2014_11_11-rassegna

Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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GIORNALE DI VICENZA lunedì 11 novembre 2014
CREDITOCOOPERATIVO. Contratto regionale: stalloper 5 mila persone Rotturasull' integrativo
trasindacatie Federveneta «Penalizzati i più deboli
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Stretta Fsb sulle grandi banche - I 30 maggiori istituti mondiali dovranno avere riserve per il 16-20% degli
asset ponderati e un leverage ratio del 6%. Unicredit unica italiana coinvolta. Una botta al too-big-to-fail, ma
con rischi per il credito
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
In Italia le sofferenze crescono meno
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Corsa a quattro per gli npl Tercas - La cessione è prevista entro l'anno e rappresenta una tappa importante
del risanamento della cassa abruzzese. E la controllante Popolare di Bari tra una settimana alzerà il velo sul
piano industriale
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Creval, buffer liquidità con 400 mln in più
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Il mattone Mps abbatte il capitale - Patrimonio netto a 38 milioni di euro. Venerdì 28 l'assemblea dei soci che
dovrà anche eliminare il valore nominale delle azioni. Sul tavolo l'ipotesi del concordato. Per la banca il piano
in Bce
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Profitti in volo per la Popolare di Sondrio
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
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Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Faro di Consob e Pm sul trading in titoli Profilo
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Rallenta il calo dei prestiti
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
FonSai, assolti tre ex sindaci
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Sul tavolo G20 la stretta alle 30 banche sistemiche - Capacità di assorbire perdite al 20% degli attivi
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014 - Sul tavolo G20 la stretta alle 30 banche sistemiche - Generali,
alleanza a Tokyo con Dai-ichi
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Sul tavolo G20 la stretta alle 30 banche sistemiche - Capacità di assorbire perdite al 20% degli attivi
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Banca Imi, risultato netto a 411 milioni
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Bankitalia: rallenta a settembre il calo dei prestiti erogati
.c.
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Anno XV - 11/11/2014
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procedure di crisi: tuttora aperti due commissariamenti (Credito Trevigiano, Banca Padovana) mentre
la Banca Veneziana, uscita dall' amministrazione straordinaria, ha convocato giusto ieri il primo cda.
Per il presidente della Federazione Bcc Ilario Novella il sindacato «deve prendere atto che il contesto
storico è cambiato. Rispetto la reazione di parte - dice -, ma il sindacato ne prenda atto e ci venga
incontro». ? R.B.
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Stretta Fsb sulle grandi banche - I 30 maggiori istituti mondiali dovranno avere riserve per il
16-20% degli asset ponderati e un leverage ratio del 6%. Unicredit unica italiana coinvolta.
Una botta al too-big-to-fail, ma con rischi per il credito
di Francesco Ninfole
Le grandi banche mondiali dovranno avere più capitale e debito subordinato in modo da evitare l'intervento
del settore pubblico in caso di crisi. Il Financial Stability Board (Fsb) ieri ha dichiarato guerra al fenomeno
del too-big-to-fail, ovvero all'implicita garanzia degli Stati nei confronti di istituti troppo grandi per fallire,
anche se la mossa potrebbe avere effetti indesiderati per il credito. L'organismo internazionale guidato da
Mark Carney ha messo in consultazione un documento in cui si chiede alle grandi banche di detenere un
cuscinetto di azioni e bond convertibili fino al 16-20% degli asset ponderati (Rwa), livello che in certi casi può
salire fino al 25%. Tale valore costituirebbe la capacità di assorbimento delle perdite della banca (Tlac o total
loss-absorbing capacity). Gli istituti dovrebbero rispettare un requisito sulla leva almeno doppio rispetto a
quanto richiesto da Basilea 3: il leverage ratio salirebbe al 6% dal 3 (peraltro ancora da attuare). La
consultazione andrà avanti fino a febbraio. In caso di approvazione definitiva i nuovi requisiti partiranno a
inizio 2019 e saranno validi per i gruppi considerati come G-Sib (global systemically important banks). La
lista di G-Sib è aggiornata periodicamente: secondo l'ultima classificazione del Fsb, pubblicata pochi giorni
fa, le banche sistemiche sono in tutto 30 e tra queste l'unica italiana è Unicredit. Gli istituti G-Sib saranno
soggetti dal 2016 anche a requisiti aggiuntivi di capitale rispetto ai minimi regolamentari (si veda tabella in
pagina).
Le nuove regole del Fsb rappresenterebbero un giro di vite rilevante rispetto a Basilea 3, che prevede un
minimo di capitale del 7% a inizio 2019 (4,5% più 2,5 di conservation buffer), e anche rispetto all'8%
(phased-in) richiesto dalla Bce nell'asset quality review. Il 16-20% proposto dal Fsb non include solo il
capitale di migliore qualità (common equity tier 1) ma anche titoli svalutabili o convertibili in azioni in caso
di perdite, come gli additional tier 1. Non sono invece inclusi i buffer di capitale di Basilea 3: includendo
anche queste riserve il requisito di una banca può arrivare al 25%. Ulteriori richieste patrimoniali potrebbero
emergere a livello nazionale. Secondo le prime stime, le nuove norme potrebbero obbligare le banche Ue a
emettere nuovo debito subordinato per 400 miliardi nei prossimi quattro anni. Secondo Citi le banche più
coinvolte sarebbero Bnp Paribas, Santander, SocGen, Deutsche Bank, Unicredit e Bbva.
