Testosterone e apparato cardiovascolare Antonio

Testosterone e apparato cardiovascolare
Antonio Aversa, Davide Francomano,
Andrea M. Isidori, Andrea Fabbri,
Emmanuele A. Jannini & Andrea Lenzi
L'Endocrinologo
ISSN 1590-170X
L'Endocrinologo
DOI 10.1007/s40619-014-0068-z
1 23
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L’Endocrinologo
DOI 10.1007/s40619-014-0068-z
R A S S E G NA
Testosterone e apparato cardiovascolare
Antonio Aversa · Davide Francomano ·
Andrea M. Isidori · Andrea Fabbri ·
Emmanuele A. Jannini · Andrea Lenzi
© Springer International Publishing AG 2014
Sommario Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano le più importanti cause di morbilità e mortalità nei paesi industrializzati. Recentemente è emersa una correlazione
tra deficit androgenico e CVD, come anche un’associazione con aumentati livelli di glucosio, con un assetto lipidico
pro-aterogenico, un pattern citochinico pro-infiammatorio,
nonché con un incremento dello spessore miointimale, e con
la presenza di disfunzione endoteliale. La terapia sostitutiva con testosterone in presenza di comorbidità dimostra un
ottimo profilo di sicurezza.
Parole chiave Testosterone · Terapia · Anziano ·
Aterosclerosi · Endotelio · Cuore
Introduzione
Numerosi studi clinici hanno dimostrato che l’uomo va incontro a un declino età-correlato dei livelli sierici di testosterone (T), definito come late onset hypogonadism (LOH),
Proposta da F. Trimarchi and E.A. Jannini.
Materiale elettronico supplementare La versione elettronica
di questo articolo (DOI:10.1007/s40619-014-0068-z) contiene
materiale supplementare, disponibile per gli utenti autorizzati.
A. Aversa (B) · D. Francomano · A.M. Isidori · A. Lenzi
Dipartimento Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia
medica, Scienza dell’Alimentazione ed Endocrinologia, Sapienza
Università di Roma, Viale Regina Elena 324, 00161 Roma, Italia
e-mail: antonio.aversa@uniroma1.it
A. Fabbri · E.A. Jannini
Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università di Roma Tor
Vergata, Roma, Italia
che può originare sia da disfunzioni testicolari che da disordini ipotalamo-ipofisari. È stabilito che i livelli di T diminuiscono circa dell’1–2% all’anno dopo i 40 anni [1], e solo
una piccola parte di questi uomini mostra livelli chiaramente al di sotto del limite inferiore del range di normalità. Si
stima che l’ipogonadismo colpisca tra il 19 e il 34% degli
uomini di età superiore ai 60 anni. L’individuazione di questo fenomeno è molto importante per le condizioni alle quali
si associa, tra cui la sindrome metabolica (SMet), il diabete
mellito tipo 2 o l’alterata glicemia a digiuno, l’aterosclerosi e l’infarto del miocardio [2]. Attualmente, bassi livelli di
T sono riconosciuti come un fattore di rischio indipendente. Infatti, è stato dimostrato che la riduzione del T svolge
un ruolo chiave nello sviluppo di insulino-resistenza/SMet,
e aumento del rischio di malattia cardiovascolare (CVD) come confermato in quei soggetti sottoposti a terapia androgenica soppressiva per il trattamento del carcinoma prostatico.
Non è chiaro, tuttavia, se la riduzione dei livelli sierici di
T si associ principalmente al fisiologico invecchiamento o
piuttosto ai cambiamenti della salute generale e dello stile
di vita; ma l’evidenza indica che l’ipogonadismo maschile
ha un’eziologia multifattoriale che include le condizioni genetiche, le anomalie anatomiche, le infezioni, le neoplasie e
le malattie croniche.
Diagnosi e trattamento dell’ipogonadismo età-correlato
(LOH)
La diagnosi di LOH si basa sul riscontro di sintomi clinici
specifici quali riduzione della libido, stanchezza, basso tono
dell’umore e difficoltà dell’attenzione, assenza o riduzione
delle erezioni mattutine, associati successivamente alla riduzione dei livelli sierici di T totale. Tale condizione si associa, inoltre, molto spesso a una riduzione della densità minerale ossea, incremento dell’adiposità viscerale e dell’indice
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le, sessuale e psicologica del paziente trattato, con miglioramenti nella memoria cognitiva, verbale e visiva, dello stato mentale, dell’attenzione, della conoscenza verbale e del
linguaggio, delle abilità spaziali e di memoria per informazioni verbali e visive. La maggior parte degli studi condotti
fino ad oggi sono stati eseguiti su campioni di popolazione
ridotti e si rendono pertanto necessarie ulteriori conferme su
campioni di dimensioni maggiori.
