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Da: libreria UBIK Savona ste.milano@alice.it
Oggetto: RSFC: sul tema della centrale non è in discussione la politica energetica, ma i contenuti tecnici per il rilascio di un'AIA,
oltre che il presunto perseguimento di un reato
Data: 09 dicembre 2014 17:05
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Con il sostegno delle associazioni nazionali: Greenpeace Italia, WWF Italia, Legambiente, ARCI
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Lettera aperta al Presidente del Consiglio
Savona, 9 dicembre 2014
All’attenzione di:
Matteo Renzi
Presidente del Consiglio
Graziano Del Rio
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
Sul tema della centrale di Vado Ligure non è in discussione la
politica energetica nel nostro paese (questione di competenza
della politica), ma i contenuti tecnici per il rilascio di un'AIA (di
competenza tecnica), oltre che il presunto perseguimento di un
reato (di competenza della giustizia).
Al proposito, in vista del prossimo incontro a Palazzo Chigi di
giovedì 11 dicembre, non dubitiamo che la Presidenza del
giovedì 11 dicembre, non dubitiamo che la Presidenza del
Consiglio abbia l'intenzione di rispettare l'azione autonoma della
magistratura, secondo il principio costituzionale della separazione
dei poteri, e non sia invece sia tentata di imporre una soluzione
politica che sconfini in un aggiramento dell'azione giudiziaria.
Una centrale a carbone con gruppi altamente obsoleti, situata in
un centro cittadino densamente abitato e in una situazione
accertata di disastro ambientale, non può in alcun modo
funzionare senza creare un danno sanitario e ambientale rilevante,
indipendentemente che venga gestita da un soggetto privato
attuale o futuro, oppure da un soggetto pubblico o da un
commissario.
Visto l’instaurarsi di una sorta di campagna che da alcuni mesi tenta di
minimizzare la portata della gravissima situazione ambientale e
sanitaria del territorio savonese collegata alla centrale a carbone di
Vado Ligure, portando anche attacchi alla Magistratura proprio nel
momento in cui stanno sviluppando delicatissime indagini, come
cittadini ed associazioni riteniamo opportuno presentare una sintesi di
alcuni aspetti del grave problema.
La centrale termoelettrica di Vado Ligure-Quiliano funziona da oltre
quarant’anni in un contesto densamente popolato, vicinissima a
Savona, su un tratto di costa con insediamenti abitati ininterrotti.
Peraltro località di grande rilevanza turistica come Varazze, Celle
Ligure, Albisola, Spotorno, Noli, Varigotti si trovano in questo tratto di
costa.
Moltissimi cittadini (già nel 2007 sono state raccolte 10.000 firme) e
molte associazioni a livello locale e nazionale come ARCI, ACLI,
Legambiente, WWF, Greenpeace con il sostegno di moltissime
personalità della scienza, della medicina, della cultura, del diritto (come
Hack, Fo, Imposimato, Mercalli, Ovadia, Guzzanti, don Ciotti,
Vergassola, e tanti altri) nel corso degli anni hanno evidenziato i gravi
problemi del territorio con incontri pubblici, istanze, ricorsi al TAR,
segnalazioni, diffide e denunce a vari livelli amministrativi locali e
nazionali basandosi su diversi punti tra cui:
nazionali basandosi su diversi punti tra cui:
- il gravissimo problema dell’inquinamento lichenico del territorio
emerso dal biomonitoraggio effettuato a cura della stessa azienda che
evidenzia per alcuni inquinanti livelli elevatissimi, i più alti mai
riscontrati in Italia secondo la tabella NIMIS;
- il pesante inquinamento nei sedimenti marini presso la foce del
torrente Quiliano (foce dove confluiscono anche gli scarichi idrici della
centrale) evidenziato nello studio Arpal 2010 con valori considerevoli:
L’Ordine dei Medici in un documento ufficiale parla della “presenza
di metalli pesanti e di idrocarburi policiclici aromatici a livelli
enormemente maggiori rispetto alle altre aree liguri, anche
portuali, e di oltre cento volte superiori rispetto ai riferimenti
normativi... Tuttavia non ci risultano misurazioni pubbliche agli
