Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLV n. 41 (46.879) Città del Vaticano venerdì 20 febbraio 2015 . Papa Francesco celebra il mercoledì delle Ceneri a Santa Sabina Ore critiche per il negoziato tra Atene e l’Europa Il dono delle lacrime Attesa greca Per gli Stati Uniti non c’è alternativa all’intesa E al clero di Roma parla dell’omelia nella messa «Ci farà bene a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia». Nel mercoledì delle Ceneri il Papa ha tracciato le coordinate dell’itinerario quaresimale. Celebrando la messa all’Aventino nel pomeriggio del 18 febbraio, Francesco ha offerto una riflessione sull’importanza del pianto, che riecheggia quella proposta a Manila durante l’incontro con una bambina vittima di violenze. Dopo aver guidato la processione penitenziale dalla basilica romana di Sant’Anselmo a quella di Santa Sabina, il Pontefice ha presieduto l’Eucaristia con il rito delle ceneri. «Ci farà bene — ha detto — farci la domanda: “Io piango? Il Papa piange? I cardinali piangono? I vescovi piangono? I consacrati piangono? I sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?». Per Francesco, infatti, il pianto rivela il volto autentico dell’uomo, al di là dei gesti ipocriti compiuti per assolvere «prescrizioni intaccate dalla ruggine del formalismo». Il riferimento è alle opere di pietà previste dalla legge mosaica — elemosina, preghiera e digiuno — che nel corso del tempo avevano finito per mutarsi «in un segno di superiorità sociale». Una tentazione sempre attuale, perché «gli ipocriti non sanno piangere, hanno dimenticato come pregare, non chiedono il dono delle lacrime». E invece, ha avvertito il Papa, «tutti abbiamo bisogno» della misericordia e del perdono del Signore, che ci invita continuamente «a tornare a lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle lacrime». E il modo migliore per accogliere questo invito, ha assicurato Francesco, «è lasciarsi riconciliare», nella consapevolezza che ogni «sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana». L’indomani mattina, giovedì 19, il Papa ha ricevuto in udienza nell’Aula Paolo VI il clero di Roma per il consueto incontro di inizio Quaresi- ma. Dopo l’introduzione del cardinale vicario Agostino Vallini, il Pontefice ha dialogato con i sacerdoti sull’ars celebrandi e in particolare sull’omelia nella celebrazione dell’Eucaristia. PAGINE 6 E 7 ATENE, 19. «Intesa o dure conseguenze». L’alternativa formulata dal segretario al Tesoro statunitense, Jack Lew, in una conversazione con il ministro delle Finanze greco, Yannis Varoufakis, rende molto bene il clima di tensione che si respira in queste ore in Europa, e non solo. Si tratta infatti di ore critiche: domani, venerdì, scade il termine ultimo per il prolungamento del programma internazionale di aiuti alla Grecia, che, in mancanza di sostegno, si ritroverebbe in condizione di fallimento. E tuttavia, nonostante la criticità della situazione, qualche spiraglio sembra aprirsi. Questa mattina il Governo greco ha inviato all’Eurogruppo la richiesta di una proroga di sei mesi dei finanziamenti, che scadono il 28 febbraio. E questo «per negoziare con i partner senza ricatti e tempi stretti» si legge nella lettera. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, vaglierà la richiesta di Atene e verificherà se esistono le basi per convocare domani una riunione straordinaria dell’Eurogruppo. Non è chiaro se la richiesta di una proroga dei finanziamenti implichi da parte di Atene l’accettazione del prolungamento del piano della Troika (la squadra di commissari di Ue, Bce ed Fmi), ovvero l’opzione preferita dai vertici della Commissione europea. Tsipras ha sempre detto di essere contrario a questa soluzione e di voler proporre un nuovo piano. Varoufakis si è Il Consiglio di sicurezza dell’Onu scarta l’ipotesi di un intervento armato contro l’Is in Libia Scelta diplomatica NEW YORK, 19. In Libia l’unica strada è quella di una soluzione politica della crisi. Prevale la linea diplomatica al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, durante la riunione d’emergenza questa notte a New York. Scartata, dunque, l’ipotesi di un intervento armato per fermare l’avanzata dello Stato islamico (Is). L'Italia ha annunciato di essere pronta ad assumere un ruolo guida nell'iniziativa Onu per «contribuire — come ha detto il rappresentante al Consiglio di sicurezza, Sebastiano Cardi — al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’addestramento delle forze armate nella cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture». Afghanistan per la prima volta al mondiale di cricket Si riapre il dialogo tra i talebani e Washington y(7HA3J1*QSSKKM( +,!"!?!$!z! Un giocatore della squadra afghana di cricket (Reuters) KABUL, 19. Rappresentanti dei talebani afghani incontreranno oggi in Qatar un gruppo di delegati statunitensi per avviare trattative di pace. La notizia, inizialmente diffusa da fonti talebane, è stata poi confermata dalle maggiori agenzie internazionali. «Un primo incontro si terrà oggi; domani ci dovrebbe essere un’altra riunione. Vediamo cosa succederà visto che i colloqui precedenti non hanno portato ad alcun risultato» ha dichiarato alla Reuters un esponente del gruppo. Conferma è giunta anche dai vertici dell’esercito pakistano. E intanto, ieri, si è aperta la coppa del mondo di cricket, alla quale l’Afghanistan partecipa per la prima volta nella sua storia. Un ulteriore segno di distensione. I nodi da sciogliere, tuttavia, sono ancora tantissimi. L’inviato dell’O nu per la crisi libica, Bernardino Léon, collegato in videoconferenza con il palazzo di Vetro, ha sottolineato la necessità che si arrivi a un accordo politico, ma le distanze tra le fazioni libiche restano. Il Paese è letteralmente spaccato in due — due Parlamenti, due Governi, di cui uno soltanto, quello con sede a Tobruk, è riconosciuto internazionalmente — e a complicare le cose ci sono le contrapposizioni tribali. «In Libia — ha ricordato Léon — lo Stato islamico ha trovato un terreno fertile nella crescente instabilità politica post-rivoluzione, sfruttando anche la debolezza delle istituzioni statali e del settore della sicurezza statale». In Libia «si potrà sconfiggere il terrorismo tramite la determinazione politica e istituzionale di un Governo di unità nazionale, che avrà bisogno di un sostegno internazionale». Sempre sul piano diplomatico, il presidente statunitense, Barack Obama, ha dichiarato ieri che in Libia «non c’è uno scontro di civiltà» e che i terroristi dell’Is «non parlano a nome di un miliardo di musulmani». L’Occidente «non è in guerra con l’islam: i musulmani non sono terroristi. Ci sono leader religiosi che parlano chiaramente di un islam tollerante e pacifico. La religione non è responsabile del terrorismo. Noi siamo in guerra contro la violenza dell’Is» ha dichiarato il presidente Obama. A Washington è in corso una conferenza internazionale sull’estremismo islamico, con la partecipazione delle delegazioni di oltre sessanta Paesi. Nel frattempo, Mosca ha comunicato oggi la propria disponibilità a un’eventuale forza internazionale contro l’Is. Lo ha reso noto il rappresentante russo all’Onu, Vitali Ciurkin, sottolineando l’impegno del Cremlino per disporre un blocco navale che impedisca l’arrivo di forniture di armi ai terroristi. Sul fronte militare, continuano i raid aerei egiziani. È stato diffuso, intanto, il bilancio della prima incursione via terra, ieri, da parte delle truppe del Cairo, che sono intervenute a Derna. Secondo alcune fonti, nell’azione sarebbero stati uccisi 155 combattenti dell’Is. Durante la riunione del Consiglio di sicurezza, il rappresentante del Governo egiziano ha insistito affinché venga revocato l’embargo sulle armi per il Governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale. Il Cairo ha anche chiesto di imporre un blocco navale lungo le coste delle aree dove sono attivi i miliziani dell’Is. Tensione alta si registra anche al confine tra Tunisia e Algeria. Unità di tiratori scelti dell’esercito algerino sono state dispiegate per contrastare eventuali sconfinamenti di terroristi. La misura è stata adottata dopo l’uccisione di alcuni agenti tunisini da parte di un gruppo di jihadisti. detto ieri sera ottimista sulla possibilità di un accordo con i partner europei. «Siamo sulla strada giusta — ha detto parlando ad Atene — sono ottimista e al massimo chiuderemo venerdì. La nostra proposta sarà scritta in modo tale da soddisfare le esigenze della Grecia e quelle dell’Eurogruppo». Nessun segnale di apertura dalla Germania. «La lettera di Atene non rappresenta una proposta per una soluzione» ha detto oggi il portavoce del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, in un breve comunicato. E sempre Schäuble era intervenuto ieri dichiarando: «Se distruggiamo la nostra fiducia reciproca, distruggiamo l’Europa». In passato, aveva aggiunto, «siamo stati molto generosi». E per quanto riguarda le trattative con il Governo ellenico, «faremo del nostro meglio per quel che si dovrà fare». Dobbiamo pensare «che abbiamo una responsabilità: mantenere l’Europa stabile». E sempre ieri la Bce (Banca centrale europea) ha deciso di rinnovare il programma di liquidità di emergenza a favore delle banche greche, alzando l’ammontare del prestito a 68,3 miliardi di euro. Intanto, sul piano politico, il Parlamento greco ha eletto il conservatore Prokopis Pavlopoulos nuovo presidente della Repubblica. Ex premier ed esperto di diritto pubblico, Pavloupolos è stato proposto anche dal partito di Tsipras, Syriza. Gli ebrei e l’accusa del sangue Infamanti dicerie CRISTIANA D OBNER A PAGINA 4 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza, nello Studio dell’Aula Paolo VI, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Vito Rallo, Arcivescovo titolare di Alba. Provvista di Chiesa Fedeli copti ad Amman durante una celebrazione in suffragio dei cristiani uccisi in Libia (Ap) Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Sincelejo (Colombia) il Reverendo José Crispiano Clavijo Méndez, del clero della Diocesi di Valledupar, finora Rettore del Seminario Maggiore diocesano «Juan Pablo II». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 20 febbraio 2015 La bandiera dei separatisti sventola a Debaltseve (Ap) Intervento della Santa Sede KIEV, 19. Dopo avere resistito per più di una settimana senza viveri né munizioni, i soldati di Kiev si sono ritirati ieri dalla città orientale di Debaltseve, strategico snodo ferroviario a metà strada tra Lugansk e Donetsk, i capoluoghi delle autoproclamate repubbliche indipendentiste. I filorussi sono così entrati in città e issato la bandiera della Novorossia (croce blu di sant’Andrea su sfondo rosso), come vengono definiti i territori separatisti. Per gli analisti, la resa di Debaltseve è un nuovo, duro rovescio militare per l’esercito ucraino e un ulteriore indebolimento per il presidente, Petro Poroshenko. La presa di Debaltseve è stata condannata fermamente da tutta la comunità internazionale come una grave violazione degli accordi di Minsk del 12 febbraio scorso, che prevedevano la tregua da domenica, mentre le milizie hanno continuano la loro offensiva, anche se ieri sera hanno lanciato segnali di distensione annunciando l’inizio del ritiro degli arsenali pesanti. «Una chiara violazione del cessate il fuoco», hanno accusato la Casa Bianca e l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza comune, Federica Mogherini. In una nota ufficiale, il capo della diplomazia dei Ventotto ha ricordato che Bruxelles «resta pronta a prendere misure appropriate nel caso in cui continuino i combattimenti e altri sviluppi negativi in violazione degli accordi di Minsk». Da parte sua, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha accusato i ribelli di avere messo a rischio gli accordi di pace, sostenendo che «truppe e mezzi russi sono sempre attivi in Ucraina». L’offensiva ribelle è «nefasta per le speranze di pace», ha commentato il cancelliere tedesco, Angela Merkel, sottolineando che in caso di nuova escalation potrebbero essere necessarie altre sanzioni contro Mosca. Proprio oggi la Russia ha invitato l’Occidente a cessare la guerra delle sanzioni e ad avviare un dialogo costruttivo, pur riservandosi il diritto di rispondere alle nuove sanzioni del Canada. Ma ora gli osservatori internazionali cominciano a chiedersi