“Indifendibile”: così il premier giudica il sottosegretario alla Giustizia, beccato a fare l’agit prop nell’elezione del Csm. Ma Ferri non cambia verso e per ora resiste Martedì 8 luglio 2014 – Anno 6 – n° 186 e 1,30 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 IL COLLE AFFONDA IL SENATO GRILLO, 10 SÌ PER STANARE RENZI Nuova invasione di campo di Napolitano: “Superare il bicameralismo paritario” Un assist al premier che però domani non riuscirà ad avere il voto in Aula Italicum, no del ministro Martina. Il M5S, dopo vari contorcimenti, risponde al Pd. Ma il dialogo è in salita De Carolis, Marra e Roselli » pag. 2 - 3 PER LA COSTITUZIONE “Democrazia autoritaria”: pioggia di firme per dire no Migliaia di lettori hanno risposto all’iniziativa del “Fatto” sulla stretta illiberale che si nasconde dietro le “riforme”: “Andiamo in piazza”, “ci vuole una petizione”, “continuate a informarci”, “serve subito un referendum” » pag. 4 - 5 » CRIMINI E MADONNE » Il procuratore Gratteri lancia l’allarme sul caso di Oppido Mamertina “Attenti, le minacce sono per il Papa” Il magistrato commenta il caso dell’”inchino” al boss e attacca il ministro Alfano: ”Dove sono gli 800 uomini delle forze dell’ordine che aveva promesso?”. Viaggio nel paese dove la statua della Madonna in processione ha dovuto rendere omaggio al padrino della ‘ndrangheta Borromeo, d’Esposito, Fierro e Musolino » pag. 6 - 7 y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!z!/!z!: PIETÀ E GIUSTIZIA Udi Marco Politi Il Papa in Calabria Ansa PROCURA DI MILANO FRANCESCO E LA DEBOLE CHIESA CALABRESE La svolta di Bergoglio “Mai più immunità per i preti pedofili” C Messa e udienza riservata a Santa Marta per sei vittime di abusi. Il pontefice chiede perdono, ma assicura tolleranza zero per i colpevoli. Ed elogia il coraggio di chi ha saputo denunciare le violenze subite » pag. 15 ontro Francesco la criminalità ha lanciato una sfida pubblica. Ma ora che è partita la corsa al ridimensionamento, è bene tenere presente » pag. 7 la posta in gioco. PROFONDO B. IMMORTALI Gli ultrà israeliani: dalle curve ai raid contro i palestinesi Il pg Minale difende Robledo contro Bruti “Sbagliato escludere il procuratore aggiunto dalle indagini sull’Expo”. Nella sua presa di posizione una critica implicita anche a chi, come il capo dello Stato, sostiene i poteri direttivi del capo dei pm Barbacetto » pag. 9 » CALCIO E VENDETTE Zunini » pag. 17 Arcore, la famiglia pensa di mollare Mediaset e unirla a Telecom Addio a Di Stefano, l’uomo che riuscì a diventare il dio del Real Madrid Meletti e Tecce » pag. 10 Beccantini » pag. 18 LA CATTIVERIA Oppido Mamertina, la figlia del boss: “Orgogliosa di mio padre”. Marina Berlusconi » www.forum.spinoza.it Moniti e distintivo di Marco Travaglio ha fatto ancora. Dopo qualche settimana di L’ astinenza, Napolitano ha monitato di nuovo. E, siccome gli scappava da un bel po’, ha espettorato ben tre moniti in un giorno. Credendosi il re d’Italia, è andato a Redipuglia. E di lì, a 100 anni dalla grande guerra, ha tuonato contro “le guerre e i nazionalismi” (brutti) e a favore dell’“integrazione europea” (bella). Concetti forti, soprattutto nuovi. Poi s’è spostato a Monfalcone e, sempre in marcia verso la scoperta dell’acqua calda, ha rimonitato per strada: “Se non trovano lavoro i giovani, l’Italia è finita”. Perbacco, che originalità. Verrebbe da domandargli dove sia stato lui negli ultimi decenni, essendo entrato in Parlamento appena nel 1953, mentre i governi italiani facevano di tutto per desertificare i posti di lavoro. O se il Napolitano che firmò ed esaltò la controriforma Fornero che manda gli italiani in pensione a 70 anni, tagliando fuori i giovani dal mercato del lavoro, fosse un suo omonimo. Del resto, c’è un Napolitano che tuona contro le guerre e uno che difende a spada tratta l’acquisto degli F-35 (che notoriamente sganciano mazzi di rose), anche dai cattivoni del Pentagono che osano lasciarli a terra per precauzione. Un Napolitano che “quando il Parlamento delibera, il Presidente tace”. E un Napolitano che ieri - terzo monito - s’impiccia nei tempi (dunque nei modi) della controriforma del Senato. Ma questo è ormai la politica italiana: una supercazzola 24 ore su 24 senz’alcun rapporto con la realtà, con la coerenza, con la decenza. Con B. credevamo di avere raggiunto il record mondiale della balla, ma non avevamo ancora visto all’opera Napo & Renzi: al confronto il Cainano è un dilettante. Tre anni fa giunse la famigerata lettera della Bce che commissariava definitivamente l’Italia, imponendoci inutili sacrifici per decine di miliardi, oltre all’anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013. Fu allora che un certo Matteo Renzi, ancora soltanto sindaco di Firenze, il 26 ottobre 2011 dichiarò all’Ansa: “Mi ritrovo nella lettera della Bce. E non condivido l’atteggiamento prevalente del Pd che invoca l’Europa quando conviene e ne prende le distanze se propone riforme scomode. Rabbrividisco a sentire certe posizioni contro la lettera della Bce lanciate da chi non prenderebbe voti nemmeno nel suo condominio”. Chissà se è lo stesso Renzi che ora, divenuto segretario del Pd e presidente del Consiglio, fa il figo contro “l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri”, contro il rigore in nome della flessibilità e della crescita. C’è il Renzi che fa lo splendido con le 12 linee-guida sulla Giustizia e bacchetta il Csm: “Chi nomina non giudica e chi giudica non nomina”. E c’è il Renzi che si tiene come sottosegretario alla Giustizia il magistrato Cosimo Ferri che fa propaganda elettorale via sms per mandare i suoi amichetti nel nuovo Csm (chi governa elegge e chi elegge governa). C’è il Renzi che trasforma il Senato in dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali perché quello attuale fa perder tempo (falso: approva le leggi in una media di 2 mesi). E c’è il Renzi che, come i predecessori, si scorda i regolamenti attuativi delle sue (pochissime) riforme, che languono nei ministeri come lettera morta. C’è il Renzi che dai 5Stelle pretende lo streaming e le risposte scritte in carta bollata, però B. & Verdini li vede di nascosto e a carte coperte, infatti il Patto del Nazareno rimane segreto di Stato. Viene in mente quel che disse Fabrizio Barca a un imitatore di Vendola che il 17 febbraio lo chiamò dalla Zanzara: “Non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo! Siamo agli slogan: questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo, vedo uno sfarinamento veramente impressionante”. Poi rivelò di aver rifiutato l’offerta di fare il ministro che gli giungeva da improbabili intermediari del premier, legati al quotidiano la Repubblica: “Sono colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione!... Sono fuori di testa!”. Pareva uno scherzo telefonico: era il migliore ritratto del renzismo reale, tutto chiacchiere e distintivo. 2 RIFORMATORI MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Sin elCostituzione vuole mettere la “bellezza” OGGI, INTORNO ALL’ORA DI PRANZO la Sala stampa di Montecitorio ospiterà una conferenza stampa di presentazione della proposta di legge costituzionale, a prima firma della deputata di Sel Serena Pellegrino, per integrare l’art.1 della carta costituzionale “con il riconoscimento della bellezza - si legge in una nota - quale elemento costitutivo dell’identità nazionale”. Mentre in commis- sione Affari costituzionali di Palazzo Madama andrà di scena la madre di tutte le battaglie tra frondisti che chiedono un Senato eletto a suffragio universale e lealisti che difendono il disegno di legge Boschi con sindaci e consiglieri regionali nominati in Senato dalle loro assemblee elettive, Sel spiazza tutti con un progetto condiviso con le principali associazioni ambientaliste e rappresentanti della il Fatto Quotidiano cultura. “Solo attraverso il riconoscimento e la tutela di questo inestimabile valore può nascere l’inversione di tendenza che sta facendo declinare l’Italia in un processo di omologazione verso il basso, di sperpero di talenti e conoscenza, di devastazione dell’immensa ricchezza che questo popolo, con creatività, sapienza e connaturato istinto, ha saputo costruire”, ha spiegato Pellegrino. SENATO, IMMUNITÀ & C. LE RISPOSTE DI BEPPE PER STANARE MATTEO QUALCHE NO, MA ANCHE APERTURE. I 5 STELLE REPLICANO AL PD SU LEGGE ELETTORALE E RIFORME. E ORA IL PREMIER NON PUÒ PIÙ DIRE CHE CON I GRILLINI NON SI PUÒ TRATTARE F ormalmente, dieci sì a dieci domande. Nei fatti, diversi no e qualche concessione, anche importante. Alle 20.05 di un lunedì lunghissimo, i Cinque Stelle cedono alla richiesta del Pd, e sul blog di Grillo mettono nero su bianco le risposte sulla legge elettorale e sulle riforme. Più o meno le stesse spiegate ieri in conferenza stampa da Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Il loro Democratellum proporzionale, con le preferenze, confrontato all’Italicum renziano, maggioritario, con liste bloccate. Prima domanda Scrive il Pd: “Un vincitore ci vuole sempre, l’unico modello che assicura questo è la legge che assicura un premio di maggioranza al primo o al secondo turno”. Ergo, “siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere la certezza di un vincitore?”. L’M5S replica con il primo sì. Ma rilancia, rispondendo al doppio turno di coalizione dell’Italicum con un doppio turno di lista. Ovvero, al ballottaggio vanno i primi due partiti e non le prime due coalizioni. “Vogliamo evitare che la corsa al primo posto si trasformi in un’ammucchiata” scrive l’M5S. Che precisa: “Proponiamo è un primo turno proporzionale senza soglie di sbarramento. In caso di superamento della soglia del 50 per cento più uno dei seggi, premio di governabilità del 52 per cento”. Nel caso che nessuno vinca al primo turno, bal- lottaggio con identico premio di maggioranza del 52 per cento. Seconda domanda “Siete disponibili ad assicurare un premio di maggioranza per chi vince, al primo o al secondo turno, non superiore al 15 per cento?”. I 5 Stelle dicono sì, rimandando alla prima risposta: “Prevediamo un turno di ballottaggio con cui sia possibile attribuire un numero di seggi tale da assicurare a chi ha vinto un margine di maggioranza”. Terza domanda “Siete disponibili a ridurre l’estensione dei collegi?”. Terzo sì BALLOTTAGGIO Previsto il doppio turno se nessuno supera il 50 per cento. E via l’immunità com’è prevista adesso durre questo controllo e come dovrebbe intervenire sulla legge in discussione. Il premier ha affermato che la legge elettorale sarà promulgata dopo la prima lettura da parte del Senato della riforma costituzionale. Significa nessun controllo sul testo in discussione”. Quinta domanda “Siete disponibili a ridurre il potere delle Regioni modificando il titolo V e riportando in capo allo Stato funzioni come le grandi infrastrutture, l’energia, la promozione turistica?”. Quinto sì dei 5 Stelle, che hanno però tante perplessità. In particolare, “sulla nuova definizione delle competenze di Stato e Regioni. Dove finisce la ‘programmazione e organizzazione dei servizi sanitari” (materia di competenza regionale) e dove iniziano le “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute’ (di competenza statale)? Altro nodo, “la clausola di supremazia” con cui, su proposta del governo, la legge dello Stato può intervenire su materie non riservate alla sua legislazione esclusiva. Sesta domanda dell’M5S, che sulla riduzione aveva già aperto. Ma “questo e altri elementi dipendono dall’impianto della legge”. Quarta domanda “Siete disponibili a far verificare preventivamente la legge elettorale dalla Consulta?”. Quarto sì, con dubbi: “Abbiamo urgenza di capire come si dovrebbe intro- “Disponibili ad abbassare l’indennità del consigliere regionale a quella del sindaco del comune capoluogo e eliminare ogni forma di rimborso ai gruppi consiliari delle Regioni?”. Sì con obiezione: “Non si capisce come il Parlamento possa intervenire su una materia che dovrebbe essere di competenza regionale”. Settima domanda “Siete disponibili ad abolire il Cnel?”. Sì, con rilancio: “Siete disposti a scorporare l’abolizione del Cnel dal resto delle riforme così da approvarlo in tempi più rapidi?”. Ottava domanda “Siete disponibili a superare il bicameralismo perfetto impostando il Senato come assemblea che non si esprime sulla fiducia e non vota il bilancio?”. Ottavo sì: “Non siamo pregiudizialmente contrari, a patto che l’assemblea abbia ancora una precisa funzione”. Nona domanda “Siete disponibili a che il ruolo del senatore non sia più un incarico a tempo pieno e retribuito ma il Senato sia semplicemente espressione delle autonomie territoriali?”. Sì forzatissimo: “Perché un ruolo come quello del rappresen- tante delle autonomie non dovrebbe essere a tempo pieno?”. E poi: “Si danno al Senato poteri che vanno molto al di là di quelli locali, inconciliabili con un secondo grado”. DERBY A 5 STELLE In alto, Beppe Grillo, che ieri ha smentito una delle sue creature, Luigi di Maio (in basso) Ansa Decima domanda “Siete disponibili a trovare una soluzione sulle guarentigie costituzionali per i membri di Camera e Senato, individuando una soluzione al tema immunità che non diventi occasione di impunità?”. Sì, così declinato “Affinché l’immunità non diventi occasione di impunità e tuttavia preservi il parlamentare nella sua funzione di rappresentante dei cittadini, riteniamo necessario e sufficiente cancellare le immunità ora previste, eccetto la garanzia dell’insindacabilità per le opinioni e i voti espressi”. l.d.c IL PERSONAGGIO Alla fine Di Maio corregge Grillo di Luca De Carolis n tilt per un no. Con il Grillo furioso I che smentisce il Di Maio pontiere. Ma che poi deve correggersi in fretta, de- ve “precisare”, addirittura cancellare un post. Perché con il suo sfogo sul blog “contro la dittatura dell’ebetino”, come a scaraventare in terra il tavolo con il Pd, era andato in senso opposto e contrario al numero 3 dei Cinque Stelle. E di fatto, pure a Gianroberto Casaleggio. Troppo, perfino per il volto del Movimento. Il Pd che diserta l’incontro sulla legge elettorale fa saltare i nervi a un bel pezzo degli ortodossi dell’M5s. Ma soprattutto, conferma i nuovi equilibri dentro i 5 Stelle. Luigi Di Maio è ormai il primus inter pares. Domenica aveva rilanciato con controproposte sulla legge elettorale in un’intervista al Corriere della Sera, senza il mandato dell’assemblea. Ieri mattina tiene aperto il filo con i Democratici. Viene contraddetto dal Grillo che va di pancia. in poi parliamo solo con Renzi, gli altri interlocutori del Pd non sono affidabili”. Ma non strappa: “Noi non facciamo salDI PRIMA MATTINA, si sparge la voce tare il tavolo, vogliamo che le nostre prodell’arrivo di Grillo alla Camera, proba- poste migliorino l’Italicum”. Ma perché bilmente per partecipare allo streaming. non avete risposto in via scritta? Di I 5 Stelle smentiscono. Ma nel palazzo Maio: “Ci dicano se vogliano fare la legge stavano già preparandosi a ricevere per corrispondenza. E poi abbiamo ill’ospite di riguardo. Alle 10.50 Roberto lustrato i punti nell’intervista”. Alle Speranza scrive: “L’incontro con M5s 15.35 irrompe Grillo sul blog. Il post pare non si farà”. I 5 Stelle la fine del dialogo: “Si convocano una confeprende atto che un renza stampa. Parla confronto democratiMONTAGNE RUSSE co e trasparente in Itasoprattutto Di Maio: “Noi abbiamo le idee è oggi impossibile, Dopo il no all’incontro lia chiare ma dall’altra che Renzi, le cui palle parte vedo molta consono sul tavolo di con il Pd il leader fusione”. Si lamenta: Verdini e Berlusconi, aveva tuonato: il “Giovedì avevo conrifiuta con il M5s ogni cordato l’incontro con confronto. Il Movipremier ha le palle sul mento rappresenta Guerini, abbiamo saputo dell’annullamilioni di italiani, non tavolo di Verdini, poi mento da un comunipossono essere trattati l’apertura al dialogo cato”. Punge: “D’ora come paria da sbrufMa nel tardo pomeriggio la linea torna la sua: la stessa di Casaleggio. foni della democrazia”. Acclusa, una telefonata registrata, in cui Grillo spara: “Andiamo verso una dittatura di stampo legale, fatta da un ebetone pericolosissimo: verso una criminalità organizzata di stampo democratico”. E poi: “Non concediamo più un millimetro, non avranno più a che fare con dei bambini, faremo opposizione dura”. Le voci critiche esultano. “Il messaggio di Grillo è uno dei migliori, se non il migliore, degli ultimi due anni” twitta Walter Rizzetto. Di Maio si chiude nel suo ufficio con un paio di colleghi e lo staff comunicazione. Da lui e dalla delegazione per la legge elettorale (Toninelli, Carinelli, Buccarella) partono telefonate a Casaleggio e Grillo. I contatti sono continui, la tensione è altissima. Alle 17.02 arriva il post sul blog: “Per chi non ha capito, o non ha voluto capire, che tra il mio intervento di oggi e la conferenza stampa di Di Maio e Toninelli non vi sono contraddizioni: le porte per una discussione sulla legge elettorale per l’M5S sono sempre aperte. Il mio è stato un appello ai parlamentari delle altre forze perché ci aiutino a evitare una deriva anticostituzionale”. Firmato, Beppe Grillo. Dal blog sparisce la parte che parlava di “confronto democratico impossibile”. In serata, Di Maio da Mentana su La 7 (eppure Grillo aveva dato lo stop alle presenze tv): “Beppe ha reagito da persona vera al gesto del Pd, aveva il diritto di arrabbiarsi”. il Fatto Quotidiano RIFORMATORI REFERENDUM EMENDAMENTO RADDOPPIA LE FIRME Raddoppia il numero delle firme per promuovere un referendum abrogativo (da 500mila a un milione), ma scende il quorum: per la validità del referendum deve votare la metà più uno del numero dei votanti alle ultime elezioni della Camera (e non più la metà più uno di tutti gli elettori). Lo prevede un nuovo emendamento dei relatori alle riforme. L’emendamento sull’articolo 75 della Costituzione, innalza da 500mila a un milione le firme necessarie ad un referendum. Esso sarà valido se si sarà recato alle urne almeno la metà più uno dei partecipanti alle ultime elezioni politiche della Camera: attualmente era la metà più uno degli aventi diritto. Viene introdotto an- MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 3 che un giudizio preventivo della Corte costituzionale sulla ammissibilità del quesito: esso arriverà una volta raccolte la metà delle firme, cioè 500mila. Infine l’emendamento introduce dei limiti che recepiscono alcune indicazioni emerse da recenti sentenze della Corte costituzionale: i referendum dovranno riguardare intere leggi o parti di legge con valore normativo autonomo. Re Giorgio dà una mano a Renzi: “Basta bicameralismo perfetto” LA RIFORMA DEL SENATO È RINVIATA DI UNA SETTIMANA. NAPOLITANO: NIENTE SPOSTAMENTI di Wanda Marra I ncontri mancati, fronde Pd e Forza Italia sul piede di guerra, aperture di Grillo dell’ultimo minuto, stop sull’Italicum senza se e senza ma: la vigilia di quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo voto in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama sulla riforma del Senato e del Titolo V si trasforma nell’ennesima giornata di stop. Tanto che alla fine arriva il soccorso di Giorgio Napolitano a Matteo Renzi: “Senza entrare nel merito di opzioni ancora aperte, è parte della mia responsabilità auspicare una conclusione costruttiva, evitando ulteriori spostamenti in avanti dei tempi di un confronto che non può scivolare, nell’inconcludenza” su riforme “più che mai mature e vitali”, dice il Presidente della Repubblica, spingendosi a ricordare che è tempo di girare pagina rispetto al “bicameralismo perfetto”. UN MONITO a tempo quasi scaduto: IL RITORNO Pecoraro Scanio tifa Minzolini e Mineo PERSONAGGI che ritornano dal passato, strane coppie che si formano, paragoni storici lanciati nello spazio. La dissidenza sulla riforma del Senato targata Renzi (e Berlusconi) produce inconsueti effetti collaterali. E così ieri durante una conferenza stampa convocata a Palazzo Madama per presentare un sondaggio di Ipr Marketing a favore del Senato elettivo (lo vorrebbe il 55% degli interpellati) riappare dal nulla Alfonso Pecoraro Scanio, l’ex ministro dell’Ambiente. Il Verde da poco rinviato a giudizio con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Che ci fa Pecoraro Scanio a un tavolo dove siedono il duo Corradino Mineo & Augusto Minzolini, la capogruppo di Sel, Loredana de Petris e Paolo Corsini, dissidente dem? È il committente del sondaggio in questione, attraverso la sua Fondazione, la Univerde. Strani connubi, l’ambientalismo e le riforme costituzionali. La richiesta ufficiale è quella di rimandare l’approdo in Aula della riforma per studiarla meglio. E la strana coppia di provenienza Rai plasticamente si staglia sullo sfondo. Mineo, che fu direttore di Rainews 24, e Minzolini, che fu direttore del Tg1. Mai stati amici, eccoli uniti nella dissidenza. Sono settimane che Mineo invita alla ribellione. “Prenditi le tue responsabilità e lascia a noi libertà di coscienza”, manda a dire a Renzi. Al netto della definizione, il premier non sembra abbia intenzione di fare molto altro, se non lasciarli fare e sbarazzarsene appena può. Ma ecco anche come la mette la “spalla” Minzolini: “Il Pd esprime il presidente del Consiglio e poi dà il suo ok alla figura di garanzia, il Presidente della Repubblica: siamo a Leonid Breznev...”. Sentiamo Paolo Corsini, ex sindaco di Brescia: Renzi porta avanti il “modello Putin”: “Situazione peggiore del centralismo democratico: nemmeno Togliatti si sognò di impedire a Concetto Marchesi di rinunciare a opporsi all’art.7 della Costituzione”. E poi giù, col Grande Inquisitore. wa.ma. perché la riforma, che si raccontava dovesse essere in Aula per domani, non arriverà prima di giovedì. Molto più facilmente tra lunedì e martedì della settimana prossima (decide stamattina la capigruppo). Con buona pace di Renzi, che per la riunione a Bruxelles del 16 luglio in Europa potrà portare solo una riforma ancora tutta in itinere. Non a caso in serata il capogruppo, Luigi Zanda all’assemblea dei senatori ricorda che i “tempi rapidi non sono un capriccio”, ma servono per l’Europa. Per trovarsi però un gruppo pronto a sollevare distinguo. Saranno le centinaia di emendamenti da votare il motivo tecnico, ma sono di certo le ragioni politiche quelle che spingono Napolitano ancora una volta ad entrare in campo con tutto il suo peso. “Hanno cincischiato per quattro giorni, senza risponderci. Luigi Di In alto, il presidente Giorgio Napolitano. A sinistra, il ministro Maurizio Martina Ansa LEGGE ELETTORALE Nel governo è il ministro Martina a chiarire che si deve cambiare. I bersaniani e i 25 di Francesco Russo sono d’accordo: così non va Maio mi ha accusato di aver fatto saltare l’incontro con i Cinque Stelle, ma la politica non è la logistica”. Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd a sera il mancato incontro con i grillini lo spiega così. Insieme a un’ammissione-dichiarazione di apertura sulla legge elettorale. Una posizione che il il segretario-premier, Matteo Renzi esprime da giorni, ma che a questo punto sembra più sostanziale di prima: l’Italicum appare su un binario morto. Renzi e Berlusconi si sono visti giovedì per blindare l’accordo, ma sulle preferenze il dialogo si è fermato. Il premier non si lascia scomporre più di tanto, ed evita confronti più rischiosi che utili. Anche perché è convinto che nessuno avrà il coraggio di intestarsi la fine delle riforme (e dunque della legislatura) All’ultimo momento, sceglie di far saltare l’incontro con i Cinque Stelle. “Io so- no un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8 punti su cui #M5S è pronto a votare con noi? #pochechiacchiere”, twitta. E rincara. Sempre via Twitter: “Non è uno scherzo, sono le regole! Chiediamo un documento scritto per sapere se nel #M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla”. Approfittando della confusione del Movimento, che gli 8 punti li mette per iscritto solo a incontro saltato, Renzi in realtà sa che non è il caso di innervosire troppo Berlusconi, facendogli vedere che alla fine la legge elettorale potrebbe farla con i Cinque Stelle. Ci pensa l’apertura di Grillo a pomeriggio inoltrato a rimescolare le carte in tavola. A proposito di incontri saltati, Matteo non va nemmeno in serata all’assemblea dei senatori Pd: i dissidenti certi, gli ex auto-sospesi, sono 14. Il gruppo conta di riportarli a dieci. E nel dubbio, meglio non aprire ulteriori discussioni. E i bersaniani? Per dirla con Miguel Gotor: “Ho ancora alcuni punti di disaccordo sul Senato. Ma lo voteremo. L’Italicum così però non funziona”. L’affondo: “Perché Renzi si ostina a rimanere appeso ai veti di Verdini, mentre adesso ha una maggioranza molto più ampia?”. Bersani in testa, la minoranza Dem sta dando battaglia. Tra loro c’è anche chi ricorda: “Noi abbiamo aperto la strada a Renzi in cambio di rimandare e cambiare la legge elettorale. Mica adesso facciamo marcia indietro”. Nella dissidenza spicca Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, con delega all’Expo, che all’Huffington dichiara: “Sulla riforma del Senato, ho la profonda convinzione che la strada tracciata sia quella giusta. Mentre sulla legge elettorale, sono necessari dei miglioramenti”. È il primo ministro che “osa” esprimere nero su bianco una posizione diversa rispetto al premier. Uno dei (tanti) ministri che viene dato in bilico, se non proprio ora, a ottobre, per via dell’Expo. Non basta. I venticinque senatori Dem “facilitatori” e “trasversali” capitanati dal lettiano Francesco Russo producono un documento che difende il lavoro fatto sul Senato, ma annuncia battaglia sulla legge elettorale. GUERINI a sera prova a rassicurare l’alleato principale, Forza Italia: “L’impianto di partenza resta quello dell’Italicum. Ma siamo aperti al dialogo con tutti”. Perché poi la legge così com’è pensata non piace neanche all’Ncd. Si parla di modifiche sulle soglie e adesso si prendono in considerazione le richieste sulle preferenze: si pensa a collegi più piccoli, a liste con capolista bloccati e per il resto preferenze, al Mattarellum. Ma di certo, tutta questa agitazione sul prossimo gradino delle grandi riforme, non fa bene neanche alla riforma del Senato. 27 DISSIDENTI SU 59 Berlusconi non argina la fronda di Gianluca Roselli Un patto, quello col premier, da cui l’ex Cav si aspetta diverse contropartite: una riforma della a fronda dei parlamentari azzurri nei con- giustizia non ostile e, magari, un accordo sul nofronti riforma del Senato è una puntura di me del futuro Presidente della Repubblica. Perspillo per un Silvio Berlusconi che ha già un dia- ché, se Giorgio Napolitano non concederà mai la volo per capello. Quello che preoccupa di più l’ex grazia a Berlusconi, il prossimo capo dello Stato Cavaliere in queste ore, infatti, sono, come al so- chissà... lito, i processi. Quello di Piersilvio su Mediatra- Ecco perché il leader azzurro si irrita appena sende, la cui sentenza è prevista per oggi, e il secondo te la parola “frondista”. Al momento a Palazzo grado di Ruby in arrivo il 18 luglio. Chi ci ha Madama i ribelli sono tra 26 e 30. Meno dei 37 che firmarono il documento di parlato racconta di un Berlusconi teso come una corda di violino. Per Augusto Minzolini, ma comunque tanti. Quasi la metà questo motivo l’ex premier ascolta I PROCESSI chi gli “resoconta” le fibrillazioni del gruppo, che ne conta 59. dei suoi a Palazzo Madama con faA guidare la pattuglia è l’ex L’ex Cavaliere teme stidio. Il leader di Forza Italia ha una direttore del Tg1. “Renzi sola necessità: quella di mostrarsi sembra Breznev e Napolitanuove condanne affidabile agli occhi di Renzi sul patno tace”, ha detto ieri il sePer questo vuole to del Nazareno. Ovvero il tubicino natore ribelle. Il capo dello di ossigeno che gli consente di reStato deve averlo ascoltato, un partito unito. stare politicamente in vita. Specialvista la nota diffusa in serata, mente se, come si suppone, arriverà anche se le sue parole vanno Bocciato il “lodo” una condanna all’appello per Ruin senso contrario a quello Brunetta-Guzzetta by. sperato da Minzolini. Resta L da vedere, però, quanti frondisti avranno poi il coraggio di votare contro in Aula. “Alla fine a dire no saranno 4 o 5”, raccontano dal gruppo forzista a Palazzo Madama. “Altrimenti si tratterebbe di una spaccatura al pari di quella di Alfano. Per loro significherebbe mettersi fuori dal partito”. Nel frattempo per il Senato spunta anche il “lodo Brunetta”, scritto dal costituzionalista Giovanni Guzzetta: a Palazzo Madama potrebbero entrare i consiglieri regionali che hanno raggiunto il maggior numero di preferenze. La proposta, però, è già stata bocciata dalla coppia Renzi-Boschi: non si può fare perché non si può mettere la parola preferenze in Costituzione. I tempi della riforma, intanto, si allungano: mercoledì il testo sarà licenziato dalla commissione e poi verrà incardinato in Aula. Paolo Romani, quindi, avrà più tempo per far rientrare la fronda. “Certo, se non ci riesce, il suo posto da capogruppo traballa”, si sussurra a Palazzo Madama. L’asticella sotto cui Renzi e Berlusconi non possono scendere è quella dei due terzi. Ovvero 214 senatori su 320. Questo è il margine di tenuta del patto del Nazareno. 