Linee Guida della Telemedicina - e

Editoriale
Giugno 2014
di Mario Dall’Angelo
Fascicolo Sanitario Elettronico.
A che punto siamo?
I
l DPCM di programmazione tecnica
del FSE, presentato la scorsa
primavera, non è stato ancora
firmato. Nè è presumibile che lo sarà
prima del 30 giugno. Incombono le
indicazioni legislative della riforma
digitale della P.A. e la riorganizzazione
dell’AGID, post Ragosa.
Uno stop, che fa tirare un respiro di
sollievo alle Regioni e che rappresenta
un’opportunità per ripensare la strategia
di realizzazione del FSE.
La road map, a fronte di un
orientamento debolmente prescrittivo,
era stata già considerata troppo veloce,
Panama
Chile
con il rischio di rispettare certamente i
tempi previsti dal DPCM, a fronte,
tuttavia, di una programmazione
obbediente più al dettato amministrativo
che strategico. Un’opportunità, dunque,
per riorientare la strategia di
programmazione del FSE, esaltando il
suo aspetto di strumento utile alle scelte
strategiche di governo più che di
semplice portfolio sanitario per il
cittadino.
Un’opportunità per individuare in modo
più coerente le funzioni dei suoi diversi
segmenti e una loro modellazione sulla
base sia di nuove soluzioni e piattaforme
Colombia
Costa Rica
Arabia Saudita
Peru
Dubai
Sommario
Life flows through our software
www.dedalus.eu
Cittadino driver dell’e-Health..................................................
Spesa ICT in Sanita...................................................................
Anagrafe pazienti e CUP...........................................................
Ricetta dematerializzata..........................................................
Linee guida della Telemedicina...............................................
XIV Convegno nazionale AIIC..................................................
pag. 4
pag. 10
pag. 19
pag. 30
pag. 35
pag. 41
di comunicazione che per le indicazioni
che saranno dettate dal nuovo
Regolamento europeo della Privacy.
Il rischio di creare un contenitore vuoto
è avvertito come anche quello realizzare
uno strumento, che, progettato diversi
anni orsono, può rivelarsi già superato
dai fatti. Un rallentamento utile per
giungere ad una maggiore
valorizzazione di quanto realizzato a
livello territoriale, avviando un processo
di condivisione più profondo con il
Management apicale e IT.
Comitato scientifico
Direttore: Placido Bramanti, Membro
del Consiglio Superiore di Sanità e Direttore Scientifico IRCCS “Bonino-Pulejo”,
Messina
Componenti: Piergiorgio Annichiarico,
ASL Sassari - Claudio Caccia, Presidente
AISIS (Associazione Italiana Sistemi Informativi Sanitari) - Salvatore Garozzo,
ASP Catania - Andrea Gelmetti, IRCCS
Policlinico “San Matteo” Pavia - Giuseppe
Greco, Consiglio nazionale CittadinanzAttiva - Luciano Hinna, Università Tor
Vergata, Roma - Lorenzo Leogrande,
Università Cattolica di Roma e Presidente nazionale AIIC (Associazione Italiana
Ingegneri Clinici) - Salvatore Lo Presti,
Dirigente responsabile Servizi Sanitari
Regione Calabria - Franco Luca, ASP
Catania - Massimiliano Maisano, A.O.U.
“G. Martino”, Messina - Antonina Mancusi, Regione Basilicata - Nicola Mazzeo,
ASP Potenza - Imma Orilio, ASL Napoli2
Nord - Filomena Polito, ASL 5 Pisa e
Presidente nazionale APIHM (Privacy
and Information Healthcare Manager
Association) - Nunzio Porfido, AOU
Policlinico Giovanni XXIII Bari - Sebastiano Quercio, ASP Siracusa - Maria Triassi,
AOU “Federico II Napoli“.
Save the date Convegno AISIS
30/31 Ottobre Roma
Info: www.aisis.it
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Giugno 2014
Il cittadino driver
della Sanità elettronica
Giugno 2014
Favorire i processi di empowerment
N
on bastano solo la maturità tecnologica o i Decreti
governativi.
La vera sfida lanciata dalla rivoluzione della Sanità
elettronica è soprattuto culturale.
E’, infatti, necessario che i professionisti sanitari abbraccino una
filosofia nuova orientata alla centralità del paziente e improntata
alla condivisione dell’informazione clinica e alla sua gestione
trasparente.
Di fronte al proliferare delle piattaforme IT e mobile sta decisamente mutando il posizionamento nelle relazioni tra P.A., azienda sanitaria e cittadino. Una situazione nuova caratterizzata dalla
crescita della domanda di empowerment da parte del paziente,
che sta assumendo la dimensione di un driver fondamentale della stessa innovazione.
Il cittadino chiede con sempre maggiore frequenza nuove
possibilità di accesso alle informazioni sanitarie, personalizzate e
immediatamente fruibili.
Chiede di avere una maggiore capacità di controllo sulla propria
salute, anche attraverso una gestione diretta dei propri dati,
delle varie azioni terapeutiche e diagnostiche disponibili e della
scelta di propri e autonomi percorsi di cura e assistenziali.
U
n desiderio di autonomia, che si
affianca alla domanda di nuove
possibilità di relazione, più immediate, con le aziende sanitarie e i medici,
e alla condivisione della propria esperienza con quella degli altri, utilizzando
la prateria sconfinata e plurima dei social
network.
In un contesto di Patient empowerment,
il medico tende a diventare un facilitatore all’interno di una relazione più di
partnership che di autorità. Per comprendere il valore di questo mutamento della
domanda, basta dare un’occhiata ai dati
sull’utilizzo del web da parte dei cittadini. Si tratta di milioni di individui che
giornalmente indagano e sfogliano pagine, vuoi per rispondere ai propri quesiti,
in tutta autonomia, vuoi per bisogni
dei familiari. Circa il 20% delle ricerche
effettuate sul web in Italia, pertiene alla
sfera salute.
Con questo trend, sostenuto anche dallo
4
E’
, in particolare, su quest’ultima piattaforma, che
assistiamo, ad una vera e propria spinta, in seguito ad una
evoluzione della domanda di servizio
online atttraverso strumenti mobile
(smartphone e tablet), alla quale non
corrisponde ancora un’offerta di servizi
Vuole avere un ruolo attivo nelle scelte
di salute, non ama molto demandare,
e vuole soprattutto essere voice, cioè
essere in grado di esprimere il proprio
parere, le proprie esperienze e i propri
giudizi. Quindi per il paziente 2.0 diventa
valore tutto quanto offre un elevato
livello di personalizzazione e di interazione, la continuità e l’ubiquità del servizio,
l’accesso facile a tutte le informazioni,
sempre e ovunque, un ruolo attivo nella
scelta, insieme alla condivisione della sua
condizione, unita al senso di appartenenza ad una comunità retta dagli stessi
bisogni. Oggi, sono quattro gli oggetti
tecnologici che possono dare empowerment, offrendo al cittadino le informazioni che vuole e la percezione del controllo: web, web 2.0, PHR, Mobile”.
Premesso che il FSE nasce come strumento di cui il cittadino è proprietario,
resta il fatto che il cittadino poco lo
conosce, che solo da poco le associazioni
dei cittadini se ne stanno interessando
e che soprattutto è poco, molto poco,
informato.
Il deficit di informazione sul FSE a valle
non solo può essere un ostacolo alla
sua diffusione e utilizzo, ma può ridurre
il FSE a strumento secondario da parte
del cittadino nella gestione della propria
salute.
Il tema della Privacy
Una nuova domanda
slittamento del valore salute verso il valore benessere, importante è allora comprendere cosa sia valore per il paziente,
un paziente 2.0.
“Il paziente 2.0 – dice Luca Buccoliero,
Dipartimento Marketing Università
Bocconi - è oggi oggetto di una pluralità
di stimoli informativi, ha una rilevante
crescita di aspettative in termini di servizi
ed è, molto più di ieri, legato a internet e
alle sue possibilità.
Traducendo queste tendenze in driver di
valore per il paziente di oggi, sapendo
che è un soggetto più difficile da gestire
e che si aspetta che tutto sia personalizzato e che il sistema tenga conto delle
sue esperienze e attese.
Il cittadino vuole servizi disponibili h24 e
sette giorni su sette.
apprezzabile. Di fronte a questo mutamento apppare importante, oltre che favorire i processi di empowerment, anche
incrementare la capacità del cittadino
nel fornire un contributo alla progettazione dei servizi.
Una sfida, perché se l’aspettativa del cittadino è quella di essere sempre online
e nell’ottica dell’interazione, è ovvio che
tale aspettativa deve essere gestita in
modo appropriato sia dagli attori istituzionali e preposti alla cura del paziente
sia da parte degli stessi stakeholder. Lo
stesso sviluppo del FSE
dipende dal modo in
cui il ciitadino/paziente
lo riterrà flessibile alle
sue esigenze come
anche utile e facile
nell’utilizzo.
A
questa criticità si aggancia quella
legata a tutta la tematica della
sicurezza e soprattutto della
Privacy. In quanto proprietario, spetta
al cittadino dare o meno il consenso al
trattamento dei propri dati, evitandone
di fatto la fruibilità al personale medico,
così come al cittadino
sarà possibile oscurarne parzialmente le
informazioni.
Diventa, quindi
centrale avere il consenso all’utilizzo del
FSE da parte del cittadino.
Un consenso che come dice il DPCM
deve essere consapevole ed informato.
Non può essere ottenuto con una semplice e approssimativa, quanto veloce,
procedura amministrativa.
I dati contenuti all’interno del FSE sono
sensibili se non ultrasensibili, non solo
perché rilevano aspetti intimi di ognuno
di noi, ma soprattutto perché succulenti
per quanti (assicurazioni, case farmaceutiche etc...) potrebbero utilizzarli per
impostare le proprie programmazioni
economiche, di ricerca e marketing.
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Giugno 2014
Il Tavolo sull’Informatizzazione
in Sanità
CittadinanzAttiva.
La Sanità elettronica
per rispondere
alla frammentazione
dei processi assistenziali
L’
innovazione tecnologica e digitale
in Sanità rappresenta sicuramente
una leva strategica importante e
necessaria per rispondere con maggiore
efficacia alle sfide plurime della domanda di salute del cittadino e per consentire
una migliore sostenibilità del sistema.
L’innovazione digitale, in particolare
per quanto concerne le soluzioni e le
applicazioni di ICT alla Sanità, semplifica i
rapporti tra cittadino e struttura sanitaria
rendendo possibile una migliore fruibilità della documentazione digitale, come
anche un monitoraggio più rigoroso
del processo assistenziale e, nello stesso
momento, mette il cittadino al centro
degli interventi e delle azioni dei diversi
attori sanitari. Quel cittadino abituato
generalmente a bussare alla porta di
ogni singolo referente sanitario.
In questo senso, duque, l’ICT è un insieme di strumenti adatti a rispondere alla
frammentazione dei processi assistenziali, soprattutto in particolari contesti
di patologia come quelli della cronicità,
migliorando l’unitarietà del percorso e la
Giugno 2014
P
sicurezza delle cure.
Non si deve, inoltre, pensare banalmente
che l’introduzione di device o strumenti
ICT, come mediatori tra paziente e medico, abbassi la soglia relazionale e umana.
Anzi, se il momento di comunicazione e
di scambio rimane e deve essere centrale
e ineludibile, l’introduzione di strumenti
ICT, proprio per la semplificazione di
molti passaggi, permette di recuperare
tempo per la comunicazione e di pianificare con maggiori dettagli il processo di
cura.
roprio perchè il FSE, come anche le
applicazioni ICT, sono strumenti di
empowerment del cittadino è necessario saperli governare con coscienza
e competenza.
Per tale motivo CittadinanzaAttiva ha
creato un Tavolo sull’Informatizzazione
in Sanità con un particolare focus sulla
Telemedicina.
L’obiettivo è quello di giungere alla formulazione di raccomandazioni indirizzate agli attori e alle istituzioni sanitarie,
perché le tecnologie e i device vengano
implementati nel miglior modo possibile
e risultino efficaci e di beneficio per il
cittadino.
Tonino Aceti,
Esperto in politiche pubbliche
socio-sanitarie e tutela dei diritti
CittadinanzAttiva
Il Fascicolo Sanitario Elettronico
I
l FSE si presenta come lo strumento
che può offrire al cittadino la possibilità di esssere attore e a di prendere
maggiore consapevolezza dei suoi bisogni riguardo alla salute e delle metodologie utilizzate nel suo processo di cura.
Certo, un criticità, allo stato attuale,
è ancora la mancanza di uniformità e
omogeneità di sviluppo del FSE su tutto
il territorio nazionale, ma c’è ancora un
anno per giungere al compimento del
progetto, come previsto dalla programmazione nazionale.
6
Un anno, che sarà utile anche per affrontare tutte le questioni legate alla privacy.
Il recente DPCM rappresenta un buon
documento e non credo che i vincoli
imposti dalla privacy possano ostacolare
l’utilizzo del FSE.
Anzi, il FSE impone una maggiore trasparenza alla P.A. e nello stesso tempo un
cambiamento organizzativo e culturale
dei professionisti.
Il consenso che il cittadino deve dare
non è un gesto di natura burocratica o
amministrativa, deve essere il frutto di
una scelta consapevole
e condivisa.
Il FSE invita, dunque, il
sistema ad un maggior
dialogo e coinvolgimento con e
del cittadino.
Il FSE è anche un banco
di prova per il Sistema
Sanitario e per i suoi
professionisti sul tema
dell’interdisciplinarietà
dei percorsi. Perchè il
FSE sia veramente efficace, è necessario che i
professionisti della Sanità si muovano all’interno di una logica di rete
e con un approccio di
natura multidisciplinare.
S
econdo l’ISTAT (Rapporto Cittadini e Nuove Tecnologie 2013)
persiste nel nostro paese un forte
digital divide, di natura generazionale, territoriale e di genere.
La popolazione italiana può essere segmentata in quattro livelli di competenze:
- analfabeti digitali totali pari al 37% della
popolazione totale (6/75 anni);
- utilizzo sporadico di Internet pari al
13% della popolazione (6/75 annni);
- analfabeti digitali funzionali (utilizza
Italia. I numeri
dell’analfabetismo
digitale
Internet, ma non è in grado di utilizzare i
servizi più comuni, vedi P.A.) pari al 24%
della popolazione (6/75 anni);
- utilizzo di Internet anche per i servizi
più comuni, pari al 26% della popolazione totale (6/75 anni). (percentuale che
sale a un terzo della popolazione 14/75
anni).
Lo stato delle conoscenze e competenze
digitali in Italia è assai complesso e presenta sacche di distanza molto ampie.
Inoltre, le famiglie del centro-nord, che
dispongono di un accesso a Internet,
sono oltre il 63%, mentre al sud rappresentano iil 55%.
Infine, le donne utilizzano Internet per il
49,7%; gli uomini per il 60,2%.
