Sanità Sanità Salute e Benessere Sanità Pillola dell`Anio

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Settimanale d’informazione socio-sanitaria dell’A.N.I.O.
anno 10 - n. 05 del 09 Febbraio 2015
Sanità
L’E.m.a. dà il via libera
a sette nuove classi
di farmaci, uno
contro i batteri
farmaco-resistenti
pag.3
Sanità
Obesità e Ortopedia
pag.4
Salute e Benessere
La prima colazione,
100 anni di storia
pag.5
Sanità
È conveniente curare
oggi i pazienti piagati
con i moderni ausili?
pag.6
Pillola dell’Anio
Dieta Mediterranea
Ma quanti Italiani la
seguono?
pag.6
I
nvalidità civile, novità e semplificazioni, belle norme ma restano sempre un campo
minato, dove in cittadino non sa mai dove mettere il piede, una stampella o la ruota
della carrozzina. Quando si tocca l’argomento invalidità, i numeri sono veramente
alti, di truffatori ve ne sono molti, ma le istituzioni non hanno ancora trovato la
quadra per semplificare concretamente la vita già complicata da una disabilità all’utente. Seppur in molte cose non si può dare torto al cittadino, vi è una verità, il cittadino è poco informato sui suoi diritti. La legge n.114 del 2014 ha introdotto importanti
modifiche in materia di visite sanitarie di revisione nell’intento di semplificare le
procedure. Tuttavia, si assiste alla delega totale della valutazione della disabilità dal
Sistema socio-sanitario nazionale all’Inps
Nella Foto il Segretario Nazionale dell’ANIO Onlus Girolamo Calsabianca
pag. 2
SOCIALE
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2
Invalidità civile, siamo alla svolta?
L’
Inps non ha ancora
pensato alla corretta informazione dei
diritti e dei doveri, e
se l’ha fatto, è stato un gesto
cosi timido che anche noi che
siamo vigilanti dei diritti sociali possiamo dire che è stato fatto veramente poco. Poi,
c’è chi è ben informato per
cercare tutti i possibili arcani
delle leggi e delle circolari per
imbrogliare lo Stato e l’intera
società. Il falso invalido o chi
non ha il vero bisogno di un
riconoscimento, è colpevole
dell’assenza di tolleranza e
sensibilità di chi, nel momento
delle accettazioni, deve spersonalizzare la comprensione
al punto tale di non cercare
di comprendere un grave problema. Così, non dà anche la
giusta strada nel documentare
una disabilità, ma si limita solamente ad acquisire le carte
e freddamente a licenziarti
affermando “riceverà il verbale tra qualche mese”. Però,
ci sono i diritti sono tutelati
da leggi, ddl e circolari ma la
cosa buffa è che la poca chiarezza e la scarsa conoscenza
dei diritti e doveri portano al
cittadino a far riconoscere la
sua disabilità con una trafila
di ricorsi, appelli e sentenze.
È chiaro che chi paga in tutto
questo è sempre e comunque
il cittadino. Poi, si sommano
le assurdità incomprensibili
tra i vari enti, prima la visita
all’Asp poi ti richiama l’Inps,
anche se le visite dovrebbero
essere congiunte, poi l’Inps ti
richiama a visita straordinaria. Nel frattempo, magari, ti
arriva la lettera intimidatoria
di sospensione dei benefici e il
cittadino non ci ha capito nulla. Non sa che pesci prendere
e quando li prende, sono anche avariati, e come direbbe
il nostro famoso comico partenopeo “e io pago”.
Tuttavia, l’Istituto di Previdenza, per tutti la nostra
“Inps”, vede e provvede, anche se prima che certe nor-
mative siano digerite e messe in atto, ci vuole tempo e
sangue freddo. Non ci si deve
scordare il tempo intercorso
per l’applicazione della legge
80/2007 che esenta da revisione ordinaria chi è affetto da
una patologia cronica tabellata. Recentemente, la legge
n.114 del 2014 ha introdotto
importanti modifiche in materia di visite sanitarie di revisione nell’intento di semplificare le procedure. Prima di
tale normativa, si decadeva
dallo status d’invalido civile o portatore di handicap (l.
104/92) alla scadenza dei relativi verbali di accertamento
anche se l’interessato era in
attesa di visita di revisione.