4 L’APPELLO MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Ipubblicati 10 punti chiave domenica sul “Fatto” 1. CAMERA Con Italicum e liste bloccate 630 deputati nominati dai partiti più grandi; i medio-piccoli esclusi dalle soglie. Il primo (anche col 20%) avrà il 55% e potrà governare solo; il potere legislativo coinciderà con l’esecutivo, con decreti e fiducie. 2. SENATO Sarà di 100 senatori non eletti: 95 scelti dai consigli regionali (74 consiglieri e 21 sindaci) e 5 il Fatto Quotidiano dal Quirinale. Sarà dominato dal primo partito e non potrà più controllare il governo. 3. OPPOSIZIONE I partiti d’opposizione decimati; i dissenzienti dei partiti governativi potranno essere espulsi e sostituiti in commissione. Corsia preferenziale per leggi del governo da approvare in 2 mesi, con divieto di ostruzionismo ed emendamenti. 4. CAPO DELLO STATO Lo sceglierà il capo del governo e del primo partito al terzo scrutinio, quando la maggioranza è al 51%. Il Colle avrà enormi poteri d’interferenza in tutti i campi, giustizia in primis. 5. CORTE COSTITUZIONALE Il governo controllerà 10 dei 15 giudici: i 5 nominati dal Parlamento e i 5 del Colle. Difficile che la Consulta possa bocciare LA RISPOSTA DEI LETTORI Uniti come nella battaglia per l’acqua pubblica Il modo migliore è resuscitare l’alleanza che vinse i referendum sulla riforma costituzionale di Berlusconi e sull’acqua pubblica, entrambi contro la volontà di quasi tutti i partiti. In quei due casi la base del Pd (o come si chiamava allora) fu di grande aiuto ai promotori, spesso contro la volontà dei loro stessi dirigenti. Dunque per gli oppositori non c’è che la via maestra della costituzione: referendum confermativo, sperando che il M5s non faccia scherzi e la maggioranza dei 2/3 non ci sia; ricorsi alla Corte Costituzionale, e insomma tutti i mezzi che la Costituzione prevede e che per chi ama e difende questa Costituzione nata dal sangue degli italiani sono obbligati. Tra appelli e referendum per salvare la democrazia DOPO LA DENUNCIA DEL” FATTO” SULLA DERIVA AUTORITARIA DIETRO LE “RIFORME” DI RENZI E BERLUSCONI, CENTINAIA DI LETTERE CON LE INIZIATIVE DA ADOTTARE L’appello per chiedere ai lettori come opporci alla svolta autoritaria di Renzi, Berlusconi & C è stato pubblicato sul giornale di domenica, ma sono già migliaia i messaggi arrivati. “Il modo migliore è resuscitare l’alleanza che vinse i referendum sulla riforma costituzionale di Berlusconi e sull’acqua pubblica”, scrive qualcuno. Chi invece propone che il “Fatto” segua “la sua linea politico-editoriale supportata dai lettori, e cerchi così di spezzare l’asse Renzi-Berlusconi”. Tra le diverse posizione anche quella di una manifestazione in piazza: “I grandi media, tranne il Fatto, sono complici. In questi momenti l’unica cosa che può fermare la svolta è una risposta popolare. Forte e urgente. Suggerisco, pertanto, una manifestazione in autunno”. O chi fa notare come “oggi a differenza di due o tre anni fa diventa arduo coinvolgere e far capire certe cose alle persone. La crisi e le retoriche parolaie hanno addormentato e rabbonito le coscienze civili”. Noi, come “Fatto”, andremo avanti con l’iniziativa, attraverso il giornale cartaceo e il sito Internet. Continuate a scrivere e a proporre la vostra idea, le pubblicheremo e, soprattutto, seguiremo le indicazioni che verranno fornite. Gli spunti interessanti sono già molti. Paolo Lombardi Dalle manifestazioni alla lotta referendaria La democrazia è già oramai un lontano ricordo ma è ancora più pericoloso affidare il potere interamente nelle mani di una sola persona. Non so cosa bisogna fare, comunque lottare per non essere sopraffatti da un’ordine nuovo che si delinea all’orizzonte. I sistemi, dalle manifestazioni alle richieste referendarie, vanno tutte bene. Un appello al Presidente del Consiglio Renzi lo voglio fare; lei non può sostituire la volontà dei cittadini italiani con le decisioni di pochi segretari di governo, io non credo che il suo successo elettorale del 40,8% di cui lei si fa forte, la autorizzi ad autodelegarsi in nome e per conto dei cittadini. Salvatore Soru Disobbedienza civile non violenta e rifiuto Quel po’ di democrazia che avevamo conquistato dopo la guerra è purtroppo svanita già da venti anni dopo che negli anni settanta era cominciata la riconquista totale del potere da parte delle mai svanite classi dominanti. Ora siamo avviati a una deriva pericolosissima dalla quale sarà molto difficile salvarsi. Per venire alle azioni immediate: coordinare le azioni di boicottaggio e resistenza a questi poteri antipopolari, disobbedienza civile non violenta e rifiuto. Alberto Del Buono Raccogliere le firme tra lettori e cittadini Caro direttore, repetita iuvant: lanciare un appello contro le riforme di Renzusconi e raccogliere le firme tra lettori, cittadini, associazioni e movimenti. A settembre manifestazione a Roma. Grazie per il vostro lavoro, barricata contro il nuovo fascismo. Enrico Bandiera di firme al punto in cui siamo non servono più. La manifestazione dovrà essere il più partecipata possibile. Gaetano Gaziano Un documento dei costituzionalisti L’Aula del Senato Ansa Pubblicare ogni giorno il “Piano di Rinascita” P2 Suggerisco questo: pubblicate, magari anche più volte, la copia del “Piano di Rinascita democratica” della P2. O, anche meglio, pubblicate un estratto, una sintesi, dei passi del documento in cui si ipotizzano tutte le riforme che stanno facendo oggi, a distanza di 40 anni. Sarebbe di grande impatto! Marco Scarponi Maggioranza trasversale in Parlamento Proponiamo che il “Fatto” seguendo la sua linea politico-editoriale e supportato dai NON SI PUÒ MOLLARE Bisogna lottare per non essere sopraffatti da un’ordine nuovo che si delinea: i sistemi, dalle manifestazioni alle richieste referendarie, vanno tutte bene lettori, cerchi di spezzare l’asse Renzi-Berlusconi. Crediamo che la battaglia possa essere condotta con la raccolta delle firme dei lettori del “Fatto”, ma anche in Parlamento attraverso maggioranze trasversali. Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli Vanno definiti dei punti chiave Aderisco di buon grado all’invito e vi offro il mio contributo: 1) Definizione di alcuni punti-chiave (sotto il titolo Difendiamo la democrazia o simili) che fissino in modo semplice, preciso e inequivocabile certi principi irrinunciabili per la democrazia (Senato elettivo; possibilità per l'elettore di esprimere preferenze riguardo ai candidati, etc) 2) Campagna di raccolta firme a sostegno di tali punti. 3) Presentazione delle firme raccolte alle massime autorità statali. Oreste Martinelli Non smettere di informare e di informarci Penso che la parola sarebbe dovuta passare a noi già da tempo ormai, o forse non avremmo mai dovuto lasciarcela togliere. Quello che sta accadendo nel nostro Paese, è infatti molto peggio di un regime da “uomo solo al comando”. Già l’anno scorso avevano tentato di metter le mani sulla Carta, ma tutti ce ne siamo ormai scordati. Quindi hanno pensato bene fosse tempo di riprovarci. Cosa dovremmo fare? Non smettere di informare e di informarci. E poi fare l’opposizione, quella vera. Perché alle prossime elezioni potrò finalmente votare. E mi piacerebbe poter ancora votare per un paese democratico. Beatrice Barbarossa Chiederci di nuovo di sottoscrivere le petizioni Cosa posso proporre, come cittadina “informatissima”? Posso pregarvi di continuare a battere su queste note dolenti, soprattutto in questo periodo estivo, quando spariscono i programmi d’informazione politica e i cittadini sono alle prese con le vacanze o solo con l’evasione verso giardinetti e parchi cittadini. Potete sostenere “Libertà e giustizia”, chiederci di nuovo di sottoscrivere le petizioni che ritenete opportune per ferma- re questo sfacelo. M. Antonietta Pinna Una risposta popolare, forte e urgente Rispondo al vostro accorato e preoccupato appello. La svolta autoritaria di Renzi non è più un'ipotetica minaccia. È nei fatti. Il momento è grave. Napolitano tace, come osserva Sandra Bonsanti sul vostro giornale. I grandi media, tranne il “Fatto”, sono complici. In questi momenti l'unica cosa che può fermare la svolta è una risposta popolare. Forte e urgente. Suggerisco, pertanto, una manifestazione popolare a Roma in autunno. Le raccolte Renzi persegue lo stesso obbiettivo di Gelli-Berlusconi: chi prende i voti, prende il potere e fa quello che vuole, eliminando i controlli. Si tratta di una specie di dittatura a tempo, che, per non creare allarme, salva solo le elezioni, comunque con scarso livello di rappresentatività e depotenziate. Occorre una risposta forte della società civile e credo che si debba cercare di unificarla il più possibile, per evitare dispersioni. Cedo che i costituzionalisti come Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare, Pace debbano fare il massimo sforzo per produrre un documento, formato volantino, comprensibile dalla maggior parte degli italiani. Poi comitati, associazioni e partiti si attiveranno per la raccolta firme, non solo on line ma anche nelle piazze, sul modello del referendum per l’acqua pubblica. Dino Dall'Osso SCENDERE IN PIAZZA In questi momenti l’unica cosa che può fermare la svolta è una risposta popolare. Forte e urgente. Suggerisco, pertanto, una manifestazione popolare a Roma in autunno La voce del dissenso è agonizzate Sono pronta a sostenere la vostra, anzi la nostra battaglia per la democrazia nei modi in cui vorrete combatterla! Io non faccio parte di quella percentuale plebiscitaria che ieri ha permesso l’apoteosi di Silvio Berlusconi e oggi di Matteo Renzi, ma in un momento in cui la voce del dissenso è agonizzate grazie. Mille volte grazie a voi gufi se riuscirete a evitarci un altro disastroso ventennio da cui sa- L’APPELLO il Fatto Quotidiano leggi incostituzionali o dar torto al potere politico. Csm a un’Alta Corte per 2/3 politica. 6. CSM E MAGISTRATI Anticipando la pensione delle toghe da 75 a 70 anni, il governo decapita gli uffici giudiziari. I nuovi capi li nominerà il nuovo Csm, con 1/3 di laici vicini al governo e un presidente e un vice fedeli al governo, previo ok del Guardasigilli. Progetto di dirottare i giudizi disciplinari dal 7. PROCURATORI E PM Il procuratore capo diventa padre-padrone dei pm, privati di autonomia e indipendenza “interne”. Per assoggettare Procure e Tribunali, basterà controllare un pugno di capi. 8. IMMUNITÀ Rimane per i senatori non eletti. MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Consente al governo di salvare i suoi uomini alla Camera e di nominare senatori “scudati” i sindaci e i consiglieri regionali nei guai con la giustizia. 9. INFORMAZIONE Il governo domina la Rai (rapinata di 150 mln e indebolita dall’evasione del canone) e B. controlla Mediaset. I giornali a editori impuri: aziende ricattabili dal governo e bisognose di 5 aiuti pubblici per stati di crisi e prepensionamenti. 10. CITTADINI Espropriati del diritto di scegliere i deputati e di eleggere i senatori, oltreché della sovranità nazionale, non avranno altre armi che i referendum abrogativi (spesso bocciati dalla Consulta) e leggi d’iniziativa popolare: ma la riforma costituzionale alza la soglia da 50 a 250 mila firme. Il contributo Verso il nuovo Medioevo “Vogliono ges tire il dissenso senza disturbi” di Gianandrea Piccioli* ì, siamo alle porte co’ sassi, per usare un gergo familiare al S nostro frenetico e fatuo presidente del Consiglio. Siamo coinvolti in un mutamento geopolitico globale ed epocale che rebbe quasi impossibile rialzarsi! Francesca Cardoni Un’opposizione che porti il popolo in piazza È ora di farla finita con questi inciuciatori con il condannato, vogliamo le elezioni politiche. Vogliamo un’opposizione che porti il popolo in piazza per mandarli tutti a casa basta chiacchiere, Renzi è in mano al condannato e Verdini. Speriamo in Grillo ma la vedo dura nessuno fa niente per i lavoratori, solo voi con le vostra notizie riusciamo a capire il marcio della corruzione. Cesare Sesti È necessario un partito o movimento di sinistra Per opporsi all’autoritarismo renziano, farei appello attraverso il “Fatto” alle brave persone del Pd e della lista Tsipras: i Mineo, Casson, Chiti e financo il pauroso Civati escano dal Pd e chiedano a Rodotà, Zagrebelsky e ai membri di Tsipras la creazione di un nuovo partito-movimento. Una raccolta firme in questo senso, fatta dal “Fatto”, probabilmente non smuoverà l’immobilismo inconcludente di Civati, ma sicuramente smuoverà la coscienza di un Casson. Barbara Cinel Dobbiamo informare la popolazione Idee: 1) In ogni città un medesimo unico volantino chiaro (come la prima pagina di domenica) e dei “comitati di liberazione nazionale” che seguano i volantinaggi mercati, fermate autobus, stazioni ferroviarie. Dobbiamo informare la popolazione. 2) Un presidio permanente davanti al parlamento con gli aggiornamenti sulla perdita di democrazia e ritorno al passato. 3) Una lettera a ogni parlamentare sui punti del volantino pubblicando le loro risposte o non risposte. Flavia Donati Date spazio a chi fa iniziative nei territori Scrivo da Rovigo. Da anni con la nostra associazione facciamo educazione costituzionale. Quello che avete messo nero su bianco è verissimo e si chiama dittatura della maggioranza. Purtroppo oggi a differenza di due o tre anni fa, per non parlare del 2006, diventa arduo coinvolgere e far capire certe cose alle persone. La crisi e le retoriche parolaie hanno addormentato e rabbonito le coscienze civili. Cosa fare? Per esempio insistere nello spiegare che se questo quadro già in avanzato stato di composizione si completa il “potere” diventa pigliatutto e si piglierà i nostri diritti, tutti i diritti che crediamo di avere ancora lì, scritti nella Carta. Ditelo con altri esempi efficaci. Date spazio a chi fa iniziative nei territori. Fate come un anno fa: aprite una pagina quotidiana di esempi, commenti, adesioni. Rosanna Cavazzini Corradino Leandro Coinvolgiamo i deputati e i senatori contrari 1)Inviare un appello a tutti i senatori invitandoli a non rinunciare a un Senato elettivo; 2) Appello ai deputati e senatori affinché non si prestino a votare l’Italicum, palesemente anticostitu- zionale. Come redazione de il “Fatto” potreste prepararci un file con tutti i destinatari, che noi elettori potremmo firmare. 3) Ricominciare la raccolta delle firme come l’altra volta per fermare lo stravolgimento dell’art. 138 Manuela Fani Sono sconcertato per quanto ho letto Sono sconcertato, e avrei molto piacere di essere informato circa qualsiasi iniziativa contro l’insieme di porcherie che questo finto illegal/governo, sta cercando di attuare. Andrea Sanna e famiglia Una petizione come per l’art. 138 Ho 76 anni, ma sono irrimediabilmente di sinistra, alle ultime elezioni ha votato per Pier Luigi Bersani e vi rimprovero di averlo attaccato aprioristicamente; perciò non sono sempre d'accordo con voi, ma spero lancerete una petizione come per l’articolo 138 della Costituzione. Parlando con la gente (anche di sinistra) c’è di che spaventarsi: più diffusa è l’ineluttabilità di Matteo Renzi e del suo autoritarismo. Ada Pallai Un referendum nazionale per un paese narcotizzato Propongo che i 10 punti elencati in prima pagina ovviamente adattati in termini di legge siano oggetto di un referendum nazionale fra tutti i cittadini promosso dal vostro giornale. Altro non saprei dire visto che questo Governo sta narcotizzando il Paese assieme alla stampa cosiddetta “libera”. Orlandini Giancarlo Siate promotori di una raccolta di firme Iniziamo con la conta! Potreste essere promotori di una petizione e raccolta firme come per la difesa dell’articolo 138 e canalizzare nel megafono mediatico. Ottima l’edizione di domenica sul combinato disposto di leggi: da sempre denunciato, ma credo mai compreso. Purtroppo l’elettore italiano, sfinito e soprattutto pigro, deve poter identificare, capire e riconoscersi in un solo problema. Paolo Sicari PETIZIONE POPOLARE Iniziamo con la conta! Potreste essere promotori di una petizione e raccolta firme come per la difesa dell’articolo 138 e canalizzarle nel megafono mediatico Dovete coinvolgere la stampa estera Mio figlio dice di non scrivere poiché con tutto quello che avete da fare e da pensare; io invece penso che lei Direttore abbia la possibilità di sentire il più possibile tutte le notizie che arriveranno. Dovete rompere questo isolamento nel quale vi hanno cacciato gli altri giornali per paura della verità; una stampa asservita ai vari partiti politici nonché alle televisioni; come? Coinvolgendo la stampa estera. Leandro Corradino sta sconvolgendo ogni punto di riferimento, almeno per i più anziani, come me. Come scrisse Zweig alla fine della Prima guerra mondiale “Noi tutti, da un giorno all’altro, saremo obbligati a cambiar modo di pensare per colpa di questo sterminato oggi, di cui percepiamo solo adesso la forza e solo nella paura, saremo obbligati ad approdare a una nuova forma di vita (…)”. In pochi anni il panorama politico, sociale, economico, culturale si è sconvolto: 85 miliardari detengono da soli la ricchezza di tre miliardi e mezzo di persone, nuove egemonie si stanno delineando, in una spartizione feudale del mondo, son tornati i servi della gleba, i mari son pieni dei corpi di chi cerca scampo dagli orrori del sangue e della fame (prodotti quasi sempre da noi) e le oligarchie economiche annullano le forme democratiche nate dai disastri del Novecento. Renzi, da bravo politico, è furbo e cattivo e, più o meno consapevolmente, con l’appoggio dell’ineffabile Capo dello Stato, sta facendo quanto gli chiede la grande finanza globale, soprattutto americana: il traghettamento da una democrazia parlamentare a una presidenziale, con forte connotazione autoritaria: l’unica forma di governo ritenuta adatta a gestire la situazione attuale e i prossimi prevedibili sconvolgimenti. Un governo pronto a obbedir tacendo ai diktat delle grandi agenzie internazionali e in grado di gestire senza remore la piazza e il dissenso. Tutto il resto son chiacchiere: il mantra delle riforme, il mito della crescita, lo sviluppo, i giovani… Nulla di quanto si è letto in questi mesi riguarda la vera soluzione dei problemi urgenti, ma tutto è fumo negli occhi per far passare l’unica cosa che interessa: il cambiamento del nostro assetto costituzionale e democratico in vista del nuovo Medioevo. Ben venga l’allarme del Fatto. Come reagire? Non c’è più un partito che possa arginare l’esondazione antidemocratica: il Pd è complice, i 5Stelle sono sostanzialmente inaffidabili, il polo di destra è allo sbando (unica nota confortante), la lista Tsipras, per cui ho votato, è agli inizi e sembra soffrire i postumi di un parto prematuro e delle “malattie infantili” della sinistra. La velocità degli eventi non rende nemmeno più praticabile la strategia della gloriosa vecchia talpa. Perché scrivo, allora? Un po’ per dare conforto a me stesso trovandomi in una compagnia che nutre le mie medesime angosce. Un po’ per esortare tutti a mantener alta la guardia, a dismettere, una volta tanto, le rivalità interne, le gelosie ideologiche, le ambizioni personali; a sentirsi partecipi di uno spirito nuovamente resistenziale, perché di Gianandrea Piccioli questo si tratta. Non sto dicendo che Renzi e le sue girls siano una sorta di nuovo fascismo contro il quale si debba andarsene armati in montagna, per carità. Ma che si debbano usare tutti i mezzi democratici a disposizione, da quel che resta dell’informazione ai referendum abrogativi, dalla denuncia continua alla proposta documentata di soluzioni alternative. Ma soprattutto alla creazione di reti con Libertà e Giustizia, Lista Tsipras, il mondo cattolico democratico (che si sta risvegliando dopo il lungo inverno postconciliare), le schegge meno parrocchiali della sinistra radicale, il mondo della scuola non ancora completamente spianato, quel che resta del sindacato non asservito. Occorre che l’area della consapevolezza e del dissenso si estenda il più possibile per mettere sabbia negli ingranaggi, rallentare la deriva, avere la possibilità di organizzare un’alternativa democratica. Il Fatto, pur giovane, ha ormai una tradizione nella capacità di controinformare e mobilitare. Il Manifesto, che nella nuova gestione si è buttato alle spalle i velleitarismi del passato, è un quotidiano di grande caratura intellettuale e offre ogni giorno analisi e inchieste che andrebbero divulgate. Sono giornali diversissimi per storia, stile e visione, ma in tempi come questi sarebbe anche auspicabile non dico una collaborazione ma almeno la consapevolezza che si condividono le stesse preoccupazioni. Non è più tempo (se mai lo è stato) per i distinguo. Occorre ripensare la Resistenza storica, non solo italiana ma europea, per quello che è stata: modo d’essere e categoria interpretativa, esigenza morale e stile di vita. Ne saremo capaci? * Ex redattore e dirigente di Garzanti, Sansoni e Rizzoli. 6 SPROFONDO SUD MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Pcontro alermo, le cosche chi patteggia: “Roba da infami” di Enrico Fierro e Lucio Musolino Oppido Mamertina (Rc) S e volete capire certi paesi di quel cuore nero del Sud che è la Calabria, non dovete parlare con i vivi, ma con i morti. Perché qui i vivi raccontano bugie, parlano per nascondere verità che sono sotto gli occhi di tutti da sempre, da secoli. La ’ndrangheta non esiste, sono tutte falsità, la Madonna non si è inchinata, la mia famiglia tutti galantuomini: mentono i figli rozzi e ignoranti della mafia e mentono quelli che hanno studiato, i sindaci, gli avvocati, i “luigini” di paese: attaccati ad uno stantio latinorum per loro il problema è sempre un altro. ANCHE COSA NOSTRA ha la sua etica da rispettare. A ricordarlo sono il presunto boss Gioacchino Intravaia e il suo fedelissimo Giuseppe Bonura, indagati nell’operazione “Apocalisse”, che ha portato all’arresto di 95 persone, ritenute parte dei clan dell’area occidentale della città di Pa- PER I DANARI una sera di maggio del 1998, freddarono Giovanni Polimeni. Spararono come ossessi i killer quella sera, e ammazzarono malacarne e innocenti. Uomini senza onore e senza pietà, uccisero Mariangela Anzalone, nove anni appena. Per la conquista della “locale” di Oppido – la cellula dell’organizzazione mafiosa nel paese che era importante tanto da avere potere di parola e decisione anche nella lontana Lombardia – don Peppe Mazzagatti un giorno di aprile del ’93 perse il figlio Pasquale che aveva 33 anni. Pasquale, due figli maschi e tre femmine, aveva fatto un buon matrimonio che allargò e rafforzò le alleanze della sua famiglia. Sposò una nipote di don Saro Mammoliti, un grande boss di una famiglia che contava, lo chiamavano il sano alla pena che sarà inflitta da Cosa Nostra a quanti scelgono di “cantare”, quando torneranno in libertà. Non si tratta di semplici intimidazioni, ma di reale giustizia mafiosa. Infatti, dall’inchiesta sono emersi casi concreti in cui Bonura avrebbe dato direttive a degli intermediari, affinché redarguissero colui che si era macchiato del “disonore”. L’operazione Apocalisse, risultato della cooperazione tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, è considerata una delle più grandi operazioni antimafia degli ultimi anni, e ha portato a galla un intricato sistema di estorsioni. OPPIDO L’ORGOGLIO MAFIOSO DEL PAESE CHE S’INCHINA AI BOSS TEATRO DAGLI ANNI OTTANTA DI UNA SANGUINOSA FAIDA OGGI IL PARROCO DON BENEDETTO RUSTICO SI GIUSTIFICA: “DEFERENZA? MA LE NOSTRE CASE SONO PIENE DI ARRESTATI” MENTONO pure i sacerdoti di un Cristo che qui viene messo in croce ogni giorno. E allora è con i morti che bisogna parlare, solo loro sono in grado di dirti la verità su Oppido Mamertina e la sua mafia fatta di vecchi boss malati e di moderni criminali capaci di tutto: accumulare milioni di euro nell’Italia di sopra, giocare con i colletti bianchi per accaparrarsi i beni delle aste giudiziarie nella Capitale e uccidere un loro rivale gettandolo in pasto ai porci. “Orate pro defunctus”, c’è scritto all’ingresso del cimitero di Oppido. Preghiamo per i morti della lunga guerra di mafia che dal 1986 lascia cadaveri a terra a decine in questo paese. Faida la chiamano, e sbagliano, perché quei 30 morti e la ventina di feriti gravi non sono il frutto di arcaiche vendette tra famiglie, qui non si recita una improbabile Cavalleria rusticana, no, sono le vittime di una guerra di potere. L’onore non c’entra, le arcaiche tradizioni neppure, questo è materiale buono per i gonzi, la guerra è per i soldi, i beni da accumulare, la roba da conquistare. Per questo si sono combattute le famiglie dei Ferraro-Raccosta da una parte e dei Mazzagatti, Polimeni, Bonarrigo, dall’altra. Per i danari hanno ucciso. lermo, particolarmente influenti nei quartieri Resuttana e San Lorenzo. Intravia spara a zero su quanti in queste ore stanno scegliendo di patteggiare la pena, apostrofando la scelta del rito alternativo come “una roba da cornuti, sbirri e infami”. È un peccato che non si può perdonare e i boss già pen- il Fatto Quotidiano La processione di Oppido Ansa STATUA E INDAGINI Dopo le polemiche per l’omaggio al malavitoso, continua l’inchiesta della Dda, ma tutti cercano di negare playboy di Castellace, era bel- lo ed elegante, ma ancora di più intelligente e aveva capito che il pizzo, i sequestri e le rapine erano roba da pezzenti, che ora c’era la droga e i soldi da investire in attività pulite. Come tutti gli uomini che contano nella ’ndrangheta sapeva che la vendetta è un piatto che si mette a tavola gelato. E la morte di Pasquale Mazzagatti fu vendicata quarantotto mesi dopo, una sera d’agosto. Tre morti a terra. “Noi dopo Pasquale siamo stati fermi quattro anni. Sono passati quattro anni e nun ficimu nenti”. È il 5 giugno del 1998 e la voce di Giuseppina Polimeni, la moglie del vecchio boss Peppe Mazzagatti, non tradisce un filo di emozione mentre parla con la figlia di quella vendetta. I MORTI PARLANO e ti rac- contano la lunga guerra di Oppido, il terrore della gente onesta, un paese intero piegato agli interessi criminali di poche famiglie. Il rispetto, le parentele. In paese giustificano il prete che ha consentito l’inchino della Madonna nei pressi della casa del boss con i legami familiari. Dicono che un suo primo cugino, Carmelo, abbia sposato una delle figlie di don Peppe Mazzagatti. E quindi la Madonna, la madre di Cristo, l’immagine della pietà umiliata per onorare uomini sanguinari. Appena due anni fa Francesco Raccosta, colpevole di aver ammazzato il boss Mimmo Bonarrigo, al- leato della famiglia Mazzagatti, fu ucciso in modo orrendo. Ferito a morte con una spranga, fu gettato in pasto ai porci. “È stata una sensazione non