news 489 - 13 aprile 2014

newsUCIPEM n. 489 - 13 aprile 2014
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ADDEBITO
ADOZIONI
ADOZIONE INTERNAZIONALE
ADOZIONI INTERNAZIONALI
ASSEGNO di MANTENIMENTO
ASSEGNO DIVORZILE
CHIESA CATTOLICA
Addebito della separazione per "mobbing familiare".
Leso il diritto di uguaglianza dei minori abbandonati.
Renzi seguirà in prima persona le adozioni internazionali.
Report post-adozione con l’Ucraina: Italia meglio degli USA.
Diritto al mantenimento sino alla sentenza sul divorzio.
Appella la sentenza: l’indennità d’assessore non da conteggiare.
Documento della 47° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani.
Miglio: difendere la famiglia non è questione cattolica.
CINQUE PER MILLE
Scelte e importi dell’anno 2012,
C. E. I.
Decisione della Corte costituzionale su fecondazione eterologa
CORTE COSTITUZIONALE
Legge sulla fecondazione assistita. Illegittimità costituzionale.
DALLA NAVATA
Domenica delle Palme - anno A – 13 aprile 2014.
FECONDAZIONE ARTIFICIALE Avvocato Stato, legge 40 datata ma deve decidere legislatore.
Eterologa liberalizzata: via libera a compravendita procreativa.
«Così padre e madre sono chi lo desidera, non chi genera».
Utero in affitto: «Diritto con le spalle al muro»
FORUM Associazioni FAMILIARI «Ma le leggi le fa il Parlamento o i giudici?»
GOVERNO
Conferimento delle Deleghe della Presidenza del Consiglio.
Ministro della Salute. Sentenza della Corte Costituzionale
MATRIMONIO
Il matrimonio civile italiano al 5 aprile 2014.
MINORI
Violazioni dei diritti quadruplicate in un solo anno.
1
PARLAMENTO
SINODO DEI VESCOVI
Camera Deputati 2° Comm. Giustizia
Divorzio breve
Senato C. Giustizia Tribunale della famiglia
Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili
Austria. Risposte al questionario sulla famiglia.
Conferenza Episcopale Italiana: il questionario.
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ADDEBITO
Addebito della separazione per "mobbing familiare".
Il coniuge che subisca costantemente umiliazioni, silenzi, sopraffazioni può chiedere l'addebito della
separazione per il c.d. "mobbing familiare"(1) inoltre, il coniuge maltrattato può chiedere in sede civile il
risarcimento dei danni subiti. (2)
Va rilevato che il mobbing familiare è costituito sostanzialmente da fenomeni di violenza psicologica
più che fisica. Insomma, crea cicatrici più nella psiche e nell'anima che sul corpo. Le persone vittime di
"mobbing familiare" spesso hanno problemi di depressione, ansia, disturbi neurovegetativi e anche
psichiatrici; nei casi più gravi arrivano al suicidio.
Il primo Ufficio Giudiziario a parlare di mobbing familiare è stato la Corte di Appello di Torino.
(1) Corte di appello di Torino sentenza del 21.02.2000
(2) Tribunale di Firenze sentenza del 13.06.2000
Avv. Barbara Pirelli briciole di diritto
StudioCataldi.it
6 aprile 2014
www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_15570.asp
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ADOZIONI
Leso il diritto di uguaglianza dei minori abbandonati.
Come è meglio essere padre e madre di un figlio non tuo? La Corte costituzionale ha fatto la sua
scelta. Il divieto di fecondazione eterologa è diventato “incostituzionale”. E’ stata, infatti, dichiarata
l’illegittimità costituzionale degli articoli relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita.
I giudici della Consulta hanno dunque dato ragione a tre tribunali – Firenze, Milano e Catania – che avevano
sollevato dubbi di legittimità costituzionale accogliendo i ricorsi di altrettante coppie.
“Quella dei magistrati italiani è una scelta di campo ideologica, che intende indirizzare le coppie
verso la fecondazione eterologa, ostacolando, di fatto, le adozioni internazionali.” Non lascia spazio a dubbi
la posizione di Marco Griffini, Presidente dell’Associazione Amici dei Bambini. “Ne è la conferma
l’utilizzo dei decreti vincolati – prosegue Griffini – da parte dei Tribunali per i minorenni, nel decidere se
attribuire o no l’idoneità ad adottare delle coppie. Un modus operandi inquisitorio che spaventa le persone
che desiderano avvicinarsi al percorso adottivo, facendole entrare in una via crucis inaccettabile. Il calo del
40% delle adozioni nei primi 3 mesi del 2014 ne è la conferma.”
Le linee guida sull’uso dei decreti vincolati sembra siano state fornite nel corso di un convegno dei
Tribunali per i minorenni italiani nel gennaio scorso a Firenze. Da allora stiamo osservando l’esplosione
numerica di questi provvedimenti, come mai era accaduto prima. Il decreto vincolato spesso impone alle
coppie di adottare bambini solo all’interno di una certa fascia di età, rispettando criteri discriminatori.
Un’imposizione che lede il principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione italiana. Di più, il
decreto vincolato deve essere dichiarato illegale, perché, di fatto, impedisce le adozioni.
L’articolo 1 della legge 149/2001 recita testualmente: “Il minore ha diritto di crescere ed essere
educato nell’ambito della propria famiglia“. Nell’articolo 5 della stessa legge si specifica che “Il diritto del
minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di
sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non
in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento“.Norme concepite dal legislatore proprio per
abbattere la “moda” illegale dei decreti vincolati.
Con l’impostazione presa dalla Consulta, si assiste a una compromissione dei diritti umani dei
bambini, colpevoli di essere nati prima o dopo una certa data.
E ancora, è illegale pensare di attribuire l’idoneità all’adozione, com’è accaduto al Tribunale per i
minorenni di Roma, solo per un minorenne perfettamente sano. Questo è il modo migliore per bloccare
l’adozione internazionale, perché nessuno nel mondo si assumerebbe mai la responsabilità di una garanzia di
questo tipo.
Un procedimento, quello adottivo, che ormai solo in Italia ha le fattezze del “processo”, con la
conseguenza di risultare totalmente inadeguato rispetto ai bisogni delle coppie – che non sono imputati -, e
alla sensibilità della materia adottiva – che non è un reato.
2
La Consulta ha deciso di soddisfare le istanze di chi “pretende” un figlio, nella beffarda frustrazione
di quelle coppie che con l’adozione incarnano la più ampia e disinteressata forma di accoglienza. I magistrati
esercitano così un controllo del numero delle adozioni che ha i tratti del “contingentamento“.
Una vera e propria beffa, considerando anche gli aspetti economici della vicenda. Nella decisione
della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa si legge che le prestazioni debbono essere garantite e
i costi saranno a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Tutto questo in barba al vituperato principio di
uguaglianza. Per porre rimedio a questo squilibrio, diventa doveroso adottare la medesima garanzia alla
copertura dei costi per l’adozione. Forse che le coppie che desiderano adottare sono coppie di serie B rispetto
a quelle che decidono di ricorrere alla fecondazione artificiale? In base a quale principio si stabilisce questa
subordinazione? Il premier Matteo Renzi, che nei giorni scorsi ha assunto la presidenza della Commissione
Adozioni Internazionali, risponda alle domande poste e si adoperi per ripristinare l’equilibrio.
La battaglia prosegue più convinta che mai, perché non prevalga il diritto del figlio a tutti i costi, un
diritto che anche la Conferenza Episcopale Italiana ha descritto come inesistente. Deve vincere l’accoglienza
di un padre e una madre che amano senza condizioni e senza calcoli, perché il dono dell’adozione
rappresenta il più grande atto di amore e giustizia umana.
Ai. Bi.
11 aprile 2014
www.aibi.it/ita/corte-costituzionale-fecondazione-eterologa-si-adozione-internazionale-no-la-sceltaideologica-della-magistratura-italiana-leso-il-diritto-di-uguaglianza-dei-minori-abbandonati
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ADOZIONE INTERNAZIONALE
Matteo Renzi seguirà in prima persona le adozioni internazionali.
Per la prima volta un Presidente del Consiglio sarà anche presidente della CAI. Ecco le prime
reazioni degli Enti autorizzati
Il 2 gennaio 2014, augurando un anno di buon lavoro a tutti, fresco di nomina a segretario del Pd,
Matteo Renzi parlò anche delle adozioni internazionali. Partì dal Congo, per dire che «questa drammatica
vicenda debba farci riflettere su quanto sia arzigogolata e confusa la procedura per le adozioni internazionali.
Una parte dei problemi, naturalmente, viene dagli Stati interessati e dunque è affrontabile solo attraverso il
diritto internazionale. Ma uno sforzo di semplificazione e trasparenza può essere fatto anche dal nostro
legislatore. […] All’interno del patto di coalizione [ci sarà anche] una disciplina più moderna ed efficace
delle adozioni. Pensandoci bene, questi non sono Diritti Civili, ma Doveri Civili: un Paese che non si occupa
in modo serio di questi argomenti come fa a definirsi civile?».
Ieri Matteo Renzi, nel frattempo diventato premier, ha deciso di non dare ad alcun ministro o
sottosegretario la delega alle adozioni internazionali, preferendo seguire il tema in prima persona. Nessun
Presidente del Consiglio l’aveva mai fatto.
Raggiunta al telefono, Anna Maria Colella, presidente dell’Agenzia Regionale per le Adozioni
Internazionali, dichiara «In questo momento così delicato, auspico che il Presidente Matteo Renzi possa
sostenere con il suo impegno e la sua energia l’incontro dei bambini senza famiglia che vivono nei Paesi
d’origine con le famiglie italiane che desiderano accoglierli come figli. La legge 476/1998 è un’ottima legge
nel panorama europeo ma necessita di modifiche per rispondere ai cambiamenti che osserviamo nello
scenario internazionale; sarebbe, infatti, importante rivedere la struttura della Commissione e valorizzare le
competenze e le professionalità degli operatori pubblici delle Regioni e dei Servizi Territoriali, oltre che
potenziare e sviluppare le attività degli Enti Autorizzati pubblici e privati e delle Associazioni di
volontariato. Buon lavoro, Presidente!».
Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa, ha sottolineato: «Dal punto di vista politico mi interessa
molto, perché questa delega ce l’ha un politico che dimostra di aver voglia di fare delle cose. Bisognerà
vedere alla prova dei fatti. E sta cercando di farlo velocemente. A una condizione: che metta in condizione la
vicepresidente, perché l’operativo vada avanti. Se per convocare una riunione, bisognerà aspettare che il
politico si faccia vivo, sarebbe di nuovo palla al piede. Vorrei che fosse solo un’opportunità e non un
rallentamento». Circa le priorità che il presidente dovrebbe definire, Arnoletti ribadisce: «Serve che il
Governo definisca al più presto una strategia per le adozioni internazionali. La crisi delle adozioni è un dato
di fatto. Mi piacerebbe capire se dobbiamo assistere impotenti alla diminuzione delle adozioni o se invece
possiamo sperare in un intervento volto a cambiarne la direzione. Negli ultimi due anni abbiamo vissuto
giorno per giorno senza obiettivi».
Non nasconde le sue perplessità Monia Ferritti, presidente del Coordinamento delle Associazione
familiari adottive e affidatarie in rete (Care). La quale dice:« Siamo contemporaneamente perplessi e
soddisfatti. Il carico di attività del premier è avanzato e in questo momento c’è bisogno di una convocazione
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urgente della Cai che non si riunisce da quattro mesi e quindi se manterrà con sé le deleghe, io non sono
certa di questo, spero si occuperà attivamente della Commissione».
«Che dire? Auguri di buon lavoro, il Presidente del Consiglio ne ha bisogno, perché di lavoro ce n’è
davvero tanto!», dice Paola Crestani, presidente del Ciai. Le prime urgenze? «Il fatto che l’assemblea degli
Enti non venga convocata da due anni, le situazioni critiche in Congo o in Kirghizistan, la mancanza di
risorse per la Commissione adozioni, che rende impossibile accogliere una delegazione o andare all’estero a
firmare un accordo. Il mio auspicio è che ci sia un segno forte di discontinuità con il passato, dall'altra parte
c'è il timore che il Presidente sia sopraffatto dagli impegni e il fatto che lui non sia presente fisicamente in
commissione possa diventare ancora un alibi per non prendere decisioni».
