialettica democratica
costituisce il fonfamento
dello Stato di diritto...
episodi nell’ambito di accese
dispute consiliari che hanno registrato un progressivo imbarbarimento del linguaggio politico.
Nulla di tutto questo è dato
riscontrare nel caso di specie
ove, a fronte della lettura del
documento in seno alla prima
seduta della nuova consiliatura, i
consiglieri oggetto delle accuse,
nell’ambito della dialettica politica in cui va relegato l’episodio
per cui è processo, replicarono
alle stesse muovendo accuse
simili ai loro oppositori (cfr. verbale della seduta di C.C. del
10/5/1997 dichiarazioni del
Sessa: “le opposizioni non avendo
accettato il verdetto popolare del
voto tentato in modo capzioso di
inficiare lo stesso con azioni non
corrette che il dichiarante si riserva di impugnare in tutte le sedi
competenti al fine di far conoscere
la verità e la personalità di alcuni
Consiglieri neo – eletti che avendo
ricoperto la carica di Sindaco
negli anni precedenti pongono nel
dimenticatoio gli atti amministrativi poco corretti posti in essere nei
periodi antecedenti alle elezioni
amministrative dell’anno 1988
dove vennero rilasciati numerosi
buoni contributo ex legge nr.
219/1981 senza copertura economica. Evidenzia altresì che il
dichiarante e tutto il Gruppo della
lista neo eletta hanno fatto una
campagna elettorale estremamente corretta e rispettosa delle leggi
e dei comportamenti sociali, mentre ritiene che le attuali minoranze
avevano riposto in questa campagna elettorale altre aspettative”).
P.Q.M.
IL TRIBUNALE
definitivamente pronunciando
sulla domanda proposta, con
atto di citazione in data 13 luglio
1998, da S. M. nei confronti di C.
L., Di N. A., M. M., M. D. e A. C.
così provvede:
rigetta la domanda;
condanna S. M. al pagamento
delle spese processuali in favore
di C. L., Di N. A., M. M., M. D. e A.
C. che liquida in complessivi
Euro 2740 di cui Euro 140 per
spese, Euro 900 per diritti ed
Euro 1700 per onorari oltre IVA e
CPA come per legge e rimborso
forfetario ex art. 15 T.P.
S. Angelo dei Lombardi 31 dicembre 2002.
Il Giudice
Dott.G. Iannarone
Rif. Norm.
COSTITUZIONE Art. 21
Cod.Civ. art. 2043
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
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ALTIRPINIA
ARBITRATO RITUALE ED IRRITUALE
E NATURA DELLA PRONUNCIA
GIURISDIZIONALE
RIF. NORM.
C.P.C. 177, 178, 806, 184;
COST. ART. 18, ART. 39, ART. 24
L. 146/90
C.P.C. ARTT. 88, 96, 116,
C.P.C. DISP ATT. ART 104
MASSIMA
IN TEMA DI INTERPRETAZIONE DI UNA CLAUSOLA COMPROMISSORIA, IL CARATTERE RITUALE OVVERO
IRRITUALE DELL'ARBITRATO IN ESSA PREVISTO VA DESUNTO CON RIGUARDO ALLA VOLONTÀ DELLE
PARTI RICOSTRUITA SECONDO LE ORDINA-RIE REGOLE DI ERMENEUTICA CONTRATTUALE, RICORRENDO
LA FATTISPECIE DELL'ARBITRATO RITUALE QUANDO SIA STATA DEMANDATA AGLI ARBITRI UNA FUNZIONE SOSTITUTIVA DI QUELLA DEL GIUDICE, INTEGRANDOSI, PER CONVERSO, L'IPOTESI DELL'ARBITRATO LIBERO QUANDO IL COLLEGIO ARBITRALE SIA STATO INVESTITO DELLA SOLUZIONE DI DETERMINATE CONTROVERSIE IN VIA NEGOZIALE, MEDIANTE UN NEGOZIO DI ACCERTAMENTO OVVERO STRUMENTI CONCILIATIVI O TRANSATTIVI.
LA
PRONUNCIA CHE PRENDA ATTO DELL'ESISTENZA DI UNA CLAUSOLA ARBITRALE RISOLVE UNA QUESTIONE SUL MERITO DELLA CAUSA, ONDE VA DICHIARATA LA IMPROPONIBILITÀ DELLA DOMANDA E NON
L'INCOMPETENZA DEL GIUDICE ADITO, ANCHE NELL'IPOTESI DI ARBITRATO RITUALE, VENENDO IN RILIEVO UNA QUESTIO-NE INERENTE ALLA VALIDITÀ O ALL'INTERPRETAZIONE DEL COMPROMESSO O DELLA
CLAUSOLA COMPROMISSORIA
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 26.06.02 DOTT. L. CIAFARDINI
(omissis)
verso, l’ipotesi dell’arbitrato
libero quando il collegio arbitrale sia stato investito della solu-
“
... il carattere rituale
ovvero irrituale
dell'arbitrato...
“
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione di compromesso
arbitrale è fondata e va accolta.
E’ pacifico tra le parti che l’atto
costitutivo della società, depositato dal convenuto sin dalla sua
costituzione in giudizio, prevede
una clausola arbitrale, di cui
deve essere vagliata la natura.
Secondo la giurisprudenza della
Suprema Corte (Cass. n. 562 del
17/01/2001), in tema di interpretazione di una clausola compromissoria, il carattere rituale
ovvero irrituale dell’arbitrato in
essa previsto va desunto con
riguardo alla volontà delle parti
ricostruita secondo le ordinarie
regole di ermeneutica contrattuale, ricorrendo la fattispecie
dell’arbitrato rituale quando sia
stata demandata agli arbitri una
funzione sostitutiva di quella del
giudice, integrandosi, per con-
zione di determinate controversie in via negoziale, mediante un
negozio di accertamento ovvero
strumenti conciliativi o transattivi.
Dall’interpretazione della clausola del contratto in esame (cfr. art.
13, secondo cui “qualunque controversia dovesse insorgere tra i
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
soci in dipendenza del presente
contratto sarà rimessa al giudizio
di tre arbitri amichevoli compositori, dei quali due da nominarsi
da ciascuna delle parti contendenti ed il terzo dai due arbitri
così eletti, ed in caso di disaccordo dal presidente del Tribunale
di S. Angelo dei Lombardi. Gli
arbitri giudicheranno ex bono et
aequo senza formalità di procedura e con giudizio inappellabile”) emerge la natura irrituale
dell’arbitrato, avendo le parti
manifestato di voler ottenere un
provvedimento che componga la
lite sul piano dell’autonomia
negoziale attraverso un contratto
assoggettabile alle ordinarie
impugnative negoziali (arbitrato
irrituale).
La clausola arbitrale costituisce
un contratto ad effetti processuali che preclude la possibilità di
29
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
adire il giudice dello Stato per la di atto di autonomia privata e
risoluzione della medesima con- correlativamente il compromestroversia.
so si configura
Peraltro
la
quale patto di
d i s c u s s i o n e ... fra giudici ordinari ed r i n u n c i a
circa la natura
all’azione giudiarbitri non possono
della clausola
ziaria e alla giuconfigurarsi questioni
è destinata a
risdizione dello
perdere
di
Stato, lo stabilidi competenza...
consistenza
re se una conalla luce del
troversia apparnuovo orientatenga alla cognimento impostosi nella giurispru- zione del giudice ordinario o sia
denza della Suprema Corte in deferibile agli arbitri (i quali, non
ordine alla natura della pronun- svolgendo una forma sostitutiva
cia giudiziale in caso di eccezio- della giurisdizione, non sono
ne di clausola compromissoria.
qualificabili come organi giurisdiFino a poco tempo fa la Suprema zionali dello Stato) costituisce
Corte era sufficientemente ferma una questione, non già di compenel considerare che l’arbitrato tenza in senso tecnico, ma di
rituale attribuiva agli arbitri merito, in quanto direttamente
l’esercizio di un potere alternati- inerente alla validitaà o all’intervo e sostitutivo rispetto a quello pretazione del compromesso o
del giudice ordinario (Cass. della clausola compromissoria.
26.2.2000 n. 2184) destinato ad Ancora più esplicita è Cass. n.
avere sbocco in una pronuncia 3144 del 05/03/2001, secondo cui
cui l’ordinamento attribuiva effi- fra giudici ordinari ed arbitri
cacia uguale a quella di una sen- non possono configurarsi quetenza (Cass. 1.2.99 n. 833).
stioni di competenza, potendo
Veniva in rilievo, dunque, una tali questioni porsi, in senso tecpronuncia che – prendendo atto nico, solo fra giudici (e gli arbitri
dell’esistenza di una valida clau- non possono essere considerati
sola arbitrale - risolveva una que- tali), cosicchè in ogni caso, il
stione sulla competenza (così c o n t r a s t o
Cass. n. 12175 del 15/09/2000; sulla validità
Cass. n. 14366 del 03/11/2000; di una clauCass. n. 2490 del 21/02/2001; sola comproCass. n. 16056 del 21/12/2000; m i s s o r i a ,
Cass. n. 6710 del 15/05/2001).
ovvero sul
Si è poi avuto un deciso muta- deferimento
mento di rotta a partire dalla pro- ad arbitri di
nuncia delle Sezioni Unite n. 527 una causa ad
del 3.8.2000, secondo la quale, opera di un
pur nell’ambito dei rapporti tra determinato
arbitrato e giurisdizione, la pro- compromesnuncia che prenda atto dell’esi- so o di una
stenza di una clausola arbitrale determinata
risolve una questione sul merito c l a u s o l a
della causa, onde va dichiarata la compromisimproponibilità della domanda.
soria,
non
L’orientamento è stato ripreso e può essere
confermato da successive pro- considerata questione di comnunce (es. Cass. n. 15524 del petenza, bensì di merito.
07/12/2000), che ne hanno via via Principio ribadito da Cass. n.
specificato i contorni.
6007 del 24/04/2001, secondo cui
Così Cass. n. 1403
del l’arbitrato rituale, al pari di quel01/02/2001, secondo cui posto lo irrituale, non si configura
che anche nell’arbitrato rituale come affidamento agli arbitri di
la pronuncia arbitrale ha natura una frazione di quello stesso
“
“
“
potere giurisdizionale che la
legge attribuisce all’autorità giudiziaria statale, ma si caratterizza, viceversa, per la sua ontologica diversità rispetto a quest’ultimo, costituendone la sua
antitesi e la sua negazione. La
pronuncia arbitrale, pertanto,
ha natura di atto di atto di autonomia privata, per ciò stesso
derogativo della giurisdizione
statuale, con conseguente esclusione della configurabilità di
una questione di competenza
stricto sensu tra l’autorità giudiziaria e gli arbitri.
L’orientamento si è sostanzialmente consolidato con le successive pronunce della Suprema
Corte (cfr. Cass. n. 7533 del
04/06/2001; Cass. n. 13484 del
30/10/2001; Cass. n. 15405 del
5/12/2001; Cass. n. 3026 del
1/03/2002).
La conseguenza, in termini di
natura della pronuncia del giudice che prenda atto dell’esistenza
di una clausola arbitrale regolatrice della controversia tra privati, è bene esplicitata da Cass. n.
10925 del 08/08/2001, secondo
cui la eccezione, con la quale si
deduca l’esistenza di una clausola
compromissoria per
arbitrato
rituale, così
come nel caso
di arbitrato
irrituale, non
attiene
alla
competenza,
ma al merito,
essendo diretta a far valere
non l’incompetenza del
giudice adito,
ma la rinunzia
convenzionale
delle
parti
all’azione giudiziaria ed alla giurisdizione dello Stato, e, quindi,
l’improponibilità della domanda.
Occorre soltanto risolvere un
problema postosi nel corso del
giudizio atteso che la parte attrice, all’udienza di trattazione
dell’11.3.1996, pur riconoscendo
...l'inutile decorso del
termine e la persistente
inerzia degli arbitri
legittimi solo alla
richiesta di sostituzione
degli stessi ai sensi
dell'art. 813, co. 3, c.p.c
...
“
30
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
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ALTIRPINIA
l’operatività della clausola arbi- (e dunque in epoca addirittura
trale, sollevò una eccezione di successiva alla notifica dell’atto
decadenza del Collegio arbitrale di citazione introduttivo del preche era stato insediato prima sente giudizio), le parti autorizzadella proposizione della doman- rono il collegio arbitrale al depoda giudiziale, chiedendo un ter- sito del lodo entro il 31.10.1995.
mine per la esibizione della docu- Nessuna altra udienza risulta
mentazione comprovante l’ecce- tenuta né risulta il deposito del
zione di decadenza.
lodo.
Orbene, parte attrice non provvi- Orbene se è vero che secondo
Rocca San Felice, La Rocca
de nei termini
una risalente
di cui all’art.
e non condi184 c.p.c. a
visibile giuridepositare la
sprudenza
documentazio(richiamata
ne.
anche dall’atE’ anche vero,
tore) l’inutile
peraltro, che il
decorso del
Giudice istruttermine pretore dell’eposcritto per la
ca, invece di
pronuncia
risolvere
in
del
lodo
limine litis la
determina
questione soll’inefficacia
levata con l’ecdel
patto
cezione
di
compromiscompromesso
sorio ed il
arbitrale,
risorgere
diede ingresso alla fase istrutto- della competenza dell’autorità
ria – consentendo l’espletamento giudiziaria ordinaria, è invece
degli interrogatori formali deferi- preferibile ritenere, con la studio
ti dalle parti – ed assegnò, con più avvertita, che l’inutile decorordinanza del 28.6.1999 e dunque so del termine e la persistente
ben oltre le preclusioni istrutto- inerzia degli arbitri legittimi solo
rie nel frattempo maturate, termi- alla richiesta di sostituzione degli
ne alla parte più diligente per stessi ai sensi dell’art. 813, co. 3,
produrre copia degli atti del pro- c.p.c., con conseguente decorcedimento arbitrale (atti peraltro renza di un nuovo termine, in
depositati solo in parte all’udien- assenza di una rinuncia pattizia
za del 18.9.2000 ed ancora di tutte le parti alla decisione
all’udienza dell’1.10.2001).
arbitrale (nella specie assente,
Ma è anche vero che quella ordi- avendo il convenuto sempre
nanza, ponendosi contro il prin- mantenuto ferma l’eccezione di
cipio della rigida separazione clausola arbitrale ed avendo
della fasi processuali, deve esse- spiegato le sue difese nel merito
re revocata ai sensi degli artt. 177 ed avanzato domanda riconvene 178 c.p.c., con conseguente inu- zionale solo in via subordinata
tilizzabilità della documentazio- per il caso di rigetto dell’eccezione relativa al procedimento arbi- ne).
trale.
In definitiva, poiché la controverDel resto, quando anche si voles- sia attiene certamente a diritti
se ritenere utilizzabile la docu- disponibili e non rientra nell’area
mentazione relativa al procedi- di “non compromettibilità in arbimento arbitrale, neppure potreb- tri” prevista dall’art. 806 c.p.c. e
be ritenersi fondata l’eccezione poiché la clausola arbitrale condi decadenza del Collegio arbitra- tenuta nell’art. 13 dell’atto costile.
tutivo della società Campania
Risulta dala stessa, infatti, che Trasporti S.N.C. continua a manancora all’udienza del 30.9.1995 tenere la sua efficacia, deve esse-
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re dichiarata l’improponibilità
delle domande innanzi al giudice
ordinario adito.
Per la complessità della questione affrontata e per l’atteggiamento dilatorio mantenuto da
entrambe le parti nel corso dell’intero giudizio, sussistono
giusti motivi per una integrale
compensazione tra le parti delle
spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione
monocratica,
definitivamente
pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così
provvede:
Dichiara l’improponibilità delle
domande proposte dalle parti.
Compensa le spese di lite.
S. Angelo dei Lombardi, 26.6.2002
31
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L'AVVOCATO NON HA DIRITTO
DI SCIOPERO
MASSIMA
L'ASTENSIONE COLLETTIVA DALLE UDIENZE PROCLAMATA DAGLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DELL'AVVOCATURA NON PUÒ ESSERE RICOMPRESA NEL CONCETTO TECNICO GIURIDICO DI SCIOPERO,
COME DISCIPLINATO DALL'ART. 40 COST., MANCANDO (ALMENO DI REGOLA E TRANNE L'IPOTESI
DI APPLICAZIONE DI SANZIONI AD OPERA DELLA COMMISSIONE DI GARANZIA PER LO SCIOPERO NEI
SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI) SIA UN PREGIUDIZIO ECONOMICO PER LO "SCIOPERANTE" SIA UNA
CONTROPARTE ALLA QUALE VIENE INFLITTO UN DANNO ECONOMICO SIA INFINE QUELLA "SOTTOPROTEZIONE SOCIALE" DELLA CATEGORIA CHE FA RICORSO ALLO SCIOPERO IN FUNZIONE DI RIEQUILIBRIO DI POSIZIONI DI FORZA ECONOMICA DISOMOGENEE.
IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLE ASTENSIONI FORENSI È DA INDIVIDUARE NELLA GARANZIA DELLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE PREVISTA DALL'ART. 18 COST. E NON ANCHE NELL'ART. 24,
COMMA 2, COST., CHE TUTELA IL DIRITTO DI DIFESA IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCEDIMENTO, DAL MOMENTO CHE IL TITOLARE DEL DIRITTO ALLA TUTELA GIURISDIZIONALE (OSSIA NORMALMENTE IL CLIENTE DELL'AVVOCATO) NELLE IPOTESI DI ASTENSIONE COLLETTIVA DALLE UDIENZE È PORTATORE DI UN INTERESSE POTENZIALMENTE CONTRAPPOSTO A QUELLO DEL DIFENSORE,
TESO CIOÈ AD UNA TRATTAZIONE SOLLECITA DELLA CONTROVERSIA.
LA PROCLAMAZIONE DELL'ASTENSIONE FORENSE ATTRIBUISCE AL DIFENSORE IL DIRITTO DI ASTENERSI DALLA TRATTAZIONE DEL PROCEDIMENTO, MA NON PRIVA IL DIFENSORE DELLA CONTROPARTE DEL DIRITTO DI CHIEDERE LA TRATTAZIONE DELLO STESSO.
LA PARTE CHE, PUR EDOTTA DEL RINVIO, NON SI PRESENTI PROPRIO ALL'UDIENZA, ANCHE SOLO
PER DICHIARARE DI ADERIRE ALL'ASTENSIONE, DOVRÀ SUBIRE TUTTE LE CONSEGUENZE ANCHE DI
UNA EVENTUALE TRATTAZIONE RICHIESTA DALLA CONTROPARTE NELL'ESERCIZIO DEL CONCORRENTE DIRITTO DI NON ADERIRE ALL'ASTENSIONE.
NELL'IPOTESI IN CUI SOLO UNA DELLE PARTI DICHIARI DI ADERIRE ALL'ASTENSIONE E L'ALTRA,
NONOSTANTE TALE DICHIARAZIONE, INSISTA PER LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ PROCESSUALE, IL
GIUDICE DOVRÀ LIMITARSI A PROVOCARE IL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI PRESENTI E DOVRÀ
ASSICURARE ALLA PARTE CHE ABBIA DICHIARATO DI ASTENERSI DI ESERCITARE IL SUO DIRITTO DI
DIFESA ANCHE EVENTUALMENTE REVOCANDO LA DICHIARAZIONE DI ADESIONE, MA NON POTRÀ
ESIMERSI DAL TRATTARE LA CONTROVERSIA.
TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI LOMBARDI ORDINANZA DEL 13.12.2002 DOTT.L.CIAFARDINI
(omissis)
Il Giudice
Letti gli atti del procedimento n.
xxx/2000, sciogliendo la riserva
ritenuta
all’udienza
del
12.11.2001
OSSERVA
All’udienza del 7.10.2002, fissata
per l’espletamento delle prove
testimoniali e tenuta nel corso di
una astensione dalle udienze proclamata dal locale Foro, erano
presenti il Difensore di parte
32
attrice ed il Difensore del convenuto xxx. Nessuno compariva per
il terzo chiamato in causa xxx.
Il procuratore di parte attrice,
appartenente a Foro diverso da
quello si S. Angelo dei Lombardi,
chiedeva l’escussione del teste
citato.
Il procuratore di parte convenuta
dichiarava di aderire all’astensione dalle udienze proclamata dal
locale Foro.
Il Difensore di parte attrice insisteva nella richiesta di espletamento della prova testimoniale.
Il Difensore di parte convenuta,
preso atto dell’insistenza di parte
attrice a trattare la causa, si
allontanava dall’aula di udienza,
confermando la propria astensione.
Si procedeva all’escussione del
teste citato (peraltro proveniente
da fuori regione) e parte attrice,
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all’esito, chiedeva la declaratoria all’udienza del 7.10.2002 era
di decadenza dalla prova ammes- dovuta all’astensione dalle udiensa per il terzo chiamato xxx, non ze proclamata dal locale foro, cui
risultando citati i testi ammessi il difensore aveva implicitamente
per quest’ultima e non essendo aderito
non
presentandosi
gli stessi comparsi.
all’udienza.
Il Giudice si riservava di provve- Orbene, occorre procedere su tale istanza alla successi- dere ad alcune consideva udienza, nel corso della quale razioni di carattere
il terzo chiamato esibiva la inti- generale prima di promazione a testi regolarmente cedere alla decisione
effettuata per l’udienza del sulle
contrapposte
7.10.2002.
istanze avanzate dalle
Il procuratore di parte attrice sol- parti.
levava allora ulteriore eccezione In primo luogo va scandi decadenza dalla prova ammes- dagliato il fondamento
sa per la xxx, questa volta ai costituzionale del diritsensi dell’art. 208, co. 1, c.p.c., to di astensione dalle
per non essersi la parte presenta- udienze
esercitato
ta all’udienza fissata per l’esple- dall’Avvocato, avendo
tamento del mezzo istruttorio.
la legge n. 83 del 2000
Chiedeva altresì dichiararsi parte (di modifica ed integraconvenuta decaduta dalla prova zione della legge 146/90) inserito
contraria per non avere citato i le astensioni collettive degli
testi né per l’udienza del Avvocati nel sistema di bilancia7.10.2002 né per la successiva mento a salvaguardia dei diritti
udienza dell’11.11.2002.
della persona costituzionalmente
La difesa di parte convenuta xxx tutelati.
chiedeva fissarsi ulteriore udien- Come ha infatti sottolineato la
za per procedere a nuova escus- Corte Costituzionale, nella fondasione dei testi di parte attrice, mentale sentenza n. 171 del 1996
onde poter procedere anche (in Giur. Cost., 1996, 1552 ss.),
all’espletamento della prova con- tale forma di protesta collettiva
traria ammessa con i medesimi può compromettere il pieno ed
testi, nonché per procedere a ordinato esercizio di funzioni,
confronto tra i
come queltesti escussi.
la giurisdiRipor tandosi
zionale,
... fondamento
alle deduzioni
che assudettate a vermono un
costituzionale del
bale di udienza
r i l i e v o
diritto di astensione essenziale
dell’11.11.2002,
inoltre, chiedenell’ordinadalle udienze
va dichiararsi
mento.
esercitato
la nullità della
La stessa
prova espleta- dall'Avvocato, la legge C o r t e
ta per parte
n. 83 del 2000 ...
attrice,
non
avendo la stessa intimato i
propri testi per le udienze ante- Costituzionale ha decisamente
riori a quella del 7.10.2002.
escluso che l’astensione collettiLa difesa della parte chiamata in va dalle udienze proclamata dagli
causa xxx chiedeva dichiararsi la organi
rappresentativi
nullità della prova testimoniale dell’Avvocatura possa essere
assunta all’udienza del 7.10.2002 ricompresa nel concetto tecnico
per violazione del principio del giuridico di sciopero, come discicontraddittorio, in quanto la plinato dall’art. 40 Cost.
mancata presenza del difensore Manca infatti (almeno di regola e
“
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
tranne l’ipotesi di applicazione di
sanzioni
ad
opera
della
Commissione di garanzia per lo
sciopero nei servizi pubblici
essenziali) un pregiudizio economico per lo “scioperante” e
manca soprattutto
una controparte alla
quale viene inflitto un
danno
economico.
Manca infine quella
“sottoprotezione
sociale” della categoria che fa ricorso allo
sciopero in funzione
di riequilibrio di posizioni di forza economica disomogenee.
Per questo non sono
condivisibili le decisioni giurisprudenziali che riconducono
l’astensione collettiva dalle
udienze nel fenomeno dello sciopero (cfr. Pret. Monza, 15.5.1993,
in Foro it., 1994, II, 191; Pret.
Ivrea, 26.3.1996, in Rass. For.,
1997, 261; Corte d’App. Napoli,
15.6.1995, in Giur. Mer., 1995, 901
ss., citata anche dalla difesa della
Sun Ice).
Ugualmente da respingere sono
le costruzioni studiorie che
riconducono il fenomeno alla
“serrata”, mancando lavoratori
dipendenti contrapposti al datore di lavoro e nei confronti dei
quali la serrata è in genere diretta.
Va piuttosto notato che nella
generalità dei casi, durante le
astensioni forensi, l’attività professionale che si svolge all’interno degli studi legali non si interrompe (ricevimento dei clienti;
studio degli atti; predisposizione
di attività defensionale; ecc.),
venendo sospesa solo l’attività di
rappresentanza ed assistenza in
udienza.
Ha avuto molto successo in studio, perché suggerita dalla Corte
Costituzionale nella citata sentenza n. 171 del 1996, la tesi
secondo cui il fondamento costituzionale delle astensioni forensi
sarebbe da individuare nella
garanzia della libertà di associazione prevista dall’art. 18 Cost.,
33
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ALTIRPINIA
PIANO TERRA:
TRIBUNALE SEZIONE PENALE
CANCELLERIA PENALE
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedì-Venerdi Ore 8.30-13.30
Martedì-Mercoledì Ore 15.00-17.00
Sabato Ore 9.00-13.00
AULE DI UDIENZA PENALE
UFFICIALI GIUDIZIARI
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedì-Venerdi ore 9.00-12.00
Sabato ore 9.00-10.00
Atti urgenti ore 9.00-10.00
Periodo feriale
1/08-15/09 ore 9.00-10.00
UFFICIO DELGIUDICE DI PACE
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedi-Sabato 9.00-13.00
Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00
Tel.-Fax 0827-23872
E-mail:
gdp.santangelodeilombardi@giustizia.it
I PIANO:
CANCELLERIA CIVILE
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedì-Venerdì ore 9.00-13.30
Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00
Sabato:assicurati i servizi di cancelleria
complementari alle attività giudiziarie
connesse all’osservanza dei termini
processuali
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI
AVVOCATI
Tel-Fax 0827-23144
II PIANO:
PROCURA DELLA REPUBBLICA
Procuratore della Repubblica
Dott. Mario Pezza
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedì – Venerdì ore 8.30 – 13.30
Martedì-Mercoledì ore 15.00-17.00
Sabato:assicurati i servizi di cancelleria
complementari alle attività giudiziarie
Segue a pag. 36
34
che si dipanerebbe in una serie di esempio i testimoni, nonché il
facoltà tra le quali rientrerebbero rilievo, oggi assurto a rango
la proclamazione e l’attuazione costituzionale, da attribuire
delle astensioni.
all’esigenza di assicurare una
Ulteriore specificazione di tale “ragionevole” durata al procediorientamento è data dalla tesi mento (cfr. art. 111, comma 2,
che riconduce le astensioni Cost.).
forensi all’esercizio della libertà A non diversi risultati, giova per
di azione sindacale garantita dal- completezza aggiungere, si perl’art. 39 Cost.
verrebbe sulla scia di recentissiCertamente da escludere è l’ag- ma studio, che aggancia le astengancio con l’art. 24, comma 2, sioni collettive alla garanzia della
Cost., che tutela il diritto di dife- libertà di iniziativa economica di
sa in ogni stato e grado del proce- cui all’art. 41 Cost.
dimento. Ha osservato acuta stu- Escluso, in ogni caso, che il fondio che a tale ricostruzione si damento costituzionale deloppone il tradizionale carattere l’astensione collettiva forense sia
di personalità dei diritti di libertà rintracciabile nell’art. 40 Cost.,
e, tra questi, del diritto di tutela va sicuramente respinto l’oriengiurisdizionale, il cui godimento tamento giurisprudenziale citato
può avvenire solo
dalla Difesa della
in maniera diretta,
Sun Ice nelle note
ad opera cioè del
illustrative deposititolare,
normaltate
in
data
... garanzia della
mente il cliente del23.11.2002, secondo
l’avvocato,
che libertà di iniziativa cui l’adesione allo
invece nelle ipotesi
sciopero
degli
economica di cui
di astensione colAvvocati – avendo
all'art. 41 Cost....
lettiva dalle udienquest’ultimo peso
ze è portatore di un
costituzionale supeinteresse potenzialriore o quantomeno
mente contrappoequivalente a quelsto a quello del difensore, teso lo di cui all’art. 24, co. 1, Cost.
cioè ad una trattazione sollecita che risulta inevitabilmente sacridella controversia.
ficato - determina un impedimenDunque l’inserimento del feno- to allo svolgimento dell’udienza
meno in esame nell’alveo dell’art. ed impone il rinvio di ufficio della
18 Cost. impone di trovare un stessa (Corte d’App. Napoli,
bilanciamento con altri interessi 15.6.1995, in Giur. Mer., 1995, 901
costituzionalmente garantiti.
e ss.).
Su questa scia Pret. Napoli, ord. Tale tesi è smentita dalla più
4.7.1995 (in Giur. Merito, 1995, recente giurisprudenza di legitti901 ss.), ha sostenuto, nel conflit- mità (Cass. Sez. I, sent. 16.7.2002,
to tra esercizio della libertà di n. 10296), in quanto la proclamaassociazione e diritto di azione, zione dell’astensione dalle udienla sicura prevalenza del diritto ze da parte di un Foro non comtutelato dall’art. 24 comma 1 porta affatto la soppressione delCost. (diritto di agire in giudizio l’udienza tenuta dal Magistrato,
per la tutela dei propri diritti ed che invece si svolge nella sua
interessi legittimi) nei confronti materialità.
di quello previsto dall’art. 18 Né rileva alcun impedimento del
Cost.; in termini analoghi Pret. S. difensore alla trattazione della
Angelo dei Lombardi, sent. 18 causa, con effetti limitativi del
dicembre 1998, in Giur. Merito, diritto di difesa della parte (così
2000, 53 ss.
Cass., sez. II, sent. 1468 del
Ad abundantiam va anche sottoli- 5.2.1993).
neata la rilevanza dei diritti di Piuttosto, come ha sottolineato
altri soggetti coinvolti a vario lo stesso Consiglio Nazionale
titolo nel processo, come ad Forense, la proclamazione dello
“
“
NOTIZIE UTILI
(a cura dell’avv. S. Santoro)
PALAZZO DI GIUSTIZIA
S. ANGELO DEI LOMBARDI
Via Petrile
PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
Dott. R. Carbone
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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“sciopero” attribuisce al difensore il diritto di astenersi dalla trattazione del procedimento, ma
non priva il difensore della controparte del diritto di chiedere la
trattazione dello stesso.
Ed infatti “Il diritto di astenersi
dalle udienze così come il diritto
di non aderire all’astensione sono
istituzionalmente garantiti e devono essere esercitati liberamente
dal professionista, nè gli organi
istituzionali dell’avvocatura possono intervenire sulla scelta operata se non nei casi in cui l’esercizio del diritto, di lavorare o di
astenersi, si attivi con modalità
tali da cagionare danni ai colleghi
e discredito alla dignità e al decoro dell’avvocatura.” (Cons. Naz.
Forense, 23/11/2000, n.201).
E’ evidente che il danno cui fa
riferimento
il
Consiglio
Nazionale Forense si arreca
appunto svolgendo attività processuale. E ciò implica che vi sia
un Giudice che provvede sulle
istanze avanzate dal Difensore
che non aderisca all’astensione.
E’ ovvio che è “disciplinarmente
rilevante il comportamento del
professionista che, non aderendo
all’astensione e senza avvertire
la controparte, abbia insistito per
l’effettuazione della prova per
testi, assumendo così un comportamento volto a danneggiare il collega di controparte” (così ancora
Cons. Naz. Forense, 23/11/2000,
n.201).
Ma trattasi di questione che
involge profili di deontologia professionale e di rapporto tra gli
Avvocati, sui quali competente a
decidere è appunto il Consiglio
dell’Ordine e non il Magistrato,
che deve limitarsi a provvedere
sulle istanze.
E sempre dalla giurisprudenza
della sezione disciplinare del
Consiglio Nazionale Forense si
ricava la certezza dell’ininfluenza
della proclamazione dello sciopero rispetto all’esercizio della giurisdizione civile, sub specie di
obbligo di provvedere sulle istanze avanzate da Avvocati non aderenti (nello stesso senso Cass.,
sez. II, sent. n. 2009 del
15.9.1965).
Il Consiglio ha infatti statuito che
“pone in essere un comportamento contrario ai principi di correttezza e lealtà, oltre che al dovere
di colleganza, il professionista che
partecipi all’udienza facendo constare a verbale la mancata comparizione a rendere l’interrogatorio
del cliente del collega che abbia
precedentemente verbalizzato di
aderire allo sciopero” (Cons. Naz.
Forense, 28/12/2000), con ciò presupponendo il regolare svolgimento dell’udienza.
Altra questione è la valutazione
processuale del materiale acquisito all’esito di condotta oggettivamente sleale e scorretta del
Difensore che approfitti delCalitri
l’astensione della controparte
per ottenere risultati favorevoli.
Si può pensare, ad esempio,
all’applicazione dell’art. 88 c.p.c.,
con il corollario dell’applicazione
degli artt. 116 c.p.c. – elementi di
prova dal comportamento delle
parti -, 96 c.p.c. – soccombenza
del litigante scorretto, pur eventualmente vittorioso, ecc.
Ma giammai il Giudice potrebbe
rifiutare di compiere un’attività
(la celebrazione del processo)
per lui doverosa, in un ordinamento che prevede il principio di
disponibilità delle parti (che
comprende quello di far trattare
il processo anche in dispregio dei
canoni di lealtà e probità processuale, salvo poi subirne le sanzioni sul piano processuale e disciplinare).
Né, in una ipotesi siffatta, potrebbe invocarsi la lesione del diritto
di difesa e del contraddittorio.
La questione non si pone per la
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parte che, pur edotta del rinvio,
non si presenti proprio all’udienza, anche solo per dichiarare di
aderire all’astensione. In tal caso
essa dovrà subire tutte le conseguenze anche di una eventuale
trattazione da parte della controparte nell’esercizio del concorrente diritto di non aderire
all’astensione (per spunti in tal
senso cfr. la citata Cass., sez. II,
sent. n. 2009 del 15.9.1965).
Il problema nasce quando solo
una delle parti dichiari di aderire
all’astensione e l’altra, nonostante tale dichiarazione, insista per
lo svolgimento di attività processuale.
Il Giudice dovrà provocare il contraddittorio tra le parti presenti
(e questo nella specie è puntualmente avvenuto) e dovrà assicurare alla parte che abbia dichiarato di astenersi di esercitare il
suo diritto di difesa anche eventualmente revocando la dichiarazione di adesione (ponendo così
in essere un comportamento
sicuramente “scriminato” dal
punto di vista disciplinare).
Non a caso una pronuncia della
Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata in
quanto il giudice a quo non aveva
ammesso alla discussione della
causa il difensore di una delle
parti, che aveva richiesto il rinvio
della discussione in adesione ad
uno “sciopero” degli avvocati, ma
poi, a seguito dell’opposizione
della controparte, si era dichiarato disposto a spiegare la propria
attività difensiva (Cass. civ.,
Sez.lav., 08/04/1998, n.3632).
In tutti i casi non viene in rilievo
alcun comportamento discrezionale del Magistrato, il quale deve
trattare la causa, consentendo ai
difensori di effettuare le loro
istanze ed osservazioni onde
influire sul risultato processuale,
salvo assumere le sue determinazioni in proposito (sotto il profilo
processuale e di iniziativa presso
gli organi titolari del potere disciplinare).
Del resto si è verificato spesso
che singoli difensori si siano fatti
“autorizzare”
dal
Consiglio
35
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
III PIANO:
PRESIDENZA
AULE dei MAGISTRATI
DIRIGENTE dI CANCELLERIA
AULE DI UDIENZA CIVILE
UFFICIO VOLONTARIA
GIURISDIZIONE
CENTRALINO
Tel.0827-23152 Fax 0827-24164
Segue a pag. 40
36
dell’Ordine locale (procedura del applicare il secondo comma deltutto anomala, visto che al diritto l’art. 104 disp. att. c.p.c. per
di aderire corrisponde un altret- l’omessa intimazione di tali testi
tanto forte diritto
in
relazione
di non aderire allo
all’udienza
del
sciopero), trattan7.10.2002 (perché
do le cause anche
le parti potevano
... La parte che
in assenza della
confidare nell’intiintende aderire mazione
controparte o in
che
presenza di conavrebbe
dovuto
deve
infatti
troparti che non si
comunque effetdichiararlo....
erano fatte analotuare parte attrigamente autorizce), non può ritezare, senza che
nersi giustificata
mai
nessuno
l’omissione dell’inabbia posto in dubbio l’assoluta timazione per l’udienza successilegittimità della celebrazione del va dell’11.11.2002, cosicchè parte
processo. E certo non si può pen- convenuta e terzo vanno dichiasare che basti l’autorizzazione rati decaduti dalla prova contradell’organo che proclami lo scio- ria con i medesimi testi di parte
pero per escludere una lesione attrice.
dei diritti della controparte non Non può, invece, essere dichiaraautorizzata.
ta la decadenza dalla prova testiQuesto dunque il quadro genera- moniale diretta ammessa per la
le dei principi nel cui alveo assu- Sun Ice.
mere le decisioni attinenti al pro- Una applicazione rigorosa dei
cesso.
principi esposti in precedenza,
Partendo dall’eccezione di deca- infatti, dovrebbe portare alla
denza dalla prova ex art. 104 declaratoria di decadenza, non
dicp. att. c.p.c. (mancata intima- essendo comparsa all’udienza
zione dei testi) sollevata sia da del 7.10.2002 la parte nel cui inteparte attrice sia da parte conve- resse i mezzi istruttori erano
nuta, va rilevato che le stesse stati ammessi.
sono infondate.
Come già accennato, infatti, non
La Sun Ice ha infatti depositato è condivisibile il principio afferregolarmente le intimazioni ai mato dal precedente giurisprutesti effettuate sia per l’udienza denziale citato dalla difesa della
del 7.10.2002 sia per l’udienza Sun Ice secondo cui la mancata
dell’11.10.2002.
comparizione di una parte ad una
La decadenza dalla prova per udienza di “sciopero” dovrebbe
mancata intimazione dei testi essere intesa come adesione
può essere rilevata dal giudice od all’astensione.
opposta dalla controparte solo Se così fosse, infatti, sarebbe iniall’udienza fissata per l’espleta- bito al giudice di rinviare la causa
mento con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 309 c.p.c. in caso
in mancanza, detta decadenza di mancata comparizione di
non può essere dichiarata a entrambe le parti; e ciò a fronte
norma degli art. 156 e 157 c.p.c. di un loro comportamento oggetavendo l’atto raggiunto lo scopo tivamente ambiguo, in presenza
cui era destinato.
di due diritti costituzionali (quaDeve invece essere dichiarata la lunque sia il fondamento normadecadenza di parte convenuta e tivo individuabile nella Carta
del terzo chiamato dalla prova Fondamentale, come osservato
contraria con i medesimi testi di in precedenza) ugualmente
parte attrice, non avendo provve- importanti quali quello di aderire
duto gli stessi alla relativa intima- e quello di non aderire alla prozione
per
l’udienza clamata astensione (Cass. Ord.
dell’11.11.2002.
1.2.1991, n. 111).
Se infatti sarebbe stato possibile La parte che intende aderire
“
“
Segue da pag. 34
connesse all’osservanza dei termini
processuali
Tel. 0827-23302/23155
CASELLARIO GIUDIZIARIO
ORARIO DI ACCESSO - RECAPITI
Lunedì-Venerdì ore 8.30-13.30
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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ALTIRPINIA
deve infatti dichiararlo, anche a
mezzo di proprio delegato, e non
limitarsi a non comparire in
udienza, e ciò anche perché i soggetti destinatari delle eventuali
sanzioni di cui alla legge n.
146/90 – nell’ipotesi di illegittima
proclamazione dell’astensione sono anche i singoli professionisti che (art. 4, co. 4, l. 146/90)
“aderendo alla protesta si siano
astenuti dalle prestazioni, in caso
di violazione dei codici di autoregolamentazione di cui all’art. 2bis, o della regolamentazione
provvisoria della Commissione di
Garanzia…” (così nella delibera
della Commissione di garanzia
per l’attuazione della legge sullo
sciopero nei servizi pubblici
essenziali, n. 02/113 del 6.6.2002,
inviata anche al Presidente del
Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi). Contrasterebbe con il
principio di materialità dell’illecito l’irrogare una eventuale sanzione all’Avvocato che si sia limitato a non comparire all’udienza
celebrata nel corso della proclamata astensione tenendo così un
comportamento assolutamente
neutro e non significativo ai fini
della sanzione e rilevante esclusivamente nel rapporto interno
con il cliente e per le conseguenze processuali che dallo stesso
scaturiscono.
Del resto la Suprema Corte (Cass.
Sez. I, sent. 16.7.2002, n. 10296,
cit.) ha chiarito
che l’adesione
del
difensore
all’astensione
forense
“deve
essere portata a
conoscenza dell’ufficio, anche
mediante semplice dichiarazione
rassegnata
in
udienza, in quanto la facoltà del
difensore,
pur
avendo origine o
fonte da un deliberato <<collettivo>>, si esercita mediante un atto
di esternazione individuale, la cui
presenza è indefettibile, appartenendo alla sfera dei diritti perso-
nali la facoltà di aderire, o meno, udienza fissata per l’espletamenad una decisione di astensione to, su istanza della controparte
dall’attività”.
(che nella specie è mancata)
Dunque, la mancata comparizio- oppure su rilievo officioso del
ne del procuratore della Sun Ice Giudice (che nella specie si è
all’udienza del 7.10.2002 non può limitato ad un mero rinvio con
di per sé solo assu- Sant’Angelo dei Lombardi, Via Calitri riserva di provvedemere il significato
re sulla diversa istanimplicito di adesioza di decadenza
ne all’astensione.
avanzata dalla conPeraltro l’unica giutroparte ex art. 104
stificazione addotta
disp. Att. c.p.c.).
dalla
Sun
Ice
Essendosi “consumaa l l ’ u d i e n z a
to” il relativo potere
dell’11.11.2002 per
all’udienza
del
la mancata compari7.10.2002 lo stesso
zione
all’udienza
non può essere eserprecedente è quella
citato nelle udienze
relativa all’astensiosuccessive.
ne in atto da parte
Del resto la Suprema
del locale Foro.
