14 maggio Hamar 48a Stagione 2013/2014 Fondazione Orchestra di Padova e del Veneto via Marsilio da Padova 19 35139 Padova T 049 656848 · 049 656626 F 049 657130 info@opvorchestra.it press@opvorchestra.it www.opvorchestra.it facebook.com/opvorchestra twitter.com/opvorchestra youtube.com/opvorchestra Con il contributo di Mercoledí 14 maggio 2014 / Serie Blu+Verde Chiesa degli Eremitani – ore 20.45 Concerto n° 6217 Direttore Zsolt Hamar Martina Nawrath Soprano Lucia M. Schwartz Mezzosoprano Michael Baba Tenore Thomas De Vries Baritono La Stagione Armonica Coro Sergio Balestracci Maestro del coro Iris Ensemble Coro Marina Malavasi Maestro del coro Si ringrazia Integrale delle Sinfonie di Beethoven VII Concerto Nell’ambito di Sacre Armonie/UniversiDiversi dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova Programma Interpreti Ludwig van Beethoven (1770-1827) Benedictus dalla Missa solemnis op. 123 Elaborazione per violino solo, oboe, viola, violoncello obbligati e orchestra di Ferruccio Busoni (1866-1924) Črtomir Šiškovič Violino solo Zsolt Hamar Arnold Schönberg (1874-1951) A Survivor from Warsaw op. 46 (Un sopravvissuto da Varsavia) Per narratore, coro maschile e orchestra Thomas De Vries Narratore Ludwig van Beethoven Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 per soli, coro e orchestra Allegro ma non troppo, un poco maestoso Molto vivace Adagio molto e cantabile, Andante moderato Presto, Allegro assai, Presto, Recitativo, Allegro assai, Allegro assai vivace (Alla Marcia), Andante maestoso, Adagio ma non troppo ma divoto, Allegro energico sempre ben marcato, Allegro ma non tanto, Prestissimo 4 progr amma Ha iniziato a studiare pianoforte all’età di sei anni e ancora giovanissimo già componeva musica. A quattordici anni è stato accettato come studente di composizione al Conservatorio “Bela Bartók” di Budapest. Nel 1987 è entrato all’Accademia “Franz Liszt” di Budapest nella classe di Emil Petrovics. Ha vinto un premio al Concorso di Composizione Zoltán Kodály in Ungheria e gli è stato commissionato di scrivere musica per la Fondazione Statale “Zoltán Kodály”. Nel 1991 ha aggiunto la direzione d’orchestra al suo corso di studi e nel 1992 è stato nominato direttore assistente dell’Accademia dell’Orchestra Sinfonica. Nel 1993 si è diplomato con il massimo dei voti e menzione d’onore in Teoria della musica; nel 1994, con la stessa votazione, in Composizione e, ugualmente, nel 1995, in Direzione d’orchestra. Da allora ha cominciato a dirigere intensamente tutte le piú importanti orchestre del suo paese, apparendo anche con la Tirgu Mures Philharmonic Orchestra (Romania), la Cadaques Symphony Orchestra in Spagna (dove ha vinto nel 1996 due premi nel Concorso Internazionale per direttori d’orchestra), oltre alle orchestre sinfoniche di Dortmund e Berlino in Germania. Nel 1995 Zsolt Hamar è stato ammesso all’ottavo Concorso Internazionale di direzione 5 interpreti d’orchestra della Televisione ungherese, dove ha ricevuto il Premio del pubblico, il Secondo premio dalla Giuria e il Premio speciale per la migliore esecuzione di un’opera di Béla Bartók. Nel 1995 ha lavorato con Yehudi Menuhin al Concerto di gala della Giornata mondiale della musica. Dopo quella performance, Menuhin ha scritto: «Ho visto dirigere Zsolt Hamar a Budapest. È uno dei piú dinamici, precisi ed intelligenti tra i giovani direttori che ho mai ascoltato. Voglio raccomandarlo con tutto il mio cuore e senza alcuna riserva». Nel 1997 è diventato Primo direttore stabile dell’Orchestra Filarmonica Nazionale Ungherese (la piú prestigiosa nel suo paese) su invito del suo co-fondatore e direttore musicale Zoltán Kocsis. Nel 1998 Zsolt Hamar è stato assistente di Lorin Maazel nel Don Carlos di Verdi al Festival di Salisburgo. Nel 1999 ha vinto un altro importante concorso internazionale, quello per direttori d’orchestra “Antonio Pedrotti” a Trento. Questa vittoria gli è valsa l’invito a dirigere numerose orchestre in Italia. Dal 2004 al 2006 è stato primo direttore ospite dell’Orchestra di Padova e del Veneto. Zsolt Hamar è ospite regolare di diverse sale da concerto in Europa, Giappone e USA. Lavora con importanti orchestre come la Deutsche Symphony Orchestra di Berlino, la Wiener Kammerorchester, la Filarmonica di Dortmund, Vlaams Radio Orkest, Lisboa Radio Orchestra, Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, Aalborg Symphony Orchestra, Vestjysk Symfpnieorkester, Slovenian Philharmonic, Warsaw Radio Symphony Orchestra, Cadaques Symphony Orchestra, Orchestra di Padova e del Veneto, Orchestra del Teatro di Cagliari, Japan Philharmonic Orchestra, Wiener Kammerorchester e Wiener Akademie. Ha diretto concerti con la Bruckner Orchestra alla Brucknerhaus Linz, dove è stato acclamato «direttore sensazionale» e «direttore al top della qualità» dalla critica austriaca. Dal 2000 fino al settembre 2009 Zsolt Hamar è stato direttore generale musicale della Pannon Philharmonics di Pécs. Ha lanciato una delle piú acclamate iniziative in Ungheria, Help! Classical Music una serie di eventi che hanno attratto un grande numero di giovani alla musica classica. Dal 2011 Zsolt Hamar è direttore all’Opera di Stato Ungherese. È regolarmente ospite anche di altri teatri d’opera europei. Ha diretto all’Opera di Francoforte Tiefland di Eugene D’Albert e una nuova produzione de I Masnadieri con nove recite. Dal 2009 è professore ospite del dipartimento di direzione d’orchestra all’Accademia “Franz Liszt” di Budapest. Nel 2007 ha avuto grande successo il suo debutto al Teatro dell’Opera di Zurigo. Da allora ha diretto numerose recite (sia novità assolute che riprese), continuando tutt’oggi a collaborare con il Teatro. Zsolt Hamar è stato insignito dal Ministero della Cultura con il Premio Franz Liszt della Repubblica ungherese nel 2003 e nel 2006 è stato nominato Cavaliere della Repubblica d’Ungheria. Dalla stagione 2012/2013 è direttore 6 interpreti musicale dell’Hessisches Staatstheater di Wiesbaden in Germania. Martina Nawrath Nata a Sonneberg, ha studiato pianoforte per otto anni prima di dedicarsi agli studi vocali alla Hochschule für Musik di Würzburg con G. Czrepan von Ulmann. Nel 2008 ha completato con successo il percorso di studi ed è stata ammessa alla classe di formazione della prof. ssa L. Overmann. In seguito si è diplomata in Pedagogia della Musica. Nel 2009 ha debuttato come Adele in Die Fledermaus al Mozartsommer festival di Würzburg. L’anno successivo, è tornata sul palcoscenico del Mozartsommer per interpretare Blonde (Il ratto dal serraglio di Mozart) e Colette (L’ubriaco convertito di Gluck), ruolo che ha ricoperto anche al Teatro di Heidelberg nel gennaio 2013. È ospite regolare del Festival Mozart a Würzburg e a Senftenberg con il Johann-Strauss-Ensemble di Lipsia, con il quale continua ad esplorare il repertorio dell’operetta. A partire da settembre 2014 farà parte della compagnia d’opera del Teatro della Bassa Sassonia a Hildesheim. Qui farà il suo debutto come Regina della notte (Il flauto magico di Mozart). La sua attenzione si è inoltre rivolta alla musica del periodo barocco e classico. Ha preso parte alla Passione secondo Giovanni di Bach con la Filarmonica di Heidelberg e il Bach Choir a Heidelberg, sotto la direzione di C. Kabitz, cosí come all’esecuzione del Messiah di Haendel con il Caecielienchor di Francoforte. Nel marzo 2013 ha preso parte alle masterclass della “Bach Week” di Stoccarda con il Prof. K. Kelly. Ha cantato sotto la direzione di H. Rilling nella Passione secondo Matteo di Bach a Stoccarda e a Bensheim e nella alla successiva tournée in Cile con tappe a Santiago e al Teatro del Lago Frutillar. Lucia M. Schwartz È nata a Pécs, in Ungheria. Si è diplomata nel 1992 all’Accademia “Franz Liszt” di Budapest sotto la guida di G. Sinkó, dove si è successivamente perfezionata con Z. Bende. Nel 1995 ha conseguito il master alla Hochschule für Musick di Stoccarda sotto la guida di J. Hamari. Ha seguito inoltre gli insegnamenti di W. Moore, W. Berry, I. Bjoner e B. Schlick. Si è distinta in numerose competizioni, conseguendo il Premio speciale “Mozart” al Concorso Internazionale di Canto “Francisco Viñas” di Barcellona (1991) e il Primo Premio al Concorso Internazionale di canto barocco di Budapest (1993). Fa parte dell’Opera di Stato ungherese dal 1994. Ha interpretato i ruoli principali in opere di Purcell (Dido and Aeneas), Haydn (Il mondo della luna, Lo speziale), Mozart (Le nozze di Figaro, Il flauto magico, Cosí fan tutte), Rossini (Cenerentola, Il barbiere di Siviglia, L’occasione