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newsletter d’informazione della
associazione nazionale per la lotta contro l’aids
Il virus ha mille facce
C
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
per ricevere la newsletter, inviare una mail a: info@anlaidsonlus.it
Perché
un contributo
alla lotta all’aids?
Vivere con l’Hiv – Sfatare le false convinzioni attraverso storie vere
he immagine hai dell’Hiv? Pensi che
riguardi solo persone lontane dalla
tua vita quotidiana? È un problema
dell’africa, degli omosessuali e di chi si droga?
E se il tuo medico avesse l’Hiv? Se la tua
parrucchiera ti dicesse di essere sieropositiva?
O il tuo panettiere, il tuo capo al lavoro, il
cameriere del tuo ristorante preferito?...
tante, troppe persone in italia pensano ancora
che l’aids sia un problema che non le riguardi.
Soprattutto i giovani.
Bonsai aid aids serve
anche per riportare
questo tema nelle piazze, per diffondere informazioni, per cercare
di sollevare consapevolezza su un tema di
cui si parla troppo
poco. allora cerchiamo
di sfatare qualche falso
mito: proviamo a guardare in faccia alcune delle storie delle persone
che vivono con l’Hiv o che ci sono passate vicine. Magari qualcuna di queste storie potrà
apparire sorprendente, forse qualcuno potrà
anche sentirsi un po’ scandalizzato. Ma
l’Hiv è anche questo, qualcosa che
entra nella vita delle persone, qualunque vita: in quella di una casalinga
qualunque così come in quella di
una coppia appassionata di locali
hard, nella vita di uomini a cui
piace fare sesso con altri uomini e
anche in anziani ammogliati...
tutte queste storie hanno un messaggio
da lanciare: sta al
lettore trovarlo. Le persone che si raccontano
qui hanno messo le
loro esperienze reali
al servizio di chi legge.
Sono tutte storie vere:
i nomi e le facce no.
Purtroppo ancora oggi
stigma e discriminazione rendono difficile,
per le persone con Hiv,
vivere apertamente la propria condizione.
anche per questo motivo è importante sfatare
i falsi miti e convincerci tutti che l’Hiv è un
virus, non una colpa.
Stavo bene, non avrei mai pensato di avere l’Hiv
Sandro, 48 anni, Catania
«E
ro sicuro che
non potesse
capitare a
me. avrei giurato di aver
usato il preservativo in
ogni occasione. Ma evidentemente non è stato
così: e in effetti, pensandoci bene, mi vengono
in mente un paio di occasioni in cui qualche
possibilità di prendere l’Hiv avrebbe potuto esserci. Però ero proprio convinto di non aver corso
alcun rischio: stavo bene, non ci pensavo proprio
alla possibilità di avere già il virus. Forse se un
medico mi avesse chiesto se mi consideravo a
rischio, avrei risposto di no: chissà però cosa ne
avrebbe pensato lui... in realtà, la convinzione
di “essere a posto” per quanto riguarda Hiv e
malattie sessuali è quasi sempre infondata. Ecco
perché è importante fare il test. io lo feci a una
iniziativa di test rapido salivare in piazza, quasi
per gioco, insieme ad una amica. Quando il medico mi ha chiamato per darmi il risultato ero
tranquillo; solo dopo qualche istante, vedendo
la sua faccia, ho capito che qualcosa non andava.
Per fortuna c’era la mia amica con me e anche
un volontario con cui ho potuto parlare a lungo.
Oggi mi viene da fare due riflessioni: innanzitutto mi considero fortunato per aver scoperto di avere il virus abbastanza presto; in
questo modo ho potuto cominciare subito
le terapie e adesso sto bene, senza nessun
problema di salute. L’altro pensiero che ho
e che mi fa stare male è l’idea di aver potuto
infettare qualcun altro nel periodo in cui
non sapevo di avere l’Hiv: ripeto, credo di
aver usato sempre tutte le precauzioni, ma
se scoprissi di aver trasmesso il virus
a qualcuno non me lo perdonerei mai.
»
Editoriale di Mauro Moroni
Hiv, il virus della
“immunodeficienza acquisita” che ha
causato
centinaia di
migliaia di
vittime nel
mondo intero, non è forse
scomparso?
Non è forse vero che
di Hiv non parla più
nessuno, non interessa
più, da tempo non
compare sui giornali,
non è argomento di
programmi televisivi,
non è oggetto di campagne di prevenzione?
Tutto ciò è vero, purtroppo. Ciò che non è
vero è che Hiv sia
scomparso per il solo
fatto che è scomparso
dai “media”. Questa
non è un’opinione:
sono i numeri che lo dicono. In Italia, sono le
stime del Centro Operativo Aids dell’Istituto
Superiore di Sanità, si
infettano più di 4.000
cittadini all’anno: 3.800
vengono diagnosticati,
gli altri hanno contratto il virus ma non lo
sanno. Sono oltre 4.000
persone che vanno ad
aggiungersi alle 140150.000 già portatrici
del virus e che lo resteranno, salvo scoperte
scientifiche clamorose,
per tutta la vita.
Sono cittadini che, in
larghissima maggioranza, hanno contratto
il virus per via sessuale
senza usare il preservativo o per ignoranza o
per trascuratezza, o in
virtù della pericolosissima e diffusissima concontinua a pag. 2
pag. 2
editoriale di Mauro Moroni
segue da pag. 1
vinzione per cui ciò che
capita ad altri non capiterà mai a me.