Perciò, accadeva che, a causa
dei ritardi “tecnici” di verifica
della permanenza dei requisiti sanitari, all’indomani della
scadenza indicata nel verbale,
erano sospese le provvidenze
economiche (pensioni, assegni, indennità). Si perdeva,
di conseguenza, il diritto alle
agevolazioni lavorative (permessi e congedi). Inoltre, non
si poteva accedere ad altre
agevolazioni, quali quelle fiscali, finché non fosse stato
definito un nuovo verbale di
accertamento.
Ora, la legge succitata ha stabilito che nel caso in cui sia
prevista nel verbale una data
di rivedibilità, si conservino
tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e
agevolazioni di qualsiasi natura, anche dopo la data di scadenza del verbale.
Inoltre, è definita la competenza esclusiva dell’Inps nella
convocazione a visita nei casi
di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità.
Spetta, ora, all’Inps convocare il cittadino a nuova visita e spetta sempre all’Inps
effettuare la visita. Le sue
commissioni saranno chiamate
a pronunciarsi non solo sulla
permanenza o meno del grado
d’invalidità prima accertato,
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ma anche sul suo
eventuale sopravvenuto aggravamento.
A pochi mesi di distanza dalla legge
114, l’Inps ha fissato i criteri operativi mediante la
circolare n. 10 del
23 gennaio 2015.
Si legge nella circolare: “la novella legislativa,
infatti,
rende
finalmente possibile una gestione
unitaria delle visite di revisione
e del relativo iter
di verifica, permettendo all’istituto, già preposto
all’accertamento
definitivo
della
sussistenza dei requisiti sanitari per il diritto ai benefici a
titolo di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap
e disabilità (art. 20, comma
1, legge 3 agosto 2009, n.
102), di effettuare anche l’accertamento sanitario per le
eventuali visite di revisione
previste all’atto del giudizio
sanitario definitivo emesso
dall’istituto stesso”.
In tal modo le Asp sono totalmente estromesse dalle visite
di revisione che fino ad ora
erano loro affidate.
Da tale novità derivano al
cittadino alcuni vantaggi, ma
anche svantaggi. Il vantaggio
consisterebbe, secondo l’Inps
in uno snellimento dei tempi
non essendoci più il “passaggio” di verbali da Asp a Inps.
Lo svantaggio consisterebbe
nel fatto che il cittadino non
ha più come referente la propria Asp e la sua sede fisica per
cui potrebbe accadere che recarsi a visita comporti maggiori distanze e disagi.
Tale soluzione è vista positivamente da molte regioni che
vedranno abbattersi i costi di
accertamento presso le proprie Asp.
Nello stesso tempo, però, ciò
rappresenta un ulteriore passo verso la delega totale della
valutazione della disabilità dal
Sistema socio-sanitario nazionale all’Inps.
Girolamo Calsabianca
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3
L’E.m.a. dà il via libera a sette nuove classi
di farmaci, uno contro i batteri farmaco-resistenti
P
er affrontare i ‘batteri difficili’ potrebbe
arrivare un nuovo antibiotico. Si tratta di
tedizolid fosfato, della classe degli oxazolidinoni, per il
trattamento delle infezioni
gravi causate da alcuni batteri
gram-positivi. Quest’antibiotico avrebbe appena ricevuto il
parere favorevole del Comitato per i Farmaci ad uso Umano
(Chmp), dell’Agenzia Europea
del Farmaco (Ema), che ne
appoggerebbe l’approvazione.
L’ultima parola spettarà alla
Commissione Europea che,
alla fine dell’iter approvativo,
dovrà autorizzare l’immissione in commercio del farmaco
nei 28 Paesi dell’Unione. A
questi vanno aggiunti gli Stati Membri dell’area economica europea quali l’Islanda, il
Liechtenstein e la Norvegia.
