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“Indifendibile”: così il premier giudica il sottosegretario alla Giustizia, beccato
a fare l’agit prop nell’elezione del Csm. Ma Ferri non cambia verso e per ora resiste
Martedì 8 luglio 2014 – Anno 6 – n° 186
e 1,30 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
IL COLLE AFFONDA IL SENATO
GRILLO, 10 SÌ PER STANARE RENZI
Nuova invasione di campo
di Napolitano: “Superare
il bicameralismo paritario”
Un assist al premier che però
domani non riuscirà
ad avere il voto in Aula
Italicum, no del ministro
Martina. Il M5S, dopo vari
contorcimenti, risponde
al Pd. Ma il dialogo è in salita
De Carolis, Marra e Roselli » pag. 2 - 3
PER LA COSTITUZIONE
“Democrazia autoritaria”:
pioggia di firme per dire no
Migliaia di lettori hanno risposto all’iniziativa del “Fatto”
sulla stretta illiberale che si nasconde dietro le “riforme”:
“Andiamo in piazza”, “ci vuole una petizione”, “continuate
a informarci”, “serve subito un referendum”
» pag. 4 - 5
» CRIMINI E MADONNE » Il procuratore Gratteri lancia l’allarme sul caso di Oppido Mamertina
“Attenti, le minacce sono per il Papa”
Il magistrato commenta
il caso dell’”inchino” al boss
e attacca il ministro Alfano:
”Dove sono gli 800 uomini
delle forze dell’ordine che
aveva promesso?”. Viaggio
nel paese dove la statua della
Madonna in processione
ha dovuto rendere omaggio
al padrino della ‘ndrangheta
Borromeo, d’Esposito, Fierro
e Musolino » pag. 6 - 7
y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!z!/!z!:
PIETÀ E GIUSTIZIA
Udi Marco Politi
Il Papa in Calabria Ansa
PROCURA DI MILANO
FRANCESCO
E LA DEBOLE
CHIESA
CALABRESE
La svolta di Bergoglio
“Mai più immunità
per i preti pedofili”
C
Messa e udienza riservata a Santa Marta
per sei vittime di abusi. Il pontefice chiede
perdono, ma assicura tolleranza zero per
i colpevoli. Ed elogia il coraggio di chi ha
saputo denunciare le violenze subite » pag. 15
ontro Francesco la criminalità ha lanciato una sfida pubblica. Ma ora che è partita la corsa al ridimensionamento, è bene tenere presente
» pag. 7
la posta in gioco.
PROFONDO B.
IMMORTALI
Gli ultrà israeliani:
dalle curve ai raid
contro i palestinesi
Il pg Minale
difende Robledo
contro Bruti
“Sbagliato escludere il procuratore aggiunto
dalle indagini sull’Expo”. Nella sua presa
di posizione una critica implicita anche a chi,
come il capo dello Stato, sostiene i poteri
direttivi del capo dei pm Barbacetto » pag. 9
» CALCIO E VENDETTE
Zunini » pag. 17
Arcore, la famiglia
pensa di mollare
Mediaset
e unirla a Telecom
Addio a Di Stefano,
l’uomo che riuscì
a diventare il dio
del Real Madrid
Meletti e Tecce » pag. 10
Beccantini » pag. 18
LA CATTIVERIA
Oppido Mamertina, la figlia
del boss: “Orgogliosa di mio
padre”. Marina Berlusconi
» www.forum.spinoza.it
Moniti e distintivo
di Marco Travaglio
ha fatto ancora. Dopo qualche settimana di
L’
astinenza, Napolitano ha monitato di nuovo. E, siccome gli scappava da un bel po’, ha
espettorato ben tre moniti in un giorno. Credendosi il re d’Italia, è andato a Redipuglia. E di lì, a
100 anni dalla grande guerra, ha tuonato contro
“le guerre e i nazionalismi” (brutti) e a favore
dell’“integrazione europea” (bella). Concetti forti, soprattutto nuovi. Poi s’è spostato a Monfalcone e, sempre in marcia verso la scoperta
dell’acqua calda, ha rimonitato per strada: “Se
non trovano lavoro i giovani, l’Italia è finita”.
Perbacco, che originalità. Verrebbe da domandargli dove sia stato lui negli ultimi decenni, essendo entrato in Parlamento appena nel 1953,
mentre i governi italiani facevano di tutto per
desertificare i posti di lavoro. O se il Napolitano
che firmò ed esaltò la controriforma Fornero che
manda gli italiani in pensione a 70 anni, tagliando fuori i giovani dal mercato del lavoro, fosse un
suo omonimo. Del resto, c’è un Napolitano che
tuona contro le guerre e uno che difende a spada
tratta l’acquisto degli F-35 (che notoriamente
sganciano mazzi di rose), anche dai cattivoni del
Pentagono che osano lasciarli a terra per precauzione. Un Napolitano che “quando il Parlamento delibera, il Presidente tace”. E un Napolitano che ieri - terzo monito - s’impiccia nei tempi (dunque nei modi) della controriforma del Senato. Ma questo è ormai la politica italiana: una
supercazzola 24 ore su 24 senz’alcun rapporto
con la realtà, con la coerenza, con la decenza.
Con B. credevamo di avere raggiunto il record
mondiale della balla, ma non avevamo ancora
visto all’opera Napo & Renzi: al confronto il Cainano è un dilettante. Tre anni fa giunse la famigerata lettera della Bce che commissariava definitivamente l’Italia, imponendoci inutili sacrifici per decine di miliardi, oltre all’anticipo del
pareggio di bilancio dal 2014 al 2013. Fu allora
che un certo Matteo Renzi, ancora soltanto sindaco di Firenze, il 26 ottobre 2011 dichiarò
all’Ansa: “Mi ritrovo nella lettera della Bce. E non
condivido l’atteggiamento prevalente del Pd che
invoca l’Europa quando conviene e ne prende le
distanze se propone riforme scomode. Rabbrividisco a sentire certe posizioni contro la lettera
della Bce lanciate da chi non prenderebbe voti
nemmeno nel suo condominio”. Chissà se è lo
stesso Renzi che ora, divenuto segretario del Pd e
presidente del Consiglio, fa il figo contro “l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri”, contro il rigore in nome della flessibilità e della crescita.
C’è il Renzi che fa lo splendido con le 12 linee-guida sulla Giustizia e bacchetta il Csm: “Chi
nomina non giudica e chi giudica non nomina”.
E c’è il Renzi che si tiene come sottosegretario
alla Giustizia il magistrato Cosimo Ferri che fa
propaganda elettorale via sms per mandare i suoi
amichetti nel nuovo Csm (chi governa elegge e
chi elegge governa). C’è il Renzi che trasforma il
Senato in dopolavoro per sindaci e consiglieri
regionali perché quello attuale fa perder tempo
(falso: approva le leggi in una media di 2 mesi). E
c’è il Renzi che, come i predecessori, si scorda i
regolamenti attuativi delle sue (pochissime) riforme, che languono nei ministeri come lettera
morta. C’è il Renzi che dai 5Stelle pretende lo
streaming e le risposte scritte in carta bollata, però B. & Verdini li vede di nascosto e a carte coperte, infatti il Patto del Nazareno rimane segreto di Stato. Viene in mente quel che disse Fabrizio Barca a un imitatore di Vendola che il 17
febbraio lo chiamò dalla Zanzara: “Non c’è
un’idea, c’è un livello di avventurismo! Siamo
agli slogan: questo mi rattrista, sto male, sono
preoccupatissimo, vedo uno sfarinamento veramente impressionante”. Poi rivelò di aver rifiutato l’offerta di fare il ministro che gli giungeva
da improbabili intermediari del premier, legati al
quotidiano la Repubblica: “Sono colpito dall’insistenza, il segno della loro confusione e disperazione!... Sono fuori di testa!”. Pareva uno
scherzo telefonico: era il migliore ritratto del renzismo reale, tutto chiacchiere e distintivo.
2
RIFORMATORI
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Sin elCostituzione
vuole mettere
la “bellezza”
OGGI, INTORNO ALL’ORA DI PRANZO la Sala
stampa di Montecitorio ospiterà una conferenza
stampa di presentazione della proposta di legge
costituzionale, a prima firma della deputata di Sel
Serena Pellegrino, per integrare l’art.1 della carta
costituzionale “con il riconoscimento della bellezza - si legge in una nota - quale elemento costitutivo dell’identità nazionale”. Mentre in commis-
sione Affari costituzionali di Palazzo Madama andrà di scena la madre di tutte le battaglie tra frondisti che chiedono un Senato eletto a suffragio universale e lealisti che difendono il disegno di legge
Boschi con sindaci e consiglieri regionali nominati
in Senato dalle loro assemblee elettive, Sel spiazza
tutti con un progetto condiviso con le principali
associazioni ambientaliste e rappresentanti della
il Fatto Quotidiano
cultura. “Solo attraverso il riconoscimento e la tutela di questo inestimabile valore può nascere l’inversione di tendenza che sta facendo declinare
l’Italia in un processo di omologazione verso il basso, di sperpero di talenti e conoscenza, di devastazione dell’immensa ricchezza che questo popolo, con creatività, sapienza e connaturato istinto, ha saputo costruire”, ha spiegato Pellegrino.
SENATO, IMMUNITÀ & C.
LE RISPOSTE DI BEPPE
PER STANARE MATTEO
QUALCHE NO, MA ANCHE APERTURE. I 5 STELLE REPLICANO AL
PD SU LEGGE ELETTORALE E RIFORME. E ORA IL PREMIER NON
PUÒ PIÙ DIRE CHE CON I GRILLINI NON SI PUÒ TRATTARE
F
ormalmente, dieci sì a
dieci domande. Nei
fatti, diversi no e qualche concessione, anche importante. Alle 20.05 di un
lunedì lunghissimo, i Cinque
Stelle cedono alla richiesta del Pd,
e sul blog di Grillo mettono nero
su bianco le risposte sulla legge
elettorale e sulle riforme. Più o
meno le stesse spiegate ieri in
conferenza stampa da Luigi Di
Maio e Danilo Toninelli. Il loro
Democratellum proporzionale,
con le preferenze, confrontato
all’Italicum renziano, maggioritario, con liste bloccate.
Prima domanda
Scrive il Pd: “Un vincitore ci vuole sempre, l’unico modello che
assicura questo è la legge che assicura un premio di maggioranza
al primo o al secondo turno”. Ergo, “siete disponibili a prevedere
un ballottaggio, così da avere la
certezza di un vincitore?”. L’M5S
replica con il primo sì. Ma rilancia, rispondendo al doppio turno
di coalizione dell’Italicum con un
doppio turno di lista. Ovvero, al
ballottaggio vanno i primi due
partiti e non le prime due coalizioni. “Vogliamo evitare che la
corsa al primo posto si trasformi
in un’ammucchiata” scrive
l’M5S. Che precisa: “Proponiamo è un primo turno proporzionale senza soglie di sbarramento.
In caso di superamento della soglia del 50 per cento più uno dei
seggi, premio di governabilità del
52 per cento”. Nel caso che nessuno vinca al primo turno, bal-
lottaggio con identico premio di
maggioranza del 52 per cento.
Seconda domanda
“Siete disponibili ad assicurare
un premio di maggioranza per
chi vince, al primo o al secondo
turno, non superiore al 15 per
cento?”. I 5 Stelle dicono sì, rimandando alla prima risposta:
“Prevediamo un turno di ballottaggio con cui sia possibile attribuire un numero di seggi tale da
assicurare a chi ha vinto un margine di maggioranza”.
Terza domanda
“Siete disponibili a ridurre
l’estensione dei collegi?”. Terzo sì
BALLOTTAGGIO
Previsto il doppio
turno se nessuno
supera il 50 per
cento. E via
l’immunità com’è
prevista adesso
durre questo controllo e come
dovrebbe intervenire sulla legge
in discussione. Il premier ha affermato che la legge elettorale sarà promulgata dopo la prima lettura da parte del Senato della riforma costituzionale. Significa
nessun controllo sul testo in discussione”.
Quinta domanda
“Siete disponibili a ridurre il potere delle Regioni modificando il
titolo V e riportando in capo allo
Stato funzioni come le grandi infrastrutture, l’energia, la promozione turistica?”. Quinto sì dei 5
Stelle, che hanno però tante perplessità. In particolare, “sulla
nuova definizione delle competenze di Stato e Regioni. Dove finisce la ‘programmazione e organizzazione dei servizi sanitari”
(materia di competenza regionale) e dove iniziano le “disposizioni generali e comuni per la tutela
della salute’ (di competenza statale)? Altro nodo, “la clausola di
supremazia” con cui, su proposta
del governo, la legge dello Stato
può intervenire su materie non
riservate alla sua legislazione
esclusiva.
Sesta domanda
dell’M5S, che sulla riduzione
aveva già aperto. Ma “questo e altri elementi dipendono dall’impianto della legge”.
Quarta domanda
“Siete disponibili a far verificare
preventivamente la legge elettorale dalla Consulta?”. Quarto sì,
con dubbi: “Abbiamo urgenza di
capire come si dovrebbe intro-
“Disponibili ad abbassare l’indennità del consigliere regionale
a quella del sindaco del comune
capoluogo e eliminare ogni forma di rimborso ai gruppi consiliari delle Regioni?”. Sì con obiezione: “Non si capisce come il
Parlamento possa intervenire su
una materia che dovrebbe essere
di competenza regionale”.
Settima domanda
“Siete disponibili ad abolire il
Cnel?”. Sì, con rilancio: “Siete disposti a scorporare l’abolizione
del Cnel dal resto delle riforme
così da approvarlo in tempi più
rapidi?”.
Ottava domanda
“Siete disponibili a superare il bicameralismo perfetto impostando il Senato come assemblea che
non si esprime sulla fiducia e non
vota il bilancio?”. Ottavo sì: “Non
siamo pregiudizialmente contrari, a patto che l’assemblea abbia
ancora una precisa funzione”.
Nona domanda
“Siete disponibili a che il ruolo del
senatore non sia più un incarico a
tempo pieno e retribuito ma il Senato sia semplicemente espressione delle autonomie territoriali?”. Sì forzatissimo: “Perché un
ruolo come quello del rappresen-
tante delle autonomie non dovrebbe essere a tempo pieno?”. E
poi: “Si danno al Senato poteri
che vanno molto al di là di quelli
locali, inconciliabili con un secondo grado”.
DERBY A 5 STELLE
In
alto, Beppe Grillo, che ieri ha
smentito una delle sue creature,
Luigi di Maio (in basso) Ansa
Decima domanda
“Siete disponibili a trovare una
soluzione sulle guarentigie costituzionali per i membri di Camera
e Senato, individuando una soluzione al tema immunità che non
diventi occasione di impunità?”.
Sì, così declinato “Affinché l’immunità non diventi occasione di
impunità e tuttavia preservi il
parlamentare nella sua funzione
di rappresentante dei cittadini,
riteniamo necessario e sufficiente cancellare le immunità ora
previste, eccetto la garanzia
dell’insindacabilità per le opinioni e i voti espressi”.
l.d.c
IL PERSONAGGIO
Alla fine Di Maio corregge Grillo
di Luca De Carolis
n tilt per un no. Con il Grillo furioso
I
che smentisce il Di Maio pontiere.
Ma che poi deve correggersi in fretta, de-
ve “precisare”, addirittura cancellare un
post. Perché con il suo sfogo sul blog
“contro la dittatura dell’ebetino”, come a
scaraventare in terra il tavolo con il Pd,
era andato in senso opposto e contrario
al numero 3 dei Cinque Stelle. E di fatto,
pure a Gianroberto Casaleggio. Troppo,
perfino per il volto del Movimento. Il Pd
che diserta l’incontro sulla legge elettorale fa saltare i nervi a un bel pezzo degli
ortodossi dell’M5s. Ma soprattutto, conferma i nuovi equilibri dentro i 5 Stelle.
Luigi Di Maio è ormai il primus inter pares.
Domenica aveva rilanciato con controproposte sulla legge elettorale in un’intervista al Corriere della Sera, senza il mandato dell’assemblea. Ieri mattina tiene
aperto il filo con i Democratici. Viene
contraddetto dal Grillo che va di pancia.
in poi parliamo solo con Renzi, gli altri
interlocutori del Pd non sono affidabili”.
Ma non strappa: “Noi non facciamo salDI PRIMA MATTINA, si sparge la voce
tare il tavolo, vogliamo che le nostre prodell’arrivo di Grillo alla Camera, proba- poste migliorino l’Italicum”. Ma perché
bilmente per partecipare allo streaming. non avete risposto in via scritta? Di
I 5 Stelle smentiscono. Ma nel palazzo Maio: “Ci dicano se vogliano fare la legge
stavano già preparandosi a ricevere per corrispondenza. E poi abbiamo ill’ospite di riguardo. Alle 10.50 Roberto lustrato i punti nell’intervista”. Alle
Speranza scrive: “L’incontro con M5s 15.35 irrompe Grillo sul blog. Il post pare
non si farà”. I 5 Stelle
la fine del dialogo: “Si
convocano una confeprende atto che un
renza stampa. Parla
confronto democratiMONTAGNE RUSSE co e trasparente in Itasoprattutto Di Maio:
“Noi abbiamo le idee
è oggi impossibile,
Dopo il no all’incontro lia
chiare ma dall’altra
che Renzi, le cui palle
parte vedo molta consono sul tavolo di
con il Pd il leader
fusione”. Si lamenta:
Verdini e Berlusconi,
aveva tuonato: il
“Giovedì avevo conrifiuta con il M5s ogni
cordato l’incontro con
confronto. Il Movipremier ha le palle sul mento rappresenta
Guerini, abbiamo saputo
dell’annullamilioni di italiani, non
tavolo di Verdini, poi
mento da un comunipossono essere trattati
l’apertura al dialogo
cato”. Punge: “D’ora
come paria da sbrufMa nel tardo pomeriggio la linea torna la
sua: la stessa di Casaleggio.
foni della democrazia”. Acclusa, una
telefonata registrata, in cui Grillo
spara: “Andiamo verso una dittatura di stampo legale, fatta da un ebetone pericolosissimo: verso una criminalità organizzata di stampo democratico”. E poi: “Non concediamo
più un millimetro, non avranno più a
che fare con dei bambini, faremo opposizione dura”. Le voci critiche esultano.
“Il messaggio di Grillo è uno dei migliori,
se non il migliore, degli ultimi due anni”
twitta Walter Rizzetto. Di Maio si chiude
nel suo ufficio con un paio di colleghi e lo
staff comunicazione. Da lui e dalla delegazione per la legge elettorale (Toninelli, Carinelli, Buccarella) partono telefonate a Casaleggio e Grillo. I contatti
sono continui, la tensione è altissima.
Alle 17.02 arriva il post sul blog: “Per chi
non ha capito, o non ha voluto capire,
che tra il mio intervento di oggi e la conferenza stampa di Di Maio e Toninelli
non vi sono contraddizioni: le porte per
una discussione sulla legge elettorale per
l’M5S sono sempre aperte. Il mio è stato
un appello ai parlamentari delle altre forze perché ci aiutino a evitare una deriva
anticostituzionale”. Firmato, Beppe
Grillo. Dal blog sparisce la parte che parlava di “confronto democratico impossibile”. In serata, Di Maio da Mentana su
La 7 (eppure Grillo aveva dato lo stop alle
presenze tv): “Beppe ha reagito da persona vera al gesto del Pd, aveva il diritto
di arrabbiarsi”.
il Fatto Quotidiano
RIFORMATORI
REFERENDUM
EMENDAMENTO RADDOPPIA LE FIRME
Raddoppia il numero delle firme per promuovere
un referendum abrogativo (da 500mila a un milione), ma scende il quorum: per la validità del
referendum deve votare la metà più uno del numero dei votanti alle ultime elezioni della Camera (e non più la metà più uno di tutti gli elettori).
Lo prevede un nuovo emendamento dei relatori
alle riforme. L’emendamento sull’articolo 75 della Costituzione, innalza da 500mila a un milione
le firme necessarie ad un referendum. Esso sarà
valido se si sarà recato alle urne almeno la metà
più uno dei partecipanti alle ultime elezioni politiche della Camera: attualmente era la metà
più uno degli aventi diritto. Viene introdotto an-
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
3
che un giudizio preventivo della Corte costituzionale sulla ammissibilità del quesito: esso arriverà una volta raccolte la metà delle firme, cioè
500mila. Infine l’emendamento introduce dei limiti che recepiscono alcune indicazioni emerse
da recenti sentenze della Corte costituzionale: i
referendum dovranno riguardare intere leggi o
parti di legge con valore normativo autonomo.
Re Giorgio dà una mano a Renzi:
“Basta bicameralismo perfetto”
LA RIFORMA DEL SENATO È RINVIATA DI UNA SETTIMANA. NAPOLITANO: NIENTE SPOSTAMENTI
di Wanda Marra
I
ncontri mancati, fronde Pd e
Forza Italia sul piede di guerra, aperture di Grillo dell’ultimo minuto, stop sull’Italicum senza se e senza ma: la vigilia di
quello che sarebbe dovuto essere
l’ultimo voto in Commissione Affari
Costituzionali di Palazzo Madama
sulla riforma del Senato e del Titolo
V si trasforma nell’ennesima giornata di stop. Tanto che alla fine arriva il
soccorso di Giorgio Napolitano a
Matteo Renzi: “Senza entrare nel
merito di opzioni ancora aperte, è
parte della mia responsabilità auspicare una conclusione costruttiva,
evitando ulteriori spostamenti in
avanti dei tempi di un confronto che
non può scivolare, nell’inconcludenza” su riforme “più che mai mature e vitali”, dice il Presidente della
Repubblica, spingendosi a ricordare
che è tempo di girare pagina rispetto
al “bicameralismo perfetto”.
UN MONITO a tempo quasi scaduto:
IL RITORNO
Pecoraro Scanio tifa
Minzolini e Mineo
PERSONAGGI che ritornano dal passato,
strane coppie che si formano, paragoni storici lanciati nello spazio. La dissidenza sulla riforma del Senato targata Renzi (e Berlusconi)
produce inconsueti effetti collaterali. E così
ieri durante una conferenza stampa convocata a Palazzo Madama per presentare un sondaggio di Ipr Marketing a favore del Senato
elettivo (lo vorrebbe il 55% degli interpellati)
riappare dal nulla Alfonso Pecoraro Scanio,
l’ex ministro dell’Ambiente. Il Verde da poco
rinviato a giudizio con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. Che ci fa Pecoraro
Scanio a un tavolo dove siedono il duo Corradino Mineo & Augusto Minzolini, la capogruppo di Sel, Loredana de Petris e Paolo
Corsini, dissidente dem? È il committente del
sondaggio in questione, attraverso la sua
Fondazione, la Univerde. Strani connubi,
l’ambientalismo e le riforme costituzionali. La richiesta ufficiale è quella di
rimandare l’approdo in
Aula della riforma per
studiarla meglio. E la strana coppia di provenienza
Rai plasticamente si staglia sullo sfondo. Mineo,
che fu direttore di Rainews 24, e Minzolini, che fu
direttore del Tg1. Mai stati amici, eccoli uniti nella dissidenza. Sono
settimane che Mineo invita alla ribellione.
“Prenditi le tue responsabilità e lascia a noi libertà di coscienza”, manda a dire a Renzi. Al
netto della definizione, il premier non sembra abbia intenzione di fare molto altro, se
non lasciarli fare e sbarazzarsene appena può.
Ma ecco anche come la mette la “spalla” Minzolini: “Il Pd esprime il presidente del Consiglio e poi dà il suo ok alla figura di garanzia,
il Presidente della Repubblica: siamo a Leonid Breznev...”. Sentiamo Paolo Corsini, ex
sindaco di Brescia: Renzi porta avanti il “modello Putin”: “Situazione peggiore del centralismo democratico: nemmeno Togliatti si sognò di impedire a Concetto Marchesi di rinunciare a opporsi all’art.7 della Costituzione”. E poi giù, col Grande Inquisitore.
wa.ma.
perché la riforma, che si raccontava
dovesse essere in Aula per domani,
non arriverà prima di giovedì. Molto
più facilmente tra lunedì e martedì
della settimana prossima (decide stamattina la capigruppo). Con buona
pace di Renzi, che per la riunione a
Bruxelles del 16 luglio in Europa potrà portare solo una riforma ancora
tutta in itinere. Non a caso in serata il
capogruppo, Luigi Zanda all’assemblea dei senatori ricorda che i “tempi
rapidi non sono un capriccio”, ma
servono per l’Europa. Per trovarsi
però un gruppo pronto a sollevare
distinguo.
Saranno le centinaia di emendamenti da votare il motivo tecnico, ma sono di certo le ragioni politiche quelle
che spingono Napolitano ancora una
volta ad entrare in campo con tutto il
suo peso.
“Hanno cincischiato per quattro
giorni, senza risponderci. Luigi Di
In alto, il
presidente
Giorgio
Napolitano.
A sinistra, il
ministro
Maurizio
Martina Ansa
LEGGE ELETTORALE
Nel governo è il ministro
Martina a chiarire che si
deve cambiare. I bersaniani
e i 25 di Francesco Russo
sono d’accordo: così non va
Maio mi ha accusato di aver fatto saltare l’incontro con i Cinque Stelle,
ma la politica non è la logistica”. Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd
a sera il mancato incontro con i grillini lo spiega così. Insieme a un’ammissione-dichiarazione di apertura
sulla legge elettorale. Una posizione
che il il segretario-premier, Matteo
Renzi esprime da giorni, ma che a
questo punto sembra più sostanziale
di prima: l’Italicum appare su un binario morto. Renzi e Berlusconi si
sono visti giovedì per blindare l’accordo, ma sulle preferenze il dialogo
si è fermato.
Il premier non si lascia scomporre
più di tanto, ed evita confronti più
rischiosi che utili. Anche perché è
convinto che nessuno avrà il coraggio di intestarsi la fine delle riforme
(e dunque della legislatura) All’ultimo momento, sceglie di far saltare
l’incontro con i Cinque Stelle. “Io so-
no un ebetino, dice Beppe, ma almeno voi avete capito quali sono gli 8
punti su cui #M5S è pronto a votare
con noi? #pochechiacchiere”, twitta.
E rincara. Sempre via Twitter: “Non è
uno scherzo, sono le regole! Chiediamo un documento scritto per sapere
se nel #M5S prevale chi vuole costruire o solo chi urla”. Approfittando della confusione del Movimento,
che gli 8 punti li mette per iscritto solo a incontro saltato, Renzi in realtà
sa che non è il caso di innervosire
troppo Berlusconi, facendogli vedere che alla fine la legge elettorale potrebbe farla con i Cinque Stelle. Ci
pensa l’apertura di Grillo a pomeriggio inoltrato a rimescolare le carte in
tavola.
A proposito di incontri saltati, Matteo non va nemmeno in serata all’assemblea dei senatori Pd: i dissidenti
certi, gli ex auto-sospesi, sono 14. Il
gruppo conta di riportarli a dieci. E
nel dubbio, meglio non aprire ulteriori discussioni. E i bersaniani? Per
dirla con Miguel Gotor: “Ho ancora
alcuni punti di disaccordo sul Senato. Ma lo voteremo. L’Italicum così
però non funziona”. L’affondo:
“Perché Renzi si ostina a rimanere
appeso ai veti di Verdini, mentre
adesso ha una maggioranza molto
più ampia?”. Bersani in testa, la minoranza Dem sta dando battaglia.
Tra loro c’è anche chi ricorda: “Noi
abbiamo aperto la strada a Renzi in
cambio di rimandare e cambiare la
legge elettorale. Mica adesso facciamo marcia indietro”. Nella dissidenza spicca Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, con delega
all’Expo, che all’Huffington dichiara:
“Sulla riforma del Senato, ho la profonda convinzione che la strada tracciata sia quella giusta. Mentre sulla
legge elettorale, sono necessari dei
miglioramenti”. È il primo ministro
che “osa” esprimere nero su bianco
una posizione diversa rispetto al premier. Uno dei (tanti) ministri che
viene dato in bilico, se non proprio
ora, a ottobre, per via dell’Expo. Non
basta. I venticinque senatori Dem
“facilitatori” e “trasversali” capitanati dal lettiano Francesco Russo producono un documento che difende il
lavoro fatto sul Senato, ma annuncia
battaglia sulla legge elettorale.
GUERINI a sera prova a rassicurare
l’alleato principale, Forza Italia:
“L’impianto di partenza resta quello
dell’Italicum. Ma siamo aperti al dialogo con tutti”. Perché poi la legge
così com’è pensata non piace neanche all’Ncd. Si parla di modifiche sulle soglie e adesso si prendono in considerazione le richieste sulle preferenze: si pensa a collegi più piccoli, a
liste con capolista bloccati e per il resto preferenze, al Mattarellum. Ma di
certo, tutta questa agitazione sul
prossimo gradino delle grandi riforme, non fa bene neanche alla riforma
del Senato.
27 DISSIDENTI SU 59
Berlusconi non argina la fronda
di Gianluca Roselli
Un patto, quello col premier, da cui l’ex Cav si
aspetta diverse contropartite: una riforma della
a fronda dei parlamentari azzurri nei con- giustizia non ostile e, magari, un accordo sul nofronti riforma del Senato è una puntura di me del futuro Presidente della Repubblica. Perspillo per un Silvio Berlusconi che ha già un dia- ché, se Giorgio Napolitano non concederà mai la
volo per capello. Quello che preoccupa di più l’ex grazia a Berlusconi, il prossimo capo dello Stato
Cavaliere in queste ore, infatti, sono, come al so- chissà...
lito, i processi. Quello di Piersilvio su Mediatra- Ecco perché il leader azzurro si irrita appena sende, la cui sentenza è prevista per oggi, e il secondo te la parola “frondista”. Al momento a Palazzo
grado di Ruby in arrivo il 18 luglio. Chi ci ha Madama i ribelli sono tra 26 e 30. Meno dei 37 che
firmarono il documento di
parlato racconta di un Berlusconi
teso come una corda di violino. Per
Augusto Minzolini, ma comunque tanti. Quasi la metà
questo motivo l’ex premier ascolta
I PROCESSI
chi gli “resoconta” le fibrillazioni
del gruppo, che ne conta 59.
dei suoi a Palazzo Madama con faA guidare la pattuglia è l’ex
L’ex Cavaliere teme
stidio. Il leader di Forza Italia ha una
direttore del Tg1. “Renzi
sola necessità: quella di mostrarsi
sembra Breznev e Napolitanuove condanne
affidabile agli occhi di Renzi sul patno tace”, ha detto ieri il sePer questo vuole
to del Nazareno. Ovvero il tubicino
natore ribelle. Il capo dello
di ossigeno che gli consente di reStato deve averlo ascoltato,
un partito unito.
stare politicamente in vita. Specialvista la nota diffusa in serata,
mente se, come si suppone, arriverà
anche se le sue parole vanno
Bocciato il “lodo”
una condanna all’appello per Ruin senso contrario a quello
Brunetta-Guzzetta
by.
sperato da Minzolini. Resta
L
da vedere, però, quanti frondisti avranno poi il
coraggio di votare contro in Aula. “Alla fine a dire
no saranno 4 o 5”, raccontano dal gruppo forzista
a Palazzo Madama. “Altrimenti si tratterebbe di
una spaccatura al pari di quella di Alfano. Per
loro significherebbe mettersi fuori dal partito”.