Positivo anche il giudizio di Cristina Nespoli, presidente di Enzo B: «Dubito che Renzi potrà
presiedere le sedute della Cai, ma non è questa la questione. Io mi aspetto che lui detti la linea politica delle
adozioni, che dica dove l’Italia intende andare: da troppo tempo le adozioni non hanno un’attenzione
politica. Accadono cose, si affrontano i singoli eventi, ma non li si mettono insieme, in uno sguardo
collettivo e collegiale, anche in Europa».
Opportunità o intoppo istituzionale? Questo è il problema. Marco Griffini, presidente di AiBi, se lo
chiede, ma per lui la bilancia pende nettamente dal lato opportunità. «Dalle dichiarazioni che ha fatto ai
tempi delle primarie, credo che Renzi voglia fare davvero la riforma delle adozioni. È l’unica chance che
abbiamo, il sistema sta morendo: tra le coppie che si avvicinano alle adozioni in questi primi mesi del 2014
c’è un calo del 40%, i tribunali si sono irrigiditi ulteriormente e fanno sempre più spesso decreti di idoneità
vincolati, con una pesantissima cultura della selezione». La svolta positiva per lui sta tutta nell’aggettivo
“politico”: «Abbiamo bisogno di una Cai politica, che non si limiti alla burocrazia o all’amministrazione
delle adozioni, mi fa piacere che anche la vice-presidente Della Monica abbia caratteristiche che vanno in
questa direzione. Ci sono le condizioni per una svolta e per una vera riforma delle adozioni. Noi e altri enti
siamo disposti ad azzerare tutti i mandati, per riscrivere le regole del gioco».
Per Maria Teresa Maccanti, presidente del NAAA, si tratta di «un segnale molto positivo, che ci fa
ben sperare. Non escludo che anche nelle adozioni internazionali ci siano spazi di “rottamazione”: sono
certamente possibili interventi di semplificazione burocratica e idee di nuovo welfare integrato
pubblico/privato ai vari livelli del percorso adottivo che si tradurrebbero in importanti benefici di spending
review. Sarebbe un elemento di discontinuità positiva se Matteo Renzi volesse inoltre delegare
concretamente l’operatività della CAI alla nuova vicepresidente dottoressa Silvia Della Monica [già
senatrice].
Sara De Carli
vita.it welfare
09 aprile 2014
www.vita.it/welfare/adozioni-internazinali/caro-matteo-che-sia-lasvoltabuona.html
integrazione con
www.aibi.it/ita/renzi-presidente-della-cai-le-reazioni-degli-enti-autorizzati
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ADOZIONI INTERNAZIONALI
Report post-adozione con l’Ucraina: Italia meglio degli USA.
I report post-adottivi hanno un obiettivo importantissimo: monitorare l’inserimento del bambino nel
nuovo contesto sociale e familiare. In riferimento alle coppie italiane che hanno adottato bambini ucraini con
l’obbligatorietà degli Enti (dal 2000 in poi), l’ultima riunione della Commissione per le Adozioni
Internazionali (CAI) ha rivelato che vengono consegnate il 90% delle relazioni post-adozione.
Non raggiunge certo la perfezione, ma è comunque un ottimo risultato. Inoltre, per migliorare
ulteriormente l’attività di monitoraggio, il Console ucraino a Roma ha ipotizzato lo svolgimento di colloqui
individuali con i minori adottati.
La situazione negli Stati Uniti d’America è invece totalmente differente. Le relazioni post-adozione
Ucraina-Usa raggiungevano a malapena il 25% fino al 2012. Per porre rimedio alla situazione, nell’aprile
dello scorso anno i due governi hanno stipulato un accordo internazionale.
I risultati hanno un andamento positivo: “Alla fine del 2013 sono state consegnate il 60% delle
relazioni” ha sostenuto recentemente l’incaricato ucraino per i diritti dei bambini Yuriy Pavlenko. Ma c’è
ancora molto da fare. Servono strette collaborazioni tra governi e azioni concertate. Bisogna far scomparire
quella nebbia che sta intorno alla reale condizione dei bambini adottati.
Ai. Bi. 10 aprile 2014
www.aibi.it/ita/category/archivio-news
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ASSEGNO DI MANTENIMENTO
Sospensione della prescrizione del diritto al mantenimento sino alla data della sentenza sul divorzio.
Corte di Cassazione, terza Sezione civile, sentenza n.7533, 1 aprile 2014
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L'istituzione dell'assegno di mantenimento - qualificato altresì come diritto indisponibile, dunque
irrinunciabile da parte del beneficiario - fonda le sue ragioni nel concetto di giustizia sociale e di tutela della
parte qualificata come debole al termine del matrimonio.
Come noto, però l'assegno di mantenimento si prescrive se la parte non ne fa mai richiesta. E la
prescrizione opera dalle singole scadenze nel termine di 5 anni.
Tra i coniugi però vige la regola dettata dall'art. 2941 del codice civile secondo cui la prescrizione
resta sospesa. Tale sospensione della prescrizione, secondo la Corte, si verifica anche in caso di separazione
dei coniugi dato che la separazione non scioglie il vincolo matrimoniale.
La sospensione della prescrizione insomma opera sino alla pronuncia della sentenza di divorzio.
La questione è sorta nell'ambito di un procedimento di esecuzione forzata iniziato su impulso della
moglie. La donna aveva eseguito un pignoramento presso terzi di alcuni beni del marito per il mancato
pagamento di ingenti somme dovute a titolo di mantenimento. Oppostosi all'esecuzione, il giudice d'appello
aveva dichiarato prescritti alcuni dei crediti vantati dall'interessata, la quale ha proposto ricorso in
Cassazione.
Secondo la Suprema Corte l'art. 2941 codice civile, inerente la sospensione della prescrizione,
sarebbe applicabile anche in materia di crediti tra coniugi separati. "La regola della sospensione del decorso
della prescrizione tra i coniugi deve ritenersi operativa sia nel caso che essi abbiano comunanza di vita, sia
che si trovino in stato di separazione personale, la quale, come è ben noto, implica solo un'attenuazione del
vincolo". Ciò sulla base che "lo stato di separazione, pur rivelando un'incrinatura dell'unità familiare, non ne
implica la definitiva frattura". Anche in quest'ottica il legislatore ha deciso di salvaguardare il rapporto
esistente preservandolo con la sospensione della prescrizione. Il ricorso è accolto e la sentenza cassata con
rinvio.
Vai al testo della sentenza 7533/2014
Licia Albertazzi
StudioCataldi.it
5 aprile 2014
sentenza
www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_15555.asp
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ASSEGNO DIVORZILE
Appella la sentenza: l’indennità di assessore non deve essere conteggiata.
Corte di Cassazione, prima Sezione civile, sentenza n.7982, 4 aprile 2014
Il Tribunale di Catania con sentenza di divorzio obbligava il marito a pagare all’ex moglie un
assegno mensile di 600 euro. Il marito appellava la sentenza ritenendo che la carica di assessore e la relativa
indennità non doveva essere conteggiata in quanto ricoperta ben 15 anni dopo la separazione. Rigettato il
ricorso.
www.divorzista.org/sentenza.php?id=7959
Studio Sugamele –7 aprile 2014
sentenza
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CHIESA CATTOLICA
Documento conclusivo della 47° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani.
Ecco il Documento conclusivo della 47 a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, celebrata a Torino,
dal 12 al 15 settembre scorso e dedicata a La famiglia, speranza e futuro della Società Italiana .
Sotto il titolo La famiglia fa differenza. Per il futuro, per la città, per la politica, il testo si articola in
quattro parti: la prima richiama l’attuale contesto di crisi che in molti casi ha ridimensionato in modo
drastico non solo il reddito, ma anche la libertà e la dignità di famiglie già impoverite dalla crisi
demografica; la seconda parte affronta questa situazione con uno sguardo di fede e, quindi, di speranza,
rilanciando il progetto di famiglia che scaturisce dal sacramento del matrimonio. In continuità con la
precedente Settimana Sociale di Reggio Calabria, la terza parte del Documento focalizza alcune priorità
urgenti per una ragionevole agenda della famiglia. La quarta e ultima parte è dedicata all’impegno
particolare dei laici, sia quali protagonisti principali dell’esperienza familiare sia in quanto portatori di una
missione propria nell’ambito politico.
news Chiesa Cattolica Italiana
10 aprile 2014
www.chiesacattolica.it/pls/cci_new_v3/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=561
22&rifi=guest&rifp=guest
Mons. Miglio: famiglia al "massacro", difenderla non è questione "cattolica".
La Chiesa vuole essere vicina alla famiglia, oggi disprezzata culturalmente e maltrattata
politicamente, e vuole offrire argomentazioni che permettano di sdoganare la questione familiare dall’ambito
religioso e collocarla a livello di tutela del bene comune. Queste le direttive del Documento conclusivo della
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47ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, dello scorso settembre, presentato oggi nella sede della nostra
emittente. Nel testo si parte dagli effetti della crisi economica, si valorizza la speranza che nasce dalla fede e
si propone un’agenda alla politica perché la famiglia, come nel titolo delle Settimane. "Faccia la differenza
per il futuro”.
Sentiamo a questo proposito mons Arrigo Miglio, presidente del Comitato scientifico delle
Settimane sociali:
R. La Chiesa è invitata a farsi carico delle sofferenze delle famiglie e quindi anzitutto ad essere
vicina e incontrare, ascoltare … una misericordia che offra a tutti una possibilità di ripartire, di ricostruire. Il
documento parte proprio dal sottolineare che a Torino la crisi è stata vissuta, e quindi questo è anche un
modo per essere accanto alle famiglie che soffrono. E se possiamo aggiungere una parola, essere vicini
soprattutto ai figli, che sembrano quasi le componenti della famiglia di cui meno ci si preoccupa.
D. Quindi, crisi che mina la dignità e la forza della famiglia
R. Ma c’è soprattutto questo massacro culturale, il non veder riconosciuto il ruolo unico della
famiglia, che non significa assolutamente negare diritti e dovere di qualsiasi altro tipo di relazione umana,
ma il ruolo della famiglia è un’altra cosa!
D. L’agenda per la famiglia da suggerire alla politica?
R. In questo momento, dovrebbe smascherare l’ipocrisia di chi continua a dire che la famiglia è il più
forte ammortizzatore sociale di una società in crisi, e poi non le viene riconosciuto nessun tipo di beneficio o
di sgravio fiscale; un sistema di welfare che non sia assistenzialista ma che riconosca il ruolo della famiglia e
dia la possibilità di fare delle scelte. E poi, la dimensione della libertà educativa.
D. Quindi, se lei dopo questa lunga riflessione, dovesse dire perché la famiglia fa la differenza come
recita il titolo del Documento?
R. Perché solo la famiglia è in grado di far crescere un certo tipo di rapporti, di cooperazione, di
maturità affettiva, di solidarietà – ad esempio. Cioè, il tipo di scuola costituito dalla famiglia – papà,
mamma, figli – questo tipo di scuola lo troviamo soltanto nella famiglia, perché il ruolo dei genitori è unico e
non può essere sostituito da altri rapporti, pure importanti, pur utili; ma la famiglia fa la differenza perché, ad
esempio, ai fini di una vera democraticità della società la famiglia è una garanzia fondamentale.
Controprova: in tutti i regimi dittatoriali, la famiglia è mal sopportata e si cerca di togliere i figli, alla
famiglia.
D. Lei ritiene che – dalle questioni del gender alle questioni, appunto, dei matrimoni omosessuali,
alla questione delle fecondazioni – siamo ad una svolta, bisogna cambiare le regole?