L'obiettivo dei regolatori è far sì che in caso di emergenza ci siano risorse subito disponibili all'interno della
banca senza la necessità di coinvolgere i contribuenti (come accaduto in Usa, Germania e Regno Unito,
mentre in Italia l'aiuto pubblico è stato limitato). Il principio è quello del bail-in, ovvero il contributo alle
perdite di azionisti e obbligazionisti, invece che del bail-out (cioè del salvataggio pubblico). In Europa è già
stato definito un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie che apre a un requisito minimo in tema di
assorbimento delle perdite (il cosiddetto Mrel, minimum requirement for eligible liabilities). Anche negli Usa
si parla da tempo di un simile provvedimento. Manca però uno standard internazionale, definito nel
dettaglio. È proprio quanto si propone di fare ora il Fsb: secondo Carney, l'accordo su criteri internazionali
sarebbe uno «spartiacque» per mettere fine al too-big-to-fail.
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Anno XV - 11/11/2014
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partire dalla Fondazione. In caso contrario, potrebbero aprirsi scenari davvero poco incoraggianti per
Sansedoni. L'alternativa più plausibile sarebbe la conversione del debito in equity e presumibilmente la
liquidazione graduale della società in forme ancora tutte da definire. Va detto che fino a oggi banca e
Fondazione non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno alla società immobiliare partecipata, ma
qualcuno fa notare che il salvataggio non è scontato. Tanto più che i due azionisti oggi sono concentrati
sull'impegnativo piano di rafforzamento patrimoniale imposto dalla Bce dopo aqr e stress test. Ieri scadeva il
termine per la presentazione a Francoforte del capital plan approvato dal cda mercoledì scorso. Mps si è
impegnata a lanciare un aumento di capitale fino a 2,5 miliardi per colmare lo shortfall e rimborsare in
anticipo le tranche residue di Monti bond. Il piano dovrebbe essere validato dalla Bce nelle prossime
settimane, dando così modo di mettere in cantiere la ricapitalizzazione per la primavera 2014. Il documento
prevede anche un pacchetto di cessioni e una richiesta di mitigazione del deficit per circa 390 milioni.
(riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Profitti in volo per la Popolare di Sondrio
di Claudia Cervini
Utile in forte crescita per la Popolare di Sondrio, che ha chiuso i nove mesi con 94 milioni di euro, in
progresso dell'82% rispetto allo stesso periodo 2013. La banca, reduce dalla pagella Bce e presieduta dal neonumero uno Francesco Venosta, ha registrato un incremento anche della raccolta e degli impieghi. La
raccolta complessiva a fine settembre risulta in aumento dell'11,28% su base annua a 57,7 miliardi di euro,
mentre gli impieghi si attestano a 25,7 miliardi (+5%). Sul fronte del capitale i coefficienti patrimoniali al 30
settembre hanno raggiunto la soglia del 10,12% per il Cet1 ratio e del 13,08% per il Total capital ratio. In
relazione al positivo esito dell'esercizio di comprehensive assessment, propedeutico all'avvio della Vigilanza
unica Bce, la banca ha fatto sapere di non aver bisogno di un ulteriore rafforzamento patrimoniale. In
controtendenza rispetto al settore l'aumento della rete di filiali, giunta a contare 343 sportelli (cinque in più
rispetto al 2013). Anche la base azionaria si è allargata registrando un incremento di 3.388 soci.
(riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA martedì 11 novembre 2014
Cattolica, parte in salita l'aumento di capitale
di Mauro Romano
È stata una seduta difficile per Cattolica Assicurazioni nel primo giorno dell'aumento di capitale da 500
milioni che si concluderà il prossimo 27 novembre (con i diritti negoziabili sino al 21 novembre). Il titolo,
durante la giornata, è stato sospeso per eccesso di ribasso, per poi chiudere la seduta con una flessione del
12,9%, dopo che anche venerdì le azioni Cattolica erano arrivate a perdere il 17%. L'operazione, che per alcuni
analisti implica un effetto diluitivo sull'utile per azione del 64%, è volta a sostenere la crescita del business,
finanziare la trasformazione industriale e gli investimenti in innovazione e tecnologia, oltre che a cogliere
opportunità di acquisizione e di partnership, in linea con quanto annunciato dalla società lo scorso 19
settembre con la presentazione del nuovo piano industriale 2014-2017. Le nuove azioni, oltre 117 milioni di
titoli, sono state offerte a un prezzo di 4,25 euro, con uno sconto del 37,01% e il mercato ieri ha continuato a
spingere in basso sia le azioni sia i diritti, che sono stati sospesi dopo una perdita del 47,49% (1,998 euro il
minimo raggiunto). Ambienti vicini alla compagnia si dicono però consapevoli che il trend del mercato
cambierà dopo la presentazione al mercato del bilancio dei nove mesi, che sarà diffuso mercoledì, e che
mostrerà risultati solidi e in crescita. (riproduzione riservata)
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Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
erano stati fatti i precedenti stress test, né dei risultati ottenuti, bensì quello di aver creato con il loro
annuncio quasi un anno fa un clima tale da indurre le banche europee (e fra esse anche qualche banca
italiana) a fare subito dopo l'annuncio stesso operazioni patrimoniali di pulizia dell'attivo e di aumento di
capitale che, senza il terrore dei test e delle ispezioni dell'organo di vigilanza intervenute nel frattempo, non
avrebbero probabilmente fatto. I test hanno quindi creato le premesse per affrontare i problemi
dell'efficienza, che ormai non possono più essere rinviati. I più o meno timidi annunci che in materia hanno
recentemente fatto alcune banche non sono sufficienti. Occorre prendere atto che siamo in emergenza
strutturale e che occorrono decisioni drastiche che diano risultati a breve, né più né meno come quelle
adottate in altri Paesi, fra i quali primeggiano gli Stati Uniti e la Spagna.
Fra i provvedimenti da adottare i test europei hanno infine additato agli occhi di tutti un vecchio problema
che da anni dormiva sotto la cenere, quello della concentrazione. Mesi fa scrissi su queste colonne che fra
non molto le prime quaranta banche italiane si ridurranno più o meno a una decina, in cui confluiranno
quelle più deboli sia per patrimonializzazione che per efficienza. I casi di cui si discute in questi giorni e gli
altri che seguiranno fra non molto anche per l'esito dei test Bce testimoniano che le mie previsioni non erano
del tutto sbagliate. Ciò non significa affatto che la concentrazione risolverà automaticamente i problemi
prima accennati. Come ha ben dimostrato anche l'esperienza italiana, l'aumento dimensionale conseguente
alla concentrazione non sempre dà buoni risultati, tanto meno nel breve periodo. Affinché ciò non accada
anche con le nuove concentrazioni, queste dovranno essere affrontate con un approccio profondamente
diverso da quello passato. In questo modo si potrà vedere chiaramente la capacità del nostro sistema di
riprendere quota, di rinnovare il sostegno allo sviluppo, di soddisfare meglio i clienti, di accontentare gli
azionisti e, in fin dei conti, di affrontare il futuro con maggiore tranquillità per tutti i suoi stakeholder.
(riproduzione riservata)
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Inps: stop alla svalutazione dei contributi - La proposta dell'Istituto di previdenza in una
lettera ai ministeri del Lavoro e dell'Economia
Vitaliano D'Angerio e Giorgio Pogliotti
Azzerare l'effetto svalutazione delle pensioni causato dall'andamento negativo del Pil. È questo
l'orientamento dell'Inps che, con una lettera che sarà inviata con ogni probabilità oggi ai ministeri del Lavoro
e dell'Economia, chiede un chiarimento sull'applicazione del meccanismo di calcolo introdotto nel 1995 dalla
riforma Dini. Il montante contributivo di ogni pensione, infatti, viene annualmente rivalutato in base
all'andamento del Pil nominale (serie storica di 5 anni). Tuttavia essendo il coefficiente negativo (-0,1927%),
il "salvadanaio previdenziale" di tutti i pensionandi, dal prossimo anno, subirebbe una perdita se venisse
applicato in modo automatico il meccanismo, messo a punto in anni in cui era quasi impensabile ipotizzare
un calo del Pil così prolungato nel tempo.
Il ragionamento che fanno all'Inps è che trattandosi di un meccanismo di rivalutazione del contributo e non
di svalutazione, non ci possa essere una penalizzazione per i futuri pensionati. Questa interpretazione
sarebbe quasi scontata, secondo l'Istituto nazionale di previdenza, che tuttavia in presenza di rumors relativi
alle preoccupazioni per possibili problemi di copertura, ha deciso di inviare una lettera per chiedere lumi ai
due ministeri.
