n.7 GESTIONE REFLUI ZOOTECNICI Dai trattamenti agli

Quindicinale de Il Sole 24Ore Business Media
4 aprile
anno LX / 13
Aprile 2014
2014
www.agricoltura24.com
n.7
n.7
n.7
GESTIONE REFLUI ZOOTECNICI
Dai trattamenti agli spandimenti
Un dossier sulle tecniche e sulle norme
Quindicinale - Poste Italiane S.p.A. - sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1. c. 1; DCB Milano
INALCA
Parla Luigi Cremonini
Più bovini nelle colline
GRANAROLO
Parla Gianpiero Calzolari
Prezzi alti agli allevatori
ALLUVIONI
Se sui campi di medica
c’è un deposito di limo
L’EDITORIALE
Ripopoliamo le nostre colline
di bovini e di allevatori
Nei prossimi mesi
l’Italia dovrà attuare
la nuova Pac.
Converrà che faccia
scelte coraggiose.
Puntando
decisamente,
con la parte più
significativa del proprio
plafond, al rilancio
della zootecnia.
La Francia lo ha fatto
di Luigi Cremonini
ia quale fondatore e
presidente di Inalca, società oggi
leader in Europa nel settore
delle carni bovine, sia quale
presidente di Assocarni,
l’associazione dell’industria
italiana della carne bovina,
ho sempre avuto, durante
tutta la mia vita professionale, un’unica priorità: la difesa dell’allevamento bovino
in Italia.
Ho dedicato i miei oltre 50
anni ormai di attività a creare
un’industria di trasformazione in grado di valorizzare al
meglio il lavoro degli oltre
100mila allevatori italiani.
Un’industria di cui vado particolarmente orgoglioso che,
grazie a continui investimenti in tecnologia, automazione, know how e persone, è
oggi in grado di valorizzare
come nessun’altra al mondo
ogni singola parte che deriva
da un bovino. Nella nostra
azienda, da un unico animale, otteniamo oltre 3mila articoli che siamo in grado singolarmente di valorizzare al
S
Luigi Cremonini, fondatore di Inalca.
Questa industria, con sede centrale
a Modena, trasforma e commercializza ogni anno 500mila tonnellate
di carne bovina. Il suo fatturato si
realizza per il 91% in questo settore
e per il 9% in quello dei salumi.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
meglio collocandoli nel canale commerciale o nel mercato geografico mondiale in
grado di conferirgli il massimo del valore. Per far ciò bisogna avere volumi adeguati, essere leader nei principali canali commerciali (dal
retail ai fast food all’industria) ed avere un network
distributivo internazionale
come quello di cui oggi Inalca dispone. Solo in tal modo
è possibile garantire la massima remunerazione possibile all’allevatore che ha bisogno di guadagnare per
continuare a fare un lavoro
non certo semplice.
Mi sento un allevatore anch’io, oggi la nostra azienda
alleva oltre 80mila capi all’anno, e so bene quanto
questo lavoro sia complesso e necessiti di una dedizione totale.
Un modello quindi, quello
di Inalca, assolutamente
unico che dipende però totalmente da un elemento essenziale: che in Italia si
mantengano le condizioni
per continuare ad allevare
bovini con la giusta remunerazione.
E che il nostro Paese, dal
punto di vista naturale, le
condizioni ideali per questo
allevamento le abbia è noto.
Le nostre colline sono sempre state fino a dopo la guerra ricoperte da allevamenti
bovini e ciò ha anche con-
sentito un presidio del territorio che, attraverso una costante manutenzione, ha
prevenuto le gravi emergenze idrogeologiche che l’abbandono degli ultimi anni
sta invece provocando.
Eppure, nonostante tutto
ciò, il patrimonio bovino italiano, sia da latte che da carne, si è quasi dimezzato nel
corso degli ultimi 10 anni.
L’ottusità di scelte politiche
antistoriche nella riforma
della Pac a Bruxelles, dove
poco lungimiranti burocrati
hanno pensato che il problema fosse quello del surplus
e non quello del deficit come
invece è poi successo, l’assoluta indifferenza e inerzia
della politica italiana sempre
prona ai desiderata di Bruxelles, le regole assurde e
penalizzanti di una burocrazia preoccupata solo di responsabilizzarsi dicendo solo dei facili no, ha portato il
patrimonio zootecnico italiano ai minimi storici cancellando in tal modo tutto un
mondo. Perché quando
chiude una stalla questa non
riapre più e con essa scompare un mondo economico,
sociale, culturale e di valori.
Oggi però abbiamo un’occasione unica. Nei prossimi
mesi il Governo italiano dovrà attuare a livello nazionale la nuova riforma Pac, che
ha delegato ai singoli Stati
membri una serie di scelte
3
L E DITORIALE
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STAMPA: Faenza Industrie Grafiche - Via Vittime civili di guerra , 35 - Faenza (Ra)
strategiche per il futuro delle rispettive agricolture. E gli
altri Paesi hanno saputo fare scelte strategiche e coraggiose, come la Francia,
che ha saputo resistere alle
richieste di altri settori concentrando la quasi totalità
del proprio plafond di premi
accoppiati nella zootecnia
bovina, considerata vero
motore strategico dell’agricoltura di Oltralpe.
Anche l’Italia dovrà avere il
coraggio di fare scelte nette,
di individuare pochi settori
strategici veri su cui puntare
rinunciando alla scontata
scelta di dare poco a tutti e
puntando decisamente, con
la parte più significativa del
proprio plafond, al rilancio
della zootecnia italiana, sia
4
da carne che da latte.
Dobbiamo tutti convergere sull’obiettivo strategico di
ripopolare le nostre colline,
dalla Sicilia alla Val d’Aosta,
di bovini e di allevatori per
tornare così a presidiare il
territorio e produrre, con la
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giusta remunerazione, il più
nobile degli alimenti, la carne bovina appunto, la cui
domanda a livello mondiale
continua ad aumentare. Un
alimento sempre più essenziale anche nella dieta di
ogni giorno in cui, nono-
Inalca alleva oltre 80mila capi all anno.
stante le falsità diffuse da
pseudoscienziati prezzolati,
un consumo squilibrato ed
esagerato di zuccheri e carboidrati sta facendo dell’obesità la vera epidemia
dei nostri giorni.
Quindi puntare sul bovino, sia da carne che da latte.
Anche per offrire ai giovani
una vera opportunità di realizzazione professionale in
un lavoro che è fatto di passione, professionalità e, se
ben organizzato, anche di
giusta remunerazione.
È mia profonda convinzione che la terra sarà il vero
petrolio del futuro ed in tale
contesto il bovino potrà
svolgere un ruolo fondamentale anche per il futuro
del nostro Paese.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
SOMMARIO n.7
Questo numero 7 / 2014 dell’Informatore Zootecnico è stato chiuso
in tipografia il primo aprile 2014 e spedito agli abbonati il 4 aprile
PRIMO PIANO
6 Gianpiero Calzolari: così Granarolo
con il mercato e con i soci
di Jessika Pini
TECNICA
14 Azienda letizia, Caserta
Reddito dall’allevamento di bufale
di Carlo Borrelli
21 Non solo chimica in stalla
contro le infestazioni di mosche
di Andrea Scarabello
DOSSIER - GESTIONE REFLUI
LA NORMATIVA, LE TECNICHE
32
La Lombardia propone alla Ue
una nuova mappa nitrati
di Francesca Baccino
34 Stoccaggio e trattamenti
di qui la sostenibilità
di Stefano Guercini, Clelia Rumor
42
Spandimento, il know how
dei contoterzisti lombardi
di Ottavio Repetti
48 Trentino, una filiera del letame
a vantaggio dei frutticoltori
di Andrea Cristoforetti
55
Perchè van per la maggiore
i piccoli impianti biogas
di Ottavio Repetti
59 Progetto Aqua, per proteggere
le falde dall’inquinamento
di Giorgio Setti
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
26 Alluvione a Modena, sulla medica
anche 30 centimetri di fango
di Giorgio Setti
RUBRICHE
3
10
64
67
69
L’editoriale - di Luigi Cremonini
Sul territorio
La parola all’industria
Veterinaria
Appuntamenti
INALCA: PIÙ BOVINI NELLE COLLINE ITALIANE
GRANAROLO: PREZZI ALTI AGLI ALLEVATORI
È
senza dubbio un piatto ricco il dossier di pagina 32,
dedicato al problema cruciale della gestione e dello
spandimento in campo delle deiezioni zootecniche: una
trentina di pagine di informazioni tecniche originali e
provenienti da fonti ben affidabili. Ma in questa edizione
numero 7 dell’Informatore Zootecnico l’occhio finisce inevitabilmente per cadere altrove, sui primi due articoli della rivista. Dove si esprimono due pesi massimi della zootecnia
italiana, il patron di Inalca Luigi Cremonini e il presidente di
Granarolo Gianpiero Calzolari.
Con il suo editoriale pubblicato a pagina 3, Cremonini
sottolinea di non ritenersi soltanto un industriale ma di sentirsi
anche un allevatore. E di conseguenza di aver titolo per
proporre la sua opinione su cosa sia necessario oggi alla
zootecnia italiana. Bene: oggi, dice, è necessario «ripopolare
le colline italiane di bovini e di allevatori». La zootecnia
francese lo ha fatto; ed è competitiva.
E poi Granarolo. Quanto paga il latte agli allevatori il grande
gruppo lattiero caseario bolognese? Calzolari, nell’intervista
pubblicata a pagina 6, risponde così: «Diamo le liquidazioni più
alte a livello nazionale. In alcune annate le liquidazioni per la
linea Alta qualità sono state molto vicine alle remunerazioni
alla stalla del grana padano. La chiusura 2013 è in linea con le
quotazioni del grana e ad aprile 2014 paghiamo il primo
trimestre dell’anno 45 cent/litro più i premi, quotazioni che al
Sud vanno ritoccate di altri 0,5 cent».
G.S. 5
PRIMO PIANO
Le strategie industriali
e di mercato del grande
gruppo lattiero caseario
bolognese. E l’entità
della remunerazione
del latte agli allevatori.
Intervista al presidente
Granarolo, Ca
«All’estero vincia
di Jessika Pini
zioni di internazionalizzazione per costruirsi una solida rete commerciale nei
mercati esteri; acquisizioni di segmenti produttivi in Italia per rafforzare l’offerta o differenziarla, sviluppando le potenzialità di produzioni locali che non
hanno una capacità distributiva sufficiente per uscire dal territorio di origine. Sono
queste le due linee strategiche su cui si muove Granarolo spa, gruppo bolognese tra i
maggiori operatori agroindustriali italiani. Tra le ultime operazioni del Gruppo la fusione
di Latterie Friulane in Granlatte, il consorzio di produttori di Granarolo spa che, stando
agli accordi raggiunti tra le parti, dovrebbe completarsi in tutte le procedure previste
dalla legge entro il 2014.
Inoltre, il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ha dichiarato di voler realizzare
un’altra acquisizione entro giugno di quest’anno: «Ci stiamo muovendo nel segmento
dei formaggi duri, quindi Grana Padano o Parmigiano Reggiano; puntiamo a rafforzare la nostra capacità produttiva per questi prodotti dalla lunga conservabilità e quindi
idonei al commercio estero, oltre che già apprezzati e conosciuti nel mondo».
Da cosa nasce invece l interesse per Latterie Friulane?
«L’interesse è partito dalla richiesta d’intervento da parte del sistema cooperativo
A
Gianpiero Calzolari, presidente del gruppo
Granarolo.
IL GRUPPO E LE ACQUISIZIONI NAZIONALI ED ESTERE
I
l gruppo Granarolo, uno dei principali player
dell’agroalimentare italiano, comprende due
realtà diverse e in sinergia: un consorzio di
produttori di latte, Granlatte, che opera nel settore agricolo e raccoglie la materia prima, e una
società per azioni, Granarolo spa, che trasforma e commercializza il prodotto finito e conta 8
siti produttivi dislocati su tutto il territorio nazionale.
Il business del Gruppo è declinato su tre
aree principali: “latte e panna”, “yogurt” e “caseari”, a cui si aggiungono altri prodotti (es: dessert, burro, uova, besciamella). Nonostante la
6
presenza crescente delle private label, Granarolo è il più importante produttore italiano di
latte fresco ed è secondo solo a Parmalat nel
latte uht. Il latte rappresenta dunque ancor
oggi l’attività principale del Gruppo, anche se
con l’acquisizione nel 2004 del gruppo Yomo
(comprendente anche il marchio Pettinicchio) il
portafoglio di business ha visto crescere significativamente il peso dell’area yogurt e e con
l’acquisizione nel 2011 di Lat Bri è diventato il
secondo operatore nazionale del comparto lattiero-caseario e il primo a capitale italiano.
Di seguito le diverse partnership e acquisi-
zioni del Gruppo in Italia e all’estero dal 2012
a oggi:
febbraio 2012 - completata l’acquisizione
di Lat Bri, produttore di formaggi freschi;
giugno 2012 - partnership con l’azienda
lattiero casearia Ferruccio Podda spa, operatore specializzato nella produzione di formaggi duri in Sardegna. L’operazione si è
realizzata mediante il conferimento di rami
aziendali in una newco, Casearia Podda srl,
controllata da Granarolo spa;
gennaio 2013 - annunciata l’acquisizione
del gruppo caseario francese Cipf Codipal,
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
PRIMO PIANO
lzolari
mo con i duri»
I NUMERI DEL GRUPPO
1.000 allevatori produttori di latte soci, di cui:
192 in Lombardia
123 in Emilia-Romagna
175 in Puglia
54 nel Lazio
44 in Basilicata.
70 mezzi per la raccolta alla stalla.
1.200 automezzi per la distribuzione.
7.500.000 q/anno di latte lavorato.
60mila punti vendita riforniti.
11 milioni di famiglie acquirenti.
Il gruppo dispone di 70 mezzi per la
raccolta della materia prima alla stalla e
1.200 automezzi per la distribuzione.
facente capo alla holding Compagnie du Forumsas, consolidato operatore francese attivo
nella produzione e distribuzione di formaggi
freschi e stagionati con i marchi Casa Azzurra,
Les Fromagers de Ste Colombe e Les Fromagers de St Omer. L’acquisizione verrà completata a giugno 2014. Annunciata inoltre la nascita di Granarolo International, società per la
gestione delle attività estere del gruppo;
febbraio 2013 - cessione di Csl srl, azienda
totalmente controllata che sviluppa, produce e
commercializza probiotici, fermenti lattici, muffe e lieviti, destinati ai settori farmaceutico, nu-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
traceutico, lattiero-caseario, alimentare e agrozootecnico;
ottobre 2013 - partnership con Amalattea,
tra i maggiori produttori italiani di latte di capra
e derivati;
dicembre 2013 - nasce Granarolo Uk, società controllata da Granarolo International, per
l’esportazione di formaggi italiani nel Regno
Unito e in Irlanda;
gennaio 2013 - partnership con Vivartia
Group, a cui fa capo il maggiore produttore greco di prodotti lattiero-caseari Delta Foods sa, per
la distribuzione di yogurt greco in Italia.
J.P. perché si evitasse di arrivare alla liquidazione di Latterie Friulane. Per quanto ci
riguarda, il piano presentato punta al rafforzamento della filiera zootecnica regionale e alla valorizzazione del Montasio: il
Friuli Venezia Giulia diventa così un’area
di approvvigionamento importante con
un significativo incremento della presenza in Granlatte di conferitori friulani di
latte fresco e vogliamo sviluppare la commercializzazione del Montasio, formaggio
semi duro che al momento ha una distribuzione pressoché locale, ma che crediamo possa trovare spazio sia nella grande
distribuzione sia nei punti di vendita al
dettaglio tradizionali in Italia e all’estero».
Lo scorso dicembre avete annunciato la nascita di Granarolo Uk, società controllata da Granarolo International per l’esportazione di formaggi nel Regno Unito e Irlanda, entro
giugno completerete l’acquisizione
del restante 30% del gruppo caseario di produzione e distribuzione
francese Cipf Codipal; anche Granarolo ha quindi bisogno di guardare
ai mercati esteri per compensare la
crisi dei consumi in Italia?
«La crisi dei consumi è sicuramente una
ragione, un’altra ragione è il cambio delle
abitudini alimentari degli italiani a colazione. Poi c’è la forte concorrenza della
grande distribuzione sulle marche. Sul
mercato nazionale abbiamo risposto
puntando sulla differenziazione, con l’offerta di formaggi freschi e duri, prodotti
7
PRIMO PIANO
POSITIVO IL BILANCIO 2013, ACCELERAZIONE VERSO I MERCATI INTERNAZIONALI
P
ositivo il bilancio 2013 di Granarolo, approvato dal cda lo
scorso 28 marzo. Il gruppo realizza un fatturato di 993
milioni di euro, in aumento del 7,6% (+70,3 milioni di euro
rispetto al 2012), e un utile netto di 8,5 milioni di euro. Prosegue
anche il piano d’internazionalizzazione dell’azienda: la quota di
fatturato estero raggiunge il 14%, con un export nell’area Ue
che cresce del +187%. Il fatturato del segmento caseario
derivato dall’esportazione è pari al 31% contro il 18% del 2011.
La business unit latte e bevande presenta un decremento del
fatturato del 3,6%, per effetto di minori volumi conseguenti alla
flessione dei consumi registrata in particolare nel mercato
domestico. La business unit derivati del latte e altro registra un
notevole incremento (+19,6% vs. a.p.) derivante dall’inclusione
nel perimetro di consolidamento del Gruppo Codipal.
«Siamo soddisfatti dei risultati 2013 - ha commentato il
per target specifici (bambini, persone intolleranti al lattosio, …); l’innovazione di
prodotto vale mediamente 40-50 milioni
di euro all’anno, realizzati soprattutto in
Italia, poi ci sono alcuni prodotti specificatamente studiati per l’estero.
Granarolo è già oggi il primo esportatore
italiano di mozzarella di bufala, fra i primi
esportatori di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Abbiamo intenzione di
mantenere i nostri marchi sui mercati internazionali, quando ciò è possibile, in
Francia (e probabilmente in Uk) utilizzeremo il marchio Casa Azzurra perché già
molto noto tra i consumatori francesi.