Le cause del ritardo italiano, rispetto alla
situazione europea, sono molteplici:
- mancanza di competenze digitali (38%);
- mancanza di interesse e motivazione
(27%);
- costi per accesso ed equipaggiamento
(21%).
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Giugno 2014
Giugno 2014
Osservatorio ICT Politecnico di Milano.
Pensare ad uno “Smart Care System”
integrato e intelligente
L’Information & Communication Technology rappresenta
una delle leve fondamentali per la sostenibilità del Sistema
Sanitario, contribuendo al tempo stesso al miglioramento
della qualità dei servizi e alla loro efficienza.
L’
attenzione alla digitalizzazione è
stata, tuttavia, in questi anni molto
modesta a causa di una sostanziale assenza di cultura dell’innovazione e
visione da parte dei decisori. La presenza
di un sistema di governance frammentato, inoltre, non ha consentito di realizzare
quelle infrastrutture e di definire quegli
standard che, nella gran parte degli altri
paesi avanzati, hanno portato ad una
revisione e modernizzazione dei sistemi
di cura.
L’ossessione della Spending Review sta
condizionando ogni
decisione politica
e il dibattito stesso
sulla Sanità italiana,
rischiando di far
passare in secondo piano le vere
esigenze del settore.
Insistere ancora su
questo aspetto non
è più sostenibile,
perché il SSN è tra i
meno costosi d’Europa (di un terzo
inferiore alla media
degli altri Paesi
dell’area euro - 3012
dollari procapite –
dati OECD 2013).
L’Italia è il paese più
vecchio d’Europa: un
italiano su 5 è over
65. Fatto che porterà
ad un’impennata
della spesa sanitaria, nei prossimi
anni, portandola
fuori controllo, se
non verranno prese
misure adeguate.
La qualità, infine, delle prestazioni sanitarie erogate
in Italia è già sensibilmente
inferiore rispetto
a quella media degli
altri Paesi europei e la
liberalizzazione delle cure
transfrontaliere rischia di
trasformarsi per il Paese in
una pesante minaccia.
Per uscire da una situazione del genere, una prima
8
tendenza sarebbe
quella di lasciare
sempre più spazio
al privato, procedendo verso una
logica di sussidiarietà minimale.
Con un riorientamento del Sistema
Sanitario.
Il secondo è, invece,
quello di difendere e mantenere il
Sistema Sanitario
pubblico, puntando
ad una sua profonda riforma.
In questa direzione, la scelta dell’ICT
resta una soluzione obbligata, l’unica
in grado di aiutare il Servizio Sanitario
a sostenere le impegnative domande
del futuro. Il livello di dotazione e di
investimento in tecnologie, pone l’Italia
distante dai Paesi benchmark e la spesa,
negli ultimi anni, oltre ad essere tagliata
è stata gestita in un’ottica frammentata e
locale di pura automazione dell’esistente.
Perché le cose cambino, è necessario che
sia dia inizio ad una profonda riforma
del modello di cura e di assistenza, che
veda le tecnologie digitali come fattori
abilitanti di una diversa interazione tra gli
operatori del sistema socio-sanitario e tra
questi e i cittadini.
Il digitale deve servire a mettere in rete il
sistema di cura e di assistenza, spostando
i servizi dalle strutture residenziali verso
il territorio e la gestione domiciliare, facendo leva sull’empowerment di cittadini
e pazienti e superando quella
separazione tra prestazioni sanitarie e
servizi socio-assistenziali, che è oggi
causa di disottimizzazione, di danno per
le finanze pubbliche e per i cittadini più
deboli.
Spesa ICT ancora bassa
La spesa ICT, nonostante tali urgenze, è
rimasta molto bassa e frammentata tra
regioni, comuni e aziende.
Nel Governo non c’è una regia unica per
le politiche sanitarie e sociali. L’Agenzia
per l’Italia digitale non ha identificato la
sanità elettronica come priorità. L’azione
del Governo sull’e-Health si è limitata alla
definizione dell’obbligo per le Regioni
di implementare il FSE, secondo una
roadmap, che appare inapplicabile e
avulsa da un corretto e organico sviluppo
dell’e-Health. Il rischio è che, in mancanza di un ecosistema di processi, contenuti e servizi digitali, si creino costosissimi
sistemi vuoti, autostrade deserte, perchè
prive di valore e in concreto inutilizzate
dai cittadini. In questo modo, investendo
in ICT il minimo indispensabile, non si
sta facendo altro che accompagnare il
declino del sistema.
Lo Smart Care System
In verità l’investimento in ICT deve essere
inquadrato all’interno di un passaggio
verso un nuovo modello di Sanità, che
incida sull’organizzazione del sistema,
allargando l’attenzione da un’ottica locale ad una olistica in grado di prendersi
carico dei pazienti non solo nelle fasi
acute e a livelllo ospedaliero, ma sempre
più a livello di assistenza domiciliare e
sociale.
Oggi, è necessario uno “Smart Care
System” integrato e intelligente, che
consenta una visione integrata e olistica dei livelli di cura e che utilizzi l’ICT
come catalizzatore di collaborazione tra i
diversi attori, insieme ad una governance
condivisa dell’innovazione.
Report Oss. ICT Politecnico Milano ‘14
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Giugno 2014
La spesa ICT in Sanità.
La ricerca dell’Osservatorio ICT 2014
R
ispetto al 2012, la spesa complessiva di digitalizzazione in
Sanità si è ridotta del 5% (1,17
miliardi di euro nel 2013, pari a
19,72 euro per abitante).
800 milioni di euro è la spesa sostenuta
dalle Aziende Sanitarie, con una riduzione dell’11% rispetto al 2012.
295 milioni di euro sono stati spesi dalle
Regioni con un incremento del 5,4% .
60 milioni sono stati spesi dai MMG
(47mila – 1276 euro per medico) con un
aumento dell’11% .
19 milioni la spesa del Ministero della
Salute.
La situazione non è destinata a migliorare nel prossimo futuro, in quanto la
maggior parte delle aziende coinvolte
nella ricerca condotta dall’Osservatorio
ICT prevede un’ ulteriore riduzione delle
spese correnti, attraverso la rinegoziazione delle tariffe con i fornitori e degli
investimenti in nuovi progetti ICT.
La cartella clinica elettronica rappresenta, con una spesa di circa 58 milioni di
euro, il principale ambito in cui le Aziende Sanitarie allocano risorse, con una crescita prevista per il 2014 superiore all’8%.
Ma il livello di utilizzo della funzionalità
della cartella è ancora parziale, così come
la diffusione a livello dell’intera struttura.
Rilevante la spesa in ambiti a carattere
più operativo, come i sistemi di front end
e le soluzioni ICT per la gestione
amministrativa e delle risorse umane.
Per quanto riguarda l’ambito della dema-
terializzazione,
che include i sistemi di gestione
documentale e
i sistemi di conservazione dei
documenti informatici, si prevede,
per il 2014, un
aumento del 3%
(nel 2013 la spesa
ammontava a 14
milioni di euro
per il 60% delle
strutture oggetto
dell’indagine).
Sono soprattutto oggetto di
dematerializzazione, i referti di
laboratorio, di
radiologia e le
immagini diagnostiche. Sono poco
dematerializzati,
invece, altri documenti relativi al
processo di cura
come il diario
clinico assistenziale.
I servizi digitali al cittadino
Per i servizi digitali al cittadino, si prevede un decremento del 2,5% (nel 2013, 7 i
milioni di euro investiti).
Tra i servizi maggiormente diffusi si
presentano: il download referti via web,
i sistemi di prenotazione e il pagamento
via web delle prestazioni.
Le soluzioni per l’interscambio di
documenti e informazioni con sistemi
regionali e/o nazionali (FSE) prevede una
crescita di investimento del 5% (nel 2013
è stata di 21 milioni di euro).
Marginali sono ancora le soluzioni
Mhealth (spese per 7 milioni di euro per
il 2013 con ipotesi di leggera crescita del
4% nel 2014).
Per quanto riguarda le soluzioni di
Telemedicina, i servizi maggiormente
presenti sono quelli per il Teleconsulto e
la Telediagnosi.
Previsioni di leggera crescita, pari al 2%,
si prevedono per le soluzioni ICT per l’assistenza sociale e le soluzioni di cartella
sociale elettronica.
I Medici di Medicina Generale
Promettenti i dati sul versante MMG.
La quasi totalità dei medici utilizza
sistemi ICT per la gestione della scheda
individuale del paziente e per l’invio dei
certificati online di malattia.
C’è un’interessante propensione verso i
dispositivi mobili, tablet e smartphone,
come supporto per le visite a domicilio e
il Teleconsulto con altri medici o specialisti di strutture sanitarie.
Sul fronte dei cittadini, nonostante il
70% ritenga utile internet per reperire
informazioni sulle strutture sanitarie e
indicazioni sugli stili di vita, permane una
diffidenza su tali informazioni considerate meno affidabili rispetto ad un contatto
diretto con il personale medico.
Aumenta l’utilizzo dei servizi digitali
offerti dalle aziende (+7%).
Mentre per la fascia giovanile, è crescente l’interesse nei confronti di applicazioni
smartphone, inerenti alla salute/benessere e agli stili di vita.
Altro servizio utilizzato, con frequenza
dai cittadini, è quello del download dei
referti via internet, mentre rimane ancora
basso il livello di utilizzo di sistemi di
telemonitoraggio.
La domanda dei CIO
Per quanto riguarda le Regioni, il
committment regionale è molto forte in
ambiti quali i sistemi di integrazione e i
servizi digitali per i cittadini.
Ridotto invece per quanto concerne il
Cloud Computing e il Mhealth.
Grande interesse, invece, da parte dei
CIO per il ruolo svolto dalle Regioni nella
realizzazione di servizi in modalità shared
services, erogati centralmente e forniti in
modo condiviso.
I CIO chiedono una maggiore offerta
in tal senso,
in merito
alla gestione
documentale
e conservazione sostitutiva,
allo svilupppo
di Data Center,
alla centralizzazione di
acquisti di beni e servizi, ai sistemi di
supporto alla gestione amministrativa e
risorse umane.
I risparmi apportati da servizi condivisi
vengono stimati in 50milioni di euro, grazie all’utilizzo delle soluzioni Cloud per la
gestione dei cedolini dei dipendenti e di
54milioni di euro a seguito dell’adozione
di sistemi PACS.
Osservatorio ICT Politecnico di Milano
2014 - Innovazione Digitale in Sanità:
l’ICT non basta!
La ricerca, basata su un’analisi empirica,
ha coinvolto 300 attori.
(CIO, Direttori Generali, Direttori Amministrativi, Direttori Sanitari, Direttori Sociali,
Medici specialisti e Referenti regionali.
Grazie alla collaborazione con
Doxapharma e la FIMMG 803 Mmg e 1001
cittadini).
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Giugno 2014
FSE. Il gruppo di lavoro
interregionale per il modello
funzionale
Il DPCM FSE all’art.28, individua i servizi che dovranno essere
resi disponibili dalle Regioni in vista dell’implementazione
del Fascicolo Sanitario.
A
tale proprosito sta
già lavorando un
gruppo di lavoro
interregionale, cui
collabora HL7 Italia, con il
compito di individuare l’insieme di funzioni e di criteri di
conformità relativi ai servizi di
prima applicazione. L’obiettivo
è anche quello di condividere
un modello funzionale comune di FSE regionale tale da
supportare l’ ”Uso sensato” del
Fascicolo a livello nazionale,
tenendo conto delle esperienze fatte ed armonizzandole in
un modello condiviso. L’obiettivo del gruppo è stato dunque quello di definire le funzioni
del FSR interoperabile a partire
dallo standard HL7/ISO EHR-S FM.
L’EHR-S-FM raccoglie e sistematizza le possibili funzioni utente di
12
un sistema EHR e i relativi criteri
di conformità che verificano la
presenza delle funzioni.
Il modello funzionale, identitifcando le funzioni indipendentemente dalla loro implementazione
tecnologica, consente di indicare
che cosa il sistema deve fare senza
riguardo al come viene realizzato.
Il modello, articolato in 7 sezioni
(generale, erogazione delle cure,
supporto all’erogazione delle cure,
supporto alla salute della popolazione, supporto amministrativo,
rinfrastruttura dei record,
infrastruttura di trust), comprende 332 funzioni e 2310 criteri di
conformità formali.
Il gruppo di lavoro è composto da:
Lombardia Informatica (Regione
Lombardia); Provincia di Bolzano/
ASDA; Regione Calabria; Regione
Campania; Regione Emilia Romagna/CUP 2000; Regione Friuli
Venezia-Giulia/Insiel; Regione Lazio/LaIt; Regione Liguria/Datasiel;
Regione Marche/ASUR; Regione
Piemonte/CSI Piemonte; Regione Puglia/InnovaPuglia; Regione
Sardegna/Sardegna.it; Regione
Toscana; Regione Umbria/Webred; Regione Valle D’aosta/IN.VA;
Regione Veneto/Arsenàl; CISIS;
CNR-ICAR; Hl7 Italia; Invitalia.
Giugno 2014
Taccuino personale.
L’area del cittadino nel FSE
I
l DPCM istitutivo del
FSE prevede la creazione del taccuino
personale dell’assistito (art.5) come sezione
riservata del FSE “all’interno del quale è permesso
all’assistito di inserire dati
e documenti personali
relativi ai propri percorsi
di cura, anche effettuati
presso strutture al di
fuori del SSN”.
Il DPCM precisa che i dati
e i documenti inseriti “sono informazioni
non certificate dal SSN e devono essere
distinguibili da quelli inseriti dal personale sanitario autorizzato”.
Si prevede dunque nel FSE un’area alimentata dal citttadino, a forte
empowerment, che sia contigua e di
dialogo con il personale sanitario.
Se, infatti, il taccuino assomiglia ad un
promemoria, ad un archivio, come anche
ad un diario personale, è anche un luogo
dal quale il personale sanitario
autorizzato (dal cittadino), e solo quello,
può assumere informazioni, può condividerle e dialogare con lo stesso cittadino.
Sarà una frontiera degli anni a venire,
ma si stanno già elaborando modelli in
tal senso come nel caso della APPS di
Trento, con la piattaforma TreC.
TreC è la piattaforma elettronica, che dal
14
2012 consente ai Cittadini residenti o
domiciliati nella Provincia Autonoma di
Trento e che abbiano attivato la propria
Tessera Sanitaria, non solo di consultare
in ogni momento tutti i propri referti
on-line, senza alcun limite temporale, ma
anche di tenere un diario della propria
salute, di consultare le ricette farmaceutiche e/o specialistiche, di pagare on
line una o più prestazioni sanitarie e di
gestire, comodamente, anche la cartella
dei propri figli.