Corte ha avuto modo
Orbene, per quanto
di chiarire che il puro
affermato in precee semplice rinvio
denza, non è possibile considera- della causa (cui è da considerare
re “non imputabile” alla parte la equiparabile il rinvio con riserva
mancata comparizione all’udien- di provvedere sulla sola istanza
za fissata per l’espletamento ex art. 104 disp. att. c.p.c. avanzadella prova, in quanto né il pote- ta nella specie dalla difesa dell’atre processuale (escussione del tore) non comporta alcuna declateste ammesso) né il “diritto di ratoria, neppure implicita, di
astensione” sono stati esercitati decadenza dalla prova ai sensi
all’udienza del 7.10.2002.
dell’art. 208 c.p.c. (Cass. sent. n.
Né viene in rilievo una omissione 2722 del 29.10.1966).
inevitabile anche con un compor- Non sussistono, infine, gli estretamento diligente, in quanto mi per disporre la rinnovazione
sarebbe bastato comparire in dell’esame testimoniale già espleudienza, anche a mezzo di pro- tato o per mettere a confronto i
prio delegato, per dichiarare testi già escussi, come richiesto
l’adesione all’astensione in atto, da parte convenuta.
laddove
nella La decisione sulla consulenza
specie la parte tecnica di ufficio richiesta da
ha scelto di tene- parte attrice va riservata all’esito
re un comporta- dell’espletamento della restante
mento assoluta- prova testimoniale.
mente inerte e, P.Q.M.
per quanto detto Rigetta le contrapposte eccezioni
in precedenza, di decadenza dalla prova diretta
non
univoca- e fissa per l’espletamento della
mente significa- prova testimoniale ammessa per
tivo
(tenuto la Sun Ice l’udienza del ______.
conto anche del Si comunichi
fatto che il pro- S.
Angelo
dei
Lombardi,
cedimento non 13.12.2002
era in passato Il Giudice
incappato in altre udienze “di
sciopero”).
Dr. Luciano Ciafardini
La decadenza di cui all’art. 208
c.p.c., tuttavia, non può che essere dichiarata nella medesima
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37
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DIFFERENZA TRA DANNO PSICHICO E DANNO
MORALE E CRITERI DI LIQUIDAZIONE DEL
DANNO DA RITARDO
RIF. NORM.
C.P.C. 1224, 1282
MASSIMA
L'EVENTO STRESSANTE IN GRADO DI PROVOCARE IL DISTURBO POST-TRAUMATICO IDONEO AD INCIDERE PERMANENTEMENTE SULL'INTEGRIT PSICHICA DEL SOGGETTO È SOLO QUELLO VIOLENTO ED
IMPROVVISO AVENTE IL SIGNIFICATO DI GRAVE ED IMMINENTE PERICOLO DI VITA, E NON ANCHE QUELLO COLLEGATO AD UN EVENTO SICURAMENTE TRAUMATICO MA RIENTRANTE NEL NOVERO DEGLI EVENTI DI MODESTA PORTATA CLINICO-PROGNOSTICA, I QUALI PIUTTOSTO SONO CERTAMENTE IDONEI AD
INCIDERE SULLA LIQUIDAZIONE DEL DANNO MORALE, INTESO COME TRANSEUNTE STATO DI TURBAMENTO PSICOLOGICO, CONCERNENTE LE SOFFERENZE DI ORDINE PSICHICO E MORALE CHE IL DANNEGGIATO SUBISCA IN CONSEGUENZA DELL'INFORTUNIO.
IL DANNO DA RITARDO NASCENTE DAL TARDIVO PAGAMENTO DELLA SOMMA RICONOSCIUTA A TITOLO
RISARCITORIO VA LIQUIDATO SOTTO FORMA DI INTERESSI O CALCOLANDOLI SUL VALORE DELLA
SOMMA VIA VIA RIVALUTATA NELL'ARCO DEL PERIODO DI RITARDO, OVVERO UTILIZZANDO DEGLI INDI-
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI - SENTENZA DEL 20 GIUGNO 2003 - DOTT. LUCIANO CIAFARDINI
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata in data
27-29.10.1999 gli appellanti convenivano in giudizio innanzi al
Giudice di Pace di Frigento (AV)
C. G. e la UNIASS Ass.ni per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni alla persona
subiti dal minore T. R. (n. il
31.7.1986) in conseguenza del
sinistro verificatosi in Villamaina
in data 18.4.99. Sostenevano gli
attori che la responsabilità del
sinistro era addebitabile esclusivamente a C. G., che con la sua
auto Renault 19 tg. AV353439 –
assicurata presso la Uniass
Ass.ni - aveva investito T. R. in
retromarcia.
Si costituiva Cipriano Gaetano,
contestando la ricostruzione dei
fatti operata dagli attori.
Si costituiva anche la Uniass
Ass.ni, aderendo alle difese spiegate dal Cipriano.
All’esito del giudizio di primo
grado, il Giudice di Pace, con sen-
38
tenza n. 23\2001 depositata in
data 21\7\2001, riconoscendo
l’esclusiva responsabilità nella
causazione del sinistro in capo al
C., condannava i convenuti in
solido al risarcimento dei danni
in favore dei legali rappresentanti del minore T. R. nella misura di
£ 5.372.500 (£. 1.900.000 a titolo
di danno biologico corrispondente all’1% di invalidità permanente; £ 510.000 per 10 giorni di invalidità temporanea assoluta; £
257.000 per 10 giorni di invalidità
temporanea parziale al 50%; £
700.000 per danno morale; £
2.000.000 per danni patrimoniali
collegati alla ricostruzione protesica), con interessi legali dalla
data del sinistro, oltre liquidazione delle spese legali.
Avverso detta decisione hanno
proposto appello T. M. e D. C., in
qualità di genitori e legali rappresentanti del minore T. R., con atto
notificato in data 24-28.1.2002,
con il quale hanno convenuto
innanzi a questo Tribunale
Cipriano Gaetano e la Uniass
Ass.ni, allo scopo di veder riformata l’impugnata sentenza, per i
seguenti motivi:
Immotivato rigetto delle conclusioni medico-legali della C.T.U.
sull’invalidità permanente ed
insufficiente motivazione in ordine ai criteri adottati per la determinazione e liquidazione dell’invalidità permanente. In particolare gli appellanti si dolgono del
fatto che il Giudice di prime cure
si sia discostato dalle conclusioni cui era giunto il CTU dr.
Pascucci in ordine alla sussistenza di esiti permanenti sull’integrità fisio-psichica in misura pari al
2,5% per la frattura parziale traumatica dell’incisivo superiore
centrale destro, con sottile linea
di frattura a becco di clarino al
III° medio della radice corrispondente, con inabilità temporanea
assoluta pari a 10 giorni ed inabilità temporanea parziale al 50%
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pari a 10 giorni, e con disturbo
post-traumatico da stress. Il
Giudice di prime cure, basandosi
sulla sola circostanza che il minore si era rialzato da solo dopo lo
scontro, avrebbe immotivatamente escluso un trauma psichi-
co permanente che aveva portato, invece, il CTU a calcolare gli
esiti permanenti nella misura del
2,5%
Immotivato rigetto delle conclusioni medico-legali della C.T.U. in
ordine al danno patrimoniale
subito ed insufficiente motivazione in ordine ai criteri adottati per
la determinazione e liquidazione
di tale danno. Il Giudice di prime
cure si sarebbe erroneamente
discostato dalle risultanze dell’ausiliare tecnico, che aveva
quantificato i danni patrimoniali
in un ammontare pari a £ 800.000900.000 per la ricostruzione dell’elemento dentario (oltre £
300.000 per la necessaria terapia
scanalare), da rinnovare ogni 810 anni, laddove il CTU aveva
operato una valutazione equitativa onnicomprensiva – non richiesta da nessuna delle parti – liquidando tale danno in complessive
£ 2.000.000.
Sulla scorta di tali motivi, gli
appellanti chiedevano di riformare la sentenza di primo grado in
ordine al quantum del risarcimento del danno, riconoscendo il
danno biologico in misura pari al
2,5%, il danno morale in misura
pari ad ½ del danno biologico ed
il danno patrimoniale in
£
7.500.000 (il tutto previa sottrazione della somma ricevuta a
titolo di acconto in esecuzione
della sentenza di primo grado
per £ 5.372.500), con vittoria
delle spese anche del secondo
grado di giudizio.
Si costituivano gli appellati, chiedendo l’integrale conferma della
sentenza di primo grado, anche
sulla scorta delle osservazioni
alla CTU in primo grado avanzate
dal perito di parte convenuta ed
evidentemente
accolte
dal
Giudice di prime cure.
Precisate dalle parti le conclusioni di cui in epigrafe, la causa veniva riservata in decisione
all’udienza del 3.3.2003, previa
assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse
conclusionali e delle memorie di
replica.
che può pacificamente, secondo
la letteratura scientifica più
accreditata, essere valutato in
misura pari all’1% di riduzione
dell’integrità fisica del soggetto),
ma anche di quelli incidenti sulla
sfera psichica, derivanti dal
“forte spavento” caratteristico in
tutte le persone che vengono
investite e che possono avere
conseguenze nella vita futura,
tanto da aver indotto il CTU dr. P.
ad aumentare la percentuale di
invalidità al 2,5 %.
Orbene, ritiene questo giudicante che la doglianza non colga nel
segno.
Seppure con una motivazione
stringata il Giudice di prime cure
ha correttamente escluso la sussistenza di un trauma psichico
permanente, peraltro solo ipotizzato dal CTU senza alcun aggancio con risultanze di esami clinici
specifici, essendo del tutto mancata la prova della causazione di
una percezione di un grave ed
MOTIVI DELLA DECISIONE
imminente pericolo in grado di
lasciare tracce indelebili nella
L’appello è solo parzialmente fon- psiche del minore investito.
dato e va accolto per quanto di Ritiene questo giudicante di
ragione.
dover condividere le osservazioInvero, l’unico capo impugnato ni critiche svolte sul punto alla
della sentenza di primo grado, CTU a firma dr. P. ad opera del
che per i restanti capi deve esse- consulente di parte convenuta in
re considerata passata in giudica- primo grado, dr. Pescatore (sufto (con particolare riferimento fragata da letteratura scientifica
all’esclusiva responsabilità del C. sufficientemente accreditata pronella causazione del sinistro ed dotta per estratto agli atti di
alla riconducibilità a quest’ulti- causa), secondo il quale l’evento
mo delle lesioni prospettate dagli stressante in grado di provocare
attori ed analizzate dal CTU in il disturbo post-traumatico idoprimo grado), concerne la deter- neo ad incidere permanentemenminazione
del
te sull’integrità
Frigento, Panorama
quantum di risarpsichica del sogcimento dei danni.
getto è solo quello
Affermano in parviolento
ed
ticolare gli appelimprovviso avenlanti che male
te il significato di
avrebbe fatto il
grave ed imminenGiudice di prime
te pericolo di vita,
cure a non riconoe non anche quelscere il 2,5% di
lo collegato ad un
invalidità permaevento
sicuranente comprensimente traumatico
va non solo degli
ma rientrante nel
esiti relativi all’innovero degli eventegrità fisio-psichica (frattura ti di modesta portata clinico-proparziale traumatica di un dente, gnostica.
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39
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
Piuttosto, eventi di tale genere,
soprattutto in un soggetto minore, sono certamente idonei ad
incidere sulla liquidazione del
danno morale, inteso come transeunte stato di turbamento psicologico, concernente le sofferenze di ordine psichico e morale
che il danneggiato subisca in
conseguenza dell’infortunio, che
nella specie può sicuramente
essere calcolato in base ad una
percentuale pari al 50% del
danno biologico liquidato, senza
possibilità di incidere sugli esiti
permanenti
dell’integrità
fisio-psichica (del resto lo
stesso CTU ha affermato che
il soggetto si presentava vigile, tranquillo, ordinato, collaborante, ben orientato nello
spazio e nel tempo, senza
segni deficitari e/o irritativi a
carico del sistema nervoso
centrale o periferico).
Va invece accolto il motivo di
appello relativo alla liquidazione equitativa operata dal
primo giudice in ordine al
danno patrimoniale cagionato.
Sia il CTU sia il CTP in primo
grado hanno infatti concordato in ordine all’ammontare delle
spese necessarie per l’intervento
protesico (£ 800.000) e per la
terapia scanalare (£ 300.000),
nonché sulla necessità della rinnovazione dell’intervento ogni 10
anni, cosicché non trova alcuna
spiegazione logica la limitazione
della liquidazione del danno
patrimoniale a £ 2.000.000,
dovendosi invece calcolare un
importo iniziale di £ 1.100.000 per
il primo intervento ed una ripetizione dello stesso per almeno 6
volte (in base alla considerazione
che la durata media dell’uomo è
di circa 80 anni), dovendosi dunque giungere ad un ammontare
pari a Lire 5.900.000 pari ad Euro
3.047,10.
Nessuna censura è stata mossa
in ordine al calcolo dell’ITT e
dell’ITP operata in primo grado,
né sull’importo riconosciuto per
ogni
punto
di
invalidità
(1.900.000 x 0.940 coefficiente di
moltiplicazione relativo all’età)
onde non appare possibile un riesame in grado di appello.
Concludendo, per il danno biologico vanno riconosciuti Euro
922,39; per il danno morale Euro
461,20; per l’ITT Euro 265,98; per
l’ITP Euro 132,99; per il danno
patrimoniale Euro 3.047,10. In
totale vanno riconosciuti agli
appellanti, nella qualità, Euro
4.829,56, da considerare comprensivi anche della rivalutazione monetaria fino alla data della
pronuncia della presente senten-
“
risarcitorio, intanto può essere
riconosciuto in quanto il creditore ne abbia fornito la prova, non
potendo essere considerato presunto per legge. Nel temperare
tale affermazione, e consapevole
delle difficoltà spesso insormontabili cui potrebbe andare incontro il creditore qualora si optasse
per un’interpretazione rigida, la
Corte ha poi soggiunto che la
prova de qua può essere fornita
anche attraverso il ricorso a criteri presuntivi ovvero mediante
l’utilizzo di criteri equitativi, indicando diverse soluzioni.
Tra queste ha peraltro suggerito anche il ricorso alla
liquidazione sotto forma di
interessi o calcolandoli sul
valore della somma via via
rivalutata nell’arco del
periodo di ritardo, ovvero
utilizzando degli indici
medi di rivalutazione, avendo al contempo cura di
ribadire
l’impossibilità,
come avvenuto invece in
passato, di poter compiere
tale calcolo sulla somma
riconosciuta al danneggiato per il danno emergente
già rivalutata, pena il verificarsi di “una sorta di anatocismo,
all’infuori dei casi previsti dall’art.
1283”.
Nella fattispecie in esame, proprio alla luce dell’adesione
all’opinione
espressa
dalle
Sezioni Unite, è possibile ritenere
la sussistenza del pregiudizio de
quo proprio in considerazione
dell’ammontare della somma
liquidata in
precedenza,
dello
scarto
tempor a l e
tra la
d a t a
dell’illecito
e quella della liquidazione, che contribuiscono a rafforzare il convincimento circa l’esistenza del danno
... non è consentito il
cumulo del
risarcimento da
svalutazione con la
liquidazione forfettaria
degli interessi stessi....
“
40
za.
Su tale somma così rivalutata
non possono essere concessi gli
interessi nella misura legale a
decorrere dal momento del fatto
illecito, secondo il tradizionale
orientamento giurisprudenziale,
poichè detto orientamento è
stato superato dalla pronuncia
delle S.U. del Supremo Collegio n.
1712 del 17.2.1995.
La Corte ha infatti riconosciuto
che non è consentito il cumulo
del risarcimento da svalutazione
con la liquidazione forfettaria
degli interessi stessi, computati
sulla somma rivalutata a decorrere dal giorno dell’evento.
Tale sistema, invero, non esclude
la possibilità che il danneggiato
consegua un ristoro pecuniario
maggiore del danno concretamente subito.
Tuttavia, il danno da ritardo
nascente dal tardivo pagamento
della somma liquidata a titolo
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da ritardato pagamento, potendosi ragionevolmente sostenere
che il creditore avrebbe impiegato fruttuosamente la somma riconosciutagli. Tale danno si ritiene
poi di poter quantificare
facendo
ricorso alla attribuzione degli interessi
al
tasso
annuo equitativamente stabilito in
misura pari al 4 %,
sulla somma di
Euro 4.611,83 (pari
alla media tra la
somma rivalutata e
quella devalutata
al momento del
fatto secondo gli
ultimi indici ISTAT
disponibili del febbraio 2003), dalla
data del fatto
(18.4.1999) fino a
quella di pubblicazione della presente sentenza.
A seguito del passaggio in giudicato della sentenza che provvede
alla liquidazione del danno, il
debito risarcitorio di valore si
trasforma in debito di valuta,
cosicchè, ai sensi dell’art. 1282
c.c., sulla somma liquidata vanno
applicati gli interessi al tasso
legale, mentre nulla deve essere
corrisposto a titolo di rivalutazione, atteso che, stante l’attuale
modesto incremento del fenomeno inflattivo, in mancanza di
prova diversa, il relativo pregiudizio (da ricomprendersi nel
maggior danno di cui all’art.
1224, co. 2, c.c.) è tale da poter
essere adeguatamente compensato con la corresponsione dei
soli interessi legali.
Dalle somme così determinate
deve essere detratto l’importo
eventualmente già percepito in
esecuzione della sentenza di
primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da
dispositivo e di ufficio, in mancanza di nota spese tempestivamente depositata.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello principale
proposto da T. e D. avverso la
sentenza n. 23/2001 depositata in
data 21.7.2001 dal Giudice di
pace di Frigento
(AV), accoglie parzialmente l’appello e,
per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata
sentenza
così provvede:
Condanna, in solido
tra loro, C. G. e la
Uniass Assicurazioni
S.p.A., in persona del
suo legale rappresentante p.t., al risarcimento dei danni in
favore di T. E D., nella
qualità genitori e
legali rappresentanti
del minore T. R., che
liquida nella misura
di Euro 4.829,56,
oltre interessi al 4% sulla somma
di Euro 4.611,83 dal 18.4.1999 fino
alla data di pubblicazione della
presente sentenza ed oltre interessi legali sulla complessiva
somma così determinata dalla
data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo,
detratta la somma percepita in
esecuzione della sentenza di
primo grado.
Condanna, in solido tra loro, C. G.
e la Uniass Assicurazioni S.p.A.,
in persona del legale rapp.te p.t.,
al rimborso in favore degli appellanti delle spese del secondo
grado di giudizio, che liquida in
Euro 814,21, di cui Euro 124,31
per spese, Euro 309,90 per diritti
e Euro 380 per onorario, oltre IVA
e CPA come per legge.
Così deciso in S. Angelo dei
Lombardi il 20.6.2003
Il Giudice
Dr. Luciano Ciafardini
P.Q.M.
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Segue da pag. 36
TRIBUNALE CIVILE
UDIENZE CIVILI:
CAUSE CIVILI ORDINARIE
Lunedi:
Dott. L. Ciafardini - Dott. G. Iannarone
Dott. Santoro
Martedì:
Dott. P. Calabrese - Dott. F. Magistero
Dott. R.Carbone (Presidente)
Dott. Vicinanza - Dott.ssa Rafaniello
Dott. E. Di Blasio
ESECUZIONI IMMOBILIARI
Martedì: Dott. P. Calabrese
ESECUZIONI MOBILIARI
Mercoledì: Dott.ssa G. Fiore
LAVORO E PREVIDENZA
Martedi: Dott. C. Luce
Venerdì: Dott. D. Colucci
COLLEGIO AGRARIO
Primo giovedì di ogni mese
CANCELLERIE
Pubb. Sentenze -Decreti Ingiuntivi
A. Strazza
Iscrizioni a Ruolo
G. Parenti
Ruoli Udienze
M. Balestra-S.Buongiardino
Sez. Stralcio
A. Chieffo
Volontaria Giurisdizione
E. Fiorenzi
Ricorsi di FallimentoCampione Fallimentare
A. C. Cianci - R. Imbriano
Esecuzioni Mobiliari
G. Lotano
Ufficio Ragioneria
V. Rabasca
Coord.Settori: Fallimento- Esecuzioni
I. Cangero
Esecuzioni Immobilari*
R. Iannaccone
Fallimentare**
I. Cangero
Lavoro E Previdenza
L. Di Leo- C. Cerbino- Tedesco
Ufficio Tutela E Curatela
G. Iuliano
*Accesso Fascicoli Esec. Immob.
Lunedì,Mercoledì,Venerdì
** Accesso Fascicoli Fallimento
Martedì, Mercoledì, Giovedì
41
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
LA DELIBERA CONDOMINIALE NON E'
SINDACABILE NEL MERITO DALL'A.G.O
RIF. NORM.
COST. ART. 24
L. N.742/69
C.C. ART 1137
C.P.C. 155
MASSIMA
L'IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE CONDOMINIALI PUÒ ESSERE PROPOSTA, INFATTI, OLTRE CHE CON IL
RICORSO, COME PREVISTO DALL'ARTICOLO 1137 DEL C.C., ANCHE CON L'ATTO DI CITAZIONE, PURCHÉ LO
STESSO VENGA NOTIFICATO AL CONDOMINIO NEL TERMINE INDICATO DAL COMMA 3 DEL MEDESIMO ARTICOLO, COSTITUENDOSI IL RAPPORTO PROCESSUALE AL MOMENTO DELLA NOTIFICA DELL'ATTO DI CITAZIONE RITUALMENTE COMPIUTA
LE DELIBERAZIONI DI UN'ASSEMBLEA CONDOMINIALE AVENTI CONTENUTO NEGATIVO SONO LEGITTIMAMENTE IMPUGNABILI DINANZI ALL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA AL PARI DI TUTTE LE ALTRE
SULLE
DELIBERE DELLE ASSEMBLEE DI CONDOMINIO DEGLI EDIFICI IL SINDACATO DELL'AUTORITÀ GIUDIZIARIA NON PUÒ ESTENDERSI ALLA VALUTAZIONE DEL MERITO ED AL CONTROLLO DELLA DISCREZIONALITÀ
DI CUI DISPONE L'ASSEMBLEA QUALE ORGANO SOVRANO DELLA VOLONTÀ DEI CONDOMINI, MA DEVE LIMITARSI AL RISCONTRO DELLA LEGITTIMITÀ CHE, OLTRE AD AVERE RIGUARDO ALLE NORME DI LEGGE O DEL
REGOLAMENTO CONDOMINIALE, SI ESTENDE ANCHE ALL'ECCESSO DI POTERE, RAVVISABILE QUANDO LA
CAUSA DELLA DELIBERAZIONE SIA FALSAMENTE DEVIATA DAL SUO MODO DI ESSERE, IN QUANTO ANCHE IN
TAL CASO IL GIUDICE NON CONTROLLA L'OPPORTUNITÀ O CONVENIENZA DELLA SOLUZIONE ADOTTATA DALL'IMPUGNATA DELIBERA, MA DEVE SOLO STABILIRE SE LA DELIBERA SIA O MENO IL RISULTATO DEL LEGITTIMO ESERCIZIO DEL POTERE DISCREZIONALE DELL'ASSEMBLEA.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 26.01.04 DOTT. L. CIAFARDINI
(omissis)
Il giudice, dr. Luciano Ciafardini,
all’udienza del 26.1.2004, ha pronunziato - dando lettura, ai sensi
dell’art. 281 sexies c.p.c., del
dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di
diritto della decisione –
la
seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al N.R. 700
dell’anno 2003
TRA
P.D.G., rapp.to e difeso dagli
Avv.ti R. M. e G. M.
E
CONDOMINIO PALAZZO R.
(Teora -AV- via Nazionale), in persona dell’amministratore p.t. V.
R., rapp.to e difeso dall’Avv.to V.
D.
OGGETTO: impugnativa delibera
42
assembleare
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Con atto di citazione notificato in
data 25.11.2003 al Condominio
Palazzo R. di Teora (AV) via
Nazionale, in persona dell’amministratore p.t., P. D. G. impugnava la delibera condominiale del
25.10.2003, nella parte in cui
l’Assemblea aveva ritenuto di
non dover esaminare il preventivo a firma degli Arch. F.-F. “perché non all’ordine del giorno”.
Chiedeva dunque una pronunzia
giudiziale che accertasse e
dichiarasse il preventivo di spesa
predisposto dagli arch. Forcella e
Fratianni per la direzione dei
lavori per la ristrutturazione del
“Palazzo R.” in Teora più vantaggioso rispetto all’ammontare
delle competenze professionali
pretese per le corrispondenti
opere dai tecnici nominati dal
condominio, con condanna di
quest’ultimo al risarcimento dei
danni.
Chiedeva inoltre la sospensione
della delibera ex art. 1137 c.c.
Si costituiva il condominio con-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
venuto eccependo in via preliminare la tardività dell’impugnazione e contestando nel merito i
motivi di impugnazione.
La domanda proposta dall’attore
è infondata e va rigettata.
In via preliminare va rilevato che
l’impugnativa è tempestiva.
L’impugnazione delle delibere
condominiali può essere proposta, infatti, oltre che con il ricorso, come previsto dall’articolo
1137 del c.c., anche con l’atto di
citazione, purché lo stesso venga
notificato al condominio nel termine indicato dal comma 3 del
medesimo articolo, costituendosi il rapporto processuale al
momento della notifica dell’atto
di citazione ritualmente compiuta (cfr. da ultimo Trib. Milano,
Sez.VIII, 08/01/2003, in Guida al
Diritto, 2003, 7, 75).
Per i condomini assenti il termine
decorre dalla data di comunicazione della delibera, mentre per
quelli dissenzienti dalla sua
approvazione.
Risulta dal verbale della delibera
che il P. è stato presente alla deliberazione relativa ai primi due
punti all’ordine del giorno, per
allontanarsi all’atto della discussione del terzo punto (“varie ed
eventuali”) dopo aver depositato
una richiesta scritta ed una relazione.
Orbene, con riferimento alla deliberazione assunta sui primi due
punti all’ordine del giorno, peraltro non oggetto di impugnativa
giudiziale, il P. va considerato
“
il termine per
l'impugnativa
decorre dalla
comunicazione
del verbale....
...
“
presente. Non così per quanto
concerne la deliberazione del
terzo punto (“varie ed eventua-
li”).
Ed infatti soltanto al momento
del voto, nelle assemblee condominiali, viene manifestata in
maniera giuridicamente rilevante
la volontà dei singoli, con la conseguenza che non possono essere reputati presenti coloro che
siano intervenuti nel dibattito e
abbiano eventualmente espresso
la propria opinione, favorevole o
contraria all’approvazione di una
proposta, ma in seguito abbiano
disertato la seduta, senza partecipare alla votazione (Cass. civ.,
Sez.II, 05/06/2003, n.8981).
Dunque, nella specie il termine
per l’impugnativa decorre dalla
comunicazione del verbale.
Ma se anche si volesse considerare il P. presente alla deliberazione, la soluzione non muterebbe.
Nella specie l’impugnazione della
delibera del 25.10.2003 è avvenuta con atto di citazione notificato
in data 25.11.2003.
Se si applica la regola dettata dall’art. 155 c.p.c. per i termini processuali – secondo cui dies a quo
non computatur in termino – allora l’impugnativa è tempestiva.
Questa è la soluzione preferibile,
dal momento che la natura processuale del termine di 30 giorni
previsto dlal’art. 1137, co. 3, c.c.
si ricava dalla decisione con la
quale la Corte Costituzionale ha
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
dichiarato costituzionalmente
illegittimo - in riferimento all’art.
24 cost. - l’art. 1, l. 7 ottobre 1969,
n. 742 (<sospensione dei termini
processuali nel periodo feriale>),
nella parte in cui non dispone
che la sospensione ivi prevista si
applichi anche al termine di trenta giorni, di cui all’art. 1137 c. c.,
per l’impugnazione delle delibere
dell’assemblea di condominio
(Corte cost., 02/02/1990, n.49, in
Giur. It., 1990, I,1, 1026).
Parte convenuta, tuttavia, si
duole del carattere anomalo di
una impugnativa che non abbia
ad oggetto una deliberazione di
contenuto positivo.
La doglianza è fondata.
Se è vero, infatti, che le deliberazioni di un’assemblea condominiale aventi contenuto negativo
sono legittimamente impugnabili
Sant’Angelo dei Lombardi, Portale
dinanzi
all’autorità
giudiziaria al
pari di
tutte le
altre,
limitand o s i
l’art.
1 1 3 7
c.c. a
stabilire la possibilità del ricorso all’autorità giudiziaria contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio, senza operare nessuna distinzione tra quelle che abbiano approvato proposte o richieste e quelle che le
abbiano, invece, respinte (Cass.
civ., Sez.II, 14/01/1999, n.313, in
Mass. Giur. It., 1999), è anche
vero che nella specie l’assemblea
non ha assunto una deliberazione di carattere negativo (respingendo una proposta all’ordine
del giorno), ma ha semplicemente deciso di non deliberare su
una proposta proveniente da un
43
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
condomino (peraltro allontanatosi al momento della discussione
sulla questione), ritenendola non
rientrante nei punti posti all’ordine del giorno (anche per evitare
l’invalidità della delibera adottata su questione non espressamente rientrante nell’ordine del
giorno, dal momento che se è
vero che il tema da trattare in
assemblea può essere indicato
anche in forma sintetica in modo
da permettere la delimitazione ex
ante della materia da trattare, tuttavia la voce “varie ed eventuali”
non comprende atti negoziali, ma
si riferisce
a semplici
comunicazioni, suggerimenti
per future
assemblee, prospettazioni dei problemi
e
risposte
dell’amministratore
e
non
a n c h e
all’assunzione di
decisioni su questioni rilevanti
per la gestione del condominio,
come nella specie l’approvazione
di un preventivo di spesa inerente l’incarico di direzione dei lavori per la ristrutturazione dell’immobile condominiale).
Ma anche a volere superare
l’inammissibilità dell’impugnativa di un non liquet assembleare
(rispetto al quale altri sono i
rimedi offerti dall’ordinamento),
anche nel merito la domanda
sarebbe infondata.
Sulle delibere delle assemblee di
condominio degli edifici il sindacato dell’autorità giudiziaria non
può estendersi alla valutazione
del merito ed al controllo della
discrezionalità di cui dispone
“
l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini,
ma deve limitarsi al riscontro
della legittimità che, oltre ad
avere riguardo alle norme di
legge o del regolamento condominiale, si estende anche all’eccesso di potere, ravvisabile quando la causa della deliberazione
sia falsamente deviata dal suo
modo di essere, in quanto anche
in tal caso il giudice non controlla l’opportunità o convenienza
della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma deve solo
stabilire se la delibera sia o meno
il risultato del
legittimo
esercizio del
potere discrezionale dell’assemblea
(Cass.
civ.,
S e z . I I ,
20/04/2001,
n.5889,
in
Mass. Giur.
It.,
2001;
Cass.
civ.,
S e z . I I ,
11/02/1999,
n.1165,
in
Mass. Giur.
It.,
1999;
Cass. civ., Sez.II, 26/04/1994,
n.3938, in Mass. Giur. It., 1994).
Tale eccesso di potere non è
riscontrabile nel caso di specie,
in cui si contesta l’opportunità
della scelta operata dall’assemblea condominiale per avere
approvato un preventivo di
spesa in luogo di altro preventivo
asseritamente più vantaggioso,
non avendo l’attore neppure indicato in citazione i motivi per cui
il preventivo presentato dagli
arch. F. e F. sarebbe più vantaggioso rispetto a quello presentato e preteso dai tecnici – neppure
indicati – nominati dal condominio.
Del resto già ictu oculi una tale
prospettazione è infondata, per-
... il sindacato
dell'autorità giudiziaria
non può estendersi alla
valutazione del merito
deve limitarsi al riscontro della legittimità....
“
44
ché non si fa valere uno sviamento nell’esercizio del potere (come
avverrebbe, ad esempio, se si
deducesse l’approvazione di un
documento non veridico dal
punto di vista fattuale: Cass.
Cass. civ., Sez.II, 27/01/1988,
n.731, in Vita Notar., 1988, 249)
ma una mera maggiore vantaggiosità di un diverso preventivo,
chiedendo
all’Autorità
Giudiziaria di entrare nel merito
di una decisione (che inevitabilmente involge diversi aspetti da
comparare a prescindere dal
mero dato numerico dell’importo
del preventivo: si pensi alla maggiore esperienza o capacità del
professionista che pure abbia
presentato un preventivo più
caro; ai caratteri accessori della
prestazione offerta – in termini
ad esempio di risorse materiali
ed umane – seppure di importo
più elevato; ecc.) sulla quale la
volontà
della
maggioranza
assembleare è sovrana, prevalendo inevitabilmente sulla diversa
opinione della minoranza.
La domanda,in definitiva, va
rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione
monocratica,
definitivamente
pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così
provvede:
1) Rigetta la domanda.
2) Condanna l’attore al rimborso
in favore del condominio convenuto delle spese di lite, che liquida in Euro xxx, di cui Euro xxx
per diritti e Euro xxx per onorari,
oltre IVA e cpa come per legge,
con attribuzione al procuratore
anticipatario
S. Angelo dei Lombardi, 26.1.2004
Il Giudice
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
FASE PREPARATORIA E FASE ISTRUTTORIA DEL
PROCESSO CIVILE: SENZA SOLUZIONE DI
CONTINUITA'
(ARTT.183 E 184 C.P.C. E LA DECADENZA DALLE ISTANZE
ISTRUTTORIE)
RIF. NORM.
C.P.C. 183, 184, 187
MASSIMA
UNA VOLTA TERMINATE LE ATTIVITÀ DI ALLEGAZIONE FINALIZZATE ALLA DEFINIZIONE DEL THEMA DECIDENDUM E DEL THEMA PROBANDUM, NEL CORSO DELLA PRIMA UDIENZA DI TRATTAZIONE, OVVERO NEL
CORSO DELL'EVENTUALE SUCCESSIVA UDIENZA CHE NE COSTITUISCE PROSECUZIONE NEL CASO PREVISTO DALL'ART. 183, COMMA 5, INIZIA, SENZA SOLUZIONE DI CONTINUITÀ, E SENZA NECESSITÀ DI
DISPORRE UN RINVIO AD ALTRA APPOSITA UDIENZA, LA FASE ISTRUTTORIA.
NE CONSEGUE CHE LA FACOLTÀ DELLE PARTI DI CHIEDERE L'ASSEGNAZIONE DI UN TERMINE PER NUOVE
DEDUZIONI ISTRUTTORIE DEVE ESSERE ESERCITATA, A PENA DI DECADENZA, NELLA PRIMA UDIENZA DI
TRATTAZIONE O NEL CORSO DELLA SUA PROSECUZIONE EX ART. 183, COMMA 5)
TRIBUNALE DI SANT' ANGELO DEI LOMBARDI, ORDINANZA 4.04.03 DOTT. L. CIAFARDINI
(omissis)
Il Giudice
Letti gli atti del procedimento n.
645/2001 R.G., sciogliendo la
riserva ritenuta all’udienza del
31.3.2003
OSSERVA
All’udienza di trattazione ex art.
183 c.p.c. del 18.11.2002, dopo il
rigetto dell’istanza di concessione della provvisoria esecuzione
al decreto ingiuntivo opposto, su
istanza di parte venivano concessi i termini di cui al quinto
comma dell’art. 183 c.p.c. per
consentire alle parti di precisare
o modificare le domande e le
eccezioni già proposte, con fissazione dell’udienza del 31.3.2003
per i provvedimenti di cui all’art.
184 c.p.c.
Tali termini non venivano usufruiti dalle parti.
All’udienza del 31.3.2003 compariva la sola parte opposta (a
mezzo dell’avv. G.B. De Simone
(giusta delega scritta dell’avv. A.
Trulio depositata in atti), la quale
chiedeva “fissarsi udienza per le
richieste di cui all’art. 184 c.p.c.”
La Corte di cassazione - Sezione
III civile - Sentenza 21 giugno-25
novembre
2002
n.
16571
(in Guida al Diritto, fasc. 2,
18.1.2003, pp. 53 e ss.), ha precisato che nel nuovo processo civile, disciplinato dalla legge n. 353
del 1990 e successive modifiche,
che lo configura come processo
suddiviso per fasi successive (la
fase preparatoria, la fase istruttoria e la fase decisoria) alle quali
si correlano preclusioni all’esercizio dei poteri processuali, nell’ipotesi in cui le parti (come
nella specie) non abbiano articolato istanze istruttorie negli atti
introduttivi del giudizio, la facoltà di chiedere nuovi mezzi di
prova deve essere esercitata, a
pena di decadenza, formulando
l’istanza di assegnazione del termine per ulteriori deduzioni
istruttorie di cui all’art. 184,
comma 1, in un momento ben
preciso, che va individuato nel
momento in cui si conclude la
fase di trattazione preparatoria e
si apre, senza soluzione di conti-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
nuità, la fase istruttoria (ovvero
si verifica l’immediato passaggio
alla fase decisoria, ai sensi dell’art. 187).
La fase di trattazione preparatoria si svolge (oltre che nella
udienza di prima comparizione di
cui all’art. 180, dedicata alla verifica della regolarità del contraddittorio) nella prima udienza di
trattazione di cui all’art. 183.
Udienza di prima trattazione che
è dedicata (oltre agli incombenti
costituiti dall’interrogatorio libero delle parti, dal tentativo di
conciliazione, dalla richiesta di
chiarimenti e dalla indicazione,
da parte del giudice, delle questioni rilevabili d’ufficio: art. 183,
commi 1, 2 e 3) alla definizione
del thema decidendum e del conseguente thema probandum,
anche con l’introduzione di elementi di novità rispetto a quanto
allegato negli atti introduttivi,
consistenti, per l’attore, nella
proposizione delle domande ed
eccezioni che siano conseguenza
della riconvenzionale o delle
45
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
eccezioni proposte dal convenu- valutazione della rilevanza ed
to, o nella formulazione della ammissibilità dei mezzi di prova
richiesta di chiamare in causa un proposti, e successivamente alla
terzo, se l’esigenza è sorta dalle loro assunzione (nei modi e nei
difese del convenuto, e, per termini previsti dagli artt. 202
entrambe le parti, nella precisa- c.p.c. e 81 d.a. c.p.c.).
zione e modificazione di doman- È quindi in tale momento che si
de, eccezioni e conclusioni (art. aprono le varie ipotesi di svilup183, comma 4), e, come sarà più po, sul piano istruttorio, del proavanti precisato, anche nella indi- cesso delineate dall’art. 184,
cazione di nuovi mezzi di prova.
comma 1, e cioè: a) il giudice,
Le menzionate facoltà di intro- ritenuta la causa matura per la
durre elementi di novità nel pro- decisione senza necessità di
cesso debbono, di regola, essere istruttoria, ne dispone l’immediaesercitate
in
ta rimessione
forma orale nel
in decisione, in
corso della prima
applicazione
udienza di
dell’art.
187,
trattazione.
comma
1
(ed
... definizione del
Tuttavia, l’art. 183,
egualmente
comma 5, prevede thema decidendum e dispone nelle
che il giudice, se
ulteriori ipotesi
del thema
richiesto,
può
di cui ai commi
consentire
alle
probandum....
2 e 3); b) il giuparti di esercitare
dice,
previa
con
memorie
valutazione
scritte, da deposidella
loro
tare entro termini
ammissibilità e
perentori, le suindicate attività; e rilevanza, ammette i mezzi di
dispone che, con la stessa ordi- prova già proposti; c) le parti
nanza, il giudice fissa l’udienza hanno facoltà di richiedere l’asper i provvedimenti di cui all’art. segnazione di un termine entro il
184.
quale produrre documenti e indiNel caso in cui sia stata concessa care i nuovi mezzi di prova, nonl’appendice scritta, quindi, la ché di altro termine per l’evenprima udienza di trattazione non tuale indicazione di prova contrasi esaurisce, ma è destinata a ria, e l’accoglimento dell’istanza
proseguire nella udienza che il determina l’esigenza del rinvio
giudice fissa ai sensi dell’art. 183, ad altra udienza in data successicomma
5. va alla maturazione dei termini,
Ora, una volta terminate le attivi- che l’art. 184, comma 2, qualifica
tà di allegazione finalizzate alla p e r e n t o r i .
definizione del thema deciden- La Suprema Corte ha quindi
dum e del thema probandum, nel escluso che, una volta determicorso della prima udienza di trat- nati definitivamente il thema decitazione, ovvero nel corso del- dendum ed il thema probandum, il
l’eventuale successiva udienza giudice possa fissare una nuova
che ne costituisce prosecuzione udienza, appositamente dedicata
nel caso previsto dall’art. 183, all’adozione dei provvedimenti di
comma 5, inizia, senza soluzione cui all’art. 184.
di continuità, e senza necessità Consegue che la facoltà delle
di disporre un rinvio ad altra parti di chiedere l’assegnazione
apposita udienza (rinvio che i di un termine per nuove deduzioprimi quattro commi dell’art. 183 ni istruttorie deve essere esercinon prevedono, mentre quello tata nella prima udienza di trattaprevisto dal comma 5 si risolve, zione (o nel corso della sua procome già detto, in una mera pro- secuzione ex art. 183, comma 5),
secuzione dell’udienza di prima in coincidenza con la conclusiotrattazione), la fase istruttoria ne della fase di definizione del
destinata in primo luogo alla
“
“
46
thema decidendum e del thema
probandum, e l’apertura, senza
soluzione di continuità, della fase
istruttoria secondo le modalità
previste dall’art. 184. Si tratta di
facoltà che deve essere esercitata, nei termini suddetti, a pena di
decadenza.
La Suprema Corte, infatti, ha
chiarito che sebbene la norma
non enunci espressamente tale
sanzione, essa discende dal sistema, incentrato sulle preclusioni,
e dalla considerazione che, se è
soggetta a termini perentori la
formulazione di nuovi mezzi di
prova per la parte che abbia proposto tempestivamente l’istanza,
a maggior ragione deve essere
sanzionata con la decadenza
l’inerzia
della
parte.
Ha anche aggiunto, del tutto condivisibilmente, che la sanzione
della decadenza non contrasta
neppure con il diritto di difesa,
tutelato dall’art. 24 Cost., sia perché, nel nuovo processo, l’esercizio dei poteri istruttori delle
parti è ampiamente garantito
dalla indicazione dei mezzi di
prova negli atti introduttivi (citazione e comparsa di risposta),
dalla facoltà di indicare «nuovi» o
«ulteriori» mezzi di prova (nei
sensi sopra precisati) nella prima
udienza di trattazione, ed infine
dalla facoltà di richiedere i termini di cui all’art. 184, commi 1 e 2,
sia perché l’art. 184-bis consente
alla parte che dimostra di essere
incorsa in decadenze (ivi compresa quella concernente la indicazione di nuovi mezzi di prova)
per causa ad essa nonnon imputabile di chiedere al giudice
istruttore di essere rimessa in
termini.
Concludendo,
deve
essere
dichiarata chiusa la fase istruttoria del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara chiusa la fase istruttoria
e rinvia, per la precisazione delle
conclusioni, all'udienza del
__________
Si comunichi
S. Angelo dei Lombardi, 4.4.2003
Il Giudice
Dr. Luciano Ciafardini
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
DECLARATORIA DI INEFFICACIA
EX ART. 669 NOVIES C.P.C.
