Tribunale Palermo, sez. III civile, ordinanza 17.07

Sequestro conservativo e opposizione a decreto ingiuntivo: chi è competente?
Tribunale Palermo, sez. III civile, ordinanza 17.07.2014 (Annalisa Tardino)
Il Tribunale di Palermo con separate ordinanze 26 giugno 2014 e 17
luglio 2014 si è pronunciato in ordine a peculiari problematiche riguardanti la competenza a conoscere
del sequestro conservativo depositato in pendenza del termine per la proposizione del ricorso per
l’opposizione al decreto ingiuntivo nonché in ordine al rapporto stesso tra il suddetto ricorso cautelare,
avente ad oggetto anche crediti futuri in possesso di terzi, ed il ricorso per decreto ingiuntivo per il
quale era stata denegata la richiesta di provvisoria esecuzione.
Nel caso la E. s.r.l. (Omissis), stipulava contratto di appalto con G.N. (Omissis) per la ristrutturazione di
un immobile sito nel centro storico del Comune di Palermo e per il quale G.N. aveva con profitto
partecipato un bando per l’elargizione di un contributo a fondo perduto da parte dello stesso Comune, in
parte ancora da erogare, e, compiute le opere di cui allo stesso contratto, si vedeva denegato il
pagamento degli ultimi SAL, maturando un credito, nei confronti della committenza G.N. (omissis), della
somma di € 81.240,000.
Depositava, pertanto, ricorso per decreto ingiuntivo chiedendo, ai sensi dell’art. 642, comma secondo,
c.p.c. la concessione della provvisione esecuzione, essendovi pericolo di grave pregiudizio nel ritardo.
Il Tribunale di Palermo, emetteva l’ingiunzione di pagamento, ma denegava la richiesta concessione della
provvisoria esecuzione.
La E.s.r.l. (Omissis), dopo aver notificato il decreto ingiuntivo, procedeva, in pendenza del termine per
l’introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, al deposito presso il medesimo Ufficio
Giudiziario, Tribunale di Palermo, di ricorso per sequestro conservativo ai sensi e nelle forme di cui
all’art. 671 c.p.c., sullo stesso bene immobile oggetto di ristrutturazione nonché sul contributo dell’Ente
Comunale da erogare.
Veniva frattanto incoato dal debitore, dopo il deposito del ricorso per sequestro conservativo e prima
della notifica del provvedimento di fissazione di udienza del giudizio cautelare, la fase di merito del
ricorso per decreto ingiuntivo, assegnata a Giudice differente rispetto a quello designato per il ricorso
cautelare, ma facente parte del medesimo ufficio giudiziario, il Tribunale di Palermo.
L’ingiunto G.N. (omissis), costituitosi nel ricorso per sequestro conservativo, eccepiva preliminarmente
l’inammissibilità del ricorso per sequestro conservativo per essere stato proposto in violazione del
precetto di cui all’art. 669quater c.p.c. che stabilisce la proposizione del cautelare innanzi al giudice
della già instaurata causa per il merito, individuando nel giudice chiamato a conoscere dell’opposizione a
decreto ingiuntivo il giudice competente .
Eccepiva, parimenti, l’inammissibilità del sequestro a fronte della già richiesta e denegata emissione di
un decreto provvisoriamente esecutivo, sostenendo, forte di un pronunciamento pretorio del 2012
(Tribunale di Prato, ordinanza 4 gennaio 2012) l’interferenza dei due istituti, sequestro conservativo e
procedimento monitorio, in punto di periculum in mora.
Il non aver avuto concesso la provvisoria esecuzione nel ricorso monitorio presupponeva una valutazione
negativa, già effettuata dal Tribunale, in ordine alle esigenze cautelari sottese.
Lamentava, infine, l’inesistenza del periculum in mora, stante la propria capienza patrimoniale, provata
mediante allegazione di visure catastali attestanti la proprietà di diversi beni immobili.
Il Tribunale di Palermo rigettava tutte le eccezioni.
