Busta con disegno ironico di Antonio Rubino, disegnatore del Corriere dei Piccoli STORIE FRIULANE DALLA GRANDE GUERRA CRONOLOGIA ESSENZIALE DELLA GRANDE GUERRA IN FRIULI Sega ripiegabile in uso ai reparti del Genio L’EROISMO “C’ERA LA GRAN FAME” Durante la Grande Guerra ci furono molti atti di eroismo, non tutti legati ad azioni belliche e, spesso, sconosciuti come quello del tenente alpino Gino Romanini di Forni Avoltri che per quattro volte riuscì a scappare ai gendarmi austriaci riuscendo ad arrivare a dieci chilometri dalla porta di casa, prima di essere riacciuffato per la quinta e definitiva volta in un varco alpino, esausto, affamato, ferito. 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, il Friuli austriaco entra in guerra 24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’AustriaUngheria, il Friuli italiano entra in guerra TESTIMONIANZE DAL FRONTE MILITARE 29 giugno 1916 lancio di gas asfissianti nella zona del monte S. Michele da parte degli austriaci, punto di svolta nell’uso di materiali bellici 9 agosto 1916 presa di Gorizia, la città è in gran parte distrutta dai pesanti bombardamenti 28 agosto 1916 l’Italia dichiara guerra anche alla Germania 24 ottobre 1917 ritirata di Caporetto 24 ottobre 3 novembre 1918 offensiva italiana sul Grappa e sul Piave 4 novembre 1918 fine delle ostilità tra Italia e Austria-Ungheria 11 novembre 1918 armistizio con la Germania, fine della Grande Guerra “Osservo sulla mia destra un gruppo dei nostri soldati che stanno mangiando e bevendo voltarsi verso gli austriaci che passano e gettar loro del pane. Questi ultimi si scagliano su quella grazia di Dio come tanti lupi affamati. (…) Non mi accorgo al momento che sono invece prigionieri, disarmati ed accompagnati anch’essi alla fuga.” Maria Juretich di Udine, Ricordi di guerra e appunti dell’anno doloroso ** 1916, soldati in trincea in prima linea (foto FSF) “Siamo arrivati alla metà di febbraio (1918) e le condizioni peggiorano sempre più. I danari non si potevano spendere per comperare il necessario giacché i vigliacchi di Austriaci non avevano niente e quando andavano in licenza venivano a domandare roba per le nostre case, cioè chili di farina per portarla a casa per sfamarsi, perché i loro di casa erano privi di tutto, tanto chè tanti ritornavano prima che la licenza gli scadesse e ci raccontavano che lasciavano a casa delle sorelle, dei bimbi, dei padri e delle madri ammalati o mezzi morti dalla fame.” Spesso l’eroismo fu dato dal coraggio di voler compiere un’azione eccezionale come nel tentativo di conquista del Peralba la notte tra il 7 e l’8 agosto 1915 da parte del maresciallo Berardengo dove, in pochi, strisciando tra le rocce e con ai piedi gli scarpets per non far rumore, assalirono alla baionetta una postazione austriaca distruggendola. Azione nella quale Berardengo perse la vita e non solo non ebbe alcun riconoscimento ma venne redarguito perché dicevano che avesse agito all’insaputa di tutti, fatto piuttosto improbabile. O nel caso della Compagnia Volontari Alpini di Gemona, composta di 70 uomini, che si distinse nell’assalto di quota 2.050 di Spina di Pesce sopra il lago Bordaglia il 27 agosto 1916 attraversando una cengia strettissima ed esposta ai tiri avversari. Era composta da molti giovani di 17-18 anni il cui ardimento è testimoniato dalle 4 Medaglie d’Argento al Valor Militare, dalla medaglia inglese “for bravery in the field” e dai 9 promossi ufficiali. Solo