Giugno 2014 - Gruppo Alpini Genova Centro

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Genova-Italie
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Poste Italiane S.p.A- Spedizione in abbonamento postale - 70% NO/GENOVA N° MP-NO
2233/2011 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO inviare all’ufficio PTGe Aeroporto detentore del
conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.
Anno V - Numero 1
Periodico del Gruppo di Genova - Centro
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Pubblicazione distribuita gratuitamente ai Soci
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ASSEMBEBBRAIO 2014
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23 APRILE 2014 - SERATA SPECIALE CON IL CABARETTISTA ROBY CARLETTA
Serata speciale con, ospite d’onore, il noto cabarettista, attore e autore genovese Roby Carletta, (STen. Alpini) che ha intrattenuto il
Gruppo in un divertentissimo dopo cena ricco anche di aneddoti di vita militare. Nel corso della serata gli è stato consegnato il distintivo per il 35 anni di iscrizione all’A.N.A. e la litografia del 90° di costituzione nel nostro Gruppo dal Capo Gruppo Giuseppe Fusco. E’
stato premiato sempre per il 35° di appartenenza al Gruppo il Vice Capo Gruppo Alberto Catti.
A Vittorio Ferrante è stato consegnato un riconoscimento per la sua lunga appartenenza alla Protezione Civile.
Alla serata erano presenti il Presidente Sezionale Pietro Firpo, il Capitano degli Alpini Lo Prete, comandante degli alpini in servizio a
Genova per l’ “Operazione strade sicure”, i generali Masserdotti e Ceragno e gli uomini del S.O.N. (servizio d’ordine nazionale) della
nostra Sezione. Una bellissima serata senz’altro da ripetere in futuro.
UNA RIFLESSIONE DEL NOSTRO V. CAPOGRUPPO GINO TURCHINI
Alpino, alpinità, spirito alpino l’ho sentito definire in mille modi, ma nessuno secondo me è del tutto esaustivo.
Gli alpini sono di tanti tipi quanti sono gli alpini. Ognuno è come per tutti gli uomini un mondo a se, con tutti i pregi e tutti i difetti che caratterizzano il genere umano, cosa che li rende così diversi al punto da formare oltre gli stereotipi più o meno allegorici o
celebrativi una corrente di pensiero o addirittura uno stato dello spirito!!!
La “sfiga” di essere umili e di nulla aspettarsi dal mondo, sia quello degli elementi climatici e geopolitici, sia di un contesto politico sociale che condiziona la nostra esistenza. Tutto ciò agli alpini scarica addosso sole che brucia, acqua, neve, grandine, durezza di piccone, mazzuolo, ascia, pistocco, zappa, falce, martello, cazzuola, carriola insomma tutti strumenti di lavoro duro che gli
alpini con sacrificio, abnegazione e senso di solidarietà portano avanti; questo è il motivo per cui dove giungono gli alpini, tutto
funziona a dovere. Umili ma non “minchioni”, perché la sfiga è possedere anche una testa e piccarsi di volerla usare.
Quando la moltitudine si fa vanto di non avere ideali, l’alpino ne ha a decine e non aspetta che siano gli altri che le mettano in pratica, si butta e agisce in prima persona. Agisce per sé e per chi non sa, per chi non può e per chi non vuole agire, per desiderio
di pulizia, ordine e buon vivere. Semplicemente senza attendersi prebende o ringraziamenti, fa perché sa fare, non teme fatica,
anzi la fatica è il metro con cui misura se e gli altri, come nel libro “Racconti di naja alpina” dove il fante che vuole provare il peso
dello zaino che un alpino ha davanti a sé, si sente dire senza iattanza “lascialo stare che ti viene l’ernia”.
Dedicato a tutti i fratelli che hanno portato lo zaino alpino.
Gino Turchini
(Vice Capo Gruppo Genova Centro)
SOMMARIO
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Serata con Roby Carletta - Sommario;
Assemblea del Gruppo;
Storia di un veterano di Russia (2a parte);
Le mitragliatrici degli alpini 1911 - 1940;
Battaglione Pieve di Teco (1a parte);
Adunata Nazionale degli Alpini Pordenone;
Venti di guerra sull’Europa;
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13-14:
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17-18:
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20-21-22:
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24:
Le date e i fatti della Grande Guerra (1914);
Un episodio di vita militare;
Ricordo del Col. Antonio Sulfàro;
Benedetto XV;
Attività del Gruppo;
La Bacheca;
Calendario manifestazioni 2014;
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16 FEBBRAIO 2014 - PREMIAZIONE ANZIANI DEL GRUPPO
Orietta DORIA
Enrico MERLO
ONE
Carlo BIR
NSI
Franco SE
Norberto FERRETTI
PETTO
meo RE
Bartolo
E
ino FIRENZ
DANI - D
Italo BREN
Ernesto CONTE
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LA STORIA DI UN VETERANO DI RUSSIA (2a PARTE)
Per fortuna il carro armato che avevo di fronte e che stava per schiacciarmi fu colpito nei cingoli dalle nostre armi
anticarro e si fermò improvvisamente anche se continuava a sparare. Io e un alpino di Valdinferno Ormea (Sv), un
certo Campero, eravamo sul carro armato per cercare di bloccarlo. Non so come, ma con un pezzo di ferro raccolto per terra riuscii a rendere inoffensivo il cannoncino e a non farlo più sparare. Per
questo motivo mi fu concessa la medaglia di bronzo al valor militare. Ma il peggio
doveva ancora venire. In qualche modo riuscimmo a proseguire la nostra fuga.
Trovammo un pozzo (utilizzato per riparare dal freddo le patate e i cavoli) e ci buttammo dentro. Pensavamo di essere i primi ad averlo scoperto ma con sorpresa lo
trovammo già occupato da una decina di soldati italiani. Nel frattempo i carri armati
russi proseguirono il loro cammino e quando non li abbiamo più sentiti siamo usciti
da quel buco. Eravamo rimasti pochi e in pochi ci siamo radunati. C’era anche il mio
capitano, un certo Corrado. Così abbiamo ripreso la ritirata anche se era difficile
uscirne fuori perché incontravamo carri armati russi in continuazione e non facevamo
che andare avanti e indietro per evitarli. Ma un bel giorno il nostro tentativo di fuga si
bloccò definitivamente. Era il 28 gennaio 1943. Trovammo sul nostro cammino tante
slitte dotate di mitraglia e due soldati russi a cavallo che, vista la nostra presenza, ci
vennero incontro per parlare con i nostri ufficiali. Il dialogo durò alcuni minuti anche
Portesine tra Leonildo
se noi non capivamo nulla di quello che dicevano. In poche parole chiesero la nostra Lodovico
Ivaldi (cl. 1921), a sinistra Aldo
(cl. 1922) entrambi di
resa. Il tentativo di aprirci un varco fu inutile e non rimaneva che arrendersi. Nell’ultima Laneri
Ponzone (AL)
colonna che venne bloccata c’era anche il generale Emilio Battisti, il comandante
della divisione Cuneense. Gli ufficiali italiani li portarono da una parte e i soldati, dopo
alcuni controlli, dall’altra. Nella sacca creata dai russi c’era di tutto: tedeschi, italiani, rumeni, ungheresi, soldati di
qualunque nazionalità. I tedeschi facevano di tutto per non farsi riconoscere come tali altrimenti avrebbero rischiato
la vita e con lo stratagemma di indossare giacche militari dell’esercito italiano qualcuno di loro si salvò la vita. Presi
prigionieri, ci portarono inizialmente a Waluiki dove giungemmo la sera e dove fummo rinchiusi in enormi capannoni, nei quali stavamo rannicchiati uno accanto all’altro in attesa del nostro destino. Una striscia di pane al giorno era
tutto il nostro mangiare. Una fame da morire, anche perché avevamo già passato quindici giorni di ritirata senza mettere qualcosa nello stomaco. Dopo una quindicina di giorni arrivò una tradotta che doveva portarci in un qualche
ricovero ospedaliero: c’erano tanti feriti; c’erano soldati con gli arti congelati e qualcuno che addirittura perdeva i
piedi; c’erano tante persone con gravi problemi intestinali. Ci hanno chiusi in un vagone che presentava una specie
di soppalco con un tavolato di legno: eravamo circa novanta. Io trovai posto nella parte superiore. A ciascuno di noi
venne dato un barattolo di cavoli e cetrioli e tre sacchetti di pane secco,simile alle fette biscottate, dicendoci “questo deve bastare per tutto il viaggio!”, un viaggio che avrebbe dovuto durare cinque, sei giorni. Ma dopo due ore avevamo già mangiato tutto e il viaggio durò circa un mese.
Lo chiamavamo il treno della morte. Ogni tanto qualcuno moriva per gli stenti. Questo fu per me il periodo peggiore della vita militare: senza bere e senza mangiare. Ancora oggi non so come ho fatto a sopravvivere.
Era difficile sopravvivere. I primi giorni di viaggio la gente impazziva, urlava, si picchiava. Dopo qualche giorno non
ne aveva più la forza. Il treno veniva aperto dai russi solo ogni quattro o cinque giorni per portare via i morti mentre
i vivi non potevano scendere né ottenere cibo. Morivamo come mosche! Sì, morivamo come mosche! Avevamo fatto
un buco nel tavolato del pavimento del vagone per fare i nostri bisogni. Poi, per non far entrare il freddo, lo coprivamo con un cadavere, di volta in volta diverso. Bevevamo, leccandole, le gocce che scendevano dalla lamiera del soffitto del vagone oppure,se andava bene, tiravamo su la neve, sempre attraverso quel buco nel pavimento, con una
scatoletta legata ad una cordicella. Era ben poco ma era un sollievo perché riuscivamo ad eliminare quell’arsura
opprimente. Quello che mangiavo in caserma a Ceva, anche se non particolarmente buono, mi sembrava un pasto
da signori, per non parlare di quello che mangiavo nel distaccamento di Limone dove c’era un cuoco di Cortemilia
che cucinava veramente bene e ci lasciava la marmitta a disposizione per prendere quello che volevamo. A peggiorare la situazione furono i pidocchi che li potevi prendere a manciate in qualunque parte del corpo. Giunti a destinazione, fu aperto il portellone per far scendere i prigionieri e solo la metà dei novanta in partenza era ancora viva. In
una specie di ospedale ci diedero subito una zuppa di miglio che per me, in quel momento, era la cosa più buona
al mondo. Ci spogliarono, ci rasarono dalla testa ai piedi e poi ci infilarono sotto la doccia. Ma la situazione peggiorò quando si diffuse il tifo petecchiale che colpì praticamente tutti. Tanti sopravvissuti alla guerra e al viaggio sulla
tradotta dovettero soccombere di fronte a questa calamità. Al mattino ci davano una fetta di pane con il burro,a mezzogiorno e sera un mestolo di minestra con miglio e patate. In qualche modo mi sono ripreso. Mi salvai anche questa volta, pur pesando solo più trentadue chili rispetto ai settanta che ero: pelle e ossa e null’altro. Sembravo la morte
che cammina. Un amico di Ovada che occupava la brandina vicino alla mia morì proprio il giorno di Pasqua. Faceva
freddissimo ma i russi riuscivano a costruire edifici che avevano stanze calde perché ben isolate. Le pareti erano
costituite da due file di tronchi separate da una camera d’aria che isolava dall’esterno.