Ora, è in fase di studio per
il trattamento delle infezioni batteriche acute di cute e
tessuti molli negli adulti, ma
è il tedizolid fosfato è già stato accettato negli Stati Uniti
con percorso accelerato. In-
fatti, la Fda, ente regolatorio
statunitense, l’ha designato
come prodotto qualificato per
il trattamento delle malattie
infettive. La sicurezza e l’efficacia del farmaco sono state
valutate in due studi clinici su
1.315 adulti affetti da infezioni batteriche acute della cute
e dei tessuti molli. In particolare, il farmaco sarebbe indicato per il trattamento delle
infezioni batteriche acute
di cute e tessuti molli negli
adulti, provocate dai ceppi sensibili di alcuni batteri
gram-positivi. Questi batteri
sarebbero lo Staphylococcus
aureus (compresi i ceppi resistenti alla meticillina - Mrsa
- e i ceppi suscettibili alla meticillina-Mssa), diverse specie
di Streptococcus e l’Enterococcus faecalis. In realtà, il
problema dell’antibiotico-resistenza non è da sottovalutare, poiché, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(Oms), rappresenta sempre di
più una minaccia per la salute
globale.
Secondo l’Oms, i superbug – i
batteri multiresistenti – saranno la principale causa di mortalità nel 2050, ma gli attuali
antibiotici non sarebbero più
efficaci entro pochi anni.
Proprio per questo, continuare
ad investire in ricerca in questo settore rivestirà primaria
importanza.
Inoltre, la Fda americana ha
concesso l’iter di approvazione accelerato a Mk-3415A, che
è una molecola innovativa che
vanifica le tossine-chiave che
sono collegate all’infezione
da Clostridium difficile.
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Si sta, poi, sviluppando un inibitore della beta lattamasi,
MK-7655, in combinazione fissa con l’imipeneme.
Contemporaneamente, sono
stati ottenuti risultati molto
promettenti per MK-8228 mirato alla prevenzione delle infezioni da Citomegalovirus.
Tuttavia, a gennaio, sarebbero
in corso di approvazione altri
principi innovativi, riguardanti altre patologie come come
l’obesità e l’HIV.
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L’
obesità, dice il prof.
Giorgio Maria Calori,
Istituto Ortopedico
Gaetano Pini, primario C.O.R.,” è una condizione
clinica che spesso si riscontra
correlata con altre patologie.
Il diabete mellito di tipo 2, le
patologie osteoarticolari, la
sindrome da apnea notturna,
le problematiche psichiatriche
e i disturbi psicologici causati
dall’ambiente familiare e/o
sociale in cui vive il paziente e
le malattie endocrinologiche.
In una gran parte di casi è
causata da una combinazione
di eccessivo apporto calorico,
scarsa attività fisica e predisposizione genetica. L’obesità
oggi è comunque stata riconosciuta come una patologia
multifattoriale. Sempre più
frequentemente nella nostra
casistica ortopedica, sulla scia
degli Stati Uniti, abbiamo avuto un incremento di pazienti
obesi. Il trend di ricovero di
questa tipologia di pazienti risulta in costante crescita”. In
USA gli studi epidemiologici riportano che un paziente su tre
è obeso comportando un costo
di 100 miliardi di dollari di
spesa sanitaria a causa anche
di un prolungamento della degenza. L’incidenza di questa
tipologia di pazienti dal 1970
è triplicata. Con l’obesità parallelamente si è riscontrato
un aumento di artrosi, e quindi un numero sempre maggiore di pazienti è costretto a
ricorrere ad una sostituzione
protesica precoce. Studi clinici hanno dimostrato che in pazienti con BMI maggiore di 30
kg/m2 hanno un’incidenza di
9,3 volte elevata di sviluppare
una gonartrosi, nei pazienti in
semplice sovrappeso comunque già di tre volte.
“La chirurgia protesica del
paziente obeso”, dice il prof.
Giorgio Maria Calori, “risulta
una importante sfida per il
chirurgo ortopedico a causa di
innumerevoli problematiche e
complicanze cui possono andare incontro questi pazienti
che presentano nel 30% dei
casi serie comorbidità, cioè
coesistenze patologiche.
Queste sono il deficit quadricipitale, il rischio infettivo
aumentato fino a 15 volte nel
grande obeso, iperalgesia,
un rischio maggiore di mobilizzazione degli impianti con
conseguente necessità di successivi interventi chirurgici di
revisione.
Tutto questo si traduce in una
minor soddisfazione del paziente che spesso esita un dolore anteriore.