R. Questo è un momento che ha queste difficoltà, ma può diventare anche un’opportunità e uno
stimolo per far enucleare meglio le ragioni che portano a dire: la famiglia fa la differenza. E quindi ci
costringe, questo momento, a portare delle ragioni di bene comune che ci aiutino a togliere l’idea che
difendere la famiglia è una questione dei cattolici. La nostra tesi è che è un problema di bene comune per la
società, però – appunto – dobbiamo portare le motivazioni e quindi dobbiamo, ad esempio, vedere le
conseguenze di una politica pro-famiglia e di una politica anti-famiglia. E la questione demografica, non ha
importanza? Con ricadute economiche ma antropologiche. E anche su questo punto, la famiglia fa la
differenza.
http://it.radiovaticana.va/index.asp
Bollettino radiogiornale radio vaticana
11 aprile 2014
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CINQUE PER MILLE
Scelte e importi dell’anno 2012.
Elenchi degli ammessi e degli esclusi con l'indicazione delle scelte e degli importi (pubblicati il 9
aprile 2014) I dati relativi alle preferenze espresse dai contribuenti nel 2012 per la destinazione del 5 per
mille e agli importi attribuiti agli enti che hanno chiesto di accedere al beneficio sono stati raccolti in otto
elenchi: Onlus e volontariato (ammessi ed esclusi), ricerca scientifica (ammessi ed esclusi), ricerca sanitaria
(ammessi), comuni di residenza (ammessi) e associazioni sportive dilettantistiche (ammesse ed escluse).
Vengono resi disponibili in ordine decrescente di importo attribuito a ciascun nominativo con
l’indicazione dei dati della Regione, della Provincia e del Comune in cui ha sede l’ente. (…)
L’Agenzia delle entrate, che ha curato la formazione dell’elenco delle Onlus e degli enti del
volontariato, collabora con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’erogazione delle somme
agli aventi diritto. Per velocizzare i tempi di pagamento, è opportuno che tutti gli enti interessati forniscano
all’Agenzia le proprie coordinate bancarie o postali, con le modalità illustrate nell’apposita pagina:
procedura per il pagamento del beneficio.
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http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/Archivio/ArchivioSchedeAd
empimento/Schede+adempimento+2012/Richiedere+2012/Iscrizione+elenchi+5+per+mille+2012/Sched
a+informativa+5xmille+2012/Elenchi+2012/Elenchi+degli+ammessi+e+degli+esclusi+con+l+indicazion
e+delle+scelte+e+degli+importi/
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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Dichiarazione della Presidenza
in merito alla decisione della Corte costituzionale in materia di fecondazione eterologa
La decisione della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, verso il cui operato si conferma il
necessario rispetto, entra nel merito di una delicata esperienza umana. Il desiderio di avere un figlio è
profondo ed indiscutibile e merita il massimo rispetto e la più delicata comprensione. In attesa di conoscere
le relative motivazioni della Corte Costituzionale è peraltro doveroso segnalare alcuni nodi problematici che
suscitano dubbi e preoccupazioni, sotto il profilo antropologico e culturale.
In primo luogo viene affermato un non meglio precisato “diritto al figlio” o “diritto alla
genitorialità”, col rischio di confondere o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti,
sottacendo che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile dal
progresso scientifico.
In secondo luogo si assume come parametro di valore un preteso diritto individuale, sganciato da
qualsiasi visione relazionale; in questo modo si trascura, tra l'altro il diritto del figlio a conoscere la propria
origine biologica.
Quindi, si cambia e si snatura il concetto e l’esperienza di paternità e di maternità, che sono elementi
preziosi per l’unità profonda ed inviolabile della coppia.
Infine, si determina un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di essere legittimata ogni tecnica di
riproduzione umana. La cultura giuridica non dovrebbe semplicemente avvalorare il dominio della
tecnoscienza, ma porsi la questione del senso e anche quella del limite. Infatti, come la storia ha dimostrato,
non tutto ciò che è fattibile giova al genere umano.
Roma, 10 aprile 2014
www.chiesacattolica.it/chiesa_cattolica_italiana/news_e_mediacenter/00056128_Figli__dono_non_pret
esa.html
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CORTE COSTITUZIONALE
Legge sulla fecondazione assistita. Illegittimità costituzionale.
La Corte costituzionale, nell’odierna Camera di Consiglio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al
divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita.
Comunicato stampa 9 aprile 2014
www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20140409130023.doc
art. 04 comma 3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
art. 09 comma 1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in
violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da
atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'articolo
235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l'impugnazione di cui all'articolo 263 dello stesso
codice.
comma 3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui
all'articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e
non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
art. 12 comma 1.. Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla
coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.
legge 40\2004
www.camera.it/parlam/leggi/04040l.htm
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DALLA NAVATA
Isaia
Domenica delle Palme - anno A – 13 aprile 2014.
50, 04 «Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una
parola allo sfiduciato».
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Salmo
Filippesi
Matteo
22, 23 «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea».
02, 09 «Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome».
26, 63 «Ti scongiuro per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio».
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FECONDAZIONE ARTIFICIALE
Avvocato Stato, legge 40 datata ma deve decidere legislatore.
"Effettivamente la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita è forse datata, perché
sono passati 10 anni e ho cercato di sottolineare che gli avanzamenti della scienza vanno più veloci del
diritto. Però il diritto ha un dovere, quello di equilibrarsi sulla base delle risultanze scientifiche e su quelle
sociali e da questo non può abdicare, altrimenti poi la Consulta è costretta a fare un intervento di supplenza.
I giudici non possono supplire al Parlamento, che è l'unico che può decidere sul divieto di
fecondazione eterologa" imposto dalla normativa, oggi all'esame della Corte costituzionale.
Parola dell'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, che lo ha spiegato ai giornalisti al termine
dell'udienza pubblica di questa mattina. Secondo Palmieri occorre un "intervento di sistema, che ovviamente
tenga conto delle mutate esigenze sociali, perché è giusto che sia così.
E' un compito di carattere ordinamentale ed è corretto che lo faccia il legislatore. Non è così
semplice eliminare un divieto e poi ricondurre tutti i limiti nell'ambito della legge che lo conteneva.
E' una lettura molto semplice, ma non è così, c'è tutta una disciplina concreta da affrontare: con quali
caratteristiche, ad esempio, questi centri" di Pma "dovranno operare? Non sono elementi di dettaglio, perché
toccano diritti soggettivi, anche del nascituro.
Noi stiamo vedendo la tematica molto dall'angolatura della coppia, che è giustissima, però c'è anche
un bambino che nascerà e a questo bambino, solo con l'eliminazione di questo divieto, quali prospettive
diamo?".
Per l'avvocato "è un legislatore che dovrebbe dire che, tolto il divieto di fecondazione eterologa,
valgono le stesse limitazioni dell'omologa.
Altrimenti mi preoccupo che il sistema tenga" e si verrebbe a creare "un vuoto normativo, perché ho
molti dubbi sul fatto che la legge già contenga dei limiti".
Adnkronos Salute
8 aprile 2014
www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=18553
Eterologa liberalizzata: via libera alla compravendita procreativa.
La sentenza di oggi della Corte Costituzionale genera un vuoto normativo e produce un nuovo
inesorabile squarcio nella “bioetica difensiva” Un altro pezzo della legge 40 si è sgretolato. I progressi della
tecnologia medica conquistano un’altra trincea della bioetica. La Corte costituzionale con una sentenza
emessa oggi ha stabilito l’illegittimità delle norme della legge 40 che proibiscono il ricorso a un donatore
esterno di ovuli o di spermatozoi per una coppia non fertile; in poche parole, che vietano la fecondazione
eterologa medicalmente assistita. Questa decisione arriva il giorno successivo alla sentenza d’assoluzione di
un tribunale per una coppia di italiani i quali, dopo aver ottenuto in India un figlio grazie all’ovulo di una
donatrice e all’utero di una terza donna, giunti in patria avevano dichiarato di esserne i genitori. La Corte
costituzionale sta cedendo ad un clima culturale in via di mutamento sui temi etici?
Ne abbiamo parlato con il prof. Francesco D’Agostino, giurista e docente di Filosofia del Diritto
presso l’Università degli studi di Tor Vergata, nonché insegnante presso altre università.
Professore, che peso attribuisce a questa sentenza della Corte costituzionale?
D’Agostino: Da un punto di vista strettamente numerico è un peso limitato perché il ricorso alla
fecondazione eterologa è statisticamente marginale. Però dal punto di vista simbolico la sentenza è molto
importante, perché conferma in maniera molto forte l’idea che oggi la paternità e la maternità siano
fortemente dipendenti dalle tecnologie e solo marginalmente dalla natura. In fondo il divieto dell’eterologa
era un modo per garantire la genitorialità naturale; avallare l’eterologa invece significa subordinare o
perlomeno parificare la genitorialità naturale e la genitorialità artificiale.
Nel mondo i numeri della fecondazione eterologa non sono in crescita?
D’Agostino: Non cadiamo nell’errore di pensare che siano pratiche statisticamente rilevanti. Non è
così, perché il progresso della fecondazione omologa è costante, e ovviamente le coppie, se possono,
praticano la fecondazione omologa, non certo l’eterologa. Quindi non è una questione di numeri; ripeto, è
una questione di valenza simbolica.
Unita al caso di ieri della coppia di ritorno dall’India, la sentenza della Corte assume un peso
particolare?
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D’Agostino: Lì oltretutto i genitori erano quattro, perché in India hanno comprato l’ovocita e hanno
affittato l’utero di un’altra donna: quindi ci sono il padre biologico, la madre sociale, la madre uterina e la
madre genetica. Ci sono quattro figure genitoriali, quindi la cosa è pesante. Io insisto nel dire che adesso
come adesso il valore simbolico di questa sentenza riguarda l’artificialità procreativa. Tuttavia, basta fare un
piccolo passo avanti e accanto all’artificialità procreativa si potrebbe porre la contrattualità procreativa: se
una coppia va in India, compra un bambino da una giovane donna che ha appena partorito, e lo fa registrare a
proprio nome, lo porta in Italia, non è poi molto diverso dall’acquisire il bambino con la fecondazione
artificiale. Obiettivamente oggi l’idea di commercializzare un bambino ci appare disgustosa; però in qualche
modo ci stiamo avvicinando a questo stato di cose e quanto più deprimiamo il peso della fecondazione
naturale, tanto più lasciamo spazio a fecondazioni tecnologiche o a compravendite procreative.
Come arriva a questo genere di decisioni la Corte Costituzionale?
D’Agostino: Bisognerà leggere la sentenza completa, ma a me appare chiaro questo: l’argomento
che si è dimostrato vincente è quello secondo il quale le coppie bisognose dell’eterologa, essendo questa
pratica proibita, sono discriminate rispetto alle coppie che invece hanno libero accesso alla fecondazione
omologa. Quindi c’era una violazione dei diritti. L’errore della Corte è stato questo. È vero che dal punto di
vista della sterilità una coppia che ricorre all’omologa è analoga a una coppia che dovrebbe ricorrere
all’eterologa. Sono tutte e due coppie sterili, e qui l’analogia c’è. Dove non c’è l’analogia è nel bambino che
nasce, perché il bambino che nasce dall’omologa ha due genitori soltanto e due genitori certi, il bambino che
nasce dall’eterologa ha un donatore di gameti che è il suo genitore biologico, il più delle volte anonimo e
sconosciuto. Cioè, ha tre genitori, o addirittura quattro. Allora l’argomento della discriminazione tra una
coppia bisognosa di eterologa e le coppie bisognose di omologa è in realtà fallace. Non c’è affatto
discriminazione, se vediamo il fenomeno dal punto di vista del bambino che nasce. La Corte ha
evidentemente perseguito una vecchia linea che è quella che ha trionfato per la legge sull’aborto, secondo cui
il nascituro non è oggetto di tutela giuridica. Finché non nasce, il bambino è un fantasma giuridico; sono solo
i soggetti, in questo caso le coppie sterili, ad avere diritto a considerazione. Partendo da questo presupposto
la Corte ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa.
Ora che succederà da un punto di vista legislativo?
D’Agostino: Io ho visto che già i giuristi si sono divisi in due correnti: il ministro Lorenzin auspica
una nuova legge quadro, i radicali sostengono che non ce n’è affatto bisogno. Credo che passeremo alcuni
mesi in una situazione d’incertezza e di indeterminazione, e poi vedremo quale sarà la linea prevalente.