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In quell’ospedale mi fermai per un lungo periodo o meglio fino
a quando mi trasferirono con altri commilitoni a Kirow ai confini con la Finlandia, dove d’estate era sempre giorno. A Kirow
iniziai facendo il boscaiolo in un campo di lavoro pieno di pinete e la mia mansione era quella di tagliare i tronchi in tanti pezzi
lunghi uguali con degli “arsiòn” più grandi me. Ma anche se
ero migliorato fisicamente facevo fatica a reggermi in piedi
perché ero troppo debole e non riuscivo a proseguire l’attività
del boscaiolo. Così mi assegnarono ad un lavoro meno impegnativo, quello dell’aiuto cuoco in un ricovero per prigionieri di
guerra. Era un ricovero tutto cintato con assi alte tre metri e
con reticolati che impedivano di vedere oltre. E poi non si
poteva certo scappare, anzi non ci passava certo per la testa
La casermetta di Limone Piemonte
di scappare. La cuoca, una certa Olga originaria della
Mongolia, mi prese a ben volere e mi trattenne come aiutante
fino al giorno della liberazione. In questo periodo sono stato bene perché mangiavo anche se quello che mangiavo
mi faceva gonfiare come un pallone. Il mio stomaco non era più abituato a ricevere cibo. Con me c’era un amico di
Roccagrimalda (Al), un certo Minetti, che mi diceva sempre “Mangiamo! Mangiamo!”. Anche lui faceva l’aiuto cuoco.
In cucina facevamo turni di ventiquattro ore iniziando al mattino alle sette. In pratica, lavoravo un giorno sì e uno no.
In quel ricovero-ospedale erano severissimi. C’era il direttore sanitario (se così si poteva chiamare) che ad ogni pasto
assaggiava tutti i cibi che avevamo preparato e controllava personalmente che fosse cucinato tutto ciò che era previsto. Secondo lui, il cuoco doveva fare il cuoco e non svolgere altre mansioni, neanche toccare la legna da buttare
nella stufa. Dopo la cattura da parte dei russi i miei genitori non avevano più saputo nulla di me, non avevano più
ricevuto informazioni. Oltretutto (e questo l’ho saputo dopo la guerra) il 26 aprile 1943 il Comando Deposito del 1°
Reggimento alpini di Mondovì Piazza compilò il verbale di irreperibilità scrivendo “ … l’alpino Portesine Lodovico …
deve considerarsi disperso in combattimento dal 26 gennaio 1943, XXI … “. Per fortuna, qualche mese prima di
essere liberato, la radio iniziò a comunicare quotidianamente l’elenco dei soldati italiani prigionieri che erano ancora vivi. Grazie alla radio i miei genitori seppero che ero
ancora vivo e fu un cugino ad avvisarli. Quest’ultimo, appresa la notizia, corse come
un forsennato a casa mia per avvertire i miei genitori. Così mi riferirono quando tornai
a casa. Nel campo di prigionia mi avevano dato una cartolina per scrivere, la scrissi ma
a Ciglione arrivai prima io della cartolina.
Quando i russi ci hanno liberato (fine agosto del ’45) ci hanno imbarcato su una tradotta senza dirci nulla. E’ come se ci avessero detto “Andate e arrangiatevi!”. Quasi
due mesi per arrivare in Italia, a Tarvisio (Ud). Erano gli ultimi giorni del mese di ottobre
del 1945. A Udine ci hanno vestito dandoci una camicia, una giacca e un paio di pantaloni e così rivestiti ci hanno trasferiti a Milano dove ci interrogarono chiedendo chi
eravamo e dove eravamo stati prigionieri. Arrivato ad Acqui sono subito andato da mio
zio per chiedere come stavano i miei familiari. Mio zio rispose “Vai pure che sono tutti
a casa compresi i tuoi fratelli”. Per me fu una gioia immensa. Tirai un sospiro di sollie- Lodovico Portesine (a destra) con
Raineri (cl. 1921) di
vo e, tranquillizzato, presi la corriera. Arrivato a Ponzone tutti mi festeggiarono perché Guido
Grognardo (AL) disperso in Russia
era raro che un soldato tornasse vivo dopo anni di prigionia in Russia. A Ponzone
incontrai, dopo tre anni, commilitoni che nello stesso tempo erano anche miei compaesani. Sul fronte russo ero con
Aldo Laneri (cl.1922): la mia postazione era vicino alla sua e solo la ritirata ci divise. Aldo mi raccontò le sue vicissitudini ritenendosi fortunato perché uscì dalla sacca creata dai russi salendo su un carro armato tedesco. Ai tedeschi
regalò le gallette che aveva ancora nello zaino e così riuscì a percorrere la strada a ritroso per almeno venti chilometri. Anche Mario Assandri (cl. 1918) era con me e ci vedevamo spesso anche se Mario era in un’altra compagnia.
Poi la mia gioia più grande fu quella di ritrovare a casa, sani e salvi, i miei tre fratelli: Marco (cl.1913), che venne arruolato nell’artiglieria campale, Elia (cl.1921), guardia alla frontiera, e Matteo (cl.1924) in cavalleria. L’8 settembre 1943
Matteo fu deportato, dopo appena quindici giorni di naja, nei campi di lavoro tedeschi. Questa che vi ho raccontato è la mia travagliata vita militare che però ricordo sempre volentieri perché mi ha segnato per tutta la vita. E proprio perché la ricordo volentieri mi piacerebbe, magari tramite il periodico nazionale L’Alpino, cercare gli undici componenti della mia squadra, la 1° squadra della 5° compagnia del battaglione Ceva, con i quali ho condiviso la tristi
vicende del fronte russo. Purtroppo di loro non ho più avuto notizie dal momento della ritirata e non ricordo più il
nome di tre di questi ma degli altri otto ricordo ancora sia il nome sia la località di provenienza: il caporale maggiore Gavotti di Ormea; il caporale Pelazza di Montezemolo; i soldati: Luigi Ghiglione di Genova Molassana, Giuseppe
Bianchi di Vesime o Cessole (At), Michele Piana di Montechiaro Denice (Al), Campero di Valdinferno Ormea, Gaggero
di Mombaruzzo (At) e Aloi di Trento. Dovessi per caso ritrovarli o ricevere loro notizie sarebbe per me il più bel regalo che possa ricevere. Nelle difficoltà gli amici rimangono tali per tutta la vita e non si dimenticano mai.
Lodovico Portesine
(Fine)
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Le mitragliatrici degli Alpini, 1911 - 1940
Le prime mitragliatrici ad entrare in servizio nell'Esercito Italiano furono la Gatling americana e la Gardner inglese,
armi imperfette semiautomatiche alimentate a caduta ed azionate manualmente a mezzo di manovella.
La svolta si ebbe nel 1883, con la comparsa della prima vera mitragliatrice automatica, la Maxim, che acquistata,
fu distribuita ai Battaglioni di fanteria. Gli alpini dovettero attendere la guerra Italo-Turca del 1911 per avere in organico una sezione mitragliatrici MAXIM mod. 1906. Per unificare il munizionamento, fu richiesto alla ditta costruttrice, l'inglese Vickers, di
modificare il calibro riducendolo ai 6,5 mm. Quest'arma prese il nome
di MAXIM-VICKERS mod. 1911 e fu distribuita a partire dal 1913. Nel
luglio 1914 l'Esercito ne aveva in dotazione 300.
Era una mitragliatrice raffreddata ad acqua con un manicotto serbatoio
della capacità di 4 litri. Ad otturatore rinculante aveva una presa ausiliaria di gas alla bocca della canna. Il munizionamento era identico a
quello del fucile mod. 91; pesante 33 kg totali era scomponibile in 2
La mitragliatrice FIAT mod. 1914
parti (mitragliera 14, treppiede 19 kg) someggiabile o spallabile. La
celerità di tiro era di 500 colpi/minuto, l'alimentazione avveniva
mediante nastri di tela da 200 cartucce.
Alla Fiat intanto si lavorava al progetto ideato dal Cap. d'Artiglieria Revelli. Nata nel 1910 quest'arma fu successivamente modificata e messa a punto. Nel 1914 fù adottata nella sua versione definitiva e nel novembre dello stesso anno, la Fiat si impegnò a fornirne 50 esemplari al mese.
La FIAT mod. 1914 era un'arma a corto rinculo di canna, con celerità di tiro di
500 colpi/minuto. La canna lunga 650 mm era di calibro 6, 5 mm e presentava 4 righe destrorse. Il raffreddamento era ad acqua con manicotto avvolgente contenente 5 litri e serbatoio ausiliario di 12 litri con pompa. L'alimentazione
avveniva a mezzo di un serbatoio a cassetta contenente 50 cartucce in 10
scomparti. Lo scatto poteva essere: ordinario, a tiro rapido, intermittente.
Pesava 17 kg e con il treppiede raggiungeva i 38,5 kg. Someggiabile e spallabile, era balisticamente una buona arma ma eccessivamente complessa e
tendente all'inceppamento. Poichè la FIAT non riusciva a soddisfare le pressanti richieste, fu necessario ricorrere alla produzione straniera, acquistando in
Francia la mitragliatrice SAINT ETIENNE mod. 1907.
Quest'arma a sottrazione di gas, con canna raffreddata per dispersione a
mezzo di un radiatore di bronzo, aveva calibro di 8 mm ed era alimentata da
La mitragliatrice SAINT ETIENNE mod. 1907
caricatori da 25 cartucce o nastri di 150/200 colpi. Costruita con soluzioni
meccaniche d'avanguardia ma molto complicate che la rendevano impopolare per l'estrema delicatezza di funzionamento, pesava 50, 3 kg, scomponibile in 3 parti (arma, supporto, treppiede). Cessò d'essere importata nel 1918 quando la Fiat riuscì a garantire la consegna delle quantità richieste.
Nel corso della guerra l'armamento dei Battaglioni alpini fu notevolmente incrementato. Nel 1917 ogni Compagnia
aveva in dotazione una sezione di pistole-mitragliatrici Villar Perosa. Nello stesso anno ad alcuni Battaglioni venne
assegnata un'intera Compagnia mitraglieri, su 3 sezioni munite ognuna di 2 Fiat mod.1914.
La pistola-mitragliatrice FIAT mod. 1915 (VILLAR PEROSA ) era un'arma originale progettata dal Col. Revelli e
costruita dalla RIV di Villar Perosa (To). Era costituita da due armi abbinate ad otturatore rinculante calibro 9 mm
Glisenti, munite di caricatori verticali da 25 colpi. L'estrema maneggevolezza dovuta alle limitate dimensioni ed al
basso peso (6,52 kg), unita alla elevata cadenza di tiro, la rendeva molto utile in circostanze di offesa/difesa a distanza ravvicinata.
Nelle ultimissime fasi della guerra fu impiegata una nuova mitragliatrice leggera costruita a Villar Perosa, la SIA mod
1918.