Aperture arrivano dal viceministro dell'Economia, Enrico Morando: «Siamo immersi in una lunga fase di
recessione – afferma –, è chiaro che sarebbe semplicistico limitarsi a un'applicazione automatica del
meccanismo. È ragionevole intervenire per impedire la svalutazione delle pensioni, cambiando le regole del
gioco. Va posto il problema, ricordando che serve una grande cautela quando si interviene sulle materie
previdenziali, serve un atteggiamento volto a garantire stabilità nei conti, senza produrre terremoti». Per
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Anno XV - 11/11/2014
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delega all'organizzazione ha avviato la riforma della Uil e lo scorso gennaio è stato eletto segretario generale
aggiunto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Jobs Act, è ancora braccio di ferro
ROMA - Sul Jobs act all'esame della Camera, il Pd va alla resa dei conti. Il premier Renzi ha convocato la
direzione nazionale per le 21 di domani, in agenda c'è la legge elettorale ma non si esclude che verrà
affrontato anche il Jobs act, secondo uno schema che sembra ricalcare quello già visto al Senato, quando dal
parlamentino Dem venne votato un ordine del giorno presentato dal responsabile economico, Filippo Taddei,
con l'obiettivo di ricompattare i parlamentari in vista del voto di fiducia in Aula. Sempre domani alle 16,
peraltro, scade la presentazione degli emendamenti in commissione Lavoro. Per il presidente del Consiglio è
decisivo il fattore tempo: la riforma deve essere operativa dal 1° gennaio 2015, per consentire al contratto a
tempo indeterminato a tutele crescenti di beneficiare pienamente degli incentivi previsti dalla Legge di
stabilità. Per conseguire questo obiettivo Renzi è pronto anche a ricorrere nuovamente alla fiducia,
confermando il testo frutto di una difficile mediazione raggiunta al Senato con gli alleati di governo del Ncd,
Sc, Pi e Svp. Tuttavia la minoranza del Pd preme per modificare con emendamenti il testo uscito dal Senato, e
diversi deputati hanno già fatto sapere che non voteranno la fiducia, se il governo deciderà di farvi ricorso. In
questo scenario il ruolo di mediatore è affidato al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ieri ha spiegato
da Ginevra – dove partecipava ai lavori dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) – che per il
governo il Ddl delega può essere approvato «nella sua veste attuale, i fondamentali sono questi e così
dovrebbero rimanere». In sostanza per le modifiche Poletti ha fatto capire che i margini sono piuttosto
stretti, ricordando che «c'è una discussione parlamentare in corso e il vincolo che abbiamo posto sono i
tempi». Le modifiche, infatti, riporterebbero il testo all'esame del Senato; per evitare rimpalli sarà necessario
trovare preventivamente un equilibrio tra le diverse anime della maggioranza su eventuali correttivi.
«Lavoriamo con i tempi parlamentari tenendo conto che al Senato il testo è rimasto per cinque mesi», spiega
il relatore e presidente della commissione, Cesare Damiano (Pd), convinto che così come è scritto il testo
votato da Palazzo Madama non possa rappresentare la base per l'accordo. G. Pog.© RIPRODUZIONE
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Il «Tfr in busta» sotto tiro alla Camera - Molti emendamenti per ridurre la tassazione, ma
anche otto trasversali per cancellare la misura
Marco Mobili
ROMA - Levata di scudi del Parlamento contro il Tfr erogato in busta paga ai dipendenti. Da chi ne chiede la
soppressione a chi invece invoca una tassazione ridotta in luogo di quella ordinaria. Non solo. Nel mirino di
tutti i gruppi parlamentari finiscono anche altri cavalli di battaglia della prima Finanziaria targata Renzi,
come la stabilizzazione del bonus da 80 euro, la decontribuzione dei neossunti, il regime agevolato per e
partite Iva e la tassazione al rialzo dei fondi pensione.
Ad aprire il faldone dei circa 4mila emendamenti da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, è la
correzione di 4,5 miliardi ai saldi della manovra chiesta al Governo dalla Ue. L'emendamento firmato dal
Governo prevede tra l'altro l'estensione del reverse charge a ipermercati, supermercati e discount (si veda Il
Sole 24 Ore di sabato scorso) e, se l'Europa non darà il suo via libera all'estensione dell'inversione contabile
alla grande distribuzione, l'aumento della clausola di salvaguardia sulle accise per carburanti di ulteriori 728
milioni da aggiungere ai 988 milioni già posti a garanzia della norma sullo split payment.
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Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
Lo prevede l'accordo appena sottoscritto da Federalimentare, Fai, Flai e Uila che, mentre in Italia si dibatte
su Jobs Act e riforma del mercato del lavoro, va incontro alla domanda di maggiore flessibilità delle aziende e
la mette in equilibrio con la richiesta di garanzie esercitata dai sindacati. Si parte dal tema dei contratti a
termine.
La Legge 16 maggio 2014 n.78 fissa al 20% il rapporto tra questa tipologia e i tradizionali contratti a tempo
indeterminato. Una norma generale che non rispecchia in pieno le esigenze di una categoria come quella
dell'industria alimentare (oltre 400mila lavoratori), caratterizzata da una forte stagionalità delle produzioni.
Da qui la decisione di innalzare al 25% la soglia. La stessa Legge, sempre per i contratti a termine, concede la
possibilità di effettuare cinque rinnovi nell'arco di 36 mesi, senza esprimersi sulla tipologia del lavoro
stagionale. Le parti hanno allora concordato di fissare a quota quattro le possibili proroghe per gli stagionali,
ferma restando la durata massima di otto mesi.