La prevenzione, in attesa
di un vaccino oggi non
certamente dietro l’angolo, è l’unica misura in
grado di fermare l’epidemia. Prevenzione significa informazione prima di
tutto, ma efficace solo se
accompagnata da acquisizione della consapevolezza che la salute è un
bene prezioso, preziosissimo, che va salvaguardato, preservato, protetto con cura e spesso anche con sacrifici personali. L’educazione alla salute e, in questo contesto,
l’educazione alla salute
sessuale è un dovere nei
confronti dei giovani, dei
nostri figli, delle nuove
generazioni.
Anlaids, Associazione
Nazionale per la Lotta
all’Aids, da più di 10 anni
è presente nelle scuole
d’Italia con un articolato
programma di formazione alla salute. È un programma che coinvolge
volontari, medici, psicologi, professionisti della
comunicazione. Ma soprattutto coinvolge docenti e studenti affinché i
messaggi di prevenzione
siano elaborati, discussi
e fatti propri “tra pari” e
quindi tra chi vive gli
stessi problemi.
Per tutto questo è utile il
contributo “Bonsai”, perché è con questi contributi che Anlaids può rendere operativi i suoi programmi di prevenzione
ed estenderli sul territorio nazionale.
Chi versa il contributo
porta in famiglia un piccolo miracolo della natura, una pianticella antica,
che vive in un piccolo
contenitore, ma porta a
casa anche un simbolo e
un segnale, il costante richiamo ad un rischio che
si può e si deve evitare.
Mauro Moroni
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
CInzIa, 35 anni, FirEnzE
La terapia,
non c’è da averne paura
«i
l mio problema con
la terapia è serio e
comincia da lontano. Mi hanno diagnosticato l’Hiv negli Stati Uniti
dove
fortunatamente
avevo già un permesso di
lavoro che quando è scaduto nessuno ha voluto rinnovare. Lì, stordita, ho conosciuto un gruppo di autoaiuto che professava le
teorie cosiddette “negazioniste” di Duesberg: lui sostiene in poche parole che
non è l’Hiv che provoca
l’aids. alcuni di coloro che
lo seguono dicono persino
che l’Hiv non esista, che
non è mai stato identificato. E io ci credevo. Sono
stata una fedelissima soste-
nitrice. anche
una
volta
rientrata in
italia. E nonostante i valori
delle
mie
analisi fossero drammatici e preoccupanti, nonostante la malattia
mi
avesse inflitto pene severe,
una magrezza incredibile,
continui mal di testa, macchie sulla pelle in tutte le
parti del corpo, io ero convinta che l’Hiv non fosse da
curare. ricordo una rissa in
un incontro con la Lila a
questo proposito…
Poi il corpo non ha retto più
GIuSePPe, 72 anni, anzOLa EMiLia
Il sesso non ha età
«E
che ne sapevo io dell’aids? Quando
mi hanno detto che c’avevo questo
male non capivo proprio. io in tutta
la mia vita avevo solo fatto un gran sesso con
tutte le donne possibili. avevo beccato qualche malattia venerea, ogni tanto. La sola cosa
che mi rammaricava, verso i 60 anni, era che
la prestazione era un po’ calata con l’età. Poi
ho scoperto le pilloline blu e tutto è tornato
a posto e la fantasia non mi è mai mancata.
Un giorno la mia colf straniera è svenuta in
casa. Ha trent’anni, e… diciamo che qualche
volta… eh eh… abbiamo chiamato l’ambulanza, mia moglie si è presa un gran spavento.
La colf è stata in ospedale per un mese.
aveva la polmonite, dicevano, ma anche
sembra avesse avuto la
tubercolosi. allora il medico ci ha detto di fare i
test in famiglia per vedere se ce l’avevamo anche noi. Quando sono
andato in ospedale mi
hanno chiesto se volevo
il test Hiv. io manco sapevo che cos’era… ma
ho detto sì. il resto
è solo un guaio.
»
e oggi sono solo
fortunata
se
posso raccontarvi la mia storia. Senza terapia
in pochi anni
sono finita in
aids, ho avuto un
tumore all’intestino e uno alla
pelle. Ora la terapia mi ha salvato,
il virus è a livelli minimi, la
mia vita pressoché normale,
con il disagio di essere stata
sconfitta intellettualmente
e moralmente che mi accompagna. E la voglia di
dire sempre: l’Hiv esiste, le
prove ci sono. E sicuramente va curato. non
credete a sciocchezze.
»
Sandra, 29 anni, iMPEria
non gliene faccio una colpa
«S
iamo stati sposati per sette anni. Sapete come succede: ci siamo conosciuti che ne avevo diciassette, dopo
un paio di anni sono rimasta incinta e ci siamo
sposati. non è che fossimo felici, però tiravamo
avanti. Lui lavorava, io stavo a casa col bambino. Solita vita. a un certo punto sono stata
male: avevo una febbre che non passava mai,
diarrea, non si riusciva a capire cosa fosse. Ho
fatto decine di esami per mesi e mesi, fino a
che qualcuno non mi ha proposto quello per
l’Hiv, così per togliersi ogni dubbio. E invece
vai a scoprire che è proprio quello! non ci potevo credere: non ho mai preso droghe, non
fumo nemmeno, e l’unico uomo con cui ho
fatto l’amore è stato mio marito. Che però
quando gli ho detto di farsi
controllare è praticamente
scappato. non mi ha più
voluto vedere, sono riuscita a parlargli al telefono
solo un paio di volte. Ho
saputo da alcuni amici che
è stato molto male. Poi
non ho avuto più notizie:
io adesso sto bene e mi dispiace per lui, non
gliene faccio una colpa.