Quest'arma rimasta in dotazione sino al 1930, aveva calibro 6, 5 mm, canna fissa ed otturatore rinculante.
L'alimentazione avveniva a mezzo di un serbatoio verticale da 50 cartucce. La celerità di tiro era di 600 colpi/minuto. Il peso dell'arma era di 10, 7 kg, treppiede di 5, 6 kg. Era una mitragliatrice molto leggera, rustica e maneggevole che si inseriva tra armamento individuale e quello d'accompagnamento costituito dalla mitragliatrice Fiat. Negli
anni 30 gli alpini risultavano equipaggiati :
Battaglione : una Compagnia Mitragliatrici Pesanti
Compagnia : un Plotone Mitragliatrici Pesanti su due Squadre
Plotone Fucilieri: una Squadra Mitragliatrici Leggere.
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Nel decennio 1920-30 fu compiuto un notevole sforzo per
fornire una nuova arma per il Plotone Fucilieri. Dopo aver
sperimentato vari tipi (Fiat mod. 1926 e mod. 1928, Breda
tipo 5c e mod. 1929), fu adottata nel 1930 un'arma progettata e costruita dalla società Breda, il fucile-mitragliatore
BREDA mod. 1930.
Quest'arma che si presentava esteticamente come un grosso fucile con calcio in legno ed impugnatura a pistola, sfruttava per le operazioni automatiche di riarmo il sistema del
corto rinculo della canna. Munito di bipiede ripiegabile, il
fucile mitragliatore pesava 10, 6 kg. Il calibro era 6, 5 mm e
l'alimentazione avveniva a mezzo lastrine di ottone contenenti 20 cartucce, la velocità iniziale era di 630 mt/sec.
Dotato di buone qualità balistiche e di maneggevolezza, era
meccanicamente molto complesso e richiedeva un'accurata manutenzione (perfetta pulizia dei meccanismi e lubrificazione).
Dotate le Compagnie di una moderna arma di squadra, lo
Stato Maggiore cercò di fornire ai Battaglioni un'arma
pesante non solo di nome ma di fatto. Era perciò indispensabile variare il munizionamento, sostituendo la troppo leggera palla cal. 6, 5 con un'altra avente gittata e penetrazione maggiori.
Scelto il calibro 8 mm, fu inizialmente demandata alla Fiat
la produzione di un ridotto numero di armi Mod. 1914 modificate e rinforzate per l'impiego della nuova cartuccia.
Quest'arma la FIAT mod 1935 giunse però troppo tardi per
partecipare alla guerra d'Etiopia.
Nel 1937 la Breda allestiva una splendida mitragliatrice da 8
mm, che fu adottata dallo Stato Maggiore e fu distribuita agli
alpini a partire dal 1940.
Quest'arma, BREDA mod. 1937, eccellente sotto tutti gli
aspetti, era a sottrazione di gas con chiusura a blocco verticale comandata da un pistone. La canna lunga 740 mm raffreddata per dispersione, presentava 4 righe destrorse.
L'alimentazione avveniva con lastrina di 20 cartucce, la celerità di tiro era di 400 colpi/minuto. La velocità iniziale era di
780 mt/sec e la gittata massima di 5800 mt. Pesante completa di treppiede 38, 2 kg, aveva la sua dote principale nella
eccezionale stabilità. Inquadrato il bersaglio, poteva sparare
centinaia di colpi senza saltare e senza richiedere ulteriori
aggiustamenti
MARGARITA
Fucile mitragliatore Breda mod. 1930
Mitragliatrice Breda, cal. 8 mod. 37
Sul libro "Le armi degli alpini dall'ottocento ad oggi" di M.
Signorini - Walmar 2007, vengono citate anche la mitragliatrice americana ma costruita in Francia Hotchkiss mod 14.
Pesante 25 kg più 23 di treppiede , era alimentata con lastrine da 25 o 30 colpi. Funzionava col sistema a ricupero di gas.
Altra arma il fucile mitragliatore francese Chauchat. Dotato di
bipiede era lungo 1410 mm pesava 9, 5 kg con cadenza di
tiro di 240 colpi al minuto. Sparava cartucce 8x50 Lebel contenute in caricatori da 25 colpi dalla caratteristica forma a
mezzaluna. Era molto soggetto all'inceppamento.
Fonte: vecio.it
Pubblicità dell’epoca della BREDA
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Battaglione Alpini Pieve di Teco (Prima parte)
Suo progenitore è il btg “Alto Tanaro” (cp 1^-2^-3^) di stanza a Pieve di Teco inquadrato nel 1° reggimento alpini.
Nel 1887 cambia denominazione diventando btg “Pieve di Teco” (cp 2^-3^-8^) nappina rossa.
Durante la prima guerra d’Africa, nel 1895, gli uomini del “Pieve” ebbero il battesimo del fuoco. Soltanto nove alpini, dei numerosi partiti volontari, ritornarono in Patria; gli altri caddero gloriosamente ad Adua. Una medaglia d’argento e due di bronzo alla memoria, una d’argento e una di bronzo ai superstiti. testimoniano di che tempra fossero fin da allora gli uomini del “Pieve”.
Allo scoppio della 1^ Guerra Mondiale vengono formate le cp 107^ e 115^che verranno cedute al btg “Monte
Saccarello” (cp 107^-115^-120^).
Figlio del Pieve di Teco è anche il btg “Valle Arroscia” (cp 202^-203^-208^).
All’inizio delle ostilità si trova dislocato in alta Carnia dove aveva costruito due strade, una
in Val Raccolana, l’altra in Val Dogna, utili per i rifornimenti .Nella prima decade di maggio 1915 si avvicina alla linea di confine e si disloca con i vari reparti a Sella Nevea, ricovero Canin , Sella Grubia, al Cregnedul e a Sella La Buia.
La sera del 23 maggio le artiglierie nemiche dei forti Predil e Raibl aprono il fuoco sugli
accampamenti degli alpini. Il 25 maggio la 3^ cp unitamente alla 203^ scaccia il nemico
da Sella Prevala, due giorni dopo conquista la Sella Rombon e vi rimane a presidio. Il
nemico bombarda le nostre linee e le batte con raffiche di mitragliatrici e scariche di fucileria che infliggono perdite al battaglione.
Ai primi d’agosto riceve istruzioni per l’attacco e l’occupazione di Monte Cukla. All’azione partecipa la 3^ compagnia che il giorno 13 si porta a Krnica Planina per far parte unitamente alle cp 1^ e 4^ del “Ceva “del “battaglione
speciale Bes” dal nome del comandante, 1° capitano Celestino Bes. Il 23 agosto questo battaglione riceve l’ordine
d’attacco.
La 3^ cp partendo dai pressi di quota 2038, deve percorrere il solco
che da quel punto raggiunge la parte sud-ovest di Monte Cukla tentandone l’avvolgimento da quella parte. Altri itinerari sono assegnati
alle rimanenti compagnie. La 3^ cp incontra impreviste difficoltà di
terreno che ne ritardano la marcia. L’assalto di sorpresa è condotto
dalla 1^ cp, poco dopo giungono sulla posizione la 3^ e la 4^ che
completano l’occupazione del Cukla.
Le compagnie 107^,115^ del “Pieve di Teco” , la 13^ del “Borgo San
Dalmazzo” e l’80^ del “Saluzzo” sono destinate ad occupare la conca
di Findenegg Hutte ed i forti trinceramenti di Krunn-Bach.
La 115^ muove all’alba da Barenlahn e dopo aver percorso un terreno difficilissimo riesce ad occupare il Kastrein Spitzen suo immediato obiettivo. Incoraggiata dal successo procede
verso la forcella di Mose Scharte ma i ripetuti assalti sono fermati dal fuoco avversario.
La 107^ in quel giorno ed in quelli seguenti, in concorso con altri reparti,si prodiga in sanguinosi tentativi contro formidabili difese che impediscono il successo.
Il 27 agosto sul Monte Rombon rifulgono l’ardire e lo spirito combattivo della 3^ compagnia che fa sempre parte del
“battaglione Bes”. La 1^ e 4^ cp andranno all’attacco da ovest mentre la 3^ da sud. Il btg” Val Ellerro “agirà contro
le falde sud seguendo il sentiero Goricica-Monte Rombon. La 3^ cp partendo dal suo accampamento per un erto
canalone raggiunge le pendici meridionali del monte fra le quote 1800-2000. L’avversario reso sospettoso da attività di pattuglie nei giorni precedenti, lancia numerosi razzi illuminanti e viene aperto un intenso fuoco di fucileria. Due
sole pattuglie raggiungono la cresta del monte, vengono impiegati i rincalzi mentre la 3^ cp salendo la ripida china
conquista alla baionetta due trincee nemiche. Lo scarso potere offensivo ed il mancato arrivo dei rinforzi la costringono a fermarsi sotto un uragano di colpi prima e ripiegare successivamente. Il 29 agosto anche le compagnie 2^ e
8^ vengono inviate a rinforzo delle truppe dislocate sul Cukla.
Il 12 settembre le cp 2^,3^,8^ che fanno parte della “colonna Gambi” unitamente ad altri reparti, partecipano ad una
nuova azione volta alla conquista del Rombon. L’8^ cp partecipa direttamente all’ assalto mentre le altre due sono
tenute in posizione di rincalzo. Senza preparazione d’artiglieria, la cp risale le falde del Monte Rombon e si spinge
sino alle trincee austriache. Il nemico apre un violento e micidiale fuoco con le mitragliatrici che provocano forti perdite tra gli alpini che non ripiegano ma si attestano con opere difensive sul Romboncino. Anche le altre compagnie
subiscono perdite in un tentativo d’avanzata sulla destra del Cukla. Nella notte sul 27 novembre, le tre compagnie
scendono a Krnica Planina ed il giorno successivo raggiungono Serpenizza dove assumono temporaneamente la
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denominazione di “Pieve di Teco bis”. Nei primi giorni di gennaio 1916 il battaglione viene inviato ad occupare le
posizioni già tenute in precedenza e cioè la linea Romboncino-colletta del Cukla-Monte Cukla e sue pendici sud-est.
Il mattino del 12 febbraio, approfittando dell’inclemenza del tempo e dalla numerosa quantità di neve, due compagnie austriache in tuta bianca, riescono a raggiungere non viste il trinceramento sul Cukla dove vengono catturati 1
ufficiale e 82 alpini. Non essendo le forze sufficienti per un immediato contrattacco vengono fatte affluire truppe per
contenere i tentativi nemici d’ampliare la zona
conquistata. Verso sera giunge il battaglione
“Bassano”, il giorno successivo il battaglione”
Exilles” ed una compagnia del 6° reggimento
fanteria. Mentre le compagnie del ”Bassano” e
del” Pieve di Teco bis” punteranno sulla sinistra da nord-ovest e sud-ovest, il “Val Ellero”
rinforzato da reparti del 6° fanteria terrà le posizioni a sud del Cukla a quota 1582. L’8^ cp
unitamente ad una compagnia del 6° fanteria
presidierà la posizione a quota 2115 alla colletta del Cukla con il battaglione “Exilles” di
riserva, il XXVII btg bersaglieri di riserva a
Krnica Planina. Nel pomeriggio l’artiglieria apre
il fuoco ed i reparti si lanciano all’attacco ma i
pendii scoscesi ed il fuoco nemico non permettono il successo dell’azione. Il 23 febbraio
il “Val Tanaro” sostituisce in linea il “Pieve di Teco bis” che scende a Serpenizza per spostarsi il 2 marzo a Luico ed
il giorno 3 a Villa Santina. I superstiti delle compagnie 2^ , 3^ , 8^ dal 10 al 14 marzo vengono incorporati dai btg
“Exilles”, “Bassano” e “Cividale” mentre le restanti compagnie 107^ e 115^ del “Pieve di Teco” di stanza in Carnia,
il 21 marzo 1916 passano a far parte del battaglione “Monte Saccarello”.