Fig. 1 Farmacocinetica dei differenti preparati a base di testosterone
in commercio in Italia
di massa corporea (BMI), riduzione della massa muscolare
e della forza, e disfunzioni sessuali. Per definire correttamente la diagnosi biochimica di ipogonadismo è necessario
sottolineare il meccanismo di trasporto del testosterone nel
sangue. I livelli di T totale sono costituiti da una quota libera (T libero) che ne rappresenta il 2–3%, il T legato alla
sex hormone binding globulin (SHBG) che ne rappresenta il
45%, e il T legato ad altre proteine, maggiormente l’albumina, che ne rappresenta il 55%. La determinazione dei livelli
di T biodisponibile o di T libero è costosa e richiede molto tempo, ma è molto accurata nel determinare l’ipogonadismo. Il range di normalità del T totale in giovani uomini di
età compresa tra 20 e 40 anni si aggira approssimativamente tra 320 e 1000 ng/dL (11–35 nmol/L). Quando i livelli di
T totale si trovano sotto i 320 ng/dL (11 nmol/L), o sotto i
70 pg/ml (0,255 nmol/l) per il T libero, essi sono indicativi
della presenza di ipogonadismo e quindi della possibilità di
instaurare una terapia ormonale sostitutiva. Quando i livelli
di T totale si trovano tra 320 e 400 ng/dL (11–14 nmol/L),
è consigliato ripeterne il dosaggio ad almeno una settimana di distanza ed eseguire il calcolo del T libero usando la
concentrazione di SHBG e dell’albumina.
Il trattamento dell’ipogonadismo si basa sulla somministrazione di T (TRT) mediante varie preparazioni. Le formulazioni correntemente disponibili sono per via orale, transbuccale, transdermica e iniettiva. La differente farmacocinetica di ciascun preparato è mostrata in Fig. 1. Il ripristino
di livelli sierici di T nel range di normalità del giovane adulto elimina molti dei sintomi iniziali con un ripristino dello
stato di benessere fisico, attraverso un differente timing sugli
organi bersaglio. Prove emergenti suggeriscono che la TRT
migliora le principali componenti della SMet quali la resistenza all’insulina e il profilo lipidico, migliorando pertanto
il profilo del rischio cardiovascolare. È difficile, da un lato, definire l’esatto impatto psicologico dell’ipogonadismo
e gli effetti psicodinamici della TRT dall’altro. Tuttavia, gli
ormoni sessuali influenzano largamente l’umore, il benessere e la qualità della vita nei pazienti internistici. Per questo
motivo, nonostante le difficoltà metodologiche di valutazione, la TRT può avere un profondo impatto sulla vita socia-
Testosterone e sistema cardiovascolare
La CVD, e il sottostante processo aterosclerotico, sono
un’importante causa di morbilità e mortalità sia nei paesi
sviluppati che in quelli in via di sviluppo. In particolare, la
malattia coronarica è la causa più comune di mortalità nel
mondo. Oltre ad aumentare con l’età, questa malattia è più
comune nel maschio e questo fatto ha portato l’interesse verso lo studio degli ormoni sessuali come possibili modulatori
per il rischio e lo sviluppo di aterosclerosi. La SMet è comunemente definita come un insieme di fattori di rischio che
includono l’aumento dell’obesità addominale centrale, ipertrigliceridemia, livelli ridotti di lipoproteine ad alta densità, ipertensione arteriosa, intolleranza glucidica, iperinsulinemia, tutti strettamente associati a insulino-resistenza. Essere affetti da SMet sta a indicare un più alto rischio (fino
a 5 volte) per lo sviluppo sia di diabete mellito tipo 2 che
di CVD. Diversi studi hanno dimostrato un aumentato rischio di sviluppo di CVD negli uomini sia affetti da SMet,
sia da diabete mellito tipo 2. Gli studi hanno inoltre dimostrato come bassi livelli di T possono predire lo sviluppo di
insulino-resistenza e una possibile progressione al diabete
mellito tipo 2. Essenzialmente, l’ipotestosteronemia si associa all’incremento dei più noti fattori di rischio cardiovascolari; pertanto, la TRT potrebbe rappresentare un potenziale trattamento utile nel coadiuvare il controllo glicemico, ridurre l’insulino-resistenza, i livelli di colesterolo, l’adiposità viscerale e la mortalità e morbilità cardiovascolare,
specialmente negli uomini diabetici.