Nel frattempo per il Senato spunta anche il “lodo
Brunetta”, scritto dal costituzionalista Giovanni
Guzzetta: a Palazzo Madama potrebbero entrare
i consiglieri regionali che hanno raggiunto il
maggior numero di preferenze. La proposta, però, è già stata bocciata dalla coppia Renzi-Boschi:
non si può fare perché non si può mettere la parola preferenze in Costituzione.
I tempi della riforma, intanto, si allungano: mercoledì il testo sarà licenziato dalla commissione e
poi verrà incardinato in Aula. Paolo Romani,
quindi, avrà più tempo per far rientrare la fronda.
“Certo, se non ci riesce, il suo posto da capogruppo traballa”, si sussurra a Palazzo Madama.
L’asticella sotto cui Renzi e Berlusconi non possono scendere è quella dei due terzi. Ovvero 214
senatori su 320. Questo è il margine di tenuta del
patto del Nazareno.
4
L’APPELLO
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Ipubblicati
10 punti chiave
domenica
sul “Fatto”
1. CAMERA Con Italicum e liste bloccate 630 deputati nominati dai partiti più grandi; i medio-piccoli
esclusi dalle soglie. Il primo (anche col 20%) avrà il
55% e potrà governare solo; il potere legislativo
coinciderà con l’esecutivo, con decreti e fiducie.
2. SENATO Sarà di 100 senatori non eletti: 95 scelti
dai consigli regionali (74 consiglieri e 21 sindaci) e 5
il Fatto Quotidiano
dal Quirinale. Sarà dominato dal primo partito e non
potrà più controllare il governo.
3. OPPOSIZIONE I partiti d’opposizione decimati; i
dissenzienti dei partiti governativi potranno essere
espulsi e sostituiti in commissione. Corsia preferenziale per leggi del governo da approvare in 2 mesi,
con divieto di ostruzionismo ed emendamenti.
4. CAPO DELLO STATO Lo sceglierà il capo del governo e del primo partito al terzo scrutinio, quando
la maggioranza è al 51%. Il Colle avrà enormi poteri
d’interferenza in tutti i campi, giustizia in primis.
5. CORTE COSTITUZIONALE Il governo controllerà 10 dei 15 giudici: i 5 nominati dal Parlamento e i
5 del Colle. Difficile che la Consulta possa bocciare
LA RISPOSTA DEI LETTORI
Uniti come nella battaglia
per l’acqua pubblica
Il modo migliore è resuscitare l’alleanza che vinse i referendum sulla riforma costituzionale di Berlusconi e
sull’acqua pubblica, entrambi contro la volontà di quasi
tutti i partiti. In quei due casi
la base del Pd (o come si chiamava allora) fu di grande aiuto ai promotori, spesso contro la volontà dei loro stessi
dirigenti. Dunque per gli oppositori non c’è che la via
maestra della costituzione:
referendum confermativo,
sperando che il M5s non faccia scherzi e la maggioranza
dei 2/3 non ci sia; ricorsi alla
Corte Costituzionale, e insomma tutti i mezzi che la
Costituzione prevede e che
per chi ama e difende questa
Costituzione nata dal sangue
degli italiani sono obbligati.
Tra appelli e referendum
per salvare la democrazia
DOPO LA DENUNCIA DEL” FATTO” SULLA DERIVA AUTORITARIA DIETRO LE “RIFORME”
DI RENZI E BERLUSCONI, CENTINAIA DI LETTERE CON LE INIZIATIVE DA ADOTTARE
L’appello per chiedere ai lettori come opporci alla
svolta autoritaria di Renzi, Berlusconi & C è stato
pubblicato sul giornale di domenica, ma sono già
migliaia i messaggi arrivati. “Il modo migliore è
resuscitare l’alleanza che vinse i referendum sulla
riforma costituzionale di Berlusconi e sull’acqua
pubblica”, scrive qualcuno. Chi invece propone che
il “Fatto” segua “la sua linea politico-editoriale
supportata dai lettori, e cerchi così di spezzare
l’asse Renzi-Berlusconi”. Tra le diverse posizione anche quella di una
manifestazione in piazza: “I grandi media, tranne il Fatto, sono complici.
In questi momenti l’unica cosa che può fermare la svolta
è una risposta popolare. Forte e urgente. Suggerisco,
pertanto, una manifestazione in autunno”. O chi fa
notare come “oggi a differenza di due o tre anni fa
diventa arduo coinvolgere e far capire certe cose alle
persone. La crisi e le retoriche parolaie hanno
addormentato e rabbonito le coscienze civili”. Noi, come
“Fatto”, andremo avanti con l’iniziativa, attraverso il
giornale cartaceo e il sito Internet. Continuate a scrivere
e a proporre la vostra idea, le pubblicheremo e, soprattutto, seguiremo
le indicazioni che verranno fornite. Gli spunti interessanti sono già molti.
Paolo Lombardi
Dalle manifestazioni
alla lotta referendaria
La democrazia è già oramai
un lontano ricordo ma è ancora più pericoloso affidare il
potere interamente nelle mani di una sola persona. Non so
cosa bisogna fare, comunque
lottare per non essere sopraffatti da un’ordine nuovo che
si delinea all’orizzonte. I sistemi, dalle manifestazioni
alle richieste referendarie,
vanno tutte bene. Un appello
al Presidente del Consiglio
Renzi lo voglio fare; lei non
può sostituire la volontà dei
cittadini italiani con le decisioni di pochi segretari di governo, io non credo che il suo
successo elettorale del 40,8%
di cui lei si fa forte, la autorizzi
ad autodelegarsi in nome e
per conto dei cittadini.
Salvatore Soru
Disobbedienza civile
non violenta e rifiuto
Quel po’ di democrazia che
avevamo conquistato dopo la
guerra è purtroppo svanita
già da venti anni dopo che negli anni settanta era cominciata la riconquista totale del
potere da parte delle mai svanite classi dominanti. Ora
siamo avviati a una deriva pericolosissima dalla quale sarà
molto difficile salvarsi. Per
venire alle azioni immediate:
coordinare le azioni di boicottaggio e resistenza a questi
poteri antipopolari, disobbedienza civile non violenta e rifiuto.
Alberto Del Buono
Raccogliere le firme
tra lettori e cittadini
Caro direttore, repetita iuvant: lanciare un appello contro le riforme di Renzusconi e
raccogliere le firme tra lettori,
cittadini, associazioni e movimenti. A settembre manifestazione a Roma. Grazie per il
vostro lavoro, barricata contro il nuovo fascismo.
Enrico Bandiera
di firme al punto in cui siamo
non servono più. La manifestazione dovrà essere il più
partecipata possibile.
Gaetano Gaziano
Un documento
dei costituzionalisti
L’Aula del Senato Ansa
Pubblicare ogni giorno
il “Piano di Rinascita” P2
Suggerisco questo: pubblicate, magari anche più volte, la
copia del “Piano di Rinascita
democratica” della P2. O, anche meglio, pubblicate un
estratto, una sintesi, dei passi
del documento in cui si ipotizzano tutte le riforme che
stanno facendo oggi, a distanza di 40 anni.
Sarebbe di grande impatto!
Marco Scarponi
Maggioranza trasversale
in Parlamento
Proponiamo che il “Fatto” seguendo la sua linea politico-editoriale e supportato dai
NON SI PUÒ
MOLLARE
Bisogna lottare
per non essere
sopraffatti
da un’ordine nuovo
che si delinea:
i sistemi, dalle
manifestazioni alle
richieste referendarie,
vanno tutte bene
lettori, cerchi di spezzare l’asse Renzi-Berlusconi. Crediamo che la battaglia possa essere condotta con la raccolta
delle firme dei lettori del “Fatto”, ma anche in Parlamento
attraverso maggioranze trasversali.
Teresa Pugliatti
e Luigi Ferlazzo Natoli
Vanno definiti
dei punti chiave
Aderisco di buon grado all’invito e vi offro il mio contributo: 1) Definizione di alcuni
punti-chiave (sotto il titolo
Difendiamo la democrazia o
simili) che fissino in modo
semplice, preciso e inequivocabile certi principi irrinunciabili per la democrazia (Senato elettivo; possibilità per
l'elettore di esprimere preferenze riguardo ai candidati,
etc) 2) Campagna di raccolta
firme a sostegno di tali punti.
3) Presentazione delle firme
raccolte alle massime autorità
statali.
Oreste Martinelli
Non smettere di informare
e di informarci
Penso che la parola sarebbe
dovuta passare a noi già da
tempo ormai, o forse non
avremmo mai dovuto lasciarcela togliere. Quello che sta accadendo nel nostro Paese, è infatti molto peggio di un regime
da “uomo solo al comando”.
Già l’anno scorso avevano
tentato di metter le mani sulla
Carta, ma tutti ce ne siamo ormai scordati. Quindi hanno
pensato bene fosse tempo di
riprovarci. Cosa dovremmo
fare? Non smettere di informare e di informarci. E poi fare
l’opposizione, quella vera.
Perché alle prossime elezioni
potrò finalmente votare. E mi
piacerebbe poter ancora votare per un paese democratico.
Beatrice Barbarossa
Chiederci di nuovo
di sottoscrivere le petizioni
Cosa posso proporre, come
cittadina “informatissima”?
Posso pregarvi di continuare a
battere su queste note dolenti,
soprattutto in questo periodo
estivo, quando spariscono i
programmi d’informazione
politica e i cittadini sono alle
prese con le vacanze o solo con
l’evasione verso giardinetti e
parchi cittadini.
Potete sostenere “Libertà e
giustizia”, chiederci di nuovo
di sottoscrivere le petizioni che
ritenete opportune per ferma-
re questo sfacelo.
M. Antonietta Pinna
Una risposta popolare,
forte e urgente
Rispondo al vostro accorato e
preoccupato appello. La svolta
autoritaria di Renzi non è più
un'ipotetica minaccia. È nei
fatti. Il momento è grave. Napolitano tace, come osserva
Sandra Bonsanti sul vostro
giornale. I grandi media, tranne il “Fatto”, sono complici. In
questi momenti l'unica cosa
che può fermare la svolta è una
risposta popolare. Forte e urgente. Suggerisco, pertanto,
una manifestazione popolare a
Roma in autunno. Le raccolte
Renzi persegue lo stesso obbiettivo di Gelli-Berlusconi:
chi prende i voti, prende il potere e fa quello che vuole, eliminando i controlli. Si tratta di
una specie di dittatura a tempo,
che, per non creare allarme,
salva solo le elezioni, comunque con scarso livello di rappresentatività e depotenziate.
Occorre una risposta forte della società civile e credo che si
debba cercare di unificarla il
più possibile, per evitare dispersioni. Cedo che i costituzionalisti come Rodotà, Zagrebelsky, Carlassare, Pace debbano fare il massimo sforzo per
produrre un documento, formato volantino, comprensibile dalla maggior parte degli italiani. Poi comitati, associazioni
e partiti si attiveranno per la
raccolta firme, non solo on line
ma anche nelle piazze, sul modello del referendum per l’acqua pubblica.
Dino Dall'Osso
SCENDERE
IN PIAZZA
In questi momenti
l’unica cosa che può
fermare la svolta è
una risposta popolare.
Forte e urgente.
Suggerisco, pertanto,
una manifestazione
popolare a Roma
in autunno
La voce del dissenso
è agonizzate
Sono pronta a sostenere la vostra, anzi la nostra battaglia per
la democrazia nei modi in cui
vorrete combatterla! Io non
faccio parte di quella percentuale plebiscitaria che ieri ha
permesso l’apoteosi di Silvio
Berlusconi e oggi di Matteo
Renzi, ma in un momento in
cui la voce del dissenso è agonizzate grazie.
Mille volte grazie a voi gufi se
riuscirete a evitarci un altro disastroso ventennio da cui sa-
L’APPELLO
il Fatto Quotidiano
leggi incostituzionali o dar torto al potere politico.
Csm a un’Alta Corte per 2/3 politica.
6. CSM E MAGISTRATI Anticipando la pensione
delle toghe da 75 a 70 anni, il governo decapita gli
uffici giudiziari. I nuovi capi li nominerà il nuovo
Csm, con 1/3 di laici vicini al governo e un presidente
e un vice fedeli al governo, previo ok del Guardasigilli. Progetto di dirottare i giudizi disciplinari dal
7. PROCURATORI E PM Il procuratore capo diventa
padre-padrone dei pm, privati di autonomia e indipendenza “interne”. Per assoggettare Procure e
Tribunali, basterà controllare un pugno di capi.
8. IMMUNITÀ Rimane per i senatori non eletti.
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Consente al governo di salvare i suoi uomini alla Camera e di nominare senatori “scudati” i sindaci e i
consiglieri regionali nei guai con la giustizia.
9. INFORMAZIONE Il governo domina la Rai (rapinata di 150 mln e indebolita dall’evasione del canone) e B. controlla Mediaset. I giornali a editori impuri: aziende ricattabili dal governo e bisognose di
5
aiuti pubblici per stati di crisi e prepensionamenti.
10. CITTADINI Espropriati del diritto di scegliere i
deputati e di eleggere i senatori, oltreché della sovranità nazionale, non avranno altre armi che i referendum abrogativi (spesso bocciati dalla Consulta) e leggi d’iniziativa popolare: ma la riforma costituzionale alza la soglia da 50 a 250 mila firme.
Il contributo
Verso il nuovo Medioevo
“Vogliono ges tire
il dissenso
senza disturbi”
di Gianandrea Piccioli*
ì, siamo alle porte co’ sassi, per usare un gergo familiare al
S
nostro frenetico e fatuo presidente del Consiglio. Siamo
coinvolti in un mutamento geopolitico globale ed epocale che
rebbe quasi impossibile rialzarsi!
Francesca Cardoni
Un’opposizione che porti
il popolo in piazza
È ora di farla finita con questi
inciuciatori con il condannato,
vogliamo le elezioni politiche.
Vogliamo un’opposizione che
porti il popolo in piazza per
mandarli tutti a casa basta
chiacchiere, Renzi è in mano al
condannato e Verdini. Speriamo in Grillo ma la vedo dura
nessuno fa niente per i lavoratori, solo voi con le vostra notizie riusciamo a capire il marcio della corruzione.
Cesare Sesti
È necessario un partito
o movimento di sinistra
Per opporsi all’autoritarismo
renziano, farei appello attraverso il “Fatto” alle brave persone
del Pd e della lista Tsipras: i Mineo, Casson, Chiti e financo il
pauroso Civati escano dal Pd e
chiedano a Rodotà, Zagrebelsky e ai membri di Tsipras la
creazione di un nuovo partito-movimento. Una raccolta
firme in questo senso, fatta dal
“Fatto”, probabilmente non
smuoverà l’immobilismo
inconcludente di Civati, ma sicuramente smuoverà la coscienza di un Casson.
Barbara Cinel
Dobbiamo informare
la popolazione
Idee: 1) In ogni città un medesimo unico volantino chiaro
(come la prima pagina di domenica) e dei “comitati di liberazione nazionale” che seguano
i volantinaggi mercati, fermate
autobus, stazioni ferroviarie.
Dobbiamo informare la popolazione. 2) Un presidio permanente davanti al parlamento
con gli aggiornamenti sulla perdita di democrazia e ritorno al
passato. 3) Una lettera a ogni
parlamentare sui punti del volantino pubblicando le loro risposte o non risposte.
Flavia Donati
Date spazio a chi fa iniziative
nei territori
Scrivo da Rovigo. Da anni con la
nostra associazione facciamo
educazione
costituzionale.
Quello che avete messo nero su
bianco è verissimo e si chiama
dittatura della maggioranza.
Purtroppo oggi a differenza di
due o tre anni fa, per non parlare
del 2006, diventa arduo coinvolgere e far capire certe cose alle persone. La crisi e le retoriche
parolaie hanno addormentato e
rabbonito le coscienze civili.
Cosa fare? Per esempio insistere
nello spiegare che se questo
quadro già in avanzato stato di
composizione si completa il
“potere” diventa pigliatutto e si
piglierà i nostri diritti, tutti i diritti che crediamo di avere ancora lì, scritti nella Carta. Ditelo
con altri esempi efficaci. Date
spazio a chi fa iniziative nei territori. Fate come un anno fa:
aprite una pagina quotidiana di
esempi, commenti, adesioni.
Rosanna Cavazzini
Corradino Leandro
Coinvolgiamo i deputati
e i senatori contrari
1)Inviare un appello a tutti i senatori invitandoli a non rinunciare a un Senato elettivo; 2) Appello ai deputati e senatori affinché non si prestino a votare l’Italicum, palesemente anticostitu-
zionale. Come redazione de il
“Fatto” potreste prepararci un
file con tutti i destinatari, che noi
elettori potremmo firmare. 3)
Ricominciare la raccolta delle
firme come l’altra volta per fermare lo stravolgimento dell’art.
138
Manuela Fani
Sono sconcertato
per quanto ho letto
Sono sconcertato, e avrei molto
piacere di essere informato circa
qualsiasi iniziativa contro l’insieme di porcherie che questo
finto illegal/governo, sta cercando di attuare.
Andrea Sanna e famiglia
Una petizione
come per l’art. 138
Ho 76 anni, ma sono irrimediabilmente di sinistra, alle ultime elezioni ha votato per
Pier Luigi Bersani e vi rimprovero di averlo attaccato
aprioristicamente; perciò non
sono sempre d'accordo con
voi, ma spero lancerete una
petizione come per l’articolo
138 della Costituzione. Parlando con la gente (anche di
sinistra) c’è di che spaventarsi:
più diffusa è l’ineluttabilità di
Matteo Renzi e del suo autoritarismo.
Ada Pallai
Un referendum nazionale
per un paese narcotizzato
Propongo che i 10 punti elencati
in prima pagina ovviamente
adattati in termini di legge siano
oggetto di un referendum nazionale fra tutti i cittadini promosso
dal vostro giornale. Altro non saprei dire visto che questo Governo sta narcotizzando il Paese assieme alla stampa cosiddetta “libera”.
Orlandini Giancarlo
Siate promotori
di una raccolta di firme
Iniziamo con la conta! Potreste
essere promotori di una petizione e raccolta firme come per la
difesa dell’articolo 138 e canalizzare nel megafono mediatico.
Ottima l’edizione di domenica
sul combinato disposto di leggi:
da sempre denunciato, ma credo
mai compreso. Purtroppo l’elettore italiano, sfinito e soprattutto
pigro, deve poter identificare, capire e riconoscersi in un solo problema.
Paolo Sicari
PETIZIONE
POPOLARE
Iniziamo con la conta!
Potreste essere
promotori
di una petizione
e raccolta firme
come per la difesa
dell’articolo 138
e canalizzarle nel
megafono mediatico
Dovete coinvolgere
la stampa estera
Mio figlio dice di non scrivere
poiché con tutto quello che avete
da fare e da pensare; io invece
penso che lei Direttore abbia la
possibilità di sentire il più possibile tutte le notizie che arriveranno. Dovete rompere questo isolamento nel quale vi hanno cacciato gli altri giornali per paura
della verità; una stampa asservita
ai vari partiti politici nonché alle
televisioni; come? Coinvolgendo
la stampa estera.
Leandro Corradino
sta sconvolgendo ogni punto di riferimento, almeno per i più
anziani, come me. Come scrisse Zweig alla fine della Prima
guerra mondiale “Noi tutti, da un giorno all’altro, saremo obbligati a cambiar modo di pensare per colpa di questo sterminato oggi, di cui percepiamo solo adesso la forza e solo nella
paura, saremo obbligati ad approdare a una nuova forma di vita
(…)”. In pochi anni il panorama politico, sociale, economico,
culturale si è sconvolto: 85 miliardari detengono da soli la ricchezza di tre miliardi e mezzo di persone, nuove egemonie si
stanno delineando, in una spartizione feudale del mondo, son
tornati i servi della gleba, i mari son pieni dei corpi di chi cerca
scampo dagli orrori del sangue e della fame (prodotti quasi sempre da noi) e le oligarchie economiche annullano le forme democratiche nate dai disastri del Novecento. Renzi, da bravo politico, è furbo e cattivo e, più o meno consapevolmente, con
l’appoggio dell’ineffabile Capo dello Stato, sta facendo quanto
gli chiede la grande finanza globale, soprattutto americana: il
traghettamento da una democrazia parlamentare a una presidenziale, con forte connotazione autoritaria: l’unica forma di
governo ritenuta adatta a gestire la situazione attuale e i prossimi prevedibili sconvolgimenti. Un governo pronto a obbedir
tacendo ai diktat delle grandi agenzie internazionali e in grado
di gestire senza remore la piazza e il dissenso. Tutto il resto son
chiacchiere: il mantra delle riforme, il mito della crescita, lo
sviluppo, i giovani… Nulla di quanto si è letto in questi mesi
riguarda la vera soluzione dei problemi urgenti, ma tutto è fumo
negli occhi per far passare l’unica cosa che interessa: il cambiamento del nostro assetto costituzionale e democratico in vista del nuovo Medioevo. Ben venga l’allarme del Fatto. Come
reagire? Non c’è più un partito che possa arginare l’esondazione
antidemocratica: il Pd è complice, i 5Stelle sono sostanzialmente inaffidabili, il polo di destra è allo sbando (unica nota confortante), la lista Tsipras, per cui ho votato, è agli inizi e sembra
soffrire i postumi di un parto prematuro e delle “malattie infantili” della sinistra. La velocità
degli eventi non rende nemmeno
più praticabile la strategia della
gloriosa vecchia talpa. Perché scrivo, allora? Un po’ per dare conforto a me stesso trovandomi in una
compagnia che nutre le mie medesime angosce. Un po’ per esortare
tutti a mantener alta la guardia, a
dismettere, una volta tanto, le rivalità interne, le gelosie ideologiche, le ambizioni personali; a sentirsi partecipi di uno spirito nuovamente resistenziale, perché di
Gianandrea Piccioli
questo si tratta. Non sto dicendo
che Renzi e le sue girls siano una
sorta di nuovo fascismo contro il quale si debba andarsene armati in montagna, per carità. Ma che si debbano usare tutti i
mezzi democratici a disposizione, da quel che resta dell’informazione ai referendum abrogativi, dalla denuncia continua alla
proposta documentata di soluzioni alternative. Ma soprattutto
alla creazione di reti con Libertà e Giustizia, Lista Tsipras, il
mondo cattolico democratico (che si sta risvegliando dopo il
lungo inverno postconciliare), le schegge meno parrocchiali
della sinistra radicale, il mondo della scuola non ancora completamente spianato, quel che resta del sindacato non asservito.
Occorre che l’area della consapevolezza e del dissenso si estenda
il più possibile per mettere sabbia negli ingranaggi, rallentare la
deriva, avere la possibilità di organizzare un’alternativa democratica. Il Fatto, pur giovane, ha ormai una tradizione nella capacità di controinformare e mobilitare. Il Manifesto, che nella
nuova gestione si è buttato alle spalle i velleitarismi del passato,
è un quotidiano di grande caratura intellettuale e offre ogni
giorno analisi e inchieste che andrebbero divulgate. Sono giornali diversissimi per storia, stile e visione, ma in tempi come
questi sarebbe anche auspicabile non dico una collaborazione
ma almeno la consapevolezza che si condividono le stesse
preoccupazioni. Non è più tempo (se mai lo è stato) per i distinguo. Occorre ripensare la Resistenza storica, non solo italiana ma europea, per quello che è stata: modo d’essere e categoria interpretativa, esigenza morale e stile di vita. Ne saremo
capaci?
* Ex redattore e dirigente di Garzanti, Sansoni e Rizzoli.
6
SPROFONDO SUD
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Pcontro
alermo, le cosche
chi patteggia:
“Roba da infami”
di Enrico
Fierro
e Lucio Musolino
Oppido Mamertina (Rc)
S
e volete capire certi
paesi di quel cuore
nero del Sud che è la
Calabria, non dovete parlare con i vivi, ma con i
morti. Perché qui i vivi raccontano bugie, parlano per
nascondere verità che sono
sotto gli occhi di tutti da
sempre, da secoli. La ’ndrangheta non esiste, sono tutte
falsità, la Madonna non si è
inchinata, la mia famiglia
tutti galantuomini: mentono
i figli rozzi e ignoranti della
mafia e mentono quelli che
hanno studiato, i sindaci, gli
avvocati, i “luigini” di paese:
attaccati ad uno stantio latinorum per loro il problema
è sempre un altro.
ANCHE COSA NOSTRA ha la sua
etica da rispettare. A ricordarlo sono
il presunto boss Gioacchino Intravaia
e il suo fedelissimo Giuseppe Bonura,
indagati nell’operazione “Apocalisse”, che ha portato all’arresto di 95
persone, ritenute parte dei clan
dell’area occidentale della città di Pa-
PER I DANARI una sera di
maggio del 1998, freddarono
Giovanni Polimeni. Spararono come ossessi i killer quella
sera, e ammazzarono malacarne e innocenti. Uomini
senza onore e senza pietà, uccisero Mariangela Anzalone,
nove anni appena. Per la conquista della “locale” di Oppido – la cellula dell’organizzazione mafiosa nel paese
che era importante tanto da
avere potere di parola e decisione anche nella lontana
Lombardia – don Peppe
Mazzagatti un giorno di aprile del ’93 perse il figlio Pasquale che aveva 33 anni. Pasquale, due figli maschi e tre
femmine, aveva fatto un
buon matrimonio che allargò
e rafforzò le alleanze della sua
famiglia. Sposò una nipote di
don Saro Mammoliti, un
grande boss di una famiglia
che contava, lo chiamavano il
sano alla pena che sarà inflitta da Cosa Nostra a quanti scelgono di “cantare”, quando torneranno in libertà.
Non si tratta di semplici intimidazioni, ma di reale giustizia mafiosa. Infatti, dall’inchiesta sono emersi casi
concreti in cui Bonura avrebbe dato
direttive a degli intermediari, affinché
redarguissero colui che si era macchiato del “disonore”. L’operazione
Apocalisse, risultato della cooperazione tra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, è considerata una delle più grandi operazioni antimafia degli ultimi anni, e ha portato a galla un
intricato sistema di estorsioni.
OPPIDO L’ORGOGLIO
MAFIOSO DEL PAESE
CHE S’INCHINA AI BOSS
TEATRO DAGLI ANNI OTTANTA DI UNA SANGUINOSA FAIDA
OGGI IL PARROCO DON BENEDETTO RUSTICO SI GIUSTIFICA:
“DEFERENZA? MA LE NOSTRE CASE SONO PIENE DI ARRESTATI”
MENTONO pure i sacerdoti
di un Cristo che qui viene
messo in croce ogni giorno. E
allora è con i morti che bisogna parlare, solo loro sono
in grado di dirti la verità su
Oppido Mamertina e la sua
mafia fatta di vecchi boss malati e di moderni criminali
capaci di tutto: accumulare
milioni di euro nell’Italia di
sopra, giocare con i colletti
bianchi per accaparrarsi i beni delle aste giudiziarie nella
Capitale e uccidere un loro
rivale gettandolo in pasto ai
porci. “Orate pro defunctus”,
c’è scritto all’ingresso del cimitero di Oppido. Preghiamo per i morti della lunga
guerra di mafia che dal 1986
lascia cadaveri a terra a decine in questo paese. Faida la
chiamano, e sbagliano, perché quei 30 morti e la ventina
di feriti gravi non sono il
frutto di arcaiche vendette
tra famiglie, qui non si recita
una improbabile Cavalleria
rusticana, no, sono le vittime
di una guerra di potere.
L’onore non c’entra, le arcaiche tradizioni neppure, questo è materiale buono per i
gonzi, la guerra è per i soldi, i
beni da accumulare, la roba
da conquistare. Per questo si
sono combattute le famiglie
dei Ferraro-Raccosta da una
parte e dei Mazzagatti, Polimeni, Bonarrigo, dall’altra.
Per i danari hanno ucciso.
lermo, particolarmente influenti nei
quartieri Resuttana e San Lorenzo. Intravia spara a zero su quanti in queste
ore stanno scegliendo di patteggiare
la pena, apostrofando la scelta del rito alternativo come “una roba da cornuti, sbirri e infami”. È un peccato che
non si può perdonare e i boss già pen-
il Fatto Quotidiano
La processione di Oppido Ansa
STATUA E INDAGINI
Dopo le polemiche
per l’omaggio
al malavitoso,
continua l’inchiesta
della Dda, ma tutti
cercano di negare
playboy di Castellace, era bel-
lo ed elegante, ma ancora di
più intelligente e aveva capito
che il pizzo, i sequestri e le
rapine erano roba da pezzenti, che ora c’era la droga e i
soldi da investire in attività
pulite. Come tutti gli uomini
che contano nella ’ndrangheta sapeva che la vendetta è un
piatto che si mette a tavola
gelato. E la morte di Pasquale
Mazzagatti fu vendicata quarantotto mesi dopo, una sera
d’agosto. Tre morti a terra.
“Noi dopo Pasquale siamo
stati fermi quattro anni. Sono
passati quattro anni e nun ficimu nenti”. È il 5 giugno del
1998 e la voce di Giuseppina
Polimeni, la moglie del vecchio boss Peppe Mazzagatti,
non tradisce un filo di emozione mentre parla con la figlia di quella vendetta.