RI. NORM
C.P.C. 699 NOVIES
MASSIMA
IN CASO DI RICORSO EX ART. 669NOVIES PER LA DECLARATORIA DI INEFFICACIA DELLA MISURA CAUTELARE E LA PRONUNCIA DI (EVENTUALI) MISURE RIPRISTINATORIE, IL PROCEDIMENTO SI SVOLGE E
SI CONCLUDE, SE NON VI È CONTESTAZIONE DELL'ALTRA PARTE, DAVANTI AL GIUDICE CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO, MENTRE, IN PRESENZA DI CONTESTAZIONE, È L'UFFICIO GIUDIZIARIO AL
QUALE APPARTIENE IL GIUDICE CHE HA EMESSO IL PROVVEDIMENTO A DECIDERE, PREVIA FISSAZIONE DI UDIENZA AI SENSI DELL'ART. 183, CON CONCESSIONE DEL TERMINE DI CUI ALL'ART. 180,
COMMA 2, ALLO SCOPO DI SEGNARE IL PASSAGGIO ALLA SUCCESSIVA FASE DI ORDINARIA COGNIZIONE (CHE NON ABBISOGNA PERÒ DI NUOVA ISCRIZIONE A RUOLO), IL CUI OGGETTO È ESCLUSIVAMENTE LIMITATO ALLA VERIFICA DELLA SUSSISTENZA O MENO DELLE CONDIZIONI PER LA DECLARATORIA
DI INEFFICACIA IN BASE ALLE DOGLIANZE AVANZATE DALL'INTERESSATO E CHE SI CHIUDE CON SENTENZA CHE DEVE CONTENERE LA PRONUNCIA SULLE SPESE DEL PROCEDIMENTO.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI - SENTENZA DEL 22.04.02 - G.M. DOTT. LUCIANO CIAFARDINI
(omissis)
misura cautelare concessa.
Si costituiva il D., dimostrando di
aver provveduto al versamento
della cauzione nelle forme di cui
all’art. 86 disp. att. c.p.c., onde
alcuna irregolarità nell’adempimento delle prescrizioni imposte
“
... non essendovi
alcun collegamento
tra la causa
dell'inefficacia e
l'eventuale giudizio
di merito....
“
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data
20.2.2002 e notificato a controparte con pedissequo decreto di
fissazione
di
udienza,
il
Condominio “Comparto 59 del
P.d.R. di Guardia dei Lombardi”,
in persona dell’amministratore
p.t. F. M., conveniva in giudizio D.
R., in qualità di procuratore di D.
V., chiedendo la declaratoria di
inefficacia dell’ordinanza emessa
in data 3.12.2001 all’esito della
fase sommaria di un procedimento di danno temuto ex art. 1171
c.c., con il quale era stato ordinato al Condominio, su ricorso di D.
R. nella qualità indicata, di
sospendere i lavori intrapresi nel
Comparto 59 del Comune di
Guardia dei Lombardi (AV), imponendo contemporaneamente al
ricorrente l’obbligo di prestare
cauzione.
Sosteneva parte attrice che il D.
non aveva osservato le prescrizione dell’ordinanza in relazione
alle modalità di deposito della
cauzione, cosicchè occorreva
dichiarare l’inefficacia della
nell’ordinanza poteva rilevarsi.
All’udienza fissata, in mancanza
del presupposto della “non contestazione” previsto dall’art.
669novies c.p.c. per la pronuncia
con ordinanza, si passava alla
fase a cognizione sommaria.
Prodotta documentazione, la
causa, sulle conclusioni in epi-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
grafe trascritte, veniva all’udienza dell’11.4.2002 riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La competenza a dichiarare
l’inefficacia e a pronunciare
(eventuali) misure ripristinatorie
è attribuita al giudice che ha
emesso il provvedimento cautelare solo nelle due ipotesi contemplate dal primo comma dell’art. 669-novies c.p.c. (mancato
inizio del giudizio di merito e
sopravvenuta estinzione dello
stesso).
Qualche dubbio solleva la competenza a dichiarare l’inefficacia
nel caso di mancato versamento
della cauzione.
In linea di massima, si tende ad
escludere che il ricorso vada
indirizzato al magistrato persona
fisica, propendendosi per una
generica intestazione all’ufficio
giudiziario, con costituzione
quindi di un nuovo fascicolo
(non essendovi alcun collegamento tra la causa dell’inefficacia
e l’eventuale giudizio di merito
instaurato), che passa al dirigen-
47
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
te per la designazione del magistrato cui affidare l’incarico,
ferma l’opportunità di designare ove possibile - il medesimo magistrato che ha emesso il
provvedimento cautelare (così Tribunale di
Milano, 8.11.1995, in
Foro it., 1996, I, 1441).
...
La studio dominante
esclude che in sede di
reclamo si possa chiedere che sia
dichiarata l’intervenuta
inefficacia del provvedimento (così Tribunale
di Udine,
8.8.1996) ed in effetti il
Tribunale adito in sede di reclamo avverso l’ordinanza di cui si
chiede la declaratoria di inefficacia ha giudicato inammissibile
l’istanza anche in quella sede
proposta.
Nonostante l’uso del termine
“convocazione”, l’opinione prevalente in studio è nel senso che
il ricorso vada notificato - insieme al decreto che fissa l’udienza
- a cura della parte ricorrente (e
così è avvenuto nel caso di specie).
La legge non fissa termini minimi
a comparire e spetta al giudice
valutare e contemperare, secondo un principio di ragionevolezza, da un lato l’urgenza di provvedere sull’istanza, dall’altro le esigenze di difesa del resistente.
Il procedimento si svolge
e si conclude, se non vi è
contestazione dall’altra
parte, davanti al giudice
che ha emesso il provvedimento, mentre, in presenza di contestazione, è
l’ufficio giudiziario al
quale appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento a decidere
(non più con ordinanza,
ma) con sentenza provvisoria-
“
mente esecutiva, salva la possibilità di emanare in corso di causa
i provvedimenti di revoca o
modifica della misura cautelare.
Ci si è chiesto in studio
se
d e b b a
comunque
essere fissata udienza ai sensi
dell’art.
....
183,
con
concessione del termine di cui
all’art. 180,
comma 2, oppure se, ritenuta la
causa matura, anche in esito alla
fase sommaria il giudice possa
immediatamente trattenere la
causa per la decisione.
Nella specie si è ritenuto di far
seguire alla fase sommaria una
cesura, con fissazione dell’udienza ex 183 e concessione del termine di cui all’art. 180, co. 2,
c.p.c., allo scopo di segnare il
passaggio alla successiva fase di
ordinaria cognizione (che non
abbisogna però di nuova iscrizione a ruolo), il cui oggetto è esclusivamente limitato alla verifica
della sussistenza o meno delle
condizioni
per la declaratoria
di
inefficacia in
base
alle
doglianze
avanzate dall’interessato.
In ogni caso
la forma del
provvedimento finale
è quello della
sentenza,
imposta in
ragione della
necessità di
risolvere, con
i poteri della cognizione piena, le
la forma del
provvedimento finale è quello della
sentenza
“
48
contestazioni avanzate dalla
parte che resiste alla richiesta di
declaratoria d’inefficacia, pur se
l’oggetto di questo giudizio è in
ogni caso limitato alla detta declinatoria.
La “non contestazione” presuppone che la controparte compaia
all’udienza e svolga una difesa
“attiva”, riconoscendo l’avvenuto
verificarsi del presupposto dell’inefficacia posto a fondamento
dell’istanza .
In ipotesi di contestazione la conseguente sentenza deve contenere la pronuncia sulle spese del
procedimento per la declaratoria
di inefficacia in applicazione dei
principi generali (artt. 91 e 92
c.p.c.).
Passando al merito della controversia, va premesso che l’ordinanza conclusiva della fase sommaria del procedimento nunciatorio disponeva:
“Occorre, allora, ordinare all’impresa Genua Costruzioni s.r.l. ed
al condominio convenuti la
sospensione dei lavori intrapresi
…
e
contemporaneamente
imporre a D. R., in qualità di procuratore speciale di D.V., l’obbligo di prestare una cauzione dell’ammontare di £. 15.000.000
(quindici milioni ), nelle forme di
cui all’art. 86 disp. att. c.p.c.,
ovvero mediante libretto di deposito bancario costituito presso
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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un Istituto di credito scelto dal
ricorrente, per il medesimo
importo, in favore del condominio n. 59 del PDR del Comune di
Guardia dei Lombardi, in persona
dell’amministratore p.t., soggetto
a vincolo di indisponibilità fino
all’esito dell’instaurando giudizio
di merito, salvo diverso ordine
del giudice competente, oppure
ancora mediante fideiussione
bancaria esigibile a prima richiesta, presso un Istituto di credito
scelto dal ricorrente, per il medesimo importo, in favore del condominio n. 59 del PDR del
Comune
di
Guardia
dei
Lombardi, in persona dell’amministratore p.t., soggetto a vincolo
di indisponibilità fino all’esito
dell’instaurando giudizio di merito, salvo diverso ordine del giudice competente; ciò entro il termine di giorni 20 dalla comunicazione della presente ordinanza, ed a
pena di inefficacia del provvedimento cautelare, disponendo
altresì che il ricorrente produca
nel fascicolo di ufficio la documentazione attestante l’avvenuto
adempimento di quanto prescritto”.
Orbene, il termine “ovvero” rappresenta una forma rafforzata
della congiunzione disgiuntiva
“o”, usata (come nella specie)
soprattutto quando il secondo
termine, a cui si premette, è
costituito da un’intera proposizione (cfr. Vocabolario della lingua italiana – TRECCANI).
In sostanza trattasi di termine di
uso certamente meno comune di
“oppure”, ma di cui ha la medesima valenza, distinguendosi dal
termine “ossia” (o suoi equivalenti) che ha invece valenza esplicativa di una precedente proposizione.
Ciò è confermato dall’utilizzo
successivo
dell’espressione
“oppure ancora”, in cui il secondo termine (“ancora”) non avrebbe alcun senso se non fosse utilizzato per introdurre una ulteriore ipotesi di congiunzione
disgiuntiva (evidentemente analoga a quella – “ovvero” – utilizzata in precedenza).
In definitiva, appare corretta l’impostazione difensiva del resistente, laddove afferma che con l’ordinanza in esame si sono indicate
tre modalità alternative di versamento della cauzione:
nelle forme di cui all’art. art. 86
disp. att. c.p.c.;
nelle forme del deposito bancario;
nelle forme della fideiussione
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
bancaria.
Evidentemente il resistente ha
scelto la prima forma, indicata
dall’art. 86 disp. att. c.p.c., che
recita: “Salvo che sia diversamente disposto dal giudice a norma
dell’art. 119 del codice, la cauzione deve essere prestata in danaro
o in titoli del debito pubblico, nei
modi stabiliti per i depositi giudiziari”.
Ed in effetti appaiono rispettate
le forme previste dal r.d.
10.3.1910, n. 149, per i depositi
giudiziari, come risulta dalla fotocopia della ricevuta di versamento esibita dallo stesso ricorrente.
In definitiva, la domanda di
declaratoria di inefficacia della
misura cautelare concessa con
ordinanza del 3.12.2001 (nell’ambito del procedimento n.
676/2001 R.G.) deve essere rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
(omissis)
49
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
IL PRATICANTE AVVOCATO NON PUO'
ESERCITARE IL PATROCINIO
IN GRADO DI APPELLO
RIF. NORM.
L. N. 479/99
D.L. N. 1578/33
D. LGS. N. 51/98
C.P.C. 281
MASSIMA
AI SENSI DELL'ART. 7 DELLA LEGGE 479/99, I PRATICANTI AVVOCATI, DOPO IL CONSEGUIMENTO DELL'ABILITAZIONE AL PATROCINIO, POSSONO ESERCITARE L'ATTIVITÀ PROFESSIONALE NELLE CAUSE DI
COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE E DINANZI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA, LIMITATAMENTE - QUANTO AGLI AFFARI CIVILI - ALLE CAUSE, ANCHE SE RELATIVE A BENI IMMOBILI, DI VALORE NON SUPERIORE A LIRE CINQUANTA MILIONI.
TUTTAVIA LO IUS POSTULANDI SPETTA AI PRATICANTI AVVOCATI LIMITATAMENTE ALLE CONTROVERSIE
DA TRATTARE IN PRIMO GRADO E NON ANCHE PER LE CONTROVERSIE DA TRATTARE, SEBBENE INNANZI
AL TRIBUNALE MA IN GRADO DI APPELLO, COSICCHÉ L'APPELLO AVVERSO LA SENTENZA DEL GIUDICE DI
PACE NON PUÒ ESSERE PROPOSTO CON IL PATROCINIO DI UN PRATICANTE AVVOCATO ED IL DIFETTO DI
IUS POSTULANDI DETERMINA L'INAMMISSIBILITÀ DELL'IMPUGNAZIONE.
SENTENZA TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 15.12.03 DOTT. L.CIAFARDINI
(omissis)
Il giudice, dr. Luciano Ciafardini, all’udienza del
15.12.2003, ha pronunziato - dando lettura, ai sensi
dell’art. 281 sexies c.p.c., del dispositivo e della
concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione – la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al N.R.O. 508 dell’anno 2003
TRA
P. p.Avv. A., in giudizio di persona, nonché rappresentato e difeso dall’Avv. G. M, elett.te domiciliato presso quest’ultimo in S.
Angelo dei Lombardi (AV), alla
via Petrile
E
FONDIARIA SAI S.p.A, in persona del legale rapp.te p.t., domiciliata presso lo studio del difensore nel giudizio di primo grado
Avv. B. S., in Lioni (AV) alla Piazza
XXV Luglio n. 4
APPELLATA
NONCHE’
D. P. A., res. in Nusco (AV) alla
C/da Fiorentine APPELLATO
“
dagli atti introduttivi e dai verbali di causa, va rilevato che l’attore, praticante avvocato, ha proposto
appello di persona, pur difettando nella specie di
ius postulandi.
Ai sensi dell’art. 7 della legge 479/99, i praticanti
avvocati, dopo il conseguimento dell’abilitazione al
patrocinio, possono esercitare l’attività professionale ai sensi dell’articolo 8 del
regio decreto-legge 27 novembre
1933, n. 1578, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive
modificazioni, nelle cause di
competenza del giudice di pace e
dinanzi al tribunale in composizione monocratica, limitatamente – quanto agli affari civili - alle
cause, anche se relative a beni
immobili, di valore non superiore
a lire cinquanta milioni.
Vi è da ritenere, tuttavia, che lo
ius postulandi spetti ai praticanti
avvocati limitatamente alle controversie da trattare in primo
grado e non anche per le controversie da trattare,
sebbene innanzi al tribunale ma in grado di appello.
Ed infatti, l’articolo 8 del R.D. 1578 del 1933 (così
come modificato dall’art. 246, comma 1, d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51) statuisce che i laureati in giurisprudenza, che svolgono la pratica professionale e
sono iscritti nel registro speciale tenuto dal consi-
... lo ius postulandi
spetti ai praticanti
avvocati limitatamente alle controversie da trattare in
primo grado....
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
Premesso lo svolgimento del processo come risulta
50
“
OGGETTO: appello avverso sentenza giudice di
pace
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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ALTIRPINIA
glio dell’ordine degli avvocati, dopo un anno dalla
iscrizione nel registro sono ammessi ad esercitare il
patrocinio davanti ai tribunali, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di
attuazione della legge 16 luglio 1997, n. 254 (contenente la delega al Governo per l’istituzione del giudice unico di primo grado), rientravano nella competenza del pretore.
In base alle norme vigenti prima di tale ultima legge,
il pretore era organo giudicante esclusivamente di
primo grado, in quanto ai
sensi del previdente art.
341 c.p.c. l’appello contro
le sentenze del pretore e
del tribunale si proponeva
rispettivamente innanzi al
tribunale ed alla corte di
appello, laddove l’appello
contro le sentenze del giudice di pace si proponeva
innanzi al tribunale.
Del resto la Suprema Corte
ha escluso l’ultrattività del
mandato conferito – pur
con formula ampia per
ogni grado e stato del giudizio - in primo grado con la suddetta formula generica, interpretando come volontà delle parti di limitare il conferimento al solo giudizio pretorile la
circostanza dell’espressa menzione della qualità di
praticante-procuratore, propria del professionista
officiato dell’incarico (Cass. Sez. Lav. sent. n. 7487
del 18.6.1992) e privo evidentemente di ius postulandi in grado di appello.
Se così è, l’appello avverso la sentenza del giudice
di pace non può essere proposto con il patrocinio
di un praticante avvocato ed il difetto di ius postulandi determina l’inammissibilità dell’impugnazione.
Evidentemente conscio dell’errore commesso, il
praticante avvocato appellante ha provveduto a
farsi affiancare, nell’esercizio della difesa, da un
avvocato costituitosi tuttavia solo in data 3.12.2003,
ossia abbondantemente oltre la costituzione in giudizio dell’appellante (avvenuta in data 26.8.2003) e
la notifica dell’atto di appello (avvenuta in data
19/22.9.2003) e dunque in maniera inidonea ad
escludere la declaratoria di inammissibilità dell’appello per la nullità del relativo introduttivo
(Cassazione civile, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2476)
non avendo il giudice alcun onere (art. 182 c.p.c.) di
ordinare la regolarizzazione della posizione dell’appellante, ormai non più sanabile (Cassazione civile,
sez. I, 21 febbraio 2001, n. 2476).
“
Ed infatti la disposizione del comma 2 dell’art. 125
c.p.c. - secondo cui “la procura al difensore può
essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purché anteriormente alla costituzione
della parte rappresentata - consente la sanatoria
della sottoscrizione dell’atto introduttivo del giudizio da parte di un difensore che in tal momento non
era fornito di valida procura, ma non si riferisce
anche all’ipotesi in cui detto atto sia stato sottoscritto solo dalla parte personalmente o comunque
da un soggetto privo di ius
postulandi. In quest’ultima
ipotesi, infatti, detto atto è
affetto da nullità assoluta per
violazione
dell’art.
82,
comma 3 c.p.c. (secondo cui
innanzi al tribunale ed alla
corte di appello la parte deve
stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente), non sanabile dalla procura successivamente
rilasciata
(Cassazione civile, sez. I, 9
luglio 1993, n. 7569) a soggetto abilitato.
... l'appello avverso la
sentenza del giudice di pace
non può essere proposto con
“
il patrocinio di un praticante
avvocato....
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Nulla per le spese non essendosi costituito il convenuto.
P.Q.M.
Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed
eccezione disattesa, così provvede:
1) Dichiara inammissibile la domanda;
2) Nulla per le spese di lite.
S. Angelo dei Lombardi, 15.12.2003
Il Giudice
Dr. Luciano Ciafardini
51
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ALTIRPINIA
E' RECLAMABILE IL PROVVEDIMENTO DI
MODIFICA O REVOCA
DI MISURA CAUTELARE
MASSIMA
ANCHE L'ADOZIONE AI SENSI DELL'ART. 669DECIES C.P.C DEL PROVVEDIMENTO DI REVOCA E/O DI MODIFICA DELLA CAUTELA GIÀ CONCESSA (O DI RIGETTO DELLE ISTANZE A TALI FINI RIVOLTE), INCIDENDO
COMUNQUE SULLA SFERA PERSONALE O PATRIMONIALE DI ENTRAMBE LE PARTI DEL GIUDIZIO ED ARRECANDO PREGIUDIZIO AGLI INTERESSI DELL'UNA O DELL'ALTRA IN MISURA NON VALUTABILE ASTRATTAMENTE, PUÒ ESSERE SOGGETTA AL CONTROLLO IN CUI SI CONCRETA LO STRUMENTO DEL RECLAMO AL COLLEGIO EX ART. 669TERDECIES C.P.C. E IL RECLAMO INVESTE IL COLLEGIO DEL POTERE DI COMPIERE GLI
ATTI DI ISTRUZIONE NECESSARI AL CONTROLLO DEL SOPRAVVENUTO MUTAMENTO DELLE CIRCOSTANZE
CHE HANNO INDOTTO AL PROVVEDIMENTO CONTESTATO.
SENTENZA TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI DEL 19.02.02,
PRES: DOTT. R.. CARBONE G.EST. DOTT. L. CIAFARDINI
(omissis)
Il TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI
LOMBARDI
riunito in camera di consiglio
nelle persone dei seguenti
Magistrati:
Dott. Rocco Carbone -Presidente
Dott. Ciro Luce - Giudice
Dr. Luciano Ciafardini-Giudice rel.
ha pronunziato la seguente
ORDINANZA
Nella procedura recante il numero di reg. reclami n.° 807/2001,
avente ad oggetto reclamo avverso provvedimento ex art. 669
decies c.p.c.
Omissis
Prima di passare alla delibazione
della fondatezza delle doglianze
prospettate da parte reclamante,
occorre risolvere un problema
preliminare posto dalla difesa del
reclamato.
L’eccezione di parte reclamata,
circa l’inammissibilità del reclamo avverso un provvedimento
di revoca e/o modifica della
misura cautelare, offre lo spunto
per la ricostruzione di una vicenda ricca di interventi studioli e
giurisprudenziali, sulla quale ha
52
spiegato effetto, seppure riflesso, la sentenza 20-23 giugno 1994
n. 253 con cui è stata dichiarata
la “illegittimità costituzionale
dell’art 669 terdecies cpc nella
parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto, anche avverso
l’ordinanza con cui sia stata
rigettata la domanda di provvedimento cautelare”.
La studio anteriore a tale pronuncia, infatti, era tendenzialmente favorevole all’ammissibilità del reclamo avverso i provvedimenti emessi ex art. 669decies
c.p.c., con il limite derivante del
dato normativo espresso di cui
all’art. 669terdecies c.p.c., che
imponeva di considerare reclamabili le ordinanze di rigetto dell’istanza di revoca e quelle di
modifica “ampliativa” della misura (in quanto provvedimenti cautelari “positivi”) e non reclamabili le ordinanze di revoca e quelle di modifica “riduttiva” della
misura (provvedimenti cautelari
“negativi”).
Pur dopo la pronuncia costituzionale citata, tuttavia, si è assistito ad una oscillazione giurisprudenziale, registrandosi due
opposti schieramenti, l’uno favorevole alla reclamabilità, l’altro
(forse maggioritario) attestato
su posizioni di netta chiusura.
A favore della reclamabilità si
ricordano: Tribunale di Pesaro,
22.9.1994, Doc. U.D.A. Tribunale
di Macerata; Tribunale di Nocera
Inferiore, 11.1.1996, in Rep. Foro
it. 1996, voce “Procedimenti cautelari” n° 105; Tribunale di S.
Maria Capua Vetere, 5.11.1996, in
Foro it. 1997, I, 1634; Trib. Roma,
27 giugno 1995, in Giur. it., 1996,
I, 2, 768; Trib. S. Maria Capua
Vetere, 5 novembre 1996, in Foro
it. 1997, I, 1634.
Contrarie alla reclamabilità si
segnalano: Trib. Torino, 29
marzo 1995, in Giur. it., 1995, I, 2,
907; Trib. Milano, 16 gennaio
1995, in Foro it., 1995, I, 1353.;
Trib. Roma, 26 maggio 1995, in
Giur. it., 1996, I, 2, 769; Tribunale
di Napoli del 25.11.1994 in Foro
it., 1995, I, 1353; Tribunale di
Roma, 26.5.1995, in Foro it., 1996,
I, 1091; Tribunale di Udine,
7/8.8.1997, inedita.
Gli argomenti addotti dalla tesi
negativa si incentrano sulla
necessità di evitare un ulteriore
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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Diritto Civile e Processuale Civile
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appesantimento della fase cautemaggiore possibilità di far valere
motivazione).
lare, sul principio di tassatività
le proprie ragioni a chi resiste
E’ certamente vero che nel
dei mezzi di impugnazione e sulalla richiesta di provvedimento
nostro ordinamento manca la
l’inesistenza di un
cautelare rispetto a
costituzionalizzazione del princicostituzionalizzato
chi tale richiesta
pio del doppio grado di giurisdiprincipio del doppropone, senza giuzione, ma è del tutto conforme al
pio grado di giudistificazione
di
ritenere che la garanzia
... un'amputazio- sorta, giacché le sistema
zio in materia caudel giusto processo imponga
ne del diritto di due parti si trova- quanto meno il controllo di legittelare.
Trattasi di argono, nei confronti
timità sui provvedimenti somdifesa....
menti tutti superadell’ordinamento
mari che incidono sul bene della
bili.
processuale,
in
vita controverso.
Con la più volte
posizione simmetriEd è proprio sull’ampiezza di
citata sentenza n.
camente equivalentale controllo di legittimità che
253/94, la Corte Costituzionale
te.
ci si deve soffermare.
ha deciso sulle ordinanze di
Se questo è il pensiero della
In linea generale, sono noti i prorimessione emesse il 6 ottobre
Consulta, vi è da ritenere, allora,
blemi posti dal dibattito sulla
1993 dal Tribunale di Aosta, il 15
che anche l’adozione del provvenatura del giudizio di reclamo.
luglio 1993 dal Tribunale di
dimento di revoca e/o di modifiIn astratto le ricostruzioni possiBologna, il 3 novembre 1993 dal
ca della cautela già concessa (o
bili sono due:
Tribunale di Roma ed il 22
di rigetto delle istanze a tali fini
a)
impugnazione avente ad
dicembre 1993 dal Tribunale di
rivolte), incidendo comunque
oggetto solo le censure denunVerona.
sulla sfera personale o patrimociate e non tutte le questioni di
In particolare l’ordinanza del
niale di entrambe le parti ed
fatto e di diritto prospettate
Tribunale di Bologna aveva
arrecando pregiudizio agli intenella prima fase, con la conseposto all’attenzione del Giudice
ressi dell’una o dell’altra in misuguenza della possibilità di una
delle leggi anche la questione
ra non valutabile astrattamente,
sola pronuncia rescindente.
della non reclamabilità dei provpossa ed anzi debba essere sogb)
impugnazione
avente
vedimenti che revochino le
getta al controllo in cui si coneffetto devolutivo di tutte le quemisure già concesse, o respingacreta lo strumento del reclamo.
stioni affrontate nella prima fase
no l’istanza di revoca o modifica,
Ciò è confortato da altri passagcon la conseguente possibilità di
o di quelli resi in sede di modifigi della motivazione della deciuna pronuncia anche rescissoca ex art.669-decies che diminuisione, in particolare laddove la
ria.
scano la portata della tutela in
Corte afferma che la situazione
precedenza accordata.
di fatto esistente tra le parti
Su tali ultimi aspetti la Corte
appare inidonea, di per sé, a giunulla dice esplicitamente e, dunstificare qualsivoglia privilegio ... l'alterità del giudice
que, è possibile ritenere che la
processuale, essendo il procesdell'impugnazione
reclamabilità sia estesa anche ai
so diretto appunto a verificare
provvedimenti indicati nella
ed eventualmente a ripristinare
ordinanza di rimessione del
la conformità di essa al diritto. rappresenta - secondo
Tribunale di Bologna.
Prestare una considerazione pril'ordinamento, ma
La Corte ha osservato, infatti,
vilegiata allo status quo sarebbe
che la revisio prioris instantiae,
quindi contrario alla stessa
anche secondo il
in cui si concreta il reclamo - il
garanzia della tutela giurisdizioquale consente, da parte di un
nale dei diritti e ciò, a parere di
comune sentire - un
giudice diverso e collegiale, il
questo Collegio, non può non
fattore di maggior
controllo sugli errores in procevalere anche nelle ipotesi in cui
dendo e in iudicando eventuallo status quo sia determinato
garanzia....
mente commessi dal giudice
dalla statuizione giudiziale suldella cautela – non può essere
l’istanza di revoca e/o modifica
negata alla parte che subisca la
avanzata ai sensi dell’art.
situazione assunta come lesiva
669decies c.p.c., dal momento
A sostegno di entrambe le tesi si
del proprio diritto e che abbia
che “l’alterità del giudice dell’imrinvengono motivate prese di
richiesto senza successo una
pugnazione rappresenta - seconposizione giurisprudenziali
cautela anticipatoria o conservado l’ordinamento, ma anche
In favore della prima tesi si
tiva, realizzandosi altrimenti
secondo il comune sentire - un
segnalano Trib. Napoli, 25 marzo
“un’amputazione del diritto di
fattore di maggior garanzia”
1993, in Foro it., I, 1262; Trib.
difesa”, in quanto si attribuisce
(Corte Cost. sent. 253/94 cit., in
Catania, 23 marzo 1995, in Foro
“
“
“
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
53
Diritto Civile e Processuale Civile
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it., 1995, I, 2271; Trib. Torino, 3
dicembre 1993, in Giur. it., 1996,
I, 2, 765; Trib. Firenze, 11 marzo,
1997, in Foro it., 1997, I, 3429;
Trib. Padova, 13 febbraio 1996,
in Giur. it., 1996, I, 2, 460.
In favore della
seconda tesi si
segnalano
Trib.
Roma, 9 giugno
1995, in Lavoro
nella giur., 1996,
76; Trib. Milano,
15 marzo 1993, in
Foro it., 1993, I,
1262.
E’ appena il caso
di rilevare che la
C o r
t e
Costituzionale,
nella più volte
citata sentenza n
253/94, ha qualifica il reclamo come revisio prioris
istantia.
E del resto appaiono maggiormente fondate le obiezioni
mosse alla tesi rescindente, fondate sulla natura sostitutiva del
provvedimento reso all’esito del
procedimento e sull’incompatibilità logica con la possibilità di
far valere in sede di reclamo
“motivi sopravvenuti” (art.
669terdecies ult. comma).
Basti considerare poi che la
stessa Corte cost., 17 marzo
1998, n. 65, in Giust. civ., 1998,
I, 1193, ha affermato che il
reclamo non avrebbe carattere di impugnazione, ma si
configurerebbe come fase di
controllo diretto a provocare
un “rinnovato esercizio della
funzione cautelare”.
Ma la rinnovazione dell’esercizio del potere cautelare,
allora, è legata agli stessi presupposti cui è ancorato l’esercizio
nella prima fase del medesimo
potere, cosicchè il controllo non
può che esercitarsi nel senso
della verifica della sussistenza
degli stessi.
In tale ottica, allora, appare evidente che il reclamo proposto
avverso un provvedimento di
modifica e/o di revoca della
misura cautelare adottato ai
54
sensi dell’art. 669decies c.p.c.
non può che risolversi nella verifica del presupposto del mutamento delle circostanze e nella
valutazione della correttezza
dell’analisi compiuta del giudice
di prime cure in
relazione a tale
modifica.
Nel
medesimo
senso, del resto, si
sono espresse già
alcune tra le pronunce favorevoli
alla reclamabilità
dei provvedimenti
ex art. 669decies
c.p.c., ed in particolare quelle del
Tribunale di Roma,
27.6.1995 e del
Tribunale S. Maria
Capua Vetere citt.),
che delimitano l’oggetto della
cognizione sul reclamo avverso
il provvedimento di revoca (o
modifica o reiezione delle relative istanze) alla sola verifica dell’effettivo mutamento delle circostanze (e della sua incidenza
sulla valutazione circa il perdurare di fumus boni iuris e periculum in mora), senza possibilità di
riesaminare complessivamente
le ragioni poste a base dell’origi-
nario provvedimento cautelare,
destinato ad essere assorbito
dalla pronuncia definitiva di
merito.
Non
a
caso
la
Corte
Costituzionale, con la sentenza
17/3/98, n. 65, cit. ha chiarito
che il giudice del reclamo è investito del complessivo contenuto
della domanda cautelare ed è
titolare dei medesimi poteri conferiti al primo giudice, ragion per
cui il giudizio che si instaura a
seguito del reclamo è destinato a
svolgersi sul thema decidendum
oggetto del procedimento cautelare, del quale il momento del
reclamo costituisce la prosecuzione.
Trattasi, dunque, di delimitazione senz’altro da condividere,
come ha ben evidenziato la
migliore studio sostenendo che
tale restrizione ricalca i principi
già affermati in numerose sentenze della Corte Suprema in
materia di misure cautelari penali, per distinguere il riesame dell’ordinanza cautelare dall’appello avverso il provvedimento che
decide sull’istanza di revoca
della misura cautelare medesima.
Delimitazione, inoltre, che incide
anche sull’ambito dei poteri
istruttori del Collegio investito
del reclamo, che potrà compiere
atti nuovi di istruzione solo
strettamente necessari ad operare il controllo di cui si è detto.
Passando all’esame del merito
della controversia, ritiene il
Collegio che il reclamo debba
essere rigettato.
Omissis
P.Q.M.
Il Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi, sul reclamo proposto da XXXXX nei confronti di XXXXX, avverso
l’ordinanza emessa dal
G.D. presso il Tribunale di
S. Angelo dei Lombardi in
data 27/11/2001, così provvede:
Rigetta il reclamo e per l’effetto conferma integralmente il provvedimento impugnato.
Riserva la regolamentazione
delle spese della presente fase
alla sentenza definitiva di merito.
S. Angelo dei Lombardi, così deciso nella camera di consiglio del
19.2.2002
Il Giudice. Est.
Il Presidente
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Civile e Processuale Civile
ALTIRPINIA
LA PROVVISORIA ESECUZIONE (EX ART. 648 C.P.C.)
COSTITUISCE IPOTESI DI
"CONDANNA CON RISERVA"
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI
ORDINANZA
Il GdP
“
... condanna con
riserva che
prescinde dalla
valutazione del
periculum in
mora....
Osservato che la concessione della provvisoria esecuzione
ex art. 648 c.p.c. costituisce, secondo il più recente e accreditato orientamento giurisprudenziale, a cui si ritiene di aderire, una ipotesi di "condanna con riserva" che prescinde
dalla valutazione del "periculum in mora" e presuppone unicamente l'esistenza di una situazione probatoria che consente, allo stato degli atti, l'accoglimento della domanda;
considerato, altresì, che detto provvedimento anticipatorio,
conservando la sua natura cautelare, è ammissibile soltanto
quando il ricorrente opposto ha assolto l'onere di provare i
fatti costitutivi della domanda (art. 2697, co. 2° c.c.) ovvero
quando l'opponente non li ha contestati;
“
ritenuto che la documentazione che il ricorrente ha prodotto
nella fase monitoria, di per sé idonea a provocare l'emissione
del decreto ingiuntivo, è, invece, inidonea a fornire la prova
del credito (non vi è la prova del titolo dedotto);
ritenuto che nel giudizio di merito, a seguito dell'instaurarsi
del contraddittorio tra le parti, le ragioni della prova del credito inizialmente richiesto dall'opposto debbano ritenersi
prevalenti sulla mancanza di allegazione, da parte dell'opponente, di prova scritta o di pronta soluzione (non può considerarsi tale la dichiarazione del 20.02.02 versata in atti, in
quanto tale documento, in sé, non è adatto a dimostrare fatti
impeditivi o estintivi della pretesa creditoria di cui al decreto);
visto l'art. 648 c.p.c.
RIGETTA
allo stato la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e rinvia la causa per la
trattazione ulteriore alla nuova udienza del 30.04.04. Si comunichi.
Sant'Angelo dei Lombardi, 4.04.04
Il GdP
Avv. Achille M.G.Bruno
Il Cancelliere
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
55
Diritto Civile e Processuale Civile
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
Nota di commento
Il Decreto Ingiuntivo nella fase litigiosa. (Art. 648, I co. C.p.c.)
Le problematiche collegate alla norma in commento si incentrano sul provvedimento
che, a contraddittorio costituito, il Giudice può adottare, consentendo (ove accolga
l'istanza del creditore-intimante) una immediata, anche se provvisoria, realizzazione
della pretesa monitoriamente azionata.
L'ordinanza del Giudice di concessione della esecutorietà
tende così a collocarsi tra i provvedimenti anticipatori di
condanna, come è ad esempio l'ordinanza provvisoria di
... il Giudice dovrà
rilascio (art. 665 c.p.c).
L'emissione dell'ordinanza di concessione provvisoria della
prima di tutto
esecutorietà del D.I. comporta per il Giudice una serie di
valutazioni, che si concretano in una prognosi del risultato esaminare il fumus
finale del giudizio, attraverso un equilibrato contemperaboni iuris della
mento delle posizioni probatorie offerte dalle parti.
pretesa....
Pertanto, seguendo la studio più accreditata, possiamo dire
che la provvisoria esecutorietà viene concessa ex art. 648 I
co. solo se: a)i fatti costitutivi del credito sono provati
mediante prove documentali in senso tecnico o non sono contestati dall'ingiunto opponente; b) le eccezioni del convenuto non sono fondate su prova scritta o di pronta soluzione.
Così la norma costituisce una ipotesi applicativa della tecnica della condanna con riserva (Proto-Pisani).
Sviluppando il concetto il Giudice dovrà prima di tutto esaminare il fumus boni iuris della
pretesa del creditore opposto. Pertanto la domanda accolta col D.I. sarà fondata su un
documento avente efficacia di prova scritta anche nel processo ordinario di cognizione
(che si instaura con l'opposizione al monitorio) e le eccezioni dell'opponente non risulteranno al Giudice fondate su prova scritta o di pronta soluzione.
Ai fini della concessione della provvisoria esecuzione del D.I. opposto occorre l'esistenza di una prova adeguata dei fatti costitutivi del diritto vantato dal creditore, secondo i
canoni del giudizio ordinario di merito. Ciò avviene quando la documentazione della fase
sommaria ha valore di prova scritta anche nel giudizio di opposizione o quando viene
integrata da ulteriore documentazione o infine non vi sia stata, pur nella carenza di prova
scritta secondo i canoni del giudizio ordinario, contestazione da parte dell'opponente
dei fatti costitutivi della pretesa.
“
“
Avv. Assunta Caruso
Avv. Vito Rosamilia
TRIBUNALE PENALE
UDIENZE PENALI
G.U.P.
G.I.P.
MONOCRATICHE
Mercoledì - Giuvedì
COLLEGIALI
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CANCELLERIA
Ufficio Dibattimentale Rito Monocratico
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P. Schettino - G. Di Tuccio
G.U.P.-G.I.P.
56
R. Capobianco - F. Spirito - A. Barbieri
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Polizia Giud. Aliquota Carabinieri
Mar."A"s.UPS E. Damiano
Mar. capo C. Grasso
Car."S" R. Claudio
Polizia Giud. Aliq.Polizia di Stato
Isp.Sup. A.R. Stanco
Ass.P. Membrino
Poliz.Giud.Aliq. Guardia Di Finanza
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Riflessioni e Commenti
ALTIRPINIA
IL PRINCIPIO DI RESPONSABILITA' DELLA P.A.
PER L'INSIDIA STRADALE
O "TRABOCCHETTO"
RIF. NORM.
C.C. 2043, 2051, 1227
MASSIMA
LA P.A. IN APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL "NEMINEM LAEDERE" (ART. 2043 C.C.) E NON IN BASE AL
DOVERE DI CUSTODIA (ART. 2051 C.C.) E' TENUTA A FAR SI CHE IL BENE DEMANIALE NON PRESENTI
PER L'UTENTE UNA SITUAZIONE DI PERICOLO OCCULTO, CIOÈ NON VISIBILE E NON PREVEDIBILE,
CHE DIA LUOGO AL C.D. "TRABOCCHETTO" O "INSIDIA STRADALE."
É INAPPLICABILE IL CONCORSO DI COLPA SANCITO DALL'ART.
1227, PRIMO COMMA C.C., "STANTI EVI-
DENTI RAGIONI DI INCOMPATIBILITÀ LOGICA FRA UN POSSIBILE CONCORSO DI COLPA DEL DANNEGGIATO E LA STESSA NOZIONE DI INSIDIA, ESSENDO QUESTA CONTRADDISTINTA DAI CARATTERI DELL'IMPREVEDIBILITÀ E DELL'INEVITABILITÀ DEL PERICOLO"
LA
MANCANZA DI DILIGENZA DEL DANNEGGIATO, RILEVANTE AI FINI DEL CONCORSO DI COLPA, NON
RILEVA AI FINI DELLA RESPONSABILITÀ DEL DANNEGGIANTE, PERCHÈ CIÒ PRODURREBBE UN'INVERSIONE DEI NORMALI CRITERI OPERATIVI DELL'ACTIO AQUILIANA, IN QUANTO IL DANNEGGIATO SAREBBE
TENUTO A DIMOSTRARE CHE IL DANNO SI
È
VERIFICATO NONOSTANTE LA SUA DILIGENZA".
SENTENZA DEL GIUDICE DI PACE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI 24.09.03 AVV. A.M.G.BRUNO
(omissis)
avendo espletato inutilmente un
tentativo di risoluzione bonaria
della controversia, concludeva
per la dichiarazione di responsabilità della convenuta e la sua
condanna al risarcimento del
danno.
La convenuta, da parte sua, costituitasi ritualmente in giudizio,
osservava come le modalità e le
conseguenze dell’incidente facessero presumere un’alta velocità
di percorrenza dell’automobile
guidata dal Petito, e che, comunque, il fango e il pietrisco presenti sulla strada non potevano
assolutamente qualificarsi come
non visibili e non prevedibili, e
comportare, quindi, l’insidia
nascosta e la conseguente
responsabilità del gestore della
strada.
Inoltre eccepiva che i depositi
alluvionali provenivano dalla
strada comunale (ex strada pro-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
“
... un forte contrasto
nella giurisprudenza
della Suprema
Corte....
“
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del
27/03/1997 l’attore dichiarava,
che in data 31/10/1994 percorreva con la propria auto (Audi 80
tg. AV 316339) la S.S. 7 alla frazione San Gennaro di Sant’Angelo
dei Lombardi. Giunto in prossimità dell’incrocio con la strada provinciale proveniente da S.Angelo
dei Lombardi, perdeva il controllo della sua autovettura a causa
del fondo stradale scivoloso su
cui erano presenti fango e pietrisco, cosicché l’auto terminava la
sua corsa nella cunetta laterale.
Aggiungeva che in virtù di questo
incidente il conducente subiva
danni alla persona e la vettura
riportava danni sia alla carrozzeria che alla parte meccanica.
Precisava ancora l’attore che,
non essendo il pericolo segnalato
sulla strada, risultava evidente
una responsabilità dell’A.N.A.S. e,
vinciale n. 7) Martinelli.
In via istruttoria veniva allegato il
rapporto dei Carabinieri, ed
espletato l’interrogatorio formale
della parte attorea. Inoltre veniva
richiesta ed effettuata la prova
testimoniale per l’accertamento
del “quantum debeatur”.
La causa veniva trattenuta a sentenza all’udienza del 20/06/2003
sulle conclusioni riportate in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato,
che il tema della responsabilità
57
Riflessioni e Commenti
STUDIO
ALTIRPINIA
dell’A.N.A.S. per i danni subiti sul punto tra le parti, ha preferito
dagli utenti a causa delle insidie di seguire l’orientamento prevapresenti sulla strada vi è un forte lente che riconduce, in virtù della
contrasto
sentenza 156/1999
nella
giuridella
Corte
sprudenza
Costituzionale, la
della Suprema
... norma primaria responsabilità sudCorte, che ha
all’art. 2043
e fondamentale del detta
portato alla
c.c..
nascita di due
"neminem laedere" Premesso ciò, la
differenti
domanda risulta
(art. 2043 c.c.)....
orientamenti
essere fondata e va
giurisprudenaccolta.
ziali. Il primo
Per giungere a quetrova il suo
sta
conclusione
riferimento normativo nell’art. vanno esaminati, con attenzione,
2051, che tratta della responsabi- tre punti fondamentali, che raplità del proprietario per il danno presentano, poi, anche i motivi
provocato dalle cose che ha in su cui si basano le eccezioni della
custodia. Per questi giudici, dun- convenuta: il nesso causale tra il
que, l’unica possibilità che ha comportamento del danneggianl’Ente gestore delle strade di te e l’evento dannoso, la qualifiessere manlevato dalla responsa- cazione dell’insidia come non
bilità nell’ipotesi di danno deriva- visibile né prevedibile ed infine la
to da una cattiva manutenzione, condotta del danneggiato.