fa il ladro), Donizetti (Anna Bolena), Mascagni (Cavalleria rusticana), Verdi (Rigoletto), Gounod (Faust), Bizet (Carmen), Offenbach (Les contes d’Hoffmann), Wagner (Das Rheingold, Götterdämmerung). Ha affrontato le piú importanti pagine del repertorio sacro e oratoriale di Pergolesi, Vivaldi, Haendel, Bach, Haydn, Mozart, Rossini, Schumann, Duruflé, Britten, Kodály, sotto la 7 interpreti guida, tra gli altri, di A. Fischer, H. Rilling, Z. Kocsis, M. Haselböck. Ha registrato per Hungaroton Classic e ha realizzato numerose incisioni di programmi liederistici per la Radio ungherese. Michael Baba È nato a Potsdam e ha studiato canto alla Hochschule “Hanns Eisler” di Berlino. Dopo il suo primo ingaggio all’Opernstudio della Semperoper di Dresda (19901992) è stato scritturato a Schwerin (Tamino nel Flauto magico) e Mannheim (Narraboth in Salome). Nel 1992 è entrato a far parte dell’ensemble del Teatro della città di Münster, dove il suo repertorio comprendeva Lulu, Salome, Der Wildschütz. Nel 1996 è passato al Metropoltheater di Berlino dove, nel periodo della sovrintendenza di René Kollo, ha sviluppato un grande repertorio nell’ambito dell’operetta. Impegni successivi lo hanno visto ospite a Monaco (Staatstheater am Gärtnerplatz) dove nel 1999 è diventato membro fisso della compagnia e dove ha cantato ruoli da Eine Nacht in Venedig, Bettelstudent, Racconti di Hoffmann, La carriera di un libertino, Candide e Liebesverbot (Wagner). Ha cantato la parte di Max del Freischütz in diversi teatri tedeschi (Dessau, Koblenz…) cosí come alla Volksoper di Vienna, a Graz, a St. Gallen e negli Usa. È stato Erik ne L’olandese volante a Dessau e in una tournée in Giappone, a Chemnitz e all’Opera di Lipsia. Nel 2006 ha debuttato nella parte di Parsifal ai Tiroler Festspielen di Erl con la direzione di Gustav Kuhn con il quale ha collaborato anche l’anno dopo come Siegmund nella Walkiria. Nel 2009 il suo debutto come Stolzing nei Maestri cantori di Norimberga sempre a Erl con Kuhn. Negli anni 2006-2008 e successivi ha cantato a Vienna, a Karlsruhe (Florestan in Fidelio), a Lipsia, al Teatro Nazionale di Tokyo, a Francoforte, Brema, Wroclaw, Maastricht, di nuovo a Erl e al Teatro Massimo di Palermo (Koenig Kandaules di A. Zemlinsky). Nel 2012 ha cantato con grande successo Tristano a Salisburgo, ruolo con cui ha debuttato poi nel 2013 a Toronto e a Mosca. Sempre in ambito wagneriano si segnala il suo ritorno a Erl nel 2014 (Sigfrido) e nel 2015 (Il crepuscolo degli dei). Accanto all’intensa ed importante carriera operistica Michael Baba è altrettanto affermato nell’attività concertistica. Il suo repertorio include la Nona Sinfonia e Christus am Oelberg di Beethoven, Le stagioni di Haydn, Re David di Honegger, Das Lied von der Erde di Mahler e il Requiem di Mozart. Ha cantato con la direzione, fra gli altri, di W. Hamburg, L. Koenigs, G. Kuhn, J. Latham-Koenig, J. Maerkl, M. Piollet, C. Prick, P. Schneider, D. Stahl e J. Wildner; fra i registi con cui ha lavorato P. Boysen, A. Everding, J. Felsenstein, C. Guth, H. Kupfer, M.A. Marelli, G. Quander, e N. Raab. Thomas De Vries È nato a Bad Kreuznach nel 1968. Ha ricevuto le prime lezioni di pianoforte a dieci anni e le prime lezioni di canto a 15 anni. Sin da bambino ha calcato le scene in piccoli ruoli al Teatro di Coblenza. Dal 1986 ha studiato con il prof. W. Gesell alla 8 interpreti Hochschule für Musik di Colonia e in seguito con K. Moll. La sua prima scrittura artistica lo ha portato allo Staatstheater Cottbus dal 1992 al 1995, dove ha cantato principali ruoli di baritono come Papageno (Il flauto magico) e Graf (Der Wildschütz). In seguito è stato ingaggiato dall’Oldenburghische Staatstheater, dove ha arricchito il suo repertorio con Don Giovanni di Mozart, Il prigioniero di Dallapiccola, Pelléas et Mélisande di Debussy e Die Fledermaus di J. Strauss. Dal 1998 al 2012 è stato membro dell’ensemble d’opera di Dortmund. Dal 2002 è invitato regolarmente come solista allo Hessiches Staastheater Wiesbaden, dove ha potuto interpretare importanti ruoli drammatici come Kurwenal, Telramund e Sebastiano cosí come ruoli caratteristici del repertorio italiano come Germont, Posa e Ford. Come artista ospite è stato invitato in numerosi teatri come Brema, Lubecca, Regensburg, Halle, Essen, Düsseldorf/Duisburg, Schwerin, Chemnitz, Berlino (Komische Oper), Mannheim, Cagliari. Ha cantato anche per diversi festival, registrazioni discografiche e radiofoniche. Dal 2005 è anche direttore artistico dell’Ensemble Mattiacis, un gruppo di musica antica che ha sede a Wiesbaden ben conosciuto per i concerti al Teatro della stessa città specializzato nella musica tra XVII e XVII secolo su strumenti originali. La Stagione Armonica Viene fondata nel 1991 dai madrigalisti del Centro di Musica Antica di Padova, del quale hanno costituito il nucleo fondamentale dal 1981. L’Ensemble, specializzato nel repertorio rinascimentale e barocco, ha lavorato con musicisti quali A. von Ramm, A. Rooley, N. Rogers, J. Savall, P. Maag, G. Gavazzeni, G. Leonhardt, A. Marcon, O. Dantone, R. Goebel, H. Shelley, Z. Hamar e, dal 2009, con il Maestro R. Muti. Ha collaborato con orchestre e gruppi strumentali tra cui Hesperion XX, Accademia Bizantina, Orchestra Acàdemia 1750 (Barcellona), Dolce & Tempesta, Orchestra Barocca di Venezia, Il Giardino Armonico, Orchestra di Padova e del Veneto, Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Orchestra Giovanile Italiana. Ha partecipato ai piú importanti festival e rassegne in Italia e all’estero: Ravenna Festival, Musica e Poesia a San Maurizio a Milano, Settembre Musica a Torino (MiTo), Festival Claudio Monteverdi a Cremona, TrentoMusicAntica, Festival Barocco di Viterbo, Serate Musicali di Milano, Festival Abbaye d’Ambronnay, York Early Music Festival, Festival delle Fiandre, Festival Europäische Kirchenmusik, Salzburger Festspiele. Ha tenuto concerti in Svizzera, Germania, Francia, Portogallo, Austria, Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e Polonia ed ha collaborato con enti ed associazioni quali Amici della Musica di Firenze, Amici della Musica di Padova, Fondazione Levi e Teatro La Fenice di Venezia, Ente Lirico Arena di Verona, Unione Musicale di Torino, Schola Cantorum Basiliensis, Teatro del Maggio Fiorentino, Teatro Municipale di Piacenza e Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” di Udine. Ha registrato per la RAI, per le radio e televisioni tedesca, svizzera, francese, belga ed ha inciso per Astrée, Tactus, Denon, Argo-Decca, Rivo Alto, 9 interpreti Arabesque, Symphonia, Bongiovanni, CPO, Archiv, Deutsche Grammophon, Sony, Brilliant, Fuga Libera e per la rivista Amadeus. È stata chiamata a collaborare con il Maestro R. Muti per la Missa Defunctorum di G. Paisiello, il Requiem in do minore di L. Cherubini con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini a Salisburgo (Austria) per Salzburger Festspiele, Nairobi e nei piú importanti teatri italiani. Dal 1996 il direttore artistico è il Maestro S. Balestracci. Sergio Balestracci Dopo aver iniziato gli studi di musica al Conservatorio di Piacenza, ha studiato flauto diritto con E. Hunt diplomandosi successivamente in questo strumento al Trinity College of Music di Londra. Laureatosi in storia moderna all’Università di Torino, ha iniziato molto presto un’intensa attività concertistica nel campo della musica rinascimentale e barocca, contribuendo, tra i primi in Italia, alla riscoperta di quel repertorio. Direttore dell’Accademia Fontegara di Torino fin dalla sua fondazione nel 1971, ha partecipato nel 1985 alle celebrazioni di Gabrieli con il Consort of Music per la Biennale di Venezia, ha diretto l’orchestra dell’Università di Padova e l’European Baroque Ensemble. Fondatore dell’Accademia del Flauto Dolce e dell’Accademia del Santo Spirito di Torino, ha curato per quest’ultima la revisione di diverse composizioni sei-settecentesche in prima esecuzione moderna (David di Scarlatti, San Giovanni Battista di Stradella, Te Deum di Fiorè, Requiem di Bassani). Ha diretto il balletto Il Gridelino al Teatro Regio di Torino, l’opera Totila e i grandi Mottetti op. 9 di Legrenzi nel terzo centenario della morte del compositore, ha curato una rappresentazione teatrale della Pazzia Senile di Banchieri per il Festival of Fine Arts di New York. Ha diretto inoltre una versione rappresentativa dei madrigali di Monteverdi (tra cui Tirsi e Clori) per la Reggia di Caserta e per lo Oude Muziek Festival di Utrecht; ha eseguito in prima esecuzione moderna la