METODI PER LA STIMA DEI FLUSSI SUOLO

METODI PER LA STIMA DEI FLUSSI SUOLO-ATMOSFERA
NELLE PIROCLASTITI LIMOSE
Luca Pagano
Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale…
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
lupagano@unina.it
Alfredo Reder
Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale…
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
alfredo.reder@unina.it
Guido Rianna
Divisione di Ricerca Impatti al Suolo e sulle Coste
Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici
via Maiorise, Capua (CE)
guido.rianna@cmcc.it
Sommario
L’articolo mostra i risultati di uno studio teso a comprendere se alcuni dei metodi più utilizzati in letteratura per
la stima dei flussi evaporativi e di infiltrazione siano applicabili o meno alle piroclastiti limose. A tal fine, i parametri dei modelli utilizzati sono stati opportunamente calibrati sulla base delle misure eseguite su di un volume
di terreno, ricostituito strumentato ed esposto all’atmosfera per un periodo di oltre tre anni.
1. Introduzione
Le coperture piroclastiche presenti in Campania sono state recentemente interessate da numerosi fenomeni meteoindotti di frana a cinematica rapida (De Riso et al., 2005), che hanno causato vittime ed
ingenti danni a manufatti ed infrastrutture.
Nei confronti di tali fenomeni la mitigazione del rischio viene spesso perseguita da parte delle autorità
competenti attraverso il ricorso ad approcci non strutturali (sistemi di allarme), basati sulla previsione
dell’istante d’innesco con un anticipo di alcune ore. Alcuni studi (Pagano et al., 2010; Frattini et al.,
2004; Rianna et al., 2014b) hanno evidenziato come modelli di previsione basati su approcci eccessivamente semplici, quali ad esempio le soglie Intensità-Durata (Caine, 1980; Guzzetti et al.,2005) possano risultare inaccurati in quanto tralasciano l’influenza esercitata da alcuni fattori rilevanti, quali
l’evoluzione del potenziale d’infiltrazione e l’effetto delle precipitazioni antecedenti. Altri lavori
(Rianna et al., 2014 a,b) hanno mostrato inoltre la notevole influenza dei flussi evaporativi, quasi sempre trascurati, nel bilancio idrico della coltre e nelle conseguenti evoluzioni di suzione, associabili alle
evoluzioni delle condizioni di stabilità. L’accuratezza fornita da un modello nella previsione
dell’istante d’innesco dipende sostanzialmente dalla capacità del modello stesso di stimare correttamente, istante per istante, i flussi in ingresso o in uscita dalla coltre e, come risultato integrale su di un
arco temporale di alcuni mesi, il bilancio idrico, che quantifica i volumi d’acqua immagazzinati
all’interno della coltre stessa.
L’utilizzo nel bilancio dei soli valori della precipitazione totale cumulata si è spesso rivelato inefficace
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indipendentemente dal tipo di terreno (Crozier 1999) in quanto vengono tralasciati fattori importanti
quali lo spessore della coltre, le proprietà idrauliche del terreno e i flussi evaporativi. Per tale motivo
sono stati proposti indicatori più articolati che quantificano i volumi d’acqua immagazzinati attraverso
bilanci idrici semplificati, nei quali rientrano anche i flussi evaporativi (Ponziani et al., 2012; Godt et
al. 2006; Baum and Godt 2010; Segoni et al. 2010). Tali approcci restano tuttavia fortemente ancorati
alle proprietà idrauliche dei terreni per i quali sono stati sviluppati e calibrati.
La letteratura di settore non consegna metodi semplificati sviluppati e calibrati ad hoc per la stima del
bilancio idrico nelle coltri piroclastiche limose, bilancio che, come mostrato in alcuni lavori recenti
(Rianna et al., 2014; Pagano et al., 2014), risulta fortemente condizionato dall’evoluzione del contenuto d’acqua superficiale e dall’influenza che esso esercita sul rapporto tra flussi reali (infiltrazione ed
evaporazione reale) e flussi potenziali (precipitazione e domanda evaporativa atmosferica). Tale lacuna, probabilmente riconducibile alla limitata diffusione di tali terreni a scala mondiale, rappresenta la
motivazione principale del presente lavoro. Esso si propone di colmarla attraverso la validazione di un
modello semplificato per la stima della componente evaporativa (FAO dual approach; FAO n°56; Allen et al., 1998) e di due modelli semplificati per la stima dell’infiltrazione (SCS-CN, USDA-SCS,
1986; Philip modificato, Philip, 1957). Nelle fasi di calibrazione e previsione sono utilizzate le misure
di volume d’acqua immagazzinato misurate su di uno strato di terreno limoso piroclastico non plastico, di circa 1 metro cubo (spessore 0.75m, sezione orizzontale 1.15x1.15m) contenuto in un cassone
ed esposto all’atmosfera (Figura 1a).