Nel 2011 l’export rappresentava il 3% del
fatturato di Granarolo Spa, oggi è il 16% e
l’obiettivo è arrivare al 35% il più in fretta
possibile, ma per affrontare i mercati
esteri occorre una buona organizzazione
della rete distributiva. Da qui le operazioni
di internazionalizzazione intraprese.
Continueranno perciò le acquisizioni di
linee commerciali, mentre è nostro interesse mantenere la produzione in Italia.
Guardiamo prima di tutto all’Europa
(Francia, Spagna, Inghilterra, Germania),
ma stiamo lavorando anche con la Cina,
la Russia, l’Est Europa, la Turchia, gli Usa,
il Sud America per mettere a punto part-
8
presidente Gianpiero Calzolari - testimoniano la validità delle
scelte strategiche intraprese per acquisire le dimensioni di
player globale con una forte vocazione internazionale. Abbiamo
fatto importanti passi in Europa attraverso l’acquisizione di
Codipal, leader in Francia nel segmento dei formaggi italiani e la
costituzione di Granarolo Uk. Il 2013 rappresenta per noi il primo
anno di piena attuazione del piano strategico 2012-2016 con
importanti risultati sul piano internazionale e il raggiun-gimento
di una quota di fatturato estero del 14% che ci consente di
confermare l’obiettivo del 20% che ci siamo dati per il 2014.
Anno in cui da una parte prevediamo di consolidare il mercato
europeo con ulteriori accordi e partnership e dall’altra guardiamo
con attenzione ai mercati extra Ue, in particolare quelli asiatici».
Quest’anno infatti è prevista l’apertura di una sede commerciale
in Cina.
I.Z. nership con i distributori. Per la promozione il Gruppo partecipa a fiere internazionali, il prossimo appuntamento sarà ad
aprile a Singapore, ne seguiranno sei solo quest’anno; c’è poi il grande appuntamento di Expo 2015».
La crescita dei volumi esportati implica la necessità di maggiore materia prima.
«Abbiamo soci produttori lungo tutta la
Penisola e ci arrivano molte richieste di
adesione. Siamo sempre aperti ad allargare il parco fornitori. Il Gruppo si muove
dove si creano le condizioni per sviluppare l’indotto commerciale. Al momento, in
Italia, abbiamo 8 stabilimenti, 700 soci
diretti e complessivamente un migliaio di
aziende conferenti, lavoriamo 7 milioni di
quintali di latte all’anno, di cui 5 milioni
conferiti dalla cooperativa e 2 milioni
dobbiamo acquistarli sul mercato».
Come gestite, da una parte, la richiesta del mercato di latte a prezzi
bassi e la concorrenza delle private
label e, dall’altra, quella dei produttori di mantenere una redditività?
«Siamo consapevoli che in Italia produrre
latte costa più che in altri paesi, il compito
di Granarolo è proprio quello di valorizzare commercialmente la materia prima nel
modo migliore possibile. I dividendi che
derivano dalla gestione d’esercizio vengono redistribuiti ai soci e si vanno ad
aggiungere alla liquidazione ordinaria del
latte (più premi di qualità). Sommando
queste due voci diamo le liquidazioni più
alte a livello nazionale e, in alcune annate,
le liquidazioni per la linea Alta Qualità
sono state molto vicine alle remunerazioni alla stalla del Grana Padano. La chiusura 2013 è in linea con le quotazioni del
Grana e ad aprile 2014 paghiamo il primo trimestre dell’anno 45 centesimi al
litro più i premi, quotazioni che al Sud
vanno ritoccate di altri 0,5 centesimi. Inoltre paghiamo un acconto significativo, il
92-93% della liquidazione finale, a 30
giorni dal conferimento, secondo i tempi
stabiliti dall’articolo 62. Questa norma è
un sostegno importante alla liquidità delle aziende socie in tempi in cui l’accesso
al credito è praticamente bloccato».
Lo scorso anno Granarolo ha acquisito una quota di Amalattea per il
latte di capra e derivati e a inizio
anno ha stretto una partnership con
Vivartia per la distribuzione dello
yogurt greco in Italia. Però con le
nicchie di mercato non si fanno i
grandi numeri.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
PRIMO PIANO
«Crediamo di poter essere un “ombrello”
per le produzioni di piccole dimensioni, e
in Italia ce ne sono molte, supplendo a
mancanze distributive e finanziarie. Nel
caso di Amalattea, ritengo che in Italia il
latte di capra abbia potenzialità di mercato ancora tutte da sviluppare. Per quanto
riguarda Vivartia, lo yogurt greco verrà
distribuito nella nostra rete commerciale
mantenendo il brand Delta Food Vivartia
a garanzia dell’origine del prodotto. Sarà
segnalato solo: Selezionato da Yomo».
Le analisi di Bruxelles stimano che
dopo l’abolizione delle quote latte
la capacità produttiva europea non
consentirà di aumentare più di tanto i volumi, cosa ne pensa?
«Credo invece che la produzione aumenterà molto. Paesi come Francia, Germania, tutto il Nord Europa si stanno già
preparando ad aumentarla e produrran-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
Un momento di un’attività di promozione del gruppo a Bologna, in Piazza Maggiore.
no molto di più di quanto riusciremo a
fare noi. L’Italia perciò deve puntare sulle
dop e sulle produzioni di alta qualità, ad
alto valore aggiunto, più riconoscibili ad
apprezzabili all’estero. In questo un ruolo
importante dovrebbe esercitarlo anche la
politica per esempio attraverso l’Ice. Tra le
dop il Parmigiano Reggiano è riconosciuto in tutto il mondo come il re dei formag-
gi, ma si fatica a trovarlo nella gdo estera
o lo si trova a prezzi irragionevoli. Dobbiamo riuscire a riempire quegli scaffali sennò lo faranno i produttori di simil grana.
Credo che il segmento dei duri rappresenti il futuro dell’export made in Italy.
Dobbiamo quindi guardare nel lungo periodo conquistandoci i nostri spazi con i
derivati e i formaggi duri»
9
SUL TERRITORIO
Piacenza, bilancio positivo per la commissione insediata dalla Coldiretti
Buoni risultati per la Ovicaprini
l gruppo di lavoro voluto da Coldiretti
Piacenza per sostenere e valorizzare
il settore significativo degli ovicaprini
si è riunito nei giorni scorsi per fare il
punto sui risultati raggiunti in questi primi
mesi e sui progetti futuri. Ottimi risultati
per la rete organizzata della vendita della
lana: «Questa operazione – spiega Antonio Nieddu, vice presidente della commissione – sarebbe risultata impossibile con i
quantitativi delle singole aziende. Aggregandoci, abbiamo trovato uno sbocco interessante che ci permette anche di evitare l’esborso dello smaltimento».
«È un primo passo – afferma il coordinatore della commissione, Fabio Perino –
per trovare soluzioni concrete facendo sistema».
Un’altra tematica affrontata è stata quella
dei danni da fauna selvatica: «Sul fronte
dei risarcimenti – ricorda Niccolò Lavezzi,
presidente della commissione – sono stati fatti
passi in avanti riuscendo
a modificare le tariffe di
risarcimento per i capi
predati». Commento modo positivo anche per il
piano della Regione Emilia-Romagna per prevenire gli attacchi di lupi e
ibridi al bestiame.
A Piacenza il progetto, portato avanti dalla
Provincia e al quale Coldiretti aderirà, prevede l’analisi delle aziende agricole da
parte di un espertoi che troverà soluzioni
personalizzate sulla base delle caratteristiche aziendali.
«Aderiremo a questo progetto – conclude
Lavezzi – fornendo all’esperto che valuterà le esigenze di protezione delle nostre
aziende la massima collaborazione per
poter migliorare la situazione e trovare
una soluzione che permetta questa convivenza forzata senza portare gli allevatori
all’abbandono dell’attività. Far morire un
allevamento vuol dire oggi far morire la
nostra montagna, già martoriata dal dissesto idrogeologico. Ci auguriamo che
con questo progetto di prevenzione si
possa riuscire a migliorare la situazione,
per il bene di tutti, non solo il nostro».
•
Bergamo
Nove formaggi dop
per l’Expo di Milano
Bologna
Confcooperative cresce
+3,1% le coop casearie
Bondeno di Gonzaga (Mn)
Sisma, Gianni Fava
in visita alle aziende
Sono undici i prodotti agroalimentari dop
di cui l’agricoltura bergamasca potrà fregiarsi in occasione dell’Esposizione Universale del 2015. Vantano il prezioso marchio comunitario i salamini italiani alla
cacciatora, l’olio extravergine di oliva dei
laghi lombardi e ben nove formaggi: il
Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana, il
Bitto, il Provolone, il Taleggio, il Quartirolo,
il Salva Cremasco, il Grana Padano, il Gorgonzola e, ultimo in ordine di tempo ad
entrare nell’olimpo, lo Strachitunt. «Poter
annoverare anche lo Strachitunt tra le dop
- sottolinea Coldiretti Bergamo - è motivo
di grande soddisfazione e conferma la
nostra importante tradizione casearia». •
«In un periodo estremamente difficile a
causa della pesante recessione, che ha
messo a dura prova la tenuta dell’intero
sistema produttivo - dichiara il direttore,
Pierlorenzo Rossi - la crescita di Confcooperative Emilia Romagna non si è arrestata nemmeno nel 2013, l’anno in cui la
crisi ha fatto sentire i suoi effetti più duri: il
volume d’affari delle imprese aderenti ha
infatti registrato un incremento generale
del 2,6% rispetto al 2012 con punte del
7,2% per le cooperative di consumo e del
3,1% per le cooperative agricole ed agroalimentari (+15% le vitivinicole, +3,9% le
ortofrutticole e +3,1% quelle del settore
lattiero caseario)».
•
L’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, è tornato a visitare le
imprese mantovane della filiera agroalimentare colpite dal terremoto.
Dapprima ha raggiunto a Bondeno di
Gonzaga (Mn) l’azienda di Alberto e Gabriele Benatti, poi ha partecipato alla serata che la Latteria Venera Vecchia ha
organizzato per ringraziare la Regione
Lombardia del sostegno avuto in seguito
al sisma del 20 e 29 maggio 2012.
La Venera Vecchia, realtà storica presieduta da Sergio Frignani, conta 18 soci e
produce quasi 33mila forme di Parmigiano-Reggiano; in seguito al sisma riportò
danni per quasi 3 milioni di euro.
•
I
10
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
SUL TERRITORIO
Toscana, bando per montagna e svantaggiate
Incentivi dal Psr
ostenere l’attività agrozootecnica nelle zone
montane e svantaggiate
attraverso incentivi agli allevatori
che mantengono la loro attività sul
territorio conservando i pascoli e
le attività di coltivazione di foraggere. Resteranno aperti fino al 15
maggio i termini per presentare le domande per i nuovi bandi delle misure 211 e
212 del Piano di sviluppo rurale della Regione Toscana 2007-2013. Le misure
prevedono l’erogazione di indennità compensative (100 euro/ha) per le aziende
poste in zone montane (misura 211) o
caratterizzate da altri svantaggi naturali
(misura 212) e che conducono attività di
allevamento estensivo. A ricordarlo è
Coldiretti Toscana (info su www.toscana.coldiretti.it.). Rispetto al passato, i bandi 2014 presentano alcune importanti no-
S
vità. Per la prima volta le risorse saranno
erogate sulla base di una graduatoria regionale e non più locale: tutti gli allevatori
del territorio regionale, in possesso dei
requisiti previsti dal bando, potranno presentare domanda sul sistema informativo
Artea. Altra novità: l’adesione alle misure
comporterà l’assunzione dell’impegno
(mantenimento dell’attività agrozootecnica) per un solo anno e non più per cinque:
questo consentirà agli agricoltori di presentare nuove domande nel 2015 con le
regole del Psr 2014-2020.
•
Il Centro è gestito dall’Associazione allevatori friulana
Razze Limousine e Blu Belga, il Cfa di Moruzzo
distribuisce dosi di seme anche all’estero
Da alcuni anni presso il Centro fecondazione artificiale (Cfa) di Moruzzo (Udine),
gestito dall’Associazione allevatori del
Friuli VG, oltre alla produzione di dosi di
seme dei tori delle razze più diffuse in
Italia (Frisona, Bruna Alpina, Pezzata Rossa Italiana), sono state prodotte dosi di
seme di tori da carne delle razze Limousine e Blu Belga. Importante numericamente il quantitativo di dosi di seme prodotte e
commercializzate per l’utilizzo (come razza da incrocio) su bovine da latte da parte
dei tori Blu Belga.
Attualmente, il Cfa di Moruzzo è il primo
Centro in Italia con 12 tori in attività per
questa razza e, nel solo 2013, sono state
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
prodotte 128.808 dosi, distribuite in Italia
e all’estero (tramite Semenzoo).
Tutti i tori del Cfa sono a mantello bianco
(esiste anche il pezzato blu e il pezzato
nero), come richiesto dal mercato del seme che fa riferimento ai Centri di fecondazione artificiale italiani. La presenza di
un numero così consistente di riproduttori
di razza Blu Belga presso il Cfa di Moruzzo, secondo l’Associazione, non è assolutamente rivolto a incentivare l’incrocio di
questa razza con bovine da latte in Friuli
Vg e in Italia.
Fra i tori più produttivi e utilizzati, l’Associazione segnala: Udine, Montblanc, Inoui
e Idice.
A.D.F •
Sì al progetto di fusione
Consorzio agrario Fvg
e Latteria di Venzone
Dopo l’incorporazione di Aprolaca, avvenuta nel 2013, il Consorzio agrario del
Fvg ha incassato il primo sì al progetto di
fusione per incorporazione della Latteria
di Venzone (Ud). Lo ha annunciato lo
stesso presidente del Consorzio, Dario
Ermacora, che ha aggiunto: «È un altro
importante passo che compie il Consorzio
agrario per la valorizzazione dei prodotti
del Friuli Venezia Giulia. Dopo l’incorporazione di Aprolaca l’alleanza con la Latteria
di Venzone va verso la realizzazione di una
filiera friulana del latte».
Soddisfazione è stata espressa anche dal
presidente della Latteria, Aurelio Michelutti, che parla di una «fusione condivisa
che rilancerà il caseificio di Venzone, stabilizzerà l’occupazione e darà il via a un
nuovo processo di sviluppo». Si tratta di
una realtà che occupa 10 dipendenti e
conta su 13 soci, uno stabilimento caseario a Venzone, un deposito a Gemona del
Friuli e 5 spacci, con un fatturato di circa 2
milioni di euro l’anno. Il progetto di fusione, dopo l’approvazione da parte di entrambi i Consigli di amministrazione, verrà
votato dalle rispettive assemblee.
Tre i progetti di sviluppo proposti a corredo della fusione delle due cooperative: il
primo è quello di avviare la produzione di
formaggio Montasio doc di solo latte di
Pezzata Rossa; il secondo è la produzione
di formaggio a latte crudo, in collaborazione con l’Istituto caseario di Thiene (Vicenza); il terzo la produzione di Montasio di
Venzone. Progetti che permetteranno il
mantenimento del numero dei lavoratori
in forze alla Latteria di Venzone e anche
una maggiore remunerazione dei suoi soci il cui latte, oggi, viene pagato a circa 35
centesimi il litro: se ne vedranno riconoscere 42, dal Consorzio. La collaborazione inizierà trasformando 120, 150 quintali di latte al giorno, rispetto agli attuali 40.
A.D.F. •
11
SUL TERRITORIO
Da Caserta un progetto per evitare il raddoppio dei caseifici
Una proposta per la bufala dop
er evitare l’obbligo di separazione degli impianti caseari che
producono mozzarella di bufala
campana dop da quelli che producono
mozzarelle convenzionali di latte di bufala,
che dovrebbe entrare in vigore nel mese
di giugno, viene proposta la tracciabilità,
gratuita e obbligatoria, dell’intera filiera.
Il dato imprescindibile che sta alla base
della proposta, elaborata con il contributo
della Cciaa di Caserta, denominata “Fielera Bufalina Caserta”, è che nel caseificio
entri solo latte dell’areale dop.
I caseifici che si riforniscono esclusivamente di latte di bufala dell’areale dop
possono produrre mozzarella dop e anche
altri formaggi e preparati. In questa maniera anche la produzione di prodotti non
dop viene qualificata meglio in quanto viene garantita la provenienza del latte di
bufala e la sua qualità. La proposta è in
linea anche con le norme del disciplinare
di produzione della Mozzarella di bufala
campana dop proprio perché il latte di
bufala dell’areale dop, legittimamente detenuto, non più utilizzabile per la produzio-
ne di mozzarella dop dopo le 60 ore dalla
mungitura, potrà essere invece utilizzato
nello stesso stabilimento per la produzione di qualsiasi altro preparato alimentare
non dop a base esclusivo di latte di bufala
dell’areale dop.
Come hanno spiegato i vari rappresentati
delle organizzazioni professionali, non tutti sono stati da subito d’accordo, per cui è
stato necessario un enorme lavoro, ma
alla fine è stato redatto un elaborato semplice che contiene anche un’ assunzione
di responsabilità da parte delle Organizzazioni professionali. Con questo accordo
volontario e di grande portata sostanziale
si spera ora di spingere il Governo all’adozione di un’interpretazione autentica dell’articolo 4 quinquiesdecies della Legge
numero 205 del 2008 che ha introdotto il
principio della separazione delle lavorazioni.
Giuseppe Fugaro
Roma
Latte di capra, intesa
tra Almalattea e il Cra
Bari
Quote latte, le sanzioni
saranno graduate
Cagliari
Assicurazioni scontate
con fondi regionali
Sviluppo della filiera caprina nazionale,
ampliamento della gamma di prodotti funzionali a base di latte di capra garantiti al
consumatore “100% da latte italiano”, di
“alta qualità” e validazione delle proprietà
medico nutrizionali del latte di capra, attraverso il contributo scientifico degli
esperti del Cra.
Questi sono in sintesi gli obiettivi del protocollo di collaborazione firmato a Roma
tra la Amalattea SpA, primo player nazionale nel settore della trasformazione e
commercializzazione di latte di capra e
derivati, con una quota di mercato del
68%, e il Consiglio per la ricerca e la
sperimentazione in agricoltura (Cra).