Pertanto l’episodio della perdita della cima del Monte Cukla, di per sé di limitata gravità e assai comune nella guerra di posizione, ebbe la conseguenza spiacevole e dolorosa, dello scioglimento per indegno comportamento di fronte al nemico del battaglione “Pieve di Teco” come tale, benché continuassero a sussistere le sue compagnie.
L’ingiustizia del provvedimento, proposto dal Gen. Giardina, risalta ancor più se si considera che sul Cukla vi era il
comando del “Pieve di Teco Bis” e che il comando del “Pieve di Teco”, organicamente appartenente al 1° Alpini, era
in Val Racolana con altre due compagnie del battaglione, la 107^ e la 115^. In definitiva, fu disciolto soltanto il
comando del battaglione “Pieve di Teco” che non aveva nulla a che vedere co quanto era avvenuto sul Cukla.”
Si pose rimedio successivamente all’errore negli anni ’20 quando il Battaglione “Pieve di Teco” fu ricostituito.
Il 9 luglio 1925 viene ricostituito a Mondovì il battaglione “Pieve di Teco” del 1° reggimento alpini con le compagnie
2^ e 3^;nel maggio 1926 riprende vita l’8^ cp. Il 13 dicembre alla presenza del Principe di Piemonte, il btg riceve in
Oneglia il gagliardetto offerto dalla sezione A.N.A. “Alpi Marittime”.
Nel 1935 il battaglione ( cp 2^, 3^, 8^, 102^) è in organico alla 4^ divisione alpina “Cuneense”. A fine anno è inquadrato (cp comando, 2^, 3^, 8^, 107^) nel 7° reggimento alpini della 5^ divisione alpina “Pusteria” per l’impiego in
Africa Orientale. Nel VII° battaglione complementi la 603^ compagnia è quella che inquadra i rincalzi per il battaglione. Parte il 6 gennaio 1936 da Napoli imbarcato sulla nave “Conte Grande” e giunge il 12 gennaio a Massaua
dove sbarca. Tra il 21 e 22 gennaio è trasportato in autocarro presso la conca di Enda Mariam da dove è spinto in
avanguardia sul Fers Mai a rinforzo della divisione “Gavinana”.
Il 1° febbraio il comando superiore decide di lanciare la “Pusteria” verso Makallè; l’avanzata verso l’Amba Alagi e
Dessiè è preclusa dall’Amba Aradam difesa da 80.000 armati. Le divisioni del I° corpo d’armata “Pusteria”,
”Sabauda” e “3 gennaio” e quelle del III° corpo d’armata dal 10 al 12 febbraio si concentrano e preparano l’attacco
che avviene il giorno 15. La vetta dell’Amba Aradam viene raggiunta il giorno seguente da reparti del “Pieve di Teco”
e unità della “23 marzo”. Il 28 cade l’Amba Alagi. Nell’azione volta alla conquista dell’Amba Uork, il 27 febbraio,cade
il S.Ten Antonio Cicirello del VII° btg complementi 603^ cp che verrà decorato di medaglia d’Oro alla memoria. Nel
corso della battaglia di Mai Ceu al Passo Mecan il battaglione merita la medaglia d’Argento al Valor Militare: “Con
ferma tenacia ed indomito valore, sosteneva l’urto di soverchianti ed agguerrite masse abissine guidate dallo stesso imperatore, infrangendone la pervicace baldanza Durante tredici ore di aspra battaglia, decisiva per le sorti della
guerra, riaffermava in terra africana le tradizionali virtù guerriere della gente di montagna.” Passo Mecan (Africa
Orientale), 31 marzo-3 aprile 1936.
Ad aprile 1937, terminato l’impiego africano torna in carico al 1° alpini.
Ezio Derqui
(liberamente tratto da www.vecio.it)
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9-10-11 Maggio - PORDENONE
87 ADUNATA NAZIONALE DEGLI ALPINI
a
Questa di Pordenone 2014, è stata una delle adunate nazionali a più alta partecipazione; oltre 480 mila presenze tra alpini, parenti ed amici che hanno dato vita nelle sere e notti, del 9 e 10 maggio a manifestazioni
canore e bandistiche. Pordenone ha risposto con l'entusiasmo di tutte quelle città che annoverano nelle proprie famiglie almeno un alpino. Abbiamo trovato centri piccoli e grandi imbandierati col nostro tricolore molti
chilometri prima di Pordenone e dopo. Alla sfilata hanno partecipato oltre settantacinquemila alpini; uno
spettacolo di colori ed emozioni, nel vedere scorrere prima i soldati in armi e poi i nostri "veci" sui mezzi militari. Come ad ogni adunata sono arrivate le sezioni da tutto il mondo a conferma di quanto sia forte il legame che unisce gli alpini; grande emozione al passaggio degli Abruzzi con la città de L'Aquila che con striscioni ha invitato tutti al prossimo raduno e a non "dimenticarli". Certamente ci saremo e li aiuteremo come
solo noi sappiamo fare: zitto e cammina.
C'eravamo anche noi di Genova numerosi: circa cinquecento penne nere hanno sfilato, con in testa il
Presidente sezionale Pietro Firpo e a seguire innumerevoli gagliardetti dei gruppi della Sezione di Genova.
In questa occasione gli alpini della Grande Genova hanno sfoggiato, dopo anni di tentativi, la nuova giubba
sezionale, ed eravamo, a detta delle donne presenti, molto eleganti.
Abbiamo sfilato ordinati, al passo molto emozionati dagli applausi ricevuti dalle numerosissime persone che
facevano ala lungo il percorso. Ma il momento più lieto per noi di "Genova" è stato quando siamo transitati
davanti al palco delle autorità dove era presente il Ministro della Difesa, la genovese Roberta Pinotti, che al
nostro passaggio ha avuto uno slancio d'affetto.
Speriamo che il tutto sia l'inizio di una nuova e costruttiva collaborazione tra le Istituzioni che ci rappresentano a Roma, noi genovesi e la Liguria tutta.
Purtroppo non tutto è funzionato bene, anzi, la mancata organizzazione da parte delle Ferrovie dello Stato
nel predisporre il potenziamento del numero dei treni, ha causato disagi e pericoli per le persone che hanno
dovuto utilizzarli per spostarsi da e per Pordenone.
Neppure la forte pioggia caduta nel pomeriggio ha fermato la sfilata degli alpini,che si danno appuntamento nei giorni 15-16-17 maggio 2015 a L'Aquila.
Sempre da genovesi ci piace ricordare che sabato 10 alla presenza delle massime cariche dell’ANA è stato
ricordato il Col. Antonio Sulfaro, creatore del Servizio d’Ordine Nazionale.
Francesco Cassieri
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Fotocronaca
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1914 - VENTI DI GUERRA SULL’EUROPA
L’ATTENTATO ALL’ARCIDUCA FRANCESCO FERDINANDO A SARAJEVO
Come il celebre giornalista e scrittore Sem Benelli dalla pagine del Corriere della Sera descriveva
l’attentato del 28 giugno 1914 a Sarajevo costato la vita all’arciduca Francesco Ferdinando e fattore scatenante delle scoppio della 1^ guerra mondiale.
Oggi a Sarajevo c’è un museo: documenta minuto per minuto l’attentato.
L’arciduca Francesco Ferdinando arriva nella Bosnia in compagnia della moglie morganatica Sofia.
Viaggiano su una Daimler da turismo. Francesco Ferdinando tiene il suo elmo piumato nel cavo del
braccio. Soldati dappertutto. Eppure una bomba viene viene buttata dalla folla. Molto fumo, l’arciduca e Sofia coperti di polvere. Lei spaventata, lui indispettito. Ormai la parata militare è rovinata,
il sindaco li prega di scusarlo, di restare. Ma sbrigate le cerimonie il futuro imperatore ordina allo
chauffeur: “Scappiamo”.
Purtroppo lo chauffeur imbocca una strada sbagliata.
Le guardie del seguito fanno segno di “no”: bisogna tornare indietro. Ha appena il tempo di innestare la retromarcia che uno degli studenti seminati lungo il ”percorso previsto”, già angosciato dalle
notizie del fallimento della bomba, monta sul predellino, punta la pistola, preme il grilletto.
La contessa Sofia cade sulle ginocchia del marito. La gola dell’arciduca si sporca di sangue.
Muoiono subito.
Gavrillo Princip (l’attentatore) si spegne in carcere nel ’18 mentre la guerra finisce e l’Austria si dissolve.
Scrive il “Corriere” due giorni dopo l’attentato, il 30 giugno.
“Il sentimento umano si ribella contro questa implacabile criminalità politica. Molti gli elogi funebri
che universalmente si porgono all’arciduca Francesco Ferdinando, suonano tutti così: era l’assertore della grande Austria formidabile…
Egli non era certamente un amico dell’Italia, dove anche la primavera scorsa aveva visitato i luoghi
di battaglia del Quadrilatero. No, egli non amava l’Italia moderna…”.
Gavrillo somiglia un po’ a Chaplin: baffetti, occhi dolci, sognanti.
Figlio di povera gente, entra nel pacchetto dei congiurati non solo per reclamare l’indipendenza da
Vienna, ma perché affiliato alla setta “ Unità e morte” che noi conosciamo col nome di “Mano
Nera”.
Princip è un pesce piccolissimo. Chiusi nei loro palazzi,
coordinano l’attentato grandi nomi: il principe Alessandro
di Belgrado, il primo ministro serbo Pasic.
Anche loro quel mattino hanno fatto fuoco contro l’Austria.
Hanno montato l’agguato. Aspettano, in poltrona, voci che
parlano di morte.
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LE DATE E I FATTI DELLA GRANDE GUERRA
Cronologia della prima guerra mondiale
Come leggere le date
In nero: Date significative - In verde: Dichiarazioni di guerra - In rosso: Fronte occidentale
In magenta: Fronte orientale - In blu: Fronte italiano
- IL 1914 24 giugno 1914 L’attentato di Sarajevo
Il terrorista serbo Gavrilo Princip uccide a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo - Lorena erede al trono
austro ungarico e sua moglie Sofia.
23 luglio 1914 Ultimatum dell’Austria alla Serbia
L’ Austria presenta un pesante ultimatum alla Serbia, ritenuta mandante dell’attentato di Sarajevo. In realtà si
tratta di un pretesto: l’ultimatum è concepito proprio per non essere accetto. Infatti quando la Serbia risponderà positivamente a tutte le condizioni tranne una (il che sarebbe stata un’ottima base per le trattative) l’Austria si riterrà insoddisfatta e dichiarerà guerra.