che, nonostante tutto, il 17 marzo 1917 furono riuniti in un cortile di Tolmezzo e bruscamente messi da parte senza alcun ringraziamento. Ci furono delle volte in cui l’eroismo fu dettato, forse, da incoscienza giovanile come nel caso di due grandi amici, Garlatti e Tessitori Dario, che, vedendo i loro compagni andare all’assalto e non volendo starsene a guardare, si gettarono anch’essi nella battaglia finendo con il morire l’uno sull’altro. L La brutalità della guerra si espresse anche attraverso l’uso di armi quali le mazze o i gas asfissianti. Si stima che siano stati più di 100.000 i militari italiani morti nei campi di concentramento austriaci. “Termino il mio scrito e ricordo. Sono prigioniero con tutti i miei compagni darmi, augurando sinceramente che in ouroppa (Europa) cesi il teribbile flagelo che gietta nell’utto tante povere madri e spose ecc... O(h) si ristabilisca unna pacce sincera e durevolle della culae tutti che tutti i poppoli siano sodisfatti. Sollo così si averà unna pacce sincera e durevolle, della cuale tutti abbiamo bisogno, e ritorno il mondo alle sue civili istitusioni di lavoro e di progresso. (foto ALC) Maglia di soldato italiano: sul bottone è inciso il nome “Carmela” Gruppo di ufficiali alpini nel 1915 Bomba a mano tipo “Carnia” come quelle ideate dal generale Lequio Maria Juretich di Udine, Ricordi di guerra e appunti dell’anno doloroso ** L’alpino Guido Ordiner in posa e prova di forza dell’artigliere Antonio Frittaion che solleva 4,85 quintali Scarponi chiodati Fucile Mod. 91 Mantellina affardellata sullo zaino Cravatta in lino per preservare l’uniforme Uniforme in panno grigio-verde Mod. 909 “Non c’era né pane né l’acqua, non c’era niente. C’era la grande fame. Buttavano (gli italiani) anche del pane, mentre di sopra, sulle Banjšce, ci sparavamo l’un l’altro. Con le sigarette e un sasso, facevano un pacchetto che buttavano agli italiani. Loro invece ci buttavano il cvibok (gallette). Lo stomaco era vuoto. Gli italiani erano contenti delle sigarette, poiché noi avevamo delle buone sigarette, ma loro no.” Giberna Alpenstock Tascapane Baionetta Franc Bone, classe 1899, di Kromberk/Moncorona, combattente austriaco ** (Il giorno 5 febbraio 1916, quattro di loro scappano verso l’Italia ma l’11 vengono ripresi). Io ero lì in baracca che sentì tutte le grida che davano strasianti delle nervatte che chelgi li dava. Poi ordinò di apicarli sopra un albero tutti e tre, eddeccho che manda a chiamarre il boe, e lui di novo li dà delle bastonate e poi va a prendere le corde e li lega tutti e tre un palmo sopra tera. (…) Erano le 11 e meza. La compagnia vienne a casa, si va a prendere il rancio, e nevicava, e un fredo di gelarsi. Subito arrivatta la compagnia vicino la cucina, vedono i tre compagni appicatti che facevano pietà. (...) Temperino richiudibile Miloš Vauhnik, ufficiale di esercito austriaco, afferma nelle sue memorie che la fame e non il patriottismo fu il motore principale dell’esercito austriaco nell’ultima battaglia dell’Isonzo. Il primo pensiero dei soldati austriaci all’indomani della battaglia di Caporetto fu decisamente il cibo: la carne, il riso, il caffè, il pane bianco, le gallette, la cioccolata, il vino, i liquori, e l’abbondanza di derrate che erano convinti di trovare nelle trincee italiane. Il 10 genaio (1918) andai al forte al bagno. Rimasi (im)presionante a vedere cuei prigionieri italiani in che modo li trattono. È la neve, loro