Graduare le sanzioni in materia di quote
latte per non penalizzare e, anzi, aiutare il
comparto. «Consapevoli del grave momento congiunturale - ha dichiarato l’assessore alle Risorse agroalimentari della
Puglia, Fabrizio Nardoni - siamo intervenuti graduando l’ammontare della multa
in relazione alla gravità della violazione e
alla recidività, per premiare l’impegno delle aziende più virtuose ». L’impegno della
Regione verso la zootecnia, aggiunge
Nardoni, «si è evidenziato anche con la
concessione alle aziende allevatrici di bovini e bufalini di quantitativi di carburante
ad accisa agevolata».
Giuseppe Francesco Sportelli
La Regione Sardegna ha istituito aiuti e
incentivi al fine di incoraggiare e stimolare
gli imprenditori agricoli alla sottoscrizione
dei certificati di assicurazione agevolata
contro le malattie del bestiame, i danni
alle strutture aziendali e alle colture. Questa campagna assicurativa volontaria è
possibile fino al 30 settembre del corrente anno. Il contributo è in funzione delle
risorse disponibili, che andranno ripartite
sulla base delle domande pervenute. Per
avere chiarimenti e sottoscrivere le assicurazioni,, la Regione ha delegatoilcompito ai Consorzi di difesa delle produzioni
Intensive istituiti nelle province di Cagliari,
Oristano e Sassari.
Maurizio Orrù
P
12
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
STALLE IN PRIMO PIANO
L’esperienza
dell’azienda Letizia,
della provincia
di Caserta.
La cura della gestione
complessiva
dell’allevamento
e l’attenzione
all’animale, soprattutto
per quanto riguarda
l’alimentazione:
sono i due fattori
che consentono
di aumentare la resa
teorica del latte
Reddito dalle
Con management
•
Davide Letizia, al centro, con i due
tecnici Cargill Donato Chiumiento
(a destra) e Stanislao Pellino
(a sinistra).
di Carlo Borrelli
ell’allevamento della bufala l’alimentazione rappresenta senza dubbio il
fattore che incide maggiormente sulle performance aziendali. Insieme
all’azione di management è decisiva nel permettere o meno all’azienda
di arrivare a spuntare un profitto positivo». Sono le parole di Davide Letizia, titolare
dell’azienda agricola “Letizia” srl, ubicata a Pietramelara (Ce), dove sono allevate
circa mille bufale, di cui quattrocento in lattazione, e dove la produzione è di circa
novemila quintali di latte all’anno.
Questo tipo di allevamento, spiega Letizia, «va considerato nel suo insieme; l’animale
«N
AZIENDA LETIZIA, I DATI PRODUTTIVI DELL’ANNO 2013
N. bufale controllate
Gen
168
Feb
170
Mar
263
Apr
294
Mag
322
Giu
361
Lug
369
Ago
-
Set
322
Ott
303
Nov
254
Dic
-
Produzioni di latte controllate (q)
8.05
8,9
9,7
9,8
10,5
11,0
9,5
-
8,5
7,5
7,1
-
Lunghezza lattazione (gg)
134
124
91
95
101
114
140
-
175
194
210
-
Grasso (%)
0,36
8,3
8,02
8,05
8,1
7,95
8,69
-
7,92
8,76
8,59
-
Proteine (%)
0,21
4,62
4,58
4,6
4,55
4,63
4,54
-
4,74
4,77
4,85
-
Resa in mozzarella (%)
25,1
25,5
25
25,1
25
25,1
25,7
-
25,5
26,6
26,7
-
14
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
STALLE IN PRIMO PIANO
bufale
e alimentazione
I NUMERI DELL’AZIENDA
Denominazione:
Azienda agricola “Letizia” srl.
Località: Pietramelara (Ce).
Numero capi: totale mandria 800, in mungitura 400
bufale.
Il caseificio: lavora 200 q.li di latte, in parte acquistato
all’esterno, producendo 50 q.li mozzarella al giorno.
Lo staff: 6 persone.
La commercializzazione: l’azienda distribuisce in Italia
e negli Usa.
rappresenta il punto centrale attorno al
quale focalizzare gli obiettivi e preparare
i programmi aziendali».
I vitelli sono allevati
inizialmente (fino a circa
90 giorni) in box singoli e
poi, in gruppi omogenei,
in box multipli di diversa
dimensione.
I vitelli
Ogni settore dell’azienda, distinto in base all’età degli animali e alla fase di allevamento, deve essere organizzato e gestito avendo dei chiari obiettivi da perseguire. «La prima fase di allevamento,
continua l’imprenditore, riguarda la cre-
scita dei vitelli. Gli obiettivi sono quelli di
ridurre la mortalità, grazie ad una gestione ottimale del “benessere” aziendale, e
di ottenere un rapido accrescimento del-
La ciambella , mozzarella dalla forma tipica prodotta esclusivamente dall azienda Letizia .
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
l’animale, conforme agli standard morfologici della razza».
Per ottenere risultati positivi i vitelli sono
allevati in box singoli per i primi 20-30
giorni di vita e, successivamente, sistemati in box multipli prima in gruppi omogenei di cinque e poi di 10-12.
«Naturalmente - aggiunge il nostro interlocutore - va dosata con attenzione
l’alimentazione per accompagnare il
giovane animale nel passaggio da una
15
STALLE IN PRIMO PIANO
AUTOPRODUZIONE DEGLI ALIMENTI, GESTIONE DEI REFLUI
L
’azienda Letizia produce, sui 120 ettari aziendali, le materie
prime utilizzate nell’alimentazione, (silomais, siloerba, fieno
loietto ecc.) e le utilizza esclusivamente per l’ autoconsumo. In
più usa i reflui aziendali per concimare e ammendare i terreni.
«Dopo la rimozione meccanica della lettiera (ogni settimana si
rigenera, mentre mensilmente si ripristina) i reflui sono trattati
separando la parte solida da quella liquida, ci riferisce Letizia; la
frazione palabile è destinata come ammendante nei 120 ettari
annessi all’azienda, mentre quella liquida è stoccata in apposite
vasche di omogeneizzazione per poi essere impiegata in fertirrigazione nei modi e nei tempi previsti dalla legge».
«Nel prossimo futuro è prevista la produzione di biogas con
l’allestimento di un apposito impianto. Il biogas, continua l’imprenditore, verrà impiegato per produrre energia elettrica che
sarà venduta e immessa in rete».
C.B. struttura ossea nel più breve tempo possibile; è evidente che portare una bufala
al primo parto a 27-28 mesi, rispetto ai
30-31 soliti, rappresenta un vantaggio
in termini economici di non poco rilievo».
In produzione
La fase di produzione, invece, deve tener
conto di altri aspetti, che riguardano anche la qualità del latte.
«Uno degli obiettivi è quello di mantenere la curva di lattazione il più possibile sui
La sala di mungitura dell’azienda, dove si effettuano anche i prelievi di latte per le analisi di qualità.
dieta a base di solo latte ad una dieta
“solida”. Inoltre, non deve mai mancare
l’acqua, che rappresenta un elemento
fondamentale per una corretta nutrizione».
scheletrico per portare gli animali quanto prima possibile al momento del primo
parto.
«In questo caso, osserva Letizia, l’alimentazione gioca un ruolo determinante
per favorire la formazione dell’idonea
Le manze
Per quanto concerne la gestione delle
manze l’obiettivo è quello di consentire
una veloce formazione dell’apparato
MANZE, LA RAZIONE
ALIMENTARE
Alimento
Fieno
Quantità
5 kg
Girasole
1,3 kg
Insilato di mais
10 kg
Mangime
0,5 kg
16
La corretta alimentazione,
associata ad un adeguato
livello di benessere in stalla,
consente di incrementare la
resa teorica del latte prodotto.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
STALLE IN PRIMO PIANO
Nell azienda Letizia si effettua
un monitoraggio continuo delle bufale,
che vengono pesate per tutto il ciclo
riproduttivo, e della razione alimentare,
nelle sue componenti.
livelli massimi e perseguire produzioni
costanti», ci riferisce Donato Chiumiento, tecnico Purina che collabora nella
formulazione della razione alimentare
con il titolare dell’azienda. «Oltre a ciò, va
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
tenuta presente la qualità del prodotto da trasformare puntando
ad un buon tenore in grasso e proteine.
Tutti i parametri summenzionati vanno
perseguiti simultaneamente ricercando
il giusto equilibrio tra quantità e
qualità per sfruttare al meglio le potenzialità genetiche dell’animale».
Le bufale sono pesate dal parto, per
17
STALLE IN PRIMO PIANO
I reflui dell allevamento sono separati nelle due frazioni solida e liquida e poi impiegati sui terreni aziendali.
Il caseificio adiacente all allevamento dove si produce la Mozzarella di
Bufala dop.
LA RAZIONE ALIMENTARE PER I VITELLI
tutta la fase di lattazione, all asciutta e
fino al parto successivo, per valutare
eventuali correzioni da apportare alla ra-
18
Prima fase
fino a 90 giorni
Latte
Acqua ad libitum
mangime specifico
Seconda fase
da 90 giorni a
12 mesi
fieno
paglia
mangime specifico
zione alimentare.
Il piatto unico (unifeed), ci dice Stanislao
Pellino, venditore specializzato prodotti
per bufale della Purina, «viene monitorato ogni settimana, e mensilmente si
provvede ad analizzare le singole componenti della razione. In particolare, si
agisce molto sull insilato di mais per rilevare la presenza di muffe e/o tossine e
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
STALLE IN PRIMO PIANO
IL MIGLIORAMENTO GENETICO
A
nche la fase di selezione è particolarmente curata dal titolare dell’azienda, che
ricorre, per gran parte, alla inseminazione strumentale e alla destagionalizzazione dei parti. «Acquistiamo il seme di tori selezionati, in parte anche “sessato” per
particolari periodi dell’anno, per inseminare le femmine e solo quando non avviene
l’ingravidamento provvediamo ad accoppiare le bufale con tori selezionati presenti
in azienda».
La selezione avviene fin dall’inizio, ovvero alla fine della prima lattazione. «Le
femmine sono selezionate in base alla produzione ottenuta e a quella prevista;
inoltre individuiamo dei “cross” da effettuare tra le diverse famiglie presenti in
azienda in modo da perseguire obiettivi di quantità e qualità».
Grazie al lavoro di selezione e miglioramento genetico l’azienda è stata più volte
premiata. «Lo scorso anno, in occasione di Agrosud, l’azienda è stata premiata con
il primo posto per la miglior manza italiana e per la categoria “Super bufala”». C.B. vengono analizzate all’infrarosso le varie
componenti nutrizionali».
In definitiva la corretta alimentazione, favorita dall’impiego di mangimi preparati
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
con procedimenti altamente tecnologici
che esaltano l’azione delle altre componenti, e la razionale e puntuale gestione
dell’allevamento, associata al continuo
LA RAZIONE ALIMENTARE
PER LE BUFALE
IN LATTAZIONE
Alimento
Fieno di loietto
Quantità
4,5 kg
Girasole
0,5 kg
Insilato di mais
24 kg
Farina di mais
1,0 kg
Mangime
7,5 kg
monitoraggio degli animali e delle produzioni, permettono di ottenere un profitto positivo.
«Si punta ad incrementare la resa teorica del latte di un 2-3% - precisa Letizia e ciò è possibile solo con una gestione
imprenditoriale dell’allevamento che
metta al centro la bufala consentendole
di esprimere al massimo il potenziale
19
STALLE IN PRIMO PIANO
Grazie a un
attento lavoro di
selezione l’azienda
Letizia si è distinta
in varie
manifestazioni ed
è stata premiata
per i migliori
soggetti in diverse
categorie.
La mozzarella
genetico per un tempo ragionevolmente
lungo».
20
L’azienda, inoltre, è socia del caseificio
“San Salvatore”, che è attiguo all’alleva-
mento. «La nostra produzione di Mozzarella di bufala dop è destinata alla gdo e
al “normal trade” (banchi frigo e gastronomia). Abbiamo anche brevettato una
forma particolare, a ciambella, che però
non rientra nella dop perché non è riconosciuta dal Disciplinare. In futuro, se
sarà svolta un’adeguata strategia di
marketing da parte del Consorzio, saremmo interessati a immettere in commercio altre tipologie di prodotto ottenuto con il latte di bufala, soprattutto nel
periodo invernale quando il consumo di
mozzarella è più contenuto».
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
TECNICA
Non solo trattamenti
chimici: utile anche
la lotta biologica
e l’utilizzo
di oli essenziali
L’autore fa parte di Unicarve, con sede a
Legnaro (Pd.)
Infestazioni
Così il controllo
delle mosche
nelle stalle
di Andrea Scarabello
l controllo degli animali infestanti (topi e insetti) fa parte degli impegni che ogni
operatore zootecnico deve adempiere così come previsto dalla normativa vigente.
Spesso i controlli da parte dell’autorità sanitaria vengono svolti dopo la segnalazione dei cittadini che verificano anche le cause del proliferare degli insetti ma questi
possono essere anche fatti a seguito delle visite ispettive nelle aziende di allevamento
ordinate dal ministero della Sanità come previsto dal D.L 187/2009.
E’ quindi necessario che gli operatori si organizzino per far fronte a questo impegno
che, se non rispettato, potrebbe comportare della sanzioni e la riduzione dei premi Pac.
Questo può accadere perché i controlli effettuati dagli uffici sanitari vengono presi
come riferimento dagli enti pagatori (Agea) nel momento della liquidazione dei premi
Pac spettanti agli imprenditori agricoli, al fine di verificare la presenza di eventuali non
conformità rispetto alle norme previste dalla “Condizionalità”, con riduzione del contributo dovuto.
Negli allevamenti zootecnici le mosche trovano un idoneo
TAB. 1 – IL CICLO BIOLOGICO DI MUSCA DOMESTICA,
ambiente di sviluppo e, oltre a creare disagio all’interno
I GIORNI E LE TEMPERATURE
dello stesso allevamento, disturbano animali e operatori e
possono causare molestia negli ambienti urbani limitrofi.
Stadi biologici
16°C
25 °C
35 °C
La produttività degli animali allevati, infastiditi dalle moOvideposizione
9 gg
3 gg
1-8 gg
sche, cala in termini di incremento peso o di produzione di
Schiusura uova
1-7 gg
1 gg
½ gg
latte e vi è il rischio di compromettere la qualità del latte
Schiusa larvale
17-19 gg
5-6 gg
3-4 gg
prodotto a causa delle contaminazioni batteriche.
I
Schiusura pupe
17-19 gg
6-7 gg
3-4 gg
Ciclo completo
45-51 gg
14-16 gg
8-10 gg
Fonte: Istituto di Entomologia agraria dell’Università di Milano.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
Il caldo è un problema
Dotata di una grande capacità di riprodursi (ogni settimana depone circa 120 uova) utilizza per la deposizione
21
TECNICA
delle uova i substrati caldi, ricchi di
materia organica a cui seguono tre stadi
larvali che sfruttano il substrato come nutrimento.
Dalla deposizione delle uova alla schiusa
delle pupe serve un tempo variabile che
va dai 8 a 50 giorni, a seconda della
temperatura (vedi tab.1). Da questo si intuisce che le mosche, sino a quando la
temperatura ambientale non scende sotto i 20°C, diventano un problema tale da
rendere necessaria un’attenta programmazione degli interventi al fine di contenerne la proliferazione. Le stalle e le concimaie, luoghi in cui la mosca trova le
condizioni ottimali (ambientali e disponibilità di nutrimento) per svilupparsi diventano perciò il punto di partenza per definire la strategia di lotta contro le mosche.
Cosa è necessario fare, allora?Per rispondere si può distinguere l’aspetto formale e l’aspetto pratico.
Dal punto di vista formale è necessario
che ogni operatore preveda una procedura scritta delle attività previste nella
propria azienda al fine del controllo di tali
infestanti.
Questo piano di autocontrollo deve prevedere tempi e modalità degli interventi
previsti:
- Schede di registrazione dei trattamenti
effettuati.
- Prodotti utilizzati.
- Schede dei prodotti utilizzati.
Dal punto di vista pratico, invece, bisogna
I DANNI IN ZOOTECNIA
L
e mosche trovano idoneo ambiente di sviluppo negli allevamenti zootecnici e,
oltre a creare disagio all’interno dello stesso allevamento, disturbano gli animali
allevati e gli operatori e possono causare molestia negli ambienti urbani limitrofi. La
produttività degli animali allevati, infastiditi dalle mosche, cala in termini di incremento
peso o di produzione di latte, e vi è il rischio di compromettere la qualità del latte
prodotto a causa delle contaminazioni batteriche.
Questo problema si aggrava in presenza di Stomoxys calcitrans (mosca cavallina, o
mosca delle stalle) causa dell’attività ematofaga e delle conseguenti dolorose punture
che infligge a uomini ed animali.
Gli adulti, alla ricerca di cibo, si posano ovunque, rigurgitano saliva e defecano,
veicolando numerosi patogeni. Sono un centinaio, fra virus, batteri, protozoi, elminti e
funghi, i patogeni trasmissibili in questo modo dalle mosche.
Va però precisato che sebbene siano stati isolati numerosi microrganismi patogeni sulle
mosche e che sia stata dimostrata la loro capacità vettoriale, la presenza di mosche pur
essendo indice di cattive condizioni igieniche dell’ambiente non è necessariamente da
collegare a imminenti epidemie. La loro responsabilità come vettori acquista qualche
significato solo in circostanze particolari quali periferie e nuclei urbanizzati
degradati e in villaggi e comunità di paesi in via di sviluppo.
A.S.
intervenire con un preciso piano di lotta
che tenga conto dell’andamento climatico, dei luoghi a maggior rischio, della
scelta dei prodotti da utilizzare.
Pulizia
La gestione igienico-sanitaria del problema mosche inizia dalla accurata pulizia di
tutti gli spazi aziendali. L’accidentale accumulo di sostanza organica in angoli più
o meno nascosti, piccoli accumuli di deiezioni o mangime umido possono rappre-
sentare siti di proliferazione muscidica
difficilmente gestibili.