Dubito che nel Parlamento attuale ci siano maggioranze adeguate per scrivere una nuova e migliore legge
sulla fecondazione artificiale.
E intanto le coppie, nella realtà, perseguiranno la strada che questa breccia ha spalancato?
D’Agostino: Certo, ma è certo che tutti i centri di fecondazione assistita adesso favoriranno, quando
è opportuno, la fecondazione eterologa, non c’è alcun dubbio. Rimangono tutta una serie di questioni aperte,
che però bisogna aspettare di vedere nella prassi come si manifesteranno. Però l’effetto simbolico c’è già
stato, è stato dirompente e ha segnato pesantemente quella che alcuni chiamavano una bioetica difensiva. È
crollato un muraglione, una barriera difensiva. E questo per me avrà ripercussioni in altri ambiti: difatti i
radicali hanno già dichiarato che la prossima battaglia avrà per oggetto il diritto per gli scienziati di fare
sperimentazioni sugli embrioni umani. Questa sta diventando una nuova questione bioetica di frontiera che
arriverà all’ordine del giorno molto presto.
Emanuele D'Onofrio aleteia
9 aprile 2014
www.aleteia.org/it/salute/interviste/eterologa-liberalizzata-via-libera-alla-compravendita-procreativa5496582208225280?utm_campaign=NL_It&utm_source=daily_newsletter&utm_medium=mail&utm_
content=NL_It-10/04/2014
«Così padre e madre sono chi lo desidera, non chi genera».
«Andiamo incontro a una grande battaglia parlamentare nella quale si vedrà che cosa intende ognuno
per madre e padre. La Corte costituzionale con questa sentenza ha dato un giudizio molto netto: il padre e la
madre non sono le persone che generano il figlio ma le persone che lo desiderano».
Così Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, commenta la decisione della
Consulta di far cadere il divieto all’eterologa dichiarandolo incostituzionale.
Ora che succede? Si rischia il vuoto normativo?
«È necessaria una norma di rango primario, una legge di tipo parlamentare che regoli questa nuova
situazione abbastanza inedita. Il governo Renzi inevitabilmente dovrà prendere posizione».
Qual è il tratto più preoccupante?
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«Se il coniuge della donna che ha fatto ricorso all’eterologa non poteva disconoscere il figlio, una
volta che tu ha acconsentito all’eterologa ti fai carico del figlio. Questo divieto di disconoscimento è stato
eliminato. Ed è stato eliminato anche il fatto che il donatore di gameti non ha alcuna relazione giuridicaparentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti nessun diritto. Si tolgono tutte le tutele che
erano state messe per chi andava a fare la fecondazione all’estero. C’erano forme di tutela previste per i nati
da eterologa all’estero e per chi l’avesse fatta prima dell’entrata in vigore della legge 40. Queste tutele sono
state rimosse assieme al divieto di ricorrere all’eterologa».
Dal punto di vista etico quali sono le conseguenze?
«Secondo la Consulta il modo di avere figli è del tutto secondario. Il fatto che fisicamente un figlio
nasca da un contributo maschile o femminile è irrilevante perché considera giusto e normale che la coppia si
avvalga di gameti di persone sconosciute. Qui non era in ballo il giudizio su una tecnica sanitaria ma su
un’idea di famiglia. Adesso sarà interessante capire come la Corte possa ritenere coerente quest'impostazione
con il dettato costituzionale. I figli non sono di chi li partorisce ma di chi li desidera. Nell’adozione, ad
esempio, abbiamo dei genitori perduti e si cerca di riparare un danno dando una famiglia ai bambini che si
trovano in questa situazione. In questo modo si sancisce un diritto dei genitori ad avere un figlio, il come non
importa, l’importante è desiderarli. Le conseguenze sono importanti: se il figlio è di chi lo desidera allora
l’utero in affitto va bene. Basta pagare una somma per avere un figlio. Se c’è un grande desiderio di due
uomini o di due donne o di un uomo o una donna single che si fa? Se il desiderio di essere genitori è
costituzionalmente rilevante e da tutelare allora cambia tutto».
Nel 2004 il mondo cattolico raggiunse una posizione unitaria sulla Legge 40. Stavolta sarà lo
stesso?
«Se non fosse lo stesso significherebbe che alcuni cattolici non riconoscono la legge naturale e
questo sarebbe molto strano. Il fatto che un bambino abbia diritto ad un padre e una madre senza aggettivi
(genetico, legale, sociale, tecnologico) è patrimonio comune dell’umanità. Non dovremmo parlare neanche
di cattolici ma di un patrimonio condiviso da tutti. A maggior ragione dei cattolici».
Antonio Sanfrancesco
Famiglia cristiana
9 aprile 2014
www.famigliacristiana.it/articolo/cosi-padre-e-madre-sono-chi-lo-desidera-non-chi-genera.aspx
Utero in affitto: «Diritto con le spalle al muro»
A scriverlo, in una sentenza molto interessante che ha assolto a metà una coppia milanese che ha fatto ricorso
alla maternità surrogata in India, è il GUP di Milano Gennaro Mastrangelo il quale afferma che la possibilità
offerta della tecnica «potrebbe divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della
madre malata terminale, del padre psicotico» e via dicendo
Avere un figlio ad ogni costo è considerato ormai un diritto inviolabile da ricercare con ogni mezzo
messo a disposizione dalla tecnica. Spesso, anche nelle aule dei tribunali italiani ci si adegua a questo
principio in nome, appunto, di un presunto “diritto alla genitorialità” da far valere sempre e comunque.
Anche in barba alla legge che in Italia vieta il ricorso alla fecondazione eterologa.
«A prescindere da ogni valutazione etica, (…) le possibilità offerte dalla scienza sono talmente vaste
da potersi immaginare esiti tali da far obliterare qualunque considerazione per i diritti del nascituro, il quale
potrebbe divenire strumento per la soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale,
del padre psicotico, della coppia i cui figli sono stati dichiarati in stato di adottabilità e che intendano
procrearne altri eludendo il controllo del tribunale dei minori, di genitori assai in là negli anni, dei cugini
primi».
A scriverlo, in una sentenza piena di dubbi, è il giudice per l’udienza preliminare di Milano
Gennaro Mastrangelo che ha assolto una coppia milanese dall’accusa di alterazione di stato civile per avere
fatto ricorso in India alla maternità surrogata totale ed essersi dichiarati all’anagrafe di Milano papà e
mamma del piccolo, che in realtà è stato concepito col seme dell’uomo, l’ovulo di una donatrice esterna alla
coppia e, infine, messo al mondo da una terza donna.
I due coniugi sono stati condannati a un anno e 4 mesi di carcere “solo” per falsa dichiarazione a un
pubblico ufficiale sulla propria identità. Hanno spiegato di aver fatto ricorso alla fecondazione eterologa
all’estero – precisamente all’Hospital Hill di Mumbai con il quale hanno stipulato un contratto – visto che la
donna aveva perso la capacità riproduttiva in seguito alle cure per un tumore. Entrambi si sono detti
consapevoli che la pratica è vietata dalla legge italiana, la legge 40 sulla procreazione assistita attesa oggi al
verdetto della Corte Costituzionale, che vieta la «surrogazione di maternità» prevedendo all’articolo 12,
comma 6, la pena da tre mesi a due anni e una multa da 600 mila a un milione di euro.
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Nelle motivazioni, il GUP Mastrangelo scrive che «il progetto genitoriale in questo caso non appare
giustificato» e che le molte possibilità offerte dalla tecnica potrebbero «divenire strumento per la
soddisfazione del desiderio di genitorialità della madre malata terminale, del padre psicotico…» e via
dicendo. Condotte che mettono il diritto «con le spalle al muro» e in qualche modo costringono i giudici a
valorizzare il «benessere» del minore «terzo inconsapevole di un contratto a cui è rimasto estraneo« al fine di
non privarlo dei suoi genitori «tecnologici».
Il bimbo, adesso, è ora figlio riconosciuto della coppia. Il Tribunale per i minori ha, infatti,
«bloccato» la procedura di adottabilità che era stata aperta nel caso in questione. Mastrangelo inoltre ha
respinto la richiesta del difensore di concedere agli imputati il riconoscimento delle attenuanti dell'aver agito
per motivi di particolare valore morale e sociale, affermando che «la condotta tenuta» è stata «finalizzata a
realizzare un proprio desiderio, senza considerazione alcuna della socialità dell'azione intrapresa» pur «a
prescindere da ogni valutazione etica, ovviamente preclusa in questa sede».
Antonio Sanfrancesco
Famiglia cristiana
9 aprile 2014
www.famigliacristiana.it/articolo/utero-in-affitto-diritto-con-le-spalle-al-muro.aspx
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FORUM DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARI
«Ma le leggi le fa il Parlamento o i giudici?»
Il presidente del Forum delle associazioni familiari Francesco Belletti commenta il verdetto della
Consulta sul via libera alla fecondazione eterologa: «Non sono i giudici che devono fare le regole che
cambiano i valori del Paese – nemmeno quando “liberamente” sono più moderni di questo obsoleto
meccanismo che è la democrazia rappresentativa»
La sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge 40 ha suscitato un vespaio di commenti, critiche
ed esultanze. Nessuna sorpresa, su un tema che per molti anni aveva ampiamente diviso la pubblica opinione,
la politica, la cultura, gli esperti di diritto. In un certo senso è inevitabile che ancora oggi i pareri restino
radicalmente contrastanti. Tre riflessioni dovrebbero però entrare nel dibattito:
Certamente è ipocrita o in mala fede sostenere che non si ponga oggi un vuoto normativo, o
comunque un problema da riportare in Parlamento, come ha giustamente affermato il ministro della Salute,
Lorenzin. La legge 40 è oggettivamente stravolta in modo essenziale, nei suoi principi fondativi e nei suoi
meccanismi regolativi - altrimenti perché cantare vittoria così gioiosamente, come troppi hanno già fatto? - e
se c’era una cosa su cui si era d’accordo, nel dibattito che ha accompagnato la costruzione della Legge 40,
era che il “far west” precedente era inaccettabile. E le leggi, nel nostro Pese, le dovrebbe fare ancora il
Parlamento, non il sistema giudiziario. Per il “trascurabile” particolare che fare le leggi è il compito di chi
viene eletto dal popolo. Almeno così dice la nostra Costituzione…
Questa preoccupazione è confermata anche dalle parole di Umberto Veronesi, che sul Corriere della
Sera esulta, sottolineando che «oggi, una volta di più, la magistratura ha dimostrato più libertà di pensiero
del Parlamento». Siamo felici anche noi per la libertà dei membri della Corte Suprema (la libertà è sempre
una buona cosa). Però apprezzare l’operato di chi deve misurare l’appropriatezza delle leggi e delle norme
perché è “più libero”, ci pare molto preoccupante. La magistratura, anche quella suprema, anzi, soprattutto
quella, dovrebbe ridurre al minimo la propria “libertà”, e limitarsi a rispettare e far rispettare le leggi.
Leggeremo quindi le motivazioni, e potremo valutare meglio se i giudici della Corte Suprema hanno fatto
giusto o hanno sbagliato. Il forte dissenso interno trapelato dice che non è tutto così semplice. Ma auguro a
Veronesi di non incontrare mai, in caso di giudizio su di lui, un giudice che anziché applicare rigorosamente
le leggi, in modo un po’ “conservatore”, si dimostri con più “libertà di pensiero”di quanto prescrivano le
leggi fatte dal Parlamento. Non sono i giudici che devono fare le regole che cambiano i valori del Paese –
nemmeno quando “liberamente” sono più moderni di questo obsoleto meccanismo che è la democrazia
rappresentativa.