“Su 500mila abitanti in provincia, sono
30mila gli utilizzatori di TreC - dice
Leonardo Sartori, direttore del Servizio
Informativo della APSS di Trento. Con
una crescita di 10mila unità rispetto
all’anno scorso. Ci troviamo di fronte ad
un utillizzo crescente da parte del cittadino, spinto anche dal fatto che attraverso
TreC, si accede anche a
servizi online, tra cui la
prescrizione medica.
Oggi siamo impegnati su
due fronti. Il primo legato
al superamento di quegli
ostacoli che hanno impedito alla piattaforma TreC
di essere piu diffusamente
utilizzata.
Oggi, infatti, è previsto
l’accesso da parte del cittadino via smartcard o in
alcuni casi con il cellulare.
Ma si tratta di un accesso
farraginoso, per il necessario utilizzo di un software
da scaricare. Stiamo,
dunque, pensando ad un
accesso più agile, sul modello della generazione di
stringhe numeriche tipiche dell’home banking.
Il secondo fronte è quello
Giugno 2014
I dati della mHealth. La ricerca
di Signals and Systems Telecom
C
on più di 7 miliardi di abbonamenti di telefonia mobile
in tutto il mondo, il settore delle comunicazioni mobili
sta crescendo coinvolgendo una vasta gamma di settori
verticali.
E la Sanità non fa eccezione a questa tendenza .
Da molti punti di vista, operatori sanitari compresi, la mHealth
viene vista come una soluzione strategica per migliorare l’assistenza sanitaria e renderla sostenibile.
La mHealth permette l’utilizzo di tecnologie e dispositivi di comunicazione mobile, tali da migliorare l’accesso alle informazioni
sanitarie, migliorare la distribuzione dei servizi sanitari di routine
e di emergenza e di fornire servizi di diagnostica .
SNS Research stima che il mercato mHealth rappresenterà un
valore di quasi 9 miliardi di dollari solo per il 2014.
E, nonostante gli ostacoli relativi alla regolamentazione, la
difficoltà di diffusione fra i pazienti e i problemi di privacy, SNS
Research stima un’ulteriore crescita di circa il 40 % nei prossimi 6
anni.
del taccuino. Nella piattafroma TreC è
presente una sezione riservata al cittadino e di sua pertinenza. Un taccuino
appunto. In quest’area, il cittadino
inserisce propri documenti, stili di vita,
annotazioni.
(Gli utilizzatori attuali sono circa 15mila).
Ed è un’area che apriremo al dialogo con
i sanitari, perchè il cittadino abbia con
loro la possibilità di un colloquio, anche
strutturato, che vada da indicazioni
sull’uso dei farmaci alla risposta su dati
di selfmonitoring.
Un servizio che sarà utilizzabile anche
attraverso le app, per un investimento di
risorse che per i prossimi 6/7 anni sarà di
3/4 milioni di euro”.
15
Giugno 2014
Millelight. La nuova App
per i MMG e i PLS
Frutto della collaborazione
tra Microsoft e Millennium, la nuova
app per Windows 8, Millelight, è volta
a ottimizzare il rapporto
medico-paziente.
L
’applicazione consente di gestire
in modo immediato la cartella clinica dei pazienti durante le visite
domiciliari, offrendo la possibilità
di consultare da remoto tutte informazioni cliniche utili e di aggiornarle ovunque
e in qualsiasi momento attraverso tablet
e smartphone.
Millelight è diretta a semplificare la
gestione a domicilio del paziente e,
grazie al Cloud Computing, permette di
allineare automaticamente i dati raccolti
16
in mobilità al patrimonio informativo
disponibile in ambulatorio. L’app offre
vantaggi su due fronti, sia dal punto
di vista clinico, sia dal punto di vista
amministrativo: attraverso un’interfaccia
estremamente intuitiva i medici possono,
infatti, inserire nuove diagnosi, prescrivere terapie e accertamenti e gestire informazioni essenziali quali peso e pressione,
ma anche introdurre prestazioni (PPIP,
ADI, ADP…), gestire certificati di malattia
e verificare esenzioni.
Giugno 2014
Kiwi. La App di prossimità
per il mondo sanitario
Si chiamano Andrea Castiglione e Salvatore Ferragamo,
23 anni, entrambi laureandi. Ingegnere matematico
al Politecnico di Torino il primo; economista finanziario
il secondo alla Bocconi.
A
loro si deve la
creazione di una App social
di prossimità, come sviluppo
peculiare di un’ app generalista
e fondata sulla funzione di condivisione
utenti. Nel quadro generale,
che ormai vede tutti noi sempre più coinvolti e intrecciati
in reti plurime e mutlitasking,
la app di prossimità lanciata da Kivi (questo il nome
della società fondata dai due
laureandi e giovani imprenditori) aggrega utenti in base ai
gruppi di interesse. Chiunque
scarichi l’app di prossimità
sul proprio smartphone,
scegliendola dunque in base
ai propri interessi e bisogni,
potrà visualizzare sia servizi,
cui desidera accedere, profilati sulla propria domanda, che dialogare con quanti
condividono gli stessi interessi e gli stessi
bisogni. Una soluzione che per il mondo
sanitario, con il quale i due imprenditori
digitali stanno già lavorando in fase di
sperimentazione, può rivelarsi particolarmente utile ed efficace. L’applicazione
di condivisione può essere utilizzata,
infatti, per gruppi di interesse di pazienti
associati dalle stesse problematiche
sanitarie o può diventare strumento di
informazione di una azienda sanitaria
nei confronti di pazienti afferenti ad uno
stesso profilo patologico, cui fornire un
ventaglio di servizi dalle informazioni
agli alert come anche ai
consigli di stili di vita, agli
appropriati percorsi terapeutici, all’attenzione nei
percorsi di cura.
A costi nulli per il cittadino-paziente e relativi per
l’azienda, rispetto all’efficacia attesa di servizio e
di governo. “Kivi, uccello
simbolo della Nuova Zelanda e il cui nome si deve
ai Maori, ha la caratteristica di essere senz’ali e
dunque non può volare
- dicono Andrea e Salvatore”.
Una scommessa, perché con la loro sottile intelligenza, riesca a spiccare il volo.
17
LA PIATTAFORMA MULTICANALE UNICA PER LA SANITÀ
gestionesati
scompen
guardia
medica
assisteniazrae
domicil
call centePr
per CU
el
gestioneadle
person io
sanitar
riduzione
liste
d’attesa
e
emergenszi
audiole
qualità
percepita
posto
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ne
mediazio
culturale
pronta à
disponibilit
e
screeninzgioni
vaccina
ativo in uso
si integra a qualsiasi applic
ndi, turni...
CUP, presenze, paghe e stipe
semplice da implementare e utilizzare
L’Anagrafe dei pazienti. Requisito
imprescindibile per qualunque
progetto di Sanità elettronica
Parlarne oggi sembra fuori moda… è più “cool”
parlare di App per il cittadino, di Teleconsulto o più
in generale di Telemedicina, di utilizzo in mobilità
delle soluzioni cliniche.
M
h
t
l
a
e
H
t
Sm@r
recuperio
credit
Giugno 2014
La nuova sfida dei Sistemi Informativi in ambito sanitario è garantire
flussi di informazioni validate e aggiornate che semplifichino i processi. Per
mantenere bassi i costi e alti i livelli di servizio.
Sm@rtHealth è un’unica piattaforma multicanale (voce, app, chat, sms,
e-mail, video, social...), disponibile anche in cloud, su cui insistono tutti i
prodotti di “comunicazione” in ambito Sanità. Per ottimizzare i processi,
recuperare risorse, tagliare sprechi e... Comunicare, semplicemente.
modulare e flessibile
anche in cloud
I-Tel S.r.l. Roma - Milano - Riccione | Sede legale: Via Canova, 21/A - 00186 Roma | www.i-tel.it
a ciascuna di queste soluzioni “cool”, di cui si riempiono
tante pagine di giornale e
tanti discorsi, non possono
avere alcuna ragione di esistere, se alla
loro base non esistesse una solida, unica
ed univoca anagrafe dei pazienti, assistiti
o assistibili che siano.
Unica, non “moltiplicata” per il numero
di sistemi informatici esistenti. Univoca,
dove ogni cittadino è presente una ed
una sola volta.
Qualunque discorso evolutivo è destinato inevitabilmente ad implodere laddove
non si innesti in un robusto, strutturato,
finanziato e gestito con continuità, progetto di condivisione dell’anagrafe dei
pazienti e più in generale delle diverse
anagrafi di riferimento (codifiche).
Anche il Fascicolo Sanitario Elettronico,
tanto al centro delle recenti attenzioni di
governo e media, rischia di fallire, se su
questi aspetti di base non si fa chiarezza
e non si prendono impegni forti.
Si, perché chiarezza va fatta! Le realtà,
che a livello locale (ASL e AO) o regionale
possono vantare un’Anagrafe Pazienti
con le caratteristiche prima indicate,
sono desolamente poche.
Spesso, la logica del “best of breed”, che
ha caratterizzato (e caratterizza tutt’ora)
gli acquisti pubblici nel settore dell’informatica sanitaria, ha portato all’assemblaggio di sistemi informativi disomogenei, scarsamente integrati, proprio a
partire dall’Anagrafe Pazienti.
In altre parole, nel sistema informativo
“tipo” non esiste una vera anagrafe di
riferimento a cui tutti gli altri sistemi,
soluzioni e prodotti sono agganciati per
ricevere le modifiche e per inviarne a loro
volta. Esiste, invece, una serie di anagrafi
per ciascuno dei raggruppamenti funzionali più rilevanti: l’anagrafe del CUP e
quella della gestione ricoveri, quella delle
soluzioni dipartimentali (Laboratorio,
Radiologia, etc…) per fare alcuni esempi.
In qualche caso, qualche integrazione è stata realizzata, ma creando,
spesso, problemi maggiori che reali
benefici per le difficoltà intrinseche
di gestione e manutenzione di sistemi disomogenei, spesso collegati in
modalità “punto-a-punto” in assenza
19
Giugno 2014
di standard di comunicazione.
Questa, purtroppo, è la
triste realtà dei fatti.
Realtà, che determina
sprechi e non impedisce
(se non addirittura “abilita”)
truffe al Sistema Sanitario.
I dati recenti sulla popolazione che gode di forme
di esenzione ticket (circa
il 50%) e sulle prestazioni esenti ticket (il 70%
delle prestazioni totali, con
punte dell’86% in aree del
Sud Italia) danno immediatamente il senso di gravità
della situazione.
Per non parlare delle difficoltà di aggiornamento
delle anagrafi assistiti per
gli aspetti di calcolo delle
quote capitarie destinate alla retribuzione dei
Medici di Medicina Generale. Utilizzare
in questo caso anagrafi non aggiornate
comporta direttamente la corresponsione di importi non dovuti.
Intervenendo in modo deciso e strutturato, e con investimenti, è possibile
generare risparmi significativi e facilmente calcolabili per il Sistema Sanitario.
Oggi questo aspetto, parte di una
problematica più ampia, è sostenuto dal
progetto ANPR (Anagrafe Nazionale della
Popolazione Residente), contemplato nel
Decreto “FARE”, che prevede di costituire
un’unica ed evoluta Anagrafe nazionale
della popolazione, che sostituirà di fatto
le anagrafi comunali e che rappresenterà
il nucleo anche per la gestione degli
aspetti sanitari.
20
Ma, a fronte di questo progetto, che
coinvolge il livello centrale e regionale,
sarà necessario intervenire con altrettanta determinazione anche sui sistemi
informativi delle ASL e degli AO, che a
loro volta dovranno investire in modo
coerente e significativo per “agganciare”
in modo efficace ed efficiente a questa
anagrafe unica ed univoca tutte le soluzioni attive localmente.
In assenza di questa certezza anagrafica
(che in questa sede per semplicità si è
riferita alla sola componente pazienti,
ma che in realtà deve coinvolgere anche
le altre anagrafiche e codifiche di base)
i progetti evolutivi non avranno le basi
per poter decollare e portare quei risparmi di cui tanto il nostro Sistema Sanitario
ha bisogno.
In che modo potremo, ad esempio,
aiutare il medico prescrittore che
attraverso la consultazione della la
storia clinica del paziente deve decidere quale percorso diagnostico-tera-
peutico avviare,
se non siamo in
grado di garantirgli che sta
guardando tutte
le informazioni
disponibili per
quel paziente?
Perché se il paziente è un “duplicato” (o triplicato
o moltiplicato) le
sue informazioni
saranno “sparse”
sulle varie posizioni anagrafiche.
La speranza che il
Fascicolo Sanitario
possa rappresentare uno strumento per
migliorare l’appropriatezza prescrittiva
proprio perché il medico ha accesso a
tutte le informazioni sulle attività già
svolte dal paziente viene miseramente a
cadere.
E con esso molti altri benefici di questo
ed altri progetti.
Dunque, nonostante siamo nel 2014 e
non nel 1984, toccherà ripartire dai
fondamentali dei sistemi informativi
sanitari. E sarà necessario considerare
questi progetti come realmente strategici, destinando loro le necessarie risorse
economiche e professionali.
Senza un approccio deciso a questo
tema, tutti gli investimenti destinati alle
soluzioni più “cool” saranno vani,
senza liberare le reali potenzialità che le
tecnologie informatiche possono
sviluppare per aiutare il Sistema Sanitario ad evolvere verso un modello etico e
sostenibile.
Sara Luisa Mintrone
Giugno 2014
Liste di attesa e CUP.
L’ICT per l’ottimizzazione e risparmi
Uno dei fronti in cui il cittadino percepisce l’efficacia
del Servizio Sanitario è senza dubbio quello delle liste di attesa
I
cittadini, rispetto ai propri bisogni di
salute, si aspettano soluzioni concrete
in tempi ragionevoli. Motivo per il
quale liste di attesa troppo lunghe
incrinano il rapporto di fiducia con il SSN.
L’ambito delle liste di attesa è, quindi,
uno dei nodi, che si è cercato di sciogliere, in questi ultimi anni attraverso la
promulgazione sia di Linee guida che di
accordi Stato/Regioni con l’istituzione dei
CUP e dei SovraCup regionali.
Sono stati fatti certamente passi avanti, ma sulle liste di attesa continuano,
tuttavia, ad incidere diversi problemi,
dall’eccesso di prescrizioni, alla multiprenotazione, spesso utilizzata dal cittadino
nel tentativo di risolvere con maggiore
celerità la propria urgenza diagnostica.
Con l’aggravante però di non annullare le
prenotazioni fatte nelle diverse sedi cui si
è rivolto.
Un comportamento quest’ultimo, spesso
una vera e propria “cattiva abitudine”, che
incide non solo nell’allungare ulteriormente le liste di attesa, ma sul conto
economico degli stessi bilanci aziendali,
dato che il mancato annullamento di una
prenotazione rappresenta comunque un
costo.