I più recenti studi hanno identificato che gli uomini affetti
da CVD mostrano livelli sierici di T biodisponibile significativamente più bassi rispetto a quegli uomini con negatività
all’angiografia coronarica. Inoltre, la presenza di ipogonadismo in uomini affetti da CVD è circa due volte superiore a
quella osservata nella popolazione generale. Recenti studi in
vitro hanno documentato che il T aumenta l’espressione dell’mRNA del recettore androgenico sulle cellule endoteliali,
inducendo un’inibizione della formazione di neo-placche intimali [3]. È stato inoltre osservato che gli androgeni sono
in grado di ridurre l’aterosclerosi e le resistenze delle arterie
polmonari e coronariche di ratto. Diversi studi clinici hanno
dimostrato come la somministrazione acuta di T induce una
rapida vasodilatazione suggerendo un effetto non genomico
dell’ormone sul sistema vascolare.
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Fig. 2 Effetti della terapia
sostitutiva con testosterone sul
sistema cardiovascolare
Sono stati proposti numerosi meccanismi per la vasodilatazione T indotta, ma ancora rimane poco chiaro quale sia
l’effettivo meccanismo coinvolto (es. apertura dei canali del
potassio). È stato inoltre osservato che la somministrazione
cronica di testosterone migliora la sintomatologia anginosa
al test da sforzo cardiaco [4]. Peraltro, è ormai affermato che
il T correla inversamente con la severità dell’aterosclerosi
e dello spessore medio intimale carotideo, predittori precoci di mortalità cardiaca, e che possiede effetti benefici sulla reattività vascolare, l’infiammazione, le citochine, l’adesione molecolare, l’insulino-resistenza, la biochimica lipidica e i marcatori surrogati di aterosclerosi [5]. È interessante osservare che uomini affetti da malattia coronarica nota
mostrano ridotti livelli circolanti di T e un certo grado di
disfunzione endoteliale indipendente dalla presenza di altri
fattori di rischio cardiovascolari, suggerendo a tal proposito
l’ipotesi endotelio-protettiva del T (Fig. 2). L’ulteriore evidenza di effetti benefici della TRT sull’obesità addominale
e sul diabete fa sorgere la domanda sul meccanismo in merito agli effetti preventivi e benefici sull’aterosclerosi. Studi
osservazionali hanno mostrato come bassi livelli di T siano associati a un profilo lipidico pro-aterogenico, con bassi
livelli di colesterolo HDL, alti livelli di colesterolo LDL e
trigliceridi. Queste correlazioni sono indipendenti dalla presenza di altri fattori di rischio cardiovascolari come l’età,
l’obesità e i livelli sierici di glucosio. Inoltre, studi interventistici hanno dimostrato che la TRT determina una riduzione dei livelli di colesterolo, confermati anche da una recente metanalisi [6]. Anche studi condotti sull’uomo anziano
suggeriscono una correlazione negativa tra i livelli di T e la
pressione sanguigna, maggiormente per la sistolica. Livelli
di T sono, inoltre, negativamente correlati con l’inibitore-1
dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1), il principale fattore protrombotico, noto per essere associato alla progressione
dell’aterosclerosi; e invece, correlati positivamente con attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), uno dei principali
agenti fibrinolitici noti. Altri studi interventistici hanno suggerito effetti neutri sui principali fattori della coagulazione;
è noto inoltre che la somministrazione di dosi sovrafisiologiche di androgeni può produrre un temporaneo lieve effetto
procoagulante. Un più recente studio mostra una correlazione inversa tra i livelli sierici di T totale e il recettore solubile dell’interleuchina-6 (IL-6), ma nessuna associazione con
i livelli plasmatici di IL-6, la proteina C-reattiva, il Tumor
Necrosis factor alfa (TNFα) o l’interleuchina-1β (IL-1b).
Malkin e collaboratori hanno dimostrato che il trattamento
con T in uomini affetti da ipogonadismo, con nota coronaropatia, ha indotto cambiamenti del pattern antinfiammatorio
citochinico riducendo IL-1β e TNFα e aumentando IL-10.
Un’importante metanalisi condotta sui principali studi clinici ha dimostrato come bassi livelli di T ed elevati livelli di
estradiolo correlino direttamente con l’aumentato rischio di
sviluppare CVD e mortalità da causa cardiaca. Inoltre, ha
individuato come il TRT in soggetti ipogonadici sia in grado
di ridurre le componenti della SMet associate ad aumentato
rischio cardiovascolare [7].
