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Statistica nelle scienze della natura.
Dalla teoria cinetica alla meccanica statistica
Giulio Peruzzi
giulio.peruzzi@unipd.it
Dipartimento di Fisica e Astronomia
Università di Padova
Laurea Magistrale Scienze Statistiche - 3 febbraio 2014
G. Peruzzi (Dip. di Fisica e Astronomia)
Meccanica Statistica
Padova, 03/02/2014
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Prologo
Scienze naturali vs. scienze economiche e sociali: un problema di
gerarchia di complessità dell’oggetto investigato?
Teorie = insieme di modelli: ruolo dei modelli nelle scienze.
Nell’ambito delle scienze della natura, i modelli sono equazioni
matematiche e insieme delle loro soluzioni e modelli di dati
(risultati delle misure): il rapporto tra modello dell’esperimento e
qualche definito modello teorico è affidato alle metodologie
statistiche.
Questo procedimento è diverso nelle scienze economiche e
sociali? Statistica descrittiva vs. statistica inferenziale, per certi
versi anche nelle scienze della natura (nelle diverse fasi di
sviluppo di un settore disciplinare).
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Ruolo delle ipotesi e loro controllo. Possibilità di individuare un
modello significante per due diverse teorie (es. equazione di
diffusione valida sia per il gas sia per il calore), o più mdelli per
una stessa teoria (per es. meccanica quantistica). È possibile
ricavare una relazione di equivalenza fra modelli diversi nelle
scienze economiche e sociali? Altrimenti siamo lasciati con una
pluralità di teorie per gli stessi dati.
Leggi matematiche (per es. in fisica) e leggi empiriche (nelle
scienze economiche e sociali) catturano entrambe regolarità, ma
le prime sono esplicitamente costruite come invarianti (nello
spazio e nel tempo), le seconde no.
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Bibliografia
Stephen G. Brush, Kinetic Theory, vol. 2, Pergamon Press,
Oxford 1966.
Domenico Costantini, I fondamenti storico-filosofici delle discipline
statistico-probabilistiche, Bollati Boringhieri, Torino 2004.
Ettore Majorana, “Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle
scienze sociali”, Scientia, vol. 36, 1942, pp. 58-76 (ripubblicato in
Ettore Majorana. Scientific Papers, SIF, Bologna - Springer, Berlin
Heidelberg 2006).
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Indice degli argomenti
1
La teoria cinetica dei gas
Rudolf Clausius
James Clerk Maxwell
La distribuzione delle velocità (1860)
Interpretazione del 2o principio della termodinamica
Il “diavoletto” di Maxwell
2
Ludwig Boltzmann
Il teorema H
“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
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La teoria cinetica dei gas
La teoria cinetica dei gas: i precursori
Daniel Bernoulli (1700-82; in particolare i risultati pubblicati
nell’Hydrodynamica del 1738) e Georges L. Le Sage (1724-1803)
John Herapath (1790-1868) e John James Waterston (1811-83). Se il
lavoro di Herapath influì su un primo approccio alla teoria cinetica
avviato da James Prescott Joule (1818-89), il lavoro di Waterston sarà
riscoperto e pienamente valorizzato solo nel 1892 da Rayleigh.
Dopo i primi abbozzi di una teoria cinetica dei gas forniti da Joule, un
indubbio impulso alle ricerche nel settore venne da un articolo di
August Karl Krönig (1822-79) pubblicato nel 1856. Krönig era all’epoca
uno scienziato famoso in Germania (aveva una cattedra alla
Realschule di Berlino ed era editore dell’importante rivista Fortschritte
der Physik).
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La teoria cinetica dei gas
Rudolf Clausius
Il primo lavoro di Clausius viene
pubblicato nel 1857 col titolo Über
die Art der Bewegung, welche wir
Wärme nennen (Sulla specie di
movimento che chiamiamo calore).
Rudolf Clausius (1822-88)
G. Peruzzi (Dip. di Fisica e Astronomia)
Esso costituisce un notevole passo avanti rispetto ai risultati di Herapath, Joule e Krönig nella derivazione della formula che esprime il
legame tra la pressione di un gas
(una grandezza fisica macroscopica) e la velocità dei moti molecolari (una grandezza appartenente al
livello microfisico).
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La teoria cinetica dei gas
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Rudolf Clausius
Ipotesi di Clausius relative alla costituzione del gas e agli urti
molecolari:
1. Gas ideale (lo spazio occupato dalle molecole deve essere
infinitesimo rispetto al volume complessivo del gas).
2. Collisioni istantanee (tempi di collisione molto più piccoli degli
intervalli di tempo che separano due collisioni successive).
3. Solo collisioni (l’influenza delle forze tra le molecole o di forze
esterne deve essere trascurabile).
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La teoria cinetica dei gas
Rudolf Clausius
Si può allora pensare che nell’intervallo di tempo che intercorre tra due
collisioni successive le particelle si muovano su traiettorie rettilinee
con una velocità che Clausius, per semplicità, suppone uguale in
modulo per tutte le molecole.
Sulla base di queste ipotesi, Clausius arriva alla seguente espressione
del legame tra pressione, volume e moti molecolari:
PV =
1
Nmv 2
3
dove P è la pressione del gas, V è il volume occupato dal gas, N è il
numero totale di molecole del gas, m la massa e v la velocità media di
traslazione identica per ogni molecola. Nm/V è allora la densità del
gas.
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Rudolf Clausius
Se si conosce la densità del gas a una data pressione P, la formula
trovata permette di ricavare la velocità media delle molecole.
I valori trovati da Clausius nel caso dell’ossigeno, dell’azoto e
dell’idrogeno sono, rispettivamente, 461, 492 e 1844 metri al secondo.
Il risultato di Clausius viene criticato pochi mesi dopo dal meteorologo
olandese Christoph Hendrik Diederik Buys-Ballot (1817-90). Una
velocità molecolare così elevata sembra in evidente contraddizione
con la relativa lentezza del processo di diffusione di un gas in un altro.