è la prova del caso fortuito.
Per quanto attiene al primo
Il secondo orientamento, che punto, il verbale dei Carabinieri,
oggi sembra essere prevalente, esibito in data 22/05/1998, non
nega che si possa riscontrare una lascia adito a dubbi sulla causa
responsabilità da custodia per dell’incidente da rinvenirsi nel
quei beni demaniali, che sono di fango e pietrisco presenti sulla
così vasta entità da non poter carreggiata, tanto è vero che
essere controllati in continuazio- anche altre autovetture poco
ne. E’ per questo che i giudici in dopo l’incidente oggetto della
questione hanno ritenuto di rife- controversia sbandavano nello
rire il tema in oggetto all’art. 2043 stesso punto (V. relazione dei
del c.c. rubricato “Risarcimento C.C. in atti).
per fatto illecito” precisando che Risulta altresì accer“la P.A. incontra nell’esercizio del tata la mancanza di
suo potere discrezionale, anche cartelli di segnalazionella vigilanza e controllo dei ne del pericolo, alla
beni di natura demaniale, limiti cui
installazione
derivanti dalle norme di legge o provvedevano
gli
di regolamento, nonché dalle stessi Carabinieri in
norme tecniche e da quelle di momento successicomune prudenza e diligenza, vo.
ed in particolare, dalla norma Sul secondo punto,
primaria
e fondamentale del questo Giudice ritie“neminem laedere” (art. 2043 ne, sulla base delle
c.c.) in applicazione della quale informazioni raccolessa e’ tenuta a far si che il bene te durante, l’istruttodemaniale non presenti per ria che l’insidia possa avere i
l’utente una situazione di peri- caratteri della non visibilità
colo occulto, cioè non visibile e oggettiva, trovandosi all’uscita di
non prevedibile, che dia luogo al una curva, e della non prevedibic.d. “trabocchetto” o “insidia stra- lità soggettiva, in quanto le condale.”
dizioni
atmosferiche
erano
Questo giudice, anche in conside- buone, anche se, a quanto pare
razione di mancanza di contrasto due giorni prima c’erano state
58
“
“
delle copiose precipitazioni.
A nulla valgono le eccezioni della
convenuta secondo cui l’attore
abitava in quella zona, né la circostanza che lo stesso attore percorreva la strada abitualmente in
quanto non deve averla per forza
percorsa nei due giorni compresi
tra la data in cui sarebbero avvenute le precipitazioni e la data
dell’incidente.
Va ritenuta altresì infondata l’eccezione proposta dalla convenuta secondo cui il semplice concorso nella causazione dell’evento, che pure si ritiene sussistente, basti ad escludere ogni
responsabilità della P.A..
Anche sul punto si è acceso negli
ultimi anni un contrasto giurisprudenziale degno di nota.
Invero la sentenza 156/1999 della
Corte Costituzionale dopo avere
affermato la riconducibilità della
responsabilità della P.A. per i
danni arrecati agli utenti della
strada sotto il regime dell’art.
2043 del c.c., e non dell’art. 2051,
ha anche precisato che risulta
inapplicabile il concorso di colpa
sancito dall’art. 1227, primo
comma c.c., “stanti evidenti
ragioni di incompatibilità logica
fra un possibile concorso di
colpa del danneggiato e la stessa
nozione di insidia, essendo questa contraddistinta dai caratteri
dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità del pericolo”.
Da ciò si potrebbe
desumere, che o il
fatto è imputabile
alla P.A. con conseguente diritto al
risarcimento del
danno, oppure il
fatto medesimo è
anche solo in
parte riconducibile al danneggiato ed in tal caso
per quest’ultimo non sussisterà
alcun diritto di natura risarcitoria.
Questa ricostruzione, diffusa
nella giurisprudenza di merito, è
stata ben esaminata e contrastata dalla sentenza 1752/2002 della
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Riflessioni e Commenti
ALTIRPINIA
Corte di Cassazione che al termine di una lunga digressione sull’art. 1227 I co. c.c. e sul principio
di autoresponsabilità, bene conclude affermando che l’interpretazione proposta dalla Corte
Costituzionale “introdurrebbe un
nuovo elemento nella responsabilità aquiliana, non previsto dall’art. 2043 c.c., e cioè la mancanza di diligenza del danneggiato,
rilevante, invece, non ai fini della
responsabilità del danneggiante,
ma ai fini del concorso colposo
... u n ' i n v e r s i o n e
“
dei normali
criteri operativi
dell'actio
a q u i l i a n a ....
“
del danneggiato.
Ciò produrrebbe anche un’inversione dei normali criteri operativi dell’actio aquiliana, perché il
danneggiato sarebbe tenuto a
dimostrare che il danno si è verificato nonostante la sua diligenza”.
E’ per questi motivi che il concorso nella causazione dell’evento,
che si ritiene effettivamente esistente, sia pure in misura diversa
e preponderante per l’Ente convenuto, viste le disastrose conseguenze dell’incidente, non può
che contribuire ai soli fini del calcolo dell’entità del risarcimento
dovuto dal danneggiante. La
misura del danno richiesto va,
quindi, adeguatamente ridotta e
contenuta in € 6.000,00 che si
reputa congrua con gli interessi
di legge dalla domanda.
Va infine rilevato come non abbia
nessuna rilevanza il fatto, pure
eccepito dalla convenuta, della
provenienza dei depositi alluvionali da una strada comunale, non
attinendo ai rapporti tra le parti
in causa.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Definitivamente decidendo, ogni
altra istanza disattesa, dichiara la
responsabilità
prevalente
dell’A.N.A.S. nella causazione dell'incidente e per l'effetto la condanna a risarcire il danno al sig.
R. P. nella misura di € 6.000,00
così determinata in via equitativa, ex art. 2043 e 1227 I co. c.c.,
oltre agli interessi di legge dalla
domanda al soddisfo.
Condanna la medesima convenuta al pagamento delle spese legali che in mancanza di nota spese
specifica liquida in € 1.500,00 di
cui € 700 per onorari, € 700 per
diritti e € 100 per verosimili
esborsi oltre IVA, CAP e rimborsi
ex art. 15 L. P. con attribuzione
all'avv. M. A. che ha dichiarato di
averle anticipate.
Sant'Angelo
24.09.03
dei
Il Giudice di pace
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Lombardi,
Mar."A"M. Cicchella
Operatori Giud.
C. Zola-R. Villani- L. Marchitto
Cancelleria Dott. Pezza
C. Battaglia-A. Argenio-M. Castaldo
Procuratore Capo
Dott. M. Pezza
Sostituti Procuratori
Dott. E. Aufieri- Dott. U.Miraglia Del
Giudice
Funz. Resp. Settore Penale
P. Greco
UFFICIO DEL GIUDICEDI PACE
GdP Coordinatore dott.
A.M.G.Bruno
UDIENZE
CAUSE CIVILI
Venerdi: Dott. A. Nasti- Dott.
A.Bruno
Prima Udienza ore 10.00-14.00
Udienze istruttorie ore 11.30 - 14.00
CAUSE PENALI
Dott. A Nasti - Dott. A.Bruno
Dibattimentali
tutti i Giovedì: ore 9.30-14.00
G.I.P.
Martedì: ore 10.30-14.00
ORARIO RICEVIMENTO
Giovedì ore 11.00-12.00Venerdì ore
12.30 – 13.30
ASSEVERAMENTO PERIZIE
Lunedì-Giovedì ore 10.00-13.00
CANCELLERIE
Penale (Unica)
M. Schiavone
Civile Dott. Bruno
V.G. Imbriano
Civile Dott. Nasti
Dott. A. Valletta
Ruolo Generale- Iscrizione a Ruolo
V.G. Imbriano
Cancelliere Dirigente
Dott.ssa M.M. Grande
Operatore Amm.voAssistente
Dott. A. VallettaE. Sorice
59
ALTIRPINIA
LO STATO DEVE RISARCIRE
IL DANNO ARRECATO
ALLE COLTURE DALLA FAUNA SELVAGGIA
RIF. NORM. L. 11.02.1992, ART. 10, CO.8, LETT. F);
L. REGIONE CAMPANIA N. 8/96, ARTT. 26 E 28;
D. LGS. N.80/98, ART. 34
MASSIMA
LA FAUNA SELVATICA NON È "RES NULLIUS" MA PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO, CON LA CONSEGUENZA CHE ALLO STESSO, QUALE PROPRIETARIO, INCOMBE L'OBBLIGO DI RISARCIRE IL DANNO ARRECATO A
TERZI DALLA SELVAGGINA PROTETTA.
IL PREGIUDIZIO ECONOMICO ARRECATO DALLA FAUNA SELVATICA AI PROPRIETARI DEI FONDI, COMPRESI NELLE
ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA, HA FUNZIONE RISARCITORIA IN SENSO STRETTO, E, QUINDI, DI REINTEGRAZIONE PATRIMONIALE, CHE ESCLUDE IL POTERE DISCREZIONALE DELL'AMMINISTRAZIONE SIA IN ORDINE
ALL'AN CHE IN ORDINE AL QUANTUM.
RIENTRA NELLA GIURISDIZIONE DELL'A.G.O. LA CONTROVERSIA INERENTE IL RISARCIMENTO DEL DANNO
ARRECATO ALLA PRODUZIONE AGRICOLA DALLA FAUNA SELVATICA.
NEL GIUDIZIO INTENTATO DAL DANNEGGIATO PER LA LIQUIDAZIONE DELL'INDENNIZZO LA LEGITTIMAZIONE
REGIONE ED ALLA PROVINCIA CHE NE RISPONDONO IN SOLIDO TRA LORO IN
ASSENZA DI UNA CHIARA NORMA DI DELEGA SULLA ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ.
PASSIVA APPARTIENE ALLA
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI
LACEDONIA. SENTENZA. AVV.
LUCIA FORGIONE
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato
16 maggio 2002 D. L. A. ha convenuto
in
giudizio
l'Amministrazione Provinciale di
Avellino per ivi sentire accertare
i gravi danni provocati dai cinghiali o fauna selvatica al vigneto,
dichiarare che il fatto costituisce
ipotesi di risarcimento danni
anche ai sensi della legge regionale n. 8/1996 e per l'effetto condannare la convenuta al pagamento in favore dell'attore della
somma di euro 2.582,29 in relazione ai fatti di cui in premessa o
60
in quella maggiore o minore, che
il Giudice adito riterrà equa e giusta secondo il suo apprezzamento, oltre interessi e rivalutazione.
Il tutto sempre e comunque nel-
l'ambito della competenza ratio-
ne-valoris del Giudice adito nonostante il cumulo operato.
Condannare il convenuto al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa.
L'attore ha a tal fine dedotto, che
quale coltivatore diretto è proprietario del terreno sito nel
Comune di Monteverde alla c.da
"Pettolone" in catasto al foglio 6
p.lla 97, per una superficie di Ha
01.58.00 di cui Ha. 01.00.00 circa
adibito a vigneto; che il giorno 25
settembre 2000 un branco di cinghiali ha aperto un varco nella
recinzione del detto vigneto e ha
divorato l'intero raccolto, provocando danni irreparabili anche
alla struttura del vigneto; che l'attore a seguito di tanto, è stato
costretto a ripiantare un nuovo
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
ALTIRPINIA
vigneto con protezione di rete prova per testi, è stata rinviata al buendo essenziale rilievo, a tal
metallica; che detto vigneto rica- 19.12.2003 per la precisazione fine, al concreto atteggiarsi della
de in zona di ripopolamento e delle conclusioni e discussione e disciplina positiva concernente la
cattura; che l'istante immediata- a tale udienza è stata riservata in ristorabilità dei danni prodotti
mente dopo il fatto, avanzava decisione.
dalla selvaggina protetta.
richiesta di risarcimento danni MOTIVI DELLA DECISIONE
Le norme cui far riferimento nel
pari a lire 5.000.000 ai sensi e Si premette che l'eccezione di caso che ne occupa sono l'art. 10
nelle forme di cui all'art. 26 legge difetto di giurisdizione sollevata comma 8 lettera f) della legge staregionale n.8/1996; Che la legge
tale 11 febbraio 1992 n. 157 e l'art.
statale n. 157/1992, ha riconosciu26 della legge regionale Campania
to in capo allo Stato una situazion. 8/1996.
ne di titolarità dominicale della
Dal tenore letterale della normatifauna selvatica, sgombrando il
va invocata emerge con chiarezza
campo del vecchio concetto di
che il pregiudizio economico
"res nullius"; che dalla acquisita
arrecato dalla fauna selvatica ai
condizione di proprietario della
proprietari dei fondi, compresi
fauna selvatica, incombono sullo
nelle zone di ripopolamento e catStato una serie di obblighi tra cui
tura, ha funzione risarcitoria in
quello di risarcire i danni arrecati
senso stretto, e, quindi, di reintea terzi; che senza esito è rimasta
grazione patrimoniale, come tale
la richiesta di risarcimento danni
esclusivo di un potere discrezio.
dall'Amministrazione provinciale nale dell'amministrazione sia in
Alla prima udienza di comparizio- di Avellino e dalla Regione ordine all'an che in ordine al
ne si è costituita ritualmente Campania non ricorre nel caso di quantum. Infatti l'art.10 della
l'Amministrazione Provinciale di specie.
legge n. 157/1992 dopo aver previAvellino la quale ha eccepito in Invero la domanda proposta dal- sto la creazione di oasi di protevia preliminare il difetto di giuri- l'attore, al di lì del suo fondamen- zione e di rifugio della fauna selsdizione del giudice ordinario, to nel merito, appartiene alla vatica, zone di ripopolamento e
per essere il giudizio di compe- cognizione dell'AGO. Infatti il pro- cattura e centri pubblici di produtenza del giudice amministrativo, blema attinente alla qualificabili- zione di selvaggina, anche allo
il difetto di legittimazione
stato naturale - esplicitapassiva, per essere legittimamente prevede - alla lettera
to la Regione Campania, e nel
f) - l'emanazione di norme
merito ha eccepito la infonche fissino "i criteri per la
datezza della domanda di cui
determinazione del risarcine ha chiesto il rigetto con la
mento in favore dei condutcondanna dell'istante al diritto soggettivo al risarcimento tori", mentre il successivo
pagamento delle spese di senza lasciare spazio a valuta- art. 26 dispone che per "far
lite.
fronte ai danni non altrizioni discrezionali da parte
E' stata disposta la chiamata
menti risarcibili arrecati
in causa della Regione della pubblica amministrazione alle produzioni agricoCampania, cui ha provvedule………….. dalla fauna selto parte attrice, e, all'udienza
vatica e' costituito a cura
del 07.02.2003 si è costituita
della Regione un fondo
anch'essa in giudizio eccedestinato alla prevenzione
pendo in via preliminare il
e ai risarcimenti" e che "Il
difetto di giurisdizione, per esse- tà della posizione dell'attore proprietario o il conduttore del
re competente il giudice ammini- come diritto soggettivo, tutelabi- fondo è tenuto a denunciare temstrativo; il difetto di legittimazio- le dinanzi il giudice ordinario, o pestivamente i danni …………
ne passiva e, nel merito, ha chie- come interesse legittimo, tutela- che procede entro trenta giorni
sto il rigetto della domanda per bile dinanzi il giudice amministra- alle relative verifiche anche
infondatezza. Con vittoria di tivo, va risolto tenendo presente mediante sopralluogo e ispezioni
spese e competenze di lite.
la consistenza riconoscibile di e nei centottanta giorni successiLa causa, istruita con la produzio- volta in volta alla posizione sog- vi alla liquidazione" ed infine l'art.
ne di documenti ed assunzione di gettiva del danneggiato ed attri- 26
della
legge
Regionale
“
“
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
61
ALTIRPINIA
Campania
è
intitolato ne all'an che in ordine al quan"Risarcimento danni alle produ- tum. (cass. sez. un. 10.08.1999 n.
zioni agricole".
587; Cass. sez. Unite n. 12901/98;
La incondizionata doverosità Sez Unite n. 5501/1991);
della corresponsione del risarci- Né può ritenersi fondata l'eccemento risulta sancita anche dalle zione di difetto di giurisdizione
espressioni: "Il proprietario o il sotto il profilo dell'art. 34 del
conduttore è tenuto a denunziare D.Lgs n. 80/1998.
il danno, entro cinque giorni dal- In effetti l'art. 34 devolve alla giul'evento, all'Ufficio Caccia della risdizione esclusiva del giudice
Provincia il quale entro i succes- amministrativo le controversie
sivi trenta giorni procederà agli aventi per oggetto gli atti, i provaccertamenti del caso anche vedimenti e i comportamenti
mediante verifiche ed ispezioni delle amministrazioni pubbliche
sopralluogo" e ancora "Entro in materia urbanistica ed edilizia.
novanta giorni dal ricevimento della denunzia,
previo esame della pratica da parte del comitato
di cui al comma 3), la
Provincia comunica al
danneggiato l'importo
... la fauna selvatica italiana
del danno accertato" e
patrimonio indisponibile
dall'inciso "..la provincia
provvederà al risarcidello Stato ...
mento del danno accertato nella misura del
100%…" (art. 28 comma
4°, 5° e 6° legge regionale
campania). In definitiva,
ritiene questo giudicante, che il quadro normativo sopra Nel caso di specie oggetto del
esposto attribuisce al proprieta- giudizio non un atto, né un provrio danneggiato un vero e pro- vedimento e né un comportaprio diritto soggettivo al risarci- mento della pubblica amminimento senza lasciare spazio a strazione ma azione di risarcivalutazioni discrezionali da parte mento danni arrecati dalla fauna
della pubblica amministrazione selvatica al fondo dell'attore,
con la conseguenza che la relati- incluso in zona di ripopolamento
va controversia rientra nella giu- e cattura.
risdizione del giudice ordinario.
La questione è necessariamente
Sul punto anche le sezioni unite di competenza del giudice civile,
della
Suprema
Corte
di unico giudice deputato alla
Cassazione, decidendo casi ana- cognizione in detta materia.
loghi, hanno chiarito che il pre- Nel merito la domanda è fondata
giudizio economico arrecato e provata e merita accoglimento.
dalla fauna selvatica ai proprieta- In primis si precisa che prima
ri dei fondi, compresi nelle zone dell'entrata in vigore della legge
di ripopolamento e cattura, ha quadro sulla caccia (l. 27 dicemfunzione risarcitoria in senso bre 1977, n. 968 - ora modificata
stretto, e, quindi, di reintegrazio- dalla l. 11 febbraio 1992, n. 157,
ne patrimoniale, come tale esclu- Norme per la protezione della
sivo di un potere discrezionale fauna selvatica omeoterma e per
dell'amministrazione sia in ordi- il prelievo venatorio) si riteneva
“
comunemente che gli animali selvatici viventi in libertà appartenessero alla categoria delle res
nullius per cui ciascuno era libero di appropriarsene con la conseguente irrisarcibilità dei danni
da essi arrecati. Il quadro normativo ha subito una trasformazione radicale con l'approvazione
della citata legge quadro sulla
caccia (legge 968/77 e 157/92)
che ha dichiarato la fauna selvatica italiana patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1). Posto
quindi che la fauna selvatica è
entrata a far parte del patrimonio indisponibile dello
stato incombe su questo una
serie di obblighi derivanti
dalla acquisita condizione di
proprietario della fauna selvatica tra cui quello di risarcire i danni arrecati a terzi.
Sebbene la fauna selvatica
rientra nel patrimonio indisponibile dello Stato la legge
n. 157/1992 attribuisce alle
Regioni l'emanazione di
norme relative alla gestione e
tutela di tutte le specie della
fauna selvatica e affida alle
medesime i poteri di gestione,
tutela e controllo, riservando alle
province le funzioni amministrative di attuazione delle norme
regionali in materia. Pertanto
ritiene questo giudicante che, se
ed in quanto sussiste responsabilità, le regioni e le province sono
tenute in solido al risarcimento
dei danni arrecati a terzi dalla
fauna selvatica. Sul punto la giurisprudenza ritiene invece legittimato passivamente solo la
Regione, ovvero l'ente che ha il
potere di emanare norme relative
alla gestione e tutela della fauna
selvatica, in quanto la delega alla
provincia non fa venir meno la
titolarità di tali poteri in capo alla
Regione e deve essere esercitata
nell'ambito delle direttive dell'ente delegante. Nel caso di specie,
però, la Provincia non ha provve-
“
62
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
ALTIRPINIA
duto ad una corretta attuazione
delle norme regionali relative alla
gestione e tutela della fauna selvatica; non ha provveduto alla
predisposizione in concreto di
piani faunistico-venatori destinate alla riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale
anche con la cattura di selvatici presenti in soprannumero (art. 10 legge n.
157/92) e non ha provveduto alla installazione di
opere di recinzione. La
Provincia inoltre non ha
mai giustificato come ha
utilizzato i fondi assegnati
dalla Regione per l'anno
2000. Né risponde a vero
l'assunto dedotto dalla stessa nella comparsa di costituzione che la Regione
avrebbe provveduto allo
stanziamento dei fondi
solamente per l'anno 1996 in
quanto dalla documentazione in
atti, mai contestata, è emerso
che negli ultimi cinque anni i
fondi per il risarcimento danni
causati dalla fauna selvatica sono
stati regolarmente assegnati.
Inoltre l'art. 26 L.R. n. 8/1996
attribuisce alla provincia anche i
compiti di accertamento e liquidazione dei danni nella misura
accertata, attraverso l'utilizzazione dei fondi stanziati dalla
Regione.
L'amministrazione
Provinciale, sebbene parte attrice abbia regolarmente inoltrato
denuncia di danno in data
02.10.2000 a mezzo racc.ta ar.,
come si evince dalla documentazione in atti, non ha mai proceduto ai dovuti accertamenti come
previsto dalla succitata normativa regionale .
In definitiva questo giudicante
ritiene che la responsabilità per
condotta colposa della Regione
Campania e dell'Amministrazione
Provinciale di Avellino vada
ricondotta alla mala gestio della
fauna selvatica. Infatti l'ammini-
strazione Provinciale di Avellino
è responsabile per non avere
esercitato il suo potere di controllo sulla riproduzione dei cinghiali e per non aver provveduto
alla installazione di opere di
recinzione e la Regione Campania
per non aver esercitato controllo
“
... le regioni e le province
sono tenute in solido
al risarcimento dei danni
arrecati a terzi
dalla fauna selvatica ...
fauna selvatica, pari a euro
2.582,00 oltre interessi legali
dalla domanda.
L'accoglimento della domanda
proposta da De Lorenzo Antonio
determina in suo favore la regolamentazione delle spese di lite
che seguono il criterio della soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P. Q. M.
Il Giudice di Pace di
Lacedonia, definitivamente
pronunciando sulla domanda proposta da De Lorenzo
Antonio
nei
confronti
dell'Amministrazione
Provinciale di Avellino con
atto di citazione notificato il
16.05.2001 e nei confronti
della Regione Campania con
atto di chiamata in causa
notificato il 5.12.2002, ogni
contraria istanza, eccezione
e deduzione disattesa, così provvede:
1) Accoglie la domanda e per l'effetto dichiara l'Amministrazione
Provinciale di Avellino e la
Regione Campania tenute in solido al risarcimento dei danni arrecati al vigneto dell'attore dalla
fauna selvatica;
2) Condanna l'Amministrazione
Provinciale di Avellino e la
Regione Campania, in persona
dei loro legali rapp.ti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attore D. L. A.
della somma di euro 2.582,00
oltre interessi legali dalla domanda;
3) Condanna l'Amministrazione
Provinciale di Avellino e la
Regione Campania, in persona
dei loro legali rapp.ti pro-tempore, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attore delle
spese di lite che si liquidano in
euro 1.179,51 di cui euro 79,51
per spese vive anticipate, euro
600,00 per diritti ed euro 500,00
per onorario di avvocato oltre
accessori di legge.
“
per la migliore gestione della
fauna selvatica e per non aver
esercitato il potere sostitutivo
sancito dall'art. 10 comma 10,
legge n. 157/1992. Alla luce di
tanto anche l'eccepito difetto di
legittimazione passiva sollevata
dalle convenute va rigettato.
L'ammontare del danno arrecato
al vigneto dell'attore dalla fauna
selvatica è provato dalla perizia
in atti redatta dal geom. Pietro
Zecchino, corredata di rilievi
fotografici, e confermata dal tecnico redattore, assunto come
teste. Nella perizia, mai contestata, il tecnico ha accertato che i
danni presenti sul vigneto del De
Lorenzo, esteso per circa Ha
01.00.00, erano da imputarsi ai
cinghiali i quali avevano completamente distrutto l'uva prossima
alla vendemmia e ne ha altresì
quantificato l'ammontare dei
danni pari ad euro 2.582,00.
La
Regione
Campania
e
l'Amministrazione Provinciale di
Avellino sono quindi tenute in
solido al risarcimento del danno
arrecato al fondo dell'attore dalla
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
63
Studi e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
IL PROBLEMA DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ,
LE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE E
L'APPLICAZIONE ANALOGICA
DELLE "CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE".
L’art 1 del Codice Penale disponendo che “Nessuno mente – ricompreso in quello sub b)); d) l’irretroatpuò essere punito per un fatto che non sia preve- tività della legge penale. Nessuno può essere conduto dalla legge come reato, né con pene che non dannato per un reato il quale non sia previsto da
siano da essa stabilite”, formalizza, nel nostro una legge che preveda una fattispecie determinata
Ordinamento, il principio di legalità, principio pre- e tassativa e che sia entrata in vigore prima del
sidiato a livello costituzionale dall’art. 25 Cost., il fatto commesso.
quale, anche se si sofferma su uno degli aspetti di In particolare il divieto di interpretazione analogica
tale principio e cioè sulla regola della irretroattività è principio fondante degli Ordinamenti costruiti su
della legge penale nel tempo (“Nessuno può essere un principio di legalità formale; infatti se nei Sistemi
punito se non in forza di una legge che sia entrata in a legalità sostanziale il ricorso alla analogia rapprevigore prima del fatto commesso”), ha comunque senta il mezzo di adeguamento del diritto penale al
inteso riferirsi, secondo la studio pressoché unani- divenire della realtà sociale, tale adeguamento nei
me, a tutti gli aspetti del principio di legalità.
sistemi a legalità formale può essere garantito solo
Il principio di legalità formale che si riassume nel da continui e tempestivi interventi legislativi.
brocardo latino nullum crimen, nulla poena sine Nel nostro Ordinamento il divieto di interpretaziolege, va nettamente distinto dal principio di legalità ne analogica è esplicitamente previsto nell’art. 14
cd. sostanziale secondo il quale vanno considerati delle Disposizioni sulla legge in generale che stabilireati tutti i fatti socialmente pericolosi, anche se sce: “Le leggi penali e quelle che fanno eccezione
non espressamente previsti dalla legge, e che ad a regole generali o ad altre leggi non si applicano
essi vanno applicate le pene adeoltre i casi e i tempi in esse conguate allo scopo. Tale principio è
siderati”. Non può esservi dubusualmente sintetizzato con il
bio, del resto, che tale divieto
brocardo latino nullum crimen ... Il principio di legalità possa desumersi – come detto
sine poena. Il principio di legalità
in precedenza – dalla formulasostanziale è pressoché scono- sostanziale è pressoché zione
dell’art.
25
della
sciuto ai Sistemi giuridici moderCostituzione.
sconosciuto ai Sistemi
ni (rimane in vigore in alcuni
La studio penalistica nostrana
giuridici moderni ....
Paesi di tradizione comunista
ha sempre evidenziato un limite
come la Cina e la Corea del Nord)
al divieto di interpretazione anaessendo stato adottato, agli inizi
logica nella possibilità del ricordel secolo scorso, dalla Russia
so alla c.d. analogia in bonam
Sovietica e dalla Germania Nazionalsocialista. Se partem. Il divieto di analogia è sempre stato concepensiamo che il Diritto moderno nasce proprio pito, infatti, in funzione di garanzia del favor libertadalla reazione dei Popoli alle storture realizzate agli tis contro limitazioni non espressamente previste
albori del Secolo scorso dai Totalitarismi possiamo dalla legge, perché si è sempre avvertito e storicaben capire come si sia affermata con forza l’esigen- mente constatato che l’effettivo pericolo di abusi
za di certezza e di garanzia del Diritto che ha porta- del Giudice, che nell’analogia si annida, proviene
to alla affermazione del principio di legalità forma- soprattutto dall’analogia in malam partem. “E’ per
le.
questo che la nostra studio ha sempre circoscritto
La portata di tale principio viene tradizionalmente il divieto alla sola analogia “a sfavore del reo”, ritearticolata nella enunciazione di quattro regole fon- nendo che la locuzione “leggi penali” di cui all’art.
damentali che sono: a) la c.d. riserva di legge; b) la 14 disp. prel. debba intendersi nel senso restrittivo
regola della tassatività e determinatezza della fatti- di leggi penali incriminatrici. Risulta quindi consenspecie legale; c) il divieto di interpretazione analo- tito il ricorso all’interpretazione analogica per quelgica (da alcuni autori – come vedremo successiva- le norme previste “a favore del reo” vale a dire
“
“
64
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
STUDIO
Studi e Note
ALTIRPINIA
quelle norme che prevedono cause di non punibili- tezza, in ossequio al principio di tassatività, delle
tà del fatto previsto come reato, o ipotesi di atte- disposizioni a favore del reo, e dal divieto generale
nuazione della pena.
di analogia per le norme eccezionali. Di conseguenIn realtà l’estensione analogica delle norme c.d. za le “scriminanti tacite” devono essere desunte
scriminanti sul piano storico ed ideologico è postu- rigorosamente dalle scriminanti codificate, e così
lata dalle stesse ragioni costitutive del divieto di per gli esempi pratici dell’attività medico-chirurgiapplicazione analogica delle norme incriminatrici e ca, dell’attività sportiva violenta, delle informazioni
cioè tutelare il popolo sovrano da scelte criminaliz- commerciali(MANTOVANI).
zanti non compiute dal legislatore.
Per l’altra parte della studio, invece, le norme che
Sul fondamento giuridico e sulla portata dell’analo- escludono l’antigiuridicità del fatto tipico, (o norme
gia in bonam partem non vi è pero concordia in stu- permissive) non modificano né limitano la materia
dio; gli autori che seguono la teoria “bipartita” in del divieto posto dalla norma penale, ma soltanto
ordine alla struttura del reato e cioè quella che indi- né escludono l’applicabilità ai casi concreti in cui
vidua i due elementi costitutivi
ricorra anche l’ipotesi prevista
della fattispecie criminosa nel
dalla norma permissiva. Mentre
fatto tipico e antigiuridico e nella
la risposta alle domande che concolpevolezza, giustificano l’analocernono l’esistenza di un fatto
gia in bonam partem ritenendo ... analogia in bonam tipico è interamente contenuta
che il divieto di analogia si riferinel diritto penale, la risposta alla
partem....
sca unicamente alle norme penali
domanda se quel fatto tipico sia
incriminatrici (MANTOVANI). Gli
anche antigiuridico, va invece
autori che, invece, seguono la
ricercata guardando all’intero
teoria “tripartita”, quella, cioè,
Ordinamento giuridico. La fonte
che individua i tre elementi costitutivi del reato nel delle singole fattispecie permissive può, infatti,
fatto tipico, l’antigiuridicità (che rappresenta, quin- essere rinvenuta non solo nell’ambito del diritto
di un elemento autonomo), e la colpevolezza, indi- penale, ma anche in altri settori dell’Ordinamento;
viduano nelle norme che escludono l’antigiuridicità ad esempio nelle disposizioni costituzionali. La
del fatto tipicamente previsto dalla legge come norma che riconosce il Diritto di Sciopero (art. 40
reato, norme non penali e per questa via ammetto- Cost.) rappresenta la fonte della non antigiuridicità
no l’analogia per tali norme: “Le norme che tolgono di alcune condotte tipiche come l’interruzione di
illiceità al fatto penalmente sanzionato, infatti, non pubblico servizio (art. 340 c.p.).
sono norme penali, bensì autonome norme non
Ne consegue che è impossibile fornire un catalogo
penali aventi effetto sull’intero Ordinamento giuri- esaustivo delle cause di giustificazione che, al condico; ne segue senza strappi la loro possibile esten- trario, corrispondono ad un elenco aperto a cui il
sione analogica ...”. “La norma di favore sarà suscet- legislatore può aggiungere nuove voci e che può
tibile di estensione analogica se ed in quanto sia essere arricchito per via interpretativa. E’ per queespressione di un principio generale dell’ordina- sta via che la Giurisprudenza ha riconosciuto il
mento ...”.(FIORE)
diritto di cronaca, che rispetti i limiti della verità,
Per quanto riguarda, poi, la portata dell’analogia in pertinenza e continenza, come causa di liceità del
bonam partem, essa è tradizionalmente riferita alle diritto di diffamazione a mezzo stampa. (FIORE)
LA REDAZIONE
norme che prevedono le c.d. scriminanti o cause di
giustificazione, quelle situazioni, cioè, in presenza
delle quali un fatto che altrimenti sarebbe reato,
tale non è perché la legge lo impone o lo consente.
Le cause di giustificazione sono previste agli artt.
50 – 54 c.p. che disciplinano il consenso dell’avente
diritto, l’esercizio di un diritto o l’adempimento di
un dovere, l’uso legittimo delle armi, la legittima
difesa, lo stato di necessità.
Parte della studio tende a limitare le ipotesi in cui è
consentito il ricorso all’analogia stabilendo i limiti a
cui deve sottostare l’analogia in bonam partem e
cioè: il dovere di desumere rigorosamente l’eadem
Albert Camus
ratio dal diritto scritto, dalla necessaria determina-
“
“
Chi scrive in modo chiaro
ha lettori,
chi scrive in modo oscuro
ha commentatori
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
65
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
LE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA E
L'ABUSO D'UFFICIO
RIF. NORM.
Cod. pen. - artt. 110, 112 1° comma n° 1 e 323
Cod. proc. pen. - artt. 533, 535 e 530 2° comma
Cost. - art. 97
R.D. 383/34 - art. 87 1° comma
L. 241/90 - artt. 1 e 22
MASSIMA
LA
SOSPENSIONE DELLA PRESCRIZIONE HA EFFETTO PER TUTTI COLORO CHE HANNO COMMESSO IL
REATO ANCHE QUANDO DERIVA DA FATTI RICOLLEGATI ALLA VOLONTÀ DISCREZIONALE DI UNO SOLO
DEI SOGGETTI DEL PROCESSO, COME NELL'IPOTESI DI SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PER CAUSE
ASCRIVIBILI A IMPEDIMENTO DELL'IMPUTATO O DEL SUO DIFENSORE.
NELLA SCELTA DEL SOCIO PER LA COSTITUZIONE DI SOCIETÀ DI CAPITALI DESTINATE ALLA GESTIONE
È SEMPRE NECESSARIO OSSERVARE LE PROCEDURE DI EVIDENZA PUBBLICA. CIÒ NON SOLO QUANDO LA PARTECIPAZIONE PUBBLICA SIA MINORITARIA, COME RICHIESTO
ESPRESSAMENTE DALL'ART. 12 COMMA 1 L. 23 DICEMBRE 1992 N. 498, MA ANCHE QUANDO L'ENTE TERRITORIALE PARTECIPI ALLA SOCIETÀ IN POSIZIONE DOMINANTE POICHÉ, IN TALE ULTIMA IPOTESI, L'APPLICABILITÀ DELLE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA AL PROCEDIMENTO DI SCELTA DEVE
ESSERE DESUNTA INNANZI TUTTO DIRETTAMENTE DALL'ART. 97 COST., ED IN PARTICOLARE DAI PRINCIPI DI CORRETTEZZA, TRASPARENZA, PUBBLICITÀ, EFFICIENZA ED EFFICACIA DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA (CONTENUTI ANCHE NEGLI ARTT. 1 E 22 DELLA LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241 SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO), E SECONDARIAMENTE DALLE NORME GENERALI CHE REGOLANO L'ATTIVITÀ CONTRATTUALE DEGLI ENTI LOCALI (IN PARTICOLARE L'ART. 87, PRIMO COMMA, R.D. 3 MARZO
1934, N. 383, NON ABROGATO DALL'ART. 64.1 LETT. C, DELLA LEGGE 142 DEL 1990).
PERTANTO, OVE NON VENGANO APPLICATE LE REGOLE DELL'EVIDENZA PUBBLICA NELLA SCELTA DEL
SOCIO PRIVATO DI MINORANZA, LA VIOLAZIONE DI LEGGE CHE IL NUOVO TESTO DELL'ART. 323 C.P.
PONE A FONDAMENTO DEL PRECETTO PENALE VA RAVVISATA PROPRIO CON RIFERIMENTO ALLE SUDDI PUBBLICI SERVIZI LOCALI
DETTE NORME
TRIBUNALE DI S. ANGELO DEI LOMBARDI, PRESIDENTE DOTT. ROCCO CARBONE, GIUDICE ESTENSORE DOTT. FERDINANDO LIGNOLA, 13
FEBBRAIO 2004, N° 25 R.G. SENT.
(omissis)
Il Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi in composizione collegiale
dott. Rocco Carbone
Presidente
dott. Elena Quaranta
Giudice
dott. Ferdinando Lignola
Giudice estensore
all’udienza del 13 febbraio 2003
ha pronunziato la seguente
66
SENTENZA
nel procedimento nei confronti
di:
1) C. D. A., nato a ... il ...; 2) R. A.,
nato a ... il ...; 3) D. V. L. I., nato a
... il ...; 4) T. F., nato a ... il ...; 5)
M. G., nato a ... il ...; 6) A. M.,
nato a ... il ...; 7) L. O., nata a ... il
...; 8) D. B. G., nato a ... il ...; 9) P.
G., nato a ... il ...; - liberi presenti
-
IMPUTATI
Concorso in abuso di ufficio
(artt.110-112 1° comma n. 1- 323
c.p.) perché gli ultimi sei nella
qualità di pubblici ufficiali in
quanto componenti della Giunta
Municipale e nello svolgimento
delle loro funzioni, in violazione
dell’art. 3 par. 1 della Direttiva
CEE/92/50, nonché degli artt.
265 e 267 r.d. 14/9/1931 n
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
1175,87,
comma
1
del
r.d.3/3/1934
n.383,3
del
r.d.18/11/1923 n.2440,37 del r.d.
23/5/1924 n.827 e delle norme
contenute nella L.14/11/1995
n.481, nonché delle precedenti
delibere della Giunta Comunale
n.36 del 30/7/1997, intenzionalmente procuravano ingiusto
vantaggio patrimoniale, dapprima ai primi tre indagati, che
concorrono per istigazione, e
poi alla T. s.n.c. costituita dagli stessi,
consistente nell’affidamento della gestione dell’impianto di
distribuzione del gas
metano senza ricorso a regolare gara,
con i seguenti atti
illegittimi : a) – delibera di giunta n. 258
del 2/8/1995, in cui il
T. pure essendo
cognato di D. V. L. I.
(socio della T.), ometteva di astenersi - di revoca
della
delibera
109
del
23/03/1995 ( con cui era stata
indetta trattativa privata con
procedura di urgenza per la
gestione temporanea dell’impianto) fornita di motivazione
solo apparente in violazione dell’art. 3 Legge n. 241/90; b) - delibera 256 di Giunta del 2/8/1995
(successivamente annullata dall’organo di controllo) con cui i
primi 3 indagati futuri soci della
T. s.n.c.- venivano incaricati del
servizio di manutenzione dell’impianto, ora per allora, sulla
base del falso presupposto che
la predetta delibera 109 era
oggetto di ricorso, laddove il
CO.RE.CO. si era limitato a
richiedere chiarimenti su tale
delibera, mai forniti, mentre dall’espetamento della gara indetta
con la ripetuta delibera 109 era
risultata aggiudicatario la ditta
E. G. di Caserta, il tutto anche
contro il parere espresso da
tecnico comunale ai sensi dell’art. 53 L. 142/90 ; c) - delibera
n. 388 di Giunta del 14/10/1997
(annullata dal TAR per violazione dell’art. 3 par.1 della Direttiva
CEE 92/50) con la quale, dopo
una serie di proroghe dell’affidamento del servizio a trattativa
privata al T., veniva deciso di
costituire una società a prevalente capitale pubblico per la
gestione del servizio individuando la stessa T. quale socio di
minoranza della costituenda
società, senza il ricorso a gara in
base ad argomentazione e scelte
del tutto discrezionali.
S. Angelo dei Lombardi - Particolare
In B. fino al 14/10/1997
Con l’intervento del Pubblico
Ministero Dott. U. Miraglia, del
Giudice e dei Difensori di fiducia
avv. C. Monaco, per C. D. A., R.
A. e D. V. L. I.; avv. V. Esposito (e
P. Filippone, assente), per T. F.;
avv. P. Miele, per M. G., A. M., D.
B. G. e P. G.; avv. D. Penetta, per
A. M.; avv. Sergio De Meo per L.
O..
CONCLUSIONI DELLE PARTI
per l’accusa: condanna degli
imputati T., M. E A. alla pena di 4
mesi e 10 giorni di reclusione;
dichiarazione di non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e
P. G. per intervenuta prescrizione; assoluzione, a norma dell’art.
530, comma 2, c.p.p. per C. D. A.,
R. A., D. V. L. I. per non aver commesso il fatto e per L. O. perché il
fatto non costituisce reato.
per la difesa:
avv. C. Monaco: assoluzione perché il fatto non sussiste o perché il fatto non costituisce
reato;
avv. V. Esposito: assoluzione
perché il fatto non sussiste o
perché il fatto non costituisce
reato; in caso di condanna, il
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
minimo della pena con tutti i
benefici;
avv. D. Penetta: assoluzione perché il fatto non sussiste;
avv. P. Miele: assoluzione perché
il fatto non sussiste o perché gli
imputati non lo hanno commesso;
avv. Sergio De Meo: assoluzione
perché il fatto non costituisce
reato.
Svolgimento del processo
Con decreto del
18.4.2002 il Giudice
per l’udienza preliminare presso il
Tribunale
di
S.
Angelo
dei
Lombardi disponeva
- ai sensi degli artt.
429 e ss. c.p.p. - il
giudizio nei confronti degli imputati in
ordine ai reati contestati per l’udienza
del 21.6.2002, data
in cui il processo era
rinviato per astensione degli
avvocati all’8.11.2002.
All’udienza
dell’8.11.2002
dichiarata la contumacia di C. e
L. ed in presenza degli altri imputati, il processo era rinviato al
31.1.2003 per l’incompatibilità di
un componente del collegio.
Seguiva ancora un rinvio
all’11.4.2003, su richiesta del
difensore presente, per impedimento dell’avv. De Meo, con
dichiarazione di sospensione dei
termini di prescrizione per tutti
gli imputati.