Da ultimo, si conferma per l’ennesima volta la fragilità della nostra democrazia, che anche quando
chiede il parere della gente, procede poi infischiandosene. Abbiamo fatto un referendum contro il
finanziamento pubblico dei partiti, la gente ha detto di cancellarlo, ed eccolo ancora lì da molti anni (forse se
ne parla nel 2017 – mentre la TASI la paghiamo subito, e qualche volta anche retroattivamente!). Abbiamo
fatto un referendum per l’abolizione del ministero dell’Agricoltura, la gente ha detto “cancelliamolo”, ed
eccolo ancora lì. Abbiamo fatto un referendum per l’abrogazione della Legge 40, la gente ha detto che non
voleva cancellarla – anche rifiutandosi di andare a votare, espressione legalmente prevista di democrazia
diretta - ed ecco che la Legge 40 viene cancellata. Non pretendiamo che nel nostro Paese si faccia davvero
quello che vogliono i cittadini (su questo pare che le nostre istituzioni siamo irrimediabilmente allergiche),
ma almeno non prendeteci in giro!
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Francesco Belletti
Famiglia cristiana
10 aprile 2014
www.forumfamiglie.org/
www.famigliacristiana.it/articolo/ma-le-leggi-le-fa-il-parlamento-o-i-giudici.aspx
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GOVERNO
Conferimento delle Deleghe della Presidenza del Consiglio
Consiglio dei Ministri n.12.
estratto
passim
(…) Inoltre, al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti sono state conferite le deleghe
a Politiche giovanili, Servizio civile nazionale, Integrazione, Politiche per Famiglia.
(…) Restano al Presidente del Consiglio Matteo Renzi le funzioni in materia di Pari Opportunità, Politiche
Antidroga, Protezione Civile, Programmazione della politica economica e Cipe e la Commissione Adozioni
Internazionali.
www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=75355
Ministro della Salute. In merito alla sentenza della Corte Costituzionale
In merito alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto alla
fecondazione eterologa contenuto nella legge 40/2004, il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha
sottolineato:
"L'introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che
difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti. Ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non
coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio
l'anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia, e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete
parentale più prossima (fratelli e sorelle) da parte dei nati con queste procedure. Sono questioni che non si
può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di
tipo parlamentare. Alla luce delle motivazioni della Consulta, al più presto comunicheremo la "road map"
per l'attuazione della sentenza".
Comunicato stampa n. 37
9 aprile 2014
www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_4_1_1_stampa.jsp?id=4196
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MATRIMONIO
Il matrimonio civile italiano al 5 aprile 2014.
Né la Costituzione né il codice civile definiscono il matrimonio, ma dalle disposizioni di legge si può
ricavare che si tratta di un vincolo che unisce due persone e che attribuisce ai coniugi uno status giuridico
ben preciso dal quale derivano una serie di diritti e di doveri.
In Italia si possono celebrare due tipi di matrimonio che hanno efficacia giuridica: quello civile,
disciplinato interamente dalle norme codicistiche, e quello ''concordatario'', ossia il matrimonio canonico
trascritto nei registri dello stato civile, grazie agli accordi stipulati con la Santa Sede nel Concordato del
1929, e con gli Accordi di Villa Madama del 1984, resi esecutivi con la legge di ratifica n. 121/1985.
1. Il matrimonio civile
Il matrimonio civile fu introdotto per la prima volta in Italia con il codice preunitario del 1865 e
divenne l’unica forma di matrimonio riconosciuta dalle leggi dello stato. Fino al 1929, i matrimoni religiosi
non avevano rilevanza giuridica ed era pertanto necessaria la doppia celebrazione al fine di ottenerne il
riconoscimento anche per le leggi italiane.
Le norme sul matrimonio hanno subito profonde trasformazioni derivanti dai cambiamenti sociali e
di costume del Paese, sulla base dei principi costituzionali di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e
dall’acquisizione dei medesimi diritti e doveri (art. 29 Cost.).
2. Le condizioni richieste dalla legge
Il raggiungimento della maggiore età o l’autorizzazione per chi ha compiuto i sedici anni in presenza
di gravi motivi (art. 84 c.c.)
La mancanza di uno stato di interdizione (art. 85 c.c.)
Lo stato libero (art. 86 c.c.)
3. Impedimenti e divieti
La parentela (consanguinei, affini, adottanti-adottati)
Il delitto (omicidio o tentato omicidio di una persona per sposarne il coniuge)
Il divieto temporaneo di nuove nozze, operante per la donna prima che siano trascorsi trecento giorni
dallo scioglimento per morte o divorzio del matrimonio per evitare incertezze di paternità
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4. La celebrazione
Prima della celebrazione è necessario procedere alle pubblicazioni (art. 93 e ss c.c.) che hanno lo
scopo di ricercare gli impedimenti attraverso le opposizioni da parte di genitori o ascendenti e parenti
collaterali entro il terzo grado, del tutore o curatore e del P.M., quando siano a conoscenza di una causa che
impedisca la celebrazione. L’atto di pubblicazione resta affisso alla porta del Comune di residenza degli
sposi per almeno 8 giorni e dal 4° giorno successivo alla compiuta pubblicazione, è possibile celebrare il
matrimonio. Il termine di pubblicazione può essere ridotto o omesso per gravi motivi (art. 100 e 101 c.c.).
Il matrimonio è celebrato pubblicamente nella Casa Comunale davanti all’Ufficiale dello stato civile,
alla presenza di due testimoni, innanzi al quale i nubendi manifestano il loro consenso all’unione. A seguito
delle dichiarazioni e della lettura degli artt. 143, 144 e 147 c.c., che elencano i diritti e i doveri dei coniugi
reciprocamente e nei confronti della prole, viene redatto l’Atto di matrimonio di cui viene data lettura dopo
la celebrazione.
5. Effetti del matrimonio
Con il matrimonio nasce l’obbligo reciproco della fedeltà, dell’assistenza morale e materiale, alla
collaborazione e alla coabitazione. La violazione di uno di questi doveri può portare all’addebito della
separazione che ha come conseguenza diretta la perdita dell’assegno di mantenimento per il coniuge
economicamente più debole.
I coniugi hanno inoltre il dovere di mantenere, educare ed istruire i figli nati nel matrimonio, tenendo
conto delle loro capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni (art. 147 c.c.).
I coniugi contribuiscono alle esigenze della famiglia sia col lavoro professionale sia con il lavoro
casalingo e in relazione alle sostanze di ognuno. La coabitazione può venire meno per cause temporanee e
limitate nel tempo, giustificate da serie circostanze, mentre l’allontanamento dalla casa familiare senza giusta
causa determina la sospensione del dovere di assistenza morale e materiale.
Giusta causa di allontanamento è considerata la presentazione di domanda per separazione
giudiziale, di annullamento o di scioglimento del matrimonio.
Infine, i coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare, che comprende la scelta della
residenza e delle rispettive attività lavorative e dei rispettivi compiti domestici e di cura della prole.
6. L’invalidità del matrimonio
La mancanza dei requisiti richiesti dalla legge – come sopra indicati – al momento della celebrazione
del matrimonio, può condurre all’annullamento. La minore età, lo stato di interdizione, lo stato non libero, la
parentela e il delitto, legittima i coniugi, gli ascendenti più prossimi, il P.M. e in generale chi ha un interesse
legittimo (di natura familiare, morale o economico) e attuale, ad impugnare il matrimonio.
Altre cause di invalidità che legittimano la richiesta di annullamento sono i “vizi del consenso”. Si
tratta di situazioni che hanno indotto uno dei due sposi a contrarre il matrimonio “non liberamente” ma
perché indotto da persone o circostanze. I fatti che rilevano sono:
la violenza morale o il timore di particolare gravità
l’errore sull’identità della persona o sulle qualità essenziali dell’altro coniuge: l’errore deve essere
“essenziale” e deve riguardare: la malattia fisica o psichica oppure un’anomalia o deviazione
sessuale che impediscano il regolare svolgimento della vita coniugale (impotenza coeundi e secondo
alcuni anche generandi)
la condanna per un reato non colposo superiore ai cinque anni di reclusione
la condanna per reati a riguardanti la prostituzione con pena superiore ai due anni
la delinquenza abituale
la paternità (lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal marito)
Il matrimonio dichiarato nullo produce alcuni effetti del matrimonio valido fino alla dichiarazione di
nullità sul presupposto della buona fede di uno o di entrambi i coniugi (matrimonio putativo).
Riguardo ai figli, il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido (art. 128 co. 2 c.c.).
Se la nullità dipende da incesto, il figlio può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice riguardo
all’interesse del figlio (art. 251 c.c.).
Se le condizioni del matrimonio putativo si verificano per entrambi i coniugi, sorge il diritto al
mantenimento, per un periodo non superiore a tre anni, per il coniuge che non abbia adeguati redditi propri.
Mentre il coniuge che ha causato la nullità del matrimonio, e quindi il coniuge in mala fede, è tenuto a
corrispondere all’altro una congrua indennità, a prescindere dalla prova del danno sofferto. Si tratta dunque
di una di una sanzione o di un risarcimento più che di dovere assistenziale nei confronti del coniuge in buna
fede, poiché non dipende dalle condizioni economiche dell’altro coniuge.
7. Il matrimonio ''concordatario''
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Il matrimonio celebrato di fronte ad un ministro del culto cattolico è regolato dalle leggi del diritto
canonico. Il matrimonio religioso può acquistare gli effetti civili se ne viene chiesta la trascrizione nell’atto
di celebrazione.
L’art. 8 del Concordato dispone alcuni adempimenti ai fini dell’acquisizione degli effetti giuridici
nell’ordinamento italiano.
Le pubblicazioni civili presso il loro Comune di residenza degli sposi su richiesta di questi ultimi e
del parroco designato a celebrare il matrimonio canonico. Trascorsi tre giorni dal compimento delle
pubblicazioni, l’ufficiale dello stato civile, dopo aver verificato l’assenza di impedimenti e divieti
inderogabili richiesti dalla legge, rilascia certificato di nulla osta alla celebrazione.
La lettura degli artt. 143, 144 e 147 c.c. da eseguirsi dal celebrante agli sposi al termine del rito
nuziale, che informa i coniugi sui diritti e i doveri, derivanti dal matrimonio sulla base della legge.
La redazione dell’atto di matrimonio in doppio originale che sarà trasmesso, entro cinque giorni dalla
celebrazione, da parte del parroco del luogo in cui il matrimonio è stato celebrato, all’ufficiale dello stato
civile del Comune di quello stesso luogo, per essere trascritto nei registri degli atti di matrimonio. Nell’atto i
coniugi possono inserire la dichiarazione di scelta del regime di separazione dei beni in alternativa a quello
della comunione legale dei beni e il riconoscimento di eventuali figli nati fuori del matrimonio.
L’ufficiale dello stato civile, in presenza delle condizioni per la trascrizione, provvede nelle
successive ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto dandone comunicazione al parroco.
La richiesta di trascrizione può essere respinta se manca il requisito dell’età minima in presenza di
un impedimento inderogabile secondo le norme applicabili al matrimonio civile.
La trascrizione può essere effettuata anche “tardivamente” su richiesta dei due sposi, o anche di uno
di essi, purché l’altro ne sia a conoscenza e non si opponga, sempre che entrambi abbiano conservato
ininterrottamente lo stato libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione, e
senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti da terzi.
Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del
decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo (Rota Romana), possono essere
dichiarate efficaci nella Repubblica Italiana con una domanda alla Corte d'appello competente, che accerterà
con sentenza, mediante un giudizio denominato di “delibazione”, che ricorrano le condizioni richieste dalla
legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia.
In particolare l’autorità giudiziaria dovrà accertare la non contrarietà della pronuncia canonica di
invalidità del vincolo all’ordine pubblico italiano, inteso come insieme di principi che stanno alla base delle
norme costituzionali e delle leggi che sono irrinunciabili (C. Cost. n. 18/1982). Uno di questi principi del
nostro ordinamento è la “buona fede”. Il consolidato orientamento in materia, ritiene che per la dichiarazione
di esecutività della sentenza ecclesiastica che pronuncia la nullità del matrimonio concordatario per
esclusione, da parte di un coniuge, di uno dei principi su cui si fonda il matrimonio cattolico, richiede che
tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge o che sia stata effettivamente conosciuta o non
conosciuta per propria negligenza.
