n. 2 1 Anno 5, Febbraio 2014 INDIALOGO Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo A Pinerolo, Docenti universitari del Pinerolese/13 Intervista ad Alessandro Barbero che cosa valorizzare? Intervista all’assessora Roberta Falzoni Buone News A cura di Gabriella Bruzzone Figli di un’energia migliore Giovani leccesi riaprono un museo Era chiuso da cinquant’anni ma loro non si sono dati per vinti: armati di intraprendenza e animati dall’entusiasmo tipico dei loro quindici anni, sono riusciti a far riaprire uno dei musei storici di Lecce, ovvero il Museo di Scienze Naturali dell’Istituto Galilei-Costa, ideato da e intitolato a Cosimo De Giorgi, medico naturalista e insegnante tra l’Otto e il Novecento proprio nell’istituto leccese. Sono ventidue i giovani studenti che si sono occupati del progetto. Essendo i fondatori del gruppo EdiSons – figli di un’energia migliore, hanno deciso di organizzare la visita a lume di candela, sia per creare più suggestione in un ambiente lasciato invariato dalla sua creazione quasi un secolo fa, sia per sensibilizzare sulla questione del risparmio energetico di cui sono ferventi sostenitori. Piccola parentesi: questi stessi ragazzi l’anno scorso hanno partecipato all’iniziativa promossa da Caterpillar e Radio 2 “M’illumino di meno” con un evento dal titolo “M’illumino di cera” che aveva coinvolto l’intera città di Lecce. Il 14 dicembre 2013 si è svolta la prima visita a lume di candela. Il successo è stato talmente grande da motivare i ragazzi a organizzare altre due aperture, una a gennaio e una a febbraio. Ma non è tutto: il progetto è stato studiato anche dal punto di vista economico prevedendo un prezzo di ingresso differenziato per fascia d’età e l’investimento dei ricavati nella comunicazione dei prossimi eventi. A volte non ci rendiamo conto del patrimonio culturale racchiuso nei licei e nelle scuole superiori. Spesso si tratta di collezioni uniche e prestigiose, non valorizzate abbastanza, dimenticate e chiuse in stanze polverose. Ma poi per fortuna arriva qualcuno che riconosce l’importanza di tutto ciò e quando a farlo sono gli studenti stessi be’, la scoperta ha un sapore ancora migliore. 22 33 wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni S o m m |Pinerolo: che cosa valorizzare? La maggior parte dei giovani che vanno all’estero, al ritorno commentano in genere con soddisfazione l’esperienza arricchente vissuta. Riportando anche i giudizi sull’Italia e sugli italiani sentiti dai loro coetanei o dalle famiglie ospitanti. A parte i soliti pregiudizi, carichi anche di sarcasmo, riferiscono che dell’Italia vi è all’estero una grande considerazione per alcuni settori di nicchia: il buon cibo, il grande patrimonio artistico, la moda e il design. Un apprezzamento nei nostri confronti che Massimo Gramellini da par suo ha riassunto in modo magistrale nel mensile dei soci Coop di dicembre: «il nostro paese gode ancora di un grande pregiudizio positivo, non so quanto meritato, ma c’è e viene immediatamente associato all’idea di bellezza, di sole, di cultura e divertimento. Noi dovremmo concentrare tutte le nostre energie economiche, che oggi sono poche e per questo entra in campo la politica, su questa operazione di promozione e rilancio. Non siamo il Real Madrid che può spendere senza limiti, noi dobbiamo scegliere dove destinare le poche risorse. E dato che politica vuol dire scegliere, dobbiamo puntare su cultura, turismo, agricoltura e artigianato di qualità, sulle eccellenze dell’innovazione...» E noi di Pinerolo che cosa valorizziamo a livello di cultura, di turismo, di agricoltura, di artigianato di qualità? Per rimanere ad una delle eccellenze di Pinerolo non valorizzate mi limito a riportare quanto detto da Alessandro Barbero a pag.5: «La tradizione dolciaria di Pinerolo è sbalorditiva. E non si chiama solo Galup: a Pinerolo ci sono almeno tre pasticcerie migliori di qualunque pasticceria di Roma o di Milano». Forse c’è ancora bisogno di pensare meglio la realtà locale, prima di andare verso il globale! Antonio Denanni PINEROLO INDIALOGO Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Demis Pascal Con la partecipazione di Elvio Fassone photo Giacomo Denanni, Francesca De Marco Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it a r 2 4 i o Buone News giovani leccesi riaprono un museo Primo Piano docenti univeritari pinerolesi/13 intervista ad alessandro barbero 6Non ci restano che le storie 8 Mostafa, da moah ammedia a pinerolo Politica giovane young intervista a roberta falzoni, assessora 10Lettere al giornale Il servizio civile, un tema da riprendere lo sve e il scn 12Giovani & Storia 13 l’ex caserma fenulli e la resistenza Giovani @ Scuola più cultura economica e società 14Arte & Architettura 15 17 il centro storico una grande potenzialità Serate di Laurea l’architettura, da mumbai a pequerel Visibili & Invisibili amnesty: diritti umani ai giochi olimpici? libera: preparativi alla xix giornata mem. 18Lettera a... ai ladri: tanta fatica per nulla! 19Ritagli 20 21 le 7 regole di farinetti Per Mostre e Musei erith balestrieri Vita internazionale matina, da sidney a pinerolo 22Musica emergente severed garden 23Appunti di viaggio in cambogia 24Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo 4 no primo pia Città & Università/13 4 a cura di Marianna Bertolino Intervista ad Alessandro Barbero “La decadenza è solo economica, non è umana nè civile. Il nostro pensiero è interamente dominato dall’economia” «La tradizione dolciaria di Pinerolo è sbalorditiva. E non si chiama solo Galup» Alessandro Barbero, celebre storico medievalista e scrittore di successo è sicuramente tra i docenti universitari del Pinerolese il più noto. Professore di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale, è il tredicesimo docente universitario che intervistiamo. Lei ha pubblicato da poco il suo ultimo libro. Ci racconta di cosa parla? Il mio ultimo libro, Donne madonne mercanti e cavalieri, nasce dalle sei conferenze che ho tenuto nel 2011 e 2012 al Festival della Mente di Sarzana. Lì mi chiedono di fare per ogni edizione tre conferenze, che debbono essere collegate fra loro, un piccolo ciclo insomma. A un certo punto ho pensato di presentare tre personaggi del Medioevo che hanno scritto libro straordinari e che io amo fin da quando ero studente: fra Salimbene da Parma, Dino Compagni, e il biografo di san Luigi, Joinville. Alla fine una signora mi ha detto: professore, benissimo, ma perchè solo uomini? Io ho promesso di fare tre donne l’anno dopo, ed è stato così: Caterina da Siena, Christine de Pizan, Giovanna d’Arco. Il libro raccoglie questi sei profili, tre uomini e tre donne vissuti nel Medioevo e raccontati con le loro parole, sei finestre aperte su quell’epoca straordinaria. Oltre che scrivere e insegnare, lei va in televisione nel programma di Piero Angela Superquark. Quanto conta oggi la Tv nel successo personale? Se per successo intendiamo la notorietà, conta molto. Io credo che il mio successo sia anche di essere riconosciuto come un interlocutore interessante dai miei colleghi, gli storici, e lì per fortuna la Tv non conta niente. E si può avere successo come autore di libri di storia destinati al grande pubblico e come romanziere anche a prescindere dalla presenza in Tv. Ma se associamo il successo al fatto di essere conosciuto e riconosciuto, di avere persone ovunque nel paese che mi conoscono e mi seguono, be’, lì la Tv è importante. Lei è uno studioso dei cosiddetti “secoli bui”. Erano proprio così bui? Quanto c’è di vero e di pregiudizio? Ma non erano bui affatto – non più, voglio dire, di qualunque altra epoca prima della rivoluzione industriale. Chi viveva allora era vecchio a cinquant’anni, le donne morivano di parto, non si sapevano curare le malattie, la violenza era diffusa. Tutti gli uomini sono vissuti in un mondo così, dai Sumeri attraverso l’Atene di Socrate e la Roma di Augusto e poi il Medioevo e il Rinascimento e l’Illuminismo - ecco, lì, coll’Illuminismo e poi la rivoluzione scientifica e industriale, le cose hanno cominciato a cambiare. Ma prima no: e che il Medioevo fosse più oscuro è un pregiudizio e nient’altro. Come sta il mondo oggi rispetto ad allora? Molto meglio! Non si muore più di fame in Europa, e nemmeno in Cina e in India anche se l’idea che ridistribuire la ricchezza è un obbligo e non solo un frutto della carità individuale, non è ancora passata del tutto - . Abbiamo tecnologie meravigliose e negli ultimi sessant’anni siamo perfino riusciti a usarle per vivere meglio anzichè per ammazzarci. L’unica “Bisogna pensare in termini locali, e agire in termini globali” cosa desolante è che, con tutto questo, non siamo diventati più intelligenti rispetto alla gente dell’Antichità o del Medioevo, neanche un po’. Oggi il mondo chiede più ricette per risolvere i