In data 11.4.2003, in presenza
di tutti gli imputati, in assenza di
questioni
preliminari,
il
Tribunale dichiarava aperto il
dibattimento e chiedeva l’acquisizione di una serie di documenti
attinenti alla gestione dell’impianto della distribuzione del gas
metano:
delibera numero 30 del consiglio comunale del 1994;
delibera del consiglio comunale
del comune di B. numero 48 del
15 dicembre 1994;
delibera numero 17 del 10
marzo 1995 con relativi allegati;
delibera numero 109 del 23
67
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
marzo 1995 della giunta comula stessa costituisce comunque copia della deliberazione della
nale;
un documento, a norma dell’art. Giunta Comunale di B. N. 274 del
delibera numero 258 della giun234 c.p.p., dal quale il giudice 2 agosto 95;
ta comunale del 2 aprile 1995;
può trarre elementi di giudizio: è copia della deliberazione n. 256
delibera numero 274 del 2 agodel resto pacifico che è sempre del 2 agosto 95 della Giunta
sto 1995;
a m m i s s i b i l e comunale di B.;
delibera
l’acquisizione approvazione dello schema di
numero 309
di sentenze di convenzione per la gestione tecdel 21 settemprimo
grado nica economica e manutenzione
bre 1995;
non passate in ordinaria degli impianti di distri... la sospensione e
delibera
giudicato, poi- buzione del gas metano, delibenumero
36
ché la loro non razione n. 17 del 10 marzo 95;
l'interruzione della
del 30 luglio
definitività inci- copia della deliberazione n. 209
prescrizione hanno
1997 del conde solo sulla del 21 settembre 95;
siglio comueffetto per tutti coloro valenza proba- copia della deliberazione n. 75
nale con relatoria ed utilizza- del 12 novembre 96 del consitivi allegati e che hanno commesso il bilità.
glio comunale di B.;
atto costituiSi procedeva copia della deliberazione n. 88
reato....
vo
della
quindi ad escu- del 28 dicembre 96;
società;
tere i testi M. G. copia della deliberazione del
delibera
(con acquisizio- Consiglio comunale di B. n. 26
numero 338
ne sull’accordo del 27 maggio 97;
della giunta comunale del 14
delle parti della nota del 5 luglio copia della deliberazione del
ottobre 1997;
1999, a sua firma) e D. G. D. (con consiglio comunale di B. n. 45
sentenza del TAR Campania del
acquisizione sull’accordo delle del 10 ottobre 97.
27 maggio 1998;
parti della relazione a sua firma
La Difesa di D. V., R. e C. chiedelibera numero 256 del 2 agoed allegato relativo alla composi- deva a sua volta l’acquisizione, a
sto 1995 unitamente al provvezione della giunta comunale e del norma dell’art. 507 c.p.p., di ultedimento del Co.re.co. Campania
consiglio comunale negli anni dal riore documentazione
che annulla la relativa delibera
1995 al 1997); quindi il processo attestato di lavoro del geometra
della seduta dell’8 settembre
era rinviato all’11.7.2003 per il D. V. L. I.;
1995.
prosieguo.
attestato di lavoro di R. A.;
Le Difese chiedevano il con- L’udienza dell’11.7.2003 era rin- attestato di lavoro dell’ architettroesame dei testi del PM, l’esa- viata al 21.11.2003 per impedi- to C.;
me degli imputati, e l’acquisizio- mento del Presidente del colle- copia dei libretti di lavoro dei
ne di ulteriore documentazione:
gio; all’udienza del 21.11.2003, tre assistiti;
certificato attestante le dimisacquisita, su richiesta del PM, attestazione delle qualità persosioni volontarie dall’incarico di
l’ordinanza del Consiglio di Stato nali riguardanti i tre lavoratori.
assessore nel marzo 1996 di D.
180/99, era escusso M. M.; segui- Il Tribunale, sull’accordo delle
B. G.;
va l’esame degli
parti, ammetteva
Aquilonia - città antica
certificato attestante le dimisimputati D. B.,
tutta la documensioni volontarie dall’incarico di
A., T., L., con rintazione esibita,
assessore in data 8 agosto 1996
vio al 14.1.2004
anche ai sensi deldi P. G.;
per la discussiol’art. 507 c.p.p.,
delibera numero 371, approvata
ne.
disponendo il rindal Co.re.co.;
All’udienza del
vio del procedidelibera numero 256, annullata
14.1.2004
il
mento per la
dal Co.re.co.;
P u b b l i c o
discussione al 13
Alcuni difensori si opponeva- Ministero chiefebbraio 2004.
no all’acquisizione della sentenza deva di poter
All’odierno
del TAR, perché successiva acquisire ex art.
dibattimento,
all’epoca dei fatti, contestati 507 c.p.p. ultedichiarati utilizzacome commessi fino al 14 otto- riore documentazione, relativa bili gli atti del fascicolo dibattibre 1997.
all’affidamento del servizio di mentale, il Tribunale invitava le
Il Tribunale ammetteva le gestione dell’impianto distribu- parti alla discussione.
prove orali e documentali richie- zione del gas metano a trattativa
Sulle conclusioni riportate in
ste dalle parti; in particolare era privata ai tre futuri soci della T. epigrafe, infine, dichiarato chiuso
disposta l’acquisizione anche dall’agosto 95 all’ ottobre 97, ed il dibattimento, il Tribunale prodella sentenza del T.A.R., poiché in particolare:
nunciava sentenza da dispositivo
“
“
68
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letto in udienza, assegnando il termine
di giorni 30 per la motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente
va
precisato che, considerati i periodi di sospensione della prescrizione conseguenti a rinvio
per cause ascrivibili a
impedimento dell’imputato o dei Difensori
o loro richieste, il
tempo complessivo di
sospensione della prescrizione è pari a 10
mesi e 28 giorni: 7
mesi e 28 giorni di
sospensione nella fase dibattimentale
e 3 mesi nella fase dell’udienza preliminare (rinvii per discussione, richiesto
dal Difensore, e per astensione degli
avvocati, disposti alle udienze del
21.6.2002, 31.1.2003 e 14.1.2004 e rinvio per astensione disposto in udienza
preliminare il 20.9.2001). In particolare
il rinvio del 31.1.2003, pur essendo
dovuto all’impedimento del difensore
della sola imputata L., è stato richiesto
dal difensore di tutti gli imputati (avv.
Miele, per alcuni di fiducia e per altri
di ufficio), su indicazione conforme
dei difensori di fiducia di A. e T., dei
quali faceva comunque valere un
impedimento non assoluto, né documentato.
Né si può dimenticare che a norma
dell’art. 161 comma 1 c.p. la sospensione e l’interruzione della prescrizione
hanno effetto per tutti coloro che hanno
commesso il reato. Tale norma viene
normalmente interpretata molto rigorosamente, nel senso che la causa di
sospensione opera non solo nell’ambito del processo al singolo imputato,
ma anche nei confronti di eventuali
futuri imputati nei cui confronti l’azione penale sia esercitata in un momento successivo, anche dopo il proscioglimento della persona inizialmente
imputata.
(Cass.
pen.,
sez.V,
07/06/2001, n.31695, in Cass. pen.,
2002, 3466). Tale interpretazione può
essere confermata anche rispetto a
questa peculiare causa di sospensione, cagionata da un fatto ricollegato
alla volontà discrezionale di uno dei
soggetti del processo.
In proposito il Tribunale ha aderito
al recente orientamento espresso
dalla Corte di Cassazione a Sezioni
Unite, secondo cui nell’ipotesi di
sospensione del procedimento per
cause ascrivibili a impedimento
dell’imputato o del suo difensore,
anche se si tratta di fattispecie con
imputato non detenuto, è applicabile la novellata disposizione di
cui all’art. 159 c.p., in relazione
all’art. 304 c.p.p., e deve conseguentemente sospendersi il corso
della prescrizione. Ed infatti il riferimento all’art. 304 c.p.p. nel
corpo dell’art. 159 c.p. è stato inserito (con l. 332 del 1995: art. 15) in
ossequio all’invito rivolto dalla
Corte Costuzionale (C. Cost., 31
marzo 1994, n. 114) al legislatore affinché intervenisse a sanare le situazioni
di paralisi dell’esercizio della funzione
giurisdizionale che potevano derivare
dall’esercizio del diritto dei difensori di
astenersi collettivamente dalle udienze.
Ne deriva che l’art. 159 comma 1 c.p.
deve essere interpretato nel senso che
la sospensione o il rinvio del procedimento o del dibattimento hanno effetti
sospensivi della prescrizione, anche se
l’imputato non è detenuto, in ogni caso
in cui siano disposti per impedimento
dell’imputato o del suo difensore ovvero su loro richiesta, salvo quando siano
disposti per esigenze di acquisizione
della prova o in seguito al riconoscimento di un termine a difesa. Nei suddetti casi la prescrizione rimane sospesa durante tutto il periodo in cui il dibattimento risulta sospeso o viene rinviato
e, quindi, dalla udienza che subisce il
rinvio fino alla successiva di effettiva
celebrazione del dibattimento (Corte di
Cassazione, Sezioni Unite Penali,
Sentenza dell’11 gennaio 2002 n. 1021,
in Cass. Pen., 2002, 1308).
Venendo al merito delle contestazioni, reputa questo Tribunale che
all’esito della compiuta istruttoria
dibattimentale sussistano in atti elementi idonei all’affermazione della
penale responsabilità degli imputati T.
F., M. G. e A. M.; viceversa non sono
emersi elementi sufficienti a suffragare
l’affermazione di una penale responsabilità di C. D. A., R. A., D. V. L. I., sotto
il profilo della commissione del fatto, e
di L. O., sotto il profilo dell’elemento
soggettivo del reato. Va invece pronunciata sentenza di non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e P. G. per
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
69
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
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intervenuta prescrizione.
nuazione del servizio per altri 3
La vicenda riguarda una serie anni, ma fu chiesto un aumento
di delibere di giunta comunale, del 60% dei prezzi.
adottate tra il 1995 ed il 1997 ed
Così la Giunta Municipale, con
aventi ad oggetto l’affidamento propria delibera n. 109 del
del servizio del gas metano nel 23.3.95, indisse una gara ufficiosa
Comune di B., dirette a favorire, a mezzo trattativa privata, con
in violazione di legge, la T. s.n.c. procedura di urgenza, per la
ed i suoi soci,
gestione tempoC. D. A., R. A. e
ranea
dell’imD. V. L. I..
pianto. Il termine
Dalla depo- ...l'illecito si configura per
l’apertura
sizione
del
delle
buste e
quale reato di
teste M. e,
l’esame
delle
danno....
soprattutto,
offerte pervenute
dalla nota del
era il 31.3.95 e la
5.7.99 acquisipiù vantaggiosa
ta sull’accordo
risultò l’offerta
delle parti, è stato possibile rico- della Ditta E. di Caserta, con
struire tutta la vicenda storica.
ribasso del 41%.
Dopo la realizzazione della rete
In data 11.4.95, il Co.Re.Co.
di distribuzione del gas metano, i chiese chiarimenti sulla delibera
cui lavori furono aggiudicati 109 (in particolare in ordine alla
all’impresa C. E. R., con regolare esistenza di una autorizzazione
gara di appalto, l’impianto è stato consiliare alla trattativa privata e
gestito dal Comune con il sup- agli elementi da considerare per
porto
tecnico-amministrativo il calcolo della vantaggiosità
della Impresa C. E. R., con apposi- nella aggiudicazione), sospenta convenzione per il periodo di 3 dendone l’esecutorietà; i chiarianni, scadenza 30.3.95 e facoltà menti non furono mai forniti, e la
di proroga per ulteriori anni 3.
Giunta Comunale revocò la deliSuccessivamente, con delibera bera n. 109, con delibera n. 258 in
consiliare n. 30 del 14.11.94, inte- data 2.8.95: a giustificazione delgrata con delibere consiliari n. 48 l’atto fu posta la sospensione del
del 15.12.94 e n. 17 del 10.3.95, Co.Re.Co.,
ritenendolo
approssimandosi la scadenza, fu opportuno, considerato che “è
deciso l’affidamento del servizio intenzione di questa
mediante concessione “tramite a m m i n i s t r a z i o n e
licitazione privata da esperirsi abbandonare l’ipotesi
tra ditte specializzate nel setto- di appalto a trattativa
re”.
privata con la proceduIl Comitato di Controllo di ra d’urgenza”.
Avellino, con proprio visto, Già dal 29 marzo 1995,
subordinò l’efficacia di tali atti però, appena due gioral parere favorevole del ni prima di quello fissaComitato Tecnico Regionale ed to per l’espletamento
alla condizione che i criteri e la della gara, il Sindaco,
priorità per l’esame delle offer- con
provvedimento
te fossero preventivamente d’urgenza, aveva afficonosciuti dai partecipanti.
dato, per il tempo strettamente
Approssimandosi la scadenza necessario, e fino al subentro
contrattuale prevista originaria- della nuova impresa aggiudicatamente al 30.3.95, non fu esperita ria, il servizio a C. D. A., R. A. e D.
la gara per l’affidamento in “con- V. L. I., sul rilievo che si trattava
cessione” della rete di distribu- dei tecnici che lo avevano in prezione del gas metano, in attesa cedenza già effettuato alle dipendel
parere
del
C.T.R.. denze C.E.R. e che occorreva eviL’Amministrazione
Comunale tare l’interruzione del pubblico
invitò l’impresa CER alla conti- servizio. Con la delibera 256 del 2
70
“
“
agosto 1995, la Giunta comunale
incaricò poi del servizio di manutenzione dell’impianto, ora per
allora, C. D. A., R. A. e D. V. L. I.
(per il periodo 29.3.95 – 1.8.95),
indicando come ragione della
decisione l’impossibilità di portare a compimento la gara indetta
con la delibera 109, per la pendenza di un ricorso (in realtà mai
presentato, essendovi stata soltanto la richiesta di chiarimento
da parte del Co.Re.Co).
La delibera 256 fu poi annullata
dal Co.Re.Co. (verb. n. 67
dell’8.9.95), osservando che la
delibera 109 era tuttora sospesa e
gli affidatari non risultavano in
possesso dei requisiti previsti
dalla legge per la gestione del
servizio.
Infine, con delibera 274, sempre del 2 agosto 1995 (integrata
con delibere 309/95 e 371/1995),
e sul presupposto della urgenza,
venne affidato il servizio a trattativa privata alla T. s.n.c., fino alla
stipula della convenzione con la
ditta vincitrice dell’esperenda
gara e comunque per una durata
non superiore ad 8 mesi.
La gara non fu mai esperita, perché la gestione della T. s.n.c. fu
più volte prorogata (cfr. ad es.
delibere del Consiglio comunale
33 del 4.6.96, 88 del 28.12.1996, 26
del 27.5.1997, 45 del
10.10.1997, in atti),
fino costituire una
società a prevalente
capitale pubblico (G.
s.r.l.) per la gestione
del servizio, la cui
costituzione è avvenuta in data 20.4.98 con
atto
del
Notaio
Cestone di Melfi, Rep.
n. 317121, registrato a
Melfi il 5.5.98 al n. 438,
che prevedeva la partecipazione
del Comune di B. per quote fino
all’80% ed del socio di minoranza
per il 20%.
La decisione risale alle delibere
del Consiglio comunale del
12.11.1996, n. 75 e 30.7.1997, n.
36; in particolare con la seconda
si è approvato lo schema di statuto della società G. s.r.l., per un
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capitale sottoscritto di 200 milioni, del quale non meno dell’80%
di proprietà del Comune ed il
restante 20% riservato ad una
impresa privata del settore, da
individuarsi con le procedure
dell’evidenza pubblica; tuttavia,
con delibera di Giunta n. 338 del
14.10.1997, dando atto che si era
proceduto ad avviso pubblico
(approvato con delibera 292 del
4.9.97), regolarmente pubblicizzato, e che allo stesso avevano
risposto la T. s.n.c., la E. s.r.l. la
C.P.L. C. sooc. coop. a r.l., si ritenne di preferire la T. s.n.c., poiché, pur essendo tutti e tre i soggetti in possesso dei requisiti
richiesti dall’avviso, si riteneva
oltremodo opportuno scegliere la
T. s.n.c. . Tre le ragioni apparenti:
perché impresa con sede in B. e
personale residente in B.;
perché gestore di fatto del servizio dal 2.8.95 in maniera idonea;
per assicurare la continuità di
gestione.
La delibera di Giunta n. 338
del 14.10.1997, su ricorso proposto dalla Società E., è stata annullata dal T.A.R. Campania, con sentenza del 18.9.98 n. 2922/98,
appellata dal Comune; con ordinanza del 29.1.1999 è stata rigettata la domanda incidentale di
sospensione della efficacia della
sentenza appellata.
Questo essendo il complesso quadro della vicenda dal punto di vista della
attività
amministrativa,
bisogna ora passare ad
analizzare la contestazione
dell’accusa con particolare
riferimento all’ultima delibera di Giunta comunale,
la n. 338 del 14.10.1997.
La condotta relativa alle
precedenti delibere, infatti,
pur assumendo rilievo
decisivo ai fini della prova
del dolo del delitto di
abuso di ufficio, considerando il tempo complessivo di
sospensione della prescrizione di
10 mesi e 28 giorni, sommato al
termine complessivo di 7 anni e
sei mesi di prescrizione, risulta
coperta dalla causa estintiva
della prescrizione, maturata, con
riferimento alle altre due condotte contestate (delibere nn. 258 e
256 del 2.8.1995) fin dal
30.12.2003.
Per queste ragioni va dichiarato non doversi procedere a
norma dell’art. 531 c.p.p. nei confronti di D. B. G. e P. G., per intervenuta prescrizione.
D. B. G., infatti, risulta cessato
dalla carica di assessore fin dal
12.3.1996 (cfr. certificazione in
atti del 6.6.2000), mentre P. G.
risulta
dimissionario
fin
dall’8.6.1996 (cfr. certificazione in
atti del 6.6.2000). Ed infatti nessuno dei due imputati risulta poi
componente della Giunta che
approvò la delibera di Giunta n.
338 del 14.10.1997, della quale
facevano parte invece T. F., M. G.,
A. M. e L. O. (assente l’assessore
S. A.).
Né dagli atti emergono elementi tali da consentire un giudizio assolutorio nel merito, poiché, come si dirà, la condotta
relativa alle delibere 258 e 256 del
2.8.1995 integra altrettante ipotesi di abuso di ufficio, come anche
quella relativa ad altre delibere,
rispetto alle quali non vi è contestazione della Pubblica Accusa.
Tornando all’ultima delibera,
la questione fondamentale da
affrontare è quella relativa alla
possibilità per l’ente territoriale
di procedere alla scelta del socio
privato di minoranza, senza il
ricorso a gara, per la gestione del
servizio del gas metano.
Secondo la tesi difensiva,
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
ampiamente illustrata nella
memoria
depositata
dal
Difensore di A. M. e nella discussione orale da tutti i Difensori,
dal raffronto dell’art. 22 comma 3
lettera e) della L. 142/1990, che
prevede proprio tale figura, e la
normativa prevista per la società
a prevalente capitale privato (L.
498/1992), si evincerebbe un
obbligo di rispetto delle regole
della gara ad evidenza pubblica
solo per il secondo caso e non
per il primo. Né il principio sarebbe rinvenibile in altre norme di
rango primario e regolamentare
per due ragioni fondamentali:
le norme pubblicistiche non
riguardano i contratti associativi,
ma quelli di scambio;
la tutela degli interessi pubblicistici sarebbe assicurata dal controllo della società da parte del
soggetto pubblico, azionista di
maggioranza.
In sostanza, nella scelta del
partner, assumerebbe un rilievo
pregnante l’aspetto fiduciario,
poiché l’ente pubblico compie
una scelta di carattere imprenditoriale e non amministrativo, da
operare anche con una semplice
trattativa privata previa selezione informale, come avvenne nel
caso di specie.
Lo stesso annullamento da
parte del T.A.R. avrebbe fatto in
sostanza riferimento al
vizio di eccesso di potere, per violazione dei
principi generali e comportamento contraddittorio
della
Giunta
rispetto alla precedente delibera 292/1997,
ipotesi non in grado di
integrare quella violazione di legge e regolamento che il nuovo
testo dell’art. 323 c.p.
pone a fondamento del
precetto penale.
A
giudizio
del
Tribunale tale prospettazione, in
diritto, non può essere condivisa.
Secondo la giurisprudenza
ormai assolutamente prevalente
del Consiglio di Stato e della
Cassazione civile, infatti, la scelta
71
Diritto Penale e Processuale Penale
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del socio di minoranza nella cazione delle modalità di scelta suale non si prestano ad essere
costituzione della società a capi- del contraente ammesse dalle assolte altrimenti: “se il loro valotale pubblico maggioritario per disposizioni in materia di con- re sta nel far scaturire dal confronl’affidamento di un servizio pub- tratti delle amministrazioni dello to tra i concorrenti le soluzioni più
blico deve seguire le regole del- Stato e le ragioni che ne sono alla idonee ad un’azione efficiente ed
l’evidenza pubblica.
base (art. 56.1. lett. c).
efficace della pubblica amminiIn particolare la Suprema
Non risultando direttamente strazione, è dal loro impiego che
Corte (Cass. civ., Sez.
ci si deve attendere queUn., sent. 754 del
sto risultato, mentre
29/10/1999), nell’affronl’essere l’ente locale
tare una fattispecie in
detentore della maggio...nella riformulazione operata
cui era si era provveduranza del capitale
dall'art. 1 L. 16 luglio 1997 n. 234, è sociale non varrà a far
to alla gestione del servizio idrico integrato significativamente mutato l'elemento conseguire il risultato di
mediante la costituziouna gestione efficiente
soggettivo del reato....
ne di una società per
ed economica, se le
azioni a prevalente
capacità
necessarie
capitale pubblico, ha
non siano prima state
affermato in maniera
tratte dal mercato
chiara il principio secondo cui il applicabile l’art. 267 R.D. 14 set- mediante la messa in concorrenza
modo della scelta dei soci non tembre 1931, n. 1175 (che riguar- degli aspiranti. E del resto, il pospuò considerarsi rimesso all’au- da la concessione a terzi), l’appli- sesso della maggioranza delle
tonomia privata dell’ente locale, cabilità delle regole dell’evidenza azioni può assicurare all’ente
sia per i principi di buona ammi- pubblica al procedimento di scel- locale la direzione dell’impresa
nistrazione e trasparenza del- ta deve essere desunta innanzi sociale e che nella gestione del
l’azione amministrativa, sia per il tutto direttamente dall’art. 97 servizio sia perseguito l’indirizzo
rispetto della normativa vigente. Cost., ed in particolare dai princi- voluto, ma tutto ciò non ha nulla a
Attraverso una attenta ricogni- pi di correttezza, trasparenza, che vedere con la salvaguardia
zione dell’insieme delle disposi- pubblicità, efficienza ed efficacia del rispetto delle regole della conzioni che, a partire dalla L. 8 giu- dell’azione amministrativa (con- correnza per l’accesso dei privati
gno 1990, n. 142, hanno previsto tenuti anche negli artt. 1 e 22 alla posizione contrattuale di
la costituzione di società miste della legge 7 agosto 1990, n. 241 socio cui aspirino”.
come mezzo per la gestione dei sul procedimento amministratiQuale ulteriore argomento, in
servizi pubblici locali (art. 22 vo); secondariamente, il princi- positivo, che vale ad imporre il
della legge 142 del 1990; art. 12 pio si desume dalle norme gene- ricorso alle procedure dell’evidella L. 23 dicembre 1992, n. 498; rali che regolano l’attività con- denza pubblica per la scelta dei
art. 4.1 D.L. 31 gennaio 1995, n. 26 trattuale degli enti locali (in par- soci privati di minoranza, la
- convertito senza modificazioni ticolare l’art. 87, primo comma, Suprema Corte ha individuato il
nella L. 29 marzo 1995, n. 95; art. R.D. 3 marzo 1934, n. 383, non fatto che, assumendo la qualità
58 e artt. 51 a 57 della legge 15 abrogato dall’art. 64.1 lett. c), di socio, l’imprenditore privato é
maggio 1997, n. 127; art. 17.59 della legge 142 del 1990), e quelle posto nelle condizioni di investiLioni -Ponte romano
della legge 127 del 1997; artt. 18 e dettate per i contratre le proprie risorse
19 del D.L.gs. 19 novembre 1997, ti dello Stato, da
finanziarie e le pron. 422, emanato in base alla dele- esso richiamate.
prie capacità organizga contenuta nell’art. 4.4. lett. b)
Con riferimento
zative nel settore prodella L. 15 marzo 1997, n. 59; art. alla dedotta inappliduttivo della gestione
5 del regolamento emanato con il cabilità delle norme
del servizio pubblico,
D.P.R. 533 del 1996) il Supremo pubblicistiche
ai
eventualmente confeCollegio ha affermato innanzi contratti associativi,
rendo alla società
tutto il principio secondo cui la la Suprema Corte ha
preesistenti sue strutdeliberazione di costituire una espressamente afferture aziendali; ciò
società, ed in particolare una mato che rispetto al
costituisce ragione
società a prevalente capitale caso del comune che
sufficiente per richiepubblico locale per la gestione di intenda associare un
dere che l’accesso a
un servizio, rientra tra i provve- imprenditore privato
tale posizione condimenti, contemplati dall’art. 56 alla gestione del sertrattuale sia mediata
della legge 142 del 1990 che, pre- vizio pubblico, le
dall’applicazione
cedendo la stipulazione di con- funzioni proprie dei
delle procedure deltratti, debbono contenere l’indi- procedimenti di scelta concor- l’evidenza pubblica.
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GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
La giurisprudenza amministrativa, passare a chiedersi se tale illegittimità
poi, senza eccezioni, sia in sede consul- sia rilevante anche sotto il profilo
tiva, sia in sede giurisdizionale (Cons. penale ed in particolare, con riferimenStato, Sez. V, 3/9/2001, n.4586; Cons. to all’art. 323 del codice penale, sotto il
Stato, Sez.V, 22/5/2001, n.2835; Cons. profilo della violazione di legge o regoStato, Sez.V, 19/9/2000, n.4850; Cons. lamento, richiesta dalla norma incrimiStato, Sez.V, 19/2/1998, n.192; Cons. natrice.
Stato, Sez.VI, 28/10/1998, n.1478) ha Come è noto la riforma del delitto di
ripetutamente affermato il principio abuso di ufficio non ha comportato
secondo cui in tema di scelta del socio l’abolizione generalizzata delle anterionella costituzione di società di capitali ri sottofattispecie criminose, ma ha
destinate alla gestione di pubblici ser- comportato, come spesso accade, una
vizi locali, è necessario osservare le parziale abolitio criminis, dovuta alla
procedure di evidenza pubblica. Ciò maggiore tipizzazione del reato, ed una
non solo nell’ipotesi in cui la partecipa- contestuale successione di leggi, con
zione pubblica
conseguente applicasia minoritaria,
zione dei commi 2 e 3
come richiesto
dell’art. 2 c.p..
espressamente
riduzione dell’am...il danno o il vantaggio La
dall’art.
12
bito del divieto penacomma 1 l. 23
le è facilmente individevono essere presi di
dicembre 1992 n.
duabile innanzi tutto
mira dall'agente e non
498, ma anche
in una più rigorosa
quando
l’ente semplicemente cagionati determinatezza della
territoriale parfattispecie oggettivo
tecipi alla socie- come risultato accessorio – materiale.
tà in posizione
Da una parte, infatti,
della sua condotta....
dominante,
in
la condotta oggi è cirbase all’originacoscritta alla violaria
previsione
zione di legge o regodell’art. 22 l. n. 142 del 1990: il fatto che lamento, rispetto alle quali la violaziomanchi una espressa norma nell’ordi- ne dell’obbligo di astensione costituinamento che disciplini la scelta del sce una ipotesi speciale; dall’altra, l’ilsocio nelle società a capitale pubblico lecito si configura quale reato di
maggioritario di cui all’art. 22 comma 3 danno, che per il suo perfezionarsi
lett. e) l. n. 142 del 1990, non può infat- richiede la realizzazione di un evento
ti portare ad escludere che essa si sot- naturalistico, consistente nell’ingiusto
tragga ai principi concorrenziali ormai vantaggio patrimoniale per sé o per
immanenti nell’ordinamento, tutte le altri oppure nel danno ingiusto altrui.
volte in cui debba effettuarsi la indivi- In tal senso si è immediatamente
duazione di un operatore privato chia- espressa la giurisprudenza di legittimimato a svolgere attività per conto e nel- tà, per la quale il delitto di abuso di uffil’interesse della p.a.. Sono in altri ter- cio non costituisce più un reato di perimini i principi di buona amministrazio- colo, ma integra un reato di danno, in
ne e di trasparenza dell’azione ammini- quanto, nella diversa descrizione della
strativa, nonchè quello di concorren- fattispecie legale tipica rispetto alla prezialità, ad imporre l’espletamento delle gressa formulazione della norma, occorprocedure di evidenza pubblica in sede re il verificarsi di una lesione effettiva e
di selezione del partner privato di non la mera esposizione a pericolo delminoranza di una società a partecipa- l’interesse garantito dalla norma, che
zione pubblica maggioritaria. La socie- continua a essere il bene giuridico tutetà a partecipazione pubblica non è lato dall’art. 97 della Costituzione, ossia
espressione di attività negoziale, ma di il buon andamento e l’imparzialità della
attività amministrativa pubblica, a pubblica amministrazione (Cass., sez.
fronte della quale vi sono posizioni VI, sent. 10136 del 25.9.98, ud. 24.6.98).
soggettive di interesse legittimo e giuri- Orbene, quanto alla violazione di legge,
sdizione del giudice amministrativo.
essa è stata correttamente individuata
Verificata la palese illegittimità della tra le altre, nella contestazione, neldelibera 338 del 14.10.1997, bisogna l’art. 87, primo comma, R.D. 3 marzo
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Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
73
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
1934, n. 383, che si è visto essere anche l’evento materiale; in II Commissione - seduta del 2
ritenuta norma direttamente quanto generico, però, non ottobre 1996; ancora il relatore
applicabile alla fattispecie con- richiede che la volontà sia orien- Siniscalchi, alla Camera - II
creta dalla prevalente giurispru- tata verso una finalità posta al di Commissione seduta del 28 gendenza. Senza dimenticare, poi, fuori degli elementi essenziali naio 1997; l’on. Marotta, alla
l’art. 97 della Costituzione, il della fattispecie astratta del Camera, II Commissione - seduta
quale, come recentemente affer- reato.
del 28 gennaio 1997). In numeromato dalla Suprema Corte (Cass. Inoltre con l’espressione inten- se decisioni, comunque, tanto
pen., Sez.VI, 26/2/2002, n.31895), zionalmente deve ritenersi che il che l’indirizzo può dirsi in via di
è norma programmatica per il legislatore abbia voluto esclude- pieno consolidamento, l’avverbio
legislatore, ma precettiva per la re, quali criteri di imputazione “intenzionalmente” viene inteso
pubblica amministrazione, ido- soggettiva, il dolo eventuale e più nel senso propugnato dalle
nea a integrare la fattispecie del- in generale quello indiretto, Sezioni Unite, per cui si afferma
l’abuso d’ufficio delineata nel- richiedendo invece, in prima che il danno o il vantaggio devol’art. 323 c.p. così come formula- approssimazione, un dolo diretto no essere presi di mira dall’agento con l’ultima riforma.
o intenzionale (giurisprudenza te e non semplicemente cagionaVengono ancora in rilievo i prin- costante, cfr. Cass. pen., Sez.VI, ti come risultato accessorio della
cipi di concorrenzialità, corret- 17/12/1997, n. 2875, in Cass. pen., sua condotta, onde la volontà
tezza, trasparenza, pubblicità, 1999, 494; Cass. pen., Sez.VI, colpevole può assumere solo la
efficienza ed efficacia dell’azione 2/4/1998, n. 7487, ivi, 1999, 2836; forma del dolo intenzionale
Torella - Castello Saraceno
amministrativa (desumibili diret- Cass. pen., Sez.V,
(Cass., sez. V,
tamente dagli artt. 1 e 22 della 5/5/1999, n. 7581,
sent. 7581 dell’
legge 7 agosto 1990, n. 241 sul ivi, 2000, 2240;
11/6/1999,
in
procedimento amministrativo).
Cass. pen., Sez.
C.E.D., Penale,
Quanto all’evento del reato, con- VI, 18/10/1999, n.
massima
n.
sistente nell’ingiusto vantaggio 13331, ivi, 2001,
213778; Cass.,
per sé o altri, oppure nell’ingiu- 123; Cass. pen.,
sez. VI, sent.
sto danno altrui, esso è evidente Sez. VI, 1/6/2000,
8745
del
nel caso di specie.
n.8745, ivi, 2001,
2/8/2000; Cass.,
Senza considerare che già l’in- 2681; Cass. pen.,
sez. V, sent.
staurazione del rapporto con i S e z . V I ,
38498
del
tre coimputati (e con la T. s.n.c.) 2 6 / 2 / 2 0 0 2 ,
18/11/2002 ;
integra la patrimonialità del van- n.31895; Cass. VI, 5/8/2003, Cass., sez. VI sent. 42839 del
taggio (con riferimento all’abuso n.33068).
18/12/2002).
commesso per
P ro b a b i l m e n t e , In generale il dolo intenzionale si
Villamaina - Terme di San Teodoro
far conseguire a
come emerge dal- caratterizza per essere l’evento
taluno un posto
l’analisi dei lavori perseguito lo scopo finale deldi lavoro o
preparatori, i legi- l’agente
(Cass.,
Sez.
Un.,
un’attività lavoslatori avevano 25/1/1994, n. 748; Cass. Sez. Un.,
rativa retribuisufficientemente 14/2/1996, n. 3571, in Dir. pen. e
ta, sia pure a
chiara la figura proc,, 1997, 55), pur restando irritempo determidel dolo eventua- levante il movente, cioè la motinato, cfr. Cass.
le, che intendeva- vazione che induce il soggetto a
pen.,
Sez.VI,
no,
comunque, perseguire come fine della con26/02/2002,
escludere dall’am- dotta la realizzazione del reato.
n.31895),
va
bito di operatività In sede di discussione le Difese
considerata la posizione giuridi- della nuova disposizione, ma non (ed in sede di esame gli imputati
ca della E. s.r.l., chiaramente pre- erano perfettamente consapevoli che hanno volto sottoporvisi)
giudicata nelle sue legittime degli approdi cui avrebbe con- hanno molto insistito sulla carenaspettative.
dotto nella pratica applicazione za, nella condotta dei pubblici
Maggiore attenzione merita l’ele- l’avverbio “intenzionalmente”, ed amministratori, di tale particolamento soggettivo del reato.
erano anche consapevoli di re forma di dolo, osservando che
Come è noto, in seguito alla rifor- lasciare l’interprete di fronte a un la gestione del servizio pubblico
mulazione operata dall’art. 1 L. problema di non semplice solu- era ottima e che vero interesse
16 luglio 1997 n. 234, è significati- zione (cfr., ad es. i rilievi del perseguito dagli agenti era ottevamente mutato l’elemento sog- Sottosegretario Ayala, al Senato, nere un risparmio di risorse pubgettivo del reato; infatti, sebbene II Commissione - seduta dell’11 bliche.
ricondotto alla categoria del dolo settembre 1996; le considerazioni Invero, aderendo all’indirizzo
generico, esso deve investire del relatore sen. Calvi, al Senato, menzionato, qualora la volontà
74
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GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
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del ricorrente non sia preordinata a procurare un vantaggio economico ingiusto, pur quando
l’evento si prospetti in termini di
certezza nel momento rappresentativo dell’azione, esso resta
estraneo al momento volitivo,
venendo così a mancare quella
esatta e piena corrispondenza
ed
omogeneità fra i
due momenti, che
costituisce il tratto fisionomico fondamentale
del
dolo intenzionale.
Orbene, a giudizio
del Tribunale tale
elemento soggettivo deve riconoscersi nella condotta degli imputati T. F., M. G. ed
A. M. e ciò non
solo per la loro
piena consapevolezza di operare la
scelta del partner
della società a
capitale pubblico maggioritario
in maniera del tutto svincolata
da qualsiasi criterio di imparzialità, ma per favorire dei cittadini (e
dunque anche elettori) di B. (uno
dei quali anche cognato dell’assessore T.), come risulta dal testo
stesso della delibera 338 del
1997, ma per la impressionante
reiterata condotta di favoritismo
a vantaggio di C. D. A., R. A. e D.
V. L. I. ed a svantaggio delle altre
ditte, in spregio ad elementari
canoni di trasparenza nella
gestione della cosa pubblica.
Invero, fin dai primi rilievi del
Co.Re.Co appariva evidente a
chiunque avesse voluto vederlo
che bisognava seguire la procedura dell’evidenza pubblica, sia
nell’assegnazione della gestione
del servizio del gas metano, sia
(poi) nella costituzione della
società privata a prevalente capitale pubblico.
Proprio la reiterazione dei fatti,
dal 1995 al 1997, con tutte quelle
delibere di proroga del temporaneo affidamento del servizio alla
T. s.n.c., consente di ritenere
dimostrato il dolo intenzionale, aggiudicataria (e comunque per
anche alla luce del rapporto per- una durata non superiore ad 8
sonalistico che lega D. V. a T. (il mesi) ai tecnici che lo avevano in
primo è cognato del secondo).
precedenza già curato alle dipenAlla iniziale situazione emergen- denze C.E.R., sia l’incarico del
ziale, che si è artificiosamente servizio di manutenzione dell’improtratta per 3 anni, non si è pianto, ora per allora, ai C., R. e D.
rimediato nell’unico modo possi- V. (per il periodo 29.3.95 – 1.8.95)
bile, ossia proce- vanno tutti nella chiara direzione
dendo ad indivi- di favorire i tre e ciò è ancora più
duare il gestore evidente alla luce della contedel servizio secon- stualità.
do le regole del- Ancora, ai fini della prova del
l’evidenza pubbli- dolo intenzionale assume rilievo
ca, a seguito di importante la delibera di autoliregolare gara, sic- mitazione alla procedura di eviché i rilievi forma- denza pubblica n. 292 del
li posti di volta in 4.9.1997,
ingiustificatamente
volta alle proro- disattesa nella delibera 338 del
ghe disposte in 14.10.1997, con la quale, senza
favore dei tre procedere ad alcuna effettiva
coimputati C., R. e procedura di evidenza pubblica e
D. V. e della T. ad alcun confronto concorrenzias.n.c., finiscono le, viene preferita la T. s.n.c., poicon il risultare ché, pur essendo tutti e tre i sogpretestuosi, poi- getti in possesso dei requisiti
ché si sarebbe richiesti dall’avviso, si riteneva
potuto,
quanto oltremodo opportuno scegliere la
meno, procedere T. s.n.c., in base ad elementi del
ad una trattativa privata con gara tutto avulsi dal bando di selezioinformale, consentendo anche a ne, e cioè l’aver sede in B. la
soggetti diversi di accedere alla società, l’essere i tre soggetti
gestione del Gas metano.
favoriti residenti in B. e l’avere gli
E’ in questo contesto che vanno stessi già gestito il servizio dal
valutate anche la delibera 256, 2.8.95 in maniera idonea, sicché
258 e 274, del 2 agosto 1995, che per assicurare la continuità di
appartengono tutte allo stesso gestione si preferiva chi di fatto
disegno di favorire C. D. A., R. A. (ed in base ad una serie di atti
e D. V. L. I..
illegittimi, che finivano per il
Gesualdo - il Castello medievale
Sia la revorisultare
ca
(verapreordinamente priva
ti
allo
di motivascopo) lo
zione) della
aveva già
delibera 109
fatto.
del
1995,
In particoche comunlare, menque attratre
gli
verso
la
imputati
gara ufficioA. e M.
sa
aveva
sono praticonsentito
camente
un minimo
sempre
di concorp re s e n t i ,
renzialità
per quannella trattativa privata, sia l’affi- to attiene all’imputato T., va condamento temporaneo e per il siderata la circostanza che egli
tempo strettamente necessario al abbia partecipato alla approvasubentro della nuova impresa zione della delibera 258/1995 di
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
75
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
revoca della 109/1995, fondamentale ai fini della instaurazione la
gestione della T. s.n.c.; egli è
stato titolare proprio della delega
alla metanizzazione - cfr. delibera
del 4.6.96 – e partecipò ad alcune
delle delibere di proroga della
gestione temporanea, sicché la
sua mancata partecipazione all’ultima
delibera
338/1997 appare
meramente formale, e comunque la
sua condotta si
protrae
sicuramente
fino
al
4.6.96 – data di
approvazione
della delibera 331996, di proroga
dell’affidamento
temporaneo alla T.
s.n.c.,
se
non
anche
al
12.11.1996, poiché
egli partecipa alla
fase della discussione che precedette l’approvazione della delibera 75/1996.
Affermata la penale responsabilità di A., M. e T., a giudizio del
Tribunale possono riconoscersi a
tutti gli imputati le attenuanti
generiche: per la condizione di
incensuratezza a T. F. e A. M. (il
secondo gravato di un precedente per assegni a vuoto, sent.
dell’11.6.1976 del Pretore di
Lacedonia, della quale non può
tenersi conto, trattandosi di
reato depenalizzato); pur in presenza di un lieve precedente contravvenzionale per violazione
della legge urbanistica (sent. del
22.1.1977
del
Pretore
di
Lacedonia), a M. G..
Pertanto, operato l’aumento per
la continuazione, la pena che si
ritiene giusto applicare, tenuto
conto dei criteri dettati dall’art.
133 c.p., è quella di 4 mesi e 10
giorni di reclusione per ciascun
imputato, oltre al pagamento
delle spese processuali (pena
base: 6 mesi di reclusione, ridotta a 4 mesi di reclusione ex art. 62
bis c.p., aumentata a 4 mesi e 10
giorni di reclusione per la conti-
76
nuazione).
Invero, da quanto emerso nel
Può poi concedersi a tutti e dibattimento, nella vicenda i tre
tre gli imputati il beneficio della imputati hanno avuto sostanzialsospensione condizionale della mente il ruolo di istanti dei provpena, potendosi ragionevolmen- vedimenti illeciti della Giunta
te presumere che in futuro essi si comunale.
asterranno dal commettere ulte- Tale elemento non è sufficiente a
riori reati, in assenza di condizio- dimostrare la partecipazione al
ni ostative.
delitto, poichè se è pacificamente
Quanto
alla ammesso il concorso, morale o
posizione di L. O., materiale, del soggetto privo
aderendo
alle della qualifica soggettiva nel
richieste, in que- reato proprio, quale è quello presto assolutamente visto dall’art. 323 c.p., non può
identiche,
del ravvisarsi il concorso nella semP u b b l i c o plice e sola istanza relativa a un
Ministero e della atto che, nel concreto, risulti illeDifesa,
il gittimo e nonostante ciò venga
Tribunale ritiene adottato (Cass., sez. VI, sent.
che
l’imputata 11204 del 4.12.97, ud. 17.10.97). In
vada assolta, a altri termini, è necessario dimonorma
dell’art. strare che il privato abbia svolto
530, comma 2, una effettiva attività di istigazioc.p.p. perché il ne o agevolazione rispetto
fatto non costitui- all’esecuzione del reato (elemensce reato.
ti indiziari, in tal senso possono
L. O. non com- essere delle richieste o sollecitapare nelle delibere zioni scritte del privato nelle
256 e 258 del 1995, non ricopren- quali vengono esposte circostando incarichi di giunta, non è origi- ze in fatto o in diritto diverse da
naria di B. (è di Vicenza, secondo quanto emerso nell’istruttoria
Abbazia di Fontigliano
quanto riferisce il
amministrativa;
M.llo D. G.) e parinterventi infortecipa solo ad
mali o non uffialcune delle deliciali del pubblico
bere di cui si è fin
ufficiale
sulla
qui parlato.
base
di
tali
Non può dirsi
richieste; legami
dimostrato, allopersonali o famira, rispetto a tale
liari; insussistenimputata, l’eleza di qualsivoglia
mento del dolo
interesse pubbliintenzionale, nei
co alla base della
termini in cui si è
determinazione
precedentemente
illegittima); sicdetto.
chè la prova
L. O. va dundella sussistenza
que assolta dal
del concorso del
reato contestato
privato, destinaperché il fatto
tario dei benefici
non costituisce
conseguiti dalreato, a norma
l’atto abusivo,
dell’art. 530 comma 2 c.p.p..
non può essere dedotta dalla
Quanto alla posizione di C. D. mera coincidenza tra la sua
A., R. A. e D. V. L. I., reputa questo richiesta e il provvedimento
Tribunale che gli imputati vada- posto in essere dall’agente pubno assolti a norma dell’art. 530, blico (Cass. pen., Sez.VI,
comma 2, c.p.p. per non aver 29/05/2000, n.8121, in Cass. pen.,
commesso il fatto.