I MORTI PARLANO e ti rac-
contano la lunga guerra di
Oppido, il terrore della gente
onesta, un paese intero piegato agli interessi criminali di
poche famiglie. Il rispetto, le
parentele. In paese giustificano il prete che ha consentito
l’inchino della Madonna nei
pressi della casa del boss con
i legami familiari. Dicono
che un suo primo cugino,
Carmelo, abbia sposato una
delle figlie di don Peppe
Mazzagatti. E quindi la Madonna, la madre di Cristo,
l’immagine della pietà umiliata per onorare uomini sanguinari. Appena due anni fa
Francesco Raccosta, colpevole di aver ammazzato il
boss Mimmo Bonarrigo, al-
leato della famiglia Mazzagatti, fu ucciso in modo orrendo. Ferito a morte con
una spranga, fu gettato in pasto ai porci. “È stata una sensazione non bella, di più. Ho
aperto la gabbia della femmina, un maiale da due quintali,
e temevo che quella puttana
non se lo mangiava perché lui
VENDETTE
Francesco Raccosta,
colpevole di aver ucciso
Mimmo Bonarrigo,
alleato dei Mazzagatti,
fu ferito a morte e poi
gettato in pasto ai porci
era sporco di sangue. Mamma mia come strillava, ho visto scrocchiare la tibia… cazzo come mangiava quel
maiale”. Il giovane carabiniere addetto all’intercettazione
dovette strapparsi le cuffie e
andare in bagno a vomitare
dopo aver ascoltato le parole
del killer. Mentono i vivi. Si
appella alla Madonna Mim-
ma Mazzagatti, la figlia del
boss. “O signuri, o signuri tu
che vedi tutto, mio padre è
innocente, mio fratello è innocente. Sono orgogliosa di
mio padre, sono orgogliosa
della mia famiglia. Li misero
in croce come Giuda mise in
croce a Cristo. Ma quale
’ndrangheta, qui non esiste
nulla sono solo menzognità. Il
Signore grida vendetta…”.
Non vede, non sente e non
sapeva il prete don Benedetto
Rustico. Intervistato dal sito
calabrese Strill.it parla di processione antica, di percorsi
che si fanno da sempre. “Nessun inchino a nessuno, forse
ci può essere una interpretazione visto che in quella casa abita questa famiglia che
loro dicono… ma applicando questo criterio le nostre
case sono piene di queste
persone arrestate… tornassi
indietro annullerei la processione”. Eppure il Papa aveva
chiesto coraggio ai preti di
Calabria, sapendo quanta generosità c’è nella chiesa di
quella terra, ma anche quanta
vigliaccheria alligna nelle
oscure sacrestie. Non sono
state ascoltate le parole di
Francesco.
DI FRONTE a tanti don Ab-
bondio, la mente va al “Previtocciolo”, il racconto scandalo di uno scrittore di Oppido, don Luca Asprea, Carmine Ragno, sulle perversioni e le complicità di certa società calabrese e di certo clero. Il ricordo oscuro del seminario, dove i seminaristi
scrivevano W il Papa sui muri
dei bagni con i loro escrementi.
PROCESSIONI
“Portare il santo”, simbolo di potere
di Fabrizio d’Esposito
a festa della Madonna delle Grazie,
L
una delle icone mariane più venerate nel nostro Paese, cade il 2 luglio di
ogni anno, ma in quasi tutto il Sud la
relativa processione si svolge nella domenica successiva. Nel rione Treselico
di Oppido Mamertina, dove il corteo ha
fatto l’inchino davanti alla casa dell’anziano boss locale, si è invece tenuta nel
giorno canonico, il 2 luglio. Tecnicamente, nel gergo degli esperti, è una sosta e l’usanza è molto diffusa. Di solito le
processioni, patronali o mariane, lungo
il percorso trovano portoni aperti e ingenti offerte per la chiesa (accade per
esempio nella festività del Corpus Domini, quando il Santissimo esce dal tabernacolo) e talvolta sostano laddove c’è
da ossequiare una cosiddetta “persona
in vista”, che può essere un politico o un
mafioso (episodi uguali si sono verificati
a Campobello di Mazara e a Castellammare di Stabia).
La sosta di Treselico, difesa dal parroco
di quel santuario della Madonna delle
Grazie, dice però anche altro. Come il
ruolo dei portanti o portantini. Si tratta
del posto più ambito e prestigioso in una
processione ed è la passerella ideale per
chi, pur lontano dalla Chiesa e peccatore
manifesto, vuole riscattarsi o dimostrare il suo potere agli occhi della comunità
dove vive. Ed è per questo che sarebbe
utile conoscere il numero dei credenti
praticanti tra i portanti che hanno fatto
l’inchino al boss. Probabile che sia è basso perché è così che funziona.
indica l’apparato su cui poggia la statua.
Ed è sempre la “vara”, soprattutto nelle
processioni della Settimana Santa, a
chiudere i cortei, facendo sfilare subito
dopo le “autorità civili e militari”. Ogni
processione è un microcosmo con rigide
gerarchie che inverte il senso comune: a
contare è la coda del corteo perché i primi, davanti, sono i meno importanti.
Per portare la “vara” capita di sborsare
LE PROCESSIONI, purtroppo, diventa- cifre altissime e non è facile rovesciare
no un rito parallelo a quello ufficiale, che questa tradizione. Proprio in Calabria,
spesso sfugge al controllo del clero. E il quattro anni fa, i sicari della ‘ndrangheta
simbolo di questa contaminazione tra fecero il tiro al bersaglio contro il porSacro e Gomorra diventa la “vara”, la de- tone del priore (laico) della confraternita
finizione dialettale che deriva da bara e del Santissimo Rosario. Accadde a
Sant’Onofrio, nel Vibonese, ed era il sabato
prima di Pasqua. Per la
LA “VARA”
prima volta nella storia
del paesino il priore
All’asta di Taranto, per
aveva escluso i condantrasportare l’Addolorata nati dalla processione
dell’Affruntata, quanil giovedì di Pasqua,
do la statua della Madonna corre verso il Fici vogliono almeno
glio Risorto. Per decenOppido. Dopo la messa,
ni alla guida della con85mila euro: soldi per
una fedele si rivolge così
fraternita c’era stato il
la penitenza pubblica
al cronista del “Fatto”
padrino di Sant’Ono-
frio, don Vincenzo Bonavota (mantella
azzurra su una piccola tunica bianca e
bastone da priore), e i portanti delle statue venivano selezionati con i criteri della fedeltà alla cosca e delle buste gonfie di
euro. E quando il nuovo priore ha imposto il sorteggio è arrivata la ritorsione.
Colpi contro il portone e processione sospesa, quasi un atto blasfemo. Anche
quest’anno l’Affruntata non è stata celebrata perché la popolazione non ha accettato che i portanti fossero scelti tra la
Protezione Civile.
Ecco, scardinare questo sostrato di ancestrale devozione popolare è impresa
difficilissima. Portanti, soste, statue, soldi, complicità o tolleranza del clero: questo il miscuglio micidiale di tante processioni in Puglia, Campania, Sicilia e
Calabria. A Taranto, solo per fare un
esempio “economico”, quest’anno le
“sdànghe” (sinonimo di “vara”) dell’Addolorata, per la processione del Giovedì
Santo notte, sono state battute in un’asta
a 85mila euro, 10mila euro in meno del
2010. In pratica i confratelli divisi in
gruppi si contendono il ruolo di portanti. I posti vanno a chi offre di più. Un
modo di fare penitenza che ricorda le indulgenze che un tempo si vendevano.
SPROFONDO SUD
il Fatto Quotidiano
M
anomesso
il profilo Facebook
del pontefice
QUALCUNO ha voluto giocare un brutto scherzo a Papa Francesco e ai suoi followers di Facebook. Domenica il profilo del Santo Padre,
che sul social network conta un milione e trecentomila like, ha iniziato a pubblicare status
che da subito si sono rivelati essere frutto di
un’infiltrazione di hacker. A cominciare da frasi
come “Io testimonio che non c'è altro dio che
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
7
Allah e che Maometto è il messaggero di Dio”,
o rivelazioni amorose del tipo “ho amato una
ragazza quando avevo 17 anni, il suo nome
era...”. Sul profilo sono apparse anche e scritte
in lingua araba. L’ultimo post pubblicato dall’autentico Vescovo di Roma risalirebbe alle 14,
un’ora prima dell’intrusione dei misteriosi autori della manomissione.
Il magistrato
Nicola Gratteri
“Le ’ndrine sfidano il Papa:
o si media o sarà scontro”
di Beatrice Borromeo
L
Papa Francesco in visita in Calabria LaPresse
LA FIGLIA DEL CAPO CLAN
a ‘ndrangheta ha sfidato
ufficialmente il Papa.
Adesso le strade sono
due: si va allo scontro o
si cerca la mediazione. Può succedere di tutto”. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola
Gratteri, aveva già lanciato l’allarme in un’intervista rilasciata qualche mese fa al Fatto: “La linea dura
di Papa Francesco può metterlo in
serio pericolo”. Così, la decisione
dei detenuti di non andare più a
messa nel carcere di Larino, oltre
alla processione religiosa che s’inchina davanti alla casa del boss,
non si possono più leggere come
isolati gesti di protesta. “È la loro
risposta alla scomunica del Papa.
Ma non implica necessariamente
l’inizio di una guerra. Chiesa e
‘ndrangheta si stanno annusando:
il braccio di ferro deve ancora cominciare”.
Gratteri, pensa che i mafiosi, messi
alle strette, possano ricorrere alla
violenza per risolvere questo conflitto?
“LA ’NDRANGHETA NON ESISTE”
O signuri, o signuri tu che vedi tutto,
mio padre è innocente, mio fratello è
innocente. Sono orgogliosa di mio padre,
sono orgogliosa della mia famiglia. Ma quale
’ndrangheta, qui non esiste nulla sono solo
menzognità. Il Signore grida vendetta…
“
Potrebbe succedere, sì. La situazione per adesso è molto fluida. Ci sono diversi fattori in gioco. Bisogna
innanzitutto capire se preti e vescovi applicheranno davvero questi diktat con l’intransigenza richiesta da Francesco.
Si aspettava che Bergoglio scomunicasse i boss?
Diciamo che il discorso di Cassano
Ionio lo aspettavamo in molti da
un secolo e mezzo. Questa scomunica è storica, mette in discussione
il silenzio-assenso e gli accordi più
o meno taciti su cui si basano i rapporti di certe parti della Chiesa coi
mafiosi. Quello di Francesco è un
taglio netto: “Ora basta, scegliete”.
Ma i padrini lamentano l’esclusione
dei peccatori dalla Chiesa.
Eh già, formalmente fanno le vittime: “Siccome abbiamo sbagliato,
ci cacciate”. Ma è una menzogna. Il
Papa si riferisce solo ai criminali
che non si pentono, che scelgono di
continuare a essere mafiosi. E questo, alla ‘ndrangheta, non piace.
Perché la criminalità organizzata è
così legata alla Chiesa?
Perché i mafiosi si nutrono di consenso popolare, e la vicinanza con
preti e vescovi implica maggior potere e, soprattutto, legittimazione.
Brigantini, vescovo calabrese, è arrivato a dire che i detenuti sono
persone serie, che riconosce una
certa coerenza nel loro modus operandi e vivendi. Ma lo sa, il vescovo, che tra loro ci sono anche assassini che ammazzano i bambini o
che stuprano le mogli degli altri detenuti? Ho difficoltà a capire dove
stia la serietà di questa gente.
Ansa
OFFENSIVA
E“ALFANO CHI”?
I mafiosi tenteranno la via più
tradizionale: quella dei soldi
Sono molto generosi coi
prelati: con le grandi donazioni
comprano appoggi
Ma dove sono gli 800 uomini
annunciati dal ministro?
Un vescovo come Brigantini,
nell’era di Papa Francesco, potrebbe avere dei problemi?
Non so come si comporterà Bergoglio quando si accorgerà di certi
comportamenti, ma di sicuro il futuro di questa battaglia dipende
anche da questo: quanto controllo
ha il Papa su preti e vescovi? Non
sappiamo ancora se lo seguiranno:
anche perché interrompere la connivenza, dopo secoli di ammiccamenti reciproci, non è semplice. E
il coraggio non si vende alla Standa.
Cosa accadrebbe se Bergoglio riuscisse nell’impresa?
Una rivoluzione. A quel punto la
reazione della mafia sarebbe imprevedibile. Potrebbero abbassare
la testa e fermarsi, oppure andare
allo scontro. La terza possibilità è
che tentino di recuperare il dialogo
mediando con i preti compiacenti.
La trattativa Stato-Mafia però è
stata estorta con le bombe.
Credo che all’inizio la ‘ndrangheta
tenterà la via più tradizionale, che è
quella dei soldi. I mafiosi sono
molto generosi coi prelati. E grandi
donazioni comprano appoggi importanti tra chi amministra la
Chiesa.
Il problema è che anche le mafie,
storicamente, traggono consistenti
vantaggi economici dal loro rapporto con il Vaticano.
Per questo lo strappo netto ancora
non c’è stato. La decisione però va
presa. La ‘ndrangheta sta aspettando: vuole vedere l’effetto che avrà
questa protesta. La verità è che ancora non sappiamo, da tutte e due
le parti, qual è la tenuta. Passerà
qualche mese e poi sarà il silenzio o
la resa dei conti.
Il ministro Alfano ha promesso che
manderà 800 uomini in Calabria.
Li ha visti lei? Da quel che mi risulta non sono arrivati. Noi qui abbiamo bisogno di investigatori, di
gente in grado di scrivere informative. Da dove li vuole prendere,
questi uomini? Da Milano, da Napoli, da Palermo? Se il ministro
pensa di mandare ragazzi freschi di
scuola, ben vengano, ma non bastano certamente. La ‘ndrangheta
la combattono l’intelligenza e soprattutto l’esperienza. Mi pare
l’ennesima presa in giro ai calabresi.
Twitter: @BorromeoBea
I CARCERATI NON VANNO A MESSA
La rivolta di Larino e la Chiesa debole
di Marco Politi
ontro Francesco la crimiC
nalità organizzata ha lanciato una sfida pubblica. Ora
che sui fatti di Larino è partita la
corsa al ridimensionamento, è
bene tenere presente la posta in
gioco. Un avvertimento durissimo della mafia al Papa, che ha
scomunicato i mafiosi. Dice il
vescovo locale mons. Gianfranco De Luca: “Nessuna rivolta…
c’è stato un dialogo, anche partecipato, ma né un ammutinamento né tanto meno un non
volere andare a messa. La coscienza (dei detenuti) era stata
mossa da quanto il Papa aveva
detto…”. Dice il cappellano del
carcere don Marco Colonna:
“Nessuna ribellione… le parole
del Papa hanno aperto una riflessione e hanno portato gli
stessi detenuti - una trentina
circa - a chiedere chiarimenti
sul senso di queste parole”.
Dice l’ispettore capo della polizia penitenziaria, Nicola Di
Michele: “Nessuna protesta...
Se i nostri detenuti decidono di
prendere iniziative, usano sempre scrivere una lettera alla direzione”. Nelle vicende di mafia
l’ingenuità è imperdonabile.
Nel 2012, per punire Berlusconi, la mafia ordinò di non andare alle urne approntate nelle
carceri. Riportano le cronache
che a Palermo, nell’istituto di
pena di Pagliarelli, su 1.300 rinchiusi solo uno si presentò al
seggio per le regionali siciliane.
Raccontò l’Espresso che in tutta
la Sicilia “su 7.050 detenuti hanno votato solo in 46: si tratta di
carcerati comuni e non di mafia”. Ha ragione Giancarlo Caselli: “Papa Francesco, dopo la
scomunica, è indicato come nemico dai mafiosi”. Perché di
questo si tratta. Non è nel carcere di Larino che è nata l’idea
di lanciare il guanto di sfida a
Francesco. Simili iniziative partono sempre dall’alto della cupola mafiosa. Sono un gesto
programmato, una prova di
forza pubblicizzata per piegare
l’avversario.
Osserviamo in sequenza le parole del cappellano don Marco
Colonna.
1. “Alcuni detenuti sono venuti
da me a chiedermi se dovevano
ritenersi scomunicati”. Sono
una trentina, una folta delegazione rappresentativa dei duecento mafiosi rinchiusi nella sezione di massima sicurezza.
2. “Ho provato a spiegare che la
Chiesa non caccia nessuno”.
Gli inviati annunciano che “se
non potevano più prendere i sacramenti, avrebbero smesso di
venire a messa”. Il ricatto è
esplicito. Non esprimono il desiderio spirituale di partecipare
al rito, vogliono che sia evidente
pubblicamente che continuano
a ricevere i sacramenti dopo la
scomunica lanciate dal Papa.
3. “Dopo giorni di riflessione gli
ho garantito che avrebbero comunque ricevuto i sacramenti”.
È il sistema classico. L’ “ambasciatore” trasmette la minaccia
e dopo qualche tempo il minacciato è costretta a piegarsi. Si osservino le parole riportate dal
cronista di Repubblica. Il sacerdote deve “garantire” che di-
Monsignor Galantino (Cei) Ansa
SCOMUNICA
Ci sono vescovi come
il segretario Cei cui non
sfugge la posta in gioco:
ma ce ne sono altri,
anche tra i sacerdoti,
pronti a tergiversare
stribuirà i sacramenti.
4. “La protesta è rientrata”.
L’obiettivo della ‘ndrangheta è
stato raggiunto.
Nel mirino non è certo don
Marco Colonna, che svolge la
sua faticosa missione. Nel mirino – e pericolosamente – il
crimine organizzato sta ponendo papa Francesco con l’intento
di dimostrare al mondo che le
sue parole non contano niente.
Già mesi fa il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri aveva lanciato l’allarme a proposito dell’irritazione della malavita nei confronti
di Francesco.
È falso dire che la Chiesa non
caccia nessuno. Certamente il
Papa della misericordia non intende rigettare alcun peccatore.
Ma quello che ha chiesto in Calabria, scomunicando i mafiosi,
è il ripudio palese della loro partecipazione alla criminalità organizzata. Proprio contro questa richiesta di “dissociazione
etica” è nata quella che Famiglia
cristiana chiama giustamente la
“ritorsione” di Larino.
La partita ora rimane aperta,
apertissima. Perché l’obiettivo
della mafia è di bloccare sul nascere la mobilitazione di clero e
vescovi secondo la linea di assoluto rigore indicata dal Papa.
Ci sono vescovi come il segretario della Cei mons. Nunzio
Galantino, che comprendono
benissimo la posta in gioco: “La
scomunica è pubblica, chi ha
commesso pubblicamente il
male deve dichiarare pubblicamente il suo pentimento”. Ma
ci sono anche vescovi e sacerdoti pronti a tergiversare. A cavillare sulle procedure relative
alla scomunica, a invocare a
sproposito il concetto di assistenza spirituale che non si nega
a nessuno, a chiudere un occhio, a declassare le parole del
pontefice a pia esortazione, a
nascondersi dietro le scuse più
varie. Nella gerarchia gli inerti
sono molti.
La battaglia di Francesco, come
spesso accade, è su due fronti.
Fuori e dentro la Chiesa.
8
GIUSTIZIE
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
R
iccione, tensione
nel cantiere
del “Tav romagnolo”
di Antonella
I
Mascali
l sottosegretario alla
Giustizia Cosimo Ferri
è sull’orlo delle dimissioni forzate, dopo gli
sms inviati a magistrati per invitare a votare due candidati
di Magistratura Indipendente
al Csm, Lorenzo Pontecorvo e
Luca Forteleoni.
Per Renzi la sua condotta è
“ingiustificabile”, per l’Associazione nazionale magistrati
ha commesso “Una grave interferenza”. In silenzio il ministro della Giustizia Andrea
Orlando che, però, prende la
questione “molto seriamente”, dicono in via Arenula.
Ieri ha ricevuto il sottosegretario soltanto intorno alle
20.30, dopo numerose riunioni in vista della due giorni a
Milano del gruppo europeo
Giustizia e Affari penali.
SUL FACCIA A FACCIA con
Ferri il guardasigilli riferirà al
premier. Ed è Renzi che avrà
l’ultima parola, anche se
quell’“indifendibile” sembra
già far presagire una richiesta
di dimissioni. Anche perché il
presidente del Consiglio Renzi tante volte si è scagliato contro il correntismo della toghe.
Ma è stata l’Associazione nazionale magistrati a usare le
parole più dure e a porre, ancora una volta, il problema di
come conciliare il diritto costituzionale per un magistrato
di entrare in politica e il dovere di non entrare in conflitto
di interessi. L’Anm ieri è stata
lapidaria, ma prima di parlare
ha aspettato la chiusura delle
urne per il rinnovo del Csm.
“Il sostegno esplicito di un
membro del Governo – ha
detto l’Anm – volto a favorire
LE TENSIONI accompagnano i lavori per l’alta velocità anche a Riccione, dove si è sfiorato lo scontro
nel cantiere per la realizzazione del
Trasporto rapido costiero (Trc) .
Nonostante la presenza della polizia, alcuni manifestanti contrari
all’opera sono riusciti a entrare
nell’area dei lavori, dove era iniziato l’abbattimento degli alberi, per
tentare di bloccare le ruspe. Tra insulti e lanci di uova contro i mezzi
usati per i lavori, gli operai sono
stati costretti a interrompere l’attività.
Alla fine gli operai hanno convinto
il Fatto Quotidiano
i manifestanti no-Trc a lasciare libero il cantiere, ma solo a condizione che le operazioni venissero
sospese per l’intera giornata.
I lavori dovrebbero riprendere questa mattina.
Le proteste nascono dalla denuncia di un comitato che riunisce abi-
tanti di Rimini e Riccione, Cittadini
per il rispetto della legge e la tutela
dell’ambiente, che hanno presentato un esposto sulla presenza di
materiali inquinanti nel cantiere.
Una versione ritenuta invece infondata dall’azienda che segue i lavori.
FERRI VERSO L’ADDIO
RENZI VUOLE LA TESTA
DEL SOTTOSEGRETARIO
PER IL PREMIER GLI SMS DI PROPAGANDA ELETTORALE
DEL GUARDASIGILLI PER IL RINNOVO DEL CSM
SONO “INGIUSTIFICABILI”. IERI FACCIA A FACCIA CON ORLANDO
l’elezione di alcuni dei componenti dell’organo di governo autonomo della magistratura non solo costituisce
un’evidente e grave interferenza nel delicato equilibrio
tra i poteri, ma fa emergere
ancora una volta la problematicità dei rapporti tra politica e
magistratura e la necessità di
porre dei limiti per assicurare
una netta distinzione di ruoli e
funzioni”.
Quanto al caso specifico di
Ferri “appare evidente che essendo il sottosegretario alla
Giustizia un magistrato che al
momento della nomina ricopriva la carica di membro del
Comitato direttivo centrale
dell’Anm, nonché di segretario nazionale di una delle
componenti della magistratura associata (Magistratura Indipendente, ndr) sia circostanza non trascurabile che ripropone il dibattito, sempre aperto, relativo alla partecipazione
dei magistrati alla vita politica,
dovendosi evitare ogni possibile confusione di ruoli e valutare i casi in cui la stessa sia
compatibile, anche solo sul
piano dell’opportunità, con la
necessaria tutela dell’immagine di autonomia e indipendenza del magistrato correlata
Cosimo Ferri LaPresse
LA DIFESA
“Qualcuno vuole
negarmi il sacrosanto
diritto di esprimere
un parere in forma
privata. Sono anche
avente diritto al voto”
all’esercizio della sua funzione, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali garantite a tutti i cittadini”.
Dopo
le
considerazioni
dell’Anm, il Movimento cinque stelle ha chiesto le dimissioni di Ferri: “Tragga le dovute conseguenze, si dimetta”,
ha dichiarato Mario Giarrusso, membro della commissio-
ne Giustizia del Senato. Posizione cerchiobottista quella
del ministro dell’ Interno Angelino Alfano: “Ferri ha il diritto e il dovere di fare una
riflessione e di comunicarla
pubblicamente. È una vicenda
che va affrontata pubblicamente e senza ipocrisie, ma al
tempo stesso vedo troppi che
si scandalizzano pur nella
consapevolezza di come si
svolgono le elezioni al Csm e
di come queste elezioni siano
veramente una contesa aspra
tra le varie correnti della magistratura”.
FERRI, IN REALTÀ, la rifles-
sione pubblica l’aveva già fatta
domenica quando ha rivendicato il suo diritto di appoggiare candidati al Csm perché,
da magistrato in aspettativa,
ha il diritto di voto per il Csm.
“Quasi si vuole negare, solo a
qualcuno – aveva detto – il sacrosanto diritto di esprimere,
peraltro in forma privata, la
propria opinione rispetto a un
evento che mi vede, inoltre,
interessato anche quale avente
diritto al voto”.
Per il sottosegretario alla Giustizia, evidentemente, l’opportunità a cui si è richiamata
l’Anm, non esiste.
Libertà e Giustizia:
“Perché non lascia?”
COSA ASPETTA il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri a dimettersi? E cosa aspetta il premier Renzi a chiedere
ufficialmente le sue dimissioni? Libertà e Giustizia ricorda la
gravità di chi abusa del suo ruolo governativo per influenzare
elezioni di un altro organo dello Stato. A che serve sbandierare una epocale riforma della giustizia se non si rispettano i principi di separazione tra i poteri dello Stato? LeG
auspica che Ferri riconosca rapidamente di aver sbagliato e
lasci ad altri più rispettosi di lui della Costituzione italiana, il
posto che sta occupando al Ministero di Grazia e Giustizia.
Libertà e Giustizia
Carceri, stalker a piede libero
PER I MAGISTRATI IL DECRETO NON RISOLVE IL SOVRAFFOLAMENTO: “È SOLO UNA SCAPPATOIA”
di Chiara
Daina
solo una scappatoia per risolÈ
vere il problema del sovraffolamento”. Così Maurizio Carbone,
pubblico ministero a Taranto e segretario generale dell’Associazione
nazionale magistrati, giudica l’ultimo decreto svuota carceri (n. 92) entrato in vigore il 28 giugno. In buona
sostanza, il provvedimento prevede
per chi ha una pena detentiva non
superiore a tre anni l’esonero dalla
misura della custodia cautelare in galera. Risultato: centinaia di detenuti
potrebbero tornare a piede libero.
“ANCHE CHI È PLURIRECIDIVO e ha
commesso reati gravi – sottolinea il
pm –, come stalking, maltrattamento
in famiglia, furto in abitazione, rapina aggravata. In questo modo, si
compromette la sicurezza sociale”.
Con il conseguente rischio di inquinamento delle prove e fuga all’estero
da parte dell’imputato. Non solo. I
magistrati sollevano altre due criticità
contenute nel decreto legge. La prima
riguarda “la sovrapposizione di due
fasi del processo con finalità distinte
– spiega Carbone -, la misura preventiva e la condanna finale. Quindi
l’istituto della custodia cautelare anticipa la pena definitiva”. Un effetto
che potrebbe avere strascichi nella
lotta alla corruzione. “In questo caso
– continua Carbone - se all’esito dei
tre gradi di giudizio l’accusato prende
una pena inferiore ai tre anni, ricorrendo a patteggiamento o rito abbreviato per esempio, non c’è pericolo
che subisca limitazioni alla libertà
personale in via precauzionale”.
La seconda questione riguarda la difficile interpretazione del testo. “Sembra che il giudice debba tenere conto
anche del presofferto (il periodo in
custodia cautelare o in detenzione domiciliare,
ndr): se una persona con una
condanna
di
quattro anni per
rapina ha già trascorso un anno e
mezzo di custo-
CONTRO
LA VIOLENZA SULLE
DONNE
Manifestazione
alla Reggia di Venaria (Torino)
Ansa
dia preventiva dovrà scontare solo strutturale, che tenga conto del rafdue anni anni e mezzo di carcere?”. forzamento delle misure alternative e
La domanda resta aperta per i ma- dell’edilizia penitenziaria.
gistrati, che oggi, in occasione Intanto, si inizia a respirare un clima
dell’Audizione alla Camera sul decre- di tensione per i possibili risvolti del
to, presenteranno
decreto. Il Corriere
un parere scritto con
della sera racconta di
tutte queste perplesun fatto di cronaca
FUORI TUTTI
sità.
avvenuto a Milano:
un uomo accusato di
Anche chi è recidivo
“violenza fisica e psiI DETENUTI rincologica in modo
chiusi nelle galere
e ha commesso reati
continuativo e abiitaliane sono 65.831
gravi (come rapine
tuale” contro moglie
a fronte di una cae figlia è stato conpienza di 47.045 poe maltrattamenti)
dannato a due anni e
sti. In meno di un
otto mesi di carcere,
anno sono stati conpuò mettersi in salvo
ma alla luce dell’arfezionati due decreti
dalla custodia cautelare ticolo 8 del dl
ad hoc per mettere
92/2014 non può suuna pezza al sovrafbire restrizioni alla
folamento, per cui
nel 2013 la Corte europea dei diritti libertà in via preventiva, e non avendell’uomo ha condannato l’Italia. do un’altra casa potrebbe tornare a
“Anche questo decreto - tira le som- picchiare moglie e figlia. Sul Secolo
me Carbone - è una soluzione emer- XIX, invece, si legge di un avvocato di
genziale, che scarica sui magistrati Genova che dalla notte alla mattina si
l’onere di gestire la situazione”. Al è ritrovato in studio un detenuto per
contrario, l’Associazione nazionale violenza sessuale, uno dei 70 scarcemagistrati propone una riforma rati grazie al nuovo decreto.
GIUSTIZIE
il Fatto Quotidiano
Ble nozze
ologna riconosce
omosessuali
I vescovi: “Illegale”
IL SINDACO di Bologna, Virginio
Merola, sfida la curia e tira dritto sulla strada dei diritti civili. Come promesso dopo il Gay Pride, intende procedere all’apertura “entro una settimana” del registro bolognese dei matrimoni gay contratti all’estero. Il settimanale dell’arcidiocesi Bologna Set-
te (e distribuito in allegato ad Avvenire) domenica ha aspramente criticato le aperture del primo cittadino,
definite “propaganda politica e una
grave forzatura della legge”. Le critiche dell’Arcidiocesi guidata da
Monsigno Carlo Caffarra? “Me ne farò una ragione. Noi siamo per soste-
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
9
nere tutte le famiglie e le relazioni
d’affetto” e il registro “lo vogliamo
fare” ha risposto il sindaco. Niente
nozze gay (simboliche) in Comune,
ma l’approvazione di un registro in
cui iscrivere le coppie omosessuali
legalmente sposate fuori dai confini
italiani.
MILANO, LA GUERRA DEI GIUDICI
ORA ANCHE IL PG ATTACCA BRUTI
Il manifesto della svolta di lady B.