28 luglio 1914 - Guerra alla Serbia
Attacco dell’Austria alla Serbia: iniziano
le operazioni militari
29 luglio 1914 La guerra sul mare: la
Grande Squadra inglese salpa per la sua
base di guerra.
La più grande flotta del mondo, la
Grande Squadra britannica, salpa da
Portland diretta alla sua base di guerra a
Scapa Flow, nelle isole Orcadi, da dove è
possibile controllare il passaggio tra la
parte settentrionale della Gran Bretagna
e la Norvegia. Questa mossa, fatta ancor
prima dell’entrata in guerra, è indicativa
della strategia adottata da quella che, a
quei tempi, era la più grande potenza
marittima del mondo. Gli Inglesi, il cui
piccolo esercito professionale era all’epoca appena sufficiente per portare alla
Francia l’aiuto promesso, avevano la
consapevolezza che nella flotta risiedeva
tutta la loro forza. Di fronte ad una marina tedesca in pieno sviluppo e che desiderava contendere loro il dominio del mare, finiranno per adottare una strategia di sorveglianza delle rotte marittime piuttosto che puntare tutto su grossi scontri navali, nei quali avrebbero potuto anche subire perdite tali da pregiudicare il rapporto di forza a loro favorevole. Questa è una delle ragioni che fecero della Grande Guerra una guerra essenzialmente terrestre.
1 agosto 1914 La Germania dichiara guerra alla Russia
Il conflitto si allarga a causa della insensata ragnatela di alleanze militari che avviluppa l’intera Europa
2 agosto 1914 La neutralità italiana
L’Italia dichiara la propria neutralità motivandola con il mancato rispetto da parte dell’Austria, delle clausole del trattato che regola la Triplice Alleanza le quali prevedono l’obbligo di informativa preliminare agli alleati, in caso di dichiarazione di guerra contro una potenza esterna.
3 agosto 1914 Fronte occidentale: la Germania dichiara guerra alla Francia e invade il Belgio
Conformemente al piano messo a punto dal tedesco von Schieflen - morto qualche anno prima - che
prevedeva una guerra lampo contro la Francia aggirandone l’esercito tramite una manovra attraverso il Belgio e
l’Olanda, la Germania invade il Belgio.
5 agosto 1914 Il Montenegro dichiara guerra all’Austria –Ungheria.
6 agosto 1914 L’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Russia
La Serbia dichiara guerra alla Germania, Cina e Spagna si dichiarano neutrali.
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8 agosto 1914 Il Montenegro e la Serbia dichiarano guerra alla Germania
10 agosto 1914 Verso l’intervento della Turchia
Con la decisione della Turchia di concedere il passaggio nei Dardanelli a due navi tedesche, prende l’avvio una complessa catena di avvenimenti diplomatico-militari che porteranno, alla fine di ottobre, all’entrata in guerra della Turchia
a fianco di Germania e Austria
12 agosto 1914 La Francia e la Gran Bretagna dichiarano guerra all’Austria-Ungheria
17 agosto 1914 Fronte orientale: battaglia di Tannemberg
Quanto il caso pesi nella guerra è dimostrato da questa battaglia che ebbe origine con l’invasione della Prussia orientale da parte di due armate russe al comando rispettivamente di Rennenkamf e Samsonov. Il comandante tedesco
responsabile del settore, che già meditava, sotto la spinta dei Russi, di ritirarsi dietro la Vistola, viene frettolosamente
sostituito, per ordine del capo di stato
maggiore Motke, con una strana coppia
costituita da un anziano generale d’armata, Hindemburg e da un giovane e brillante ufficiale di stato maggiore Ludendorff; il
primo in veste di “uomo di rappresentanza”il secondo in veste di “cervello”. L’ uno
e l’altro ricopriranno talmente bene i
rispettivi ruoli che finiranno per prendere
le redini dell’esercito tedesco mantenendole fino alla fine della guerra. I primi ordini diramati dai due ai comandanti in subordine sono di agire in autonomia fino al loro arrivo e durante il viaggio in treno Ludendorff abbozza un piano di controffensiva che prevede l’aggiramento di una delle due armate russe, quella di Samsonov. Qui scatta il primo colpo di
fortuna: il colonnello Hoffmann, capo dell’ufficio operazioni, in attesa dei suoi nuovi comandanti, elabora autonomamente un abbozzo di piano e predispone già i movimenti di truppe conseguenti. All’arrivo dei due si scopre che il lavoro del colonnello si integra a meraviglia con ciò che aveva in mente Ludendorff e quindi la controffensiva può partire.
C’è di più: ad un certo punto della battaglia Ludendorff prende delle decisioni che avrebbero potuto costare care ai
Tedeschi ma il generale François, cui erano diretti gli ordini errati, disubbidisce spudoratamente e la battaglia prende la
strada giusta. Alla fine Ludendorff diverrà celebre come il miglior cervello dell’esercito tedesco, Hoffmann diverrà il suo
capo operazioni e a François non dirà niente nessuno. Ci sarebbe da sorridere se non ci fossero da contare i morti:
30.000 Russi più altrettanti feriti. I tedeschi inoltre catturano 95.000 prigionieri. Tannemberg, disse uno storico, fu “la
più grave di tutte le sconfitte subite da tutti i contendenti durante la guerra”.
20 agosto 1914 Benedetto XV sale al Soglio
Muore Pio X, gli succede Benedetto XV che sarà un sostenitore, coraggioso quanto isolato, della causa della
pace.
23 agosto 1914 Il Giappone dichiara guerra alla Germania
25 agosto 1914 Il Giappone dichiara guerra all’Austria-Ungheria
28 agosto 1914 L’Austria-Ungheria dichiara guerra al Belgio
5 settembre 1914 Fronte occidentale: la battaglia della Marna
Sull’onda del piano Schieflen i Tedeschi attaccano con successo le forze franco inglesi e le costringono alla ritirata minacciando Parigi. Ma von Motke e i suoi comandanti d’armata, sopratutto von
Kluck, commettono una serie incredibile di errori, consentendo ai Francesi di sferrare un attacco sul loro fianco che li
scompagina e li costringe a ripiegare. La mossa francese non è però merito del loro capo di stato maggiore Joffre ma
del gen. Gallieni, un anziano ufficiale che già aveva ricoperto la carica di Joffre ed era stato richiamato a comandare la
difesa di Parigi. Gallieni con una geniale intuizione, sulla scorta di poche e frammentarie informazioni, percepisce gli
errori dei Tedeschi e si accorge della possibilità di sferrare il colpo. Anzi, forse la fatica maggiore per Gallieni sarà quella di convincere Joffre, il quale stava maturando decisioni che avrebbero finito per avvantaggiare i Tedeschi, di seguire
le sue tesi. Questa battaglia, che durerà fino al 14 settembre, segna la fine della fase della guerra di movimento. I tedeschi hanno perso l’occasione di vincere e inizia ad occidente la guerra di trincea.
5 settembre 1914 Il Giappone invade la Cina
15 ottobre 1914 Il Montenegro dichiara guerra alla Bulgaria
2 novembre 1914 La Russia e la Serbia dichiarano guerra alla Turchia
5 novembre 1914 La Francia e la Gran Bretagna dichiarano guerra alla Turchia
6 novembre 1914 L’Egitto dichiara guerra alla Turchia
25 dicembre 1914 L’Italia occupa Valona
L’Italia occupa Valona motivando l’operazione con la necessità di impedire che “altre potenze” lo facciano a loro volta.
(per gentile concessione del G.A.B. di Bergamo)
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Un simpatico episodio del servizio militare del nostro Socio
Ten. art. mont. GIANNI VASINO
Era da qualche anno iniziato il '50 quando ,dopo aver fatto la scuola Allievi Ufficiali come volontario, venni
assegnato al Gruppo Susa della Brigata Taurinense di stanza a Rivoli.
In quei tempi i militari non potevano svolgere il loro servizio nel Distretto di residenza e per questo motivo,
essendo Rivoli comune indipendente da Torino, era quindi “Fuori presidio” e
questo permetteva ai torinesi “importanti” di fare la naia senza allontanarsi
troppo dalle proprie case.
Arrivato al Gruppo venni assegnato al comando del Reparto comando del
Gruppo ed è stato proprio scorrendo in fureria i nomi degli artiglieri di montagna che avrei trovato nel mio reparto che rimasi non poco sorpreso nel leggere nomi come Giampiero Boniperti, Enzo Robotti e Carlo Mattrel .
Il mattino successivo all'adunata del reparto in mezzo agli altri artiglieri non vidi
nessuno di quei volti ben conosciuti e allora mi informai dal maresciallo furiere
se quella lista era vecchia o se corrispondeva alla situazione reale
“ Signor Tenente non si meravigli....sono proprio con noi quegli juventini, ma sa
com'è in caserma non ci stanno troppo tempo....tutto in regola, ma tra campionato,trasferte e allenamenti vederli più di tre o quattro giorni la settimana è
quasi impossibile”.
Va detto che a quei tempi l'Esercito non aveva ancora previsto quella
Compagnia Atleti che in anni più recenti ha accolto gli sportivi di tutte le specialità in condizioni di servizio molto favorevoli all'espletamento della loro attività sui campi di gara.
Il martedì sera accompagnando il sergente di giornata nell'ispezione prima del silenzio incontrai Boniperti
che si presentò insieme a Mattrel e Robotti (gli avevano sistemati uno vicino all'altro).
Il mattino successivo al momento della “reazione fisica” , prima della colazione, li ho seguiti mentre eseguivano gli esercizi imposti dal caporale di giornata....
Dopo colazione fui avvicinato dal terzetto che mi chiese se era possibile fare quel pò di ginnastica con le
loro scarpe senza dover indossare quelle messe a disposizione che avevano la tomaia di cuoio che poco
si adattava a quei piedi sin da allora abbastanza preziosi ….e non certo per l'Esercito.
Non mi fu facile riuscire a ottenere dal comandante l'autorizzazione per permettere che i 3 potessero far
reazione fisica con le loro scarpe, non solo, ma forzai la mano, e ottenni che fosse a turno uno dei tre ,
quando erano presenti, a comandare gli esercizi dando un diverso interesse anche a tutti gli altri militari
che si impegnavano di più ed erano sollecitati dall'essere “comandati” da un calciatore.
Un altro problema insorse a mensa dove gli atleti, abituati a mangiare secondo determinati canoni, non
vedevano di buon occhio i menù militari.
Non si poteva certo pensare di cambiare l'alimentazione di un'intera caserma e per risolvere questa situazione i tre andavano regolarmente a mensa dove “piluccavano” qualcosa passando ai compagni di tavolo
la maggior parte delle loro razioni , facendoli molto contenti. Al rientro in camerata trovavano pranzi preconfenzionati che ancora adesso non riesco a capire come facessero ad arrivare sempre puntualmente e
solo nei giorni della loro presenza. Un giorno, a metà mattina, suona la tromba e viene schierata la guardia
il che ci fece pensare all'arrivo di una personalità civile o militare.