2001, 839; Cass. pen., Sez.VI,
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Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
11/11/2003, n.43020, in Guida al
dir., 2003, 2, 97 ). Poiché infatti il
privato non è tenuto, né è in
grado di conoscere tutte le circostanze e le ragioni che possono
rendere illegittimo un atto amministrativo, la prova dell’accordo
criminoso non può desumersi
dalla sola richiesta, quando questa sia conforme all’atto, ma deve
ricercarsi nel contesto fattuale,
nei rapporti personali tra gli
imputati o in altri dati di contorno dai quali si possa dedurre l’intesa o quanto meno la determinazione o istigazione a compiere
l’atto illegittimo.
Sotto questo profilo, nulla indicando la contestazione in ordine
alla condotta istigatrice dei tre
imputati, è emerso in dibattimento solo il rapporto personale esistente tra T. F. e D. V. L. I., che
rimane dunque un elemento fortemente indiziario, ma insufficiente a fornire la prova dell’istigazione: ciò probabilmente
anche a causa di una evidente
lacuna investigativa, conseguente alla fin troppo frettolosa richiesta di archiviazione formulata
dalla Procura della Repubblica di
S. Angelo dei Lombardi, tante
volte (ed impropriamente) invocata dalle Difese degli imputati
come unico sbocco investigativo
possibile della vicenda della
metanizzazione del comune di B..
In sede di escussione dibattimentale, invece, il teste M. M., consigliere di opposizione, fa riferimento a “un susseguirsi di richieste, di risposte, da parte di alcuni
dipendenti dell’ex C.e.r. che non
erano una società, erano dei
dipendenti” (cfr. verbale del
21.11.2003, 5), tema che andava
sicuramente approfondito in
sede investigativa e che invece
risulta del tutto tralasciato.
In assenza di elementi ulteriori, in conclusione, si impone l’assoluzione a norma dell’art. 530,
comma 2, c.p.p. di C. D. A., R. A. e
D. V. L. I. per non aver commesso
il fatto.
P. Q. M.
Letti gli atti 533 e 535 c.p.p.
dichiara gli imputati T. F., M. G. e
A. M. colpevoli dei reati contestati, riconosciute agli imputati le
attenuanti generiche prevalenti
sulla contestata aggravante, unificati i reati dal vincolo della continuazione, e li condanna alla
pena di 4 mesi e 10 giorni di
reclusione, oltre al pagamento
delle
spese
processuali.
Interdizione dai pubblici uffici
per la durata di un anno. Pena
sospesa.
Letto l’art. 530 comma 2 c.p.p.
assolve C. D. A., R. A., D. V. L. I.
per non aver commesso il fatto.
Letto l’art. 530 comma 2 c.p.p.
assolve L. O. dal reato contestato
perché il fatto non costituisce
reato.
Letto l’art. 531 c.p.p. dichiara
non doversi procedere nei confronti di D. B. G. e P. G. per intervenuta prescrizione.
Assegna il termine di giorni 30
per la motivazione.
S. Angelo dei Lombardi, udienza
del 13.2.2004
Il Presidente
Dr. Rocco Carbone
Il Giudice estensore
Dr. Ferdinando Lignola
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
77
Diritto Penale e Processuale Penale
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IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA NEL
PROCESSO PENALE
RIF. NORM.
CODICE CIVILE: ART.2058
LEGGE 11.02.1992, N. 157, ART. 28 E ART. 30 LETT. D
LEGGE 8.7.1986, N. 349, ART.18, CO.VIII
LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA 10.4.1996, N.8, ART.
11,CO. II, LETT. II.
VA
RICONOSCIUTA LA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE AGLI AGENTI VENATORI DELLA FEDERCACCIA
ALLORQUANDO, NELL'ESERCIZIO DELLE LORO FUNZIONI, ESERCITINO POTERI AUTORITATIVI E CERTIFICATIVI FUNZIONALI ALLA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA CHE, IN QUANTO PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO, ATTIENE AD UN INTERESSE PUBBLICO DELLA COMUNITÀ NAZIONALE.
RIENTRA, PERTANTO, NELLE PREROGATIVE DELL'AGENTE VENATORIO CHIEDERE A QUALSIASI PERSONA
TROVATA IN ESERCIZIO DI CACCIA LA ESIBIZIONE DELLA RELATIVA LICENZA.
II.
I CACCIATORI
VANNO RITENUTI SOGGETTI PARTICOLARMENTE QUALIFICATI PER LA CONOSCENZA ED IL
RICONOSCIMENTO DEI CONFINI DEI SITI OVE LA CACCIA È VIETATA ATTESA, ANCHE, LA PECULIARITÀ DELL'ESAME CUI VENGONO SOTTOPOSTI PRIMA DEL RILASCIO DELLA AUTORIZZAZIONE.
PER TAL VIA, NELL'IPOTESI DI "BATTUTA DI CACCIA A SQUADRA" OGNI CACCIATORE HA IL DOVERE SPECIFICO DI INFORMARSI SULLE CARATTERISTICHE DELLE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E, PIÙ IN GENERALE,
DI PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA. COSTORO, PERTANTO, ANDRANNO RITENUTI RESPONSABILI A
TITOLO DI COLPA LADDOVE OBIETTINO DI ESSERSI LIMITATI AD OSSERVARE LE INDICAZIONI DEL CAPO
SQUADRA.
III.
IL LIMITE
INTRINSECO DEL RISARCIMENTO DEL DANNO IN FORMA SPECIFICA, RAPPRESENTATO DALLA
SUA OGGETTIVA IMPOSSIBILITÀ, DEVE ESSERE VALUTATO CON ESCLUSIVO RIFERIMENTO ALLA NUOVA
PRESTAZIONE CHE IL GIUDICE IMPONE AL CONDANNATO, TENUTO CONTO DELLA SUA POSIZIONE E DEI
MEZZI A DISPOSIZIONE DI QUESTI.
TALE PRESTAZIONE, INFATTI, PRESENTA UN CARATTERE DI ASSOLUTA NOVITÀ ED INDIPENDENZA SIA
RISPETTO ALLA LESIONE DEL DIRITTO (O DI ALTRA SITUAZIONE SOGGETTIVA DI VANTAGGIO NELLA
RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE) SIA RISPETTO ALLA PRESTAZIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO RIMASTO INATTUATO (NELLA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE.
PER TAL VIA, IN OSSEQUIO AL DISPOSTO DELL'ART. 18, CO.8, DELLA LEGGE 349/1986, LA LIBERAZIONE IN PERIODO DI CACCIA VIETATA, A CURA E SPESE DELL'IMPUTATO, RICHIESTA DALL'ENTE LOCALE (NEL CASO DI SPECIE LA PROVINCIA) DI UN ESEMPLARE DI CINGHIALE DI GIOVANE ETÀ CONSISTERÀ
IN UNA PARTICOLARE FORMA DI RIPOPOLAMENTO, CHE DOVRÀ AVVENIRE SECONDO LE MODALITÀ DETERMINATE DAL COMPETENTE UFFICIO PROVINCIALE DELLA CACCIA, IN OSSEQUIO AGLI EVENTUALI PIANI DI
RIPOPOLAMENTO DI FAUNA SELVATICA AI SENSI DELL'ART.11, CO.2, LETT. I, L. REG. 8/1996, ANCHE
TRAMITE LA CATTURA DI SOGGETTI, GENETICAMENTE COMPATIBILI, PRESENTI IN SOPRANNUMERO IN
AMBIENTI FAUNISTICI
TRIBUNALE
Omissis
MOTIVI DELLA DECISIONE
All'esito della compiuta istruttoria dibattimentale, reputa questo
Tribunale che sussistano in atti
elementi idonei per pervenire
all'affermazione della penale
responsabilità degli imputati in
ordine al reato contestato.
Dall'escussione dei testi e dal-
78
DI
SANT'ANGELO
DEI
LOMBARDI 29.11.2001 G.M.
l'esame degli imputati è emerso
infatti che il giorno 14 novembre
1999, verso le ore 13:30, i tre
imputati parteciparono ad una
battuta di caccia al cinghiale (sus
scrofa) all'interno dell'Oasi di
protezione della fauna di Conza
della Campania, uccidendo un
esemplare.
In particolare il teste TA, agente
DOTT.
F. LIGNOLA
ittico - venatorio in servizio presso la Federazione Italiana della
caccia di Avellino, ha riferito che
in seguito ad una segnalazione
telefonica si recò sul posto con
altri colleghi, venendo da
Monteverde; partendo dal punto
in cui erano parcheggiate le automobili dei cacciatori (sotto il
ponte della strada circumlacua-
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GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
le) il primo cacciatore che egli l'esterno. In altri termini vi erano ti sul posto. Il PM sede, al quale
incontrò fu l'imputato M (altri alcuni cacciatori che dall'interno vanno trasmessi gli atti per l'ultesuoi colleghi identificarono gli dell'oasi cercavano di spingere riore corso a carico degli altri
altri due imputati, mentre gli altri gli animali all'esterno della zona partecipanti alla battuta di caccacciatori, circa dieci, rifiutarono protetta.
cia, potrà inoltre escutere i tre
di fornire le loro generalità, per Il teste ha più volte chiarito che imputati, ritualmente avvisati a
cui furono solo annotati i numeri in definitiva dei cacciatori della norma dell'art. 64 c.p.p. in sede
di targa delle loro autovetture). squadra i tre imputati furono gli di esame reso in questo procediQuesti al suo invito scaricò il unici che scaricarono i propri mento.
fucile
e
fucili ed Il teste PV, agente venatorio della
Bagnoli - Coro Ligneo
mostrò
esibirono federcaccia di Avellino, ha conuna autoi propri fermato la circostanza della chiarizzazione
d o c u - mata riferita dal T (hanno chiadella batm e n t i , mato un nostro collega, AT,
tuta al cinm e n t r e dicendo che nell'oasi di protezioghiale,
gli altri ne c'erano dei cacciatori che batmentre
c o m p o - tevano un cinghiale), raccontanaltri cacnenti la do che il suo collega Gimmelli
ciatori si
battuta di fermò l'imputato P, che si trovava
rifiutaroc a c c i a proprio sotto il ponte, e probabilno
di
( n o n mente Di Cecilia identificò P.
mostrare i
meno di I tre imputati erano impegnati in
documen15
in una battuta di caccia al cinghiale,
ti. Il M si
tutto) si che dall'interno dell'oasi tentava
trovava
rifiutaro- di spingere il cinghiale fuori, con
sotto
il
no
di il fucile in mano, e quando fu loro
p o n t e
farlo, pro- contestata la circostanza di essedella stratestando re nell'oasi, subito esibirono i
da circumlacuale, luogo in cui si vivacemente per l'interruzione propri documenti; altri cacciatosvolgeva la battuta di caccia; in della battuta (vi era un altro ani- ri, invece, protestarono per l'inquell'occasione il teste ebbe l'oc- male che stavano accerchiando). terruzione della battuta, rifiutancasione di vedere l'esemplare di Da una verifica presso l'ufficio do di farsi identificare (in particinghiale illecitamente abbattu- c a c c i a ,
colare il
Caposele - Cascate
to, posto un fuori strada p r e s s o
più agitaMercedes; la presenza di mac- l'amminito era un
chie di sangue sull'asfalto faceva strazione
tale chiapresumere che l'animale fosse provinciam a t o
stato abbattuto sul posto.
le
di
dagli altri
A circa 50 metri dal posto, sui Avellino,
"dottor
piloni lungo il confine della stra- che rilaP").
da ferrata, vi era le tabelle peri- scia l'auInfine il
metrali che indicano il divieto di t o r i z z a teste ha
caccia ed il confine dell'oasi di zione (nel
conferprotezione, per cui la strada cir- caso
di
mato la
cumlacuale, era all'interno del specie la
circostanperimetro dell'oasi, come segna- n u m e r o
za della
to dalle tabelle. Dopo un anno 54, in atti)
presenza,
circa dal fatto, lo scorso anno, sarà possu di un
tali tabelle sono state spostate sibile comunque una compiuta pilone di cemento del ponte della
dagli agenti della polizia provin- identificazione di tutti gli altri ferrovia, ben visibili, delle tabelle
ciale, dopo circa un anno dal cacciatori (molti dei quali sono di perimetrazione.
fatto, e sono state portate sul stati nominativamente indicati Il teste DM, agente venatorio
ciglio della strada circumlacuale. dal Difensore degli imputati: PG, della federcaccia, ha riferito che
La battuta di caccia al cinghiale, DC, DG, DM, DB; cfr. pagina 44 del mentre i suoi colleghi identificaper la quale si usano anche dei verbale
di
stenotipia
del vano i tre odierni imputati, si
cani segugi, e che consiste in un 26.4.2001), con un verifica dei recò con il collega PV ad invitare
progressivo
accerchiamento relativi numeri di porto d'armi ed altri cacciatori che erano ben
della preda, partendo dall'inter- un riscontro attraverso i numeri all'interno dell'oasi di protezione,
no dell'oasi procedeva verso di targa delle autovetture presen- ad uscire fuori. Questi in partico-
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79
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GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
lare si trovavano oltre il ponte non eravate nell'oasi eravate sul nè quanto era grande e non ho
della strada circumlacuale, confine?
visto niente" (cfr. verbale di steandando verso il centro dell'oasi RISPOSTA - Abbastanza fuori, notipia del 26.4.2001, ivi), ammete reagirono in maniera molto almeno da sopra il ponte della tendo dunque che l'abbattimento
polemica, rifiutando di mostrare i ferrovia erano minimo 50-60 è avvenuto all'interno della zona
propri documenti.
metri, non eravamo a distanza protetta.
In particolare il primo cacciatore regolamentare questo sì però PF, che si occupava dei cani, ha
che egli incontrò fu l'imputato P, non nell'oasi.
affermato di trovarsi a circa dueche correva con il fucile in mano Egli era probabilmente l'ultimo cento metri dalla zona dell'oasi,
Montella - Piazza re monteddra
e disse
d e l l a mentre altri cacciatori erano coltestuals q u a d r a locati in direzione dell'oasi, a
mente ai
(forse ero distanza inferiore, per chiudere
compal ' u l t i m o , le zone e per raccogliere i cani.
gni "sta
non
lo Appare dunque quanto meno
uscendo
posso giu- contraddittorio pensare, come
il cinghiarare), ma, pure in definitiva i tre imputati
le".
pur appo- hanno sostanzialmente affermaAnche il
standosi i to, che la battuta andava nella
teste DM
s i n g o l i direzione opposta all'oasi, perha concacciatori ché se così fosse stato la preda
fermato
a circa 70 - avrebbe potuto agevolmente sotla circo80 metri trarsi alla caccia, non riuscendo i
stanza
l'uno dal- cacciatori, posti alle spalle dei
che
vi
l'altro in cani ed in direzione contraria alla
e r a n o
m e d i a , preda, colpirla. Inoltre deve
d e l l e
tutti erano tenersi presente che gli agenti
tabelle
fuori dalla venatori, diretti verso il centro
oltre la
zona pro- dell'oasi, incontrarono tra i primi
strada ferrata che delimitava il tetta.
proprio il P, per cui è esatto afferperimetro dell'oasi, delle quali A specifica domanda egli però mare che gli altri cacciatori si trouna, ben visibile, nel luogo in cui non ha saputo (o voluto) precisa- vassero in direzione dell'oasi
erano parcheggiate le auto dei re a che distanza dall'oasi si può stessa e dunque, considerate le
cacciatori.
cacciare, distanza poi inopinata- distanze ed il numero, chiaraIn sede di esame i tre imputati mente precisata dal Difensore di mente all'interno dell'oasi stessa.
hanno negato l'addebito, soste- fiducia "50 metri di spalla e 150 Sicuramente all'interno della
nendo di non aver cacciato all'in- metri frontale".
zona protetta si diressero poi i
terno dell'oasi, ma di essere rima- Al rilievo che comunque almeno i segugi, il cui compito era di scosti sempre all'esterno del perime- cani tale
vare il cinNusco - Piazza Vescovado
tro della zona protetta.
confine
ghiale, spinIn particolare MV ha illustrato a v re b b e gerlo verso
all'ufficio le modalità di caccia al ro potuto
l'esterno delcinghiale, che si svolge sotto la varcarlo,
l'oasi e conguida di un capo squadra; alcuni ha evasisentire
ai
cacciatori prendono i cani e v a m e n t e
cacciatori
danno la battuta mentre gli altri r i s p o s t o
appostati
si appostano in attesa dell'anima- "No,
ci
nei
pressi
le per sparare. Il capo squadra, s o n o
del confine
individuato il posto in cui può quelli che
l'abbattitrovarsi il cinghiale, indica a cia- a r r i v a n o
mento.
scuno dove collocarsi, per cir- ad
un
Anche l'imcondare la zona, e poi comanda il c e r t o
putato P, alla
via alla battuta con i cani.
punto e lo
contestazioL'imputato ha ammesso di non prendono il cane"; infine, signifi- ne circa la ragionevole prevedibitrovarsi a distanza regolamenta- cativamente, a proposito del lità di entrare nella zona protetta
re, ma ha negato di avere mai var- luogo di abbattimento dell'ani- effettuando la battuta nei pressi
cato il confine dell'oasi (cfr. ver- male, egli ha dichiarato "il cin- del confine, ha significativamente
bale di stenotipia del 26.4.2001, ghiale è stato portato, è stato risposto: " Non abbiamo la rullina
49):
tirato fuori e portato alla Jeep ma per misurare i metri però ad
DOMANDA DEL GIUDICE - Ma se non l'ho visto chi l'ha sparato e occhio ci mettiamo a una certa
80
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ALTIRPINIA
distanza come già sappiamo e cioè a 50
mt. di spalle a 150 mt. di faccia alla riserva, logicamente non abbiamo la rullina
per misurare e si fa grosso modo" (cfr.
verbale di stenotipia del 26.4.2001, 60).
Davanti all'ulteriore rilievo che se egli era
a 200 metri dal confine e c'erano altri cacciatori nella direzione dell'oasi matematicamente doveva esserci qualcuno all'interno almeno della zona di rispetto di 150
metri l'imputato, ancora una volta in
seguito all'inopinato intervento del suo
Difensore, che ne ha anticipato la risposta ("Se si mettono in linea retta ma se si
mettono a cerchio no"; cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 60) non ha saputo
fornire una risposta credibile, finendo
con il negare che l'animale potesse essere all'interno dell'oasi "all'interno è quasi
tutta acqua e vicino all'acqua i cinghiali
non si mettono" (cfr. verbale di stenotipia
del 26.4.2001, 63).
Infine l'imputato P, il cui ruolo nella battuta era di occuparsi dei cani, pur ammettendo di aver preso posizione (di fronte a
M) a circa 50 metri dal confine della zona
protetta, ha negato che vi fossero tabelle
nei pressi delle automobili, zona esterna
all'oasi, sostenendo che la battuta si svolgeva verso la zona libera (noi sapevamo
che l'oasi era alle nostre spalle e il capo
squadra ci diceva dove ci dovevamo mettere, cfr. verbale di stenotipia del
26.4.2001, 76). All'atto del controllo egli
avrebbe chiesto agli agenti di poter recuperare i cani, che stavano andando fuori
e potevano andare anche nell'oasi.
Ulteriori contraddizioni del P riguardano
la sua dichiarata intenzione di voler chiudere la zona, pur avendo il fucile scarico
e pur essendo la battuta di caccia ormai
già finita, a prescindere dall'intervento
dei guardiacaccia (cfr. verbale di stenotipia del 26.4.2001, 70-73).
La ricostruzione offerta dagli imputati è
risultata decisamente inattendibile, sia
perché spesso intrinsecamente contraddittorie (come già osservato, ad esempio,
a proposito di P), sia perché le dichiarazioni sono state fortemente condizionate
dall'intervento improprio dell'avvocato
Difensore nei passaggi più delicati.
Quanto ai testi del PM, apparsi nel corso
della deposizione decisamente sereni e
sicuri delle proprie dichiarazioni, depone
a favore della piena attendibilità (oltre
alle già indicate modalità di esposizione)
innanzi tutto la qualifica soggettiva di
agenti venatori della federcaccia e dun-
que volontari non retribuiti (oltre che
pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro
funzioni di vigilanza ed accertamento
delle violazioni alla disciplina venatoria);
in secondo luogo la totale coincidenza
delle dichiarazioni rese, che rafforza
significativamente la credibilità delle
dichiarazioni di ciascuno; in terzo luogo
la coerenza, completezza e logicità delle
risposte offerte a tutte le domande. La
stessa appartenenza degli agenti ad una
associazione venatoria conferma che
essi non hanno alcuna ostilità per la caccia ed i cacciatori.
Va peraltro ricordato che tali soggetti
non possono assumere in nessun caso la
qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, per cui non possono procedere
al sequestro delle armi quando rilevano
un infrazione alla legge sulla caccia
(Cass., sez. III, sent. 1519 del 6.5.96,
Masucci), cosa dalla quale correttamente
essi si sono astenuti, ma che comunque
rientra nelle loro prerogative, quali soggetti preposti alla vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie, ai sensi dell'articolo 28, commi 1 e 5, della L.
157/1992, chiedere a qualsiasi persona
trovata in possesso di armi o arnesi atti
alla caccia, in esercizio o in attitudine di
caccia, la esibizione della licenza di porto
di fucile per uso di caccia, del tesserino
di cui all'articolo 12, comma 12, del contrassegno della polizza di assicurazione
nonché della fauna selvatica abbattuta o
catturata, oltre che redigere verbali nei
quali devono essere specificate tutte le
circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore.
In ogni caso, pur non essendo agenti di
polizia giudiziaria, nell'esercizio delle
loro funzioni essi ricoprono la veste di
pubblico ufficiale, poiché esercitano
poteri autoritativi e certificativi nell'ambito di protezione della fauna selvatica
che, in quanto patrimonio indisponibile
dello stato, attiene ad un interesse pubblico della comunità nazionale; integra,
allora, il reato di cui all'art. 651 c.p. il
rifiuto delle proprie generalità quando
siano richieste dalla guardia venatoria
nell'esercizio dei compiti di vigilanza
venatoria (Cass., sez. V, sent. 4898 del
23.5.97, in Riv. pen., 1997, 722; Cass. pen.,
sez. VI, 25 marzo 1996, in Riv. giur.
ambiente, 1997, 84).
I poteri degli agenti venatori sono ribaditi dall'art. 28 della L. reg. Campania n. 8
del 10.4.96, secondo il quale essi possono
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
81
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
chiedere a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi
atti alla caccia, in esercizio o attitudine di caccia, la esibizione
della licenza di porto di fucile per
uso di caccia, del tesserino di cui
all'art. 16, del contrassegno della
polizza di assicurazione nonché
della fauna selvatica abbattuta o
catturata.
Come elemento di riscontro alle
deposizioni degli agenti venatori,
poi, vanno considerati i verbali di
accertamento
dell'infrazione
redatti a carico di MV, PF e PM e
l'autorizzazione alla caccia al cinghiale
della
squadra n. 54,
dalla
quale
risulta alla data
del 14.11.99 in
località Ponte
Muscio - Conza
d e l l a
Campania, l'abbattimento di
un capo.
Un elemento
apparentemente in contraddizione con la
deposizione dei
testi del PM è
rappresentato
dalle dichiarazioni di DR,
responsabile dell'ufficio caccia e
pesca della Provincia di Avellino,
che sulla base di un sopralluogo
effettuato su sollecitazione del
Difensore degli imputati, prima di
questo processo ma dopo in
epoca successiva ai fatti contestati, e della mappa allegata al
piano faunistico provinciale
approvato dal commissario ad
acta nel 1998, ha dichiarato che il
vallone Muscio ha una origine
esterna al perimetro dell'oasi di
Conza e che, percorrendo la strada circumlacuale sulla destra, il
confine è a circa 50 metri; vi sono
cartelli di perimetrazione sul
ponte della strada cirmumlacuale, sul margine destro; a specifica
domanda ha precisato che dal
1998 non c'è stato alcuno spostamento dei confini.
In sostanza, partendo dall'ester-
82
no, vi è un primo ponte della ferrovia, esterno, ed un secondo
ponte della strada circumlacuale,
sul cui margine destro vi sono
cartelli di perimetrazione dell'oasi, distante circa cento metri dal
primo, ove si trova il confine dell'oasi.
I testi T, PV e DM, invece, hanno
riferito che cartelli di perimetrazione si trovavano sull'altro
ponte, più esterno di circa 100
metri rispetto al luogo indicato
dal D.
Quanto alla collocazione delle
tabelle, va rilevato che la diversa
Frigento - Via Limiti
collocazione successiva rilevata
dal responsabile dell'ufficio caccia e pesca della Provincia di
Avellino non dimostra affatto la
falsità di quanto affermato dai tre
agenti venatori, ma, piuttosto,
come affermato dallo stesso D, è
agevolmente spiegabile con la
considerazione che i cartelli non
sono inamovibili e spesso sono
spostati artificiosamente. Tale
spostamento, evidentemente,
avviene comunemente ad opera
ed in punto più favorevole ai cacciatori, con restrizione della zona
vietata; questa essendo la situazione verificatasi può agevolmente affermarsi superarsi tale apparente contrasto.
Quanto allo spostamento del
confine, poi, non può ignorarsi
che, come ammesso dallo stesso
D, l'oasi di protezione di Conza
della Campania è stata istituita
prima del 1998, con la legge 74/80
reg. Campania.
Va fatta una breve ricognizione
del quadro normativo di riferimento costituito dalla legge-quadro 11 febbraio 1992 n. 157
(Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per
il prelievo venatorio, attuativa
delle direttive 79/409/CEE del
Consiglio del 2 aprile 1979,
85/411/CEE della Commissione
del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE
della Commissione del 6 marzo
1991, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici) e dalla
legge
regionale
della Campania 10
aprile 1996, n. 8
(Norme per la protezione della fauna
selvatica e disciplina
dell'attività
venatoria
in
Campania).
I principi fondamentali, in grado
di orientare logicamente l'interprete
in sede di applicazione della legge,
sono espressi nell'articolo 1: La
fauna selvatica è
patrimonio indisponibile dello
Stato ed è tutelata nell'interesse
della comunità nazionale ed
internazionale. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza
di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
È rimessa alle regioni a statuto
ordinario (comma 3) l'emanazione di norme relative alla gestione
ed alla tutela di tutte le specie
della fauna selvatica in conformità alla presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle
direttive comunitarie. Alle province è invece attribuita l'attuazione della disciplina regionale ai
sensi dell'articolo 14, comma 1,
lettera f), della legge 8 giugno
1990, n. 142.
L'articolo 10 disciplina lo stru-
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ALTIRPINIA
mento dei Piani faunistico-venatori stabilendo che tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione
faunistico-venatoria finalizzata,
per quanto attiene alle specie
carnivore, alla conservazione
delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di
altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e
alla sua conservazione mediante
la riqualificazione delle risorse
ambientali e la regolamentazione
del prelievo venatorio..
La realizzazione della pianificazione è affidata concretamente
alle regioni e alle province, con le
modalità previste nei commi 7 e
10, mediante la destinazione differenziata del territorio. Il
comma 3 dell'articolo 10 stabilisce che il territorio agro-silvopastorale di ogni regione è destinato per una quota dal 20 al 30
per cento a protezione della
fauna selvatica … In dette percentuali sono compresi i territori
ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di
altre leggi o disposizioni.
Il territorio di protezione comprende anche le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna
selvatica, le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo
stato naturale ed alla cattura
della stessa per l'immissione sul
territorio e i centri pubblici e privati di riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale, ai
fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone.
Si intende per protezione il divieto di abbattimento e cattura a fini
venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la
sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole.
Il comma 5 aggiunge che ai fini
della pianificazione generale del
territorio agro-silvo-pastorale le
province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico-venatori,
nonché piani di miglioramento
ambientale tesi a favorire la
riproduzione naturale di fauna
selvatica e piani di immissione di
fauna selvatica.
I piani faunistico-venatori, a
norma del comma 8, comprendono, tra l'altro, le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e
cattura ed i centri pubblici e privati di riproduzione della fauna
selvatica allo stato naturale, da
indicarsi con tabelle perimetrali,
apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia preposto
o incaricato della gestione della
singola zona.
Il comma 10 dell'articolo 10 della
legge 157/1992 contempla poi il
Piano Faunistico Venatorio della
Regione, con funzione di coordinamento dei piani provinciali,
secondo criteri dei quali l'Istituto
nazionale per la fauna selvatica
garantisce la omogeneità e la
congruenza a norma del comma
11, nonché con l'esercizio di
poteri sostitutivi nel caso di mancato adempimento da parte delle
province dopo dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della
legge.
La legge regionale 8 del 1996
riproduce
sostanzialmente le previsioni
nazionali, non
discostandosi
da esse, per
quanto attiene
alla funzione di
pianificazione
faunistico venatoria (articoli 10
ed 11 nella
legge regionale).
In particolare
l'articolo
11
della legge regionale disciplina i
contenuti del piano faunistico
provinciale, che comprendono
indicazioni e perimetrazioni di
massima dove potranno essere
istituite, tra le altre, oasi di protezione, destinate al rifugio, alla
sosta ed alla riproduzione della
fauna selvatica, zone di ripopolamento e cattura, destinate alla
riproduzione della fauna selvati-
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ca allo stato naturale, alla cattura
della stessa per l'immissione sul
territorio in tempi e condizioni
utili all'ambientamento e fino alla
ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio, centri pubblici e privati di produzione della
fauna.
Dunque fine pubblico primario e
prevalente perseguito dalla legge
sulla caccia (anche in attuazione
di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella protezione
della fauna, obiettivo prioritario
al quale deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell'attività venatoria. (cfr. Corte Cost. 27
ottobre 1988 n. 1002 e 14 maggio
1999 n. 169 che, in relazione
all'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio dello Stato,
parla di sistema ispirato alla preminente finalità della tutela della
fauna e di affievolimento del tradizionale "diritto di caccia", che
viene subordinato all'istanza prevalente della conservazione del
patrimonio faunistico e della salvaguardia della produzione agricola nell'ambito di un regime di
caccia programmata per tutto il
territorio nazionale al fine di
realizzare
la
costante consonanza tra ordinamento nazionale e disciplina
comunitaria e
internazionale).
In questa ottica
spetta alle province la competenza alla definizione del territorio agro-silvopastorale destinato (per una quota dal 20 al 30
per cento) a protezione della
fauna selvatica attraverso le oasi
di protezione, le zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici
(e privati) di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale (a mente dell'articolo 10,
comma 7, della legge 157/1992,
riprodotto dall'articolo 11 della
legge regionale attuativa n. 8 del
83
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
1996). La regione svolge infine un
ruolo di coordinamento ed esercita, eventualmente, poteri sostitutivi.
Le oasi di protezione, a norma
dell'art. 12 della legge regionale,
sono istituite dalla Provincia sentito
il
Comitato
Tecnico
Faunistico Venatorio Provinciale.
Esse hanno la funzione di assicurare la sopravvivenza di specie
faunistiche in diminuzione, a consentire la sosta e la riproduzione
della fauna selvatica, con particolare riferimento alla fauna migratoria, a garantire l'integrità
ambientale dei territori di particolare valore naturalistico anche
al fine di preservare il flusso delle
correnti migratorie.
La perimetrazione "di massima"
delle nuove oasi di protezione
non individua i confini della zona
protetta, ma produce tali effetti
solo all'esito di una successiva
delibera della giunta provinciale
istitutiva, prevista dal comma 4
dell'art. 12 della legge regionale,
da notificare ai proprietari ed ai
conduttori dei fondi interessati,
mediante affissione all'albo pretorio dei comuni
territorialmente
interessati,
e
contro la quale è
possibile,
da
parte di tali soggetti, produrre
opposizione
motivata entro
60 giorni dalla
notifica.
Tale iter amministrativo non si è
mai perfezionato, come riferito
dal teste D,
essendovi stata
una approvazione del piano faunistico provinciale con delibera del commissario ad acta,
seguita da una presa d'atto della
Provincia e dalla trasmissione
della deliberazione alla Regione
Campania (cfr. teste D, verbale di
stenotipia dell'8.11.2001, 12).
Deve pertanto ritenersi che i con-
84
fini dell'oasi di protezione, già
istituita sotto la vigenza della
legge regionale 74 del 1980, siano
quelli riferiti dai testi T, PV e DM
e
regolarmente segnalati dai cartelli indicanti
il divieto di
caccia, non
potendosi
ritenere
vigente
la
cartografia di
massima prodotta dalla
Difesa ed a
norma dell'art.
41
comma
4
della legge
regionale 8
del
1994
("Sono abrogate le leggi
regionali 11 novembre 1977, n.
61, 27 ottobre 1978, n. 48, 3
dicembre 1980, n. 74 e successive
modifiche ed integrazioni ed ogni
altra norma in contrasto con la
presente legge regionale, fatta
salva la istituzione delle zone
di ripopolamento e cattura e
delle oasi di
protezione
naturali vigenti
ai sensi della
legge regionale
3
dicembre
1980, n. 74, fino
a quando non
vengano sostituite da nuove
analoghe strutture della medesima estensione").
Va allora affermata la responsabilità penale
di tutti gli imputati, sussistendo il
reato di cui all'art. 30 lett. D)
della Legge 157/1992.
Sotto il profilo oggettivo nessun
dubbio permane circa l'invasione
da parte di alcuni (se non tutti) i
cacciatori della squadra iscritta
nel registro delle battute al n. 54
in data 28.9.99 (cfr. autorizzazione della Provincia di Avellino, in
atti), oltre che dei cani (di cui
specificamente
si
occupavano
i due imputati P e P)
dell'area
protetta di
Conza della
Campania, in
chiaro atteggiamento di
caccia.
Costituisce
principio
pacificamente affermato
dalla giurisprudenza
di legittimità
q u e l l o
secondo cui
la nozione di esercizio di attività
venatoria usata nella l. 11 febbraio 1992 n. 157 non può essere
intesa in senso riduttivo, dovendosi ritenere che essa comprenda non solo l'effettiva cattura o
uccisione della selvaggina, ma
anche ogni attività preliminare, e
la complessiva organizzazione
dei mezzi e, pertanto, qualsiasi
atto, desumibile dall'insieme
delle circostanze di tempo e di
luogo, che appaia diretto a tale
fine. (con riferimento all'ispezione di trappole predisposte per la
cattura di richiami vivi, Cass.
pen., sez. III, 26 novembre 1998,
n. 452, in Cass. pen., 2000, 160;
con riferimento al viaggiare a
bordo di autoveicoli con materiali destinati all'esercizio della caccia, Cass. Pen., sez. III, 15 gennaio
1999, n. 452; con riferimento
all'esser sorpreso nel recarsi a
caccia, con l'annotazione sul relativo tesserino, in possesso di
richiami vietati, Cass. pen., sez.
III, 5 luglio 1996, n. 6812).
A norma dell'art. 12, comma 3,
della legge 11 febbraio 1992 n.
157, del resto, è considerato esercizio venatorio anche il vagare o
il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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ricerca della fauna selvatica o di
attesa della medesima per abbatterla, attitudine che non può
essere esclusa dal fatto che il reo
abbia il fucile scarico e aperto,
poiché proprio perché aperto, il
fucile può esser rapidamente
caricato ed utilizzato per abbattere la selvaggina (Cassazione
civile sez. I, 10 settembre 1997, n.
8890).
Gli agenti fermarono comunque i
tre imputati oltre il ponte della
ferrovia, che rappresenta il confine dell'oasi, interrompendo la
battuta di caccia al cinghiale,
ancora in corso.
Gli stessi imputati hanno sostanzialmente ammesso di essere in
fase di caccia attiva, ad eccezione del P, rispetto al quale il teste
DM ha riferito la specifica circostanza di averlo visto correre con
il fucile in mano, pronto a sparare, avvertendo i compagni della
prossima uscita del cinghiale.
La presenza di tabelle ben visibili, nella sede in cui erano parcheggiate le autovetture dei cacciatori, poi, esclude ogni dubbio
in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, qualificabile in termini di dolo diretto.
Del resto gli imputati sono cacciatori, cioè soggetti particolarmente qualificati per la conoscenza ed il riconoscimento dei
confini dei siti ove la caccia è vietata, in ragione anche dell'esame
cui vengono sottoposti prima del
rilascio dell'autorizzazione. Va
poi considerato che la stessa
modalità di esercizio in comune
(in squadra) della battuta di caccia, per sua natura riservata a
cacciatori esperti, attese le regole particolari che la governano,
imponendo una previa distinzione di ruoli ed una organizzazione
delle posizioni dei singoli battitori, consente a giudizio del
Tribunale di individuare quel previo accordo tra i tre imputati (e
gli altri 12 o più, allo stato rimasti
ignoti) all'esercizio della caccia
nella zona protetta.
Anche a voler accedere alla tesi
difensiva in ordine al limite dell'oasi, allora, i tre imputati vanno
ritenuti colpevoli del reato ascritto, quanto meno a titolo di dolo
eventuale, poiché, muovendosi la
battuta dall'interno dell'oasi
verso il limite della zona protetta
(o quanto meno dislocandosi i
cacciatori nei pressi del confine,
lanciando i cani all'interno dell'oasi; cfr. ammissione dell'imputato M, pagina 51 del verbale di
stenotipia del 26.4.2001), ciascun
battitore accettava il rischio di
uccidere un animale facendolo
uscire, attraverso l'azione dei
cani (dei quali specificamente si
occupavano gli imputati P e P),
dalla zona protetta. Molti cani
furono infatti smarriti all'interno
dell'oasi (cfr. imp. P, pagina 56 del
verbale
di
stenotipia
del
26.4.2001)
In via subordinata e residuale,
sempre con riferimento all'elemento soggettivo del reato, va
considerato che a norma dell'art.
25 della legge regionale della
Campania 10.4.1996 n. 8 (Norme
per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attività
venatoria
i
n
Campania)
"è sempre
vietato …
p r a t i c a re
la caccia
vagante a
meno di
150 metri
di distanza
da zone di
ripopolamento e
catture,
oasi
di
protezione, centri pubblici o privati di produzione nella selvaggina allo stato naturale, campi di
addestramento cani", limite sicuramente superato dagli imputati
per loro stessa ammissione.
Circostanza questa che, trattandosi di contravvenzione, per la
quale è prevista normativamente
l'imputabilità al soggetto per
colpa, basterebbe comunque per
affermare la sussistenza dell'elemento soggettivo della contravvenzione. Per completezza va
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osservato infine che anche nella
migliore prospettiva difensiva,
ipotizzando che gli imputati
abbiano affermato la verità in
sede di esame (circostanza già
esclusa), deve ribadirsi che, proprio perché cacciatori, essi avevano un dovere specifico di informarsi sulla estensione dell'oasi,
obbligo rimasto inadempiuto,
essendosi essi limitati ad osservare le indicazioni inesatte del
capo squadra; la caccia all'interno dell'oasi, allora, sarebbe ancora una volta riferibile agli imputati a titolo di colpa.
In definitiva osserva questo
Tribunale come le risultanze dell'istruttoria dibattimentale abbiano confermato la fondatezza
delle accuse elevate nei confronti
dell'imputato.
Possono essere concesse agli
imputati le attenuanti generiche,
considerata la loro condotta successiva al reato e trattandosi di
imputati incensurati.
La pena congrua, valutati gli elementi previsti dall'art. 133 e 133
bis c.p. e
valorizzata la
attenuata capacità criminale
d e g l i
imputati,
desumibile dalla
condotta
successiva
al
reato, e
d a l l a
condotta processuale collaborativa, essendosi gli stessi sottoposti ad esame, va determinata in
cinque giorni di arresto e 600.000
lire di ammenda per ciascuno
degli imputati, oltre al pagamento delle spese processuali (pena
base sette giorni di arresto e
900.000 lire di ammenda, ridotta
ex art. 62 bis a cinque giorni di
arresto e 600.000 lire - pari a 309
- di ammenda).
A norma degli artt. 53 e ss. L.
689/1981 la pena detentiva di cin-
85
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
que giorni di arresto può essere
convertita in quella di L.375.000
di ammenda (pari a 193 ), per un
totale di 975.000 lire (pari a 503 )
di ammenda per ciascun imputato.
Sussistono altresì i presupposti
per la concessione del beneficio
della non menzione.
Alla condanna penale degli imputati segue la condanna degli stessi al risarcimento dei danni in
favore delle parti civili costituite,
Provincia di Avellino e WWF Italia
Onlus.
Quanto alla legittimazione attiva
del WWF Italia Onlus (in sostituzione della Provincia di Avellino
ed in proprio), contestata sia in
sede di questioni preliminari, sia
in sede di conclusioni dal
Difensore degli imputati,
deve osservarsi che l'art. 4,
3° comma, L. 265/99, individua nelle associazioni di
protezione ambientale di cui
all'art. 13 L. 349/86, tra cui è
da annoverare la citata istituzione, come da decreto
Ministro
dell'Ambiente
20.2.1987, una sorta di sostituto processuale ex ari. 81
c.p.c., come tale legittimato
alla proposizione di azioni
risarcitorie di competenza
del giudice ordinario, che
spettino al Comune ed alla
Provincia, conseguenti a
danno ambientale.
Deve
conseguentemente
ritenersi ammissibile la
costituzione di parte civile
nei procedimenti per reati
ambientali in sostituzione
della Provincia, ben oltre le
possibilità di intervento
disciplinate dagli arti. 91 e
ss. c.p.p..
Quanto poi alla costituzione in
proprio, l'azione civile dell'ente
WWF rientra perfettamente tra i
casi in cui è ammissibile la costituzione di parte civile di un'associazione senza scopo di lucro.
La costituzione di parte civile
delle associazioni senza scopo di
lucro ha una valenza non in funzione di tutela degli interessi diffusi lesi dal reato, a norma del-
86
l'art. 91 c.p.p., bensì in funzione
di interessi propri, quale soggetto danneggiato dal reato, a
norma dell'art. 74 c.p.p., in quanto portatore di ben più limitati
interessi collettivi.