MINALE SCRIVE AL CSM: “HA SBAGLIATO A TOGLIERE IL MOSE A ROBLEDO”
di Gianni Barbacetto
I
l procuratore generale di
Milano, Manlio Minale,
ha parole severe per il
procuratore Edmondo
Bruti Liberati. Ha sbagliato a
istituire l’Area Omogenea
Expo. Ha sbagliato a escludere
il suo aggiunto, Alfredo Robledo, dagli interrogatori ad alcuni
imputati. Ha sbagliato a strappare a Robledo la parte dell’indagine sul Mose arrivata da Venezia. Questi i contenuti di una
relazione che Minale ha inviato
a Roma al Consiglio superiore
della magistratura e al Consiglio giudiziario di Milano (che
si riunisce oggi a Palazzo di giustizia). Proprio nel giorno in cui
Bruti Liberati termina il suo
quadriennio come procuratore
della Repubblica e annuncia
che, a differenza di quanto aveva detto prima che scoppiasse il
conflitto con il suo aggiunto,
intende presentare domanda
per essere confermato. Ieri Bruti ha voluto “festeggiare” la fine
del suo primo mandato con una
lettera inviata a tutti i suoi aggiunti e a tutti i suoi sostituti
procuratori. In essa, si assume
“la responsabilità” delle “insufficienze e degli errori, come stimolo per operare per il meglio
in futuro”. Ma rivendica in modo netto un “bilancio del quadriennio largamente positivo”:
“a dispetto di qualche piccola,
circoscritta polemica degli ultimissimi mesi, l’apprezzamento
per l’opera della procura di Milano nel quadriennio corso è
rovinare la festa. Il procuratore
generale, che resse l’ufficio di
Bruti fino a quattro anni fa, nella sua relazione boccia senza
appello la cosiddetta Area
Omogenea Expo, varata da
Bruti ai primi di giugno, nel
pieno dello scontro con Robledo: non un nuovo dipartimento, scriveva il procuratore in
una circolare, ma un’area “a cui
sono attribuite tutte le indagini
che, a vario titolo, concernono
direttamente o indirettamente
l’evento”. “Appare necessario e
Il pg
di Milano
Manlio
Minale
nello
scontro
tra Bruti
Liberati
e Robledo
si schiera
col secondo
LA RELAZIONE
“Il procuratore può
togliere, motivando,
tutta un’indagine a un
magistrato, ma non può
escluderlo su un atto solo
come l’interrogatorio”
Ansa
stato ampio e condiviso e il prestigio indiscusso”. Del resto,
“ciò che rileva sono i riscontri
ottenuti a livello di giudizio, in
termini di accoglimento delle
richieste e dei tempi di definizione”. Tutto bene, dunque, a
parte “qualche piccola, circoscritta polemica”: nell’attesa,
“con piena serenità”, della decisione del Csm sulla sua riconferma, Bruti termina la sua lettera augurando “buon lavoro a
tutti noi”.
Le parole di Minale piombano a
FRANCESCA PASCALE DA OGGI ALL’ARCIGAY
Dopo l’annuncio, oggi pomeriggio la first lady di Arcore
si iscrive all’associazione omosessuale di Napoli.
All’evento partecipa anche Alessandro Cecchi Paone
urgente istituirla”, secondo
Bruti, “in modo tale da assicurare efficace e pieno coordinamento dei procedimenti pendenti presso i diversi dipartimenti di questa procura”.
Nell’occasione il coordinamento delle indagini veniva tolto
agli aggiunti (sostanzialmente a
Robledo, che guida il dipartimento reati contro la pubblica
amministrazione): “Il procuratore della Repubblica riserva a
se stesso il coordinamento
dell’Area Omogenea Expo”.
Contro questa impostazione si
schiera il procuratore generale,
che critica il fatto che non si
tratti di un’area davvero “omogenea”, perché non sono delimitati i confini dei reati che deve trattare (in effetti: uno scippo, o una violenza sessuale,
compiuti nell’area Expo, perché mai non dovrebbero essere
trattati dai dipartimenti che si
occupano degli scippi e dei reati
sessuali?). Se l’Area Omogenea
può essere ritenuta funzionale
alla conoscenza delle indagini,
Vallanzasca e il complotto delle mutande
LA VERSIONE DEL BEL RENÈ SUL FURTO ALL’ESSELUNGA: “MI HANNO INCASTRATO, STAVO SOLO FACENDO LA SPESA”
di Davide Milosa
Milano
ono stato incastrato, conS
tro di me un complotto,
entro Natale avrei dovuto di-
scutere della mia liberazione
condizionale e potevo tornare
libero”. Renato Vallanzasca,
l’ex bandito più ricercato
d’Italia, finito in carcere il 13
giugno per aver rubato un
paio di mutande in un supermercato Esselunga di viale
Umbria a Milano, ieri ha reso
una dichiarazione spontanea
davanti al giudice Ilaria Simi
De Burgis. In sostanza il bel
Renè, camicia chiara, capelli
rasati e i baffi d’ordinanza, ha
spiegato di essere stato avvicinato da un ragazzo che si è
offerto di portargli la borsa
dei vestiti sporchi utilizzati in
carcere. “Quelle cose - ha detto più volte - io non le ho rubate” e tutti i suoi sforzi per
ottenere la liberazione condizionale “sono stati vanificati
da un cretino, da un pazzo,
forse un malato di malavita”. che gestivo anni fa con la mia
Ecco la sua versione. “Avevo ex moglie” e di essere stato a
una lista di cose da comprare - tavola con lui a un matrimoha spiegato -. Ho preso an- nio. Quindi “ha detto di chiaguria, cipollotti, insalata, sal- marsi Pino, se avessi saputo il
mone e mortadella”. In quel nome e il cognome non avrei
momento, ha ricostruito, è fatto tutta questa pantomistato avvicinato da un ragazzo ma”.
che lo ha chiamato “zio Renato”. Dopo aver sentito ri- IL RAGAZZO si è quindi ofpetere il suo nome due volte, ferto di portare lui la borsa neVallanzasca si è girato. “Ho ra che Vallanzasca aveva con
visto un giovane di circa 30 sè. A quel punto lo stesso Valanni e mi ha detto ti ricordi di lanzasca si è avvicinato al banme? Ti ho sempre mandato i co della salumeria e ha preso
saluti tramite zia Antonella”. la mortadella, perdendo di viA quel punto
Vallanzasca ha
raccontato di
aver detto al ragazzo di non vedere e sentire la
ex moglie, dalla
quale si sta separando, da tre anni, ma il 30enne
ha insistito dicendo di averlo
avvicinato “alla
Vallanzasca al processo per direttissima Ansa
festa di un blog
sta il 30enne, che lo ha raggiunto solo alle casse. Il ragazzo gli ha riconsegnato la borsa
nera e ha detto di aver ricevuto una telefonata dalla madre che gli ha comunicato che
la sorella aveva avuto un incidente d’auto. Quando Vallanzasca ha pagato la sua spesa, un vigilante lo ha fermato
intimandogli di aprire la borsa
nera. In quel momento nessuno lo ha riconosciuto. Vallanzasca solo si è limitato a dire: “Vedrete che casino verrà
fuori ora”. Frase interpretata
LA DIFESA
L’ex bandito: “Entro
Natale avrei discusso
la mia liberazione
condizionale. Se avessi
rubato davvero, dovrei
andare in manicomio”
dal pm come minaccia, da qui
l’accusa di rapina impropria.
Il bel Renè poi ha aggiunto che
quelle mutande non sono della sua taglia e che gli indumenti intimi non li compra al supermercato. “E comunque –
ha detto l’ex bandito – se fosse
vero portatemi in manicomio”. La tesi del complotto
viene sostenuta anche dal suo
avvocato Debora Piazza. Per il
legale da anni Vallanzasca sta
facendo un percorso di ravvedimento e “si stava pensando
anche a una forma di risarcimento per le vittime”. Quindi
ha spiegato: “Lui è stato un altro tipo di criminale ma ha pagato, ha fatto 42 anni di carcere come nessuno, nemmeno il peggior mafioso, ha mai
fatto in Italia” e alla vigilia della possibilità di ottenere la libertà condizionata è stato
coinvolto in questo “complotto ai suoi danni”, con l’esito di
vedersi sospesa la semilibertà.
Il processo è stato rinviato al
10 ottobre prossimo.
scrive Minale, non può però essere ritenuta funzionale al coordinamento delle indagini, proprio per l’indeterminatezza dei
suoi confini e la non omogeneità della materia. Non solo: è
inaccettabile anche perché annulla ingiustificatamente il sistema dei criteri oggettivi e automatici d’assegnazione delle
inchieste, con un evidente vulnus alla trasparenza.
ANCHE l’esclusione di Robledo
dagli interrogatori su Expo è,
per Minale, non accettabile.
Perché la revoca parziale, ricorda il procuratore generale, è
esclusa in via generale dallo
stesso Consiglio superiore della
magistratura. Il procuratore
può togliere, motivando, tutta
un’indagine a un magistrato,
ma non può escluderlo solamente da un atto d’indagine,
come l’interrogatorio: è successo quando Bruti ha comunicato
che a sentire due uomini degli
appalti Expo, Angelo Paris e
Antonio Rognoni, dovevano
essere soltanto i sostituti procuratori e non il loro coordinatore. Robledo, inoltre, è coordinatore ma anche coassegnatario
dell’indagine (quella sulla “piastra”, l’appalto più grosso di
Expo), dunque è ulteriormente
inaccettabile la sua esclusione
dagli interrogatori.
IL TERZO RILIEVO di Minale ri-
guarda l’ultima decisione di
Bruti, che ha estromesso Robledo dall’indagine proveniente da
Venezia su Marco Milanese,
Emilio Spaziante e Roberto Meneguzzo, tre dei protagonisti
dell’inchiesta sul Mose, affidata
a due sostituti del suo dipertimento: Luigi Orsi e Roberto
Pellicano.
Non si può fare, sostiene Minale, perché la scelta è sorretta da
motivazioni apparenti, quale la
“difficile interlocuzione” con
Robledo. Motivazioni estranee
alle esigenze di coordinamento
intese come capacità dell’aggiunto di seguire con puntualità
ed efficacia le indagini. Come a
dire: il fatto che un magistrato
non vada d’accordo con il suo
capo non vuol di per sé dire che
non sappia seguire e coordinare
“con puntualità ed efficacia” le
inchieste. Lo scontro Bruti-Robledo, dunque, continua.
10
SOGNI E VISIONI
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Cprevedono
oncordia, a Londra
indennizzo
record: due miliardi
di Giorgio Meletti
e Carlo Tecce
D
ietro la dichiarazione d’amore di Piersilvio Berlusconi a
Matteo Renzi, ufficializzata con una lunga intervista al Corriere della Sera, non c’è
solo la grande agitazione sul destino dell’azienda di famiglia,
Mediaset, ma anche una discussione più ampia che coinvolge il
futuro di Telecom Italia. Leggere per credere.
Due mesi fa il neopremier era
per Berlusconi padre il “tassator
cortese” e per sua figlia Marina
(presidente della Mondadori)
“il nuovo che arretra”. Adesso,
nelle parole dell’amministratore delegato di Mediaset e fratello di Marina, Renzi ha “ottime
capacità di comunicazione”, e
non è “solo apparenza ma sostanza”. E quindi è normale
“che un imprenditore e manager come me faccia il tifo”.
Mentre Piersilvio fa il tifo, suo
padre il 3 luglio scorso è stato a
colloquio intimo con il premier,
per ben due ore. Secondo il vicesegretario Pd, Lorenzo Guerini, “non si è entrati nel merito” delle riforme istituzionali.
Ma se non hanno sviscerato il
diritto e il rovescio del Senato
elettivo o non, magari hanno
scambiato qualche ideuzza sul
futuro di Telecom Italia, che
non è materia più delicata della
Costituzione Italiana.
NELLA STESSA intervista, Pier-
silvio B. annuncia l’alleanza
strategica con Telefonica, che
oltre a dominare il mercato tlc in
Spagna e America Latina, è anche il primo azionista di Telecom Italia con il 15 per cento.
Con il numero uno Cesar Alierta ha stretto un’alleanza strategica, articolata in varie mosse.
La prima: Mediaset vende a Telefonica il 22 per cento della
piattaforma televisiva pay spagnola Digital Plus, per una cifra
che potrebbe arrivare a 400 milioni. Alierta conferma così la
strategia di ingresso nel mercato
televisivo, sulla scia di tutti i
maggiori concorrenti a eccezione di Telecom Italia. La seconda
mossa è l’ingresso di Telefonica
in Mediaset Premium (la piattaforma pay del Biscione) con
l’11 per cento, per circa 100 milioni. Mediaset si è appena impegnata a investire 700 milioni
in tre anni per i diritti televisivi
della Champions League, e 373
milioni all’anno per i diritti della
serie A di calcio: fanno 600 milioni all’anno per un’azienda
che in dieci anni ha perso 400
milioni e nel 2013 ha fatturato
552 milioni.
Qui viene il punto. La più volte
annunciata intenzione di costituire un gruppo integrato a livello internazionale viene apparentemente smentita dalla decisione di uscire da Digital Plus,
della quale Mediaset rimane comunque fornitore. Ma l’alleanza con Telefonica viene venduta
da Piersilvio in chiave di proiezione internazionale. Infine la
domanda delle domande
GLI ASSICURATORI londinesi dovranno pagare un conto salatissimo per risarcire i danni del naufragio della Costa
Concordia, avvenuto il 13 gennaio del
2012. Il totale - secondo quanto riportato
ieri dal quotidiano londinese Daily Mail raggiunge gli 1,2 miliardi di sterline, ovvero 2 miliardi di dollari. Visto l’esborso,
è probabile che gli assicuratori “seguiranno da vicino le mosse per rimettere a
galla la nave”, scrive il giornale. La Concordia nelle prossime due settimane sarà rimessa in galleggiamento e rimorchiata dall’isola del Giglio fino al porto di
Genova, sua destinazione finale. Il Daily
Mail precisa che, secondo fonti assicu-
MEDIASET, TELEFÓNICA
E I DESTINI INCROCIATI
CON TELECOM ITALIA
PIERSILVIO BERLUSCONI ANNUNCIA CHE LASCERÀ IL CONTROLLO
DEL BISCIONE. INTANTO FIRMA L’ALLEANZA STRATEGICA
CON GLI SPAGNOLI, PRIMI AZIONISTI DELLA RETE FISSA ITALIANA
il Fatto Quotidiano
rative, il recupero potrebbe richiedere
una nave semisommergibile per trasportare il relitto a Genova, dove sarà smantellato. I costi - sottolinea il Tabloid - sono aumentati perché le autorità italiane
hanno deciso che la nave sarà rimossa
tutta intera. Un precedente che preoccupa le compagnie di assicurazione.
LO SPAGNOLO
Cesar Alierta, capo di Telefónica España, è il primo azionista
di Telecom e ora ha stretto
un’alleanza con Mediaset
Sotto: Piersilvio Berlusconi
e Fedele Confalonieri LaPresse
rebbe vendere per sfuggire alle
sanzioni Antitrust in Brasile,
dove Telefonica controlla anche
Vivo, il leader del mercato dei
cellulari. Il titolo Telecom crolla
in Borsa, a dimostrazione che la
vendita della controllata brasiliana, un disastro se fatta in fretta, è l’unica speranza di portare a
casa i capitali (si pensa a 9-10
miliardi) necessari a rifare la rete telefonica italiana che oggi è
tra le peggiori d’Europa.
TUTTI STANNO investendo
(“Dobbiamo aspettarci una Mediaset meno legata alla famiglia
Berlusconi in futuro?”) è seguita
dalla risposta che spalanca un
mondo di ipotesi: “Abbiamo a
che fare con concorrenti globali,
ricchi di mezzi, molto aggressivi
e spietati. Non ci si può non por-
re il problema di come essere
competitivi oggi e in futuro e se
un’azienda italiana senza forti
alleanze internazionali può farcela da sola”.
Facciamo un passo indietro, a
venerdì scorso. L’agenzia
Bloomberg diffonde un’indiscre-
zione secondo cui il governo intenderebbe estendere i poteri di
veto del cosiddetto golden power
anche alle reti strategiche fuori
dei confini nazionali. L’allusione trasparente è a Tim Brasil, un
pezzo chiave del fatturato e degli
utili Telecom, che Alierta vor-
sulla larga banda. Lo stesso
Alierta, che pure è carico di debiti non meno di Telecom Italia,
racconta di aver messo alla frusta tutte le società fornitrici per
avere entro tre anni in tutta la
Spagna le connessioni a 100 megabit di banda, ciò che serve per
far transitare il segnale televisivo ad alta definizione.
In Italia la Telecom è impantanata da anni nella trattativa infinita con la Cassa Depositi e
Prestiti, che però, nella migliore
e comunque improbabile ipotesi, non sembra in grado di portare più di uno o due miliardi di
ininfluenti euro.
Nel settembre dell’anno scorso
Telefonica aveva fatto l’accordo
con Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali per acquisire
tutto il pacchetto di controllo di
Telecom Italia, il 22,4 per cento
in mano alla scatola Telco.
L’operazione si è arenata sulla
spiaggia di Rio de Janeiro per
l’inaspettata reazione dell’antitrust brasiliano. Ma adesso
eventuali “larghe intese telefoniche” aprirebbero la strada a
sbloccare tutto con questa sequenza: via libera alla vendita di
Tim Brasil a prezzo non vile;
possibilità per Telefonica di riprendere in mano il gioco rilevando le azioni di Mediobanca,
Intesa e Generali, che non vedono l’ora di liberarsene; fusione
con Mediaset per dotare anche
Telecom Italia di un braccio televisivo come tutti i grandi competitor europei.
Oggi Telecom Italia vale in Borsa 17 miliardi, mentre la famiglia Berlusconi possiede il 41 per
cento di Mediaset che vale 4,5
miliardi. In caso di fusione gli
eredi Berlusconi avrebbero in
mano il 10 per cento di Telecom
Italia, una quota abbastanza
bassa da risultare a prova di conflitto d’interessi. E si realizze-
LA BANDA LARGA
Tutto passa per la vendita
di Tim Brasil: così Alierta
potrebbe controllare
l‘ex monopolista Tlc,
fondersi con B. e ottenere
soldi per gli investimenti
rebbe il progetto a cui il capostipite lavora da anni: mettere in
sicurezza Mediaset e lasciare ai
figli una buona rendita ma non
aziende che non sembrano in
grado di gestire con la stessa perizia del padre e del suo sodale
Fedele Confalonieri.
GUERRA DI LOBBY IN PARLAMENTO
Taglio alle sedi, Authority in rivolta
di Carlo Di Foggia
ra i controllori il clima è da tutti
T
contro tutti. Veline e messaggi tra
le righe da giorni trapelano sui giornali,
ma il pianto greco delle Autorità di vigilanza andrà ufficialmente in scena nei
prossimi giorni. In commissione Affari
Costituzionali alla Camera sfileranno a
turno per scongiurare l’ultimo taglio che accorpa le sedi sparse per l’Italia che terrorizza e colpisce una macchina
amministrativa gigantesca, cresciuta
nel tempo e sfuggita a qualsiasi censimento ragionato. Ad aprire le danze è
stato il presidente dell’Autorità per
l’Energia, Guido Bortoni, che ha attaccato il decreto di riforma della P.A. firmato dal ministro
Marianna Madia, in
vigore da settimane:
“Ci sono disposizioni
che da un lato non inducono risparmi di
spesa e, dall’altro, minano l’indipendenza
e la competenza tecnica dell’Autorità con
pesanti ricadute per i
consumatori, fami-
glie e imprese”. L’indipendenza sarebbe
messa in crisi dall’articolo 22, quello
che - a partire dal giugno del 2015 (e a
Roma) - accorpa un po’ di Autorità: trasporti, energia, comunicazioni, vigilanza sui fondi pensione e garanzia sugli
scioperi nei servizi pubblici essenziali.
In “non più di due sedi comuni” dovrebbero poi spostarsi Consob, Antitrust e privacy. “In pratica, vengono
colpite quelle Authority che non sono
riuscite a fare lobby”, accusano le prime. Ma i margini di manovra per far
saltare tutto ci sono ancora.
o rimanda la misura a data da destinarsi”. Da cosa nasce la paura? Per garantire
il tabù del “decentramento amministrativo”, la legge istitutiva delle Authority
ha imposto ai nuovi soggetti di avere sede fuori dalla Capitale, dove però è impossibile non avere uffici visto che le
stesse operano a stretto contatto con gli
organi parlamentari e i ministeri.
LA GARA di sindaci e capoluoghi per ac-
caparrarsi un ente da sbandierare ha così duplicato le sedi, con affitti milionari,
a cui si sommano i rimborsi per il personale costretto a spostarsi in continuaIL TERMINE ULTIMO è giovedì: “Vedre- zione. Gli esempi non mancano. L’Agte - spiega un alto dirigente - che alla fine com, l’Autorità di garanzia per le comuspunterà un emendamento che cancella nicazioni (costo: 83 milioni) spende 1,7
milioni di euro l’anno per la sede di Napoli - dove lavorano 150 dei 420 dipendenti totali (tra cui 43 dirigenti retribuiti
DECRETO
in media 150 mila euro) - meno della
CONTESTATO
metà di quanto spende per gli uffici roMarianna Madia
mani (3,7 milioni di euro).
è il ministro
Per garantire la sede a una trentina di
della Funzione pubblica dipendenti nella Capitale (dove il preSuo il testo che accorpa sidente e i commissari si recano almeno
le Authority Ansa
tre giorni a settimana), l’Autorità per
l’energia spende poco meno di un milione di euro per due strutture in una
zona centralissima, a pochi passi dalla
Fontana di Trevi, “dove gli uffici sono
stati anche ristrutturati”, spiegano fonti
interne. Da oltre 17 anni, gli uffici operativi sono però a Milano (150 unità):
due sedi distaccate per 2,5 milioni l’anno di affitto. Più fortunati saranno i dipendenti della Commissione di garanzia per gli scioperi (30 dipendenti e un
obolo da 4 milioni l’anno) che non dovranno spostarsi in un’altra città, ma lasciare la sede nel maestoso Palazzo Cenci Bolognetti - pieno centro - affittato
alla Fondazione Pasteur per poco meno
di 300 mila euro annui.
Spiccioli rispetto ai 5 milioni che l’Antitrust (costo: 93 milioni per 346 unità)
spende per la sua sede romana a Piazza
Verdi, dove sono ospitati anche gli uffici
capitolini della neonata Autorità dei trasporti, che però ha sede a Torino, dove il
presidente, Andrea Camanzi, si reca due
volte a settimana. I vertici del Pd piemontese, da Sergio Chiamparino a Piero Fassino hanno già promesso che la
sede resterà da loro. “In realtà la battaglia è tutta politica - spiega un dirigente non ci sarebbe nessun problema a trasferirsi a Roma”. Giovedì si saprà se i
controllori avranno vinto la partita.
SOGNI E VISIONI
il Fatto Quotidiano
Cle ottarelli
contro
partecipate: “1213
non hanno addetti”
NESSUN DIPENDENTE, solo amministratori. È la realtà di 1213 società partecipate (tutte operative) descritto ieri
dal commissario alla spending review
Carlo Cottarelli in un intervento sul suo
blog. Delle 1213 partecipate senza addetti, 86 sono holding, 137 gestiscono attività immobiliari, più di 200 sono società
con un unico socio. Il resto è difficilmente
catalogabile, dal momento che si occupano dei settori più disparati. Cottarelli –
che definisce la galassia partecipate “una
giungla” – dettaglia la difficoltà per arrivare a un conteggio definitivo delle partecipate: “Si è parlato di 8.000 società,
consorzi, agenzie, enti vari partecipati
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
degli enti locali (comuni e regioni soprattutto). Ma sono certo siano di più”
perché il conteggio intercetta solo le
partecipate direttamente controllate
dall’ente locale, ma non include le scatole cinesi che ne discendono”. Il commissario è convinto che in totale le
partecipate siano oltre 10 mila.
EQUIVOCI COMUNITARI
Il compito più difficile di questo
staff sarà probabilmente chiarire che la presidenza del Consiglio dell’Ue è altra cosa da quella del Consiglio europeo (che
riunisce i capi di Stato e di governo) e pure dal Consiglio
d’Europa, che è un’organizzazione internazionale che promuove i diritti umani.
Oggi il semestre Ue
entra nel vivo:
non servirà a niente
CHIARITO QUESTO, gli italiani
PADOAN PRESIEDE L’ECOFIN: “ORA SI PARLERÀ DI CRESCITA”
LA REPLICA DI BRUXELLES: “PRIMA LE RIFORME, POI SI VEDE”
di Marco Palombi
A
vete presente gli
straordinari risultati raggiunti dalla
Grecia da gennaio
al 30 giugno, mentre era presidente di turno del Consiglio
dell’Unione europea? Se non vi
viene in mente niente è perché
non ci sono e questo dovrebbe
dire parecchio su quel che è lecito attendersi da questo semestre, che arriva peraltro in una
fase in cui l’Unione s’avvita
nell’assestamento post-elettorale: la nuova Commissione
Ue, cioè il governo europeo, va
ancora definita e entrerà in funzione solo a novembre, mentre
quella vecchia tramonta stancamente; la grande coalizione
Ppe-Pse che domina l’Europarlamento funziona tanto bene
nella spartizione delle poltrone
(vedi qui in basso) quanto è divisa sulle ricette politiche.
iniziando”, ha twittato ieri Pier
Carlo Padoan. L’entusiasmo
del nostro ministro del Tesoro
per l’inizio del dibattito è
senz’altro commovente, anche
se non si sa quando la discussione finirà e in che senso. Il
commissario Ue agli Affari eco-
nomici, Siim Kallas, per dire,
non ha cambiato verso per
niente: “Prima le riforme e poi
la flessibilità - ha scandito ieri al
termine dell’ Eurogruppo - Il
Patto è un pilastro della fiducia:
aprire la discussione sulle regole può deteriorare la fiducia”.
UN POETA AL BRENNERO
L’insostenibile
leggerezza di Renzi
S
abato scorso il premier Matteo Renzi, davanti a
folle di giornalisti plaudenti, si è esibito nel
nuovo tunnel ferroviario del Brennero in uno dei
suoi impagabili “renzini” (cit. Crozza): “Nel ricordo c’è un valore di condivisione, ma nel progetto c’è
un valore del futuro”. Nel 2008 il presidente Giorgio Napolitano inaugurò il cantiere e annunciò fine
lavori per il 2020 (dodici anni dopo), sabato Renzi
ha detto 2026 (tra dodici anni). Il tunnel unirà popoli e valori, meglio se unisse anche due ferrovie.
Invece sbucherà (forse) a Fortezza, 400 metri più in
alto della linea attuale. Per poterlo utilizzare bisognerà costruire altri 190 chilometri di treno alta
velocità fino a Verona. Garantirà tutto il presidente
del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris: è lui il
commissario governativo per il Tav Brennero.
È IN QUESTO contesto che, dopo il debutto di Matteo Renzi al
Parlamento di Strasburgo, oggi
l’Italia prende possesso del tanto atteso semestre europeo presiedendo l’Ecofin, la riunione
dei ministri economici dei paesi
dell’Unione. “A Bruxelles il dibattito su come spingere la crescita in Europa sta finalmente
Finito? Macché. Passa il ministro tedesco Schauble: “Vogliamo fare di più per gli investimenti e per la crescita, ma non
deve essere un pretesto, una
scappatoia per non fare quello
che serve”.
D’altronde cos’è questo benedetto semestre europeo? Quali
superpoteri garantisce all’Italia? I seguenti: organizzare le
riunioni del Consiglio (in cui
siedono i governi dei 28 paesi
dell’Unione), anche a livello
ministeriale come nel caso
dell’Ecofin, e nel presiederle. E
questo cosa comporta? Renzi
può individuare delle priorità e
proporle all’ordine del giorno
delle riunioni. Non la bomba
atomica, ma quasi.
IN REALTÀ se il semestre di
Renzi sarà un successo lo si vedrà a Roma e non certo a Bruxelles: l’orizzonte di questo esecutivo è irrimediabilmente nazionale, il tempo delle piacevo-
RISULTATI AD OGGI
Finora ci sono un logo,
un astronauta che
ci fa da ambasciatore
e un programma (vago)
di 80 pagine. Spese
previste: 70 milioni
lezze diplomatiche di Monti e
Letta è finito. L’ex sindaco di Firenze potrà però trovare valido
aiuto nel coinvolgere gli italiani
in una struttura ereditata dal
suo predecessore: quella di comunicazione, insediata a palazzo Chigi, un budget da due milioni di euro e una decina di
giornalisti addetti coordinati da
Federico Garimberti, cronista
politico (in aspettativa) dell’Ansa, agenzia per cui ha lavorato
anche da Bruxelles.
potranno cominciare ad appassionarsi al semestre europeo: ad
oggi abbiamo già portato a casa
un logo (una rondine stilizzata
con il becco verde rivolto verso
l’alto, la testa rossa e le ali e la
coda dell’azzurro europeo), un
ambasciatore (l’astronauta Luca Parmitano) e un agile programma di 80 pagine pieno di
vaghi indirizzi politici. Titolo:
“Europa. Un nuovo inizio”.
Non di sola comunicazione vive però una presidenza del
Consiglio dell’Ue. La logistica è
coordinata alla Farnesina dal
ministro plenipotenziario (un
diplomatico) Gabriele Altana,
che gestisce la task force in cui si
riuniscono pure il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, e quello
delegato agli Affari europei
Sandro Gozi, più un numero
imprecisato di funzionari di palazzo Chigi, ministero degli
Esterni e Interni. Referente a
Bruxelles è Stefano Sannino,
nuovo ambasciatore presso
l’Unione europea.
Il budget per organizzare il tutto è di 68 milioni di euro, un po’
meno dei cento previsti da Letta, ma più dei 55 milioni spesi
dalla Grecia nei sei mesi appena
trascorsi. L’evento clou sarà il
Forum Asem (cioè il vertice eurasiatico) che si terrà a Milano come quasi tutti i vertici informali - per promuovere Expo
2015 presso il pubblico asiatico.
E speriamo che il semestre europeo di Telemaco serva almeno a questo. Per il resto, come al
solito, servirà la politica (cioè il
permesso della Germania).
GRANDE COALIZIONE
Europarlamento, cancellato il dissenso
di Andrea
Valdambrini
Bruxelles
iamo solo 17 su 751, non saremo
S
mai maggioranza. A metterci sotto basta poco”. Soprattutto se una
crazia”, aggiunge Borrelli. Che conclude: “Finora abbiamo teso la mano,
ma se riceviamo un ceffone, allora il
nostro atteggiamento cambia”. Fine
del 5 Stelle dialogante finora visto in
Europa?
grande coalizione di Socialisti e Popolari, sostenuta anche dai Liberali, si AL PARLAMENTO di Strasburgo gli
prende tutte le poltrone. Così David incarichi vengono distribuiti proporBorrelli, co-presidente con Nigel Fa- zionalmente. Posto che alla presidenza
rage del neonato gruppo Europe for è stato rieletto il socialista Martin
Freedom and Direct Democracy Shulz, le 14 vicepresidenze dell’assem(Efdd) commenta l’amaro risveglio blea, le presidenze e vicepresidenza
dei 5 Stelle, che si ritrovano senza in- delle commissioni parlamentari (che
carichi all’europarlamento. Alla guida tengono i lavori sempre a Bruxelles e
della defilata commissione Petizioni sono al momento 22) andranno in nuera stata proposta la
mero decrescente a
milanese Eleonora
deputati del Ppe - priEvi, a cui però è stata
mo gruppo in termini
M5S FATTO FUORI
preferita per 23 voti a
di eletti - poi Socialisti
8 la liberale svedese
e così via. Per assegnaAi grillini toccava
Cecilia Wikstrom.
re gli incarichi si adotUna prova di forza
ta il cosiddetto metola defilata commissione
per arginare gli eurodo D’Hondt (dal no“Petizioni”. Ma Ppe, Pse
scettici, dice la magme di un matematico
gioranza.