L’azione diretta sulla lettiera deve essere
mirata a mantenere il contenuto di umidità al di fuori dei valori necessari alla sopravvivenza di questo stadio (40-80%).
L’obiettivo più ovvio è quello di cercare di
mantenere asciutto il più possibile il letame attraverso diverse azioni: corretta manutenzione degli abbeveratoi, aereazione
dei locali, aggiunta di materia cellulosica.
La concimaia deve essere strutturata in
Nelle due foto momenti del primo trattamento del 2014,
effettuato il 14 marzo.
22
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
TECNICA
modo da favorire la separazione del percolato e stimolare una
fermentazione aerobica che tende ad aumentare la temperatura
e l’evaporazione.
Trattamenti
Quando le azioni “preventive” non sono sufficienti è necessario
intervenire in modo più drastico, e per questo numerosi e assai
noti sono i principi attivi di natura chimica proposti dall’industria.
In un momento in cui l’espressione “benessere animale” riempie
pagine e pagine di relazioni, oggi trova spazio una certa sensibilità anche per il “benessere dell’operatore”, che stretto in una
morsa fatta di regole e di sana pragmaticità deve decidere in che
modo intervenire e risolvere questo e tanti altri problemi.
Senza quindi parlare di sistemi di lotta “tradizionali”, basati
appunto sull’uso di prodotto chimici, vorrei comunque segnalare
che attraverso un attento monitoraggio, una curata gestione igienico sanitaria, sono attuabili pratiche molto meno invasive (o per
niente invasive) verso la salute degli operatori, altrettanto efficaci,
che possono a ragion veduta diventare una valida alternativa,
tecnico ed economica, alle normali pratiche più conosciute.
Lotta biologica
La lotta biologica prevede l’introduzione di “predatori” che depongono le uova all’interno delle uova della mosca, quali
l’ Ophyra aenescens, la cui azione predatoria nei confronti
di Musca domestica è nota, e di parassiti dei pupari come
Spalangia, Muscidifurax e Nasonia.
Si tratta di insetti già presenti naturalmente negli allevamenti, di
cui bisogna aumentare la popolazione in rapporto all’entità del
problema, in merito ai quali l’azione più importante da fare è la
loro salvaguardia, evitando in particolare il trattamento diretto
del letame e delle aree adiacenti con prodotti non selettivi.
La lotta biologica deve essere una scelta fatta sin dall’inizio della
stagione calda, quando il ciclo biologico della mosca è più lento
e facilmente aggredibile dai parassiti introdotti artificiosamente
nell’ambiente.
In questi casi il controllo delle mosche negli allevamenti zootecnici può necessitare di strategie multiple (lotta integrata) che
possano interagire ed avere effetto sinergico.
La corretta gestione delle deiezioni, la pulizia e la ricerca dei siti
di proliferazione delle larve sui quali intervenire in maniera adeguata sono le azioni che dovrebbero entrare a far parte del
costante operato gestionale considerando che singolarmente
nessuna azione descritta può ottenere efficacia duratura.
Oli essenziali
Il ricorso agli oli essenziali è un rimedio antico ma che oggi può
trovare una nuova attenzione e diventare così soluzione di un
problema, quello delle mosche, secondo una visione più attenta
all’ambiente, agli animali e alla salute degli operatori. Si tratta di
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
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TECNICA
TAB. 2
RISULTATI DELLA PROVA DI UTILIZZO DELL OLIO DI NEEM
Aziende
Quantità p.a.
Dose
Volume di acqua Metri quadri
(cc)
(gr/1000 mq)
(mc)
trattati
Effetto
Macchina
usata
Costo per
trattamento €
Dan Diego, di Candian
(Pd)
300
120
300
2.500
Discreto /
ottimo alla fine
Pompa
pressione
4,5
Belluco Gabriele e
Mauro, di Bovolenta (Pd)
1000
65/70
800
15.000
Sufficiente/sc
arso
Pompa
pressione
15
Baldon B. e figli, di
Candiana (Pd)
500
125
500
4.000
Ottimo
atomizzatore
7,5
F.lli Guzzo, di Candiana (Pd)
1000
65/70
800
15.000
Sufficiente
atomizzatore
15
L ESPERIENZA DI UNICARVE E SODIDEA
I
l test eseguito da Unicarve e Sodidea in alcune aziende del
territorio veneto ha voluto verificare la veridicità di analoghi
test svolti nel mondo i quali indicano l’ efficacia dell’ uso di
estratti naturali per ridurre naturalmente la presenza di infestanti
come le mosche negli allevamenti intensivi di animali. Per il 2014
si prevede di svolgere dei test comparativi con parametri di
misurazione e analitici del sistema adottato.
Il test di prova è stato eseguito nebulizzando sull’area aziendale
l’estratto vegetale dei semi della pianta di Azadirachta indica
prodotti estratti da piante o loro parti (semi, frutti, radici) che con il loro effetto
contribuiscono al contenimento degli animali infestanti, che come nel nostro caso,
le mosche, creano disagi a persone e
animali.
L’estratto della Azadirachta indicarisponde a tutto questo. Dal suo frutto, simile ad
una noce, si estrae tramite spremitura a
freddo l’ “olio di neem”, che possiede diverse proprietà che lo rendono un valido
sistema nella lotta alla mosca se nebulizzato negli ambienti (in associazione, a seconda della necessità, con specifici inoculi microbici). L’insetticida derivato dal
neem è particolarmente importante per
gli agricoltori: è un inibitore di ovideposizione, insetticida, repellente, induce inappetenza, è un regolatore della crescita.
Al fine di verificare l’efficacia di questo
prodotto, nell’estate del 2013, grazie a
una collaborazione tra l’associazione produttori Unicarve e Sodidea srl, azienda
della provincia di Venezia produttrice di
24
ottenuto tramite spremitura a freddo. Le nebulizzazioni sono
iniziate in primavera terminando in autunno. La frequenza delle
nebulizzazioni è stata tra i 7 e 15 giorni a seconda delle temperature e umidità dell’ambiente.
I migliori risultati si sono ottenuti utilizzando una tecnica di nebulizzazione che copre in modo capillare tutta l’area aziendale depositando l’estratto vegetale anche in luoghi difficilmente raggiungibili dove si insediano le mosche nel loro ciclo biologico.
A.S.
prodotti naturali e fertilizzanti, è stata condotta una prova in quattro diversi allevamenti zootecnici di bovini da carne della
provincia di Padova (tab 2), con diversi
risultati, utilizzando olio estratto di neem
in trattamenti settimanali effettuati su tutta l’area aziendale.
La prova ha permesso di mettere in evidenza punti di forza e debolezza del prodotto riscontrabili poi negli effetti del trattamento. Si è visto che affinché il trattamento abbia efficacia sul contenimento
delle mosche la sua distribuzione deve
iniziare precocemente con interventi nelle zone interessate (stalle , concimaie e
aree limitrofe) con particolare attenzione
ai luoghi dove quest'ultime si riproducono
e realizzano l'evoluzione della loro vita.
Atomizzatore
Come già detto nei passaggi precedenti
è indispensabile un’accurata gestione
delle zone a rischio con adeguate pulizie
e gestione dei reflui zootecnici.
La programmazione degli interventi deve
essere poi costante con periodicità settimanale, e non lasciata al caso o al tempo
che si troverà. Si è notato infatti che i
trattamenti hanno maggior effetto la dove si è proceduto con costanza, anticipando magari di un giorno nei periodi più
caldi e umidi l’intervento che comunque
deve essere fatto “coprendo” sempre tutta l’area aziendale.
Sostanziale è l’uso di macchine e attrezzature idonee, in particolare dell’atomizzatore utilizzato, che deve essere in grado
di garantire la nebulizzazione del prodotto
su tutte le parti oggetto di trattamento e
dove il getto non arriva è bene intervenire
direttamente con la lancia in pressione
che essendo dotata di una maggior portata è in grado di arrivare nei punti più
lontani dove le mosche si possono rifugiare e continuare a riprodursi. Solo così
la mosca non riesce a trovare l’ambiente
adatto alla sua proliferazione diminuendo
naturalmente l’infestazione.
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TECNICA
Gli effetti del disastro
che nel gennaio scorso
ha colpito l’agricoltura
modenese. Focus
su quanto è successo
alla foraggera
Alluvioni
Se 30 cm
di fango
ricoprono
la tua medica
di Giorgio Setti
uello che vediamo nella foto A è un campo di medica. E quelli che vediamo
nella foto B sono balloni di fieno stoccati in un azienda zootecnica.
Le immagini sono state riprese nelle campagne a nord di Modena dall’agronomo Pietro Natale Capitani un mese dopo il 19 gennaio 2014, quella brutta domenica in cui la rottura dell’argine del fiume Secchia provocò una delle più devastanti
alluvioni italiane degli ultimi anni. Un disastro che,
come comunica l’assessore provinciale agricoltura
Luca Gozzoli, ha coinvolto
ben 10mila ettari di terreno coltivato e almeno 400
aziende agricole. Mettendo in ginocchio uno dei
comprensori agricoli più
produttivi d’Italia, che fra
l’altro solo 18 mesi prima
era stato messo a dura
prova dal terremoto.
Lo stesso Gozzoli puntuaFoto A Depositi dovuti all alluvione in un campo di medica nelle campagne a Nord di Modena. Foto scattata un mese
lizza che il dato delle 400
dopo l alluvione (foto P. N. Capitani).
Q
26
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
TECNICA
COLDIRETTI: 4,3 MILIONI DI DANNI SOLO PER FIENILI, STALLE E PORCILAIE
C
oldiretti Modena propone stime dei danni dell’alluvione basati su
comunicazioni della Provincia di Modena: «I danni per il settore
ammontano ad almeno 54 milioni di euro. La somma comprende i danni
ai fabbricati residenziali degli agricoltori (17,5 milioni di euro), alle
strutture produttive agricole (fienili, magazzini, stalle, porcilaie, per un
totale di 4,3 milioni), agli impianti fruttiviticoli (7,5 milioni), alle scorte vive
e morte (un milione di euro), alle macchine e attrezzature (un milione), la
spesa per il ripristino dei terreni inondati e della rete scolante primaria e
secondaria (2,5 milioni di euro) e delle strade interpoderali (800 mila
euro) e i danni alle cooperative per la lavorazione, trasformazione,
commercializzazione dei prodotti agricoli (900 mila euro). Ci sono,
infine, 18,5 milioni di euro di danni provocati dalla riduzione delle
necessarie lavorazioni, dalla perdita di fertilità, dalla perdita dei prodotti,
dai mancati redditi a causa della distruzione degli impianti fruttiviticoli».
Francesco Vincenzi, presidente di Coldiretti Modena, ci permette di
approfondire. «Da subito - ci dice - ci siamo resi conto che, per il nostro
comparto, sarebbe stato impossibile fare una conta precisa dei danni:
mentre sono stati immediatamente evidenti i danni dell’erosione dell’acqua nelle aree più vicine alla falla (con i campi di grano o foraggere
completamente spazzati via o coperti di terra) o i detriti accumulati nei
frutteti dal fluire dell’acqua, era più difficile capire cosa sarebbe
successo agli apparati radicali dei pereti o dei vigneti che sono rimasti
in condizioni di asfissia per parecchi giorni. Solo con il risveglio
vegetativo primaverile, quest’anno peraltro anticipato causa un inverno che non si è mai fatto veramente sentire e le elevate temperature
di questi giorni, si cominceranno a vedere i veri effetti dell’acqua sulle
coltivazioni. Vedremo se le piante avranno una pronta ripresa o saranno in sofferenza, lo stesso si può dire per i seminativi ma anche per i
terreni già pronti per le semine primaverili che, molto probabilmente,
dovranno essere rilavorati».
Si tratta in parte della stessa zona già colpita dal terremoto
del 2012…
«Questo fatto non ha certamente giovato: le imprese stavano cominciando a risollevarsi adesso, peraltro anticipando quasi totalmente le
Foto B Balle di fieno in un azienda zootecnica modenese. Foto scattata un mese dopo l alluvione (foto
P. N. Capitani).
aziende agricole colpite non descrive in
modo completo la situazione: quelle sono le imprese interessate «direttamente», ma altre aziende sono state danneggiate indirettamente, ad esempio i caseifici che si sono visti conferire meno latte.
In ogni caso una prima provvisoria stima
dei danni, dice l’assessore, si attesta sui
60 milioni di euro.
Le segnalazioni del Parmigiano
La specializzazione della nostra rivista ci
28
impone prima di tutto di approfondire il
danno maggiore procurato dall’alluvione
modenese alla filiera zootecnica. Che è
quello subito dai campi coltivati a medica.
L’erba medica, comunica all’Informatore
Zootecnico Marco Nocetti, responsabile
del servizio tecnico del consorzio del Parmigiano Reggiano, «certamente risulta
essere la specie in maggiore difficoltà
dato che a causa del suo apparato radicale profondo risente più di altre dello
stato di saturazione del terreno dall'umi-
dità, con conseguente asfissia che può
arrivare a pregiudicare la funzionalità del
sistema radici/azotofissatori».
Il danno su questa specie presente nei
prati, continua Nocetti, potrebbe non limitarsi solo al primo sfalcio (lo stato di
stress contribuisce a indebolire le piante,
che così non hanno la vitalità necessaria
per poter ripartire) ma potrebbe estendersi a tutta la durata del prato.
I prati che sono stati sommersi oltre che
dall'acqua anche dal fango hanno anche
il problema del fango rimasto in superficie. Questo fango si è seccato formando
una crosta molto compatta che rende
problematico il ricaccio anche sulla componente graminacea, normalmente presente nel primo sfalcio dei medicai dal
secondo/terzo anno in poi; si possono
notare i sintomi dell'asfissia che però
vengono superati con maggiore facilità
da queste foraggere grazie a un apparato radicale più superficiale. Il problema è
che queste concentrano quasi totalmente la produzione nel primo taglio e la
situazione attuale è che, sottoposte a
forte stress, stanno spigando con forte
anticipo rispetto alla normalità. Quindi
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
TECNICA
risorse economiche necessarie alla ricostruzione. E’ stata un nuovo
colpo sulle persone e sulle aziende che ha reso la situazione ancora
più pesante non solo dal punto di vista economico ma anche da quello
psicologico e morale».
Era possibile prevenire il disastro? Di chi sono le colpe?
«Il problema non si risolve solo scaricando le colpe su qualcuno; è ora di
cominciare a ragionare in termini diversi dal passato. Parlare di prevenzione non deve più essere più essere uno slogan ma deve diventare un
impegno serio e concreto da realizzare immediatamente, con l’impegno di tutte le istituzioni, dal livello locale a quello governativo.
Il territorio modenese, come tutto il territorio italiano, è un territorio
molto fragile e per questo i temi del cambiamento climatico e della
cementificazione debbono essere affrontati con lungimiranza per garantire sicurezza alle popolazioni ma anche alle attività produttive.
Abbiamo calcolato che, nella sola provincia di Modena, sono stati
sottratti all’agricoltura 41mila ettari negli ultimi 20 anni, in pratica il
20% di tutta la superficie agricola. E’ un dato che non possiamo
anche in questo caso la produzione ne
risentirà in modo significativo.
«In sintesi - conclude il tecnico del consorzio del Parmigiano - mi pare che allo
stato attuale certamente possiamo
aspettarci forti riduzioni nella produzione
di foraggio del primo taglio. Eventuali
danni negli sfalci così come anche eventuali danni sulla longevità dei medicai
successivi dipenderanno dall'andamento meteo delle prossime settimane.
Sempre con tutti i se e i ma del caso e
senza generalizzare situazioni spesso
molto diverse tra loro, mi pare che i produttori di foraggio dovranno cercare di
anticipare quanto più possibile il primo
sfalcio in modo da favorire il ricaccio successivo in condizioni più favorevoli,
arieggiando in questo modo il cotico e
avendo cura di sfalciare ad una maggiore altezza da terra per limitare la contaminazione del fieno».
Le segnalazioni del Crpa
Queste le segnalazioni e l’analisi di Nocetti. Sempre a proposito dei danni subiti
dalle coltivazioni a medica, il tecnico Crpa Fabrizio Ruozzi aggiunge: «L’afferma-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
ignorare. Poi c’è il problema degli animali selvatici che provocano danni
alle strutture idrauliche. La maggior parte di questi animali, privi di
predatori, si sono moltiplicati a dismisura e stanno mettendo a rischio la
tutela dell’ambiente e la sicurezza di tutti i cittadini, oltre alle attività
agricole. Occorrono piani di contenimento concreti ed efficaci».
Cosa chiedete alle istituzioni?
«Alle istituzioni chiediamo un segnale forte per le popolazioni di questa
provincia che vada dal risarcimento totale del danno ad una fiscalità di
vantaggio che dia la possibilità alle aziende di essere competitive in un
momento già così difficile per la crisi economica ma soprattutto un
percorso burocratico semplificato che permetta di velocizzare al massimo l’erogazione degli aiuti. La fiducia che i cittadini ripongono nelle
istituzioni dipende anche da quanto la politica sarà in grado di essere
vicino alla gente rispondendo ai suoi bisogni in modo concreto e rapido.
Per questo auspichiamo che vengano elargiti quanto prima i finanziamenti necessari alla messa in sicurezza della nostra popolazione, delle
nostre città, delle attività produttive e dell’intero territorio».
G.S.
Foto C Lo strato di limo depositato sui terreni agricoli modenesi dall alluvione del 19 gennaio 2014.
Foto scattata un mese dopo l alluvione (foto P. N. Capitani).
zione riguardante il perdurare dello stato
di asfissia deriva dal fatto che la stagione
primaverile è normalmente una stagione
piovosa e se si dovesse presentare questo andamento si sommerebbe acqua su
acqua prolungando quindi il periodo di
carenza/assenza di ossigeno nel terreno».
Quando ci si trova in queste condizioni,
continua Ruozzi, l'andamento meteo ideale è quello che permette il più rapido
allontanamento dell'acqua in eccesso
29
TECNICA
nel terreno, sia per
via atmosferica che
per sgrondo attraverso la rete di scolo, che si spera sia
stata mantenuta efficiente dagli agricoltori. In caso contrario questa va ripristinata al più
presto.