che cosa intendano fare i leader europei per rispondere alla violazione della tregua a Debaltseve, soprattutto dopo che Merkel ha dichiarato: «Faremo di tutto perché la Russia torni a essere un nostro partner. Non vogliamo agire contro Mosca, ma con essa». Inoltre, secondo Kiev, i separatisti — ignorando il cessate il fuoco — starebbero attaccando anche Mariupol, la città costiera sul mare di Azov, da tempo Per ripensare e rafforzare lo sviluppo sociale Pubblichiamo la traduzione italiana dell’intervento pronunciato il 10 febbraio 2015 a New York dall’arcivescovo Bernardito Auza, Nunzio Apostolico, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, in occasione della 53ª Sessione della Commissione per lo sviluppo sociale. Signora Presidente, Per cominciare, mi permetta di congratularmi con lei, Eccellenza, e con la direzione per la vostra elezione. La mia Delegazione attende con piacere di lavorare insieme con le altre delegazioni, durante questo ciclo politico, al fine di raddoppiare i nostri sforzi per aiutare quanti vivono in tutte le forme di povertà nel mondo. Signora Presidente, Sebbene la crescita economica negli ultimi anni sia rallentata, milioni di persone continuano a uscire dalla condizione di povertà, specialmente nel mondo in via di sviluppo. Tuttavia, la mia Delegazione condivide la preoccupazione espressa dal Segre- I soldati ucraini lasciano la città orientale ai filorussi La resa di Debaltseve nel mirino dei filorussi. E per assicurare la tregua, Poroshenko, ha chiesto oggi l’invio di peacekeeper dell’Onu nel Donbass. L’idea è stata, però, subito respinta dal capo negoziatore dei separatisti, Denis Pushilin, secondo il quale si tratterebbe di una violazione degli accordi. Sullo stesso piano le dichiarazioni provenienti da Mosca. Gli accordi di Minsk del 12 febbraio scorso «prevedono solo il ruolo dell’O sce, non c’è nulla sulle Nazioni Unite o sulla Unione europea», ha dichiarato l’ambasciatore russo all’Onu, Vitali Ciurkin, alla emittente televisiva Cremlino Russia Today. Dati diffusi nel rapporto di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite Riscaldamento climatico fonte di instabilità e conflitti LONDRA, 19. Dopo anni di intenso dibattito, scienziati ed esperti sulla sicurezza hanno concordato che il riscaldamento climatico, se non sarà frenato e arginato, sarà sempre più fonte di instabilità e conflitti. Alluvioni, siccità, fenomeni atmosferici rilevanti e opposti, che già si susseguono in molte zone, saranno sempre più frequenti se le emissioni di gas nocivi continueranno a sconvolgere il clima, ali- mentando le dispute per le risorse. «Meno acqua e beni alimentari a disposizione, con la migrazione in crescita, aumenteranno i rischi di conflitti violenti», ha denunciato in un rapporto il Gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima (organismo dell’Onu). Ma in alcuni Paesi, principalmente in Africa — come già notava due anni fa l’Institute for Security Studies — la recrudescenza dei conflitti è fin d’ora almeno in parte anche attribuibile agli effetti dei mutamenti climatici. In Sahel, ad esempio — afferma lo studio — la desertificazione è da tempo all’origine di scontri per il possesso della terra. E anche il Pentagono, nella sua Road Map per l’adattamento ai mutamenti climatici, constata che l’aumento delle temperature e la crescita del livello dei mari accelerano l’instabilità mondiale. L’Ue chiede riforme al Kosovo PRISTINA, 19. La necessità per il Kosovo di portare avanti con convinzione il dialogo con la Serbia e attuare le riforme economiche necessarie a proseguire verso l’integrazione europea è stata sottolineata ieri a Pristina da Johannes Hahn, commissario Ue all’Allargamento. Hahn, parlando al termine di un colloquio con il premier, Isa Mustafa, ha spiegato come le riforme economiche e gli investimenti siano la priorità per contrastare la fuga di massa verso il nord Europa che si registra negli ultimi mesi dal Kosovo. Riferendosi all’integrazione nella Ue, il commissario — ribadendo l’appoggio di Bruxelles a Pristina — ha affermato che l’Unione accetta nuovi Paesi membri solo dopo che essi abbiano risolto le eventuali dispute bilaterali e regionali. Mustafa, da parte sua, ha auspicato la firma in tempi rapidi dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, prima tappa verso l’integrazione nell’Unione europea. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano ornet@ossrom.va www.osservatoreromano.va Un lago prosciugato dalla siccità in California (Ap) Corridoio ecologico tra Brasile, Colombia e Venezuela BO GOTÁ, 19. Il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, intende proporre a Venezuela e Brasile la creazione di un “corridoio ecologico” per proteggere un vasto territorio montuoso e selvatico della parte settentrionale del Sudamerica, dando un importante contributo nella lotta ai mutamenti climatici. Con centotrentacinque milioni di ettari, sarà il più grande passaggio del mondo e verrà chiamato Corridoio tripla A (andino, amazzonico e atlantico), perché andrà dalle Ande fino alla costa atlantica brasiliana. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Già dalla prossima settimana — ha detto Santos parlando in un noto programma televisivo locale — cominceranno i colloqui guidati dal ministro dell’Ambiente e dal ministro degli Esteri colombiani, Gabriel Vallejo e María Ángela Holguín, con le autorità di Brasile e Venezuela. Il corridoio pensato dal presidente Santos sarebbe formato per il 62 per cento da territori appartenenti al Brasile, per il 34 per cento alla Colombia, per il 4 per cento al Venezuela. Servizio vaticano: vaticano@ossrom.va Servizio internazionale: internazionale@ossrom.va Servizio culturale: cultura@ossrom.va Servizio religioso: religione@ossrom.va caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 photo@ossrom.va www.photo.va A Buenos Aires una marcia per Nisman BUENOS AIRES, 19. Una “marcia del silenzio” per chiedere la verità sul caso Nisman si è svolta ieri nella capitale argentina. Vi hanno preso parte centinaia di migliaia di persone. Il giudice Alberto Nisman, uno dei responsabili dell’inchiesta sull’attentato antiebraico a Buenos Aires nel 1994, è stato trovato morto nel suo appartamento lo scorso 18 gennaio in circostanze che non sono state ancora chiarite dagli inquirenti. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 segreteria@ossrom.va Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale tario generale nel suo recente rapporto e riconosce che la crescita economica, che ha portato nuove sfide, non ha recato uguali benefici a tutti nella società. Continuano a esserci importanti ineguaglianze e molti dei gruppi più vulnerabili della società sono stati lasciati indietro. Se non affrontiamo tali ineguaglianze, specialmente nella transizione verso l’agenda di sviluppo post 2015, rischiamo di minare l’impatto della crescita economica sulla povertà e sul benessere della società nel suo insieme. Affinché sia sostenibile e vada a beneficio di tutti, lo sviluppo sociale deve essere etico, morale e centrato sulla persona. Anche qui facciamo eco al rapporto del Segretario generale, sottolineando che la crescita economica non è un indicatore sufficiente di sviluppo sociale. Piuttosto, dobbiamo prestare attenzione a quegli indicatori che danno un quadro completo del benessere di ogni individuo nella società, promuovendo al contempo politiche che incoraggino un approccio davvero integrale allo sviluppo della persona umana nel suo insieme. A questo riguardo, per esempio, non è sufficiente avere un impiego redditizio. Il lavoro deve essere anche dignitoso e sicuro. Gli investimenti nell’educazione, l’accesso ai servizi sanitari di base e la creazione di reti di sicurezza sociale sono fattori primari, e non secondari, per migliorare la qualità di vita della persona e assicurare un’equa distribuzione della ricchezza e delle risorse nella società. Ponendo la persona umana al centro dello sviluppo e incoraggiando investimenti e politiche che rispondano ai bisogni reali, i progressi compiuti in direzione dello sradicamento della povertà restano permanenti e la società è più resistente dinanzi a potenziali crisi. Signora Presidente, L’economia di mercato esiste non per servire se stessa, ma piuttosto per servire il bene comune dell’intera società. Tenendo presente ciò, dobbiamo prestare particolare attenzione al benessere dei più vulnerabili tra noi, poiché spesso vengono ignorati nel nome di una maggiore produttività, efficienza e crescita economica generale. Lo sviluppo sociale non può essere un approccio “taglia unica”; pertanto, le politiche e i programmi universali devono essere rafforzati attraverso un approccio più mirato che risponda alle esigenze dei più vulnerabili. Come Papa Francesco ci ha ripetutamente ricordato, «dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società [...], e ciò implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incon- triamo» (Esortazione apostolica Evangelii gaudium, nn. 186, 188). Signora Presidente, Lo sviluppo integrale autentico della persona e lo sradicamento della povertà possono essere ottenuti solo concentrandosi sull’immensa importanza della famiglia per la società, essendo lì che ogni essere umano riceve la sua educazione primaria e il suo sviluppo più formativo. La famiglia è la rete di sicurezza sociale più naturale della società, condividendo risorse per il bene di tutta l’unità familiare e offrendo un sostegno intergenerazionale. Nella famiglia impariamo ad amare e a contribuire senza retribuzione e, diversamente da quanto accade nell’economia globale, ogni singola persona vi ha un posto. Signora Presidente, Per concludere, la mia Delegazione ritiene che dobbiamo intraprendere un approccio strategico per uno sradicamento della povertà basato sulla vera giustizia sociale, al fine di aiutare a ridurre la sofferenza di milioni di nostri fratelli e sorelle. È nostra ferma convinzione che le politiche di sviluppo sociale devono affrontare non soltanto i bisogni economici e politici, ma anche la dimensione spirituale ed etica di ogni persona umana. In questo modo, ogni individuo nella società può essere libero da tutte le forme di povertà, sia materiale sia spirituale. Grazie, Signora Presidente. Visita di Nancy Pelosi a Cuba L’AVANA, 19. Un altro tassello nel processo di normalizzazione delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba. Nancy Pelosi, leader del gruppo democratico nel Congresso americano, si è recata ieri all’Avana per quella che ha definito lei stessa «una visita amichevole», durante la quale, secondo un comunicato, ha incontrato l’arcivescovo, cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, dirigenti del Governo locale e «dirigenti rappresentativi delle comunità locali». Al termine degli incontri, Pelosi ha partecipato a una conferenza stampa nella quale ha fatto il punto sulla situazione della normalizzione dei rapporti tra i due Paesi. La visita di Pelosi ha fatto seguito a quella di un gruppo di tre senatori del Partito Democratico, che si sono detti favorevoli all’abolizione dell’embargo imposto da Washington a Cuba dopo oltre mezzo secolo. Il Messico contro il blocco della riforma dell’immigrazione di Obama CITTÀ DEL MESSICO, 19. Il Governo messicano ha deplorato la decisione di un giudice federale del Texas di sospendere temporaneamente le misure promosse dal presidente statunitense, Barack Obama, sull’immigrazione. I programmi previsti dalla Casa Bianca «sono un rimedio migratorio giusto per milioni di famiglie e potrebbero potenziare i significativi contributi dei migranti messicani all’economia e alla società statunitense» si legge in una nota del Governo del Messico. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, info@ossrom.va diffusione@ossrom.va Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 A novembre scorso Obama aveva annunciato un ampio piano per regolarizzare almeno cinque milioni di persone ed evitare le espulsioni. Le misure bloccate dal giudice dovevano, in particolare, ampliare il programma che protegge dall’espulsione i giovani immigrati giunti illegalmente negli Stati Uniti. Gli altri capitoli della normativa — fortemente criticata dai repubblicani — prevedono, tra l’altro, la protezione dall’espulsione anche per i genitori di immigrati ormai divenuti cittadini statunitensi. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 segreteriadirezionesystem@ilsole24ore.com Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 20 febbraio 2015 pagina 3 Oltre trecento miliziani uccisi dalle forze nigeriane O perazione Boko Haram Migliaia in fuga per le violenze nel sud delle Filippine MANILA, 19. Sono almeno quindicimila le persone in fuga dai violenti combattimenti che nelle provincie meridionali filippine di Maguindanao e North Cotabato, nell’isola di Mindanao, stanno coinvolgendo due fazioni musulmane. Per gli esperti di politica internazionale, gli scontri a fuoco sono una conseguenza diretta del recente impegno da parte del Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), che a marzo dello scorso anno ha firmato una pace separata con il Governo di Manila, a controllare altre fazioni autonomiste armate nelle aree sotto il suo controllo. Tra queste, la principale come capacità militare e consistenza è il Fronte islamico per i combattenti per la libertà del Bangsamoro, separatosi dal Milf nel 2008 e che non ha mai accettato il cessate il fuoco con Manila. Il mese scorso, un’azione congiunta dei due gruppi — pare non informati dell’azione di rastrellamento in corso per catturare due ricercati malesi rifugiati nella regione — aveva provocato la morte di quarantaquattro poliziotti e diciotto guerriglieri, attivando la prima vera crisi dall’avvio dei colloqui di pace, che dovrebbero portare a una concreta autonomia nelle aree a maggioranza islamica del sud dell’arcipelago asiatico. L’accordo, infatti, prevede la creazione di un’entità politica chiamata Bangsamoro sul territorio di una regione autonoma già esistente sull’isola di Mindanao, che ospita la maggior parte dei dieci milioni di musulmani filippini Il rischio — secondo gli analisti politici — è che la legge sull’autonomia, in discussione al Congresso, possa essere bloccata per un tempo indefinito, nonostante l’impegno del presidente, Benigno Aquino III, per una approvazione prima della scadenza del suo mandato, il prossimo anno. Come segnale distensivo, alcuni rappresentanti del Fronte islamico di liberazione Moro hanno consegnato ieri parte delle armi sottratte ai poliziotti uccisi a gennaio. Le autorità auspicano che la restituzione delle armi sia un concreto segnale di attiva volontà di cooperazione del Milf nel combattere i gruppi ribelli residui di un quarantennale conflitto, costato oltre centoventimila vittime. ABUJA, 19. Ancora stragi in Nigeria. La turbolenta zona al confine tra Niger, Nigeria, Camerun e Ciad, al centro nelle ultime settimane delle violente incursioni dei Boko Haram e dei raid della forza militare internazionale panafricana anti-jihadista, è stata teatro ieri di un nuovo massacro di civili e di miliziani. I militari nigeriani hanno effettuato un pesante blitz a Monguno contro i Boko Haram, uccidendone più di trecento. Nell’operazione due soldati sono morti e una decina sono rimasti feriti. Numerosi i jihadisti catturati e le armi sequestrate, ha riferito inoltre il portavoce dei militari di Abuja Chris Olukolade. Un bilancio — conferma la Bbc — che pe- Colpiti gli sciiti Il terrorismo non abbandona il Pakistan ste ferite. Al momento non è chiaro chi abbia compiuto il raid, ma i contingenti di Nigeria, Niger e Ciad — tutti impegnati in un’operazione di contrasto ai miliziani — si sono subito affrettati a negare un loro possibile coinvolgimento. Intanto, un nuovo monito lanciato in un video da Abu Bakr Shekau, leader dei Boko Haram, è stato diffuso ieri in vista delle elezioni presidenziali e legislative che si svolgeranno in Nigeria il prossimo 28 marzo. Le consultazioni — ha avvertito Abu Bakr Shekau — «non si svolgeranno in un clima pacifico, anche se ciò dovesse costarci la vita». Il messaggio video — ha commentato Rita Katz, direttrice del Site, il gruppo statunitense che monitora i siti jihadisti — è stato diffuso via internet. E secondo alcuni analisti ciò dimostrerebbe l’evoluzione della propaganda portata avanti dagli estremisti nigeriani, che stanno affinando le loro capacità comunicative, avvicinandosi molto — dice ancora il Site — alle strategie mediatiche del cosiddetto Stato islamico. Soldato camerunense in azione nelle aree colpite da Boko Haram (Afp) Appello per la scarcerazione di attivisti in Mauritania Contro la schiavitù ISLAMABAD, 19. Inarrestabili le violenze in Pakistan. Il movimento Jundullah, fazione sunnita dei talebani del gruppo terroristico Tehrek-e-Taliban Pakistan, ha rivendicato l’attentato ieri a una moschea sciita di Rawalpindi, che ha causato tre morti e diversi feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. Si è trattato, hanno confermato fonti della polizia, dell’azione di un attentatore suicida che ha tentato, senza riuscirvi, di entrare nella moschea, attivando quindi l’esplosivo nascosto nel suo giubbotto all’esterno dell’edificio. Rivendicando l’attentato da una località sconosciuta, un portavoce di Jundullah ha detto che si è trat- Progressi significativi a Fukushima TOKYO, 19. Il Giappone ha fatto significativi progressi sui passi per lo smantellamento in sicurezza della centrale nucleare di Fukushima, ma la situazione «resta molto complessa, visto l’aumento di accumulo di acqua contaminata che pone sfide di breve termine da risolvere in modo sostenibile». Lo ha detto Juan Carlos Lentijo, capo della Divisione dell’Aiea sul ciclo del combustibile nucleare e del trattamento delle scorie, a conclusione della terza missione del team dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. A poco meno di un mese dal quarto anniversario del grave incidente nucleare provocato dal terremoto e dal successivo tsunami dell’11 marzo 2011, Lentijo ha espresso apprezzamento per il graduale miglioramento delle condizioni, ottenuto grazie alla rimozione del materiale radioattivo che ha rò al momento non può essere verificato da fonti giornalistiche indipendenti. Nelle stesse ore, dall’altra parte del confine, Abadam, un villaggio nel sud del Niger, è stato colpito da un raid effettuato da un aereo non identificato che ha sganciato alcuni ordigni. Fonti ufficiali hanno riferito alla Bbc di una strage con almeno 37 persone uccise. Il vicesindaco di Abadam, Ibrahim Ari, ha infatti raccontato che un aereo avrebbe sganciato tre bombe, una delle quali ha colpito in pieno un gruppo di persone che stavano celebrando un funerale di fronte all’abitazione di un capo locale. Oltre alle 37 vittime, almeno altre venti persone sono rima- portato ad abbassare i livelli di contaminazione in molte parti dell’impianto. In una conferenza stampa a Tokyo, Lentijo — che ha guidato un team di quindici esperti — ha osservato che «la necessità di rimuovere il combustibile altamente radioattivo, sia quello danneggiato sia i detriti, dai reattori con il nocciolo parzialmente fuso, pone una grande sfida di lungo termine». Tuttavia, nell’immediato, è certamente positiva la messa in sicurezza delle barre di combustibile spente o non usate tolte dalla piscina dell’edificio del reattore numero 4. Positivo, oltre alle misure di controllo della falda sotterranea, anche l’avvio delle nuove linee di depurazione di acqua contaminata, che a maggio potrebbero consentire di terminare il filtraggio da gran parte degli isotopi di circa la metà degli enormi quantitativi di acqua accumulata. tato di una risposta all’operazione militare contro i talebani in corso da mesi nel Waziristan settentrionale. È il quarto attacco a moschee sciite in Pakistan dall’inizio dell’anno, con un bilancio complessivo di oltre cento morti. Nel Paese non si fermano nemmeno gli attacchi agli operatori umanitari. Quattro volontari impegnati nella campagna di vaccinazione contro la poliomielite sono stati trovati morti dopo essere stati rapiti sabato scorso in Baluchistan, nel sud-ovest del Paese. Lo riferiscono fonti dell’Amministrazione locale, spiegando che le vittime sono un vaccinatore, due poliziotti e il loro autista. NOUAKCHOTT, 19. In un appello congiunto, trentatré organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno chiesto alle autorità mauritane la liberazione dei tre attivisti anti-schiavitù condannati in giudizio il 15 gennaio scorso. «Le organizzazioni — si legge nella dichiarazione, riportata dalla stampa del Paese africano — ritengono che Bilal Brahim Ramdane, Djiby Sow e Biram Dah Abeid siano detenuti solamente a causa delle loro attività pacifiche di lotta contro ogni forma di schiavitù». Secondo il comunicato, inoltre, la detenzione degli attivisti «è stata decisa in violazione delle leggi mauritane e dei trattati internazionali ratificati dalla Mauritania». Dah Abeid, leader del gruppo anti-schiavista Ira, già candidato alle scorse presidenziali, e gli altri due attivisti erano stati condannati dal tribunale della città di Rosso a due anni di carcere per appartenenza a un’organizzazione illegale. Subito dopo la sentenza, l’organizzazione Amnesty International aveva definito il processo «politicamente motivato». Anche se la schiavitù rievoca immagini di un passato lontano, in molte parti del mondo non è stata del tutto sradicata, assumendo forme diverse; dal lavoro forzato, soprattutto minorile, al traffico di esseri umani. In un rapporto che prende in esame il problema del drammatico fenomeno in centosessantadue Paesi, l’organizzazione umanitaria austra- Dopo il ritiro dei documenti d’identità ai rohingya Forti tensioni etniche nel Myanmar NAYPYIDAW, 19. Stanno decisamente aumentando in Myanmar le tensioni tra musulmani di etnia rohingya e Governo, a maggioranza buddista, dopo la decisione delle autorità — sotto le proteste di vari gruppi nazionalisti — di ritirare le carte di identità temporanee entro il 31 maggio prossimo. I documenti — detti anche, per il loro colore, white card — sarebbero serviti ai rohingya per recarsi a votare nel prossimo referendum sulle modifiche costituzionali del Paese del sud-est asiatico. Solo pochi giorni fa, infatti, il Parlamento di Naypyidaw ha approvato una legge che affermava il diritto al voto per i rohingya, tra le etnie, secondo le Nazioni Unite, più perseguitate al mondo. Così come per potersi recare alle urne, le white card danno anche la possibilità di accedere ai servizi sa- nitari e all’istruzione, seppure con alcune restrizioni (limitazioni nei movimenti ed esclusione da lavori di servizio civile e da alcuni corsi universitari). Per questa minoranza, il documento rappresenta, dunque, l’unico legame con la vita politica e sociale del Myanmar. Secondo gli esperti internazionali, la nuova decisione governativa di avviare un processo di revisione dei documenti di identità in possesso non solo dei rohingya, ma anche di altri gruppi di discendenza cinese e indiana, potrebbe innescare nuovi, pericolosi focolai di violenza. Nel 2012, violenti scontri tra rohingya e rakhine, il gruppo etnico che costituisce la maggioranza della popolazione dell’omonimo Stato occidentale, hanno causato oltre duecento morti, centinaia di feriti e oltre centoquarantamila sfollati. liana Walk Free Foundation sottolinea che attualmente circa trenta milioni di persone nel mondo sono soggette a moderna schiavitù. E la Mauritania — evidenzia il documento — è al primo posto con il venti per cento della popolazione schiavizzata. Una realtà concentrata tanto nelle aree rurali quanto nelle aree urbane, con le donne che ne subiscono maggiormente le conseguenze. Nella poco invidiabile classifica seguono poi Haiti, Pakistan, India, Nepal, Moldova, Benin, Costa d’Avorio, Gambia e Gabon. Brutalità verso gli albini in Tanzania D OD OMA, 19. Le mani e i piedi tagliati con un machete. È stato ritrovato così il corpo senza vita di un bimbo albino che, domenica scorsa, era stato portato via dalla sua casa nel nord della Tanzania. Aveva un anno e il suo corpo, barbaramente mutilato, è stato trovato a pochi chilometri di distanza dalla sua abitazione. La madre del bambino, 30 anni, è attualmente ricoverata in ospedale con tagli da machete su viso e braccia per aver cercato di proteggere il figlio. In relazione all’assassinio sono state arrestate due persone. In Tanzania simili efferatezze si sono già verificate in passato: almeno 74 i bambini albini uccisi negli ultimi anni. Parti del corpo di persone con albinismo verrebbero mutilate per essere vendute a stregoni che le utilizzano nelle loro pratiche. Stop alle rimesse somale MO GADISCIO, 19. Alcune