La problematica più delicata
è l’aumentato rischio settico. Infatti, in questi pazienti
ritroviamo fattori di rischio
come una diminuzione delle difese immunitarie, uno
stato di resistenza insulinica
e in alcuni casi un coesistente diabete mellito di tipo 2.
Una particolare complicanza
che si riscontra spesso nella
chirurgia protesica del ginocchio è l’osteolisi tibiale, fenomeno che si accentua oltre 5 volte in pazienti con un
BMI maggiore di 40 kg/m2. Il
chirurgo deve, inoltre, porre
attenzione al rischio di malallineamento, di rotazione
interna e particolarmente nel
trattamento dei tessuti molli
sovrastanti”. Il paziente obeso deve essere accompagnato
4
passo dopo passo nel percorso
di cura da personale qualificato in grado di far fronte a
tutte le necessità e accortezze di questa delicata chirurgia
sia in fase pre, peri e post-operatoria. Si evince quindi che
questo tipo di chirurgia debba
essere eseguita in centri super
specialistici, come il C.O.R,
hub di eccellenza europeo. In
quest’ultimo, il paziente viene gestito con un appropriato
approccio multidisciplinare,
dove è presente personale
sanitario
specificatamente
formato ed organizzato nel
rispetto delle peculiari necessità terapeutiche, in rete con
gli altri centri di eccellenza in
Italia ed all’estero. Tutto ciò
con l’unico intento di raggiungere il miglior risultato clinico, affidando a questo tipo di
“paziente a rischio” la migliore qualità di cure nella preminente considerazione della
sicurezza.
Prof. Giorgio Maria Calori
Primario del COR presso
Istituto Ortopedico G. Pini
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SALUTE E BENESSERE
5
La prima colazione, 100 anni di storia
L
a prima colazione è fondamentale nella nostra
dieta per recuperare le
forze che impiegheremo durante la giornata. Senza la prima colazione, si crea
un vuoto alimentare che ci
rende più difficile affrontare gli impegni giornalieri e ci
causa più fame, provocando
eccessi. L’indagine dell’Osservatorio Aidepi/Doxa ‘Io
Comincio bene’, rivela in un
dossier aneddoti e curiosità di
quest’abitudine. Quest’indagine mette in luce i cambiamenti di ogni decennio, dove
ciascuno è segnato ‘piccole rivoluzioni’ in campo alimentare, che, in alcuni casi, hanno
migliorato le nostre abitudini.
La fretta, che contraddistingue la nostra vita contemporanea, persiste nell’essere la
vera nemica della prima colazione degli anni Duemila,
poiché, secondo lo studio, ben
7 milioni di italiani saltano il
primo pasto della giornata.
Tuttavia, altri 35 milioni di
italiani fanno colazione quotidianamente a casa propria,
concedendo il giusto tempo
a questo momento (più di un
quarto d’ora). In preferenza, la prima colazione è fatta
possibilmente in compagnia
di amici o familiari, facendo
attenzione ai prodotti salutistici che sono consumati dal
44% degli italiani. Questi ultimi accompagnano sempre
il caffè con altri prodotti e si
concedono il più spesso possibile anche un po’ di frutta fresca. Inoltre, secondo lo studio
Doxa, questo primo pasto è un
vero e proprio rito che riunisce ogni giorno una famiglia
su 3 al completo, nonostante
i ritmi frenetici cui ci sottoponiamo. In più, questo speciale
rito, consente ai figli e ai loro
genitori di mangiare gli stes-
si prodotti 8 volte su 10. “La
nostra cultura, in fatto di gastronomia, è molto sensibile ai
sapori della memoria. Ancora
oggi - afferma il prof. Marino Niola, dell’Università Suor
Orsola Benincasa di Napoli
- ci aiuta e ci tranquillizza il
fatto di ritrovare sulla tavola
della prima colazione i sapori
della tradizione. Una volta il
pane era un elemento fondamentale della colazione, lo è
stato storicamente per secoli.
Oggi è affiancato da prodotti
da forno - fette biscottate,
biscotti, cornetti, pancarré
- che, come emerge anche
dagli ultimi studi sociologici
fatti in materia, mantengono
un’importanza decisiva nel
primo pasto della giornata”.