Le categorie di interessi (collettivi, diffusi, ecc.) da trattare più
rigorosamente, anche attraverso
l'esercizio della facoltà di costituirsi parte civile, devono non
solo essere preventivamente
individuati dalla legge, ma anche
dalla stessa collegati, concretamente ed effettivamente, alle
finalità proprie di determinati
enti o associazioni (Cass. pen.,
sez. II, 4 dicembre 1998, n. 1464,
in Dir. pen. e processo, 1999,
1002).
In generale deve premettersi che
Nusco - Il duomo
la tutela dell'ambiente trova negli
artt. 9 e 32 i suoi riferimenti costituzionali più diretti, tutelando
tali norme costituzionali l'ambiente naturale nei suoi aspetti
culturali e di salubrità.
Il danno ambientale presenta una
triplice dimensione: personale
(quale lesione del diritto fondamentale dell'ambiente di ogni
uomo); sociale (quale lesione del
diritto fondamentale dell'ambiente nelle formazioni sociali in cui
si sviluppa la personalità umana,
art. 2 Cost.); pubblica (quale
lesione del diritto-dovere pubblico delle istituzioni centrali e periferiche con specifiche competenze ambientali). In questo contesto persone, gruppi, associazioni
ed anche gli enti territoriali non
fanno valere un generico interesse diffuso, ma dei diritti ed agiscono in forza di un'autonoma
legittimazione (Cass., sez. III,
sent. n. 439 del 19 gennaio 1994 cc. del 10 novembre 1993, in
C.E.D., Penale, rv. 197044).
Secondo le più recenti acquisizioni della studio, allora, esso non
riguarda solo la "compromissione dell'ambiente" in violazione
delle leggi ambientali, ma
più in generale consiste in
una "offesa della persona
umana nella sua dimensione individuale e sociale",
(Corte Costituzionale nelle
sentenze 210 e 641/del 1987
e 324 del 1989).
A seguito dell'introduzione
dell'azione di risarcimento
del danno ambientale ad
opera dell'art. 18 della legge
349/1986 si è molto discusso circa la esclusione, in
caso di danni ambientali,
della tutela risarcitoria di
diritti soggettivi individuali
ed inviolabili all'ambiente
salubre, come individuati
dalla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha risposto in maniera affermativa,
alla luce della concezione
aperta dei diritti inviolabili
dell'uomo recepita dalla
nostra Costituzione all'art.
2, osservando che in materia di danno ambientale, posto
che questo non consiste solo in
una "compromissione dell'ambiente", in violazione delle leggi
ambientali, giusta quanto previsto dall'art. 18 l. 8 luglio 1986 n.
349, ma anche in una "offesa della
persona umana nella sua dimensione individuale e sociale",
come ritenuto dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 210 e
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ALTIRPINIA
641 del 1987, ne deriva che la
legittimazione processuale non
spetta solo ai soggetti pubblici,
come Stato, regioni, province,
comuni, enti autonomi parchi
nazionali, etc. (in nome dell'ambiente come interesse pubblico)
ma anche alla persona singola o
associata (in nome dell'ambiente
come diritto soggettivo fondamentale di ogni uomo) (Cass.
pen., sez. III, 1 ottobre 1996, in
Arch. nuova proc. pen., 1996,
871). In questi casi l'interesse dell'ente si concretizza in una determinata realtà storica di cui il
sodalizio ha fatto il proprio
scopo, cessando così di essere
comune alla generalità dei cittadini. Il diritto di costituirsi parte
civile, onde ottenere il risarcimento del danno costituito dalla
lesione del diritto soggettivo inerente a lo scopo da esse perseguito, deve quindi riconoscersi
alle associazioni ecologistiche
rispondenti alle suddette
caratteristiche e dotate di
un'articolazione territoriale
che li colleghi ai beni lesi.
È stata così ritenuta ammissibile la costituzione di parte
civile di associazioni di protezione dell'ambiente (nel caso
di specie proprio il WWF in
un procedimento penale per
violazione dell'art. 734 c.p. e
dell'art. 1 sexies d.l. 27 giugno
1985 n. 312, conv. con modificazioni in l. 8 agosto 1985 n.
431, in relazione ad attività di
coltivazione di una cava), in
quanto abbiano dato prova di
continuità della loro azione, aderenza al territorio, rilevanza del
loro contributo, ma soprattutto
perché formazioni sociali nelle
quali si svolge dinamicamente la
personalità di ogni uomo, titolare
del diritto umano all'ambiente
(Cass. pen., sez. III, 1 ottobre
1996, cit.).
Più in generale, a proposito degli
interessi cd. diffusi alla tutela dell'ambiente, si è ritenuto che qualora l'interesse non sia astrattamente connotato, ma si concretizzi in una determinata realtà
storica di cui il sodalizio ha fatto
il proprio scopo, diventando la
ragione e, perciò, elemento costitutivo di esso, è ammissibile la
costituzione di parte civile dell'ente, sempre che dal reato sia
derivata una lesione di un diritto
soggettivo inerente allo scopo
specifico perseguito. Il diritto
individuale alla salubrità dell'ambiente è stato riconosciuto laddove una articolazione territoriale colleghi le associazioni medesime ai beni lesi, sicché esse
sono legittimate all'azione "aquiliana" per la difesa del proprio
diritto soggettivo alla tutela dell'interesse collettivo alla salubrità dell'ambiente. Inoltre è stato
riconosciuta la risarcibilità del
diritto della personalità dell'ente
e la conseguente facoltà di agire
per il risarcimento dei danni
morali e materiali relativi all'offesa, diretta ed immediata, dello
"scopo sociale", che costituisce
la finalità propria del sodalizio.
Sturno visto da frigento
(Cass. pen., sez. III, 9 luglio 1996,
n. 8699, in Giust. pen., 1998, III,
590; nello stesso senso cfr. Cass.
pen., sez. III, 1 ottobre 1996, n.
9837, in Dir. pen. e proc., 1997,
590). In simili casi il pregiudizio a
questa finalità in cui si sostanzia
l'affectio societatis comporta un
danno anche non patrimoniale
per la frustrazione e l'afflizione
degli associati, sicchè la costituzione di parte civile va ritenuta
legittima nei casi in cui dall'offesa
all'interesse derivi, in modo diretto ed immediato, la lesione del
diritto alla personalità del sodalizio, riguardo allo scopo da esso
perseguito (Cass. pen., sez. III, 30
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giugno 1995, n. 10557, in Cass.
pen., 1996, 2319).
Nel caso di specie va riconosciuta la legittimazione ad agire del
WWF Onlus, associazione riconosciuta a norma degli artt. 13 e 18
della Legge 8 luglio 1986, n. 349,
mediante decreto del Ministro
dell'Ambiente del 20 febbraio
1987. Scopo istituzionale dell'ente è infatti "la conservazione
della natura e dei processi ecologici e la tutela dell'ambiente" (cfr.
art. 5 dello Statuto associativo, in
atti); in ragione della convenzione del 6.2.98 con l'Ente per lo sviluppo, l'irrogazione e la trasformazione fondiaria in Puglia,
Lucania ed Irpinia, consegnatario
dell'area demaniale in cui sorge
l'oasi di Conza ed in attuazione
del protocollo di intesa tra l'Ente
e la Provincia di Avellino del
9.9.97, il WWF ha assunto la
gestione tecnica dell'attività di
protezione ambientale dell'area,
con lo specifico compito di
protezione della fauna (cfr.
art. 7), ricevendo anche un
finanziamento
di
50.000.000 di lire dalla
Provincia di Avellino (cfr.
delibera della giunta provinciale n. 813 del 7.9.98)
per spese di gestione dell'oasi.
In tal modo deve ritenersi
realizzata quella concretizzazione dell'interesse collettivo in capo all'ente
esponenziale che legittima
l'ente medesimo all'azione giudiziale a difesa del proprio diritto
soggettivo alla tutela dell'interesse collettivo alla salubrità dell'ambiente (Cass. pen., sez. III, 9
luglio 1996, n. 8699, cit.).
Quanto alla liquidazione del
danno in favore del WWF in proprio, in mancanza di prova di
danni materiali, l'imputato va
condannato a risarcire il danno
morale relativo all'offesa, diretta
ed immediata, dello "scopo sociale", che costituisce la finalità propria del sodalizio.
La valutazione di tale danno,
sfuggendo ad una piena valutazione analitica, resta affidata ad
87
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
apprezzamenti discrezionali ed ritiene equo determinare la
equitativi del giudice di merito somma in via definitiva, nell'im(Cassazione penale, sez. V, sent. porto di lire cinque milioni
del 23/1/1997, n. 2113, in Cass. (2582,28 ) all'attualità.
pen., 1998, 808; Cass. civ., sez. III, Quanto alla richiesta della parte
14 novembre 2000, n. 14752), il civile Provincia di Avellino, sostiquale nell'effettuare la relativa tuita dall'ente WWF a norma delquantificazione deve tenere l'art. 4, 3° comma, L. 265/99, di
conto delle effettive sofferenze risarcimento del danno ambienAndretta- Panorama
patite
tale
in
dall'offeforma speso, della
cifica
ex
gravità
art.
18
dell'illedella legge
cito di
349/1986
rilievo
mediante
penale e
la liberadi tutti
zione
in
gli eleperiodo di
menti
caccia viepeculiari
tata, a prodella fatprie cure e
tispecie
spese, di
c o n c re un esemta,
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plare
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modo da
cinghiale
rendere
di giovane
l
a
età all'insomma
t e r n o
riconodell'Oasi di
sciuta
C o n z a ,
adeguaritiene
ta al parquesto
ticolare
Giudicante
caso concreto, onde evitare sia che la richiesta possa essere
che la stessa rappresenti un accolta.
simulacro di risarcimento, sia Come è noto, ai sensi dell'art. 18,
che possa costituire una fonte di comma 8, della L. 349/1986, tra le
arricchimento privo di reale giu- forme risarcitorie del danno
stificazione (Cassazione penale, ambientale, la condanna al riprisez. III, 11 febbraio 1991, in Mass. stino dei luoghi nello stato quo
cass. pen., 1991, fasc. 3, 80).
ante assume una rilevanza preIl danno morale è pacificamente valente, in virtù della deroga al
riconosciuto anche agli enti disposto del 2° comma, art.
esponenziali (ad es. Cass. civ., 2058 c. c., contenuta nella
sez. III, 15 aprile 1998, n. 3807, in norma.
Resp. civ. e prev., 1998, 992), per Come è noto, ai sensi dell'art.
la lesione la lesione del diritto 2058 c.c. il danneggiato può
costituzionale dell'ente alla sua chiedere la reintegrazione in
identità storica, culturale, politi- forma specifica, qualora sia in
ca, economica costituzionalmen- tutto o in parte possibile.
te protetta; in questo caso, però, Tuttavia il giudice può disporre
ovviamente, la quantificazione, che il risarcimento avvenga
non potendosi rapportare alle solo per equivalente, se la reinsofferenze fisiche o psichiche, tegrazione in forma specifica
deve tener conto dei turbamenti risulta eccessivamente onerosa
morali della collettività pregiudi- per il debitore.
zievoli dell'attività dell'ente.
Dunque, il risarcimento in
In conclusione questo Tribunale forma specifica, in base alla
88
previsione dell'art. 2058 c.c.,
incontra il limite estrinseco
della eccessiva onerosità e
quello intrinseco della oggettiva impossibilità.
Quanto al primo, la giurisprudenza adotta un criterio generale, affermando che il risarcimento in forma specifica diviene eccessivamente oneroso nel
momento in cui superi l'effettivo valore complessivo del
danno arrecato, andando a realizzare un interesse del creditore che non è equivalente a quello del bene sottratto (nella
responsabilità aquiliana) o
della prestazione inadempiuto
(nella responsabilità contrattuale): dunque il limite estrinseco è costituito, per la
Cassazione, dal valore massimo
del risarcimento per equivalente pecuniario.
Il limite intrinseco, invece,
dipende dall'essenza stessa
dell'istituto: il risarcimento in
forma specifica, infatti, si caratterizza per il fatto che la sentenza di condanna che ne costituisce il fondamento impone di
adottare le misure idonee a
rimuovere il danno e le sue conseguenze; ma il giudice impone
al condannato di effettuare una
prestazione che presenta un
carattere di assoluta novità ed
indipendenza sia rispetto alla
lesione del diritto (o di altra
situazione soggettiva di vantaggio nella responsabilità extracontrattuale) sia rispetto alla
prestazione del rapporto obbligatorio rimasto inattuato (nella
responsabilità contrattuale). Il
profilo della possibilità del
risarcimento in forma specifica,
allora, deve essere valutato con
esclusivo riferimento a questa
nuova prestazione, tenendo
conto sia della posizione del
danneggiante o debitore condannato, sia dei mezzi che sono
a sua disposizione.
Sotto questo profilo la liberazione in periodo di caccia vietata, a cura e spese degli imputati, di un esemplare di cinghiale
di giovane età, all'interno
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Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
dell'Oasi di Conza, in concreto consi- cia al cinghiale, attraverso la verifica
sterà in una particolare forma di ripo- del possesso delle autovetture risconpolamento, che dovrà avvenire secon- trate sul posto ed attraverso le dichiado le modalità determinate dal com- razioni degli odierni imputati (cfr.
petente ufficio provinciale della cac- deposizione del teste D, rapporto di
cia, in ossequio agli eventuali piani di servizio prot. 315 del 15.11.1999,
ripopolamento di fauna selvatica pre- dichiarazioni degli imputati, indicadisposti ai sensi dell'art. 11, comma 2, zione difensiva di PG, DC, DG, DM e
lettera I della L. reg. 8/1996, anche tra- DB quali persone presenti ai fatti).
mite la cattura di soggetti, genetica- P.Q.M.
mente compatibili, presenti in sopran- Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara
numero in ambiti faunistici.
MV, PF e PM colpevoli del reato conteDel resto deve tenersi presente che, stato e, concesse agli stessi le attepur essendo il cinghiale un animale nuanti generiche, li condanna alla
selvatico, con la diffusione della la pena di cinque giorni di arresto e
pratica dell'allevamento brado dei 600.000 lire di ammenda, oltre al pagamaiali domestici si è realizzata l'ibri- mento delle spese processuali. Non
dazione dei cinghiali con questo ani- menzione.
male, il che rende concretamente rea- Letti gli artt. 53 e ss. L. 689/1981 sostilizzabile il ripopolamento in questio- tuisce la pena detentiva di 5 giorni di
ne.
arresto in quella di L.375.000 di
Le spese di costituzione di parte civi- ammenda, per un totale di 975.000 lire
le, al cui pagamento vanno condanna- di ammenda.
Gesualdo - Panorama
ti gli imputati a
Letti gli artt. 538 e
norma dell'art. 541
ss. c.p.p. condanc.p.p., vanno liquina gli imputati in
date in complessive
solido al risarci£ . 3 . 0 0 0 . 0 0 0
mento dei danni
(1549,37 )
per
nei confronti del
entrambe le parti
WWF
Italia
civili, di cui lire
ONLUS, che liqui2.200.000 (1136,21 )
da
in
lire
per onorari e lire
5.000.000.
800.000
(413,17 )
Condanna altresì
per diritti, somma
gli imputati in
che va posta in solisolido al risarcido a carico degli
mento del danno
imputati ed in favoambientale
in
re dell'Associazione
forma specifica, in
WWF, anche quale sostituto dell'ente favore dell'ente Provincia di Avellino
Provincia di Avellino (art. 4 comma 3 mediante la liberazione in periodo di
L. 265/1999), oltre ad IVA e CPA come caccia vietata, a proprie cure e spese,
per legge.
di un esemplare di cinghiale di giovaVa rigettata la richiesta di provvisoria ne età all'interno dell'Oasi, oltre al
esecuzione della sentenza, non aven- pagamento in solido delle spese di
do la parte istante addotto alcun costituzione delle parti civili, che
motivo che possa giustificarne l'ado- liquida in complessive lire 3.000.000
zione.
per entrambe, comprensive di spese,
Vanno infine trasmessi gli atti al PM oltre IVA e CPA come per legge.
per procedere alle indagini nei con- Letto l'art. 544 c.p.p. assegna il termifronti di tutti gli altri componenti la ne di giorni 45 per la motivazione.
battuta di caccia del 14.11.1999, iscrit- Atti al PM.
ta al registro delle Battute al n. 54 del S. Angelo dei Lombardi, udienza del
28.9.99, da ritenersi responsabili del 29 novembre 2001
medesimo delitto contestato agli IL GIUDICE
odierni imputati, oltre che della con- Dott. Ferdinando LIGNOLA
travvenzione di cui all'art. 651 c.p., ed
identificabili attraverso l'elenco dei
richiedenti l'autorizzazione alla cac-
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
89
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
PATTEGGIAMENTO: SOLO IL RITO RIENTRA
NELLA DISPONIBILITÀ DELLE PARTI, NON
POTENDO EVIDENTEMENTE ESSE RINUNCIARE
ALLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA
RIF. NORM.
Cod. pen. - artt. 474 e 648
Cod. proc. pen. - artt. 444, 530 e 129
MASSIMA
IN SEGUITO AL CONFERIMENTO DI PROCURA SPECIALE AL DIFENSORE PER LA DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO EX ART. 444 C.P.P., L'IMPUTATO NON COMPARSO IN UDIENZA VA RITENUTO ASSENTE PER RINUNCIA
A COMPARIRE E NON CONTUMACE IN QUANTO LA PROCURA SPECIALE, FINALIZZATA AL RITO ALTERNATIVO
E RILASCIATA A DIFENSORE CHE SI PRESENTI IN UDIENZA PROPRIO QUALE PROCURATORE SPECIALE PER
AVANZARE RICHIESTA DI PATTEGGIAMENTO, NON POTREBBE AVERE ALTRO SIGNIFICATO CHE CONSENSO
DELL'IMPUTATO ALLA PRONUNCIA DELLA SENTENZA IN SUA ASSENZA.
IN
MATERIA DI FALSO, ED IN PARTICOLARE DI CONTRAFFAZIONE E ALTERAZIONE DI MARCHI E SEGNI
DISTINTIVI DI PRODOTTI, NON È INDISPENSABILE L'INDAGINE PERITALE AI FINI DELL'ACCERTAMENTO
DELL'ELEMENTO OGGETTIVO, CHE PUÒ ESSERE DESUNTO "ALIUNDE" E DALLO STESSO ESAME DIRETTO DEL
REPERTO DA PARTE DEL
GIUDICE. DETTO ESAME DIRETTO BEN PUÒ CONSENTIRE AL GIUDICE DI ESCLU-
DERE LA CONTRAFFAZIONE, IN DIFETTO DI QUALSIASI ALTRO ELEMENTO DAL QUALE DESUMERLA.
LA RICHIESTA DI PATTEGGIAMENTO LEGITTIMA UN ACCERTAMENTO SOMMARIO ED INCOMPLETO, COMPIUTO SULLA BASE DEGLI ATTI INVESTIGATIVI CUI VIENE ATTRIBUITO VALORE PROBATORIO, MA NON PUÒ
CERTO GIUSTIFICARE L'IRROGAZIONE DI UNA PENA IN DIFETTO DI PROVE DELLA RESPONSABILITÀ. E, PERTANTO, L'IMPUTATO VA ASSOLTO, ANCHE CON FORMULE DI MERITO, QUANDO DAGLI ATTI NON RISULTI UN
QUADRO PROBATORIO QUANTOMENO IDONEO A DEFINIRE IL FATTO COME REATO.
CIÒ NON SOLO NEL CASO
DI MANCANZA DELLA PROVA NEL SENSO, RADICALE, DELLA IMPOSSIBILITÀ DI ACQUISIRLA, MA ANCHE NEL
CASO DI MANCANZA DELLA PROVA CHE SIA ASTRATTAMENTE POSSIBILE ACQUISIRE, POICHÉ LE PARTI,
ACCONSENTENDO AL PATTEGGIAMENTO, CHIEDONO AL
Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi,
Giudice
Dott.
Ferdinando Lignola, 10 giugno
2004, n° 188 R.G. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi in composizione monocratica dott. Ferdinando Lignola,
all'udienza del 10.6.2004 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento nei confronti di
T. B., nato a ... il ..., libero assente,
IMPUTATO
A)
del reato p. e p. dall'art.
90
GIUDICE UNA DECISIONE ALLO STATO DEGLI ATTI.
474 c.p. perché deteneva per la
vendita, poneva in vendita o metteva altrimenti in circolazione prodotti industriali, muniti di marchi
e segni distintivi contraffatti, e precisamente sette cover marca
"Nokia" ed un cover marca
"Alcatel"
Accertato in C. il 3.6.2003.
B)
del delitto p. e p. dall'art.
648 comma 2 c.p. perché, senza
essere concorso nel reato, al fine
di procurarsi un ingiusto profitto,
acquistava o comunque riceveva i
prodotti indicati al capo a) pur
conoscendone l'illecita provenienza, trattandosi di merce oggetto di
precedente contraffazione.
Accertato in C. il 3.6.2003.
Con l'intervento del Pubblico
Ministero V.P.O. avv. A. M. Greco e
del Difensore di fiducia avv. C.
Cubelli, di fiducia.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di decreto di citazione a
giudizio del 15.12.2003, l'imputato
era tratto innanzi a questo
Tribunale per rispondere dei reati
di cui al capo di imputazione, per
l'udienza del 10.6.04, data in cui, in
assenza dell'imputato, il Difensore
munito di procura speciale chiedeva applicarsi la pena di 1 mese
di reclusione e 250 di multa, con
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GIURISPRUDENZA
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conversione della pena detentiva 8 cover per telefono cellulare, 7 essi, hanno determinato la deciin quella della multa, pari a 1140 , con marchio "Nokia" ed 1 con mar- sione (Cass., Sez.V, sent. 3336 del
per complessivi 1390 di multa; la chio "Alcatel", per un valore di 26/01/2000, in Riv. pen., 2001, 273).
richiesta era subordinata alla 150 . Successivamente furono ese- Proprio la diretta percezione sensospensione condizionale della guiti ulteriori accertamenti presso soriale ha consentito di escludere
stessa. Il Pubblico Ministero pre- l'abitazione dell'imputato, ma i la contestata contraffazione, in
stava il consenso ed il Tribunale, controlli diedero esito negativo.
difetto di qualsiasi altro elemento
ordinata l'esibizione degli atti del Questi gli elementi probatori a dal quale desumerla.
fascicolo del P.M. ai sensi dell'art. carico del prevenuto, che, a giudi- Dagli atti del fascicolo del
135 disp. att. c.p.p.
Pubblico Ministero non risulta
ed acquisitili, proinfatti nemmeno l'individuazione
nunciava sentendella persona o della società che,
za, come da dispoavendo adottato il segno distintisitivo letto in ... l'imputato va ritenuto assente
vo ha diritto alla tutela giuridica,
udienza, assegnanelemento indispensabile ai fini delper rinuncia a comparire
do il termine di 30
l'accertamento della contraffaziogiorni per la motine dei logo secondo altra decisioe non contumace ...
vazione.
ne (Cass., sez. V, sent. del 1 ottoMOTIVI
DELLA
bre - 18 giugno 2002, n. 32796, in
DECISIONE
www.dirittoitalia.it).
Preliminarmente
Deve dunque ritenersi del tutto
va precisato, con riferimento alla zio del Tribunale, non consentono indimostrata la falsità degli oggetti
posizione processuale di T. B., che l'emissione di una sentenza di sequestrati, in difetto di una conin seguito al conferimento di pro- applicazione della pena, pure sulenza tecnica di parte, mai
cura speciale al Difensore per la richiesta dalle parti.
disposta dal Pubblico Ministero,
definizione del procedimento con Difetta del tutto, infatti, la prova ed alla luce di quanto indicato dai
applicazione della pena su richie- della sussistenza del reato conte- Carabinieri nella scarna informatista, l'imputato va ritenuto assente stato al capo A, poiché dalla verifi- va (i militari affermano la falsità
per rinuncia a comparire e non ca diretta del reperto, alla quale si degli oggetti in maniera del tutto
contumace, come ritenuto dal è proceduto all'atto della decisio- apodittica, probabilmente desuTribunale in diversa composizione ne, non è risultata la falsità dei mendola dalla nazionalità marocpersonale.
covers, i quali appaiono del tutto china del venditore e dalle anomaIl principio è stato pacificamente simili agli originali.
le modalità di vendita, a mezzo
affermato dalla giurisprudenza di In proposito va ricordato l'orienta- bancarella).
legittimità (tra le ultime, Cass. mento giurisprupen., sez. I, 3 febbraio 2000, n. denziale prevalen6326, in CED, Penale, massima n. te secondo il
... Proprio la diretta percezione
215219) poiché, si è osservato, la quale, per il principrocura speciale, finalizzata al rito pio della libera
sensoriale ha consentito di esclualternativo, rilasciata a procurato- prova e del libero
re speciale che a tale scopo si pre- convincimento del dere la contestata contraffazione,
senti in udienza, non potrebbe giudice, in materia
in difetto di qualsiasi altro eleavere altro significato che consen- di falso e, in partiso dell'imputato alla pronuncia colare, di contrafmento dal quale desumerla ...
della sentenza in sua assenza fazione e alterazio(Cass. pen., sez. VI, 17 marzo 1995, ne di marchi e
n. 1014, Cass. pen., 1996, 3750).
segni distintivi di
Quanto al merito dell'istanza, a prodotti, non è indispensabile l'in- In proposito va ricordato che
giudizio del Tribunale l'imputato dagine peritale ai fini dell'accerta- secondo la recente giurisprudenza
va assolto perché il fatto non sus- mento dell'elemento oggettivo, di legittimità la contraffazione dei
siste.
che può essere desunto aliunde e marchi non può farsi dipendere
Dalla informativa di reato del dallo stesso esame diretto del dal prezzo vile o dalle anomale
4.6.2003 e dal verbale di seque- reperto, da parte del giudice, modalità di vendita, di per se indistro redatto in pari data dai soprattutto quando vengono in cative al più di una provenienza
Carabinieri di C. emerge che l'im- considerazione dati elementari di illecita della cosa (Cass., sez. II,
putato, venditore ambulante di comune esperienza e purché sia 7giugno - 23 agosto 2001, n. 31644,
nazionalità marocchina, provvisto dato atto dei risultati della diretta in www.dirittoitalia.it).
di regolare permesso di soggiorno, percezione sensoriale e siano spie- Vi è poi un elemento positivo che
fu sorpreso intento alla vendita di gate le ragioni che, sulla base di induce invece a ritenere probabile
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Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
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ALTIRPINIA
l'autenticità degli oggetti posti in procedibilità. Dunque solo quan- verifica in chiave negativa, risponvendita, poiché sempre nell'infor- do dagli stessi atti del Pubblico dente a una "funzione di garanzia
mativa dei Carabinieri si legge di Ministero emergessero le prove di di carattere ordinamentale, volta
un valore comad assicurare che il patteggiamenplessivo
della
to non diventi un accordo sui reati
merce di circa
e sulle stesse imputazioni in viola150 ,
per
un
zione del l'art. 112 Cost., il quale
... la contraffazione dei marchi
importo del singoesclude la facoltatività dell'azione
lo oggetto pari a non può farsi dipendere dal prezpenale" (Cass., sez. III, sent. 2309
circa 19 , somma
del 9/10/99, in C.E.D. Cass., Penale,
indicativa di una zo vile o dalle anomale modalità
massima n. 215071). L'espresso
genuinità delle res.
rinvio all'art. 129 c.p.p., anziché
di vendita ...
Esclusa la sussiagli artt. 529 e 530, andrebbe letto
stenza del delitto
nel senso che l'accertamento delle
presupposto,
possibili cause di non punibilità è
requisito essenziapiù compatibile nell'ambito delile della fattispecie di ricettazione, innocenza, oppure il giudice si ren- mitato da quella norma, anziché
va esclusa anche la sussistenza desse conto di una radicale impos- secondo la più ampia ed articolata
del delitto contestato al capo B; T. sibilità di formazione della prova prospettiva delineata dall'art.530
B. va allora assolto da entrambi i in dibattimento, egli dovrebbe, c.p.p., poiché l'indagine preliminareati contestati perché il fatto non per evidenti ragioni di economia re, del cui solo contributo il giudisussiste, a norma degli artt. 444 e processuale, emettere sentenza di ce può avvalersi in quel procedi129 c.p.p..
proscioglimento; in casi dubbi mento, sia essa già conclusa o solLa pronuncia assolutoria è del sulla sussistenza del fatto, vicever- tanto iniziata, può offrire soltanto
tutto compatibile con il rito pre- sa, l'unica via da seguire sarebbe risultati parziali, sommari, se non
scelto, anzi doverosa, pur avendo quella del rigetto della richiesta addirittura provvisori e, comunl'imputato richiesto, sia pure attra- delle parti in favore del giudizio que, sempre depauperati di quella
verso il suo procuratore speciale, ordinario, sì da consentire la for- rilevanza probatoria che soltanto
l'applicazione della pena.
mazione della prova in dibattimen- la garanzia del contraddittorio
Come è noto, secondo la previsio- to (Cass., sez. III, sent. 2468 del può essere capace di determinare:
ne dell'art. 444, comma 2, c.p.p., 28/7/95, in C.E.D. Cass., Penale, è, quindi, la stessa riduttiva possiuna volta acquisite le dichiarazio- massima n. 202487¸ Cass., sez. VI, bilità dell'accertamento giudiziale
ni delle parti, il Giudice deve pro- sent. 1321 del 4/2/98, in Giust. che ha il giudice in quel procedicedere all'accertamento della sus- pen., 1999, III, 46 ss).
mento speciale ad avere privilegiasistenza di cause rientranti nel- Per la verità non può dubitarsi in to una scelta più consona a quei
l'art. 129 c.p.p.; se l'esito di tale alcun modo sulla necessità di un limiti oggettivi (cfr. Cass., sez. U,
verifica è negativo, egli dovrà pro- vero e proprio giudizio sul merito sent. 3600 del 18/4/97, in Cass.
cedere all'ulteriore controllo sul- dell'accusa, che trova un suo chia- pen., 1997, 2677 ss.). In sostanza il
l'esattezza della qualificazione giu- ro riferimento testuale nella previ- giudice dovrebbe pronunciare
ridica dei fatti e delle circostanze sione di un giudizio "sulla base sentenza di proscioglimento soldel reato, nonché alla verifica del degli atti" nell'art. 444 comma 2 tanto davanti ad una causa "evigiudizio di comparazione tra gli c.p.p.
e
dente" di
elementi circostanziali, della con- nella necesproscioglicedibilità della sospensione condi- saria esibimento,
zionale ed infine della correttezza zione (ed
dovendo
... il magistrato dovrà solo i n v e c e
e congruità della pena proposta.
eventuale
Secondo la costante interpretazio- acquisizio- assicurarsi che non vi siano applicare la
ne della Suprema Corte, poiché ne)
degli
pena
in
l'art. 444 c.p.p. non richiama le atti conte- prove positive dell'innocenza ogni altro
norme sulla sentenza di proscio- nuti
nel
caso; ciò
...
glimento (artt. 529 e ss.), ma fa f a s c i c o l o
p e rc h è
riferimento all'art. 129 del codice d
e
l
"uno
dei
di rito, non rientra fra i compiti del P u b b l i c o
limiti accetgiudice la verifica della colpevo- Ministero,
tati
dai
lezza dell'imputato; il magistrato prevista dall'art. 135 disp. att. paciscenti è costituito proprio
dovrà solo assicurarsi che non vi c.p.p., "al fine di decidere sulla dalla rinuncia a contestare l'accusiano prove positive dell'innocen- richiesta". La prevalente giurispru- sa … in riferimento alle specifiche
za, che il reato non sia estinto e denza di legittimità, però, intende circostanze di fatto dedotte nelche non manchino le condizioni di tale giudizio alla stregua di una l'imputazione" (Cass., sez. U, sent.
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GIURISPRUDENZA
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20 del 3/12/99, in Cass. pen., 2000, in caso di mancanza della prova, quale è sempre necessaria la
1148).
nel senso, radicale, della impossi- prova della colpevolezza per giunA ben vedere, però, nella discipli- bilità di acquisirla, sarebbe possi- gere ad una condanna (oppure,
na del cd. "patteggiamento" non vi bile l'emissione di una sentenza di ma per questo verso è lo stesso,
è alcun richiamo ad una regola di proscioglimento, poiché evidenti ad applicare della pena), correttaevidenza probatoria, rispetto al ragioni di economia processuale - mente si osserva che il vero effetproscioglimento, come sarebto della richiesta (ed in partibe accaduto se il rinvio all'art.
colare della manifestazione di
129 c.p.p. fosse stato limitato
volontà dell'imputato) va rin... nella disciplina del cd.
al solo comma 2: in tal caso,
venuto nella rinuncia all'eserinfatti, sarebbero state sicuradel diritto di difesa, inte"patteggiamento" non vi è cizio
mente escluse le regole di cui
so come contraddittorio in
agli artt. 529-531 del codice di alcun richiamo ad una regola sede di formazione della
rito.
prova, con conseguente ricodi evidenza probatoria,
Viceversa, posto che nella
noscimento del valore di
disciplina del rito speciale il rispetto al proscioglimento ... prova agli atti investigativi: in
rinvio all'obbligo di immediata
altri termini il consenso deldeclaratoria delle cause di non
l'imputato vale a legittimare un
punibilità non è meglio specifiaccertamento sommario ed
cato, deve ritenersi che la regola impongono che gli atti non venga- incompleto, compiuto solo sulla
di giudizio applicabile per la pro- no restituiti al Pubblico Ministero, base degli atti fino a quel momennuncia di ufficio della sentenza di il quale, peraltro, ha la possibilità to raccolti, con rinuncia alla verifiproscioglimento non sia solo quel- di ottenere una nuova riflessione ca dibattimentale dell'accusa conla dell'evidenza, come talvolta sul tema proponendo ricorso per testata e contestuale attribuzione
sostenuto espressamente dalla Cassazione (Cass., sez. U, sent. 18 di valore probatorio agli atti inveCorte Suprema (Cass., sez. III, del 25/10/95, in Cass. pen., 1996, stigativi, ma non può certo giustifisent. 2468 del 28/7/95, in Giust. 473 ss.).
care l'irrogazione concreta di una
pen., 1996, III, 364), ma quella ordi- Il discorso va esteso, a giudizio del pena in difetto di prove della sua
naria, per cui il giudicante è tenu- Tribunale, anche al caso di man- responsabilità.
to ad effettuare una valutazione canza della prova che sia astratta- Alla pronuncia assolutoria per
probatoria delle risultanze degli mente possibile acquisire, poiché insussistenza del fatto consegue il
atti, che impone l'assoluzione le parti, manifestando il proprio dissequestro e la restituzione
anche con formule di merito, quali consenso alla definizione anticipa- all'avente diritto delle merce sotl'insussistenza del fatto o la sua ta e semplificata del procedimen- toposta a sequestro.
non commissione da parte dell'im- to, chiedono al giudice un giudizio In conclusione T. B. va assolto dai
putato, quando dagli atti non risul- allo stato degli atti, in questo assi- reati contestati perché il fatto non
ti un quadro probatorio quanto milabile al giudizio abbreviato, da sussiste, a norma degli artt. 530,
meno idoneo a definire il fatto cui si distingue essenzialmente 444, comma 2 e 129 c.p.p..
come reato.
per la (eventuale) diversa colloca- P.Q.M.
Del resto accostando la disciplina zione temporale e per i significati- Letto l'art. 444 e 129 c.p.p., prodel cd. patteggiamento a quella di vi limiti al potere di impugnazione nunciando sulla concorde richiealtro procedimento speciale,
sta delle parti, assolve T.
il procedimento per decreto
B. dai reati contestati perpenale di condanna, le
ché il fatto non sussiste.
Sezioni Unite della Corte di ... solo il rito rientra nella dispo- Dispone il dissequestro e
Cassazione sono giunte alla
la restituzione all'avente
conclusione che se è vero nibilità delle parti, non potendo diritto di quanto in sequeche in entrambi i casi non
evidentemente esse rinunciare stro.
potrà mai verificarsi quella
Assegna il termine di 30
che tecnicamente si defini- alla presunzione di innocenza ... giorni per la motivazione.
sce insufficienza o contradS. Angelo dei Lombardi,
dittorietà della prova, per la
udienza del 10 giugno 2004
semplice ragione che queste
Il Giudice
categorie possono avere rilevanza della decisione. Poiché solo il rito Dott. Ferdinando Lignola
soltanto quando le parti, ivi com- rientra nella disponibilità delle
preso il Pubblico Ministero, abbia- parti, non potendo evidentemente
no potuto esercitare compiuta- esse rinunciare alla presunzione di
mente, nella sede a ciò destinata, il innocenza, intesa come precisa
loro diritto alla prova, pur tuttavia regola di giudizio in forza della
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GIURISPRUDENZA
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L'ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRONACA E LA
DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA
RIF. NORM.
Cod. pen. - artt. 595 1° e 3° comma, 591, 57, 51 e 59
Cod. proc. pen. - artt. 236, 238 bis, 234 e 409
MASSIMA
IL
DECRETO DI ARCHIVIAZIONE PRONUNCIATO NELL'AMBITO DI UN DIVERSO PROCEDIMENTO, AL PARI DELLA
SENTENZA NON DEFINITIVA, PUR NON ESSENDO SUSCETTIBILE DI ACQUISIZIONE AI SENSI DELL'ART.
236 O DEL234 C.P.P.. L'EFFICACIA PROBATORIA DEL
PROVVEDIMENTO, PERÒ, NON PUÒ RIGUARDARE I FATTI OGGETTO DELLO STESSO (E DUNQUE, LA RITENUTA
INFONDATEZZA DELLA NOTIZIA DI REATO), IN ASSENZA DI PROVE RACCOLTE NELLA PIENEZZA DEL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI, MA ATTIENE SOLO ALLA CIRCOSTANZA STORICA DELL'INTERVENUTO PROVVEDIMENTO.
CIÒ NON ESCLUDE, TUTTAVIA, CHE IL GIUDICE - IN BASE AL SUO LIBERO CONVINCIMENTO - POSSA TRARRE DAL
L'ART.
238
BIS C.P.P., È COMUNQUE ACQUISIBILE A NORMA DELL'ART.
PROVVEDIMENTO MEDESIMO E DALLA VICENDA CUI ESSO SI RIFERISCE ELEMENTI DI GIUDIZIO FINALIZZATI
ALL'ACCERTAMENTO DELLA VERITÀ, FERMO RESTANDO IL DOVERE DI SOTTOPORRE COMUNQUE I SUINDICATI ELEMENTI AD AUTONOMO VAGLIO CRITICO SECONDO LA REGOLA GENERALE DETTATA DALL'ART.
192 COMMA 1 C.P.P..
IN TEMA DI DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA, PRESUPPOSTI PER L'APPLICABILITÀ DELLA SCRIMINANTE DELL'ESERCIZIO DEL DIRITTO DI CRONACA SONO LA PERTINENZA, CIOÈ LA RILEVANZA SOCIALE DELLA NOTIZIA PER
LA COLLETTIVITÀ, LA VERITÀ DEL FATTO NARRATO E LA CONTINENZA DELLA FORMA ESPRESSIVA, OSSIA LA CORRETTEZZA DEL LINGUAGGIO ADOPERATO. L'OPERATIVITÀ DELLA CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE DI CUI ALL'ART. 51
C.P. È CONFIGURABILE ANCHE IN TERMINI DI PUTATIVITÀ EX ART. 59 C.P. TENUTO CONTO DI COME LA VERITÀ
POSSA APPARIRE IN UN DETERMINATO MOMENTO STORICO ALLA LUCE DELL'ATTUALITÀ E DELL'ATTENDIBILITÀ
DELLA FONTE INFORMATIVA OPPORTUNAMENTE VAGLIATA.
L'UTILIZZO DELLE VIRGOLETTE CONSENTE DI ATTENUARE NOTEVOLMENTE LA PORTATA DENIGRATORIA DI
UN'ESPRESSIONE LA QUALE, TRA L'ALTRO, VA SEMPRE VALUTATA CON RIFERIMENTO AL CONTESTO NEL QUALE È
ADOPERATA.
Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi,
Giudice
Dott.
Ferdinando Lignola, 27 marzo
2003, n° 112 R.G. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi in composizione monocratica dott. Ferdinando LIGNOLA, all'udienza del 27 marzo 2003
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento nei confronti di
F. F., nato a ... il ..., libero presente,
IMPUTATO
del reato p.p. dall'art. 595,
Comma I e III c.p., perché, quale
direttore responsabile del quotidiano "O. P." e autore dell'articolo
dal titolo "B. I., ruba la pensione
alla madre, denunciato dalla
sorella" pubblicato sul predetto
quotidiano, offendeva la reputazione di G. V., facilmente identificato all'interno del paese di B. I.,
attraverso più elementi (fra cui il
riferimento ad una precedente
esperienza lavorativa a L. ed al
conseguente avvicinamento, in
base alla Legge n°104, per le pessime condizioni di salute della
madre), indicando il predetto
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
come persona che non si curava
della madre disabile a cui, inoltre, sottraeva mensilmente l'assegno di accompagnamento.
In L. (luogo di stampa del quotidiano) il 25/8/99 (data della pubblicazione dell'articolo di cui
sopra)
Con l'intervento del Pubblico
Ministero delegato V.P.O. Avv. A.
Abbondandolo, del difensore di
Parte Civile avv. R. Tartaglia e del
Difensore di fiducia dell'imputato
avv. I. Benigni.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
per l'accusa: condanna dell'imputato alla multa di 1000 ;
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la parte civile: affermarsi la penale responsabilità dell'imputato e
condannarsi lo stesso a pena di
giustizia; risarcimento danni da
liquidarsi come da conclusioni
scritte e nota spese;
la difesa: assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste o
in subordine perché il fatto non è
punibile.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto di citazione emesso
dalla Procura della Repubblica di
S. Angelo dei Lombardi il
24.10.2001, l'imputato era tratto a
giudizio innanzi al Tribunale di S.
Angelo dei Lombardi per rispondere del reato riportato in rubrica, per il 5.6.2002, udienza rinviata per astensione degli avvocati
al 12.12.2002.
All'udienza del 12. 12.2002, in presenza dell'imputato, costituitasi
parte civile la persona offesa, in
assenza di questioni preliminari,
il Tribunale dichiarava aperto il
dibattimento.
Il PM chiedeva l'escussione del
teste di lista e produceva l'articolo di stampa del 25 agosto 1999; il
Difensore della parte civile chiedeva il controesame dei testi, e
l'ammissione di prova documentale (relativa al procedimento
n.273/99, conclusosi con archiviazione, per dimostrare la non
verità dei fatti narrati nell'articolo: delega di indagine del
4.4.2000; nota del 22.4.2000 dei
Carabinieri di B. I.; richiesta di
archiviazione del 9.6.2000 e
decreto di archiviazione del
26.4.2001; nonchè copia di lettera
datata 18 agosto 1999 sottoscritta dal legale di G. V. e indirizzata
a G. M. R.); la Difesa dell'imputato
chiedeva sentirsi ex art. 468
comma 4 c.p.p. G. M. R. e produceva copia della sentenza penale
emessa
dal
Tribunale
di
Sant'Angelo dei Lombardi nel
procedimento riguardante G. V.
nel
procedimento
985/99
R.G.N.R.).