Passione di Gesú Cristo di Caldara. Da tempo è anche attivo come musicologo e docente: ha pubblicato la prima traduzione italiana del Trattato sul flauto traverso di Quantz e uno studio sulla Cappella Regia a Torino nel secolo XVIII per conto dell’Accademia di Santa Cecilia. Dal 1996 dirige e prepara La Stagione Armonica della quale è direttore artistico. di Mozart. Con l’Orchestra Filarmonici Veneti ha eseguito il Requiem in do minore di Salieri presso il Festival Salieri, con NovartBaroquensemble la Cantata n. 39 di Bach; con l’Ensemble La Pifarescha il Concerto per le Sacre Ceneri a Venezia nel 2014. Come formazione mista a cappella si è inoltre dedicato allo studio della liederistica corale di Mendelssohn e Brahms, a musiche del Novecento storico europeo e americano, al repertorio policorale del tardo Rinascimento. Il gruppo svolge attività concertistica a livello nazionale e internazionale: si è esibito in concerti e rassegne nazionali in Padova, Siena, Lucca, Vicenza, Milano, Pirano d’Istria. Ha promosso scambi culturali con Cori giovanili e universitari provenienti da Svizzera, Canada e Stati Uniti. È diretto da Marina Malavasi. Iris Ensemble Marina Malavasi È un gruppo vocale fondato nel 2007 e dedito allo studio e all’esecuzione di musica di ogni tempo. Molti suoi componenti hanno iniziato lo studio del canto come voci bianche, svolgendo attività concertistica e teatrale. Nato come formazione femminile da camera, si è poi costituito anche anche in formazione mista, collaborando in diverse occasioni con l’Orchestra La Bottega Tartiniana diretta da G.B. Rigon con l’esecuzione della Messa in sol maggiore D 167 di Schubert, della Messa KV 167 (“Trinitatis Messe”) di Mozart, delle Cantate BWV 39 e BWV 12 di Bach, dei Vesperae solennes de Confessore di Mozart; con lo stesso Rigon ha inoltre debuttato al Teatro Olimpico di Vicenza in Don Giovanni Si è diplomata in Pianoforte e in Musica corale presso il Conservatorio di Padova e ha studiato Direzione di coro con Fosco Corti; si è laureata in Filosofia all’Università di Padova e perfezionata in musicologia con Giulio Cattin. Come Maestro del coro ha lavorato presso i Teatri di Rovigo e Treviso tra il 1991 e il 2001, partecipando alla prima esecuzione assoluta di alcune opere di autori contemporanei. È stata Maestro del coro a Venezia in occasione della prima esecuzione dell’opera Mister Me di L. Mosca (2004) e in Cenerentola di Rossini al Teatro Malibran (2005). Nel 2006 ha presentato in prima esecuzione moderna l’opera di Galuppi Ifigenia in Tauride con il Coro dei Conservatori del Veneto; è stata 10 interpreti Maestro del coro presso il Teatro Donizetti di Bergamo per le opere Lucia di Lammermoor e Anna Bolena, portate in tournée in Giappone nel gennaio 2007; nella stagione 2007 è stata nuovamente a Bergamo con L’Elisir d’amore, nel 2008 con Una piccola Cenerentola. Dal 2006 è presente alle Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza per Il Flauto Magico, Il Turco in Italia, Don Pasquale, Don Giovanni. Tutte le opere sono state registrate per Fonit Cetra, La Bottega Discantica, MusicaImmagine Records; le opere donizettiane sono proposte in DVD da Dynamic e Bongiovanni. Dal 1984 ha svolto attività concertistica alla guida del Nuovo Coro Polifonico, dell’Ensemble a voci miste Dodecantus e del gruppo maschile Speculum Musicae, con i quali ha realizzato concerti in Italia, Spagna, Belgio, Slovenia, Croazia, Germania, e partecipato a Festival internazionali (Brezice, St. Blasien, Festival Galuppi). Ha registrato alcuni CD di polifonia rinascimentale in prima registrazione mondiale: per RivoAlto Magnificat (1999); per Bongiovanni Lamentationes Hieremiae di Giovanni Nasco (2001), O stella matutina (2002), Requiem di Costanzo Porta (2003), conseguendo il premio della critica internazionale (segnalazione al Premio Vivaldi nel 2001, Disco del mese nel luglio 2001 per Alte Musik Aktuell, 5 stelle sulla rivista Amadeus nel 2001 e 2003); Da Venezia a Varsavia (2011) dedicato alla musica policorale di fine Cinquecento. Alla guida del Coro da Camera Pollini ha collaborato con l’Orchestra di Padova e del Veneto alle esecuzioni di Ein Deutsches Requiem di Brahms 11 interpreti e Lobgesang di Mendelssohn, anche in gemellaggio con il Bachchor di Friburgo diretto da H.M. Beuerle. È fondatrice e direttrice del Coro di Voci bianche Cesare Pollini e di Iris Ensemble. Insegna Armonia e Analisi al Conservatorio di Padova. ORCHESTRA DI PADOVA E DEL VENETO L’Orchestra di Padova e del Veneto si è costituita nell’ottobre 1966 e nel corso di quarant’anni di attività si è affermata come una delle principali orchestre da camera italiane nelle piú prestigiose sedi concertistiche in Italia e all’estero. L’Orchestra è formata sulla base dell’organico del sinfonismo ‘classico’. Peter Maag – il grande interprete mozartiano – ne è stato il direttore principale dal 1983 al 2001. Alla direzione artistica si sono succeduti Claudio Scimone (dalla fondazione al 1983), Bruno Giuranna (dal 1983 al 1992), Guido Turchi (1992-93) e, come direttore musicale, Mario Brunello (2002-2003). L’attuale direttore artistico dell’Orchestra è Filippo Juvarra, che collabora con la stessa dal 1984 ed ha contribuito decisivamente a dare continuità al profilo artistico e musicale definito, dopo il 1983, da Bruno Giuranna e Peter Maag. Per questo suo lavoro Filippo Juvarra ha ricevuto nel 2002 il Premio della Critica Musicale Italiana “Franco Abbiati”. Nella sua lunga vita artistica l’Orchestra annovera collaborazioni con i nomi piú insigni del concertismo internazionale tra i quali ricordiamo: S. Accardo, P. Anderszewski, M. Argerich, V. Ashkenazy, J. Barbirolli, Y. Bashmet, J. Bream, R. Buchbinder, 12 interpreti La musica è necessaria al vivere civile dell’uomo, perché si basa sull’ascolto. —Claudio Abbado Venezia, tutti appuntamenti che hanno riscosso l’unanime plauso della critica. Nel settembre 2010, su invito della Pontificia Accademia delle Scienze, l’Orchestra ha eseguito il Requiem K 626 di W.A. Mozart con la direzione del Maestro C. Desderi alla presenza di Sua Santità Benedetto XVI. Nelle ultime Stagioni si è distinta anche nel repertorio operistico, riscuotendo unanimi apprezzamenti in diversi allestimenti di Don Giovanni, Le nozze di Figaro e Cosí fan tutte di Mozart, L’elisir d’amore, Don Pasquale e Lucrezia Borgia di Donizetti, Rigoletto di Verdi, La voix humaine di Poulenc e Il telefono di Menotti. A partire dal 1987 l’Orchestra ha intrapreso una vastissima attività discografica realizzando oltre cinquanta incisioni per le piú importanti etichette. L’Orchestra di Padova e del Veneto è sostenuta da Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione del Veneto, Provincia di Padova, Comune di Padova e Fondazione Antonveneta. Dall’ottobre 2011 ha acquisito la natura giuridica di «Fondazione». L’Orchestra di Padova e del Veneto all’Auditorium del Parco, L’Aquila Photo Francesco Casciola M. Campanella, G. Carmignola, R. Chailly, C. Desderi, G. Gavazzeni, R. Goebel, N. Gutman, Z. Hamar, A. Hewitt, C. Hogwood, L. Kavakos, T. Koopman, A. Lonquich, R. Lupu, M. Maisky, C. Melles, V. Mullova, A.S. Mutter, A. Nanut, M. Perahia, I. Perlman, M. Quarta, J.P. Rampal, S. Richter, M. Rostropovich, N. Santi, H. Shelley, J. Starker, R. Stoltzman, H. Szeryng, U. Ughi, S. Vegh, T. Zehetmair, K. Zimerman. L’Orchestra ha dato, attraverso la propria produzione concertistica, un grande impulso alla vita musicale di Padova e del Veneto e, per questo impegno, è stata riconosciuta dallo Stato come l’unica Istituzione Concertistico-Orchestrale (ICO) operante nel Veneto e le è stata riconosciuta nel 1984 la personalità giuridica da parte della Regione del Veneto. L’Orchestra realizza circa 120 concerti l’anno, con una propria stagione a Padova, concerti nella regione Veneto, in Italia per le maggiori Società di concerto e Festival, e tourneé all’estero. Tra gli impegni piú recenti si ricordano in particolare i concerti diretti dal Maestro Tan Dun al Teatro Donizetti di Bergamo e al Teatro Grande di Brescia con musiche dello stesso Tan Dun, il concerto al Festival In terra di Siena diretto dal Maestro Vladimir Ashkenazy, i concerti a Milano per il Festival MITO SettembreMusica con il pianista e direttore Olli Mustonen, a Orenburg (Russia) per il 4° Rostropovich International Music Festival e a Venezia per il 53°, 54° e 57° Festival Internazionale di Musica Contemporanea e per il 7° Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Fondazione Antonveneta Via Verdi, 15 35139 Padova