Hp mette il turbo ai big data - Corriere delle comunicazioni

DELLE
www.corrierecomunicazioni.it
n°1. 20 gennaio 2014
redazione@corrierecomunicazioni.it
23
Aziende&Mercati
à
NEWBUSINESS • STRATEGIE • FINANZA
Hp mette il turbo ai big data
Youngjohns (Autonomy unit): «Valore dalle informazioni prodotte da aziende e persone»
antoniodini
I big data, secondo Gartner, sono “il nuovo petrolio”, l’oro nero
che farà decollare l’economia digitale, permettendo la crescita per
uscire dalla crisi. Alle aziende che
li adotteranno i big data “permetteranno di superare la concorrenza del
20% nei risultati finanziari secondo
tutte le possibili metriche oggi in
uso”, sostiene la società di analisi.
“Siamo in effetti sulla frontiera di un cambiamento enorme,
ma spesso frainteso”, dice Robert
Youngjohns, dallo scorso settembre
responsabile per Hewlett-Packard
della divisione Autonomy dell’azienda. Youngjohns è uno degli
uomini-chiave per comprendere la
direzione dei big data nei prossimi
anni e l’incontro, una lunga chiacchierata durante l’annuale evento
mondiale HP Discover a Barcellona
di poche settimane fa, non rimane
mai nel binario di una semplice intervista di business.
La rivoluzione dei dati, spiega
Youngjohns, non si ferma alla tecnologia. Invece, arriva portando con
[ Acquisita Glasses.com ]
Luxottica, shopping hi-tech
p
Luxottica scommette sull’innovazione. Il gruppo ha siglato un accordo
per l’acquisizione di Glasses.com da WellPoint. Glasses.com ha sviluppato
una tecnologia virtuale che, utilizzando l’immagine tridimensionale del volto,
consente al cliente di provare gli occhiali come se fossero realmente indossati. Luxottica ritiene che l’investimento in tecnologia per lo sviluppo di una
piattaforma digitale accessibile agli ottici in Nord America sia determinante
per sviluppare appieno il potenziale di questo mercato. “L’acquisizione sarà
il punto di partenza per creare una piattaforma digitale indipendente e unica,
accessibile agli operatori del settore in Nord America - spiega Andrea Guerra,
ceo di Luxottica - , innovando l’esperienza di acquisto e migliorando la
qualità di prodotti e servizi disponibili ai clienti finali”. Secondo Mediobanca
l’operazione rafforza la visione di un gruppo che è sempre all’avanguardia
nel settore anche se “non avrà impatto sui conti della società”.
robert youngjohns Responsabile per Hewlett-Packard della divisione Autonomy
Il nostro software per l’analisi dati
strumento centrale per la security
Niente revenue per le app mobili
Entro il 2018 sarà considerato un successo meno dello 0,01% delle applicazioni consumer
Gli utenti vanno alla scoperta delle applicazioni mobili che più interessano tramite le raccomandazioni dei motori di ricerca,
degli amici, della pubblicità o dei siti di
social networking. Meno di frequente scandagliano “in proprio” le migliaia di mobile
app disponibili. Gartner rileva che, entro il
2018, meno dello 0,01% delle mobile app
consumer sarà considerato un successo, in
termini di guadagno, dai loro sviluppatori.
“L’enorme numero di applicazioni mobili potrebbe portare a ritenere che il mobile sia una nuova fonte di revenue che potrà
rendere ricche molte persone”, commenta
Ken Dulaney, vice president e distinguished analyst di Gartner. “Invece, la nostra
analisi dimostra che la maggior parte delle
applicazioni mobili non genera profitti e
che molte mobile app non sono nemmeno
progettate per generare revenue, ma per aumentare la conoscenza di un marchio o di
un prodotto o solo per divertimento”.
Dulaney descrive il mercato delle applicazioni mobili come “iperattivo”, visto che
esistono oltre 200 vendor che creano piattaforme di sviluppo per mobile app e milioni
di sviluppatori che usano questi prodotti e
una serie di strumenti open source per realizzare le loro applicazioni mobili. “Inoltre
ci sono moltissime applicazioni che sono
gratuite e che non genereranno mai revenue
direttamente”, continua Dulaney. “Gartner
prevede che, entro il 2017, il 94,5% dei
download riguarderanno applicazioni gratis
e, all’interno delle applicazioni a pagamento, circa il 90% sono scaricate meno di 500
plementare soluzioni Mdm per affrontare
il Byod, ma questo rende i dipendenti ben
consapevoli del fatto che le aziende possono accedere anche alle loro informazioni
personali, spiega Gartner. Di conseguenza,
i dipendenti chiedono insistentemente soluzioni che isolino i contenuti personali e
limitino la capacità dell’It aziendale di accedere a contenuti e applicazioni personali.