Le recenti pubblicazioni apparse su riviste internazionali prestigiose che hanno ingenerato delle preoccupazioni riguardo alla TRT in popolazioni di anziani con aumento del
rischio cardiovascolare, appaiono molto deboli e criticabili.
Lo studio condotto da Vigen e collaboratori [8], pubblicato sul Journal of American Medical Association, è già stato
screditato da un panel internazionale di esperti [9]. Lo studio riportava due correzioni dalla sua pubblicazione origina-
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le, e una serie di errori analitici sui dati così importanti che
29 società mediche e più di 160 esperti mondiali del settore
hanno chiesto il suo ritiro. Tali errori includevano un errore
numerico per oltre 1000 soggetti per un gruppo e oltre 900
soggetti in un secondo gruppo e, sorprendentemente, quasi il
10% della popolazione maschile era composta da donne. Lo
studio condotto da Finkle et al. [10] e pubblicato su PLoS
One, ha riportato un maggiore tasso di infarto miocardico
associato alle prescrizioni di T, ma mancava un gruppo di
controllo, pertanto non è stato in grado di fornire alcuna indicazione definitiva. Al contrario, un recentissimo studio di
tipo retrospettivo ha evidenziato come tra 19.968 uomini affetti da ipogonadismo che hanno ricevuto TRT nel corso di
un periodo di 5 anni (2009–2014), il rischio di infarto miocardico sia stato 7 volte più basso e il rischio di ictus 9 volte
inferiore rispetto alla popolazione generale. Inoltre, in pazienti con pre-esistente infarto miocardico o ictus sottoposti
a TRT non vi è stata alcuna evidenza di peggioramento. Dei
39.937 pazienti osservati durante il periodo 2009–2014, circa il 50% era eleggibile per il trattamento con T. Dei pazienti
trattati, 4 hanno avuto un infarto del miocardio non mortale,
3 hanno avuto un infarto probabilmente fatale, portando l’incidenza a 30 nuovi infarti ogni 100.000 (pari allo 0,3/1000
contro un 2,2/1000 della popolazione generale). Dei 46 pazienti con infarto del miocardio pre-terapia, nessuno ha mostrato eventi avversi [11]. Un altro importante studio pilota
eseguito su un piccolo campione di maschi gravemente obesi ha dimostrato, per la prima volta, che la TRT ha effetti
benefici sulla funzione sistolica/diastolica cardiaca e sulla
funzione endoteliale, con conseguente riduzione del rischio
cardiovascolare; inoltre, la sospensione della TRT (e quindi il proseguimento della sola dieta con esercizio fisico) ha
riportato il paziente allo stato di rischio cardiovascolare iniziale [12]. Pertanto, è importante che la condizione di LOH
associata con l’obesità venga adeguatamente gestita e sorvegliata con un’appropriata TRT al fine di raggiungere una
significativa riduzione del rischio cardiovascolare.
Conclusioni
LOH e incremento del rischio cardiovascolare appaiono intimamente correlati o possono assieme contribuire alla progressione della disfunzione endoteliale. Le preoccupazioni
riguardanti la TRT e aumento del rischio cardiovascolare sono state contraddette dalla rivalutazione critica degli studi;
inoltre, altri studi hanno evidenziato un ruolo protettivo della TRT sul rischio cardiovascolare con riduzione marcata del
rischio di infarto miocardico rispetto alla popolazione generale. Pertanto, la TRT sembra giocare un ruolo chiave nel
migliorare la funzione endoteliale sia attraverso meccanismi
regolatori genomici che non genomici. Pertanto, se l’LOH
rimane clinicamente non diagnosticato e/o non trattato, esso
incrementa il rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Sono necessari altri studi controllati per dimostrare il reale rapporto rischio/beneficio della TRT nei pazienti affetti da
malattia cardiaca.
Conflitto di interesse Antonio Aversa ha ricevuto compensi da
Bayerhealthcare; Emmanuele A. Jannini ha ricevuto compensi da
Bayerhealthcare e Besins. Gli autori Davide Francomano, Andrea M.
Isidori, Andrea Fabbri e Andrea Lenzi dichiarano di non avere conflitti
di interesse.
Consenso informato Lo studio presentato in questo articolo non ha
richiesto sperimentazione umana.
Studi sugli animali
studi sugli animali.
Gli autori di questo articolo non hanno eseguito
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