sono scalsi, sensa camicie, i pantaloni tutti atroppeti che non li copre nemeno la natura, unna giuba tuta strapatto, sensa maniche, la barba di un mese o anche di 2, sporchi che non si son lavatti dopo che sono a Belgrado, e sono lì che si cucinano un po’ di granoturco o di frumento, chi fa bollire delle erbe, chi pesta il grano per farsi la polenta, e tutti caricchi di fame e magri che non stanno in piedi, mi fecero una inpresione.” (foto ALC) “Cronaca del 1918. La turtura continua. Intorno a noi, dovunque, anche nei morti campi lontani s’aggirano sempre gl’invasori. Affamati e pezzenti si rincorrono tra i cumoli di cose abbandonati dai nostri in cerca di cibarie o vestiari o coperte. Ma non si accontentano di ciò e rientrano nelle case a ingelare di spavento le nostre anime e predare. (...) A proposito di miseria posso dire che spesso ai nostri contadini avvenne di rinvenire sui solchi del campo qualche soldato svenuto o agonizzante per indigestione causata dalla commistione di pannocchie crude. (…) Così pure avvenne che nei primi giorni dell’invasione moltissimi soldati nemici morissero nei nostri paesi per le sbalorditive ingestioni di carni suine e di grassi, cibi dei quali erano ghiottissimi e dei quali da tanto tempo erano privi.” Don Enrico Da Ronco, Libro storico della Parrocchia di Flambro ** Il giorno 23 (dicembre 1915, prigioniero in Serbia) dopo andatti al lavoro, verso le 8 di matina, ansi, si asspettava unna novittà buona. Duncue siamo partiti, abbiamo dovuto fare 25 chilometri a piedi e carichi di fame. Deposizione dell’on. Michele Gortani presso la Commissione d’inchiesta istituita dopo Caporetto, seduta del 7 ottobre 1918 * Michele Gortani (Lugo, 1883 – Tolmezzo, 1966) partecipò come volontario alla Prima Guerra Mondiale, si attivò per i profughi carnici e rischiò la corte marziale per aver criticato le scelte militari prima della disfatta di Caporetto. LA PRIGIONIA 1915, riparazione di una motocicletta da parte di un cavalleggero a Gradisca “Nel pomeriggio temiamo una perquisizione. Si ricorda da quanto si è letto in libri e giornali, come i tedeschi siano maestri in fatto di perquisizioni e se trovano oggetti, quadri o scritti che ad essi non garbano, perseguitano in modo atroce, le persone trovate in possesso.” Luigia Venturini di Basaldella, contadina, Episodi avvenuti in tempo dell’invasione in Friuli ** Fucile montato su iposcopio per il tiro indiretto dalla trincea o spirito delle truppe lungo tutti i cento chilometri della fronte carnica e quello della popolazione, fra tutti i 77.000 abitanti della Carnia, non avrebbe potuto essere migliore; e ciò nonostante tutti gli inconvenienti e le cause di perturbamento che si determinarono durante due anni e mezzo di guerra. (…) Debbo però soggiungere che lo spirito delle truppe della regione carnica va forse considerato sotto una luce speciale (perché) era stato tutto preordinato in modo che le truppe fossero sempre sacrificate il meno possibile e non si spargesse goccia di sangue che non fosse assolutamente necessaria. (…) Mi consta, purtroppo, che altrove non era così. (...) Debbo soggiungere che in quei giorni (inizio della guerra), c’era una disorganizzazione generale della trincea, ad onta che la guerra europea che durava già da più mesi aveva ormai insegnato che fosse necessario per la guerra di posizione (…) Mancava, dunque, dicevo, tutto quello che occorre per la guerra di trincea, fra l’altro, non si avevano