scarichi idrici” (oltre 900 miliardi di litri nel solo 2010 fonte della
stessa azienda);
- la mancanza di misurazioni pubbliche: non ci risultano
misurazioni pubbliche sulle emissioni ai camini ! Questo è un fatto
di una gravità estrema: gli unici dati sulle emissioni in nostro possesso
sono quelle rilevate a cura della stessa azienda (in altri termini, il
controllato è anche il controllore);
- la dichiarazione dell'Istituto Tumori di Genova riportata nello
Studio di Impatto ambientale, secondo il quale “nella relazione
presentata da Tirreno Power vi sono gravi lacune metodologiche
che mettono in discussione le tranquillizzanti conclusioni del
documento: errori ed omissioni nelle stime delle emissioni di
polveri fini primarie e secondarie; sottostima delle emissioni di
gas serra; sottovalutazione dei dati derivanti da studi su
bioindicatori; errori metodologici sull’impatto sanitario…”;
- le dichiarazioni del Ministero della Salute - Istituto Superiore di
Sanità in sede di Conferenza dei Servizi, che segnalano come i decreti
rilasciati “non abbiano sufficiente evidenza della problematica
relativa ai c.d. microinquinanti classici derivanti dalla
combustione del carbone, tra cui PCB, i metalli pesanti, l’arsenico,
ecc… e “l’importanza di considerare il deposito al suolo di tali
sostanze”;
- i documenti di un Ente terzo e sicuramente super partes come
l’Ordine dei Medici della Provincia di Savona nel 2010, il quale a
l’Ordine dei Medici della Provincia di Savona nel 2010, il quale a
proposito dei vecchi (40 anni) gruppi a carbone parla di “minaccia
reale e consistente per la salute e per la vita dei cittadini della
provincia di Savona”: questo dovrebbe già bastare per attivare
provvedimenti a tutela dei cittadini;
- la situazione generale dell’inquinamento riassunta dalla stessa
Regione Liguria nel "Piano di risanamento e tutela della qualità
dell'aria" a pag 126: “La combustione nell'industria dell'energia e
quindi essenzialmente la centrale termoelettrica è la prioritaria
responsabile delle emissioni di Ossidi di azoto, PM10, SOx e di
COV...”;
- la perizia allo studio Terra srl commissionata dagli stessi comuni
di Vado e Quiliano (perizia firmata e giurata in Tribunale dal dott.
Marco Stevanin già membro della commissione VIA nazionale) in
cui “per quanto riguarda la salute, è evidenziata una situazione già
fortemente compromessa”;
Molta altra documentazione è stata prodotta da fonte europea,
dall’ISDE, e soprattutto dall’Università di Stoccarda, secondo la quale
la centrale di Vado Ligure risuterebbe la più ‘letale’ in Italia con 120
morti premature imputabili in un solo anno (nel 2010).
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Di fronte al sostanziale silenzio delle amministrazioni e soprattutto di
fronte alla mancanza di provvedimenti, i cittadini e le associazioni
nazionali e locali in questi anni si sono rivolti con esposti alla
Magistratura Savonese.
La Procura della Repubblica ha disposto accurate indagini (in cui sono
indagati dirigenti dell’azienda) e studi peritali approfonditi (gli unici mai
fatti su questo territorio veramente completi e indipendenti);
azione che ha portato al sequestro dei gruppi a carbone (esclusi quindi
i gruppi a turbogas) da parte del GIP per disastro segnalando centinaia
di morti e migliaia di ricoveri dovuti “esclusivamente al funzionamento
della centrale”. Sottolineiamo: si parla di art. 434, comma 2, c.p.,
ossia disastro consumato.
L’attendibilità della metodologia delle indagini (sia ambientale sia
epidemiologica) seguite dai consulenti della Procura di Savona è già
epidemiologica) seguite dai consulenti della Procura di Savona è già
stata confermata non solo dal richiamato provvedimento del GIP di
Savona di sequestro dell'impianto in esame, ma anche dal Tribunale di
Rovigo in composizione collegiale che ha emesso la sentenza 31
marzo - 8 ottobre 2014 di condanna ex art. 434, comma 1, cp degli
amministratori delegati di Enel spa in relazione alle emissioni della CTE
di Porto Tolle: si vedano, in particolare, i paragrafi 14, 15 e 16, pagg. 56
e ss. della motivazione della sentenza.