In caso contrario, la delibazione non può avvenire, per contrarietà con l'ordine pubblico italiano, che
prevede il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole.
8. Matrimonio degli altri culti ammessi
E’ possibile celebrare un matrimonio di fronte al Ministro di un culto non cattolico ammesso nello
Stato, al quale la legge n. 1159/1929 riconosce gli stessi effetti del matrimonio civile in presenza di alcune
condizioni.
Il matrimonio è in realtà un matrimonio civile poiché ad esso si applicano interamente le disposizioni
previste per i matrimoni civili, essendo irrilevanti le norme giuridiche della confessione religiosa che
rappresenta, diversamente dal matrimonio concordatario, che segue le regole del diritto canonico.
Il Ministro del culto celebra come delegato dell’ufficiale di stato civile secondo i riti propri della
confessione religiosa. La celebrazione deve essere preceduta dalle pubblicazioni civili ed è necessario il
rilascio del nulla osta. L’atto di matrimonio dovrà essere inviato all’ufficiale di stato civile entro cinque
giorni dalla celebrazione, per la trascrizione negli appositi registri.
Lo Stato ha stipulato Intese per la celebrazione di matrimoni con varie confessioni: la Tavola
Valdese, la Chiesa Metodista, la Chiesa Avventista del settimo giorno, le Assemblee di Dio in Italia,
l’Unione delle comunità ebraiche, l’Unione cristiana evangelica battista e la Chiesa evangelica luterana.
Per gli altri culti con i quali lo Stato non ha stipulato accordi, si applica la legge n. 1159/1929 che
prevede l’autorizzazione governativa della nomina dei Ministri di culto, mentre le Intese ammettono che la
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nomina dei Ministri di culto avvenga in maniera autonoma, a seguito della quale sarà rilasciata idonea
certificazione al fine di verificare che il Ministro di culto nominato abbia la relativa qualifica.
Giuseppina Vassallo Altalex
7 aprile 2014
www.altalex.com/index.php?idu=5271&cmd5=301d014f2640dffd813c42bf70d604ad&idnot=66884
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PARLAMENTO
Camera Deputati 2° Comm. Giustizia
Divorzio breve
8 aprile 2014
213° seduta
in sede referente
C831 Amici, C892 Centemero, C1053 Moretti e C1288 Bonafede, C1938 Di Lello e C2200 Di Salvo
Modifiche all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di presupposti per la
domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Prosegue l'esame rinviato nella seduta del 25 marzo 2014.
http://www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2014&mese=03&giorno=25&view=filtered&commissio
ne=02&pagina=#data.20140325.com02.bollettino.sede00050
Donatella Ferranti, presidente, avverte che i relatori, onorevoli Alessandra Moretti e Luca
D'Alessandro, hanno presentato una proposta di testo unificato, affinché possa essere adottato come testo
base e fissato il termine per la presentazione di emendamenti al 30 aprile prossimo.
Fa presente che l'onorevole Moretti ha rappresentato l'esigenza di procedere all'audizione di un
magistrato competente in materia di separazione e divorzio, e di rappresentanti dell'Associazione italiana
degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF). L'audizione avrà luogo il 24 aprile prossimo.
In particolare, saranno sentiti il dottor Riccardo Rosetti della I sezione civile del Tribunale di Roma
e l'avvocato Luisa Fanni, presidente dell'AIAF, accompagnata dal Presidente dell'AIAF Veneto, avvocato
Alessandro Sartori.
Alessandra Moretti (PD), relatore, illustra la proposta di testo unificato che fissa in dodici mesi il
periodo di separazione necessario per poter proporre domanda di divorzio, portandolo a nove mesi nel caso
di separazione consensuale in assenza di figli minori. Rileva che il testo unificato rappresenta una sintesi tra
le diverse proposte di legge abbinate, che tiene conto delle istanze e della ratio sottese ai singoli
provvedimenti. Ritiene che la riduzione del termine necessario per procedere allo scioglimento del vincolo
matrimoniale possa incentivare gli accordi tra le parti, alle quali viene comunque lasciato un margine di
tempo congruo per poter valutare le modalità della separazione individuate dal giudice tenendo conto
dell'esigenza di garantire comunque un rapporto non conflittuale tra i coniugi anche in considerazione degli
interessi dei figli. Sottolinea pertanto quanto la riduzione dei tempi di separazione sia finalizzata al
raggiungimento di tre obiettivi, quali: la riduzione della conflittualità tra i coniugi, la deflazione delle cause
di separazione e divorzio e la riduzione dei costi del divorzio.
Luca D'Alessandro (FI-PdL), relatore, dopo aver condiviso l'intervento della correlatrice, ricorda
che la proposta di testo unificato è diretta anche a modificare l'articolo 191 del codice civile introducendovi
un comma volto a precisare che nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel
momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il presidente autorizza i coniugi a vivere separati.
Stefano Dambruoso (SCpI), (…)esprime delle perplessità sulla scelta di far decorrere il termine dal
deposito della domanda di separazione, anziché dalla prima udienza in cui è avvenuta la comparizione dei
coniugi innanzi al Presidente del tribunale. A tale proposito ricorda che la Corte di Cassazione ha
sottolineato il ruolo fondamentale svolto dal giudice anche nel caso di procedura consensuale di separazione
con riferimento all'attività di omologazione.
(…) La Commissione adotta come testo base la proposta di testo unificato dei relatori.
http://www.camera.it/leg17/824?tipo=C&anno=2014&mese=04&giorno=08&view=&commissi
one=02&pagina=data.20140408.com02.bollettino.sede00010.tit00010#data.20140408.com02.bollettino.s
ede00010.tit00010
Testo unificato
http://www.camera.it/leg17/824?tipo=A&anno=2014&mese=04&giorno=08&view=filtered&co
mmissione=02#data.20140408.com02.allegati.all00010
Senato 2° Comm. Giustizia Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili.
8 aprile 2014
102° seduta
in sede referente
Prosegue l'esame rinviato nella seduta del 2 aprile 2014.
www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=757755
15
La relatrice, senatrice Monica Cirinnà (PD) espone alla Commissione il contenuto di uno schema di
testo unificato per i disegni di legge in materia di disciplina dei patti di convivenza e delle convivenze di
fatto. Si tratta di una rielaborazione del contenuto normativo recato dai disegni di legge nn. 14, 197, 239, 314
e 909.
Il titolo I disciplina l'istituzione del registro dei patti di convivenza tra persone maggiorenni, anche
dello stesso sesso, che sono chiamate ad iscriversi ad uno specifico registro istituito presso l'ufficio dello
stato civile di ogni Comune. L'articolo 2 reca il contenuto del patto, mentre l'articolo 3 ne disciplina le cause
impeditive dell'iscrizione nel registro. Tra queste, la relatrice evidenzia la sussistenza di un vincolo
matrimoniale in atto e altre ipotesi in parte coincidenti con quelle previste dal codice civile quali cause
ostative al matrimonio. L'articolo 4 e l'articolo 5 prevedono, rispettivamente, la disciplina dell'assistenza
sanitaria e penitenziaria in capo alle parti del patto di convivenza e la successione nel contratto di locazione
in caso di morte. Di preminente rilievo sono le cause di scioglimento del patto di convivenza enumerate dal
primo comma dell'articolo 6. Di tale elenco sottolinea, in particolare, la circostanza per cui il patto si scioglie
qualora sopravvengano le nozze tra i contraenti. Gli articoli 7, 8 e 10 regolano profili quali l'obbligo
alimentare, i diritti del convivente nell'attività di impresa e l'acquisto della residenza da parte del cittadino
straniero che sia parte di un patto di convivenza con un italiano. Del pari sottolinea l'estensione dei diritti del
nucleo familiare al patto di convivenza che è regolata dall'articolo 11. La parte del patto di convivenza è poi
considerata genitore dei figli nati in costanza del patto. Gli articoli 14 e 15 dispongono in materia di
conseguenze previdenziali e pensionistiche del patto di convivenza, nonché di diritti di successione fra le
stesse. Seguono quindi puntuali disposizioni in materia di esoneri, dispense e agevolazioni riconosciute ai
militari in servizio o agli appartenenti alle forze dell'ordine, in tema di inserimento nelle graduatorie per
l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, nonché in punto di inserimento nell'ambito di graduatorie
occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati. Chiude il Titolo II una specifica previsione
riguardante i diritti, le facoltà e i benefici connessi al rapporto di lavoro subordinato che, previsti a favore dei
coniugi o del coniuge del lavoratore, spettano anche alle parti del patto di convivenza. Il Titolo II dello
schema di testo unificato reca la definizione e la disciplina della convivenza di fatto, con particolare riguardo
all'assistenza in caso di malattia o ricovero, alle decisioni in materia di salute e per il caso di morte, al diritto
di abitazione e, di nuovo, per quanto concerne la successione nel contratto di locazione. Della convivenza di
fatto, l'articolo 21 offre una definizione che è quella della stabile convivenza protrattasi per almeno tre anni
tra due soggetti maggiorenni non iscritti al registro dei patti di convivenza oggetto del Titolo I del disegno di
legge.
La relatrice passa quindi ad illustrare lo schema di testo unificato in materia di regolamentazione
delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. L'articolo 1 reca la disciplina del registro nazionale delle
unioni civili tra persone dello stesso sesso che viene costituita, quando queste dichiarano di voler fondare
tale unione di fronte all'ufficiale di stato civile. L'articolo 1 prevede altresì l'enumerazione delle cause
impeditive all'iscrizione al registro nazionale, nonché gli effetti del sussistere di una di esse; ne consegue, in
tal caso, la nullità della stessa unione civile. L'articolo 2 introduce puntuali modifiche al codice civile e in
particolare nell'articolo 86 nel cui testo viene inserita, di seguito alla parola matrimonio, l'unione civile tra
persone dello stesso sesso. Dopo l'articolo 143-bis del codice civile ne viene introdotto un ulteriore che
consente alle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso di stabilire il cognome di famiglia,
scegliendolo tra i loro cognomi. Secondo l'articolo 3 il regime giuridico dell'unione civile si estende alle
disposizioni previste per il matrimonio con l'eccezione dell'articolo 6 della legge 4 maggio 1983 n. 184, in
materia di adozione. L'articolo 4 stabilisce i doveri di solidarietà del rapporto e i diritti successori. In
particolare, le parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso sono tenute al mutuo aiuto morale e
materiale. Si determina poi l'estensione delle disposizioni in materia di successione legittima anche alla parte
legata al defunto da un'unione civile tra persone del medesimo sesso. Conclude rilevando che l'articolo 5
disciplina l'assistenza sanitaria e penitenziaria, l'articolo 6 regola lo scioglimento dell'unione civile tra
persone dello stesso sesso, mentre l'articolo 7 introduce una delega al Governo per la regolamentazione
dell'unione civile mediante uno o più decreti legislativi di cui sono puntualmente indicati principi e criteri
direttivi.
Il presidente Nitto Francesco Palma propone che, al fine di poter svolgere un'approfondita disanima
dei contenuti dei due schemi di testo unificato predisposti dalla relatrice Cirinnà, la Commissione possa
esprimersi, nel corso di una prossima seduta, sul prosieguo dell'esame disgiunto dei due testi o, se del caso,
decidere alternativamente di farli confluire in un solo testo.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=759676
16
Tribunale della famiglia.
8 aprile 2014
102° seduta
in sede referente
Prosegue l'esame rinviato nella seduta del 2 aprile 2014.