Un primo passo è stato quello di spingere all’appropriatezza delle prescrizioni
e di orientare, nel contempo, un’azione di empowerment dei cittadini, per
21
Giugno 2014
consentire loro di non aderire a forme
di consumismo sanitario e adottare così
comportamenti tali da evitare gli sprechi,
anche sanzionando il mancato annullamento. Un’azione che però ha dato ad
oggi risultati modesti. Il fenomeno, poi,
dell’invecchiamento progressivo della
popolazione non aiuta a risolvere il problema delle liste di attesa. Anzi, concorre
sensibilmente a determinare un incremento costante e continuo delle prestazioni, con entità a volte impressionanti,
dato che le prestazioni pro-capite delle
fasce più anziane sono pari a tre volte
quelle della popolazione di età media.
A questo si aggiunge, infine, il contesto
della medicina difensiva, che, pur di evitare contenziosi con il paziente, procede
alla prescrizione di visite specialistiche
spesso superflue. Un cocktail di variabili,
che pesa sui percorsi assistenziali dei pazienti, sui bilanci delle aziende sanitarie
e in generale sull’efficacia e la qualità
del servizio erogato. Una situazione
che potrebbe, tuttavia, essere resa più
efficiente e migliorata, se le aziende sa-
nitarie ricorressero
con maggiore frequenza anche alle
applicazioni ICT per
la razionalizzazione
e l’ottimizzazione
delle prenotazioni e
che hanno già dato
evidenza non solo
di potere ridurre
significativamente
le liste di attesa, ma
di permettere consistenti contrazioni
dei costi e degli
sprechi.
La presenza ormai numerosa di portali
web, attraverso cui il cittadino procede in
piena autonomia alla propria prenotazio-
@
Sm@rtCupRecall
22
lazione della prenotazione da parte del
cittadino. Siamo, dunque, partiti con una
gara per un sistema di recall avanzato
cinque anni fa e abbiamo avuto subito
risultati importanti. Ne è esempio la ASL
Torino 1*, dove sono stati liberati, già nel
primo anno, ben 16mila posti, con un
risparmio di 800mila euro. Una tendenza mantenuta negli anni successivi. Il
cittadino procede alla prenotazione, ma
quattro giorni prima della visita viene
avvisato o con un sms o con una telefonata. E se si tratta di esami diagnostici,
la telefonata viene fatta una settimana
prima. Effettuando il recall telefonico
automatico, il sistema, infatti, raccoglie
in tempo reale il feed-back del paziente,
confermando alla struttura l’avvenuto
ascolto del messaggio ed inoltrando i
Giugno 2014
LA SALUTE DEL CITTADINO AL CENTRO
Soluzioni
informatiche e servizi
per la Sanità e il Sociale
Gruppo GPI progetta e realizza soluzioni per la Sanità
ne (un esempio è il portale
Cupweb prenotazioni online,
del SSR Emilia-Romagna), ha
già permesso di ottimizzare
l’iter delle prenotazioni, ma
è sul fronte dell’utilizzo di
soluzioni ICT di recall al paziente che si stanno ottenendo importanti risultati, come
dimostra il sistema CUP
avviato dalla ASL Torino1 e
che, a breve, sarà esteso alla
Regione Piemonte. “Avevamo l’urgenza di risolvere il
problema annoso delle liste
di attesa – spiega Gianfranco
Barberis, responsabile SovraCup della Regione Piemonte.
Un problema legato ai tempi
di attesa eccessivamente
lunghi e alla mancata cancel-
dati raccolti. E, in caso di disdetta, i posti
liberati vengono recuperati attraverso
l’inserimento in agenda, automatico e in
tempo reale.
Questa nuova configurazione di sistema, se ha permesso di avviare nuove e
incoraggianti modalità di relazione con il
cittadino, ha ridotto considerevolmente
gli sprechi e generato risparmi, pari a
circa 30 euro di media per prestazione
recuperata. I risultati sono stati così
soddisfacenti da mettere in progetto l’obiettivo di realizzare per l’intera regione
un CUP unico.
L’introduzione poi, sempre quest’anno,
della ricetta elettronica, eviterà definitivamente il sistema della multiprenotazione con una previsione di risparmi per
diversi milioni di euro”.
Il sistema Sm@rtCupRecall della ASL Torino 1è fornito
da I-Tel
e l’Assistenza sociale, interoperabili e all’avanguardia,
che semplificano l’accesso ai servizi da parte del
cittadino.
Attivo sul mercato dal 1988, Gruppo GPI è
interlocutore di riferimento nel campo dell’informatica
socio-sanitaria e dei nuovi servizi hi-tech per la salute,
sia per l’ente pubblico che per le aziende private.
www.gpi.it | info@gpi.it
Gruppo GPI | via Ragazzi del ‘99 n.13 | 38123 Trento | T 0461 381515 | F 0461 381599
23
Giugno 2014
Giugno 2014
Identità digitale. Tra sicurezza,
trasparenza ed empowerment
Regolamento europeo Privacy.
A Bruxelles lavori in corso
Con la Legge n. 98 del 9/08/2013, il Governo Italiano ha
introdotto il Servizio Pubblico di Identità Digitale (SPID).
Il Decreto, che ne definisce le modalità di adesione ed
erogazione, è in dirittura di arrivo
Un lavoro che dura ormai da due anni e che oggi è al vaglio
del parere del Parlamento Europeo.
L’
Identità Digitale è un insieme
di informazioni che ci permette di essere riconosciuti e di
accedere a servizi digitali di
qualsiasi natura, proteggendo il nostro
accesso e i nostri dati per contrastare in
modo efficace i fenomeni criminali ed in
particolare il furto d’identità.
Le componenti di questo servizio sono
molteplici: al centro di tutto troviamo
il cittadino, il quale potrà ottenere una
o più identità digitali, che di fatto sono
l’equivalente di un passaporto digitale,
che conterrà alcune informazioni identificative obbligatorie, come il codice fiscale,
il nome, il cognome, il luogo e la data di
nascita e il sesso.
Oltre a tutto questo, l’Identità conterrà
altre informazioni come un indirizzo
email, un numero di telefono, utili per
poter comunicare con il soggetto titolare
dell’Identità, e una o più credenziali,
utilizzabili per poter accedere ai servizi in
modo sicuro.
Altre componenti saranno il Gestore di
Identità, un soggetto pubblico o privato
denominato, che si occuperà di creare e
gestire le Identità Digitali e i Gestori di
Attributi qualificati, ovvero soggetti che
per legge sono titolati a certificare alcuni
attributi quali un titolo di studio, un’abilitazione professionale, etc...
In questo modo il cittadino potrà utilizzare l’Identità Digitale sui Gestori di Servizi,
24
cioè tutte le Pubbliche Amministrazioni
e tutti quei soggetti
privati, che decideranno di aderire in
maniera volontaria a
questo sistema per
fornire un ulteriore
servizio.
Il CAD, sancisce che
l’identificazione
informatica di un soggetto consiste nella
validazione dell’insieme di dati attribuiti in
modo esclusivo ed univoco ad esso, consentendone l’identificazione nei sistemi
informativi. In linea generale le identità
digitali possono suddividersi in:
- “identità forti”: regolate dalla legge (per
uso pubblico), come per esempio sistemi
di firma digitale;
- “identità deboli”: utilizzate dagli
operatori online per l’accesso a servizi
digitali (email, social network eCommerce) costituite, di norma, da nome utente
e password, oltre a una serie di attributi
funzionali alla fruizione del servizio.
Le credenziali possono essere numericamente e qualitativamente molto variegate e hanno differenti utilizzi.
L’identità digitale completa è abbastanza
complessa e ha implicazioni sia legali che
tecniche. Comunque, l’identità digitale
più semplice consiste in un ID (username) e una parola di identificazione segreta (password- credenziale di autenticazione). Ma l’identità digitale può essere
ancora più complessa, proprio come una
vera e propria identità umana.
S
arà con molta probabilità, il
semestre italiano a governare
la rotta del Regolamento per
portarlo alla sua edizione finale.
Anche se il sistema normativo troverà
pienamente luce nel 2015, per entrare in
vigore nel 2017, cui seguiranno le indicazioni attuative.
Questi i punti di maggior rilievo in
discussione.
Il primo riguarda il capo di applicazione
del Regolamento e cioè se bisogna escludere dalle indicazioni del regolamento
l’intero ambito del settore pubblico o
solo alcuni. Ma bisogna fare i conti con
quanto previsto per la tutela dei diritti
del cittadino dal Trattato di Lisbona e
dalla Carta Europea dei Diritti fondamentali. Il secondo punto riguarda il tema
dell’autorità, che deve essere deputata a
trattare i dati di fronte a cittadini europei
che, residenti in un paese, lavorano o si
trovano in un altro. Il tema può essere
di rilievo nel contesto della mobilità
sanitaria. La scelta del Garante europeo
sarebbe quella di sottoporre il cittadino
all’autorità del paese in cui risiede.
Il terzo punto riguarda l’introduzione di
una sorta di graduazione nell’obbligo
della protezione dei dati, a seconda
del maggior rischio per gli interssati in
relazione al trattamento fatto. L’approc-
cio europeo è che ci sia una ragionevole
attenuazione sulle attività che possono
porre maggiori rischi.
In generale, tuttavia, si precisa da parte
degli uffici del Garante Europeo che le
disposizioni sono state impostate alla
logica della flessibilità. Di fronte, infatti,
all’evoluzione continua e sempre più sofisticate delle tecnologie si vuole evitare di
dare vita ad un corpus rigido. Il Regolmento vuole presentarsi come un quadro di riferimento normativo, certamente
chiaro e preciso, ma la cui attuazione
lasci spazi di manovra, nel segno dell’autoresponsabilità da parte del soggetto
che tratta i dati. “E questo - si precisa dal
Garante Europeo - per evitare di appli-
care una normativa rigida e obsoleta
rispetto all’evoluzione tecnologica e al
novità di gestione dati come ad esempio
quella dei Big Data.
“Il ritmo del cambiamento è mozzafiato
– spiega Peter Hustinx, Garante Europeo
della Protezione dei dati personali. Questo è il motivo per cui l’UE ha bisogno
con urgenza di un quadro di protezione
dei dati che sia coerente e uniforme.
Secondo la Carta dei Diritti fondamentali,
gli individui hanno il diritto proattivo,
che li autorizza a pretendere che qualsiasi trattamento dei dati personali deve
essere giusto e legittimo, per finalità
determinate e trasparenti e su come i
dati verranno utilizzati”.
25
Giugno 2014
Giugno 2014
L’outsourcing e il Cloud
dal punto di vista del giurista
L’ Intervista
I
Giusella Finocchiaro, Ordinario di Diritto di Internet
e Diritto Privato Università di Bologna
l trasferimento di funzioni ad un altro
soggetto può comprendere diverse
tipologie contrattuali. Qual è la disciplina dell’outsourcing?
Innanzitutto va specificato che, in via
di prima approssimazione, con l’espressione “outsourcing” ci si riferisce
all’affidamento ad un soggetto terzo
dell’espletamento di tutte le attività che
costituiscono, all’interno della propria
organizzazione aziendale, una specifica
funzione interna. Come affermato dalla
giurisprudenza, “l’espressione outsourcing ricomprende in senso lato ogni
ipotesi di decentramento produttivo”.
Per rispondere alla domanda occorre
ricordare che numerose sono le varianti
che possono connotare un’operazione di
outsourcing. L’outsourcing può, infatti,
attuarsi attraverso il conferimento di un
incarico avente ad oggetto un fare o, nei
casi più complessi, attraverso il trasferimento di un ramo d’azienda o di una
scissione societaria. Pertanto, l’outsourcing non è una fattispecie contrattuale
a sé stante, quanto una fattispecie
contrattuale astrattamente riconducibile
a diversi schemi negoziali, quali l’appalto, la somministrazione, la locazione,
la vendita, etc... Oggi l’interesse per
l’outsourcing è in parte motivato dalla
prospettiva di delocalizzazione delle
attività routinarie di ricerca documentale e contrattualistica nei paesi a basso
costo di manodopera ed alta qualità del
servizio. È quindi frequente che outsourcer e outsourcee appartengano a paesi
differenti considerate le dimensioni
transnazionali assunte dall’economia
industriale. Diventa pertanto essenziale
il ruolo del contratto quale strumento
idoneo a disciplinare il rapporto nascente tra le parti coinvolte nel processo di
esternalizzazione.
Cosa cambia nel caso in cui un contratto
di outsourcing sia concluso on-line?
Occorre essere consapevoli delle problematiche inerenti alla legislazione
applicabile e alla giurisdizione competente e dei vincoli formali inerenti alla
manifestazione del consenso negoziale,
nonché dell’eventuale necessaria specifi-
26
ca approvazione di clausole vessatorie.
La sospensione di un servizio può causare danni anche nei casi di esternalizzazione di attività di routine. Chi risponde in
caso di interruzione del servizio?
Non c’è una risposta univoca e valevole
in ogni caso, considerate le varianti che
possono connotare
l’esternalizzazione.
Anche ipotizzando
che la fattispecie
negoziale sia riconducibile allo schema
dell’appalto e che
l’utente subisca
dei danni a seguito
di disfunzioni del
servizio fornito, occorrerebbe chiedersi
se il committente
nel contratto con
l’utente finale lo
abbia informato
dell’esternalizzazione e se, in tal caso,
abbia previsto una
clausola di esonero
della responsabilità.
Quali sono gli adempimenti in materia
di privacy in caso di
outsourcing?
Se l’esternalizzazione della funzione
aziendale genera il
trasferimento di dati
personali, occorre valutare in concreto il
ruolo del fornitore in termini di autonomia e di potere decisionale sulle operazioni di trattamento dei dati personali ed
eventualmente, se applicabile la normativa vigente nell’ordinamento giuridico
italiano, provvedere alla designazione di questi come responsabile esterno del trattamento.
Occorre, inoltre, osservare i
vincoli previsti a tutela del diritto
all’autodeterminazione informativa dell’interessato e rispettare
scrupolosamente gli obblighi di
sicurezza.
Qual è il rapporto tra outsour-
cing e cloud computing?
Il cloud computing -che rappresenta una
particolare modalità di fornitura di servizi
informatici- è inquadrabile all’interno del
più ampio fenomeno dell’outsourcing. Si
potrebbe, utilizzando una formula cara
ai giuristi, affermare che il rapporto tra
outsourcing e cloud computing è “un
rapporto di genere a specie”. Nel caso
di cloud computing, le parti coinvolte
nel processo di
esternalizzazione
sono sottoposte
ad ulteriori vincoli? Sarebbe errato
pensare che per
il solo fatto che la
fornitura dei servizi
avvenga in cloud
maggiori siano i
vincoli in capo alle
parti. È l’internazionalizzazione spesso
tipica delle forniture
in cloud che comporta la necessità
di confrontarsi
con le tematiche
della legislazione applicabile e
della giurisdizione
competente, e che
attribuisce all’eventuale trattamento
di dati personali un
carattere di problematicità relativo
alla configurazione
dei ruoli e all’adempimento degli
ulteriori obblighi
previsti a tutela
dell’interessato.