bella, di più. Ho aperto la gabbia della femmina, un maiale da due quintali, e temevo che quella puttana non se lo mangiava perché lui VENDETTE Francesco Raccosta, colpevole di aver ucciso Mimmo Bonarrigo, alleato dei Mazzagatti, fu ferito a morte e poi gettato in pasto ai porci era sporco di sangue. Mamma mia come strillava, ho visto scrocchiare la tibia… cazzo come mangiava quel maiale”. Il giovane carabiniere addetto all’intercettazione dovette strapparsi le cuffie e andare in bagno a vomitare dopo aver ascoltato le parole del killer. Mentono i vivi. Si appella alla Madonna Mim- ma Mazzagatti, la figlia del boss. “O signuri, o signuri tu che vedi tutto, mio padre è innocente, mio fratello è innocente. Sono orgogliosa di mio padre, sono orgogliosa della mia famiglia. Li misero in croce come Giuda mise in croce a Cristo. Ma quale ’ndrangheta, qui non esiste nulla sono solo menzognità. Il Signore grida vendetta…”. Non vede, non sente e non sapeva il prete don Benedetto Rustico. Intervistato dal sito calabrese Strill.it parla di processione antica, di percorsi che si fanno da sempre. “Nessun inchino a nessuno, forse ci può essere una interpretazione visto che in quella casa abita questa famiglia che loro dicono… ma applicando questo criterio le nostre case sono piene di queste persone arrestate… tornassi indietro annullerei la processione”. Eppure il Papa aveva chiesto coraggio ai preti di Calabria, sapendo quanta generosità c’è nella chiesa di quella terra, ma anche quanta vigliaccheria alligna nelle oscure sacrestie. Non sono state ascoltate le parole di Francesco. DI FRONTE a tanti don Ab- bondio, la mente va al “Previtocciolo”, il racconto scandalo di uno scrittore di Oppido, don Luca Asprea, Carmine Ragno, sulle perversioni e le complicità di certa società calabrese e di certo clero. Il ricordo oscuro del seminario, dove i seminaristi scrivevano W il Papa sui muri dei bagni con i loro escrementi. PROCESSIONI “Portare il santo”, simbolo di potere di Fabrizio d’Esposito a festa della Madonna delle Grazie, L una delle icone mariane più venerate nel nostro Paese, cade il 2 luglio di ogni anno, ma in quasi tutto il Sud la relativa processione si svolge nella domenica successiva. Nel rione Treselico di Oppido Mamertina, dove il corteo ha fatto l’inchino davanti alla casa dell’anziano boss locale, si è invece tenuta nel giorno canonico, il 2 luglio. Tecnicamente, nel gergo degli esperti, è una sosta e l’usanza è molto diffusa. Di solito le processioni, patronali o mariane, lungo il percorso trovano portoni aperti e ingenti offerte per la chiesa (accade per esempio nella festività del Corpus Domini, quando il Santissimo esce dal tabernacolo) e talvolta sostano laddove c’è da ossequiare una cosiddetta “persona in vista”, che può essere un politico o un mafioso (episodi uguali si sono verificati a Campobello di Mazara e a Castellammare di Stabia). La sosta di Treselico, difesa dal parroco di quel santuario della Madonna delle Grazie, dice però anche altro. Come il ruolo dei portanti o portantini. Si tratta del posto più ambito e prestigioso in una processione ed è la passerella ideale per chi, pur lontano dalla Chiesa e peccatore manifesto, vuole riscattarsi o dimostrare il suo potere agli occhi della comunità dove vive. Ed è per questo che sarebbe utile conoscere il numero dei credenti praticanti tra i portanti che hanno fatto l’inchino al boss. Probabile che sia è basso perché è così che funziona. indica l’apparato su cui poggia la statua. Ed è sempre la “vara”, soprattutto nelle processioni della Settimana Santa, a chiudere i cortei, facendo sfilare subito dopo le “autorità civili e militari”. Ogni processione è un microcosmo con rigide gerarchie che inverte il senso comune: a contare è la coda del corteo perché i primi, davanti, sono i meno importanti. Per portare la “vara” capita di sborsare LE PROCESSIONI, purtroppo, diventa- cifre altissime e non è facile rovesciare no un rito parallelo a quello ufficiale, che questa tradizione. Proprio in Calabria, spesso sfugge al controllo del clero. E il quattro anni fa, i sicari della ‘ndrangheta simbolo di questa contaminazione tra fecero il tiro al bersaglio contro il porSacro e Gomorra diventa la “vara”, la de- tone del priore (laico) della confraternita finizione dialettale che deriva da bara e del Santissimo Rosario. Accadde a Sant’Onofrio, nel Vibonese, ed era il sabato prima di Pasqua. Per la LA “VARA” prima volta nella storia del paesino il priore All’asta di Taranto, per aveva escluso i condantrasportare l’Addolorata nati dalla processione dell’Affruntata, quanil giovedì di Pasqua, do la statua della Madonna corre verso il Fici vogliono almeno glio Risorto. Per decenOppido. Dopo la messa, ni alla guida della con85mila euro: soldi per una fedele si rivolge così fraternita c’era stato il la penitenza pubblica al cronista del “Fatto” padrino di Sant’Ono- frio, don Vincenzo Bonavota (mantella azzurra su una piccola tunica bianca e bastone da priore), e i portanti delle statue venivano selezionati con i criteri della fedeltà alla cosca e delle buste gonfie di euro. E quando il nuovo priore ha imposto il sorteggio è arrivata la ritorsione. Colpi contro il portone e processione sospesa, quasi un atto blasfemo. Anche quest’anno l’Affruntata non è stata celebrata perché la popolazione non ha accettato che i portanti fossero scelti tra la Protezione Civile. Ecco, scardinare questo sostrato di ancestrale devozione popolare è impresa difficilissima. Portanti, soste, statue, soldi, complicità o tolleranza del clero: questo il miscuglio micidiale di tante processioni in Puglia, Campania, Sicilia e Calabria. A Taranto, solo per fare un esempio “economico”, quest’anno le “sdànghe” (sinonimo di “vara”) dell’Addolorata, per la processione del Giovedì Santo notte, sono state battute in un’asta a 85mila euro, 10mila euro in meno del 2010. In pratica i confratelli divisi in gruppi si contendono il ruolo di portanti. I posti vanno a chi offre di più. Un modo di fare penitenza che ricorda le indulgenze che un tempo si vendevano. SPROFONDO SUD il Fatto Quotidiano M anomesso il profilo Facebook del pontefice QUALCUNO ha voluto giocare un brutto scherzo a Papa Francesco e ai suoi followers di Facebook. Domenica il profilo del Santo Padre, che sul social network conta un milione e trecentomila like, ha iniziato a pubblicare status che da subito si sono rivelati essere frutto di un’infiltrazione di hacker. A cominciare da frasi come “Io testimonio che non c'è altro dio che MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 7 Allah e che Maometto è il messaggero di Dio”, o rivelazioni amorose del tipo “ho amato una ragazza quando avevo 17 anni, il suo nome era...”. Sul profilo sono apparse anche e scritte in lingua araba. L’ultimo post pubblicato dall’autentico Vescovo di Roma risalirebbe alle 14, un’ora prima dell’intrusione dei misteriosi autori della manomissione. Il magistrato Nicola Gratteri “Le ’ndrine sfidano il Papa: o si media o sarà scontro” di Beatrice Borromeo L Papa Francesco in visita in Calabria LaPresse LA FIGLIA DEL CAPO CLAN a ‘ndrangheta ha sfidato ufficialmente il Papa. Adesso le strade sono due: si va allo scontro o si cerca la mediazione. Può succedere di tutto”. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, aveva già lanciato l’allarme in un’intervista rilasciata qualche mese fa al Fatto: “La linea dura di Papa Francesco può metterlo in serio pericolo”. Così, la decisione dei detenuti di non andare più a messa nel carcere di Larino, oltre alla processione religiosa che s’inchina davanti alla casa del boss, non si possono più leggere come isolati gesti di protesta. “È la loro risposta alla scomunica del Papa. Ma non implica necessariamente l’inizio di una guerra. Chiesa e ‘ndrangheta si stanno annusando: il braccio di ferro deve ancora cominciare”. Gratteri, pensa che i mafiosi, messi alle strette, possano ricorrere alla violenza per risolvere questo conflitto? “LA ’NDRANGHETA NON ESISTE” O signuri, o signuri tu che vedi tutto, mio padre è innocente, mio fratello è innocente. Sono orgogliosa di mio padre, sono orgogliosa della mia famiglia. Ma quale ’ndrangheta, qui non esiste nulla sono solo menzognità. Il Signore grida vendetta… “ Potrebbe succedere, sì. La situazione per adesso è molto fluida. Ci sono diversi fattori in gioco. Bisogna innanzitutto capire se preti e vescovi applicheranno davvero questi diktat con l’intransigenza richiesta da Francesco. Si aspettava che Bergoglio scomunicasse i boss? Diciamo che il discorso di Cassano Ionio lo aspettavamo in molti da un secolo e mezzo. Questa scomunica è storica, mette in discussione il silenzio-assenso e gli accordi più o meno taciti su cui si basano i rapporti di certe parti della Chiesa coi mafiosi. Quello di Francesco è un taglio netto: “Ora basta, scegliete”. Ma i padrini lamentano l’esclusione dei peccatori dalla Chiesa. Eh già, formalmente fanno le vittime: “Siccome abbiamo sbagliato, ci cacciate”. Ma è una menzogna. Il Papa si riferisce solo ai criminali che non si pentono, che scelgono di continuare a essere mafiosi. E questo, alla ‘ndrangheta, non piace. Perché la criminalità organizzata è così legata alla Chiesa? Perché i mafiosi si nutrono di consenso popolare, e la vicinanza con preti e vescovi implica maggior potere e, soprattutto, legittimazione. Brigantini, vescovo calabrese, è arrivato a dire che i detenuti sono persone serie, che riconosce una certa coerenza nel loro modus operandi e vivendi. Ma lo sa, il vescovo, che tra loro ci sono anche assassini che ammazzano i bambini o che stuprano le mogli degli altri detenuti? Ho difficoltà a capire dove stia la serietà di questa gente. Ansa OFFENSIVA E“ALFANO CHI”? I mafiosi tenteranno la via più tradizionale: quella dei soldi Sono molto generosi coi prelati: con le grandi donazioni comprano appoggi Ma dove sono gli 800 uomini annunciati dal ministro? Un vescovo come Brigantini, nell’era di Papa Francesco, potrebbe avere dei problemi? Non so come si comporterà Bergoglio quando si accorgerà di certi comportamenti, ma di sicuro il futuro di questa battaglia dipende anche da questo: quanto controllo ha il Papa su preti e vescovi? Non sappiamo ancora se lo seguiranno: anche perché interrompere la connivenza, dopo secoli di ammiccamenti reciproci, non è semplice. E il coraggio non si vende alla Standa. Cosa accadrebbe se Bergoglio riuscisse nell’impresa? Una rivoluzione. A quel punto la reazione della mafia sarebbe imprevedibile. Potrebbero abbassare la testa e fermarsi, oppure andare allo scontro. La terza possibilità è che tentino di recuperare il dialogo mediando con i preti compiacenti. La trattativa Stato-Mafia però è stata estorta con le bombe. Credo che all’inizio la ‘ndrangheta tenterà la via più tradizionale, che è quella dei soldi. I mafiosi sono molto generosi coi prelati. E grandi donazioni comprano appoggi importanti tra chi amministra la Chiesa. Il problema è che anche le mafie, storicamente, traggono consistenti vantaggi economici dal loro rapporto con il Vaticano. Per questo lo strappo netto ancora non c’è stato. La decisione però va presa. La ‘ndrangheta sta aspettando: vuole vedere l’effetto che avrà questa protesta. La verità è che ancora non sappiamo, da tutte e due le parti, qual è la tenuta. Passerà qualche mese e poi sarà il silenzio o la resa dei conti. Il ministro Alfano ha promesso che manderà 800 uomini in Calabria. Li ha visti lei? Da quel che mi risulta non sono arrivati. Noi qui abbiamo bisogno di investigatori, di gente in grado di scrivere informative. Da dove li vuole prendere, questi uomini? Da Milano, da Napoli, da Palermo? Se il ministro pensa di mandare ragazzi freschi di scuola, ben vengano, ma non bastano certamente. La ‘ndrangheta la combattono l’intelligenza e soprattutto l’esperienza. Mi pare l’ennesima presa in giro ai calabresi. Twitter: @BorromeoBea I CARCERATI NON VANNO A MESSA La rivolta di Larino e la Chiesa debole di Marco Politi ontro Francesco la crimiC nalità organizzata ha lanciato una sfida pubblica. Ora che sui fatti di Larino è partita la corsa al ridimensionamento, è bene tenere presente la posta in gioco. Un avvertimento durissimo della mafia al Papa, che ha scomunicato i mafiosi. Dice il vescovo locale mons. Gianfranco De Luca: “Nessuna rivolta… c’è stato un dialogo, anche partecipato, ma né un ammutinamento né tanto meno un non volere andare a messa. La coscienza (dei detenuti) era stata mossa da quanto il Papa aveva detto…”. Dice il cappellano del carcere don Marco Colonna: “Nessuna ribellione… le parole del Papa hanno aperto una riflessione e hanno portato gli stessi detenuti - una trentina circa - a chiedere chiarimenti sul senso di queste parole”. Dice l’ispettore capo della polizia penitenziaria, Nicola Di Michele: “Nessuna protesta... Se i nostri detenuti decidono di prendere iniziative, usano sempre scrivere una lettera alla direzione”. Nelle vicende di mafia l’ingenuità è imperdonabile. Nel 2012, per punire Berlusconi, la mafia ordinò di non andare alle urne approntate nelle carceri. Riportano le cronache che a Palermo, nell’istituto di pena di Pagliarelli, su 1.300 rinchiusi solo uno si presentò al seggio per le regionali siciliane. Raccontò l’Espresso che in tutta la Sicilia “su 7.050 detenuti hanno votato solo in 46: si tratta di carcerati comuni e non di mafia”. Ha ragione Giancarlo Caselli: “Papa Francesco, dopo la scomunica, è indicato come nemico dai mafiosi”. Perché di questo si tratta. Non è nel carcere di Larino che è nata l’idea di lanciare il guanto di sfida a Francesco. Simili iniziative partono sempre dall’alto della cupola mafiosa. Sono un gesto programmato, una prova di forza pubblicizzata per piegare l’avversario. Osserviamo in sequenza le parole del cappellano don Marco Colonna. 1. “Alcuni detenuti sono venuti da me a chiedermi se dovevano ritenersi scomunicati”. Sono una trentina, una folta delegazione rappresentativa dei duecento mafiosi rinchiusi nella sezione di massima sicurezza. 2. “Ho provato a spiegare che la Chiesa non caccia nessuno”. Gli inviati annunciano che “se non potevano più prendere i sacramenti, avrebbero smesso di venire a messa”. Il ricatto è esplicito. Non esprimono il desiderio spirituale di partecipare al rito, vogliono che sia evidente pubblicamente che continuano a ricevere i sacramenti dopo la scomunica lanciate dal Papa. 3. “Dopo giorni di riflessione gli ho garantito che avrebbero comunque ricevuto i sacramenti”. È il sistema classico. L’ “ambasciatore” trasmette la minaccia e dopo qualche tempo il minacciato è costretta a piegarsi. Si osservino le parole riportate dal cronista di Repubblica. Il sacerdote deve “garantire” che di- Monsignor Galantino (Cei) Ansa SCOMUNICA Ci sono vescovi come il segretario Cei cui non sfugge la posta in gioco: ma ce ne sono altri, anche tra i sacerdoti, pronti a tergiversare stribuirà i sacramenti. 4. “La protesta è rientrata”. L’obiettivo della ‘ndrangheta è stato raggiunto. Nel mirino non è certo don Marco Colonna, che svolge la sua faticosa missione. Nel mirino – e pericolosamente – il crimine organizzato sta ponendo papa Francesco con l’intento di dimostrare al mondo che le sue parole non contano niente. Già mesi fa il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri aveva lanciato l’allarme a proposito dell’irritazione della malavita nei confronti di Francesco. È falso dire che la Chiesa non caccia nessuno. Certamente il Papa della misericordia non intende rigettare alcun peccatore. Ma quello che ha chiesto in Calabria, scomunicando i mafiosi, è il ripudio palese della loro partecipazione alla criminalità organizzata. Proprio contro questa richiesta di “dissociazione etica” è nata quella che Famiglia cristiana chiama giustamente la “ritorsione” di Larino. La partita ora rimane aperta, apertissima. Perché l’obiettivo della mafia è di bloccare sul nascere la mobilitazione di clero e vescovi secondo la linea di assoluto rigore indicata dal Papa. Ci sono vescovi come il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino, che comprendono benissimo la posta in gioco: “La scomunica è pubblica, chi ha commesso pubblicamente il male deve dichiarare pubblicamente il suo pentimento”. Ma ci sono anche vescovi e sacerdoti pronti a tergiversare. A cavillare sulle procedure relative alla scomunica, a invocare a sproposito il concetto di assistenza spirituale che non si nega a nessuno, a chiudere un occhio, a declassare le parole del pontefice a pia esortazione, a nascondersi dietro le scuse più varie. Nella gerarchia gli inerti sono molti. La battaglia di Francesco, come spesso accade, è su due fronti. Fuori e dentro la Chiesa. 8 GIUSTIZIE MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 R iccione, tensione nel cantiere del “Tav romagnolo” di Antonella I Mascali l sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri è sull’orlo delle dimissioni forzate, dopo gli sms inviati a magistrati per invitare a votare due candidati di Magistratura Indipendente al Csm, Lorenzo Pontecorvo e Luca Forteleoni. Per Renzi la sua condotta è “ingiustificabile”, per l’Associazione nazionale magistrati ha commesso “Una grave interferenza”. In silenzio il ministro della Giustizia Andrea Orlando che, però, prende la questione “molto seriamente”, dicono in via Arenula. Ieri ha ricevuto il sottosegretario soltanto intorno alle 20.30, dopo numerose riunioni in vista della due giorni a Milano del gruppo europeo Giustizia e Affari penali. SUL FACCIA A FACCIA con Ferri il guardasigilli riferirà al premier. Ed è Renzi che avrà l’ultima parola, anche se quell’“indifendibile” sembra già far presagire una richiesta di dimissioni. Anche perché il presidente del Consiglio Renzi tante volte si è scagliato contro il correntismo della toghe. Ma è stata l’Associazione nazionale magistrati a usare le parole più dure e a porre, ancora una volta, il problema di come conciliare il diritto costituzionale per un magistrato di entrare in politica e il dovere di non entrare in conflitto di interessi. L’Anm ieri è stata lapidaria, ma prima di parlare ha aspettato la chiusura delle urne per il rinnovo del Csm. “Il sostegno esplicito di un membro del Governo – ha detto l’Anm – volto a favorire LE TENSIONI accompagnano i lavori per l’alta velocità anche a Riccione, dove si è sfiorato lo scontro nel cantiere per la realizzazione del Trasporto rapido costiero (Trc) . Nonostante la presenza della polizia, alcuni manifestanti contrari all’opera sono riusciti a entrare nell’area dei lavori, dove era iniziato l’abbattimento degli alberi, per tentare di bloccare le ruspe. Tra insulti e lanci di uova contro i mezzi usati per i lavori, gli operai sono stati costretti a interrompere l’attività. Alla fine gli operai hanno convinto il Fatto Quotidiano i manifestanti no-Trc a lasciare libero il cantiere, ma solo a condizione che le operazioni venissero sospese per l’intera giornata. I lavori dovrebbero riprendere questa mattina. Le proteste nascono dalla denuncia di un comitato che riunisce abi- tanti di Rimini e Riccione, Cittadini per il rispetto della legge e la tutela dell’ambiente, che hanno presentato un esposto sulla presenza di materiali inquinanti nel cantiere. Una versione ritenuta invece infondata dall’azienda che segue i lavori. FERRI VERSO L’ADDIO RENZI VUOLE LA TESTA DEL SOTTOSEGRETARIO PER IL PREMIER GLI SMS DI PROPAGANDA ELETTORALE DEL GUARDASIGILLI PER IL RINNOVO DEL CSM SONO “INGIUSTIFICABILI”. IERI FACCIA A FACCIA CON ORLANDO l’elezione di alcuni dei componenti dell’organo di governo autonomo della magistratura non solo costituisce un’evidente e grave interferenza nel delicato equilibrio tra i poteri, ma fa emergere ancora una volta la problematicità dei rapporti tra politica e magistratura e la necessità di porre dei limiti per assicurare una netta distinzione di ruoli e funzioni”. Quanto al caso specifico di Ferri “appare evidente che essendo il sottosegretario alla Giustizia un magistrato che al momento della nomina ricopriva la carica di membro del Comitato direttivo centrale dell’Anm, nonché di segretario nazionale di una delle componenti della magistratura associata (Magistratura Indipendente, ndr) sia circostanza non trascurabile che ripropone il dibattito, sempre aperto, relativo alla partecipazione dei magistrati alla vita politica, dovendosi evitare ogni possibile confusione di ruoli e valutare i casi in cui la stessa sia compatibile, anche solo sul piano dell’opportunità, con la necessaria tutela dell’immagine di autonomia e indipendenza del magistrato correlata Cosimo Ferri LaPresse LA DIFESA “Qualcuno vuole negarmi il sacrosanto diritto di esprimere un parere in forma privata. Sono anche avente diritto al voto” all’esercizio della sua funzione, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali garantite a tutti i cittadini”. Dopo le considerazioni dell’Anm, il Movimento cinque stelle ha chiesto le dimissioni di Ferri: “Tragga le dovute conseguenze, si dimetta”, ha dichiarato Mario Giarrusso, membro della commissio- ne Giustizia del Senato. Posizione cerchiobottista quella del ministro dell’ Interno Angelino Alfano: “Ferri ha il diritto e il dovere di fare una riflessione e di comunicarla pubblicamente. È una vicenda che va affrontata pubblicamente e senza ipocrisie, ma al tempo stesso vedo troppi che si scandalizzano pur nella consapevolezza di come si svolgono le elezioni al Csm e di come queste elezioni siano veramente una contesa aspra tra le varie correnti della magistratura”. FERRI, IN REALTÀ, la rifles- sione pubblica l’aveva già fatta domenica quando ha rivendicato il suo diritto di appoggiare candidati al Csm perché, da magistrato in aspettativa, ha il diritto di voto per il Csm. “Quasi si vuole negare, solo a qualcuno – aveva detto – il sacrosanto diritto di esprimere, peraltro in forma privata, la propria opinione rispetto a un evento che mi vede, inoltre, interessato anche quale avente diritto al voto”. Per il sottosegretario alla Giustizia, evidentemente, l’opportunità a cui si è richiamata l’Anm, non esiste. Libertà e Giustizia: “Perché non lascia?” COSA ASPETTA il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri a dimettersi? E cosa aspetta il premier Renzi a chiedere ufficialmente le sue dimissioni? Libertà e Giustizia ricorda la gravità di chi abusa del suo ruolo governativo per influenzare elezioni di un altro organo dello Stato. A che serve sbandierare una epocale riforma della giustizia se non si rispettano i principi di separazione tra i poteri dello Stato? LeG auspica che Ferri riconosca rapidamente di aver sbagliato e lasci ad altri più rispettosi di lui della Costituzione italiana, il posto che sta occupando al Ministero di Grazia e Giustizia. Libertà e Giustizia Carceri, stalker a piede libero PER I MAGISTRATI IL DECRETO NON RISOLVE IL SOVRAFFOLAMENTO: “È SOLO UNA SCAPPATOIA” di Chiara Daina solo una scappatoia per risolÈ vere il problema del sovraffolamento”. Così Maurizio Carbone, pubblico ministero a Taranto e segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati, giudica l’ultimo decreto svuota carceri (n. 92) entrato in vigore il 28 giugno. In buona sostanza, il provvedimento prevede per chi ha una pena detentiva non superiore a tre anni l’esonero dalla misura della custodia cautelare in galera. Risultato: centinaia di detenuti potrebbero tornare a piede libero. “ANCHE CHI È PLURIRECIDIVO e ha commesso reati gravi – sottolinea il pm –, come stalking, maltrattamento in famiglia, furto in abitazione, rapina aggravata. In questo modo, si compromette la sicurezza sociale”. Con il conseguente rischio di inquinamento delle prove e fuga all’estero da parte dell’imputato. Non solo. I magistrati sollevano altre due criticità contenute nel decreto legge. La prima riguarda “la sovrapposizione di due fasi del processo con finalità distinte – spiega Carbone -, la misura preventiva e la condanna finale. Quindi l’istituto della custodia cautelare anticipa la pena definitiva”. Un effetto che potrebbe avere strascichi nella lotta alla corruzione. “In questo caso – continua Carbone - se all’esito dei tre gradi di giudizio l’accusato prende una pena inferiore ai tre anni, ricorrendo a patteggiamento o rito abbreviato per esempio, non c’è pericolo che subisca limitazioni alla libertà personale in via precauzionale”. La seconda questione riguarda la difficile interpretazione del testo. “Sembra che il giudice debba tenere conto anche del presofferto (il periodo in custodia cautelare o in detenzione domiciliare, ndr): se una persona con una condanna di quattro anni per rapina ha già trascorso un anno e mezzo di custo- CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE Manifestazione alla Reggia di Venaria (Torino) Ansa dia preventiva dovrà scontare solo strutturale, che tenga conto del rafdue anni anni e mezzo di carcere?”