Fig 1. Il modello fisico (a); la granulometria del terreno piroclastico considerato (b); la curva caratteristica acqua-terreno (c) e la funzione di permeabilità (d)ritrovate tramite prove di laboratorio (Nicotera et al., 2010).
La curva granulometrica e le proprietà idrauliche del mezzo sono riportate in Figura 1. Il volume
d’acqua immagazzinato è stato ricavato pesando costantemente il cassone attraverso tre celle di carico
su cui il cassone stesso poggia. Le forzanti atmosferiche cui lo strato è sottoposto sono state monitorate attraverso una stazione meteorologica che misura grandezze convenzionali, quali le precipitazioni,
l’umidità relativa, la temperatura la velocità del vento, la pressione, e misure meno convenzionali,
quali la radiazione netta, la radiazione solare, il flusso di calore attraverso la superficie dello strato.
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Tale superficie è stata mantenuta nuda durante l’esperimento.
2. Gli approcci di letteratura per la stima dei flussi all’interfaccia suolo-atmosfera
2.1 L’approccio FAO per la stima dei flussi evaporativi
Le linee guida FAO assumono che il flusso evaporativo reale 𝐸𝑎 sia esprimibile come prodotto di tre
componenti:
𝐸𝑎 = 𝑘𝑟 𝑘𝑐 𝐸𝑟 (1)
Nella (1) 𝐸𝑟 rappresenta la cosiddetta “evaporazione di riferimento”, ovvero quella che si avrebbe
calcolata tramite se il calcolo fosse condotto attraverso l’approccio di Penman-Monteith (1965) per
uno strato in grado di soddisfare appieno alla richiesta idrica dell’atmosfera e ricoperto da una superficie di riferimento, rappresentata da un manto erboso di altezza 12 cm; tale quantità, funzione delle sole
forzanti atmosferiche, ha essenzialmente lo scopo di rendere confrontabili le stime riferite a zone diverse caratterizzate da coperture di tipo diverso.
Il coefficiente 𝑘𝑐 è noto come “coefficiente di copertura” in quanto porta in conto gli effetti indotti
dalle caratteristiche effettive (rugosità e albedo) della superficie considerata; in sostanza tale coefficiente trasforma l’evaporazione di riferimento in evaporazione potenziale.
Il coefficiente 𝑘𝑟 è un fattore variabile tra zero e uno che “taglia” l’evaporazione potenziale e la trasforma in evaporazione reale. Il taglio porta in conto la reale disponibilità d’acqua in corrispondenza
della superficie dello strato. Nelle linee guida FAO, tale taglio dipende dal volume d’acqua w assorbito dallo strato superficiale secondo una legge bilatera: partendo dalla condizione di completa disponibilità di acqua si assume (𝑘𝑟 = 1) che il terreno sostenga completamente la domanda evaporativa fino
ad una soglia “𝑤1 ” (soglia indicata anche con l’acronimo REW: Readily Evaporable Water); a partire
dall’istante di approccio a “𝑤1 ” si assume che l’evaporazione reale cominci a discostarsi da quella
potenziale, con 𝑘𝑟 che assume valori via via sempre più piccoli fino ad annullarsi in corrispondenza di
una seconda soglia “𝑤2 ” (soglia indicata anche con l’acronimo TEW: Total Evaporable Water).
L’andamento di 𝑘𝑟 tra 𝑤1 e 𝑤2 viene assunto lineare decrescente. In virtù di quanto detto, i parametri
richiesti da tale approccio sono tre: il coefficiente 𝑘𝑟 e le due soglie, 𝑤1 (TEW) e 𝑤2 (REW).