Nel caso in cui il fornitore abbia sede in
un paese non appartenente all’Unione
Europea aumentano le difficoltà per
adempiere agli obblighi normativi?
Che il fornitore abbia sede in un paese
non appartenente all’Unione Europea è
una circostanza che impatta sicuramente
sull’eventuale trattamento dei dati personali, dati che a seguito dell’esternalizzazione sono oggetto di comunicazione.
In questo caso, infatti, occorrerà tener
conto del disposto di cui all’art. 25 della
Direttiva 95/46/CE secondo cui il trasferimento di dati personali verso un paese
non appartenente all’Unione Europea
può aver luogo soltanto se il paese di
destinazione garantisce un livello di
protezione adeguato. L’adeguatezza del
livello di protezione deve essere valutata
con riguardo alla natura dei dati, alle
finalità del trattamento previsto, al paese
d’origine, alle norme di diritto, generali o
settoriali, vigenti nel paese di destinazione, nonché alle regole professionali e alle
misure di sicurezza ivi osservate. Occorre,
tuttavia, precisare che l’art. 26 della citata
Direttiva prevede che, nel caso in cui via
sia il consenso dell’interessato, si possa
derogare alla necessità di verificare il
livello di adeguatezza del paese di destinazione. In altri termini, si può effettuare
il trasferimento dei dati anche verso
un paese terzo che non garantisce una
tutela adeguata qualora vi sia il consenso
inequivocabile al trasferimento da parte
dell’interessato. L’art. 26 elenca, inoltre,
ulteriori casi di deroga a quanto previsto
dal precedente art. 25. Si prevede, infatti,
la liceità del trasferimento nel caso in cui
il trasferimento sia necessario per la conclusione o l’esecuzione di un contratto
nell’interesse dell’interessato, ovvero nel
caso in cui il trasferimento sia necessario
o prescritto dalla legge per la salvaguardia di un interesse pubblico.
In conclusione, ha senso ricorrere all’outsourcing? Innegabili sono i vantaggi
dell’outsourcing. Attraverso l’outsourcing
si ottiene, infatti, una massimizzazione
delle competenze e degli ambiti di specializzazione.
Un ulteriore vantaggio è la razionalizzazione della struttura dei costi.
Per queste ed altre ragioni, si ritiene
che sempre più frequente sarà il ricorso
all’outsourcing e che conseguentemente si assisterà alla diffusione di modelli
contrattuali che, sia pur connotati da un
necessario elevato livello di personalizzazione, costituiranno utili riferimenti per
gli operatori.
Contributo pubblicato in
ICT4Executive, 17, 2014
27
Giugno 2014
Big Data: le opportunità per il
mondo Healthcare
I risultati dello studio MeriTalk, commissionato da EMC
TRANSFORM
HEALTHCARE
THE RIGHT INFORMATION,
ALWAYS AVAILABLE, 24/7.
l
l report commissionato da EMC a
MeriTalk, un’associazione americana
pubblico-privata focalizzata sul miglioramento dei risultati dell’e-government, per analizzare l’impatto che i Big
Data avranno nel settore della Sanità.
L’indagine evidenzia in particolare come
le tecnologie emergenti, incluso l’mHealth – ovvero l’utilizzo dei device mobile
e wireless per migliorare, i servizi e la
ricerca sanitaria – e il Machine-to-Machine (M2M) – le tecnologie utilizzate per
raccogliere, monitorare e memorizzare i
dati sanitari, senza l’intervento umano –
alimenteranno questo cambiamento.
Il 63% dei dirigenti sanitari intervistati
afferma che i Big Data aiuteranno a
monitorare e gestire più efficacemente la
salute della popolazione, mentre il 60%
ritiene che i Big Data aumenteranno la
capacità di fornire cure preventive.
Più della metà degli intervistati, il 59%,
dichiara che il raggiungimento dei propri
obiettivi nei prossimi cinque anni
dipenderà dal fatto di saper massimizzare con successo i Big Data.
Lo studio sottolinea inoltre che le
28
agenzie federali intervistate guardano
con molto interesse il mondo dei Big
Data; una su tre afferma di aver lanciato
almeno una iniziativa: in particolare, il
35% dichiara di utilizzare i Big Data per
migliorare la cura dei pazienti, il 31% per
ridurre i costi di assistenza, il 28% per
migliorare i risultati ottenuti e il 22% per
aumentare le diagnosi precoci.
Non tutte le agenzie però si trovano
nella stessa condizione: meno di una su
cinque dichiara, infatti, di essere pronta a
lavorare con le tecnologie abilitanti per i
Big Data; pochi hanno investito in sistemi
IT/soluzioni per ottimizzare il data processing (34%), preparato il personale IT
a gestire e analizzare i Big Data (29%) o
a sensibilizzato il management rispetto
alle tematiche Big Data (29%).
Rispetto alle tecnologie M2M, il 15%
degli intervistati dichiara di averle
implementate, il 53% prevede invece
di farlo nei prossimi due anni. Gli intervistati pensano che queste tecnologie
miglioreranno significativamente la cura
e il monitoraggio remoto dei pazienti.
Esiste però una sfida da affrontare: la pro-
tezione dei dati dei pazienti. Nonostante
questo, nove intervistati su 10 giudicano
positivamente l’impatto che queste tecnologie avranno nel settore healthcare.
“I dati emersi da questo studio americano, Paese da sempre in grado di anticipare le nuove tendenze tecnologiche
rispetto al resto del mondo, fanno
riflettere sul futuro che l’utilizzo di tecnologie per la gestione dei Big Data in
ambito sanitario potrebbe avere anche in
Italia. Nel nostro Paese, il tema dell’efficienza nel campo della Sanità è cruciale,
ma non solo.
Sono convinto che l’implementazione
di iniziative legate ai Big Data in ambito
healthcare potrebbe aiutare
significativamente le Aziende
ospedaliere e gli Istituti di Ricerca ad
intervenire efficacemente nello studio
e nella cura di patologie croniche, con
l’obiettivo di migliorare la qualità del
servizio sanitario nazionale apportando
notevoli e concreti benefici ai cittadini”,
ha dichiarato Marco Fanizzi, Amministratore Delegato e Direttore Generale di
EMC Italia.
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Giugno 2014
Giugno 2014
Sicilia. Il programma
della ricetta dematerializzata
F
ra non molto in tutte le Regioni
si dovrà cambiare in maniera
radicale il ciclo di vita delle
vecchie ricette cartacee del S.S.N.
(csd “rosse”), che prevede una serie di
passaggi e tutele che ormai sono da considerare superati dalle nuove tecnologie.
Questo è il complesso ciclo delle ricette
rosse del S.S.N.:
- si inizia dall’analisi del fabbisogno da
parte delle Regioni e relativo ordine alla
Zecca dello Stato del quantitativo necessario per un anno solare;
- segue la stampa da parte
della Zecca dello Stato delle
ricette cartacee con una
tecnica molto dispendiosa,
simile a quella della stampa
delle banconote (ogni ricetta
è numerata);
- spedizione e consegna alle
Aziende Sanitarie dei ricettari, per la Sicilia circa 800.000
(80 milioni di ricette!) pari
ad un peso di circa 300 tonnellate, pari a
dieci TIR per il trasporto;
- ricezione e deposito dei ricettari nei
punti di distribuzione delle Aziende
Sanitarie;
- consegna ai medici prescrittori, che
periodicamente (6-8 volte l’anno) sono
costretti a recarsi presso i punti di distribuzione, previo inserimento dei numeri
dei ricettari consegnati sul portale del
SistemaTS;
- prescrizione delle ricette, che nella quasi totalità avviene in modalità informatica (i dati sono archiviati in un database
del medico e trasmessi giornalmente al
SistemaTS ai sensi del DPCM 26/3/2008),
ma l’output per l’assistito (e per l’erogatore) non è un dato informatico, ma
cartaceo;
- consegna della ricetta ad una farmacia, che partendo dai dati riportati nella
ricetta lo “ritrasforma” in un dato informatico, utilizzato anche per la predisposizione del flusso informativo per il
SistemaTS;
- consegna delle ricette cartacee alle
Aziende Sanitarie Provinciali (ASP);
- le ASP, ripartendo nuovamente dal cartaceo, effettuano la scansione delle ricette (solitamente tramite ditte esterne) per
ricostruire il dato informatico, modalità
che oltre a non essere tempestiva, risulta
molto dispendiosa e con il rischio di un
30
non perfetto allineamento ai dati iniziali;
- finalmente, archiviazione e conservazione delle ricette. A parte i costi della
stampa e della gestione delle ricette
rosse, stimabili complessivamente in
almeno 30 centesimi a ricetta, l’anomalia
maggiore consiste nella generazione di
dati informatici, che non vengono utilizzati nei vari passaggi, con il cartaceo che
rimane lo strumento di dialogo. Nella
più elementare logica di razionalizzazione della procedura è facilmente intuibile
che i dati devono essere inseriti una sola
volta in modalità guidata (prelevati da
archivi validati) e utilizzati nei successivi
passaggi, magari senza la necessità di
un supporto cartaceo, ma per questo ci
vorrà ancora del tempo.
Solo così si potranno evitare gli errori sui
dati anagrafici e cf, sui codici di esenzione, sulle note AIFA, etc… Per snellire
tali procedure, da considerare ormai
ampiamente obsolete, il DM 2/11/2011
ha introdotto la ricetta dematerializzata
e l’Agenda digitale (art. 13 Decreto Legge
18/10/2012 n.179, coordinato con la
Legge di conversione del 17/12/ 2012
n°221) ha previsto il raggiungimento del
60% di ricette dematerializzate già nel
2013, dell’80% nel 2014 e del 90% nel
2015. In Sicilia, la dematerializzata per
la farmaceutica è stata avviata già dal 16
settembre del 2013 e già nel mese di novembre la percentuale di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta,
che ha prescritto in nuova modalità ha
raggiunto la quota del 74%, ulteriormente incrementata al 90% a dicembre, per
raggiungere il 94% nell’aprile 2014. Per
quanto riguarda il numero di ricette dematerializzate: nel 2013 (dal 16 settembre al 31/12/2013) sono state 6.150.000
e nel 2014 da gennaio ad aprile oltre 16
milioni.
La ricetta dematerializzata è, quindi,
ormai una realtà in Sicilia.
Si tratta di un risultato prestigioso, che
pone l’isola al primo posto per l’applicazione delle normative nazionali, raggiunto grazie al senso di responsabilità ed
alla collaborazione di tutte le categorie di
professionisti. Con l’avvio della dematerializzazione, il medico per prescrivere
un farmaco dovrà collegarsi al Sistema
Tessera Sanitaria (portale SOGEI) con
il proprio PC (o tablet) tramite le proprie credenziali (password), ottenere la
conferma dei dati anagrafici dell’assistito
e dell’eventuale esenzione per condizione economica e, dopo aver
completato la prescrizione,
rilasciare un pro-memoria
all’assistito (su foglio bianco), che riporta il numero
della ricetta elettronica, il
CF dell’assistito, l’eventuale
esenzione ed il farmaco
prescritto. L’inserimento dei
dati è guidato e non possono
essere commessi errori di
tipo logico formali.
La stampa del pro-memoria in questa
fase iniziale è un adempimento necessario per garantire all’assistito la possibilità
di ritirare il farmaco anche in caso di
assenza di linea o malfunzionamento del
sistema. In futuro potrà essere sostituito
da altri sistemi completamente dematerializzati come, ad esempio, un mes-
saggio sul telefonino, etc... Tutti i dati
della prescrizione rimangono depositati
in un server centrale (portale SOGEI) e
disponibili a tutti gli attori coinvolti nella
procedura, ognuno secondo le proprie
competenze (medico, farmacista, a cui si
rivolge l’assistito, Ministero Economia e
Finanze e ASP).
Con il pro-memoria l’assistito si reca
in farmacia, che, collegandosi con le
proprie credenziali, accede alla prescrizione, completa con l’inserimento della
targatura del farmaco e dei dati economici (prezzo, ticket) ed infine consegna
il farmaco. Medici e Farmacisti hanno
continuato ad utilizzare i loro applicativi,
opportunamente adeguati per dialogare
tramite “web service” con il Sistema Tessera Sanitaria (portale SOGEI), i cui tempi
di risposta sono mediamente inferiori
a mezzo secondo, per cui non si sono
verificati ostacoli nel modo di lavorare e
neanche rallentamenti.
I vantaggi conseguiti sono sia di natura
economica, che organizzativa. Il monitoraggio delle prescrizioni per la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva, data
in tempo reale, consente di conoscere
l’andamento della spesa farmaceutica al
momento della prescrizione e a quello
della erogazione. Inoltre, viene esercitata
una verifica preventiva sui dati anagrafici
dell’assistito e sull’esenzione per condizione economica, con il risultato che
non è più possibile trascrivere esenzioni
inesistenti (non presenti nel Sistema Cen-
trale) e quindi una maggiore trasparenza.
Il nuovo sistema comporta un ulteriore
vantaggio, a garanzia della sicurezza del
paziente, in quanto evita il rischio di consegna di un farmaco diverso da quello
prescritto, poiché in quest’ultimo caso il
farmacista è avvertito dell’errore con un
messaggio e un bip.
Di prossimo avvio la dematerializzata
per la specialistica, premesse utili per
la realizzazione del Fascicolo Sanitario
Elettronico in tempi brevi.
Sergio Buffa
Area Interdipartimentale 4
Sistemi Informativi, Statistiche e
Monitoraggi
Dipartimento per la Pianificazione
Strategica
Assessorato della Salute
Regione Siciliana
31
Giugno 2014
Il percorso della ricetta
dematerializzata dal MMG
alla Farmacia
L
a ricetta dematerializzata (o ricetta elettronica on line) è il risultato
finale di un progetto avviato con
l’approvazione dell’art. 50 della
legge 326/2003, che ha introdotto la ricetta (cartacea) standardizzata, la tessera
sanitaria (TS) e l’obbligo di invio dei dati
di tutte le ricette da parte prima delle farmacie (2008) e poi dei medici (2011).
Un processo che ha coinvolto farmacisti,
medici, le rispettive organizzazioni di
categoria, ASL, Regioni, Agenzia delle
Entrate, INPS, Guardia di Finanza etc…,
con il coordinamento della Ragioneria
Generale dello Stato (RGS) e attraverso
il braccio operativo di SOGEI, società di
ITC del Ministero dell’Economia e delle
Finanze (MEF).
Obiettivi
Il progetto ha come obiettivo la realizzazione di misure di appropriatezza delle
prescrizioni, attribuzione e verifica del
budget di distretto, farmacovigilanza e
sorveglianza epidemiologica (cfr. comma
1 dell’art. 50 della legge 326/2003 “monitoraggio della spesa farmaceutica e
specialistica a carico del SSN”)
Attualmente, tutte le farmacie e tutti i
medici sono tecnologicamente in grado
di trasmettere al MEF, con modalità
asincrona, i dati dei circa 600 milioni di
ricette erogate ogni anno.