. forzamento delle misure alternative e La domanda resta aperta per i ma- dell’edilizia penitenziaria. gistrati, che oggi, in occasione Intanto, si inizia a respirare un clima dell’Audizione alla Camera sul decre- di tensione per i possibili risvolti del to, presenteranno decreto. Il Corriere un parere scritto con della sera racconta di tutte queste perplesun fatto di cronaca FUORI TUTTI sità. avvenuto a Milano: un uomo accusato di Anche chi è recidivo “violenza fisica e psiI DETENUTI rincologica in modo chiusi nelle galere e ha commesso reati continuativo e abiitaliane sono 65.831 gravi (come rapine tuale” contro moglie a fronte di una cae figlia è stato conpienza di 47.045 poe maltrattamenti) dannato a due anni e sti. In meno di un otto mesi di carcere, anno sono stati conpuò mettersi in salvo ma alla luce dell’arfezionati due decreti dalla custodia cautelare ticolo 8 del dl ad hoc per mettere 92/2014 non può suuna pezza al sovrafbire restrizioni alla folamento, per cui nel 2013 la Corte europea dei diritti libertà in via preventiva, e non avendell’uomo ha condannato l’Italia. do un’altra casa potrebbe tornare a “Anche questo decreto - tira le som- picchiare moglie e figlia. Sul Secolo me Carbone - è una soluzione emer- XIX, invece, si legge di un avvocato di genziale, che scarica sui magistrati Genova che dalla notte alla mattina si l’onere di gestire la situazione”. Al è ritrovato in studio un detenuto per contrario, l’Associazione nazionale violenza sessuale, uno dei 70 scarcemagistrati propone una riforma rati grazie al nuovo decreto. GIUSTIZIE il Fatto Quotidiano Ble nozze ologna riconosce omosessuali I vescovi: “Illegale” IL SINDACO di Bologna, Virginio Merola, sfida la curia e tira dritto sulla strada dei diritti civili. Come promesso dopo il Gay Pride, intende procedere all’apertura “entro una settimana” del registro bolognese dei matrimoni gay contratti all’estero. Il settimanale dell’arcidiocesi Bologna Set- te (e distribuito in allegato ad Avvenire) domenica ha aspramente criticato le aperture del primo cittadino, definite “propaganda politica e una grave forzatura della legge”. Le critiche dell’Arcidiocesi guidata da Monsigno Carlo Caffarra? “Me ne farò una ragione. Noi siamo per soste- MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 9 nere tutte le famiglie e le relazioni d’affetto” e il registro “lo vogliamo fare” ha risposto il sindaco. Niente nozze gay (simboliche) in Comune, ma l’approvazione di un registro in cui iscrivere le coppie omosessuali legalmente sposate fuori dai confini italiani. MILANO, LA GUERRA DEI GIUDICI ORA ANCHE IL PG ATTACCA BRUTI Il manifesto della svolta di lady B. MINALE SCRIVE AL CSM: “HA SBAGLIATO A TOGLIERE IL MOSE A ROBLEDO” di Gianni Barbacetto I l procuratore generale di Milano, Manlio Minale, ha parole severe per il procuratore Edmondo Bruti Liberati. Ha sbagliato a istituire l’Area Omogenea Expo. Ha sbagliato a escludere il suo aggiunto, Alfredo Robledo, dagli interrogatori ad alcuni imputati. Ha sbagliato a strappare a Robledo la parte dell’indagine sul Mose arrivata da Venezia. Questi i contenuti di una relazione che Minale ha inviato a Roma al Consiglio superiore della magistratura e al Consiglio giudiziario di Milano (che si riunisce oggi a Palazzo di giustizia). Proprio nel giorno in cui Bruti Liberati termina il suo quadriennio come procuratore della Repubblica e annuncia che, a differenza di quanto aveva detto prima che scoppiasse il conflitto con il suo aggiunto, intende presentare domanda per essere confermato. Ieri Bruti ha voluto “festeggiare” la fine del suo primo mandato con una lettera inviata a tutti i suoi aggiunti e a tutti i suoi sostituti procuratori. In essa, si assume “la responsabilità” delle “insufficienze e degli errori, come stimolo per operare per il meglio in futuro”. Ma rivendica in modo netto un “bilancio del quadriennio largamente positivo”: “a dispetto di qualche piccola, circoscritta polemica degli ultimissimi mesi, l’apprezzamento per l’opera della procura di Milano nel quadriennio corso è rovinare la festa. Il procuratore generale, che resse l’ufficio di Bruti fino a quattro anni fa, nella sua relazione boccia senza appello la cosiddetta Area Omogenea Expo, varata da Bruti ai primi di giugno, nel pieno dello scontro con Robledo: non un nuovo dipartimento, scriveva il procuratore in una circolare, ma un’area “a cui sono attribuite tutte le indagini che, a vario titolo, concernono direttamente o indirettamente l’evento”. “Appare necessario e Il pg di Milano Manlio Minale nello scontro tra Bruti Liberati e Robledo si schiera col secondo LA RELAZIONE “Il procuratore può togliere, motivando, tutta un’indagine a un magistrato, ma non può escluderlo su un atto solo come l’interrogatorio” Ansa stato ampio e condiviso e il prestigio indiscusso”. Del resto, “ciò che rileva sono i riscontri ottenuti a livello di giudizio, in termini di accoglimento delle richieste e dei tempi di definizione”. Tutto bene, dunque, a parte “qualche piccola, circoscritta polemica”: nell’attesa, “con piena serenità”, della decisione del Csm sulla sua riconferma, Bruti termina la sua lettera augurando “buon lavoro a tutti noi”. Le parole di Minale piombano a FRANCESCA PASCALE DA OGGI ALL’ARCIGAY Dopo l’annuncio, oggi pomeriggio la first lady di Arcore si iscrive all’associazione omosessuale di Napoli. All’evento partecipa anche Alessandro Cecchi Paone urgente istituirla”, secondo Bruti, “in modo tale da assicurare efficace e pieno coordinamento dei procedimenti pendenti presso i diversi dipartimenti di questa procura”. Nell’occasione il coordinamento delle indagini veniva tolto agli aggiunti (sostanzialmente a Robledo, che guida il dipartimento reati contro la pubblica amministrazione): “Il procuratore della Repubblica riserva a se stesso il coordinamento dell’Area Omogenea Expo”. Contro questa impostazione si schiera il procuratore generale, che critica il fatto che non si tratti di un’area davvero “omogenea”, perché non sono delimitati i confini dei reati che deve trattare (in effetti: uno scippo, o una violenza sessuale, compiuti nell’area Expo, perché mai non dovrebbero essere trattati dai dipartimenti che si occupano degli scippi e dei reati sessuali?). Se l’Area Omogenea può essere ritenuta funzionale alla conoscenza delle indagini, Vallanzasca e il complotto delle mutande LA VERSIONE DEL BEL RENÈ SUL FURTO ALL’ESSELUNGA: “MI HANNO INCASTRATO, STAVO SOLO FACENDO LA SPESA” di Davide Milosa Milano ono stato incastrato, conS tro di me un complotto, entro Natale avrei dovuto di- scutere della mia liberazione condizionale e potevo tornare libero”. Renato Vallanzasca, l’ex bandito più ricercato d’Italia, finito in carcere il 13 giugno per aver rubato un paio di mutande in un supermercato Esselunga di viale Umbria a Milano, ieri ha reso una dichiarazione spontanea davanti al giudice Ilaria Simi De Burgis. In sostanza il bel Renè, camicia chiara, capelli rasati e i baffi d’ordinanza, ha spiegato di essere stato avvicinato da un ragazzo che si è offerto di portargli la borsa dei vestiti sporchi utilizzati in carcere. “Quelle cose - ha detto più volte - io non le ho rubate” e tutti i suoi sforzi per ottenere la liberazione condizionale “sono stati vanificati da un cretino, da un pazzo, forse un malato di malavita”. che gestivo anni fa con la mia Ecco la sua versione. “Avevo ex moglie” e di essere stato a una lista di cose da comprare - tavola con lui a un matrimoha spiegato -. Ho preso an- nio. Quindi “ha detto di chiaguria, cipollotti, insalata, sal- marsi Pino, se avessi saputo il mone e mortadella”. In quel nome e il cognome non avrei momento, ha ricostruito, è fatto tutta questa pantomistato avvicinato da un ragazzo ma”. che lo ha chiamato “zio Renato”. Dopo aver sentito ri- IL RAGAZZO si è quindi ofpetere il suo nome due volte, ferto di portare lui la borsa neVallanzasca si è girato. “Ho ra che Vallanzasca aveva con visto un giovane di circa 30 sè. A quel punto lo stesso Valanni e mi ha detto ti ricordi di lanzasca si è avvicinato al banme? Ti ho sempre mandato i co della salumeria e ha preso saluti tramite zia Antonella”. la mortadella, perdendo di viA quel punto Vallanzasca ha raccontato di aver detto al ragazzo di non vedere e sentire la ex moglie, dalla quale si sta separando, da tre anni, ma il 30enne ha insistito dicendo di averlo avvicinato “alla Vallanzasca al processo per direttissima Ansa festa di un blog sta il 30enne, che lo ha raggiunto solo alle casse. Il ragazzo gli ha riconsegnato la borsa nera e ha detto di aver ricevuto una telefonata dalla madre che gli ha comunicato che la sorella aveva avuto un incidente d’auto. Quando Vallanzasca ha pagato la sua spesa, un vigilante lo ha fermato intimandogli di aprire la borsa nera. In quel momento nessuno lo ha riconosciuto. Vallanzasca solo si è limitato a dire: “Vedrete che casino verrà fuori ora”. Frase interpretata LA DIFESA L’ex bandito: “Entro Natale avrei discusso la mia liberazione condizionale. Se avessi rubato davvero, dovrei andare in manicomio” dal pm come minaccia, da qui l’accusa di rapina impropria. Il bel Renè poi ha aggiunto che quelle mutande non sono della sua taglia e che gli indumenti intimi non li compra al supermercato. “E comunque – ha detto l’ex bandito – se fosse vero portatemi in manicomio”. La tesi del complotto viene sostenuta anche dal suo avvocato Debora Piazza. Per il legale da anni Vallanzasca sta facendo un percorso di ravvedimento e “si stava pensando anche a una forma di risarcimento per le vittime”. Quindi ha spiegato: “Lui è stato un altro tipo di criminale ma ha pagato, ha fatto 42 anni di carcere come nessuno, nemmeno il peggior mafioso, ha mai fatto in Italia” e alla vigilia della possibilità di ottenere la libertà condizionata è stato coinvolto in questo “complotto ai suoi danni”, con l’esito di vedersi sospesa la semilibertà. Il processo è stato rinviato al 10 ottobre prossimo. scrive Minale, non può però essere ritenuta funzionale al coordinamento delle indagini, proprio per l’indeterminatezza dei suoi confini e la non omogeneità della materia. Non solo: è inaccettabile anche perché annulla ingiustificatamente il sistema dei criteri oggettivi e automatici d’assegnazione delle inchieste, con un evidente vulnus alla trasparenza. ANCHE l’esclusione di Robledo dagli interrogatori su Expo è, per Minale, non accettabile. Perché la revoca parziale, ricorda il procuratore generale, è esclusa in via generale dallo stesso Consiglio superiore della magistratura. Il procuratore può togliere, motivando, tutta un’indagine a un magistrato, ma non può escluderlo solamente da un atto d’indagine, come l’interrogatorio: è successo quando Bruti ha comunicato che a sentire due uomini degli appalti Expo, Angelo Paris e Antonio Rognoni, dovevano essere soltanto i sostituti procuratori e non il loro coordinatore. Robledo, inoltre, è coordinatore ma anche coassegnatario dell’indagine (quella sulla “piastra”, l’appalto più grosso di Expo), dunque è ulteriormente inaccettabile la sua esclusione dagli interrogatori. IL TERZO RILIEVO di Minale ri- guarda l’ultima decisione di Bruti, che ha estromesso Robledo dall’indagine proveniente da Venezia su Marco Milanese, Emilio Spaziante e Roberto Meneguzzo, tre dei protagonisti dell’inchiesta sul Mose, affidata a due sostituti del suo dipertimento: Luigi Orsi e Roberto Pellicano. Non si può fare, sostiene Minale, perché la scelta è sorretta da motivazioni apparenti, quale la “difficile interlocuzione” con Robledo. Motivazioni estranee alle esigenze di coordinamento intese come capacità dell’aggiunto di seguire con puntualità ed efficacia le indagini. Come a dire: il fatto che un magistrato non vada d’accordo con il suo capo non vuol di per sé dire che non sappia seguire e coordinare “con puntualità ed efficacia” le inchieste. Lo scontro Bruti-Robledo, dunque, continua. 10 SOGNI E VISIONI MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Cprevedono oncordia, a Londra indennizzo record: due miliardi di Giorgio Meletti e Carlo Tecce D ietro la dichiarazione d’amore di Piersilvio Berlusconi a Matteo Renzi, ufficializzata con una lunga intervista al Corriere della Sera, non c’è solo la grande agitazione sul destino dell’azienda di famiglia, Mediaset, ma anche una discussione più ampia che coinvolge il futuro di Telecom Italia. Leggere per credere. Due mesi fa il neopremier era per Berlusconi padre il “tassator cortese” e per sua figlia Marina (presidente della Mondadori) “il nuovo che arretra”. Adesso, nelle parole dell’amministratore delegato di Mediaset e fratello di Marina, Renzi ha “ottime capacità di comunicazione”, e non è “solo apparenza ma sostanza”. E quindi è normale “che un imprenditore e manager come me faccia il tifo”. Mentre Piersilvio fa il tifo, suo padre il 3 luglio scorso è stato a colloquio intimo con il premier, per ben due ore. Secondo il vicesegretario Pd, Lorenzo Guerini, “non si è entrati nel merito” delle riforme istituzionali. Ma se non hanno sviscerato il diritto e il rovescio del Senato elettivo o non, magari hanno scambiato qualche ideuzza sul futuro di Telecom Italia, che non è materia più delicata della Costituzione Italiana. NELLA STESSA intervista, Pier- silvio B. annuncia l’alleanza strategica con Telefonica, che oltre a dominare il mercato tlc in Spagna e America Latina, è anche il primo azionista di Telecom Italia con il 15 per cento. Con il numero uno Cesar Alierta ha stretto un’alleanza strategica, articolata in varie mosse. La prima: Mediaset vende a Telefonica il 22 per cento della piattaforma televisiva pay spagnola Digital Plus, per una cifra che potrebbe arrivare a 400 milioni. Alierta conferma così la strategia di ingresso nel mercato televisivo, sulla scia di tutti i maggiori concorrenti a eccezione di Telecom Italia. La seconda mossa è l’ingresso di Telefonica in Mediaset Premium (la piattaforma pay del Biscione) con l’11 per cento, per circa 100 milioni. Mediaset si è appena impegnata a investire 700 milioni in tre anni per i diritti televisivi della Champions League, e 373 milioni all’anno per i diritti della serie A di calcio: fanno 600 milioni all’anno per un’azienda che in dieci anni ha perso 400 milioni e nel 2013 ha fatturato 552 milioni. Qui viene il punto. La più volte annunciata intenzione di costituire un gruppo integrato a livello internazionale viene apparentemente smentita dalla decisione di uscire da Digital Plus, della quale Mediaset rimane comunque fornitore. Ma l’alleanza con Telefonica viene venduta da Piersilvio in chiave di proiezione internazionale. Infine la domanda delle domande GLI ASSICURATORI londinesi dovranno pagare un conto salatissimo per risarcire i danni del naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio del 2012. Il totale - secondo quanto riportato ieri dal quotidiano londinese Daily Mail raggiunge gli 1,2 miliardi di sterline, ovvero 2 miliardi di dollari. Visto l’esborso, è probabile che gli assicuratori “seguiranno da vicino le mosse per rimettere a galla la nave”, scrive il giornale. La Concordia nelle prossime due settimane sarà rimessa in galleggiamento e rimorchiata dall’isola del Giglio fino al porto di Genova, sua destinazione finale. Il Daily Mail precisa che, secondo fonti assicu- MEDIASET, TELEFÓNICA E I DESTINI INCROCIATI CON TELECOM ITALIA PIERSILVIO BERLUSCONI ANNUNCIA CHE LASCERÀ IL CONTROLLO DEL BISCIONE. INTANTO FIRMA L’ALLEANZA STRATEGICA CON GLI SPAGNOLI, PRIMI AZIONISTI DELLA RETE FISSA ITALIANA il Fatto Quotidiano rative, il recupero potrebbe richiedere una nave semisommergibile per trasportare il relitto a Genova, dove sarà smantellato. I costi - sottolinea il Tabloid - sono aumentati perché le autorità italiane hanno deciso che la nave sarà rimossa tutta intera. Un precedente che preoccupa le compagnie di assicurazione. LO SPAGNOLO Cesar Alierta, capo di Telefónica España, è il primo azionista di Telecom e ora ha stretto un’alleanza con Mediaset Sotto: Piersilvio Berlusconi e Fedele Confalonieri LaPresse rebbe vendere per sfuggire alle sanzioni Antitrust in Brasile, dove Telefonica controlla anche Vivo, il leader del mercato dei cellulari. Il titolo Telecom crolla in Borsa, a dimostrazione che la vendita della controllata brasiliana, un disastro se fatta in fretta, è l’unica speranza di portare a casa i capitali (si pensa a 9-10 miliardi) necessari a rifare la rete telefonica italiana che oggi è tra le peggiori d’Europa. TUTTI STANNO investendo (“Dobbiamo aspettarci una Mediaset meno legata alla famiglia Berlusconi in futuro?”) è seguita dalla risposta che spalanca un mondo di ipotesi: “Abbiamo a che fare con concorrenti globali, ricchi di mezzi, molto aggressivi e spietati. Non ci si può non por- re il problema di come essere competitivi oggi e in futuro e se un’azienda italiana senza forti alleanze internazionali può farcela da sola”. Facciamo un passo indietro, a venerdì scorso. L’agenzia Bloomberg diffonde un’indiscre- zione secondo cui il governo intenderebbe estendere i poteri di veto del cosiddetto golden power anche alle reti strategiche fuori dei confini nazionali. L’allusione trasparente è a Tim Brasil, un pezzo chiave del fatturato e degli utili Telecom, che Alierta vor- sulla larga banda. Lo stesso Alierta, che pure è carico di debiti non meno di Telecom Italia, racconta di aver messo alla frusta tutte le società fornitrici per avere entro tre anni in tutta la Spagna le connessioni a 100 megabit di banda, ciò che serve per far transitare il segnale televisivo ad alta definizione. In Italia la Telecom è impantanata da anni nella trattativa infinita con la Cassa Depositi e Prestiti, che però, nella migliore e comunque improbabile ipotesi, non sembra in grado di portare più di uno o due miliardi di ininfluenti euro. Nel settembre dell’anno scorso Telefonica aveva fatto l’accordo con Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali per acquisire tutto il pacchetto di controllo di Telecom Italia, il 22,4 per cento in mano alla scatola Telco. L’operazione si è arenata sulla spiaggia di Rio de Janeiro per l’inaspettata reazione dell’antitrust brasiliano. Ma adesso eventuali “larghe intese telefoniche” aprirebbero la strada a sbloccare tutto con questa sequenza: via libera alla vendita di Tim Brasil a prezzo non vile; possibilità per Telefonica di riprendere in mano il gioco rilevando le azioni di Mediobanca, Intesa e Generali, che non vedono l’ora di liberarsene; fusione con Mediaset per dotare anche Telecom Italia di un braccio televisivo come tutti i grandi competitor europei. Oggi Telecom Italia vale in Borsa 17 miliardi, mentre la famiglia Berlusconi possiede il 41 per cento di Mediaset che vale 4,5 miliardi. In caso di fusione gli eredi Berlusconi avrebbero in mano il 10 per cento di Telecom Italia, una quota abbastanza bassa da risultare a prova di conflitto d’interessi. E si realizze- LA BANDA LARGA Tutto passa per la vendita di Tim Brasil: così Alierta potrebbe controllare l‘ex monopolista Tlc, fondersi con B. e ottenere soldi per gli investimenti rebbe il progetto a cui il capostipite lavora da anni: mettere in sicurezza Mediaset e lasciare ai figli una buona rendita ma non aziende che non sembrano in grado di gestire con la stessa perizia del padre e del suo sodale Fedele Confalonieri. GUERRA DI LOBBY IN PARLAMENTO Taglio alle sedi, Authority in rivolta di Carlo Di Foggia ra i controllori il clima è da tutti T contro tutti. Veline e messaggi tra le righe da giorni trapelano sui giornali, ma il pianto greco delle Autorità di vigilanza andrà ufficialmente in scena nei prossimi giorni. In commissione Affari Costituzionali alla Camera sfileranno a turno per scongiurare l’ultimo taglio che accorpa le sedi sparse per l’Italia che terrorizza e colpisce una macchina amministrativa gigantesca, cresciuta nel tempo e sfuggita a qualsiasi censimento ragionato. Ad aprire le danze è stato il presidente dell’Autorità per l’Energia, Guido Bortoni, che ha attaccato il decreto di riforma della P.A. firmato dal ministro Marianna Madia, in vigore da settimane: “Ci sono disposizioni che da un lato non inducono risparmi di spesa e, dall’altro, minano l’indipendenza e la competenza tecnica dell’Autorità con pesanti ricadute per i consumatori, fami- glie e imprese”. L’indipendenza sarebbe messa in crisi dall’articolo 22, quello che - a partire dal giugno del 2015 (e a Roma) - accorpa un po’ di Autorità: trasporti, energia, comunicazioni, vigilanza sui fondi pensione e garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali. In “non più di due sedi comuni” dovrebbero poi spostarsi Consob, Antitrust e privacy. “In pratica, vengono colpite quelle Authority che non sono riuscite a fare lobby”, accusano le prime. Ma i margini di manovra per far saltare tutto ci sono ancora. o rimanda la misura a data da destinarsi”. Da cosa nasce la paura? Per garantire il tabù del “decentramento amministrativo”, la legge istitutiva delle Authority ha imposto ai nuovi soggetti di avere sede fuori dalla Capitale, dove però è impossibile non avere uffici visto che le stesse operano a stretto contatto con gli organi parlamentari e i ministeri. LA GARA di sindaci e capoluoghi per ac- caparrarsi un ente da sbandierare ha così duplicato le sedi, con affitti milionari, a cui si sommano i rimborsi per il personale costretto a spostarsi in continuaIL TERMINE ULTIMO è giovedì: “Vedre- zione. Gli esempi non mancano. L’Agte - spiega un alto dirigente - che alla fine com, l’Autorità di garanzia per le comuspunterà un emendamento che cancella nicazioni (costo: 83 milioni) spende 1,7 milioni di euro l’anno per la sede di Napoli - dove lavorano 150 dei 420 dipendenti totali (tra cui 43 dirigenti retribuiti DECRETO in media 150 mila euro) - meno della CONTESTATO metà di quanto spende per gli uffici roMarianna Madia mani (3,7 milioni di euro). è il ministro Per garantire la sede a una trentina di della Funzione pubblica dipendenti nella Capitale (dove il preSuo il testo che accorpa sidente e i commissari si recano almeno le Authority Ansa tre giorni a settimana), l’Autorità per l’energia spende poco meno di un milione di euro per due strutture in una zona centralissima, a pochi passi dalla Fontana di Trevi, “dove gli uffici sono stati anche ristrutturati”, spiegano fonti interne. Da oltre 17 anni, gli uffici operativi sono però a Milano (150 unità): due sedi distaccate per 2,5 milioni l’anno di affitto. Più fortunati saranno i dipendenti della Commissione di garanzia per gli scioperi (30 dipendenti e un obolo da 4 milioni l’anno) che non dovranno spostarsi in un’altra città, ma lasciare la sede nel maestoso Palazzo Cenci Bolognetti - pieno centro - affittato alla Fondazione Pasteur per poco meno di 300 mila euro annui. Spiccioli rispetto ai 5 milioni che l’Antitrust (costo: 93 milioni per 346 unità) spende per la sua sede romana a Piazza Verdi, dove sono ospitati anche gli uffici capitolini della neonata Autorità dei trasporti, che però ha sede a Torino, dove il presidente, Andrea Camanzi, si reca due volte a settimana. I vertici del Pd piemontese, da Sergio Chiamparino a Piero Fassino hanno già promesso che la sede resterà da loro. “In realtà la battaglia è tutta politica - spiega un dirigente non ci sarebbe nessun problema a trasferirsi a Roma”. Giovedì si saprà se i controllori avranno vinto la partita. SOGNI E VISIONI il Fatto Quotidiano Cle ottarelli contro partecipate: “1213 non hanno addetti” NESSUN DIPENDENTE, solo amministratori. È la realtà di 1213 società partecipate (tutte operative) descritto ieri dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli in un intervento sul suo blog. Delle 1213 partecipate senza addetti, 86 sono holding, 137 gestiscono attività immobiliari, più di 200 sono società con un unico socio. Il resto è difficilmente catalogabile, dal momento che si occupano dei settori più disparati. Cottarelli – che definisce la galassia partecipate “una giungla” – dettaglia la difficoltà per arrivare a un conteggio definitivo delle partecipate: “Si è parlato di 8.000 società, consorzi, agenzie, enti vari partecipati MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 degli enti locali (comuni e regioni soprattutto). Ma sono certo siano di più” perché il conteggio intercetta solo le partecipate direttamente controllate dall’ente locale, ma non include le scatole cinesi che ne discendono”. Il commissario è convinto che in totale le partecipate siano oltre 10 mila. EQUIVOCI COMUNITARI Il compito più difficile di questo staff sarà probabilmente chiarire che la presidenza del Consiglio dell’Ue è altra cosa da quella del Consiglio europeo (che riunisce i capi di Stato e di governo) e pure dal Consiglio d’Europa, che è un’organizzazione internazionale che promuove i diritti umani. Oggi il semestre Ue entra nel vivo: non servirà a niente CHIARITO QUESTO, gli italiani PADOAN PRESIEDE L’ECOFIN: “ORA SI PARLERÀ DI CRESCITA” LA REPLICA DI BRUXELLES: “PRIMA LE RIFORME, POI SI VEDE” di Marco Palombi A vete presente gli straordinari risultati raggiunti dalla Grecia da gennaio al 30 giugno, mentre era presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea? Se non vi viene in mente niente è perché non ci sono e questo dovrebbe dire parecchio su quel che è lecito attendersi da questo semestre, che arriva peraltro in una fase in cui l’Unione s’avvita nell’assestamento post-elettorale: la nuova Commissione Ue, cioè il governo europeo, va ancora definita e entrerà in funzione solo a novembre, mentre quella vecchia tramonta stancamente; la grande coalizione Ppe-Pse che domina l’Europarlamento funziona tanto bene nella spartizione delle poltrone (vedi qui in basso) quanto è divisa sulle ricette politiche. iniziando”, ha twittato ieri Pier Carlo Padoan. L’entusiasmo del nostro ministro del Tesoro per l’inizio del dibattito è senz’altro commovente, anche se non si sa quando la discussione finirà e in che senso. Il commissario Ue agli Affari eco- nomici, Siim Kallas, per dire, non ha cambiato verso per niente: “Prima le riforme e poi la flessibilità - ha scandito ieri al termine dell’ Eurogruppo - Il Patto è un pilastro della fiducia: aprire la discussione sulle regole può deteriorare la fiducia”. UN POETA AL BRENNERO L’insostenibile leggerezza di Renzi S abato scorso il premier Matteo Renzi, davanti a folle di giornalisti plaudenti, si è esibito nel nuovo tunnel ferroviario del Brennero in uno dei suoi impagabili “renzini” (cit. Crozza): “Nel ricordo c’è un valore di condivisione, ma nel progetto c’è un valore del futuro”. Nel 2008 il presidente Giorgio Napolitano inaugurò il cantiere e annunciò fine lavori per il 2020 (dodici anni dopo), sabato Renzi ha detto 2026 (tra dodici anni). Il tunnel unirà popoli e valori, meglio se unisse anche due ferrovie. Invece sbucherà (forse) a Fortezza, 400 metri più in alto della linea attuale. Per poterlo utilizzare bisognerà costruire altri 190 chilometri di treno alta velocità fino a Verona. Garantirà tutto il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris: è lui il commissario governativo per il Tav Brennero. È IN QUESTO contesto che, dopo il debutto di Matteo Renzi al Parlamento di Strasburgo, oggi l’Italia prende possesso del tanto atteso semestre europeo presiedendo l’Ecofin, la riunione dei ministri economici dei paesi dell’Unione. “A Bruxelles il dibattito su come spingere la crescita in Europa sta finalmente Finito? Macché. Passa il ministro tedesco Schauble: “Vogliamo fare di più per gli investimenti e per la crescita, ma non deve essere un pretesto, una scappatoia per non fare quello che serve”. D’altronde cos’è questo benedetto semestre europeo? Quali superpoteri garantisce all’Italia? I seguenti: organizzare le riunioni del Consiglio (in cui siedono i governi dei 28 paesi dell’Unione), anche a livello ministeriale come nel caso dell’Ecofin, e nel presiederle. E questo cosa comporta? Renzi può individuare delle priorità e proporle all’ordine del giorno delle riunioni. Non la bomba atomica, ma quasi. IN REALTÀ se il semestre di Renzi sarà un successo lo si vedrà a Roma e non certo a Bruxelles: l’orizzonte di questo esecutivo è irrimediabilmente nazionale, il tempo delle piacevo- RISULTATI AD OGGI Finora ci sono un logo, un astronauta che ci fa da ambasciatore e un programma (vago) di 80 pagine. Spese previste: 70 milioni lezze diplomatiche di Monti e Letta è finito. L’ex sindaco di Firenze potrà però trovare valido aiuto nel coinvolgere gli italiani in una struttura ereditata dal suo predecessore: quella di comunicazione, insediata a palazzo Chigi, un budget da due milioni di euro e una decina di giornalisti addetti coordinati da Federico Garimberti, cronista politico (in aspettativa) dell’Ansa, agenzia per cui ha lavorato anche da Bruxelles. potranno cominciare ad appassionarsi al semestre europeo: ad oggi abbiamo già portato a casa un logo (una rondine stilizzata con il becco verde rivolto verso l’alto, la testa rossa e le ali e la coda dell’azzurro europeo), un ambasciatore (l’astronauta Luca Parmitano) e un agile programma di 80 pagine pieno di vaghi indirizzi politici. Titolo: “Europa. Un nuovo inizio”. Non di sola comunicazione vive però una presidenza del Consiglio dell’Ue. La logistica è coordinata alla Farnesina dal ministro plenipotenziario (un diplomatico) Gabriele Altana, che gestisce la task force in cui si riuniscono pure il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e quello delegato agli Affari europei Sandro Gozi, più un numero imprecisato di funzionari di palazzo Chigi, ministero degli Esterni e Interni. Referente a Bruxelles è Stefano Sannino, nuovo ambasciatore presso l’Unione europea. Il budget per organizzare il tutto è di 68 milioni di euro, un po’ meno dei cento previsti da Letta, ma più dei 55 milioni spesi dalla Grecia nei sei mesi appena trascorsi. L’evento clou sarà il Forum Asem (cioè il vertice eurasiatico) che si terrà a Milano come quasi tutti i vertici informali - per promuovere Expo 2015 presso il pubblico asiatico. E speriamo che il semestre europeo di Telemaco serva almeno a questo. Per il resto, come al solito, servirà la politica (cioè il permesso della Germania). GRANDE COALIZIONE Europarlamento, cancellato il dissenso di Andrea Valdambrini Bruxelles iamo solo 17 su 751, non saremo S mai maggioranza. A metterci sotto basta poco”. Soprattutto se una crazia”, aggiunge Borrelli. Che conclude: “Finora abbiamo teso la mano, ma se riceviamo un ceffone, allora il nostro atteggiamento cambia”. Fine del 5 Stelle dialogante finora visto in Europa? grande coalizione di Socialisti e Popolari, sostenuta anche dai Liberali, si AL PARLAMENTO di Strasburgo gli prende tutte le poltrone. Così David incarichi vengono distribuiti proporBorrelli, co-presidente con Nigel Fa- zionalmente. Posto che alla presidenza rage del neonato gruppo Europe for è stato rieletto il socialista Martin Freedom and Direct Democracy Shulz, le 14 vicepresidenze dell’assem(Efdd) commenta l’amaro risveglio blea, le presidenze e vicepresidenza dei 5 Stelle, che si ritrovano senza in- delle commissioni parlamentari (che carichi all’europarlamento. Alla guida tengono i lavori sempre a Bruxelles e