Eppure
belga dell’ ‘800), un
e liberali si sono accordati prospetto usato per la
“anche le minoranze
hanno diritto di esseripartizione proporper negare ogni posto
re rappresentate, è
zionale dei seggi. E se
di rilievo agli euroscettici la matematica non è
questione di demo-
11
un’opinione, anche al più piccolo dei
gruppi, quello di cui M5s fa parte,
spetterebbe
una
vicepresidenza
dell’aula e una presidenza di commissione. Nel caso specifico la commissione Petizioni, che si occupa degli
strumenti di democrazia partecipativa
o diretta a livello di Unione europea.
Non proprio una delle strutture più
rilevanti (la terzultima in ordine di importanza). La bocciatura di Evi ha un
precedente. Al posto del 5 Stelle Fabio
Massimo Castaldo, designato dal
gruppo Efdd, come vice di Shulz è stato scelto Olli Rehn. L’ex commissario
europeo divenuto un simbolo delle
politiche di austerità, ora eletto parlamentare in Finlandia con i liberali, ce
l’ha fatta la settimana scorsa grazie al
sostegno di Socialisti e Popolari, che
hanno preferito votare un candidato
liberale piuttosto che far passare Castaldo. La stessa dinamica vista ieri a
Bruxelles.
NESSUN PROBLEMA invece, tra gli
italiani, per l’elezione alla vicepresidenza dell’aula del forzista Antonio
Tajani (in quota Ppe, e già commissario all’Industria) e del democratico
David Sassoli (per i Socialisti). Quanto
alle altre commissioni parlamentari, la
guida degli Affari Economici toccherà
a Roberto Gualtieri (della minoranza
Pd), della Cultura alla democratica Silvia Costa, mentre l’Ndc Giovanni La
Via presiederà i lavori della commissione Ambiente.
IL TIMORE di quello che i 5 Stelle ave-
vano definito “uno scippo” serpeggiava da giorni nei corridoi dell’europarlamento. Un timore condiviso da altri
gruppi parlamentari. Contro una simile eventualità erano intervenuti persino i Verdi, con cui i grillini non hanno avuto finora rapporti idilliaci in Europa, a causa di un estenuante tira e
molla in vista di un’alleanza politica
che poi non si è mai realizzata. “Escludere dagli incarichi un gruppo di minoranza rappresenta un colpo per il
processo democratico nel Parlamento
europeo”, aveva spiegato l’eurodeputata ambientalista danese Margerete
Auken, membro proprio della commissione Petizioni, sostenendo anche
che Eleonora Evi aveva tutte le carte in
regola per l’incarico.
@andreavaldambri
12
UN GIORNO IN ITALIA
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
K
iller del cassiere,
la cugina racconta
ai pm la sua versione
QUANDO UN COMMANDO ha ucciso Silvio Fanella, il cassiere della banda di Gennaro Mokbel,
c’era anche la cugina con i suoi due figli di 6 e 8 anni
in casa. La donna racconta ai pm quello che ha visto
dal momento in cui tre uomini hanno bussato alla
sua porta, presentandosi come finanzieri. Fanella li
ha fatti entrare e “dopo alcuni minuti, la conversazione - è scritto nel decreto di convalida del fermo
di Giovanni Battista Ceniti, ex responsabile di Casapound Verbania, accusato di omicidio - ha assunto i toni di una discussione animata tanto da indurre
la cugina ad affacciarsi, ricevendo dal cugino l’intimidazione di scappare. La donna ha notato che il
cugino era per terra e due o tre persone erano sopra
di lui; ha notato che mentre suo cugino le gridava di
scappare, una mano impugnava una pistola”. A
il Fatto Quotidiano
quel punto si è nascosta ed è uscita solo dopo gli
spari, trovando Silvio Fanella in fin di vita. Anche il
portiere “richiamato dalle urla, ha notato nell’androne (..) due uomini che sostenevano un terzo individuo che è caduto a terra in tre o 4 volte”. Era
Ceniti, ferito durante la colluttazione e arrestato. Il
gip ha convalidato l’arresto sia per il pericolo di fuga
che per “il concreto rischio di recidiva specifica”.
Da De Pedis a Dell’Utri
Mokbel dietro le quinte
POLITICA E SOLDI. QUESTE LE PASSIONI DELL’AFFARISTA CONDANNATO A 15 ANNI
CHE, IN LIBERTÀ VIGILATA, CONTINUA A MANTENERE LA PROPRIA RETE DI RAPPORTI
di Rita Di Giovacchino
C
hiuso nel suo appartamento in via Cortina D’Ampezzo, la
prigione dorata dove
sta scontando con la moglie
Giorgia Ricci, i 15 anni di condanna in primo grado per la
megatruffa Fastweb-Telecom
Sparkle, Gennaro Mokbel si
dispera. “Mi hanno ucciso un
figlio, Silvio era più di un amico, incensurato, pulito, lo hanno ammazzato come un cane”.
Lo descrivono distrutto dal dolore, si difende dall’accusa di
essere lui il mandante della
spedizione di morte nei confronti del suo “pupillo”.
ALLE PARETI non ci sono più i
quadri di De Chirico, a suo
tempo sequestrati, ma nessuno
ha portato via il ritratto di
Adolf Hitler o il mezzobusto di
Mussolini che campeggiano
nel salone, insieme a stampe, libri d’arte e di storia che hanno
trasformato la casa in un museo del Ventennio. “Non sono
stato io, ho la coscienza a posto”, ripete Gennaro. Deve il
nome alla madre napoletana e
il cognome al padre egiziano.
Famiglia di immigrati piccolo
borghese che, approdata a Ro-
ma, si stabilì dalla parti di piazza Bologna segnando il destino
di questo figlio maschio stravagante e ribelle, capellone anarchico negli anni Sessanta, naziskin nei Settanta, e poi su su,
sfruttando un periodo trascorso nel G9 di Rebibbia, a stretto
contatto con personaggi della
banda della Magliana, fino ai
rapporti con Lorenzo Cola, il
consulente di Finmeccanica in
odore di Cia, e agli incontri con
gli 007 inglesi delM5 a Singapore, o alle cene al “Circolo Antico i Tiro a Volo” con Marco
Mancini, il numero due del Sismi al tempo del rapimento di
Abu Omar e il senatore Di Girolamo, il suo asso di picche per
sfondare nelle alte sfere della
politica. Dimagrito, invecchiato ma con la grinta di sempre e
senza aver perso i suoi contatti
con il mondo esterno visto che
è in libertà vigilata per gravi
motivi di salute. Almeno a giudicare da un episodio recentissimo che lo vedrebbe intento a
manovrare la fuga di Dell’Utri
in Libano come emerge da una
conversazione intercettata al
ristorante Assunta madre tra il
fratello Alberto e altri commensali. Ma chi è Mokbel, il capo di una Spectre fascio-romana? “Fascista io, non lo sono
mai stato, frequentavo il circolo Bakunin via dei Taurini a
Roma. Da ragazzo feci pure a
botte con Alemanno. Ero amico di Antonio D’Inzillo, ma
questo non significa”, ha dichiarato giorni fa a Gianmarco
Chiocci, direttore de Il Tempo.
Marcello Dell'Utri? “Non lo conosco”. Condannato a 15 anni,
ma libero di muoversi, quel
rapporto con D’Inzillo ha segnato la sua vita come quello
conGiusva FioravantieFrance-
seguiti anche post mortem. Di
Giusva e la Mambro parlava
con disinvoltura al telefono
conCarmine Fasciani, il camorrista padrone di una fetta
della città che lambisce il litorale. “Li ho tirati fuori tutti io.
Tutti con i soldi mia, lo sai quello che me so’ costati?....Un milione e due”.
Mokbel ha sempre avuto due
pallini, i soldi e la politica. “Me
devo inventa’ un partito... poi
facciamo quello che ci pare”,
L’EX SENATORE E LE CIMICI
Il fratello del cofondatore di Forza Italia
lo indica come l’uomo che avrebbe organizzato
la fuga in Libano. Ma lui ha sempre negato
sca Mambro, condannati all’ergastolo per la strage di Bologna,
ma anche loro liberi come
l’aria. D’Inzillo lo arrestarono a
casa sua nel 1991, dopo che
questi sparò a Enrico De Pedis,
il capo della Banda della Magliana. Quando Mokbel fu arrestato il neofascista, nel frattempo emigrato in Sud Africa,
a soli 44 morì di epatite fulminante e fu rapidamente cremato, ma i contatti sarebbero pro-
diceva. La lega sud serviva a rafforzare i rapporti con Umberto
Bossi. Al deputato leghistaGiacomo Chiappori diceva: “Saremo noi l’organo di controllo
della Casa delle libertà... perché
lì(nel Sud, ndr)la Lega non c’è,
ci siamo noi”. L’avventura non
decollò ma Di Girolamo, eletto
senatore, era nelle sue mani:
“Se t’è venuta la candidite, se t’è
venuta la senatorite è un problema tuo, per me Nicò puoi
Gennaro Mokbel Ansa
diventà pure presidente della
Repubblica,sei sempre una
grandissima testa di cazzo”.
DOPO HANNO negato tutti,
ma dalle intercettazioni emergevano rapporti con due politici come l’ex ministro Aldo
BranchereGiuseppe Ciarrapico. E lo rivelano le intercettazioni. Il18 marzo 2008, un mese
prima delle politiche, l’affarista
dichiarava di avere il “placet” di
Brancher: “È ilbraccio destro di
Berlusconi e Tremonti, praticamente quello che le iniziative
e le porta avanti”. I rapporti con
i servizi segreti coinvolgono
anche la famiglia e risalgono al
caso Moro. La sorellaLucia abitava inVia Gradoli, proprio al
civico 96, la porta accanto al covo di Mario Moretti, sentiva
nell’appartamento a fianco trasmettere con l’alfabeto Morse e
lo raccontò al questore Cioppa.
Ah, il destino! Cinico e baro come questa caccia al tesoro che è
già costata la vita a due suoi sodali. Prima dell’uccisione di Fanella a morire suicida, almeno
si dice, fu Augusto Murri, il
cassiere che da Panama sosteneva che i soldi non erano stati
spartiti in modo giusto. Mokbel andò su tutte le furie: “Ieri
me fa chiamà per dire che è andato dal notaio e se gli succede
qual cosa ci manda carcerati”.
Due mesi dopo Murri si sparò
un colpo in testa, ma nessun
notaio si fece avanti.
“Mose, così Tremonti voleva scavalcare B.”
MILANESE INTERROGATO IERI AMMETTE: “GIULIO USAVA I FINANZIAMENTI PER OTTENERE L’APPOGGIO DELLA LEGA E DIVENTARE PREMIER”
di Antonio Massari
e Davide Vecchi
el 2010 Giulio Tremonti – in alleanza con
la Lega – progettava di scavalcare Silvio
N
Berlusconi per diventare presidente del Con-
siglio. Il finanziamento del Mose, per il suo
progetto, era un tassello essenziale e, finché il
Veneto fu governato da Forza Italia e guidato
da Giancarlo Galan, le erogazioni restarono
bloccate. La situazione cambiò con l’arrivo del
governatore leghista Luca Zaia. È la versione di
Marco Milanese, interrogato ieri dal gip di Santa Maria Capua Vetere. Dopo tre giorni in una
cella d’isolamento, l’ex consigliere politico di
Tremonti, accusato di corruzione, esordisce
sottolineando l’incompetenza del gip, che lo
interroga per rogatoria poiché gli atti – l’inchiesta è della procura di Venezia - sono stati
trasmessi a Milano. “Vorrei prendere visione
dell’informativa e ascoltare le intercettazioni
che mi riguardano”, dice Milanese, assistito
dall’avvocato Bruno Larosa. Niente da fare:
l’informativa non c’è e neanche le bobine delle
intercettazioni. È tutto tra Venezia e Milano.
L’ex ufficiale della GdF è accusato dalla procura
di Venezia di aver incassato due tangenti da
500mila euro. La prima per spingere affinché il
Cipe stanziasse 400 milioni per il Mose, la seconda per aver coinvolto l’ex generale delle
fiamme gialle, Emilio Spaziante, assoldato secondo l’accusa per spiare le indagini della procura. L’arresto è motivato dal pericolo che Milanese possa reiterare il reato. Il gip veneziano
Alberto Sacaramuzza contesta a Milanese tre
episodi. A giugno Milanese ha contattato un
generale della Guardia di Finanza per “influire
su dinamiche interne ai corsi dell’accademia
Gdf,”. Poi ha “continuato a contattare utenze
del quartier generale della Gdf presso il comando generale di Roma”. Infine è stato “contattato
da un uomo del nucleo di polizia tributaria che
gli ha chiesto di intervenire sulla sospensione,
da parte del Ministero della Salute, di un decreto autorizzativo” per una società che vende
acqua minerale. “Non ho preso un solo centesimo”, dice Milanese al gip, nell’interrogatorio durato circa due ore. Ed ecco – in una
sintesi non letterale – le sue risposte.
“Hanno bloccato
i soldi per Zaia”
“Fino al 2010 – spiega Milanese – Tremonti non
provvedeva al finanziamento del Mose perché il
governatore era Galan e la ostilità tra i due era
notoria. Poi la Lega punta a conquistare il VeMarco Milanese davanti
all’ingresso della Camera Ansa
neto, e per Tremonti la situazione cambia, perché nella sua strategia, diretta a diventare presidente del Consiglio, visto che in Forza Italia
non era ben visto, l’alleanza con la Lega diventa
necessaria. E così, quando Zaia diventa presidente di Regione, Tremonti promette di sbloccare il finanziamento per il Mose, che andava
erogato comunque, per non perdere quanto era
già stato fatto.
L'incontro tra l’ex ministro
e Giovanni Mazzacurati
“Mazzacurati incontra Tremonti, che gli garantisce lo sblocco dei 400 milioni, assicurandogli
che negli anni successivi sarebbe stato finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Io non partecipai a quell’incontro. Mazzacurati ha ottimi
rapporti con la Lega e Tremonti non vuole farselo nemico. Ma non vuole essere tempestato di
telefonate e quindi mi dice: ‘A Mazzacurati ci
pensi tu’. Lo informavo su richiesta di Tremonti.
“Controllate i conti
del patron del Consorzio”
“Mazzacurati – e non solo lui – dice di averle
pagato delle tangenti”, dice il Gip. “Non so perché lo dica – risponde Milanese – ma vi invito
formalmente a un accertamento patrimoniale,
all’Italia e all’estero, sia per Mazzacurati sia per i
familiari.
Per verificare se il suo patrimonio ha beneficiato
di soldi del Cvn. Sui giornali ho letto un’intercettazione in cui, parlando dell’acquisto di una
casa a Roma, sostiene con la moglie di voler ‘mescolare’ dentro il Consorzio. Mi chiedo se non
parlasse ai soci di tangenti per giustificare l’utilizzo personale di soldi in nero...”.
“Gli presentai il generale
Emilio Spaziante”
“Con Mazzacurati – continua Milanese - ho
avuto 4 incontri. Il primo al ministero, dopo che
incontrò Tremonti, poi due volte a Milano e una
a Roma. A Milano Mazzacurati disse che la Gdf
stava svolgendo un accertamento amministrativo sul Consorzio e che stavano procedendo irregolarmente. Risposi che non potevo interferire e che gli avrei presentato Spaziante, non
coinvolto nei controlli e uomo di fiducia di Tremonti, per spiegargli la situazione. Spaziante –
che escludeva vi fossero irregolarità – mi disse
che avrebbe parlato con il comandante competente per il controllo. Da allora non ho più visto
né sentito Mazzacurati. Né ho saputo l’esito
dell’intervento di Spaziante”.
“Ho protetto
mio genero”
Sulle telefonate contestate nell'ordinanza d’arresto, infine, Milanese spiega: “Per la telefonata
in accademia è andata così: mio genero doveva
affrontare l’esame di diritto penale, ma da qualche tempo era diventato comandante dell’Accademia un alto ufficiale, legato al generale Michele Adinolfi. Poiché di Adinolfi ho parlato in
un procedimento penale a Napoli, temevo che il
fidanzato di mia figlia, in quanto mio genero,
venisse ostacolato. Per l’esame in questione,
mio genero aveva affrontato una prova preliminare, prendendo come voto 24. Dopo la mia telefonata è stato promosso, sì, ma con 21”.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Pl’uomo
erugia, è grave
che ieri ha
sparato a figlio ed ex
È CLINICAMENTE morto il carrozziere di 32 anni
che ieri mattina, nella frazione perugina di Ponte
Valleceppi, dopo aver sparato con la sua pistola alla
ex compagna, al loro figlio di due anni e ad un’amica
della donna, si è sparato alla testa. Ieri pomeriggio
era stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico: oggi la situazione è precipitata tanto che,
una volta ufficializzata la morte da parte dei sa-
nitari, seguirà l’espianto degli organi, autorizzato
dai familiari. Lotta ancora contro la morte la ex convivente: anche le condizioni della giovane donna
sono gravi ma stabili. Ricoverata invece in condizioni molto meno gravi, Ilaria, l’amica della ex convivente, raggiunta alla mascella da uno dei colpi di
pistola. Sempre in “prognosi strettamente riservata” il bimbo della coppia, anche lui raggiunto alla
ALL’ULTIMO RIFIUTO GUERRA
DI TWEET TRA VESPA E MARINO
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
13
testa da un colpo di pistola: è ricoverato nel reparto
di rianimazione dell’ospedale pediatrico Meyer di
Firenze, dove era stato trasferito poche ore dopo il
suo ferimento. Nel frattempo stanno andando
avanti le indagini dei carabinieri: secondo gli inquirenti l’ uomo era “ossessionato” dalla donna. Alcuni
testimoni hanno raccontanto di screzi (peraltro mai
denunciati) relativi al mantenimento del figlio.
Tutti al mare
IMMONDIZIA, IL CONDUTTORE DI PORTA A PORTA ATTACCA: “MI VERGOGNO DI VIVERE
IN UNA CAPITALE COSÌ”. IL SINDACO: “MA CHE NE SAI TE CHE ABITI IN CENTRO”
di Tommaso Rodano
L’
eterna emergenza
dei rifiuti di Roma
approda su Twitter. L’attacco al
sindaco Ignazio Marino arriva
da un polemista insospettabile:
Bruno Vespa. Il suo tweet
giunge domenica mattina dalla
Russia, dove il conduttore di
Porta a Porta, pieno di ammirazione, racconta una città linda e pinta: “A San Pietroburgo,
5 milioni di abitanti, non ho visto un solo rifiuto sulla strada –
scrive Vespa – Mi sono vergognato di abitare a Roma”. L’accusa non è generica, il giornalista non dimentica di menzionare il destinatario della sua
indignazione: @ignaziomarino.
Il sindaco all’inizio incassa in
silenzio e preferisce non infilarsi nella baruffa da social network. Poi ci ripensa, e replica.
Lo fa in radio, ospite di Un
giorno da pecora: “A Roma abbiamo avuto una singola persona che per 50 anni ha gestito
una singola discarica (quella di
Malagrotta, proprietà di Manlio Cerroni, oggi sotto processo
per associazione a delinquere
finalizzata al traffico di rifiuti,
ndr), grande come 350 campi
da pallone, dove dagli anni
Sessanta fino a quando sono
stato eletto io sono stati scaricati il materasso, la bottiglietta
dell’acqua, l’organico dei ristoranti. Tutto quello che si voleva. Questa discarica – prosegue Marino – doveva esser
chiusa nel 2007, non è stata
chiusa e per questo abbiamo ricevuto delle multe salatissime
dall’Unione Europea”. Poi il
sindaco di Roma va sul personale: “Mi pare che Vespa abiti
al centro di Roma, in una zona
che dicono sia bella. Forse ci
sono persone che vivono in zone più disagiate rispetto al primo municipio, dove c’è Piazza
di Spagna, per esempio”.
IN ATTESA di una nuova,
eventuale replica di Bruno Vespa (che non è nuovo ai tweet
aggressivi: qualche mese fa digitò battute furiose nei confronti di Fiorello, poi i due fecero pace), un cittadino del primo municipio potrebbe obiettare che la spazzatura di Roma
è democratica: straborda praticamente ovunque. Uno dei
LA PEZZOPANE E IL GRANDE FRATELLO
La senatrice Pezzopane al mare scatta un selfie
con Simone Coccia Colaiuta, corteggiatore del
programma su Canale 5, “Uomini e donne.” Facebook
Bruno Vespa Ansa
quartieri più colpiti, Trastevere, è in pieno centro. L’elenco
delle zone assediate da sacchetti e miasmi non risparmia nessun quadrante: tra alti e bassi
l’emergenza ha colpito Eur,
Magliana, Pigneto, Tor Pignattara, Tuscolano, Arco di Travertino, Primavalle, Boccea,
Morena, Tuscolano, Tor Vergata, Garbatella, Appio Latino,
Laurentino, Pontina, Torre
Angela. L’elenco potrebbe continuare: in pratica, c’è tutta la
città. Senza raggiungere il degrado di Napoli, la crisi dei rifiuti di Roma, a lungo latente, è
affiorata in modo sempre più
evidente dopo la chiusura di
Malagrotta (che Marino rivendica come una soluzione salvifica attesa da 50 anni). Il sin-
daco è in guerra con l’Ama, la
municipalizzata che la monnezza la raccoglie: “Ogni giorno il 18 per cento dei dipendenti non si presenta a lavoro”.
Poi promette: “Stiamo puntando forte sulla differenziata e tra
due anni avremo un ecodistretto con una piccola discarica di
servizio”. A Vespa e ai romani
non resta che attendere.
ALTRI MONDI
il Fatto Quotidiano
M
itrokhin: reso
pubblico l’archivio
dell’ex agente Kgb
IL SOGNO di Vasili Mitrokhin, iniziato
nel 1972, si conclude come l’ex agente
del Kgb avrebbe voluto. La comunicazione della disponibilità del contenuto delle famose 19 casse piene di documenti che Mitrokhin, rischiando la
vita, portò fuori dalla Russia, proviene
da Christopher Andrew, lo storico che
lavorò con l’agente sovietico per anni.
“Ci sono solo due luoghi al mondo nei
quali è possibile trovare materiale come questo. Uno è l’archivio del Kgb e
l’altro è il Churchill College”. L’archivio
costruito in vent’anni di lavoro da Mitrokhin rivela quante e quali fossero le
carte in mano al Kgb su Papa Giovanni
Paolo II, le mappe e i dettagli dei depositi segreti di arme russe in Europa
occidentale e negli Stati Uniti. Fra i documenti riemersi dall’archivio c’è anche una mappa di Roma e della sua
periferia, in cui sono segnati quelli
che, a prima vista sembrerebbero tre
depositi di armi, identificati coi nomi
La messa per gli abusati
il Papa: l’impunità è finita
CERIMONIA A SANTA MARTA CON 6 VITTIME: FRANCESCO CHIEDE PERDONO
E FA CAPIRE ALLE GERARCHIE DELLA CHIESA CHE D’ORA IN POI DOVRANNO PAGARE
di Marco Politi
nando da Israele. Così è stato.
Per Francesco l’omelia, pronunciata durante il rito celebrato per le vittime, è stata l’occasione per lanciare segnali precisi. Parlando in spagnolo per essere completamente a suo agio
nell’espressione del suo pensiero, non ha solo condannato i
“gravi crimini” e il sacrilegio
commesso dai preti predatori,
esprimendo dolore per tante
tragedie. Ha affrontato il tema
dei suicidi, che “pesano sul mio
cuore, sulla mia coscienza, e su
quella di tutta la Chiesa”. Ha ribadito la condanna (come già
papa Ratzinger) dei “peccati di
omissione da parte dei capi della
Chiesa che non hanno risposto
in maniera adeguata alle denunce” di familiari e vittime, mettendo “in pericolo altri minori”.
P
apa Francesco ha celebrato una messa in
Santa Marta per 6
vittime di abusi, provenienti da Germania, Irlanda e
Inghilterra. Ha chiesto perdono
per i crimini di “sacerdoti e vescovi”. Ha garantito tolleranza
zero. Ha chiesto aiuto per definire la protezione migliore per
i minori. Ma la giornata di ieri,
molto intensa emotivamente,
va al di là di queste parole. Segnala un salto di qualità. Mostra
la volontà del pontefice argentino di imprimere una scossa a
una gerarchia ecclesiastica, che
in troppe parti del mondo si
mostra passiva nell’organizzare
strutture efficienti di contrasto
del fenomeno.
GIÀ BENEDETTO XVI, nei suoi
viaggi internazionali, aveva incontrato gruppi di vittime, ma è
la prima volta che un pontefice
invita una rappresentanza di
abusati in Vaticano. Ed è la prima volta che dopo la messa un
pontefice si riunisce con loro
per un ascolto non frettoloso
delle loro storie e li invita a suggerire come intervenire. L’incontro con le vittime, tre uomini e tre donne, si inquadra nelle
iniziative concrete già promosse
dal Papa. Marzo scorso Bergoglio ha creato una Commissione
internazionale per la protezione
di minori, che si è riunita per la
prima volta domenica, incari-
ROVESCIANDO l’impostazione
Papa Bergoglio LaPresse
candola di elaborare le procedure migliori per combattere gli
abusi. Della commissione – formata da 4 donne e 4 uomini, 4
laici e 4 chierici – fa parte anche
una vittima: Marie Collins, abusata a 13 anni, sostenitrice
dell’obbligatorietà della denuncia alle autorità civili. Papa Bergoglio sta ponendo le vittime al
centro di ogni iniziativa.
L’anno scorso il pontefice ha ri-
chiamato da Santo Domingo il
nunzio vaticano Jozef Wesolowski, accusato di avere abusato
di bambini delle fasce sociali più
povere. E recentemente lo ha
degradato, cioè ridotto allo stato
laicale. Ora Wesolowski, che
aveva la carica di arcivescovo, è
in attesa di un procedimento penale. “Non ci saranno figli di papà” in tema di abusi, aveva garantito il papa ai giornalisti tor-
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
secolare delle autorità ecclesiastiche, che imponevano alle vittime il silenzio per “non dare
scandalo”, Francesco ha elogiato il coraggio dimostrato da
quanti hanno “fatto luce su una
terribile oscurità” nella vita della Chiesa. Il vostro, ha esclamato
rivolto ai sei sopravvissuti, “è
stato un servizio di amore”.
Il Papa ha menzionato infine un
principio, invocato per decenni
durante accese dimostrazioni
dalle organizzazioni di vittime:
il dovere di rendiconto da parte
della gerarchia. Tutti i vescovi,
ha sottolineato, hanno il dovere
15
in codice di “Kollò”, “Fossò” e “Bor”.
Documenti insomma dal valore inestimabile e che testimoniano anche
una storia straordinaria: quella di un
agente del Kgb deciso a denunciare al
mondo occidentale la politica e le tattiche di uno dei più noti, attivi e influenti servizi segreti del mondo.
Dall’Irlanda agli Usa
una sfilza di scandali
I CASI DI PEDOFILIA con protagonisti preti cattolici hanno una
lunga storia e una serie di precedenti che non conoscono confini. Lo scandalo che fece più clamore, forse perché il primo che
ricevette una forte eco da parte dei media, accadde in Irlanda.
Nel 1994 Brendan Smyth, sacerdote cattolico con alle spalle
oltre 40 anni di attività pastorale, fu accusato di abusi su 91
minori. I casi irlandesi vennero raccontati in un documentario
della Bbc molto discusso in tutto il mondo: Sex crimes and the
Vatican. L’opera trasmessa in Italia, malgrado le polemiche, durante la trasmissione Anno Zero di Michele Santoro, denuncerebbe i casi di ben 100 bambini abusati da 26 sacerdoti irlandesi,
che sarebbero stati insabbiati dal Vaticano e dall’allora cardinale Ratzinger, capo della Congregazione della Dottrina della
Fede. Negli Stati Uniti le statistiche sono impressionanti: dal
1950 al 2002 4.392 sacerdoti sono stati accusati di relazioni
sessuali con “minorenni”. Due diocesi (Faibanks e Milwaukee),
sono state costrette a dichiarare bancarotta a causa dei risarcimenti riconosciuti alle vittime. Nel 2002 la Conferenza episcopale americana ha nominato una commissione per indagare
sul fenomeno degli abusi sui minori perpetrati da preti. Il governatore repubblicano e cattolico Frank Keating, messo alla
direzione decide di dimettersi poco dopo paragonando l’operato della Chiesa riguardo questi casi simile a quello della mafia.
In Belgio sarebbero invece 475 i casi di abusi sessuali compiuti
su bambini da membri del clero e 19 i tentativi di suicidio da
parte delle vittime. In Brasile vennero sequestrati addirittura
dei diari compilati da alcuni preti pedofili sulle tecniche di adescamento utilizzate e a Barretos venne aperto in segreto dai
sacerdoti italiani della Congregazione di Gesù Sacerdote (padri
venturini) un centro di cura per preti pedofili. In Francia René
Bissey, un sacerdote pedofilo colpevole di pedofilia tra il 1989 e
il 1996 fu condannato a 18 anni di carcere, e contestualmente il
suo vescovo, monsignor Pierre Pican, a tre mesi di carcere per
aver rifiutato di denunciare alla magistratura il sacerdote della
sua diocesi. In Italia fece particolarmente clamore il caso di don
Pierangelo Bertagna che confessò 38 abusi a partire dal 1988.
di impegnarsi per garantire la
protezione dei minori “e renderanno conto di questa responsabilità”. Sulla scena italiana –
dove la Cei ostinatamente continua a non creare nessuna
struttura diocesana per l’ascolto, l’assistenza e il risarcimento
delle vittime – tali parole hanno
portato un fresco vento anglosassone nella trattazione del
problema. D’altronde la com-
missione anti-abusi è coordinata dal cardinale O’ Malley di Boston, che nella sua diocesi ha fatto sistematica pulizia del clero
abusatore. “Non c’è posto nel
ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali – ha concluso Francesco –
e mi impegno a non tollerare il
danno recato ad un minore da
parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale”.