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La teoria cinetica dei gas
Rudolf Clausius
Clausius risponde a questa obiezione in un articolo del 1858 (letto da
Maxwell in traduzione nel 1859):
abbandona l’ipotesi delle dimensioni infinitesime delle molecole (il
cui diametro è ora d);
introduce un parametro, chiamato cammino libero medio e
indicato con `, per designare la distanza media che una molecola
percorre prima di urtarne un’altra.
` deve essere abbastanza grande rispetto a d, per non compromettere
l’applicazione dei concetti base della teoria cinetica usati per derivare
la legge del gas ideale, ma deve essere sufficientemente piccolo da far
sì che una molecola debba cambiare la sua direzione frequentemente,
e impiegare quindi un tempo relativamente lungo per uscire da una
certa regione dello spazio di dimensioni macroscopiche.
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Rudolf Clausius
Il cammino libero medio è, come dice Clausius, inversamente
proporzionale alla probabilità che una molecola che si muove nel gas
collida con un’altra molecola.
Siccome una collisione tra due molecole di raggio r avviene quando i
loro centri si trovano a una distanza minore o uguale a d = 2r , il
risultato è equivalente a quello che si ottiene pensando alla collisione
di una particella puntiforme su un oggetto circolare di raggio d.
La probabilità di collisione è allora proporzionale alla superficie πd 2 e
quindi ` deve essere inversamente proporzionale a πd 2 . Con
argomenti statistici Clausius stabilisce che la probabilità W che una
molecola percorra una distanza x senza collidere è data da:
W = e x/` , per cui solo una piccola frazione delle molecole percorre
una distanza maggiore a qualche ` prima di collidere, e questo
risponde all’obiezione di Buys-Ballot.
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La teoria cinetica dei gas
James Clerk Maxwell
I fondamentali motivi che spingono
Maxwell ad avviare i suoi studi sulla teoria cinetica dei gas scrivendo
l’Illustration of the dynamical theory
of gases nel 1860 sono:
tentare di risolvere il problema
di una trattazione dei moti di un
sistema costituito da molte
particelle, studiare le proprietà
fisiche di tale sistema (come la
viscosità);
sondare le possibilità della
applicazione di metodi statistici
all’analisi dei problemi fisici
(Quetelet e John Herschel).
James Clerk-Maxwell (1831-79)
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James Clerk Maxwell
L’interesse di Maxwell per la teoria della probabilità risaliva agli anni tra
il 1848 e il 1850, gli anni in cui leggeva con attenzione i contributi forniti
in questo campo da vari autori, tra cui Laplace, Boole, De Morgan.
Al 1850 risale la lettera a Campbell dove scrive:
[...] la vera logica di questo mondo è il Calcolo delle Probabilità [...]
Questa branca della Matematica, che di solito viene ritenuta favorire il
gioco d’azzardo, quello dei dadi e le scommesse, e quindi
estremamente immorale, è la sola “Matematica per uomini pratici”,
quali noi dovremmo essere. Ebbene, come la conoscenza umana
deriva dai sensi in modo tale che l’esistenza delle cose esterne è
inferita solo dall’armoniosa (ma non uguale) testimonianza dei diversi
sensi, la comprensione, che agisce per mezzo delle leggi del corretto
ragionamento, assegnerà a diverse verità (o fatti, o testimonianze, o
comunque li si voglia chiamare) diversi gradi di probabilità.
Campbell e Garnett, The Life of James Clerk Maxwell, p. 143.
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La teoria cinetica dei gas
James Clerk Maxwell
Marzo 1855 - Viene bandito il
concorso per il premio Adams
con il tema “i moti degli anelli di
Saturno”.
Maxwell partecipa con una memoria dal titolo “Sulla stabilità
del moto degli anelli di Saturno”
e vince il premio.
On the stability of the motion of
Saturn’s Rings (1855-59).
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La distribuzione delle velocità (1860)
Il punto di partenza di Maxwell è l’“analogia fisica” tra le molecole in un
gas e un insieme di sfere di piccole dimensioni, dure e perfettamente
elastiche.
L’analisi degli urti elastici tra coppie di sfere permette a Maxwell di
ricavare l’ipotesi fondamentale che trasforma la teoria cinetica in una
teoria compiutamente statistica:
le numerose collisioni tra le molecole di un gas non determinano
l’uguaglianza delle velocità delle varie molecole, ma hanno l’effetto di
produrre una distribuzione statistica delle velocità, nella quale tutti i
valori delle velocità, da zero all’infinito, sono presenti con probabilità
diverse.
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
Per formulare la distribuzione statistica delle velocità Maxwell parte da
due ipotesi:
nell’urto elastico tra due sfere il rimbalzo può avvenire con uguale
probabilità in tutte le direzioni;
scomposta la velocità lungo tre direzioni mutuamente ortogonali,
la distribuzione di probabilità per ogni componente della velocità è
indipendente dai valori delle altre componenti (un’ipotesi che nel
1867 riuscirà a derivare), cioè le distribuzioni di probabilità per vx ,
vy , vz sono tra loro uguali nella forma.
Su questa base Maxwell ricava che, in un gas composto da N
particelle, il numero dNvx di particelle che ha velocità lungo x
compresa tra vx e vx + dvx è:
dNvx =
N −vx 2 /α2
√ e
dvx , cioè una distribuzione gaussiana.
α π
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La teoria cinetica dei gas
Analoghe espressioni valgono per il
numero di particelle dNvy e dNvz che
hanno velocità lungo y e lungo z
compresa tra vy e vy + dvy e vz e
vz + dvz .
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La distribuzione delle velocità (1860)
È questa la celebre espressione
della distribuzione maxwelliana
delle velocità, dalla quale Maxwell ricava l’espressione della
velocità media vM = 2α/π 1/2 .
Maxwell può così ottenere che il numero di particelle dNv che hanno
velocità
1/2
2
2
2
v = vx + vy + vz
compresa tra v e v + dv è:
dNv =
4N 2 −v 2 /α2
√ v e
dv
α3 π
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
La conclusione di Maxwell è che “le velocità sono distribuite tra le
particelle secondo la stessa legge con la quale gli errori sono distribuiti
tra le osservazioni nella teoria del metodo dei minimi quadrati”.