della defilata commissione Petizioni sono al momento 22) andranno in nuera stata proposta la mero decrescente a milanese Eleonora deputati del Ppe - priEvi, a cui però è stata mo gruppo in termini M5S FATTO FUORI preferita per 23 voti a di eletti - poi Socialisti 8 la liberale svedese e così via. Per assegnaAi grillini toccava Cecilia Wikstrom. re gli incarichi si adotUna prova di forza ta il cosiddetto metola defilata commissione per arginare gli eurodo D’Hondt (dal no“Petizioni”. Ma Ppe, Pse scettici, dice la magme di un matematico gioranza. Eppure belga dell’ ‘800), un e liberali si sono accordati prospetto usato per la “anche le minoranze hanno diritto di esseripartizione proporper negare ogni posto re rappresentate, è zionale dei seggi. E se di rilievo agli euroscettici la matematica non è questione di demo- 11 un’opinione, anche al più piccolo dei gruppi, quello di cui M5s fa parte, spetterebbe una vicepresidenza dell’aula e una presidenza di commissione. Nel caso specifico la commissione Petizioni, che si occupa degli strumenti di democrazia partecipativa o diretta a livello di Unione europea. Non proprio una delle strutture più rilevanti (la terzultima in ordine di importanza). La bocciatura di Evi ha un precedente. Al posto del 5 Stelle Fabio Massimo Castaldo, designato dal gruppo Efdd, come vice di Shulz è stato scelto Olli Rehn. L’ex commissario europeo divenuto un simbolo delle politiche di austerità, ora eletto parlamentare in Finlandia con i liberali, ce l’ha fatta la settimana scorsa grazie al sostegno di Socialisti e Popolari, che hanno preferito votare un candidato liberale piuttosto che far passare Castaldo. La stessa dinamica vista ieri a Bruxelles. NESSUN PROBLEMA invece, tra gli italiani, per l’elezione alla vicepresidenza dell’aula del forzista Antonio Tajani (in quota Ppe, e già commissario all’Industria) e del democratico David Sassoli (per i Socialisti). Quanto alle altre commissioni parlamentari, la guida degli Affari Economici toccherà a Roberto Gualtieri (della minoranza Pd), della Cultura alla democratica Silvia Costa, mentre l’Ndc Giovanni La Via presiederà i lavori della commissione Ambiente. IL TIMORE di quello che i 5 Stelle ave- vano definito “uno scippo” serpeggiava da giorni nei corridoi dell’europarlamento. Un timore condiviso da altri gruppi parlamentari. Contro una simile eventualità erano intervenuti persino i Verdi, con cui i grillini non hanno avuto finora rapporti idilliaci in Europa, a causa di un estenuante tira e molla in vista di un’alleanza politica che poi non si è mai realizzata. “Escludere dagli incarichi un gruppo di minoranza rappresenta un colpo per il processo democratico nel Parlamento europeo”, aveva spiegato l’eurodeputata ambientalista danese Margerete Auken, membro proprio della commissione Petizioni, sostenendo anche che Eleonora Evi aveva tutte le carte in regola per l’incarico. @andreavaldambri 12 UN GIORNO IN ITALIA MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 K iller del cassiere, la cugina racconta ai pm la sua versione QUANDO UN COMMANDO ha ucciso Silvio Fanella, il cassiere della banda di Gennaro Mokbel, c’era anche la cugina con i suoi due figli di 6 e 8 anni in casa. La donna racconta ai pm quello che ha visto dal momento in cui tre uomini hanno bussato alla sua porta, presentandosi come finanzieri. Fanella li ha fatti entrare e “dopo alcuni minuti, la conversazione - è scritto nel decreto di convalida del fermo di Giovanni Battista Ceniti, ex responsabile di Casapound Verbania, accusato di omicidio - ha assunto i toni di una discussione animata tanto da indurre la cugina ad affacciarsi, ricevendo dal cugino l’intimidazione di scappare. La donna ha notato che il cugino era per terra e due o tre persone erano sopra di lui; ha notato che mentre suo cugino le gridava di scappare, una mano impugnava una pistola”. A il Fatto Quotidiano quel punto si è nascosta ed è uscita solo dopo gli spari, trovando Silvio Fanella in fin di vita. Anche il portiere “richiamato dalle urla, ha notato nell’androne (..) due uomini che sostenevano un terzo individuo che è caduto a terra in tre o 4 volte”. Era Ceniti, ferito durante la colluttazione e arrestato. Il gip ha convalidato l’arresto sia per il pericolo di fuga che per “il concreto rischio di recidiva specifica”. Da De Pedis a Dell’Utri Mokbel dietro le quinte POLITICA E SOLDI. QUESTE LE PASSIONI DELL’AFFARISTA CONDANNATO A 15 ANNI CHE, IN LIBERTÀ VIGILATA, CONTINUA A MANTENERE LA PROPRIA RETE DI RAPPORTI di Rita Di Giovacchino C hiuso nel suo appartamento in via Cortina D’Ampezzo, la prigione dorata dove sta scontando con la moglie Giorgia Ricci, i 15 anni di condanna in primo grado per la megatruffa Fastweb-Telecom Sparkle, Gennaro Mokbel si dispera. “Mi hanno ucciso un figlio, Silvio era più di un amico, incensurato, pulito, lo hanno ammazzato come un cane”. Lo descrivono distrutto dal dolore, si difende dall’accusa di essere lui il mandante della spedizione di morte nei confronti del suo “pupillo”. ALLE PARETI non ci sono più i quadri di De Chirico, a suo tempo sequestrati, ma nessuno ha portato via il ritratto di Adolf Hitler o il mezzobusto di Mussolini che campeggiano nel salone, insieme a stampe, libri d’arte e di storia che hanno trasformato la casa in un museo del Ventennio. “Non sono stato io, ho la coscienza a posto”, ripete Gennaro. Deve il nome alla madre napoletana e il cognome al padre egiziano. Famiglia di immigrati piccolo borghese che, approdata a Ro- ma, si stabilì dalla parti di piazza Bologna segnando il destino di questo figlio maschio stravagante e ribelle, capellone anarchico negli anni Sessanta, naziskin nei Settanta, e poi su su, sfruttando un periodo trascorso nel G9 di Rebibbia, a stretto contatto con personaggi della banda della Magliana, fino ai rapporti con Lorenzo Cola, il consulente di Finmeccanica in odore di Cia, e agli incontri con gli 007 inglesi delM5 a Singapore, o alle cene al “Circolo Antico i Tiro a Volo” con Marco Mancini, il numero due del Sismi al tempo del rapimento di Abu Omar e il senatore Di Girolamo, il suo asso di picche per sfondare nelle alte sfere della politica. Dimagrito, invecchiato ma con la grinta di sempre e senza aver perso i suoi contatti con il mondo esterno visto che è in libertà vigilata per gravi motivi di salute. Almeno a giudicare da un episodio recentissimo che lo vedrebbe intento a manovrare la fuga di Dell’Utri in Libano come emerge da una conversazione intercettata al ristorante Assunta madre tra il fratello Alberto e altri commensali. Ma chi è Mokbel, il capo di una Spectre fascio-romana? “Fascista io, non lo sono mai stato, frequentavo il circolo Bakunin via dei Taurini a Roma. Da ragazzo feci pure a botte con Alemanno. Ero amico di Antonio D’Inzillo, ma questo non significa”, ha dichiarato giorni fa a Gianmarco Chiocci, direttore de Il Tempo. Marcello Dell'Utri? “Non lo conosco”. Condannato a 15 anni, ma libero di muoversi, quel rapporto con D’Inzillo ha segnato la sua vita come quello conGiusva FioravantieFrance- seguiti anche post mortem. Di Giusva e la Mambro parlava con disinvoltura al telefono conCarmine Fasciani, il camorrista padrone di una fetta della città che lambisce il litorale. “Li ho tirati fuori tutti io. Tutti con i soldi mia, lo sai quello che me so’ costati?....Un milione e due”. Mokbel ha sempre avuto due pallini, i soldi e la politica. “Me devo inventa’ un partito... poi facciamo quello che ci pare”, L’EX SENATORE E LE CIMICI Il fratello del cofondatore di Forza Italia lo indica come l’uomo che avrebbe organizzato la fuga in Libano. Ma lui ha sempre negato sca Mambro, condannati all’ergastolo per la strage di Bologna, ma anche loro liberi come l’aria. D’Inzillo lo arrestarono a casa sua nel 1991, dopo che questi sparò a Enrico De Pedis, il capo della Banda della Magliana. Quando Mokbel fu arrestato il neofascista, nel frattempo emigrato in Sud Africa, a soli 44 morì di epatite fulminante e fu rapidamente cremato, ma i contatti sarebbero pro- diceva. La lega sud serviva a rafforzare i rapporti con Umberto Bossi. Al deputato leghistaGiacomo Chiappori diceva: “Saremo noi l’organo di controllo della Casa delle libertà... perché lì(nel Sud, ndr)la Lega non c’è, ci siamo noi”. L’avventura non decollò ma Di Girolamo, eletto senatore, era nelle sue mani: “Se t’è venuta la candidite, se t’è venuta la senatorite è un problema tuo, per me Nicò puoi Gennaro Mokbel Ansa diventà pure presidente della Repubblica,sei sempre una grandissima testa di cazzo”. DOPO HANNO negato tutti, ma dalle intercettazioni emergevano rapporti con due politici come l’ex ministro Aldo BranchereGiuseppe Ciarrapico. E lo rivelano le intercettazioni. Il18 marzo 2008, un mese prima delle politiche, l’affarista dichiarava di avere il “placet” di Brancher: “È ilbraccio destro di Berlusconi e Tremonti, praticamente quello che le iniziative e le porta avanti”. I rapporti con i servizi segreti coinvolgono anche la famiglia e risalgono al caso Moro. La sorellaLucia abitava inVia Gradoli, proprio al civico 96, la porta accanto al covo di Mario Moretti, sentiva nell’appartamento a fianco trasmettere con l’alfabeto Morse e lo raccontò al questore Cioppa. Ah, il destino! Cinico e baro come questa caccia al tesoro che è già costata la vita a due suoi sodali. Prima dell’uccisione di Fanella a morire suicida, almeno si dice, fu Augusto Murri, il cassiere che da Panama sosteneva che i soldi non erano stati spartiti in modo giusto. Mokbel andò su tutte le furie: “Ieri me fa chiamà per dire che è andato dal notaio e se gli succede qual cosa ci manda carcerati”. Due mesi dopo Murri si sparò un colpo in testa, ma nessun notaio si fece avanti. “Mose, così Tremonti voleva scavalcare B.” MILANESE INTERROGATO IERI AMMETTE: “GIULIO USAVA I FINANZIAMENTI PER OTTENERE L’APPOGGIO DELLA LEGA E DIVENTARE PREMIER” di Antonio Massari e Davide Vecchi el 2010 Giulio Tremonti – in alleanza con la Lega – progettava di scavalcare Silvio N Berlusconi per diventare presidente del Con- siglio. Il finanziamento del Mose, per il suo progetto, era un tassello essenziale e, finché il Veneto fu governato da Forza Italia e guidato da Giancarlo Galan, le erogazioni restarono bloccate. La situazione cambiò con l’arrivo del governatore leghista Luca Zaia. È la versione di Marco Milanese, interrogato ieri dal gip di Santa Maria Capua Vetere. Dopo tre giorni in una cella d’isolamento, l’ex consigliere politico di Tremonti, accusato di corruzione, esordisce sottolineando l’incompetenza del gip, che lo interroga per rogatoria poiché gli atti – l’inchiesta è della procura di Venezia - sono stati trasmessi a Milano. “Vorrei prendere visione dell’informativa e ascoltare le intercettazioni che mi riguardano”, dice Milanese, assistito dall’avvocato Bruno Larosa. Niente da fare: l’informativa non c’è e neanche le bobine delle intercettazioni. È tutto tra Venezia e Milano. L’ex ufficiale della GdF è accusato dalla procura di Venezia di aver incassato due tangenti da 500mila euro. La prima per spingere affinché il Cipe stanziasse 400 milioni per il Mose, la seconda per aver coinvolto l’ex generale delle fiamme gialle, Emilio Spaziante, assoldato secondo l’accusa per spiare le indagini della procura. L’arresto è motivato dal pericolo che Milanese possa reiterare il reato. Il gip veneziano Alberto Sacaramuzza contesta a Milanese tre episodi. A giugno Milanese ha contattato un generale della Guardia di Finanza per “influire su dinamiche interne ai corsi dell’accademia Gdf,”. Poi ha “continuato a contattare utenze del quartier generale della Gdf presso il comando generale di Roma”. Infine è stato “contattato da un uomo del nucleo di polizia tributaria che gli ha chiesto di intervenire sulla sospensione, da parte del Ministero della Salute, di un decreto autorizzativo” per una società che vende acqua minerale. “Non ho preso un solo centesimo”, dice Milanese al gip, nell’interrogatorio durato circa due ore. Ed ecco – in una sintesi non letterale – le sue risposte. “Hanno bloccato i soldi per Zaia” “Fino al 2010 – spiega Milanese – Tremonti non provvedeva al finanziamento del Mose perché il governatore era Galan e la ostilità tra i due era notoria. Poi la Lega punta a conquistare il VeMarco Milanese davanti all’ingresso della Camera Ansa neto, e per Tremonti la situazione cambia, perché nella sua strategia, diretta a diventare presidente del Consiglio, visto che in Forza Italia non era ben visto, l’alleanza con la Lega diventa necessaria. E così, quando Zaia diventa presidente di Regione, Tremonti promette di sbloccare il finanziamento per il Mose, che andava erogato comunque, per non perdere quanto era già stato fatto. L'incontro tra l’ex ministro e Giovanni Mazzacurati “Mazzacurati incontra Tremonti, che gli garantisce lo sblocco dei 400 milioni, assicurandogli che negli anni successivi sarebbe stato finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Io non partecipai a quell’incontro. Mazzacurati ha ottimi rapporti con la Lega e Tremonti non vuole farselo nemico. Ma non vuole essere tempestato di telefonate e quindi mi dice: ‘A Mazzacurati ci pensi tu’. Lo informavo su richiesta di Tremonti. “Controllate i conti del patron del Consorzio” “Mazzacurati – e non solo lui – dice di averle pagato delle tangenti”, dice il Gip. “Non so perché lo dica – risponde Milanese – ma vi invito formalmente a un accertamento patrimoniale, all’Italia e all’estero, sia per Mazzacurati sia per i familiari. Per verificare se il suo patrimonio ha beneficiato di soldi del Cvn. Sui giornali ho letto un’intercettazione in cui, parlando dell’acquisto di una casa a Roma, sostiene con la moglie di voler ‘mescolare’ dentro il Consorzio. Mi chiedo se non parlasse ai soci di tangenti per giustificare l’utilizzo personale di soldi in nero...”. “Gli presentai il generale Emilio Spaziante” “Con Mazzacurati – continua Milanese - ho avuto 4 incontri. Il primo al ministero, dopo che incontrò Tremonti, poi due volte a Milano e una a Roma. A Milano Mazzacurati disse che la Gdf stava svolgendo un accertamento amministrativo sul Consorzio e che stavano procedendo irregolarmente. Risposi che non potevo interferire e che gli avrei presentato Spaziante, non coinvolto nei controlli e uomo di fiducia di Tremonti, per spiegargli la situazione. Spaziante – che escludeva vi fossero irregolarità – mi disse che avrebbe parlato con il comandante competente per il controllo. Da allora non ho più visto né sentito Mazzacurati. Né ho saputo l’esito dell’intervento di Spaziante”. “Ho protetto mio genero” Sulle telefonate contestate nell'ordinanza d’arresto, infine, Milanese spiega: “Per la telefonata in accademia è andata così: mio genero doveva affrontare l’esame di diritto penale, ma da qualche tempo era diventato comandante dell’Accademia un alto ufficiale, legato al generale Michele Adinolfi. Poiché di Adinolfi ho parlato in un procedimento penale a Napoli, temevo che il fidanzato di mia figlia, in quanto mio genero, venisse ostacolato. Per l’esame in questione, mio genero aveva affrontato una prova preliminare, prendendo come voto 24. Dopo la mia telefonata è stato promosso, sì, ma con 21”. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Pl’uomo erugia, è grave che ieri ha sparato a figlio ed ex È CLINICAMENTE morto il carrozziere di 32 anni che ieri mattina, nella frazione perugina di Ponte Valleceppi, dopo aver sparato con la sua pistola alla ex compagna, al loro figlio di due anni e ad un’amica della donna, si è sparato alla testa. Ieri pomeriggio era stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico: oggi la situazione è precipitata tanto che, una volta ufficializzata la morte da parte dei sa- nitari, seguirà l’espianto degli organi, autorizzato dai familiari. Lotta ancora contro la morte la ex convivente: anche le condizioni della giovane donna sono gravi ma stabili. Ricoverata invece in condizioni molto meno gravi, Ilaria, l’amica della ex convivente, raggiunta alla mascella da uno dei colpi di pistola. Sempre in “prognosi strettamente riservata” il bimbo della coppia, anche lui raggiunto alla ALL’ULTIMO RIFIUTO GUERRA DI TWEET TRA VESPA E MARINO MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 13 testa da un colpo di pistola: è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove era stato trasferito poche ore dopo il suo ferimento. Nel frattempo stanno andando avanti le indagini dei carabinieri: secondo gli inquirenti l’ uomo era “ossessionato” dalla donna. Alcuni testimoni hanno raccontanto di screzi (peraltro mai denunciati) relativi al mantenimento del figlio. Tutti al mare IMMONDIZIA, IL CONDUTTORE DI PORTA A PORTA ATTACCA: “MI VERGOGNO DI VIVERE IN UNA CAPITALE COSÌ”. IL SINDACO: “MA CHE NE SAI TE CHE ABITI IN CENTRO” di Tommaso Rodano L’ eterna emergenza dei rifiuti di Roma approda su Twitter. L’attacco al sindaco Ignazio Marino arriva da un polemista insospettabile: Bruno Vespa. Il suo tweet giunge domenica mattina dalla Russia, dove il conduttore di Porta a Porta, pieno di ammirazione, racconta una città linda e pinta: “A San Pietroburgo, 5 milioni di abitanti, non ho visto un solo rifiuto sulla strada – scrive Vespa – Mi sono vergognato di abitare a Roma”. L’accusa non è generica, il giornalista non dimentica di menzionare il destinatario della sua indignazione: @ignaziomarino. Il sindaco all’inizio incassa in silenzio e preferisce non infilarsi nella baruffa da social network. Poi ci ripensa, e replica. Lo fa in radio, ospite di Un giorno da pecora: “A Roma abbiamo avuto una singola persona che per 50 anni ha gestito una singola discarica (quella di Malagrotta, proprietà di Manlio Cerroni, oggi sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, ndr), grande come 350 campi da pallone, dove dagli anni Sessanta fino a quando sono stato eletto io sono stati scaricati il materasso, la bottiglietta dell’acqua, l’organico dei ristoranti. Tutto quello che si voleva. Questa discarica – prosegue Marino – doveva esser chiusa nel 2007, non è stata chiusa e per questo abbiamo ricevuto delle multe salatissime dall’Unione Europea”. Poi il sindaco di Roma va sul personale: “Mi pare che Vespa abiti al centro di Roma, in una zona che dicono sia bella. Forse ci sono persone che vivono in zone più disagiate rispetto al primo municipio, dove c’è Piazza di Spagna, per esempio”. IN ATTESA di una nuova, eventuale replica di Bruno Vespa (che non è nuovo ai tweet aggressivi: qualche mese fa digitò battute furiose nei confronti di Fiorello, poi i due fecero pace), un cittadino del primo municipio potrebbe obiettare che la spazzatura di Roma è democratica: straborda praticamente ovunque. Uno dei LA PEZZOPANE E IL GRANDE FRATELLO La senatrice Pezzopane al mare scatta un selfie con Simone Coccia Colaiuta, corteggiatore del programma su Canale 5, “Uomini e donne.” Facebook Bruno Vespa Ansa quartieri più colpiti, Trastevere, è in pieno centro. L’elenco delle zone assediate da sacchetti e miasmi non risparmia nessun quadrante: tra alti e bassi l’emergenza ha colpito Eur, Magliana, Pigneto, Tor Pignattara, Tuscolano, Arco di Travertino, Primavalle, Boccea, Morena, Tuscolano, Tor Vergata, Garbatella, Appio Latino, Laurentino, Pontina, Torre Angela. L’elenco potrebbe continuare: in pratica, c’è tutta la città. Senza raggiungere il degrado di Napoli, la crisi dei rifiuti di Roma, a lungo latente, è affiorata in modo sempre più evidente dopo la chiusura di Malagrotta (che Marino rivendica come una soluzione salvifica attesa da 50 anni). Il sin- daco è in guerra con l’Ama, la municipalizzata che la monnezza la raccoglie: “Ogni giorno il 18 per cento dei dipendenti non si presenta a lavoro”. Poi promette: “Stiamo puntando forte sulla differenziata e tra due anni avremo un ecodistretto con una piccola discarica di servizio”. A Vespa e ai romani non resta che attendere. ALTRI MONDI il Fatto Quotidiano M itrokhin: reso pubblico l’archivio dell’ex agente Kgb IL SOGNO di Vasili Mitrokhin, iniziato nel 1972, si conclude come l’ex agente del Kgb avrebbe voluto. La comunicazione della disponibilità del contenuto delle famose 19 casse piene di documenti che Mitrokhin, rischiando la vita, portò fuori dalla Russia, proviene da Christopher Andrew, lo storico che lavorò con l’agente sovietico per anni. “Ci sono solo due luoghi al mondo nei quali è possibile trovare materiale come questo. Uno è l’archivio del Kgb e l’altro è il Churchill College”. L’archivio costruito in vent’anni di lavoro da Mitrokhin rivela quante e quali fossero le carte in mano al Kgb su Papa Giovanni Paolo II, le mappe e i dettagli dei depositi segreti di arme russe in Europa occidentale e negli Stati Uniti. Fra i documenti riemersi dall’archivio c’è anche una mappa di Roma e della sua periferia, in cui sono segnati quelli che, a prima vista sembrerebbero tre depositi di armi, identificati coi nomi La messa per gli abusati il Papa: l’impunità è finita CERIMONIA A SANTA MARTA CON 6 VITTIME: FRANCESCO CHIEDE PERDONO E FA CAPIRE ALLE GERARCHIE DELLA CHIESA CHE D’ORA IN POI DOVRANNO PAGARE di Marco Politi nando da Israele. Così è stato. Per Francesco l’omelia, pronunciata durante il rito celebrato per le vittime, è stata l’occasione per lanciare segnali precisi. Parlando in spagnolo per essere completamente a suo agio nell’espressione del suo pensiero, non ha solo condannato i “gravi crimini” e il sacrilegio commesso dai preti predatori, esprimendo dolore per tante tragedie. Ha affrontato il tema dei suicidi, che “pesano sul mio cuore, sulla mia coscienza, e su quella di tutta la Chiesa”. Ha ribadito la condanna (come già papa Ratzinger) dei “peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce” di familiari e vittime, mettendo “in pericolo altri minori”. P apa Francesco ha celebrato una messa in Santa Marta per 6 vittime di abusi, provenienti da Germania, Irlanda e Inghilterra. Ha chiesto perdono per i crimini di “sacerdoti e vescovi”. Ha garantito tolleranza zero. Ha chiesto aiuto per definire la protezione migliore per i minori. Ma la giornata di ieri, molto intensa emotivamente, va al di là di queste parole. Segnala un salto di qualità. Mostra la volontà del pontefice argentino di imprimere una scossa a una gerarchia ecclesiastica, che in troppe parti del mondo si mostra passiva nell’organizzare strutture efficienti di contrasto del fenomeno. GIÀ BENEDETTO XVI, nei suoi viaggi internazionali, aveva incontrato gruppi di vittime, ma è la prima volta che un pontefice invita una rappresentanza di abusati in Vaticano. Ed è la prima volta che dopo la messa un pontefice si riunisce con loro per un ascolto non frettoloso delle loro storie e li invita a suggerire come intervenire. L’incontro con le vittime, tre uomini e tre donne, si inquadra nelle iniziative concrete già promosse dal Papa. Marzo scorso Bergoglio ha creato una Commissione internazionale per la protezione di minori, che si è riunita per la prima volta domenica, incari- ROVESCIANDO l’impostazione Papa Bergoglio LaPresse candola di elaborare le procedure migliori per combattere gli abusi. Della commissione – formata da 4 donne e 4 uomini, 4 laici e 4 chierici – fa parte anche una vittima: Marie Collins, abusata a 13 anni, sostenitrice dell’obbligatorietà della denuncia alle autorità civili. Papa Bergoglio sta ponendo le vittime al centro di ogni iniziativa. L’anno scorso il pontefice ha ri- chiamato da Santo Domingo il nunzio vaticano Jozef Wesolowski, accusato di avere abusato di bambini delle fasce sociali più povere. E recentemente lo ha degradato, cioè ridotto allo stato laicale. Ora Wesolowski, che aveva la carica di arcivescovo, è in attesa di un procedimento penale. “Non ci saranno figli di papà” in tema di abusi, aveva garantito il papa ai giornalisti tor- MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 secolare delle autorità ecclesiastiche, che imponevano alle vittime il silenzio per “non dare scandalo”, Francesco ha elogiato il coraggio dimostrato da quanti hanno “fatto luce su una terribile oscurità” nella vita della Chiesa. Il vostro, ha esclamato rivolto ai sei sopravvissuti, “è stato un servizio di amore”. Il Papa ha menzionato infine un principio, invocato per decenni durante accese dimostrazioni dalle organizzazioni di vittime: il dovere di rendiconto da parte della gerarchia. Tutti i vescovi, ha sottolineato, hanno il dovere 15 in codice di “Kollò”, “Fossò” e “Bor”. Documenti insomma dal valore inestimabile e che testimoniano anche una storia straordinaria: quella di un agente del Kgb deciso a denunciare al mondo occidentale la politica e le tattiche di uno dei più noti, attivi e influenti servizi segreti del mondo. Dall’Irlanda agli Usa una sfilza di scandali I CASI DI PEDOFILIA con protagonisti preti cattolici hanno una lunga storia e una serie di precedenti che non conoscono confini. Lo scandalo che fece più clamore, forse perché il primo che ricevette una forte eco da parte dei media, accadde in Irlanda. Nel 1994 Brendan Smyth, sacerdote cattolico con alle spalle oltre 40 anni di attività pastorale, fu accusato di abusi su 91 minori. I casi irlandesi vennero raccontati in un documentario della Bbc molto discusso in tutto il mondo: Sex crimes and the Vatican. L’opera trasmessa in Italia, malgrado le polemiche, durante la trasmissione Anno Zero di Michele Santoro, denuncerebbe i casi di ben 100 bambini abusati da 26 sacerdoti irlandesi, che sarebbero stati insabbiati dal Vaticano e dall’allora cardinale Ratzinger, capo della Congregazione della Dottrina della Fede. Negli Stati Uniti le statistiche sono impressionanti: dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti sono stati accusati di relazioni sessuali con “minorenni”. Due diocesi (Faibanks e Milwaukee), sono state costrette a dichiarare bancarotta a causa dei risarcimenti riconosciuti alle vittime. Nel 2002 la Conferenza episcopale americana ha nominato una commissione per indagare sul fenomeno degli abusi sui minori perpetrati da preti. Il governatore repubblicano e cattolico Frank Keating, messo alla direzione decide di dimettersi poco dopo paragonando l’operato della Chiesa riguardo questi casi simile a quello della mafia. In Belgio sarebbero invece 475 i casi di abusi sessuali compiuti su bambini da membri del clero e 19 i tentativi di suicidio da parte delle vittime. In Brasile vennero sequestrati addirittura dei diari compilati da alcuni preti pedofili sulle tecniche di adescamento utilizzate e a Barretos venne aperto in segreto dai sacerdoti italiani della Congregazione di Gesù Sacerdote (padri venturini) un centro di cura per preti pedofili. In Francia René Bissey, un sacerdote pedofilo colpevole di pedofilia tra il 1989 e il 1996 fu condannato a 18 anni di carcere, e contestualmente il suo vescovo, monsignor Pierre Pican, a tre mesi di carcere per aver rifiutato di denunciare alla magistratura il sacerdote della sua diocesi. In Italia fece particolarmente clamore il caso di don Pierangelo Bertagna che confessò 38 abusi a partire dal 1988. di impegnarsi per garantire la protezione dei minori “e renderanno conto di questa responsabilità”. Sulla scena italiana – dove la Cei ostinatamente continua a non creare nessuna struttura diocesana per l’ascolto, l’assistenza e il risarcimento delle vittime – tali parole hanno portato un fresco vento anglosassone nella trattazione del problema. D’altronde la com- missione anti-abusi è coordinata dal cardinale O’ Malley di Boston, che nella sua diocesi ha fatto sistematica pulizia del clero abusatore. “Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali – ha concluso Francesco – e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale”. SINDROME ABUSIVA Tanto sesso, siamo (pedofili) inglesi L’ORCO IN TV di Caterina Soffici Jimmy Savile, per anni volto noto della Bbc. Dall’indagine sul suo conto è iniziato lo scandalo-pedofilia LaPresse edofili e ancora pedofili. P Dal proverbiale “niente sesso siamo inglesi” a un’onda- ta anomala di rivelazioni che lasciano di stucco e fanno sospettare che quel sesso negato sia diventato una vera ossessione per gli inglesi. L’ultima rivelazione riguarda una ventina di casi di politici (ancora attivi, ex o già defunti, come Cyril Smith che aveva ammesso di aver toccato e molestato ragazzini), appartenenti a tutti e tre i principali partiti, che sono stati coinvolti in casi di abusi su minori nell’arco di tempo di una quarantina di anni. È un Westminstergate con giallo incorporato, perché su questi galantuomini accusati di molestare bambini erano già state condotte indagini e raccolto materiale che provava la colpevolezza, ma qualche misteriosa manina ha fatto sparire i dossier e ha praticamente insabbiato le indagini. I fatti risalgono agli anni Ot- dossier è arrivato anche sul tavolo del ministero degli Interni Theresa May e si parla di 139 abusi, commessi nell’arco di tre o quattro decadi, di una ventina di parlamentari coinvolti e di un’altra trentina che sapevano e avrebbero taciuto e coperto. IL NUOVO SCANDALO che tanta e la cosiddetta operazione Fernbridge parla di un network di pedofili, sia deputati che appartenenti alla Camera dei Lord, con connessioni e protezioni che arriverebbero fino al numero 10 di Downing Street, sede del governo britannico. Il grande accusatore è un tal Peter McKelvie, cacciatore di pedofili ora in pensione, che per 20 anni ha raccolto testimonianze e prove al punto di affermare pubblicamente che c’è abbastanza materiale per mettere in cella una manciata di politici. Il scuote il paese arriva dopo due anni di rivelazioni sconcertanti. Sono indagini spesso collegate e rivelano una cricca di maniaci, di ossessionati dal sesso, stupratori seriali e molestatori di ogni tipo che occupavano posizioni di potere e si proteggevano a vicenda. Un filo unisce questi signori, che appartengono tutti a una certa cerchia, senza distinzione di colore politico, ma uniti da una consuetudine con certi ambienti e certi approcci culturali. Al centro di tutto, come una grande piovra, c’è sempre lui: il defunto presentatore delle Bbc ed ex dj Jimmy Savile. Pedofili alla Bbc, pedofili negli ospedali del Nhs, il National Health Service (il Servizio Sanitario Nazionale britannico), che garantivano libero accesso nelle strutture pubbliche e addirittura all’obitorio di un’ospedale dove sono state scattate foto e mimati atti sessuali con cadaveri. Un altro pedofilo, Rolf Harris, cantante e anche pittore, è stato condannato a 5 anni e 9 mesi proprio la settimana scorsa nonostante i suoi 84 anni; era talmente famoso da aver accesso alla Casa Reale e da aver dipinto il ritratto della regina per commemorare gli 80 anni della sovrana. Come è possibile tutto questo? Anni fa in Belgio aveva fatto scalpore il caso di Marc Dutrux, il pedofilo e serial killer che aveva sequesttrato e torturato per anni sei ragazze. Alcune erano riuscite a sopravvivere, altre erano state ritrovate sepolte nella cantina del mostro, che operava con la complicità della moglie. Il caso aveva avuto eco mondiale con strascico di polemiche e accuse da parte dell’opinione pubblica belga contro i politici e le forze di polizia per le lentezze e le incapacità nelle indagini. L’indignazione popolare si manifestò in una marcia bianca. Quello era stato un caso singolo. Negli ultimi 24 mesi in Gran Bretagna sono spuntati decine di pedofili. Come mai escono tutti ora? E come mai sono tutti episodi risalenti agli anni Ottanta? È una domanda che molti si sono fatti e la riposta potrebbe essere molto più semplice di quanto si pensi. Lord Brittan, allora ministro dell’Interno, ha confermato di aver ricevuto un dossier di accuse che è “stato distrutto o è andato perso”. La nuova inchiesta ordinata dal premier Cameron è all’inizio e molte teste potrebbero saltare. 