Il nuovo ambizioso
obiettivo della ricetta
dematerializzata è quello
di rendere sincrone tutte
le attività di prescrizione
da parte del medico e
di erogazione da parte
della farmacia e, progressivamente, di eliminare i
supporti cartacei.
Come funziona
Dal medico
I medici non riceveranno
più blocchi di ricette cartacee, ma solo una serie
di numeri.
Sono i numeri delle
ricette elettroniche (NRE) che, prodotti
dal sistema centrale gestito da SOGEI,
verranno assegnati alle Aziende sanitarie (provinciali o locali). Le Aziende li
32
forniranno ai medici sulla base
degli attuali parametri e criteri
utilizzati per la distribuzione
dei ricettari cartacei.
Il medico, per prescrivere un
farmaco o una visita specialistica, si connetterà tramite il
proprio PC (in un futuro prossimo potrà essere un tablet o
uno smartphone) al sistema
di riferimento e, dopo essersi identificato, effettuerà la
prescrizione online utilizzando
uno degli NRE a lui assegnati.
A questo NRE, il medico assocerà il codice fiscale dell’assistito. Il sistema validerà il codice
fiscale e tutte le informazioni
di esenzione (per reddito e/o
per patologia).
A questo punto, il medico
completerà la ricetta con la
prescrizione del farmaco e, con
un semplice click, confermerà
la generazione della ricetta
elettronica sul server di SOGEI.
Il medico stampa e consegna
all’assistito un “promemoria”,
che riporta NRE, codice fiscale,
eventuali esenzioni e prescrizione. Il
promemoria garantisce all’assistito la
possibilità di ottenere il farmaco anche
in caso di assenza di linea o in presenza
di qualsiasi altro inconveniente legato
all’accesso al server.
In Farmacia
Con il promemoria l’assistito si reca in
farmacia. La farmacia si collega al sistema
mediante le chiavi di accesso
rappresentate dal NRE e dal
codice fiscale, accede alla
ricetta elettronica ed eroga il
farmaco.
La farmacia completa l’operazione inviando al server di
SOGEI i dati relativi all’erogazione (prezzo del farmaco,
ticket, sconti in favore del
SSN, etc...) e i codici che
individuano la singola confezione: (codice AIC e codice
“targatura”, cioè il codice
seriale identificativo della
singola scatola).
Il funzionamento delle
ricette elettroniche che
prescrivono visite specialistiche e analisi
da effettuare nei laboratori è analogo a
quello descritto.
Contributo Promofarma
Giugno 2014
Conservazione digitale.
Le nuove regole tecniche
Il testo, pubblicato nella G.U. del 12 marzo 2014,
introduce alcuni importanti cambiamenti.
I
sistemi di conservazione già
esistenti dovranno adeguarsi
alle nuove regole entro 36 mesi
dall’entrata in vigore del decreto,
secondo un piano dettagliato da allegare al manuale della conservazione,
che diventa obbligatorio.
Viene superata la distinzione fra conservazione di documenti informatici
e conservazione sostitutiva di documenti analogici.
Muta il concetto di “sistema di conservazione”, che viene definito come
un sistema che assicura la conservazione dei documenti e dei fascicoli informatici con i metadati a essi
associati, tramite l’adozione di regole,
procedure e tecnologie idonee a
garantirne le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità
e reperibilità.
Figura centrale del sistema di conservazione resta il Responsabile
della conservazione e nello svolgere
queste attività il Responsabile potrà,
sotto la propria responsabilità, dele-
gare lo svolgimento del processo di
conservazione – o parte di esso – a
uno o più soggetti di specifica competenza ed esperienza in relazione
alle attività ad essi delegate.
Relativamente alla tecnologia con
la quale assicurare la conservazione,
le nuove Regole tecniche restano
neutre, lasciando sostanzialmente la
possibilità al Responsabile della conservazione di scegliere liberamente
con quali tecniche raggiungere gli
obiettivi della conservazione
33
Giugno 2014
Linee guida della Telemedicina
al vaglio della Conferenza
Stato-Regioni
I
l documento sulle Linee guida della
Telemedicina in discussione al Tavolo
della Conferenza Stato/Regioni, trasmesso il 30/12/2014, ha
stimolanti indicazioni. Ha il pregio di
segnare il perimetro entro cui avviare i
servizi di Telemedicina, accogliendo le
spinte che da più parti vengono per la
loro messa a regime, richiamandosi alle
indicazioni dell’Agenda Digitale Europea
e affermando il senso della Telemedicina
come vera e propria “rivoluzione
culturale”.
Il documento smarca la Telemedicina dal
limbo della sperimentazione, tentando
di segnare una strategia di sviluppo e di
integrazione nel sistema di erogazione
dei servizi del SSN.
Come dichiarato espressamente, il
documento vuole disegnare un modello
di governance condivisa delle inziative
sparse sul territorio, con l’obiettivo di armonizzazione degli indirizzi e dei modelli
applicativi di TMD, nell’ottica dell’interoperabità, per passare dalla logica della
sperimentazione a quello strutturata di
utilizzo
diffuso dei servizi.
L’importanza dei servizi di TMD,
evidenziata nel documento sta nel
fatto che essa può garantire maggiore
equità di accesso all’assistenza da
parte del cittadino, una sua migliore
qualità, perché permette maggiore
continuità delle cure, una migliore
efficacia, efficienza e appropriatezza
delle prestazioni, insieme al contenimento conclamato della spesa sanitaria. Gli ambiti eletti per i servizi di
TMD sono legati alla continuità delle
cure, alle patologie rilevanti (cardiovascolari, diabete, patologie cerebrovascolari…), all’insieme cioè di quelle
cure che, da sole, occupano più di
metà del budget sanitario (in Italia
ben il 70% della spesa socio-sanitaria
pubblica è destinata all’assistenza e
al trattamento delle malattie croniche) e che potrebbe essere ampiamente ridotto con i sistemi di TMD.
Il documento insiste anche sulla
necessità di giungere all’adozione di
servizi di TMD, che rispondano agli
standard nazionali e all’importanza
dei processi di formazione, non solo per
il personale sanitario, ma di quanti sono
coinvolti nei processi assistenziali,
che utilizzeranno i
servizi di TMD.
Una commissione
composta da tre
membri del Ministero della Salute e
tre rappresentanti
regionali, avrà il
compito di individua-
35
Giugno 2014
re il percorso funzionale e organizzativo
di quanto previsto dalle Linee guida, la
cui attuazione è, però, demandata alle
Regioni e senza che i progetti di TMD e la
loro isituzione portino aggravi di natura
economica ai bilanci regionali.
Le regioni dovranno investire in TMD
recuperando da risparmi o inaugurando
nuove forme di partnership con il privato, dal Project financing alla PPP.
Il punto debole del documento è però
questo. Le Linee guida rischiano di
stazionare alla Conferenza Stato/Regioni,
per l’eterogenità degli approcci
regionali e della diversa maurità tecnologca applicativa e organizzativa, di
quanto in questi anni già realizzato.
Il Titolo V peraltro non permette soluzioni diverse. Manca, inoltre, un preciso
calendario di programmazione.
Parola dunque alle Regioni, cui spetterà
di avvviare un’expertise delle soluzioni
già presenti sul proprio territorio e di
programmare la messa a regime della
TMD. Nell’ausipicio dell’integrazione con
il FSE e dell’interoperabilità.
Si rimanda alla Regioni anche per un
altro spinoso problema, che da molti è
di remunerazione
adeguato al livello di procedura
(livello di tecnologia impiantata/
utilizzata) e di
servizio di monitoraggio fornito
ai pazienti. Nel
breve periodo,
rappresenterebbe un buon
punto di partenza un intervento
del Ministero
nella direzione di
adeguare le Linee guida di codifica per
consentire un congruo livello di remunerazione che consenta, attraverso la
tracciabilità dell’utilizzo della tecnologia
dotata di remote monitoring rispetto a
quella standard, la diffusione della tecnologia sul mercato. Oltre naturalmente al
riconoscimento di tariffe ambulatoriali
per il monitoraggio remoto del paziente,
di valore non inferiore alle corrispondenti tariffe ambulatoriali per il controllo
ambulatoriale standard del paziente.
Formule di co-payment, infine, potrebbero almeno in una prima fase riguarda-
re quei gruppi residuali di pazienti per i
quali non fosse decisa la finanziabilità del
servizio da parte delle Regioni.
Il probelma dello sviluppo della TMD
diventa allora quello delle caratteristiche e della sensibilità del management
sanitario apicale e istituzionale, capace di
elaborare strategie organizzative e di realizzazione, che richiedono precise scelte
culturali e di politica sanitaria.
Perchè la Telemedicina è una vera e
propria “rivoluzione culturale”,
come afferma il Documento delle Linee
guida.
Linee Guida
della Telemedicina
considerato strategico per lo sviluppo
stesso della TMD: la sua tariffazione.
Il diniego a considerare i sistemi di TMD
come parte dei LEA, ne ha sicuramente
ridotto la capacità di implementazione,
ma il documento insiste tuttavia sull’importanza della TMD, anzi ne prevede
e ne stimola l’adozione, lasciando una
porta aperta, anche se poco chiara.
Il problema non è da poco.
Già due anni fa Assobiomedica
segnalava la criticità, ponendo anche
delle possibili soluzioni, affermando
che: “l’innovazione tecnologica, ivi
compresa la remotizzazione e la diagnostica avanzata, in Italia richiedono
necessariamente l’adozione di un nuovo
modello di rimborso, la cui assenza oggi
ne disincentiva fortemente l’utilizzo. Un
modello di rimborso che preveda un
riconoscimento economico specifico
incrementale adeguato, attraverso l’individuazione di DRG specifici che riconoscano alle strutture ospedaliere un livello
36
L’opinione
Alessia Bramanti
I
l documento, articolato in otto capitoli, propone un modello di governance
condivisa per le iniziative di Telemedicina, che ha l’obiettivo di armonizzare
i modelli applicativi nell’erogazione e
nella fruizione dei servizi a distanza in
ambito socio-sanitario.
Le Linee di indirizzo indicano gli elementi imprescindibili alla progettazione e
all’impiego di dispositivi di Telemedicina
nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Viene delineato un quadro
strategico, nel quale si evidenziano gli
ambiti prioritari di applicazione della
Telemedicina, vengono analizzati i
modelli, i processi e le modalità di
integrazione dei relativi servizi a distanza
nella pratica clinica. Inoltre, sono identificate le classificazioni e affrontati i relativi
aspetti normativi e la sostenibilità economica dei servizi in ambito Telemedicina.
Uno dei punti di forza delle Linee guida è
rappresentato dal Capitolo 6
“Remunerazione e valutazione
economica dei servizi di telemedicina”.
Fino ad oggi uno degli aspetti critici
legati alla Telemedicina è stato, infatti,
proprio la mancanza di regole e criteri
per il rimborso dei servizi di
Telemedicina, oltre alla mancanza di
criteri generali per un’analisi
Giugno 2014
costo-efficacia attraverso appositi
indicatori. Le Linee guida dedicano un
capitolo proprio a questi aspetti, onde
definire un sistema tariffario per la
Telemedicina, partendo, come riferimento dalle classificazioni e tariffazioni già
presenti nel quadro normativo del SSN.
Un altro aspetto importante analizzato e
dettagliato nelle Linee guida di
Telemedicina è quello relativo agli
indicatori di performance. Ai fini di una
valutazione rigorosa
dei servizi di
Telemedicina è necessario l’impiego di
metodi di HTA, nonostante la complessità
di applicazione di tali
indicatori, che, spesso, ne limitano un
uso sistematico e diffuso. Sono riportati
alcuni indicatori, che
descrivono le performance di un servizio
di Telemedicina rispetto agli aspetti legati alla dimensione, la continuità temporale, la complessità, la qualità, l’efficienza,
l’efficacia e il gradimento da parte degli
utenti (pazienti e caregivers) del servizio
di telemedicina considerato. Rimangono,
tuttavia, una serie di criticità sintetizzabili
principalmente in tre tipi: etico-legali,
economiche e di formazione.
I problemi legati alla privacy sono insiti
nella definizione stessa di Telemedicina,
vengono utilizzate tecnologie informatiche e non, ai fini di trasmettere e fornire
informazioni mediche e servizi, e inevitabilmente vengono trattati i dati personali
dell’assistito. Relativamente a questa
problematica esiste una debole realtà sia
giuridica, che tutela i dati sensibili ( D.L.
196/2003, Art. 22 sez.6 par. 7, Art.34), sia
informatica atta a proteggere tali dati
(sistemi di crittografia). Da non trascurare
una questione molto delicata legata alla
responsabilità legale in caso di errore
diagnostico, che dovrà prevedere una
distinzione di colpevolezza tra il medico,
che richiede ed esegue l’esame, e quello
che referta la diagnosi del paziente.
Non vanno annoverate tra le criticità
della Telemedicina gli aspetti relativi alla
tecnologia, che è senza dubbio più che
matura rispetto ai limiti, spesso culturali,
che ostacolano lo sviluppo e la crescita di
tale settore.
ArchiMed. Sanità 3.0
nei Paesi in Via di Sviluppo
L
’architettura ArchiMed si inserisce
nel progetto eMedMed di OCCAM
e rappresenta il sistema portante della “Global Digital Service
Platform”, realizzata per l’Infopoverty
Program, che dal 1999 si pone come
obiettivo la lotta contro la povertà nel
mondo attraverso l’Innovazione e l’ICT.
ArchiMed è un’architettura che integra e rafforza la
Telemedicina e supporta
lo sviluppo di un modello
di “Sanità 3.0”. Una Sanità,
cioè, che si basa su un nuovo
paradigma sanitario e che
implica il passaggio da una
medicina reattiva a una medicina preventiva e proattiva
sul territorio, la quale arriva
laddove serve, e sfrutta la
telemedicina per attività di
formazione e pratica medica sul campo
(Health Human Management).
Pensato come “Progetto Pilota” per le
nazioni dell’Euromediterraneo, in particolare:Tunisia, Marocco, Egitto e Libia,
eMedMed si pone come traguardo l’implementazione in tutti gli Stati, a partire
dai Paesi in via di sviluppo.
ArchiMed è, infatti, un servizio di formazione e assistenza medica in mobilità,
efficace ed economicamente sostenibile,
che intende portare il servizio sanitario di base capillarmente sul territorio
formando da 500 a 1000 figure paramediche in ciascun Paese e assistendo fino a
3.000.000 cittadini. L’architettura si compone di diversi elementi fondamentali:
- una “Valigetta Sanitaria”, che contiene
strumenti elettromedicali indispensabili
per prestare i primi soccorsi ed effettuare le prime diagnosi, oltre a un tablet
che consente all’operatore medico di
mettersi in contatto in tempo reale con
ospedali o altre strutture sanitarie sia per
teleconsulti sia per formazione;
- una piattaforma Na-If, che raccoglie i
dati trasmessi dalle valigette utilizzate
sul territorio, li gestisce e li analizza;
- un Data Center, che ospita le applicazioni che erogano il servizio; raccoglie e
centralizza le informazioni prodotte dalle
valigette in campo;
- un Network Satellitare, che permette la
ricezione/trasmissione in qualsiasi area
territoriale e consente a tutti i
dispositivi in campo di comunicare tra loro.