SINDROME ABUSIVA
Tanto sesso, siamo (pedofili) inglesi
L’ORCO IN TV
di Caterina Soffici
Jimmy Savile, per anni volto
noto della Bbc. Dall’indagine
sul suo conto è iniziato
lo scandalo-pedofilia LaPresse
edofili e ancora pedofili.
P
Dal proverbiale “niente
sesso siamo inglesi” a un’onda-
ta anomala di rivelazioni che
lasciano di stucco e fanno sospettare che quel sesso negato
sia diventato una vera ossessione per gli inglesi. L’ultima rivelazione riguarda una ventina di
casi di politici (ancora attivi, ex
o già defunti, come Cyril Smith
che aveva ammesso di aver toccato e molestato ragazzini), appartenenti a tutti e tre i principali partiti, che sono stati coinvolti in casi di abusi su minori
nell’arco di tempo di una quarantina di anni. È un Westminstergate con giallo incorporato,
perché su questi galantuomini
accusati di molestare bambini
erano già state condotte indagini e raccolto materiale che
provava la colpevolezza, ma
qualche misteriosa manina ha
fatto sparire i dossier e ha praticamente insabbiato le indagini. I fatti risalgono agli anni Ot-
dossier è arrivato anche sul tavolo del ministero degli Interni
Theresa May e si parla di 139
abusi, commessi nell’arco di tre
o quattro decadi, di una ventina
di parlamentari coinvolti e di
un’altra trentina che sapevano
e avrebbero taciuto e coperto.
IL NUOVO SCANDALO che
tanta e la cosiddetta operazione
Fernbridge parla di un network
di pedofili, sia deputati che appartenenti alla Camera dei
Lord, con connessioni e protezioni che arriverebbero fino al
numero 10 di Downing Street,
sede del governo britannico. Il
grande accusatore è un tal Peter
McKelvie, cacciatore di pedofili ora in pensione, che per 20
anni ha raccolto testimonianze
e prove al punto di affermare
pubblicamente che c’è abbastanza materiale per mettere in
cella una manciata di politici. Il
scuote il paese arriva dopo due
anni di rivelazioni sconcertanti.
Sono indagini spesso collegate e
rivelano una cricca di maniaci,
di ossessionati dal sesso, stupratori seriali e molestatori di
ogni tipo che occupavano posizioni di potere e si proteggevano a vicenda. Un filo unisce
questi signori, che appartengono tutti a una certa cerchia, senza distinzione di colore politico,
ma uniti da una consuetudine
con certi ambienti e certi approcci culturali. Al centro di
tutto, come una grande piovra,
c’è sempre lui: il defunto presentatore delle Bbc ed ex dj Jimmy Savile. Pedofili alla Bbc, pedofili negli ospedali del Nhs, il
National Health Service (il Servizio Sanitario Nazionale britannico), che garantivano libero accesso nelle strutture pubbliche e addirittura all’obitorio
di un’ospedale dove sono state
scattate foto e mimati atti sessuali con cadaveri. Un altro pedofilo, Rolf Harris, cantante e
anche pittore, è stato condannato a 5 anni e 9 mesi proprio la
settimana scorsa nonostante i
suoi 84 anni; era talmente famoso da aver accesso alla Casa
Reale e da aver dipinto il ritratto
della regina per commemorare
gli 80 anni della sovrana. Come
è possibile tutto questo? Anni fa
in Belgio aveva fatto scalpore il
caso di Marc Dutrux, il pedofilo
e serial killer che aveva sequesttrato e torturato per anni sei
ragazze. Alcune erano riuscite a
sopravvivere, altre erano state
ritrovate sepolte nella cantina
del mostro, che operava con la
complicità della moglie. Il caso
aveva avuto eco mondiale con
strascico di polemiche e accuse
da parte dell’opinione pubblica
belga contro i politici e le forze
di polizia per le lentezze e le incapacità nelle indagini. L’indignazione popolare si manifestò
in una marcia bianca. Quello
era stato un caso singolo. Negli
ultimi 24 mesi in Gran Bretagna
sono spuntati decine di pedofili. Come mai escono tutti ora?
E come mai sono tutti episodi
risalenti agli anni Ottanta? È
una domanda che molti si sono
fatti e la riposta potrebbe essere
molto più semplice di quanto si
pensi. Lord Brittan, allora ministro dell’Interno, ha confermato di aver ricevuto un dossier
di accuse che è “stato distrutto o
è andato perso”. La nuova inchiesta ordinata dal premier
Cameron è all’inizio e molte teste potrebbero saltare.
16
ALTRI MONDI
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
MANICA CENTINAIA EVACUATI DAL TUNNEL
Paura nel tunnel che da vent’anni viaggia sotto il
canale della Manica. I 382 passeggeri a bordo della navetta Folkestone-Calais alle 7 e 30 di ieri hanno dovuto abbandonare il treno, fermo per un guasto tecnico causato da un calo di tensione, per trasferirsi sul binario d’emergenza. Ansa
FRANCIA EX FEMEN: “AGGREDITA E RASATA NEL METRÒ”
Amina, una ex Femen tunisina di 20 anni, sostiene di essere stata
aggredita nella metropolitana di Parigi da un gruppo che sembra formato da integralisti islamici. Su Facebook ha scritto: ”Mi hanno detto
puttana, ti violentiamo e Allah ci ringrazierà per questo”. Ansa
Shevarnadze, il traghettatore
che sciolse la Guerra fredda
MORTO A 86 ANNI L’EX MINISTRO DEGLI ESTERI DELL’URSS CHE CON GORBACIOV
FORMÒ IL DUO CHE IDEÒ LA PERESTROJKA E PORTÒ ALLA FINE DELL’IMPERO SOVIETICO
di Giampiero Gramaglia
È
nato sovietico. È
morto georgiano.
Non è mai stato
russo. L’Occidente,
che mostrava simpatia per le
sue ciocche di capelli bianchi
perennemente in disordine, lo
ricorda più delle sue terre.
Eduard Shevarnadze, ministro
degli Esteri dell’Urss di Gorbaciov dal 1985 al suo dissolvimento, protagonista degli
anni della perestroika, uno degli artefici della fine della
Guerra Fredda, poi presidente
della Georgia dal 1995 al 2003,
è morto ieri all’età di 86 anni, a
Tbilisi. Era malato da tempo. Il
ricordo più commosso è quello di Gorbaciov, che piange
“l’amico, un uomo molto capace e molto predisposto al lavoro con la gente”.
PUTIN E GLI ATTUALI leader
georgiani si sono limitati a parole di circostanza. Il primo vice presidente della Duma, il
comunista Melnikov, lo ha invece bollato come una “figura
del gruppo di quelli che passeranno alla storia come distruttori dell’Urss, spinti in
questa direzione dalle forze
dell’Ovest”. Nel 1985, Gorbaciov, da poco nominato segretario generale del Pcus e presidente dell’Urss, lo chiamò
dalla Georgia, dove guidava il
partito comunista di quella repubblica, a Mosca, come ministro degli esteri: parve una
scelta avventata, si rivelò una
scelta azzeccata. Per circa 6 anni, Shevarnadze fu uno dei
principali artefici del disarmo
internazionale; e si mostrò capace di stringere in Occidente
solide amicizie. Come quella
con il collega tedesco Genscher, il ministro degli esteri
della Caduta del Muro e della
Riunificazione: “Divenimmo
amici personali, cosa che io
non avrei mai creduto possibile”.
Aveva lasciato la scena politica
dopo un’esperienza tormentata alla guida della Georgia. Subentrò all’autocrate Gamsakurdia; dopo di lui, quello che
in altri tempi si sarebbe definito “un fantoccio degli americani”, Saakashvili; si dimise
prima di essere cacciato dalla
‘Rivoluzione delle Rose’. La sua
presidenza fu segnata da alcuni
falliti attentati – uno quasi andò a segno: lo dice l’immagine
di lui in canottiera sulla poltrona del suo ufficio, lo sguardo dilatato, il volto coperto da
schegge e grumi di sangue - e
dal deterioramento della situazione economica e sociale del
suo Paese.
VIVEVA “SENZA PAURA”, ma
“consapevole che ogni giorno
poteva essere l’ultimo", scrive il
sito russo Mir24. Le sue dimissioni gli permisero di salvaguardare, in patria, una certa
rispettabilità. A gennaio, cancellò la festa per il suo 86° compleanno per rispetto delle vittime sul Maidan di Kiev, dove
allora era in corso la protesta
contro il presidente filorusso
Yanukovich. Ai giornalisti,
amava raccontare di essere nato “per miracolo”, perché i medici giudicavano la vita sua e
della mamma “in pericolo”.
Il coraggio della mamma, l’aiuto di Dio e la bravura dei medici fecero venire al mondo
Eduard e sopravvivere sua madre. Del suo lascito, diceva:
Gorbaciov e Shevarnadze nel novembre del 1990 LaPresse
“Saranno i posteri a decidere se
rimarrò nella storia come ministro degli Esteri sovietico o
leader della Georgia. Ma so che
tutti, alla fine, hanno quello
che si meritano”. E quando cominciarono a circolare voci su
un cancro alla prostata – smentite -, rispose in versi: “Vivrò
ancora a lungo / sarò di titanio
come prima / morirò, sapete /
non portatemi rose”, che sono
un emblema della Georgia.
I funerali si faranno domenica
13 luglio. Shevarnadze sarà sepolto nel giardino della sua residenza, presso Tbilisi, accanto
alla moglie Nanuli: “La sua
scomparsa – aveva detto - è stata il momento più tragico della
mia vita. Voglio riposare al suo
fianco”.
CHICAGO DI SANGUE
Il Far West dell’Independence Day
di Angela Vitaliano
New York
essanta feriti, 11 in maniera fatale:
S
questo il bollettino di un “normale”
weekend di paura a Chicago, la città
sempre più stretta nella morsa della delinquenza e delle “pistole impazzite”.
Non basta il pugno di ferro di un sindaco come Rahm Emanuel, ex responsabile dello staff di Obama, a capo di
una città che non sembra riuscire a
scrollarsi di dosso tutti gli stereotipi che
l’accompagnano: mafia, corruzione,
sparatorie.
pacatamente davanti al suo portico e di
altri, coinvolti nella caccia seguita subito dopo. Qualcuno, vedendo gli elicotteri e i corpi speciali e i Suv blindati
avrà davvero pensato a una visita a sorpresa del presidente. Fra le vittime, cinque in totale, cadute sotto i colpi esplosi
dai poliziotti, in diverse circostanze, nel
corso del lungo weekend di celebrazioni
per il giorno dell’Indipendenza, anche
due minorenni: 14 e 16 anni e due pistole di troppo che non hanno voluto
consegnare, come ordinato dagli agenti.
“Tutta colpa delle pistole – ha confer-
MOLTI DEI NOMI SULLA LISTA nelle
sue mani, infatti, sono di persone che
non avrebbero dovuto, visti i precedenti, essere liberi di scorazzare in città, per
di più armati. Se si pensa che nell’arco di
13 ore, tra il pomeriggio di domenica e
la mattina di lunedì sono state uccise 4
persone e ferite 26, si capisce che la criticità della situazione è ormai insoste-
Soccorsi a una delle vittime delle sparatorie di Chicago LaPresse
NELLA SOLA NOTTE fra
domenica e lunedi, nell’area
sud, quella dove risiedevano
gli Obama prima di trasferirsi a Washington e dove
c’è ancora la loro casa, un
conflitto a fuoco, durato per
oltre dieci minuti ha comportato il ferimento di una
coppia, del loro attentatore
(colpito da altri due, intervenuti in difesa delle vittime), di un uomo che sedeva
mato Garry McCarthy, il capo della polizia di Chicago, parlando alla stampa Troppe le pistole che arrivano e poche le
punizioni che riusciamo a mettere a segno”.
60 FERITI, 11 MORTI
Nel weekend dopo
la festa nazionale Usa
record di sparatorie
nella città del
presidente Obama,
ormai fuori controllo
nibile. “I poliziotti – spiega ancora McCarthy, con la voce rotta dall’emozione
– non sono soliti sparare senza ragione,
ma lo fanno quando devono proteggere
se stessi o altri innocenti”.
Proprio in vista dei “festeggiamenti”,
occasione ideale per l’incremento della
violenza, il dipartimento di polizia aveva predisposto un piano di controllo più
massiccio con molte unità di agenti in
più a vigilare le zone critiche. “Avevamo
avuto tre giorni di fila in cui le cose avevano funzionato e poi dal sabato al lunedì, il crollo”. Ricordiamo che lo scorso febbraio la corte federale aveva dichiarato incostituzionale il divieto di
vendita di armi e l’escalation di violenza
è diventata immediatamente palese.
Intanto, da ieri, il gruppo “anti armi”
fondato e finanziato da Michael Bloomberg, ex sindaco di New York, si è messo
all’opera per passare al vaglio tutti i candidati, repubblicani e democratici, delle
prossime elezioni di “mezzo termine”
di novembre: quelli che sostengono la
National Rifle Association, diventeranno
target da abbattere, non con i proiettili
ma, questo è l’auspicio, con sonore
sconfitte alle urne.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
SIRIA AL VIA DISTRUZIONE ARMI CHIMICHE
I team militari e civili hanno iniziato a neutralizzare le armi chimiche siriane a bordo della nave
Usa Cape Ray. L‘operazione avverrà in acque internazionali. Il 1° luglio la nave aveva effettuato il
trasbordo dell’arsenale nel porto calabrese di
Gioia Tauro. LaPresse
KABUL GHANI VINCE LE PRESIDENZIALI
L’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani Ahmadzai ha vinto il ballottaggio presidenziale delle
elezioni del giugno con il 56,44% dei voti, davanti all’ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah con il 43,56%. I risultati sono ancora non ufficiali. Lo sfidante non riconosce il risultato. Ansa
ULTRÀ ISRAELIANI TRA CURVE
E RAID CONTRO I PALESTINESI
IL 16ENNE MOHAMMED È STATO ARSO VIVO DA ALCUNI SUPPORTERS DEL BEITAR
di Roberta Zunini
I
peggiori sospetti sono
stati confermati: a bruciare vivo Mohammad
Abu Khudair, il sedicenne palestinese di Gerusalemme
Est (Territorio occupato secondo l’Onu) trovato morto la settimana scorsa in un bosco, sono
stati alcuni estremisti di destra
ebrei israeliani, nonché ultras
del Beitar Jerusalem. Anche in
Israele le curve degli stadi ospitano hooligan violenti e politicizzati. “Quelli” del Beitar però
si sono sempre distinti per la loro anima nera, per l’odio nei
confronti del diverso, dello
straniero. Per il razzismo di cui
vanno fieri, mostrato sugli spalti a partire dagli striscioni che
agitano come fossero un estratto della Bibbia.
L’ESATTO OPPOSTO dei fan
dell’Hapoel Tel Aviv, la squadra
nata dal sindacato dei lavoratori, di sinistra, che tuttora appartiene ai suoi tesserati e ha sempre ingaggiato calciatori di colore, arabo-israeliani e arabi,
senza che un solo tifoso avanzasse la ben che minima critica
improntata sulla nazionalità di
origine degli atleti. Anzi sulla
“razza”.
Quando, lo scorso anno, anche
Arcadi Gaydamak - il miliardario israelo-russo proprietario
del Beitar - aveva espresso l’intenzione di fare lo stesso, cioè di
acquistare due giocatori ceceni,
Zaur Sadayev e Dzhabrail Kadiyev, i tifosi, durante il match
contro il Bney Yehuda, avevano
reagito intonando canti razzisti
e islamofobici (dato che la maggior parte dei ceceni è di religione musulmana) ed esibito scritte incentrate sul mantenimento
della “purezza etnica” del Beitar: “Beitar pura per sempre”,
“Morte agli arabi”, “70 anni di
principi”.
La squadra nacque prima della
fondazione di Israele dal movimento conservatore di Zeev Jabotinsky. Ma anche uomini politici di centro e di centro sinistra hanno il cuore che batte per
il Beitar. Ehud Olmert, l’ex premier e sindaco di Gerusalemme
condannato per corruzione, che
aveva addirittura il suo palco
personale allo stadio Teddy
Kollel, l’anno scorso dichiarò:
“Non assisterò più a una partita
finché queste squadracce non
Smartphone sospetto?
Non entri negli Usa
I PASSEGGERI DIRETTI negli Stati Uniti non potranno portare
a bordo degli aerei il proprio cellulare a meno che non dimostrino che si accende e funziona correttamente. Lo ha annunciato la Transport Security Administration (Tsa), l’agenzia statunitense che si occupa della sicurezza negli aeroporti, per rispondere alla richiesta di maggiori controlli negli scali internazionali
da parte di Washington, in un momento di crescenti minacce
terroristiche. La Tsa ha fatto sapere che ai viaggiatori sarà chiesto di accendere ogni dispositivo elettronico prima dell’imbarco. Se saranno scarichi e non si potranno quindi accendere, dovranno essere lasciati a terra e i loro proprietari potranno essere
sottoposti a ulteriori controlli.
Nei giorni scorsi funzionari dei servizi segreti americani avevano dichiarato di temere che al-Qaeda potesse produrre
esplosivi in grado di passare inosservati ai controlli aeroportuali.
I responsabili della Tsa hanno spiegato che le nuove regole servono per evitare attacchi condotti con nuove tecnologie. All’interno di smartphone e tablet potrebbero essere nascoste cariche esplosive non rilevabili dagli scanner durante i controlli. Il
governo degli Usa ha chiarito che si tratta di una precauzione
aggiuntiva e non di una risposta a una specifica minaccia.
17
RICATTI & RISCATTI
I terroristi libici
preferiscono
rapire gli italiani
CONTINUANO LE TRATTATIVE PER VALLISA. LIBERATI
GLI ALTRI DUE TECNICI BALCANICI SEQUESTRATI
di Nancy
Porsia
arebbe stato un gruppo armato di Sabratha a sequeS
strare in Libia il tecnico italiano Marco Vallisa e due
suoi colleghi. Lo rivela al Fatto una fonte della città di
Zuwara, dove i tre lavoratori della società italiana Piacentini Costruzioni S.p.a. sono spariti lo scorso sabato mattina.
Vallisa resta sotto sequestro, mentre il bosniaco Petar Matic
e il macedone Emilio Gafuri sono stati liberati. All’alba di
ieri mattina, sarebbero stati spediti in taxi alle rispettive
ambasciate a Tripoli. La fonte ha affermato che “Immediatamente dopo la notizia della scomparsa, le forze di
sicurezza di Zuwara avrebbe fermato un uomo di nazionalità tunisina in possesso di
un passamontagna, un kalashnikov e una pistola”. L’uomo, interrogato, avrebbe subito confessato di aver fatto
da palo per conto di un commando armato della vicina
città di Sabratha, 20 chilometri a est di Zuwara. Ma non è
stato in grado di fornire ulteriori dettagli. L’ipotesi del
sequestro ai fini di estorsione
sarebbe la più accreditata.
PROFEZIA
Il vice-allenatore della
squadra di Gerusalemme
aveva detto l’anno
scorso: “Oggi bruciano
gli edifici, domani
bruceranno la gente”
verranno rimosse dal nostro
campo o diventeremo loro
complici”. Si riferiva soprattutto alla squadraccia che si autodefinisce “La Familia”, il gruppo
più violento e razzista. Che l’8
febbraio del 2013 diede fuoco
agli uffici del Beitar, incenerendo i trofei collezionati negli ultimi venti anni dal club.
“La Familia” ama scagliarsi appena può contro i calciatori del
Bnei Sakhnin perché arabo-israeliani, ossia i palestinesi
che vivevano su quello che ora è
il territorio israeliano e sono
riusciti a rimanerci, ottenendo
la cittadinanza, ma che si sono
sempre sentiti cittadini di serie
B e, da due giorni, dopo decenni
di silenzio, sono scesi in piazza.
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
I funerali del ragazzo a Gerusalemme Est LaPresse
“Immaginate cosa sarebbe potuto succedere se delle squadre
in Inghilterra o in Germania
avessero annunciato che un
ebreo non avrebbe potuto fa
parte della squadra. Noi, il popolo ebraico, che dovremmo
condurre la battaglia contro il
razzismo e il fascismo; noi, che
siamo quelli che portano ancora
le cicatrici di questi fenomeni e
li porteremo sul nostro corpo
per le generazioni a venire, non
possiamo e non dobbiamo rimanere in silenzio”, dichiarò
tempo fa il deputato del Likud, il
partito conservatore di cui è leader il premier Netanyahu. Oggi
Reuven Rivlin è il nuovo presidente di Israele e succederà a
Shimon Perez. Entrambi hanno
condannato l’orribile omicidio
di Mohammad, ricordando anche le profetiche parole del vice
allenatore dei Beitar, Jan Talesnichov: “Danno fuoco agli edifici, prima o poi bruceranno la
gente”.
C’è però chi non la pensa come
lui. È il ministro degli Esteri,
Avigdor Lieberman, il falco segretario del partito ultranazionalista Israel Beitenu, che vive in
una colonia e vorrebbe spedire
nei Territori tutti gli arabo israeliani, anche lui fan del Beitar. Ieri ha rotto la partnership con il
Likud perché il governo non ha
ancora ordinato all’esercito di
invadere Gaza a causa dei razzi
che dalla Striscia stanno cadendo sulle cittadine del Negev.
SONO DECINE DI MIGLIAIA
le milizie armate attive nel
paese nordafricano che, dalla
deposizione del regime di
Gheddafi con la rivoluzione
del 2011, sono in costante ricerca di forme di autofinanziamento per irrobustire il
proprio arsenale. Inoltre Sabratha, sito archeologico
Unesco per le vestigia che
conserva dell’Impero romaMarco Vallisa è stato rapito da no, è oggi considerata la rocmiliziani che operano nell’area caforte del movimento saladi Sabratha Ansa/LaPresse fita nella parte ovest della Libia.
L’uccisione lo scorso gennaio
di un cittadino britannico e una neozelandese su un tratto di
costa della città ha alimentato i sospetti sulla presenza di
gruppi fondamentalisti a Sabratha. Sicuramente il rilascio
dei due colleghi del tecnico italiano è segno che ci sarebbero
ampi margini di negoziazione con i sequestratori, al di là
della loro stessa matrice.
JIHAD AL FEMMINILE
Spose in fuga e spose promesse
di Valerio Cattano
arruolato dai miliziani che combattono il regime di Assad. La vicenda è stata raccontata dal Daily Mail spiegando che le ragazze sono
i sposo in nome del Jihad. La guerra degli estremisti islamici scappate di casa nella notte, prendendo un aereo per Istanbul, nel
non è fatta solo di politica e azioni militari. Una delle preoc- tentativo di raggiungere la Siria dalla Turchia. In base alle prime
cupazioni dei guerriglieri, è quello di trovare moglie; che siano con- indagini emerge che l’intenzione delle 16enni, definite come “estresenzienti, è un altro discorso. Per 63 ragazze nigeriane l’appun- mamente religiose”, è quello di offrirsi in spose ai soldati dell’Isis.
tamento con le nozze è rimandato: sono riuscite a scappare. Le gio- Il capo della polizia di Manchester, Peter Fahy ha denunciato il
vani donne facevano parte di quel gruppo di 71 che era stato rapito “lavaggio del cervello” fatto a ragazze e ragazzi inglesi che “stanno
due settimane fa dagli estremisti di Boko Haram nel nord-est della tentando di entrare in Siria” per unirsi alla “guerra santa”. Sono
Nigeria. Fonti della sicurezza hanno confermato che il gruppo si è circa 3.000 gli europei partiti per la Siria per combattere.
dileguato approfittando del fatto che i miliziani
In mezzo a tante storie drammatiche vi sono epierano impegnati in un combattimento con i solsodi da commedia: Robert Andrew Scott, nome
dati governativi a Damboa. Nessuna notizia inmusulmano Jamaluddin Mustafa, è stato accusato
vece delle 219 studentesse ancora nelle mani di
dalla polizia malese di essersi sposato ben 12 volte,
Boko Haram, rapite il 15 giugno in una scuola di
sia in Europa che in Asia, e di aver rubato tutto alle
Chibox, nello Stato di Borno. Per centinaia di ramogli. Mustafa, che si proclama un “combattente
gazze portate via, spuntano casi sparuti di volonper la libertà” in realtà mira ai soldi delle sue spose.
La polizia ha tracciato un profilo di Scott: un “matarie che partono persino dall’Europa per offrirsi
come spose. È il caso di due gemelle inglesi di 16
nipolatore di emozioni” che convince le donne a
anni che hanno lasciato Manchester per unirsi agli
obbedirgli ciecamente in nome dell’Islam. Ma la
Le studentesse rapite in Nigeria guerra di Mustafa sembra avere un solo motto:
jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levanda Boko Haram LaPresse prendi i soldi e scappa.
te in Siria (Isis). Un fratello maggiore era già stato
T
18
il Fatto Quotidiano
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
OLIMPIADI INVERNALI 2022
CORSA A TRE: C’È ANCHE PECHINO
LA FIFA “GRAZIA”CAMILO ZUNIGA
THIAGO SILVA SALTA LA GERMANIA
TOUR, SECONDA VITTORIA A KITTEL
NIBALI MANTIENE LA MAGLIA GIALLA
Il Cio ha ufficializzato la candidatura della
kazaka Almaty, di Oslo e di Pechino (Cina)
per l’organizzazione dei Giochi Invernali del
2022. La scelta sarà effettuata il 31 luglio 2015
La Fifa non ha punito il colombiano Camilo
Zuniga per il fallo commesso su Neymar
perché “il fallo non era sfuggito all’arbitro”.
Stop di un turno invece per Thiago Silva
SECONDO
Il tedesco Marcel Kittel ha vinto la tappa
londinese del Tour. Alle sue spalle Peter
Sagan, seguito da Mark Renshaw. Nibali
mantiene la gialla. Oggi si torna in Francia
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
La “Saetta bionda”
corre in Paradiso
È MORTO A 88 ANNI ALFREDO DI STEFANO, PRIMO GALÁCTICO DEL REAL MADRID
P
di Roberto
Beccantini
elé e Maradona sono stati il
massimo. Alfredo Di Stefano è stato tutto. Direttore
d’orchestra e orchestra. Tenore e coro. Il cuore, invidioso, ce l’ha portato via a 88
anni, presidente onorario di
quel Real Madrid che aveva
trasformato in una leggenda.
La sua carriera non ha scortato il calcio: l’ha anticipato.
Ancora oggi, si dice e si scrive: “Giocare alla Di Stefano”.
E cioè: sequestrare il campo
e occuparlo per quanto è
lungo; essere difensori che
attaccano e attaccanti che difendono; segnare, far segnare e non far segnare.
AI SUOI TEMPI, spopolavano gli specialisti. Di Stefano
diede una pedata ai luoghi
comuni. C’era, in Italia, uno
che giocava così: si chiamava
Valentino Mazzola. Il destino scelse Superga per impedire che i due diventassero
compagni di squadra nel
Grande Torino. Fu proprio il
River Plate di Di Stefano a
onorarne la memoria. Era il
26 maggio 1949, ventidue
giorni dopo la tragedia.
Quando il River sbucò dagli
spogliatoi del Comunale, si
levò al cielo una toccante
ovazione. L’incasso venne
devoluto alle famiglie delle
vittime. La partita, per la cro-
TROFEO MANCANTE
Cinque Coppe Campioni
e due Palloni d’oro
Ma tra infortuni, mancate
qualificazioni e sanzioni,
el alemánnon ha mai
partecipato a un mondiale
naca, finì 2-2, con un gol di
quel tizio lì, un po’ stempiato
e un po’ svitato. Alfredo Di
Stefano.
Nato il 4 luglio del 1926 a
Buenos Aires, nel quartiere
di Barracas, uno dei più popolari e spericolati della periferia porteña. Il padre, di
origini italiane (Capri), aveva giocato nel River Plate e
nel Boca Juniors, come dire:
NAPOLI Romanista ferito
Vendetta per Ciro?
n tifoso romanista è stato accoltellato sabato sera
U
nel centro di Napoli. Il ragazzo 25enne che, secondo la Gazzetta dello Sport, si chiamerebbe Federico
Sartucci. Stava rientrando a casa in vicolo Melofioccolo
quando è stato pugnalato all’interno dell’androne del
palazzo dove vive. Secondo le ricostruzioni dei giornali
locali, l’aggressore gli avrebbe gridato: “Sporco romanista, te ne devi andare da Napoli” prima di colpirlo
con un coltello al gluteo. Il tipo di taglio, oltre che le
parole pronunciate prima dell’accoltellamento, fanno
pensare a una vendetta per l’omicidio di Ciro Esposito.
Sartucci si era trasferito nel capoluogo campano da
appena una settimana per lavoro (è un cuoco dell’Hotel
Romeo). Anche se incensurato, anni fa ha ricevuto un
Daspo per avere partecipato a una rissa a sfondo calcistico. Non risulta iscritto a nessun gruppo ultrà della
Curva Sud, ma è comunque un frequentatore assiduo
dello Stadio Olimpico. Le condizioni di Sartucci non
sono gravi: dall’ospedale Pellegrini dov’è stato medicato fanno sapere che se la dovrebbe cavare con una
prognosi di dieci giorni. Nel frattempo è rientrato a
Roma.
Al.Sch.
il diavolo e l’acqua santa.
Della sua infanzia, Alfredo
ricorda la fame. Una fame
atavica e feroce che, non a
caso, contribuirà a farne un
mangiatore di schemi, un
cannibale di avversari. Non
sapere cosa avrebbe trovato
per cena lo stimolava ad azzannare tutto quello che
c’era nel piatto e ad agitarsi
sull’erba. Primi calci in squadrette dai nomi guerrieri,
Once y Venceremos, Imàan.
Il papà tifava perché diventasse ingegnere agronomo.
Sarà una delusione di cui
non dovrà mai pentirsi.
Già a 15 anni, il figlio eccelle
nelle giovanili del River, la
società della ricca borghesia.
Il ruolo è subito indefinito e
indefinibile: centravanti, sì,
ma di movimento. E poi i soprannomi: el alemán, il tedesco, la saeta rubia, la freccia bionda. Sono i giornalisti
a coniarli. Ogni tanto, ci
prendono. Di Stefano comincia a guardarsi attorno.
Batte cassa. Nulla lo sazia.
Scoppia il finimondo. La federazione, terrorizzata dal lignaggio dei duellanti, si rifugia nel più vigliacco dei
compromessi: una stagione
al Real, un’altra al Barcellona. La Catalogna insorge:
sente puzza di Franco. L’orgoglio ferito suggerisce al
Barça l’errore più madornale: noi, uno che ha indossato
la camiseta blanca, non lo
vogliamo. Tenetevelo pure.