problemi o più valori? A livello consapevole, più ricette. La richiesta di valori mi sembra prevalentemente inconscia - non parlo del fatto che vorremmo che i politici non rubassero, quello dovrebbe essere il minimo, ma del bisogno di una rifondazione integrale del sistema dei valori. E’ inconscia, ma c’è. Vedi l’entusiasmo a priori per papa Francesco, che catalizza questo bisogno di valori che si esprime in modo per lo più acritico e inconsapevole. Veniamo ora al Pinerolese. Lei, torinese di nascita, come trova questa nostra città? Che cosa le piace e che cosa la indigna? Io ho allevato un figlio a Pinerolo e trovo che la dimensione della piccola città è bellissima per i bambini e i ragazzi. Mio figlio adesso vive a Londra e non ho l’impressione che aver trascorso i primi vent’anni a Pinerolo lo abbia reso meno adatto ad affrontare la sfida, anzi: gli ha dato sicurezza e padronanza del mondo. Ho anche apprezzato molto la presenza così vicina del mondo valdese - una minoranza agguerrita alza il livello medio della convivenza civile e del dibattito intellettuale, e costringe anche gli altri ad adeguarsi se non vogliono soccombere. Nel Pinerolese abitano più di 40 docenti universitari. Che contributo potrebbero dare per questo territorio in decadenza? La decadenza è solo economica, non è umana nè civile. I professori universitari sono come tutti gli altri, possono agire nel loro campo: nel loro caso, farsi vedere, intervenire ai dibattiti, è particolarmente importante, perchè sono o dovrebbero essere più allenati a farlo. Però è bene che siamo consapevoli che il nostro mondo e il nostro pensiero sono interamente dominati dall’economia, ed è solo all’economia che pensiamo quando parliamo di crescita o di decadenza. Ecco qualcosa che ai nostri antenati sarebbe sembrato molto bizzarro! Qual è una risorsa potenziale di Pinerolo che a suo parere non è sfruttata abbastanza e potrebbe esserlo? La tradizione dolciaria di Pinerolo è sbalorditiva. E non si chiama solo Galup: a Pinerolo ci sono almeno tre pasticcerie migliori di qualunque pasticceria di Roma o di Milano. Fino a qualche tempo fa si è parlato di Pinerolo come “città della cavalleria”, oggi qualcuno parla anche di “città degli Acaja”. Quale preferisce? Quale sarebbe secondo lei quello più appropriato? Non so quanti sappiano, in Italia e nel mondo, chi erano gli Acaia! Fra i due, meglio la cavalleria. Ma se si tratta di uno slogan da lanciare nel mondo, accettando che come tutti gli slogan appiattisca una realtà ben altrimenti complessa, confesso che sarei incerto fra “città della Maschera di Ferro” - giacchè la leggenda è conosciuta ovunque - e “città dei dolci” - vedi sopra! Concludiamo con i giovani, fascia di età a cui appartengono quasi tutti i redattori di questo giornale. Devono progettare il loro futuro guardando al territorio o è ormai indispensabile ragionare in termini globali? E’ indispensabile; il che non significa che uno debba sradicarsi. Appartenere a un luogo, a una famiglia, a degli amici, a una scuola, a dei ricordi, è importante. E’ quello che ti permette di muoverti con successo, poi, in termini globali. Una volta si diceva: bisogna pensare in termini globali, e agire in termini locali. Di recente ho sentito Oscar Farinetti, il creatore di Eataly, dire proprio il contrario: bisogna pensare in termini locali, e agire in termini globali. E aveva ragione! 5 mondo La storia di Non ci restano che le Storie... a cura di A.D. Mostafa K.approdato a Pinerolo da Moahammedia Da extracomunitario “vu cumprà“ a cittadino pinerolese integrato attraverso le suore della Visitazione Un esempio di integrazione e di accoglienza: «Sono la mia seconda famiglia» Mostafa K. è il giovane marocchino che in molti hanno incontrato al monastero della Visitazione come ospite e come tuttofare, che le suore hanno adottato quasi come un figlio e venendo considerate da lui come la sua famiglia italiana. Lo abbiamo incontrato per sentire la sua storia di immigrato. Per incominciare, ci racconti di te, della tua terra, della tua provenienza? Provengo da una famiglia di 9 persone: papà, mamma e 7 figli, 2 maschi e 5 femmine, tutti laureati. Io sono il più giovane e ho fatto solo le superiori, specializzandomi come tornitore. Nel mio paese lavoravo insieme a mio padre in una ditta di import-export, poi improvvisamente quando l’azienda è fallita ci siamo trovati in famiglia senza un reddito e così ho deciso di emigrare alla ricerca di lavoro. Dapprima ho tentato la via legale, ma di fronte alle difficoltà burocratiche mi sono arreso e ho ripiegato su quella clandestina. Da quanti anni sei in Italia e come sei giunto a Pinerolo? Sono partito dal Marocco all’età di 19 anni e sono in Italia ormai da 10 anni. A Pinerolo sono giunto per caso, a forza di girovagare per l’Italia a vendere oggettistica di vario genere come di solito fanno gli extracomunitari per vivere. All’inizio ho dormito in macchina, ho fatto dei lavoretti a giornata e in questo periodo sono stato anche fermato più volte dalla polizia per mancanza di documenti. E poi hai conosciuto le suore della Visitazione. Come è successo? La prima volta sono andato in cerca di aiuto per le mie necessità di sostentamento. Ho parlato con la madre, si è informata della mia situazione e praticamente è nata una simpatia a prima vista: insieme a tutta la comunità si sono prese cura di me. Mi hanno dato anche un alloggetto nella foresteria, io in cambio facevo dei lavoretti di manutenzione. Nel frattempo tramite loro ho conosciuto tante persone, anche titolari di imprese edili, che mi hanno dato occasione di 6 7 avere un lavoro stabile e di imparare anche questo mestiere. Le suore della Visitazione sono diventate praticamente la mia seconda famiglia, mi vogliono molto bene e io ne voglio loro altrettanto. Da loro sono stato per cinque anni, poi per via del reddito da lavoro ho potuto prendere in affitto una casa mia. Cosa ti manca del Marocco? Naturalmente la famiglia, i parenti e gli amici. In Marocco sono già tornato quattro volte. Però per ora per via del lavoro la famiglia voglio crearla qua, anche se il futuro è aperto a tutte le possibilità. Ci racconti un po’ più nel dettaglio il tuo viaggio di arrivo in barcone? E’ stata un’avventura dove ho rischiato più volte di morire. E’ incominciato tutto tre mesi prima dell’imbarco con la partenza in aereo con un altro mio amico fino in Libia. Per due mesi siamo rimasti chiusi in un edificio al buio, di nascosto, con poco cibo, poca acqua. Era il punto di raccolta dove arrivavano altre persone da tutta l’Africa. Quando si è raggiunto il numero sufficiente di persone che volevano emigrare siamo stati portati in camion su una barca di notte e siamo partiti per l’Italia: il viaggio è durato circa 30 ore. Vi lascio immaginare le condizioni igieniche di 170 persone ammassate in una barca neanche tanto grande, che ha rischiato più volte di rovesciarsi. Siamo arrivati a Lampedusa, qui siamo stati alcuni giorni e poi ci hanno spostati in un centro di accoglienza di Crotone. Da qui in diverse persone siamo scappati e qui di nuovo ho rischiato di morire perché con il mio amico di fuga ci siamo persi sui monti della Sila. Però come puoi vedere siamo riusciti a sopravvivere. Quando vedi in televisione l’arrivo via mare di tanti connazionali che cosa pensi? Vedo in loro quello che ho passato io e capisco la loro sofferenza. A parte le suore come sei stato accolto dagli italiani? Sono razzisti? No, non lo sono. Se uno si comporta bene è accolto bene. Ho fatto amicizia con tanti italiani, soprattutto per merito delle suore della Visitazione che hanno creduto in me e mi hanno aperto molte porte, facendomi conoscere anche persone importanti. Qual è la differenza maggiore tra l’Italia e il Marocco? Prima di tutto il clima. Io provengo da una zona di mare dove fa caldo. Poi la cultura, quella araba è più espansiva rispetto a quella italiana, soprattutto piemontese, qui si è più riservati. Però quando ti conoscono ti invitano anche in casa. Come ti trovi a Pinerolo? Una cosa che ti piace e una invece che non ti piace. Di Pinerolo mi piace soprattutto la sua storia. Qui mi trovo bene perche c’è un ampio movimento di persone, come nella mia città. ciò che non mi piace sono le strade rovinate. Come ti mantieni per vivere? Hai una professione? Innanzitutto ci tengo a dire che sono in regola con tutti i documenti. Faccio il muratore dipendente e poi faccio dei lavoretti in giro per persone che conosco, anche qui in regola in quanto sono titolare di partita iva. società Politica giovane young a cura di Emanuele Sacchetto Intervista a R. Falzoni, assessora alla Cultura “Collaborare con Torino credo sia importante, ma credo anche che Pinerolo abbia una sua identità culturale” Lei è un assessore di fresca nomina. Quindi molte idee sono probabilmente ancora