A completare la struttura, i
Centri Medici di supporto che
erogano consulti e formazione
e gli Enti Sanitari con il compito di supervisione.
Ogni Stato avrà a disposizione
una serie di valigette sanitarie,
che potranno essere utilizzate
sia per la formazione a distanza che per prestare servizio
sanitario direttamente presso
i malati. In questo modo,
riducendo le distanze, a costi minimi,
si incrementa la possibilità di formare
nuove figure mediche, di garantire aggiornamenti continui e in tempo reale e
di offrire ovunque un’assistenza sanitaria
adeguata.
ArchiMed è stata presentata alla XIV
Infopoverty World Conference, tenutasi
il 10 e 11 aprile, presso la sede ONU di
New York.
37
Giugno 2014
Giugno 2014
L’importanza del Social Media
Manager per le Aziende Sanitarie
Parlando di Social non si parla solo di utenti che utilizzano Facebook come messaggi personali e chat o di Sentiment come
comune sentire in merito a un evento, ma anche come costruzione di un messaggio strutturato (es. relativo al proprio brand)
dato in pasto al mondo Social da chi fa impresa.
S
ocial media, Social analytics- Big
Data fanno parte di uno stesso
percorso, che abbraccia l’impresa
piccola o grande, sia che si tratti
di aziende commerciali o di welfare pubblica o privata.
Alcune similitudini hanno trovato riscontro già in un convegno tenutosi lo scorso
anno, organizzato da IDC dal titolo ”
Socialytics: Social media Analytics Conference”, sull’ utilizzo dei Social che offrono
servizi attraverso la propria immagine
aziendale e che conduce al cambiamento del paradigma utilizzato fino ad oggi:
non è più il prodotto al centro dell’impresa, ma il cittadino.
Questo concetto richiama molto
quanto vissuto in Sanità nel mondo
dell’ IT, dove si è passati dall’uso dello
strumento informatico, finalizzato
esclusivamente alla riorganizzazione
fine a se stessa di un settore operativo dell’azienda, al bisogno di ottimizzare le esigenze dei reparti di degenza, mettendo al centro il paziente e i
suoi bisogni (ad es. agli albori quando
si considerava l’informatizzazione
del laboratorio d’analisi il centro e i
reparti che producevano le richieste
via web la periferia).
Se questo paradigma, il cittadino/
paziente al centro è stato compreso
anche dalle imprese commerciali
presenti al convegno, giunge quasi
in parallelo una similitudine anche
nell’approccio tra i sistemi informativi
e quelli non direttamente coinvolti
nel terzo settore e cioè non più una
visione parziale relativa al rapporto
diretto tra Direzione Aziendale e
“CED” (CRM), ma anche un approccio
relativo a un forte coinvolgimento
nella gestione organizzativa aziendale con una nuova figura, il Social
Media Manager.
Lo strumento Social Media, quindi,
tende a riportare quanto viene prodotto
dall’azienda e veicolato alle periferie del
38
mondo in qualsiasi territorio, rendendolo
visibile a qualsiasi persona con qualsiasi
piattaforma tecnologica.
Certo è importante il messaggio di cosa
viene proposto, rischieremmo di fossilizzarci sullo strumento, ma è affascinante
avere come riferimento l’idea che, nel
momento in cui sono espresse delle proposte anche in Sanità, qualcuno possa
vederle, utilizzarle, accettarle o rifiutarle
per poi
raccogliere i dati necessari a capire chi
abbiamo davanti, quali informazioni possono essere utilizzate in modo complementare a quanto già abbiamo nei nostri
archivi (es. cartella clinica etc...). E’ qui
che entra in gioco l’argomento dei Big
Data e quanto concerne la capacità di
un’azienda di gestire la mole di informa-
zioni correlate, tra strutturate e non.
Per fare questo, occorre però creare un
messaggio e presidiarlo, non abbandonarlo a se stesso e creare quindi una
catena del valore
dell’informazione.
Lo sviluppo
dell’informazione
verso canali più
strutturati non
può prescindere
la condivisone e
il presidio dello
strumento tecnologico. In proposito (vedi BITMAT
– 29/11/2013,
art. di Richard
Hughes: Social
Network aziendali: promesse
sempre mantenute?) l’ idea di sfruttare il successo dei
social network come Twitter e Facebook e applicare le tecniche associate alla
comunicazione d’impresa non è una
novità. Per diversi anni molti leader di
pensiero e fornitori hanno spiegato
come i social network aziendali (Enterprise Social Networks, ESN) si profilassero come soluzione per molti degli
inconvenienti della posta elettronica,
con particolare riferimento alle discussioni di gruppo e all’acquisizione del
capitale collettivo di conoscenze.
Una conversazione tra cinque utenti è
molto più efficace, se svolta nell’ambito di un social network, che se
sviluppata su una lunga serie di e-mail
inviate in copia a tutti i partecipanti.
Il risultato offerto dai social network
è un’immagine univoca e confermata
della discussione visibile e disponibile
a tutti i partecipanti e facilmente reperibile da altri membri della rete autorizzati all’accesso.
I vantaggi dei social network all’interno
di un’organizzazione sono stati docu-
mentati in maniera esauriente in una
relazione del McKinsey Global Institute
(MGI) - luglio 2012
- ” The social economy: Unlocking
value and productivity through
social technologies.”
L’MGI ha riscontrato che le tecnologie sociali sono in
grado di “migliorare la produttività
dei lavoratori del
terziario avanzato del 20-25%,
riducendo il tempo
impiegato nella
lettura e nella
scrittura delle e-mail, nella
ricerca e nella raccolta
di informazioni e nelle
comunicazioni interne.”
Sempre nello stesso
articolo, però, si evidenzia
come le aziende ancora
vivano un problema di
identità, indicando l’utilizzo sia interno che esterno
all’azienda come sistema
Social business. Risulterebbe che lo strumento
Social nelle aziende
può essere determinato
dall’utilizzo in qualche
modo personale e non
tanto collaborativo, cioè
utilizzato nei processi di
organizzazione aziendale.
In proposito, è importante
sottolineare come i progetti che nascono dal basso sull’onda dell’entusiasmo
Social (che sicuramente fanno bene alla
cultura aziendale) debba avere l’ appoggio della Direzione, per stabilizzare
il progetto sia con investimenti sia con
obiettivi aziendali, affinchè l’uso dello
strumento non sia fine a se stesso, ma
venga utilizzato per i processi reali in
modo che la realtà del lavoro quotidiano
non favorisca
il ritorno alla
comunicazione tradizionale.
Da qui il
concetto che
all’interno
dell’azienda
l’approccio
della comunicazione Social
ha valenze
diverse tra
le piccole e
grandi. Se nelle piccole la comunicazione
interna è immediata, nelle grandi il Social
riduce i problemi logistici, riducendo
le barriere e aumentando il flusso delle
informazioni.
E’ evidente che l’aumento o la riduzione
del flusso è un obiettivo strategico culturale e che, come dice Richards Hughes,
“per non fallire l’obiettivo di migliorare la
comunicazione aziendale con un buon
enterprice social network occorre allinearlo e pianificarlo con i reali obiettivi
dell’organizzazione aziendale”.
Sempre Hughes propone, nell’analisi dal
punto di vista della collaborazione aziendale, tre categorie di Social che stimolano l’approfondimento della ricerca:
- Social network pubblici come Facebook
e Twitter, utili per entrare in contatto con
clienti esistenti e potenziali, inadeguati
per discussioni più importanti;
- Community di clienti, ideali per coinvolgere in maniera più profonda gli utenti.
Queste possono essere definite come
delle “social extranet” e comprendono
anche le reti interaziendali per la comunicazione con partner e clienti B2B;
- Network per i dipendenti, per le comunicazioni interne all’azienda e definibili
come “social intranet”.
In sintesi, queste categorie
si avvicinano molto alle
problematiche che stiamo
affrontando in azienda proprio in merito alla Intranet
Aziendale, al Sito Istituzionale e alla Extranet dei servizi
interaziendali.
Ma cosa significa in termini
operativi approntare un progetto di questo genere?
Quando si parla di aree geografiche si definiscono anche
i confini entro i quali le logiche di sicurezza agiscono. Se
sono ben definite, le architetture tecnologiche Internet
e Intranet permettono di muoversi in
sicurezza, mentre, se si parla di Extranet, i
problemi sorgono perchè i dati residenti
su database in rete aziendale sono visibili
all’esterno.
39
Giugno 2014
Dal punto di vista“dell’infrastruttura”
risulta che non ci sono per ora particolari soluzioni sia che si metta il server
web in DMZ sia che si pubblichi il sito su
internet utilizzando il reverse proxy e in
qualsiasi caso allo stato attuale occorre
un approfondimento.
A questa criticità, ne va aggiunta un’altra:
senza una architettura di Identity Access
Management diventa difficile
e pericoloso gestire le credenziali di accesso esistenti
sui vari sistemi. Infatti, sia
che si parli di Extranet sia di
Intranet, le integrazioni si
propagano su più sistemi:
Gestione
del Personale, Gestione della
Formazione, Gestione del
Cartellino e quante altre,
integrate o da integrare, con
un sistema di single sign-on
(es. Active Directory).
Mediazione tra esigenze di
sicurezza e di business e razionalizzazione e conoscenza
delle Identità sono requisiti
necessari per la creazione di un’architettura IAM. L’esigenza non solo degli utenti
40
interni, ma anche esterni,
che frequentano le aziende
pubbliche come Università o
Ospedali, pongono specifiche diverse aventi l’obiettivo di soddisfare in modo
ottimale le condizioni in cui
operare in un contesto che
abbia adeguate garanzie di
sicurezza.
Rendere disponibili informazioni, che devono essere
utilizzate da sistemi diversi
in modo dinamico ( ad es.
in Sanità, dalla gestione del
personale e le sue peculiarità
(reparto, qualifica etc...) alla
gestione del paziente: quali funzionalità
rendere disponibili o meno, a quali informazioni rendere accessibili).
Il rischio di perdere la Governance sugli
accessi è alto e questo rischia di riflettersi
sulla qualità dell’intervento sanitario. Diventa necessario avere capacità di vista
integrata e profilatura
degli utenti “orizzontale”
alle applicazioni.
Non bisogna vietare
in modo categorico
l’utilizzo di dispositivi
e applicazioni, perché,
quando si impongono
regole troppo rigide, è
alto il rischio che vengano aggirate.
Piuttosto, dopo avere
messo in sicurezza dati
e applicazioni core,
si devono mappare
accessi e identità trasversalmente, tenendo
un registro delle azioni:
non si possono pre-
venire comportamenti scorretti, ma, in
caso di incidente, si ha la possibilità di
Giugno 2014
Ingegnere Clinico. Una professione
multidisciplinare e trasversale
Un ‘associazione in crescita quella degli Ingegneri clinici.
Lo dicono i numeri dell’ultimo Convegno Nazionale, il XIV, tenuto
ad aprile a Venezia: 1000 partecipanti e 74 aziende sponsor.
Un percorso di sviluppo che non ha avuto battute di arresto.
Nel 2000, anno di nascita di AIIC, gli iscritti erano 98. Oggi 1247.
dimostrare al business di avere fatto tutto il possibile per tutelare il patrimonio
informativo aziendale.
Se si richiamano le eventuali criticità
come il presidio e la valorizzazione
dell’informazione, la definizione dei confini delle architetture, la gestione degli
accessi, la sicurezza delle piattaforme e
dei diversi sistemi mobili oggi a disposizion,e che si incontrano ad affrontare
un progetto “ Social”, è importante
sottolineare come i tre punti citati da
Hughes facciano emergere quanto sia
importante l’analisi dei processi interni,
dall’elaborazione della gestione quotidiana dell’attività, alla conoscenza della
cura come espressione del prodotto
della ricerca scientifica e degli strumenti,
che possono rendere ai cittadini una
vita più dignitosa e umana nel percorso
assistenziale.
Esperienze multimediali identificabili nel
concetto di multicanalità in aiuto alla
gestione terapeutica dei disabili, all’utilizzo di nuove forme di comunicazione
interattive, coinvolgenti, efficienti, che
puntino alla diffusione dell’informazione,
purchè presidiata,
aventi obiettivi come
la prevenzione, l’educazione alla salute,
il Sentiment della
qualità percepita, rispetto all’accoglienza e accessibilità ai
servizi, sono strumenti che permetterebbero alla Pubblica
Amministrazione di
erogare un’ offerta
sanitaria sempre più
vicina ai bisogni del
cittadino.
Andrea Amato
Sistema Informativo Aziendale
A.O. San Gerardo - Monza
U
n numero, tuttavia, inferiore
rispetto alle reali esigenze di sistema. Lo sviluppo sempre continuo e rapido delle tecnologie
dei dispositivi medici e delle piattaforme
tecnologiche sta
rendendo
sempre
più necessaria all’interno delle
Aziende
ospedaliere e
sanitarie la
presenza
di una figura come
l’Ingegnere clinico,
con compiti di gestione e di valutazione dell’impatto delle tecnologie biomediche, con
risparmi calcolati tra il 20 e il 30% sulle
spese storiche legate a tali tecnologie.
“Quella dell’Ingegnere clinico è una
figura trasversale – chiarisce Stefano
Bergamasco, vicepresidente AIIC – deputata non solo non solo alla gestione, alla
manutenzione, alle verifiche di sicurezza
e di qualità
delle apparecchiature,
ma anche
alla programmazione degli
acquisti e
alla pianificazione
degli investimenti in
tecnologie.
Motivo per
il quale
la nostra
posizione nei confronti delle industrie è
diventata sempre più importante. Vuoi
perché orientiamo l’offerta in base alla
domanda assistenziale e clinica dell’azienda sanitaria, vuoi perché trasferiamo
all’industria nuovi bisogni e domande,
che fungono da vettori di
sviluppo e ulteriore affinamento tecnologico.
A favore degli Ingegneri
clinici gioca anche il fatto di
essere un’associazione composta per lo più da giovani e
che per statuto associativo spiega Bergamasco - consente sia agli studenti che ai
neolaureati l’iscrizione con la
qualifica
di entry
level: un
modo per
accompagnarli verso il
futuro di una professione, cui si sta aprendo
un mercato del lavoro
sempre più ampio”.
Sviluppo tendenziale e
nuovi orientamenti che
stanno già offrendo
contenuti al prossimo Congresso 2015,.