Arrivò una macchina blu e scese un signore che si infilò immediatamente nella villetta comando.
Dopo qualche tempo l'altoparlante della caserma iniziò a gracchiare “ Il tenente Vasino è atteso dal
Comandante ...si prega di non fare aspettare”.
Sulle prime pensai a cosa potevo aver commesso per …..meritare tutta quella attenzione … per tradizione quegli inviti non si concludevano quasi mai con il sorriso sulle labbra di chi era stato perentoriamente chiamato.
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Arrivai di corsa al comando. Avevo completamente dimenticato che era in visita un qualcuno di importante.
Riassettata la divisa entrai dal Colonnello Bolley, reduce dalla campagna di Russia, uomo e ufficiale tutto d'un
pezzo, e mi impalai sull'attenti salutando militarmente
“Tenente si accomodi”..... non credevo alle mie orecchie.... mi tolsi il cappello e mentre mi stavo sedendo vidi finalmente chi era l'ospite del quale fino a quel momento avevo visto solo la nuca: l'avvocato Gianni Agnelli.
Si alzò e si presentò(!!!!) cosa che feci anch'io.
“L'Avvocato si è sentito in dovere di ringraziare i comandanti dei calciatori della
Juventus che svolgono il servizio militare presso di noi. Ha detto che sono contenti
di questa esperienza e ci ha portato, e lo ringraziamo ancora, due tessere per la tribuna centrale. Una è intestata al sottoscritto e l'altra spetta al comandante del reparto dove militano i giocatori“.
La fortuna mi aveva aiutato molto, i miei meriti erano davvero molto limitati.
Dopo diversi anni.... dal servizio militare sono passato al servizio pubblico come
inviato della Rai, lavoro a Milano alla domenica in 90° Minuto quando un lunedì mattina suona il telefono sulla scrivania
“ Pronto dott. Vasino” “ Sono io chi parla” “ La segretaria del Presidente Boniperti,
posso passarglielo...” “ Certo”
“ Sior tenente come stai....” Così iniziò il colloquio con Boniperti, che, da qualche
anno era presidente della Juventus, dopo i convenevoli di rito, “ Ieri mi hai trattato BONIPERTI in divisa
male....se parli male della Juve è come se parlassi male di me!!!
Non devi farlo più...altrimenti non faccio più reazione fisica “
Tra il serio ed il faceto il grande campione mi aveva ripreso e forse aveva anche cercato di condizionarmi !!!!
Da allora ci sentimmo diverse altre volte ….sempre quando, secondo Boniperti, io avrei trattato male ,nei miei
commenti, la “sua” squadra
Questa parentesi di naia mi fece stare con il cuore in sospeso quando con un mio permesso per fuori presidio
i tre andarono a giocare a Praga....se qualcosa fosse andato nel modo sbagliato...oggi forse non avrei potuto
ricordare quei giorni felici.
Gianni Vasino
(Ten. art. mont. - Telecronista RAI)
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6 Febbraio 2014 - IL COLONNELLO ANTONIO SULFARO È ANDATO AVANTI
Antonio Sulfàro il 21 ottobre 2011 scrisse
al sottoscritto e a Carlo Birone la seguente
lettera che pubblico di seguito:
Antonio Sulfàro
- Nato a Genova-Pegli il 9/11/1922 (ma allo Stato Civile registrato come nato il 10/11/1922);
- Balilla marinaro, nell’O.N.B.;
- Avanguardista nella Centuria Tipo Marinara della G.I.L.;
- 1933: due mesi e mezzo interno all’Istituto “Don Bosco” di Sampierdarena. Poi a casa, a causa di una otite;
- 1934: iscritto all’Istituto Magistrale “Littoria” di Genova (l’attuale “DIAZ” dei fatti del G 8);
- 1939: diventato il più giovane arbitro di pallacanestro d’Italia, per i “Ludi Juveniles” (1);
- Giugno 1940: volontario nel 6° Btg. Volontari G.I.L. (unico battaglione – oltre al 1° - dislocato in territorio dichiarato “ zona
delle operazioni”);
- Agosto 1940: caporale di contabilità in detto (Plotone comando di battaglione);
- Ottobre 1940: licenza per esami di riparazione e conseguimento dell’abilitazione magistrale, con successiva abilitazione all’insegnamento della religione nelle scuole elementari;
- Dopo lo scioglimento dei battaglioni G.I.L. (e la partenza per l’Africa Settentrionale dei tre battaglioni sopravvissuti) trasferito
alla Divisione “Pasubio” (80° Regg.to Fanteria);
- Iscrizione alla Facoltà di Scienze Coloniali, presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli;
- In congedo provvisorio, a casa, per l’obbligo di frequentazione dei corsi AA.UU. Complemento;
- Nell’intervallo, prima come Capo-plotone dei GG.FF., poi come iscritto al G.U.F., comandante interinale di un reparto di Balilla
di stanza in Piazza Palermo. Ed anche (distaccato dal Segretario Federale del G.U.F. Mauro Cocchi) addetto all’assistenza dei
primi sinistrati, presso la Casa dello Studente.
- Inviato al Corso A.U.C. di Pietra Ligure (15° Btg. d’istruzione – 90° Regg.to Fanteria - Divisione “Cosseria”);
- Trasferito al 62° Btg. A.U.C. a Merano ( 5° Regg.to Alpini Divisione “Tridentina”);
- 8 settembre ’43: col battaglione, alla difesa dell’aeroporto di Tarquinia;
- 12 settembre ’43: scioglimento del reparto. Viaggio avventuroso verso Firenze e Bologna;
- A Lavino, prima di Bologna, incontro l’Avv. Gigli Cervi (che mi conosce da quando ero bambino) il quale, conciato come sono,
mi scambia per un mendicante e – prima di riconoscermi – mi fa l’elemosina di venti centesimi;
- Da Bologna, verso Milano, catturato dai tedeschi a Reggio Emilia. Mia prima evasione dalla prigionia tedesca. Spiegazione
in breve: dopo circa tre quarti di ora inquadrati e guardati da militari tedeschi, chiamo un sergente e con quel po’ di tedesco
che mastico – gli spiego di aver lasciato il mio bagaglio sul treno. Quello chiama un soldato e gli ordina di accompagnarmi al
treno. E il soldato, obbediente, mi accompagna “al” treno e non “sul” treno. Io salgo e, mentre studio come svignarmela, il
capo stazione fischia e il treno parte.
- Ottobre ’43: arruolato volontario: Inviato (sergente A.U.C.) alla Caserma “Passalacqua” di Tortona;
- Gennaio ’44: al 4° Regg.to Alpini di Aosta (il reggimento verrà poi, ricostituito, con diverso organico, dopo il rientro dalla
Germania delle Divisioni “Monterosa” e “Littorio”);
Febbraio (?) ’44: nomina a Sottotenente (ovviamente non riconosciuta dalla Repubblica Italiana, dopo la fine della guerra);
- Giugno ’44: Per motivi a tutt’oggi non ancora storicamente chiariti, i tedeschi circondano la caserma “Testa Fochi” e fanno
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prigionieri gli Alpini rimasti nel Presidio (circa 400 uomini e non 2000, come vorrebbe la vulgata resistenziale valdostana, che,
calcola anche quelli facenti parte del 4° Alpini, trasferiti in Germania per l’addestramento e che poi dettero origine alla Divisioni
“Monterosa” e “Littorio”);
- Mia seconda evasione dalla prigionia, con uno stratagemma, in borghese (esistono numerosi articoli di stampa sull’argomento). Poi spontanea riconsegna ai tedeschi per non abbandonare i miei Alpini prigionieri;
- Trasferimento dei prigionieri – in vagoni merci piombati – a Chivasso, dove veniamo presi in consegna dalle “S.S.”;
- Circa una dozzina (compreso il sottoscritto) trovati in possesso di armi, vengono messi al muro, con l’ordine di fucilazione;
- Provvidenziale comparsa di due “Spitfire” che cominciano a mitragliare la zona;
- I tedeschi rimettono in treno i prigionieri. Viaggio sino ad un campo di concentramento nei pressi di Milano (non ricordo la località precisa) presidiato dai militari della “Flak”, quasi tutti altoatesini. Io divento il prigioniero numero “Achtundert f nf” (ottocentocinque);
- Trasferimento dei prigionieri (sempre in vagoni piombati) verso la Germania, con destinazione, Dachau;
- A Lonato nei pressi di Verona, a mezzanotte, terza evasione dalla prigionia, organizzata dal sottoscritto con altri sette commilitoni (anche di questi episodi esistono vari articoli di stampa);
- Peripezie varie per ritornare a casa.
Nel dopoguerra, in qualità di ufficiale superiore (vedi spiegazione qui di seguito) propongo i miei commilitoni di prigionia e evasione per una ricompensa al valore, ma mi rispondono che, oramai, erano scaduti i termini.
- E neppure fu accolta la mia richiesta di inserimento della prigionia nello stato di servizio, perché “durata troppo poco per essere considerata prigionia ”(?). In aperto contrasto con il principio che è dovere di ogni prigioniero il tentare l’evasione. Perciò, un
prigioniero, quanto meno riesce a rimanere in prigionia, tanto più dovrebbe essere premiato.
- Vicende varie. Entro nell’Organizzazione Paladino (la “Todt” italiana); inviato come Aiutante Maggiore al Btg. di stanza in
Alessandria. Allontanatomi poi, con stratagemma, perché saputo di essere ricercato per la fuga di Lonato.
Dopoguerra:
- Novembre 1945: Membro (ed oggi unico superstite) dei rifondatori, a Roma dell’Unione Monarchica Italiana;
- 1946: insegnante elementare presso la scuola “DIAZ”;
- 1947: Impiegato all’E.N.P.A.S. (mutua degli statali) e, successivamente come tale, primo Segretario Provinciale della
Federazione Parastatali, della neonata C.I.S.L.;
- Maturità classica al liceo “Andrea Doria”;
- 1949: Laurea in giurisprudenza con tesi di laurea in Diritto Canonico (argomento: “Lo scioglimento del matrimonio canonico
per il privilegio paolino”);
- Agosto 1949: matrimonio;
- Iscrizione all’Albo professionale;
- Assistente volontario a “Materie Giuridiche”, presso la Facoltà di Ingegneria di Genova;
- Insegnante di diritto presso alcuni istituti tecnici privati di Genova;
- Concorso a Roma, con scritti e, successivamente, orali, per il Corpo degli ufficiali in congedo della Giustizia Militare (Categoria
Magistrati). Successivamente con il grado di capitano, assegnato al Tribunale Militare del Corpo di Armata Alpino. Poco dopo
venivano aboliti i Tribunali militari di Corpo di Armata e di bordo. In detto Corpo, dopo aver raggiunto il grado di Tenente
Colonnello, ho avuto la nomina a Colonnello, in forza delle legge che assegnava l’avanzamento di un grado ai combattenti della
seconda guerra mondiale.
- Per inciso e per la cronaca, il decreto di nomina – così riassumendolo – recitava: che – come previsto dall’art. 18 del R.D.L.