www.fondazioneantonveneta.it 13 Per la musica. Un impegno condiviso con voi. Esecutori Orchestra di Padova e del Veneto Violino principale Črtomir Šiškovič Violini primi Stefano Bencivenga ** Enrico Rebellato ** Davide Dal Paos Sonia Domoustchieva Ivan Malaspina Chiara Serati Tiziana Lafuenti ° Erica Zerbetto ° Violini secondi Gianluca Baruffa * Serena Bicego Pavel Cardas Chiaki Kanda Roberto Zampieri Alessandra Bano ° Viole Luca Volpato * Floriano Bolzonella Silvina Sapere Giada Broz Sarah Mazzoleni ° Violoncelli Mario Finotti * Caterina Libero Fernando Sartor Giancarlo Trimboli Contrabbassi Lorenzo Baroni * Giorgia Pellarin Riccardo Valdettaro 14 esecutori Coro La Stagione Armonica Coro Iris Ensemble Soprani Soprani Maria Assunta Breda, Federica Cazzaro, Sara Pegoraro, Ernesta Pontarolo, Sheila Rech, Daniela Segato, Silvia Toffano Flauti e ottavino Mario Folena * Riccardo Pozzato Veronica La Malfa ° Contralti Laura Brugnera, Maria Ilaria Cosma, Luisa Fontanieri, Viviana Giorgi, Marina Meo, Eugenia Zuin Oboi Paolo Brunello * Victor Vecchioni Clarinetti Tenori Luca Lucchetta * Antonio Graziani Michele Da Ros, Manuel Epis, Alessandro Gargiulo, Davide Iob, Alberto Mazzocco, Maurizio Minelli, Stefano Palese, Claudio Zinutti, Gian-Luca Zoccatelli Fagotti e controfagotto Aligi Voltan * Laura Costa Lorenzo Vignato ° Corni Bassi Marco Bertona * Michele Fait Danilo Marchello * Alberto Prandina Paolo Bergo, Fabrizio Da Ros, Dimitri Fontolan, Alessandro Magagnin, Alessandro Pitteri, Nicola Rampazzo, Luigi Varotto Trombe Simone Lonardi * Roberto Caterini Alberto Frugoni Tromboni Alessio Brontesi * Michele Zulian Fabio Rovere Giulia Bortelli, Giorgia Di Nardo, Camilla Giacometti, Giulia Gusella, Marina Malavasi, Maria Teresa Orlando, Erica Tavazzi, Alice Vittori Contralti Virginia Aghito, Maria Baldo, Anna Bassi, Dianella Bisello, Serena Catullo, Annamaria Dainese, Elizabeth Kirby, Marta Mosele, Laura Paliotto, Chiara Pengo, Sofia Salvalajo, Martina Veshi, Lorenza Zanotto Tenori Edoardo Cavalli, Fabio Comberlato, Jacopo Fantin, Gianfranco Rossetto, Ignacio Vazzoler Bassi Gianmaria Barbato, Guido Bombi, Roberto Cavazzana, Fabio Nardi, Lorenzo Sambataro, Luca Sozio, Gabriele Taschetti, Giambattista Vico, Matteo Zabadneh Tuba Roberto Ronchetti * * Prima parte ** Concertino ° L’organico del concerto prevede l’inserimento di studenti dei Conservatori del Veneto, nell’ambito di un progetto di formazione professionale realizzato in collaborazione fra l’opv e il Consorzio tra i Conservatori del Veneto. Timpani Alberto Macchini * Percussioni Arrigo Axia ° Sofia Garzotto ° Giannino Barizza ° Arpa Francesca Tirale * 15 esecutori Note di sala Beethoven/Busoni Come la Messa op. 86, anche la Missa solemnis fu opera d’occasione, in questo caso l’elezione dell’arciduca Rodolfo d’Austria, grande amico di Beethoven, ad arcivescovo di Olmütz. Beethoven iniziò il lavoro nell’autunno del 1818 con il proposito di farla eseguire il 9 marzo 1820, giorno del solenne insediamento dell’arcivescovo, ma la composizione chiese un tempo molto piú lungo per gli interessi via via cresciuti nella coscienza del compositore; l’opera fu terminata verso la metà del 1823 e pubblicata a Mainz dall’editore Schott nella primavera del 1825. Tre parti di essa, Kyrie, Credo e Agnus Dei furono eseguite la prima volta nel famoso concerto del 7 maggio 1824 presso la società Filarmonica di Pietroburgo per opera del principe Galitzin. La rielaborazione di Ferruccio Busoni fu edita nel 1916 da Breitkopf&Härtel. Busoni accennò al Benedictus in una lettera del 14 gennaio dello stesso anno al violinista Arrigo Serrato. Sono gli anni in cui Busoni è attivo anche come direttore d’orchestra, e la proposta di programma rivolta a Serato è la seguente: «In quanto concerto d’orchestra proporrei come segue, facendo calcolo che tu sia disposto a cooperarvi. 1. Sinfonia Eroica – Beethoven, 2. Ouverture per il Ratto dal serraglio – Mozart (completata da F.B.), Berceuse Elégiaque, Rondò Arlecchinesco (prima esecuzione), 3. Romanza in re e Benedictus – Beethoven, 4. Le Carnaval Romain – Berlioz.» Nel 1913, in un articolo critico sul Parsifal, Busoni aveva scritto: «La musica non può esprimere una “concezione del mondo” (parola che mi è incomprensibile in questioni d’arte, eccetto quelle filosofiche). Parlo in veste di puro musicista. ‘Etico’, ‘religioso’, ‘solenne’, ‘culturalmente importante’, ‘purificante’: sono faccende che non toccano la mia arte; contesto l’affermazione che mai altri abbia mostrato l’elevazione in una forma cosí concentrata e con arte talmente permeata di spiritualità. La Missa solemnis di Beethoven e il Flauto magico di Mozart sono i piú validi esempi dell’espressione che porta “ad altezze di spiritualità e amore puri”». Ludwig van Beethoven nel celebre olio (1820) di J. Stieler, che ritrae il compositore con il manoscritto della Missa solemnis (Berlino, Archivio d’arte e di storia) 17 note di sala Schönberg L’impulso per A Survivor from Warsaw giunse ad Arnold Schönberg a fine marzo/inizio aprile 1947 dalla danzatrice russa, maestra di danza e coreografa, Corinne Chochem (1907-1990). Il 2 aprile 1947 Chochem mandò a Schönberg la melodia con la traduzione inglese di un canto partigiano da usare in una composizione che voleva commissionare, o nell’originale Yiddish o in una traduzione in ebraico. Il 20 aprile 1947, discutendo della commissione ricevuta, Schönberg comunicò a Corinne Chochem il suo compenso per «una composizione di 6-9 minuti per piccola orchestra e coro, forse uno o piú solisti sulla melodia che mi ha dato», e aggiunse «Penso di fare questa scena – che lei mi ha descritto – nel ghetto di Varsavia – con gli ebrei condannati che cominciano a cantare, prima di andare a morire.» Chochem rispose subito che non sarebbe stata in grado di affrontare la richiesta economica, motivo per il quale, anche dopo una ulteriore concessione di Schönberg («se lei è in grado di farcela, allora mi piacerebbe avere il piú presto possibile la storia e la traduzione del testo», 23 aprile 1947), il progetto rimase irrealizzato in questo particolare contesto. Ai primi di luglio del 1947, Schönberg ricevette una commissione da parte della Fondazione Musicale Koussevitzky, che egli accettò facendo presente che aveva già cominciato una composizione, che sarebbe stato in grado di portare a termine nel giro di circa sei settimane: «Il mio piano originario era di scriverla per un piccolo gruppo di circa 24 musicisti, uno o due ‘narratori’ ed un coro maschile adeguato come consistenza» (lettera a Margaret Grant, Fondazione Koussevitzky, 7 luglio 1947). Per problemi di vista Schönberg aveva scritto la composizione e il testo – di cui pure era l’autore – su una grande, condensata partitura, che fu poi realizzata, in vista della sua edizione, in una partitura standard sotto la supervisione di René Leibowitz nel dicembre 1947 a Los Angeles. In una lettera dell’1 novembre 1948 a Kurt List, Schönberg scrisse: «Ora, questo è ciò che il testo di Un Sopravvissuto significa per me: significa prima di tutto un richiamo a tutti gli ebrei, di non dimenticare mai ciò che ci è stato fatto, di non dimenticare mai che anche la gente che non lo ha fatto personalmente, era d’accordo con loro e che molti di loro trovarono necessario trattarci in quel modo. Non dovremmo mai dimenticare ciò, anche se queste cose non sono state fatte nella maniera che io descrivo nel Sopravvissuto. Questo non importa. La cosa che conta è che io lo vidi nella mia immaginazione.» Nella stessa lettera a Schönberg scrive ancora: «lo Shem’a Yisroel alla fine ha un significato speciale per me. Io credo che lo Shem’a Yisroel sia la ‘Glaubenserkenntis’, la confessione di fede dell’Ebreo. È il nostro pensiero dell’unico, eterno Dio che è invisibile, che bandisce l’imitazione e di fare un quadro e tutte queste cose, che forse lei ha già realizzato leggendo il mio Moses und Aron und die biblische Weg (Mosè e Aronne e la via biblica). Il miracolo, per me, è che tutta questa gente, 18 note di sala che potrebbe aver dimenticato, per anni, di essere ebrea, improvvisamente di fronte alla morte, si ricorda chi è.» [Da Therese Muxeneder, testo in Catalogo delle opere di A. Schönberg, Schönberg Center, Wien] Schönberg scrisse il brano fra l’11 e il 23 agosto 1947; in una lettera ai signori Stuckenschmidt del 26 agosto leggiamo infatti: «L’altro ieri ho terminato un brano per voce recitante, coro maschile e orchestra, Un sopravvissuto da Varsavia, e adesso mi riposo un po’, prima di passare ad altri