in fase di incubazione. Però qualcosa ha sicuramente già elaborato. Ce lo riassume? Attualmente sto ancora “prendendo confidenza” con questo incarico. Sto incontrando e parlando con tanta gente, per capire i bisogni e l’idea di Pinerolo che abbiamo e che vogliamo dare. Abbiamo un patrimonio culturale incredibile. I n v e n t a r i a r e , conoscere, cercare di capire cosa può essere significativo per la città, cercare la sua vocazione e la sua identità, coinvolgendo il più possibile la gente e le associazioni culturali può essere un inizio ed un metodo. Un altro punto sul quale occorre lavorare è la comunicazione. Comunicare quello che si fa, le proposte che ci sono e che nascono è fondamentale: ciò che non è comunicato non esiste. C’è poi tutta una serie di eventi e manifestazioni, significative ed emblematiche per la città che forse hanno bisogno di rinnovarsi e ritrovare entusiasmo. Un elemento di ricchezza della città sono le associazioni culturali, che sono sicuramente tante. Forse persino troppe, se ognuna ragiona in proprio. Quale politica culturale intende fare con queste associazioni? Sì, le associazioni sono molte ma non è un problema, apprezzo sempre chi ha voglia di fare, quello che però è un limite è la scarsa sinergia tra loro, sarebbe più proficuo conoscersi e collaborare con obiettivi comuni. Mi propongo quindi di andare in questa direzione: mettere in contatto e fare rete. Il Teatro Sociale è un piccolo gioiello della città, forse però è un po’ caro per un uso più estensivo. Ha qualche idea in proposito? Quando si parla di Teatro Sociale non possono non venire in mente i tempi passati, il vecchio teatro, quello andato in fumo nell’ormai lontano 1972 di cui la città si è sentita orfana a lungo. Dal 2008 il Teatro Sociale è tornato operativo, con molte potenzialità ma con dei limiti. Nasce anche come centro congressi ma il suo utilizzo in questo senso finora è stato quasi nullo, c’è una sala mostre ma anche qui non mi pare si muova molto. Per quanto riguarda i costi di affitto mi risulta essere in linea con altri teatri simili per dimensioni ed importanza, ad aumentare i costi finali è la documentazione da presentare in materia di sicurezza, ma è necessaria ed inevitabile. Bisognerà sicuramente fare dei ragionamenti. Il raccordo di Pinerolo con Torino è indispensabile per una programmazione artistico-culturale in città? E dal punto di vista politico, il localismo pinerolese ha ancora senso o bisogna aprirsi al traino della città capoluogo? Collaborare con Torino credo sia importante e possa portare dei vantaggi alla città di 8 «I giovani hanno bisogno di avere degli spazi per fare» Pinerolo, ma altrettanto credo che Pinerolo abbia una sua personalità, una sua identità culturale. Essere al traino di qualcuno, poi, è un’immagine che non mi piace affatto. Anche il discorso di città metropolitana troppo torinocentrica mi preoccupa un po’ ma si devono saper cogliere le offerte che da Torino arrivano e farle nostre, o proprio andarcele a cercare. Ad esempio. Stiamo lavorando per portare a Pinerolo il Salone del libro, Pinerolo, che è già città della poesia, diventerà “Salone Off”, cioè salone diffuso, fuori dal luogo centrale che è il Lingotto, per quanto riguarda la poesia. Il programma è ambizioso e bellissimo, sarei contenta si realizzasse, sono molto fiduciosa. Ci interessa molto il discorso sul polo culturale intorno alla caserma Bochard. Come prosegue l’iter di acquisizione dell’immobile? Ci accenna qualcosa anche su palazzo degli Acaja? Sono già in atto delle sinergie con associazioni o privati? Questo, a mio giudizio, il progetto più ambizioso di questa amministrazione e che avrà il potere di cambiare la città ed il modo di viverla. L’iter prosegue positivamente, entro fine anno si approderà alla firma definitiva che segnerà il passaggio di proprietà al comune di Pinerolo. Sono già state fatte ipotesi di frazionamento della superficie e le procedure tecniche preordinate all’atto di trasferimento della ex caserma. Qui verrà trasferita la biblioteca, ormai davvero al limite, con annessi una serie di servizi (caffetteria, area musica, ecc). Sarà una biblioteca moderna, luogo di incontro e di relazione. Troverà sistemazione anche l’istituto civico musicale Corelli, altro fiore all’occhiello della nostra città. Lo trovo un progetto meraviglioso e voglio ancora sottolineare che è un progetto concreto nel quale l’amministrazione, a cominciare dal sindaco, crede fortemente. Per quanto riguarda invece Palazzo Acaja, abbiamo partecipato ad un bando che si chiama Valore paese – Dimore. I progetti presentati sono stati 277 e solo 55 hanno i requisiti per entrare nella prima fascia, Palazzo Acaja è tra questi. E’ un’opportunità per valorizzare dimore storiche e di valore culturale in sinergia pubblico-privato. Il palazzo potrebbe quindi trasformarsi in una struttura ricettiva di qualità, promuovendo al tempo stesso la nostra storia e la cultura di Pinerolo. Palazzo Vittone e il sistema museale. Un altro nodo culturale della città. E’ possibile coordinare i nostri piccoli musei, oppure è destino che ognuno vada per conto proprio? Sentir definire piccoli i nostri musei, sinceramente, non mi pare renda loro giustizia. Abbiamo una Pinacoteca con opere di grandissimo valore, un museo etnografico ricchissimo ed affascinante, stessa cosa dicasi per quello di arte preistorica e quello di scienze naturali (anche se quest’ultimo non è a Palazzo Vittone). Credo che questi musei abbiano grandi potenzialità lavorando, ad esempio, su allestimenti più attrattivi e moderni. Lei è anche assessore alle pari opportunità. A Pinerolo è un problema sentito? Vi è discriminazione tra i sessi, oppure la parità è già stata raggiunta? Il fatto che la parità di genere non sia stata ancora raggiunta lo testimonia l’esistenza stessa dell’assessorato e della commissione pari opportunità. Anche a Pinerolo il problema è sentito. Anche qui a pari livello contrattuale gli stipendi delle donne sono più “leggeri” rispetto a quelli dei colleghi uomini, anche qui le studentesse sono più brave dei loro compagni maschi ma poi sono più discriminate sul lavoro, anche qui, purtroppo, esiste la violenza di genere. Concludiamo con le politiche giovanili, che ci interessano in modo particolare. Quali iniziative intende mettere in atto a favore dei giovani? Proprio pochi giorni fa ho fatto una chiacchierata su questo tema con due consiglieri, uno di maggioranza ed uno di minoranza. I giovani hanno voglia di avere degli spazi per fare, le idee le hanno e le portano avanti. Il ruolo delle istituzioni deve essere di supporto. 9 PINEROLO Lettere al giornale 10 di Elvio Fassone Per valorizzare le energie giovanili Il servizio civile: un tema da riprendere Fra le tante proposte di Matteo Renzi, una ha avuto meno risalto di quanto meritava, sebbene, forse, migliore di altre: quella di introdurre un servizio civile obbligatorio per tutti i giovani. A prima vista potrebbe sembrare uno dei tanti temi di evasione, di quelli che “ben altri sono i problemi”: ma se la si prendesse sul serio, potrebbe incidere non poco nella materia dell’occupazione giovanile. Sono ormai tredici anni che è stato regolato per legge il servizio civile volontario (L. 6 marzo 2001, n. 64) e dieci gli anni da che è stato definitivamente soppresso il servizio militare obbligatorio (L. 23 agosto 2004, n. 226). Con la conseguenza bizzarra che un complesso di leggi finalizzate ad ammodernare il servizio militare ha prodotto una violazione del dettato costituzionale, là dove stabilisce (art. 52) che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, e definisce obbligatorio il servizio militare, sia pure nei limiti stabiliti dalla legge ordinaria. Il paradosso sta in ciò, che il servizio militare in senso proprio è diventato volontario, e perciò una professione come altre, rimessa alle scelte del singolo, uomo o donna che sia; mentre la difesa della Patria (concetto che la Corte costituzionale, per fare salva l’obiezione di coscienza, aveva dilatato sino a comprendervi ogni forma di impegno organizzato a beneficio della collettività) non è più obbligatoria nemmeno essa: di modo che di obbligatorio non c’è più nulla, e il sacro dovere è diventato un enunciato retorico privo di effetti. Che tutto ciò abbia depotenziato l’enfasi militarista, è un bene; ma non è un bene che ne sia derivata la rimozione di quell’apprendistato civile che è insito nella nozione di servizio. Nel vuoto di valori che tutti lamentano, dovrebbe essere recuperato il significato di un breve tratto della propria giovinezza (indicativamente si può pensare ad un anno) dedicato all’utilità comune, prima di immergersi totalmente nel culto della convenienza propria. Così come dovrebbe avere pregio il fatto che questo servizio fosse prestato da tutti, uomini e