2397/35 – erano passati sei anni dalla nomina a Tenente Colonnello (e, in questo caso, secondo logica, si sarebbe dovuto concludere con l’avanzamento a Colonnello) e vista la legge 6/11/90, n° 325 (e in questo altro caso, si sarebbe dovuta concludere
con la nomina – a titolo onorifico – a Generale ad una stella) decreta il conferimento del grado di Colonnello. Siccome le mie
rimostranze determinarono, da parte dei funzionari del Ministero Difesa, risposte piuttosto seccate, ma anche incompetenti
(addirittura mi fu opposta anche una legge ormai abrogata) e siccome l’avanzamento non mi avrebbe apportato alcun beneficio
economico, decisi piantare lì le mie rimostranze. Anche, da buon genovese, per non sprecare quattrini in ricorsi giudiziari e amministrativi.
- Nel 1982, in qualità di Magistrato Militare e di membro della “ Socièté internazionale de dropi pènal militaire ed droit de guére”,
partecipai – a Losanna – al congresso internazionale di Diritto Penale Militare, di cui – su richiesta di Indro Montanelli – diedi, a
Settembre, un ampio resoconto sul quotidiano “Il Giornale”.
- Come giornalista pubblicista, oltre alla regolare e retribuita collaborazione con varie testate, quotidiane e periodiche, ho diretto tre periodici: nell’immediato dopoguerra “Zio Agu” organo dell’Associazione Genovese Universitaria; dal Gennaio 1980 sino
alla fine del 1996 “Ottopagine” organo del Sindacato Avvocati; dal 1997 a tutt’oggi “Italia Volontaria”, Organo dell’Ass. Naz.
Volontari di guerra, della quale sono stato Presidente Nazionale ed ora sono Presidente Nazionale Onorario. Prendo anche parte
attiva alla vita dell’Ass. Naz. Alpini, nella quale, nel 1965, fui il fondatore del Servizio d’Ordine Nazionale.
- Mi auguro di aver fornito un curriculum vitae abbastanza esauriente
Antonio Sulfàro
(1) Certo di essere stato il più giovane, in quanto, essendo nato in novembre, non avrei potuto partecipare al concorso. Allora
falsificai il documento anagrafico.
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BENEDETTO XV: Un grande Pontefice genovese nella storia del ‘900
Un papa sconosciuto, l’ultimo pontefice genovese, il papa della pace e della carità, il pastore più dimenticato del XX
secolo: le definizioni sono tante. Si tratta di un pontificato ricco di interesse e che desta curiosità, ma scarsamente
studiato, perché breve e, fino a poco tempo fa, con poco materiale a disposizione degli studiosi.
Anche a Genova, Giacomo Della Chiesa non è conosciuto, pur essendo rimasto sempre legato alla sua terra.
Nasce il 21 novembre 1854, dal marchese Giuseppe (Genova 26 febbraio 1821 - Roma 25 maggio 1892) e da
Giovanna Migliorati (Genova 17 aprile 1827 - Pegli 4 luglio 1904), discendente da un casato a cui appartenne papa
Innocenzo VII.
Negli anni del liceo manifesta una vocazione religiosa per influenza
del prozio il cappuccino Giacomo da Genova, figlio del marchese
Giovanni Antonio Raggi, ministro di Stato di re Carlo Alberto.
Il 5 agosto 1875 è proclamato dottore in Giurisprudenza
nell’Università di Genova.
E’ il primo pontefice a conseguire il titolo in una Università laica. Si
trasferisce a Roma e il 16 novembre del medesimo anno entra nel
Collegio Capranica per studiare teologia.
Nel 1878 viene ordinato sacerdote e frequenta i corsi
dell’Accademia dei Nobili Ecclesiastici.
Abita a Roma con la famiglia a palazzo Brazzà in piazza
Sant’Eustachio.
Segue in Spagna il nunzio Mariano Rampolla del Tindaro e, tornato in sede nel 1887, nel 1901 viene promosso sostituto alla
Segreteria di Stato.
Il 22 dicembre 1907 è consacrato vescovo da Pio X e destinato alla
sede di Bologna, come successore del card. Domenico Svampa.
Creato cardinale il 25 maggio 1914 (dopo la morte del Rampolla) il
3 settembre del medesimo anno è eletto papa.
Attraversa la guerra europea e le conseguenze dell’immediato dopoguerra e, nonostante la mancanza di una sovranità territoriale ostacolasse le comunicazioni della Santa Sede, la sua azione persegue tre obbiettivi: invocare la fine
del conflitto; umanizzare la guerra, alleviare le sofferenze. Resta famosa la nota del 1° agosto 1917, inviata a tutte le
potenze belligeranti, contenente proposte di pace concrete e pratiche, che si chiudono con quella definizione (che
dobbiamo leggere senza estrapolare dal testo) di sperare di giungere “quanto prima alla cessazione di questa lotta
tremenda, la quale, ogni giorno più apparisce inutile strage”.
Nel dopoguerra affronta le conseguenze sul piano religioso degli enormi mutamenti territoriali a seguito del crollo di
quattro imperi e della nascita degli Stati nazionali e, anche se si poteva ritenere che la politica del pontefice durante
il conflitto avrebbe alienato le simpatie dei governi, si verificò il contrario e numerosi Stati allacciarono rappresentanze diplomatiche con la Santa Sede.
A ricordo della sua opera di benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità e di religione nel 1920 fu eretta a
Costantinopoli una statua dello scultore Pietro Canonica che ritrae Benedetto XV benedicente tra i due continenti.
Sul piano religioso Ernesto Buonaiuti definì l’età di Benedetto XV come “La reviviscenza cattolica”. Si può ricordare:
il 27 maggio 1917 la promulgazione del Codice di Diritto canonico; il 16 maggio 1920 la canonizzazione di Giovanna
d’Arco e, nel medesimo anno, la fondazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e, inoltre, la promozione all’episcopato dei due successori: Pio XI e Pio XII.
Ammalato di bronchite influenzale, morì il 18 gennaio 1922.
Quello di Benedetto XV non fu quindi soltanto un pontificato centrale nella storia del novecento, fu soprattutto un
grande pontificato; Gabriele De Rosa lo definisce “fra i più intensi e importanti della storia contemporanea della
Chiesa”. Un pontificato che merita di essere meglio ricordato da tutti i Genovesi.
Giovanni Battista Varnier,
(Ordinario di Storia e sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa
presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova)
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ATTIVITÀ DEL GRUPPO
18 DICEMBRE 2013 - CENA DEGLI AUGURI
Nella foto da sinistra il Prof. Massa, il Capo Gruppo Fusco e
il Generale Patrone che ha fatto dono di un prezioso volume
sui “Graffiti e Iscrizioni della Grande Guerra”
L’arrosto cucinato dall’impareggiabile “Chef” Gino Turchini
8 Gennaio 2014 - Visita a S.E. Card. Angelo Bagnasco
19 Gennaio 2014 - Messa alla Cripta dei Caduti
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ATTIVITÀ DEL GRUPPO
21 Gennaio 2014: Manutenzione della tomba dell’Alpino a Staglieno
26 Gennaio 2014 - Celebrazione del 71° Anniversario di Nikolajewka
Celebrazioni per Don Orione
6 Aprile 2014 - In piazza con l’A.I.L.
Abbiamo risposto con entusiasmo all’invito del nostro
Cappellano Don Fulvio FERRARI, Economo Generale
dell’Ordine, a partecipare nelle giornate di sabato 8 e domenica 9 marzo alle celebrazioni in ricordo della partenza dei
primi missionari della Congregazione di Don Orione, il Santo
piemontese che a Genova ha trovato un vasto campo di lavoro tra i diseredati e gli afflitti.
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ATTIVITÀ DEL GRUPPO
11-12 APRILE 2014 - 18° CONVEGNO CISA A MAROSTICA
Nei giorni 12 e 13 aprile si è tenuto a Marostica, presso i locali di Palazzo Baggio, il 18° Convegno del CISA.
Avvenimento particolarmente importante per la concomitanza con lo scoppio della prima guerra mondiale, la grande guerra, e per
il tema del congresso “Comunicare il Centenario”.
Erano presenti i Direttori Responsabili di numerosissime testate alpine. La Sezione di Genova era rappresentata dal Presidente
Sezionale Pietro Firpo, dal Direttore Responsabile di “Genova Alpina” Nicola Pellegrino, e per il Gruppo Genova Centro dal Direttore
Responsabile di “sei nappine” Giampaolo Olivari. I lavori si sono aperti alla presenza del Direttore Responsabile de “ L’Alpino”,
Monsignor Bruno Fasani; molti gli intervenuti, dal Presidente Nazionale ANA Sebastiano Favero al Comandante delle Truppe Alpine
Generale C.A. Alberto Primicerj. Di grande interesse gli interventi di Paolo Ferrario, dell’Avvenire, e di Paolo Rumiz, giornalista, scrittore, editorialista de “La Repubblica”, che hanno presentato due relazioni dai contenuti diversi ma che hanno coinvolto in modo
uguale i due gruppi tematici di discussione e approfondimento che si sono formati per il dibattito inerente sempre il tema del convegno. Il tema dominante dei due giorni di lavori, è stato come comunicare ai nostri giovani gli avvenimenti di quel periodo, come
farli avvicinare ai posti dove i loro coetanei di cent’anni fa hanno vissuto, combattuto e sono morti per ideali non sempre conosciuti
e riportati dai libri di storia. Concordo con Rumiz, quando dice che se riusciamo a portare i nostri ragazzi sulle pietraie del Carso,
sulle nevi dell’Adamello, in Ortigara, in Pasubbio e sul Grappa, a visitare le trincee, le gallerie parallele a quelle del nemico, scavate da quei giovani che allora avevano vent’anni, allora forse comprenderanno l’eroismo di quei ragazzi, l’amor di Patria e l’inutilità
di tutte le guerre. Da questa pagina di “sei nappine”, voglio ringraziare il Presidente della Sezione di Marostica e tutti gli alpini che
ci hanno accolto e seguito nei giorni della nostra permanenza.
Francesco Cassieri
Cuochi per un giorno
“Quelli del Martedì”
Manifestazione del 25 Aprile
DALL’ALPINO IMOLESE
Aprile 2014
14a RASSEGNA CALENDARI ALPINI
Lusinghiera la recensione del nostro calendario
2014 fatta dal Gruppo Alpini Imolesi
organizzatori della rassegna annuale dei calendari di tutte le Sezioni e Gruppi d’Italia.
