L’insostenibile leggerezza della morte I mass media tra omicidi di serie A e serie B di Giangiacomo “Jay-Jay” Bonaldi Da alcune settimane è iniziata una nuova telenovela relativa ad un omicidio, questa volta a spese di un bambino di Santa Croce Camerina, in Sicilia, ucciso e lasciato in un canale. Il copione è quello degli altri casi simili che ci hanno accompagnato in questi anni: dal capostipite caso della Franzoni a Cogne a quelli di Meredith a Perugia e di Sarah Scazzi ad Avetrana. Il centro dei servizi non è la fondatezza o meno della notizia, ma solamente farne il più possibile speculando senza limite su ogni minimo “indizio” e cercando di realizzare il servizio con la musica più triste e con le parole più ad effetto. Il risultato di questo accanimento mediatico, non è altro che l'elevazione a star televisive di tutti gli indagati con il rischio, come fu sostenuto durante il caso di Cogne, di essere anche di intralcio alle indagini influenzando l'opinione pubblica. Questi servizi poi, in quanto avvenuti nell'era di internet, evidenziano un secondo approccio distorto a questi eventi. Basta guardare i commenti dei lettori a un servizio su uno qualsiasi di questi omicidi per riscontrare una realtà sorprendente in Italia: forze dell'ordine e magistrati impiegano anni per trovare la verità, mentre tutto il resto della popolazione “l'aveva detto dall'inizio”, “se ne era accorta subito” e “non capiva come hanno fatto a non arrestarlo subito”. E qui vanno citate le urla della folla fuori da casa Misseri all'indirizzo di Michele (che in primo grado risulta non coinvolto direttamente nell'omicidio), quelle della folla fuori dalla questura di Ragusa e poi in carcere all'indirizzo della madre di Loris (al momento non colpevole con certezza). Non importa che dirà il giudice, perché quello che la gente “si sente” vale quanto e più di una confessione di colpevolezza. A un certo punto non si parla neanche più di casi tragici e sconvolgenti, diventano una sorta di gioco a premi dove vince chi c'aveva azzeccato dall'inizio. In tutto ciò pochi giorni fa un telegiornale nazionale ha comunicato la notizia, senza neanche sprecarsi a mandare qualcuno per un servizio, dell'omicidio-suicidio di un padre ai danni della moglie e del figlio di cinque anni; complessivamente sono state sprecate non più di venti parole incastrate tra un servizio sul Natale e uno sulla Juventus in champions. Allora non si può più negare: ci sono omicidi di serie A e omicidi di serie B. Il piccolo Loris conta più dell'altro bambino, di cui non si è neanche detto il nome. Va bene, un caso non andava risolto mentre l'altro è pieno di interrogativi. Ma questo giustifica una valanga di servizi (molti inutili) contro una citazione veloce? Giustifica gli avvocati che scelgono di difendere i principali indiziati solo come pubblicità? Giustifica la curiosità che travalica anche i confini del rispetto per la morte? No.
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