Aprile 2014 D.LG. 4 MARZO 2014, N. 46: ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA N. 2010/75/UE RELATIVA ALLE EMISSIONI INDUSTRIALI L’11 aprile 2014 è entrato in vigore il D.lg. n. 46 del 4 marzo 2014 (“Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento)”, di seguito il “Decreto”), che introduce rilevanti modifiche alle disposizioni contenute nel D.lg. n. 152/2006 (il “Codice dell’Ambiente”) in tema di: a) Autorizzazione Integrata Ambientale (“AIA”) (Parte Seconda del Codice dell’Ambiente); incenerimento e coincenerimento di rifiuti (Parte Quarta del Codice dell’Ambiente); emissioni in atmosfera, grandi impianti di combustione e installazioni che producono biossido di titanio (Parte Quinta del Codice dell’Ambiente). Le principali novità in tema di AIA 1) Prescrizioni in materia ambientale Il Decreto modifica ed estende il campo di applicazione dell’AIA – che adesso riguarda le “installazioni” (e non più gli “impianti”, anche se si tratta sostanzialmente di una variazione lessicale) – ampliando l’elenco delle attività assoggettate a tale autorizzazione ai sensi dell’Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente (v. sub par. 4). Rispetto alla previgente disciplina, la novella individua nelle migliori tecniche disponibili (c.d. “Best Available Techniques – BAT”) un parametro di riferimento per la determinazione dei valori limite di emissione da indicare nell’AIA. La possibilità, per l’autorità competente, di adottare limiti di emissione meno severi è riconosciuta a condizione che una valutazione (condotta dall’Autorità procedente, in sede di istruttoria, sulla base delle indicazioni di cui all’Allegato XII-bis alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente) dimostri che porre valori corrispondenti ai livelli di emissione associati alle BAT comporterebbe una maggiorazione sproporzionata dei costi rispetto ai benefici ambientali, in ragione dell’ubicazione geografica, delle condizioni ambientali locali e delle caratteristiche tecniche dell’istallazione interessata. In tali casi l’Autorità competente documenta, in uno specifico allegato all’AIA, le ragioni di tale scelta, illustrando il risultato della valutazione e la giustificazione delle condizioni imposte. Ai fini della tutela del suolo e del sottosuolo dall’inquinamento, l’art. 29-ter del Codice dell’Ambiente, così come modificato dal Decreto, prevede ora che, se l’attività oggetto di AIA comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose (e tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell’installazione) la domanda di AIA deve essere corredata da una “relazione di riferimento”, ossia una relazione recante “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo stato al momento della cessazione definitiva delle attività” (art. 5, comma 1, lett. v-bis, del Codice dell’Ambiente). L’Autorità competente in materia di AIA è chiamata ad esaminare e validare questa relazione e, qualora ritenuto necessario, potrà disporre nell’AIA (o nell’atto di aggiornamento della stessa) ulteriori e specifici approfondimenti. L’art. 29-sexies del Codice dell’Ambiente, come riformato dal Decreto, demanda poi a una serie di decreti ministeriali la determinazione delle modalità per la redazione della medesima relazione, con particolare riguardo alle metodiche di indagine e alle sostanze pericolose da ricercare, nulla tuttavia disponendo con riguardo all’attività che i gestori dovranno compiere nelle more dell’adozione di tali decreti. In particolare, il Decreto non chiarisce se tale obbligo sia o no immediatamente applicabile. Ai fini della salvaguardia ambientale, il Decreto ha inoltre previsto specifici obblighi di controllo periodico sullo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da effettuare, rispettivamente, almeno ogni dieci e cinque anni e, comunque, al momento della cessazione dell’attività (al fine di verificare lo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o rilasciate dall’installazione). In considerazione di quanto precede, si può ritenere che il Decreto ha introdotto un vero e proprio “onere di ricerca dell’inquinamento”, sovvertendo la tradizionale impostazione in base alla quale i gestori erano tenuti ad avviare i controlli per verificare l’esistenza di una contaminazione solo a fonte di un evento potenzialmente in grado di contaminare il sito. Secondo le nuove disposizioni, i gestori sono invece chiamati a effettuare una verifica ex ante ed ex post che consenta di accertare, anche in assenza di specifici eventi inquinanti, lo stato di potenziale contaminazione del sito su cui si svolgono le attività oggetto di AIA. 2) Durata e rinnovo La durata dell’AIA è adesso fissata in dieci anni (in luogo dei precedenti cinque). Il riesame dell’AIA può essere comunque disposto, in particolare, quando: (i) a giudizio delle Amministrazioni procedenti, l’inquinamento provocato dall’installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione ivi indicati; o (ii) le BAT abbiano subito modifiche sostanziali, che consentano una notevole riduzione delle emissioni. 