La descrizione dei processi fisici tramite una funzione statistica segna
una svolta importante nella fisica ottocentesca. Come sottolinea Gibbs
nel necrologio scritto nel 1889 per Clausius: “Nello studiare Clausius ci
sembra di studiare la meccanica; nello studiare Maxwell, come pure
succede per la gran parte del lavoro di Boltzmann, ci sembra invece di
studiare la teoria delle probabilità”.
Dall’interpretazione causale deterministica, fondata sulle leggi della
meccanica, si comincia a passare a un’interpretazione di tipo
probabilistico, che troverà fondamento nella moderna meccanica
statistica.
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La distribuzione delle velocità (1860)
I nuovi problemi interpretativi emergono già nella seconda metà degli
anni ‘60 dell’Ottocento, quando si cerca di dare una giustificazione
soddisfacente della funzione statistica trovata da Maxwell.
La legge di distribuzione delle velocità ottenuta manifesta vari caratteri
che la rendono intuitivamente plausibile:
dNv tende a zero quando v tende a zero;
dNv tende a zero quando v tende a infinito;
la funzione di distribuzione ha un massimo per v = α.
Tutto ciò è in accordo con quanto ci si aspetta fisicamente che
avvenga, cioè che solo un numero relativamente piccolo di molecole
abbiano velocità molto basse o molto alte.
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
È lo stesso Maxwell a tentare per primo un approccio diverso nel suo
articolo del 1867 dal titolo On the dynamical theory of gases.
Supponendo che le velocità molecolari si trovino già distribuite
secondo la funzione maxwelliana, le collisioni elastiche tra le molecole
lasciano questa distribuzione invariata nel tempo, cioè la distribuzione
maxwelliana è stabile. Su questa base Maxwell congettura che la
distribuzione trovata sia quella a cui converge qualunque distribuzione
iniziale delle velocità.
Proprio da qui parte Boltzmann negli anni ‘70 con l’obiettivo di fornire
una spiegazione del secondo principio della termodinamica, fondata
sulla teoria cinetica dei gas.
Ma torniamo al lavoro di Maxwell del 1860.
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La distribuzione delle velocità (1860)
Introdotta la funzione di distribuzione, Maxwell affronta il problema
d’una sua indiretta verifica sperimentale, applicandola alla descrizione
dei fenomeni di trasporto: viscosità, diffusione, conducibilità termica.
Egli interpreta la viscosità come trasferimento di impulso tra strati di
particelle che, come negli Anelli di Saturno, si muovono strato per
strato con velocità tangenziali diverse, e ottiene l’espressione del
coefficiente di viscosità µ in funzione della densità ρ del gas, del libero
cammino medio ` e della velocità media vM : µ = 1/3ρ`vM .
Poiché ` è inversamente proporzionale a ρ, Maxwell conclude che la
viscosità è indipendente dalla pressione. La ragione di questo fatto come scrive in una lettera a Stokes del 1859 - è che nei gas rarefatti il
libero cammino medio è più grande e quindi l’azione di frizione [cioè il
trasferimento di momento] si propaga a distanze maggiori, mentre, al
contrario l’aumento di pressione implica una diminuzione della
distanza media lungo la quale ogni molecola può propagare il
momento.
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
Il risultato, plausibile sul piano teorico, è apparentemente contraddetto
dai dati sperimentali disponibili, come nota Maxwell nell’articolo del
1860.
In ogni caso Maxwell, sostituendo nell’espressione trovata i valori di µ
e ρ ricavati da alcuni esperimenti condotti da Stokes e il valore di vM
ricavato dall’espressione PV = 31 NmvM 2 ottenuta da Clausius, è in
grado di dare una prima stima del valore di `.
Il valore da lui trovato - 5, 6 × 10−6 cm per l’aria a pressione
atmosferica e a temperatura ambiente - è diverso dall’attuale a meno
di un fattore due (il valore è oggi circa 10−5 cm).
Nota: disinvoltura metodologica, in contrasto con il “falsificazionismo
ingenuo”.
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La distribuzione delle velocità (1860)
Maxwell, con lo stesso metodo impiegato per ricavare il coefficiente di
viscosità, affronta quindi i calcoli relativi alla diffusione dei gas e alla
conduzione del calore determinando, rispettivamente, il numero di
molecole e la quantità di energia trasportate nel gas.
Applicando le formule di diffusione ricavate dagli esperimenti condotti
in questo ambito da Thomas Graham negli anni Quaranta, Maxwell
riesce ad ottenere una seconda stima indipendente del valore di ` in
aria, pari a 6.3 × 10−6 cm.
Il parziale accordo con la stima di ` ottenuta dal coefficiente di
viscosità è una conferma della sostanziale plausibilità della teoria.
Tuttavia la trattazione di Maxwell del 1860 viene criticata da Clausius
in un articolo del 1862.
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
Clausius rileva che Maxwell, utilizzando una funzione di distribuzione
delle velocità isotropa - cioè uguale in tutte le direzioni - anche in
presenza di variazioni di pressione e temperatura (nel caso,
rispettivamente, della diffusione e della propagazione del calore), ha
commesso una serie di errori di calcolo.
Clausius fornisce una teoria essenzialmente corretta formalmente, ma
insoddisfacente fisicamente in quanto continua a far uso
dell’assunzione che la velocità molecolare sia costante.
Proprio a partire dalle critiche teoriche mossegli da Clausius e
dall’incertezza dei dati sperimentali che Stokes gli aveva comunicato,
Maxwell inizia, tra il 1863 e il 1865, una serie di accurate verifiche
sperimentali delle sue conclusioni teoriche relative all’andamento della
viscosità. [Nota: processo complesso di elaborazione della scienza]
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La teoria cinetica dei gas
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La distribuzione delle velocità (1860)
I risultati delle sue ricerche sperimentali vengono pubblicati nel 1866
nell’articolo dal titolo On the viscosity or internal friction of air and other
gases.