»
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
pag. 3
andrea, 50 anni, BrESCia
Il profilattico,
non lo usa nessuno
«M
i piace fare sesso con altri uomini, andare nei
locali per omosessuali. anche i luoghi come
le aree di parcheggio in cui si fa sesso tra maschi non mi dispiacciono. Fortunatamente sono ancora
sieronegativo. Uso sempre il preservativo. Forse è perché
ho vissuto gli anni in cui morivano tutti che ho una grande
attenzione alla cosa. Ho visto tanti amici che scomparivano
e dopo qualche mese venivi a sapere che erano morti.
Certe cose ti lasciano tracce profonde. E ora mi chiamano
l’“uomo domopak”. Perché ho i profilattici sempre con me.
Purtroppo spesso mi prendono per scemo anche quelli
con cui faccio sesso. Più spesso di quanto non si pensi.
L’altro giorno, in un
incontro in un parcheggio, un giovane
uomo bellissimo mi
ha confessato che
adora
praticare
sesso orale senza protezioni. Fino in fondo. io non ho
avuto problemi, sono testato. Ma alla fine dell’amplesso
gli ho chiesto cosa lo portava a fidarsi… Mi ha risposto
che lui lo riconosce dal viso se qualcuno ha l’Hiv, lo sa.
io gli ho detto che con l’aids non si scherza e che il
mago Otelma è meglio lasciarlo sull’isola dei famosi.
»
Proteggersi è compito di tutti
Le persone con Hiv stanno attente a non trasmettere il virus ad altri? assolutamente sì, almeno nella grande
maggioranza dei casi. Ma una diagnosi di sieropositività può rappresentare ancora oggi, per alcune persone, un
percorso difficile da elaborare; le reazioni possono essere molto diverse. Qui ne presentiamo tre esempi. E, anche
se è un comportamento consigliabile, chi ha l’Hiv non ha l’“obbligo” di informare il proprio partner sessuale. Ecco
perché è necessario essere consapevoli che, per proteggersi dall’infezione, non si deve dare nulla per scontato
GIannI, 32 anni, rOMa
Perché dovrei essere io
a preoccuparmi ?
«n
on voglio sentirmi
un rifiuto umano
solo perché ho l’Hiv.
non so come me lo sono beccato. Mi piace fare sesso promiscuo, mi piacciono gli uomini, i luoghi di ritrovo, sono in
forma, attraente, dunque le occasioni non mi mancano. Forse
è stato un ragazzo inglese, perché quel giorno avevo avuto un sesto
senso e pensavo che fosse arrivata l’ora.
Devo dire che non mi sono mai fatto ossessioni, e fare sesso senza profilattico
non era un dramma. Poi, un giorno, all’atto
di ritirare il risultato del test, mi hanno
detto “aspetti un attimo, il medico le deve
parlare” ed ho capito subito che era fatta.
Ora continuo a fare sesso come prima,
forse più di prima. Ho sentito dire che tra
gli omosessuali il virus ha ripreso a circolare in maniera esponenziale. Del resto
quelli che incontro io il profilattico non
lo usano quasi mai, specie se sono giovani. io? Se chiedono di usarlo, lo uso. altrimenti vado senza: perché dovrei
essere io a preoccuparmi per loro?
»
MIrta, 47 anni, CagLiari
FederICo, 39 anni, MiLanO
Incoscienza e
informazione alterata
«S
ono sieropositiva da
due anni, e lo è anche mio cugino. Ci
facevamo droghe,
non ci abbiamo
mai pensato. Dal
momento della
diagnosi la mia vita
è cambiata. Ho una paura fottuta che
quasi non vivo più. Sapere che dentro di
me c’è un ospite indesiderato mi ha resa
fragilissima. Dalle droghe al salutismo,
questo il salto: sono ossessionata dalle
cure omeopatiche, dalle vitamine, da
cosa mangio. Sono convinta che sia il sistema migliore per difendersi. altro che
le medicine. io tengo sotto controllo il virus così. È vero che tutti mi dicono che a
due anni dalla diagnosi è normale che ci
sia un assestamento, ma io, nonostante
abbia i valori del sistema immunitario
bassi, non voglio prendere le pillole. E se
mi capita di fare sesso sto un po’ attenta
ma non dico nulla. in ogni caso di pillole non se ne parla, almeno per ora.
»
Mi piace
farlo strano
«L
a diagnosi è arrivata cinque anni
fa. a me e mia
moglie piaceva il sesso fatto
nei club. ne frequentavamo
uno assiduamente una volta
al mese. Un luogo dove ci
scambiavamo partner e liberavamo le nostre fantasie. non
avevo mai pensato che l’aids
potesse riguardarmi. Credevo fosse una
cosa per omosessuali e prostitute. invece
un giorno, dopo una febbre che non passava mai, mi è stato diagnosticato l’Hiv.
Per caso, grazie al medico di base, che
ha sentito i miei linfonodi gonfi e si è insospettito. Senza di lui forse non lo avrei
ancora scoperto. Mia moglie è rimasta
sieronegativa, ma da allora la nostra
vita è cambiata. niente più club e molto
rancore che non riesco a controllare.