In proposito si sottolinea infatti che la metodologia di indagine utilizzata
dai consulenti della Magistratura inquirente nel processo di Rovigo, sia
con riferimento allo studio epidemiologico sia a quello ambientale (sui
licheni), è identica a quella utilizzata dai medesimi consulenti della
Procura di Savona (e presto anche dalle Procure di Brindisi e Gorizia):
quel che varia la "significatività statistica" del rischio sanitario
attribuibile all’esposizione agli inquinanti delle due centrali, che nel
caso di Savona è molto più elevata.
Si ricorda peraltro che nel processo svoltosi dinanzi al Tribunale di
Rovigo sia il Ministero dell’ambiente che il Ministero della salute
si sono costituiti parti civili, su autorizzazione della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, chiedendo non solo il risarcimento del danno
ambientale, ma anche l’inibitoria del futuro utilizzo della CTE di Porto
Tolle.
Gli esiti davvero drammatici, sul piano ambientale e ancor più su quello
sanitario, delle ricerche condotte dai tecnici incaricati dalla Procura di
Savona sono evidentemente conseguenti alla collocazione della
centrale Tirreno Power assolutamente fuori da ogni logica, in piena
area urbana densamente popolata (lo stesso AD di Enel ha ammesso
recentemente l’assurdità di mantenere ancora centrali a carbone
nei centri abitati). Quest'ultima è la ragione di assoluta particolarità
che contraddistingue quest'impianto industriale e che si deve
necessariamente tenere presente.
Il fronte ambientalista è come noto contrario al carbone, ma in questo
caso specifico il problema si porrebbe lo stesso anche se ci fosse un
impianto alimentato con altri combustibili (come l’olio). Le emissioni
devono essere compatibili con la situazione sanitaria locale e ad oggi
l'unico studio completo, affidabile, indipendente e con modalità e
consulenti già ritenuti validi in giudizio, è lo studio della Procura della
Repubblica di Savona.
Per ulteriore chiarezza riportiamo alcuni passi del documento di
sequestro del GIP laddove riporta i dati del procedimento penale sui
alcuni dirigenti indagati “dirigevano e gestivano la Centrale
termoelettrica a combustibili fossili situata a Vado Ligure e Quiliano,
utilizzando i gruppi a carbone VL3 e VL4 in violazione delle
prescrizioni imposte nei provvedimenti autorizzativi… e con valori
emissivi nettamente superiori a quelli resi possibili dalle migliori
tecniche disponibili..., nonostante i dati in possesso della società
documentassero già un diffuso danno all’ambiente circostante, così
commettendo fatti diretti a cagionare un disastro ambientale e
sanitario, evento effettivamente verificatosi nelle aree di ricaduta delle
emissioni della centrale, come provato dalle indagini ambientali ed
epidemiologiche espletate, che hanno evidenziato un aumento della
morbilità e della mortalità, esclusivamente attribuibile alle
emissione della centrale..” in seguito vengono evidenziate morti e
ricoveri “tutte patologie, eventi letali e danno ambientale, attribuibili
esclusivamente alla Centrale, di entità tale da assumere le
dimensioni del disastro, con conseguente pericolo per la pubblica
incolumità”.
E si legge ancora: “Ciò che preme evidenziare è che il gestore,
certamente agevolato da una quasi assoluta carenza di controlli, ha
di fatto violato la quasi totalità delle prescrizioni imposte, ed ha gestito
in assoluta autonomia e senza alcuna verifica, uno SME.”
E ancora: “Da ultimo, l’annotazione 6 marzo 2014 del N.O.E. dei
Carabinieri di Genova….., rilevava come dagli stessi fosse emersa la
inattendibilità e la modificabilità dei dati forniti dallo SME,
circostanza particolarmente grave in quanto in grado di inficiare i
risultati di tale sistema e, quindi, di non far ritenere validi e credibili i
dati delle emissioni fornite dallo stesso”
In realtà oltre agli SME citati (che sono quelli all’uscita dei gruppi e si è
visto come fossero gestiti) l’AIA 2012 in conformità a precisa normativa
ne stabiliva anche uno al vertice del camino E2 (soluzione sollecitata
anche da ISPRA).