lavori.» Nel manoscritto il titolo è A Survivor of Warsaw (Un sopravvissuto di Varsavia) che poi troviamo corretto nella copia dello stesso manoscritto in A Survivor from Warsaw (Un sopravvissuto da Varsavia). A destra del titolo Schönberg stesso annotò: «Questo testo è in parte basato su resoconti che ho ricevuto direttamente o indirettamente». Il compositore si riferiva alla testimonianza di un superstite del ghetto di Varsavia e alla notizia della morte del nipote in un campo di sterminio. Il testo è in inglese, con le frasi dei nazisti in tedesco e con l’introduzione in ebraico, alla fine, dell’antica preghiera Shem’a Yisroel. Riguardo al ruolo di Leibowitz, Dika Newlin (Schönberg Remembered, 1980) ricorda come il direttore si fosse fatto molti amici fra gli schönberghiani con il suo Schönberg et son école, ed è lei stessa a tradurlo in inglese nel 1949 per la Philosophical Library di New York e ad incontrare Leibowitz per la revisione finale della traduzione. «Poi le cose cambiarono quando Leibowitz, che aveva copiato la partitura di A Survivor from Warsaw, incominciò a dire che aveva assistito Schönberg nell’orchestrazione. Questo fu un crimine peggiore dell’aver fatto visita a Stravinskij a Los Angeles e che gli avrebbe portato all’istante l’ostracismo della cerchia schönberghiana.» La prima esecuzione ebbe luogo al Carlisle Gymnasium University Campus di Albuquerque, nel New Mexico, il 4 novembre 1948 con la Albuquerque Civic Symphony Orchestra diretta da Kurt Frederick, Sherman Smith voce recitante. L’esecuzione, lo apprendiamo dalla recensione dell’Albuquerque Journal, «lasciò gli ascoltatori senza respiro e sconcertati, ma poi seguí da parte loro un leale e forte applauso fino a quando il direttore e Sherman Smith, che aveva dato la sua potente voce di basso alla narrazione, tornarono sulla scena e chiesero al pubblico se volevano ascoltare di nuovo la composizione. L’applauso si raddoppiò in volume ed entusiasmo e l’intera opera fu ripetuta. La seconda esecuzione sembrò molto piú chiara della prima e fu salutata da applausi fragorosi per tutti.» Ed è ciò che gli esecutori segnalarono subito in un telegramma a Schönberg. Allo stesso modo, grande commozione salutò, secondo quanto riporta René Leibowitz, la prima esecuzione europea nel novembre 1949. 19 note di sala La voce, come già nel Pierrot lunaire e nell’Ode a Napoleone, usa le regole dello Sprechgesang (canto parlato), anche se in maniera piú libera. Cosí scrive il compositore: «Questa voce recitante non può essere in modo cosí musicale come le altre mie composizioni piú rigide. Non si deve mai cantare, non si deve mai poter riconoscere una vera altezza del suono. Ciò vuol dire che qui si intende soltanto il modo dell’accentuazione…» riguarda il movimento piuttosto coreografico che ho aggiunto, se Lei pensa che ciò ha mostrato una mancanza di rispetto per il Suo genio, me ne rammarico terribilmente e la prego in ginocchio di perdonarmi». Schönberg rispose: «Caro Sig. Mitropoulos, mi creda, non era mia intenzione ferirla. Apprezzo troppo la vostra amicizia nei miei confronti per fare ciò. È stata una circostanza sfortunata quella che mi ha fatto scrivere in un modo cosí aspro. Quando ho letto il malevolo resoconto di Olin Downes della vostra aggiunta ‘coreografica’ al Sopravvissuto […]». Il ricordo di Nuria Schönberg Tutte le volte che ascolto questa composizione sento quale enorme impatto ha questa musica sul pubblico. È proprio questo impatto sugli ascoltatori che ha portato certi critici a etichettare erroneamente questa composizione come ‘spettacolare’ o come ‘musica da film’, due ambiti molto lontani dalle intenzioni di mio padre. Queste critiche si indirizzano principalmente al coro finale. Di fronte alla morte imminente i prigionieri ebrei cantano la «vecchia preghiera, da lungo tempo dimenticata», tornando alle loro origini ebraiche e alla loro consapevolezza. Mi sono spesso chiesto perché il testo di mio padre dicesse «da lungo tempo dimenticata». Pensava egli che la maggior parte degli ebrei era integrata? Com’era lui prima di tornare alla comunità ebraica a Parigi nel 1933? [Schönberg si era convertito al protestantesimo nel 1898. Nel 1922 fu costretto a lasciare Mattsee, una cittadina lacustre austriaca dove aveva pensato di passare l’estate con i suoi allievi, perché la città doveva, secondo il Consiglio Cittadino, essere tenuta «libera dagli ebrei». Dopo questa traumatica esperienza antisemita, anche se Schönberg non era un ebreo praticante, egli si sentí parte della Nazione ebraica, della sua eredità culturale ed etica.] Dopo il suo arrivo negli Stati Uniti nel 1933 egli fu attivamente impegnato nel cercare di aiutare ebrei tedeschi ed austriaci ad emigrare. Si prese la responsabilità personale degli affidavit per molte di queste persone e cercò di incoraggiare altri noti americani a fare altrettanto. [Da Nuria Schönberg Nono, Testo introduttivo all’edizione in facsimile del manoscritto di A Survivor from Warsaw op. 46 (Library of Congress, Washington), Laaber Verlag, 2014, in collaborazione con Arnold Schönberg Center, Wien] Non ho sentito l’esecuzione di Un sopravvissuto da Varsavia a Los Angeles anche se vivevo là. Ma ricordo mio padre parlare di una lettera nella quale un sopravvissuto di un campo di concentramento nazista riferiva del momento in cui i prigionieri, che erano di fronte alla morte, cominciarono a cantare una preghiera ebraica. All’epoca avevo solo 15 anni ma ero certamente a conoscenza che c’erano stati campi di concentramento e che milioni di ebrei erano stati messi a morte. Durante la seconda guerra mondiale sentivamo alla radio le notizie; erano per lo piú informazioni militari, molto pochi, invece, i dettagli sul destino degli ebrei e degli altri che erano stati deportati nei cosiddetti ‘campi di lavoro’. Mio padre aveva due figli che vivevano a Vienna. Fortunatamente egli riuscí ad aiutare sua figlia Gertrude, suo marito Felix Greissle e i loro due figli e a farli immigrare negli Stati Uniti, ma suo figlio, Georg, rimase a Vienna ed ebbe abbastanza fortuna per sopravvivere durante gli anni della guerra facendo un lavoro di fatica in un mercato ortofrutticolo. Egli rimase a Vienna per il resto della sua vita. La verità sui campi di morte venne fuori soltanto piú tardi, con le sue storie di orrore e i documenti. Sapevo che Un sopravvissuto aveva avuto la sua prima esecuzione ad Albuquerque. Ricordo che mio padre si arrabbiò molto quando lesse, in una recensione giornalistica di Olin Downes, dell’esecuzione diretta a New York da Dimitri Mitropoulos, che «a questa circostanza si accompagnò un tratto melodrammatico creato con la trovata teatrale per cui i membri del coro, mentre il narratore descriveva la scena, si alzarono in piedi, prima uno a uno, riempiendo le fila sempre piú rapidamente, finché stettero, dismessi i soprabiti, nelle loro bianche camicie di condannati. Ci dispiace dire che l’effetto fu gigionesco…». Certamente mio padre non aveva l’intenzione di creare una situazione spettacolare con il coro che canta lo Shem’a Yisroel. Mio padre scrisse una lettera a Dimitri Mitropoulos in cui affermava: «avrei piacere di sapere se il Sig. Olin Downes era nel giusto quando scrisse di un’azione – dico una azione in una cantata – per la quale i cantanti si tolsero i loro soprabiti. Mi sembra che avreste dovuto rendervi conto che non ho composto una tale azione, non solamente per ragione di un gusto piú elevato, ma anche perché un concerto non è teatro». Mitropoulos rispose due mesi dopo, profondamente ferito dalle parole di Schönberg, che «qualsiasi cosa che io abbia fatto oltre le vostre indicazioni nella partitura fu puramente per un eccesso di devozione, per fare in modo che l’opera fosse la piú efficace possibile, e, mi creda, non penso di aver fatto male al suo spirito. In ogni modo, per quel che 20 note di sala Beethoven Sinfonia n. 9 «È venuta poi la funesta ‘popolarizzazione’ della Nona, che ha confuso le idee e non ha prodotto alcun frutto. I seguaci di Wagner non rappresentano che un ininterrotto declino. Allora dove dirigersi? Verso la nuova classicità, ma non ‘all’indietro’, qui sta ‘il nocciolo del cane’.» Ferruccio Busoni dalla lettera a Philipp Jarnach, Parigi, 22 marzo 1920 21 note di sala Non si dà forse un caso piú clamoroso, in tutta la storia della musica, e forse di ogni arte, di germinazione inconscia e prolungata, che quello della Nona Sinfonia; o, per lo meno, che il proposito beethoveniano di mettere in musica, in qualche modo, l’Ode alla