L’angolo
di Arturo Bosia
A Pedro…
un gran vuoto lascerà
di Te Pedro la mancanza
e difficile sarà
accettare la Tua assenza
Il nostro Socio Lodovico Portesine - classe 1918
- reduce di Russia, è stato l’ospite d’onore al tradizionale “rancio” di mercoledì 20/02/2014
eravamo già abituati
a vederti sempre qui
siamo molto addolorati
e di più non si può dì
e a Te sempre penseremo
e a Te sempre manderemo
un messaggio reverente
un ricordo commovente
Non è stato fortunato
il tuo viaggio in Toscana
qui purtroppo hai terminato
la tua vita alpina e sana
Qui è successo il triste evento
qui il tuo spirito si è spento
tanto tempo passerà
ma il tuo ricordo non si spegnerà
Arturo Bosia
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La Bacheca
La redazione di “sei nappine nuovo” invita tutti i Soci, che desiderassero inviare articoli concernenti il loro servizio di leva
e la vita di montagna in tutti i suoi aspetti (correlati anche di eventuali fotografie che verranno restituite), a seguire le
seguenti indicazioni per l’invio ai fini della pubblicazione: tutto il materiale dovrà pervenire alla redazione in formato cartaceo o digitale a: (olli46@hotmail.it o genovacentro.genova@ana.it). Si invitano i soci ad inviare i loro articoli in forma non
eccessivamente prolissa. Una commissione sceglierà di volta in volta il racconto da pubblicare.
Qualora esigenze tipografiche non consentissero la pubblicazione integrale dei testi, la redazione si riserva la possibilità
di effettuare tagli o di rimandarne la pubblicazione all’edizione successiva.
Si ringrazia per la collaborazione.
BENEFATTORI
SONO ANDATI AVANTI
CATTANEO CESARE (classe 1939)
SULFARO ANTONIO (classe 1922)
DINALE MARCO (classe 1932)
CARONI ANDREA (classe 1919)
GARBARINO LUCIANO (classe 1949)
FAMILIARI DECEDUTI
Grazia, moglie del nostro socio Mario SOSSI
Vittoria Dolcino, moglie del nostro socio Marco DELLEPIANE
Lorenza, figlia del maresciallo METALLIANO
CONGRATULAZIONI
Francesco figlio del nostro Socio Attilio REPETTO, si è
brillantemente laureato in “Disegno Industriale” con la
votazione di 110 e Lode.
DE SIMONE Alessandro NATI Leonardo
nipote del socio alpino
nipote del socio alpino
Nati Pier Giorgio
Ferrando Gino
Alessandro figlio del
nostro Socio Leandro
MASSAI e nipote del
nostro socio Elvio
Massai
GIOVANNI BENZO
GINO BALLERI
ARTURO BOSIA
ATTILIO BRUNO
ANNA MARIA CAMOIRANO
FERDINANDO CARDINO
CATTI ALBERTO
PIETRO CERAGNO
PIETRO CHIAPPE
ENZO CONO
ERNESTO CONTE
SERGIO CONTINI
MARCO DELLEPIANE
GIANLUCA DELUCCHI DR.
LORIS DI BENEDETTO
ANTONINO DI MAIO DR.
EUGENIO FERRERA
NORBERTO FERRETTI DR.
GIUSEPPE FERRI
GIUSEPPE FUSCO
PAOLO GIACHERI
GIORGIO GIACOBBE
ANTONIO GUIDI
ANTONIO GULLACE
FEDERICO IMAZIO
MARIO LODI
FRANCO LORENZETTI
LUIGI LUPPI
CARLO MAIRANI
VALTER MANINI
ROSA ANNA MEDICA FERRARIO
SERGIO MERLANTI
LUCIANO MORANDO
PIERO MUSINA DR
MAURO NAVONE
DAVIDE ODINO
GIAMPAOLO OLIVARI
GIULIANO PONTE DR.
LORENZO PORTESINE
STEFANO RAVENNA AVV.
BARTOLOMEO REPETTO
MAURO RISSO
FAMIGLIA SCIUTTO
FRANCO SENSI
LINO SILVESTRIN
GIUSEPPE SOMMARIVA
MARTINO SONETTI
CARLO TERRILE
EDOARDO TREMORI
GINO TURCHINI
ROBERTO VALCALDA
GIAN ANTONIO VASINO
ROMANO VIOTTI
MAURO MARINO MAURIZIO SALATA
FAMIGLIA OLTRACQUA
SALATA MAURO SALATA MARINO
DONAZIONI
Il socio alpino Enrico MERLO
e la sua gentile signora hanno
festeggiato le nozze d’oro.
Il socio alpino Vittorio FERRANTE
e la sua gentile signora hanno
festeggiato le nozze d’oro.
ARCHERI LIDIA organizzazione cene
BIRONE CARLO libri
BOSIA ARTURO lavori di cucitura
CASSIERI FRANCESCO torta
DI MAIO ANTONINO materiale sanitario
FERRARI RENATO funghi
GAROFALO ROBERTO vino
IOTTI ANDREA dolci
LUPI LUIGI alimentari
MANINI VALTER divisa alpini
MERLO ENRICO trasporti
REPETTO ATTILIO torta
Roberta figlia del nostro Socio Emilito ESPINOSA
pianta di ulivo e limoni
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€ 25
€ 14
€ 24
€4
€4
€ 74
dolci
€ 24
€ 54
€5
€ 24
€9
€ 11
€ 100
€9
€2
€ 11
€ 24
€ 24
€ 24
€ 74
€ 24
€9
€ 24
€ 50
€ 10
€ 20
€ 24
€ 24
€ 24
€ 114
€ 24
€ 24
€ 14
€ 50
€ 24
€ 24
€ 24
€ 26
€ 24
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€ 19
€ 24
€ 83
€ 74
€ 24
€ 14
€ 24
€ 58
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€ 14
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€9
€ 100
€ 500
€ 100
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Calendario 2014
LUGLIO
6 - Raduno al Sacrario della Cuneense al Col di Nava (IM);
13 - Pellegrinaggio Nazionale all'Ortigara (VI);
27 - Pellegrinaggio in Adamello (BS);
AGOSTO
10 - Manifestazione a Paspardo;
30-31 - Premio fedeltà alla Montagna a Bagolino organizzato dalla Sezione di Salò (BS);
SETTEMBRE
6-7 – Raduno Sezionale a Bargagli;
7 - Pellegrinaggio al Monte Pasubbio (TN);
27-28 - Raduno del 1^ Raggruppamento a Omegna (VB);
OTTOBRE
5 - Festa del Gruppo Genova Centro;
5 - Pellegrinaggio al Sacrario Militare Caduti d'Oltremare a Bari;
12 - 142° anniversario TT.AA. e festa Madonna del Don a Sampierdarena;
NOVEMBRE
2 - Commemorazione dei Caduti di tutte le guerre a Staglieno al Sacrario "Trento e
Trieste";
4 - Cerimonia Anniversario della Vittoria in piazza della Vittoria;
9 - Riunione dei Capi Gruppo;
DICEMBRE
14 - Tradizionale S. Messa nel Duomo di Milano;
17 - Rancio in Sede e Auguri di Natale.
RICORDO DI ANGELO RIGHETTI
Caro Angelo, oggi è una giornata come quelle in cui Ti invitavamo ad uscire di casa per andare a fare una passeggiata
all’aria aperta e prendere un po’ di sole. Siamo partiti con una pianta fiorita per venirTi a trovare dove Tu riposi.
Abbiamo così passato una giornata nel Tuo ricordo. La pianta l’abbiamo messa sulla Tua tomba disadorna e sappiamo
che ne sarai felice. Torneremo anche in futuro e per noi sarà sempre come fare una passeggiata con Te.
Gino Turchini, Costantino “Pippi” Vigna, Giuseppe “Giuse” Ferrari
• Tesseramento 2014
Saremo anche pedanti, ma dobbiamo ancora rivolgerci ai soci, perché si ricordino che continua la campagna per il rinnovo del bollino e per il sostentamento del Gruppo. Le spese per il mantenimento della sede sono sempre più onerose e possiamo farvi fronte, in gran
parte, se tutti i soci fanno il loro dovere e per i soci, che vanno per questo sempre ringraziati, che prestano volontariamente la loro opera, contribuendo con questo a reperire altre piccole risorse a sostegno del gruppo. Va ricordato che questi soci non sono, poi, tanti e, purtroppo, sono
sempre gli stessi. Alpini del gruppo, SVEGLIA, che in questi momenti abbiamo bisogno di tutti voi. La sede è vostra!
Ricordiamo, qui, le modalità per i versamenti:
쏆
SOCIO ORDINARIO
€ 26.00
쏆 SOCIO ORDINARIO + TESSERA
Il conto ha il
C.S.I. (Centro Sportivo Italiano)
€ 29.00
n. 20924163 ed è
intestato ad A.N.A.
쏆 AMICI DEGLI ALPINI
€ 26.00
GRUPPO GENOVA
CENTRO,
Mura
delle Cappuccine 33
쏆 AMICI DEGLI ALPINI + TESSERA
- 16128 Genova, Si
C.S.I. (Centro Sportivo Italiano)
€ 29.00
deve
specificare,
sempre, nella causale di versamento, la dicitura “Per rinnovo tessera” ma può essere utilizzato anche per versamenti “Pro sei nappine nuovo” o a sostegno del
Gruppo stesso.
•
Il rinnovo può essere effettuato anche presso:
• “ARTE DELLA MEDAGLIA” dell’Alpino Giovanni Benzo, Via I. Frugoni 21,
dalle ore 8.30 alle 11.00 e dalle 14.30 alle 17.30. - Tel. 010.580631
oppure:
• Direttamente presso la Sede del Gruppo o presso il bar con il seguente orario:
• Martedì, dalle 09.00 alle 16.00
• Mercoledì, dalle 15.00 alle 22.00
• Sabato e Domenica, dalle 14.30 alle 20.00
Si fa presente che se il rinnovo non avviene entro la prima decade di Marzo,
verrà sospesa la spedizione delle riviste “L’Alpino” e “sei nappine nuovo”. Quindi
se ci tenete alle nostre riviste, sappiate regolarvi!
Nappine
nappine
nuovo
• Sei
• sei
Anno V - n° 1
Giugno 2014
Proprietario ed Editore
Gruppo Alpini Genova - Centro
Legale Rappresentante
Giuseppe Fusco
Direttore Responsabile
Giampaolo Olivari
Comitato di Direzione
Carlo Birone, Ezio Derqui, Andrea Iotti
Comitato di Redazione
Romeo Castagnola - Roberto Martinelli
Francesco Cassieri - Attilio Repetto
Hanno collaborato a questo numero:
Gino Turchini, Lodovico Portesine, Ezio Derqui
GAB. Bergamo, Vecio, Gianni Vasino
G.B. Varnier, Arturo Bosia, Francesco Cassieri.
Le fotografie sono state fornite da:
Olivari - Fusco - Portesine - Don Fulvio
ricerche varie internet
Aut. Trib. di Genova n. 8 del 22/04/2010
Redazione e Amministrazione
c/o Ass.ne Naz.le Alpini
Gruppo Genova Centro
Mura delle Cappuccine, 33
Orario apertura Sede: Mar09.00-16.00 - Mer15.00-22.00 - SabDome Festivi 14.30-20.00
Cena sociale Meralle 20.00
16128 GENOVA - Tel. 010.591598
Email: genovacentro.genova@ana.it
Sito: www.anagenovacentro.it
Stampato da:
QUESTO GIORNALE LO POTETE LEGGERE E SCARICARE
DAL SITO: www.anagenovacentro.it
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giugno 2014
Tel010 8691.551
info@tipografiaoneto.it