Faccio sesso in maniera ossessiva, con
qualsiasi donna mi si presenti a tiro. Ho
bisogno di conferme. E il preservativo
non lo uso mai sennò addio prestazioni.
Sono devastato, non mi rimane più
niente che un rancore senza limiti.
»
pag. 4
L’aBC della infezione da HIV
S
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
Partire dalla conoscenza – di Claudia Balotta, Ospedale Sacco, Università di Milano
ono trascorsi più di 30 anni dai primi casi di aiDS e
l’HiV è diventato il virus più studiato nella storia
della medicina. Questo ha permesso di sviluppare
terapie potenti che consentono alle persone sieropositive
di vivere a lungo e in pieno benessere. tuttavia non
esistono ancora né un vaccino efficace, né terapie capaci
di eradicare il virus: i meccanismi che permettono al
virus di ‘nascondersi’ nelle cellule che infetta e di indurre
una profonda immunodeficienza non sono ancora del
tutto conosciuti. Per queste ragioni la ricerca deve proseguire e perché questo sia possibile servono finanziamenti
– pubblici e privati – che permettano di vincere la battaglia
contro questo virus.
CoMe HIV SI è dIFFuSo
Dopo essere passato da alcuni tipi di scimmie all’uomo
nell’africa equatoriale agli inizi del secolo scorso, HiV si è
diffuso senza controllo per la via eterosessuale nei
continenti a risorse limitate (africa, Sud Est asiatico dove
le persone infettate sono stimate essere circa 30 milioni),
mentre negli USa e in Europa negli anni ’80 ha riguardato
principalmente omosessuali e persone dedite all’uso di
droghe per via intravenosa a causa dello scambio di
siringhe; i soggetti eterosessuali sono stati raggiunti solo
successivamente.
CoMe HIV CauSa La MaLattIa
HiV-1 è l’agente eziologico – cioè la causa – dell’immunodeficienza acquisita (aiDS), malattia che dopo un periodo
medio senza sintomi di 3-7 anni dall’infezione, in assenza
di una terapia adeguata, si manifesta in numerose infezioni
opportunistiche gravi che mettono in pericolo la vita del
paziente.
il danno causato da HiV-1 è la progressiva perdita dei
linfociti t CD4 che rappresentano il cardine essenziale su
cui si basa una corretta risposta immunitaria contro virus,
batteri e funghi. Un secondo e altrettanto importante
elemento caratteristico dell’infezione da HiV è l’instaurarsi
di processi infiammatori attivati in modo anomalo dal sistema immunitario sin dalle prime fasi dell’infezione. a
causa della persistente replicazione virale, le cellule immunitarie continuano a proliferare producendo alti livelli
di fattori pro-infiammatori (citochine e chemochine), con
l’espansione di popolazioni linfocitarie che innescano fe-
La prevenzione oggi
L’esperienza trentennale indica oggi che per prevenire l’infezione
da HiV bisogna agire su fronti diversi. Da una parte la prevenzione
primaria, ovvero l’informazione, rimane un cardine da indirizzare
in particolare ai giovani, agli emigrati, ai network sessuali con particolare attenzione ai nuovi network sociali connessi via internet.
Dall’altra le esperienze di studi internazionali indicano che le strategie di Test and Treat, cioè la diagnosi tempestiva unita alla terapia
precoce e la Profilassi Pre-Esposizione (PEP) hanno un ruolo chiave
per il controllo e la riduzione dell’epidemia.
nomeni che portano alla morte dei linfociti infettati. in
seguito, la persistenza cronica della replicazione virale si
ripercuote negativamente sulla stessa capacità da parte
delle cellule del sistema immunitario di rispondere in
modo ottimale a nuovi stimoli infiammatori.
StorIe dI traSMISSIone
tra i soggetti che hanno contratto l’HiV negli anni
recenti l’80% ha acquisito l’infezione per via sessuale
e le donne sono il 30% degli adulti. Le caratteristiche
sono totalmente diverse da quelle dei soggetti che si
infettavano 10 o 20 anni fa:
• non sono più persone giovani o tossicodipendenti
ma soggetti maturi che si infettano attraverso i rapporti
sessuali;
• le donne, in gran parte, acquisiscono l’infezione da
un partner che era a conoscenza del suo stato di sieropositività;
• è aumentata la quota di persone che scopre il proprio
stato solo in fase avanzata di malattia, rappresentando,
nel periodo di inconsapevolezza, una possibile fonte di
diffusione dell’infezione;
• circa un quarto delle persone sieropositive non sa di
essersi contagiato;
• più di metà dei soggetti che vengono diagnosticati in
fase avanzata di malattia ignorava di essere sieropositivo;
• aumenta costantemente il numero di persone di nazionalità
estera tra i soggetti con nuova diagnosi di infezione.
I nuMerI dI HIV In ItaLIa
Dal 2010 i dati sulla sorveglianza delle nuove diagnosi di
infezione da HiV raccolti dal Centro Operativo aiDS (COa)
dell’istituto Superiore di Sanità sono disponibili per tutte
le regioni italiane. Queste informazioni indicano che nel
nostro paese vivono circa 150 mila persone che hanno
contratto l’infezione ma circa 20-25 mila persone non
sanno di essersi infettate.