Questo appare uno dei punti fondamentali dell’intera vicenda: l’azienda
chiede ed ottiene di non installarlo e la stessa commissione IPPC, in
contrasto con le precedenti disposizioni arriva addirittura a definirlo in
modo inspiegabile “inutile”. La stessa azienda è arrivata ad “accusare”
gli ambientalisti di “pensare ancora” al misuratore al camino con ciò
rafforzandoci nella convinzione che sia quanto mai necessario; in ogni
rafforzandoci nella convinzione che sia quanto mai necessario; in ogni
caso faremo di tutto per ottenere che chi immette inquinanti nell’aria
che respiriamo sia soggetto ai controlli più accurati: a cosa serve dare
i limiti di emissioni di inquinanti se non c’è la certezza condivisa
della efficacia delle misurazioni? Riteniamo che i cittadini abbiano
diritto (anche visti i precedenti) di avere dati delle emissioni validi,
credibili, attendibili e immodificabili ancorché soggetti a controllo
pubblico.
Perché così forte resistenza al misuratore di inquinanti all’uscita del
camino? l’azienda non è in grado di sostenere le spese per il
misuratore? Oppure ci sono altri motivi non detti?
Leggiamo nel documento del GIP a proposito dello SME: “Appare
infatti assai probabile (per non dire certo) che il gestore, non
diversamente da quanto ha fatto sino ad oggi, cerchi in ogni modo di
rinviare sine die l’adempimento richiesto, in tal modo vanificando
l’esigenza (che il sequestro vuole soddisfare) di ridurre le emissioni
pericolose dell’impianto, scongiurando il protrarsi del danno per
l’ambiente e la salute.”
Riteniamo non si assolutamente possa ignorare quanto scritto: “Non si
può poi dimenticare - ed anzi è l’elemento di maggior rilievo - che il
reato contestato prevede, come sua ipotesi sicuramente più
grave, l’ingente danno alla salute provocato dal dimostrato
aumento del ricoveri ospedalieri e del numero dei decessi
riconducibile direttamente alla presenza della centrale”. E ancora
“Senza contare che, accanto al danno alla salute in senso stretto e al
danno ambientale, vi è anche un profilo economico che consente di
valutare sotto tale aspetto le ricadute e le dimensioni del disastro”
I “sostenitori del carbone” lamentano che l’ultima Conferenza dei
Servizi avrebbe imposto limiti troppo severi all’azienda: alleghiamo in
proposito le ultime osservazioni presentate dove si evidenziano invece
molti punti che riteniamo anche troppo generosi per una centrale che
sorge in pieno centro abitato, letteralmente tra case e palazzi e in
presenza di un sequestro per disastro. In CdS infatti, oltre alla citata e
grave questione dello SME a camino, è stato concesso per il
pericoloso CO un limite ben oltre il doppio rispetto al massimo del
range MTD e di ben quattro volte rispetto al minimo del range,
inoltre non risulta definito il problema dell’applicazione del complesso
MTD.
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Ebbene, invece di esprimere gratitudine alla Magistratura che con
impegno e determinazione ha svolto un’azione a tutela della salute di
tutti i cittadini (a fronte della “neghittosità degli organi pubblici chiamati
a svolgere attività di controllo” come scritto nell’ordinanza del GIP),
assistiamo ad una serie di distinguo e di dubbiose insinuazioni da parte
di alcuni amministratori (forse per provare a difendere in qualche modo
la loro inerzia e passività, o -temiamo- l’accondiscendenza verso alcuni
potentati economici e politici). Ci paiono altresì gravi e assolutamente
fuori luogo anche alcune posizioni espresse da esponenti sindacali: è
veramente inconcepibile ad esempio come la gravissima accusa di
disastro ambientale doloso la si possa ritenere solvibile con una
semplice sanzione amministrativa parlando di “sequestro cautelativo su
due inosservanze all’Aia che in una situazione normale avrebbero
portato ad un’ammenda”.