Con ordinanza 26 giugno 2014 rigettava l’eccezione di inammissibilità per incompetenza del Giudice
adito evidenziando che l’aver proposto la E.srl (omissis) la domanda cautelare ante causam, quando
ancora il Giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo non era stato designato, configurava solo una
violazione di norme organizzative interne attinente alla corretta distribuzione degli affari e,
certamente, non radicava un vizio di competenza tale da inficiare l’instaurazione del relativo
procedimento.
In analoghe fattispecie, la giurisprudenza si era già espressa sostenendo che la designazione del
magistrato delegato alla trattazione di un’istanza cautelare proposta durante la pendenza del termine
utile a proporre opposizione ad un decreto ingiuntivo già emesso, deve ritenersi sussistere in favore del
Capo dell’Ufficio giudiziario adito per il ricorso per decreto ingiuntivo, territorialmente competente.
In particolare si è sostenuto che, la soluzione del caso concernente l’identificazione del giudice
designato alla trattazione di un procedimento cautelare connesso ad una fattispecie rientrante nella
previsione dell’art. 645 c.p.c., passerebbe attraverso l’esame di due distinte ipotesi, alternativamente
considerate: una verterebbe sull’applicazione del quarto comma dell’art. 669quater c.p.c., che
attribuisce la competenza cautelare al giudice che ha emanato la sentenza nel giudizio di merito, ed
un’altra, riferibile al secondo comma dell’art. 669quater c.p.c., che contempla l’ipotesi in cui, pendendo
la causa di merito, la domanda deve essere proposta al giudice della stessa, o se questo non è ancora
stato designato, o il processo è sospeso od interrotto, al Presidente del Tribunale, il quale, si limiterà a
designare il magistrato addetto al medesimo ufficio cui affidare in concreto la trattazione del
procedimento cautelare, ai sensi dell’art. 669ter, ultimo comma, c.p.c., preso atto dell’inesistenza di un
giudice istruttore nella causa di merito, ovvero l’opposizione al decreto ingiuntivo.
Affermava inoltre il Tribunale che nessuna effettiva interferenza può derivare dalla pendenza del
giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e dall’eventuale concessione o meno della provvisoria
esecuzione, ai sensi dell’art. 642 o 648 c.p.c., poiché semmai solo i presupposti del fumus boni iuris,
ossia di fondatezza della pretesa creditizia azionata potrebbero assumere refluenze ai fini della
concessione della cautela, ma giammai i presupposti del periculum in mora.
Tanto in ragione delle finalità prettamente differenti cui sono orientati i due istituti: di conservazione
della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. il sequestro, di anticipazione della pretesa
satisfattiva del creditore, rispetto alla ordinaria tempistica di celebrazione della fase di merito del
monitorio la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
Discostandosi da quanto sostenuto da altro Giudice in fattispecie analoga, (Tribunale di Prato,
ordinanza 4 gennaio 2012), afferma il Tribunale di Palermo, che in un caso l’eventuale clausola di
esecutività consente al creditore di avviare l’esecuzione forzata su tutti i beni del debitore, nell’altro
caso il rimedio ha carattere meramente conservativo essendo finalizzato a perseverare le ragioni del
creditore nelle more della celebrazione del giudizio di merito.
Non osta alla concessione della cautela conservativa la denegata concessione della provvisoria
esecuzione del decreto ingiuntivo, non comportando, l’indagine sulla esistenza dei presupposti di diritto
della cautela, una surrettizia riforma della statuizione del giudice del procedimento monitorio, come
altrimenti affermato.
Inoltre, il Tribunale, relativamente al periculum in mora, nonostante la prova fornita dai resistenti in
ordine alla capienza patrimoniale propria, idonea a garantire la successiva eventuale esecuzione
(elemento oggettivo), ha negativamente valuto il comportamento tenuto dai resistenti, prima
dell’instaurazione del procedimento, nonché quello processuale, idoneo a dimostrare l’effettiva
intenzione di sottrarsi al pagamento (c.d. elemento soggettivo).