Il tutto adottando il regime di "acausalità", introdotto sempre dalla legge 78/2014. Parallelamente, le parti
hanno sottoscritto un altro accordo che recepisce il Testo unico sulla rappresentanza 10 gennaio 2014,
facendo propri criteri quali l'attribuzione con proporzionale dei seggi rsu e l'individuazione di "election
period" (maggio/giugno e ottobre/novembre) per il rinnovo di tutti i delegati. «Le parti - spiega Tiziana
Bocchi di Uila - riconoscono che il contratto a termine deve essere, insieme con la stagionalità, lo strumento
da privilegiare rispetto ad altre forme contrattuali, compresa la somministrazione». Per il commissario di Fai
Luigi Sbarra sono stati messi a «disposizione delle imprese strumenti per l'assunzione di lavoro buono,
diretto e gestito dalle parti». Le sigle dell'alimentare, secondo Mauro Macchiesi di Flai, «sono le prime a
recepire l'accordo sulla rappresentanza tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil». @MrPriscus© RIPRODUZIONE
RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Popolare Bari, via all'aumento
Vincenzo Rutigliano
Aumento di capitale sociale da 500 milioni di euro per la Banca Popolare di Bari. Da domani, per i prossimi
40 giorni, il gruppo guidato da Marco Jacobini chiederà a soci e pubblico indistinto di partecipare
all'aumento di capitale destinato, nell'ordine, a garantire la propria autonomia nel lungo periodo, ad
allinearsi ai nuovi requisiti di capitale imposti da Basilea 3 e a dotarsi di nuove risorse per cogliere ulteriori
possibilità di crescita. Oltre che, ovviamente, per "metabolizzare" l'ultima acquisizione del gruppo che - con il
controllo di Banca Tercas e, attraverso essa, di Banca Caripe - si è allargato ancora. Al gruppo - che ora può
contare su 15 miliardi di attività gestite, 400 sportelli, 3.200 dipendenti, 550mila clienti («il primo gruppo
bancario autonomo del Mezzogiorno», dice Jacobini) servono infatti nuovi mezzi per gestire al meglio
l'acquisizione di Banca Tercas.
Un'acquisizione, questa, che è la 26esima della serie, iniziata a febbraio 2008 con 43 nuovi sportelli nel
Centro Sud e subito seguita, a marzo 2009, con altri 47 in Toscana, Umbria e Lazio.
Banca Tercas, gravata da un deficit patrimoniale di 602 milioni di euro, è praticamente ferma da cinque anni.
Per questo, dal primo ottobre, giorno del passaggio sotto il controllo della Popolare Bari, una task force è al
lavoro «con l'obiettivo - spiega Jacobini - di rimetterla in piedi entro un anno». Occorre infatti recuperare
terreno, sul piano sia dell'infrastruttura commerciale sia dell'offerta. La sfida è voltare pagina, rispetto
all'amministrazione straordinaria iniziata a fine aprile 2012.
Quanto al Gruppo Banca Popolare di Bari nel suo insieme, dopo l'acquisizione formalizzata a luglio - e dopo
l'aumento di capitale sociale riservato di 230 milioni di euro -, è stato raggiunto l'obiettivo di allargare ancora
il perimetro operativo, stavolta ad Abruzzo ed Emilia Romagna. Il 2014 si avvia a concludersi con una
crescita della raccolta: quella diretta dovrebbe raggiungere, secondo le stime, i 10,5 miliardi di euro, mentre
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Anno XV - 11/11/2014
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sofferenze/impieghi, tenendo conto di Tercas, dovrebbe attestarsi sul 3,5%, contro il 4% di media del
sistema.
Sugli impieghi, emerge la vocazione di servizio al territorio della banca: «Siamo dietro a tutti i più grandi
investimenti pianificati in questa regione», sottolinea con orgoglio Jacobini, che però non nasconde una
situazione problematica più generale, di domanda compressa. «Il cavallo non beve - dice -; vale a dire che la
domanda di credito per investimenti langue, sia per le imprese sia per le famiglie: i consumi sono fermi». Ciò
nonostante, la banca punta a supportare le aziende con il credito ordinario e a soddisfare i bisogni più
complessi di piccole e medio-piccole imprese. Su questo fronte, il gruppo si muove in tre direzioni: advisory,
financing e servizi. La consulenza strategica avviene sia direttamente, sia attraverso partner esterni
selezionati. In questo riposizionamento complessivo, spiccano un'operazione di cartolarizzazione da 350
milioni su prestiti a piccole e medie imprese (Pmi), perfezionata con la Banca europea per gli investimenti
(Bei), e il lancio di un'operazione di tranched cover a favore sempre delle Pmi, in collaborazione con Puglia
Sviluppo, su un portafoglio di 75 milioni. Quanto alle sfide poste al sistema bancario degli stress test della
Banca centrale europea, Jacobini è chiaro. «Sta cambiando tutto - dice -. Noi ci siamo preparati per tempo,
introducendo procedure di controllo ulteriormente affinate. Per il resto prevedo una fortissima aggregazione
del sistema bancario italiano».Vincenzo Rutigliano© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Un Testo unico bancario europeo - Bruxelles deve dare regole comuni agli istituti di credito
dell'Ue
Antonio Patuelli
Sono passati solo pochi giorni dalla pubblicazione degli "esami" sulle principali banche europee: italiane tutte
promosse nell'asset quality review e problemi per solo due negli stress test. Le due banche hanno già deciso i
rispettivi piani di rafforzamento patrimoniale (ora all'esame dei competenti organi europei di vigilanza) con
risorse esclusivamente di mercato e con l'uscita definitiva dell'intervento residuo dello Stato italiano che
consisteva nella parte restante di un prestito molto oneroso per interessi a carico di una sola banca.