donne, con modalità adeguate ai diversi generi, quale ulteriore forma di parità, atta a dare più forza alle rivendicazioni femminili; il tutto, beninteso, inquadrato in uno statuto dignitoso, che eviti di fare di questa esperienza un’occasione di sfruttamento o un tempo sprecato in lavoretti bagattellari. Una riforma del genere appare tanto più utile, quanto più è evidente ed esteso lo stato di inoccupazione di una gran parte dei giovani di oggi. Un anno di servizio, decorosamente retribuito, trascorso imparando nelle varie articolazioni della pubblica amministrazione non solo ridurrebbe un poco le macroscopiche disfunzioni della stessa, con sollievo dei cittadini, ma potrebbe immettere sul mercato del lavoro degli individui la cui esperienza e formazione diverrebbe “spendibile” a largo raggio. Certo, lo sforzo dello Stato sarebbe imponente. Sino ad ora i volontari avviati al servizio sono nell’ordine di grandezza di 20-30 mila all’anno, mentre un servizio universale (sia pure depurato dalle esenzioni, tra le quali includere la prestazione attuale di un lavoro, per non compromettere proprio ciò che si persegue) si muoverebbe in una dimensione delle centinaia di migliaia di persone. Inoltre, sarebbe indispensabile allargare la gamma delle occupazioni, sino ad ora mantenute ad un basso livello di qualificazione (interventi di assistenza per circa il 45%; ambito educativo e di promozione culturale, per circa il 28%; patrimonio culturale e progetti ambientali, per circa il 20%). Ma certamente non sarebbero risorse buttate, se il servizio fosse organizzato con convinzione e competenza. La resa modesta di oggi è frutto dell’ottica sbagliata di un servizio civile inteso come parcheggio, o come problema da scansare col minor dispendio possibile. Se lo si concepisse, come è dovuto, quale occasione di valorizzare energie ed inventiva giovanile, e quale momento di maturazione e di formazione, potrebbe essere uno strumento utile per il futuro di tutti e di ciascuno. Informazioni su SCN e SVE 11 Il Servizio Volontario Europeo Il Servizio Volontario Europeo (SVE) è un progetto previsto dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Gioventù in Azione allo scopo di promuovere la solidarietà, migliorare la qualità del sostegno per i giovani, la cittadinanza attiva e la comprensione reciproca tra i giovani. Lo SVE consente ai giovani tra i 18 e i 30 anni di effettuare un’esperienza di volontariato all’estero per un periodo che va dai 2 mesi a 1 anno. Sono previsti anche progetti SVE di breve durata. Chi può partecipare Il Servizio Volontario Europeo (SVE) è aperto a tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Nei casi di giovani con minori opportunità, è possibile la partecipazione anche tra i 16 e i 30 anni, a condizione che vengano forniti preparazione, accompagnamento e follow-up qualificati e personalizzati. Dove si può svolgere lo SVE Lo SVE si può svolgere nei 27 paesi dell’Unione Europea, inoltre in Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Croazia, Turchia e nei Paesi partner limitrofi: Sud-Est Europa, Europa orientale e Caucaso, paesi mediterranei. I progetti SVE che si svolgono in tutti gli altri Paesi (Paesi Terzi) sono più complessi e richiedono tempi molto più lunghi. In quali ambiti si può fare lo SVE? Lo SVE offre davvero un ampio ventaglio di ambiti in cui sperimentarsi: Cultura, arte, sport, cura del patrimonio, ambiente; Assistenza sociale (bambini, donne, anziani, immigrati…); Comunicazione e media; Promozione delle politiche giovanili. Cosa bisogna fare per candidarsi Un progetto SVE nasce da una partnership tra un ente di invio, un ente di accoglienza e un volontario. Per prima cosa l’aspirante volontario deve cercare un’organizzazione di invio nel suo paese. Successivamente deve: 1. Trovare un progetto nel database http://ec.europa. eu/youth/evs/aod/hei_en.cfm e un ente di accoglienza; 2. Mandare la sua candidatura (CV sul modello euro pass http://europass.cedefop.europa.eu/en/documents/ curriculum-vitae e lettera di motivazione possibilmente in inglese) all’organizzazione d’accoglienza prescelta. Per predisporre la candidatura, è bene appoggiarsi all’ente di invio; 3. Se il candidato viene selezionato, l’organizzazione d’accoglienza e quella di invio presenteranno una domanda di cofinanziamento per il tuo progetto SVE all’Agenzia Nazionale. Per il SCN un compenso di € 433,80 Il servizio civile viene svolto attraverso il supporto di un ente. Gli enti di servizio civile sono le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni no profit. Per poter partecipare al Servizio Civile Nazionale (SCN) gli enti devono dimostrare di possedere requisiti strutturali ed organizzativi, avere adeguate competenze e risorse specificatamente destinate al SCN. Devono inoltre sottoscrivere una carta di impegno etico ed essere iscritti in appositi albi - Albo nazionale e Albo regionale - ; solo così possono presentare progetti di Servizio Civile Nazionale. I progetti d’impiego dei volontari, predisposti dagli enti pubblici e dalle organizzazioni del Terzo Settore iscritti all’Albo nazionale vengono presentati all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, quelli predisposti dagli enti territoriali iscritti nell’Albo regionale vengono presentati alle strutture del Servizio civile della Regione competente per territorio. I volontari ricevono un compenso mensile netto di 433,80 euro che viene mensilmente versato sul loro conto dall’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile. Coloro che svolgono il servizio all’estero, ricevono in piú un’indennità di 15 euro al giorno (oltre i 433,80 mensili fissi). Ai volontari di servizio civile spettano 20 giorni di permesso retribuito. In base alla legge 64/2001, il periodo di servizio civile prestato è riconosciuto utile ai fini del diritto e della determinazione della misura dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia secondo il modello di copertura previdenziale, godono dell’assistenza sanitaria nazionale. L’anno di servizio civile volontario può valere come credito formativo o tirocinio nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale, ai fini del compimento di periodi obbligatori di pratica professionale o di specializzazione, previsti per l’acquisizione dei titoli necessari all’esercizio di specifiche professioni o mestieri. Anche le Università degli studi possono riconoscere crediti formativi , da essere rilasciati, per attività formative prestate nel corso del servizio. 12 Società Giovani@Storia di Nadia Fenoglio. Cenni di storia del Pinerolese poco noti L’ex Caserma Fenulli nella guerra di resistenza La ricorrenza, lo scorso 27 gennaio, della Giornata della Memoria offre l’opportunità di interrogarsi su una pagina particolarmente oscura nella storia dell’umanità. Non si tratta di una storia lontana, avvenuta altrove: anche Pinerolo può raccontare quello che fu il contributo che il nostro territorio diede, in particolare nella guerra di resistenza e liberazione tra 1943 e 1945, quando prendere una parte significava mettere in gioco la vita. Osserviamo gli avvenimenti principali da una prospettiva singolare – quella di un edificio. Parliamo dell’attuale Museo della Cavalleria, ex Caserma Fenulli, ex Caserma P r i n c i p e Amedeo, ex Scuola di Cavalleria di Pinerolo. Un edificio storico che forse reca troppi ex e che meriterebbe un’iniezione di vita. Il Pinerolese, nella guerra partigiana, ebbe un’importanza cruciale in quanto crocevia di comunicazione con la vicina Francia. Per questo la città, dopo essere stata occupata nel settembre 1943 da reparti della Luftwaffe e da una divisione delle SS, l’anno successivo divenne sede del comando delle SS italiane per meglio fronteggiare il movimento di resistenza nelle valli. Nella Pinerolo occupata, dell’odierna ex Caserma Fenulli si impossessarono i tedeschi ed essa divenne carcere provvisorio per i partigiani tenuti a disposizione dei reparti tedeschi per scambi e rappresaglie. È nel marzo e nell’agosto 1944 che ebbero luogo le maggiori operazioni di rastrellamento nelle quali un gran numero di partigiani e civili fu catturata per essere internata nei campi di concentramento e nelle strutture di lavoro coatto. Operazione Sperber, in tedesco “sparviero” era il nome in codice di una di queste rappresaglie, effettuata tra il 21 e il 29 marzo nelle zone di Barge e delle valli Pellice, Chisone e Germanasca. Pochi giorni dopo la fine dello Sperber, il 3 aprile 1944 ebbe luogo la più grande rappresaglia sui civili del Pinerolese; a seguire, l’attacco dell’estate ‘44 nelle v a l l a t e partigiane sotto il nome di Operazione Nachtigall, in tedesco “usignolo”. In un succedersi inenarrabile di violenze, giunse il 28 aprile 1945, giorno in cui Pinerolo fu precipitosamente abbandonata dai nazifascisti e la Caserma, liberata, fu