Secondo i dati aggiornati al 2012, nel periodo 1985-2012,
sono state riportate 56.952 nuove diagnosi di infezione
da HiV. L’incidenza delle nuove diagnosi ha visto un picco
di segnalazioni nel 1987, per poi diminuire fino al 1998 e
stabilizzarsi successivamente. La figura qui accanto riporta
l’incidenza delle nuove diagnosi nelle regioni italiane.
nel 2012 sono state segnalate 3.853 nuove diagnosi pari
a una incidenza di 6,5 nuovi casi per 100.000 residenti.
negli anni si osserva un aumento dell’età mediana alla
diagnosi, nonché un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di tossicodipendenti
ma aumentano i casi attribuibili a trasmissione sessuale.
La figura a destra mostra il numero delle nuove diagnosi
di infezione da HiV per modalità di trasmissione e anno
di diagnosi. in particolare il numero degli uomini che
fanno sesso con gli uomini (MSM) è aumentato dal 6.3%
al 33%. nel 2012 sono stati segnalati ancora 715 casi di
aiDS che principalmente rappresentano la diagnosi tardiva
in persone che ignoravano di aver contratto l’infezione.
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
pag. 5
I nuMerI dI HIV neL Mondo
Secondo UnaiDS (il programma delle nazioni Unite
che si occupa di HiV/aiDS) al 2012 il numero complessivo stimato di persone che vivono con l’infezione
da HiV nel mondo ammonta a 34 milioni, di cui 23
milioni e mezzo nell’africa sub sahariana, quasi 5
milioni in asia, 1.4 in america Latina, 1.3 nel nord
america. in Europa si stima che vivano 2 milioni e
400mila persone con l’HiV di cui un milione e mezzo
nei Paesi dell’Est, dove l’epidemia è in esplosione, e
860 mila al Centro e Ovest.
gli importanti risultati ottenuti nel contenimento della
pandemia sono principalmente dovuti ai 7 milioni di
trattamenti antiretrovirali che vengono effettuati. tuttavia,
le nuove infezioni nel 2012 sono state 2.5 milioni.
La cura non c’è
“ma” con l’HIV si vive
Le SFIde - di Lucia Palmisano, istituto Superiore di Sanità
Farmaci potenti consentono di avere una aspettativa di vita simile
alla popolazione generale; ma le difficoltà sono ancora tante
S
tudi recenti hanno dimostrato che attualmente una
persona sieropositiva (se ha la possibilità di curarsi)
ha davanti a sé una vita che non sarà più breve di
quella di un non infetto. Le terapie sono diventate molto
potenti e semplici da assumere. gli effetti collaterali sono
sicuramente minori rispetto a una volta e comunque la disponibilità di numerosi farmaci con caratteristiche diverse
permette di trovare quelli più adatti a ogni persona. inoltre
le persone sieropositive sono seguite con attenzione per
l’eventuale comparsa di altre condizioni potenzialmente
legate all’HiV o alle terapie antiretrovirali.
Di grande impatto sarà, nel medio-lungo termine, anche
la prossima introduzione di farmaci molto attivi sull’infezione da virus dell’epatite C, che colpisce il 30-50% dei soggetti con HiV e rappresenta un fattore aggravante
importantissimo. Oggi l’epatite cronica da HCV è curabile
nell’80% dei casi, e questa percentuale è destinata a crescere quando, intorno al 2015, saranno disponibili delle
terapie anti-HCV prive di interferone e della durata di soli
3 mesi.
a questo quadro sicuramente favorevole bisogna però aggiungere dei “Ma”, che sono sia di natura strettamente
scientifica che di ordine socio-sanitario. Le problematiche
strettamente scientifiche riguardano, come tutti sanno, la
mancanza di una cura per l’HiV e di un vaccino che sia in
grado di prevenire l’infezione nei soggetti a rischio. il termine “vaccino terapeutico”, infatti, può essere fuorviante,
se lo si immagina riferito a un trattamento che impedisca
l’infezione: vaccino terapeutico è solo una immunoterapia
che può rinforzare gli effetti del trattamento antiretrovirale
in persone già infette che lo assumano.
Le problematiche sanitarie sono legate alla “sostenibilità”
della somministrazione cronica di farmaci molto costosi;
questa richiede non solo risorse finanziarie ma anche
grandi sforzi da parte di medici e amministrazioni per garantire l’appropriatezza delle prescrizioni (il farmaco giusto,
le analisi giuste, le visite giuste ecc.): ogni scelta deve essere
“appropriata”, cioè basata sulle Linee guida e orientata all’utilizzo ottimale delle risorse esistenti. non dimentichiamo
che allungamento della vita significa sempre ampliamento
della fascia di popolazione “fragile” e, in termini economici,
maggiore consumo di risorse. Se la Sanità, attraverso tutti
i suoi operatori, non farà proprio il criterio di appropriatezza, è inevitabile che il contenimento dei costi, oggi indispensabile, avvenga attraverso tagli più o meno
indiscriminati.
infine, la necessità di insistere sulla prevenzione: i dati del
COa (Centro Operativo aiDS) che mostrano un aumento
delle nuove infezioni in alcune categorie a rischio sono scoraggianti: c’è una grande, inaccettabile sproporzione fra i
progressi della ricerca farmacologica per l’infezione da HiV
e gli sforzi limitati nel campo della prevenzione del contagio. Forse perché in quest’ultimo settore scarseggiano i finanziamenti delle industrie farmaceutiche? non può
essere così.
in questo caso non è corretto chiamare in causa
solo il Sistema Sanitario: la prevenzione è anche
educazione, onestà e coscienza individuali.