“In vista dell’ appuntamento
2015 – precisa Bergamasco
- vogliamo proseguire nel
percorso di ampliamento
della nostra figura dagli
aspetti più meramente
tecnico-operativi verso un
profilo con competenze
necessarie all’interno del
processo complessivo di
pianificazione e di gestione
delle tecnologie, aprendo
fronti di collaborazione
interdisciplinare con altre
figure professionali, come ad
esempio i responsabili ICT,
e ampliare l’ambito della nostra attività
non più solo per le apparecchiature
elettromedicali, ma anche per i dispositivi medici, le protesi, le valvole cardiache,
etc ... Una crescita in piena corenza con
le competenze acquisite attraverso la
formazione universitaria, che sta accompagnando in modo efficace il carattere
multidiciplinare e trasversale della nostra
figura professionale.
Una crescita, tuttavia, non ancora pienamente riconosciuta a livello legislativo.
Nell’immediato – conclude Bergamasco
– abbiamo una meta precisa:
quella di giungere al riconoscimento
professionale della figura dell’Ingegnere
clinico all’interno dell’organigramma
ospedaliero. In Italia manca ancora un
decreto attuativo che riconosca un Albo
per gli Ingegneri clinici, un fatto che
penalizza decisamente la nostra professione”.
41
Giugno 2014
Giugno 2014
L’Ingegnere Clinico figura
di management ormai necessaria
per la governance ospedaliera
Intervista a Lorenzo Leogrande, Presidente Nazionale
AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici)
Q
uali sono state le conclusioni
più importanti dell’ultimo
Congresso?
Il XIV Convegno Nazionale
AIIC, che aveva come tema centrale la
pianificazione e la gestione delle tecnologie ha messo in luce alcune problematiche cruciali per il Sistema Sanitario.
Gli spunti di riflessione più importanti
che sono emersi sono senza dubbio la
42
corretta pianificazione tra Regioni, Aziende ospedaliere e territorio, nonché la
corretta gestione delle apparecchiature
sul territorio.
Quest’ultima tematica deve essere
affrontata con una particolare attenzione in quanto, ormai, l’assistenza non è
più esclusivamente ospedaliera, ma si è
delocalizzata sul territorio. L’età media
della popolazione italiana è la più elevata
rispetto agli altri Paesi europei e l’innovazione tecnologica, soprattutto nell’ambito delle telecomunicazioni, ha favorito
lo sviluppo dell’assistenza domiciliare e
delle teleprestazioni per rispondere alle
esigenze di una popolazione sempre
più anziana e per gestire al meglio le
implicazioni, anche da un punto di vista
economico, che ciò comporta.
Tuttavia, il decentramento delle tecnologie dalla struttura sanitaria al territorio
comporta una difficoltà di gestione delle
stesse, nonché un problema di sicurezza
sia per i pazienti che per gli operatori.
Si sta facendo sempre più importante, quindi, l’esigenza di monitorare le
apparecchiature ed il loro utilizzo per
garantire lo stesso livello di sicurezza
che viene costantemente garantito per
l’assistenza ospedaliera. Anche in questo
caso le tecnologie devono essere gestite
da personale ingegneristico che sappia
conciliare le diverse istanze di un servizio
capillare sul territorio e non centralizzato
presso un’unica struttura ospedaliera
Rispetto, poi, a quello che è il problema
fondamentale della programmazione tra
Regioni, Aziende ospedaliere e territorio
si sono avuti molti interventi interessanti
su quelle che sono le varie Regioni italiane. In molti casi, la spesa sanitaria delle
Regioni è eccessiva rispetto a quelle che
sono le risorse a disposizione ed è quindi
emerso come sia inevitabile ripensare la
pianificazione sanitaria sulla base delle
effettive esigenze delle singole strutture,
avendo stabilito una chiara strategia che
tenga conto sia dell’innovazione tecnologica, e quindi dell’esigenza di avere
un parco tecnologico all’avanguardia,
che di quello che è già installato e del
contesto territoriale all’interno del quale
la struttura si inserisce. In un’ottica di
Spending review l’Ingegnere clinico ha
il dovere, ma soprattutto le competenze,
di tracciare una rotta nella pianificazione
degli acquisti e nel rinnovo dei parchi
tecnologici, evitando però inutili sprechi
dettati da scelte non coerenti con le reali
esigenze. Come si collocano ormai gli
Ingegneri clinici rispetto alle funzioni
del SSN e quale ruolo strategico possono svolgere?
Il Convegno ha messo in luce la maturità
e la complessità ormai raggiunta dalla
figura dell’Ingegnere clinico e come
il suo ruolo sia mutato negli anni. Pur
occupandosi dell’aspetto tecnologico
ed ingegneristico delle apparecchiature
biomediche, ha sviluppato un profilo
nettamente manageriale affiancandosi ai
dirigenti e ai CIO delle strutture sanitarie.
Forte di una formazione ampia che rende
possibile un approccio multidisciplinare, l’Ingegnere Clinico è la figura che
assomma su di sé diversi ruoli, primo tra
tutti il ruolo strategico di gestire ed ottimizzare le risorse strumentali ed i singoli
dispositivi medici, ma anche una gestione competente dei software e tutte
le soluzioni ICT, che stanno entrando in
maniera sempre più evidente nel mondo
della Sanità. L’importanza e la necessità
di una figura come quella dell’Ingegnere
clinico è stata recepita anche a livello istituzionale. Non a caso, da tempo ormai,
AIIC è diventata uno degli interlocutori
principali in ambito sanitario ed è stata
una presenza molto significativa anche
in occasione degli Stati Generali della
Salute, organizzati dal Ministero della
Salute l’8 e 9 aprile scorso a Roma.
Durante la sessione “Curami tra vent’anni: investire nelle professioni in una
Sanità che cambia” lo stesso Ministro Lorenzin ha evidenziato come, tra le nuove
professioni, proprio quella dell’Ingegnere
clinico sia la figura che più manca al
Sistema Sanitario Nazionale e che può
conciliare strategicamente le esigenze di
garantire, da un lato l’ammodernamento
e l’innovazione tecnologica, dall’altro una
riduzione dei costi della Sanità e un più
oculato utilizzo delle risorse economiche
a disposizione.
43
Giugno 2014
Giugno 2014
CIO e Ingegneri clinici.
E’ possibile NON collaborare?
L
Esiste una programmazione di attività
per l’anno in corso attraverso le quali
l’AIIC si pone come uno dei possibili
interlocutori di riferimento per le istituzioni sanitarie?
Certamente. Diverse sono le attività e le
collaborazioni che l’AIIC sta avviando ed
avvierà a breve.
Collaboriamo su uno dei tavoli tecnici
per la definizione di proposte di razionalizzazione finalizzate alla Spending
review. In particolare, stiamo strutturando una proposta che punti non soltanto
all’ottimizzazione delle strategie di
acquisto, ma che provveda a razionalizzare anche il parco tecnologico esistente,
considerato l’ingente valore economico
delle tecnologie attualmente installate in
Italia. Con università e Ministero della Salute su progetti, che hanno l’obiettivo di
individuare tecnologie cost saving e che
possano risultare virtuose per diffusione
ed utilizzo. Stiamo attivando attività di
survey volte alla produzione di dati di
riferimento in relazione al monitoraggio
dello “stato di salute” del parco tecnologico biomedico italiano.
Quali strategie pensate di avviare per
far crescere l’associazione in termini di
iscritti e di crescita territoriale?
Stiamo attivando collaborazioni importanti con gli atenei italiani, dove si
formano gli ingegneri biomedici- clinici:
44
la gran parte dei nuovi iscritti all’associazione sono prevalentemente giovani.
Stiamo attivando collaborazioni importanti sia con l’Ordine Nazionale degli
Ingegneri, quindi con le diverse commissioni, onde avviare attività di formazione che contribuiscano ad accrescere e
qualificare la nostra professione.
Come vede i rapporti tra gli Ingegneri
clinici e i CIO o i responsabili SIS?
Esiste una potenziale collaborazione tra
le due figure in materia di sw come DM.
Le due professionalità, infatti, sono complementari per competenze e per ruolo
gestionale in relazione ai sw come per i
DM. Gli Ingegneri clinici sanno come gestire i DM, ma hanno spesso bisogno dei
CIO per gli aspetti più pratici di gestione
dell’hw, dell’architettura di rete etc...
È indubbio come ormai da tempo si sia
assistito ad importanti cambiamenti sul
fronte dei software e questo rende più
complesso anche il modo di gestirli. Si
va verso una vera e propria mescolanza
di software medici con software non
medici, con una conseguente maggiore
probabilità di interferenza tra i diversi
approcci e di codifica. Lo stesso confine
tra un software inteso come “medical device” ed un software “non medical device”
merita attente valutazioni.
Per questo motivo si assiste sempre più
a una collaborazione tra CIO e Ingegneri
clinici. Collaborazione che deve essere,
però, proficua: le due figure hanno un
ruolo complementare e non antitetico
sia per le competenze che per il ruolo
gestionale dei software.
Quali i rapporti con il management
sanitario apicale?
La nostra è una figura di supporto
nelle decisione strategiche e può essere
sfruttata a vari livelli e in vari ambiti. Per
essere efficace deve essere presente.
La figura dell’ingegnere clinico, forte di
una spiccata multidisciplinarietà, riesce a
coniugare gli aspetti più tecnici ed ingegneristici con una visione più manageriale e la sua attività si affianca a quella dei
dirigenti sanitari e dei responsabili dei
sistemi informativi.
L’asset tecnologico delle strutture ospedaliere vede ormai l’Ingegnere clinico
come punto di riferimento per la valutazione, la programmazione e l’integrazione delle tecnologie, ma soprattutto per
l’ottimizzazione delle politiche gestionali
delle risorse a disposizione. L’evoluzione
delle tecnologie, che da elemento singolo si integra in una logica di network,
impone necessariamente una nuova
modalità di gestione che si avvalga di un
bagaglio di competenze e capacità di gestione fortemente innovativo, che vede
il parco tecnologico non più come un
ausilio, ma come un asset fondamentale.
Ci sono punti deboli nella professione? E se si quali e come pensate di
risolverli?
Siamo una professione giovane e spesso
sottovalutata.
Ad oggi, la libertà di azione, non avere da
un lato un riconoscimento formale della
professione, ma dall’altro l’assenza di
paletti, hanno rappresentato paradossalmente un’opportunità, consentendo una
“espansione” delle competenze e delle
attività senza limitazioni definite da un
inquadramento formale.
Oggi la complessità delle tecnologie e
della loro integrazione, le questioni legate alla responsabilità, il numero elevato
di professionisti formati nelle università
impongono un ragionamento diverso.
a domanda che mi è venuta spontanea quando mi è stato chiesto
di intervenire al convegno AIIC
(Associazione Italiana Ingegneri
Clinic) di Venezia sul tema “Collaborazione tra CIO e Ingegneri Clinici” è stata:
“E’ possibile NON collaborare, o definire
dei perimetri di collaborazione “sicuri”?”.
Perché, diciamoci la verità, collaborare in
generale richiede uno sforzo e tutti noi,
quando possiamo, cerchiamo di definire
dei “territori” con dei punti di contatto
minimi con gli altri territori, in modo da
collaborare “quel tanto che basta”.
Nel nostro caso la convergenza tecnologica è tale e tanto veloce che NON è
possibile non collaborare in modo esteso. Per spiegarlo mi piace riprendere una
frase di una recente intervista al Sole 24
Ore Sanità di L. Leogrande (Presidente di
AIIC) che, citando un report internazionale, diceva: “Un recente rapporto dell’ECRI
(Emergency Care Research Institute)
dedicato alle prime 10 cause di incidenti
associati alle tecnologie biomedicali ha
evidenziato come ben 7 delle 10 siano
imputabili a problematiche di convergenza tra ICT e Medical Devices”.
Date queste premesse, è sempre vero
che per collaborare in modo proficuo,
senza sovrapposizioni e inefficienze, è
necessario che i ruoli degli attori principali, ossia i Responsabili dei Sistemi
informativi
(o CIO, Chief
Information
Officer, come
dicono gli
americani) e
gli Ingegneri
Clinici (o CCE,
Chief Clinical
Engineer,
sempre nella
versione
americana)
siano bene
definiti e
con identità
chiare.
Su questo
tema stiamo
lavorando
parecchio
in AISIS
(Associazione Italiana Sistemi Informativi Sanitari)
a partire da un framework Europeo,
l’e-Competencies Framework o eCF, che
è il riferimento della norma UNI11506
sulla certificazione delle competenze
emessa a settembre dello scorso anno.
Per approfondire il tema delle certificazioni vi
rimando alla
newsletter
AISIS anno
2 Num.
4 (http://
www.aisis.
it/it/publishingarea/)
all’articolo
“La Norma
UNI 11506”.
Come primo
passo, siamo
partiti con
una fase di
auto-valutazione delle
competenze
attuali a
partire da
uno strumento reso
disponibile da AICA-CEPIS. Abbiamo
chiamato questa fase: “Operazione 44
gatti”, perché l’obiettivo (ambizioso
vista la complessità del modello) era
45
Giugno 2014
pre più a costruire e definire la figura del
CIO. Un ultimo spunto-riflessione condiviso anche durante il convegno AIIC:
diverse cose potrebbero essere pensate
per facilitare la collaborazione tra i due
mondi IT e Ingegneria Cinica. La prima è
forse istituzionalizzare momenti di scambio come quelli vissuti a Venezia, con la
presenza di rappresentanti ai reciproci
convegni. Se vogliamo poi guardare oltre
e magari copiare dagli americani qualcosa di più degli acronimi, si potrebbero
pensare percorsi di formazione condivisi
e “gruppi di contatto” che si facciano
carico di costruire percorsi comuni sui
territori di frontiera, che sono tanti e in
crescita vertiginosa!
Giuliano Pozza
CIO Fondazione Don Gnocchi
Crediti fotografici:
trovare almeno 44 persone disponibili ad
autovalutarsi. Maggiori dettagli sull’operazione e sul contesto europeo li potete
trovare sempre tra le newsletter AISIS e
in particolare quella dell’anno 3 Num. 1
(http://www.aisis.it/it/publishingarea/)
all’articolo “Operazione 44 Gatti – TO BE
CONTINUED”. Ad oggi ne abbiamo trovati
45! Riporto qui un solo esito della valutazione a mio parere molto significativo:
l’auto-valutazione dei 12 CIO partecipanti
sui temi caratteristici del loro profilo:
9 CIO su 12 hanno valutato complete le
46
loro competenze sull’IT Governance, 5 su
12 sul relationship management e così
via. In base a questa auto-valutazione, c’è
ampio spazio di miglioramento soprattutto sui temi di “Business Plan Development”, “Project & Portfolio Management”
e “Relationship Management”. Da questo
risultato è nata una prima valutazione di
alcuni percorsi formativi che AISIS intraprenderà tra quest’anno e il prossimo.
Da qui il cammino è lungo: l’obiettivo è
costruire percorsi di formazione e alla
fine di certificazione che ci aiutino sem-
PlusONE, Joao Virissimo, Ed Samuel,
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