Il 4 novembre è, quindi, iniziata la nuova vita non soltanto della vigilanza unica europea sulle banche, ma
della Unione bancaria stessa che era stata preparata soprattutto nell'anno scorso e che gli "esami" sulle
principali banche avevano anch'essi contribuito a preparare.
Ora si ha notizia di un intenso lavorio regolamentare fra le strutture di vigilanza del complesso sistema
europeo di banche centrali - Banca centrale europea - poiché veramente molto deve essere integrato
innanzitutto fra le regole di vigilanza bancaria in Europa per realizzare identiche normative che sono il
presupposto inscindibile di una vera vigilanza unica.
Ma ora che è nata l'Unione bancaria europea, è il momento di progettarne lo sviluppo: occorre avere in
Europa idee e determinazioni assai nitide. Pertanto, occorre fissare un obiettivo strategico da perseguire, per
realizzare coerentemente davvero e in pieno l'Unione bancaria.
Questo obiettivo strategico non può che essere la realizzazione di un Testo unico bancario europeo che
superi le diverse normative nazionali tuttora esistenti e concretizzi una vera completa identica normativa per
il funzionamento delle banche nell'area europea sotto l'unica vigilanza della Banca centrale europea che
coordina le banche centrali nazionali che la costituiscono insieme. La bussola, quindi, deve ora essere
decisamente puntata alla stesura del Testo unico bancario europeo senza il quale l'Unione bancaria
rimarrebbe incompleta. Insomma, sarebbe zoppa un'Unione bancaria europea con una vigilanza unica, con
regole identiche per gli eventuali "salvataggi" bancari che necessitassero, ma con normative differenti nei
singoli Stati aderenti all'Unione bancaria.
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Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
Si tratterebbe di una contraddizione che può sussistere solamente nella fase inziale dell'Unione bancaria, se
la sua durata è breve e finalizzata esclusivamente alla stesura, approvazione ed entrata in vigore del Testo
unico bancario europeo. Questa strategia è indispensabile ed inevitabile per evitare anche l'emergere di
contraddizioni in un processo molto importante di ripresa della crescita dell'Europa dopo la mancata ratifica
del Trattato costituzionale per l'Europa e dopo troppi anni di crisi alla quale l'Unione bancaria deve
contribuire a dare risposte efficaci e tempestive. La redazione di un testo unico bancario europeo sarebbe
anche una utile occasione per coordinare e semplificare la mole di norme primarie e secondarie che, in
particolare nell'emergenza della crisi, si sono venute sommando fino a formare un quadro nel quale non è
sempre agevole districarsi.
Nei mesi scorsi è stato realizzato il rinnovo dei principali organi delleUnione europea, dal Parlamento alla
Commissione; parallelamente è nata l'Unione bancaria europea. Ora è indispensabile che ogni organismo
europeo, cui gli Stati nazionali hanno delegato in proposito parti delle loro tradizionali sovranità, convergano
nella determinazione che è assolutamente una priorità la realizzazione del nuovo Testo unico bancario
europeo. Antonio Patuelli è presidente dell'Associazione Bancaria Italiana© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Faro di Consob e Pm sul trading in titoli Profilo
Laura Galvagni
L'accusa, mossa dall'Ufficio abusi di mercato della Consob e leggibile in un lungo documento da circa 12 mesi
sul tavolo della Procura di Milano e che Il Sole 24 Ore ha potuto consultare, è di «manipolazione operativa
del mercato». Nel mirino degli uomini di Giuseppe Vegas, come è noto, sono finiti principalmente Fabio
Candeli (in qualità di amministratore delegato di Banca Profilo) e Matteo Arpe (in qualità di presidente della
controllante Arepo). Per Consob «due operatori della sala operativa della banca», di concerto con i vertici
sopra menzionati, hanno manipolato il titolo Banca Profilo. Abbastanza perché la Commissione, un volta
conclusosi il processo sanzionatorio, potesse procedere all'interdizione dei due manager. Ciò non è avvenuto.
E questo perché, dopo una battaglia prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, quest'ultimo ha concesso ai
ricorrenti la sospensiva. Lo ha fatto aggiungendo un dettaglio in più: ha "suggerito" a Consob di rivedere la
propria procedura sanzionatoria perché ritenuta non sufficientemente rispettosa dei diritti dell'uomo.