3) Le “installazioni esistenti” L’art. 29 del Decreto (“disposizioni transitorie”) prevede un’articolata disciplina in tema di “installazioni esistenti”. Vengono così definite le installazioni che, al 6 gennaio 2013, avevano già ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all’esercizio della relativa attività o il provvedimento positivo di compatibilità ambientale o rispetto alle quali, alla stessa data, erano state presentate richieste complete per il rilascio di tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il loro esercizio, a condizione che esse siano entrate in funzione entro il 6 gennaio 2014. Rispetto a tali installazioni esistenti, lo scenario autorizzativo muta a seconda che le stesse fossero o meno soggette ad AIA prima del Decreto. Nel primo caso (e cioè nel caso in cui le attività effettuate presso le installazioni fossero già ricomprese nell’Allegato I del D.lg. n. 59/2005), gli eventuali procedimenti di rilascio, rinnovo, riesame o modifica dell’AIA già in corso alla data del 7 gennaio 2013 dovranno concludersi – entro e non oltre settantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (ossia, entro il 25 giugno 2014) – sulla base della normativa vigente all’atto della presentazione dell’istanza. È comunque riconosciuta ai gestori la facoltà di presentare una (non meglio definita) “istanza di adeguamento” di tali procedimenti alla disciplina introdotta dal Decreto. Di converso, i gestori delle installazioni precedentemente non contemplate nell’Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente (così come modificato dal D.lg. n. 128/2010) e rispetto alle quali il Decreto ha previsto l’assoggettamento ad AIA, dovranno presentare istanza per il primo rilascio dell’AIA, ovvero per l’adeguamento alla disciplina introdotta dal Decreto (nel caso in cui l’esercizio debba essere autorizzato con altro provvedimento), entro il 7 settembre 2014. In tale ipotesi, l’Autorità competente dovrà concludere i procedimenti avviati a seguito delle predette istanze entro il 7 luglio 2015. Nelle more dell’adozione del provvedimento, gli impianti potranno continuare l’esercizio in base alle autorizzazioni previgenti. Sono tenuti a presentare domanda di AIA anche i gestori degli impianti di recupero e smaltimento di rifiuti che attualmente rientrano nel riformato Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente, anche se in possesso dell’Autorizzazione Unica di cui all’art. 208 dello stesso Codice dell’Ambiente (in tale ipotesi, la richiesta di AIA deve recare gli estremi dell’Autorizzazione Unica). 4) Modifiche all’Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente Il Decreto modifica significativamente l’Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente, ampliando l’elenco delle installazione da assoggettare ad AIA. Tra le principali modifiche, si segnalano le seguenti: - punto 4 dell’Allegato VIII (“industria chimica”): scompare la specificazione “di base” con riferimento alle attività di fabbricazione di prodotti chimici organici e inorganici (punti 4.1 e 4.2 dell’Allegato VIII), viene così esteso l’ambito di applicazione delle disposizioni in materia di AIA anche alle industrie che producono prodotti chimici non “di base”; - punto 5.1 dell’Allegato VIII (“gestione dei rifiuti”): viene riformulato il punto 5.1. – relativo alle operazioni di smaltimento e di recupero di rifiuti pericolosi con capacità superiore alle 10 tonnellate al giorno – con l’eliminazione della codificazione (operazioni R1, R5, etc.) di cui alla normativa previgente; - punto 5.2. dell’Allegato VIII (“gestione dei rifiuti”): l’ambito di applicazione dell’AIA viene esteso agli impianti di incenerimento dei rifiuti (già precedentemente previsti) e agli impianti di coincenerimento con capacità superiore alle 3 tonnellate l’ora (per i rifiuti non pericolosi) e alle 10 tonnellate al giorno (per i rifiuti pericolosi); - punto 5.3 dell’Allegato VIII (“gestione dei rifiuti”): vengono adesso specificate le tipologie di trattamenti che devono effettuare gli impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi (con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno) per essere assoggettati ad AIA; - punto 6 (“altre attività”): nel novero delle attività da assoggettare ad AIA sono state introdotte (i) la fabbricazione in installazioni industriali di pannelli a base di legno con una capacità di produzione superiore a 600 m3 al giorno; (ii) la conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacità di produzione superiore a 75 m3 al giorno (eccetto il trattamento esclusivamente contro l’azzurratura) e (iii) il trattamento a gestione indipendente di acque reflue evacuate da un’installazione in cui è svolta una delle altre attività soggette ad AIA, sempre che non si tratti di attività coperta dalle norme di recepimento della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. Tra le altre novità si segnala inoltre l’introduzione, ai punti 5.5. e 5.6. dell’Allegato VIII, delle attività di “accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi non contemplati al punto 5.4. [che si riferisce alle “discariche, che ricevono più di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacità totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti”] prima di una delle attività elencate ai punti 5.1, 5.2, 5.4 e 5.6 con una capacità totale superiore a 50 Mg, eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti” e di “deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacità totale superiore a 50 Mg”. 