Maxwell verifica, in linea con la sua teoria, che il coefficiente di
viscosità rimane costante per un ampio campo di variazioni della
pressione, un risultato confermato negli stessi anni dagli esperimenti
di Oskar Emil Meyer.
Oltre alle critiche di Clausius, un altro risultato ricavato da queste
misure costringe tuttavia Maxwell a rivedere il suo approccio iniziale
alla teoria cinetica dei gas. Secondo il modello delle sfere elastiche
collidenti, alla base del lavoro del 1860, il coefficiente di viscosità
doveva essere proporzionale alla radice quadrata della temperatura
assoluta (µ ∝ T 1/2 ), mentre i risultati ottenuti indicavano una
dipendenza di tipo lineare (µ ∝ T ).
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
Proprio negli stessi anni in cui conduce i suoi esperimenti, Maxwell
abbandona il modello semplificato delle sfere elastiche e sviluppa una
teoria dinamica generale dei costituenti dei gas, nella quale le
molecole sono descritte come centri di forza.
I risultati di queste ricerche, che costituiscono un sostanziale passo
avanti rispetto al lavoro del 1860, vengono pubblicati da Maxwell nel
1867 nel suo articolo dal titolo On the dynamical theory of gases.
Il metodo di indagine consiste nel calcolare i valori medi di varie
grandezze espresse come funzioni della velocità di tutte le molecole di
un dato tipo all’interno di un elemento di volume, e le variazioni di
questi valori medi dovute,
prima di tutto, agli urti delle molecole con altre dello stesso o di
diverso tipo;
in secondo luogo, all’azione di forze esterne come la gravità;
e, in terzo luogo, al passaggio delle molecole attraverso la
superficie che racchiude l’elemento di volume.
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La distribuzione delle velocità (1860)
Gli urti sono analizzati nel modello nel quale le molecole si respingono
tra loro con una forza che va come 1/r n .
In generale la variazione dei valori medi delle funzioni delle velocità
dovuta agli urti dipende dalla velocità relativa delle due molecole
collidenti e, a meno che il gas si trovi all’equilibrio termico, la
distribuzione di velocità non è nota, e quindi non è possibile calcolare
direttamente queste variazioni.
Tuttavia, nel caso di forze che vadano come 1/r 5 , la velocità relativa
sparisce e i calcoli possono essere eseguiti.
In questo caso speciale si trova che il coefficiente di viscosità è
proporzionale alla temperatura assoluta, in accordo con i risultati
sperimentali ottenuti da Maxwell. Viene anche derivata l’espressione
del coefficiente di diffusione e paragonato con i risultati sperimentali
pubblicati da Graham.
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La teoria cinetica dei gas
La distribuzione delle velocità (1860)
In una teoria di questo genere la nozione di libero cammino medio tra
due urti successivi non ha più significato: le molecole infatti non si
muovono in linea retta ma lungo orbite complicate, in cui le deflessioni
hanno luogo a distanze che dipendono dalle velocità e dalle posizioni
iniziali delle molecole.
Per questo Maxwell, sviluppando alcuni risultati mutuati dalle teorie
dell’elasticità, sostituisce alla nozione di cammino libero medio quella
di “modulo del tempo di rilassamento” delle tensioni in un gas.
Inoltre l’utilizzo della legge di distribuzione delle velocità, che, come
già notato, viene derivata in questo articolo in modo più generale,
fornisce la chiave di volta per calcolare le varie proprietà dei gas.
[cf. Brush, riassunto anteposto all’articolo di Maxwell del 1867]
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La teoria cinetica dei gas
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La distribuzione delle velocità (1860)
L’evoluzione verso l’equilibrio avviene di solito in due stadi distinti: più
velocemente nello spazio delle velocità che in quello delle
configurazioni.
Qualunque sia la distribuzione di non equilibrio di partenza, dopo un
tempo abbastanza breve si raggiunge la situazione di equilibrio locale,
cioè una distribuzione maxwelliana diversa però punto per punto.
Successivamente queste disuniformità spaziali vengono “smussate”
tramite trasporto di molecole, energia e impulso da una posizione
all’altra, dando così luogo a una situazione di equilibrio globale.
Il secondo stadio dell’evoluzione verso l’equilibrio è regolato dalla
variazione dei parametri macroscopici (temperatura, densità, velocità
media) dovute al trasporto legato alle collisioni. Le leggi generali che
regolano i fenomeni di trasporto sono in ultima analisi proprio le leggi
dell’idrodinamica dei mezzi viscosi.
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La teoria cinetica dei gas
Interpretazione del 2o principio della termodinamica
Dalla fine degli anni 1860, anche alla luce dei risultati ottenuti dalla
teoria cinetica dei gas, cresce l’attenzione sui mutamenti concettuali
che la termodinamica sembra imporre nella descrizione fisica dei
fenomeni, specialmente in rapporto al dibattito sull’interpretazione del
secondo principio della termodinamica.
Quali conseguenze derivano dall’uso di metodi statistici
nell’elaborazione delle leggi fisiche?
È possibile su base statistica spiegare l’irreversibilità dei processi
termici espressa dal secondo principio della termodinamica?
E come spiegare questa irreversibilità in rapporto alla reversibilità
delle leggi che governano i fenomeni meccanici?
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La teoria cinetica dei gas
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Il “diavoletto” di Maxwell
Uno dei fatti meglio stabiliti della termodinamica è l’impossibilità di
produrre senza compiere lavoro una differenza di temperatura o di
pressione in un sistema racchiuso in un contenitore che non permette
cambiamenti di volume né passaggi di calore, e nel quale sia la
temperatura sia la pressione siano ovunque le stesse. Questa è la
seconda legge della termodinamica, ed è senza dubbio vera finché si
può trattare i corpi solo nel loro insieme, senza aver modo di percepire
e maneggiare le singole molecole di cui essi sono composti.