Secondo il senatore Sergio Lo Giudice (PD), il disegno di legge presenta contenuti meritevoli di
condivisione poiché prevede una differente organizzazione degli uffici giudiziari in chiave di
specializzazione degli appartenenti all'ordine della magistratura nella materia del diritto di famiglia, dei
minori e delle questioni di stato. Si tratta di un ambito normativo che il Gruppo del Partito democratico si
accinge a regolare con il disegno di legge n. 1238 di cui coglie l'occasione per auspicare la congiunzione con
i provvedimenti in titolo. Rileva, tuttavia, che l'intento di predisporre l'esercizio di una funzione
giurisdizionale specializzata a tutela delle questioni di famiglia e dei minori, potrebbe estendersi anche nella
prospettiva di un'organizzazione degli uffici giudiziari con competenza funzionale estesa alle regiudicande
che vedono come parte tutti i soggetti svantaggiati; si tratterebbe di predisporre un sistema di tutela effettiva
delle loro situazioni giuridiche soggettive meritevoli di particolare riguardo. Sempre nell'ottica di garantire
una funzione giurisdizionale caratterizzata da competenze professionali particolarmente qualificate, auspica
altresì che si possa prendere in considerazione l'ipotesi di affiancare ai giudici togati anche degli estranei
dotati di particolari competenze in materia psichiatrica, pedagogica e, in generale esperti nelle scienze
dell'educazione, proprio per offrire una capacità di decisione del caso concreto particolarmente adatta ed
efficace alle condizioni dei soggetti, che per varie ragioni, possono trovarsi in una condizione di minorità o
svantaggio.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=759676
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SCIENZA & VITA
Caduto il divieto all’eterologa. Avanza la Babele procreativa.
“Con la sentenza della Corte costituzionale, che travalica la funzione politica del Parlamento su temi
complessi che riguardano la società civile e i propri modelli di riferimento culturali, prosegue lo
smantellamento progressivo a mezzo giudiziario della legge 40. Una normativa forse da rivedere dopo dieci
anni, ma che ha avuto il merito di porre un quadro di riferimento scientifico ed etico in tema di procreazione
assistita”, commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, Presidente e copresidente nazionali
dell’Associazione Scienza & Vita.
“In tal modo si apre un inesorabile vuoto normativo che prelude al ritorno a quel far west procreatico
che in questi ultimi dieci anni era stato possibile contenere. Con la cancellazione del divieto di fecondazione
eterologa viene legittimata ogni pratica di riproduzione umana, con il solo pretesto che tutti, comunque,
hanno diritto a veder garantiti i propri desideri. La cultura giuridica si rimette in tal senso al dominio della
tecnoscienza, legittimandone lo strapotere. Questa sentenza apre inoltre lo scandalo del mercato dei gameti:
nessuno garantisce che non avverrà - come già ora all’estero - con lo sfruttamento di chi si trova in difficoltà
economiche”.
“Una sentenza nel solco di quella pronunciata ieri in materia di utero in affitto e che, anche in questo
caso, rimette in questione i capisaldi della civiltà occidentale al cui interno l’esperienza della trasmissione
della vita viene segnata dall’accoglimento del dono senza la pretesa di determinarlo in modo
spersonalizzante. In questo modo invece non vi è riguardo per i diritti dei bambini, chiamati al mondo a tutti
i costi in virtù di un non identificato ‘diritto alla genitorialità’ ”.
Comunicato n. 136, 09 aprile 2014
www.scienzaevita.org/comunicato.php
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SINODO DEI VESCOVI
Austria. Risposte al questionario sulla famiglia.
estratti
passim
La Chiesa cattolica austriaca ha aderito con grande convinzione alla consultazione lanciata dalla Santa
Sede attraverso il questionario allegato al Documento preparatorio della III Assemblea generale
straordinaria del Sinodo dei vescovi, che si terrà dal 15 al 19 ottobre 2014 sul tema «Le sfide
pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione». Per una Chiesa che conta dieci diocesi e
circa cinque milioni e mezzo di fedeli, le oltre 34.000 risposte sono un numero certamente
significativo. La Conferenza episcopale austriaca ha pubblicato sul suo sito una sintesi dei risultati,
elaborata dall’agenzia Kathpress.
Come nel caso della Chiesa tedesca, le risposte evidenziano una netta divergenza tra l’insegnamento
della Chiesa e la posizione dei fedeli, soprattutto sui metodi anticoncezionali, sul trattamento dei
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divorziati risposati e sui rapporti prematrimoniali. «Dalle risposte risulta chiaramente che la Chiesa in
pratica non riesce a trasmettere in modo comprensibile il suo insegnamento su matrimonio, famiglia e
morale sessuale».
La Chiesa cattolica in Austria ha registrato oltre 34.000 risposte al questionario del papa su matrimonio e
famiglia. Per i cattolici austriaci, le affermazioni centrali – amore e fedeltà, matrimonio e famiglia – sono tuttora
grandi valori da perseguire. La religione occupa un posto molto importante anche nelle relazioni e nelle famiglie,
come risulta ad esempio dal notevole accordo sull’educazione cristiana dei figli. Ma in molti punti l’insegnamento
della Chiesa e la posizione dei cattolici divergono chiaramente.
La maggiore divergenza riguarda le questioni dei metodi anticoncezionali, del trattamento dei divorziati
risposati, dei rapporti prematrimoniali e – meno chiaramente – dell’omosessualità.
La stragrande maggioranza dei cattolici è favorevole all’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti
dell’eucaristia (comunione) e della riconciliazione (confessione). Altrettanto preponderante è la maggioranza di
coloro che rifiutano il divieto dei metodi artificiali di regolazione delle nascite da parte della Chiesa. A loro
avviso, la pianificazione familiare è una questione da lasciare alla responsabilità propria dei genitori.
Un punto critico centrale: la Chiesa non prende abbastanza sul serio la realtà del fallimento nel
matrimonio e nella famiglia. Inoltre in molte risposte si esprime il desiderio di un maggiore sviluppo
dell’insegnamento della Chiesa in materia. Dalle risposte risulta chiaramente che la Chiesa in pratica non riesce a
trasmettere in modo comprensibile il suo insegnamento su matrimonio, famiglia e morale sessuale. Le
affermazioni della Chiesa sarebbero caratterizzate da un linguaggio lontano dalla vita. Una percentuale molto alta
delle persone che in Austria hanno partecipato al questionario vaticano dovrebbe provenire da un ambiente
ecclesiale cattolico.
(…)
Schönborn: «Dolore e speranza»
Nell’arcidiocesi di Vienna in novembre e dicembre 2013, oltre 8.000 persone hanno risposto al questionario
originale. Anche la Gioventù cattolica di Vienna ha adottato il questionario originale per i suoi gruppi. In una
trasmissione l’arcidiocesi di Vienna ha riferito che 1.127 persone, in gran parte giovani, hanno usato il
questionario. Molti cattolici si sono serviti di altri adattamenti. Sinteticamente, nella trasmissione si parlava
di una «notevole discrepanza fra l’insegnamento cattolico e la concezione di molti fedeli».
In una prima presa di posizione, il card. Christoph Schönborn ha affermato: «Scorgo sofferenza e
speranza. Mi commuove il fatto che così tante persone abbiano risposto, anche se spesso criticano con
veemenza la Chiesa». A suo avviso nella serietà delle risposte si evidenzia un legame fra spirito critico e
profonda preoccupazione per il futuro delle famiglie e delle persone colpite da problemi familiari. Ha
affermato: «Scorgo la sofferenza e la speranza di molti, per i quali l’insegnamento della Chiesa su
matrimonio e famiglia non è luce nel cammino della vita, ma oscurità e ostilità verso la vita».
L’arcivescovo ha detto di essere particolarmente toccato anche dalle molte testimonianze di vita
personali e dal riconoscimento dei valori del matrimonio indissolubile e della responsabilità nei riguardi
della famiglia. Molte persone hanno usato l’occasione offerta dal questionario per descrivere la loro lotta, i
duri colpi del destino, la loro gioia di sposi e genitori, «e la loro fedeltà spesso dolorosa alla Chiesa». «Nelle
risposte – ha detto il cardinale – odo anche l’appello a un maggior accompagnamento, incoraggiamento,
sostegno da parte della Chiesa. Essa viene spesso percepita, per usare una parola di papa Francesco, come
un luogo nel quale non si promuove, ma si controlla la fede».
Egli consegnerà «coscienziosamente e senza censure» tutte le valutazioni, le opinioni degli esperti,
ma anche una documentazione di tutti i dati raccolti al Consiglio del Sinodo nominato dal papa per la
preparazione del Sinodo dei vescovi: «È un quadro molto espressivo delle preoccupazioni, delle speranze e
della fede, che caratterizzano molti fedeli della nostra diocesi».
Il cardinale ha aggiunto che nel programma della preparazione del Sinodo dei vescovi 2014 c’è
anzitutto una franca visione delle situazioni esistenti nella Chiesa a livello mondiale e di come in esse si
possa scorgere l’azione dello Spirito Santo, e che in questo sguardo sulle situazioni esistenti confluiscono
anche le risposte austriache.
Schönborn si aspetta orientamenti riguardo al contenuto solo dal Sinodo ordinario dei vescovi del
2015: «Lì dovremo rispondere alla domanda sul modo in cui si possono vivere bene il matrimonio e la
famiglia nel XXI secolo ascoltando sia il Vangelo sia ciò che sperimentiamo e speriamo concretamente nelle
nostre relazioni».
La fede nella famiglia è importante
Dettagli significativi nella valutazione dell’arcidiocesi di Vienna. Si parla in modo incoraggiante
della vita di preghiera nelle famiglie, ma spesso si ha la sensazione che si tratti di una pretesa eccessiva. Si
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sperimentano le comunità parrocchiali, i gruppi di sposi e di famiglie, i seminari sulla vita matrimoniale, i
movimenti e la propria famiglia come luoghi di spiritualità familiare vissuta. Le coppie chiedono un maggior
sostegno.
Nelle risposte si è riservato molto spazio al tema dei divorziati risposati, collegato con il desiderio di
un trattamento alternativo da parte della Chiesa. Una prassi rafforzata dell’annullamento del matrimonio è
considerata importante, ma non è vista come una possibile soluzione del problema.
In oltre la metà delle risposte si afferma esplicitamente che la diversa valutazione morale di metodi
«artificiali» e «naturali» per la regolazione delle nascite non è comprensibile e viene rifiutata. Solitamente
l’aborto non viene considerato un metodo di prevenzione ed è esplicitamente rifiutato.
Graz-Seckau: «Un grande successo»
Martedì 21 gennaio 2014 la diocesi di Graz-Seckau ha definito «un grande successo» l’alta
partecipazione alla rilevazione nella Stiria. La diocesi è al primo posto a livello nazionale con 14.221
questionari compilati e restituiti. In una trasmissione la diocesi ha presentato anche alcuni risultati più precisi
della rilevazione. Il 96% si è espresso a favore della ricezione dei sacramenti dell’eucaristia (comunione) e
della riconciliazione (confessione) da parte dei divorziati risposati; il 4% si è detto contrario.
Alla domanda «Condivide la posizione di rifiuto della Chiesa cattolica verso unioni fra persone dello
stesso sesso?», il 29% ha risposto «sì», il 71% «no». Il 95% si è espresso a favore di un’accettazione da parte
della Chiesa dell’uso dei metodi ormonali o di condom per la regolazione delle nascite; il 5% si è detto
contrario.
Alla domanda «Per quanto conosco l’insegnamento della Chiesa, vivo in base a esso», il 68% ha
risposto «in parte», il 21% «sì, pienamente» e l’11% «no». Alla domanda «Cura nella sua famiglia forme di
preghiera comune, che considera appropriate e arricchenti? » il 56% ha risposto «sì», il 44% «no». Alla
domanda «Sarebbe o è importante per lei trasmettere la fede (cattolica/cristiana) ai suoi figli?», l’89% ha
risposto «sì», l’11% «no».
Linz: 1.200 risposte
Nella diocesi di Linz sono pervenute circa 1.200 risposte al questionario vaticano. La tendenza
registrata a livello nazionale si rispecchia anche nell’Austria superiore. Martedì 21 gennaio2014, in una
conferenza stampa, Josef Lugmayr, dell’Ufficio matrimonio e famiglia della diocesi di Linz, ha affermato
che le persone hanno lamentato l’astrattezza e la lontananza dalla realtà dell’insegnamento della Chiesa
rispetto ai problemi umani e ai concreti rapporti quotidiani.
A suo avviso la Chiesa presenta un quadro ideale non realistico della famiglia, che in alcuni punti
può essere perseguito (ad esempio, fedeltà, equiparazione dei partner, valore dei figli nella famiglia), ma in
altri è esagerato e non attuale (ad esempio, divieto dei metodi artificiali di controllo delle nascite, divieto dei
rapporti prematrimoniali, omosessualità).