5) Regime sanzionatorio Il Decreto apponta rilevanti modifiche al regime sanzionatorio previgente. L’art. 29-quattuordecies è stato novellato con la previsione di molteplici fattispecie (ulteriori rispetto a quelle contemplate prima della riforma) sanzionate, alternativamente, a livello amministrativo o penale. Tuttavia, si segnala che la fattispecie del mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’AIA o di quelle imposte dall’Autorità competente (in precedenza punita con l’ammenda da Euro 5.000 a Euro 26.000) è stata (in parte) depenalizzata, poiché per essa è ora prevista la sanzione amministrativa da Euro 1.500 a Euro 15.000. Tuttavia, continua ad essere prevista la pena dell’ammenda nel caso in cui la violazione interessi talune prescrizioni previste nell’AIA (o impartite dall’Autorità competente) in tema di emissioni in atmosfera, gestione dei rifiuti e scarichi di acque reflue. b) Impianti di incenerimento, coincenerimento ed emissioni in atmosfera Il Decreto ha introdotto nel testo del Codice dell’Ambiente il Titolo III-bis della Parte Quarta (sugli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti) e la Parte Quinta-bis (sulle attività di produzione di biossido di titanio). La disciplina degli impianti di incenerimento e coincenerimento era in precedenza contenuta nel D.lg. n. 133/2005, che viene abrogato con effetto dal 1° gennaio 2016. La nuova disciplina trova tuttavia immediata applicazione con riferimento ai procedimenti di autorizzazione e di rinnovo avviati dopo la data di entrata in vigore del Decreto, ossia dopo l’11 aprile 2014. Tali impianti saranno sottoposti, alternativamente, alla procedura di cui all’art. 208 (ossia, al rilascio dell’Autorizzazione Unica) ovvero alla procedura per il rilascio dell’AIA a seconda che le attività svolte rientrino o meno incluse nell’Allegato VIII alla Parte Seconda del Codice dell’Ambiente, così come riformato dal Decreto. Disposizioni specifiche sono state altresì introdotte con riferimento ai “grandi impianti di combustione”. Ai sensi della nuova disciplina, ai grandi impianti di combustione nuovi si applicano i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta, mentre ai grandi impianti di combustione anteriori al 2013 i pertinenti valori limite di emissione di cui alla Parte II, sezioni da 1 a 6, dell’Allegato II alla Parte Quinta si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2016. Con riferimento agli impianti di combustione anteriori al 2002 con potenza termica nominale totale non superiore a 200 MW, l’art. 273 del Codice dell’Ambiente, a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto, prevede che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2023 gli stessi possano essere in esercizio senza rispettare i suddetti valori limite di emissione, ove ricorrano (si ritiene: cumulativamente) le seguenti condizioni: a) almeno il 50% della produzione di calore utile dell’impianto, calcolata come media mobile su ciascun periodo di cinque anni a partire dal quinto anno antecedente l’autorizzazione, sia fornito ad una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda (il gestore è tenuto a presentare all’autorità competente e, comunque, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, un documento in cui è indicata la percentuale di produzione di calore utile dell’impianto destinata a tale fornitura); e b) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2023 si applichino i valori limite di emissione non meno severi di quelli che l’impianto deve rispettare alla data del 31 dicembre 2015 ai sensi dell'autorizzazione, del Titolo I alla Parte Quinta e del Titolo III-bis della Parte Seconda del Codice dell’Ambiente. ***** Il Dipartimento di Diritto Ambientale di Legance è a disposizione per qualsiasi chiarimento ed approfondimento, anche in relazione a fattispecie specifiche. Per ulteriori informazioni: LUCA GENINATTI SATE’ Tel. +39 02.89.63.071 lgeninatti@legance.it oppure il Vostro professionista di riferimento all’interno di Legance. LO STUDIO Legance è uno studio legale italiano con un team di professionisti esperti, dinamici e orientati al risultato, il cui affiatamento ha reso possibile un modello organizzativo flessibile ed incisivo che, attraverso dipartimenti attivi in tutti i settori della consulenza legale d’affari, esprime il giusto equilibrio tra specialista e avvocato come consulente globale. Legance conta oltre 180 avvocati, nelle sedi di Milano, Roma e Londra. 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