16 ALTRI MONDI MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano MANICA CENTINAIA EVACUATI DAL TUNNEL Paura nel tunnel che da vent’anni viaggia sotto il canale della Manica. I 382 passeggeri a bordo della navetta Folkestone-Calais alle 7 e 30 di ieri hanno dovuto abbandonare il treno, fermo per un guasto tecnico causato da un calo di tensione, per trasferirsi sul binario d’emergenza. Ansa FRANCIA EX FEMEN: “AGGREDITA E RASATA NEL METRÒ” Amina, una ex Femen tunisina di 20 anni, sostiene di essere stata aggredita nella metropolitana di Parigi da un gruppo che sembra formato da integralisti islamici. Su Facebook ha scritto: ”Mi hanno detto puttana, ti violentiamo e Allah ci ringrazierà per questo”. Ansa Shevarnadze, il traghettatore che sciolse la Guerra fredda MORTO A 86 ANNI L’EX MINISTRO DEGLI ESTERI DELL’URSS CHE CON GORBACIOV FORMÒ IL DUO CHE IDEÒ LA PERESTROJKA E PORTÒ ALLA FINE DELL’IMPERO SOVIETICO di Giampiero Gramaglia È nato sovietico. È morto georgiano. Non è mai stato russo. L’Occidente, che mostrava simpatia per le sue ciocche di capelli bianchi perennemente in disordine, lo ricorda più delle sue terre. Eduard Shevarnadze, ministro degli Esteri dell’Urss di Gorbaciov dal 1985 al suo dissolvimento, protagonista degli anni della perestroika, uno degli artefici della fine della Guerra Fredda, poi presidente della Georgia dal 1995 al 2003, è morto ieri all’età di 86 anni, a Tbilisi. Era malato da tempo. Il ricordo più commosso è quello di Gorbaciov, che piange “l’amico, un uomo molto capace e molto predisposto al lavoro con la gente”. PUTIN E GLI ATTUALI leader georgiani si sono limitati a parole di circostanza. Il primo vice presidente della Duma, il comunista Melnikov, lo ha invece bollato come una “figura del gruppo di quelli che passeranno alla storia come distruttori dell’Urss, spinti in questa direzione dalle forze dell’Ovest”. Nel 1985, Gorbaciov, da poco nominato segretario generale del Pcus e presidente dell’Urss, lo chiamò dalla Georgia, dove guidava il partito comunista di quella repubblica, a Mosca, come ministro degli esteri: parve una scelta avventata, si rivelò una scelta azzeccata. Per circa 6 anni, Shevarnadze fu uno dei principali artefici del disarmo internazionale; e si mostrò capace di stringere in Occidente solide amicizie. Come quella con il collega tedesco Genscher, il ministro degli esteri della Caduta del Muro e della Riunificazione: “Divenimmo amici personali, cosa che io non avrei mai creduto possibile”. Aveva lasciato la scena politica dopo un’esperienza tormentata alla guida della Georgia. Subentrò all’autocrate Gamsakurdia; dopo di lui, quello che in altri tempi si sarebbe definito “un fantoccio degli americani”, Saakashvili; si dimise prima di essere cacciato dalla ‘Rivoluzione delle Rose’. La sua presidenza fu segnata da alcuni falliti attentati – uno quasi andò a segno: lo dice l’immagine di lui in canottiera sulla poltrona del suo ufficio, lo sguardo dilatato, il volto coperto da schegge e grumi di sangue - e dal deterioramento della situazione economica e sociale del suo Paese. VIVEVA “SENZA PAURA”, ma “consapevole che ogni giorno poteva essere l’ultimo", scrive il sito russo Mir24. Le sue dimissioni gli permisero di salvaguardare, in patria, una certa rispettabilità. A gennaio, cancellò la festa per il suo 86° compleanno per rispetto delle vittime sul Maidan di Kiev, dove allora era in corso la protesta contro il presidente filorusso Yanukovich. Ai giornalisti, amava raccontare di essere nato “per miracolo”, perché i medici giudicavano la vita sua e della mamma “in pericolo”. Il coraggio della mamma, l’aiuto di Dio e la bravura dei medici fecero venire al mondo Eduard e sopravvivere sua madre. Del suo lascito, diceva: Gorbaciov e Shevarnadze nel novembre del 1990 LaPresse “Saranno i posteri a decidere se rimarrò nella storia come ministro degli Esteri sovietico o leader della Georgia. Ma so che tutti, alla fine, hanno quello che si meritano”. E quando cominciarono a circolare voci su un cancro alla prostata – smentite -, rispose in versi: “Vivrò ancora a lungo / sarò di titanio come prima / morirò, sapete / non portatemi rose”, che sono un emblema della Georgia. I funerali si faranno domenica 13 luglio. Shevarnadze sarà sepolto nel giardino della sua residenza, presso Tbilisi, accanto alla moglie Nanuli: “La sua scomparsa – aveva detto - è stata il momento più tragico della mia vita. Voglio riposare al suo fianco”. CHICAGO DI SANGUE Il Far West dell’Independence Day di Angela Vitaliano New York essanta feriti, 11 in maniera fatale: S questo il bollettino di un “normale” weekend di paura a Chicago, la città sempre più stretta nella morsa della delinquenza e delle “pistole impazzite”. Non basta il pugno di ferro di un sindaco come Rahm Emanuel, ex responsabile dello staff di Obama, a capo di una città che non sembra riuscire a scrollarsi di dosso tutti gli stereotipi che l’accompagnano: mafia, corruzione, sparatorie. pacatamente davanti al suo portico e di altri, coinvolti nella caccia seguita subito dopo. Qualcuno, vedendo gli elicotteri e i corpi speciali e i Suv blindati avrà davvero pensato a una visita a sorpresa del presidente. Fra le vittime, cinque in totale, cadute sotto i colpi esplosi dai poliziotti, in diverse circostanze, nel corso del lungo weekend di celebrazioni per il giorno dell’Indipendenza, anche due minorenni: 14 e 16 anni e due pistole di troppo che non hanno voluto consegnare, come ordinato dagli agenti. “Tutta colpa delle pistole – ha confer- MOLTI DEI NOMI SULLA LISTA nelle sue mani, infatti, sono di persone che non avrebbero dovuto, visti i precedenti, essere liberi di scorazzare in città, per di più armati. Se si pensa che nell’arco di 13 ore, tra il pomeriggio di domenica e la mattina di lunedì sono state uccise 4 persone e ferite 26, si capisce che la criticità della situazione è ormai insoste- Soccorsi a una delle vittime delle sparatorie di Chicago LaPresse NELLA SOLA NOTTE fra domenica e lunedi, nell’area sud, quella dove risiedevano gli Obama prima di trasferirsi a Washington e dove c’è ancora la loro casa, un conflitto a fuoco, durato per oltre dieci minuti ha comportato il ferimento di una coppia, del loro attentatore (colpito da altri due, intervenuti in difesa delle vittime), di un uomo che sedeva mato Garry McCarthy, il capo della polizia di Chicago, parlando alla stampa Troppe le pistole che arrivano e poche le punizioni che riusciamo a mettere a segno”. 60 FERITI, 11 MORTI Nel weekend dopo la festa nazionale Usa record di sparatorie nella città del presidente Obama, ormai fuori controllo nibile. “I poliziotti – spiega ancora McCarthy, con la voce rotta dall’emozione – non sono soliti sparare senza ragione, ma lo fanno quando devono proteggere se stessi o altri innocenti”. Proprio in vista dei “festeggiamenti”, occasione ideale per l’incremento della violenza, il dipartimento di polizia aveva predisposto un piano di controllo più massiccio con molte unità di agenti in più a vigilare le zone critiche. “Avevamo avuto tre giorni di fila in cui le cose avevano funzionato e poi dal sabato al lunedì, il crollo”. Ricordiamo che lo scorso febbraio la corte federale aveva dichiarato incostituzionale il divieto di vendita di armi e l’escalation di violenza è diventata immediatamente palese. Intanto, da ieri, il gruppo “anti armi” fondato e finanziato da Michael Bloomberg, ex sindaco di New York, si è messo all’opera per passare al vaglio tutti i candidati, repubblicani e democratici, delle prossime elezioni di “mezzo termine” di novembre: quelli che sostengono la National Rifle Association, diventeranno target da abbattere, non con i proiettili ma, questo è l’auspicio, con sonore sconfitte alle urne. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI SIRIA AL VIA DISTRUZIONE ARMI CHIMICHE I team militari e civili hanno iniziato a neutralizzare le armi chimiche siriane a bordo della nave Usa Cape Ray. L‘operazione avverrà in acque internazionali. Il 1° luglio la nave aveva effettuato il trasbordo dell’arsenale nel porto calabrese di Gioia Tauro. LaPresse KABUL GHANI VINCE LE PRESIDENZIALI L’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani Ahmadzai ha vinto il ballottaggio presidenziale delle elezioni del giugno con il 56,44% dei voti, davanti all’ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah con il 43,56%. I risultati sono ancora non ufficiali. Lo sfidante non riconosce il risultato. Ansa ULTRÀ ISRAELIANI TRA CURVE E RAID CONTRO I PALESTINESI IL 16ENNE MOHAMMED È STATO ARSO VIVO DA ALCUNI SUPPORTERS DEL BEITAR di Roberta Zunini I peggiori sospetti sono stati confermati: a bruciare vivo Mohammad Abu Khudair, il sedicenne palestinese di Gerusalemme Est (Territorio occupato secondo l’Onu) trovato morto la settimana scorsa in un bosco, sono stati alcuni estremisti di destra ebrei israeliani, nonché ultras del Beitar Jerusalem. Anche in Israele le curve degli stadi ospitano hooligan violenti e politicizzati. “Quelli” del Beitar però si sono sempre distinti per la loro anima nera, per l’odio nei confronti del diverso, dello straniero. Per il razzismo di cui vanno fieri, mostrato sugli spalti a partire dagli striscioni che agitano come fossero un estratto della Bibbia. L’ESATTO OPPOSTO dei fan dell’Hapoel Tel Aviv, la squadra nata dal sindacato dei lavoratori, di sinistra, che tuttora appartiene ai suoi tesserati e ha sempre ingaggiato calciatori di colore, arabo-israeliani e arabi, senza che un solo tifoso avanzasse la ben che minima critica improntata sulla nazionalità di origine degli atleti. Anzi sulla “razza”. Quando, lo scorso anno, anche Arcadi Gaydamak - il miliardario israelo-russo proprietario del Beitar - aveva espresso l’intenzione di fare lo stesso, cioè di acquistare due giocatori ceceni, Zaur Sadayev e Dzhabrail Kadiyev, i tifosi, durante il match contro il Bney Yehuda, avevano reagito intonando canti razzisti e islamofobici (dato che la maggior parte dei ceceni è di religione musulmana) ed esibito scritte incentrate sul mantenimento della “purezza etnica” del Beitar: “Beitar pura per sempre”, “Morte agli arabi”, “70 anni di principi”. La squadra nacque prima della fondazione di Israele dal movimento conservatore di Zeev Jabotinsky. Ma anche uomini politici di centro e di centro sinistra hanno il cuore che batte per il Beitar. Ehud Olmert, l’ex premier e sindaco di Gerusalemme condannato per corruzione, che aveva addirittura il suo palco personale allo stadio Teddy Kollel, l’anno scorso dichiarò: “Non assisterò più a una partita finché queste squadracce non Smartphone sospetto? Non entri negli Usa I PASSEGGERI DIRETTI negli Stati Uniti non potranno portare a bordo degli aerei il proprio cellulare a meno che non dimostrino che si accende e funziona correttamente. Lo ha annunciato la Transport Security Administration (Tsa), l’agenzia statunitense che si occupa della sicurezza negli aeroporti, per rispondere alla richiesta di maggiori controlli negli scali internazionali da parte di Washington, in un momento di crescenti minacce terroristiche. La Tsa ha fatto sapere che ai viaggiatori sarà chiesto di accendere ogni dispositivo elettronico prima dell’imbarco. Se saranno scarichi e non si potranno quindi accendere, dovranno essere lasciati a terra e i loro proprietari potranno essere sottoposti a ulteriori controlli. Nei giorni scorsi funzionari dei servizi segreti americani avevano dichiarato di temere che al-Qaeda potesse produrre esplosivi in grado di passare inosservati ai controlli aeroportuali. I responsabili della Tsa hanno spiegato che le nuove regole servono per evitare attacchi condotti con nuove tecnologie. All’interno di smartphone e tablet potrebbero essere nascoste cariche esplosive non rilevabili dagli scanner durante i controlli. Il governo degli Usa ha chiarito che si tratta di una precauzione aggiuntiva e non di una risposta a una specifica minaccia. 17 RICATTI & RISCATTI I terroristi libici preferiscono rapire gli italiani CONTINUANO LE TRATTATIVE PER VALLISA. LIBERATI GLI ALTRI DUE TECNICI BALCANICI SEQUESTRATI di Nancy Porsia arebbe stato un gruppo armato di Sabratha a sequeS strare in Libia il tecnico italiano Marco Vallisa e due suoi colleghi. Lo rivela al Fatto una fonte della città di Zuwara, dove i tre lavoratori della società italiana Piacentini Costruzioni S.p.a. sono spariti lo scorso sabato mattina. Vallisa resta sotto sequestro, mentre il bosniaco Petar Matic e il macedone Emilio Gafuri sono stati liberati. All’alba di ieri mattina, sarebbero stati spediti in taxi alle rispettive ambasciate a Tripoli. La fonte ha affermato che “Immediatamente dopo la notizia della scomparsa, le forze di sicurezza di Zuwara avrebbe fermato un uomo di nazionalità tunisina in possesso di un passamontagna, un kalashnikov e una pistola”. L’uomo, interrogato, avrebbe subito confessato di aver fatto da palo per conto di un commando armato della vicina città di Sabratha, 20 chilometri a est di Zuwara. Ma non è stato in grado di fornire ulteriori dettagli. L’ipotesi del sequestro ai fini di estorsione sarebbe la più accreditata. PROFEZIA Il vice-allenatore della squadra di Gerusalemme aveva detto l’anno scorso: “Oggi bruciano gli edifici, domani bruceranno la gente” verranno rimosse dal nostro campo o diventeremo loro complici”. Si riferiva soprattutto alla squadraccia che si autodefinisce “La Familia”, il gruppo più violento e razzista. Che l’8 febbraio del 2013 diede fuoco agli uffici del Beitar, incenerendo i trofei collezionati negli ultimi venti anni dal club. “La Familia” ama scagliarsi appena può contro i calciatori del Bnei Sakhnin perché arabo-israeliani, ossia i palestinesi che vivevano su quello che ora è il territorio israeliano e sono riusciti a rimanerci, ottenendo la cittadinanza, ma che si sono sempre sentiti cittadini di serie B e, da due giorni, dopo decenni di silenzio, sono scesi in piazza. MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 I funerali del ragazzo a Gerusalemme Est LaPresse “Immaginate cosa sarebbe potuto succedere se delle squadre in Inghilterra o in Germania avessero annunciato che un ebreo non avrebbe potuto fa parte della squadra. Noi, il popolo ebraico, che dovremmo condurre la battaglia contro il razzismo e il fascismo; noi, che siamo quelli che portano ancora le cicatrici di questi fenomeni e li porteremo sul nostro corpo per le generazioni a venire, non possiamo e non dobbiamo rimanere in silenzio”, dichiarò tempo fa il deputato del Likud, il partito conservatore di cui è leader il premier Netanyahu. Oggi Reuven Rivlin è il nuovo presidente di Israele e succederà a Shimon Perez. Entrambi hanno condannato l’orribile omicidio di Mohammad, ricordando anche le profetiche parole del vice allenatore dei Beitar, Jan Talesnichov: “Danno fuoco agli edifici, prima o poi bruceranno la gente”. C’è però chi non la pensa come lui. È il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, il falco segretario del partito ultranazionalista Israel Beitenu, che vive in una colonia e vorrebbe spedire nei Territori tutti gli arabo israeliani, anche lui fan del Beitar. Ieri ha rotto la partnership con il Likud perché il governo non ha ancora ordinato all’esercito di invadere Gaza a causa dei razzi che dalla Striscia stanno cadendo sulle cittadine del Negev. SONO DECINE DI MIGLIAIA le milizie armate attive nel paese nordafricano che, dalla deposizione del regime di Gheddafi con la rivoluzione del 2011, sono in costante ricerca di forme di autofinanziamento per irrobustire il proprio arsenale. Inoltre Sabratha, sito archeologico Unesco per le vestigia che conserva dell’Impero romaMarco Vallisa è stato rapito da no, è oggi considerata la rocmiliziani che operano nell’area caforte del movimento saladi Sabratha Ansa/LaPresse fita nella parte ovest della Libia. L’uccisione lo scorso gennaio di un cittadino britannico e una neozelandese su un tratto di costa della città ha alimentato i sospetti sulla presenza di gruppi fondamentalisti a Sabratha. Sicuramente il rilascio dei due colleghi del tecnico italiano è segno che ci sarebbero ampi margini di negoziazione con i sequestratori, al di là della loro stessa matrice. JIHAD AL FEMMINILE Spose in fuga e spose promesse di Valerio Cattano arruolato dai miliziani che combattono il regime di Assad. La vicenda è stata raccontata dal Daily Mail spiegando che le ragazze sono i sposo in nome del Jihad. La guerra degli estremisti islamici scappate di casa nella notte, prendendo un aereo per Istanbul, nel non è fatta solo di politica e azioni militari. Una delle preoc- tentativo di raggiungere la Siria dalla Turchia. In base alle prime cupazioni dei guerriglieri, è quello di trovare moglie; che siano con- indagini emerge che l’intenzione delle 16enni, definite come “estresenzienti, è un altro discorso. Per 63 ragazze nigeriane l’appun- mamente religiose”, è quello di offrirsi in spose ai soldati dell’Isis. tamento con le nozze è rimandato: sono riuscite a scappare. Le gio- Il capo della polizia di Manchester, Peter Fahy ha denunciato il vani donne facevano parte di quel gruppo di 71 che era stato rapito “lavaggio del cervello” fatto a ragazze e ragazzi inglesi che “stanno due settimane fa dagli estremisti di Boko Haram nel nord-est della tentando di entrare in Siria” per unirsi alla “guerra santa”. Sono Nigeria. Fonti della sicurezza hanno confermato che il gruppo si è circa 3.000 gli europei partiti per la Siria per combattere. dileguato approfittando del fatto che i miliziani In mezzo a tante storie drammatiche vi sono epierano impegnati in un combattimento con i solsodi da commedia: Robert Andrew Scott, nome dati governativi a Damboa. Nessuna notizia inmusulmano Jamaluddin Mustafa, è stato accusato vece delle 219 studentesse ancora nelle mani di dalla polizia malese di essersi sposato ben 12 volte, Boko Haram, rapite il 15 giugno in una scuola di sia in Europa che in Asia, e di aver rubato tutto alle Chibox, nello Stato di Borno. Per centinaia di ramogli. Mustafa, che si proclama un “combattente gazze portate via, spuntano casi sparuti di volonper la libertà” in realtà mira ai soldi delle sue spose. La polizia ha tracciato un profilo di Scott: un “matarie che partono persino dall’Europa per offrirsi come spose. È il caso di due gemelle inglesi di 16 nipolatore di emozioni” che convince le donne a anni che hanno lasciato Manchester per unirsi agli obbedirgli ciecamente in nome dell’Islam. Ma la Le studentesse rapite in Nigeria guerra di Mustafa sembra avere un solo motto: jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levanda Boko Haram LaPresse prendi i soldi e scappa. te in Siria (Isis). Un fratello maggiore era già stato T 18 il Fatto Quotidiano MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 OLIMPIADI INVERNALI 2022 CORSA A TRE: C’È ANCHE PECHINO LA FIFA “GRAZIA”CAMILO ZUNIGA THIAGO SILVA SALTA LA GERMANIA TOUR, SECONDA VITTORIA A KITTEL NIBALI MANTIENE LA MAGLIA GIALLA Il Cio ha ufficializzato la candidatura della kazaka Almaty, di Oslo e di Pechino (Cina) per l’organizzazione dei Giochi Invernali del 2022. La scelta sarà effettuata il 31 luglio 2015 La Fifa non ha punito il colombiano Camilo Zuniga per il fallo commesso su Neymar perché “il fallo non era sfuggito all’arbitro”. Stop di un turno invece per Thiago Silva SECONDO Il tedesco Marcel Kittel ha vinto la tappa londinese del Tour. Alle sue spalle Peter Sagan, seguito da Mark Renshaw. Nibali mantiene la gialla. Oggi si torna in Francia TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE La “Saetta bionda” corre in Paradiso È MORTO A 88 ANNI ALFREDO DI STEFANO, PRIMO GALÁCTICO DEL REAL MADRID P di Roberto Beccantini elé e Maradona sono stati il massimo. Alfredo Di Stefano è stato tutto. Direttore d’orchestra e orchestra. Tenore e coro. Il cuore, invidioso, ce l’ha portato via a 88 anni, presidente onorario di quel Real Madrid che aveva trasformato in una leggenda. La sua carriera non ha scortato il calcio: l’ha anticipato. Ancora oggi, si dice e si scrive: “Giocare alla Di Stefano”. E cioè: sequestrare il campo e occuparlo per quanto è lungo; essere difensori che attaccano e attaccanti che difendono; segnare, far segnare e non far segnare. AI SUOI TEMPI, spopolavano gli specialisti. Di Stefano diede una pedata ai luoghi comuni. C’era, in Italia, uno che giocava così: si chiamava Valentino Mazzola. Il destino scelse Superga per impedire che i due diventassero compagni di squadra nel Grande Torino. Fu proprio il River Plate di Di Stefano a onorarne la memoria. Era il 26 maggio 1949, ventidue giorni dopo la tragedia. Quando il River sbucò dagli spogliatoi del Comunale, si levò al cielo una toccante ovazione. L’incasso venne devoluto alle famiglie delle vittime. La partita, per la cro- TROFEO MANCANTE Cinque Coppe Campioni e due Palloni d’oro Ma tra infortuni, mancate qualificazioni e sanzioni, el alemánnon ha mai partecipato a un mondiale naca, finì 2-2, con un gol di quel tizio lì, un po’ stempiato e un po’ svitato. Alfredo Di Stefano. Nato il 4 luglio del 1926 a Buenos Aires, nel quartiere di Barracas, uno dei più popolari e spericolati della periferia porteña. Il padre, di origini italiane (Capri), aveva giocato nel River Plate e nel Boca Juniors, come dire: NAPOLI Romanista ferito Vendetta per Ciro? n tifoso romanista è stato accoltellato sabato sera U nel centro di Napoli. Il ragazzo 25enne che, secondo la Gazzetta dello Sport, si chiamerebbe Federico Sartucci. Stava rientrando a casa in vicolo Melofioccolo quando è stato pugnalato all’interno dell’androne del palazzo dove vive. Secondo le ricostruzioni dei giornali locali, l’aggressore gli avrebbe gridato: “Sporco romanista, te ne devi andare da Napoli” prima di colpirlo con un coltello al gluteo. Il tipo di taglio, oltre che le parole pronunciate prima dell’accoltellamento, fanno pensare a una vendetta per l’omicidio di Ciro Esposito. Sartucci si era trasferito nel capoluogo campano da appena una settimana per lavoro (è un cuoco dell’Hotel Romeo). Anche se incensurato, anni fa ha ricevuto un Daspo per avere partecipato a una rissa a sfondo calcistico. Non risulta iscritto a nessun gruppo ultrà della Curva Sud, ma è comunque un frequentatore assiduo dello Stadio Olimpico. Le condizioni di Sartucci non sono gravi: dall’ospedale Pellegrini dov’è stato medicato fanno sapere che se la dovrebbe cavare con una prognosi di dieci giorni. Nel frattempo è rientrato a Roma. Al.Sch. il diavolo e l’acqua santa. Della sua infanzia, Alfredo ricorda la fame. Una fame atavica e feroce che, non a caso, contribuirà a farne un mangiatore di schemi, un cannibale di avversari. Non sapere cosa avrebbe trovato per cena lo stimolava ad azzannare tutto quello che c’era nel piatto e ad agitarsi sull’erba. Primi calci in squadrette dai nomi guerrieri, Once y Venceremos, Imàan. Il papà tifava perché diventasse ingegnere agronomo. Sarà una delusione di cui non dovrà mai pentirsi. Già a 15 anni, il figlio eccelle nelle giovanili del River, la società della ricca borghesia. Il ruolo è subito indefinito e indefinibile: centravanti, sì, ma di movimento. E poi i soprannomi: el alemán, il tedesco, la saeta rubia, la freccia bionda. Sono i giornalisti a coniarli. Ogni tanto, ci prendono. Di Stefano comincia a guardarsi attorno. Batte cassa. Nulla lo sazia. Scoppia il finimondo. La federazione, terrorizzata dal lignaggio dei duellanti, si rifugia nel più vigliacco dei compromessi: una stagione al Real, un’altra al Barcellona. La Catalogna insorge: sente puzza di Franco. L’orgoglio ferito suggerisce al Barça l’errore più madornale: noi, uno che ha indossato la camiseta blanca, non lo vogliamo. Tenetevelo pure. E così, il 22 settembre del 1953, Di Stefano firma per il Real e cambia, in un colpo, non meno di quattro vite: la sua, quelle dei due club, l’esistenza stessa del calcio. Cosa sarebbe stato il Real senza Di Stefano, e Di Stefano senza il Real? La storia non si fa con i “se” e con i “ma”. Si fa, e basta. Di Stefano l’ha, addirittura, rifatta. Alfredo e il Real vincono e Alfredo Di Stefano, presidente onorario del Real Madrid, nel 2008 Ansa DEL TORINO ho detto. Viene a sapere che in Colombia un pool di ricchi possidenti ha creato una lega clandestina che offre fior di quattrini. La Fifa l’ha espulsa dalle competizioni, chiunque vi partecipi viene considerato fuori legge. Di Stefano se ne frega: pecunia non olet. Firma per i Millonarios di Bogotà, saranno tre stagioni di gloria e baldoria. Approfitta dei buchi del calendario per sposare Sara, una ragazza di Buenos Aires. Insieme, faranno sei figli. Il rischio di severe sanzioni convince Di Stefano a tornare sui suoi passi. Il River lo accoglierebbe a braccia aperte, ma c’è un problema: paga poco. Gli dèi non aspettavano che un pretesto. Eccolo. Improvvisa, scocca l’ora del Real. Succede che i Millonarios sfilino in passerella proprio a Madrid: e che Di Stefano, quel pomeriggio, lasci di sé tracce indelebili. Così indelebili che il presidentissimo Santiago Bernabeu sguinzaglia il suo braccio destro, Raimundo Saporta, e si accorda con i dirigenti colombiani. Si muovono anche da Barcellona: l’inviato del Barça, Pepe Samitier, ha la parola del River, legittimo proprietario del cartellino. Nel 1960 l’attaccante con le cinque Coppe Campioni conquistate Ansa rivincono tutto, in Spagna (otto campionati) e all’estero. Soprattutto all’estero. Nel 1955, battezzano la Coppa dei Campioni e si aggiudicano le prime cinque edizioni. Alfredo, beato lui, può contare su spalle come Kopa, Del Sol, Puskas, Gento. Ognuno ha un compito: lui li somma. Uomo-squadra nell’accezione letterale del termine. Uomo ovunque. Se lo marchi con uno stopper, arretra a centrocampo. Se gli dedichi un mediano, fa il centravanti. La televisione, al debutto, si apre alle sue folate, alle sue magie. Per inquadrare la palla è sufficiente zoomare sulla sua faccia: tanto, ce l’ha sempre lui. Edmondo Berselli, ne Il più mancino dei tiri, riporta una frase di Adolfo Pedernera, suo maestro al River: “Ragazzo, di questo gioco campiamo tutti: vedi di darti una regolata”. Serve altro? DI STEFANO non può che ar- rendersi alla vecchiaia: ha 38 anni quando, al Prater di Vienna, disputa l’ultima finale di Coppa dei Campioni inchinandosi all’Inter di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, e Helenio Herrera, “nemico” giurato e ammiratore fervente. La sorte lo porta a raccogliere gli ultimi spiccioli in quella Barcellona che lo aveva rifiutato all’inizio della saga. Alfredo chiude nell’Espanyol, a 40 anni. Riprenderà a vincere da allenatore, al Boca, al River, al Valencia (una Coppa delle Coppe). Sarà anche tecnico del Real, prima di diventarne presidente onorario. Quando ancora giocava, durante una tournée in Venezuela, fu rapito e tenuto prigioniero per due giorni da un gruppo rivoluzionario anti-franchista. Motivo: far parlare di sé attraverso il sequestro di un simbolo (del “realismo” e, per la proprietà transitiva ma involontaria, del franchismo). Due Palloni d’oro (pochi) e l’unico Superpallone assegnato da France Football. Alfredo Di Stefano vanta un record singolare. Si è arrampicato in cima al mondo senza aver mai masticato nemmeno una briciola di Mondiali: nel 1950, era in Colombia, wanted dalla Fifa; nel 1954, non vi prese parte l’Argentina, eliminata nelle qualificazioni; nel 1958, dopo l’ennesimo salto, mancava la Spagna; e nel 1962, in Cile, c’era la Spagna ma “mancava” lui, infortunato. Nel giardino di casa, a Madrid, spicca un monumento bronzeo che riproduce un pallone di cuoio. Alla base, non più di due parole: “Gracias vieja”. Grazie vecchia. Con Alfredo Di Stefano se ne va il campione che tutti avrebbero voluto essere e che solo lui è stato. Il più completo. O, per usare l’etichetta sdoganata dagli olandesi all’alba degli anni Settanta, il più totale. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 19 La prima semifinale, i soliti vecchi sospetti OGGI IL BRASILE PADRONE DI CASA AFFRONTA LA GERMANIA POSSIBILE CHE I VERDEORO NON VADANO ALMENO IN FINALE? di Oliviero Beha P rendiamo la Giustizia che regge i due piatti, quella famosa di Giotto magari aggiornandola in una Wag (sapete, le fidanzate o fans d’occasione che gironzolano per stadi e ritiri in Brasile). Su un piatto c’è la necessità che il Brasile vada in finale e poi vinca la Coppa, sull’altro c’è l’incertezza, la credibilità dell’Evento, i valori oggettivi di squadra. Sul primo piatto c’è tutto un popolo e soprattutto un governo che si è svenato di soldi pubblici assai discutibilmente, e magari la Fifa che con questo governo ha negoziato qualunque cosa uscendone arricchita “a mano armata”. E poi, per la semifinale di stasera contro la Germania, c’è la designazione di un arbitro come Rodriguez Moreno, un messicano solo omonimo del truffatore ecuadoregno del 2002, già dimostratosi incerto in Italia-Uruguay, severo nell’espellere Marchisio, distratto sull’abbuffata di Suarez. UN ARBITRO pro Brasile di partenza, dunque? Mah, in fondo come qualunque altro se vogliamo. Nella partita incriminata si pensa davvero che fosse stato programmato “contro” l’Italia? Francamente non m’è parso, poteva tranquillamente accadere il contrario. E se fosse stato programmato, da chi e perché ?Per far uscire subito l’eroica combriccola di Prandelli (che ci ha pensato da sola)? Improprio. Resta certamente l’incognita di una fischiatina prevedibile contro i tedeschi, se vale il discorso iniziale. Ma “quanto” fischiatina? Addirittura un rigore come quello inventato nel vernissage anti-Croazia dal “terminale” giap- MODE E MODI ponese? Non credo, casomai per favorire il Brasile si manda un arbitro davvero bravo, catechizzato a dovere, che sappia interpretare il modo di stare in campo senza farsene accorgere a favore dei padroni di casa. I tedeschi corrono troppo? Allora si fischia spesso, e tutto. E si rallentano le trame. I brasiliani soffrono in difesa? Ci sono apposta i falli di confusione ecc. ecc. Non è il povero Moreno a farla da star in questi imbrogli. Sbaglierà, magari, ma sbaglierà nello sbagliare... Sul piatto della Germania retto sempre dalla Wag che immagino non bionda ma corvina e formosa il giusto senza aiutini botulinici, c’è una squadra all’apparenza mediamente più forte, senz’altro meglio disposta a coprire ogni zona di campo del Brasile di oggi, orfano di Neymar. Certo, ha tutto Belo Horizonte nello stadio contro, PER IL BRASILE è il minimo, e infatti adesso hic Rhodus hic Neuer hic salta, il problema è la semifinale. Ma se vince stasera, si riproporrà pari pari lo stesso discorso per la finale (giustizia, arbitri e circostanze eventualmente favorevoli impacchettate in una confezione regalo), contro chiunque la giochi. Se sarà soltanto vicecampione, tutti a ridere e forse la simpaticona Dilma che si tiene in casa Cesare Battisti non verrà rieletta in autunno. Quindi la cosa è leggermente più complessa di come la si pone, fidatevi, parola d’esperto. Tutti i Mondiali si possono truccare, e forse tutti i Mondiali poco o tanto sono stati truccati. Ma bisognerebbe capire e sapere come. Prendete di nuovo le nefandezze di Byron Moreno. L’Italia del Trap e di Vieri diede una bella mano al Moreno per farci sbattere fuori da uno dei due padroni di casa, la Corea del Sud-il Giappone essendo già fuori. Ma erano solo gli ottavi. E non sarebbe servito a niente l’eventuale o reale “aiutino” se nei quarti la Corea fosse stata eliminata per il discorso che avete letto qualche riga fa. E difatti, difatti: una terna impresentabile capitanata da un egiziano fece fuori vergognosamente la Spagna del mio idolo imberbe Joaquin (allora sì che era un Jair…) perché “la Corea doveva arrivare in semifinale”. Quod erat demostrandum, come dicono i brasiliani… www.olivierobeha.it BELO HORIZONTE Arbitra Rodriguez Moreno, lo stesso di ItaliaUruguay. Tradizione (e malignità) vogliono che il Paese ospitante approdi all’ultimo scontro di Emiliano Liuzzi uando è in forma, per contenere la penna di Aldo Grasso non bastano tutti i catenacci del mondo. Nemmeno un Claudio Gentile in forma Mundial. Questa volta il critico tv del Corriere della sera se la prende col signor Cesare Prandelli, l’uomo che prima di salire sull’aereo di ritorno dal Brasile godeva di una stampa talmente sorridente che nemmeno Matteo Renzi. Grasso, tra i pochi, si era astenuto nel disegnare quel Ct con capacità di salvare la Patria. Domenica ha finalmente dato libero sfogo a quello che pensa oggi e, probabilmente, pensava prima. “La nave stava ancora affondando”, scrive Grasso, “e il primo a scendere è stato il comandante. Cesare Prandelli ricorda qualcuno. L’ex ct della Nazionale se n’è andato, insalutato ospite, con un contratto plurimilionario con il Galatasaray. Nemmeno il tempo di elaborare il lutto”. Ragionamento ineccepibile. Prandelli ce l’avrà messa anche tutta, ma è carente di buon gusto. Non avranno gradito quelli che nel giornale di Grasso hanno sempre esaltato Prandelli, a partire da altri Aldo – Cazzullo, per citarne uno – il primo a riporre nel Ct fiducia e rispetto in genere elargiti a un inquilino del Quirinale. O di palazzo Chigi, appunto. CAMPIONI FANTASMA Quel “tedesco” più forte di Pelè di Fabrizio d’Esposito veva gli occhi verdi ed era mulatto. La titanica A semifinale di stasera tra Bra- sile e Germania (ore 22 italiane a Belo Horizonte) rimanda anche ad Arthur Friedenreich, nome perlopiù sconosciuto alle masse calcistiche del pianeta. Nato a San Paolo il 18 luglio del 1892, questo brasiliano dal cognome teutonico è stato un attaccante leggendario, al punto da insidiare a Pelè il record di gol segnati. Ma sui dati non c’è una certezza assoluta. Per alcuni, Friedenreich sarebbe stato il miglior goleador del Brasile con 1.329 reti. Per altri invece, sarebbe il secondo con 1.230 a fronte dei 1.280 di O Rei. CENT’ANNI FA, Friedenreich ma gli “uomini tedeschi” sono abituati alle circostanze strabelliche. In più sui due piatti c’è la stessa statistica rovesciabile come una clessidra: nel Centro/Sudamerica non ha mai vinto un’europea, idem al contrario. Sul piatto del Brasile pesa questa tradizione, su quello della Germania pesa l’idea che le tradizioni e le statistiche prima o poi si spappolano. Lasciamo la mia meravigliosa Wag e ve- Eppure era Cesare, ora manco Prandelli Q niamo a noi. Anche per truccare i Mondiali bisogna saperci fare, come in tutto. Intanto, è legge non scritta che ai limiti di uno straccio d’attendibilità il Paese ospitante deve riuscire a salvare la faccia e arrivare in fondo, che non vuol dire vincere bensì finire alle semifinali. ALLE 22 Stasera va in onda su Rai e Sky la prima semifinale tra Brasile e Germania Ansa fu nella formazione della prima partita ufficiale della nazionale verdeoro: il 27 luglio 1914 contro la selezione inglese dell’Exeter City, a Rio de Janeiro. Non segnò e finì la partita con due denti fratturati. Il papà di Arthur si chiamava Oscar ed era un ricco commerciante tedesco emigrato in Brasile. Oscar Friedenreich ebbe una relazione occasionale con Matilde, lavandaia figlia di schiavi africani, e nacque Arthur, che proprio grazie al padre iniziò a giocare nel Germania, inteso come club della comunità tedesca di San Paolo. Per il colore della sua pelle non fu facile inserirsi nel cal- cio dell’epoca. In campo si guadagnò il soprannome di El Tigre e un suo gol decise la storica finale della Copa America del 1919, il primo trofeo vinto dal Brasile. Contro c’era l’Uruguay e la partita fu lunghissima, la più lunga mai disputata. I novanta minuti regolamentari, poi due tempi supplementari, altri due tempi supplementari ancora. Totale 150 minuti. Le squadre erano sfinite e a risolvere fu una rete di Friedenreich. Chi l’ha visto giocare, ha raccontato che El Tigre danzava con una grazia inimitabile, aveva un dribbling formidabile ed era destro. Il fútbol bailado nacque con lui e il grande Eduardo Galeano ha cesellato così l’evento: “Da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti, come non ne hanno le montagne di Rio, né gli edifici di Oscar Niemeyer”. Da giocatore di successo, Friedenreich divenne famoso anche per la vita da dandy nei cabaret, tra cognac e sigari. Il suo grande cruccio fu l’esclusione dalla nazionale per i primi mondiali della storia, quelli del 1930 in Uruguay. Ma non per motivi di razzismo. La federazione di San Paolo era in guerra con quella di Rio (i carioca) e i paulisti non vennero convocati. Friedenreich giocò fino al 1935. Smise a quarantatré anni. È morto il 6 settembre del 1969 ma era già stato dimenticato da decenni. WIMBLEDON L’estetica secondo Federer di Andrea Scanzi on senza una sua logica, lo sportivo N che ha barattato tutto per la vittoria è tornato definitivamente indimenticabile in una sconfitta. Peraltro dolorosissima, perché coincisa con il treno (l’ultimo?) per conquistare il 18esimo Slam. Un treno perso nel giardino che più ama, al termine di cinque set (6-7 6-4 7-6 5-7 6-4) e quattro ore giocate a un livello impossibile per chiunque altro. Chiunque tranne lui, Roger Federer, 33 anni ad agosto. E tranne Novak Djokovic, che lo ha battuto. Spettacolo puro. DA RAGAZZO Federer era uno scapigliato, si ossigenava i capelli e spaccava racchette. Poi, scientemente, la metamorfosi: da folle a robot, da Villeneuve a Prost. Un calcolatore di smisurato talento, così algidamente perfetto da ricordare un disco suonato splendidamente – magari dai Pink Floyd senza né Barrett né Waters – ma esangue. Bello senz’anima, da rivoluzionario mediamente lunatico a dittatore garbatamente efferato. Un collezionista di record, con frotte di appassionati pronti a garantire che “Re Roger è il tennis” e guai a contraddirli. Per anni interminabili ha giocato e vinto da solo, in una dittatura ricca di esercizi di stile e avara di re del tempo e chiesto aiuto a Stefan Edberg, avversari realmente credibili. La sua kryp- il divino frainteso da Galeazzi per “tacchino tonite, la prima e la più tremenda, è stata freddo”. Domenica, sugli spalti, si è riproRafael Nadal. Il granello di sabbia che in- posta la stessa finale che caratterizzò Wimceppa il cyborg. Trovatosi dinnanzi all’eter- bledon tra 1988 e 1990: da una parte Stefan e no bivio se restare fedeli a se stessi – fino al dall’altra Becker, oggi allenatore di Djokopunto da implodere – o scendere a patti con vic. È finita come nell’89, però con più mala razionalità, Roger ha legittimagia. Forse, per tattica e per mente preso la strada opposta a osmosi, Edberg gli ha conquella di Gilles. Si è così assuefatto sigliato di tornare semplial trionfo da frignare quando gli cemente splendido: di ancapitava di perdere, per esempio dare più volte a rete, di non dopo la finale agli Australian Open specchiarsi come uno Steve Vai smanettone della rac2009; indossò il broncio dei bambini e per poco non portò via il palchetta. Roger lo ha fatto, regalando un tennis a tratti irlone, anzi le palline. Narciso del gesto bianco e goreale e costringendo Djoloso del domikovic a una prestazione fornio, così anacrose anche per lui irripetibile. Il quarto L’ULTIMO SLAM nistico da risulset di domenica andrebbe mostrato tare modernissinelle scuole come saggio di estetica. Djokovic ha vinto, mo. Dopo la deÈ stato uno dei Federer più belli di fenestrazione, sempre, ed è un giusto contrappasma solo al termine per mano di ex so – per un ex dittatore come lui – di 5 set e 4 ore giocate sudditi molto che un tale scintillio abbia avuto per meno eleganti di premio una sconfitta. Se è questo il a un livello impossibile lui, Federer – Roger del futuro, lunga vita a Roger. nuovamente per chiunque altro. Il Re è Non più Re, ma neanche patriarca umano – ha ralstizzito. Casomai Don Chisciotte, in diventato Don Chisciotte cerca degli ultimi mulini da vento. lentato lo scorre- 20 SECONDO TEMPO MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano LE PIÙ DIFFUSE Le più importanti in Europa per numero di iscritti sono: Meetic (42 milioni), Be2 (quasi 38 milioni), edarling (13 milioni, di cui 230 mila in Italia), One date (10 milioni) e Parship (9,5 milioni) Ansa CYBERSEX Chat, trappole per single MIGLIAIA DI PERSONE CERCANO RELAZIONI (O AVVENTURE) SU INTERNET. MA LA POLIZIA AVVERTE: “TRUFFE IN AUMENTO” di Chiara Daina ulle chat online per cuori solitari, S una miriade, puoi ordinare il partner come si fa con una pizza. Tu che lo cerchi, invece, ti presenti come un prodotto con l’etichetta al supermercato (luogo di residenza, età, altezza, colore capelli, corporatura, lavoro, reddito, hobby, abbigliamento preferito, eccetera). Spesso oltre lo schermo del computer si nascondono sorprese di cattivo gusto, per esempio lui è sposato e non single come dice di essere. Ma anche truffe vere e proprie. Il copione è quasi sempre identico: c’è un uomo che invita una donna, il più delle volte minorenne, a fare uno striptease o a masturbarsi davanti a una webcam. A metà del filmato scatta il ricatto da parte dell’utente: o la vittima sgancia dei soldi (dai cento euro in su) tramite circuito Western Union o il video verrà diffuso su YouTube e social network, rovinando la sua reputazione. Ovviamente l’adescatore ha già ottenuto l’amicizia su Facebook di alcuni contatti della ragazza per non darle scam- po (si tratta della cosiddetta “truffa alla nigeriana”). A fare un bilancio delle estorsioni a sfondo erotico è il vice questore della Polizia postale, Alessandra Belardini: “Tra il primo gennaio 2013 e il 30 aprile 2014 abbiamo ricevuto 11 denunce dalla Sicilia, otto dal Friuli Venezia Giulia, 55 dall’Emilia Romagna. Il problema – insiste Belardini – è che molte persone per paura e vergogna non denunciano, quindi c’è molto sommerso”. LA CONVERSAZIONE via chat dura una decina di minuti e il trucchetto più utilizzato è presentarsi con sembianze femminili. I profili falsi con foto di donne avvenenti sono la prima esca. “Spesso dietro ci sono uomini stranieri”, continua il vice-questore, che cita un esempio: “Dalle segnalazioni ricevute dall’Emilia Romagna siamo risaliti a una gang criminale della Costa d’Avorio”. Secondo l’indagine della polizia postale, la piattaforma più utilizzata dagli adescatori è Facebook e tra i siti sotto accusa c’è Chatroulette.com. Se ci siete cascati e siete finiti preda di un imbro- È Whatsapp l’app più usata glio simile segnalate il caso IL RICATTO alle autorità tramite il sito web www.commissariatoLa vittima viene dips.it, attivo 24 ore al giorno, e formalizzate la denunconvinta a spogliarsi cia al commissariato di podavanti alla webcam lizia più vicino a voi. L’ultimo caso, di una settimana fa, A metà del video arriva arriva da Treviso. Un’imprenditrice locale di 45 anni la minaccia: “Cento è stata raggirata dal suo coreuro o lo diffondo” teggiatore, un finto soldato americano, per 123 mila euro, con la scusa di tirare fuori dai guai un’amica giornalista diretta in Dammi sesso (più di 500 mila), Senza Italia dal Ghana che portava con sé i pudore (più di 50 mila). Le chat posdiamanti regalati dal militare alla don- sono essere gratis o a pagamento (Meena come pegno d’amore. C’è un sotto- tic, ad esempio, costa 6,49 euro al mese bosco infinito di siti web per incontri se si acquista un semestre, 9,99 per tre tra single. Le più importanti in Europa mesi e 14,99 per un mese). per numero di iscritti sono: Meetic (42 milioni), Be2 (quasi 38 milioni), edar- QUESTO IL RACCONTO di come funling (13 milioni, di cui 230 mila in Ita- ziona Parship. Per inserire il profilo e lia), One date (10 milioni), Parship (9,5 cercare l’anima gemella bisogna supemilioni), C-date (2 milioni, esplicita- rare cinque livelli per 50 domande (timente per rapporti sessuali), Zoosk (ol- po: come reagisci se nel pieno della nottre un milione). Di dimensioni ridotte te un amico del tuo vicino suona al tuo quelle con il nome più esplicito, come campanello?). Una volta terminato il AUDIWEB pubblica per la prima volta una ricerca sugli stili di navigazione che integra anche i dati di connessione mobile. Il dato più interessante è che per orientarsi sul web gli italiani Grindr e l’amore gay Con un occhio all’Hiv di Chiara Ingrosso i cerco, mi piaci, ti scrivo, ti incontro. QueT sto è il principio che sta alla base delle app per incontri come Grindr, che però ha una particolarità, quella di rivolgersi alla comunità omosessuale. Ormai diffusa in 192 Paesi, Grindr è utilizzabile tramite un dispositivo mobile dotato di Gps. Basta scaricare l’app e creare un account, inserire una foto e una descrizione. A questo punto il gioco è fatto. L’app fornisce un elenco degli utenti connessi che si trovano nelle vicinanze. A quale scopo? Sesso qui e ora, ma non solo. E soprattutto, non necessariamente. Si può indicare la ricerca di un’amicizia, di una relazione sentimentale o di un cordiale rapporto via web. Ma Grindr, come altri siti di larga diffusione negli ambienti gayfriendly, ad esempio il conosciutissimo GayRomeo.com, fa parlare di sé anche per i suoi aspetti controversi, legati al de- di Andrea Scanzi ori Ghezzi, Presidente OnoD raria della PMI (Produttori Musicali Indipendenti), ha fatto licato tema della prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili, primo tra tutti il virus dell’Hiv. “In Italia esiste un sorveglianza nazionale delle diagnosi di infezione da Hiv, che raccoglie i dati trasmessi dai singoli istituti sanitari. Ma non è detto che ciò avvenga con la massima precisione”, racconta al Fatto il segretario nazionale dell’Arcigay, Michele Breveglieri. Tra il 2010 e il 2013, i dati nazionali parlano di un incremento delle diagnosi nei rapporti tra omosessuali, mentre si registra un calo nelle altre sottopopolazioni, come quella eterosessuale. “È ovvio che queste tecnologie, moltiplicando le possibilità di incontro, aumentano anche il rischio di contagio – continua Breveglieri – ma si tratta di una chiara questione di proporzioni”. Quello che conta, insomma, è la preferiscono lo smartphone: 7,4 milioni di utenti contro i 5,2 di chi accede solo da desktop (il numero complessivo di utenti internet è di 25 milioni). Tra le tabelle c’è anche quella con la le 4 di notte dalla rabbia: “Troppi attacchi al decreto Franceschini”. Quello che garantisce il diritto d’autore anche sui contenuti digitali copiati o registrati su apparecchi elettronici. “Sono attacchi politici, ma qui la politica non c’entra. L’Italia era l’unico paese civile che non aveva regolamentato questo aspetto”. Quattro euro su tivù, 5.20 per un computer, 9 per una pendrive: nuove “tasse”? “Sono le aliquote più basse d’Europa, ovunque all’8% e in Germania al 30%. In Italia si fermano al 4%”. Sembra un decreto scritto dalla Siae. “Il presidente Gino Paoli lo condivide interamente e stimo molto Franceschini: è il primo ministro che ha avuto il coraggio LaPresse di metterci la firma. E ora si occuperà di Google e YouTube”. ALLA SIAE arriveranno più di 150 milioni di euro l’anno. “I dischi non si vendono classifica delle app più usate. Com’era prevedibile in testa c’è WhatsApp (13,8 milioni) seguita di misura da Facebook (13,6 milioni). Poi tanti servizi Google: Google (Play, Search, prevenzione, che non può prescindere dall’informazione. “In Italia è un tabù parlare pubblicamente di sesso omosessuale e ad oggi non ho visto ancora investimenti destinati a questo campo della sanità pubblica”, spiega il segretario. Lo spauracchio dell’Aids, secondo l’Arcigay, è stato spesso strumentalizzato per connotare negativamente i rapporti omosessuali e l’associazione ci tiene a sottolineare come diritti civili e prevenzione sanitaria siano temi che, paradossalmente, si muovono su binari separati e a velocità diverse. Ma c’è l’altro lato della medaglia. Disporre di una tecnologia come quella di Grindr è un’opportunità per oltrepassare le barriere sociali e culturali. App e siti di incontri specializzati rispondono al bisogno ancestrale di ri- COPIA PRIVATA Dori Ghezzi difende il decreto “I cd non si vendono, artisti da tutelare” più. Finora un artista lavorava e non aveva stipendio. Non solo: altri guadagnavano al suo posto, per esempio le multinazionali che producono smartphone e tablet. Prima era facile: c’erano i dischi, il giradischi e basta. Oggi l’artista deve avere qualcosa anche da chi sfrutta la sua arte. L’iPod lo compri per ascoltare musica, il cd vergine lo compri per metterci musica. Non c’è nulla di ingiusto nel prendere una parte del loro venduto, è una cosa naturale”. Così però aumenteranno costi di iPod e tablet. “Non è colpa della Siae ma delle multinazionali, che fornivano gratis opere che costano tantissimo agli artisti. Non c’erano altre strade”. questionario, compare una lista di 64 uomini con potenziale feeling a disposizione. In meno di un minuto in tre hanno già raggiunto la chat. Anche se la ragazza non ha neanche caricato la foto, loro sono interessatissimi. Basta una parolina come “Ciao, piacere sono Roberta” a fare esplodere la scintilla. Robe dell’altro mondo in questo mondo. Tante le storie con lieto fine. Ma sempre più credibili le app radar per smartphone che geolocalizzano i single nel raggio di 160 chilometri, come Lovoo e Singles around me. YouTube, Mail, Maps e Chrome). Grande sorpresa tra i social: al secondo posto (dietro Facebook) c’è Google+ con 6 milioni di utenti unici. Terzo posto per Instagram, poi Twitter. conoscersi e relazionarsi senza il rischio di imbattersi in un rifiuto e in uno “smascheramento” dell’identità sessuale. Fenomeni che spesso determinano quella che Breveglieri chiama “omofobia interiorizzata”, il rifiuto, il disprezzo e il tormento per i propri gusti sessuali. “È un rischio da non sottovalutare – ammonisce il segretario – poiché a volte, per emergere da una sorta di autocensura, si ricorre all’uso di sostanze che disinibiscono, come stupefacenti e alcol”. Non dimentichiamoci, però, del motore che muove tutte le cose, l’amore. È grazie a Grindr che Giulio, un ragazzo in erasmus a Madrid ha incontrato Pablo, quello che ormai da un anno e mezzo è l’altra sua metà della luna. “Ho scelto di chattare con lui perché aveva una foto che non ritraeva se stesso. Mi sembrava un buon motivo per tentare un approccio più profondo”, racconta il ragazzo. Dopo qualche settimana di flirt virtuale, i due hanno deciso di incontrarsi e mettere alla prova della realtà il loro feeling. Ma non senza timori. “Quando l’ho visto salire le scale del mio appartamento, ho pensato subito che fosse alto, forse troppo per me. Ma poi i suoi occhi mi hanno confermato che non ci saremo detti addio facilmente”, dice Giulio con l’entusiasmo di chi è finalmente felice. BELLO essere buttata giù dal letto alle 6 x i controlli #antidoping... che sonnooooo!!! Tania Cagnotto IN AMORE dice che vince chi fugge. Ammazza quanto coriiii. Giovanni Veronesi (DITEMI per favore che nn é vero) Il brasiliano Lula, che non ha estradato cesare battisti, sará testimonial dell’expo Ana Laura Ribas IN VISITA dalla mia amica Alessia P. Love this shirt! Elisabetta Canalis SU UN punto #oldmedia erano superiori #newmedia non tutti si sentivano sempre in obbligo di essere spiritosini, carini, cute, saperla lunga Gianni Riotta IN VACANZA andrò nella casetta ad alta umidità degli azzurri a Coverciano. Piero Chiambretti SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano BARBARA PALOMBELLI MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 21 durante la trasmissione “Forum” Ansa SKY ARTE IL PEGGIO DELLA DIRETTA La vita dura (e breve) di un nano famoso di Patrizia Simonetti arwick Davis è per sua stessa W definizione “il nano più famoso del Regno Unito”. Fa l’attore (Willow, Harry Potter e in Guerre Stellari c’era lui nel peloso costume dell’Ewok Wicket) ma è un po’ che non lavora. Inoltre sta divorziando da Sue e non sa perché visto che ha “sempre dato il meglio in camera da letto e più volte a settimana”, è divorato dalle tasse anche grazie al suo inetto commercialista che non trova manco il tasto del percento sulla calcolatrice e nessuno contatta la sua agenzia di casting per nani il cui slogan è “ne ho di tutti i tipi”, lo conferma pure la stralunata segretaria Cheryl che, pensa e ripensa, conclude che magari potrebbero aggrapparsi a una pertica e pulire i camini. ECCOLO QUINDI a promuoversi in Life’s Too Short, ironica e dissacrante serie britannica trasmessa nel 2011 dalla Bbc che arriva stasera su Sky Arte dove interpreta se stesso così come gli autori Stephen Merchant e Ricky Gervais che la definisce “una commedia naturalista sulle nostre fobie e sui tabù sociali”. Lo stile è quello del finto documentario di The Office e la scusa per Davis è mostrare alla gente “un nano sofisticato che vive in città e ha la sua dignità” spie- ga mentre apre lo sportello del Suv e caracolla sul brecciolino, dandosi la fatidica zappa sui piedi. Proprio come nelle ripetute visite non gradite a Gervais e Merchant che hanno pure alzato il citofono ma lui si fa aiutare dai passanti, dove incontra uno Shaun Williamson (Extras) declassato a tuttofare e un depresso Liam Neeson convinto di essere “un tipo divertente”. E anche alla convention di fantascienza dove prima vende autografi e gadgets con la sua immagine per 25 sterline e le vuole anche da Michael che è malato di cancro perché, ribatte alla madre “chiunque può venire da me a dirmi che ha un tumore”, poi si fa intervistare da un giornalista che lo fa salire su una sedia sennò “non si vede che è un nano” e infine ingaggiare per un matrimonio a tema Star Wars, ma non porta il costume dell’Ewok e lo infilano in un grosso orso di peluche d’annata. Accetta persino di fare il nano-guida per Johnny Depp che deve interpretarne uno per Tim Burton, ma quello lo fa ballare a suon di flauto e poi fingere di morire fulminato osservando che “grida come un piccolo strano corvo abbandonato dalla madre con le zampette che gli cedono”. A strapazzarlo ci pensano pure Helena Bonham Carter e Sting che miete vittime alle cene di beneficenza con i suoi preziosi quanto letali strumenti medievali. Barbara e il suo pubblico: figuranti liberati dal silenzio di Fulvio Abbate l pubblico di Forum ama la sua BarI bara, nel senso di Palombelli. C’è modo di intuirlo perfino da casa. Tra le mie ossessioni televisive, accompagnate da un senso compassionevole che sfiora il sogno di una possibile rivolta dei poveri convocati, campeggia l’esistenza del pubblico deportato lì in studio. Talvolta muto: puro umano arredo di sfondo, quasi a voler dimostrare l’incarnazione d’ogni format nello spettacolo del mondo, altre volte, com’è il caso di Forum, Canale 5, sotto la benevola supervisione di Barbara Palombelli. Mi riferisco a un pubblico attivo: parlante, vociante, indignato, scettico, a un pubblico narrante i propri sogni, meglio, i propri cazzi. Talvolta amarissimi. Dunque, per una volta almeno, pronto a interrompere la sensazione corrente d’essere venuto al mondo del collocamento dello spettacolo per subire ogni genere di solfa altrui. Fra l’altro, il dogma secondo il quale il pubblico ne possa sapere assai meno di un Pippo Baudo è assolu- tamente arbitrario, come dimostrano certe smorfie, certi tratti di insofferenza che talvolta c’è modo di cogliere tra i proscritti. A nulla varranno le raccomandazioni, le cazziate dei gruppisti che poco prima di entrare in studio invitano a non sbadigliare, non ridere e applaudire al momento opportuno, di non mostrarsi appunto scazzati. IL MIRACOLO compiuto da Barbara Palombelli sotto la volta celeste del suo tribunale-tavernetta, mostra invece un’altra realtà, che sembra liberare il pubblico, i figuranti dal giogo della subalternità. Ciò non toglie che il pubblico di Forum possa talvolta sprofondare nel luogocomunismo, nella banalità, nel già sentito, nell’insopportabile buon senso familiare che sa di pentolino con uovo sul fuoco e di visita fresca all’Amplifon. Nello specifico, coloro che pendono dalle labbra di Barbara nostra rispondono alle regole dei distinti stessi. La figurante donna rimanda a un genere di pensionata insofferente, dotata di una vivacità che in assenza di una scrittura Gli ascolti di domenica UNA SECONDA VITA Spettatori 3 mln Share 15,7% PAPERISSIMA SPRINT Spettatori 2,8 mln Share 16,1% televisiva avrebbe come unico sfogatoio il banco del fruttarolo sotto casa: “Po’ esse’ mai che ‘ste pesche vengheno 18 euri ar chilo?”