E così, il 22 settembre del
1953, Di Stefano firma per il
Real e cambia, in un colpo,
non meno di quattro vite: la
sua, quelle dei due club, l’esistenza stessa del calcio.
Cosa sarebbe stato il Real
senza Di Stefano, e Di Stefano senza il Real? La storia
non si fa con i “se” e con i
“ma”. Si fa, e basta. Di Stefano l’ha, addirittura, rifatta.
Alfredo e il Real vincono e
Alfredo Di Stefano, presidente onorario del Real Madrid, nel 2008 Ansa
DEL TORINO ho detto. Viene
a sapere che in Colombia un
pool di ricchi possidenti ha
creato una lega clandestina
che offre fior di quattrini. La
Fifa l’ha espulsa dalle competizioni, chiunque vi partecipi viene considerato fuori
legge. Di Stefano se ne frega:
pecunia non olet. Firma per i
Millonarios di Bogotà, saranno tre stagioni di gloria e
baldoria. Approfitta dei buchi del calendario per sposare Sara, una ragazza di
Buenos Aires. Insieme, faranno sei figli.
Il rischio di severe sanzioni
convince Di Stefano a tornare sui suoi passi. Il River lo
accoglierebbe a braccia aperte, ma c’è un problema: paga
poco. Gli dèi non aspettavano che un pretesto. Eccolo.
Improvvisa, scocca l’ora del
Real. Succede che i Millonarios sfilino in passerella proprio a Madrid: e che Di Stefano, quel pomeriggio, lasci
di sé tracce indelebili. Così
indelebili che il presidentissimo Santiago Bernabeu
sguinzaglia il suo braccio destro, Raimundo Saporta, e si
accorda con i dirigenti colombiani. Si muovono anche
da Barcellona: l’inviato del
Barça, Pepe Samitier, ha la
parola del River, legittimo
proprietario del cartellino.
Nel 1960 l’attaccante con le cinque Coppe Campioni conquistate Ansa
rivincono tutto, in Spagna
(otto campionati) e all’estero. Soprattutto all’estero. Nel
1955, battezzano la Coppa
dei Campioni e si aggiudicano le prime cinque edizioni. Alfredo, beato lui, può
contare su spalle come Kopa,
Del Sol, Puskas, Gento.
Ognuno ha un compito: lui li
somma.
Uomo-squadra
nell’accezione letterale del
termine. Uomo ovunque. Se
lo marchi con uno stopper,
arretra a centrocampo. Se gli
dedichi un mediano, fa il
centravanti. La televisione, al
debutto, si apre alle sue folate, alle sue magie. Per inquadrare la palla è sufficiente
zoomare sulla sua faccia:
tanto, ce l’ha sempre lui. Edmondo Berselli, ne Il più
mancino dei tiri, riporta una
frase di Adolfo Pedernera,
suo maestro al River: “Ragazzo, di questo gioco campiamo tutti: vedi di darti una
regolata”. Serve altro?
DI STEFANO non può che ar-
rendersi alla vecchiaia: ha 38
anni quando, al Prater di
Vienna, disputa l’ultima finale di Coppa dei Campioni
inchinandosi all’Inter di
Sandro Mazzola, figlio di
Valentino, e Helenio Herrera, “nemico” giurato e ammiratore fervente. La sorte lo
porta a raccogliere gli ultimi
spiccioli in quella Barcellona
che lo aveva rifiutato all’inizio della saga. Alfredo chiude
nell’Espanyol, a 40 anni. Riprenderà a vincere da allenatore, al Boca, al River, al
Valencia (una Coppa delle
Coppe). Sarà anche tecnico
del Real, prima di diventarne
presidente onorario.
Quando ancora giocava, durante una tournée in Venezuela, fu rapito e tenuto prigioniero per due giorni da un
gruppo rivoluzionario anti-franchista. Motivo: far
parlare di sé attraverso il sequestro di un simbolo (del
“realismo” e, per la proprietà
transitiva ma involontaria,
del franchismo). Due Palloni
d’oro (pochi) e l’unico Superpallone assegnato da
France Football.
Alfredo Di Stefano vanta un
record singolare. Si è arrampicato in cima al mondo senza aver mai masticato nemmeno una briciola di Mondiali: nel 1950, era in Colombia, wanted dalla Fifa; nel
1954, non vi prese parte l’Argentina, eliminata nelle qualificazioni; nel 1958, dopo
l’ennesimo salto, mancava la
Spagna; e nel 1962, in Cile,
c’era la Spagna ma “mancava” lui, infortunato. Nel giardino di casa, a Madrid, spicca un monumento bronzeo
che riproduce un pallone di
cuoio. Alla base, non più di
due parole: “Gracias vieja”.
Grazie vecchia. Con Alfredo
Di Stefano se ne va il campione che tutti avrebbero voluto essere e che solo lui è
stato. Il più completo. O, per
usare l’etichetta sdoganata
dagli olandesi all’alba degli
anni Settanta, il più totale.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
19
La prima semifinale,
i soliti vecchi sospetti
OGGI IL BRASILE PADRONE DI CASA AFFRONTA LA GERMANIA
POSSIBILE CHE I VERDEORO NON VADANO ALMENO IN FINALE?
di Oliviero Beha
P
rendiamo
la Giustizia che regge i due
piatti, quella famosa di Giotto
magari aggiornandola in una
Wag (sapete, le fidanzate o fans
d’occasione che gironzolano
per stadi e ritiri in Brasile). Su
un piatto c’è la necessità che il
Brasile vada in finale e poi vinca
la Coppa, sull’altro c’è l’incertezza, la credibilità dell’Evento,
i valori oggettivi di squadra. Sul
primo piatto c’è tutto un popolo e soprattutto un governo che
si è svenato di soldi pubblici assai discutibilmente, e magari la
Fifa che con questo governo ha
negoziato qualunque cosa
uscendone arricchita “a mano
armata”. E poi, per la semifinale di stasera contro la Germania, c’è la designazione di un arbitro come Rodriguez Moreno,
un messicano solo omonimo
del truffatore ecuadoregno del
2002, già dimostratosi incerto
in Italia-Uruguay, severo
nell’espellere Marchisio, distratto sull’abbuffata di Suarez.
UN ARBITRO pro Brasile di
partenza, dunque? Mah, in fondo come qualunque altro se vogliamo. Nella partita incriminata si pensa davvero che fosse
stato programmato “contro”
l’Italia? Francamente non m’è
parso, poteva tranquillamente
accadere il contrario. E se fosse
stato programmato, da chi e
perché ?Per far uscire subito
l’eroica combriccola di Prandelli (che ci ha pensato da sola)?
Improprio. Resta certamente
l’incognita di una fischiatina
prevedibile contro i tedeschi, se
vale il discorso iniziale. Ma
“quanto” fischiatina? Addirittura un rigore come quello inventato nel vernissage anti-Croazia dal “terminale” giap-
MODE E MODI
ponese? Non credo, casomai
per favorire il Brasile si manda un arbitro davvero bravo,
catechizzato a dovere, che sappia interpretare il modo di stare
in campo senza farsene accorgere a favore dei padroni di casa. I tedeschi corrono troppo?
Allora si fischia spesso, e tutto.
E si rallentano le trame. I brasiliani soffrono in difesa? Ci sono apposta i falli di confusione
ecc. ecc. Non è il povero Moreno a farla da star in questi imbrogli. Sbaglierà, magari, ma
sbaglierà nello sbagliare...
Sul piatto della Germania retto
sempre dalla Wag che immagino non bionda ma corvina e
formosa il giusto senza aiutini
botulinici, c’è una squadra
all’apparenza mediamente più
forte, senz’altro meglio disposta a coprire ogni zona di campo del Brasile di oggi, orfano di
Neymar. Certo, ha tutto Belo
Horizonte nello stadio contro,
PER IL BRASILE è il minimo, e
infatti adesso hic Rhodus hic
Neuer hic salta, il problema è la
semifinale. Ma se vince stasera,
si riproporrà pari pari lo stesso
discorso per la finale (giustizia,
arbitri e circostanze eventualmente favorevoli impacchettate in una confezione regalo),
contro chiunque la giochi. Se
sarà soltanto vicecampione,
tutti a ridere e forse la simpaticona Dilma che si tiene in casa
Cesare Battisti non verrà rieletta in autunno. Quindi la cosa è
leggermente più complessa di
come la si pone, fidatevi, parola
d’esperto. Tutti i Mondiali si
possono truccare, e forse tutti i
Mondiali poco o tanto sono stati truccati. Ma bisognerebbe capire e sapere come. Prendete di
nuovo le nefandezze di Byron
Moreno. L’Italia del Trap e di
Vieri diede una bella mano al
Moreno per farci sbattere fuori
da uno dei due padroni di casa,
la Corea del Sud-il Giappone
essendo già fuori. Ma erano solo gli ottavi. E non sarebbe servito a niente l’eventuale o reale
“aiutino” se nei quarti la Corea
fosse stata eliminata per il discorso che avete letto qualche
riga fa. E difatti, difatti: una terna impresentabile capitanata
da un egiziano fece fuori vergognosamente la Spagna del mio
idolo imberbe Joaquin (allora sì
che era un Jair…) perché “la
Corea doveva arrivare in semifinale”. Quod erat demostrandum,
come dicono i brasiliani…
www.olivierobeha.it
BELO HORIZONTE
Arbitra Rodriguez
Moreno, lo stesso di ItaliaUruguay. Tradizione
(e malignità) vogliono che
il Paese ospitante approdi
all’ultimo scontro
di
Emiliano Liuzzi
uando è in forma, per contenere la penna di
Aldo Grasso non bastano tutti i catenacci del
mondo. Nemmeno un Claudio Gentile in forma
Mundial. Questa volta il critico tv del Corriere della
sera se la prende col signor Cesare Prandelli, l’uomo che prima di salire sull’aereo di ritorno dal Brasile godeva di una stampa talmente sorridente che
nemmeno Matteo Renzi. Grasso, tra i pochi, si era
astenuto nel disegnare quel Ct con capacità di salvare la Patria. Domenica ha finalmente dato libero
sfogo a quello che pensa oggi e, probabilmente,
pensava prima. “La nave stava ancora affondando”,
scrive Grasso, “e il primo a scendere è stato il comandante. Cesare Prandelli ricorda qualcuno. L’ex
ct della Nazionale se n’è andato, insalutato ospite,
con un contratto plurimilionario con il Galatasaray. Nemmeno il tempo di elaborare il lutto”. Ragionamento ineccepibile. Prandelli ce l’avrà messa
anche tutta, ma è carente di buon gusto. Non avranno gradito quelli che nel giornale di Grasso hanno
sempre esaltato Prandelli, a partire da altri Aldo –
Cazzullo, per citarne uno – il primo a riporre nel Ct
fiducia e rispetto in genere elargiti a un inquilino
del Quirinale. O di palazzo Chigi, appunto.
CAMPIONI FANTASMA
Quel “tedesco”
più forte di Pelè
di Fabrizio d’Esposito
veva gli occhi verdi ed
era mulatto. La titanica
A
semifinale di stasera tra Bra-
sile e Germania (ore 22 italiane a Belo Horizonte) rimanda anche ad Arthur
Friedenreich, nome perlopiù
sconosciuto alle masse calcistiche del pianeta. Nato a San
Paolo il 18 luglio del 1892,
questo brasiliano dal cognome teutonico è stato un attaccante leggendario, al punto da insidiare a Pelè il record
di gol segnati. Ma sui dati
non c’è una certezza assoluta. Per alcuni, Friedenreich
sarebbe stato il miglior goleador del Brasile con 1.329
reti. Per altri invece, sarebbe
il secondo con 1.230 a fronte
dei 1.280 di O Rei.
CENT’ANNI FA, Friedenreich
ma gli “uomini tedeschi” sono
abituati alle circostanze strabelliche. In più sui due piatti c’è la
stessa statistica rovesciabile come una clessidra: nel Centro/Sudamerica non ha mai
vinto un’europea, idem al contrario. Sul piatto del Brasile pesa
questa tradizione, su quello della Germania pesa l’idea che le
tradizioni e le statistiche prima
o poi si spappolano. Lasciamo
la mia meravigliosa Wag e ve-
Eppure era Cesare,
ora manco Prandelli
Q
niamo a noi. Anche per truccare i Mondiali bisogna saperci
fare, come in tutto. Intanto, è
legge non scritta che ai limiti di
uno straccio d’attendibilità il
Paese ospitante deve riuscire a
salvare la faccia e arrivare in
fondo, che non vuol dire vincere bensì finire alle semifinali.
ALLE 22
Stasera va in onda su
Rai e Sky la prima
semifinale tra Brasile
e Germania Ansa
fu nella formazione della prima partita ufficiale della nazionale verdeoro: il 27 luglio
1914 contro la selezione inglese dell’Exeter City, a Rio
de Janeiro. Non segnò e finì
la partita con due denti fratturati. Il papà di Arthur si
chiamava Oscar ed era un
ricco commerciante tedesco
emigrato in Brasile. Oscar
Friedenreich ebbe una relazione occasionale con Matilde, lavandaia figlia di schiavi
africani, e nacque Arthur,
che proprio grazie al padre
iniziò a giocare nel Germania, inteso come club della
comunità tedesca di San Paolo. Per il colore della sua pelle
non fu facile inserirsi nel cal-
cio dell’epoca. In campo si
guadagnò il soprannome di
El Tigre e un suo gol decise la
storica finale della Copa America del 1919, il primo trofeo
vinto dal Brasile. Contro
c’era l’Uruguay e la partita fu
lunghissima, la più lunga mai
disputata. I novanta minuti
regolamentari, poi due tempi
supplementari, altri due tempi supplementari ancora. Totale 150 minuti. Le squadre
erano sfinite e a risolvere fu
una rete di Friedenreich. Chi
l’ha visto giocare, ha raccontato che El Tigre danzava con
una grazia inimitabile, aveva
un dribbling formidabile ed
era destro. Il fútbol bailado
nacque con lui e il grande
Eduardo Galeano ha cesellato così l’evento: “Da Friedenreich in avanti, il calcio brasiliano, quando è davvero
brasiliano, non ha angoli retti, come non ne hanno le
montagne di Rio, né gli edifici di Oscar Niemeyer”.
Da giocatore di successo,
Friedenreich divenne famoso anche per la vita da dandy
nei cabaret, tra cognac e sigari. Il suo grande cruccio fu
l’esclusione dalla nazionale
per i primi mondiali della
storia, quelli del 1930 in Uruguay. Ma non per motivi di
razzismo. La federazione di
San Paolo era in guerra con
quella di Rio (i carioca) e i
paulisti non vennero convocati. Friedenreich giocò fino
al 1935. Smise a quarantatré
anni. È morto il 6 settembre
del 1969 ma era già stato dimenticato da decenni.
WIMBLEDON
L’estetica secondo Federer
di Andrea Scanzi
on senza una sua logica, lo sportivo
N
che ha barattato tutto per la vittoria è
tornato definitivamente indimenticabile in
una sconfitta. Peraltro dolorosissima, perché coincisa con il treno (l’ultimo?) per
conquistare il 18esimo Slam. Un treno perso nel giardino che più ama, al termine di
cinque set (6-7 6-4 7-6 5-7 6-4) e quattro ore
giocate a un livello impossibile per chiunque altro. Chiunque tranne lui, Roger Federer, 33 anni ad agosto. E tranne Novak
Djokovic, che lo ha battuto. Spettacolo puro.
DA RAGAZZO Federer era uno scapigliato,
si ossigenava i capelli e spaccava racchette.
Poi, scientemente, la metamorfosi: da folle a
robot, da Villeneuve a Prost. Un calcolatore
di smisurato talento, così algidamente perfetto da ricordare un disco suonato splendidamente – magari dai Pink Floyd senza né
Barrett né Waters – ma esangue. Bello
senz’anima, da rivoluzionario mediamente
lunatico a dittatore garbatamente efferato.
Un collezionista di record, con frotte di appassionati pronti a garantire che “Re Roger è
il tennis” e guai a contraddirli. Per anni interminabili ha giocato e vinto da solo, in una
dittatura ricca di esercizi di stile e avara di re del tempo e chiesto aiuto a Stefan Edberg,
avversari realmente credibili. La sua kryp- il divino frainteso da Galeazzi per “tacchino
tonite, la prima e la più tremenda, è stata freddo”. Domenica, sugli spalti, si è riproRafael Nadal. Il granello di sabbia che in- posta la stessa finale che caratterizzò Wimceppa il cyborg. Trovatosi dinnanzi all’eter- bledon tra 1988 e 1990: da una parte Stefan e
no bivio se restare fedeli a se stessi – fino al dall’altra Becker, oggi allenatore di Djokopunto da implodere – o scendere a patti con vic. È finita come nell’89, però con più mala razionalità, Roger ha legittimagia. Forse, per tattica e per
mente preso la strada opposta a
osmosi, Edberg gli ha conquella di Gilles. Si è così assuefatto
sigliato di tornare semplial trionfo da frignare quando gli
cemente splendido: di ancapitava di perdere, per esempio
dare più volte a rete, di non
dopo la finale agli Australian Open
specchiarsi come uno Steve
Vai smanettone della rac2009; indossò il broncio dei bambini e per poco non portò via il palchetta. Roger lo ha fatto, regalando un tennis a tratti irlone, anzi le palline. Narciso del gesto bianco e goreale e costringendo Djoloso del domikovic a una prestazione fornio, così anacrose anche per lui irripetibile. Il quarto
L’ULTIMO SLAM
nistico da risulset di domenica andrebbe mostrato
tare modernissinelle scuole come saggio di estetica.
Djokovic ha vinto,
mo. Dopo la deÈ stato uno dei Federer più belli di
fenestrazione,
sempre, ed è un giusto contrappasma solo al termine
per mano di ex
so – per un ex dittatore come lui –
di 5 set e 4 ore giocate
sudditi molto
che un tale scintillio abbia avuto per
meno eleganti di
premio una sconfitta. Se è questo il
a un livello impossibile
lui, Federer –
Roger del futuro, lunga vita a Roger.
nuovamente
per chiunque altro. Il Re è Non più Re, ma neanche patriarca
umano – ha ralstizzito. Casomai Don Chisciotte, in
diventato Don Chisciotte cerca degli ultimi mulini da vento.
lentato lo scorre-
20
SECONDO TEMPO
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
LE PIÙ DIFFUSE
Le più importanti in Europa per
numero di iscritti sono: Meetic (42 milioni), Be2 (quasi 38
milioni), edarling (13 milioni, di cui 230 mila in Italia), One
date (10 milioni) e Parship (9,5 milioni) Ansa
CYBERSEX
Chat, trappole per single
MIGLIAIA DI PERSONE CERCANO RELAZIONI (O AVVENTURE)
SU INTERNET. MA LA POLIZIA AVVERTE: “TRUFFE IN AUMENTO”
di Chiara Daina
ulle chat online per cuori solitari,
S
una miriade, puoi ordinare il partner come si fa con una pizza. Tu che lo
cerchi, invece, ti presenti come un prodotto con l’etichetta al supermercato
(luogo di residenza, età, altezza, colore
capelli, corporatura, lavoro, reddito,
hobby, abbigliamento preferito, eccetera). Spesso oltre lo schermo del computer si nascondono sorprese di cattivo gusto, per esempio lui è sposato e
non single come dice di essere. Ma anche truffe vere e proprie. Il copione è
quasi sempre identico: c’è un uomo che
invita una donna, il più delle volte minorenne, a fare uno striptease o a masturbarsi davanti a una webcam. A metà del filmato scatta il ricatto da parte
dell’utente: o la vittima sgancia dei soldi (dai cento euro in su) tramite circuito Western Union o il video verrà
diffuso su YouTube e social network,
rovinando la sua reputazione. Ovviamente l’adescatore ha già ottenuto
l’amicizia su Facebook di alcuni contatti della ragazza per non darle scam-
po (si tratta della cosiddetta “truffa alla
nigeriana”). A fare un bilancio delle
estorsioni a sfondo erotico è il vice questore della Polizia postale, Alessandra
Belardini: “Tra il primo gennaio 2013 e
il 30 aprile 2014 abbiamo ricevuto 11
denunce dalla Sicilia, otto dal Friuli
Venezia Giulia, 55 dall’Emilia Romagna. Il problema – insiste Belardini – è
che molte persone per paura e vergogna non denunciano, quindi c’è molto
sommerso”.
LA CONVERSAZIONE via chat dura
una decina di minuti e il trucchetto più
utilizzato è presentarsi con sembianze
femminili. I profili falsi con foto di donne avvenenti sono la prima esca. “Spesso dietro ci sono uomini stranieri”,
continua il vice-questore, che cita un
esempio: “Dalle segnalazioni ricevute
dall’Emilia Romagna siamo risaliti a
una gang criminale della Costa d’Avorio”. Secondo l’indagine della polizia
postale, la piattaforma più utilizzata dagli adescatori è Facebook e tra i siti sotto
accusa c’è Chatroulette.com. Se ci siete
cascati e siete finiti preda di un imbro-
È Whatsapp
l’app più usata
glio simile segnalate il caso
IL RICATTO
alle autorità tramite il sito
web www.commissariatoLa vittima viene
dips.it, attivo 24 ore al giorno, e formalizzate la denunconvinta a spogliarsi
cia al commissariato di podavanti alla webcam
lizia più vicino a voi. L’ultimo caso, di una settimana fa,
A metà del video arriva
arriva da Treviso. Un’imprenditrice locale di 45 anni
la minaccia: “Cento
è stata raggirata dal suo coreuro o lo diffondo”
teggiatore, un finto soldato
americano, per 123 mila euro, con la scusa di tirare fuori
dai guai un’amica giornalista diretta in Dammi sesso (più di 500 mila), Senza
Italia dal Ghana che portava con sé i pudore (più di 50 mila). Le chat posdiamanti regalati dal militare alla don- sono essere gratis o a pagamento (Meena come pegno d’amore. C’è un sotto- tic, ad esempio, costa 6,49 euro al mese
bosco infinito di siti web per incontri se si acquista un semestre, 9,99 per tre
tra single. Le più importanti in Europa mesi e 14,99 per un mese).
per numero di iscritti sono: Meetic (42
milioni), Be2 (quasi 38 milioni), edar- QUESTO IL RACCONTO di come funling (13 milioni, di cui 230 mila in Ita- ziona Parship. Per inserire il profilo e
lia), One date (10 milioni), Parship (9,5 cercare l’anima gemella bisogna supemilioni), C-date (2 milioni, esplicita- rare cinque livelli per 50 domande (timente per rapporti sessuali), Zoosk (ol- po: come reagisci se nel pieno della nottre un milione). Di dimensioni ridotte te un amico del tuo vicino suona al tuo
quelle con il nome più esplicito, come campanello?). Una volta terminato il
AUDIWEB pubblica per la prima volta una ricerca sugli stili di
navigazione che integra anche i
dati di connessione mobile. Il
dato più interessante è che per
orientarsi sul web gli italiani
Grindr e l’amore gay
Con un occhio all’Hiv
di Chiara Ingrosso
i cerco, mi piaci, ti scrivo, ti incontro. QueT
sto è il principio che sta alla base delle app
per incontri come Grindr, che però ha una particolarità, quella di rivolgersi alla comunità
omosessuale. Ormai diffusa in 192 Paesi, Grindr
è utilizzabile tramite un dispositivo mobile dotato di Gps. Basta scaricare l’app e creare un account, inserire una foto e una descrizione. A
questo punto il gioco è fatto. L’app fornisce un
elenco degli utenti connessi che si trovano nelle
vicinanze. A quale scopo? Sesso qui e ora, ma
non solo. E soprattutto, non necessariamente. Si
può indicare la ricerca di un’amicizia, di una relazione sentimentale o di un cordiale rapporto
via web. Ma Grindr, come altri siti di larga diffusione negli ambienti gayfriendly, ad esempio il
conosciutissimo GayRomeo.com, fa parlare di sé
anche per i suoi aspetti controversi, legati al de-
di Andrea
Scanzi
ori Ghezzi, Presidente OnoD
raria della PMI (Produttori
Musicali Indipendenti), ha fatto
licato tema della prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili, primo tra tutti il virus
dell’Hiv. “In Italia esiste un sorveglianza nazionale delle diagnosi
di infezione da Hiv, che raccoglie i
dati trasmessi dai singoli istituti
sanitari. Ma non è detto che ciò
avvenga con la massima precisione”, racconta al Fatto il segretario
nazionale dell’Arcigay, Michele
Breveglieri. Tra il 2010 e il 2013, i dati nazionali
parlano di un incremento delle diagnosi nei rapporti tra omosessuali, mentre si registra un calo
nelle altre sottopopolazioni, come quella eterosessuale. “È ovvio che queste tecnologie, moltiplicando le possibilità di incontro, aumentano
anche il rischio di contagio – continua Breveglieri – ma si tratta di una chiara questione di
proporzioni”. Quello che conta, insomma, è la
preferiscono lo smartphone:
7,4 milioni di utenti contro i 5,2
di chi accede solo da desktop (il
numero complessivo di utenti
internet è di 25 milioni). Tra le
tabelle c’è anche quella con la
le 4 di notte dalla rabbia: “Troppi
attacchi al decreto Franceschini”.
Quello che garantisce il diritto
d’autore anche sui contenuti digitali copiati o registrati su apparecchi elettronici.
“Sono attacchi politici, ma qui la
politica non c’entra. L’Italia era
l’unico paese civile che non aveva
regolamentato questo aspetto”. Quattro
euro su tivù, 5.20 per un computer, 9 per
una pendrive: nuove “tasse”? “Sono le aliquote più basse d’Europa, ovunque
all’8% e in Germania al 30%. In Italia si
fermano al 4%”.
Sembra un decreto scritto dalla
Siae. “Il presidente Gino Paoli lo
condivide interamente e stimo
molto
Franceschini: è il primo
ministro che ha
avuto il coraggio
LaPresse
di metterci la firma. E ora si occuperà di Google e YouTube”.
ALLA SIAE arriveranno più di 150 milioni
di euro l’anno. “I dischi non si vendono
classifica delle app più usate.
Com’era prevedibile in testa c’è
WhatsApp (13,8 milioni) seguita di misura da Facebook
(13,6 milioni). Poi tanti servizi
Google: Google (Play, Search,
prevenzione, che
non può prescindere dall’informazione. “In Italia è
un tabù parlare
pubblicamente di
sesso omosessuale
e ad oggi non ho
visto ancora investimenti destinati a
questo campo della sanità pubblica”,
spiega il segretario.
Lo
spauracchio
dell’Aids, secondo
l’Arcigay, è stato
spesso strumentalizzato per connotare negativamente i rapporti omosessuali e l’associazione ci tiene a sottolineare come diritti civili e prevenzione sanitaria siano temi che, paradossalmente, si muovono su binari separati e a
velocità diverse. Ma c’è l’altro lato della medaglia. Disporre di una tecnologia come quella di
Grindr è un’opportunità per oltrepassare le barriere sociali e culturali. App e siti di incontri specializzati rispondono al bisogno ancestrale di ri-
COPIA PRIVATA Dori Ghezzi difende il decreto
“I cd non si vendono, artisti da tutelare”
più. Finora un artista lavorava e non aveva stipendio. Non solo: altri guadagnavano al suo posto, per esempio le multinazionali che producono smartphone e
tablet. Prima era facile: c’erano i dischi, il
giradischi e basta. Oggi l’artista deve avere qualcosa anche da chi sfrutta la sua
arte. L’iPod lo compri per ascoltare musica, il cd vergine lo compri per metterci
musica. Non c’è nulla di ingiusto nel
prendere una parte del loro venduto, è
una cosa naturale”. Così però aumenteranno costi di iPod e tablet. “Non è colpa
della Siae ma delle multinazionali, che
fornivano gratis opere che costano tantissimo agli artisti. Non c’erano altre strade”.
questionario, compare una lista di 64
uomini con potenziale feeling a disposizione. In meno di un minuto in tre
hanno già raggiunto la chat. Anche se la
ragazza non ha neanche caricato la foto,
loro sono interessatissimi. Basta una
parolina come “Ciao, piacere sono Roberta” a fare esplodere la scintilla. Robe
dell’altro mondo in questo mondo.
Tante le storie con lieto fine. Ma sempre
più credibili le app radar per smartphone che geolocalizzano i single nel raggio
di 160 chilometri, come Lovoo e Singles
around me.
YouTube, Mail, Maps e Chrome). Grande sorpresa tra i social: al secondo posto (dietro
Facebook) c’è Google+ con 6
milioni di utenti unici. Terzo posto per Instagram, poi Twitter.
conoscersi e relazionarsi senza il rischio di imbattersi in un rifiuto e in uno “smascheramento”
dell’identità sessuale. Fenomeni che spesso determinano quella che Breveglieri chiama “omofobia interiorizzata”, il rifiuto, il disprezzo e il
tormento per i propri gusti sessuali. “È un rischio
da non sottovalutare – ammonisce il segretario –
poiché a volte, per emergere da una sorta di autocensura, si ricorre all’uso di sostanze che disinibiscono, come stupefacenti e alcol”. Non dimentichiamoci, però, del motore che muove tutte le cose, l’amore. È grazie a Grindr che Giulio,
un ragazzo in erasmus a Madrid ha incontrato
Pablo, quello che ormai da un anno e mezzo è
l’altra sua metà della luna. “Ho scelto di chattare
con lui perché aveva una foto che non ritraeva se
stesso. Mi sembrava un buon motivo per tentare
un approccio più profondo”, racconta il ragazzo.
Dopo qualche settimana di flirt virtuale, i due
hanno deciso di incontrarsi e mettere alla prova
della realtà il loro feeling. Ma non senza timori.
“Quando l’ho visto salire le scale del mio appartamento, ho pensato subito che fosse alto,
forse troppo per me. Ma poi i suoi occhi mi hanno confermato che non ci saremo detti addio
facilmente”, dice Giulio con l’entusiasmo di chi è
finalmente felice.
BELLO essere buttata giù dal letto alle 6 x i controlli
#antidoping... che sonnooooo!!!
Tania Cagnotto
IN AMORE dice che vince chi fugge. Ammazza quanto coriiii.
Giovanni Veronesi
(DITEMI per favore che nn é vero) Il brasiliano Lula,
che non ha estradato cesare battisti, sará testimonial
dell’expo
Ana Laura Ribas
IN VISITA dalla mia amica Alessia P. Love this shirt!
Elisabetta Canalis
SU UN punto #oldmedia erano superiori #newmedia
non tutti si sentivano sempre in obbligo di essere spiritosini, carini, cute, saperla lunga
Gianni Riotta
IN VACANZA andrò nella casetta ad alta umidità degli azzurri a Coverciano.