«L'essicazione dello
strato superficiale
di fango, con conseguente crepacciamento dovuto alla presenza della
componente argillosa, tende a favorire l'evaporazione
dell'acqua superficiale. Se poi in questa
fase - conclude il tecnico Crpa - avessimo la fortuna di avere qualche piccolissima pioggia o rugiada (1-2 mm) in grado
di ammorbidire la crosta superficiale
senza andare in profondità sarebbe ancora meglio».
Le segnalazioni di Capitani
Fin qui il caso specifico dei danni da
alluvione subiti dalla medica.
Ma ovviamente non sarà inutile neppure
per una rivista specializzata come l’Informatore Zootecnico ampliare lo sguardo
all’intera filiera zootecnica e all’intero
comparto agricolo (il motivo di questa
scelta? i legami tra produzioni animali,
produzioni vegetali e industrie agrarie
sono solidi e reciproci, ma questo tipo di
chiarimento è un’ovvietà).
Ci aiuteranno nell’analisi dei danni subiti
più in generale dall’agricoltura modenese Pietro Natale Capitani, presidente
dell’ordine dei dottori agronomi di Modena, e (nel box pubblicato nella pagina
precedente) il presidente di Coldiretti
Modena Francesco Vincenzi.
Tra le principali conseguenze dell’alluvione, ci dice dunque Capitani, c’è la
necessità di far fronte allo strato di limo
30
Foto D Un immagine
simbolo del disastro
modenese: campi agricoli
sommersi, pallet distrutti,
letamaie disgregate
(foto Coldiretti).
depositato sui terreni destinati alle coltivazioni erbacee. Un deposito dallo spessore non omogeneo: oscilla dai 20-30
cm delle zone più vicine al punto di rottura dell’argine ai 5-10 cm di quelle più
lontane. Ma in alcuni casi il sedimento
raggiunge altezze anche di un metro e
più; in altri casi la granulometria ricorda
più la sabbia. «Qualche volta - aggiunge
l’agronomo - troviamo addirittura delle
dune di sabbia. Per permettere alle attività agricole di riprendersi, nelle prossime settimane si dovrà organizzare una
bonifica radicale, con asportazione del
materiale più grossolano o dei depositi
più spessi e con un rifacimento delle
sistemazioni idrauliche».
Nel caso invece dei depositi di materiale
più fine «si pensa a un loro interramento.
Che però non può prescindere da una
lavorazione mediamente profonda del
terreno, che tuttavia comporta costi non
indifferenti, e da un posticipo della semina, scelta che sconvolge gli indirizzi colturali e che può compromettere le produzioni anche nel medio periodo».
La stima dei danni
I dottori agronomi modenesi, aggiunge
Capitani, «non si sono uniti ad altri nell’esprimere giudizi affrettati ma stanno
dando il loro contributo professionale
per cercare di effettuare una ricognizione puntuale del
danni monitorando
le varie situazioni
aziendali, lo stato
delle colture, le esigenze connesse al
ripristino delle strutture fondiarie danneggiate. Senza entrare nel dettaglio
delle varie situazioni che saranno oggetto anche nel breve periodo di indagini
tecniche accurate e scrupolose dove i
professionisti potranno dare un aiuto
concreto nella stima effettiva dei danni,
si desidera introdurre alcuni elementi di
valutazione al fine di inquadrare correttamente la situazione».
Innanzitutto, continua il presidente degli
agronomi, va detto che i danni provocati
da fenomeni come quello dell’alluvione
modenese sono sempre rilevanti. E connessi non solo alla quantità ma anche al
tipo di materiale solido che l’acqua lascia
sul terreno coltivato quando si ritira; e al
tempo di permanenza dell’acqua stessa
sui terreni.
«Chi ha avuto occasione di frequentare
le zone in questione ha avuto modo di
vedere l’esito (seppure provvisorio) di tali
danneggiamenti. Non solo le colture in
atto ma anche i terreni che erano stati
parzialmente preparati per le semine primaverili registrano danni alla struttura
fisica (oltre che limitazioni ala praticabilità) che, peraltro, è tuttora difficile quantificare in tutta la loro entità, diretta e indiretta. Infatti, gli effetti negativi dell’alluvione si manifestano in tre direzioni: sul
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
TECNICA
terreno, sulle colture e sull’attività agricola».
Gli effetti sul terreno
Per quanto riguarda il terreno, continua
Capitani, si ricorda che essendo la fase
liquida complementare alla fase aeriforme (ambedue occupano la porosità del
suolo) si può avere un’insufficiente areazione che provoca tutta una serie di inconvenienti fisici e chimici tra i quali l’arresto
della nitrificazione, la diminuzione della
concentrazione di ossigeno e quindi l’involuzione dell’attività microbica con ripercussioni negative sulla disponibilità degli
elementi ed in definitiva della fertilità.
In generale gli effetti della sommersione
e del ristagno dell’acqua sulle colture in
atto «sono in parte la conseguenza dei
fenomeni sopra indicati sommariamente,
seppure variabili nella loro entità a seconda delle coltivazioni (colture erbacee,
vigneti ,frutteti) dello stadio vegetativo e
della durata del fenomeno. L’asfissia radicale è sempre dannosa e per talune
colture l’esito può essere letale. In altri
casi si hanno gravi rallentamenti dello
sviluppo, l’insorgenza di malattie nonché
l’attacco di parassiti. Per le colture arboree in particolare i danneggiamenti possono risultare gravi ma anch’essi variabili
con la stagione, la specie, l’età, il portainnesto, eccetera».
Nel caso specifico dell’alluvione in questa parte della pianura modenese, dice
ancora l’agronomo, «è tuttora prematuro
esprimersi circa l’effettiva entità dei danneggiamenti sui terreni e le colture.
Mentre si può senz’altro affermare che
nelle zone più prossime all’argine il deposito di materiali anche grossolani richiede un’opera di riassetto dei terreni
con asportazione quantomeno parziale
dei depositi stessi e ripristino integrale
delle sistemazioni idraulico-agrarie, valutazioni tecniche più circostanziate devono essere effettuate in merito al trattamento dello strato limoso (anche di diversi cm di spessore) depositato dalle
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
ANCHE IN SARDEGNA C’ERA STATA UN’ALLUVIONE
E DAL VENETO 120 QUINTALI DI FIENO PER SOLIDARIETÀ
G
li agricoltori dell'altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza, in aiuto degli
allevatori di Uras (Oristano) danneggiati dalla tragica alluvione del 18 novembre 2013. Proprio grazie alla raccolta effettuata dagli agricoltori di Asiago aderenti
alla Coldiretti, gli allevatori di Uras hanno ricevuto nei giorni scorsi 120 quintali di
fieno provenienti dal Veneto.
Per le 61 aziende del territorio della provincia di Oristano, per i quali i danni subiti
dall'alluvione oscillano tra i 10 e i 12 milioni di euro, è una bella boccata di ossigeno.
Il carico proveniente da Asiago è giunto in provincia di Oristano grazie al trasporto
garantito gratuitamente dalla Tirrenia e dalla Logistica Nieddu. Ad accogliere il
carico e una delegazione di agricoltori provenienti dalla provincia di Vicenza, c'era il
sindaco di Uras, Gerardo Casciu. Il primo cittadino di Uras ha ringraziato vivamente
gli agricoltori del Veneto, affermando che «si tratta comunque di un aiuto ben gradito
dai titolari delle aziende colpite dal tragico evento atmosferico del novembre
scorso».
La donazione è stata promossa dalla Fasi (Federazione delle associazioni sarde in
Italia) ed è stata coordinata dalla Brigata Sassari e resa possibile dal lavoro dei
volontari dell'Ordine di Malta, del Cisom e dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro,
ma anche dalla stessa Tirrenia e dalla Logistica Nieddu, una società di autotrasporti
che garantisce i trasporti su gomma tra l'isola e la penisola.
Paolo Caboni acque sul resto della superficie interessata. Tale coltre di materiale mediamente
fine è particolarmente evidente e rappresenta un’incognita oltre che sulle coltivazioni in atto anche sui terreni che
erano pronti per le semine delle colture
primaverili».
Al momento, continua Capitani, data
l’impraticabilità dei terreni stessi, le scelte sono obbligatoriamente rinviate. «E’
evidente che la previsione di un interramento dei terreni non può prescindere
da una lavorazione mediamente profonda del terreno stesso che comporta oneri non indifferenti ed il forzato posticipo
della messa a coltura che sconvolge sicuramente gli indirizzi colturali e può
compromettere le produzioni anche nel
medio periodo. In ogni caso l’incorporazione al suolo di tali residui (la cui natura
potrà peraltro essere accertata con opportune analisi fisico-chimiche) dovrà
essere verosimilmente accompagnata
da adeguata integrazione di fertilizzanti e
lavorazioni secondarie tendenti a distri-
buire in modo omogeneo il materiale nello strato di terreno agrario. Sulle colture
erbacee in atto occorrerà rinviare tali
considerazioni una volta valutati gli effettivi danneggiamenti o, addirittura, al termine del ciclo annuale».
Gli effetti sulle attività agricole
Capitani completa il suo contributo citando brevemente i danni alle attività agricole. Non si deve dimenticare, dice, «che i
fenomeni alluvionali hanno sconvolto in
molti casi le strutture dell’azienda agricola, gli indirizzi produttivi, l’efficienza dei
parchi macchine, lo stoccaggio delle altre
scorte (foraggi, paglia, sementi, concimi),
la gestione degli allevamenti con aggravi
insopportabili dei costi di produzione. Di
tutte queste considerazioni e non solo,
bisognerà tenere conto nella quantificazione dei danni, diretti e indiretti che devono essere valutati caso per caso, all’attualità e in prospettiva, nel contesto di
una delle zone più vocate per l’agricoltura
del nostro Paese».
31
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
L’assessore regionale
Gianni Fava
presenterà alla Ue
una revisione
della geografia
delle zone
vulnerabili ai nitrati
Nitrati, Lomb
Nuova mappa in
di Francesca Baccino
i sta per posare sui tavoli Ue una nuova mappa italiana sulle aree vulnerabili ai
nitrati, elaborata dalla Regione Lombardia. «Sulla direttiva nitrati abbiamo gli
elementi per rivedere le zone vulnerabili. E soprattutto, oggi, abbiamo gli
strumenti scientifici per dire che quelle aree, identificate in passato solo sulla carta,
sono sbagliate». Lo ha detto l’assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia,
Gianni Fava, all'assemblea annuale di Fedagri Confcooperative Lombardia, annunciando anche che la prima settimana di aprile sarebbe stato a Bruxelles per presentare la
nuova mappa delle aree vulnerabili.
L’obiettivo è quello di aumentare il carico di azoto per ettaro che si può distribuire nei
campi in un anno attraverso i reflui zootecnici e che nelle aree vulnerabili non può
superare i 170 kg (mentre può arrivare a 340 kg nelle zone non vulnerabili). Secondo
l’assessore lombardo in base alle evidenze scientifiche la superficie di queste aree a
rischio risulterebbe inferiore di circa il 20-30% rispetto a quelle attuali.
Ottenere dalla Ue una riduzione di questa misura è un traguardo fondamentale per
garantire un futuro al milione e mezzo di bovini e ai 4 milioni e mezzo di suini che sono
oggi allevati in Lombardia in oltre 17 mila fra stalle e porcilaie.
«Vogliamo difendere la zootecnia e rivedere
la geografia delle zone vulnerabili ai nitrati»
ha spiegato ancora Fava, ricordando che la
direttiva comunitaria prevede una revisione
S
LAVORI IN CORSO ALL I STITUTO ISPRA
A
definire una nuova mappa dei nitrati punta anche una ricerca su base scientifica che è stata avviata l’anno scorso dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e che era stata presentata come “una svolta” al problema
dei nitrati. Lo studio, commissionato dal Mipaaf, si basa su un’analisi degli isotopi
applicata alle rilevazioni e alle analisi dei terreni.
C’è da dire tuttavia che questo studio avrebbe già dovuto esser pronto, come annunciato nel corso di presentazione di Regione Lombardia, per fine 2013; invece non
sarà completato prima di giugno 2014. La Regione Lombardia si è infatti mossa in
modo autonomo rivolgendosi all’Università di Milano e all’Arpa.
F.B. 32
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
ardia
arrivo?
delle stesse aree e che il comparto allevatoriale deve essere «tutelato e sostenuto, non accusato ingiustamente».
Balletto di competenze
Tuttavia, ha rimarcato Fava, «serve compattezza nel mondo agricolo e nel sistema. Nei giorni scorsi il presidente della
Commissione agricoltura del Parlamento
europeo, Paolo De Castro, ha dichiarato
che la richiesta di deroga non può essere
avanzata a Bruxelles dalla Regione Lombardia e si dice sicuro che il negoziato
sarà condotto dallo Stato. Io non ne sono
così sicuro, perché se lo Stato italiano
avesse voluto salvaguardare la zootecnia,
l'avrebbe fatto prima».
Al di là delle polemiche che inevitabilmente ogni tanto affiorano la questione
resta molto delicata per un Paese come
l’Italia che già due volte è stato messo in
mora dall’Ue e si è dovuto scagionare
dall’accusa di violazione degli obblighi
stabiliti dalla direttiva Ue sui nitrati. La
procedura d’infrazione aperta nel 2006
aveva infatti obbligato la Lombardia e le
altre regioni padane ad ampliare le aree
vulnerabili e la seconda, del 2013, ha
ugualmente costretto la Lombardia e le
altre regioni del bacino padano a tornare
sui loro passi.
In particolare un obbligo di legge (il comma 7 quater) aveva stabilito di sospendere per un anno gli obblighi degli allevamenti che ricadono nelle aree vulnerabili
nell’attesa di una nuova mappa delle
stesse zone vulnerabili. Nell’attesa si sarebbero applicati i limiti di spandimento
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
PER IL TERZO ANNO C’È LA POSSIBILITÀ DI ANDARE IN DEROGA
È
scaduto il 15 febbraio scorso il termine per presentare la richiesta di deroga
sulla direttiva nitrati per il 2014. Per il terzo anno, gli allevamenti delle regioni
Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto hanno avuto la possibilità di distribuire, attraverso i reflui zootecnici, fino a 250 kg di azoto per ettaro l’anno, superando
così il limite dei 170 kgi imposto dalla direttiva Ue per le aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati.
Finora in Lombardia, la prima regione italiana per patrimonio zootecnico e quindi la
più penalizzata dalla direttiva, ne ha usufruito solo il 10% circa delle aziende interessate, ma anche nelle altre Regioni che hanno ottenuto la deroga le adesioni sono
state modeste. Nel 2015, comunque, l’Italia dovrà chiedere a Bruxelles una conferma
della deroga per altri 4 anni.
F.B. previsti per le aree non vulnerabili, i 340
kg di azoto per ettaro. Tempestiva e molto
chiara la reazione di Bruxelles che aveva
chiesto all’Italia un immediato dietrofront
e poi aveva deferito il nostro Paese alla
Corte di giustizia europea. Solo con l’abolizione del comma contestato Bruxelles
ha ritirato formalmente la procedura.
Studi di Università, Arpa ed Ersaf
La possibilità di ridefinire la mappa italiana dei nitrati era stata al centro dell’incontro del 13 febbraio scorso organizzato da
Regione Lombardia per presentare alle
associazioni agricole i risultati degli studi
commissionati all’Università di Milano, all’Arpa e anche all’Ersaf. «Siamo arrivati a
un risultato che ridefinisce l’origine dell’azoto presente nelle acque, la capacità
di assorbimento dei suoli e la gestione
delle aziende». Per l’assessore si tratta di
«un documento strategico per il confronto sia con il Governo di Roma che con
l’Unione europea a Bruxelles».
I risultati di uno studio dell’Università di
Milano, come spiega un comunicato di
Regione Lombardia, potrebbero portare
a un alleggerimento delle zone vulnerabili
ai nitrati anche del 30% circa. A beneficiarne, secondo il professor Marco Masetti, associato di Geologia applicata
presso il dipartimento di Scienze della
terra dell'Università degli Studi di Milano,
«sarebbero, in modo particolare, tutta la
provincia di Mantova, parte del cremonese e del bresciano, nell'area di pianura».
Questo studio sulle acque sotterranee
che si basa su valutazione statistiche
avrebbe inoltre messo in luce la responsabilità degli scarichi civili individuando
una marcata vulnerabilità nelle aree più
densamente popolate.
Sulla base dei commenti raccolti dall’Informatore Zootecnico presso alcune delle
associazioni agricole presenti all’incontro,
lo studio condotto dall’Arpa si sarebbe invece focalizzato sullo stato delle acque
superficiali e sull’eutrofizzazione arrivando
a conclusioni simili, anche se molto meno
evidenti rispetto a quelle dell’Università di
Milano. Restano comunque diverse, anche se sostanzialmente convergono, come hanno segnalato le rappresentanze di
categoria, Confagricoltura Lombardia e
Cia Lombardia, le modalità di analisi e i
parametri utilizzati nei diversi studi.
Molto più ottimistico è invece il commento di Ettore Prandini, presidente della
Coldiretti Lombardia: «Non dimentichiamo - ha scritto in un editoriale uscito sul n.
5.2014 dell’Informatore Zootecnico - che
le aree vulnerabili applicate fino a oggi
fanno riferimento a una situazione di oltre
20 anni fa, scritta sulla carta da qualche
burocrate senza approfondire se gli
eventuali punti critici fossero dovuti agli
scarichi industriali e civili, più che all’agricoltura».
33
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
La gestione
delle deiezioni bovine:
lo stoccaggio
e i trattamenti
di corredo
Gli autori sono dell’Università di Padova.
Stoccaggio
Fattore
che determina
la sostenibilità
di Stefano Guercini, Clelia Rumor
U
na corretta gestione degli effluenti negli allevamenti di bovini, quale che sia
la categoria (latte, carne rossa, carne bianca), obbedisce ad una regola
fondamentale e molto semplice: chi assicura al proprio allevamento
BUON VISO A CATTIVO GIOCO
È
ormai da un po' di tempo che le tematiche afferenti la
gestione degli effluenti zootecnici hanno assunto pari dignità,
se così si può dire, rispetto a quelle relative all’alimentazione e alla
cura degli animali e alla cura dei prodotti da essi ottenuti. E,
parlando di un sistema produttivo molto spesso caratterizzato da
produzioni di pregio, richieste, invidiate ed imitate in mezzo mondo,
la cosa fa ben sperare sulla presa di coscienza dei nostri allevatori.