. Quanto invece all’uomo, non meno pensionato, questi suggerisce un sincero amore per le canzoni di Charles Aznavour, come certi zii armati di pipa, le basette brizzolate curate dal barbiere “Joseph”, la bottiglia di “Chivas Regal” nel suo cofanetto “riserva extra-lusso”, l’amante, ossigenata, in abito lungo verde, la moglie al mare per le ristrutturazioni, il cognato omosessuale con cardigan e borsello con le sue afflizioni d’amore. Le giacche color crema dei maestri dell’orchestra: “Balliamo questo lento?” “Sì, balliamo”. C’è perfino da immaginarli in gita in pullman alla fine della stagione della messa in onda, con la Palombelli al microfono che intona per tutti la battistiana Canzone del sole: “Oh mare nero, mare nero, mare ne’… “Che dichi, Barbare’, che se rifa’ l’anno venturo ‘sta nostra bella trasmisione, eh, che dichi?” www.teledurruti.it TECHETECHE TÈ Spettatori 2,9 mln Share 16,4% LINEA VERDE ESTATE 2° P. Spettatori 2,9 mln Share 22,1% 22 SECONDO TEMPO MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano NOI E LORO LA RIFORMA/2 Processo penale: chiacchiere inutili di Bruno Tinti D opo le riforme del processo civile (articolo del 6 luglio), ci sono quelle del processo penale. Renzi, o chi per lui, non lo sa ma una riforma della giustizia penale non può che essere “di sistema”. Accelerare il processo penale (punto 9) significa modificare sia il codice penale che quello di procedura penale. Perché solo così si può ridurre lo spaventoso numero di processi che ogni anno arrivano alle Procure e da qui ai Tribunali, alle Corti d’Appello e in Cassazione. Sono tre milioni. In Gran Bretagna, che ha lo stesso numero di giudici con una popolazione più o meno uguale a quella italiana, ne arrivano 300.000. Questo significa che ogni pm italiano (circa 1.800) ogni anno riceve 1.600 processi. Dovrebbe farne 4 e mezzo al giorno, compresi i sabati e le domeniche e senza mai andare in ferie. Naturalmente non è così. I processi fanno la fila: finito uno se ne fa un altro. Senza ridurne il numero, c’è poco da accelerare. ECCO PERCHÉ guide senza patente o in stato di ebbrezza (attenzione, non omicidi colposi commessi da chi guida senza patente o ubriaco), devono essere puniti con una multa (molto alta) e con il sequestro dell’auto; se ne può occupare la stessa polizia che li accerta. E, più in generale, devono essere gestiti in questo modo tutti i reati che vengono trattati con il decreto penale (una procedura che prevede la pena della multa ma che può essere trasformata – e di fatto succede sempre – in un normale processo con Tribunale, Appello, Cassazione e – naturalmente – prescrizione). Non si può adoperare lo stesso tipo di processo che si utilizza per un omicidio (3 gradi di giudizio, notifiche, depositi, termini a difesa…) per reati come questi. Sia chiaro, da sola questa riforma è insufficiente a diminuire significativamente i processi; ma ce ne sono altre, sempre di “sistema”. Bisogna abolire l’appello. Esaminare due volte lo stesso processo non è garanzia di giustizia: si moltiplicano solo le possibilità di errore. I giudici dell’appello non sono diversi dai giudici di primo grado; non sono più preparati, più anziani, più lavoratori; scegliere un Tribunale, una Corte d’Appello, una Procura, per un giudice, dipende spesso da motivazioni private: restare nella città dove vive la sua famiglia, andare nella città di origine, cambiare lavoro perché quello fatto fino ad allora non interessa più… Non c’è ragione per cui una sentenza Ansa GIUSTIZIA GIUSTA Per ridurre i tempi bisogna cancellare l’appello, depenalizzare e incrementare il patteggiamento Il resto? Soltanto parole di primo grado sia più “giusta” di una di appello. Nessuno può sapere quale giudice ha sbagliato e quale aveva ragione. Insomma è una lotteria: è andata male in primo grado? Riproviamoci. È una cosa senza senso. Per gli errori di diritto, resta la Cassazione, questa sì composta da giudici che ci sono arrivati per concorso o dopo molte valutazioni di professionalità: si può presumere che siano più preparati degli altri. D’altra parte, un sistema così è adottato in Gran Bretagna e negli Usa. Non sarà perfetto ma consentirebbe di recuperare circa 1500 giudici. Più giudici, meno processi per giudice, maggiore rapidità di trattazione. Già; ma che diranno gli avvocati? Significa, più o meno, una diminuzione di reddito pari a un terzo. E POI BISOGNA incremen- tare il patteggiamento: un imputato che è sotterrato dalle prove può ottenere un congruo sconto di pena se rinuncia al processo e accetta la condanna che gli propone il pm. Niente Tribunale, niente Appello, niente Cassazione. Se invece si ostina e pretende il processo, tanti auguri: se lo trovano colpevole sarà condannato a una pena molto più grave (molto; altrimenti non funziona). Questo sì che farebbe diminuire il numero dei processi e quindi la loro durata. Il fatto è che il patteggiamento esiste già nel nostro codice ma lo chiedono in pochissimi. Perché? Per la prescrizione. Con l’80 per cento dei processi che finiscono in prescrizione, perché si dovrebbe patteggiare? Un po’ più di soldi per l’avvocato e l’assoluzione è garantita. E anche qui l’opposizione dell’avvocatura è certa. Ma Renzi vuole riformarla la prescrizione. C’è un solo modo per farlo: abolirla quando lo Stato comincia a occuparsi del reato. Funziona così in qualsiasi altro Paese normale. Solo che Renzi dialoga con quelli che la prescrizione l’hanno accorciata; davvero pensa di poter fare una cosa come questa? E poi i nuovi reati, il fiore all’occhiello: falso in bilancio e auto riciclaggio (punto 8), questa è serietà! Chiacchiere. L’intero sistema penitenziario è costruito perché in prigione non ci vada nessuno. Pene fino a 4 anni non si scontano: arresti domiciliari e affidamento in prova al servizio sociale; e ogni anno, per via della legge Gozzini e successive riforme Severino/Cancellieri, sono – in realtà – 7 mesi e mezzo. Per mandare in prigione un amministratore delegato o un evasore fiscale (i soggetti tipici che commettono auto riciclaggio) per un anno bisognerebbe condannarli a 6 anni: al netto degli sconti, ne farebbero 1 e 2 mesi. Solo che il falso in bilancio sarà punito con una pena massima di 5 anni (se va bene) e la frode fiscale arriva fino a 6; per l’autoriciclaggio si parla di un massimo di 7. Pene di 6 anni dunque sono una chimera. Così, finché pene fino a 4 anni non saranno prigione ma visite alle case di riposo per anziani, si possono introdurre tutti i reati immaginabili: come ho detto, sono chiacchiere. Il genocidio del Rwanda e i silenzi della Chiesa di Maurizio Chierici L’INCHINO della Madonna alla casa del boss è l’arroganza dialettale di chi si aggrappa alla religione con l’ambizione di rafforzare il potere mafioso. Ma i meccanismi non cambiano nelle società sofisticate: potere sinonimo di fede; fede sinonimo di potere, trascurata la pietà. Non importa se dio ha un altro nome. Musulmano imbottito di esplosivo salta in aria fra i ragazzi della scuolabus. O Israele che bombarda col fosforo bianco i palestinesi di Gaza. Il saggio di Vania Lucia Gaito (Il genocidio del Rwanda - il ruolo della Chiesa, editore l’Asino d’oro) attribuisce valore simbolico alle responsabilità che 20 anni fa hanno impietrito il piccolo paese africano. Quasi un milione di morti, altrettanti profughi. “Le strade erano vuote…“. Analisi di una psicologa che va in Africa per capire e raccogliere le memorie mostruose “che maturano dentro“. Viaggi fra i dubbi, solo una certezza sull’olocausto non scatenato dalla ferocia delle etnie rivali ma programmato dalle cancellerie coloniali con l’appoggio della chiesa di Roma. Che da principio sceglie di affidarsi alla minoranza Tutsi, alti, pelle chiara; Hutu, minuti, neri quasi blu. Tutsi comandati a controllare gli Hutu contadini-pastori, ma appena aspirano all’indipendenza, chiese e signori della colonia rovesciano il disprezzo etnico e passano con la n maggioranza Hutu. Cominciano i “piccoli massacri“ che l’orrore 1994 sembra concludere. Nessuno è sicuro che non se ne stia preparando un altro, racconta alla Gaito Michela Fusaschi, antropologa dell’Università di Roma Tre: da 20 anni va e viene dal Rwanda dove la divisione resta profonda. NON SOLO fra la gente, anche nella Chiesa. Nel 2004 la professoressa bussa alla porta dei Salesiani di Kigali. L’accompagna un amico. “Lei può entrare, lui no: è un Tutsi, persone cattive… “. Gaito ricostruisce l’impunità di suore e preti coinvolti da n MISSIONARI? Migliaia di persone sono state massacrate con la complicità dei sacerdoti: il Papa dovrebbe farsi carico di queste vergogne Ansa testimoni nel genocidio. E di sacerdoti che ordinano l’assassinio di altri sacerdoti, etnia “nemica“. La storia di don Athanase Seromba passa da Firenze. Duemila Tutsi in fuga si rifugiano nella sua chiesa. Don Athanase chiude le porte e chiama le squadre della morte: bombe e mitraglie, donne e bambini. Li seppellisce con due buldozer. In Italia cambia nome: don Anastasio Sumba Bura. Diventa vice parroco a San Martino Montughi, ma African Right e Carla Da Ponte, procuratore internazionale per i crimini nel Rwanda, pretendono l’estradizione. La diocesi lo nasconde; Berlusconi, capo del governo, rifiuta. Alla fine viene giudicato in Tanzania: prigione a vita. Un altro prete ce l’ha fatta: Emmanuel Uwayezu, oggi vice parroco nella chiesa di Ponzano, Empoli. Avrebbe favorito l’assassinio di 80 studenti nella scuola della quale era direttore. I racconti non cambiano: disprezzo e ferocia. L’accusa riguarda anche il dopo: Uwayezu invita i gendarmi ad addestrare gli allievi Hutu per dare la caccia a chi si è salvato. Il tribunale non riesce a riascoltare i testimoni e tutto si è fermato. Avevano denunciato Emmanuel esuli nel Congo. Sono tornati a casa ma 20 anni dopo il Rwanda ha ancora paura. I missionari sono cambiati, sta cambiando il Vaticano di Francesco: possono sopportare il dubbio ? mchierici2@libero.it LETTERA A RENZI La nave Calabria è alla deriva ma nessuno cambia i marinai di Pippo Callipo* o sperato che Matteo H Renzi affrontasse il problema Calabria con la stessa determinazione che l’ha contraddistinto nell’affrontare altri problemi nazionali e all’interno del Partito democratico. Invece, purtroppo, così non è stato; una cocente delusione per me e per tanti cittadini calabresi, nel constatare come si stia trattando la “questione Calabria” anche in previsione delle prossime elezioni regionali (che dovrebbero celebrarsi quest’anno a causa delle dimissioni di Giuseppe Scopelliti, ma che qualcuno sta tentando di far slittare di un anno). Il suo braccio destro e vice-segretario, lunedì 30 giugno, in assemblea a Lamezia Terme ha fatto il Ponzio Pilato, ossia: Roma non interferisce nelle vicende calabresi. Bene, ringrazio, insieme a tanti calabresi, per questa autonomia che ci viene riconosciuta. Come dire: fate come il polipo, cucinatevi nella vo- stra stessa acqua. Sembra la stessa strategia del precedente segretario, Pier Luigi Bersani, che nel 2010, al mio invito di venire in Calabria per rendersi conto da vicino dello stato delle cose e prendere in mano la situazione, mi rispose: non posso venire in Calabria perché c’è una situazione molto complessa. E per la Calabria, in quella tornata elettorale, finì come finì. OGGI lei, che parla da sem- pre, fin dall’inizio della sua ascesa politica, di rottamazione, di nuovo, di cambiamento, di donne e uomini del rinnovamento, ci lascia in mano alle persone responsabili di questi ultimi trent’anni di amministrazione fallimentare. In nessuna azienda privata ben amministrata potrebbe succedere una cosa del genere. È aberrante pensare che per i prossimi cinque anni avremo al timone comandante e marinai che hanno già fatto finire la nave sugli scogli. Queste persone alle quali lei – attraverso il suo vi- cesegretario, Lorenzo Guerini – ha dichiarato “la non interferenza”, secondo me non meriterebbero la sua fiducia. Hanno contribuito alla distruzione della vita socio-economica della nostra meravigliosa regione. Continuano a tenerla sotto scacco e nello stato di grande bisogno, perché solo così possono “gestire” le persone e continuare a salvaguardare le loro immeritate carriere politiche. Ovviamente non tutti; ma la maggior parte sì. Qui non ci lasciano crescere, non vogliono lo sviluppo economico, non vogliono che si crei vera occupazione, perché solo così possono gestire la popolazione calabrese. I giovani e le menti continuano a lasciare la regione in cerca di occupazione e “loro” questo vogliono, perché così non si crea una classe intellettuale che li contesti. In una poesia, Nicola Giunta di Reggio Calabria scriveva “nani su’ iddi e vonnu a tutti nani” (sono tutti piccoli uomini e vogliono che chiunque altro lo sia, ndr). Questa è la triste verità Il premier Matteo Renzi Ansa alla quale, violentandoci psicologicamente e moralmente, ci dobbiamo abituare. Mi appello a lei, perché solo lei, in questo momento, ha in mano il destino della nostra regione. SI VOTERÀ, così pare, in au- tunno in Calabria. Riparta da qui, dal profondo Sud, con la sua rivoluzione, perché tutta l’Italia ci guarderà con attenzione (io parlavo di rivoluzione molti anni addietro). Faccia in modo che i calabresi riprendano fiducia in se stessi e continuino a credere in questa terra. Faccia in modo che riprendano coraggio ed entusiasmo e gridino: “Io Resto in Calabria!”. *imprenditore SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 23 MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Ognuno ha il suo ruolo, anche noi cittadini Ogni Cittadino che eserciti il diritto di esprimersi criticamente ha il dovere di dare suggerimenti e contributi positivi. Al “Fatto”, nella comune preoccupazione per il delinearsi di una democrazia autoritaria, dico : Il Capo dello Stato è il Garante supremo della Costituzione e ha il compito di porre limiti non solo formali a riforme istituzionali prive di autentici bilanciamenti. Il ruolo delle opposizioni è fondamentale: in particolare il M5s ha l’obbligo di dimostrare volontà e capacità di agire nell’interesse del Paese. Le Associazioni, tra cui Libertà e Giustizia (che ha chiesto a Napolitano di chiarire il Suo punto di vista nel merito), ora più che mai dovranno informare l’opinione pubblica più disattenta, o troppo fiduciosa. Come italiano comune, tra tanti, offro il mio apporto economico, di presenza e di sostegno alle iniziative che dovessero sorgere in difesa dei rischi a cui vanno incontro i diritti miei e quelli della Comunità di cui faccio parte. un lavoro. Il Presidente della Repubblica non dà alcuna risposta diretta. Ma solo una sconsolata quanto già nota considerazione. Come dire Mah ! Oppure : arrangiati. Capisco che è difficile creare il lavoro quando non c’è. Mentre distruggerli con mene sindacali è stato molto piu facile per decenni. Come per il fisco ostacolarli. Magari sarà piu facile rivolgersi a poteri alternativi come forse a Oppido Mamertino. Certo che quando i piu alti poteri dello Stato non san- a Verdini a portare avanti una “controriforma” costituzionale che serve solo a concentrare il potere in mano a una sola persona? E non è detto che sia quella che pensano loro. Marchionne e Renzi, due fratelli Francesco Degni CARO FURIO COLOMBO alcuni giorni fa il d.a. Chrysler (che ha possiede, nel nostro Paese, alcune filiali chiamate Fiat) ha detto ai suoi dipendenti italiani che un’ora di sciopero è un gesto contro la patria. Poco dopo (5 luglio) il premier italiano ha detto che chi gli fa opposizione boicotta l’Italia. C’è un legame pericoloso fra i due proclami... Maleducazione italiana e fair-play inglese Credo sia un dato di fatto che gli inglesi abbiano assorbito meglio di noi “italici” l’eliminazione dal Mondiale, con humor e filosofia. Ma è ovvio: i britannici l’hanno inventato loro il fair-play. Quanto a Renato È IL MANIFESTARSI sempre più aperto e sempre più privo di cautele che sta diventando il nuovo “mode” politico italiano e che “il Fatto Quotidiano” ha definito, propriamente, “democrazia autoritaria” (6 luglio). Nel caso di Marchionne la democrazia viene colpita abolendo il sindacato, cercando la trattativa diretta (che, data la sproporzione immensa di potere fra il capo azienda e ciascun lavoratore, è come un discorso alla piazza), e sradicando ogni resistenza operaia attraverso la creazione, altrove, di un’altra fabbrica e l’abbandono di ciò che rimane in Italia. Nel caso di Renzi il passaggio avviene in tre gradi. Nel primo si dice: discutiamo con tutti ma poi si fa come diciamo noi (“noi” è lui, l’unico vero e giusto, circondato da lodi senza fine di partecipanti, sostenitori e clienti). Nel secondo chi dissente è un “gufo” (un gufo è stupido oltre che di malaugurio). Nel terzo l’oppo- la vignetta sitore non è uno che ha un’altra idea, ma qualcuno che deliberatamente reca danno al Paese attraverso il sinistro espediente del sabotaggio. A questo punto giova ricordare che i due, Marchionne e Renzi, sono in contatto: si lodano e si complimentano a vicenda. Il primo ha potuto portarsi via la Fiat, privandone definitivamente l’Italia, senza alcun ostacolo burocratico, fiscale o politico. Solo questo giornale ha detto la verità (“La Chrysler ha comprato la Fiat” e quasi tutta la produzione, adesso, si fa in America) ma a poco a poco quasi tutti i grandi giornali (che avevano proclamato “La Fiat ha comprato la Chrysler”) stanno finalmente dicendo la verità, benché sottotono, solo in pagine economiche, e senza chiarire. Marchionne, d’altra parte, che ha potuto condurre indisturbato la più grande delocalizzazione della storia industriale, ricambia (e come potrebbe esimersi?) con continue lodi per Renzi. Renzi, fingendo di non notare che l’Italia ha perduto la Fiat, può vantarsi: anche le imprese americane mi sostengono. Resta una domanda: chi, tra queste persone e i loro oppositori, ha sabotato la ex potenza industriale Italia? Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Nando Rava Giampiero Buccianti La bugia di Franceschini sulla questione musei Ripartire dalla vergogna di Oppido Mamertina Solo la vergogna può recuperare i valori di un popolo. Se ti vergogni o ti nascondi oppure ti svegli, e ti accorgi che la puzza ti circonda e la vuoi eliminare perché non si può vivere nella puzza. Finché parte della politica, di religiosi e di gente comune si inchina alla sudditanza mafiosa senza vergogna, non vi può essere cambiamento e futuro. Questa è la Calabria contro cui ho lottato ma non è tutta: la Calabria può risorgere a partire dalle sue vergogne! Pino Masciari Presidente come posso trovare un lavoro? Molto indicativa la risposta del nostro presidente al giovane che gli chiede cosa può fare per trovare particolare punto ed era facoltà del primo cittadino emettere l’apposita ordinanza che avrebbe stabilito che il corteo sarebbe dovuto passare altrove. Comprendo in pieno l’ira di Alfano. I cittadini non devono fare alcun gesto di reverenza nei confronti del potere ‘ndranghetistico. Queste sottomissioni e umiliazioni sono e devono rimanere strettamente una prerogativa dello Stato, nei confronti della cui burocrazia e oppressione normativo-tributaria i cittadini sudditi non solo devono obbedire ciecamente ma addirittura strisciare fino a permettere che i propri diritti fondamentali, come quello a esistere dignitosamente, siano del tutto annullati. Suvvia, questo moralismo di facciata non si addice a un ministro degli interni che voglia essere rispettato. Da sempre lo Stato ha trattato con le mafie, spesso soccombendo. Una semplice processione interrotta non deve essere usata per scaricare tutto lo sdegno e fare la figura di colui che non è mai sceso a patti con la malavita organizzata. no dare la minima indicazione a chi spera di trovar lavoro, c’è da disperare. Radames Baldini Il ministro Orlando e l’ultimo inciucio Il ministro Orlando del Pd ha detto: “sulla giustizia niente inciuci con la destra”, è una buona dichiarazione ma allora: Quali sono stati gli altri inciuci già fatti o in atto con la destra? Visto che questo sulla giustizia non si farà. Il ministro è stato vittima di un lapsus freudiano, voleva dire “l’ultimo inciucio fatto è l’inciucio costituzionale e non ne faremo altri”. Evidentemente il disagio nel Pd è molto più profondo di quello che appare. Ma allora perché si incaponiscono insieme lealtà, sportività, saper essere modesti nelle vittorie e non prendersela troppo quando si è sconfitti, sono di molto avanti a noi. Qualità come il “sano agonismo che non diventi egoismo” (come dice il nostro Cocciante in un suo brano) vengono insegnate sin da fanciulli, non come nelle nostre Scuole-Calcio ove, quando a dieci anni fai il raccattapalle, già ti danno dritte come il perdere tempo se si è in vantaggio, velocizzare la restituzione del pallone se si deve recuperare, dare il pallone al volo ai giocatori della propria squadra e rasoterra agli avversari ecc... E a “rispettare il prossimo perché è te stesso” (Levinasse) o lo si impara da piccoli o mai più! Mauro Maiali Soldi che non girano e proclami inutili Il Papa chiede un patto per il lavoro, il governo dice che si impegna a creare lavoro, la gente deve lavorare, le aziende debbono fatturare. Ergo l’impegno, anche se bene accetto, mi sembra rivolto al lato sbagliato, insomma se proprio si vuole creare lavoro è chiaro che il mercato deve tirare e le imposte sullo stesso non possono essere 7 euro su 10, se il cliente ordina l’azienda fattura, se ordina di più l’azienda o investe in macchinari (che qualcuno deve costruire) oppure assume. Per produrre e fatturare di conseguenza, ecco che ar- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente:Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio riviamo ai sette euro sui dieci fatturati che anzi che servire a nuovi investimenti e aumenti salariali spariscono, dissolvendosi in decine di articoli sui quotidiani e nessuno che va a inchiodare la ruota della crescita, ma queste cose le sanno tutti, oggi le chiamano anti politica o populismo, ma è la semplice e unica verità, il Papa, Renzi, tutti i tecnocrati o burocrati o statalocrati di sorta, ripeto, tutti ne sono al corrente, oppure la faccenda è più grave di quanto si pensi. Nelle piccole e medie imprese dal 2007 ad oggi sono stati fatti tutti i passaggi che governo e finanza non hanno fatto, con il solo risultato che tutto è al macero e se un mese hai ordinativi un pelo superiori non riesci a evaderli per sotto organico, deludendo il cliente e scavandoti ancora più profonda la fossa. Smettete di fare insulsi proclami e fate due cose: tagliate il costo del lavoro e rendete all’Italia quella dignitá che i nostri nonni le avevano dato, il lavoro e l’economia si “moltiplicheranno” da soli. Rudi Nessun inchino alla ’ndrangheta Quanto scalpore per la vicenda della Madonna fatta inchinare in corrispondenza della casa del boss. Mi stupisco che il sindaco non sapesse dell’esistenza di un rischio simile, in un paese come quello tutti sanno chi abita in quel Con la presente mi permetto di prendere posizione riguardo le assolutamente false enunciazioni del ministro della cultura. Egli si azzarda ad affermare che le persone oltre i 65 anni non ricevono alcuno sconto nei musei dei diversi stati europei. All’infuori delle diverse esperienze in merito che ho potuto fare, sia negli Usa che in diversi stati europei, posso tranquillamente affermare che dette affermazioni sono pure bugie. Io posseggo la “Tessera Pensione” tedesca che mi perviene regolarmente con ogni singolo conguaglio. Claudio de Lorenzo Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e Prezzo 290,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e Prezzo 170,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 e • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 e Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: abbonamenti@ilfattoquotidiano.it • Servizio clienti assistenza@ilfattoquotidiano.it MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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