Ma se noi concepiamo un essere le cui facoltà siano così acuite da
permettergli di seguire ogni molecola nel suo cammino, un tale essere,
i cui attributi sono tuttavia essenzialmente finiti come i nostri, sarebbe
capace di fare ciò che per noi è attualmente impossibile. Infatti
abbiamo visto che le molecole in un recipiente pieno d’aria a
temperatura uniforme si muovono con velocità nient’affatto uniformi,
anche se la velocità media di un qualunque insieme sufficientemente
numeroso di esse, arbitrariamente scelto, è quasi esattamente
uniforme.
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La teoria cinetica dei gas
Il “diavoletto” di Maxwell
Supponiamo adesso che tale recipiente sia diviso in due parti, A e B,
da un setto in cui vi sia un piccolo foro, e che un essere, che può
vedere le singole molecole, apra e chiuda questo foro in modo da
permettere solo alle molecole più veloci di passare da A a B, e solo a
quelle più lente di passare da B ad A.
In questo modo, senza compiere lavoro, egli innalzerà la temperatura
di B e abbasserà quella di A, in contraddizione con la seconda legge
della termodinamica.
Questo è solo uno degli esempi in cui le conclusioni da noi tratte dalla
nostra esperienza concernente i corpi composti da un immenso
numero di molecole possono risultare non applicabili a osservazioni e
a esperimenti più raffinati, che possiamo supporre effettuati da
qualcuno capace di percepire e maneggiare le singole molecole che
noi invece trattiamo soltanto per grandi insiemi.
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La teoria cinetica dei gas
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Il “diavoletto” di Maxwell
Dovendo trattare di corpi materiali nel loro insieme, senza percepire le
singole molecole, siamo costretti ad adottare quello che ho descritto
come il metodo statistico di calcolo, e ad abbandonare il metodo
strettamente dinamico, nel quale seguiamo con il calcolo ogni
movimento.
Sarebbe interessante chiedersi fino a che punto quelle idee
concernenti la natura e i metodi della scienza che sono state derivate
dagli esempi di indagine scientifica in cui si segue il metodo dinamico
siano applicabili alla nostra reale conoscenza delle cose concrete,
che, come abbiamo visto, è di natura essenzialmente statistica, poiché
nessuno ha ancora scoperto un qualche metodo pratico per tracciare il
cammino di una molecola, o per identificare la singola molecola ad
istanti successivi.
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La teoria cinetica dei gas
Il “diavoletto” di Maxwell
L’esperimento mentale di Maxwell contiene vari spunti di riflessione.
La distribuzione statistica delle velocità causa sempre fluttuazioni
spontanee a livello delle singole molecole, che possono provocare
il trasferimento del calore dal corpo a temperatura minore a quello
a temperatura maggiore: queste però sono “rare” e quindi non
influiscono sulla nostra percezione macroscopica
dell’irreversibilità. [Solo l’azione del diavoletto, che opera a livello delle
singole molecole, può produrre un flusso macroscopico di calore da un corpo a
temperatura minore a uno a temperatura maggiore.]
Il secondo principio della termodinamica è perciò, a differenza
delle leggi della meccanica classica, una legge di tipo statistico: le
fluttuazioni indicano che può essere violato anche se con bassa
probabilità.
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Il “diavoletto” di Maxwell
Maxwell inoltre, assimilando il flusso di calore al mescolamento
molecolare, implicitamente asserisce che l’irreversibilità sancita
dal secondo principio della termodinamica è equivalente alla
transizione da un sistema parzialmente ordinato a uno meno
ordinato.
In altri termini l’ordine e il disordine molecolare vengono associati
alle transizioni da uno stato di non equilibrio (bassa entropia) a
uno stato di equilibrio (massima entropia) del sistema.
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Ludwig Boltzmann
1868 - generalizza la teoria di Maxwell al caso di forze esterne (come la
gravità).
Ludwig Boltzmann (1844-1906)
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Boltzmann dimostra che è ancora
possibile avere equilibrio termico con
temperatura costante in una colonna
verticale isolata di gas: la densità e la
pressione variano esponenzialmente
con l’altezza (in funzione cioè del potenziale gravitazionale). In notazione
moderna quello che Boltzmann ricava è che la probabilità di trovare una
molecola in un punto di potenziale V
è e−V /kT , oggi noto come fattore di
Boltzmann.
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Ludwig Boltzmann
Siccome V può essere l’energia potenziale di tutte le forze che
agiscono sulla molecola, comprese eventuali forze intermolecolari, il
fattore di Boltzmann combinato con la distribuzione di Maxwell
permette di esprimere la probabilità di uno stato molecolare non solo
nei gas, ma anche nei liquidi e nei solidi.
Ecco perché la legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann ha avuto
in seguito applicazioni così vaste diventando uno dei principi basilari
della meccanica statistica classica.
Ma in realtà trova applicazioni anche in campi diversi da quelli della
meccanica statistica classica.
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Ludwig Boltzmann
1868-1871: Boltzmann riconsidera criticamente il programma di
riduzione del secondo principio alla meccanica (via il principio di
minimo dell’azione). In una serie di pubblicazioni del periodo si
evidenzia da un lato il dispiegarsi di argomentazioni matematiche
relative al calcolo delle probabilità, e dall’altro una progressiva presa di
distanza dalle tesi della totale riducibilità della termodinamica alla
meccanica.
Una volta ridefinite in un nuovo apparato teorico ricco di
determinazioni formali le nozioni base della teoria cinetica dei gas - la
temperatura, le traiettorie molecolari, i valori medi delle grandezze,
prima fra tutte l’energia - Boltzmann avvia una profonda disamina dei
fondamenti della teoria che lo porterà alla conclusione che essa ha
una natura sostanzialmente probabilistica, sulla falsa riga di Maxwell.
Interpretare la probabilità non come strumento ma come fondamento
delle leggi fisiche è forse il suo merito più alto, dal quale discende una
radicale modifica del tradizionale approccio meccanicista.