(Altalex, 19 novembre 2014. Nota di Annalisa Tardino)
/ sequestro conservativo / ricorso / decreto ingiuntivo / opposizione / promissoria esecuzione /
Annalisa Tardino /
Tribunale di Palermo
Sezione III Civile
Ordinanza 17 luglio 2014
Il Giudice, dott.ssa Sebastiana Ciardo, nel procedimento n°***** del ruolo generale degli affari
contenziosi civili dell’anno 2014,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Letto il ricorso per sequestro conservativo proposto dalla società E.s.r.l.(omissis), in persona del legale
rappresentante pro tempore, e la memoria di costituzione delle parti resistenti;
sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 14 luglio 2014;
OSSERVA
Con ricorso ritualmente depositato e successivamente notificato, la società E.s.r.l.(omissis), in persona
del legale rappresentate pro tempore, chiedeva l’autorizzazione al sequestro conservativo, fino alla
concorrenza della somma di euro 81.240,91, oltre interessi e spese legali, in danno delle parti
resistenti.
A tal fine premetteva di essere appaltatrice di un contratto avente a oggetto la ristrutturazione di un
immobile, sito a Palermo, in via ********, di proprietà di N. (omissis) e che, iniziata l’esecuzione
dell’appalto ed emessi i primi SAL e le relative fatture, controparte non provvedeva all’integrale
pagamento dei relativi corrispettivi, per cui aveva ottenuto l’emissione dei decreti ingiuntivi a carico dei
debitori.
La ricorrente sosteneva altresì che, dal tenore della corrispondenza in atti versata, dall’avvenuta
risoluzione del contratto, nonché dalla notifica dei corrispondenti atti di opposizione, fosse palese la
volontà dei resistenti di non adempiere le obbligazioni contrattuali, e che, in punto di periculum in mora,
sussisteva il rischio che il contributo in conto capitale assegnato per il completamento dei lavori dal
Comune di Palermo ancora da corrispondere, fosse destinato ad altro fine e non al soddisfacimento del
credito e che i lavori venissero affidati ad altra impresa appaltatrice.
Si costituivano in giudizio tutti i resistenti che, preliminarmente eccepivano l’inammissibilità del ricorso
per violazione dell’art. 669quater c.p.c., poiché, stante la pendenza dei giudizi di merito con la notifica
dei decreti ingiuntivi, la misura cautelare doveva essere richiesta al Giudice competente per il giudizio
di opposizione.
Nel merito, richiamando i motivi posti a fondamento degli atti di opposizione, asserivano l’inesistenza
dei presupposti per la concessione del provvedimento richiesto e, in particolare, del requisito del
periculum in mora, già posto a fondamento della mancata concessione dell’esecuzione provvisoria del
decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell’art. 642 c.p.c., senza che fatti e circostanze nuove fossero
state neppure allegate dalla ricorrente.
Parimenti ritenevano l’insussistenza del lamentato periculum in mora, sia sotto il profilo oggettivo,
giacché controparte non aveva dimostrato l’entità del patrimonio di ciascuno dei committenti, sia in
relazione all’aspetto soggettivo, assumendo che l’istante non avesse fornito la prova circa l’esistenza di
atti idonei a provocare un depauperamento patrimoniale, compiuti dalla stessa resistente.
Affermavano ancora che nessun SAL o certificato di pagamento fosse stato vistato dal collaudatore
come previsto nel contratto di appalto ed, infine, contestavano la stessa debenza delle somme oggetto
di ingiunzione e della misura cautelare.
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Preliminarmente, deve essere del tutto condiviso il provvedimento adottato dal Giudice, dott.ssa Paola
Protopisani (ordinanza del 26.6.2014), che, disponendo la trasmissione degli atti al Giudice competente
per il merito, ha rigettato l’eccepita inammissibilità del ricorso sollevata dai resistenti, evidenziando
che l’avere proposto la domanda cautelare ante causam, quando ancora il Giudice dell’opposizione a
decreto ingiuntivo non era stato designato, configurava solo una violazione di norme organizzative
interne attinenti alla corretta distribuzione degli affari e certamente non radicava un vizio di
competenza tale da inficiare l’instaurazione del relativo procedimento.
Tanto premesso, passando all’esame della controversia, si ritiene sussistente il fumus boni iuris,
rappresentato dalla probabile esistenza del credito vantato dalla ricorrente e dalla sua attualità.