neppure le pinze per tagliare i reticolati, né a parlare di scudi, di fucili a cannocchiale, di periscopi, di elmi, di bombe a mano e tanto meno di bombarde. Alle bombe a mano in Carnia supplì per qualche tempo il generale Lequio con un impianto improvvisato, in un’officina rudimentale. Egli aveva acquistato un notevolissimo stok di coppelle mestolo per cucina, le faceva congiungere, praticava un foro nel centro di una di esse e vi applicava un cilindretto di latta che doveva servire da serbatoio per l’esplosivo; riempiva l’intercapedine di rottami di ferro e con l’aggiunta di una miccia la rudimentale bomba a mano era fatta. Raffigurare o narrare il nemico a tinte fosche è una costante in tutte le guerre: serve a costruirgli dei segni vittimari che giustificano il suo annientamento, anzi incitano a questo e a rafforzare azioni di massa, anche incontrollate. La Grande Guerra non sfugge a questo rituale: voci ben diffuse che ampliano o creano ad arte misfatti da vendicare, manifesti, cartoline... furono essenziali sia per l’entrata in guerra di un popolo che non ne voleva sapere, sia per rafforzarne la volontà usurata dal tempo che per denigrare quanti vennero (spesso ingiustamente come i profughi) sospettati di collusione con il nemico: ecco, allora, gli epiteti di “traditori”, “imboscati”, “regnicoli”, “austriacanti”, “disfattisti”... Non solo i civili, i profughi, gli internati, i prigionieri ma anche i soldati soffrirono duramente la fame. Soprattutto quelli dell’esercito austro-ungarico per sbagli di valutazione dello stesso comando. E, al pari di loro, i famigliari rimasti a casa. La fame giocherà un ruolo rilevante sia sulla conduzione che nell’esito finale della guerra. “E in questa tragica impresa ci ha rimesso i polmoni e sta morendo di tubercolosi; ma ancora un mese fa, mi mandava una cartolina di saluto con le parole di una gaia villotta friulana, parole piene di una grazia birichina e sbarazzina.” Paolo Monelli, Ricordi di naja alpina (Mursia) in La Grande Guerra in Alta Val Degano di Pierluigi Giampaoli **** LA PROPAGANDA Fasce mollettiere Novembre 1917, fanti austro-ungarici attraversano l’Isonzo sotto il tiro nemico Marta Verginella ** Francobollo commemorativo della resistenza sul Piave (1817-1967) Il passaggio sul Tagliamento vicino Codroipo, nella ritirata (foto ALC) Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni (bersagliere), Ursinins Pizzul, Buje/Buia*** “1° Novembre 1917. Dopo una marcia di 25 Km. siamo giunti a Cividale, al campo italiano per prigionieri austriaci. (…) Intanto fra i prigionieri vigeva una specie di anarchia; qualcuno dei più accesi mormorava che oramai eravamo tutti uguali dal soldato al generale, anzi ci fu qualcuno di quelli scalmanati che ardì entrare nella baracca degli ufficiali, cercando di prepotenza di sistemarsi. Vi furono discussioni ed alla fine gli ufficiali dovettero far intervenire i tedeschi che subito applicarono severi provvedimenti facendo fucilare qulalcuno di quei incoscienti. (…) Razza dura quella tedesca, molto differente dalla nostra: noi, appena fatti dei prigionieri, venivamo presi da un senso di compassione per loro, cessava subito ogni odio. Ci avvicinavamo per offrire a loro qualche galletta, qualche sigaretta, quel che avevamo; invece i tedeschi non ci guardavano in faccia e ci trattavano con disprezzo.” Villach Villaco Beijak Vilac Un monumento ricorda a Visinale di Corno di Rosazzo/Visinâl il primo colpo