Il Tribunale ammetteva le prove
orali e documentali richieste dal
Pubblico Ministero e della Difesa
di parte civile; ammetteva la
prova documentale richiesta
96
dalla Difesa dell'imputato, rigettando la richiesta di prova orale,
come da verbale di stenotipia.
Erano quindi escussi G. V. e G. S.
ed all'esito il Tribunale revocava i
testi D. C. A. e B. M., su rinuncia
del PM, nulla osservando le altre
parti.
Infine, a norma dell'art. 507
c.p.p., ritenuto assolutamente
necessario acquisire presso la
Procura della Repubblica di
Sant'Angelo dei Lombardi la
denuncia sporta da G. M. R., in
relazione al procedimento penale
numero 273/99 R.G.N.R., disponeva l'acquisizione della denuncia,
rinviando per la materiale acquisizione e per la discussione
all'udienza del 27 marzo 2003.
All'odierno dibattimento, acquisita copia della denuncia sporta da
G. M. R., il Tribunale, sull'accordo
delle parti, dichiarava utilizzabili
tutti gli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, invitando
le parti alla discussione; sulle
conclusioni delle medesime,
riportate in epigrafe, il Tribunale
dichiarava chiuso il dibattimento
e decideva il processo, dando lettura del dispositivo allegato al
verbale di udienza e riservando il
termine di 30 giorni per la motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il presente processo trae origine
e spunto dalla querela presentata
in data 25.11.99 da G. V., in seguito all'articolo pubblicato il
25/8/99 sul quotidiano di informazione "O. P.", a pagina 5 su una
colonnina laterale, recante il titolo "B. I. "Ruba" la pensione alla
madre. Denunciato dalla sorella".
Nell'articolo, privo di firma, si
racconta della denuncia per maltrattamenti, abbandono di incapace, lesioni e minacce presentata da una donna nei confronti del
fratello, per aver trascurato la
madre, grazie alla quale l'uomo
era rientrato a B. I. da L. (in virtù
della legge 104 del 1992, proprio
per prestare assistenza al familiare portatore di handicap).
Il teste G. V., escusso all'udienza
del 12.12.2002, ha dichiarato di
essersi riconosciuto nell'articolo
del quotidiano, pur non essendo
indicato il proprio nome, poichè
come bidello era stato trasferito
da F. (e non da L.) a M. grazie alla
legge 104/1992; in seguito alla diffusione del quotidiano, infatti,
molti concittadini lo associarono
alla notizia (circostanza confermata anche dal teste G. S. R.).
Specificamente interpellato sul
punto il teste ha in un primo
tempo escluso di aver mai avuto
discussioni con la sorella, con la
quale anzi avrebbe sempre avuto
ottimi rapporti, ed ha negato di
averla mai picchiata (verbale del
12.12.2002, 9 - 10); in sede di controesame, però, egli ha dovuto
ammettere di avere ricevuto una
denuncia dalla sorella, che nel
1999 portò con sè la madre a F.,
lamentando la scarsa assistenza
prestatale dal fratello.
Il teste G. V. ha dichiarato che
entrambi i genitori erano bisognosi di continua assistenza, poiché il padre soffriva di un cancro
ai polmoni e la madre del morbo
di Parkinson; perciò egli chiese
aiuto alla sorella, chiedendole di
occuparsi almeno di uno dei
genitori. I due fratelli non riuscirono però a trovare un accordo, e
la vicenda sfociò nella denuncia
alla Procura presentata dalla
donna per maltrattamenti alla
madre, sottrazione della pensione e lesioni.
Il teste ha espressamente attribuito la responsabilità della diffusione della notizia sul quotidiano
irpino alla sorella: mi ha denunciato prima, dopo mi ha fatto
uscire sopra il giornale (verbale
del 12.12.2002, 16) a distanza di
pochi giorni (ed in effetti la
denuncia è del 15.8.99, la contestazione delle lesioni e minacce è
riferita al 17.8.99 - cfr. sentenza di
assoluzione di primo grado prodotta dalla Difesa dell'imputato laddove l'articolo è del 25.8.99).
E' apparso evidente, però, che la
vera controversia tra i fratelli
riguardava la percezione della
pensione di invalidità della
madre, rispetto alla quale il teste
ha dichiarato di non aver mai
avuto benefici diretti, poiché i
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
soldi se li prendevano loro (verbale del 12.12.2002, 18).
Dalla denuncia di G. M. R. del
15.8.99 si lamenta l'abbandono
della madre D. C. R., incapace di
attendere alle ordinarie occupazioni ed affidata al G. V., nel febbraio 1999, e la indebita percezione da parte dell'uomo delle
indennità spettanti alla madre,
per i mesi da febbraio a maggio
1999.
La Difesa di parte civile ha prodotto documentazione relativa al
procedimento penale 273/99
(delega di indagini del 4.4.2000;
nota dei Carabinieri di B. I. del
22.4.2000; richiesta di archiviazione del 9.6.2000 e decreto di
archiviazione del 26.4.2001),
dalla quale risulta che, poiché in
data 4.4.2000 la signora D. C. R.
non era più assistita dal figlio
(cfr. nota dei Carabinieri di B. I.),
ma si trovava in una casa per
anziani,
la
Procura
della
Repubblica chiese (richiesta del
9.6.2000) ed il GIP dispose
(decreto del 26.4.2001) archiviazione per il delitto di cui all'art.
591 c.p., ritenendo che la donna
fosse ormai convenientemente
assistita e che le questioni relative alle mensilità precedenti rilevassero esclusivamente dal
punto di vista civilistico.
Va premesso che a giudizio della
Suprema Corte i decreti di archiviazione pronunciati nell'ambito
di un diverso procedimento non
sono suscettibili di acquisizione
ai sensi dell'art. 236 o dell'art. 238
bis c.p.p., non contenendo essi
statuizioni o accertamenti che
possano essere considerati come
processualmente certi (Cass.
pen., sez. I, 10/7/2000, n.8881, in
Arch. nuova proc. pen., 2000,
673).
A giudizio del Tribunale, però, la
loro acquisizione deve essere
ritenuta ammissibile a norma dell'art. 234 c.p.p., anche se l'efficacia probatoria del provvedimento non può riguardare evidentemente i fatti oggetto del provvedimento (e dunque, nel caso concreto, la ritenuta infondatezza
della notizia di reato), in assenza
di prove raccolte nella pienezza
del contraddittorio delle parti
(ed in assenza dello stesso esercizio dell'azione penale); l'efficacia probatoria attiene allora solo
alla circostanza storica dell'intervenuto provvedimento giurisdizionale. Il provvedimento di
archiviazione, infatti, "per definizione" non contiene alcun accertamento in ordine alla sussistenza di fatti, ma rappresenta la
forma di esplicazione del controllo del Giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 409
c.p.p., teso a verificare se le risultanze dell'attività svolta nel
corso delle indagini preliminari
siano o meno esaurienti ai fini
della legalità della "inazione" del
P.M., che ha richiesto l'archiviazione.
La Difesa dell'imputato ha prodotto sentenza n. 219/2002 di
assoluzione di G. V., pronunciata
in primo grado dal Tribunale di S.
Angelo dei Lombardi in composizione monocratica, relativa ai
delitti di lesioni personali volontarie e minaccia semplice, contestata in danno della sorella G. M.
R..
In proposito deve rilevarsi che
deve ritenersi ammissibile l'acquisizione di una sentenza di
primo grado non passata in giudicato, a norma dell'art. 234 c.p.p..
Invero, anche se in questo caso la
sentenza non assume quella
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
valenza probatoria dei fatti in
essa affermati riconosciuta dall'art. 238 bis c.p.p. solo alla sentenza irrevocabile (ove sussistano elementi di conferma a norma
dell'art. 192, comma 3, c.p.p.),
essa può essere acquisita al processo quanto meno per provare
che nei confronti di una persona
è stato emesso un provvedimento, in ordine all'imputazione per
uno specifico reato, e non anche
come prova dei fatti in essa affermati (Cass. pen., sez. IV,
5/12/2000, n.9797, in Cass. pen.,
2001, 3468). Ciò non esclude, tuttavia, che il giudice - in base al
suo libero convincimento - possa
trarre dagli indicati provvedimenti elementi di giudizio finalizzati al perseguimento del fine primario del processo penale, cioè
dell'accertamento della verità
(Cass. pen., Sez.VI, 20/05/1998,
n.762, in Giust. pen., 1999, II, 385)
In altri termini è consentito al
giudicante trarre, avvalendosi di
legittime fonti probatorie, elementi di giudizio tratti dalle
vicende alle quali i detti procedimenti si riferiscono, fermo
restando il dovere dello stesso
giudice di sottoporre comunque i
suindicati elementi ad autonomo
vaglio critico, secondo la regola
generale dettata dall'art. 182
comma 1 c.p.p. (Cass. pen.,
Sez.VI, 19/04/2001, n.20277, in
C.E.D., Penale, RV 218838).
Principio questo la cui portata
può essere estesa, a giudizio del
Tribunale, anche al decreto di
archiviazione pronunciato nell'ambito di altro procedimento
penale, pur con la precisazione
già formulata in ordine alla natura del provvedimento.
Orbene, con il decreto di archiviazione del 26.4.2001 il GIP del
Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi ha disposto archiviazione per il delitto di cui all'art.
591 c.p. ritenendo l'infondatezza
della notizia di reato perché gli
elementi acquisiti nelle indagini
preliminari non sono idonei a
sostenere l'accusa in giudizio.
La scarna motivazione (peraltro
riportata su un modulo prestam-
97
Diritto Penale e Processuale Penale
GIURISPRUDENZA
ALTIRPINIA
pato) induce a ritenere che sia
stata integralmente recepita l'impostazione giuridica proposta
dal PM; l'organo inquirente, con
la richiesta del 9.6.2000, assume
che, poiché in data 4.4.2000 la
signora D. C. R. non era più assistita dal figlio (cfr. nota dei
Carabinieri di B. I.), ma si trovava
in una casa per anziani, si doveva
ritenere fosse ormai convenientemente assistita e che dunque le
questioni relative alle mensilità
precedenti rilevassero esclusivamente dal punto di vista civilistico.
Nel sottoporre a valutazione critica, secondo i principi di diritto
precedentemente affermati, il
provvedimento di archiviazione, va osservato come il
delitto di abbandono di
persona incapace sia
comunemente
definito
dalla dottrina come eventualmente permanente e
dalla giurisprudenza come
istantaneo (cfr. Cass., sez.
V, sent. 9/4/1999 n. 6885, in
motivazione):
pertanto
non dovrebbe assumere
rilievo decisivo l'assistenza successiva, rilevando
da un punto di vista penalistico anche l'abbandono
temporaneo (cfr. ad es.
Cassazione penale sez. V,
28/3/1990, in Cass. pen.,
1992, 614).
Non potendosi condividere il percorso logico-argomentativo del GIP del Tribunale di S.
Angelo dei Lombardi, pertanto, il
decreto del 26.4.2001 assume
valenza probatoria solo in ordine
alla circostanza storica dell'intervenuta archiviazione, nulla
potendosi evincere, a giudizio del
Tribunale, in ordine alla sussistenza - insussistenza del delitto
di cui all'art. 591 c.p..
Quanto alla sentenza 219/2002
del Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi in composizione monocratica, appellata dalla Procura
Generale presso la Corte di
Appello di Napoli in data
15.11.2002, dalla stessa emerge
che G. M. R. ha confermato in
dibattimento di essere stata
aggredita fisicamente e verbalmente dal fratello, a causa della
precedente denuncia per abbandono della madre.
La pronuncia assolutoria per
insussistenza del fatto è motivata
sul rilievo che nessuna delle persone indicate come presenti ai
fatti ha confermato la versione
dalla persona offesa, pure supportata da certificazione medica.
Tuttavia la decisione del
Tribunale di S. Angelo dei
Lombardi in ordine alla sussistenza dei reati per i quali è stata
pronunciata assoluzione, sottoposta a vaglio critico, non convince; innanzi tutto perchè nes-
“
il delitto di diffamazione
deve ritenersi scriminato
dall'esercizio
del diritto di cronaca.
“
98
c.p.p., vi è una decisione di rigetto in ragione della non univocità
delle risultanze processuali.
Va comunque ribadito, in applicazione dei principi di diritto sopra
enunciati che, se dalla sentenza
non può dedursi l'insussistenza
dei fatti oggetto di imputazione,
legittimamente può desumersi
quanto meno la circostanza che
nei confronti di G. V. la Procura
della Repubblica ha ritenuto sussistere le ipotesi di reato di lesioni volontarie e minacce continuate.
Passando all'articolo del quotidiano "O. P." del 25/8/99, in assenza di una firma dell'autore, lo
stesso è direttamente riferibile
alla persona del
direttore, responsabile in via diretta del suo contenuto e non a titolo di responsabilità colposa per
omesso controllo
(art. 57 c.p.; in tal
senso, Cass., sez.
V, sent. 6018 del
23.1.1997 e Cass.
sez. V, sent. 901
dell'11.12.1996).
A giudizio del
Tribunale, però,
anche a voler ritenere la natura
oggettivamente
lesiva della reputazione del G., il
delitto di diffamazione deve ritenersi scriminato dall'esercizio
del diritto di cronaca.
In materia di diffamazione a
mezzo stampa la giurisprudenza
di legittimità ha da tempo elaborato una serie di principi, applicabili anche al caso in esame, per
contemperare la tutela penale
dell'onore e della reputazione
dell'individuo con il diritto, costituzionalmente garantito, di manifestazione del pensiero. Con riferimento in particolare alla libertà
di stampa, costituisce ormai
pacifica acquisizione che l'esercizio dei diritti di cronaca e di critica integrino gli estremi di una
causa di giustificazione del reato
sun passaggio motivazionale è
dedicato al delitto di minacce,
per il quale pure è pronunciata
assoluzione; in secondo luogo
perché manca una valutazione
critica in ordine alla attendibilità
della teste G. M. R.. In altri termini il giudicante si limita a prendere atto delle diverse versioni dei
fatti fornite dagli altri testi (nemmeno coincidenti tra di loro) e
pronuncia assoluzione dell'imputato per tutti i reati perché il fatto
non sussiste. Del resto anche
rispetto alla ragionevole richiesta di condanna al pagamento
delle spese processuali formulata
dalla Difesa dell'imputato, a
norma dell'art. 541, comma 2,
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
GIURISPRUDENZA
Diritto Penale e Processuale Penale
ALTIRPINIA
(esercizio di un diritto, art. 51
c.p.).
Sono stati così individuati dei
presupposti e dei limiti, nel
rispetto dei quali la condotta è
scriminata.
Con riferimento al diritto di cronaca, attinente il contenuto narrativo di fatti, tali limiti sono stati
individuati nella pertinenza, cioè
la rilevanza sociale della notizia
per la collettività; nella verità del
fatto narrato; nella continenza
della forma espressiva, ossia correttezza del linguaggio adoperato
(cfr., tra le tante, Cass. pen., sez.
V, 2 giugno 1998, in Giust. pen.,
1999, II, 327). Il diritto di cronaca,
infatti, non esime di per sè dal
rispetto dell'altrui reputazione e
riservatezza, ma giustifica intromissioni nella sfera privata dei
cittadini solo quando possano
contribuire alla formazione della
pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività (Cass. pen., sez. V, 10 dicembre 1997, n. 1473, in Cass. pen.,
1999, 3135).
Quanto al terzo punto, in particolare, deve osservarsi che comunque, pur nel rispetto dei due limiti precedenti, se i modi usati
sono per se stessi ingiuriosi, la
scriminante della verità non è da
ritenersi operativa ed all'agente è
da imputarsi la diffamazione.
Fissati i principi di diritto, bisogna ora esaminare se il contenuto dell'articolo pubblicato sul
quotidiano "O. P." siano rispettose dei limiti del diritto di manifestazione del pensiero, come
desumibili dalla giurisprudenza
in materia di libertà di stampa.
Nel caso di specie viene in rilievo
essenzialmente il diritto di cronaca e dunque i limiti della pertinenza, verità e continenza; e se
non vi può essere dubbio della
rilevanza sociale dell'argomento
per la collettività, rientrando la
notizia nella cronaca giudiziaria,
una maggiore attenzione deve
prestarsi ai profili della verità e
della continenza.
Quanto alla verità della notizia
riportata, è risultata vera la circostanza della duplice denuncia ai
danni di G. V.; le uniche circostanze risultate non vere riguardano aspetti secondari della
vicenda e rispetto ai quali non vi
è motivo di doglianza del G., attenendo alla identificazione della
sua persona (è indicato infatti un
cittadino di B. I., rientrato da L. e non da F. a M., come nella realtà). Vero è anche che gli inquirenti si occuparono della vicenda
relativa alla corresponsione dell'assegno di accompagnamento e
delle successive minacce e lesioni ai danni della sorella.
Con riferimento al limite della
verità della notizia, del resto,
costituisce principio acquisito
dalla giurisprudenza di legittimità quello secondo cui è configurabile l'operatività della causa di
giustificazione di cui all'art. 51
c.p., anche in termini di putatività ex art. 59 c.p., qualora l'esercizio del diritto di cronaca, sia
stato corrispondente alla verità
obiettiva dei fatti riferiti, con particolare riferimento alla fonte e
attualità del riferimento storico e
tale verità non abbia subito
immutazioni, alterazioni o modificazioni dei dati che ne costituiscono la sostanza, in maniera da
rappresentarli come sostanzialmente diversi (da ultimo, Cass.,
sez. V, sent. 1183 del 14 gennaio
2002,
in
http://www.dirittoitalia.it/documenti/viewdocument.jsp?nd=4
696).
In altri termini, per non incorrere
in deformazioni sostanziali della
notizia e per evitare che assumano una valenza lesiva della reputazione della persona alla quale
sono rivolti, l'autore non deve
introdurre elementi aggiuntivi e
deve esaminare, verificare e controllare, in termini di adeguata
serietà professionale, la consistenza della relativa fonte di
informazione.
Quanto alla continenza, intesa
come moderazione, proporzione,
misura del linguaggio adoperato,
parimenti deve ritenersi rispettato il limite individuato dalla giurisprudenza di legittimità nell'articolo in esame.
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Poiché l'art. 595 c.p. incrimina
anche la propalazione di fatti
veri, l'esimente del diritto di cronaca postula il limite della continenza onde evitare che l'esercizio del diritto si risolva in un pretesto e in uno strumento illecito
di aggressione all'altrui reputazione.
Come ribadito anche recentemente dalla Suprema Corte
(Cass., sez. V, sent. 925 del 20 febbraio 2001, in C.E.D., Penale, rv.
218282), "in tema di diffamazione
a mezzo stampa, il limite della
continenza, entro il quale deve
svolgersi un corretto esercizio
del diritto di cronaca e di critica,
viene superato quando le informazioni, pur vere, si risolvano per il lessico impiegato, per l'uso
strumentale delle medesime, per
la sostanza e la forma dei giudizi
che le accompagnano- in un
attacco personale e gratuito al
soggetto cui si riferiscono: quando cioè, al di là della offensività
della notizia e della negativa sua
valutazione (che sono scriminate
se veritiere e di interesse sociale)
si realizzi una lesione del bene
tutelato, attraverso il modo stesso in cui la cronaca e la critica
vengono attuate..".
Le censure della Difesa di parte
civile si sono in particolare
appuntate sul termine "ruba",
riportato tra virgolette anche nell'articolo di stampa, e sull'attribuzione della tesi di G. M. R. agli
organi inquirenti, laddove invece
vi fu richiesta di archiviazione da
parte dell'ufficio di Procura.
Quanto all'uso dell'espressione
"ruba", a giudizio del Tribunale,
l'utilizzo delle virgolette consente di attenuare notevolmente la
portata denigratoria del verbo,
considerato altresì che nella
denuncia della G. M. R. è ipotizzato il delitto di appropriazione
indebita.
Va del resto considerato anche il
contesto nel quale l'espressione
è adoperata: proprio con riferimento al limite della continenza,
infatti, la Suprema Corte ha
osservato che non è mai il lemma
di per se stesso a trascendere il
99
Studio e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
limite di continenza, bensì l'uso
nel contesto. Il problema non è
perciò risolubile sul piano puramente lessicale, ma va affrontato
correlativamente a quello della
titolazione dell'articolo ed alla
grafica di contorno e, soprattutto, al contesto espositivo. Il
rispetto del limite di continenza
nell'esercizio del diritto di critica
non può essere affermato prescindendo dalla verifica di correlazione con i titoli, la grafica ed in
particolare il contesto espositivo, giacchè la mera collocazione
del riferimento può implicarne
un ulteriore eccessivo significato
(Cass., sez. V, sent. 12588 del
24.10.1995, in Giust. pen., 1996, II,
645).
Sotto questo profilo la collocazione del titolo in pagina cinque, su
una colonnina in alto a sinistra,
l'immediata indicazione della
pensione materna quale oggetto
della sottrazione e il successivo
richiamo delle denuncia della
sorella, già nel titolo dell'articolo,
consente di escludere quell'attacco gratuito e strumentale all'altrui persona nel quale si indivi-
100
dua il superamento del corretto
esercizio del diritto di cronaca e
di critica.
Del resto, anche nel corpo del
breve articolo, non è dato rinvenire alcun giudizio negativo nei
confronti dell'allora indagato,
tanto che le ipotesi accusatorie
sono ricondotte alla sorella ed
all'ufficio inquirente.
Quanto all'attribuzione della tesi
accusatoria all'ufficio di Procura
che invece propose richiesta di
archiviazione, anziché alla sola
G. M. R., deve rilevarsi che anche
questo assunto è risultato vero,
tanto che in data 18.10.2000 fu
disposta la citazione diretta a giudizio del G. V. per i delitti di lesioni e minacce (circostanza che
può desumersi con certezza dalla
sentenza 219/2002 del Tribunale
di S. Angelo dei Lombardi in composizione monocratica) e che
con atto di delega ai Carabinieri
di B. I. del 4.4.2000 furono disposte effettive indagini in ordine
all'assistenza ed alle condizioni
di vita di D. C. R. ed alla percezione dell'indennità di accompagnamento. Da tale circostanza può
ragionevolmente desumersi che
alla data del 25.8.99 la denuncia
della G. M. non fosse ritenuta
infondata (diversamente il PM
avrebbe richiesto immediatamente archiviazione, a norma
dell'art. 408 c.p.p.).
In conclusione F. F. va assolto dal
reato contestato con la formula
perché il fatto non costituisce
reato, applicabile in presenza di
una causa di giustificazione o,
più in generale, quando manchino elementi della fattispecie tipica diversi dalla condotta.
P.Q.M.
Letto l'art. 530 c.p.p. assolve F. F.
dal reato contestato perché il
fatto non costituisce reato.
Assegna il termine di 30 giorni
per la motivazione.
S. Angelo dei Lombardi, così deciso all'udienza del 27 marzo 2003.
Il Giudice
Dott. Ferdinando Lignola
Circondario del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi
Studio e Note
STUDIO
ALTIRPINIA
IL DECRETO DI ARCHIVIAZIONE PRONUNCIATO
NELL'AMBITO DI UN DIVERSO PROCEDIMENTO È
UN DOCUMENTO DAL QUALE IL GIUDICE PUÒ
TRARRE ELEMENTI DI GIUDIZIO
di Gerardo Forte
Con la sentenza n° 112/2003, il Tribunale di
S.Angelo dei Lombardi affronta il delicato
problema della acquisibilità e della valenza
probatoria del documento nell'ambito del
nostro processo penale ispirato, da un lato,
al principio della immediatezza, che imporrebbe la utilizzazione di prove formate soltanto in dibattimento col pieno rispetto del
contraddittorio e dell'oralità, e, dall'altro, al
principio della non dispersione degli elementi di prova, dettato dall'esigenza primaria di pervenire all'accertamento della verità. Il codice di rito risolve il conflitto tra i
suddetti contrapposti principi configurando
l'immediatezza come regola e l'uso di prove
precostituite, quali appunto i documenti,
come eccezione rispetto alla regola medesima. E' evidente, allora, che l'ampiezza con
cui la giurisprudenza ritiene che possa essere utilizzato il documento nel processo
penale finisce inevitabilmente per incidere
sul delicato equilibrio tra i contrapposti
principi cardine del processo stesso. Detta
ampiezza, ben limitata nell'assetto originario
del codice del 1988, fortemente ispirato ai
canoni del sistema accusatorio e dunque al
principio di immediatezza nella sua forma
più pura, è notevolmente aumentata nel
tempo, soprattutto grazie alla sentenza della
Corte Costituzionale n° 142 del 17 marzo
1992 che ha definitivamente affermato la utilizzabilità, oltre che della cd. prova documentale rappresentativa, anche della prova
documentale dichiarativa, chiarendo che
l'art. 234 c.p.p. non opera alcuna distinzione
tra rappresentazione di fatti e rappresentazione di dichiarazioni. Dopo la sentenza
della Consulta, la giurisprudenza ha notevolmente ampliato il novero dei "documenti
acquisibili" ed ha ritenuto che rientrino
nella categoria di cui all'art. 234 c.p.p. documenti di carattere marcatamente dichiarativo quali, ad esempio, i certificati ed i referti
medici1. , le ordinanze di custodia cautelare
emesse in procedimenti diversi2 e le sentenze non irrevocabili3 . Nel solco dell'ampliamento di detta categoria si pone anche
la pronunzia in commento con cui il
Tribunale di S.Angelo dei Lombardi ha
dichiarato la acquisibilità, oltre che della
sentenza non definitiva, anche del decreto di
archiviazione pronunciato nell'ambito di un
diverso procedimento ed ha, così, inaugurato un nuovo orientamento giurisprudenziale
già sollecitato in dottrina. Va evidenziato
che la giurisprudenza, sia di legittimità che
di merito, anche successivamente alla sentenza 142/1992 della Corte Costituzionale ha
più volte negato la possibilità di acquisire il
decreto di archiviazione, facendo essenzialmente leva sugli artt. 236, 238 e 238 bis del
codice di rito. Così, nel luglio 2000, la Corte
di Cassazione ha escluso che i provvedimenti di archiviazione pronunciati nell'ambito di
un diverso procedimento siano suscettibili
di acquisizione ai sensi dell'art. 236 o dell'art. 238 bis c.p.p., non contenendo essi statuizioni o accertamenti che possano essere
considerati come processualmente certi4.
Ed ancora, nel maggio 1994, il Tribunale S.
Maria Capua Vetere ha statuito che non è
possibile acquisire ed utilizzare nel processo
penale un decreto di archiviazione emesso
in altro procedimento, posto che a norma
degli artt. 236 e 238 c.p.p. è consentita l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento e
l'utilizzabilità soltanto di sentenze irrevocabili e di prove raccolte nella pienezza del
contraddittorio delle parti (incidente probatorio, dibattimento)5. Ma, a ben vedere, le
pronunzie innanzi richiamate, affermando
che l'utilizzabilità del decreto di archiviazione sarebbe esclusa dall'art. 191 c.p.p. in relazione alle limitazioni e specificazioni dettate
in tema di acquisizione documentale dagli
artt. 236, 238 e 238 bis c.p.p., sembrano non
valutare appieno la effettiva portata dei
richiamati articoli del codice di rito. Ed invero, non può ritenersi che tali articoli, nello
scandire limitazioni e chiarimenti in relazione a casi specifici appunto in materia di
acquisizione documentale, riducano, al di
fuori dei detti casi specifici dagli stessi
espressamente considerati, l'ambito di appli-
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cazione della norma generale dettata dall'art. 234 c.p.p.. Orbene, come sottolineato
dall'attenta dottrina6, l'art. 236 si occupa
degli atti giurisdizionali acquisibili e di quelli
non acquisibili ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato e della persona offesa
o al fine di valutare la credibilità di un testimone; l'art. 238 riguarda il divieto di acquisire prove formatesi in altri procedimenti in
assenza del contraddittorio delle parti; l'art.
238 bis, infine, si occupa dell'acquisizione e
della valenza probatoria delle sentenze irrevocabili. Ma il decreto di archiviazione non è
di per certo un atto che potrebbe essere
preso in considerazione ai fini di un giudizio
sulla personalità o sulla credibilità di qualcuno né è una pronunzia irrevocabile (non
essendo munito della forza del giudicato,
non essendo preclusivo della possibilità di
una riapertura delle indagini ex art. 414
c.p.p. e, anzitutto, non essendo neppure un
provvedimento giurisdizionale, in quanto
precede lo stesso esercizio dell'azione penale), e non è neppure un verbale di prova,
posto che non contiene, per definizione,
accertamenti di sorta riguardo a fatti ma dà
soltanto atto della impossibilità - ritenuta
dal Pubblico Ministero e condivisa dal G.I.P. di esperire l'azione penale. In definitiva, il
decreto di archiviazione non rientra tra i
documenti della cui acquisibilità si occupano gli artt. 236, 238 e 238 bis c.p.p. e, conseguentemente, non ricade nemmeno nella
previsione di inutilizzabilità di cui all'art. 191
c.p.p.. Tali considerazioni trovano pieno
riscontro nella sentenza in commento con
cui il Tribunale di S.Angelo dei Lombardi,
discostandosi dalla precedente giurisprudenza, afferma la possibilità di acquisire il
decreto di archiviazione proprio in forza
della norma generale dettata dall'art. 234
c.p.p.. E tale decreto, emesso in un procedimento in qualche modo collegato a quello in
cui si chiede che faccia ingresso, ha davvero
tutti i requisiti del documento considerato
dall'art. 234, come individuati dalla dottrina
e dalla giurisprudenza. In assenza di una
definizione espressa offerta dal legislatore,
infatti, si è chiarito che, perché possa parlarsi di documento, è necessario un requisito
positivo ed uno negativo: da un lato, è
necessario che ci si trovi in presenza di uno
scritto o, comunque, di un oggetto idoneo a
rappresentare qualcosa, indipendentemente
dal supporto sul quale è incorporata la rappresentazione; dall'altro, è necessario che ci
si trovi di fronte ad un atto compiuto fuori
dal procedimento nel quale si vuole che l'atto stesso faccia ingresso, come si legge
espressamente nelle relazioni che accompa-
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gnano il nuovo codice7 e come si desume
dal fatto che, quando lo stesso codice parla
di un atto del medesimo procedimento, non
utilizza il termine "documento" bensì il termine "documentazione". Il provvedimento di
archiviazione, allora, è certamente un documento perché è un atto scritto idoneo a rappresentare qualcosa e perché è estraneo al
procedimento nel quale deve essere acquisito. Il Tribunale, disposta la acquisizione del
decreto di archiviazione, si interroga, poi,
sulla valenza probatoria da attribuire a tale
atto. Sul punto, chiarisce anzitutto che l'efficacia probatoria del documento non può
riguardare i fatti oggetto dello stesso (e dunque, la ritenuta infondatezza della notizia di
reato), in assenza di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti, ma
attiene solo alla circostanza storica dell'intervenuto provvedimento. E tanto risulta in
piena sintonia con la disciplina codicistica la
quale riserva alle sole sentenze irrevocabili
la capacità di provare i fatti in esse accertati. Ma il Tribunale, appunto nell'ottica dell'ampliamento di cui si è già detto ed in perfetta assonanza con il principio del libero
convincimento espresso dall'art. 192 c.p.p.,
ribadendo quanto già affermato altresì dalla
Suprema Corte in casi analoghi8, chiarisce
anche che, in ogni caso, non deve ritenersi
esclusa la possibilità per il Giudice di trarre
dal provvedimento e dalla vicenda cui esso
si riferisce elementi di giudizio finalizzati
all'accertamento della verità, fermo restando
il dovere di sottoporre tali elementi ad autonomo vaglio critico secondo la regola generale dettata appunto dall'art. 192 comma 1
c.p.p.. Così, proprio nel sottoporre a valutazione critica il provvedimento acquisito,
conclude che lo stesso può assumere valenza probatoria solo in ordine alla circostanza
storica dell'intervenuta archiviazione, non
potendosi evincere da tale provvedimento
utili elementi di giudizio in quanto non appare condivisibile il percorso logico-argomentativo del G.I.P.. A tale conclusione il
Giudicante perviene non senza aver opportunamente evidenziato che detto percorso
logico-argomentativo si può desumere solo
dalla richiesta di archiviazione del P.M., la
quale deve considerarsi integralmente recepita dal G.I.P., in quanto il decreto di archiviazione presenta una scarna motivazione,
peraltro riportata su un modulo prestampato, con cui ci si limita a ritenere "l'infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non
sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio".
Ed ecco che il Tribunale mette a nudo una
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"cattiva abitudine" comune, purtroppo, a
molti G.I.P. e, cioè, quella di utilizzare moduli
prestampati con formule generiche e, dunque, di non motivare affatto i decreti di
archiviazione. La questione, però, solo
accennata in sentenza ed aggirata con il suddetto riferimento alla richiesta del P.M.,
merita un maggior approfondimento. Se è
vero che l'art. 125 c.p.p., al 3° comma, prevede che i decreti sono motivati, a pena di nullità, nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge e se è vero che
l'art. 409 c.p.p. espressamente prescrive la
motivazione per il provvedimento con cui il
G.I.P. accoglie la richiesta di archiviazione, è
pur vero che un decreto di archiviazione
non motivato è certamente nullo. La nullità,
ovviamente, colpisce non solo il provvedimento del tutto sprovvisto di motivazione
ma anche quello caratterizzato da una motivazione fondata su formule generiche e prive
di efficacia dimostrativa, dunque da una
motivazione apparente e, come tale, sostanzialmente inesistente. Tutto ciò, sia chiaro, a
prescindere dall'impiego di moduli prestampati i quali ben possono essere utilizzati per
la redazione dell'atto purché siano integrati
con riferimenti al caso di specie e, quindi,
completati con motivi ulteriori rispetto a
quelli già contenuti nel modello9.
Alla luce di tali argomenti, allora, il
Tribunale, indipendentemente dalla condivisibilità o meno di percorsi logico-argomentativi e da ogni ulteriore considerazione, non
avrebbe potuto evincere dal decreto di
archiviazione utili elementi di giudizio innanzitutto per la nullità del decreto stesso.
NOTE
1 Cfr. Cassazione penale, sez. V, 12 novembre 1997,
n. 11933, in Giust. pen. 1999, III, 118 (s.m.); ed ancora
Cassazione penale, sez. IV, 16 gennaio 1998, n. 2270,
in Arch. nuova proc. pen. 1998, 221.
2 V. Cassazione penale, sez. III, 4 dicembre 1996, n.
1061, in Giust. pen. 1998, III, 160.
3 Cfr. Cassazione penale, sez. V, 5 luglio 1999, n.
3540, in Cass. pen. 2000, 2675 (s.m.).
4 Cassazione penale, sez. I, 10 luglio 2000, n. 8881, in
Arch. nuova proc. pen. 2000, 673 (s.m.) “... FATTO ...
Da ultimo, il difensore del ricorrente si doleva dell'ordinanza con la quale il 1 ottobre 1999 il giudice del rinvio aveva escluso l'ingresso nel fascicolo dibattimentale dei decreti di archiviazione emessi dal giudice ordinario nei confronti del suo assistito, con riferimento ad
altri episodi di prelevamento di merci dalle mense. Se
è vero che gli artt. 236 n. 1 e 238 - bis c.p.p. consentono l'utilizzazione a fini probatori soltanto delle sentenze divenute irrevocabili - precisava il difensore non si vede per quale ragione, pena l'incostituzionalità delle norme processuali citate in riferimento agli
artt. 3, 24 e 111 Cost., i decreti di archiviazione non
dovrebbero poter essere prodotti in dibattimento,
quanto meno ai fini della valutazione della personalità dell'imputato. ... DIRITTO ... Priva di qualsiasi fondamento è anche la doglianza relativa all'avvenuto
rigetto da parte del giudice di rinvio della richiesta
avanzata dalla difesa del <M.> durante il dibattimento
di acquisire, ai fini della prova quanto meno della personalità dell'imputato, i decreti di archiviazione pronunciati dal giudice ordinario in ordine ad altri fatti i
peculato non militare contestati all'imputato. L'art.
238 - bis c.p.p. prevede l'acquisizione al materiale in
causa delle sentenze divenute irrevocabili "ai fini
della prova di fatto in esse accertato" ed è stato introdotto nell'impianto codicistico dalla I. n. 356 del 7 agosto 1992, che ha convertito con modifiche il d.l. 8 giugno 1992, n. 306, con l'obiettivo specifico di evitare di
dover provare, di volta in volta, un fatto già accertato.
Tale disposizione rappresenta un chiaro tentativo di
"semplificazione probatoria", soprattutto nei processi
di criminalità organizzata, avendo l'esperienza evidenziato la particolare onerosità di dimostrare ogni
volta l'esistenza di un'associazione mafiosa in più
procedimenti a carico di più soggetti accusati di farvici parte. Quanto all'art. 236 c.p.p., pure richiamato,
esso contiene l'indicazione (secondo alcuni tassativa,
secondo altri esemplificativa) di documenti acquisibili, ritenuti utili "ai fini del giudizio sulla personalità
dell'imputato". Ciò posto, il richiamo al contenuto precettivo di queste due norme per ricomprendervi i
decreti di archiviazione - che non hanno natura giurisdizionale penale e che perciò non possono contenere
statuizioni o accertamenti processualmente certi appare del tutto fuor di luogo. L'art. 125 disp. att. c.p.p.
precisa che il provvedimento di archiviazione accerta
l'infondatezza di una notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono
idonei a sostenere l'accusa in giudizio (Cass., Sez. III,
1 agosto 1990, n. 2591, Ghirarduzzi), ponendo quindi
il decreto di archiviazione su un piano completamente diverso da quello di una sentenza connotata dal
requisito della irrevocabilità come richiedono gli artt.
236 e 238 - bis c.p.p., requisito certamente assente
nelle pronunce di archiviazione, che sono suscettibili
di essere controllate e riviste con gli strumenti a ciò
approntati dall'ordinamento in via ordinaria (art. 414
c.p.p.). Si aggiunga che l'acquisizione di sentenze
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divenute irrevocabili è prevista come funzionale alla
"prova di fatto in esse accertato", e tale efficacia probatoria, sia pure contenuta nei limiti indicati dagli artt.
187 e 192 comma 3 c.p.p. ai quali l'art. 238 - bis fa
espresso rinvio, è estranea ai decreti di archiviazione,
che non costituiscono dimostrazione dei fatti in essi
accertati. Parimenti priva di fondamento è la richiesta
prospettata nella diversa ottica dì acquisire i decreti di
archiviazione riguardanti il <M.> sub specie di documenti utili "ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato", come prescrive l'art. 236 c.p.p., perché - anche
a non voler considerare tassativa l'elencazione dei
documenti acquisibili ai fini del giudizio sulla personalità contenuta nella norma in parola (come sembra
invece ritenere la sentenza impugnata) e a voler condividere la critica difensiva concernente il poco ortodosso richiamo contenuto nella stessa sentenza al valore di
"riscontro" da attribuirsi ad un procedimento "stralciato" e conclusosi con un decreto di archiviazione -resta
il fatto che non si comprende quale pertinenza al thema
decidendum avrebbe potuto e dovuto attribuirsi ad un
decreto di archiviazione (che ha la natura giuridica che
si è dianzi messa in evidenza) pronunciato in esito ad
un episodio diverso da quelli contestati. L'omessa previsione dei decreti di archiviazione tra gli atti suscettibili di acquisizione ai sensi degli artt. 236 e 238 - bis
c.p.p. appare dunque pienamente giustificata, nè la loro
mancata previsione in quelle disposizioni lede l'uguaglianza dei cittadini o il diritto di difesa, essendo ben
diverse le situazioni accertate con una sentenza di
assoluzione e con un decreto di archiviazione. La
dedotta questione di legittimità costituzionale di tali
disposizioni deve ritenersi pertanto manifestamente
infondata (al limite della manifesta irrilevanza). ...”.
5 Tribunale S. Maria Capua Vetere, Pres. Pellecchia,
Est. Di Salvo, 27 maggio 1994, in Foro It. 1996, II, 195 “...
Il decreto di archiviazione emesso in data 13 settembre
1989 (dep. 30 settembre 1989) dal Dr. G. Borrelli, pretore di Aversa, in favore del segretario giudiziario A. A.,
denunziato dall’imputato F. F., non può essere utilizzato quale mezzo di prova, né posto a fondamento della
motivazione della presente sentenza. Infatti, in piena
sintonia con l’art. 466 c.p.p. abr., che consentiva la lettura degli atti relativi a procedimenti collegati, subordinandola alla duplice condizione che il loro contenuto
fosse pertinente e che il processo – in cui originaria-
104
mente essi si erano formati – fosse stato definito con
sentenza irrevocabile, gli artt. 236 e 238 nuovo c.p.p.
statuiscono che è consentita l’acquisizione al fascicolo
per il dibattimento e l’utilizzabilità soltanto di sentenze
irrevocabili e di prove raccolte nella pienezza del contraddittorio delle parti (incidente probatorio o dibattimento). Viceversa, il decreto di archiviazione – emanato inaudita altera parte – è <<un provvedimento inoppugnabile nel merito perché non è giurisdizionale ed è
sfornito di qualunque efficacia probatoria>> (Cass. 13
gennaio 1992, Palmieri, id., Rep. 1992, voce Indagini
preliminari, nn. 63,65-67; 22 ottobre, Panicucci, ibid., n.
40; 27 gennaio 1992, Esposito, id., Rep. 1993, voce cit.,
nn. 59, 64; 8 aprile 1991, Ghiani, id, Rep. 1992, voce cit.,
n. 47; 26 aprile 1991, Venturi, id., Rep. 1991, voce
Casellario giudiziale, n. 5) e pertanto difetta del requisito previsto, a pena di inutilizzabilità, dagli artt. 191,
236 e 238 c.p.p.. Ad ulteriore conforto di tale assunto, si
legge nella relazione al nuovo codice di procedura
penale che il decreto di archiviazione è <<un provvedimento a struttura e funzioni affatto peculiari, di per sé
caducabile in rapporto alla sempre possibile riapertura
delle indagini preliminari>> (v.rel. al nuovo c.p.p.) ed
ancora: <<... Escluso che possa riproporsi qualsiasi
disputa di carattere teorico sulla natura del provvedimento di archiviazione, decisamente collocato fuori
dall’area della giurisdizionalità...>> (v. rel. al nuovo
c.p.p.). E’ sufficiente, poi, una mera lettura del citato
decreto di archiviazione per cogliere ictu oculi – sia
pure in sede incidentale – gli errori di logica e di diritto
della motivazione. ...”.
6 Così L. Tramontano, Brevi note in tema di calunnia e
suoi aspetti processuali, in Foro It. 1996, II, 195 (nota a
sent. Tribunale S. Maria Capua Vetere, 27 maggio
1994).
7 Cfr. rel. prog. prel. 67 e rel. t. def. 182.
8 V. Cassazione penale, sez.VI, 20 maggio 1998, n.762,
in Giust. pen. 1999, II, 385; Cassazione penale, sez. I, 2
maggio 1997, in Cass. pen. 1998, 2998 (s.m.);
Cassazione penale, sez. III, 4 dicembre 1996, n. 1061, in
Giust. pen. 1998, III, 160.
9 Cfr. Cassazione penale, sez. I, 12 marzo 1998, n.
1502, in Ced Cassazione 1998; Cassazione penale, sez.
I, 7 febbraio 1996, n. 830, in Cass. pen. 1997, 546 (s.m.).
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