Dall’esame dei documenti in atti, (segnatamente copia del contratto, dei decreti ingiuntivi e della
corrispondenza versata), emerge che la società appaltatrice ha realizzato gran parte delle opere
appaltate e che ha ricevuto dai committenti solo una parte dei compensi maturati.
Tale circostanza, d’altra parte, non è stata nemmeno oggetto di specifica contestazione da parte dei
resistenti che, piuttosto, fanno valere nel giudizio di merito un vizio di invalidità del contratto di
appalto conseguente al dedotto conflitto di interessi cui verserebbe il direttore dei lavori, ing. M., e
censurano solo in parte gli ultimi SAL rilevando un aumento ingiustificato dei costi.
Dalla stessa perizia giurata versata in atti, sottoscritta dal DL e depositata al Comune di Palermo ai fini
della concessione del contributo pubblico, risulta che il 60% delle opere sono state realizzate e
certamente gran parte delle stesse sono riferibili alla E. s.r.l., poiché la precedente impresa di V.O
(omissis). ha eseguito solo una residua parte dei lavori relativi al I SAL (si vedano fatture prodotte).
Ciò precisato, si ritiene che la cautela invocata dalla ricorrente sia sorretta dall’effettiva sussistenza
del fumus boni iuris, poiché essendosi, assai verosimilmente, verificata la risoluzione del contratto di
appalto, in conseguenza dell’inadempimento contrattuale dei committenti resistenti, l’esistenza del
credito cui si riferisce la richiesta di autorizzazione al sequestro conservativo appare senz’altro
plausibile, seppur oggetto di siffatto accertamento sommario.
Ancora, con riferimento ai profili generali del rimedio azionato in via cautelare da parte ricorrente, va
precisato che, mediante il ricorso per l’autorizzazione al sequestro conservativo, il creditore mira a
“conservare” la garanzia patrimoniale costituta dai beni del debitore, ex art. 2740, c.c., creando sugli
stessi un vincolo giuridico, che trova chiara espressione nell’art. 2906 c.c., in virtù del quale “non hanno
effetto in pregiudizio del creditore sequestrante confronti le alienazioni e gli altri atti che hanno per
oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento”.
L'indisponibilità creata dal sequestro conservativo, pur essendo modellata su quella del pignoramento,
tuttavia se ne differenzia per la diversità degli effetti; il pignoramento, infatti, crea un vincolo “a
porta aperta”, del quale si possono giovare anche, oltre al creditore procedente, quelli che
eventualmente decidono di intervenire nel processo di esecuzione; diversamente, il sequestro
conservativo crea un vincolo “a porta chiusa”, in regione dell’inefficacia degli eventuali atti dispositivi
aventi a oggetto il bene sequestrato ma soltanto nei confronti del creditore sequestrante.
Con il sequestro conservativo, così, si attribuisce al creditore un rimedio di carattere preventivo, volto
a impedire che il debitore compia atti dispositivi del proprio patrimonio idonei a pregiudicare tele
garanzia generica, ex art. 2740, c.c.
Si tratta di un rimedio che incide immediatamente sui beni di detto patrimonio che vengono
assoggettati alla cautela, poiché tale sottrazione riveste, sia carattere materiale, giacché i beni
sequestrati sono sottoposti a custodia, sia carattere giuridico, in quanto il vincolo di indisponibilità si
concreta, ai sensi dell’art. 2906, I comma, c.c., nell’inefficacia relativa dell’eventuale alienazione e degli
altri atti di disposizione dei beni oggetto di siffatta cautela.
Da ciò discende che nessuna effettiva interferenza può derivare dalla pendenza del giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo e dall’eventuale concessione o meno della provvisoria esecuzione, ai
sensi dell’art. 642 o 648 c.p.c., poiché, semmai solo i presupposti, in termini di fumus boni iuris, ossia di
fondatezza della pretesa creditoria azionata potrebbero assumere refluenze ai fini della concessione
della cautela.
Difatti, in un caso l’eventuale clausola di esecutività consente al creditore di avviare l’esecuzione
forzata su tutti i beni del debitore, nell’altro caso il rimedio ha carattere meramente “conservativo”
essendo finalizzato a preservare le ragioni del creditore nelle more della celebrazione del giudizio di
merito.