Oggi, gli italiani consumano al
primo posto i biscotti, scelti
da 6 italiani su 10, seguiti da
pane e/o fette biscottate, con
o senza marmellata, miele e
creme spalmabili alla nocciola o al cacao. A seguire, i tre
gruppi di alimenti ottengono
tra il 7% e l’9% dei consensi,
cereali/muesli, le merendine/
brioches/ cornetti confezionati e yogurt. Tra le bevande,
fiorisce l’uso del tè nel 14%,
accanto al latte per il 35%,
al caffè per il 33% e al caffelatte/cappuccino per il 28%.
Questo contesto alimentare,
però, non esiste da sempre,
ma è il frutto idi una rivoluzione alimentare che si è sviluppata negli ultimi 80 anni e che
si è accresciuta dagli anni 50
in poi. Prima di quel decennio,
la prima colazione era molto
squilibrata verso i carboidrati e i grassi poiché il menu di
allora era composto da pane
raffermo, un residuo di polenta e quel che restava della
zuppa o della pastasciutta. A
questi, si potevano aggiungere un tocchetto di aringa,
una fettina di salame, un pezzetto di formaggio, mentre
solo i più fortunati gustavano
i biscotti artigianali. “Nella
pseudo colazione degli anni
‘50 l’apporto di nutrienti era
in genere piuttosto sbilanciato verso un eccesso di grassi
oltre che di carboidrati, ma
l’elevato dispendio energetico dell’epoca non dava ricadute sulla salute”, afferma la
biologa nutrizionista Valeria
del Balzo dell’Università La
Sapienza di Roma. La prima
rivoluzione della colazione
è stata favorita dalle guerre
mondiali, durante le quali ai
soldati erano distribuiti latte,
caffè e gallette e cioccolato.
Questi ingredienti, divenuti
compagni inseparabili di colazione, saranno portate dai
reduci a casa, favorendo la
diffusione di questi prodotti
nelle famiglie e nella società.
Un’altra rivoluzione avviene
durante gli anni ’60, quando
il boom economico porta la
diffusione di prodotti prima di
nicchia o solo regionali, quali
i croissant, i biscotti, il burro,
le fette biscottate, i cereali,
le creme spalmabili, la marmellata, il miele, la frutta, lo
yogurt, i fiocchi, le merendine. Il caffè assurge a simbolo
di questo fenomeno poiché diviene la bevanda più presente nella tavola degli italiani
a colazione rispetto agli anni
‘50 quand’era era considerato un bene di lusso da offrire agli ospiti. I biscotti, la
cui preparazione artigianale
li rendeva prodotti di lusso e
locali, diventano standardizzati e superano le differenze
regionali, trasformandosi in
prodotti universali. Negli anni
‘60 nascono i primi prodotti
da forno confezionati e nel
1964 nasce la più celebre crema spalmabile alla nocciola.
È significativa, in questo sen-
so, la storia della marmellata
che, prima era prodotta solamente in casa, ora si diffonde
confezionata insieme a vari
prodotti solubili da mettere
nel latte o nell’acqua, come
l’orzo, il caffè e, soprattutto
per i per i bambini, il cacao.
Negli anni 70’, compaiono le
fette biscottate che diventano di uso sempre più comune in affiancamento al pane,
mentre, in questo decennio,
i biscotti si affermano come
protagonista della prima colazione, insieme alle merendine
e ai croissant confezionati.
Anche lo yogurt compare negli anni ‘70, all’inizio come
prodotto di nicchia. Negli anni
80’, invece, i cornflakes trovano posto nella nostra colazione, poi arrivano prodotti
salutistici realizzati con fibre,
crusca, avena, e muesli. In
questi anni, i consumi di prodotti dolci aumentano del 36%
e la pubblicità inizia a svolgere un ruolo chiave, divenendo un potente strumento di
diffusione dei prodotti stessi.
Quelli da colazione della nostra industria alimentare, in
più, sono esportati con successo, insieme al modello di
colazione all’italiana. Negli
anni 90’, avviene un’ulteriore
rivoluzione, poiché si diffonde
una maggiore attenzione alla
salute del corpo e le industrie
si adeguano, immettendo sul
mercato prodotti più dietetici. Si diffondono prodotti integrali, dai biscotti con basso
contenuto di grasso, alle fette
biscottate integrali e al pane
nero. Aumenta il consumo del
miele e diminuisce quello del
burro, mentre si preferisce
l’uso di latte scremato. Così,
le basi dell’attuale colazione
sono poste e il suo successo
continua nonostante la crisi.