quindi usata dai partigiani per concentrarvi collaborazionisti del regime ed ex repubblichini, termine con cui, dispregiativamente, venivano chiamati i militari della Repubblica di Salò. L’importanza che l’edificio ebbe nel corso della guerra di resistenza rimane ancora oggi. La Caserma fu infatti intitolata nel 1961 a Dardano Fenulli, ufficiale emiliano che combatté contro i nazifascisti e cadde alle Fosse Ardeatine; una targa di marmo sul muro esterno rivolto verso Piazza Fontana ne ricorda il sacrificio. Nel contempo, fu anche prescelta per istituirvi il Museo Storico dell’Arma della Cavalleria, inaugurato nel 1968 e aperto ancora oggi. 12 società 13 Giovani@Scuola a cura di Nadia Fenoglio Appello di presidi ed insegnanti a favore del Liceo Economico Sociale - Campagna di raccolta firme presso il Liceo Porporato di Pinerolo “Più cultura economica e più società contemporanea nella scuola italiana” Si stanno raccogliendo le firme sull’Appello “Più cultura economica e più società contemporanea nella scuola italiana” , Il testo proveniente da docenti e presidi del nuovo Liceo Economico Sociale, vedi il sito: www. liceoeconomicosociale.it . Si organizzerà a breve la presentazione del documento in una Conferenza stampa presso il Liceo Porporato. Le cause della crisi che stiamo attraversando sono molte e le cose da fare per uscirne non facili da individuare. Una però si può realizzare subito: investire nei giovani e in una formazione adeguata a far ripartire il Paese, la società, l’economia. Per questo i saperi scientifici e umanistici devono potersi incontrare in un percorso formativo in grado di affrontare le sfide della contemporaneità. Ciò può avvenire attraverso una rivalutazione a scuola della cultura economica, trasversale a tante discipline, essenziale per capire il mondo e le sue trasformazioni, e capace di attivare e sviluppare nei giovani competenze utili a loro stessi e all’intera collettività. Le discipline economiche, sociali e giuridiche, inserite in un curriculum scolastico che offra una preparazione approfondita e flessibile, sono importanti per formare il cittadino e per vincere le sfide del presente. Nella scuola italiana attuale, al contrario, la formazione in queste materie è molto ridotta; infatti sono studiate da non più del 15% degli studenti degli ultimi anni delle scuole secondarie superiori. Le persone che condividono queste constatazioni auspicano che la formazione economica, sociale e giuridica si rafforzi in tutta la scuola italiana e che si sviluppino, grazie all’autonomia scolastica, percorsi di studio orientati alle competenze di cittadinanza economica e all’educazione finanziaria. Per queste ragioni auspicano, inoltre, un forte ruolo del nuovo Liceo Economico-sociale nato dalla riforma. E’ necessario che questo liceo cresca e si diffonda, così da diventare punto di riferimento per i giovani che vogliono capire la complessità del mondo contemporaneo e partecipare consapevolmente alla costruzione di quello di domani, che vogliono comprendere le scelte nell’uso delle risorse e dell’ambiente, le ragioni delle regole e la natura delle relazioni umane, e che hanno a cuore il benessere e la condizione dell’uomo nel suo tempo, presente e futuro. Siamo infatti convinti che il nuovo Liceo Economico-sociale, che “fornisce allo studente competenze particolarmente avanzate negli studi afferenti alle scienze giuridiche, economiche e sociali”, possa favorire l’acquisizione di competenze fondamentali per il cittadino di domani. 13 Arte&Architettura di Aldo Martellotto Se si investe nella dimensione turistica e culturale Un centro storico con grandi potenzialità Solo la fruizione costante può garantirne la manutenzione ordinaria Passeggiando nel centro storico di Pinerolo non si può fare a meno di notare la bellezza di alcuni palazzi storici, di antichi cortili nascosti, di case di impianto medievale; tuttavia spesso la trascuratezza di alcune aree, il cattivo stato di manutenzione o l’abbandono di edifici storici oscurano la bellezza e denotano la ristrettezza di un centro storico con grandi potenzialità. Confrontando il nostro centro storico con realtà analoghe o simili ci si rende presto conto delle differenze e di conseguenza di ciò che andrebbe realizzato per ovviare alle criticità tutt’oggi presenti: interventi mirati di ripristino e recupero, ovvviamente sempre nel rispetto della memoria storica dell’edificio e in linea con le più moderne indicazioni nel campo del restauro architettonico e non, politiche di gestione del patrimonio immobiliare della città dedite alla sua valorizzazione, non solo economica, politiche di sostegno al commercio nella misura del negozio di vicinato. Ma soprattutto sarebbero necessari interventi di potenziamento della dimensione turistica e culturale, anche attraverso l’organizzazione di manifestazioni culturali da svolgersi nel cuore della Città, consci del fatto che solo attraverso la fruizione costante dei beni (in questo caso, un intero centro storico) possa esserne garantita la manutenzione ordinaria, condizione necessaria per il mantenimento in vita. Sicuramente, una causa delle problematiche presenti nel centro storico della nostra cittadina è da ricercare nelle politiche adottate, o meglio nella loro mancanza, come ha messo in luce l’arch. Luca Barbero, presidente della commissione per il centro storico di Pinerolo, che in merito alla revisione del Piano Regolatore, in un’intervista del 6 giugno scorso svolta da Riccardo Rudiero e pubblicata proprio su questo giornale asseriva: “Il centro storico vive una dinamica complessa, con esigenze differenti e a volte conflittuali. Non può venir meno una visione globale. Il centro storico possiede un patrimonio immobiliare in larga parte non utilizzato, e questa è una delle partite centrali se lo si vuole rivitalizzare. La revisione del PRG dovrà favorire la sua riqualificazione, cercando di creare condizioni per cui anche gli operatori immobiliari possano intervenire”. Tuttavia qualche responsabilità è da ricercare anche in noi cittadini, sia in qualità di residenti nel centro storico, sia lavoratori che semplici fruitori. Le vie ormai quasi vuote del centro storico, con un’infinità di negozi sfitti, anche a causa dei canoni di locazione spesso proibitivi, senza attrazioni facili, ma con un grande passato, possono raccontarci molte cose, se prestiamo un po’ di attenzione a ciò che ci è intorno e camminiamo con il naso all’insù. E forse, qualora venisse organizzata qualche manifestazione in più, sarebbe desiderabile una numerosa partecipazione nonché una maggiore sopportazione, con buona pazienza, del “disturbo” aggiunto. 14 in città Serate di Laurea 15 di Maria Anna Bertolino Serate di Laurea di gennaio presso la nuova sede di Onda d’Urto con Alice Rostagno e Anna Percivati L’architettura, da Mumbai a Pequerel Il 31 gennaio, due giovani laureate in Architettura hanno parlato di sviluppo urbano e di recupero di borgate alpine. Anna Percivati ha presentato un lavoro sulla città indiana di Mumbai, intitolato “Mapping another Mumbai” svolto con alcuni colleghi del Politecnico di Torino. La candidata ha fatto parte di un gruppo di ricerca partito, nel febbraio del 2013, alla volta della megalopoli indiana per “mappare” i villaggi interni alla città, ossia quegli abitati preesistenti allo sviluppo urbanistico, caratterizzati da un’economia molte volte di sussistenza, e per questo definiti con l’espressione “ c i t t à informale” Alice Rostagno le cui caratteristiche sono, tra le altre, una pianificazione urbanistica non regolamentata, nella quale prevale la destinazione d’uso (ossia la funzione) rispetto alla forma e dove lo spazio diviene un luogo di relazioni basato sulle regole del vicinato. Tali villaggi, tuttavia, soffrono, agli occhi della città formale (quella dello sviluppo e dei regolamenti edilizi) di una scarsa attenzione in quanto, sia da parte della municipalità, sia da parte di studi di pianificazione locali, non è riconosciuta loro una specificità e una distinzione rispetto agli slum o agli insediamenti temporanei. Anna e il gruppo di ricerca hanno stilato una lista di 199 villaggi dislocati sui 438 km quadrati della città e di questi ne hanno analizzati 31 nei quali sono emersi alcuni caratteri comuni relativi a struttura e complessità. Il villaggio, lungi dall’essere mero spazio da inglobare, dimostra alcune potenzialità che la città non ha: la sicurezza, il basarsi su regole condivise e vincoli solidaristici, il divenire luogo di memoria per coloro che vi abitano. In ultimo, il villaggio dà un senso di appartenenza e di comunità che nell’epoca contemporanea è ricercato in più parti del mondo. Questo bisogno sembra lo stesso che guida molte persone a risiedere nuovamente nelle nostre Alpi, sia per fuggire alla spersonalizzazione