Piero Chiambretti
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
BARBARA PALOMBELLI
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
21
durante
la trasmissione “Forum” Ansa
SKY ARTE
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
La vita dura (e breve)
di un nano famoso
di Patrizia Simonetti
arwick Davis è per sua stessa
W
definizione “il nano più famoso del Regno Unito”. Fa l’attore
(Willow, Harry Potter e in Guerre Stellari c’era lui nel peloso costume
dell’Ewok Wicket) ma è un po’ che
non lavora. Inoltre sta divorziando
da Sue e non sa perché visto che ha
“sempre dato il meglio in camera da
letto e più volte a settimana”, è divorato dalle tasse anche grazie al suo
inetto commercialista che non trova manco il tasto del percento sulla
calcolatrice e nessuno contatta la
sua agenzia di casting per nani il cui
slogan è “ne ho di tutti i tipi”, lo conferma pure la stralunata segretaria
Cheryl che, pensa e ripensa, conclude che magari potrebbero aggrapparsi a una pertica e pulire i camini.
ECCOLO QUINDI a promuoversi in
Life’s Too Short, ironica e dissacrante
serie britannica trasmessa nel 2011
dalla Bbc che arriva stasera su Sky
Arte dove interpreta se stesso così
come gli autori Stephen Merchant e
Ricky Gervais che la definisce “una
commedia naturalista sulle nostre
fobie e sui tabù sociali”. Lo stile è
quello del finto documentario di The
Office e la scusa per Davis è mostrare
alla gente “un nano sofisticato che
vive in città e ha la sua dignità” spie-
ga mentre apre lo sportello del Suv e
caracolla sul brecciolino, dandosi la
fatidica zappa sui piedi. Proprio come nelle ripetute visite non gradite a
Gervais e Merchant che hanno pure
alzato il citofono ma lui si fa aiutare
dai passanti, dove incontra uno
Shaun Williamson (Extras) declassato a tuttofare e un depresso Liam
Neeson convinto di essere “un tipo
divertente”. E anche alla convention
di fantascienza dove prima vende
autografi e gadgets con la sua immagine per 25 sterline e le vuole anche
da Michael che è malato di cancro
perché, ribatte alla madre “chiunque può venire da me a dirmi che ha
un tumore”, poi si fa intervistare da
un giornalista che lo fa salire su una
sedia sennò “non si vede che è un
nano” e infine ingaggiare per un matrimonio a tema Star Wars, ma non
porta il costume dell’Ewok e lo infilano in un grosso orso di peluche
d’annata. Accetta persino di fare il
nano-guida per Johnny Depp che
deve interpretarne uno per Tim
Burton, ma quello lo fa ballare a
suon di flauto e poi fingere di morire
fulminato osservando che “grida come un piccolo strano corvo abbandonato dalla madre con le zampette
che gli cedono”. A strapazzarlo ci
pensano pure Helena Bonham Carter e Sting che miete vittime alle cene
di beneficenza con i suoi preziosi
quanto letali strumenti medievali.
Barbara e il suo pubblico:
figuranti liberati dal silenzio
di Fulvio
Abbate
l pubblico di Forum ama la sua BarI
bara, nel senso di Palombelli. C’è
modo di intuirlo perfino da casa. Tra
le mie ossessioni televisive, accompagnate da un senso compassionevole che sfiora il sogno di una possibile rivolta dei poveri convocati,
campeggia l’esistenza del pubblico
deportato lì in studio. Talvolta muto:
puro umano arredo di sfondo, quasi a
voler dimostrare l’incarnazione
d’ogni format nello spettacolo del
mondo, altre volte, com’è il caso di
Forum, Canale 5, sotto la benevola supervisione di Barbara Palombelli. Mi
riferisco a un pubblico attivo: parlante, vociante, indignato, scettico, a
un pubblico narrante i propri sogni,
meglio, i propri cazzi. Talvolta amarissimi. Dunque, per una volta almeno, pronto a interrompere la sensazione corrente d’essere venuto al
mondo del collocamento dello spettacolo per subire ogni genere di solfa
altrui. Fra l’altro, il dogma secondo il
quale il pubblico ne possa sapere assai
meno di un Pippo Baudo è assolu-
tamente arbitrario, come dimostrano
certe smorfie, certi tratti di insofferenza che talvolta c’è modo di cogliere tra i proscritti. A nulla varranno le raccomandazioni, le cazziate dei
gruppisti che poco prima di entrare
in studio invitano a non sbadigliare,
non ridere e applaudire al momento
opportuno, di non mostrarsi appunto scazzati.
IL MIRACOLO compiuto da Barbara
Palombelli sotto la volta celeste del
suo tribunale-tavernetta, mostra invece un’altra realtà, che sembra liberare il pubblico, i figuranti dal giogo
della subalternità. Ciò non toglie che
il pubblico di Forum possa talvolta
sprofondare nel luogocomunismo,
nella banalità, nel già sentito, nell’insopportabile buon senso familiare che
sa di pentolino con uovo sul fuoco e di
visita fresca all’Amplifon. Nello specifico, coloro che pendono dalle labbra di Barbara nostra rispondono alle
regole dei distinti stessi. La figurante
donna rimanda a un genere di pensionata insofferente, dotata di una vivacità che in assenza di una scrittura
Gli ascolti
di domenica
UNA SECONDA VITA
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PAPERISSIMA SPRINT
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televisiva avrebbe come unico sfogatoio il banco del fruttarolo sotto casa:
“Po’ esse’ mai che ‘ste pesche vengheno 18 euri ar chilo?”.
Quanto invece all’uomo, non meno
pensionato, questi suggerisce un sincero amore per le canzoni di Charles
Aznavour, come certi zii armati di pipa, le basette brizzolate curate dal barbiere “Joseph”, la bottiglia di “Chivas
Regal” nel suo cofanetto “riserva
extra-lusso”, l’amante, ossigenata, in
abito lungo verde, la moglie al mare
per le ristrutturazioni, il cognato
omosessuale con cardigan e borsello
con le sue afflizioni d’amore. Le giacche color crema dei maestri dell’orchestra: “Balliamo questo lento?” “Sì,
balliamo”.
C’è perfino da immaginarli in gita in
pullman alla fine della stagione della
messa in onda, con la Palombelli al
microfono che intona per tutti la battistiana Canzone del sole: “Oh mare nero, mare nero, mare ne’… “Che dichi,
Barbare’, che se rifa’ l’anno venturo
‘sta nostra bella trasmisione, eh, che
dichi?”
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22
SECONDO TEMPO
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
il Fatto Quotidiano
NOI E LORO
LA RIFORMA/2
Processo penale:
chiacchiere inutili
di Bruno
Tinti
D
opo le riforme
del processo civile (articolo del
6 luglio), ci sono
quelle del processo penale.
Renzi, o chi per lui, non lo sa
ma una riforma della giustizia penale non può che essere “di sistema”. Accelerare
il processo penale (punto 9)
significa modificare sia il codice penale che quello di
procedura penale. Perché
solo così si può ridurre lo
spaventoso numero di processi che ogni anno arrivano
alle Procure e da qui ai Tribunali, alle Corti d’Appello e
in Cassazione. Sono tre milioni. In Gran Bretagna, che
ha lo stesso numero di giudici con una popolazione
più o meno uguale a quella
italiana,
ne
arrivano
300.000. Questo significa
che ogni pm italiano (circa
1.800) ogni anno riceve
1.600 processi. Dovrebbe
farne 4 e mezzo al giorno,
compresi i sabati e le domeniche e senza mai andare in
ferie. Naturalmente non è
così. I processi fanno la fila:
finito uno se ne fa un altro.
Senza ridurne il numero, c’è
poco da accelerare.
ECCO PERCHÉ guide senza
patente o in stato di ebbrezza
(attenzione, non omicidi
colposi commessi da chi guida senza patente o ubriaco),
devono essere puniti con una
multa (molto alta) e con il
sequestro dell’auto; se ne
può occupare la stessa polizia che li accerta. E, più in
generale, devono essere gestiti in questo modo tutti i
reati che vengono trattati
con il decreto penale (una
procedura che prevede la pena della multa ma che può
essere trasformata – e di fatto
succede sempre – in un normale processo con Tribunale, Appello, Cassazione e –
naturalmente – prescrizione). Non si può adoperare lo
stesso tipo di processo che si
utilizza per un omicidio (3
gradi di giudizio, notifiche,
depositi, termini a difesa…)
per reati come questi. Sia
chiaro, da sola questa riforma è insufficiente a diminuire significativamente i processi; ma ce ne sono altre,
sempre di “sistema”.
Bisogna abolire l’appello.
Esaminare due volte lo stesso
processo non è garanzia di
giustizia: si moltiplicano solo
le possibilità di errore. I giudici dell’appello non sono diversi dai giudici di primo
grado; non sono più preparati, più anziani, più lavoratori; scegliere un Tribunale,
una Corte d’Appello, una
Procura, per un giudice, dipende spesso da motivazioni
private: restare nella città dove vive la sua famiglia, andare nella città di origine,
cambiare lavoro perché
quello fatto fino ad allora
non interessa più… Non c’è
ragione per cui una sentenza
Ansa
GIUSTIZIA GIUSTA
Per ridurre i tempi
bisogna cancellare
l’appello, depenalizzare
e incrementare
il patteggiamento
Il resto? Soltanto parole
di primo grado sia più “giusta” di una di appello. Nessuno può sapere quale giudice ha sbagliato e quale aveva ragione. Insomma è una
lotteria: è andata male in primo grado? Riproviamoci. È
una cosa senza senso. Per gli
errori di diritto, resta la Cassazione, questa sì composta
da giudici che ci sono arrivati
per concorso o dopo molte
valutazioni di professionalità: si può presumere che siano più preparati degli altri.
D’altra parte, un sistema così
è adottato in Gran Bretagna e
negli Usa. Non sarà perfetto
ma consentirebbe di recuperare circa 1500 giudici. Più
giudici, meno processi per
giudice, maggiore rapidità di
trattazione. Già; ma che diranno gli avvocati? Significa,
più o meno, una diminuzione di reddito pari a un terzo.
E POI BISOGNA incremen-
tare il patteggiamento: un
imputato che è sotterrato
dalle prove può ottenere un
congruo sconto di pena se rinuncia al processo e accetta
la condanna che gli propone
il pm. Niente Tribunale,
niente Appello, niente Cassazione. Se invece si ostina e
pretende il processo, tanti
auguri: se lo trovano colpevole sarà condannato a una
pena molto più grave (molto;
altrimenti non funziona).
Questo sì che farebbe diminuire il numero dei processi
e quindi la loro durata. Il fatto è che il patteggiamento
esiste già nel nostro codice
ma lo chiedono in pochissimi. Perché? Per la prescrizione. Con l’80 per cento dei
processi che finiscono in
prescrizione, perché si dovrebbe patteggiare? Un po’
più di soldi per l’avvocato e
l’assoluzione è garantita. E
anche qui l’opposizione
dell’avvocatura è certa.
Ma Renzi vuole riformarla la
prescrizione. C’è un solo
modo per farlo: abolirla
quando lo Stato comincia a
occuparsi del reato. Funziona così in qualsiasi altro Paese normale. Solo che Renzi
dialoga con quelli che la prescrizione l’hanno accorciata;
davvero pensa di poter fare
una cosa come questa?
E poi i nuovi reati, il fiore
all’occhiello: falso in bilancio
e auto riciclaggio (punto 8),
questa è serietà! Chiacchiere.
L’intero sistema penitenziario è costruito perché in prigione non ci vada nessuno.
Pene fino a 4 anni non si
scontano: arresti domiciliari
e affidamento in prova al servizio sociale; e ogni anno, per
via della legge Gozzini e successive riforme Severino/Cancellieri, sono – in
realtà – 7 mesi e mezzo. Per
mandare in prigione un amministratore delegato o un
evasore fiscale (i soggetti tipici che commettono auto riciclaggio) per un anno bisognerebbe condannarli a 6 anni: al netto degli sconti, ne
farebbero 1 e 2 mesi. Solo che
il falso in bilancio sarà punito con una pena massima
di 5 anni (se va bene) e la
frode fiscale arriva fino a 6;
per l’autoriciclaggio si parla
di un massimo di 7. Pene di 6
anni dunque sono una chimera. Così, finché pene fino
a 4 anni non saranno prigione ma visite alle case di riposo per anziani, si possono
introdurre tutti i reati immaginabili: come ho detto, sono
chiacchiere.
Il genocidio del Rwanda
e i silenzi della Chiesa
di Maurizio
Chierici
L’INCHINO della Madonna alla casa del boss è
l’arroganza dialettale di chi
si aggrappa alla religione
con l’ambizione di rafforzare il potere mafioso. Ma i
meccanismi non cambiano
nelle società sofisticate:
potere sinonimo di fede;
fede sinonimo di potere,
trascurata la pietà. Non
importa se dio ha un altro
nome. Musulmano imbottito di esplosivo salta in
aria fra i ragazzi della scuolabus. O Israele che bombarda col fosforo bianco i
palestinesi di Gaza. Il saggio di Vania Lucia Gaito (Il
genocidio del Rwanda - il
ruolo della Chiesa, editore
l’Asino d’oro) attribuisce
valore simbolico alle responsabilità che 20 anni fa
hanno impietrito il piccolo
paese africano. Quasi un
milione di morti, altrettanti
profughi.
“Le strade erano vuote…“.
Analisi di una psicologa
che va in Africa per capire
e raccogliere le memorie
mostruose “che maturano
dentro“. Viaggi fra i dubbi,
solo una certezza sull’olocausto non scatenato dalla
ferocia delle etnie rivali ma
programmato dalle cancellerie coloniali con l’appoggio della chiesa di Roma. Che da principio sceglie di affidarsi alla minoranza Tutsi, alti, pelle chiara; Hutu, minuti, neri quasi
blu. Tutsi comandati a controllare gli Hutu contadini-pastori, ma appena
aspirano all’indipendenza,
chiese e signori della colonia rovesciano il disprezzo etnico e passano con la
n
maggioranza Hutu. Cominciano i “piccoli massacri“ che l’orrore 1994 sembra concludere. Nessuno è
sicuro che non se ne stia
preparando un altro, racconta alla Gaito Michela
Fusaschi,
antropologa
dell’Università di Roma
Tre: da 20 anni va e viene
dal Rwanda dove la divisione resta profonda.
NON SOLO fra la gente,
anche nella Chiesa. Nel
2004 la professoressa
bussa alla porta dei Salesiani di Kigali. L’accompagna un amico. “Lei può entrare, lui no: è un Tutsi, persone cattive… “. Gaito ricostruisce l’impunità di
suore e preti coinvolti da
n
MISSIONARI?
Migliaia di persone
sono state massacrate
con la complicità
dei sacerdoti: il Papa
dovrebbe farsi carico
di queste vergogne
Ansa
testimoni nel genocidio. E
di sacerdoti che ordinano
l’assassinio di altri sacerdoti, etnia “nemica“. La
storia di don Athanase Seromba passa da Firenze.
Duemila Tutsi in fuga si rifugiano nella sua chiesa.
Don Athanase chiude le
porte e chiama le squadre
della morte: bombe e mitraglie, donne e bambini. Li
seppellisce con due buldozer.
In Italia cambia nome: don
Anastasio Sumba Bura. Diventa vice parroco a San
Martino Montughi, ma
African Right e Carla Da
Ponte, procuratore internazionale per i crimini nel
Rwanda,
pretendono
l’estradizione. La diocesi lo
nasconde; Berlusconi, capo
del governo, rifiuta. Alla fine viene giudicato in Tanzania: prigione a vita. Un altro prete ce l’ha fatta: Emmanuel Uwayezu, oggi vice
parroco nella chiesa di Ponzano, Empoli. Avrebbe favorito l’assassinio di 80
studenti nella scuola della
quale era direttore. I racconti non cambiano: disprezzo e ferocia. L’accusa
riguarda anche il dopo:
Uwayezu invita i gendarmi
ad addestrare gli allievi Hutu per dare la caccia a chi si
è salvato.
Il tribunale non riesce a riascoltare i testimoni e tutto
si è fermato. Avevano denunciato Emmanuel esuli
nel Congo. Sono tornati a
casa ma 20 anni dopo il
Rwanda ha ancora paura. I
missionari sono cambiati,
sta cambiando il Vaticano
di Francesco: possono sopportare il dubbio ?
mchierici2@libero.it
LETTERA A RENZI
La nave Calabria è alla deriva
ma nessuno cambia i marinai
di Pippo
Callipo*
o sperato che Matteo
H
Renzi affrontasse il
problema Calabria con la
stessa determinazione che
l’ha contraddistinto nell’affrontare altri problemi nazionali e all’interno del Partito democratico. Invece,
purtroppo, così non è stato;
una cocente delusione per
me e per tanti cittadini calabresi, nel constatare come
si stia trattando la “questione
Calabria” anche in previsione delle prossime elezioni regionali (che dovrebbero celebrarsi quest’anno a causa
delle dimissioni di Giuseppe
Scopelliti, ma che qualcuno
sta tentando di far slittare di
un anno).
Il suo braccio destro e vice-segretario, lunedì 30 giugno, in assemblea a Lamezia
Terme ha fatto il Ponzio Pilato, ossia: Roma non interferisce nelle vicende calabresi. Bene, ringrazio, insieme a
tanti calabresi, per questa autonomia che ci viene riconosciuta. Come dire: fate come
il polipo, cucinatevi nella vo-
stra stessa acqua. Sembra la
stessa strategia del precedente segretario, Pier Luigi Bersani, che nel 2010, al mio invito di venire in Calabria per
rendersi conto da vicino dello stato delle cose e prendere
in mano la situazione, mi rispose: non posso venire in
Calabria perché c’è una situazione molto complessa. E
per la Calabria, in quella tornata elettorale, finì come finì.
OGGI lei, che parla da sem-
pre, fin dall’inizio della sua
ascesa politica, di rottamazione, di nuovo, di cambiamento, di donne e uomini del
rinnovamento, ci lascia in
mano alle persone responsabili di questi ultimi trent’anni
di amministrazione fallimentare. In nessuna azienda privata ben amministrata potrebbe succedere una cosa del
genere. È aberrante pensare
che per i prossimi cinque anni avremo al timone comandante e marinai che hanno
già fatto finire la nave sugli
scogli. Queste persone alle
quali lei – attraverso il suo vi-
cesegretario, Lorenzo Guerini – ha dichiarato “la non interferenza”, secondo me non
meriterebbero la sua fiducia.
Hanno contribuito alla distruzione della vita socio-economica della nostra
meravigliosa regione. Continuano a tenerla sotto scacco e
nello stato di grande bisogno,
perché solo così possono “gestire” le persone e continuare
a salvaguardare le loro immeritate carriere politiche. Ovviamente non tutti; ma la
maggior parte sì. Qui non ci
lasciano crescere, non vogliono lo sviluppo economico,
non vogliono che si crei vera
occupazione, perché solo così
possono gestire la popolazione calabrese. I giovani e le
menti continuano a lasciare
la regione in cerca di occupazione e “loro” questo vogliono, perché così non si
crea una classe intellettuale
che li contesti. In una poesia,
Nicola Giunta di Reggio Calabria scriveva “nani su’ iddi e
vonnu a tutti nani” (sono tutti piccoli uomini e vogliono
che chiunque altro lo sia,
ndr). Questa è la triste verità
Il premier Matteo Renzi Ansa
alla quale, violentandoci psicologicamente e moralmente, ci dobbiamo abituare. Mi
appello a lei, perché solo lei,
in questo momento, ha in
mano il destino della nostra
regione.
SI VOTERÀ, così pare, in au-
tunno in Calabria. Riparta da
qui, dal profondo Sud, con la
sua rivoluzione, perché tutta
l’Italia ci guarderà con attenzione (io parlavo di rivoluzione molti anni addietro). Faccia in modo che i calabresi
riprendano fiducia in se stessi
e continuino a credere in
questa terra. Faccia in modo
che riprendano coraggio ed
entusiasmo e gridino: “Io Resto in Calabria!”.
*imprenditore
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
23
MARTEDÌ 8 LUGLIO 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Ognuno ha il suo ruolo,
anche noi cittadini
Ogni Cittadino che eserciti il diritto di esprimersi
criticamente ha il dovere
di dare suggerimenti e
contributi positivi. Al
“Fatto”, nella comune
preoccupazione per il delinearsi di una democrazia autoritaria, dico : Il Capo dello Stato è il Garante
supremo della Costituzione e ha il compito di
porre limiti non solo formali a riforme istituzionali prive di autentici bilanciamenti. Il ruolo delle
opposizioni è fondamentale: in particolare il M5s
ha l’obbligo di dimostrare
volontà e capacità di agire
nell’interesse del Paese. Le
Associazioni, tra cui Libertà e Giustizia (che ha
chiesto a Napolitano di
chiarire il Suo punto di vista nel merito), ora più che
mai dovranno informare
l’opinione pubblica più
disattenta, o troppo fiduciosa. Come italiano comune, tra tanti, offro il
mio apporto economico,
di presenza e di sostegno
alle iniziative che dovessero sorgere in difesa dei
rischi a cui vanno incontro i diritti miei e quelli
della Comunità di cui faccio parte.
un lavoro. Il Presidente
della Repubblica non dà
alcuna risposta diretta.
Ma solo una sconsolata
quanto già nota considerazione. Come dire Mah !
Oppure : arrangiati. Capisco che è difficile creare il
lavoro quando non c’è.
Mentre distruggerli con
mene sindacali è stato
molto piu facile per decenni. Come per il fisco
ostacolarli. Magari sarà
piu facile rivolgersi a poteri alternativi come forse
a Oppido Mamertino.
Certo che quando i piu alti
poteri dello Stato non san-
a Verdini a portare avanti
una “controriforma” costituzionale che serve solo
a concentrare il potere in
mano a una sola persona?
E non è detto che sia quella
che pensano loro.
Marchionne
e Renzi,
due fratelli
Francesco Degni
CARO FURIO COLOMBO alcuni giorni
fa il d.a. Chrysler (che ha possiede, nel
nostro Paese, alcune filiali chiamate
Fiat) ha detto ai suoi dipendenti italiani
che un’ora di sciopero è un gesto contro
la patria. Poco dopo (5 luglio) il premier
italiano ha detto che chi gli fa opposizione boicotta l’Italia. C’è un legame
pericoloso fra i due proclami...
Maleducazione italiana
e fair-play inglese
Credo sia un dato di fatto
che gli inglesi abbiano assorbito meglio di noi “italici” l’eliminazione dal
Mondiale, con humor e filosofia. Ma è ovvio: i britannici l’hanno inventato
loro il fair-play. Quanto a
Renato
È IL MANIFESTARSI sempre più aperto
e sempre più privo di cautele che sta diventando il nuovo “mode” politico italiano e che “il Fatto Quotidiano” ha definito, propriamente, “democrazia autoritaria” (6 luglio). Nel caso di Marchionne la
democrazia viene colpita abolendo il sindacato, cercando la trattativa diretta
(che, data la sproporzione immensa di
potere fra il capo azienda e ciascun lavoratore, è come un discorso alla piazza), e
sradicando ogni resistenza operaia attraverso la creazione, altrove, di un’altra
fabbrica e l’abbandono di ciò che rimane
in Italia. Nel caso di Renzi il passaggio avviene in tre gradi. Nel primo si dice: discutiamo con tutti ma poi si fa come diciamo
noi (“noi” è lui, l’unico vero e giusto, circondato da lodi senza fine di partecipanti, sostenitori e clienti). Nel secondo chi
dissente è un “gufo” (un gufo è stupido oltre che di malaugurio). Nel terzo l’oppo-
la vignetta
sitore non è uno che ha un’altra idea, ma
qualcuno che deliberatamente reca danno al Paese attraverso il sinistro espediente del sabotaggio. A questo punto giova ricordare che i due, Marchionne e Renzi,
sono in contatto: si lodano e si complimentano a vicenda. Il primo ha potuto
portarsi via la Fiat, privandone definitivamente l’Italia, senza alcun ostacolo burocratico, fiscale o politico. Solo questo
giornale ha detto la verità (“La Chrysler
ha comprato la Fiat” e quasi tutta la produzione, adesso, si fa in America) ma a
poco a poco quasi tutti i grandi giornali
(che avevano proclamato “La Fiat ha
comprato la Chrysler”) stanno finalmente dicendo la verità, benché sottotono, solo in pagine economiche, e senza chiarire.
Marchionne, d’altra parte, che ha potuto
condurre indisturbato la più grande delocalizzazione della storia industriale, ricambia (e come potrebbe esimersi?) con
continue lodi per Renzi. Renzi, fingendo
di non notare che l’Italia ha perduto la
Fiat, può vantarsi: anche le imprese americane mi sostengono. Resta una domanda: chi, tra queste persone e i loro oppositori, ha sabotato la ex potenza industriale Italia?
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
lettere@ilfattoquotidiano.it
Nando Rava
Giampiero Buccianti
La bugia di Franceschini
sulla questione musei
Ripartire dalla vergogna
di Oppido Mamertina
Solo la vergogna può recuperare i valori di un popolo. Se ti vergogni o ti nascondi oppure ti svegli, e ti
accorgi che la puzza ti circonda e la vuoi eliminare
perché non si può vivere
nella puzza. Finché parte
della politica, di religiosi e
di gente comune si inchina alla sudditanza mafiosa senza vergogna, non vi
può essere cambiamento
e futuro. Questa è la Calabria contro cui ho lottato
ma non è tutta: la Calabria
può risorgere a partire
dalle sue vergogne!
Pino Masciari
Presidente come posso
trovare un lavoro?
Molto indicativa la risposta del nostro presidente
al giovane che gli chiede
cosa può fare per trovare
particolare punto ed era
facoltà del primo cittadino emettere l’apposita ordinanza che avrebbe stabilito che il corteo sarebbe
dovuto passare altrove.
Comprendo in pieno l’ira
di Alfano. I cittadini non
devono fare alcun gesto di
reverenza nei confronti
del potere ‘ndranghetistico. Queste sottomissioni e
umiliazioni sono e devono rimanere strettamente
una prerogativa dello Stato, nei confronti della cui
burocrazia e oppressione
normativo-tributaria i
cittadini sudditi non solo
devono obbedire ciecamente ma addirittura strisciare fino a permettere
che i propri diritti fondamentali, come quello a
esistere dignitosamente,
siano del tutto annullati.
Suvvia, questo moralismo
di facciata non si addice a
un ministro degli interni
che voglia essere rispettato. Da sempre lo Stato ha
trattato con le mafie, spesso soccombendo. Una
semplice processione interrotta non deve essere
usata per scaricare tutto lo
sdegno e fare la figura di
colui che non è mai sceso a
patti con la malavita organizzata.
no dare la minima indicazione a chi spera di trovar
lavoro, c’è da disperare.
Radames Baldini
Il ministro Orlando e
l’ultimo inciucio
Il ministro Orlando del Pd
ha detto: “sulla giustizia
niente inciuci con la destra”, è una buona dichiarazione ma allora: Quali
sono stati gli altri inciuci
già fatti o in atto con la destra? Visto che questo sulla giustizia non si farà. Il
ministro è stato vittima di
un lapsus freudiano, voleva dire “l’ultimo inciucio
fatto è l’inciucio costituzionale e non ne faremo
altri”. Evidentemente il
disagio nel Pd è molto più
profondo di quello che
appare. Ma allora perché
si incaponiscono insieme
lealtà, sportività, saper essere modesti nelle vittorie
e non prendersela troppo
quando si è sconfitti, sono
di molto avanti a noi.
Qualità come il “sano agonismo che non diventi
egoismo” (come dice il
nostro Cocciante in un
suo brano) vengono insegnate sin da fanciulli, non
come nelle nostre Scuole-Calcio ove, quando a
dieci anni fai il raccattapalle, già ti danno dritte
come il perdere tempo se
si è in vantaggio, velocizzare la restituzione del
pallone se si deve recuperare, dare il pallone al volo
ai giocatori della propria
squadra e rasoterra agli
avversari ecc... E a “rispettare il prossimo perché è
te stesso” (Levinasse) o lo
si impara da piccoli o mai
più!
Mauro Maiali
Soldi che non girano
e proclami inutili
Il Papa chiede un patto per
il lavoro, il governo dice
che si impegna a creare lavoro, la gente deve lavorare, le aziende debbono fatturare. Ergo l’impegno,
anche se bene accetto, mi
sembra rivolto al lato sbagliato, insomma se proprio si vuole creare lavoro
è chiaro che il mercato deve tirare e le imposte sullo
stesso non possono essere
7 euro su 10, se il cliente
ordina l’azienda fattura,
se ordina di più l’azienda o
investe in macchinari
(che qualcuno deve costruire) oppure assume.
Per produrre e fatturare di
conseguenza, ecco che ar-
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riviamo ai sette euro sui
dieci fatturati che anzi che
servire a nuovi investimenti e aumenti salariali
spariscono, dissolvendosi
in decine di articoli sui
quotidiani e nessuno che
va a inchiodare la ruota
della crescita, ma queste
cose le sanno tutti, oggi le
chiamano anti politica o
populismo, ma è la semplice e unica verità, il Papa, Renzi, tutti i tecnocrati
o burocrati o statalocrati
di sorta, ripeto, tutti ne sono al corrente, oppure la
faccenda è più grave di
quanto si pensi. Nelle piccole e medie imprese dal
2007 ad oggi sono stati fatti tutti i passaggi che governo e finanza non hanno fatto, con il solo risultato che tutto è al macero e
se un mese hai ordinativi
un pelo superiori non riesci a evaderli per sotto organico, deludendo il
cliente e scavandoti ancora più profonda la fossa.
Smettete di fare insulsi
proclami e fate due cose:
tagliate il costo del lavoro
e rendete all’Italia quella
dignitá che i nostri nonni
le avevano dato, il lavoro e
l’economia si “moltiplicheranno” da soli.
Rudi
Nessun inchino alla
’ndrangheta
Quanto scalpore per la vicenda della Madonna fatta inchinare in corrispondenza della casa del boss.
Mi stupisco che il sindaco
non sapesse dell’esistenza
di un rischio simile, in un
paese come quello tutti
sanno chi abita in quel
Con la presente mi permetto di prendere posizione riguardo le assolutamente false enunciazioni del ministro della cultura. Egli si azzarda ad affermare che le persone oltre i 65 anni non ricevono
alcuno sconto nei musei
dei diversi stati europei.
All’infuori delle diverse
esperienze in merito che
ho potuto fare, sia negli
Usa che in diversi stati europei, posso tranquillamente affermare che dette
affermazioni sono pure
bugie. Io posseggo la
“Tessera Pensione” tedesca che mi perviene regolarmente con ogni singolo
conguaglio.
Claudio de Lorenzo
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