Francesco Sanfilippo
SANITA’
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6
È conveniente curare oggi i pazienti
piagati con i moderni ausili?
I
eri si usava per curare piagati, ulcerosi e ferite difficili acqua, sapone e tanta
rassegnata pazienza, ma
oggi tali rimedi sono a dir
poco inaccettabili, per non
dire dannosi, sia per le complicanze cui si può andare incontro sia per la lunghezza dei
tempi di guarigione in pazienti
doloranti, bloccati ed inabili al lavoro. Esistono, infatti,
metodiche avanzate che accorciano visibilmente i tempi
di guarigione con notevole riduzione dei costi. Facendo un
po’ i conti, le statistiche, derivanti dai risultati dei centri
di costo, indicano che il costo
medio del trattamento per un
paziente con ferita difficile
è di circa 1000 euro. Il trattamento standard per un’ulcera al piede in un diabetico
può avere un costo a paziente
guarito di circa 18.000 euro
ed oltre. Infine, i costi di materiali ed apparecchiature, se
usati, abbatteranno la spesa
di circa il 50% in circa cinque
anni. Tenendo dunque presente il sacrosanto principio che
una vita senza piaghe può solo
essere il risultato di una cosciente interazione fra chi ne
è a rischio o affetto e chi deve
sapientemente curare, i dati
sono estremamente allarmanti. Oltre due milioni di italiani
( escludendo coloro che non
ricorrendo alle cure dei centri pubblici o privati sono non
classificabili) annualmente necessitano di assistenza medica
per presenza di ulcere cutanee. Il 50% va incontro a complicanze invalidanti; il costo
medio delle terapie e di circa
300/euro al mese, crescente
con le dimensione e con lo
stato di gravità della lesione.
Nel 75 % dei casi il paziente
non può affrontare i costi delle attuali necessarie terapie
generali e locali bioattive.
Ad un’incidenza di spesa annua,solo ospedaliera, di circa
un miliardo dobbiamo aggiungere i costi indiretti di circa
460 mila giornate lavorative
perse dai pazienti e dai loro
familiari. Non è chiaramente
calcolato il costo globale di
tali patologie, comprendente
anche l’attività ambulatoriale
territoriale. Scarsamente sostenibile dalla maggior parte
degli utenti (spesso dimessi
precocemente con difficoltà
deambulatorie e logistiche),
il costo domiciliare privato
delle cure ad integrazione del
sovraccarico e spesso burocraticamente farraginoso servizio
di assistenza domiciliare per
la maggior parte infermieristica più che medica. A tutt’oggi, è deficitaria ed insufficiente la continuità assistenziale
fra strutture ospedaliere e
territorio con chiari ed automatici percorsi assistenziali
integrati. Più adeguati livelli
organizzativi, infatti, comporterebbero maggiore equità
nelle cure, maggiore accessibilità ai trattamenti, minore
ritardo nelle diagnosi e nelle
cure, ed una minore incidenza
dei costi diretti per complicanze e indiretti per perdita
di capacità produttiva da parte del paziente e del familiare
che l’assiste.
Ultima nota di riflessione statistica è che il costo medio
per paziente trattato con presidi d’avanguardia è di circa
1.500 euro per quadrimestre
contro i 1.900 euro circa dei
trattamenti tradizionali. I
trattamenti moderni, in conclusione, hanno sì un maggior
costo unitario rispetto ai tradizionali, ma richiedono minor
quantità di materiale impiegato, minor tempo dedicato alla
cura per diminuzione delle
complicanze locali e per riduzione dei tempi di guarigione
di circa un terzo. Con questi
dati di settore relativamente
recenti, si lascia a tutti i lettori ma soprattutto a politici ed
amministratori le conseguenti
deduzioni circa il chiaro van-
taggio economico e sociosanitario che percorsi sanitari per
patologia sempre più analizzati e valutati da esperti possono apportare.
Dott. Gaetano Giardina
Medico Chirurgo
ISEE,Occhio al conto corrente
e a cosa si dichiara...