di fucile italiano sparato contro gli austriaci. Nella cartolina d’epoca, il confine sullo Judrio, il vero fiume del 24 maggio 1917 Tolmezzo Tumieç Kobarid Caporetto Cjaurêt Karfreit Udine Udin Pordenone Pordenon Aquileia Aquilee 1918 (il) Piave (la) Plâf Grado In Friuli si combatterono due tipi di guerre: di posizione sulle Alpi Carniche e Giulie, e di sfondamento verso Venezia Gorizia e il Carso. Gorizia Gurize Gorica Görz Trieste Triest Trst Triest ALCUNI MUSEI E COLLEZIONI CON REPERTI MILITARI DELLA PROVINCIA DI UDINE “Tante volte si doveva cadere come Gesù Cristo cuando andava sul calvario: lui aveva la Croce e noialtri lo zaino col fucile e 15 chili di munisioni” Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni*** FORNI AVOLTRI, FOR DAVÔTRI DOGNA, DOGNE Forni Avoltri nella Grande Guerra Museo del territorio Museo della Grande Guerra il Forte TARVISIO, TARVIS Museo storico-militare delle Alpi Giulie GEMONA, GLEMONE la Cineteca del Friuli SAN DANIELE, SANT DENÊL Sala esposizioni cimeli storici militari RIVE D’ARCANO RIVIS DARCJAN Fortezza Col Roncone DRENCHIA, DREKA, DRENCJE Casa rurale del territorio STREGNA, SREDNJE, STREGNE Museo storico Balus UDINE, UDIN PALMANOVA, PALME Museo etnografico del Friuli Museo storico militare Civico museo storico Il giorno 9 agosto mi tocca di andare di avvamposti in unna tricea chiamata “la trincea dei morti”, i cuali erano fisi e non si li potteva sepelirli. Erano austriaci. Unna pussa irresistibile. Sortiamo fuori alla salto. Alla mia compagnia li toccò la prima dopo dei lancibonbe. Partono aveliti i lanciobonbe, di paura della nostra artelgeria. Al comando del tenente vano avanti. Intanto il battalgione è pronto per il asalto. Cincue minuti dopo sentiamo due metrallgiatrici che funsionavano ancora, austriache. I nostri lanciabonbe sono tuti morti e feriti, ben pocchi ne son salvatti. Il primo fu il tenente a morire e morì anche il sergente e tutti i graduati. Nel tempo stesso si scatenò un temporale inproviso, che manda giu piogia e tenpesta. Poveri feriti e poveri morti, cuanto che li tocca di sofrir: oltre le ferite mortali, piove, vento, e tenpesta e fredo, e non si può andarli a prendere, era tropo scoperto. Un momento dopo viene indietro un bersalgiere ferito ligero, che sun le spalle portava suo frattello, gravemente ferito, che pocco dopo morì. E suo frattello rimasi lì; in 5 giorni fu guarito. Per cuella sera non si andiette più avanti. Si portò indietro i feriti durante la notte e i morti. Il tempo continua a biovere, fino a le 11 di notte. In cuella sera non si pensa da mangiare, perché si sapeva che non cera il mezo di mangiare. Lindomani poi è bel tempo, ma freddo molto. La mattina portarono giù tre Bersalgieri svenuti del fredo. Poi ci portarono il caffè. Dopo siamo un po’ scaldatti ma sempre pronti per la salto. L’indomani più aveliti ancora; io ai miei conpagni li avevo lasciato linderiso, in caso che muoio, di scrivermi a casa come li avevo inpromeso alla mia picina, e così anche lori mi diedero il loro inderisso. Cuindi eravamo ben preparati alla morte. (…) Cuindi danno il ordine di savoia. La prima riga, pauriti di chuello macello che avevano visto il giorno prima, tanti si tratenerono lì. Io spallso fuori coi primi e fui statto fortunatto che in dove son pasatto io, dopo è statto pronto unna metralgiatrice putata, che tanti pasavano e tanti morivano. Ecco che mi sono trovato in un altro riparo a 20 metri dal nemico. Un