Come mai tutta questa attenzione? Pensiamo di non sbagliare
molto se ipotizziamo che questa virtuosità sia stata indotta anche da
una vera e propria pioggia di prescrizioni che, da una ventina d’anni
a questa parte, mittente l’Unione europea, ha interessato il settore.
Tra tutte ne spiccano per importanza due: la “direttiva Nitrati” e la
“direttiva sul Controllo e la riduzione integrate dell’inquinamento”,
forse meglio nota con l’acronimo Ippc.
La direttiva Nitrati, ormai ben rodata ma perfettibile per venire
meglio incontro alle peculiarità dell’ambiente agronomico italiano.
La direttiva Ippc, nata per gli allevamenti di suini e avicoli che
superano determinate dimensioni e di recente estesa ad una
34
parte degli allevamenti bovini, la consideriamo importante in quanto propone un approccio ragionato, con il criterio della lista di
controllo, alle azioni che ciascun allevatore può attuare nei confronti dell’ambiente.
Chiamiamolo pure buon viso a cattivo gioco, fatto sta che molti dei
nostri allevatori in questi ultimi quattro lustri hanno rivisto anche
questa fase del processo produttivo con innegabili vantaggi dal
punto di vista organizzativo e della salvaguardia ambientale.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, in questo caso identificabile con gli incentivi sulla produzione di energia da fonti rinnovabili che - con riferimento alla produzione del biogas - nell’edizione
in corso sta privilegiando la realizzazione di impianti di medio-piccole dimensioni, alimentati in prevalenza con le deiezioni dell’allevamento.
E speriamo che un aiuto per migliorare ulteriormente l’impronta
ambientale dell’allevamento continuerà ad arrivare con le misure
del nuovo Psr, che nella prossima edizione sembra puntare proprio
sul tema della sostenibilità ambientale.
S.G. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Figura 1 - Alcune delle più diffuse linee di trattamento di tipo conservativo, per quanto concerne l’azoto,
degli effluenti di allevamenti bovini.
un’adeguata capacità di stoccaggio delle deiezioni può dormire sonni abbastanza tranquilli.
Lo stoccaggio è dunque lo strumento
gestionale indispensabile e ordinario
per garantire che gli interventi di distribuzione degli effluenti zootecnici possano avvenire nei tempi e nei modi più
idonei dal punto di vista agronomico e
ambientale. Nel caso dell’azoto ciò si
traduce nel suo massimo utilizzo da parte delle colture, in un ridotto rilascio per
dilavamento, scorrimento superficiale e
volatilizzazione. Azioni tutte che, escludendo la volatilizzazione, si possono
estendere anche al fosforo e al potassio
contenuti negli effluenti.
Lo stoccaggio rappresenta dunque il
fulcro attorno al quale ruota l’organizzazione delle operazioni che lo precedono
nella cosiddetta fase aziendale (dal trasferimento delle deiezioni fuori dalla
stalla ad eventuali trattamenti prelimina-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
ri) e di quelle che lo seguono (trasporto
e distribuzione sui terreni) nella cosiddetta fase di campo. Si veda anche la
figura 1.
Ed ora spieghiamo perché abbiamo usato il termine ”abbastanza”.
Il problema del meteo
È poco più che una sensazione, che an-
drebbe meglio approfondita, ma questi
ultimi anni sembrano essere caratterizzati da un aumento delle anomalie meteorologiche, soprattutto di quelle legate alle precipitazioni. La distribuzione
delle piogge non sembra essere più
quella statisticamente conosciuta, caratterizzata com’è da una maggiore frequenza di prolungati periodi piovosi che
magari vanno ad interessare momenti
dell’anno che le statistiche considerano
relativamente secchi, con buona pace,
purtroppo, dei momenti in cui, secondo
la direttiva Nitrati, è possibile distribuire
gli effluenti.
La ripetitività di tali eventi è tale da far
supporre come tali fenomeni, da “anomali”, stiano poco alla volta diventando
“normali”, aprendo forse un nuovo capitolo sulle caratteristiche climatiche dei
nostri territori. Chi vivrà vedrà.
Quanto sopra menzionato sulle intemperanze meteorologiche coinvolge due
aspetti essenziali dello stoccaggio delle
diverse matrici (palabili e non palabili)
che sarebbe auspicabile rivisitare in un
prossimo futuro:
1. L’aumento della capacità di stoccaggio aziendale oltre i tempi minimi previsti dalla normativa. Una
tale azione consentirebbe di scongiurare la malaugurata combinazione di una
vasca/concimaia, al limite del riempimento all’inizio del periodo consentito
per la distribuzione e l’impossibilità di
Figura 2 – Vasca prefabbricata in ceneto armato a pianta circolare, a cielo aperto.
35
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Figura 3
Contenitore a sacco adibito allo stoccaggio dei liquami di un allevamento di bovini da latte.
gio; relativamente ai materiali palabili, la
copertura della concimaia permette di
ridurre la produzione di percolati (che a
loro volta vanno ad aumentare i volumi
degli effluenti non palabili da stoccare),
di migliorare il processo di maturazione
del prodotto e di conservarne la palabilità, con indubbi vantaggi al momento del
prelievo per la distribuzione. In secondo
luogo la copertura dello stoccaggio riduce le emissioni di gas e odori da questa
fase. Aspetto questo sempre più all’ordine del giorno sia per quanto riguarda le
problematiche dovute alla vicinanza dei
centri abitati con le zone agricole, sia per
la necessità di adottare pratiche che riducano le emissioni di quei gas nocivi
per l’atmosfera: in primis, ammoniaca e
metano.
La separazione solido-liquido
Figura 4
Vasca di stoccaggio per liquami coperta da una struttura intelaiata in acciaio zincato.
Figura 5
Concimaia scoperta, chiusa su tre lati.
entrare in campo causa persistenti precipitazioni e/o impraticabilità dei terreni.
Una rapida analisi dei dati sulle precipitazioni di questi ultimi anni in località
della pianura veneta permette di quantificare in non meno di 30-45 giorni tale
aumento dello stoccaggio.
2. La copertura delle strutture di
36
stoccaggio. Questa soluzione, finora
poco praticata nel nostro Paese, svolge
in realtà un ruolo chiave su più fronti.
Anzitutto evita l’ingresso delle acque
meteoriche, il che si traduce, nel caso
dei materiali non palabili, nella possibilità di aumentare, a parità di capienza del
manufatto, la sua capacità di stoccag-
Il primo, il più semplice da adottare e
forse anche il più conosciuto e diffuso
tra i trattamenti che si possono applicare
ai liquami prima del loro stoccaggio è la
separazione di fase. Come dice il nome,
la separazione solido-liquido permette
di estrarre dal liquame tal quale una parte più o meno rilevante dei solidi sospesi, che vanno a costituire la frazione solida palabile, e da una frazione liquida
chiarificata, alleggerita cioè dei solidi
sospesi.
Nella frazione solida si trasferisce inoltre una parte consistente dell’azoto organico e del fosforo; in quella chiarificata troviamo invece buona parte dell’azoto inorganico (sotto forma di ammonio)
e del potassio.
La capacità di una attrezzatura di trasferire quantitativi più o meno consistenti di
solidi sospesi, azoto, fosforo e potassio
dal liquame di partenza alla frazione solida ne esprime la cosiddetta “efficienza
di separazione” e permette di suddividere le attrezzature di separazione comunemente utilizzate in zootecnia nei gruppi a bassa, media, e alta efficienza (tabella 1).
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TABELLA 1 - PRESTAZIONI CONSEGUIBILI CON LE DIVERSE
CATEGORIE DI ATTREZZATURE DI SEPARAZIONE SOLIDO-LIQUIDO.
Categoria
Rimozione (% in peso che si
Efficienza
trasferisce nella frazione solida)
di
N tot
P tot
separazione Solidi totali
Vagli statici e vibranti
bassa
< 25
5 ÷ 10
10 ÷ 20
Separatori a cilindro e rulli
prementi e a vite senza fine
media
25 ÷ 40
15 ÷ 25
10 ÷ 20
alta
> 40
25 ÷ 30
60 ÷ 70
Decantatori centrifughi
Nel primo ricadono i vagli statici, i vibrovagli e i tamburi rotanti; nel secondo i
vagli a compressione elicoidale o a rulli
prementi; nel terzo i separatori centrifughi.
Le attrezzature più rappresentate negli
allevamenti bovini appartengono al secondo gruppo, grazie al buon compromesso che tali macchine consentono di
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
esprimere tra prezzo di acquisto, costo
di gestione, efficienza di separazione e
robustezza costruttiva. Nel trattamento
dei liquami bovini esse consentono di
ridurre il volume della frazione liquida
separata del 15-20%, rimuovendo dallo stesso il 10-15% dell’azoto totale e il
10-20% del fosforo inizialmente presenti nel liquame e producendo una
frazione solida al 20-25% di sostanza
secca.
I vantaggi offerti dalla separazione solido-liquido sono diversi.
1) Si riduce il volume della frazione non
palabile da stoccare e, successivamente, da distribuire, nonché il contenuto in
azoto della stessa, fatto questo che consente di ridurre la superficie di terreno
su cui distribuire detta frazione di una
quota pari all’azoto trasferito nel solido
(10-15%); quest’ultimo, in virtù del minore contenuto di acqua e della sua intrinseca maggiore qualità agronomica,
potrà essere trasportato a maggiori distanze dal centro aziendale con costi
contenuti rispetto al liquame di partenza
e/o ceduto a terzi.
2) Si limitano le emissioni odorigene durante lo stoccaggio della frazione liquida, grazie al ridotto contenuto in sostan-
37
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
nenza in superficie, con conseguenze
positive sulle emissioni di ammoniaca e
odori.
A fronte di questi numerosi e importanti
vantaggi bisogna ricordare la necessità
di accompagnare l’acquisto del separatore con la realizzazione di un’adeguata
platea per lo stoccaggio del solido separato, possibilmente coperta per quanto
prima esposto, e con l’adozione di appositi mezzi per la sua movimentazione e
distribuzione agronomica.
Figura 6
Concimaia coperta da una bella struttura in legno lamellare.
La digestione anaerobica
Figura 7
Concimaia coperta da una struttura leggera a tunnel.
Figura 8 Un separatore a rulli prementi con sullo sfondo la concimaia per l accumulo del letame e
della frazione solida separata.
za organica rispetto al liquame tal quale.
3) Riducendo il contenuto in solidi del
liquame, a) si limita la stratificazione dello stesso nella vasca di stoccaggio,
quindi la formazione di deposito sul fon-
38
do o della crosta superficiale; b) se ne
migliora la pompabilità nella fase di prelievo per la distribuzione; c) si favorisce
la sua percolazione nel terreno una volta
distribuito, limitando quindi la perma-
Negli ultimi dieci anni la digestione anaerobica ha ri-trovato una “seconda giovinezza” presso i nostri allevamenti zootecnici grazie alla politica di incentivi legati alla vendita dell’energia elettrica
che ha consentito agli imprenditori di
conseguire un’integrazione al reddito
aziendale assai appetita, considerato il
periodo di crisi che la zootecnia italiana
sta attraversando.
Dopo l’overdose della tariffa omnicomprensiva di 280 €/MWh, che ha consentito la realizzazione di impianti alimentati anche esclusivamente con colture vegetali dedicate, dal 2013 la
nuova tariffa, mediamente attestata su
230 €/MWh, ha fortunatamente ridimensionato la situazione rendendo possibile la costruzione di impianti che, per
“stare in piedi” dal punto di vista economico, debbono utilizzare solo, o in buona
parte prodotti di scarto o sottoprodotti,
quali sono le deiezioni zootecniche. Ma
non è di questo che vogliamo parlare in
questa sede.
La digestione anaerobica in un’azienda
zootecnica offre infatti opportunità interessanti per migliorare la gestione degli
effluenti dal punto di vista agronomico,
con positivi riflessi anche sull’ambiente.
La necessità di avere un materiale il più
possibile fresco da utilizzare in digestione anaerobica impone di fatto un cambiamento nella gestione della stalla attraverso la rimozione frequente degli ef-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Figura 9 Le vasche di carico del liqiame tal quale e di scarico di quello
separato relative al separatore di figura 8.
Figura 10 Un digestore anaerobico alimentato con deiezioni bovine; in
evidenza le vasche di stoccaggio coperte.
fluenti dai ricoveri di allevamento: giornaliera nel caso dei
liquami, per lo più settimanale nel caso dei letami. Con la
positiva conseguenza di un miglioramento dell’ambiente di
stalla grazie alla ridotta permanenza delle deiezioni nei locali di
allevamento.
Il digestato ottenuto da deiezioni bovine è un materiale che ha
un contenuto di sostanza secca e sostanza organica inferiore
a quello dei materiali di partenza - quello che manca se ne è
andato come biogas - ma con lo stesso tenore in azoto totale,
ed una percentuale di azoto ammoniacale superiore a quella
del prodotto in ingresso; caratteristiche queste che accentuano le proprietà ammendanti del digestato, accentuate dalle
seguenti caratteristiche:
- stabilizzazione, ovvero ridotta fermentescibilità, quindi minore
produzione di odori durante lo stoccaggio e assenza di fitotossicità, dato che le trasformazioni a carico della sostanza organica sono già occorse durante il processo anaerobico;
- buona sanitizzazione, con risultati crescenti passando dal
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
39
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Figura 11 Una attrezzatura mobile di separazione in azione presso un allevamento di bovini da latte
in Olanda. Il rimorchio comprende anche un generatore di corrente che rende il suo funzionamento
autonomo dall allevamento ospite.
processo mesofilo (35-40 °C) a quello
termofilo (50-55 °C).
Infine, la sua consistenza fluida ne consente una maggiore capacità di infiltrazione nel terreno all’atto della distribuzione, riducendo quindi il tempo di esposizione all’aria, e quindi l’emissione di
ammoniaca.
Anche per il digestato sarebbe buona
norma operare la separazione solido-liquido prima della sua immissione nelle
strutture di stoccaggio, per evitare gli
inconvenienti citati in precedenza.
Con riferimento alla direttiva Ippc (direttiva sul Controllo e la riduzione integrate
dell’inquinamento) e alla necessità sempre più attuale di limitare le emissioni di
gas serra e ammoniacale in atmosfera,
la digestione anaerobica offre da un lato
il vantaggio di ridurre le emissioni di metano dagli effluenti, ma dall’altro aumenta le emissioni di ammoniaca dallo stoccaggio, che quindi dovrebbe essere coperto.
Il processo fermentativo continua infatti
anche durante lo stoccaggio, con produzione sia di metano che emissione di
ammoniaca, complice anche la temperatura del prodotto all’uscita del digesto-
40
re. Uno studio condotto dall’Università di
Torino - Dipartimento Deiafa ha dimostrato come lo stoccaggio del digestato
produce il 10-12% in più di emissioni di
gas serra espressi in CO2 equivalente
(principalmente metano) e di ammoniaca rispetto allo stoccaggio dell’effluente
di non digerito.
La copertura delle vasche di stoccaggio
è quindi consigliata: sia per l’aspetto ambientale, sia per i vantaggi già citati in
precedenza, e infine perché consente di
recuperare e utilizzare anche la quota di
biogas prodotta nella fase di stoccaggio,
che altrimenti verrebbe persa in atmosfera; a tale proposito il sopra menzionato studio del Dipartimento Deiafa ha
messo in evidenza come il biogas recuperato dallo stoccaggio consenta un aumento del 3% della produzione elettrica
annuale.
retta gestione delle deiezioni prodotte
da un allevamento di bovini. Da solo esso permette di raggiungere gli obiettivi
di carattere più squisitamente agronomici che ambientali.
Non sottovalutiamo comunque gli altri
due interventi (e altri, non trattati nel
presente articolo) il cui inserimento, in
scala aziendale o sovra-aziendale, potrebbe risultare decisivo per decretare la
sostenibilità nel medio-lungo periodo di
un sistema zootecnico.
Il controllo e la valorizzazione dei prodotti ottenuti dalla digestione anaerobica, il
controllo delle emissioni in atmosfera, il
bilanciamento dei carichi di nutrienti ottenuti, eccetera, sono questioni molto
importanti e delicate che prima o poi
dovranno essere affrontate nei territori
ad elevata densità di allevamento.
Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi da
anni: sono, ad esempio, i sistemi organizzativi messi a punto in Olanda, che
sembrano funzionare. Si tratta di ripensarli per una scala e per le condizioni,
attuali e future, della nostra zootecnia.
In conclusione
Quanto esposto ci fa comprendere l’importanza dello stoccaggio per una cor-
Figura 12 Particolare dei tre separatori presenti
nell attrezzatura mobile.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
L’esperienza di campo
di due contoterzisti,
uno del Vicentino
l’altro
della Bergamasca
Spandimento
Con macchine
moderne
e ad alta
tecnologia
di Ottavio Repetti
a distribuzione dei liquami è, nei paesi europei più evoluti, quasi una scienza.
Da noi, ancora no. Lo diventerà, tuttavia, presto o tardi, dal momento che le
normative europee – e di conseguenza quelle italiane – vanno in questa
direzione. Ma anche dal momento che, soprattutto, lo impongono i bilanci aziendali:
anche considerando i costi del contoterzista, necessario quando si ricorre a certi
L
• Con l’applicazione per interfila i Riva lavorano su mais alto fino a 20 cm.
42
•
La localizzazione dei liquami fornisce a tutte le piante il giusto sostegno,
senza che nessuna fila soffra per carenza di nutrienti.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
macchinari, una distribuzione razionale
e ben fatta conviene rispetto a uno
spandimento indiscriminato e, spesso,
fuori dalle regole della direttiva nitrati.
Nelle prossime pagine parleremo di
macchine per una corretta distribuzione
dei reflui, che siano liquami tal quali o
frazione liquida del digestato. Vedremo
al lavoro una delle soluzioni più performanti del mercato, che raggiunge un
alto grado di specializzazione riuscendo
però a mantenere anche un certo livello
di versatilità.