gioia di Schiller. Il 26 gennaio 1793 il professor Fischenich, amico di Schiller, scriveva alla moglie del poeta, Carlotta, per ragguagliarla sulle attività d’un giovane musicista della citta di Bonn, dove egli era insegnante di diritto all’Università: «Vi accludo una composizione sulla poesia Feuerfarb, vorrei conoscere il vostro giudizio in merito ad essa. È stata composta da un giovanotto della nostra città, il cui talento è ovunque apprezzato e che è stato mandato recentemente dal nostro Elettore a Vienna presso Haydn. Egli comporrà anche An die Freude di Schiller, ogni strofa separatamente. lo mi attendo da lui qualcosa di perfetto, giacché egli prova interesse soltanto per gli argomenti grandiosi e sublimi.» Un germe – quello del 1793 – che lavorava in due direzioni contemporaneamente: come generico progetto di composizione, ma anche già come avvicinamento all’idea melodica e tematica che un giorno, nel 1823 e 24, ne sarà il concretamento. Al 1794 risale un Lied intitolato Gegenliebe (amore reciproco, amore ricambiato), o piú esattamente Seufzer eines Ungeliebten und Gegenliebe (Sospiro di un disamato e amore reciproco), su due poesie di Burger. (Il poeta della Eleonora, tradotta dal Manzoni, e della ballata Il cacciatore selvaggio, presa a modello di romanticismo dal Berchet nella Lettera semiseria di Grisostomo, era morto quell’anno). La melodia che trent’anni dopo diverrà celeberrima nel finale della Nona vi e già chiaramente prefigurata. Invece in un quaderno del 1798 si trova un abbozzo di melodia sulle parole d’un verso dell’Inno alla gioia di Schiller («Muss ein lieber Vater wohnen»). Questa melodia non ha nulla da vedere con quella della Nona. Al 1804 risale un misterioso abbozzo di melodia sulla parola «Wer» (chi), che Romain Rolland ritiene si debba completare con le parole del verso di Schiller: «Wer ein holdes Weib errungen» (Chi si è conquistato una cara donna). La melodia presenta analogia con quella dell’Ode alla gioia della Nona: stessa sillabazione fitta, con andamento discendente seguito da risalita e ripiegamento finale. Del 1808 è la Fantasia in do minore op. 80 per pianoforte, orchestra e coro. Il coro interviene nell’ultimo tempo (come accadrà nella Nona Sinfonia), intonando sei quartine del poeta Christoph Kuffner, pare improvvisate su richiesta e suggerimento di Beethoven. La melodia è quella del Lied Gegenliebe, che già sappiamo essere un anticipo del finale della Nona. Le parole inneggiano al trionfo della pace e della gioia («Fried’ und Freude») attraverso le nozze della musica e della parola, paiono a Rolland «il programma del finale della Nona» e provano, secondo lo scrittore francese, quanto fosse radicato in Beethoven il proposito di maritare la parola alla forma sinfonica, contrariamente alla nota opinione di Carl Czerny, che il finale corale della Nona sarebbe stato «ein Misgriff», uno sbaglio, sconfessato e deplorato dallo stesso Beethoven. di Concerti per pianoforte, si legge: «Freude schöner Götterfunken, Tochter… Lavorare l’ouverture». Poi: «Frammenti staccati, come «i principi sono mendicanti», ecc., non tutto». E ancora: «Frammenti staccati dalla Gioia di Schiller, messi assieme in tutto». Infine: «Sinfonia in re minore, terza sinfonia». Terza, naturalmente, perché l’idea s’incunea tra la Settima e l’Ottava, allora in corso di composizione. Dobbiamo quindi inserire tra i molteplici antefatti della Nona il progetto d’una Sinfonia in re minore (quale sarà appunto la tonalità della Nona), senza piú, cioè senza progetti di inserzione vocale, e pertanto senza riferimento all’Ode alla gioia di Schiller. Infatti, in una lettera agli editori Breitkopf&Härtel, del 1 giugno 1812, annuncia: «Sto scrivendo tre Sinfonie, delle quali una è già completa». Al 1812 risale uno schizzo sui due versi di Schiller: «Freude, schöner Götterfunken, Tochter aus Elysium». La melodia è assai curiosa e non ha niente a vedere con quella che entrerà poi nella Nona. Scandisce energicamente la triade di do maggiore, con un effetto di proclamazione seccamente sillabata. Come scrive Rolland, la Gioia non aveva ancora assunto il suo volto religioso: era pura allegrezza, e basta. Il materiale della futura Sinfonia continua a germogliare per conto proprio, quando della Sinfonia non c’è ancora l’idea. In un quaderno del 1813, tra gli schizzi della Sonata per violoncello op. 102 n. 2 in re maggiore, annotato come un tema di fuga, ecco spuntare quello che sarà l’inizio dello Scherzo nella Nona Sinfonia: una nota puntata, ribattuta all’ottava inferiore, il tutto seguito da una vivacissima ronda. Nel 1817, anno quasi sterile, Beethoven lavora alla grandiosa Sonata op. 106, e comincia, molto genericamente, la Sinfonia. Ci lavora nel 1818 e occasionalmente nel 1819. Non è ancora questione dell’Ode alla gioia e in certi appunti in fogli sciolti del 1817-18 parrebbe previsto un finale strumentale, ma in appunti della seconda metà del 1818 ecco l’atto di nascita del celebre finale con voci, che tanto effetto produrrà sulle sorti future della musica sinfonica, quando Gustav Mahler avrà il coraggio di riallacciarvisi. Adagio cantico. Cantico religioso per una Sinfonia negli antichi modi: «Herr Gott, dir loben wir. Alleluja» in maniera indipendente o come introduzione a una fuga. Forse in questa seconda maniera l’intera Seconda Sinfonia potrebbe essere caratterizzata con l’entrata delle voci nel Finale o già nell’Adagio. Decuplicare i violini dell’orchestra, ecc. per l’ultimo movimento. O l’Adagio sarà in qualche modo ripetuto negli ultimi pezzi in cui le voci poi entrano gradatamente nell’Adagio come testo un mito greco o un cantico di chiesa: nell’Allegro festa a Bacco. Nel taccuino Petter, del 1809 o 1811, insieme con schizzi per lo straordinario Allegretto della Settima Sinfonia e per il finale dell’Ottava, e insieme con abbozzi Per prepararsi alla composizione della Missa solemnis Beethoven si affacciava sul continente della musica sacra e riconsiderava il canto gregoriano, sicché la peculiarità melodica dei modi ecclesiastici lo induceva a un vagheggiamento dell’antichità classica mescolata a un senso di libera religiosità (si pensi alla «Canzona di ringraziamento in modo lidico offerta alla divinità da un guarito» nel Quartetto in 22 23 note di sala note di sala la minore op. 132). Perché «Seconda Sinfonia»? In una conversazione tenuta con J. F. Rochlitz nell’estate del 1822 Beethoven diceva d’avere in mente «due grandi Sinfonie, molto differenti»: quella in re minore per Londra, tutta strumentale, e una Sinfonia tedesca, cioè con intervento corale su parole tedesche, probabilmente il progetto del 1818 su idee mistiche della mitologia e del cristianesimo. Svanite queste speculazioni, risorse dalle profondità della coscienza il vecchio proposito di musicare l’Ode alla gioia di Schiller, e scartando altre formulazioni melodiche che ancora nel 1822 egli veniva escogitando, andò a congiungersi col tema balenato fin dal giovanile Lied Gegenliebe e ripreso poi nella Fantasia per pianoforte coro e orchestra: «erano due che si cercavano», scrive Romain Rolland, sicché la genesi della Nona Sinfonia, e in particolare del finale con coro, riproduce proprio esattamente il procedimento e le fasi d’un biologico concepimento. Mescolandosi i due progetti di Sinfonia, quella inglese e quella ‘allemand’, uno divorò l’altro. Per lettera Beethoven dovette barcamenarsi per tenere a bada l’amico Ferdinand Ries, che gli aveva procurato a Londra l’ordinazione di una Sinfonia, e naturalmente se n’aspettava una normale, per sola orchestra. Invece Beethoven si era ormai buttato sull’altro progetto, quello della Sinfonia tedesca con cori: nel suo spirito si era unificata la dispersione dei vari progetti e l’idea ormai lo possedeva. Sempre del 1822 è un appunto decisivo, fra gli schizzi studiati dal Nottebohm, che dice: «Sinfonie allemand dopo la quale entra il coro Freude Schöner Götterfunken Tochter aus Elysium. Fine della Sinfonia con musica turca o coro vocale”. Da notare che in questo schizzo le parole di Schiller sono segnate in musica, ma con una melodia affatto diversa da quella che le rivestirà nella Nona Sinfonia e che già era apparsa nel vecchio Lied e nella Fantasia op. 80. Il 1822 è dunque l’anno decisivo, in cui i vari progetti dispersi a poco a poco si unificano nel proposito della Sinfonia con cori, e il 1823 fu l’anno del lavoro intenso alla composizione. Il 1° luglio, col consueto incorreggibile ottimismo informava l’arciduca Rodolfo: «Sto ora scrivendo una nuova Sinfonia per