I
n base a quanto inserito in
un articolo dell’ultima legge di Stabilità ormai in vigore a partire da gennaio
2015 cambierà la modalità di
calcolo per la determinazione
dell’indicatore della situazione economica equivalente
(Isee). Il vecchio sistema di
calcolo datato 1998 è stato
aggiornato. Le dichiarazioni
acquisite con autocertificazione sono state limitate, sia dei
saldi che degli eventuali conti
depositi, conti correnti bancari o postali. Ma cosa cambia?
prima si dichiarava il saldo su
conto corrente al 31/12, adesso la giacenza media annua.
Questo spiazza tutti i coloro
che azzeravano il conto a dicembre e dichiaravano 0, per
accedere alle agevolazioni
sociali concesse a chi dimostra una situazione economica
minima o disagiata, ma che
nel reale, ha un tenore di vita
medio. Il nuovo modello permetterà di identificare meglio
le condizioni di bisogno della
popolazione, consentendo di
contrastare le tante pratiche
elusive ed evasive. Tra le novità: la possibilità di presentare
una dichiarazione semplificata - il “modello MINI”; aggiornare la propria situazione
economica, quando si perde il
lavoro, senza aspettare che il
peggioramento delle condizioni venga prima registrato dalle dichiarazioni fiscali. I dati
fiscali più importanti e i dati
relativi alle prestazioni ricevute dall’INPS saranno compilati direttamente dall’Amministrazione. Il patrimonio
mobiliare verrà controllato ex
ante con riferimento alla esistenza di conti non dichiarati
ed ex post con controlli della
Guardia di Finanza.
Le pratiche elusive praticate,
spostando sotto il mattone il
deposito dei conti correnti al
31 dicembre, per poi ricostruirli al primo gennaio sono vane
in quanto fa fede la giacenza
media annua dei conti correnti bancari e postali .
Girolamo Calsabianca
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7
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Ma quanti italiani la seguono?
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DOTT. CLAUDIO RAGNO
Specialista in Allergologia e immunologia
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D
ieta mediterranea è la
più gettonata dai nutrizionisti, ma come dice
il proverbio, il ciabattino va sempre con le scarpe bucate. Frutta e verdura
dovrebbero sempre regnare
nella tavola dell’italiano, ma
i dati non dicono questo, predichiamo bene e razzoliamo
male. I risultati emersi da un
sondaggio condotto nell’ambito dell’iniziativa ‘Curare la
salute’ (campagna di sensibilizzazione sulle corrette abitudini alimentari, realizzata
con il patrocinio della Simg,
Società italiana di medicina
generale e delle cure primarie), ci dicono che in Italia i
consumi di frutta e verdura
sono veramente bassi.
Un italiano su cinque mangia
la quantità di frutta e verdura
raccomandata dall’Oms, mentre il 44% si limita a una o due
porzioni giornaliere a fronte
delle cinque consigliate, il 45%
ammette di essere sedentario
e il 21% è molto al di sotto o
al di sopra del proprio peso
forma. In base al test, la maggior parte degli italiani, pur
avendo una buona conoscen-
ANDROLOGIA - UROLOGIA
za delle regole della sana alimentazione, fatica a metterle
in pratica.
L’80% infatti risulta essere
consapevole delle norme base
per una sana alimentazione e
la cura di sé, ma uno su cinque ammette di essere molto
sopra o al di sotto del proprio
peso e solo uno su tre è in perfetto peso forma.
Solo il 20% dichiara di mangiare 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Riflettendo su
quanto emerso dal sondaggio
è difficile non dimenticare il
caro vita.
Il reddito dell’italiano medio
è pari a 1200 euro al mese, se
questo è anche un mono reddito, paga anche la rata di un
mutuo ed ha pure un figlio, la
dieta la deve fare è quella del
portafoglio. Poi abbiamo l’italiano delle 3 “P” (Pane, Pasta
e Patate), ovvero il pensionato da 450 euro al mese, una
soluzione è difficile da suggerire quando la coperta è quella, ... se copri il capo scopri i
piedi e viceversa.
Girolamo Calsabianca
Segretario Nazionale ANIO
DOTT. EMILIO ITALIANO
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Dr. Dario Bellomo Medico Specialista ASP di Asti
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Prof.ssa Carla Giordano Resp. UOC di Endocrinologia Policlinico (Pa)
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