In punto di periculum in mora, chi richiede il sequestro conservativo in danno di un soggetto che assume
essere proprio debitore deve provare il fondato timore di perdere o di vedere diminuita la garanzia
patrimoniale del proprio credito, costituita dal patrimonio del debitore stesso (art. 2740 c.c.), nel
tempo necessario al suo accertamento in sede giudiziale.
Il periculum in mora, dunque, può essere desunto, anche alternativamente, sia da elementi obiettivi,
attinenti alla circostanza qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore, in rapporto
proporzionale con l’ammontare del credito, sia da elementi soggettivi, riguardanti il comportamento del
debitore, che rendano verosimile l’eventualità di un depauperamento del suo patrimonio ed esprimano
l’intenzione di sottrarsi all’adempimento dei propri obblighi (cfr. Cass. n° 2081/2002; Cass. n° 13400 del
2001; Cass. n° 2139 del 1998; Cass. n° 6460 del 1996).
Indi, deve essere valutato, nel caso in esame, se effettivamente le ragioni creditorie vantate dalla E.
s.r.l. (omissis)possano essere pregiudicate, nel tempo necessario alla tutela di merito, da fattori di
rischio oggettivi oppure da comportamenti del debitore realizzati in guisa da arrecare pericolo di
perdita o diminuzione della garanzia generica del credito.
Ebbene, deve osservarsi che la società ricorrente ha dimostrato che già i resistenti non hanno
adempiuto la loro obbligazione nei confronti della precedente impresa, lasciando insoluto una parte del
debito per il pagamento del relativo corrispettivo (si vedano fatture prodotte con la memoria
autorizzata), ed hanno risolto il contratto di appalto per cui è causa, in conseguenza del mancato
pagamento degli ultimi SAL.
Ogni censura dai medesimi sollevata, in ordine alla posizione del direttore dei lavori, non è idonea ad
inficiare la validità del contratto di appalto ma semmai potrebbe assumere refluenze sulla validità o
meno del contratto di prestazione di opera professionale concluso con il medesimo professionista.
L’esistenza di tali elementi, rende indubbia la fondatezza del periculum dedotto dalla ricorrente, in
ordine a comportamenti soggettivi, rispetto al soddisfacimento del credito direttamente su parte del
contributo in conto capitale vantato nei confronti del Comune di Palermo, e provata l’eventualità che,
nel tempo necessario a fare valere le proprie ragioni, mediante l’instaurazione di un processo ordinario
di cognizione, possa perdersi oppure essere diminuita la garanzia patrimoniale del credito, con la
conseguente compromissione delle prospettive della sua realizzazione.
Inoltre, l’assenza di elementi oggettivi dai quali desumere il periculum in mora, stante la capienza del
patrimonio dei resistenti, non costituisce un elemento ostativo in merito alla valutazione della
sussistenza del pericolo nel ritardo, che, come sopra ricordato, può essere desunta, alternativamente,
sia da elementi soggettivi, sia da elementi oggettivi; i primi, nel caso di specie, sono sufficientemente
provati dalla società ricorrente.
Ciò posto, si ritiene di dover concedere la cautela fino alla concorrenza dei corrispettivi per i quali la E.
srl (omissis) ha dimostrato di essere creditrice al momento della risoluzione del contratto e, dunque,
per l’importo complessivo, pari ad € 81.240,00, autorizzando il sequestro sul credito vantato nei
confronti del Comune di Palermo e sull’immobile ancora in fase di completamento, sito in via ******, a
danno di tutte le parti resistenti.
Trattandosi di ricorso cautelare a contenuto conservativo in corso di causa, sulle spese di statuirà
all’esito del giudizio di merito.
P.Q.M.
autorizza la E. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, ad eseguire il sequestro
conservativo sul credito vantato dai resistenti nei confronti del Comune di Palermo e sull’immobile,
di proprietà di G. N, G. G. e B. C., sito a Palermo in via ******** fino alla concorrenza della
somma di euro € 81.240,00; spese al merito.
Si comunichi alle parti.
Palermo, 17 luglio 2014.
Il Giudice
Dott.ssa Sebastiana Ciardo
( da www.altalex.it )