momento mi muore il conpagno che mi aveva dato lo zuchero e va giù in un burone il capitano ferito. Le grida erano in mense dei feriti. Ma non giova. Un altro spallso tocca fare, a ormai si muore, erano più i feriti e i morti che i sani. Un altro spalso, andianmo fino in trincea loro. Ormai tocca di doperare la baionetta, che cuella mi faceva in presione più di tuto. Ben che era tenpo bello, lindomani di mattina andai per levarci unna cinghia a un morto austriaco (...) che in cuella mattina pasando per il canpo di battalgia trovavo i morti unno cua e uno là. In tanti posti anche fitti per tera. Dava un aspetto orribille a vedere che tuti i sasi erano bagnati di sangue. I morti li si vedeva bianchi, con la bocca aperta e i denti strinti, unchgie che grattono la tera, i occhi stravolti. Cuindi era unna disperasione a pasar di lì.” Diario della guerra del 1915 di Giuseppe Garzoni (bersagliere), Ursinins Pizzul, Buje/Buia*** circa LA DISFATTA E LA VITTORIA (1° giugno 1915) Persi di strada nel bosco. Il capitano con un lumicino ci attendeva a basso, e poi ci fece smarire nel bosco. Si chiama cualche duno sottovoce, che ci indicasse il sentiero giussto ma non è mezzo di saper niente da nesuno; nesun era prattico ancora dele montagne. Io pensai tra me: se si fa facile perdersi così, con cuesti ufficiali in cuera no si va bene. (27 luglio 1915) Il giorno che li àno scaciati (i borghesi di un paese) era un sabbato alle 11. A mezzo giorno dovetero lasciar tutto indistitamente. In nelle case si trova che stavano facendo il buro e dovete lasiar tutto e andare. In cuelle cantine si trovava dogni speccie di vestiario nascosto, tutto colpestatto sotto i piedi da chi andava a vedere. Dei cereali furono portatti via dai nostri soldatti. Si trovava sfasciato delle machine da cucire, dei orologi, dei burò, dei armaroni, dei armadi, infatti tutto unna massa di rovine che faceva pietà. 3.000 (Lunari 2012, I paîs sot al tôr di Aquilea) “(19 maggio 1915) Andiamo a far la tenda. Aveva fermato di piogia. Nel piano che abiamo fatto la tenda era unna cuantità di aqqua, ma non giova: tocca farla. Faciamo la tenda, adiamo a prendere la palgia e poi si metiamo alletto, la prima volta sul tereno, pensando come si scominciano male le cose, cuando dovro sofrire e poi forse morire in cueste montagne. Tra me dicevo: non morirò così male; volgio andare al mio letto a morire, e co cuesto pensiero mi metto a dormire, stanco del viaggio. I due momenti salienti della Grande Guerra, la disfatta di Caporetto e lo sfondamento sul Piave, avvennero all’improvviso e il Friuli si trovò improvvisamente occupato e improvvisamente ricongiunto all’Italia. “(Le truppe germaniche entrano in Flambro nonostante un’ultima strenua difesa di un manipolo di 20 Granatieri guidati dal Cav. Emidio Spinucci) Ne dà avviso la mitragliatrice che perlustra – crepitando – le vie del paese. (…) Alziamo le mani. All’atto umiliante i soldati teutonici ci rispondono con tutto il disprezzo. Prendono quindi a perlustrare le stanze. E intanto che i militi eseguiscono le operazioni di polizia…. L’ufficiale – messosi a cavalcioni sul tavolo del salotto comincia a far conversazione con me. S’introduce così = horror est bellum… (la guerra è orrore) = La notte si fa più scura, tetra, piena di spaventosi fantasmi.” Nelle foto, in senso orario: prigionieri austriaci, prigionieri russi e prigionieri italiani (foto ALC e FSF) Il Friuli austriaco entrò in guerra