della città, sia per trovare una via alternativa alla mancanza cronica di lavoro, reinventandosi e creando nuove attività che guardano all’agricoltura e all’allevamento ma anche a nuove forme di turismo. Emerge così una forte necessità di ristabilire e recuperare il patrimonio architettonico vernacolare e numerosi Anna Percivati progetti del Politecnico di Torino guardano in questa direzione. Alice ha scelto di dedicarsi allo studio di Pequerel, una borgata all’interno del Parco naturale OrsieraRocciavré, con una tesi dal titolo “Vivere la montagna: un progetto per la borgata di Pequerel”. Il lavoro ha riguardato il recupero del fulcro centrale della borgata, attraverso il rilievo e lo studio di una doppia destinazione d’uso delle abitazioni, residenziale e turistica. Entrambi gli interventi esigono che gli spazi degli edifici siano funzionali alle moderne esigenze: così, oltre all’uso di materiali naturali come pietra e legno, si è dovuto pensare all’ampliamento delle unità abitative, un tempo di dimensioni ridotte. Inoltre si è pensato di recuperare l’aspetto comunitario prevedendo uno spazio d’uso quotidiano al centro della borgata. Infine, per rispondere agli imperativi dell’ecosostenibilità si è guardato anche alla progettazione di un polo energetico con una centrale termica e un impianto fotovoltaico. Cosedell’altromondo Giovani,Tecnologia@Innovazioni 16 18 a cura di Greta Gontero “Indossare” i libri del cuore Tutti noi abbiamo sempre sognato di entrare a far parte del nostro libro preferito, di esserne i protagonisti, di sognare insieme ai nostri personaggi…ma si può osare di più? Forse al giorno d’oggi non basta più la semplice fantasia o immedesimazione, non basta più rimanere catturati dalla storia e rimanervi avvinghiati fino all’ultima pagina, la gente desidera vivere esperienze che in realtà non sta vivendo. La tecnologia del lettore e-book, ideato dai ricercatori del MIT di Boston, può permettere tutto questo. Hanno infatti creato un dispositivo speciale in grado di percepire le stesse sensazioni dei protagonisti di un determinato libro, il cui titolo è “The girl who was plugged in” ( la ragazza che è stata collegata), scritto da James Tiptree Jr, e che è al centro del progetto “Sensory Fiction”. Il lettore e-book è collegato ad un gilet indossabile, ricoperto di sensori e dispositivi particolari che lanciano stimoli al nostro organismo; questi sono in grado di far provare caldo, freddo, ansia, paura, agitazione o benessere in base a ciò che sta accadendo al protagonista del racconto. É anche capace di stimolare il battito cardiaco e provocare sensazioni tattili particolari. Si può quindi “sentire” quello che accade nel libro grazie ai sensori tecnologici sul gilet indossato. Può forse questa invenzione invitare a leggere di più? Preparativi per la XIX giornata della memoria e dell’impegno di Chiara Perrone Abbiamo da poco celebrato la giornata della memoria per ricordare le vittime e gli orrori del regime nazifascista. Ora ci prepariamo ad un’altra giornata della memoria, quella del 22 marzo, dove ricorderemo tutte le vittime delle organizzazioni mafiose. Quest’anno la commemorazione e il corteo si terranno a Latina, città del litorale laziale, terra di grande risorse ambientali e di grande vocazione agricola. Purtroppo è anche terra oggetto di infiltrazione mafiosa, soprattutto camorra e ‘ndrangheta. Infatti le indagini della magistratura compiute negli ultimi anni hanno rivelato come tutto il litorale laziale sia soggetto ad una radicazione profonda delle organizzazioni mafiose, al punto che il comune di Nettuno è stato sciolto per infiltrazione mafiosa. Latina quindi è una scelta importante per raccontare un territorio, quello laziale, ma anche per raccontare una città, Roma, la quale vede sempre più spesso protagoniste le organizzazioni criminali. Ecco allora che Libera giunge a Latina con i giovani, nel ventennale dell’uccisione di don Peppe Diana, per ricordare tutte le vittime innocenti che hanno combattuto in prima persona la mafia oppure hanno avuto la sfortuna di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. Un appuntamento dove coloro che credono ancora nella giustizia potranno camminare insieme ai parenti delle vittime e far sì che ogni goccia di sangue versata non sia stata vana, ma possa essere una molla per ripartire e per costruire insieme il futuro, il nostro futuro. Lo slogan di quest’anno è “Radici di memoria,frutti di impegno”, speriamo così che le piazze si colorino di frutti coi nomi delle vittime, per non dimenticare. ni diritti uma Visibili & Invisibili a cura di Alessandro Coassolo gruppo giovani amnesty international-Pinerolo La fiamma olimpica farà luce anche sulla violazione dei Diritti Umani? Cara lettrice o caro lettore, dovresti immaginare di essere un attivista politico di un’organizzazione che difende, ad esempio, i diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali , transgender e intersessuate (LGBTI) . Come ogni mattina, anche oggi ti alzi e ti rechi nella sede dell’organizzazione per cui lavori ma non appena cerchi di entrare nel tuo ufficio, vedi la porta d’ingresso spalancata. Sei preoccupato perché ti chiedi cosa stia succedendo ma speri nell’aiuto di un agente di polizia che cammina nel tuo corridoio: lui però non ti aiuta. Anzi, ti mostra un foglio che lo autorizza a perquisire la sede della tua organizzazione perché “svolge attività di propaganda contrarie a quelle promosse dalle pubbliche autorità”. Ti informa, poi, che dovrai cambiare sede, comparire di fronte ad un tribunale con l’accusa di essere a capo di “un’organizzazione straniera” (e – in quanto tale – pericolosa) e che i tuoi colleghi sono stati arrestati per aver manifestato pacificamente di fronte al Parlamento contro una nuova legge per punire chi promuove “propaganda contro l’omofobia”. Ti senti improvvisamente solo e inizi a provare un forte disgusto perché non accetti - e chi lo farebbe - che il tuo Stato ti impedisca di lavorare a fianco delle comunità LGBTI e non accetti che nel tuo paese sia ormai vietato manifestare pacificamente per ogni cosa. E allora, cara lettrice o caro lettore, inizi a lottare per la tua battaglia, che sarà sempre una battaglia per i diritti degli altri, ma sarà anche una battaglia per i tuoi. Dovrai lottare per continuare a svolgere il tuo lavoro e ti opporrai alla richiesta delle autorità di iscriverti in un apposito registro per le organizzazioni che svolgono attività politiche “potenzialmente pericolose” (chiedendoti che cosa significhi questa definizione). Sai anche che a Febbraio 2014 – essendo tu di Soci, Russia -, proprio mentre si svolgeranno le Olimpiadi invernali, non ti sarà concesso svolgere nessuna attività a patto che tu scelga di manifestare per pochi attimi in un’area strettamente controllata dalle autorità, in una zona lontana dalla folla di giornalisti che riempiranno la tua città. Caro lettrice o caro lettore, ti auguro, in quei giorni di tanta attenzione internazionale, che tu possa raccontare al mondo quanto sia difficile svolgere il tuo lavoro per i diritti di tutti nella tua città – Soci – e nel tuo paese –la Russia. Tante organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty, saranno a lottare con te. 17 Lettera a... dal tempo di Cristiano Roasio Lettera ai ladri “Quanta fatica per nulla” In una notte qualsiasi di fine dicembre, né fredda né nebbiosa, né, non me ne voglia Snoopy, tempestosa, tre ombre si aggirano nel mio giardino, almeno questo è quanto mi viene raccontato qualche minuto dopo, perché troppa era la pigrizia e il disagio nell’uscire dal caldo mio giaciglio di tepore e intorpidimento e zittire il cane, il quale evidentemente stava cercando di annunciare con tonalità dissonanti dal solito latrato degli intrusi. Ebbene i tre loschi figuri vengono allontanati da un belluino urlo del piemontese medio, ferito laddove più brucia, la privacy, l’imprevisto che sconvolge l’abitudine fatta di cancellate, proprietà private, prati rasati e Nostri. Da allora son passate alcune settimane e non posso fare a meno di trarre alcune considerazioni dall’evento: i carabinieri (salvo qualche evidente sgarro alla regola, come in ogni settore e professione), quando ne avete bisogno e al contrario di ogni facile battuta, sono veloci, professionisti e disponibili, ma come avviene per i medici probabilmente vengono ostracizzati in modo sciamanico, quasi che non pensare loro in termini elogiativi ci possa in qualche modo proteggere da un loro effettivo intervento, perlopiù drammatico, nelle nostre vite; la sicurezza è un’illusione di mercato, grazie alla quale l’impostazione generale delle nostre esistenze può continuare: produrre, comprare, buttare o farsi rubare, molto meglio la sicumera cultural-intellettiva... se non che: anch’essa non esiste perché eventi