organizzazioni non governative hanno lanciato un allarme economico per la Somalia, dopo che negli ultimi mesi varie banche occidentali hanno bloccato l’invio di rimesse in patria da parte degli emigrati somali. «Oltre il quaranta per cento della popolazione della Somalia conta sulle rimesse per le proprie necessità quotidiane di base — ha reso noto l’Oxfam (confederazione di 17 organizzazioni non governative che lavorano con tremila partner in più di cento Paesi per trovare la soluzione definitiva alla povertà e all’ingiustizia) — e circa tre milioni di persone rischiano la fame quest’anno». Secondo i dati citati dal settimanale «The East African», le rimesse rappresentano tra il 25 e il 45 per cento della ricchezza del Paese. La prima banca occidentale a congelare i trasferimenti di denaro verso il Paese africano era stata Barclays, in Gran Bretagna, lo scorso anno, citando rischi di finanziamento del terrorismo e riciclaggio. Due settimane fa la stessa decisione è stata presa dalla Merchants Bank statunitense, da cui transitavano — a seconda delle stime — tra il sessanta e l’ottanta per cento delle rimesse. Anche l’australiana Westpac sta considerando una mossa analoga. A pesare sembra essere soprattutto la situazione politica. Le incursioni dei terroristi degli al Shaabab sono frequenti e le forze di sicurezza somale ancora non riescono ad assicurare un completo controllo del territorio. Ciò nonostante, nel 2013 il presidente Mohamud ha ripreso i colloqui di riconciliazione tra il Governo centrale di Mogadiscio, da lui presieduto, e quello del Somaliland, regione settentrionale che rivendica l’indipendenza, senza riconoscimento internazionale. I figli di Meriam ottengono la cittadinanza statunitense WASHINGTON, 19. I due bambini di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, la donna cristiana sudanese condannata a morte nel 2014 da un tribunale di Khartoum per apostasia e adulterio, hanno ottenuto la cittadinanza statunitense. Un passo in avanti verso il ritorno alla normalità dopo i fatti della scorsa primavera. A breve, fanno sapere i media, la donna dovrebbe ricevere anche la Green Card (autorizzazione rila- sciata dalle autorità statunitensi che consente a uno straniero di risiedere nel Paese per un periodo di tempo illimitato). Per la legge islamica in Sudan, Meriam era colpevole di essersi convertita al cristianesimo, di aver sposato il cristiano Daniel, cittadino statunitense, e di aver avuto con lui due bambini. La sentenza aveva provocato una forte mobilitazione internazionale. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 venerdì 20 febbraio 2015 Sandro Botticelli «La calunnia» (1495, particolare) Innumerevoli sono i testi pubblicati tra il XII e il XVII secolo Che hanno scatenato in occidente pogrom e processi sulla base di falsi allestiti dai persecutori Prove di medicina narrativa La difficile arte di guardarsi negli occhi Gli ebrei e l’accusa del sangue Infamanti dicerie di CRISTIANA D OBNER accusa del sangue», terribile marchio a fuoco sul popolo d’Israele. Il nuovo studio di Cristiana Facchini Infamanti dicerie. La prima autodifesa ebraica dall’accusa del sangue (Bologna, Edb, 2014, pagine 132, euro 12) consente di inquadrare correttamente tale accusa: «sorta nel corso del medioevo, l’accusa del sangue appare come una nuova arma nell’arsenale anti-ebraico». Innumerevoli sono i testi pubblicati in merito, dal XII al XVII secolo in occidente, scatenando in Europa orientale, nel Settecento e nell’Ottocento, persecuzioni, pogrom e processi, studi però tutti a firma dei persecutori che raccoglievano i dati che avrebbero suffragato il loro pregiudizio e dimostrato la loro tesi. Per comprendere la genesi della calunnia e la sua consistenza è necessario prendere le mosse da più lontano: «l’apertura sull’età delle esplorazioni e sugli effetti culturali di tale evento introduce il controverso tema «L’ È morto l’aedo dei pub di Londra Molti dei pub da lui decantati ora non esistono più. Ma ne è rimasta l’eco di un fascino che sa d’altri tempi. È morto, all’età di 82 anni, Martin Green, celebre per aver pubblicato, nel 1965, Guide to London Pubs, un testo che lo ha trasformato in una sorta di icona nell’immaginario britannico. La guida, in forma romanzata, ha il pregio di descrivere con dovizia di particolari curiosi e intriganti i tanti locali «da bere» che, a loro modo, hanno fatto la storia del Regno Unito. Green era stato uno dei fondatori del periodico letterario Nimbus (1951-1958). In seguito aveva lavorato come consulente per la casa editrice MacGibbon and Kee, contribuendo a far conoscere numerosi autori britannici contemporanei. Nel 1969, con il poeta Paul Durcan, fondò la rivista di poesia Two Rivers: il titolo faceva riferimento ai due fiumi amati dagli animatori del periodico, il Tamigi da Green e il Liffey da Durcan. Green ha poi pubblicato otto libri di poesie, quattro commedie e diversi volumi di letteratura. Di aspetto si conservava giovane ma sembra che avesse l’animo — motteggiavano i suoi amici — di un curmudgeonly dotard, ovvero di un vecchio bisbetico e un po’ bacucco, che rimpiangeva i bei tempi andati. E sempre i suoi amici avevano predetto che sarebbe invecchiato secondo un prevedibile canovaccio: stando seduto nello stesso locale, sulla stessa sedia, imprecando contro le nuove generazioni. Sorseggiando, ovviamente, pinta dopo pinta. E Green replicava I can’t wait: non potendo e sapendo aspettare, cominciò a farlo, si dice, fin da giovane. (gabriele nicolò) di SILVIA GUIDI del sacrificio umano, che tanto ha occupato l’immaginario della cultura occidentale». Cristiana Facchini si muove in modo inedito, con un taglio nuovo di ricerca, da una prospettiva diversa su quel nodo, antropologico e teologico, che ha innervato i secoli, suscitando la costruzione di un immaginario, in campo ebraico ritenuto infamante e in campo cristiano ricco di devozioni ben difficili da sradicare. Afferma la studiosa: «Ci interessa indagare la genesi del discorso critico maturato attorno all’accusa per comprendere come esso abbia contribuito alla sua lenta delegittimazione. In particolare da un angolo prospettico quasi del tutto sconosciuto o comunque poco indagato, analizzando alcune delle prime apologie ebraiche contro l’accusa del sangue che furono redatte proprio in età moderna». Mentre «l’accusa si fonda su una costellazione di credenze che variano nel corso dei secoli, e che si basano sull’idea che alcuni riti ebraici, condotti in precisi contesti cerimoniali e festivi, presuppongano l’uso e il consumo del sangue di bambini cristiani, i quali devono essere ritualmente uccisi o, meglio, uccisi nella modalità di un sacrificio». Proprio come sosteneva il teologo olandese Jacob Geusius nel suo De victima humana, in cui gli ebrei venivano macchiati dall’accusa del sangue. Ad Amsterdam nel 1681 gli ebrei alzano la testa e si difendono dal cumulo di dicerie «libelli, canti e racconti popolari, xilografie, e immagini che raffiguravano ebrei sul punto di uccidere bambini cristiani», con Isaac Viva che pubblica un trattato intitolato Vindex sanguinis, la cui ristampa avverrà a Norimberga. Umberto Cassuto ritiene che l’autore sia un rabbino askenazita, Ishaq Cohen Cantarini, medico e pure cabbalista; l’ambiente portoghese di Amsterdam invece, per altri studiosi, è l'humus in cui fiorì l’autodifesa. L’informazione di Isaac Viva è sicura e attendibile, sia sul piano biblico, sia su quello degli studiosi olandesi e inglesi che discutevano allora sul tema. Seguendo l’autore — o chi per lui, di fatto, ha steso la ricerca — si viene a sapere che la calunnia del sangue non appartiene ai sacrifici umani, perché, egli afferma chiaramente e con vigore come per l’ebreo il sangue mai vada consu- mato. Celato dietro lo pseudonimo, procede con metodo sicuro su basi storiche e argomentazioni razionali. Ne consegue che gli stessi primi cristiani, un tempo incolpati di omicidio rituale, ora, per un ben noto processo mentale e psicanalitico, da perseguitati si trasformano in persecutori. Il rimando alla cristianità nascente, accusata dello stesso crimine, vuole essere un argomento a favore dello smantellamento dell’accusa. Anche Elia Delmedico aveva usato la stessa argomentazione nel Quattrocento. Il contesto storico della pubblicazione non è ininfluente: nel 1670 a Metz l’ebreo Raphael Lévy era stato giustiziato senza che fossero state addotte delle prove irrefragabili, quindi sulla sola scia della maldicenza e della calunnia. Isaac Viva però non è stato l’unico a entrare nel merito della questione. Altri l’avevano affrontata: Menasseh ben Israel, rabbino ad Amsterdam, che si batté per ottenere il ritorno degli ebrei in Inghilterra e fece pressione su Cromwell; Isaac Cardoso dal ghetto di Verona che stampò Las excelencias de los Hebreos e infine Simone Luzzatto. Nell’immaginario cristiano le vittime, in realtà presunte, acquistarono un immediato alone di santità per il martirio subito e così la devozione crebbe. Il caso di san Simonino del 1475 della diocesi di Trento «provoca una svolta e sancisce un riconoscimento giuridico all’accusa, fornendo anche un chiaro modello esplicativo di tipo teologico e rituale». Culto abolito solo il 28 ottobre 1965, nello stesso giorno in cui fu pubblicata la Dichiarazione Nostra aetate. L’accusa del sangue, calunnia in cui si intersecano antigiudaismo, antisemitismo e diceria «a livello popolare molto diffusa» si dimostra quindi un’angolatura da cui, da diverÈ morto a 94 anni domenica scorsa, nella se parti, venne osservacasa di riposo del Clero di Fontanelle di to il popolo d’Israele e Boves, don Francesco Brondello. Nel le sue relazioni con la settembre del 2004 aveva ricevuto il cristianità. Il rigore e la riconoscimento di Giusto tra le Nazioni per documentazione del aver salvato le sorelle ebree Horowitz e la metodo adottato da loro mamma durante la persecuzione nazista, Cristiana Facchini hanaiutandole prima a nascondersi a Valdieri e no ridotto in polvere poi a lasciare l’Italia. Era nato a Borgo San l’accusa del sangue. Dalmazzo l’8 maggio del 1920. Nel 1943 era Sempre per chi segua viceparroco a Valdieri, e le tragiche vicende la ragione e non si ladi quegli anni lo videro impegnato in prima sci catturare da voci inlinea, come tanti altri sacerdoti delle valli, ad giuriose. aiutare chi soffriva di più. Il suo è stato un impegno attivo, fatto di atti continui di resistenza all’oppressore nazifascista, anche grazie a fughe rocambolesche. Quasi tutti si nascondono dietro la tecnica, lascia capire la dottoressa Luce Condamine raccontando i suoi esperimenti di medicina narrativa a Sandrine Cabut, giornalista di «Le Monde», in un articolo uscito il 18 febbraio scorso. La dottoressa parla dei suoi allievi, ragazzi che frequentano il quarto anno di medicina alla Paris-Descartes: gli studenti inizialmente sono un po’ spiazzati dalla richiesta di mettere nero su bianco i loro pensieri durante il tirocinio in ospedale e tendono a nascondersi dietro un’asettica correttezza tecnica priva di emozioni. Non si tratta di fare psicologismi a buon mercato o di frequentare un seminario di deontologia professionale sotto mentite spoglie, ci tiene a precisare la dottoressa Condamine: scrivere costringe ad ascoltare e a osservare ed è quindi un’occasione preziosa per imparare a lavorare — e a vivere — meglio. «Prendetevi cinque, dieci minuti per raccontare un episodio che vi Scrivere i dialoghi con i pazienti costringe ad ascoltare e a osservare di più Per questo è un’occasione preziosa per imparare a lavorare in corsia Don Francesco e le sorelle Horowitz Bernini, «Transverberazione di santa Teresa d’Ávila» (1647 – 1652, particolare) A cinquecento anni dalla nascita L’eterno presente di santa Teresa d’Ávila «Il Teresianum di Teresa. A 500 anni dalla nascita della santa di Ávila», questo il tema della settimana di spiritualità organizzata dalla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum. I lavori, che si svolgeranno dal 22 al 26 febbraio, saranno aperti domenica dai carmelitani scalzi Eduardo Sanz, con un intervento storico su Teresa, e Silvano Giordano, che si concentrerà sulle radici storiche della facoltà che organizza l’incontro. In chiusu- ra, giovedì, saranno i padri Carlo Laudazi e Denis Chardonnens a focalizzare l’attenzione rispettivamente sulla figura di Teresa nella rivista «Teresianum» e