A nostro avviso è in corso un tentativo di screditare e aggirare l’azione
dei magistrati savonesi (sfruttando il legittimo malcontento dei
lavoratori) con un tiro concentrico da più parti che riteniamo assomigli
in modo inquietante a quanto visto in altri contesti in un triste passato
recente. Pochi ma mirati attacchi dove si parla genericamente di
“inchieste scritte sull’acqua” “sequestro giudiziario costruito su un
teorema rivelatosi fallace” “atteggiamento discutibile della Procura”,
solo per citarne alcuni.
E’ opportuno ribadire che sul tema della centrale di Vado Ligure non
è in discussione la politica energetica nel nostro paese (questione
di competenza della politica), ma i contenuti tecnici per il rilascio
di un'Autorizzazione Integrata Ambientale (di competenza
tecnica), oltre che il presunto perseguimento di un reato (di
competenza della giustizia).
Al proposito, in vista del prossimo incontro a Palazzo Chigi di giovedì
11 dicembre, non dubitiamo che la Presidenza del Consiglio abbia
l'intenzione
di
rispettare
l'azione
autonoma
della
magistratura, secondo il principio costituzionale della separazione
dei poteri, e non sia invece sia tentata di imporre una soluzione
politica che sconfini in un aggiramento dell'azione giudiziaria.
Ricordiamo che una centrale a carbone con gruppi altamente obsoleti e
non più ristrutturabili (come riconosciuto anche dall’azienda e dal
Governatore della Liguria Claudio Burlando), situata in un centro
Governatore della Liguria Claudio Burlando), situata in un centro
cittadino densamente abitato, e in una situazione accertata di disastro
ambientale e rarefazione lichenica, non può in alcun modo
funzionare senza creare un danno sanitario e ambientale rilevante
(ovvero la “reiterazione del reato”, come sostenuto dalla Procura), e
questo indipendentemente che venga gestita da un soggetto
privato attuale o futuro, oppure da un soggetto pubblico o da un
commissario.
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Noi riteniamo che l’azienda Tirreno Power, pur considerando la crisi,
non abbia voluto o saputo gestire per tempo il cambiamento, ma abbia
fatto la scelta sbagliata di continuare a puntare sulla combustione del
carbone in pieno centro abitato, forse supportata dalla cieca
acquiescenza di troppe parti in causa che non hanno saputo orientare
per tempo diverse opzioni per questo territorio.
Molti politici e sindacalisti non riescono a proporre un’idea di sviluppo
se non quella di condannare ancora questa provincia ad un destino
segnato dal carbone. Questo territorio ne ha già subito per oltre
quarant’anni i devastanti e nefasti effetti, ed è ora di dire basta. E’ ora
che si tutelino davvero i cittadini e i lavoratori (e non chi se ne fa scudo
per altri interessi) con scelte coraggiose ed innovative, per creare
nuova e produttiva occupazione.
Ribadiamo quindi con forza come sia assurdo e insostenibile
continuare la combustione del carbone in pieno centro abitato e in
una situazione accertata di disastro ambientale, e rinnoviamo la
fiducia nell’opera dei Magistrati a tutela della salute e della vita di
tutti.
A fronte di quanto detto sopra, Voi siete ora pienamente
consapevoli dell’importanza della questione, e ben consci delle
responsabilità nel dare (o meno) preminenza assoluta ai risvolti
ambientali e sanitari a Vostra disposizione, prima di ogni
qualsivoglia altra considerazione di natura economica e politica, a
tutela dei cittadini che rappresentate.
RETE SAVONESE FERMIAMO IL CARBONE
ACLI, ARCI, Comitato Acqua Bene Comune, Comitato Ambiente Spotorno-Noli, Comitato Albamare,
Gassa Gruppo Acquisto Solidale, Legambiente, Libreria Ubik, Movimento Consumatori,
NuovoFilmstudio, Uniti per la Salute ONLUS, API Alleanza per l’Italia, MoVimento 5 Stelle, Noi per
Savona, Rifondazione Comunista, Federazione dei Verdi.
Con il sostegno di Medicina Democratica e dell’associazione “SI alle rinnovabili, NO al nucleare”.
Con il sostegno delle associazioni nazionali: Greenpeace Italia, WWF Italia, Legambiente, ARCI
Nazionale.