nel 1914 e molti furono i chiamati alle armi che combatterono soprattutto sui fronti lontani tant’è che numerosi di loro vennero fatti prigionieri sul fronte russo. Si ritiene che dal Friuli austriaco, ossia dalla Contea di Gorizia e Gradisca, partirono per la guerra oltre 30.000 giovani e meno giovani. Non c’è un calcolo preciso sui caduti, ma dovrebbe trattarsi di circa il 10% del totale. Molti furono i feriti. Don Enrico Da Ronco, Libro storico della Parrocchia di Flambro ** Anche in altri diari si trova l’uso del latino come lingua franca tra gli ufficiali bavaresi e i parroci. LE FUCILAZIONI Hanno rappresentato una delle pagine più brutte della Grande Guerra. Spesso si tratta di soldati ammutinati che non volevano partire per il fronte. Le fucilazioni avevano, molte volte, conseguenze anche sui famigliari del condannato. I dati ufficiali, in parte discordanti tra loro, parlano di 4.028 condanne a morte di cui 2.967 in contumacia, di 750 condanne eseguite e di 107 fucilazioni sommarie. (La battaglia di Codroipo fu) una delle maggiori battaglie combattute almeno come perdite italiane: 60.000 prigionieri, quasi 2.000 cannoni, quantità incalcolabili di carriaggi e materiali e furono fatti più prigionieri tra gli ufficiali superiori che in ogni altra battaglia italiana. Per arginare la massa di fuggiaschi della 2° armata che si riversava su Codroipo, il generale Parigi era stato drastico: “non lasciar passare che le sezioni mitragliatrici con le armi, gli alpini isolati e niente più, nemmeno gli ufficiali superiori se non erano inquadrati con truppa armata”. E infatti ordinò a Bruschi di fucilare due soldati con la divisa ma senza fregi né gradi, “ordine che io eseguii subito sulla piazza di Codroipo”. Guide Gaspari* Fucilazione nelle retrovie del Basso Isonzo Tra gli alpini giustiziati attende ancora la riabilitazione il carnico Silvio Ortis di Paluzza (nella foto), decorato due volte al valor militare in Libia, che si era opposto, insieme ad altri tre compagni, Basilio Matiz di Timau, Giovan Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Massaro di Maniago, a un attacco suicida sul monte Zellonkofel. La sua riabilitazione si è arenata davanti a un incredibile cavillo giuridico: “l’istanza di riabilitazione ai sensi dell’articolo 683 C.P.P. e 412 C.P.M.P. deve essere proposta dall’interessato” (2010). (Fondo Majer Fast, Treviso) 4 Novembre. DIES FELIX MEMORANDA FASTIS. (…) Poco dopo vedo una turba di ciclisti che muovono a quella volta e si fermano pure al crocicchio! Chi sono chi non sono? È una novità interessantissima. (…) Mi sporgo su una rupe a strapiombo in Cornoleet, acuisco la vista ed oh scoperta!... Sono nientemeno che l’avanguardia italiana!! Mi rizzo in piè sullo strapiombo, alzo le braccia al cielo e grido con quanta ne ho in gola: Evviva l’Italia, e giù a precipizio a portare la nuova in paese.” Don Pasquale Michieli, Libro storico della parrocchia di Avasinis ** Noi vogliamo glorificare la guerra - sola 650.000 militari morti igiene del mondo 49% il militarismo, il per ferite 34% patriottismo, il gesto per malattie 16% distruttore dei liberdispersi tari, le belle idee per 1% per incidenti vari cui si muore e il disprezzo della donna. ARTISTI IN GUERRA La Prima Guerra Mondiale coinvolse non pochi letterati e artisti. Tra quanti combatterono in Friuli e lasciarono memorie importanti vanno ricordati soprattutto Ernest Hemingway (1899-1961) che in “A Farewell to Arms (Addio alle armi)” descrisse la situazione di Gorizia e del Friuli orientale e la fuga rocambolesca dalla “Battle Police” gettandosi nel Tagliamento dopo la disfatta di Caporetto; Giuseppe Ungaretti (nella foto) che, interventista, si arruolò volontario e a Udine, stampò nel 1916 le sua raccolta di poesie “Il porto sepolto” mentre a Santa Maria La Longa scrisse, il 26 gennaio 1917, la celeberrima “M’illumino/ d’immenso”; Marinetti, Sironi, Carrà... 