l’Inghilterra, cioè per la Società Filarmonica, e spero di portarla a termine in meno di quindici giorni». Questi errori di valutazione nelle prospettive di lavoro non sono da imputare a leggerezza né a difficoltà esterne che intralciassero la composizione. Hanno un significato storico. Beethoven continuava a calcolare secondo le consuetudini d’una volta, le consuetudini del tempo di Haydn e di Mozart, quando la composizione d’una Sinfonia era, per l’appunto, affare di quindici giorni al massimo. Non si rendeva conto di essere stato proprio lui a trasformare la situazione e a fare della Sinfonia un monumento di alto impegno intellettuale, sicché il lavoro gli si allungava e complicava tra le mani, come era già avvenuto in maniera clamorosa per la Messa solenne. Il gioco dei rinvii prendeva dei risvolti quasi comici con i sotterfugi candidamente messi in atto per far fronte al soverchiante impegno. A Ries, dopo avergli promesso in marzo la Sinfonia entro quindici giorni, scriveva il 25 aprile: «Proprio ora non sto bene a causa di tante contrarietà che ho dovuto sopportare, sí, perfino 24 note di sala male agli occhi. Ma non aver paura; avrai presto la Sinfonia; la colpa è solo di questa miserabile situazione». Il 5 settembre scriveva solennemente al libraio Kirchhoffer, incaricato di trarre le copie manoscritte, che gli avrebbe consegnato la Sinfonia entro i soliti «quattordici giorni al massimo», e lo stesso giorno, con insigne quanto bambinesca malafede, scriveva a Ries: «La partitura della Sinfonia è stata finita dai copisti durante gli ultimi pochi giorni e di conseguenza Kirchhoffer ed io siamo semplicemente in attesa di una buona occasione per spedirla». In realtà il lavoro aveva imperversato durante quell’estate, nelle villeggiature di Hetzendorf e poi di Baden, non lontano da Vienna. Racconta Schindler che Beethoven si era concentrato al massimo, evitando di vedere chicchessia, anche lui, Schindler, e trascurando ogni affare e convenienza domestica: «Completamente assorto, vagava per campi e prati, taccuino alla mano, senza darsi pensiero per l’ora dei pasti. Quando ritornava, era spesso senza cappello, ciò che mai era accaduto prima, anche nei momenti di piú alta ispirazione. Verso metà agosto si potevano vedere grandi quaderni con annotazioni per il nuovo lavoro.» È il momento della definizione e della stesura di tutto il materiale portato in mente per anni: il parto dopo la lunghissima gestazione. Isolato da tutto, interamente immerso nella selva delle idee musicali che giungevano allora al punto di coagulazione, diceva a Schindler: «Non son mai solo quando sono solo». Sfido! Se si pensa che facciamo una certa fatica noi, semplicemente a tenere a mente e coordinare tutte le fasi attraverso cui l’opera enorme si venne formando lentamente nella sua coscienza, si può avere un’idea della gigantesca impresa intellettuale che fu quella di fissare queste idee musicali che pullulavano e sfuggivano da tutte le parti, forgiarle, limarle e integrarle nel tutto della Sinfonia. Non c’è da stupire che Beethoven andasse in giro sciamannato, magari con le calze spaiate e i pantaloni sbottonati, e che tutti i momenti buttasse sotto il rubinetto della cucina la testa ardente come un vulcano. In totale, poiché al primo tempo della Sinfonia in re minore Beethoven aveva cominciato a pensare nel 1817-18, la composizione richiese circa sei anni e mezzo, naturalmente non ininterrotta. [Massimo Mila] Come si è già detto, la Nona Sinfonia fu composta per la Società Filarmonica di Londra (anche se poi, nel 1826 al momento della pubblicazione, sarà dedicata al Re Federico Guglielmo III di Prussia). La Società Filarmonica ricevette il manoscritto solo dopo la prima esecuzione, che avvenne a Vienna il 7 maggio 1824 al Kärntnertortheater con grande successo di pubblico, ma con scarsi esiti finanziari. Il programma comprendeva l’Ouverture op. 124 in do maggiore («La consacrazione della casa»), tre grandi inni per soli e coro (la polizia aveva proibito di indicare altrimenti, in un programma di teatro, i tre brani della Messa op. 123 che venivano eseguiti: Kyrie, Credo, Agnus Dei) e la Nona Sinfonia. Interpreti di canto furono Henriette Sontag, Caroline Unger, Anton Haitzinger e 25 note di sala August Seipelt. Dirigeva il Kapellmeister Michael Umlauf; Schuppanzigh era alla testa dei primi violini; Beethoven, a fianco di Umlauf, indicava il movimento al principio di ogni pezzo «prendendo parte», come era indicato nel manifesto pubblico, «alla direzione dell’insieme». Diverse testimonianze sulla prima esecuzione della Nona Sinfonia sono giunte fino a noi. Cosí scrive il violinista Joseph Böhm: «La composizione fu studiata con diligenza e coscienziosità come richiedeva tale gigantesco e difficile brano musicale. Si arrivò alla prima esecuzione. Un pubblico illustre, estremamente vasto ascoltò con rapita attenzione e non desistette da un applauso fragoroso ed entusiasta. Beethoven stesso dirigeva, cioè stava di fronte al leggio del direttore e si muoveva avanti e indietro come un matto. Ad un certo momento si allungava in tutta la sua altezza, per poi piegarsi giú verso il pavimento, batteva con mani e piedi come se avesse voluto suonare tutti gli strumenti e cantare tutte le parti del coro. – La direzione vera e propria era nelle mani di Duport [sic], noi musicisti seguivamo soltanto la sua bacchetta. – Beethoven era cosí eccitato che non vide niente di quello che succedeva attorno a lui, non prestò attenzione all’esplosione di applausi, che in ogni caso la sua sordità gli impediva di sentire. Gli fu detto ogni volta quando era il momento di ringraziare per gli applausi, cosa che egli fece nel modo piú sgraziato che si possa immaginare.» (Kerst II, 73.TDR V.93) Joseph Carl Rosenbaum registrò invece nel suo diario: «Venerdí 7 (maggio 1824). Caldo… All’Imp. Teat. concerto di van Beethoven, con Sontag, Unger, Heitzinger e Seipelt come cantanti. Direttore Umlauf. Egli mostra comprensione. Ouverture e tre Inni con Kyrie e Ode alla gioia; bello ma noioso – non molto pieno… all’Imp. Teat. molti palchi vuoti, nessuno della Corte. In proporzione al vasto organico, poco effetto. I discepoli di B. fecero un gran clamore, la maggior parte del pubblico stava quieta, molti non aspettarono la fine.» (Autografo, Oesterreichische Nationalbibliothek) offrire una prova pratica che la musica strumentale è assolutamente incapace di fare un discorso. Quanto piú spesso, poi, si eseguí questa opera gigantesca tanto piú migliorò la comprensione che ne avevano i musicisti e il pubblico. […] In questa occasione non posso astenermi dal ricordare qualcosa che il mio caro defunto amico Carl Czerny (un favorito fra gli allievi di Beethoven) mi disse piú volte e che egli riteneva attendibilmente vero. Qualche tempo dopo la prima esecuzione della Nona Sinfonia, si dice Beethoven avesse annunciato ad un piccolo gruppo dei suoi amici piú vicini, fra i quali Czerny, che si era convinto di aver fatto un errore con l’ultimo tempo della sinfonia; voleva quindi eliminarlo e scrivere al suo posto un movimento strumentale senza voci; egli aveva già in mente l’idea di ciò. Anche se la meno favorevole accoglienza del movimento finale con il coro poté forse influenzare la convinzione di Beethoven, egli certamente non era persona che cambiava opinione in ragione delle critiche del giorno e di un applauso meno pieno del solito. Quindi sembra effettivamente che egli non si sentí del tutto a suo agio nella nuova strada che aveva preso. In ogni caso è un gran peccato che non realizzò mai l’intenzione che aveva annunciato. » (Kerst II, 78) [Da H.C. Robbins Landon, Beethoven, Thames and Hudson, London 1970] Una seconda esecuzione della Nona Sinfonia a Vienna fu quella del 23 maggio 1824. Fra le successive, quella di Londra del 21 marzo 1825 (dove la sinfonia fu diretta da Sir George Smart e cantata in italiano), di Francoforte del 1 aprile 1825, di Aachen il 23 maggio 1825, di Lipsia del 6 marzo 1826, di Berlino del 27 novembre 1826, di Brema del 20 dicembre 1826. Sempre nel 1826 Mendelssohn la eseguí al pianoforte in un concerto privato. Leopold Sonnleithner riportò sull’Allgemeine Musikalische Zeitung n. 14 del 6 aprile 1864: «Mi chiede di informarLa, sulla base dei miei ricordi personali, del tempo che Beethoven prese nel recitativo dei contrabbassi nell’ultimo tempo della Nona Sinfonia. Volentieri rispondo alla sua domanda e dico per prima cosa che nella primavera 1824 assistetti a tutte, o alla maggior parte delle prove orchestrali della Nona