pag. 6
Partire dai giovani
t
Il progetto scuole di anlaids
ra i progetti che vengono finanziati grazie ai fondi raccolti con Bonsai Aid Aids c’è
il più grande intervento italiano
di informazione e prevenzione
delle malattie a trasmissione sessuale tra i giovani delle scuole medie superiori. Da diversi anni, infatti, anlaids porta nelle classi di
licei e istituti superiori le informazioni necessarie per aiutare i ragazzi ad affrontare nel modo più
sano possibile la sessualità.
nato da un’esperienza capofila della sezione lombarda,
il Progetto Scuole di anlaids si è allargato a diverse altre
realtà territoriali: tutti gli interventi, però, sono condotti
seguendo linee guida comuni nel rispetto delle diversità
locali. E da quest’anno un questionario unico permetterà
di condurre una ampia rilevazione dei bisogni e delle conoscenze dei giovani italiani.
Basato su solide basi scientifiche, il Progetto è articolato
in tre fasi di intervento per coinvolgere la scuola nel suo complesso. nella prima fase, un medico incontra gli studenti per dare
le informazioni di base e raccogliere i dubbi e le domande più
pressanti. nelle classi delle superiori che dimostrano un interesse
molto elevato e richiedono di approfondire tematiche anche di
tipo emotivo e sociale, all’incontro base può seguire un intervento di approfondimento concordato con il docente referente,
in cui si propone di richiamare e approfondire i concetti
chiave oltre che con la presenza del medico infettivologo
anche con la presenza di uno psicologo, sulla base delle
richieste dell’auditorio (volontariato, malattie sessualmente trasmesse, metodiche anticoncezionali, ecc.).
La seconda fase, condotta in stretta collaborazione con
gli insegnanti di riferimento e in molti casi anche con i
genitori, prevede la formazione di un gruppo selezionato
di ragazzi che sarà il “motore” dell’informazione presso i compagni.
infine, la vera svolta arriva con
l’adozione della modalità della comunicazione tra pari – o peer
education – secondo la quale
sono gli stessi ragazzi, appositamente formati da un gruppo di
esperti, a comunicare il messaggio
preventivo ai propri compagni con
le modalità che più ritengono idonee. La peer education sviluppa
al meglio le potenzialità dei par-
anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
tecipanti per individuare i linguaggi più idonei a coinvolgere
tutti i ragazzi negli interventi educativi.
Per sviluppare tutti gli interventi
previsti dal progetto, anlaids si
serve di alcuni indispensabili strumenti di lavoro. a partire dal Laboratorio pedagogico: le attività
del Progetto Scuola sono sostenute da un gruppo di esperti formato da docenti dei vari ordini di
scuola che, con riunioni coordinate da un pedagogista, analizza i contenuti dei programmi ministeriali per individuare piste di lavoro alternative con valenza fortemente preventiva sia rispetto ai
comportamenti a rischio, sia rispetto ai comportamenti
sociali ed eticamente corretti.
inoltre, i risultati del lavoro del gruppo di esperti sono
stati pubblicati di volta in volta su una stampa periodica
che si intitola I Quaderni di Stoppaiz, distribuita in tutte
le scuole lombarde e in quelle che
partecipano al Progetto Scuola o
ne facciano richiesta.
negli ultimi anni, infine, anlaids
nazionale in collaborazione con
anlaids Lombardia ha indetto un
concorso per premiare i progetti
relativi a interventi di comunicazione, come filmati, spettacoli teatrali o altro ancora, che rispondano alla domanda “Cosa fate
nella vostra scuola per la prevenzione dell’Hiv e dell’aids?”.
Lo schema del Progetto Scuola, già
sperimentato da anni in molti istituti sul territorio nazionale, è a disposizione di tutte le scuole che ne vogliano
approfittare: anlaids offre la propria esperienza e preparazione sul campo e un progetto articolato e rodato
per portare alle nuove generazioni le informazioni indispensabili per una sessualità sana e consapevole.
gli interventi sono diretti agli studenti delle scuole superiori, preferibilmente quelli delle classi seconda, terza
e quarta che si trovano nella fascia di età in cui comunemente si
comincia ad esplorare la sessualità. Possono aderire le scuole di
tutto il territorio nazionale: anlaids ha progetti attivi in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-romagna, Lazio, Marche e Sicilia.
Per aderire basta chiamare anlaids nazionale al numero 06
4820999 che si occuperà poi di indirizzare verso la sezione attiva
più vicina.
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diventa volontario, il tuo tempo prende senso
L
Esperienze emozionanti, nuovi amici e la possibilità di dare un aiuto concreto: tanti i motivi per unirsi ad Anlaids
a forza di una associazione sta nei suoi volontari.
Ecco perché anlaids lancia
una nuova campagna per allargare il bacino di persone
che scelgono di dedicare il loro
tempo alla lotta all’Hiv. Coordinata dalla sezione lombarda,
la nuova Campagna di ricerca
Volontari vuole permettere a
un maggior numero di persone
di fare un’esperienza importante: in anlaids negli anni
molte persone hanno investito
passione ed energia per contribuire agli scopi dell’associazione. C’è Silvana, una
infermiera di treviso che ha trascorso 15 anni in un
reparto di malattie infettive: «Quando sono andata
in pensione, non me la sentivo di staccarmi completamente, anche perché una volta c’erano più occasioni
per stare insieme ai pazienti, ora ce ne sono meno
ma loro ne hanno ancora molto bisogno». E il giovane
Fabrizio che in anlaids Palermo lavora a stretto contatto con i tanti stranieri che approdano sulle coste
siciliane. O Francesca, una signora milanese elegante e colta
che riconosce che «da tutte le
persone Hiv+ che ho conosciuto
ho appreso qualche cosa ed è
grazie a loro che ho imparato
a riflettere sempre prima di
fare, a rivedere i miei punti di
vista, a confrontarmi, a moderare la mia esuberanza e soprattutto ad apprezzare ancora
di più quello che la vita mi ha
dato».