463.000 grandi invalidi (Gaetano Salvemini, La Voce politica, anno VII, n.5, 7 luglio 1915) TOTALE: 6.262 morti e 19.981 feriti 497 CUSTOZA 1848 166 508 CURTATONE 1848 578 1.405 NOVARA 1849 310 688 VENEZIA 1849 14 (coll. privata) feriti “non gravi” MORTI E FERITI NELLE GUERRE RISORGIMENTALI 270 Soldato dell’esercito austriaco 947.000 Filippo Tommaso Marinetti Manifesto dei futuristi (20 febbraio 1909) 202 CERNAIA 1855 761 3.661 S. MARTINO 1859 30 (?) CALATAFIMI 1860 506 2.697 VOLTURNO 1860 61 140 CASTELFIDARDO 1860 121 266 BEZZECCA 1866 736 3.189 CUSTOZA 1866 620 40 LISSA 1866 150 206 MENTANA 1867 68 (?) I MILLE di cui: 21.220 ciechi a un occhio 1.940 ciechi totali 4.600 pazzi 5.440 mutilati al volto 25.716 tubercolotici 19.600 neuropatici 74.620 storpi 120 invalidi delle mani 3.260 muti 6.740 sordi .... Soldato ferito in un Posto di medicazione (foto FSF) Elmo italiano con foro di proiettile GRANDE GUERRA circa CADUTI IN GUERRA Lubiana, giovani di Tapogliano/Tapoian soldati dell’esercito austriaco Borraccia “Guglielminetti” in legno e cura di un ferito (foto FSF) Lì stiamo fino al giorno 12 con due orazioni di calette, due scattolette di carne in conserva e unna pagnotto. Unna fame che non si potteva nemeno star in piedi. Dormire non si potteva: nemeno chiudere un occhio per scherso. Il canone batteva le roccie della montagnia, a cualche metro sfiorarono la testa. Di gran neve si mangiava. (…) Mi sembrava che in cuei giorni mi toccava morire, sensa pallottolle ma bensì di fame, di fredo e di bagnatto. I due maggiori contendenti: il re d’Italia Vittorio Emanuele III e l’imperatore d’Austria-Ungheria Franz Joseph I von Österreich OSOPPO, OSÔF “DI GRAN NEVE SI MANGIAVA” CHIAMATI ALLE ARMI Diario della guerra del 1915 di Annibale Calderale, bersagliere, Monopoli (Bari) ** Il 6 giugno novamente andiamo sul monte Orcis. Anche in cuel giorno ci diedero due pacchetti di munisione. Mentre stribuivano la munisione alla compagnia vediamo a sfilare i primi 70 prigionieri fatti dei nostri compagni. Si corse a vederli. Tutti incapottati e con lo saino, tutti bagnati facevano compassione benché erano i nostri nemici. A Pozzuolo del Friuli/Puçui si combatté, forse, la più epica battaglia della Grande Guerra quando, tra il 29 e il 30 ottobre 1917 una brigata di Cavalleria formata dal 4° Genova e 5° Novara, assieme alla Brigata di Fanteria Bergamo, si oppose all’avanzata austro-ungarica per permettere alle truppe in ritirata di attraversare il Tagliamento. RAGOGNA, RUVIGNE Gavetta bucata per grattare il ghiaccio e ricavare l’acqua FRIULANI DELL’IMPERO AUSTRO-UNGARICO 30.000 * I luoghi dimenticati della Grande Guerra, vol. II AAVV. (Guide Gaspari) ** La gente e la guerra a cura di Lucio Fabi (ed. il Campo) *** La guerra vissuta a cura di Lucio Fabi (ed. Persico Associazione culturale el tomât email: el tomât@libero.it) **** La Grande Guerra in Alta Val Degano Perluigi Giampaoli (Aviani & Aviani ed.)
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