Sinfonia, che fu eseguita per la prima volta il 7 maggio 1824. Beethoven stesso era a capo dell’organico, ma la direzione vera e propria dell’orchestra era quella di Umlauf, che batteva il tempo; Schuppanzigh era il primo violino. – Posso confermare sulla base della mia esperienza che Beethoven voleva che i recitativi fossero suonati velocemente, cioè non esattamente Presto ma neanche Andante. Tutta la sinfonia, ma particolarmente l’ultimo tempo, creò grandi difficoltà all’orchestra, che non la capí all’inizio, anche se vi suonavano musicisti di primo piano (come Mayseder, Boehm, Jansa, Linke). I contrabbassisti non avevano la piú lontana idea di cosa avrebbero dovuto fare con i recitativi. Non si sentiva nient’altro che un rauco brontolio nei bassi, quasi come se l’autore avesse voluto Note di sala e traduzioni a cura di Filippo Juvarra 26 27 note di sala note di sala Testi Schönberg A Survivor from Warsaw Testo di Arnold Schönberg Narratore I cannot remember everything. I must have been unconscious most of the time. I remember only the grandiose moment when they all started to sing, as if prearranged, the old prayer they had neglected for so many years – the forgotten creed! But I have no recollection how I got underground to live in the sewers of Warsaw for so long a time. The day began as usual: Reveille when it still was dark. “Get out!” Whether you slept or whether worries kept you awake the whole night. You had been separated from your children, from your wife, from your parents. You don’t know what happened to them… How could you sleep? The trumpets again – “Get out! The sergeant will be furious!” They came out; some very slowly, the old ones, the sick ones; some with nervous agility. They fear the sergeant. They hurry as much as they can. In vain! Much too much noise, much too much commotion! And not fast enough! The Feldwebel shouts: “Achtung! Stilljestanden! Na wird’s mal! Oder soll ich mit dem Jewehrkolben nachhelfen? Na jut; wenn ihrs 28 testi Non posso ricordare ogni cosa. Devo essere rimasto privo di conoscenza per la maggior parte del tempo. Ricordo soltanto il grandioso momento quando tutti cominciarono a cantare, come se si fossero messi d’accordo, l’antica preghiera che essi avevano trascurato per tanti anni – il credo dimenticato! Ma non so dire come riuscii a vivere nel sottosuolo nelle fogne di Varsavia, per un cosí lungo tempo. Il giorno cominciò come al solito: sveglia quando era ancora buio. Venite fuori – Sia che dormiste o che le preoccupazioni vi tenessero svegli tutta la notte. Eravate stati separati dai vostri bambini, da vostra moglie, dai vostri genitori; non si sapeva che cosa era accaduto a loro – come si poteva dormire? Di nuovo le trombe – Venite fuori! il sergente sarà furioso! Vennero fuori; alcuni molto lenti; i vecchi, gli ammalati; alcuni con agilità nervosa. Temono il sergente. Si affrettano quanto piú possibile. Invano! Molto, troppo rumore, molta, troppa agitazione - e non svelti abbastanza! Il sergente urla: «Attenzione! Attenti! Beh, ci decidiamo? O devo aiutarvi io durchaus haben wollt!” The sergeant and his subordinates hit everyone: young or old, strong or sick, guilty or innocent ... It was painful to hear them groaning and moaning. I heard it though I had been hit very hard, so hard that I could not help falling down. We all on the ground who could not stand up were then beaten over the head... I must have been unconscious. The next thing I heard was a soldier saying: “They are all dead!” Whereupon the sergeant ordered to do away with us. There I lay aside half conscious. It had become very still - fear and pain. Then I heard the sergeant shouting: “Abzählen!” They start slowly and irregularly: one, two, three, four – “Achtung!” The sergeant shouted again, “Rascher! Nochmals von vorn anfange! In einer Minute will ich wissen, wieviele ich zur Gaskammer abliefere! Abzählen!” They began again, first slowly: one, two, three, four, became faster and faster, so fast that it finally sounded like a stampede of wild horses, and (all) of a sudden, in the middle of it, they began singing the Shem’a Yisroel. con il calcio del fucile? E va bene; se è proprio questo che volete!» Il sergente e i suoi aiutanti colpivano tutti; giovani e vecchi, remissivi o agitati, colpevoli o innocenti. Era doloroso sentirli gemere e lamentarsi. Sentivo tutto sebbene fossi stato colpito molto forte, cosí forte che non potei evitare di cadere. Eravamo tutti stesi per terra, chi non poteva reggersi in piedi era allora colpito sulla testa. Devo essere rimasto privo di conoscenza. La prima cosa che udii fu un soldato che diceva: «sono tutti morti». Al che il sergente ordinò di sbarazzarsi di noi. Io giacevo da una parte – mezzo svenuto. Era diventato tutto tranquillo – paura e dolore. Fu allora che udii il sergente che gridava: «Contateli!». Cominciarono lentamente e in modo irregolare Uno, due, tre, quattro – «Attenzione!» il sergente urlò di nuovo, «Piú svelti!» «Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas! Contateli!». Ricominciarono, prima lentamente: uno, due, tre, quattro, poi sempre piú presto, sempre piú presto tanto che alla fine risuonò come una fuga precipitosa di cavalli selvaggi, e tutto ad un tratto, nel mezzo del tumulto, essi cominciarono a cantare lo Shem’a Yisroel. [segue] 29 testi Coro maschile Shem’a Yisroel Adonoy eloheynu Adonoy ehod. Veohavto et Adonoy eloheycho bechol levovcho uvchol nafshecho uvechol me’odecho. Vehoyu hadevorim hoele asher onochi metsavecho hayom ‘al levovecho. Veshinontom levoneycho vedibarto bom beshivtecho beveytecho uvelechtecho baderech uvshochbecho uvekumecho. Ascolta, o Israele, il Signore è tuo Dio, il Signore è uno. E amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E porrai quanto io ti comando ora sul tuo cuore. E lo ripeterai ai tuoi figli, e ne parlerai tornando a casa, procedendo per la tua via, coricandoti ed alzandoti. [Deuteronomio, 6: 4-7] Beethoven Sinfonia n. 9 Coro finale sull’Ode “Alla Gioia” di Friedrich Schiller (in Thalia, Dresda 1786) Recitativo iniziale di L. van Beethoven O Freunde, nicht diese Töne! Sondern laßt uns angenehmere anstimmen und freudenvollere! O amici, non questi suoni! Ma intoniamone altri più piacevoli, e più gioiosi! Freude, schöner Götterfunken, Tochter aus Elysium, Wir betreten feuertrunken, Himmlische, dein Heiligtum! Deine Zauber binden wieder, Was die Mode streng geteilt; Alle Menschen werden Brüder, Wo dein sanfter Flügel weilt. Gioia, bella scintilla divina, figlia dell’Elisio, noi entriamo ebbri e frementi, celeste, nel tuo tempio! La tua magia ricongiunge ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli, dove la tua ala soave freme. Wem der große Wurf gelungen, Eines Freundes Freund zu sein; Wer ein holdes Weib errungen, Mische seinen Jubel ein! Ja, wer auch nur eine Seele Sein nennt auf dem Erdenrund! Und wer’s nie gekonnt, der stehle Weinend sich aus diesem Bund! L’uomo a cui la sorte benevola, concesse di essere amico di un amico, chi ha ottenuto una donna leggiadra, unisca il suo giubilo al nostro! Sì, chi anche una sola anima possa dir sua nel mondo! Chi invece non c’è riuscito, lasci piangente e furtivo questa compagnia! 30 testi Freude trinken alle Wesen An den Brüsten der Natur; Alle Guten, alle Bösen Folgen ihrer Rosenspur! Küße gab sie uns und Reben, Einen Freund, geprüft im Tod; Wollust ward dem Wurm gegeben, Und der Cherub steht vor Gott. Gioia bevono tutti i viventi dai seni della natura; tutti i buoni, tutti i malvagi seguono la sua traccia di rose! Baci ci ha dato e uva, un amico, provato fino alla morte; la voluttà fu concessa al verme, e il cherubino sta davanti a Dio! Froh, wie seine Sonnen fliegen Durch des Himmels prächt’gen Plan, Laufet, Brüder, eure Bahn, Freudig, wie ein Held zum Siegen. Lieti, come i suoi astri volano attraverso la volta splendida del cielo, percorrete, fratelli, la vostra strada, gioiosi, come un eroe verso la vittoria. Seid umschlungen, Millionen. Diesen Kuß der ganzen Welt! Brüder, über’m Sternenzelt Muß ein lieber Vater wohnen. Ihr stürzt nieder, Millionen? Ahnest du den Schöpfer, Welt? Such’ ihn über’m Sternenzelt! Über Sternen muß er wohnen. Abbracciatevi, moltitudini. Questo bacio vada al mondo intero! Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso. Vi inginocchiate, moltitudini? Intuisci il tuo creatore, mondo? Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitare. 31 testi Bunker / Olimpia Zagnoli www.opvorchestra.it
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