Per fare un buon lavoro, tuttavia, non è
assolutamente d'obbligo rivolgersi una
attrezzatura iper-professionale, ovviamente di competenza esclusiva del contoterzista. Anche con una botte per liquami si possono fare cose egregie, a
patto di avere, dietro alla medesima, il
giusto attrezzo.
Per questo motivo prenderemo in considerazione anche l'esperienza di un contoterzista che pur essendosi dedicato a
una gestione attenta e profittevole dei
liquami zootecnici adotta macchine alla
portata anche di un'azienda agricola di
medie dimensioni.
Nonostante le dimensioni imponenti, lo Xerion Saddle lavora nel mais provocando danni molto contenuti.
La botte Ravizza fatta costruire dai Negroni si può muovere con avanzamento a granchio e permette
quindi di lavorare su colture emerse con un ridotto compattamento.
Ad hoc per i liquami
Cominciamo dallo Xerion Saddle. Cosa
sia lo Xerion è abbastanza noto a chi si
interessi di meccanica: un porta-attrezzi
creato da Claas per applicazioni particolari e altamente specifiche.
La versione Saddle (sella, in inglese)
differisce da quella comune per alcuni
aspetti. Motore, trasmissione e sterzo
sono identici allo Xerion tradizionale,
mentre cambia la collocazione della cabina, che non è centrale ma spostata in
avanti, sul motore. In questo modo resta,
alle spalle dell'abitacolo, un grande spazio per ospitare carichi portati che, nel
nostro caso, sono rappresentati dalla cisterna dei liquami. La quale, infatti, arriva
a 16 metri cubi.
La macchina è alimentata da un motore
Caterpillar C9 a 6 cilindri, turbo interco-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
Con una barra da 15 metri i Negroni distribuiscono digestato e liquami riducendo le passate e
lavorando su mais alto fino a 80 cm.
oler, da 8,8 litri, con 364 cv (268 kW) di
potenza nominale e 388 cavalli (285
kW) di potenza massima. Lo sterzo è
attivo su entrambi gli assi, anteriore e
posteriore, per per muoversi nei campi
con modalità “granchio”, in modo che le
ruote seguano quattro tracce diverse e
riducano il compattamento.
Una delle applicazioni più tipiche del
Saddle, nonché quella che ci interessa
in questa sede, è la botte per liquami
della Sgt. Questa soluzione comporta
modifiche strutturali nella macchina: per
esempio un terzo circuito idraulico, alimentato da una pompa dedicata da di
235 litri al minuto, per una potenza mas-
43
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
INTERRAMENTO OMBELICALE
MENO COMPATTAMENTO DEL SUOLO
E
siste una terza possibilità per interrare i liquami, accanto al semovente e alla
botte trainata dal trattore. È un sistema che non prevede scorte di prodotto a
bordo e che, dunque, ha il grosso vantaggio di ridurre ai minimi termini il compattamento del terreno. Ci riferiamo alla distribuzione ombelicale, ovvero effettuata collegando un lungo tubo flessibile alla pompa che aspira i reflui dalla vasca.
Naturalmente, perché questa pratica sia possibile è necessario che i terreni da
fertilizzare siano nei pressi della vasca di stoccaggio e pertanto dà il meglio di sé con
aziende in corpo unico.
Quando si verifica questo prerequisito, tuttavia, i vantaggi sono evidenti: con il
sistema ombelicale, il prodotto non è trasportato ma pompato direttamente dalla
vasca e dunque non si ha compattamento del terreno dovuto a decine di metri cubi di
liquami trasportati in campo. In secondo luogo è possibile effettuare la concimazione
con un trattore di potenza molto più piccola rispetto a quanto richiesto da un carro o
più ancora da un semovente. Con il risultato che si riduce ulteriormente il compattamento e inoltre si risparmia parecchio su consumi di carburante.
Dietro al trattore, in un sistema ombelicale, possono essere collocati diversi attrezzi.
Uno è quello che vediamo in queste foto e che è stato realizzato dalla Doda, ditta
mantovana specializzata in reflui.
Si tratta di un interratore ad ancore con larghezza compresa tra 2,5 e 7 metri, capace di interrare fino a 5mila litri di reflui al minuto. In alternativa, Doda fornisce anche
una barra con calate dotata di 40 tubi a interlinea variabile e in grado di distribuire
superficialmente fino a 250 mc di prodotto. La soluzione con barre, naturalmente, richiede minor potenza rispetto all'interratore ad ancore, che a seconda della larghezza può necessitare anche di un trattore da 220 cv.
O.R. sima di 90 kW (130 cv). Alimenta, attraverso due motori idraulici, la pompa a
lobi del sistema di distribuzione dei liquami, con capacità di 9.200 litri al minuto.
Pompa e trituratore, assieme al tubo di
pescaggio dei liquami, sono montati sul
sollevatore anteriore, mentre l'attacco a
tre punti posteriore ospita l'attrezzo per
la distribuzione dei liquami. Il quale può
essere di varia natura: si va dalla barra
con calate per la distribuzione superficiale all'interratore con sarchiatore oppure ancore che lavorano più in profondità.
Grazie a queste applicazioni specifiche,
lo Xerion può distribuire liquami anche
su piante alte 20 cm, come dimostrano
le foto che pubblichiamo.
Concludiamo con la produttività, per la
quale chiediamo aiuto al proprietario
della macchina fotografata in queste
pagine.
Si tratta di Claudio Riva, vicentino, titolare della Linea Verde, una società di lavorazioni in conto terzi che ha fatto della
distribuzione liquami il fulcro della propria attività. «Con il sarchiatore, dunque
dovendo limitare un po' la velocità, siamo arrivati a distribuire 1.100 metri cubi
in circa 14 ore di lavoro. Un risultato
importante, che si ottiene, chiaramente,
soltanto se la macchina è ben servita. In
altre parole non vi devono essere dei
tempi morti. Ci vuole un numero adeguato di cisterne, oppure una vasca che
faccia da deposito temporaneo. Inoltre è
importante che il mais sia ben seminato,
perché in caso contrario si deve rallentare per seguire le file e in secondo
luogo si rischia di danneggiarlo troppo.
Se invece la semina è stata fatta bene –
il massimo sarebbe con il Gps – i danni
sono molto contenuti».
Con il semovente
Simile allo Xerion per impiego e caratteristiche, sebbene di concezione diversa,
è il Terragator di Challenger. In questo
caso si tratta di una macchina semovente, dotata di botte fissa e con possibilità
di montare diversi attrezzi sull'attacco a
tre punti posteriore.
Grazie a queste macchine è possibile
Le calate ravvicinate permettono di collocare i reflui
in prossimità della pianta realizzando quindi una
buona copertura dell’intera superficie.
44
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Un altra soluzione per lo spandimento, questa volta su stoppie:
l interramento con sistema ad ancore.
effettuare distribuzione di liquami o digestato ad alte prestazioni e con un
elevatissimo grado di precisione.
Si può quindi impiegare razionalmente il
liquame collocandolo in prossimità delle
radici (con gli interratori a dischetti) o
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
Enrico Negroni con il figlio Roberto.
comunque in zona raggiungibile dalle
medesime e intervenendo anche quando le piante sono già allo stadio di quarta o quinta foglia. Questo allarga l'intervallo di lavoro e consente di suddividere
la concimazione organica in più fasi, in
modo che la pianta abbia a disposizione
45
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Con un interramento in pre-aratura e due
interventi successivi, i Negroni somministrano fino
a 150 metri cubi di liquami o digestato alle
colture. Sono quindi in grado di coltivare mais
senza ricorrere alla concimazione minerale.
il nutrimento nel momento in cui le è
necessario.
Botte e barra
Riva, con la sua Linea Verde, lavora su
un raggio di oltre 200 km, arrivando fino
ai confini con il Milanese. Nella stessa
zona opera anche un'altra interessante
azienda, la Agromeccanica Negroni di
Stezzano (Bg), specializzata in trinciatura e spandimento reflui. Si dedica particolarmente a quest'ultimo settore Roberto Negroni, figlio del titolare Enrico.
Nell’affrontare questo nuovo ramo di attività, il giovane agromeccanico ha voluto adottare un metodo scientifico: sia
per differenziare la propria offerta dai
concorrenti sia per dare ai clienti un
servizio completo. «Puntiamo a un utilizzo del digestato piuttosto che al suo
smaltimento indiscriminato. Con un impiego razionale e programmato, è possibile far crescere il mais soltanto con i
reflui, che siano liquami o meglio ancora
digestato. In quest'ultimo caso si crea
un circolo virtuoso, perché con i sottoprodotti della digestione anaerobica si
fa crescere ciò che alimenta il digestore».
Parliamo però di macchine. Accanto ai
carri-botte tradizionali, i Negroni ne usano uno realizzato su ordinazione da Ra-
46
vizza. «Ci siamo messi in due, Ravizza e
io, dopo aver girato diverse fiere in Europa e visto decine di soluzioni, e abbiamo
creato un mezzo unico nel suo genere
nonché, a mio parere, molto funzionale».
La caratteristica principale, ci spiega il
giovane contoterzista, sono i tre assi
sterzanti, calibrati in modo da seguire la
carreggiata lasciata dal trattore. «La sovrapposizione non è perfetta, diciamo
che arriva all’80%. Ttutavia con questa
botte – prosegue Negroni – possiamo
trattare su colture già emerse con danni
minimi alle piante e questo apre un interessante ventaglio di possibilità».
Secondo elemento che caratterizza la
botte è il sistema di distribuzione. Come
si vede dalle foto, i Negroni l’hanno attrezzata con una barra a calate da 15
metri che permette di distribuire liquami
su colture già in avanzato stato di sviluppo. Per esempio, in interfila su mais.
«Riusciamo a lavorare con piante alte
anche 80 cm e
quindi
possiamo
somministrare il digestato in periodi in
cui con mezzi convenzionali non è possibile entrare in campo».
Sfruttando la superficie di calpestamento ridotta e il sistema delle calate si può
lavorare fino a giugno inoltrato, ci spiega. «Diciamo che il tempo limite è rappresentato dalla prima irrigazione. A
quel punto tra il sovrapporsi delle irrigazioni e il tempo necessario per far asciugare il terreno, diventa impossibile trovare il momento giusto per trattare».
Una seconda applicazione della botte è
a fine inverno, su colture autunnali.
«Operiamo su grano e triticale a fine
febbraio, non appena si conclude il fermo invernale. In questo caso usiamo la
botte in modalità granchio: le ruote poggiano su una superficie molto ampia ma
grazie alla gommatura larga e ai tre assi
il compattamento è quasi nullo».
L’obiettivo di Negroni è fornire al cliente
una fertilizzazione fatta interamente con
reflui organici. «Sareb-
Due immagini di un
interratore Doda al
lavoro.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
be sbagliato pensare che siano inferiori
al concime minerale. L’errore comune –
aggiunge Negroni – è cercare di liberarsi dei reflui il più in fretta possibile e in
maniera irrazionale. Invece lo scopo deve essere di portare nutrimento alla
pianta quando ne ha bisogno».
Per completare la sua strategia, Negroni
ha bisogno di altri due attrezzi. Il primo,
che è anche il prossimo acquisto della
ditta, è un coltivatore-interratore a bande della Vogelsang. «Si tratta di una
macchina complessa, che combina la
lavorazione del terreno a strisce, secondo il principio dello strip till, con l’interramento dei liquami. In pratica è formata
da dischi e ancore che lavorano il terreno e da iniettori che distribuiscono il
liquame secondo la quantità stabilita
dall’operatore. Successivamente, con
una seminatrice Kinze a controllo satel-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
litare andiamo a seminare sulle bande
lavorate, proprio là dove abbiamo messo
il digestato o il liquame. In questo modo
poniamo le piante nelle migliori condizioni per crescere».
Interramento
su colture già emerse
Ultimo tassello del sistema immaginato
da Negroni è un attrezzo per l’interramento dei liquami su colture già emerse.
«Dobbiamo ancora valutare un paio di
soluzioni, quindi non so su cosa ci orienteremo. In ogni caso, sarà una barra in
grado di interrare il liquame nell'interfila,
senza danneggiare il mais ma facendo,
anzi, anche la sarchiatura».
Non appena completato il parco macchine, ecco quale sarà l’offerta: «Faremo un
primo intervento in pre-semina, con l'interratore per strip tillage e 50 metri cubi
di digestato per ettaro. A seguire, altri 50
metri cubi con la barra a distribuzione
superficiale con mais alla terza foglia e
infine gli ultimi 50 metri cubi contestuali
alla sarchiatura o al rincalzo. Chiaramente, se qualche agricoltore preferisce fare
da solo la sarchiatura, useremo la barra
a calate, con l’avvertenza che nelle successive quattro ore il prodotto deve essere interrato, altrimenti il suo potere
fertilizzante si riduce».
In questo modo, conclude Negroni «daremo 150 metri cubi di reflui nel giro di
poche settimane, localizzandoli nel modo migliore e interrandoli, così che non
perdano in efficienza.
Soprattutto nel caso del digestato, dovrebbero essere sufficienti per fare una
produzione in linea con la media del
territorio senza ricorrere ai concimi minerali».
47
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
I primi risultati
della sperimentazione
condotta
dalla Fondazione Mach
di San Michele.
Dagli allevamenti locali
un ammendante
di qualità
per frutticoltori
e viticoltori
*) Fondazione Edmund Mach – Istituto
Agrario di San Michele all’Adige (Tn).
Trentino
Filiera letame
il primo anno
di prove
di Andrea Cristoforetti (*)
el corso del 2013 la Fondazione Edmund Mach, di San Michele all’Adige
(Tn), ha avviato una sperimentazione per la messa a punto di una “filiera del
letame di qualità”. L’iniziativa, descritta nei suoi aspetti progettuali sul numero 7/2013 dell’Informatore Zootecnico, nasce dalla constatazione che nella realtà
trentina coesistono, spesso a breve distanza, zootecnia e frutticoltura: negli allevamenti si producono deiezioni che talvolta sono difficili da gestire, mentre i frutticoltori
hanno bisogno di sostanza organica per mantenere una adeguata fertilità dei terreni.
La filiera mira a “mettere in rete” allevatori e frutticoltori, impegnando i primi a
produrre letame di elevata qualità con la tecnica della maturazione controllata e i secondi ad utilizzarlo.
N
Letame in cumulo all inizio delle prove.
La fase progettuale
In una prima fase è stato individuato un
caso di studio con i requisiti necessari affinché il sistema di filiera sia praticabile: bacino territoriale con presenza di allevamenti
bovini che producono letame palabile e, nel
raggio di alcuni chilometri (tempo di viaggio con automezzo pesante pari a massimo
un’ora) terreni coltivati con necessità di
ripristino periodico di sostanza organica.
L’attenzione è caduta sulla Val di Non, situata nel Trentino settentrionale, dove nella sua parte più montuosa sono concen-
48
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Copertura dei cumuli con teli in geotessile.
Cumulo in maturazione.
trati numerosi allevamenti di bovini da
latte di razza bruno
alpina, parte dei quali
residuano letame con
un buon contenuto di
paglia. Nella parte
collinare della valle è
ampiamente diffusa
la coltivazione intensiva del melo (circa
6.500 ettari) e qui, soMacchina rivoltatrice in azione.
prattutto in occasione
di rinnovi, si manifesta l’esigenza di in- nibilità ad ospitare le prove.
Con queste premesse si è potuta avviare
genti quantità di ammendanti organici.
Partendo dal presupposto che le spese l’attività sperimentale in campo.
sostenute dagli allevatori per la maturazione controllata devono essere coperte Conduzione dei processi
dai ricavi della vendita del letame, attra- di maturazione controllata
verso una stima dei costi della matura- Presso due aziende zootecniche il letazione e dei trasporti si è potuto stabilire il me è stato prelevato dalla concimaia con
prezzo di vendita del letame maturo.
caricatore telescopico e trasferito in
Successivamente si è verificato che campo (tempo di viaggio con automezzo
questo fosse considerato congruo da pesante pari a circa 15’), disponendolo
parte dei potenziali acquirenti (i frutticol- in cumuli ad “andana” di larghezza 3 m,
tori), riscontrando anche un buon inte- altezza 1.5 m e lunghezza 25 m. Le masresse nei confronti dell’iniziativa. La veri- se avevano una porosità sufficiente grafica di questi ultimi aspetti è stata agevo- zie al buon impiego di paglia effettuato
lata dal fatto di avere come interlocutori in entrambi gli allevamenti come lettiera
non i singoli frutticoltori ma le “coopera- (circa 4-5 kg per capo per giorno).
tive di acquisto di mezzi tecnici per i soci”, I processi di maturazione hanno avuto
strutture che provvedono agli acquisti un avvio piuttosto rapido, con temperacollettivi di fertilizzanti, fitofarmaci ecc.. ture dei cumuli superiori a 40°C dopo
Infine sono state contattate alcune
pochi giorni, sintomo di una buona attiviaziende zootecniche per avere la dispo- tà microbica. Per mantenere le condizio-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
ni ecologiche ottimali
per i microrganismi
responsabili della trasformazione, che essendo aerobi necessitano di essere riforniti di ossigeno, sono
stati effettuati rivoltamenti dei cumuli mediante una macchina
operatrice dedicata
trainata da una trattrice agricola.
Gli interventi sono stati in totale 7, più
ravvicinati nel primo periodo (settimanali
per circa quattro settimane) quando l’attività microbica, e di conseguenza il consumo di ossigeno, sono più intensi e via
via meno frequenti (quindicinali per circa
due mesi) con il procedere della maturazione, quando ai batteri si sostituiscono i
funghi e gli attinomiceti e pertanto la necessità di ossigeno cala notevolmente.
I cumuli sono stati coperti con appositi
teli in geotessile, che consentono la circolazione dell’aria ma sono impermeabili
all’acqua. In questo modo vengono consentite le perdite idriche per evaporazione senza reidratazioni dovute alle precipitazioni, con conseguente calo di umidità del letame, sensibile nella stagione
calda e più ridotto nei periodi autunnoinvernali (1). Dopo tre mesi di maturazione i prodotti ottenuti sono stati caricati
su automezzi mediante caricatore tele-
49
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TAB. 1 - CARATTERISTICHE ANALITICHE DEI MATERIALI IN TRASFORMAZIONE E DEL LETAME MATURO
(85 GIORNI)
Prova A
Parametro
Unità di misura
Umidità
% t.q.