Lugmayr: «Oggi le persone vogliono essere prese sul serio riguardo alla loro decisione autonoma,
ma coscienziosa e responsabile sul numero dei figli e il momento della loro nascita». La paternità e maternità
responsabile e la pianificazione familiare sono ovvie per persone maggiorenni e vengono considerate una
sfida cristiana.
Nelle risposte si è riservato molto spazio alla relazione della Chiesa con i divorziati risposati. Al
riguardo le parrocchie, i pastori e la maggior parte di coloro che hanno risposto si aspettavano chiaramente
un cambiamento delle norme della Chiesa «in modo che le persone interessate non continuino a subire
un’emarginazione che ferisce», «ritrovino un posto nella comunità e siano anche accompagnate nella loro
nuova gioiosa scelta».
Lugmayr ha aggiunto che le unioni fra persone dello stesso sesso sono considerate un dato di fatto,
ma valutate in modo molto controverso: «In molte parrocchie ci si preoccupa di rispettare la forma di vita
scelta da persone dello stesso sesso e di invitarle e integrarle nella vita quotidiana della parrocchia. Ma
d’altra parte in parecchie risposte si percepisce anche uno scarso entusiasmo e un’incomprensione, si
presenta il problema come marginale o si evita semplicemente di rispondere alla domanda».
In genere coloro che hanno risposto al questionario considerano molto importante la cura della
trasmissione della fede. Lugmayr ha osservato che, riguardo al tema dell’evangelizzazione indicato nel
questionario, spesso le norme della Chiesa relative allo sviluppo e alla trasmissione della fede costituiscono
piuttosto un ostacolo. Nelle risposte sono considerati positivi e utili i corsi di preparazione al matrimonio e
anche le offerte di consulenza matrimoniale, che aiutano le coppie in crisi. (…)
Innsbruck: oltre 5.000 risposte
Nella diocesi di Innsbruck sono pervenuti 5.092 questionari debitamente compilati. Martedì 21
gennaio, in una trasmissione, la diocesi ha affermato che, da una prima valutazione delle risposte, risulta che
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sono considerati molto importanti il messaggio cristiano dell’amore del prossimo e della misericordia e la
sua trasmissione ai figli. Ma riguardo alla domanda su chi sia di aiuto nelle difficoltà relazionali, solo uno su
cinque circa ha indicato il pastore o i consultori familiari gestiti dalla Chiesa. Anche in Tirolo la maggiore
discrepanza fra insegnamento e realtà riguarda le questioni della regolazione delle nascite, del trattamento
dei divorziati risposati e della valutazione dell’omosessualità. (…)
Il vescovo ha sottolineato anche il debito contratto dalla Chiesa nei riguardi del matrimonio e della
famiglia: «Vi sono speranze e paure, c’è la ricerca e la richiesta della felicità e della riuscita della relazione,
nonché l’esperienza della sofferenza, della delusione, delle rotture e del fallimento. Dobbiamo affrontare a
tutti i livelli le richieste del matrimonio e della famiglia. Ciò vale per la pastorale locale, per noi come
diocesi, per la teologia e per la Chiesa universale». Il vescovo si è chiesto facendo autocritica: «Quando sono
veramente importanti le famiglie per noi? Che cosa facciamo concretamente per loro? Quale speranza
possiamo trasmettere?».
Klagenfurt: circa 1.700 risposte rispecchiano una grande partecipazione alla vita della Chiesa
In Carinzia le risposte al questionario vaticano sono state circa 1.700. Martedì 21 gennaio 2014, in
una trasmissione, la diocesi ha affermato che l’elevato numero delle risposte dimostra una grande
partecipazione alla vita della Chiesa e l’importanza del tema. Dalle risposte risulta che sulle questioni della
sessualità esistono chiare deviazioni dall’insegnamento della Chiesa. Il 75% afferma di attenervisi solo in
parte e l’11% di non attenervisi affatto.
Sulla questione della pianificazione familiare i più decidono in base alla loro coscienza e al consiglio
del medico. Il 63% nega l’esistenza di una differenza morale fra metodi di regolazione delle nascite
«permessi» (naturali) e «non permessi». Il 96% si esprime a favore dell’ammissione dei metodi ormonali per
la regolazione delle nascite o dei condom. Al tempo stesso la stragrande maggioranza di coloro che hanno
risposto rifiuta l’aborto.
La maggior parte di coloro che hanno risposto si dimostra tollerante riguardo al trattamento degli
omosessuali e di un’unione registrata fra persone dello stesso sesso. Il 78% non condivide l’atteggiamento di
rifiuto da parte della Chiesa delle «unioni registrate fra persone dello stesso sesso». Tuttavia la maggioranza
si pronuncia contro una piena equiparazione con il matrimonio fra un uomo e una donna. Anche in Carinzia
il 96% dei coloro che hanno risposto auspicano l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione. (…)
Feldkirch: circa 1.500 risposte
Martedì 21 gennaio 2014 la diocesi di Feldkirch ha comunicato che nel Voralberg hanno risposto al
questionario su matrimonio e famiglia circa 1.500 persone. In una trasmissione Walter Schmolly, direttore
dell’Ufficio pastorale di Feldkirch, ha affermato che il risultato è molto sfaccettato.
Globalmente le risposte riflettono la persistenza dell’attribuzione «di un posto importante alla
religione nelle relazioni e nelle famiglie». Il 72% considera importante il matrimonio celebrato in chiesa, il
75% è interessato alle proposte della Chiesa in materia di matrimonio e famiglia, l’86% ritiene importante la
ricezione dei sacramenti e un’educazione cristiana dei figli; il 37% dei genitori prega spesso con i figli, un
altro 30% di tanto in tanto.
Schmolly: «Al tempo stesso le persone sono consapevoli di una discrepanza esistente su vari punti
fra le loro concezioni e l’ideale descritto nell’insegnamento della Chiesa. La maggior parte di loro desidera
un ulteriore sviluppo della posizione della Chiesa su questi punti». Questo è particolarmente evidente sui
temi della regolazione delle nascite (oltre l’80% non condivide la posizione ufficiale della Chiesa), la
convivenza prima del matrimonio (il 75% la considera in regola) e il trattamento dei divorziati risposati (il
91% rifiuta la loro esclusione dalla comunione e dalla confessione; l’80% auspica la possibilità di un
secondo matrimonio in chiesa) e delle unioni fra persone dello stesso sesso (il 61% può immaginare un rito
di benedizione per le coppie dello stesso sesso).
St. Pölten: spesso l’insegnamento della Chiesa è poco conosciuto
(…) Markus Mucha dell’Ufficio pastorale della diocesi ha sintetizzato i risultati affermando che da molte
risposte risulta che solo un numero molto ristretto di cattolici possiede una conoscenza più precisa
dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sui metodi naturali di regolazione delle nascite. Secondo
molti, la ragione per cui le persone non leggono e non comprendono «i documenti del magistero» è «la loro
formulazione complicata e perciò difficilmente comprensibile ». Mucha ha affermato che sono state criticate
anche le grandi differenze nella pratica delle regole della Chiesa: «Molto spesso anche queste regole sono
messe in discussione». (…)
Zsifkovics: «Ogni singola risposta sarà portata a Roma»
(…)
La maggior parte delle risposte attesta che il modo in cui attualmente le persone vivono e le richieste
dell’insegnamento della Chiesa divergono, ma, secondo la diocesi, questo è dovuto non tanto a un rifiuto
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consapevole delle concezioni valoriali della Chiesa, quanto piuttosto a costrizioni sociali esteriori e a
oppressioni esistenziali. Un’altra affermazione cruciale che, secondo la trasmissione, attraversa le risposte è
il fatto di non essere riusciti a trasmettere l’insegnamento della Chiesa in modo tale da renderlo
comprensibile ai fedeli.
In una prima presa di posizione il vescovo Ägidius Zsifkovics si è rallegrato per l’ampia
partecipazione e per la ricchezza dei contenuti. Si impegnerà personalmente a far «pervenire a Roma ogni
singola risposta. Il santo padre ha chiesto la loro opinione alla gente ed essa merita di ricevere le risposte, per
quanto scottanti esse possano essere». I fedeli, «che si sono presi la briga di rispondere a quelle domande,
hanno meritato di essere ascoltati al centro». (…)
Salisburgo: un atteggiamento più umano verso «chi ha fallito» è fondamentale
L’arcidiocesi di Salisburgo ha ricevuto di ritorno circa 750 risposte al questionario (on-line e in
forma cartacea). Le risposte rispecchiano il contesto nazionale. In esse ritorna spesso la richiesta di un
atteggiamento più umano verso chi ha fallito e verso i divorziati risposati e di un’apertura generale della
Chiesa sulle questioni relative alla comunità del matrimonio e della famiglia.
Al tempo stesso risulta chiaramente che c’è ben più di una scarsa conoscenza dell’insegnamento
della Chiesa. L’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia è troppo avulso dalla realtà.
L’arcidiocesi ha anche affermato che le persone vorrebbero che si lasciasse ai coniugi, nella loro libera
responsabilità, la decisione riguardo al numero dei figli.
Ordinariato militare: critica all’insegnamento della Chiesa su famiglia e sessualità
L’ordinariato militare ha comunicato di aver ricevuto di ritorno 50 questionari compilati, provenienti
per lo più da militari del servizio di leva. La maggior parte delle risposte rispecchia la posizione critica
ampiamente diffusa sull’insegnamento della Chiesa in materia di famiglia e sessualità. Tuttavia una piccola
parte dei giovani ha espresso non solo comprensione per la posizione della Chiesa, ma addirittura difeso
esplicitamente questa posizione. Alcune risposte oscillano fra questi due poli.
La diocesi militare ha affermato: «Generalmente in quasi tutte le risposte si esprime il desiderio di
cambiamenti nell’insegnamento della Chiesa e nella pratica pastorale, soprattutto sui temi dei divorziati
risposati, della regolazione delle nascite e della morale sessuale nel suo complesso».
Ma appare chiaramente anche l’esistenza di un’ignoranza molto diffusa riguardo alla dottrina e alla
pratica della Chiesa o anche interpretazioni errate o fraintendimenti di determinati aspetti. In questo campo
appare una carenza di informazione da parte della Chiesa e la necessità di informare meglio le persone su
queste questioni dal punto di vista della Chiesa.
La diocesi ha affermato, inoltre, che hanno riscosso un notevole interesse anche le domande relative
alle persone omosessuali. Le risposte vanno dalla richiesta di un’equiparazione dell’unione fra persone dello
stesso sesso con il matrimonio a un veemente rifiuto di una tale politica. Nelle maggior parte delle risposte
c’è la richiesta di una maggiore comprensione per queste persone da parte della Chiesa.
Il Regno documenti n. 7
aprile 2014
www.ilregno.it/php/view_pdf.php?md5=7574345746f2e0a2d28c1e7ac0ab8dfc
Conferenza Episcopale Italiana: il questionario.
(…)
Il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, riunitosi a Roma, il 27-29 gennaio
2014 che si era aperto con la prolusione del Cardinale Presidente, si è soffermato anche sulla sintesi relativa
alle risposte delle diocesi al documento preparatorio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo
dei Vescovi. (…)
2. Fame di famiglia. Il questionario, che la Segreteria Generale del Sinodo ha inviato alle diocesi in
vista della preparazione dell’Instrumentum laboris, ha riscontrato una risposta pronta e capillare. Ai membri
del Consiglio Permanente ne è stata presentata una sintesi, da cui emerge innanzitutto un diffuso interesse
per il tema della famiglia. Gli interpellati manifestano il desiderio di trovare nel Sinodo indicazioni capaci di
sollecitare un rinnovato annuncio del Vangelo del matrimonio e della famiglia, a fronte di problematiche che
in maniera sempre più invasiva tendono a scardinare dal punto di vista antropologico i fondamenti della
famiglia.
comunicato finale
Roma, 31 gennaio 2014
www.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_cei/2014-02/043/Comunicato%20finale%20CEP%20gen2014.pdf
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