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Il teorema H
Il teorema H [in realtà originariamente “teorema E”]
La revisione boltzmanniana delle basi della fisica teorica dei gas sfocia
nella memoria del 1872 dal titolo “Ulteriori studi sull’equilibrio termico
delle molecole del gas” (sequela di un articolo breve mai pubblicato sui
Poggendorff’s Annalen).
Idea base - Un gas è formato da particelle che compiono moti
irregolari, ma a livello macroscopico la materia allo stato gassoso
obbedisce a leggi perfettamente definite.
Una spiegazione di queste leggi deve quindi poggiare sulla teoria delle
probabilità e su un’attenta analisi delle distribuzioni molecolari.
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Ludwig Boltzmann
Il teorema H
Per questo è necessario:
individuare alcuni asserti generali sul numero di collisioni e di
particelle presenti in elementi generici di volume del gas;
ricavare nella forma più generale l’equazione che regola
l’andamento temporale di una generica funzione di distribuzione f ;
riflettere criticamente sull’interpretazione da dare ai rapporti tra
leggi fisiche macroscopiche e asserzioni probabilistiche.
I passi fondamentali erano quindi quelli:
1. di trovare l’equazione differenziale che esprima l’andamento
temporale di f nel tempo;
2. di definire matematicamente una grandezza funzione di f che
garantisca effettivamente che i sistemi molecolari tendono a una
distribuzione maxwelliana;
3. di collegare questa grandezza a una grandezza macroscopica
nota.
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Il teorema H
Supponiamo che in un istante to siano note la posizione e la velocità di
una molecola qualsiasi, quali saranno la sua posizione e la sua
velocità in un successivo istante t?
Il problema - scrive Boltzmann - è completamente determinato ma non
è risolubile a questo livello di generalità [impredicibilità)].
È quindi necessario imporre alcune condizioni/ipotesi particolari:
1. Dopo un tempo sufficientemente grande (da permettere grandi
numeri di collissioni che coinvolgono grandi numeri di molecole) le
direzioni delle velocità molecolari sono equiprobabili [distribuzione
uniforme].
2. La distribuzione delle velocità è uniforme fin dall’inizio.
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Ludwig Boltzmann
Il teorema H
Qual è il significato delle condizioni di Boltzmann?
Usando l’energia cinetica x invece della velocità v , Boltzmann in
pratica afferma che dato un volume R occupato dal gas, se in R si
sceglie un generico elemento di volume r (che contiene un numero
elevato di molecole), allora r contiene un certo numero di molecole
con energia cinetica x nell’intervallo x e x + dx al tempo t. Se f (x, t)dx
è questo numero, si può pensare che esso varii a seconda della scelta
di r in R.
La condizione 1. asserisce che la variazione è nulla, cioè che
molecole con x diversa sono uniformemente mescolate in R.
Una volta fissato il valore di f allo stato iniziale [f (x, to ), condizione 2.],
le due condizioni, secondo Boltzmann, permettono di determinare lo
stato del gas.
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Il teorema H
Boltzmann determina quindi f (x, t) studiandone la variazione in un
tempuscolo τ a causa delle collisioni, in altri termini stabilisce
l’equazione (integro-differenziale) per ∂f /∂t. La relazione da cui
prende le mosse è la seguente:
Z
Z
f (x, t + τ )dx = f (x, t)dx − dn + dν
dove dn indica il numero di collisioni nel tempo τ , nell’unità di volume,
per le quali il numero f (x, t)dx di particelle con energia compresa tra x
e x + dx diminuisce, e dν il numero di collisioni nel tempo τ , nell’unità
di volume, per le quali il numero f (x, t)dx di particelle con energia
compresa tra x e x + dx aumenta.
L’analisi di Boltzmann sulle collisioni riproponeva alcuni degli elementi
cruciali di quella di Maxwell: considerava infatti solo collisioni binarie in
intervalli di tempo e di volume infinitesimi.
Ma queste erano davvero ipotesi lecite?
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Ludwig Boltzmann
Il teorema H
In una decina di pagine di sviluppi formali, Boltzmann ricava
l’espressione di dn e dν in funzione di f e scrive l’equazione generale
per ∂f /∂t (oggi nota come equazione di Boltzmann).
Dimostra quindi che, se f è una maxwelliana, allora necessariamente:
∂f /∂t = 0
Quindi una volta raggiunta la distribuzione di Maxwell il sistema vi
rimane. Come scrive Boltzmann: questa è una conferma di quello che
Maxwell ha dimostrato nel 1867.
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Il teorema H
Ma si può ora, disponendo dell’equazione per ∂f /∂t , affrontare un
questione più generale (la congettura di Maxwell).
Si può eliminare la condizione 2. imposta all’inizio [cioè f (x, to ) è
uniforme] e ipotizzare che il sistema parta inizialmente da una
distribuzione arbitraria dell’energia cinetica arrivando solo dopo un
tempo sufficientemente lungo all’equiprobabilità delle direzioni delle
velocità.
Allora è possibile introdurre una quantità:
Z ∞
f (x, t)
√
E=
f (x, t) log
− 1 dx ,
x
0
e dimostrare che E non può mai aumentare per le funzioni f che
soddisfano l’equazione generale per ∂f /∂t . [teorema E]
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Il teorema H
La dimostrazione di Boltzmann procedeva attraverso lo studio
dell’espressione di dE/dt. Utilizzando l’equazione per ∂f /∂t si arrivava
(con qualche “semplice passaggio”) a dimostrare la diseguaglianza:
dE/dt ≤ 0
L’uguaglianza a zero vale solo nel caso che f sia una distribuzione di
Maxwell.
Se f non è una maxwelliana la derivata è negativa cioè “al passare del
tempo - afferma Boltzmann - E deve decrescere [a causa del moto
molecolare] tendendo al valore minimo che corrisponde alla
distribuzione di Maxwell. [...] Si può anche dimostrare che per il moto
atomico di un sistema di molti punti materiali esiste sempre una certa
quantità che, a causa del moto atomico, non può aumentare, e questa
quantità è in accordo con il valore trovato per l’entropia (cambiato di
segno). [...] si è in tal modo aperta la strada per una dimostrazione
analitica del secondo principio seguendo un itinerario del tutto diverso
da quello percorso fino ad oggi”.