Sarebbe dunque stato un vizio, per così dire procedurale, a evitare ad Arpe e Candeli l'interdizione? Accusa e
difesa leggono la partita in maniera opposta.
Per comprendere meglio il contesto in cui si dipana lo scontro "frontale" tra Autorità e vigilati, il prossimo 19
novembre il Tar emetterà giudizio di merito, va ricostruita la vicenda. A seguito di una lunga ispezione della
Commissione nelle sedi di Banca Profilo e Arepo, avvenuta nel periodo di maggio 2013 (si era appena
consumata la battaglia per Fondiaria Sai con protagonista anche la cordata Arpe-Palladio), l'Autorità, che ha
avuto accesso a carte, registrazioni telefoniche, mail, ha ricostruito l'attività di acquisto di azioni Banca
Profilo da parte di Arepo nel periodo che va dal 21 giugno 2011 al 27 maggio 2013.
Laura Galvagni
u Continua da pagina 31
In quell'arco temporale Arepo ha acquistato sul mercato un 8% circa del capitale della banca. Lo ha fatto a
valle di precisa delibera consiliare e comunicando a Consob gli estremi di ogni operazione compiuta sul
titolo. Tuttavia Consob, è la tesi degli uffici, ha ravvisato nelle modalità di intervento dei trader che hanno
effettuato le operazioni, intenti manipolatori volti a sostenere le quotazioni. Per la Commissione sono stati
utilizzati due schemi operativi ricorrenti. Da un lato gli ordini venivano concentrati in archi temporali
ristretti al termine della negoziazione o all'asta di chiusura. Dall'altro, ciò veniva fatto massimizzando
l'impatto sul prezzo. Nella negoziazione in continua «applicando sistematicamente le proposte in vendita così
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Riservato alle strutture
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Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
Capacità di assorbire perdite al 20% degli attivi
Alessandro Merli
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
Il G-20 tenta di risolvere il problema delle banche "troppo grandi per fallire", evitando che eventuali
salvataggi debbano essere finanziati con il denaro dei contribuenti, come è avvenuto nella crisi finanziaria
globale del 2008-2009.
Il Financial Stability Board, che riunisce le autorità di controllo delle banche e dei mercati dei maggiori Paesi
industriali e dei Paesi emergenti, ha pubblicato ieri una proposta, che sarà presentata il prossimo fine
settimana al vertice del G-20 a Brisbane e che conta di vedere approvata entro il summit dell'anno prossimo,
in base alla quale 30 banche, considerate di "interesse sistemico globale", dovranno detenere capitale e
debito per far fronte a eventuali perdite, in misura molto maggiore rispetto agli altri istituti di credito.
Secondo il documento dell'Fsb, queste banche (le più importanti sono Hsbc e J.P.Morgan; l'unica italiana
nell'elenco è Unicredit; le tre banche cinesi saranno inizialmente esentate dai requisiti) dovranno avere una
capacità di assorbimento totale delle perdite (Tlac) fra il 16 e il 20% dell'attivo ponderato sulla base del
rischio. Questa percentuale può salire al 21-25%, tenendo conto di altri cuscinetti addizionali di capitale già
previsti per le grandi banche. I regolatori nazionali potrebbero imporre requisiti più alti.
La proposta è aperta a commenti fino al febbraio del prossimo anno e le misure entrerebbero in vigore
progressivamente, non prima dell'inizio del 2019. E' uno "spartiacque" nel mettere fine al problema delle
banche "troppo grandi per fallire", ha detto ieri il governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney,
succeduto alla guida dell'Fsb a Mario Draghi, quando questi ha assunto la presidenza della Banca centrale
europea. Il problema delle banche che con il loro fallimento possono mettere a repentaglio l'intero sistema
globale, e che nel corso della crisi sono state salvate in molti casi con l'uso di denaro pubblico, è sul tavolo
dell'Fsb da anni. "Una volta che questi accordi saranno messi in atto - ha detto Carney - avranno un ruolo
importante nel fare in modo che le banche sistemiche di importanza globale possano essere portate a
risoluzione senza il ricorso a sussidi pubblici e senza danni al sistema finanziario in generale".
La Tlac dovrà essere anche almeno il doppio dell'indice di leva finanziaria fissato dal Comitato di Basilea
delle autorità di vigilanza bancaria, cioè del rapporto del capitale di una banca a fronte dell'attivo totale.
Questo ratio è temporaneamente fissato al 3%, ma potrebbe essere rivisto prima della decisione finale nel
2015. Oltre al capitale azionario di più alta qualità, Cet1, le banche possono utilizzare per creare questo
cuscinetto debito subordinato che possa essere assorbito facilmente a fronte di perdite. Per evitare il contagio
da una banca all'altra, i regolatori vogliono inoltre scoraggiare le banche, nota l'Fsb, dal detenere obbligazioni
di altri istituti che possono essere utilizzate nei salvataggi in caso di crisi.