2.2 Stima dell’infiltrazione attraverso approccio SCS-CN (Soil Conservation Service-Curve
Number approach)
L’approccio SCS-CN è stato originariamente sviluppato per stimare la componente di ruscellamento
del volume precipitato a scala di bacino. In linea di principio il riferimento a scale puntuali richiederebbe la verifica che i flussi laterali e subsuperficiali possano essere trascurati e che possa assumersi a
priori un meccanismo di ruscellamento di tipo hortoniano, legato cioè a precipitazioni che eccedono il
potenziale d’infiltrazione del terreno (Garen e Moore, 2005).
In tale metodo si considera una risoluzione temporale giornaliera per quantificare il ruscellamento indotto da un evento di precipitazione. Si assume che il terreno durante l’evento assorba interamente il
volume precipitato fino ad un valore Iα. Una volta superata la soglia Iα si assume che al generico istante t il rapporto tra volume infiltrato F e di ruscellamento Q sia pari al rapporto tra infiltrazione potenziale S e precipitazione totale Pt al netto dell’aliquota Iα.
S si assume funzione inversa di un parametro, CN, il quale porta in conto l’effetto della permeabilità
del terreno e della copertura superficiale. CN varia anche in funzione della precipitazione cumulata nei
5 giorni precedenti (P5), così da portare in conto l’evoluzione dell’infiltrazione potenziale al variare
del quantitativo d’acqua medio assorbito dallo strato superficiale. Iα si assume pari a λS.
Il modello SCS-CN richiede in sintesi la quantificazione di 4 parametri: λ, il valore di base di CN in
condizioni medie di umidità della coltre e gli estremi dell’intervallo di P5 per i quali è necessario va-
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riare il valore di CN. Nel seguito la legge di trasformazione di CN è stata assunta costante, conformemente a come si opera di solito.
2.2 L’approccio “Philip modificato” per la stima dell’infiltrazione
Il metodo di Philip è di tipo semiempirico; tramite la soluzione analitica sotto ipotesi semplificate
dell’equazione di Richards (1931), esso restituisce una stima dell’infiltrazione potenziale S per una durata parziale “t” dell’evento di pioggia:
𝑆 𝑡 = 𝐵𝑡 0.5 + 𝐴𝑡
(2)
Il massimo flusso entrante per un evento di pioggia di durata t è dunque pari alla somma di un’aliquota
(primo termine della (2)) che porta in conto gli effetti dei gradienti di pressione e di un’aliquota gravitazionale (A), che viene relazionata alla permeabilità satura del terreno (ks).
Seguendo l’approccio proposto da Youngs (1964), il parametro B (sorptività) può essere espresso in
funzione delle proprietà di stato del terreno (porosità del terreno n) e delle condizioni medie di umidità
al tempo 0 (contenuto volumetrico d’acqua , permeabilità k() e coefficiente di umidificazione di
Green-Ampt Sf (Caruso e Jommi, 2011)). Il campo di variabilità di A è 0,33-1 ks.
Al fine di svincolare il modello da un’applicazione basata su risoluzione oraria e automatizzare la procedura di calcolo, si assume che i parametri che regolano la sorptività siano funzione del solo contenuto d’acqua medio dello spessore significativo (nei calcoli riportati in seguito tale spessore lo si è identificato con quello dell’intero strato contenuto nel cassone) e che il primo termine della (2) sia calcolato utilizzando intervalli di tempo giornalieri.
Assumendo anche in questo caso che il ruscellamento sia dovuto semplicemente a meccanismi di
tipo hortoniano, è possibile confrontare su base giornaliera precipitazione totale e infiltrazione
potenziale per ricavare il volume d’acqua immagazzinato.
3. Risultati
La Figura 2a diagramma l’evoluzione del quantitativo d’acqua immagazzinato osservato nello strato e
rapportato al volume dello strato stesso (contenuto d’acqua medio) nel corso dei tre anni di monitoraggio. Lo stessa figura riporta le previsioni condotte con i metodi sopra esposti. E’ possibile osservare
che entrambi i metodi utilizzati per calcolare l’infiltrazione, combinati con il metodo FAO per la stima
dei flussi evaporativi, consentono di stimare previsioni del contenuto d’acqua pienamente congruenti
con gli andamenti osservati.
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Fig 2. Le variazioni di contenuto d’acqua osservate e simulate utilizzando per la stima della componente evaporativa il modello FAO e per la stima dell’infiltrato i modelli SCS e Philip (a); precipitazione osservata ed aliquota assorbita misurata tramite le celle di carico (b); evaporazione di riferimento stimata tramite la relazione
di Penman-Monteith (c).
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