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Il teorema H
Boltzmann e i quanti di energia
La dimostrazione del teorema E (oggi H) era stata ottenuta utilizzando
integrali (ivi compresa l’equazione integro-differenziale per ∂f /∂t).
Ma, come osserva Boltzmann nella seconda parte della monografia, è
possibile sostituire gli integrali con somme trasformando l’equazione
integro-differenziale in un sistema di equazioni differenziali ordinarie.
Cita a tal proposito applicazioni già fatte in questo senso da Lagrange,
1759 - analogia tra corda vibrante e sfere vibranti di massa infinitesima
e di numero tendente all’infinito - Stefan, 1862-65 - applicazioni alla
diffusione e alla conduzione - Riemann, 1859 - studio delle soluzioni di
particolari equazioni differenziali.
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Ludwig Boltzmann
Il teorema H
L’energia cinetica x (variabile continua) deve in questo caso essere
sostituita da una serie di valori discreti:
0, 1, 2, 3, 4, ..., p
Ogni molecola può quindi assumere solo valori dell’energia cinetica
multipli interi del quanto elementare .
Per riportare la trattazione discreta al continuo basta passare al limite
per tendente a zero e p all’infinito.
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Il teorema H
Ovviamente, anche nel caso discreto, doveva continuare a valere nelle
collisioni la conservazione dell’energia.
Se le energie cinetiche di due molecole collidenti erano k e ` prima
della collisione, e κ e λ dopo la collisione, allora doveva essere
rispettata l’equazione:
k +`=κ+λ
Il problema delle collisioni si riduce in questo caso a determinare i
k ` che esprimono i numeri relativi a eventi in cui collisioni tra
numeri Nκλ
molecole con energie iniziali k ` avevano energie finali κλ.
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Il teorema H
Se w1 indicava il numero di molecole per unità di volume con energia al tempo t, w2 indicava il numero di molecole per unità di volume con
energia 2 al tempo t, ecc., allora il numero di molecole w10 che al
tempo t + τ avevano energia dipendeva dal numero di collisioni che
facevano diminuire o aumentare il numero di molecole con energia :
14
15
22
23
32
24
13
14
− N32
− N24
... + N13
+ N14
+ N14
+ N15
...
− N23
w 0 1 = w1 − N22
Si poteva così esprimere la quantità E nel discreto e riottenere il
risultato del teorema E (H) discusso nella prima parte.
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Il teorema H
Il passaggio al discreto, come scrive Boltzmann,è solo un’astrazione,
che tuttavia permette di ottenere il risultato cercato in modo più
semplice e più chiaro.
La sezione si conclude con le parole: “da quanto detto sopra segue
che ci sono infinite soluzioni di ∂f /∂t = 0, che però non sono utili
perché f (x) risulta negativa o immaginaria per qualche valore di x.
Quindi segue chiaramente che il tentativo di Maxwell di dimostrare
a-priori che questa soluzione è unica deve fallire: essa non è l’unica,
ma piuttosto l’unica che dà probabilità positive, e quindi è l’unica
utilizzabile”.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
“Pardosso di Loschmidt” (o della “reversibilità”)
si immagini il microstato di un gas che ha raggiunto l’equilibrio a
partire da uno stato generico di non equilibrio, e si supponga che
il gas sia isolato dall’ambiente nel corso del processo;
le leggi della meccanica ci dicono che il microstato del gas
all’equilibrio, ottenuto invertendo tutte le velocità delle molecole
che lo costituiscono, seguirà un cammino lungo i microstati che
sono, a ritroso, quelli attraversati dal primo gas nella sua
evoluzione verso l’equilibrio;
siccome la funzione H non dipende dalla direzione del moto delle
molecole, ma solo dalla distribuzione delle loro velocità, questo
significa che il secondo gas evolverà, in modo monotono, lontano
dallo stato di equilibrio;
quindi il teorema H è incompatibile con le leggi meccaniche che
dovrebbero regolare i moti delle molecole.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
La risposta a questa obiezione si trova compiutamente espressa in
una fondamentale memoria di Boltzmann del 1877 dal titolo
“Fondamenti probabilistici della teoria del calore”, che sancisce la
nascita della meccanica statistica.
Abbandonando la descrizione dettagliata dei moti e delle collisioni tra
atomi in un gas, Boltzmann si concentra sulla probabilità e la statistica.
Gli N atomi contenuti in un certo volume di gas si muovono e urtano in
modo irregolare. Supponiamo che l’energia (cinetica) totale del
sistema abbia un certo valore E e dividiamo questo valore in parti
discrete che sono multipli di un certo valore , cioè 0, , 2, 3, 4, ecc.
Ognuna di queste parti può essere pensata come una cella che
racchiude gli atomi del gas che hanno quell’energia.
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Ludwig Boltzmann
“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Definire lo stato del gas significa quindi calcolare i possibili modi in cui
gli N atomi si distribuiscono nelle celle.
Gli urti tra atomi portano a continui salti da una cella all’altra. Tuttavia
se in una certa distribuzione degli atomi nelle celle si prendono due
atomi qualunque e li si scambia di posto (come avviene negli urti) i due
stati (microscopici) del gas sono diversi, ma siccome il numero di
atomi in ciascuna cella rimane invariato lo stato complessivo
(macroscopico) del gas non cambia.
Per calcolare quindi la probabilità W di un macrostato del gas basterà
contare i microstati che lo realizzano.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
È in questo lavoro che viene estesa l’interpretazione dell’entropia
come misura (ben definita matematicamente) del disordine degli atomi,
un’idea già presente nel lavoro del 1872 ma non del tutto sviluppata.