Gartner prevede anche un ampio successo
per l’Html5 come tecnologia di delivery
Il valore aggiunto?
Il rafforzamento
dei vari brand
mercato
iperattivo
Esistono
oltre
200 vendor che
creano piattaforme
di sviluppo
per mobile
app e milioni
di sviluppatori
volte al giorno e realizzano meno di 1.250
dollari al giorno. Con gli anni andrà sempre
peggio perché la concorrenza aumenta”.
Gartner traccia una serie di trend per il
futuro del mercato mobile. La società di ricerche prevede anche che, entro il 2016, il
20% dei programmi aziendali che riguardano il Bring your own device (Byod) fallirà
perché l’implementazione delle misure di
gestione dei device mobili (Mdm) è troppo
restrittiva. “Molte aziende tenderanno ad
attuare severe forme di controllo sui device
mobili come hanno fatto sui personal computer in passato”, sottolinea Dulaney. Oggi
i dipartimenti It si stanno affrettando a im-
delle applicazioni perché applicabile facilmente a tutte le piattaforme e capace di portare all’utente finale applicazioni sofisticate
garantendo una user experience di buona
qualità. “Almeno tre piattaforme (Android,
iOs e Windows) conquisteranno significative quote di mercato nell’arena degli
smartphone, dei tablet e dei Pc, esigendo da
parte delle aziende il supporto di molteplici
piattaforme per le applicazioni sia rivolte
ai dipendenti che ai consumatori”, spiega
Dulaney. “Anche se esistono moltissimi
strumenti di sviluppo ‘indipendenti dalla
piattaforma’, la maggior parte richiede dei
compromessi tecnici o commerciali, come
il rimanere confinati in tecnologie di nicchia o legati a vendor minoritari”. P.L.
sé grandi aspettative anche in altri
ambiti: c’è chi sostiene che i big
data stiano rivoluzionando il modo
con il quale guardiamo alla scienza,
ad esempio. Per la rivista Wired i
big data, e gli strumenti di analisi e
business intelligence annessi, sono
la “fine della teoria” e quindi del
paradigma da Galileo. Non c’è bisogno di formulare ipotesi e verificarle con esperimenti: basta passare
al setaccio la totalità dei dati raccolti nel mondo per veder emergere
nuove conoscenze. La conoscenza
emergente è il tema centrale di chi si
interroga sulla “scienza delle conseguenze”. “È un passo probabilmente
più lungo della gamba che cerca di
farlo”, dice Youngjohns.
Autonomy è il motore per l’analisi dei big data prodotti dalle
persone e dalle aziende (non quelli
prodotti dall’interazione automatica
tra computer) comprato da HP il 18
agosto del 2011 per 10 miliardi di
dollari. Youngjohns, ex presidente
per il Nord America di Microsoft,
prima ancora è stato dirigente di
Sun e Ibm. Figlio di diplomatici britannici cresciuto girando il mondo,
dopo la laurea ad Oxford ha lavorato per un po’ alla Gchq, l’equivalente britannico della Nsa degli Stati
Uniti. Un curriculum perfetto per arrivare ad Autonomy.
“Con i big data - dice - siamo riusciti a fare cose incredibili anche
internamente ad HP: nella survey
annuale oltre alle domande a punteggio abbiamo potuto analizzare
per la prima volta tutte quelle a risposta libera, trovando in maniera
automatica il senso e quindi il sentiment di 330mila dipendenti”.
C’è anche chi vede aspetti negativi, il rischio di creare un grande
fratello che ci renda più furbi ma
non più saggi, che non ci permetta
di dimenticare (e perdonare), e che
riduca la nostra prospettiva a quello
che può essere misurato.
“Autonomy - dice Youngjohns
- è uno straordinario strumento
anche per la security informatica:
nel momento in cui non serve più
cacciare le ‘impronte digitali’ dei
virus, la loro firma unica, ma capire i comportamenti devianti dalla
norma dei sistemi, cosa che puoi
fare solo mettendoli in un contesto
e capendo cosa significano, in maniera automatica”. L’acquisizione di
Autonomy è stato una delle ultime
mosse del vecchio Ceo di HP, Léo
Apotheker, sostituito nel 2011 da
Meg Whitman, che non è mai stata
contenta della performance di Autonomy. Da qui, lo scorso settembre,
l’arrivo di Youngjohns. “Ci sono
due aspetti molto importanti - dice
in conclusione Youngjohns -, uno è
quello dei social media, che adesso
possono essere analizzati e svelati
come vera e propria miniera di conoscenza; l’altro è la privacy, che
viene stabilita dalla legge la quale in
questo momento è purtroppo molto
indietro rispetto all’innovazione tecnologica e procede con tempi lenti.
Può migliorare, anche perché strumenti come Autonomy la possono
aiutare ad analizzare e capire”.