insignificanti, come potrebbe esserlo l’intrusione fallita di tre sfigati nel proprio giardino melmoso, assumono un valore nel nostro inconscio di gran lunga più devastante di qualsivoglia illuministica razionalità e determinano i nostri comportamenti/ pensieri/paure con maggior effetto di anni di studio e approfondimento filosofico; eventi del genere sono fatti della stessa consuetudine che mettono a dura prova con la loro irruzione apparentemente inconsueta. Nel Pinerolese sotto le festività la recrudescenza dei furti in abitazione non è passata inosservata a nessuno ed io stesso ne ho avuto più di una testimonianza diretta, ma ne vale davvero la pena? Seriamente, qualunque sia il vostro grado di disperazione, ha davvero senso farsi correre dietro da un cane arrabbiato, nascondersi dietro una magnolia, farsi puntare un faro, rotolare nelle rose e incastrarsi tra le piante?! Eppure la grottesca reazione, l’enorme misura di sicurezza che ho pensato di attuare, e cioè chiudere le porte, mi dà da pensare allo stesso modo. Che senso ha? Ci si conquista la propria vita privata o la si strappa, diciamo pure la si ruba, ignorando gli altri, anzi cercando proprio di, figurativamente, eliminarli? Guardare fuori dalle persiane con un misto di apprensione e autocommiserazione e sentirsi insicuri, non già perché le palizzate non sono elettrificate e il ponte levatoio non è stato alzato o ancora perché le sentinelle non sono allertate, ma perché essendo giornalmente grato per quello che ho e per quello che non ho, cosa posso davvero definire mio? Dove sta il confine tra un’azione amorale e forse illegale e una legale amorale allo stesso modo? E nel caso l’azione fosse moralmente giusta ma illegale? Rubare a chi? Per cosa? Ho bisogno di qualche euro in più o di una casa disastrata, cassetti ribaltati e materassi sventrati per uscire dal torpore? Quanto lo pago questo sonno quotidiano? Non è a me che dovete rivolgervi perché non ho ancora capito se sono il ladro o la vittima. 18 Ritagli Le sette regole per affrontare la crisi e il futuro Oscar Farinetti le ribadisce all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Piemonte Orientale Protagonista della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Piemonte Orientale, il presidente di Eataly Oscar Farinetti ha dedicato il suo intervento ai giovani: «Quella che vi stiamo consegnando - ha esordito - è un’Italia tutt’altro che in attivo. Miliardi di debiti, senso civico al minimo, poche esportazioni e un polipo chiamato burocrazia. Dovrei chiedere scusa, perché nessuno di noi tra i 55 e gli 80 anni è innocente». Con un discorso improntato all’ironia e all’empatia, ha però infuso una forte carica di ottimismo: «Siete fortunati ad entrare nelle posizioni chiave del Paese in un periodo così “sfigato”. Siamo nel letame, e come dice il sommo poeta, è dal letame che nascono i fior». Ha quindi enunciato quelle che per lui sono le sette mosse per affrontare la crisi, ed il futuro: 1 - Saper gestire l’imperfezione: cioè cercare di ottenere il miglior risultato possibile ogni giorno, senza inseguire una perfezione impossibile 2 - Individuare le priorità: cioè saper riconoscere le cose più importanti da fare e farle in ordine naturale: mai vestirsi prima di aver fatto la doccia, insomma.. 3 - Pensare locale ed agire globale: cioè il contrario di quello che insegnano alle scuole di marketing. Il nostro è il Paese con più biodiversità al mondo, è questa la nostra ricchezza. Non ci resta che farlo sapere al resto del mondo. 4 - Saper mettere in discussione le proprie certezze: la determinazione è essenziale, ma deve essere accompagnata dalla capacità di ascolto degli altri e dalla predisposizione a cambiare idea. 5 - Dare valore e appetibilità al rispetto: in parole povere, vorrei arrivare presto nel tempo in cui per una ragazza il più “figo” di tutti sarà quello che non parcheggia in seconda fila, che non butta le cose per terra, che paga le tasse. Non il più buono, ma proprio il più figo. 6 - Saper narrare: qualsiasi cosa, se non è narrata, è come se non esistesse. Eataly è nata per questo, per raccontare una mela. Ogni cosa che vogliamo offrire deve sempre essere raccontata da una descrizione narrativa. 7 - Mai, mai, mai arrendersi: «Never, never, never give up», con questa frase Churchill ci ha vinto una guerra. Non perdete tempo con le cose impossibili, ma con quelle difficili sì. Ci sarà sempre qualcuno che si arrenderà prima, voi non fatelo. di Gloria Pozzo, La Stampa 1.02.2013 19 società Per Mostre e Musei di Chiara Gallo Piccole città... “promettenti artisti” Erith Balestrieri, una vita per la musica Quando la musica è passione e pure carriera 24 anni da compiere a luglio e un talento che porta con sé da quasi dieci. Erith Balestrieri ad oggi si alterna fra concerti all’interno dei locali, ai battesimi, ai matrimoni e numerosi provini in tutta Italia. Conosciamo meglio l’artista. Prima di tutto come hai iniziato? Comincio col dire che non ho studiato all’accademia, ma ho sviluppato questa passione, che attualmente è il mio lavoro, quasi per gioco. Con una mia amica mi sono iscritto ad una gara e ho vinto. Grazie ad un forte appoggio da parte di mia madre sono andato avanti. Ho preso parte a numerosi provini tra Milano e Roma, per “X-Factor” e “Amici”, e al tempo stesso ho partecipato ad alcuni programmi televisivi, come “Passerella”. Come ti trovi sul palco? Molto bene, sono completamente a mio agio. Quando canto tutta la timidezza che sta alla base del mio carattere scivola via. Hai qualche mito in particolare a cui ti ispiri? Forse Alex Baroni. Ascoltavo molto la sua musica anche prima di iniziare il mio percorso. In effetti alcuni mi riferiscono che in quanto a tonalità mi avvicino molto. Tuttavia non mi piacciono le imitazioni quindi cerco sempre di mantenere l’originalità della mia voce. Progetti per il futuro? Per ora continuerò con i provini. Adesso sto lavorando ad un musical realizzato da Chiara De Carlo. Si tratta di un musical solo cantato e non recitato che mostra i cambiamenti di tonalità realizzati in Italia e all’estero a partire dagli anni ’30 ad oggi. Un progetto che trovo personalmente molto interessante e istruttivo. Ti sei anche cimentato come cantautore nel corso della tua carriera? Ho scritto alcuni testi e poi li ho fatti arrangiare. Sicuramente è più difficile dover mettere le parole in musica, inoltre se si passa tramite produttore o casa discografica i costi sono molto elevati. Cosa ne pensi delle scuole di canto? Non ne ho mai frequentata una in realtà. Questo è dovuto alla paura che ti impostino troppo la voce. Temo che se mi dovessi concentrare sulla tecnica non penserei più a ciò che sto cantando e non vivrei a pieno l’esecuzione. Certo le scuole aiutano a mantenere la voce, fin’ora però non ho riscontrato problemi e preferisco mantenere la mia originalità canora. 20 21 Vita internazionale ondo così per il m di Alessia Moroni Matina Frelingos From Sidney to Pinerolo Qualche giorno prima di tornare a casa, Matina Frelingos, sedicenne australiana, racconta la sua esperienza di cinque mesi scolastici in Italia trascorsi qui a Pinerolo, inziata lo scorso settembre e ormai terminata. Come hai iniziato la tua esperienza in Italia? Sono arrivata con un gruppo di studenti da tutto il mondo e abbiamo passato i primi quattro giorni di “orientamento” a Roma, dove lo staff della nostra organizzazione ci ha spiegato le regole da seguire e cosa fare per eventuali problemi. Abbiamo anche visitato il centro della città: Roma mi è piaciuta moltissimo. Ognuno di noi ha poi preso il treno per la propria destinazione. Quale scuola hai frequentato e come ti sei trovata? Ho frequentato il Liceo Porporato Scienze Umane - nella classe 3^C. Il mio primo giorno di scuola è stato il 10 Settembre: ero molto nervosa all’inizio, ma sono stati tutti molto ospitali e carini con me. Non seguivo esattamente tutto il programma delle mie compagne e alcune materie, come Latino, non le ho studiate. Quali differenze hai notato rispetto alla scuola che frequenti in Australia? La mia scuola, in Australia, è di sole ragazze e dobbiamo indossare l’uniforme scolastica. Le materie sono più pratiche, abbiamo per esempio il corso di Cucina e si può scegliere quello che si vuole. Trovo che invece in Italia si studia molto molto sui libri di testo. Il Porporato mi piace tanto, specialmente il fatto che tutto è “indoor” al’interno dello stesso edificio: nella mia scuola ci sono più strutture, quando si cambia classe bisogna uscire fuori. Come ti sei trovata nella tua famiglia ospitante , con i nuovi amici e con le nuove abitudini? Bene, non ho avuto nessun problema e credo di aver trovato una specie di seconda famiglia. Direi che, generalmente, qui in Italia le famiglie spendono più tempo insieme. I miei amici sono molto simpatici, quasi tutti di scuola. Si esce più tardi: probabilmente ho notato questa differenza perchè dove abito non ci sono discoteche o locali per ragazzi sotto i diciotto anni, perciò ci si incontra prima, per esempio alle sette. Hai imparato bene l’Italiano..