Fare volontariato in una associazione come anlaids significa
vivere esperienze toccanti, conoscere persone brillanti
e apprendere la soddisfazione che si ha quando si
impiega il proprio tempo aiutando gli altri. naturalmente è necessaria anche una formazione adeguata,
basata sulle caratteristiche personali e sulle informazioni scientifiche più accurate attualmente disponibili. Se vuoi provare a fare questa esperienza, visita
il sito www.anlaidsonlus.it oppure contatta l’associazione ai recapiti che trovi in ultima pagina.
Il bonsai, come curarlo e... regalarlo
B
Basta collegarsi al sito anlaidsonlus.it e scaricare la guida pratica utile per far crescere bene la vostra pianta
onsai aid aids dura
ben più di un fine
settimana. Perché
un bonsai è una pianta
che vive a lungo: per questo anlaids l’ha scelta
come simbolo della manifestazione nazionale che
organizza ogni anno per riportare nelle piazze il tema
dell’Hiv. Come le persone con Hiv, i bonsai hanno bisogno di cure costanti, amorevoli. niente di particolarmente impegnativo, ma l’attenzione quotidiana è
quello che serve per vivere e crescere.
allora come fare per mantenere in buona salute il
vostro bonsai? Basta collegarsi al sito di anlaids alla
pagina www.anlaidsonlus.it/bonsai2014 dove tutti
coloro che si registreranno potranno scaricare una
guida dettagliata per la sua manutenzione. E se volete
sapere nel dettaglio come vengono impiegati i fondi
raccolti con Bonsai aid aids, sullo stesso sito troverete
il documento con la descrizione completa.
infatti, Bonsai aid aids può contare sull’appoggio della maggiore
associazione italiana di appassionati di bonsai, l’unione Bonsaisti Italiani. UBi è una associazione nata nel 1996 per far dialogare gli appassionati di questa
arte nata in giappone molti anni
fa. tra i suoi propositi, divulgare l’arte del bonsai a
livello nazionale ed europeo e far comprendere a chi
non conosce il bonsai che si tratta di un’antica arte e
non di un hobby derivante dal marketing, oltre ad
avvicinare al fascino della natura, trasmesso da un
albero in vaso.
BoMBonIere SoLIdaLI
Chi lo desidera potrà scegliere i bonsai di anlaids
anche per celebrare gli eventi più importanti: in occasione di battesimi, matrimoni, lauree o altre cerimonie importanti, è possibile offrire ai propri ospiti
come bomboniere i bonsai della lotta all’Hiv, anche
accompagnati da una originale pergamena che spiega
I BonSaIStI Con anLaIdS
il significato di questa scelta. Per maggiori informazioni,
tra gli amici di anlaids ci sono i migliori professionisti visitate la pagina www.anlaidsonlus.it/bonsai-bomdella coltivazione dei bonsai. già da diversi anni, boniere-solidali.
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anlaids ByMail n. 61 - aprile 2014
nel cono d’ombra
dove emigrazione fa rima con integrazione
o
Migranti – di Daniela Lorenzetti, Anlaids, Sapienza Università di Roma
ggi scegliamo di entrare nei coni d’ombra, di
scrivere di migrazioni esplorando fatti quotidiani, concreti, iniziative che parlano di integrazione, di metissage, di nuovi cittadini, senza invocare pietismi né falsi allarmismi.
il welfare italiano appare oramai sofferente e residuale,
la spending review si fa sentire: a ciò fa da contraltare
la presenza attiva di vari attori sociali – enti locali,
imprenditoria, sindacati – che hanno sostenuto in
questi anni e sostengono il passaggio da una società
autoctona ad una multietnica. alle politiche migratorie
nazionali di chiusura si sono contrapposte politiche
locali di segno diverso; da un lato posizioni di stampo
razzista, ben note, tese a separare gli immigrati dagli
autoctoni, dall’altro iniziative locali che privilegiano
l’inclusione, tentando di supplire alle carenze legislative, consapevoli che i servizi e gli interventi che
concorrono all’integrazione si sviluppano nella comunità locale ed in sinergia tra enti pubblici e società
civile.
Qui si vogliono riportare alcuni esempi, ancora di
dimensioni ridotte, che riguardano aspetti fondamentali nella vita di chi è approdato in italia: la
famiglia, le relazioni affettive, la casa, il lavoro.
Per ConCILIare FaMIGLIa e LaVoro
Piccoli comuni dell’area metropolitana di roma, tra
questi albano, attivano a costo zero progetti di incontri:
i nonni, pensionati italiani desiderosi di essere utili, le
famiglie immigrate con figli piccoli che si spostano
quotidianamente per lavorare a roma. gli orari tra il
pendolarismo dei genitori e l’apertura delle scuole
non coincidono, i bambini restano soli e da soli devono
prepararsi, fare colazione ed avviarsi a scuola… così
nasce l’incontro. i nonni mattinieri vanno nelle
abitazioni degli immigrati prima che i genitori escano
e poi fanno quello che, molto naturalmente, fanno i
nonni: svegliano “i nipoti”, preparano la colazione, li
aiutano a vestirsi, controllano se nello zaino c’è tutto
e li accompagnano a scuola, se serve li vanno anche a
riprendere nel pomeriggio. Piccole storie dalle quali
nascono e si scambiano affetti, tradizioni, ci si conosce
e l’“altro” non è più l’altro ma è una persona con un
nome, antonio, zoltan, Liu Chi, rosaria, che entra a
pieno titolo nell’universo quotidiano.