sulla possibilità di leggere la realtà di oggi attraverso il lascito spirituale della santa. ha colpito. Siete liberi di scegliere forma e stile. E, tranquilli, non sarete giudicati per il vostro talento letterario» è la formula che introduce ogni corso. In un’epoca in cui le tecniche diagnostiche hanno raggiunto straordinari traguardi di sviluppo è sempre più forte la necessità di far dialogare «pazienti ignorati nella loro sofferenza e terapeuti isolati nell’esecuzione meccanica dei protocolli di cura», due mondi che si sfiorano ma non sempre si toccano. Il tanto citato medice cura te ipsum significa anche “lasciati ferire da quello che vedi tutti i giorni in corsia e non aver paura di quell’empatia che è parte integrante della tua preparazione professionale”. «Un ragazzo — continua Condamine — ha espresso il suo stupore di fronte all’indifferenza ostentata dai colleghi quando muore un paziente. “Nel reparto dove lavoro io, se ti viene da piangere devi subito andare a nasconderti in bagno” gli ha fatto eco una ragazza». Vivere un’esperienza e raccontarla è più efficace di un corso di aggiornamento. Un metodo valido anche in ambito educativo; basti pensare al TeenStar, il percorso creato da Pilar Vigil molto diffuso in America Latina che si basa sulla teologia del corpo di Giovanni Paolo II e parte dall’esperienza «perché ai ragazzi non puoi insegnare niente che non abbia rapporto con quello che vivono» spiega la dottoressa Valentina Doria. Un esempio per capire di che si tratta. «Se dici a un adolescente “guarda che non siete solo il vostro corpo, ma c’è anche un aspetto spirituale: per cui per favore, non usatevi”, è improbabile che il messaggio arrivi. Pilar Vigil, invece, fa fare un esercizio. Dice: “Guardate negli occhi per quaranta secondi la persona accanto a voi”. I ragazzi ridono, non ce la fanno, lo trovano difficilissimo. Quaranta secondi diventano un tempo infinito. Sfuggono alla domanda “che cosa è successo?”; “No prof, è un casino”. Perché? “Perché dietro agli occhi c’è un’altra cosa”». Dopo un’esperienza così non serve aggiungere niente, conclude Valentina Doria. «È uno spettacolo vedere un cuore che sta scoprendo qualcosa di se stesso». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 20 febbraio 2015 pagina 5 Il patriarca Bartolomeo per l’inizio della quaresima Come santi ISTANBUL, 19. «Chiamiamo tutti a cambiare la nostra vita, in ogni momento e in modo particolare durante questo periodo della santa e grande Quaresima, in uno sforzo d’amore verso il prossimo, di preparazione» alla “Pasqua nuova”. «Invitiamo tutti a una vita di santità e di lotta spirituale perché venga donata al mondo e a noi, come “beneficio” e come “dono perfetto”, la possibilità del superamento del peccato, poiché “chiunque è stato generato da Dio non commette peccato (…) e non può peccare perché è stato generato da Dio” (1 Giovanni, 3, 9)». È uno dei passaggi più significativi del messaggio del patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, in occasione dell’inizio della Quaresima, cominciata ieri per le Chiese orientali. Nell’omelia catechetica, il primate ortodosso esorta clero e fedeli a entrare «con tutta la nostra anima, senza essere tristi, ma gioiosi e allegri, in questo stadio spirituale delle virtù e armiamoci “dello splendore della carità, del bagliore della preghiera, della purezza della castità, del vigore della fortezza” e camminiamo insieme col Signore, pregandolo di non “trascurarci rischiando la separazione da Lui” (Doxastikon della venerazione della Santa Croce), ma di renderci degni “di giungere risplendenti alla Santa resurrezione al terzo giorno, che illumina il mondo di incorruttibilità” (Poema di Teodoro, Funzione del lunedì della prima settimana dei digiuni)». Per Bartolomeo, Gesù Cristo «ci innesta nel suo Corpo e ci chiama a diventare santi», desidera che «siamo in comunione con Lui e diveniamo partecipi della sua santità. La comunione con Lui è vita di conversione e di santità, mentre l’allontanamento da Lui, il peccato, è identificato dai padri della Chiesa con il “male del cuore”». La santità, dunque, «è una qualità di Dio, il quale è “colui che offre e colui che è offerto, colui che riceve i doni e in dono si dà”». Nella lotta dell’uomo per raggiungere “la somiglianza” con Dio, per la quale è stato creato, cioè la santità, «la Chiesa ortodossa, la quale aspira esclusivamente alla salvezza dell’uomo, ha decretato un periodo dell’anno quale periodo di preghiera particolare e supplica per calmare le passioni dell’anima e del corpo». La Quaresima è, quale periodo di pre- parazione e di conversione, voce della nostra coscienza che, interna e indicibile, è giudizio personale. Quando ci trova erranti, protesta assai vivacemente, in quanto “non vi è nulla di più violento di essa nel mondo”, secondo sant’Andrea di Creta. Pertanto, ciascuno deve pacificarsi con la propria coscienza, attraverso la conversione, affinché “nel fuoco della coscienza offriamo un mistico olocausto”, sacrificando le nostre passioni e offrendole in sacrificio d’amore verso il prossimo, come il Signore offre se stesso “per la vita e la salvezza del mondo”. Solo allora sorgerà anche per noi dalla tomba il perdono e vivremo, in qualità di esseri umani, nel rispetto reciproco e in amore lontano dai tanti orribili crimini che vediamo colpire in questi giorni l’intero mondo». Il patriarca ecumenico invita a «correre con impegno verso lo stadio delle virtù “non pensando in modo inopportuno, non agendo in modo iniquo”, ma proseguendo a lavare la coscienza attraverso la conversione». In Sicilia una marcia promossa da cristiani e musulmani contro il terrorismo Noi siamo FAVARA, 19. Si svolgerà giovedì 26 febbraio a Favara, in provincia di Agrigento, la marcia interreligiosa promossa dalla comunità francescana locale con lo slogan: «Nous sommes». Cristiani e musulmani prenderanno parte a questa importante iniziativa in risposta agli attacchi terroristici di Parigi e Copenaghen. «Non bisogna agire da soli — spiega fra Giuseppe Maggiore, responsabile della comunità La Tenda di Padre Abramo e superiore del convento di Favara — non siamo Je suis, ma comunità: Nous sommes pace, fratellanza e amore». Alla marcia prenderanno parte il cardinale arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, il provinciale dei francescani, padre Alberto Marangolo, i delegati del dialogo interreligioso dell’arcidiocesi di Agrigento e dei frati minori di Sicilia, e anche gli alunni delle scuole elementari, medie e superiori di Favara. E saranno proprio i bambini ad aprire il corteo che si snoderà lungo le stradine del paese per giungere fino al convento. Qui avverrà uno scambio di doni: l’imam di Agrigento, Driss Solulib, regalerà una tunica della preghiera e un Corano, mentre fra Giuseppe Maggiore donerà un saio e un Vangelo per ricordare il dialogo tra Francesco di Assisi e il sultano di Egitto e di Siria, Al-Malik al-Kāmil, nel 1219. «Il 20 febbraio — ricorda il religioso — noi frati ci recheremo in moschea per invitare i musulmani, mentre due giorni dopo alcuni fedeli musulmani verranno nella nostra chiesa per invitare i cristiani. Alla luce di quanto è successo in Francia, in Danimarca, in Libia e Nigeria e riflettendo proprio sul carisma francescano — aggiunge fra Giuseppe — mi sono accorto che sarebbe stato opportuno fare qualcosa. Quindi, ho scritto una lettera all’imam per dialogare con lui e con altri musulmani, rifacendomi un po’ all’incontro di san Francesco con il sultano. L’imam mi ha risposto. L’invito era: marciare insieme nella vita, dialogare, educare gli altri ragazzi cristiani e musulmani che arrivano dall’Africa — perché qui siamo alle porte del Mediterraneo — alla libertà di pensiero, di espressione, di parola, a convivere». Il 26 febbraio, quindi, a Favara si incontreranno due mondi distinti per cultura, religione, usi, costumi e tradizioni. Già da diversi anni, Favara e la Tenda di Padre Abramo sono luogo di incontro tra persone di diverso credo: da un lato i francescani e la comunità locale, dall’altro i numerosi immigrati che approdano nell’isola. I primi ospiti sono arrivati il 4 novembre del 2011. Ad oggi più 120 persone hanno trovato rifugio nella struttura, una casa di accoglienza e condivisione che ospita extracomunitari di cittadinanze e religioni diverse che «non hanno dove posare il capo» e non rientrano nei progetti dei vari centri di accoglienza sostenuti e sovvenzionati dallo Stato. La Tenda del Padre Abramo nasce nella primavera del 2010 dal confronto tra la provincia del Santissimo Nome di Gesù dei frati minori di Sicilia e l’arcivescovo di Agrigento, oggi cardinale, Francesco Montenegro. «Il nostro scopo — precisa fra Giuseppe — è quello di dare al fratello straniero l’affetto di una famiglia, dopo che ha dovuto lasciare la propria, di inserirlo nella società attraverso un lavoro dignitoso e il rispetto delle giuste regole». Nella Tenda del Padre Abramo ogni ragazzo straniero entra a far parte di una grande famiglia. E i frati, così come fece Abramo con i tre ospiti misteriosi, accolgono i fratelli stranieri con la consapevolezza di accogliere Dio. «Nella nostra struttura — spiega il religioso — si vive insieme, si prega nonostante la differenza delle religioni (cattolici, ortodossi, musulmani, indù), si cucina e si adempiono tutti i lavori domestici: dalla cura degli animali alla realizzazione di laboratori artigianali e orti sociali». Nella Tenda del Padre Abramo si vive un meraviglioso clima di famiglia che qualcuno ha definito «miracolo evangelico». Questo stesso clima si vuole portare nel paese, cercando con questa marcia di dimostrare che la diversità di credo non può rappresentare un ostacolo alla fratellanza e alla condivisione. La marcia interreligiosa di Favara, quindi, sarà un’importante occasione di dialogo, un’opportunità per tracciare e percorrere un cammino di libertà. Fra Giuseppe non ha dubbi: «sarà una festa tra fratelli, che marceranno insieme per scoprire un Dio che ci ama senza perdere la propria identità». (francesco ricupero) Nel rapporto Caritas il peso della crisi Un’Europa a due velocità ROMA, 19. Aumenta il numero di cittadini europei che rinunciano a cure mediche essenziali, a causa della necessità di partecipare economicamente alla spesa (22,8 per cento di media in Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda, Romania e Cipro). E il fenomeno si riflette nella domanda sociale che giunge alle Caritas: nel corso del 2013, in Italia, il 10,5 per cento degli utenti dei centri di ascolto ha richiesto una prestazione assistenziale di tipo sanitario, altrimenti erogabile dal servizio pubblico (+ 6 punti percentuali rispetto all’anno precedente). È solo una delle conseguenze dell’impatto della crisi economica e delle misure di austerità sulla popolazione europea al quale Caritas Europa dedica il Terzo rapporto sul tema, presentato questa mattina a Roma. Lo studio, intitolato Crescono povertà e disuguaglianze. Servono modelli sociali più equi, si è concentrato sulla situazione dei sette Paesi dell’Ue citati sopra, considerati “deboli” dagli osservatori. Contiene una serie di dati, testimonianze e raccomandazioni rivolte ai governi nazionali e alle autorità europee, in merito alla povertà e all’esclusione sociale determinate dalla crisi economica e aggravate dalle politiche di austerity e di spending review messe in atto in numerosi paesi dell’Unione. Nel testo sono inoltre riportati dati e testimonianze sulle forme di intervento delle Caritas a sostegno delle persone e delle famiglie colpite dalla crisi. I tagli subiti nei servizi pubblici — si legge nella sintesi del rapporto — hanno pesato maggiormente sulla popolazione a rischio di povertà, priva delle risorse necessarie per compensare tali riduzioni di spesa. Alcune delle conseguenze sociali delle misure di austerity saranno misurabili solamente nel mediolungo periodo, in quanto molti tagli si sono abbattuti su servizi di carattere preventivo. Nel settore dell’assistenza socio-sanitaria, dal 2012 al 2013, vi è stato un forte declino della spesa sanitaria procapite, soprattutto in Grecia (11,1 per cento) e in Irlanda (6,6). In Italia la riduzione è stata pari allo 0,4 per cento. Altre conseguenze sono misurabili nel settore delle politiche educative-formative: nonostante le evidenze scientifiche dimostrino il forte legame tra povertà e basso livello di educazione, in numerose nazioni dell’Unione europea sono stati effettuati tagli alle spese scolastiche e parascolastiche (sussidi per i libri scolastici, costo delle refezioni scolastiche, sostegno agli allievi con bisogni educativi speciali). Ciò ha portato in alcuni casi alla riduzione della frequenza e ad un aumento della dispersione scolastica. Per esempio in Romania, a causa dei forti tagli al budget scolastico e ai sussidi per l’istruzione, si stima che la popolazione scolastica sia diminuita del 9,4 per cento dal 2010 al 2014. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, dal 2012 al 2013 il tasso di disoccupazione è passato dal 10,4 al 10,8 per cento della popolazione europea in età attiva, ma nei sette Paesi interessati dallo studio tutti i relativi indicatori sono molto superiori alla media: 16,9 per cento il tasso di disoccupazione, 55,9 quello di disoccupazione di lungo periodo (49,4 nell’Ue), 40,2 il tasso di disoccupazione giovanile (23,4 nell’Ue). Assai preoccupante l’esplosione dei Neet (Not in Education, Employment or Training) fra i 15 e i 24 anni: mentre a livello dei ventotto Paesi Ue, il tasso è pari al 13 per cento, in quelli “deboli” il valore è superiore (18,1), con l’Italia che conquista il triste primato di avere il numero più elevato di giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in attività di formazione. In tema di povertà e di esclusione sociale, si evidenzia un’Europa a due velocità: se alla fine del 2013 era a rischio il 24,5 per cento della popolazione europea, nei sette Paesi considerati lo stesso fenomeno coinvolge ben il 31 per cento dei cittadini. L’Italia si posiziona su valori intermedi (28,4). Per quanto concerne la povertà assoluta (diminuita di poco fra il 2012 e il 2013) essa è allarmante in Romania e in Grecia. E nelle sette nazioni citate è cresciuto, dal 12,3 al 13,5 per cento, il numero di persone che vivono in famiglie quasi totalmente prive di lavoro. Allarme degli episcopati del vecchio continente Nazionalismo dell’esclusione BRUXELLES, 19. Preoccupazione per l’aumento di partiti e movimenti politici in Europa che inneggiano al “nazionalismo dell’esclusione”, che si scagliano contro i migranti e propongono l’uscita dall’Unione europea, e il conseguente invito a contrastare attivamente tali fenomeni sono stati espressi in un documento diffuso mercoledì da Justice and Peace Europe (J&P), organismo composto da trentuno Commissioni di Giustizia e Pace di altrettante conferenze episcopali del vecchio continente. Nel documento, monsignor Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della rete europea J&P, esprime profondo allarme per l’aumento del razzismo e della xenofobia: «Sono numerosi coloro che, preoccupati dal futuro incerto, si lasciano convincere da parole semplicistiche e da una propaganda diretta contro gli immigrati e l’Unione europea». Tuttavia — precisa il presule — tali parole «non sono una risposta alle sfide complesse del nostro tempo per le quali non esiste un rimedio semplice. Al contrario, lo scopo di questi partiti e movimenti è semplicissimo: conquistare potere politico ed economico. Essi non servono né la causa dei poveri, né quella dei deboli o dei più svantaggiati». Il documento, intitolato «Contro il nazionalismo dell’esclusione», sarà inviato nelle prossime settimane ai politici e ai legislatori dei paesi europei. Da Bruxelles il segretariato generale di Giustizia e Pace Europa ha poi allertato le commissioni nazionali affinché attuino al più presto un piano di azione contro i programmi dei partiti nazionalisti e xenofobi e contrastino tutte le espressioni di retorica nazionalista sia nella vita privata che in quella pubblica. Il testo, inoltre, sottolinea che «la visione cristiana della giustizia universale e della pace non consente alcun tipo di sciovinismo». Ciò che preoccupa — si legge nel testo — «è la tendenza crescente a ricercare potere e popolarità grazie a programmi politici semplicistici e slogan for- sennati che diffondono l’idea che la prosperità e la sicurezza non possano essere realizzate se non con misure nazionalistiche unilaterali e, se necessario, a detrimento degli altri popoli». Ma — si fa ancora notare nel documento — «non esiste risposta rapida e semplice a sfide strutturali profonde come sono quelle che pongono le nostre società plurali e un’economia mondializzata». Due le questioni che stanno particolarmente a cuore a Justice and Peace. La prima è quella dell’immigrazione, fenomeno specifico dell’esistenza umana. «Ignorare questa realtà — si legge nel testo — e tentare di fermare ermeticamente le frontiere all’afflusso dei migranti è irrealistico e disumano». I rappresentanti dell’episcopato europeo chiedono che la questione sia gestita a livello internazionale e comunitario, condividendo «la responsabilità dell’accoglienza». Altra questione affrontata nel documento è l’Unione europea e il tentativo perseguito dai partiti nazionalisti di scaricare su di essa la responsabilità della crisi economica attuale, le ineguaglianze sociali e la disoccupazione. «Non c’è dubbio che l’Unione europea non sia perfetta ma resta pur sempre uno strumento di mantenimento della pace e di risoluzione dei conflitti sul nostro continente. Bisogna assicurare il rispetto dei diritti di ogni individuo e trovare l’unità nella diversità per una società ricca e veramente umana. Come cristiani — conclude il testo — ci sforziamo di promuovere il bene comune di tutta la famiglia umana anche nei nostri Paesi». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 20 febbraio 2015 Beato Angelico, «Predica di san Pietro alla presenza di san Marco» (1433) di JORGE MARIO BERGO GLIO Nella Chiesa odierna molti vescovi, sacerdoti e laici sentono l’esigenza che sia data una maggiore attenzione all’aspetto per così dire contemplativo della celebrazione liturgica, cioè a quella dimensione di interiorità che aprirebbe la mente e il cuore al mistero celebrato, che è Cristo nostra Pasqua. Questa sensibilità si esprime in diverse maniere secondo le circostanze, i luoghi, le generazioni e i gusti. C’è chi sostiene che bisognerebbe insistere sul ripristino di una celebrazione realizzata secondo il modello ideale dei secoli addietro; e chi parla, invece, di inculturazione della liturgia nei differenti contesti sociali. Non pochi puntano sulla qualità artistica dell’interno delle nostre chiese, sull’armonia architettonica, sui materiali pregiati, sull’ingegno di scultori e pittori. Si punta soprattutto su una musica che porti i partecipanti «in alto», al di là dei sentimenti passeggeri dell’individuo, al di sopra delle solite difficoltà e preoccupazioni della vita quotidiana. Qualcuno poi immagina che una musica «popolare» potrebbe essere in grado di attirare l’attenzione dei giovani, così da favorire in loro il desiderio religioso. Poi la percezione di una meta non raggiunta spinge da molti altri che si spazientiscono con l’inquadratura dei libri liturgici o con la stessa tradizione della Chiesa. Di conseguenza, cercano nelle innovazioni libere un miglioramento della celebrazione, un maggiore coinvolgimento del popolo. Davanti a queste e a tante altre proposte, si può certamente argomentare a partire da un senso più vivo dell’ex opere operato, ossia a partire dall’efficacia della celebrazione dei sacramenti, che sgorga dal fatto che sono stati istituiti da parte del Salvatore e che emanano come dalla sua gloriosa e salvifica passione. In qualche modo, questo è simboleggiato nel flusso di acqua e sangue dal costato di Gesù Cristo per noi crocifisso. È davvero importante tener conto di questa visione dell’immancabile efficacia «universale» dei sacramenti, quando si tratta di celebrazioni in mezzo alla povertà della gente, in circostanze umili, lontano dal fasto, nella persecuzione e nella clandestinità, dove si celebra con il pusillus grex. Pur tuttavia, nelle circostanze normali, nelle nostre parrocchie di città e di campagna, durante la domenica e i giorni di festa, ribadire certamente l’efficacia dell’ex opere operato non basta per assicurare un vero coinvolgimento delle persone. Allora, si torna alle proposte di prima: l’abbellimento dello spazio celebrativo e degli addobbi, con vasi, paramenti, musica in grado di attirare l’attenzione del popolo e di suggerire una certa «ricchezza» dell’esperienza religiosa. Ci sarebbe senz’altro molto da guadagnare da una più oculata meditazione e applicazione delle sane norme che, da oltre una generazione, si trovano negli stessi libri liturgici e dei documenti della Santa Sede su questi e altri argomenti del genere. Ma ciò rischia di toccare solo superficialmente la realtà umana e di sfiorare ancor meno la realtà della fede. Ricuperare lo “stupore” Donde il discorso dell’interiorità e l’impressione che nonostante tutti gli sforzi, anche generosi e ben intenzionati, di questi anni a favore di una celebrazione liturgica più bella, comprensibile e coinvolgente, ci è spesso mancata nella prassi qualcosa di molto importante. Lo stesso Santo Padre ha colto questo sentore, indirizzandosi di recente in varie occasioni al bisogno di ricuperare il senso di «stupore» del cristiano nei confronti del mistero di salvezza in Cristo e, in particolare, nei confronti dell’Eucaristia (cf. Ecclesia de Eucharistia, n. 6). Ma lo dice anche la gente semplice, le madri di famiglia e i giovani. Anche l’interiorità, infatti, corre il pericolo di rimanere al livello di una vuota soggettività, se non si solleva fermamente il discorso del mistero cristiano. Ricuperare lo «stupore» davanti al mistero. Come raggiungere questo scopo? Un concetto di cui si parla in vari ambienti ormai da anni è l’ars celebrandi. La nozione esatta rimane da definire. Ma in genere l’idea è di un documento, delle linee-guida, capaci di mettere in rilievo la necessità di impostare certi elementi della celebrazione liturgica, in modo da aumentarne la qualità. Nell’ultimo decennio, si è data molta enfasi nei documenti pontifici alla responsabilità del Vescovo, anche in materia liturgica. È giusto così. Però, nella prassi, dal punto di vista del popolo, è il sacerdote ad essere il punto di riferimento essenziale. Perciò, nell’ars celebrandi, penso che si debba trattare quanto riguarda soprattutto il sacerdote. Ciò non significa che il documento debba essere un testo solo per sacerdoti. Infatti, se si riesce a definire l’atteggiamento del sacerdote, tale riflessione aiuterà anche il popolo. Lo aiuterà a vedere in lui quanto deve vedere, e ad approfondire il proprio ruolo complementare; ma soprattutto ne favorirà la preghiera. Nel contesto della campagna che la Chiesa ha messo in atto per un’attenzione rinno- Come si tiene un’omelia Poco e bene vata al mistero eucaristico e, in ogni caso, in vista di una semplicità e linearità di espressione, limiterei l’ars celebrandi alla celebrazione dell’Eucaristia, e quella pubblica, soprattutto parrocchiale. Uno stile mirato Auspicherei un documento limpido e chiaro dal punto di vista espressivo, con un’impronta anche biblica e dei testi liturgici; un testo di meditazione, piuttosto che un trattato di teologia; esortativo o, meglio, capace di offrire motivazioni, piuttosto che giuridico o rubricale. Dovrebbe, però, distinguersi da un’esposizione generica sulla spiritualità sacerdotale, così da essere nondimeno un testo pratico, che consideri la celebrazione dell’Eucaristia e, in particolare, i diversi aspetti di ciò che deve compiere il sacerdote. Anzitutto, il sacerdote celebrante deve essere consapevole del mandato ricevuto nell’ordinazione sacerdotale: agnosce quod agis, imitare quod tractas. Che colga per primo il senso del mistero, per poi comunicarlo alla comunità cristiana, così che essa si conformi alla grandezza del mistero. Ciò richie- tezza, di estetismo; non è questione di devozionalismo individualistico e clericale. È in gioco piuttosto un vero ministero pastorale, meritevole davanti a Dio, ma — in maniera tanto vera quanto difficilmente definibile — percepibile da chi fa parte delle nostre comunità cristiane; da chi si reca alla celebrazione dell’Eucaristia per ricevere e per dare; da chi, con la grazia di Dio, desidera fare dell’Eucaristia realmente il fons et culmen della propria esistenza. È chiaro che tutto ciò deve lasciar apparire il sacerdote in stretto rapporto con il popolo del quale è pastore e al quale non fa, celebrando l’Eucaristia, un atto di carità, bensì fa un atto di giustizia. faccia con cura la sua scelta tra i testi a disposizione e poi, per il resto, sappia fame una preghiera viva della Chiesa, portando con sé il popolo. Se sa fare ciò, allora risultano del tutto superflui i miseri testi della «creatività» selvaggia. È una grande arte quella di pronunciare come si deve quei testi liturgici che si ripetono molto di frequente, come la preghiera eucaristica. Bisogna, a mio avviso, trovare un modo per toccare leggermente — senza dubbio senza cedere alla polemica — gli atteggiamenti da evitare, come quello del sacerdote dai ge- gomento e offrirne una prima esemplificazione. In ossequio al compito di ponente che mi è stato affidato, ritengo conveniente non cercare di commentare questi testi, visto che sono a portata di mano di tutti. Vorrei, invece, proporre alla discussione dei Padri alcuni criteri per progredire verso la redazione di un testo definitivo. 