Le disposizioni potranno creare maggiori costi di raccolta per le grandi banche, costi che, sostiene l'Fsb,
potranno essere trasferiti in parte sulla clientela. Nei prossimi mesi, l'Fsb condurrà uno studio sull'impatto
delle nuove regole. Queste potranno avere come effetto, ammette l'organismo del G-20, la riduzione dei
dividendi o dei bonus al personale.
E' probabile che fra le critiche delle banche alla proposta ci sia appunto la questione di come remunerare gli
azionisti, dovendo creare un cuscinetto di capitale sempre maggiore. Secondo diversi analisti del settore,
l'onere più pesante di adeguarsi alle nuove regole ricadrebbe soprattutto sulle banche europee. ©
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014 - Sul tavolo G20 la stretta alle 30 banche
sistemiche - Generali, alleanza a Tokyo con Dai-ichi
Stefano Carrer
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Anno XV - 11/11/2014
A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it
Per oggi sono attesi invece i conti della capogruppo. La banca guidata da Carlo Messina, sulla base delle
stime degli analisti consultati da Bloomberg, dovrebbe chiudere il periodo luglio-settembre con un utile di
oltre 331 milioni; con il semestre che si è chiuso con profitti per 720 milioni, il bilancio dei primi 9 mesi
dovrebbe attestarsi a oltre il miliardo di utile. Alla vigilia dei risultati, ieri il titolo ha chiuso in rialzo
dell'1,74%.R.Fi.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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IL SOLE 24 ORE martedì 11 novembre 2014
Bankitalia: rallenta a settembre il calo dei prestiti erogati
ROMA - A settembre il prestiti delle banche italiane sono diminuiti del 2,3% rispetto allo stesso mese del
2013, e il calo è leggermente minore rispetto al -2,5% di agosto. Lo rende noto la Banca d'Italia precisando
che anche il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze, senza correzione per le cartolarizzazioni ma
tenendo conto delle discontinuità statistiche, è risultato in lieve rallentamento rispetto al 20% segnato ad
agosto, attestandosi al 19,7 per cento. In particolare Bankitalia precisa che i prestiti alle famiglie sono scesi
dello 0,6% sui dodici mesi contro il -0,7% del mese precedente; quelli alle società non finanziarie sono
diminuiti, sempre su base annua, del 3,3% (-3,8% ad agosto). Insomma, un miglioramento c'è stato ma la
schiarita del quadro avviene in un modo estremamente lento e non ancora tale da offrire un sostegno
adeguato alla ripresa economica. Del resto il 31 ottobre scorso il governatore della Banca d'Italia Ignazio
Visco in occasione della Giornata del risparmio aveva ammonito:«La ripresa nell'area dell'euro e in Italia
dovrà essere sostenuta da una più favorevole dinamica del credito, che stenta a materializzarsi». Visco aveva
anche spiegato che «nel corso dell'anno è proseguita, pur attenuandosi, la contrazione dei prestiti bancari
alle imprese; la crescita di quelli alle famiglie è rimasta contenuta nell'area euro e lievemente negativa in
Italia». E aveva concluso rimarcando che in tutta l'eurozona nel 2014 «Si sono ridotte ma restano
relativamente ampie,le differenze nel costo dei finanziamenti tra paesi,legate principalmente alla diversa
incidenza del rischio di credito». Anche i dati relativi all'ultima lending survey condotta in ambito Bce dicono
che in Italia nel terzo trimestre del 2014 i criteri di offerta dei prestiti alle imprese applicati dalle maggiori
banche italiane sono rimasti invariati: Infatti, da un lato le condizioni di offerta hanno beneficiato di una
maggiore pressione concorrenziale fra le banche; dall'altro hanno risentito dell'aumento del rischio percepito
sulle prospettive di alcuni settori e imprese. Le banche tuttavia si attendono un lieve abbattimento dei criteri
d'offerta creditizia per il quarto trimestre . Per quanto riguarda, invece, la raccolta , sempre a settembre il
tasso di crescita dei depositi del settore privato è stato pari al 3,6% annuo (3,1% ad agosto). La raccolta
obbligazionaria, includendo le obbligazioni detenute dal sistema bancario, è scesa del 14,2% (-14,1% nel mese
precedente).
Per ciò che concerne i tassi di interesse in settembre si è verificato in prevalenza un calo. I tassi sui
finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per l'acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie,
sono stati pari al 3,27% (3,38 nel mese precedente); quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo al
9,24% (9,34% ad agosto).Con riferimento alle imprese, i tassi d'interesse sui nuovi prestiti alle società non
finanziarie di importo fino a 1 milione di euro sono scesi al 3,60% (3,97% nel mese precedente); quelli sui
nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia sono invece saliti al 2,43% dal 2,20% di agosto. Infine, i tassi
passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,79% (0,81% ad agosto).R.Boc.©
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