Le nuoVe CoPPIe
Comune di Monfalcone, Fabio e aisha, lui è italiano,
cattolico, lei bosniaca è musulmana, si sposano con
il rito civile, sono tra le oltre 18mila coppie miste
che si sposano ogni anno in italia, nel Friuli il 14,1 %
dei matrimoni celebrati. alle coppie miste si aggiungono i matrimoni celebrati tra stranieri, quasi 9mila
l’anno, e i matrimoni cosiddetti misti misti, quelli
cioè tra persone che appartengono a due diversi
paesi e si sposano in italia, luogo di approdo della
loro migrazione.
Sono unioni alle quali vanno auguri speciali in quanto
segno di un processo di transculturazione in atto, di
una sfida verso le famiglie di origine, l’appartenenza
religiosa, le tradizioni; sono un nuovo modo di fare
famiglia al quale guardare con interesse, non solo
sociologico ma umano, in quanto sono anche unioni
dense di criticità perché non supportate dal contesto
sociale che, spesso, sottolinea e amplifica le differenze.
nel nostro welfare che, in carenza economica, ha
posto la famiglia come principale erogatore di servizi,
queste giovani nuove coppie non godono dei supporti
che consentono loro di conciliare figli e lavoro. i Comuni, nell’esempio citato, con intelligenza e gratuità,
hanno offerto un surrogato di legami familiari che
sta funzionando anche da volano per l’integrazione.
L’aBItare
Villaricca e Piedimonte Matese, in Campania, circa
80 nuovi alloggi in costruzione, in Umbria 98 già
edificati, è stata utilizzata una nuova pratica: l’autocostruzione assistita. Un processo questo finalizzato
a rispondere all’esigenza di alloggi a costi accessibili
dove chi è interessato mette a disposizione, a titolo
gratuito, la propria manodopera. ancora piccoli
numeri rispetto alle necessità abitative delle nuove
famiglie di immigrati e non, ma attivati con una
prassi che vede istituzioni locali, organismi no profit,
banche e persone, prevalentemente straniere,
mettersi insieme in una formula aggregativa che
unisce il prestito economico non speculativo, le
competenze tecniche e l’impegno manuale di donne
e uomini, coppie e singoli, in disagio abitativo, selezionati dall’ente locale che funge da direttore d’orchestra dell’intero processo. Una sinergia di attori
radicati nel territorio che costruisce, con criteri di
sostenibilità economica, ambientale e sociale, e costruendo case, le proprie case, costruisce anche integrazione.
IL LaVoro
Secondo l’indagine di UnionCamere e Confederazione
nazionale dell’artigianato (Cna), le imprese straniere
o prevalentemente straniere in italia risultano essere
477.519, il 7,8% del totale, con un incremento del
5,4% rispetto al 2011; nella sola Lombardia sono il
19% del totale. Dai dati finora raccolti emerge il
profilo di piccoli imprenditori e imprenditrici con
attività prevalentemente senza dipendenti, le nazionalità di provenienza più rappresentate sono l’Est
Europa e il Marocco; le attività poste in essere riguardano il commercio, la ristorazione e i servizi. Le
difficoltà che emergono dalle interviste sono le
stesse dei piccoli imprenditori italiani: tasse, burocrazia,
rapporti con le banche, crisi economica. nella
provincia di Pesaro una impresa su sette è “straniera”
ed il trend è in crescita ma “su queste imprese pesa
ancora una rete di pregiudizi che rendono la vita di
queste attività ancora più dura: dalle concessione di
prestiti ai locali in affitto; insomma per un imprenditore straniero diventa tutto più difficile” afferma
la responsabile del Cna locale.
Questo breve spaccato in positivo su alcune realtà
non può farci dimenticare la complessità del fenomeno
migratorio nel nostro paese, la carenza e l’incoerenza
delle politiche e delle norme, l’impossibilità della
cittadinanza per i nati qui, la negazione dei diritti
nei CiE, ma il segnale che si vuole cogliere è quello
di una italia più silenziosa, meno raccontata dai
massmedia, che lavora per l’accoglienza e l’integrazione.
affermava Hannah arendt: «Ci siamo accorti dell’esistenza di un diritto ad avere diritti solo quando
sono comparsi milioni di individui che lo avevano
perso e non potevano riacquistarlo a causa della
nuova organizzazione globale del mondo». non vogliamo dover ripetere questa affermazione oggi.
anno Vi numero 61
aprile 2014
newsletter d’informazione di
anlaids onlus
associazione nazionale
per la Lotta contro l’aids
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n. 196/2010 del 19 aprile 2010
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Comitato di redazione:
Claudia Balotta, Fiore Crespi, Daniela Lorenzetti, Lucia Palmisano,
Olga Pohankova
Progetto grafico: gamca
Su anlaidsonlus.it/forum, il dott.
Francesco Baldasso risponde a domande di ambito medico.