1. Sono del parere che effettivamente sia giunto il momento per procedere alla stesura di un documento sull’ars celebrandi. 2. Ritengo che un tale documento debba essere breve, incentrato su argomenti essenziali, secondo un’ottica precisamente definita. 3. Dovrebbe, a mio avviso, anche assumere un tono pastorale e spirituale, anzi meditativo, tralasciando un approccio di tipo giuridico o disciplinare. Lo stile dovrebbe essere schietto, diretto e semplice, escludendo le espressioni ricercate; ma anche evitando gli incisi e le frasi esornative piuttosto abituali nei documenti ufficiali. 4. Per evitare di disperdere l’attenzione, proporrei di trattare unicamente della celebrazione della Santa Messa, nella consapevolezza che una tale riflessione eserciterà un influsso in modo naturale e inevitabile su tutte le celebrazioni liturgiche. 5. Per la stessa ragione, considero che ci vuole un testo che espliciti l’atteggiamento pastorale e spirituale che il sacerdote celebrante deve assumere nello stesso atto della celebrazione, nella consapevolezza che ciò sarà di aiuto anche al popolo e, in mezzo ad esso, a coloro che hanno un ruolo particolare. 6. Reputo però necessario prestare una grande attenzione a non andare neppure nella linea di redigere un qualsiasi testo sulla “Ars dicendi” È qui che entra in gioco il discorso di ciò che chiamerei un ars dicendi. A questa espressione attribuirei due sensi. Il primo è la maniera in cui il sacerdote parla, quando pronuncia i testi prescritti. In questo caso, egli non parla semplicemente con la sua voce privata. Ma la sua voce è propriamente il veicolo della preghiera della Chiesa e dei fedeli congregati in quell’occasione. Ciò che egli dice è comunicazione e testimonianza. Il sacerdote deve esserne consapevole; anzi, deIl 1° marzo 2005 il cardinale arcivescovo di Buenos Aires ve farlo diventare un intervenne all’assemblea plenaria della Congregazione tema delle sue meditaper il culto divino e la disciplina dei sacramenti zioni, in cui deve ancon una riflessione dedicata all’ars celebrandi. Quel testo — che approfondire il che pubblichiamo integralmente in questa pagina — è stato senso dei vari testi liscelto come base di riflessione per l’incontro di Papa turgici. Inoltre, il saFrancesco con il clero della diocesi di Roma, svoltosi cerdote anche attravernella mattina di giovedì 19 febbraio nell’Aula Paolo VI. so il tono della voce, il suo ritmo e la relativa velocità con cui parla, deve in qualche de una fede viva, nutrita, e un saldo spirito modo portare la gente con sé nella preghiera. Occorre una maniera di parlare che non di preghiera. Per il resto, non occorre un cerimoniale, è semplicemente un leggere, un predicare, ma comunque si deve trattare anche degli un annunciare, ma piuttosto un pregare sinaspetti esteriori della celebrazione, per quan- cero. Il secondo senso che vorrei attribuire to concerne il sacerdote. Sono convinto che si potrebbe parlare non solo della prepara- all’espressione ars dicendi intercetta in qualzione, ma anche della cura dei gesti, dell’at- che aspetto il discorso dell’omelia che sarà teggiamento del corpo, della dignità, di oggetto di attenzione particolare in questa quella leadership umile ma incisiva che consi- Plenaria. Qui intendo più specificamente evocare la necessità che il sacerdote badi beste nel lasciare intuire al popolo che ama un ne all’uso di quelle parti dove è richiesta da uomo che sa pregare la liturgia, che sa rivelui la formulazione libera. Deve saper distinstirsi non solo dei paramenti tradizionali, ma guere tra la «lingua volgare» (nel senso del soprattutto della persona del Signore Gesù vulgus) e la «lingua popolare», nel senso Cristo. In tutto ciò, non si tratta di ricerca- della lingua della strada, ossia delle conversazioni private. Deve comunicare in una lingua viva e accessibile. Deve parlare al cuore. Non deve, però, allontanarsi da ciò che richiede la circostanza e la celebrazione del mistero. Ars celebrandi Dal sacerdote Bernadette Lopez, «Ogni volta che mangiate di questo pane» (2007) Se con un documento sull’ars celebrandi si potesse aiutare il sacerdote a celebrare con la giusta consapevolezza (agnosce quod agis) si innescherebbe, ipso facto, anche nel popolo una maggiore consapevolezza circa la celebrazione liturgica. Condizionerebbe — nel senso migliore del termine — anche il diacono, i lettori e i ministranti. Tale consapevolezza è un dono di Dio che va implorato nella preghiera e che viene concesso da Dio ai santi. Si dice, per esempio, che lo avesse il beato Ildefonso Schuster, ma l’arte cristiana lo attribuisce a tanti santi come san Gregorio Magno, san Bernardo, sant’Ignazio. Tornando al primo senso che ho dato all’espressione ars dicendi, vale a dire la maniera in cui il sacerdote pronuncia i testi prescritti, insisterei anche sulla varietà di formulari a scelta che di fatto esiste già nei libri liturgici attuali. Per me sono più che sufficienti. Tale possibilità di scelta è aumentata di molto dopo il Concilio e costituisce un fatto notevole nei confronti, ad esempio, di diversi riti orientali. Quindi, che il sacerdote Jean Guitton, «Gli angeli contemplanti la cena» (1970) sti rigidi, che pare quasi ignaro della presenza del popolo, oppure il portamento del prete «maestro di spettacolo», uno «showman» che investe energie in una specie di animazione superficiale. Si incontra anche il prete indaffarato che non ha tempo per una degna celebrazione in tempi ragionevoli (la «sindrome di Marta»). Però sarebbe, a mio parere, un errore trasformare l’ars celebrandi in un trattato sugli abusi. Offrire motivi per una buona prassi è già un’azione potente contro gli abusi, senza che lo si espliciti. Esprimevo qui sopra la mia convinzione che l’ars celebrandi non dovrebbe avere un impronta giuridica. Un approccio di tipo giuridico o disciplinare, benché sia legittimo al momento dovuto, sarebbe in questo caso fuori luogo. Inoltre, conviene che il testo non abbia un apparato pesante di note a piè di pagina. Per lo stesso motivo, sono del parere che si debba evitare un collage di brani conciliari o pontifici. Anche se si limita a trattare la celebrazione dell’Eucaristia, l’ars celebrandi non può, mi sembra, semplicemente riprendere l’Institutio Generalis Missalis Romani. Non conviene né che diventi una specie di vademecum o prontuario del contenuto di tale Institutio, né che si occupi di argomenti quali la musica sacra o l’arte sacra. Per avere successo, deve al contrario resistere serenamente alla tentazione non solo di dire tutto su tutto, ma anche molto su molto: che dica poco e in modo mirato; lo dica bene, in maniera convinta e convincente. spiritualità sacerdotale. AI contrario, si deve tenere ben in vista che si tratta dell’azione pratica del sacerdote, nel contesto specifico della celebrazione dell’Eucaristia. 7. Pur apprezzando il lavoro di quanti hanno contribuito alla stesura dell’uno o dell’altro testo messoci a disposizione dall’archivio della Congregazione, mi sembra che i criteri qui enunciati porterebbero a mettere da parte ambedue e ad intraprendere da capo una nuova redazione più meditativa, fresca e vitale. 8. Penso che un tale documento non possa essere un’Istruzione e probabilmente neppure un Direttorio, che risulterebbe troppo pesante. Al contrario, potrebbe essere pubblicato come un testo sui generis con un’appropriata formula conclusiva che indichi l’approvazione del Santo Padre. † I Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato esprimono sentite condoglianze a S.E. Mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, per la morte dell’amato padre Signor ALBERT GÄNSWEIN e, partecipando al suo dolore, assicurano preghiere di suffragio per il caro defunto e di conforto per i familiari tutti. Conclusione Mettendo l’argomento dell’ars celebrandi all’ordine del giorno di questa Plenaria, la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti ha distribuito, per illustrare quanto era diversi anni fa in cantiere, due stesure di testo che si propongono di trattare questa questione. Come è stato spiegato, i testi sono collegati tra di loro nelle origini. Né l’uno né l’altro viene proposto come una stesura definitiva. Tuttavia, entrambi possono essere utili per suscitare l’ar- † La Prefettura della Casa Pontificia si unisce al dolore del Prefetto, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Georg Gänswein, per la morte dell’amato padre ALBERT e assicura a lui e ai suoi familiari la vicinanza nella preghiera al Signore Risorto. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 20 febbraio 2015 pagina 7 Papa Francesco celebra il mercoledì delle Ceneri a Santa Sabina Il dono delle lacrime «Ci farà bene, a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, all’inizio di questa Quaresima, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il nostro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia». Lo ha raccomandato Papa Francesco durante la messa celebrata a Santa Sabina nel pomeriggio del 18 febbraio, mercoledì delle Ceneri. Come popolo di Dio incominciamo il cammino della Quaresima, tempo in cui cerchiamo di unirci più strettamente al Signore, per condividere In processione da Sant’Anselmo «Per favore fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio»: quasi una supplica, aggiunta a braccio durante l’omelia del mercoledì delle Ceneri. Francesco ha sintetizzato così il significato del cammino quaresimale: spazio alla preghiera e alla penitenza per recuperare un rapporto autentico con il Signore al di là dei formalismi. E come a Manila ha rilanciato l’importanza di saper piangere. Nel pomeriggio del 18 febbraio, il Papa ha presieduto all’Aventino la tradizionale processione seguita dalla messa con l’imposizione delle Ceneri. Giunto in automobile nel chiostro di Sant’Anselmo, è stato accolto dai cardinali Agostino Vallini, vicario di Roma, e Lorenzo Baldisseri, diacono della basilica, e dal primate dei benedettini Notker Wolf. Indossati i paramenti liturgici di colore viola, dall’antica chiesa dedicata al vescovo teologo nato ad Aosta e morto a Canterbury, il Pontefice si è recato processionalmente a Santa Sabina, dove ha celebrato l’Eucaristia con la benedizione delle Ceneri. A imporgliele è stato il cardinale novantenne Jozef Tomko, titolare della basilica. Al rito hanno partecipato una ventina di cardinali, tra i quali il segretario di Stato Pietro Parolin, e altrettanti presuli. Tra loro, gli arcivescovi Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia. Tra i prelati, i monsignori Peter Bryan Wells, assessore, José Avelino Bettencourt, capo del Protocollo della Segreteria di Stato, e Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura. Erano presenti anche il medico Polisca e l’aiutante di camera Zanetti. Ad aprire la processione i benedettini di Sant’Anselmo e i domenicani di Santa Sabina, guidati dal maestro generale dell’ordine Bruno Cadoré, che hanno poi imposto le ceneri ai molti fedeli che hanno voluto prendere parte al rito: in tanti lo hanno seguito sul maxischermo allestito davanti alla basilica dedicata alla martire romana del secondo secolo. Significative le intenzioni elevate alla preghiera universale: si è invocato il Signore perché ravvivi la missione della Chiesa, sostenga l’opera del Papa, faccia ardere di carità il cuore dei sacerdoti; illumini le menti dei governanti, renda lungimiranti i legislatori, doni