“Lo stato iniziale di un sistema sarà, nella maggior parte dei casi, poco
probabile e il sistema tenderà sempre verso stati più probabili, fino ad
arrivare allo stato più probabile (cioè all’equilibrio termodinamico). Se
applichiamo questa idea al secondo principio della termodinamica,
possiamo identificare la grandezza chiamata entropia con la
probabilità dello stato corrispondente. Se si considera allora un
sistema isolato di corpi (il cui stato cioè può cambiare solo per
interazione tra i suoi costituenti), in virtù del secondo principio della
termodinamica, l’entropia totale deve aumentare continuamente: il
sistema non può che passare da uno stato dato a uno più probabile.”
L’entropia S è proporzionale al volume nello spazio delle fasi occupato
da microstati che corrispondono allo stesso macrostato: analisi di un
caso particolare (gas ideale → S = k log W ).
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
... e la risposta di Boltzmann a Loschmidt
Il fatto che la distribuzione degli stati divenga uniforme al passare del
tempo dipende soltanto dalla circostanza per cui esistono più
distribuzioni uniformi che distribuzioni non uniformi.
Se è impossibile dimostrare che data una distribuzione iniziale la
distribuzione deve diventare uniforme dopo un lungo intervallo di
tempo, quello che invece si può dimostrare è che il numero di stati
iniziali che evolvono in una distribuzione uniforme in un tempo finito è
infinitamente maggiore di quelli che portano a uno stato non uniforme.
Il teorema di Loschmidt dice solo che esistono stati iniziali che
evolvono in distribuzioni non uniformi, ma non dimostra affatto che non
esista un numero infinitamente maggiore di stati iniziali che portino
nello stesso tempo a distribuzioni uniformi.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Una seconda fondamentale obiezione alla pretesa dimostrazione di
Boltzmann della irreversibilità viene da Zermelo.
Questi si basava su un importante risultato ottenuto da Poincaré nel
1889 (noto come teorema di ricorrenza) sulla stabilità del moto di
sistemi newtoniani (confinati e con conservazione dell’energia,
caratteri applicabili al caso del gas isolato e racchiuso in un
contenitore).
Il teorema di Poincaré asserisce che un sistema che all’istante iniziale
si trovi in un generico stato meccanico, eccetto che per un insieme di
misura nulla delle condizioni iniziali, evolve in modo tale da ritrovarsi
dopo un certo tempo in stati prossimi quanto si vuole allo stato iniziale.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Zermelo, nel 1896, riprende il teorema di Poincaré e lo applica al
teorema H.
Il teorema H afferma che un sistema inizialmente in uno stato di non
equilibrio evolve in modo monotono verso uno stato di equilibrio.
Ma, applicando il teorema di Poincaré, un tale sistema dopo essere
evoluto verso lo stato di equilibrio deve tornare indietro verso uno stato
meccanico vicino quanto si vuole al suo stato iniziale di non equilibrio,
il che vuole dire che la funzione H dovrebbe anch’essa tornare a valori
vicini a piacere a quelli che aveva all’inizio, e quindi la dimostrazione di
Boltzmann dell’evoluzione all’equilibrio è incompatibile con le
fondamentali leggi della meccanica del moto molecolare.
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La risposta a Zermelo e la freccia cosmologica del tempo
L’intervallo temporale per la “ricorrenza” in sistemi con un numero
sufficientemente alto di molecole (un centimetro cubo di molecole
d’aria in condizioni ordinarie di pressione e temperatura) era
incredibilmente alto, mentre il tempo necessario a che lo stato iniziale
fosse prossimo alla distribuzione maxwelliana era di un
centomilionesimo di secondo.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Ma l’obiezione di Zermelo era anche un’altra:
Il concetto di probabilità non ha nulla che vedere con il tempo e quindi
non può essere impiegato per dedurre conclusioni d’alcun genere sulla
direzione dei processi irreversibili. [...]
Non solo è impossibile spiegare il principio generale dell’irreversibilità,
ma è anche impossibile spiegare i singoli processi irreversibili senza
introdurre nuove assunzioni fisiche, perlomeno quando è coinvolta la
direzione temporale.
Questa obiezione offre a Boltzmann l’estro per suffragare l’esistenza
della freccia termodinamica basandola su argomenti relativi alla
freccia cosmologica.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
L’universo (o comunque gran parte di ciò che ci circonda) visto come
sistema meccanico è partito da uno stato altamente improbabile e si
trova ancora in uno stato poco probabile. Se si prende allora in esame
un sistema di corpi più piccolo, così come lo si trova nella realtà, e lo si
isola istantaneamente dal resto del mondo, questo sistema verrà
inizialmente a trovarsi in uno stato improbabile e, per tutto il tempo in
cui resterà isolato, procederà verso stati più probabili. (1897)
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Sistemi collocati nello stato attuale dell’universo hanno di fatto stati
iniziali che precedono gli stati finali. E questo dipende dalle “condizioni
iniziali di ciò che ci circonda”.
L’universo nella sua interezza, tuttavia, può essere considerato come
in equilibrio (e quindi morto). In esso sono collocate isole (o mondi) di
dimensioni paragonabili alla nostra galassia.
Questi mondi sono interpretabili, secondo Boltzmann, come
fluttuazioni nell’equilibrio termico globale, che durano tempi lunghi
rispetto ai tempi delle nostre osservazioni.
L’universo globalmente è in equilibrio, in esso non c’è freccia
temporale: non vi si distingue il “prima” dal “dopo” come nello spazio
non si distingue il “sopra” dal “sotto”.
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“Paradossi” di Loschmidt e Zermelo
Diversa è la “sensazione” di un osservatore solidale con uno di questi
mondi.
Proprio come in un dato luogo sulla superficie della Terra possiamo
usare l’espressione “verso il basso” per indicare la direzione verso il
centro del pianeta, così, in quanto creature viventi che si trovano in un
mondo del genere in uno specifico periodo di tempo, possiamo definire
la direzione del tempo come se essa andasse dagli stati meno
probabili verso quelli più probabili (in modo che i primi diventeranno il
“passato” e i secondi il “futuro”), e in virtù di questa definizione
troveremo che questa piccola regione, isolata dal resto dell’universo, è
sempre “inizialmente” in uno stato improbabile.
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