è stato difficile? L’ho imparato abbastanza velocemente. Mi ricordo che dopo le prime due settimane ho inziato a capire molto di più rispetto ai primi giorni. Adesso lo parlo senza problemi e posso comunicare con tutti. Hai visitato alcune città italiane oltre Roma e, soprattutto, tornerai in Italia? Sono riuscita a visitare Torino, Milano e Venezia con la mia famiglia ospitante e inoltre sono stata anche a Firenze con altri studenti. Certo, tornerò in Italia. 21 musica Officine del suono 22 di Demis Pascal m u s i c a emergente Severed Garden Il progetto Severed Garden prende vita nell’ormai piuttosto lontano 2005, con una formazione che comprende soltanto tre degli attuali membri, ovvero Giorgio Manca (Chitarra e Backing Vocals), Danilo D’Onofrio (Basso) e Manuel Cernéro (Batteria), che li porta ad un repertorio orientato verso l’esecuzione di brani di gruppi aventi lo stesso numero di componenti (Jimi Hendrix Experience, Rush, etc.). Nei successivi due anni prendono parte al progetto Ivan Di Sipio (Tastiere e Backing Vocals) e Joele Turchi (Voce e Chitarra Ritmica), con i quali il gruppo raggiunge l’attuale line-up. Dopo un ulteriore anno speso nell’esecuzione di mero rock (Deep Purple, Led Zeppelin, Toto, etc.) le influenze del gruppo cambiano, orientandosi verso uno stampo Progressive, che spazia da quello storico e classico degli anni ‘70 (Genesis, PFM, Pink Floyd, etc.), a quello più moderno e tendente al Metal (Dream Theater su tutti). Nel periodo successivo, oltre ad ampliare ulteriormente il proprio repertorio live con brani di band come Porcupine Tree e Pain Of Salvation, il gruppo inizia la composizione di brani inediti. Quello di cui si parlerà questo mese non è un vero e proprio album, bensì un’EP (extended play), una piccola sequenza di esperienze emozionali che la band ha registrato come biglietto da visita. Primo esperimento della band è Years Of Pain (successivamente rinominato Years Of Rain), brano molto energico anche se non mancano le parti più morbide e sognanti. La matrice prog è molto evidente in particolare nei cambi di tempo e nell’accostamento di suoni di strumenti classici a quelli più rock. I numerosi virtuosismi chitarristici donano freschezza al pezzo mostrando notevoli capacità tecniche. Il secondo brano composto e arrangiato è The Invisible Box, la cui tematica riguarda la sconvolgente esperienza di un ragazzo che, entrato nel mondo delle sostanze stupefacenti, tenta di uscirne. Fin dalle prime note traspare la sofferenza che la band ha voluto trasmettere. Il brano si evolve poi con l’ausilio di potenti suoni di chitarra per riapprodare nuovamente in porti più calmi. La speranza è il sentimento che più pervade questo pezzo, raggiungendo un finale quasi radioso dove il fraseggio della chitarra solista è l’attore principale. Con il terzo brano, Close Distances, il gruppo compone la sua prima ‘ballad’, che, nonostante la connotazione stilistca, risulta il brano più lungo dell’intero repertorio inedito. Un raffinato pianoforte introduce il cantato molto melodioso e a tratti quasi sussurrato. Il brano prosegue verso lande sognanti aiutato dai poetici suoni di tastiera che ben si adattano alla magia creata dal pezzo. L’opera prosegue con Hide, più tesa verso sonorità morbide e concepita come una ballata interamente acustica. Non per questo il brano però manca di pathos ed energia. I delicati arpeggi e la sezione ritmica bene si accompagnano al resto del disco. Segue poi The Last Cold Winter, in assoluto il brano in cui la band ha speso più tempo ed energie, votate al raggiungimento di un sound più ricercato e nell’approfondimento di una tematica più particolareggiata e astratta (il rapporto di amore/odio tra la Natura ed il Genere Umano). Quasi a fare da naturale seguito al brano precedente l’incipit è molto delicato e sognante con una sezione ritmica sempre però ben presente e mai eccessiva. Il brano prende decisamente un’altra piega verso la metà quando il carattere più heavy della band torna a farsi sentire, per poi nuovamente assopirsi lasciando spazio al pianoforte che si unisce alla perfezione con gli altri strumenti cullando l’ascoltatore verso il finale sottolineato da uno scroscio d’acque. Il lavoro denota grandi capacità di una band attenta al proprio sound e alle proprie composizioneie che sicuramente è in grado di confrontarsi con realtà più ampie di quella nazionale. Non ci resta quindi che seguire l’evolversi di questo progetto sulle varie piattaforme web: www.facebook. com/pages/Severed-Garden/165053856860354 www.myspace.com/severedgarden www.reverbnation.com/SeveredGarden Stay with music! società Appunti di viaggio di Angelica Pons In Cambogia Pensando alla Shoah In questi giorni le immagini e le interviste ai sopravvissuti ci hanno condotti a riflettere sulla Shoah. Tempo fa sono stata sui luoghi di un altro terribile genocidio: in Cambogia a Tuol Sleng, il campo di sterminio nel cuore della capitale Phnom Penh. Erano giorni grigi di pioviggine; dinanzi agli edifici storici si incontravano stormi di bimbi seminudi vaganti alla ricerca di aiuto, anziani mutilati aggregati in orchestrine in attesa di un’elemosina. Le ferite della guerra civile sanguinano ancora (A metterci il sale sopra, la finta carità del turista!). Nelle campagne, sulle rive del Mekong e persino nei villaggi galleggianti sul lago Tonle Sap la vita è dura, ma dignitosa. Qui, di fronte all’attrattiva di una vita migliore, lo sfruttamento si acuisce ed il passato è più doloroso. Sotto la dittatura del dittatore Pol Pot, capo dei guerriglieri comunisti Khmer Rossi, ufficialmente Primo Ministro del paese, tra il 1975 ed il 1979, 1/3 della popolazione morì, oltre un milione e mezzo di persone torturate e massacrate. Toul Sleng era l’ istituto Chao Ponhea Yat, trasformato nella prigione S-21, uno dei 150 campi di sterminio. In questo luogo sono stati interrogati, torturati e uccisi più di 20.000 uomini, donne e bambini. All’esterno non si vede nulla, ma si immagina. Sembra di sentire lo stridio dei ferri, i gemiti impressi nelle pareti… Le aule della scuola trasformate in celle, in camere di tortura, di cui alcuni strumenti sono ancora visibili, così come le catene e le brande di metallo. Nei piani superiori, celle nelle celle, muri alzati sommariamente per isolare i prigionieri. Nel vicino museo sono raccontate le atrocità. Uno dei sopravvissuti, incarcerato come presunto complice del Kgb, era un innocente pittore. Lessi la sua storia, raccontata sui pannelli, più per distrarmi dalle “fototessere” dei prigionieri, a migliaia, e dalle foto scattate agli ossari, le cui orbite vuote ancora chiedono il perché. Un mio collega, Vann Nath professore di Belle arti, fu infine risparmiato per sfruttarne il talento artistico. I suoi dipinti che raccontano le torture, per celebrarle (!), sono una testimonianza atroce. Una didascalia spiega: il prigioniero è appeso a testa in giù, il capo nell’acqua per vincerne presto le resistenze. L’acqua si usa dopo per bagnare i fiori. Non ho fatto quasi nessuna foto all’interno. Per rispetto. Fuori c’è il mercato dei fiori. La vita. Ma il filo spinato circonda ancora la vecchia scuola, per non dimenticare. Proiezioni e racconti dei viaggi “Cambodia” (Angelica Pons) e “Cina” (Fabrizio Leger) presso la Libreria Mondadori, martedì 11 marzo 2014, h 17,30. Ingresso libero. 23 Per le vie della città 24 In Città Progetti di Valorizzazione Urbana Via Vigone da valorizzare Ci sono zone della città che eccellono e ci sono zone che soffrono per mancanza di valorizzazione, un po’ perchè periferiche, ma anche perchè trascurate nella politica di valorizzazione urbana. Una di queste è via Vigone, una via ad alto tasso di traffico automobilistico e di inquinamento, dove passano centinaia di camion, con una carreggiata ed un marciapiedi molto stretti, dove sono carenti anche i parcheggi. Eppure vi sono negozi di eccellenza anche in questa zona della città, alcuni addirittura unici come il ricambista di elettrodomestici Giansante o il negozio di chiavi Centro Sicurezza. Ora vi si è insediato anche il Centro Culturale Onda d’urto che con il mondo dei giovani porterà un po’ di freschezza giovanile. Vi è pure la presenza storica dell’Acea con la sua eccellenza nel campo energetico-ambientale, che vorrebbe delocalizzarsi, oltre che per sue esigenze anche per rendere più vivibile la via. Amministratori date un occhio anche a questa parte della città, pure via Vigone è da valorizzare! A.D. Sono a m i c i d i P i n e r o l o I n D i a l o g o 25
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