coraggio a chi si oppone all’ingiustizia; consoli i sofferenti, riaccenda la speranza negli afflitti, rialzi gli oppressi; sciolga il gelo degli indifferenti, vinca le resistenze degli increduli, dissipi le tenebre dei seminatori di odio. La messa — diretta dal maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie Guido Marini — si è conclusa con l’antifona mariana Ave Regina caelorum, intonata dalla Cappella Sistina, diretta da monsignor Massimo Palombella. Al termine, prima di rientrare in Vaticano, il Papa ha salutato alcuni ammalati in carrozzella e il presidente panamense Juan Carlos Varela, venuto a Roma per la creazione del primo cardinale del suo Paese. (gianluca biccini) il mistero della sua passione e della sua risurrezione. La liturgia di oggi ci propone anzitutto il passo del profeta Gioele, inviato da Dio a chiamare il popolo alla penitenza e alla conversione, a causa di una calamità (un’invasione di cavallette) che devasta la Giudea. Solo il Signore può salvare dal flagello e bisogna quindi supplicarlo con preghiere e digiuni, confessando il proprio peccato. Il profeta insiste sulla conversione interiore: «Ritornate a me con tutto il cuore» (2, 12). Ritornare al Signore “con tutto il cuore” significa intraprendere il cammino di una conversione non superficiale e transitoria, bensì un itinerario spirituale che riguarda il luogo più intimo della nostra persona. Il cuore, infatti, è la sede dei nostri sentimenti, il centro in cui maturano le nostre scelte, i nostri atteggiamenti. Quel “ritornate a me con tutto il cuore” non coinvolge solamente i singoli, ma si estende all’intera comunità, è una convocazione rivolta a tutti: «Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (v. 16). Il profeta si sofferma in particolare sulla preghiera dei sacerdoti, facendo osservare che va accompagnata dalle lacrime. Ci farà bene, a tutti, ma specialmente a noi sacerdoti, all’inizio di questa Quaresima, chiedere il dono delle lacrime, così da rendere la nostra preghiera e il no- stro cammino di conversione sempre più autentici e senza ipocrisia. Ci farà bene farci la domanda: “Io piango? Il Papa piange? I cardinali piangono? I vescovi piangono? I consacrati piangono? I sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?”. E proprio questo è il messaggio del Vangelo odierno. Nel brano di Matteo, Gesù rilegge le tre opere di pietà previste nella legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. E distingue, il fatto esterno dal fatto interno, da quel piangere dal cuore. Nel corso del tempo, queste prescrizioni erano state intaccate dalla ruggine del formalismo esteriore, o addirittura si erano mutate in un segno di superiorità sociale. Gesù mette in evidenza una tentazione comune in queste tre opere, che si può riassumere proprio nell’ipocrisia (la nomina per ben tre volte): «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro... Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti... Quando pregate, non siate simili agli ipocriti, che... amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente... E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti» (Mt 6, 1.2.5.16). Sapete, fratelli, che gli ipocriti non sanno piangere, hanno dimenticato come si piange, non chiedono il dono delle lacrime. Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce in noi il desiderio di essere stimati e ammirati per questa buona azione, per ricavarne una soddisfazione. Gesù ci invita a compiere queste opere senza alcuna ostentazione, e a confidare unicamente nella ricompensa del Padre «che vede nel segreto» (Mt 6, 4.6.18). Cari fratelli e sorelle, il Signore non si stanca mai di avere misericordia di noi, e vuole offrirci ancora una volta il suo perdono — tutti ne abbiamo bisogno —, invitandoci a tornare a Lui con un cuore nuovo, purificato dal male, purificato dalle Messa a Santa Marta Fermarsi e scegliere Nella fretta della vita bisogna avere il coraggio di fermarsi e di scegliere. E il tempo quaresimale serve proprio a questo. Nella messa celebrata a stamattina, 19 febbraio, a Santa Marta, Papa Francesco ha posto l’accento sulla necessità di porsi quelle domande che sono importanti per la vita dei cristiani e di saper fare le scelte giuste. Commentando le letture del giovedì dopo le Ceneri (Deuteronomio 30, 15-20; Salmo 1, Luca 9, 2225), il Pontefice ha spiegato che «all’inizio del cammino quaresimale, la Chiesa ci fa riflettere sulle parole di Mosè e di Gesù: “Tu devi scegliere”». Si tratta quindi di riflettere sulla necessità che tutti noi abbiamo di fare delle scelte nella vita. «E Mosè — ha sottolineato Francesco — è chiaro: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male: scegli”». Infatti «il Signore ci ha dato la libertà, una libertà per amare, per camminare sulle sue strade». E così noi siamo liberi e possiamo scegliere. Purtroppo però, ha avvertito il Papa, «non è facile scegliere». È più comodo «vivere lasciandosi portare dall’inerzia della vita, delle situazioni, delle abitudini». Per questo «oggi la Chiesa ci dice: “Tu sei responsabile; tu devi scegliere”». Ecco allora gli interrogativi sollevati dal Pontefice: «Tu hai scelto? Come vivi? Il tuo modo di vita, il tuo stile di vita, com’è? È dalla parte della vita o dalla parte della morte?». Naturalmente la risposta dovrebbe essere quella di «scegliere il cammino del Signore. “Io ti comando di amare il Signore”. E così Mosè ci fa vedere la strada del Signore: “Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dei e a servirli, perirete”. Scegliere fra Dio e gli altri dei, quelli che non hanno il potere di darci niente, soltanto piccole cosine che passano». Ritornando sulla difficoltà di scegliere, Francesco si è detto consapevole che «noi abbiamo sempre questa abitudine di andare un po’ dove va la gente, un po’ come tutti». Ma, ha proseguito, «oggi la Chiesa ci dice: “Fermati e scegli”. È un buon consiglio. E oggi — ha suggerito il Papa — ci farà bene fermarci e durante la giornata pensare: com’è il mio stile di vita? Per quali strade cammino?». Dal resto, nella quotidianità noi tendiamo all’atteggiamento opposto. «Tante volte — ha ricordato — viviamo di corsa, viviamo in fretta, senza accorgerci di come sia la strada; e ci lasciamo portare avanti dai bisogni, dalle necessità del giorno, ma senza pensare». Da qui l’invito a fermarsi: «Incomincia la Quaresima così con piccole domande che aiuteranno a pensare: “Come è la mia vita?”». Il primo interrogativo da porsi — ha spiegato il Papa — è: «Chi è Dio per me? Io scelgo il Signore? Com’è il rapporto con Gesù?». E il secondo: «Com’è il rapporto con i tuoi; con i tuoi genitori; con i tuoi fratelli; con la tua sposa; con tuo marito; con i tuoi figli?». Infatti, bastano «queste due domande, e sicuramente troveremo cose che dobbiamo correggere». Successivamente il Pontefice si è anche chiesto «perché noi andiamo così di fretta nella vita senza sapere su quale strada camminiamo». E anche su questo Francesco è stato esplicito: «Perché vogliamo vincere, vogliamo guadagnare, vogliamo Marc Chagall, «Mosè vede le sofferenze del popolo» (1956) avere successo». Ma Gesù ci fa pensare: «Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?». Infatti «una strada sbagliata — ha detto il Papa — è quella di cercare sempre il proprio successo, i propri beni, senza pensare al Signore, senza pensare alla famiglia». Tornano allora le due domande sul rapporto con Dio e con chi ci è caro, visto che «uno può guadagnare tutto, ma alla fine diventare un fallito. Ha fallito. Quella vita è un fallimento». Anche quelle che sembrano aver avuto successo, quelle di donne e di uomini cui «hanno fatto un monumento» o hanno dedicato «un quadro», ma non hanno «saputo scegliere bene fra la vita e la morte». E per ribadire il concetto, Francesco ha spiegato che «ci farà bene fermarci un po’ — cinque, dieci minuti — e farci la domanda: com’è la velocità della mia vita? Io rifletto sulle cose che faccio? Com’è il mio rapporto con Dio e con la mia famiglia?». In questo «ci aiuterà anche quel consiglio tanto bello del Salmo: “Beato l’uomo che confida nel Signore”». E «quando il Signore ci dà questo consiglio — “Fermati! Scegli oggi, scegli” — non ci lascia soli; è con noi e vuole aiutarci». E noi, da parte nostra dobbiamo «soltanto confidare, avere fiducia in Lui». Riproponendo le parole del Salmo «Beato l’uomo che confida nel Signore» il Papa ha quindi esortato a essere consapevoli che Dio non ci abbandona. «Oggi, nel momento in cui noi ci fermiamo per pensare a queste cose e prendere decisioni, scegliere qualcosa, sappiamo che il Signore è con noi, è accanto a noi, per aiutarci. Mai ci lascia andare da soli. È sempre con noi. Anche nel momento della scelta». Da qui la duplice consegna conclusiva: «abbiamo fiducia in questo Signore, che è con noi, e quando ci dice “scegli fra il bene e il male” ci aiuta a scegliere il bene». E soprattutto «chiediamogli la grazia di essere coraggiosi», perché «ci vuole un po’ di coraggio» per «fermarsi e chiedersi come sto davanti a Dio, come sono i rapporti con la mia famiglia, cosa devo cambiare, cosa devo scegliere. E Lui — ha assicurato Francesco — è con noi». lacrime, per prendere parte alla sua gioia. Come accogliere questo invito? Ce lo suggerisce san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5, 20). Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana, è lasciarsi riconciliare. La riconciliazione tra noi e Dio è possibile grazie alla misericordia del Padre che, per amore verso di noi, non ha esitato a sacrificare il suo Figlio unigenito. Infatti il Cristo, che era giusto e senza peccato, per noi fu fatto peccato (v. 21) quando sulla croce fu caricato dei nostri peccati, e così ci ha riscattati e giustificati davanti a Dio. «In Lui» noi possiamo diventare giusti, in Lui possiamo cambiare, se accogliamo la grazia di Dio e non lasciamo passare invano questo «momento favorevole» (6, 2). Per favore, fermiamoci, fermiamoci un po’ e lasciamoci riconciliare con Dio. Con questa consapevolezza, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Maria Madre Immacolata, senza peccato, sostenga il nostro combattimento spirituale contro il peccato, ci accompagni in questo momento favorevole, perché possiamo giungere a cantare insieme l’esultanza della vittoria nel giorno della Pasqua. E come segno della volontà di lasciarci riconciliare con Dio, oltre alle lacrime che saranno “nel segreto”, in pubblico compiremo il gesto dell’imposizione delle ceneri sul capo. Il celebrante pronuncia queste parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» (cfr. Gen 3, 19), oppure ripete l’esortazione di Gesù: «Convertitevi e credete al Vangelo» (cfr. Mc 1, 15). Entrambe le formule costituiscono un richiamo alla verità dell’esistenza umana: siamo creature limitate, peccatori sempre bisognosi di penitenza e di conversione. Quanto è importante ascoltare ed accogliere tale richiamo in questo nostro tempo! L’invito alla conversione è allora una spinta a tornare, come fece il figlio della parabola, tra le braccia di Dio, Padre tenero e misericordioso, a piangere in quell’abbraccio, a fidarsi di Lui e ad affidarsi a Lui. Nomina episcopale in Colombia La nomina di oggi riguarda la Chiesa in Colombia. José Crispiano Clavijo Méndez vescovo di Sincelejo È nato a Tocancipá, in diocesi di Zipaquirá, il 13 giugno 1951. Ha compiuto gli studi di filosofia presso l’università San Buenaventura a Bogotá e di teologia presso la Pontificia università Javeriana della stessa capitale. Quindi ha frequentato il seminario maggiore regionale Juan XXIII dell’arcidiocesi di Barranquilla. Successivamente ha ottenuto la licenza in catechesi e pastorale giovanile presso la Pontificia università Salesiana di Roma. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 novembre 1988, incardinandosi nella diocesi di Valledupar. Ha svolto i seguenti incarichi: parroco di La Inmaculada Concepción a Chimichagua, cancelliere della curia diocesana, rettore della chiesa cattedrale Nuestra Señora del Rosario, vicario generale, direttore del centro di evangelizzazione e poi parroco di El Espíritu Santo a Valledupar, delegato episcopale per il clero, delegato episcopale per la catechesi, parroco di La Inmaculada Concepción a Valledupar e, dal 2012, rettore del seminario maggiore Juan Pablo II di Valledupar.
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