-
pH
Tempo 0
Prova B
42 giorni
85 giorni
Tempo 0
42 giorni
85 giorni
77
75,2
73,35
81,9
80,8
78,61
8,3
8,58
8,99
8,43
8,76
9,06
Cond. elettrica spec.
μS/cm
2640
1510
2040
2690
1670
2270
Azoto totale
% s.s.
2,45
2,38
2,39
2,92
2,44
2,14
Azoto ammoniacale
% s.s.
0,76
0,18
0,09
0,91
0,44
0,2
% su N totale
76,3
93
96,4
76,2
84,7
91,5
Carbonio organico
% s.s.
44,8
38
37,5
42,9
39,9
38,4
Sostanza organica
% s.s.
77,2
65,5
64,7
73,9
68,8
66,2
Acidi umici e fulvici
% s.s.
9,8
10,9
11,2
10,8
9,3
8,7
Fosforo totale
% s.s.
0,99
0,95
0,94
1,06
1,04
1,01
Potassio totale
% s.s.
1,76
2,33
2,24
1,76
1,52
1,83
1668
1044
480
2439
999
683
Azoto organico
Indice respirometrico
mg O2 kg SV-1 h-1
Rivoltamento dei cumuli.
scopico e consegnati ai frutticoltori.
La qualità degli ammendanti
ottenuti
Il miglioramento della qualità agronomica del letame si ottiene intervenendo
principalmente su tre aspetti: stabilizzazione e umificazione della sostanza organica, aumento dell’aliquota di azoto
organico a scapito di quello minerale,
riduzione dell’umidità.
50
Particolare della movimentazione.
Gli ammendanti, come è noto, sono materiali da aggiungere al suolo principalmente per conservarne o migliorarne le
caratteristiche fisiche e chimiche e l’attività biologica (2) ed è altrettanto noto
che tali benefici sono garantiti dalla sostanza organica ed in particolare da
quella più stabile, umificata (3). Un buon
ammendante dovrà pertanto avere una
buona dotazione di sostanza organica
stabile, in parte costituita da humus.
Gli effetti nutritivi degli ammendanti si
esplicano attraverso il rilascio graduale
di elementi, in particolare azoto. Basti
pensare al concetto di “forza vecchia”
applicato proprio al letame maturo ad
indicare la propensione di quest’ultimo a
mantenere nel tempo la capacità nutritiva, grazie alla dotazione di azoto in forma
prevalentemente organica, a lenta mineralizzazione (3).
Uno dei motivi che ha limitato le possibi-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Letame maturo in frutticoltura.
52
care una rapida stabilizzazione biologica
della sostanza organica (grafico 1).
- Il buon contenuto di acidi umici e fulvici
in tutti i materiali, anche nel letame fresco, con buona probabilità dovuto alla
elevata presenza di paglia; l’aumento di
humus nel corso del processo è apprezzabile solo in una delle due prove.
- La trasformazione dell’azoto in forma
quasi totalmente organica (grafico 2).
- Il calo di umidità apprezzabile, anche se
riduzioni molto più sensibili (H2O finale
67%) sono state registrate in altre prove
condotte nella stagione calda anziché in
Costi e sostenibilità
Come detto uno dei presupposti per la
creazione della filiera era la copertura
dei costi dovuti alla maturazione controllata con i proventi della vendita del letame maturo. Le cooperative frutticole
hanno indicato come prezzo sostenibile
2500
2000
IR (mg 02 kg SV-1 h -1)
lità di collocazione extra-aziendale del
letame è l’elevata umidità, anche in conseguenza della riduzione dell’impiego di
lettiera. E’ evidente che da parte di potenziali utilizzatori dover acquistare, trasportare e distribuire “100” per mettere
a disposizione del suolo “15” (umidità
del letame pari a 85%) è difficilmente
sostenibile.
La maturazione controllata consente di
intervenire sugli aspetti sopra esposti
grazie a:
- buon contenuto di fibre vegetali nel
letame dovute alla presenza di paglia e
conseguente agevolazione della sintesi
dell’humus (4);
- ottimizzazione dell’attività dei microrganismi aerobi grazie alla porosità dei
materiali ed ai rivoltamenti e conseguente accelerazione dei processi di stabilizzazione della sostanza organica;
- trasformazione dell’azoto minerale in
organico per immobilizzazione dovuta all’azione dei microrganismi (5);
- riduzione dell’umidità per evaporazione
dell’acqua e mancata reidratazione dei
cumuli.
In tab.1 sono riportate le caratteristiche
analitiche dei letami in fase di maturazione e degli ammendanti ottenuti e delle
quali si evidenziano i seguenti aspetti:
- La riduzione dei valori di indice respirometrico nel corso del processo, ad indi-
autunno come quelle qui descritte (1).
Per quanto attiene gli altri parametri da
notare una buona dotazione di sostanza
organica in entrambi i prodotti maturi,
così come la dotazione di fosforo e potassio. Piuttosto elevati sono i valori di
pH, ma consoni con l’impiego degli ammendanti in pieno campo.
Un aspetto rilevante, che gli utilizzatori
non hanno mancato di apprezzare, è la
possibilità di ridurre il quantitativo di ammendante distribuito per unità di superficie a parità di apporto di sostanza organica ed elementi nutritivi, impiegando il
letame da maturazione controllata rispetto a quello tradizionale. Ad esempio
per apportare ad un ettaro di frutteto 9
tonnellate di sostanza secca (contenenti
circa 6 tonnellate di sostanza organica
secca e 180 kg di N) sono sufficienti 37
t di prodotto maturato rispetto a 50 t di
letame tradizionale.
1500
1000
500
0
0
42
85
Tempo (giorni)
Prova a
Prova b
Grafico 1 - Andamento dell indice respirometrico
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
% N organico su N totale
Distribuzione di ammendante su melo.
Utilizzazione in viticoltura del letame ottenuto da maturazione controllata.
100
80
60
40
0
42
85
Tempo (giorni)
Prova a Prova b
Grafico 2 - Aumento dell aliquota di N organico
minuti/t letame trattato
12
10
8
6
4
2
0
Maturazione tradizionale
Carico fresco
Trasferimento in campo
Maturazione controllata
Rivoltamenti
Carico maturo
Trasporto maturo
Grafico 3 - Tempi di lavorazione meccanica
per l’acquisto del materiale circa 2 euro/
ql, pertanto in sede sperimentale andava
verificata la congruità di tali aspetti.
Presso una delle aziende coinvolte sono
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
stati contabilizzati tutti i tempi di lavorazione, dal prelievo del letame fresco in
concimaia alla sua disposizione in “andane” ed ai rivoltamenti, fino al carico del
prodotto maturo ed alla consegna agli
utilizzatori. Si è ritenuto utile anche effettuare un confronto dei costi con la maturazione tradizionale del letame in cumulo
statico. Al fine di rappresentare la maggior parte dei casi concreti riscontrabili
sul territorio sono state considerate due
modalità, l’effettuazione della maturazione presso l’allevamento (azienda) oppure in campo (tempo di trasporto massimo pari a 15 minuti).
Considerando infine che l’eventuale
maggior impiego di paglia può rappresentare una voce di spesa notevole, sono state indicate due diverse opzioni: per
aziende che non raggiungono i 4 kg per
capo per giorno è stato imputato un costo dovuto alla maggiorazione di paglia
di 2 kg per capo per giorno, per aziende
dove già si utilizzano i quantitativi richiesti nessun costo aggiuntivo.
In tabella 2 sono riportati i risultati dell’analisi economica relativa alla filiera. Si
nota come il costo di trattamento al netto delle spese di trasporto (“franco partenza”) sia solo leggermente più elevato
per la maturazione controllata rispetto a
quella tradizionale nel caso non sia richiesta la maggiorazione di paglia, mentre è sensibilmente più alto nei casi in cui
tale maggiorazione è necessaria.
Analizzando invece i costi di trattamento
comprensivi del trasporto del letame
maturo agli utilizzatori (“franco destino”),
si nota come la maturazione controllata
53
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TAB. 2 - ANALISI DEI COSTI
Metodo
Sito
Maggiorazione
paglia 2 kg per
capo per giorno)
Azienda
Maturazione
controllata
Maturazione
tradizionale
Costo trattamento letame fresco
(euro/ql)
francopartenza
franco destino **
Prezzo vendita letame
maturo (euro/ql)
No
0,36
0,72
1,35
Campo *
No
0,62
0,97
1,82
Azienda
Si
0,73
1,09
2,00
Campo *
Si
0,99
1,34
2,50
No
0,28
0,94
1,04
No
0,48
1,07
1,18
Concimaia
Campo *
* Tempo di viaggio max 15 minuti. ** Tempo di viaggio max 60 minuti.
senza maggiorazione di paglia sia più
economica di quella tradizionale e solo
di poco più costosa nel caso sia necessario un maggior utilizzo di lettiera. Ciò è
dovuto ai diversi cali di peso del letame
con le due differenti modalità di maturazione: circa il 10% nel caso di quella
tradizionale e molto più elevata, circa il
50%, nel caso di quella controllata, a
causa delle perdite di acqua per evaporazione e di sostanze volatili per la più
intensa attività di degradazione della sostanza organica.
La voce di maggior interesse è probabilmente quella relativa al prezzo di vendita
del letame maturo necessario per la copertura delle spese: si può notare come i
valori emersi siano congrui con quelli concordati con le cooperative frutticole, escluso solo il caso della maturazione controllata in campo con maggiorazione di paglia.
In un’ottica di sostenibilità ambientale va
evidenziato come la maturazione controllata sia non solo molto più rapida
rispetto a quella tradizionale (tre mesi
contro un anno o più) ma anche come
implichi tempi di lavorazione con l’impiego di mezzi meccanici inferiori, se entrambe effettuate in campo e comprensive del trasporto del letame agli utilizzatori (grafico 3). Ne consegue che anche i
consumi di carburante sono leggermente inferiori, 17 litri contro 18 litri di gaso-
54
lio per tonnellata di letame trattato, così
come le emissioni di CO2 pari a 41 kg/t
contro 45 kg/t di letame trattato (6).
Conclusioni
La sperimentazione condotta conferma
la sostenibilità della filiera dal punto di
vista tecnico, economico ed ambientale
nel caso di studio in esame. Il miglioramento delle caratteristiche agronomiche del letame in soli tre mesi di maturazione controllata è evidente. E i costi di
trattamento si dimostrano sostenibili.
Da parte degli utilizzatori del letame maturo, i frutticoltori, è emerso un forte interesse nei confronti della filiera.
Da parte dei produttori dell’ammendan-
te, gli allevatori, accanto all’attenzione
per un sistema che può agevolare notevolmente la gestione dei reflui di stalla vi
è una valutazione di eventuali criticità del
sistema, in primis la carenza di spazi per
la conduzione dei processi.
In tal senso sono da considerare le possibilità di realizzare platee pavimentate ove
allestire i cumuli (e pertanto senza doverne variare annualmente l’ubicazione) o addirittura la realizzazione di strutture dove
più allevatori possono gestire in comune i
loro reflui. Entrambe le opzioni sono in linea con quanto previsto dalle leggi in materia di utilizzazione degli effluenti di allevamento (Decreto 7 aprile 2006) e dalla
normativa ambientale (D.Lgs. 152/06).
BIBLIOGRAFIA
(1) Cristoforetti A. (2013): Nel Trentino una filiera per avere letame di qualità.
Informatore zootecnico n.7/2013, 46-51.
(2) Decreto Legislativo 29 aprile 2010 n.75. Riordino e revisione della disciplina in materia
di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88. Art.2, definizioni.
(3) Tabaglio V., Spallacci P. (2001): Liquami zootecnici. Manuale fertilizzazione
agronomica. Collana Edizioni L’Informatore Agrario, 235-243.
(4) Costantini E. (1995): Sostanza organica: conti e bilanci. Suppl. Notiziario Ersa
Friuli Venezia Giulia n.5/1995.
(5) Masoni A., Ercoli L. (2010): Riduzione dell’inquinamento delle acque dai nitrati
provenienti dall’agricoltura. Università di Pisa, 211-241.
(6) Contaldi M., Ilacqua M. (2003): Analisi dei fattori di emissione di CO2 dal settore
dei trasporti. Rapporto Apat 28/2003, 8-22.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
In Lombardia il 7%
del patrimonio bovino
è ormai servito
da un impianto
di biodigestione. Cosa
c’è dietro? Lo vediamo
discutendo i contenuti
di un convegno tenutosi
recentemente a Brescia
Biogas
Perché
i piccoli
impianti
di Ottavio Repetti
na delle soluzioni per gestire razionalmente le deiezioni è trattarle in un
biodigestore. Come è ormai più che assodato, questo processo non modifica
la concentrazione dei nitrati, tuttavia ne altera la natura, riducendo la frazione
organica e aumentando quella ammoniacale. Inoltre l’impiego dei reflui come “combustibile” per il biodigestore permette di trarre da essi un guadagno che può essere
reinvestito in impianti per l’abbattimento – questo sì, decisivo – dei nitrati.
Peraltro, l’impiego di letame e liquami nei biodigestori, marginale negli impianti da 1
Mw che hanno proliferato negli anni del primo boom, è diventato dal 2012 molto più
concreto e, anzi, necessario. Da due anni a questa parte, infatti, il regime degli incentivi
premia i piccoli impianti che utilizzano in prevalenza sottoprodotti aziendali. Dunque, le
installazioni da 100 a 500 kW alimentate principalmente con reflui e altri prodotti
secondari.
Proprio di questa tipologia e di quali siano le sue prospettive si è parlato in un
convegno organizzato di recente a Brescia da Energetica, il distretto agroenergetico
del Nordovest, che da anni porta avanti una campagna di informazione sulle agro-
U
TAB. 1 - COMPARAZIONE COSTI TRA DIVERSI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE (FONTE: SATA)
Capacità (m3)
Carrobotte aziendale TrattriceCarrobotte
10-15
Capacità di lavoro (m3/h)
Ore di lavoro
Cantiere Terragator 1 + 2 carri Cantiere Terragator 2 + 3 carri
Rifornimento
Rifornimento
19
19
20-30
100
100
100-150
400-550
550-700
Distanza
1-2 km
3-4 km
6-7 km
Costo (€/m3)
2,5-3,5
2,2-2,6
2,7-2,8
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
55
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
UNA GESTIONE RAZIONALE DEL PROBLEMA AZOTO
«L
a questione dell'azoto deve essere gestita, se non vogliamo entrare in uno scontro senza soluzioni con l'Unione
Europea». Lo ha detto Aldo Deias, presidente del distretto agroenergetico lombardo, nel suo intervento al convegno di Energetica.
«L'Aral, che da sempre svolge un'importante funzione di assistenza tecnica, ha compreso la necessità di ampliare la sua
azione comprendendo nell'assistenza le colture energetiche e
soprattutto l'utilizzo dei sottoprodotti, presenti in gran quantità
energie. Di seguito forniamo una sintesi
delle relazioni più interessanti per il settore dei bovini.
sul territorio ma spesso non impiegati. Dobbiamo capire – ha
detto Deias – come far crescere la produzione complessiva di
biogas utilizzando i sottoprodotti aziendali di origine animale,
vegetale oppure agro-alimentare».
Si deve inoltre creare un mercato controllato dei sottoprodotti,
magari appoggiandosi alle camere di commercio. Il sistema del
mercato libero, attualmente in vigore, non dà infatti garanzie a
causa della scarsa trasparenza dei prezzi.
O.R. 6
5
La fattibilità economica
Impianti di piccola taglia e alimentati con
sottoprodotti e reflui: è questa la ricetta
perché il biogas abbia ancora una redditività secondo Stefano Garimberti, specialista per la sostenibilità ambientale e il
risparmio energetico del Sata, il servizio
di assistenza tecnica per gli allevatori
lombardi. Nella sua relazione, stesa in sinergia con Massimo Baronio, dell'Apa di
Brescia, Garimberti si è soffermato sulla
fattibilità tecnica ed economica degli impianti di piccola taglia. «La digestione
anaerobica può rappresentare una risposta alla domanda di sostenibilità economica e conformità alla direttiva nitrati?
Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale – ha spiegato lo specialista Sata
– grazie ai biodigestori si ha una riduzione di emissione di gas a effetto serra, un
calo dei cattivi odori e la possibilità di
usare il digestato come fertilizzante ad
alto valore economico. Per la sostenibilità
economica va ricordata la possibilità di
ottenere, con il biogas, un'importante integrazione del reddito aziendale sfruttando i sottoprodotti dell'allevamento. Il margine ottenuto dalla biodigestione, inoltre,
può essere usato per ridurre il carico azotato dei reflui medesimi, risolvendo così il
problema della direttiva nitrati».
Il decreto del luglio 2012, tuttavia, ha
portato a un radicale cambio di prospetti-
56
4
3
2
1
0
20
40
60
80
100
Utilizzo dell'azoto (fertilizzante=100)
Fig. 1 - Efficienza di utilizzo dell azoto. Legenda: 1 Liquame suino interrato. 2 - Liquame bovino
interrato. 3 - Digestato interrato. 4 - Liquame bovino, distr. superficiale. 5 - Liquame suino, distr.
superficiale. 6 - Digestato, distr. Superficiale. Fonte: Pedersen, 2003.
va: «Prima di quella data, la redditività
dell'impianto era direttamente proporzionale alla sua potenza: maggiore era
quest'ultima, più l'attività era redditizia.
Ora, al contrario, l'impianto più redditizio
è quello costruito su misura per le potenzialità dell'azienda».
I biodigestori di piccola taglia, ha continuato Garimberti, devono essere dimensionati sull'allevamento e alimentati prevalentemente, se non esclusivamente,
con gli effluenti aziendali, a meno che
non si tratti di impianti inter-aziendali o
consortili. «La convenienza economica si
mantiene a patto che l'alimentazione sia
a costo quasi zero. In ogni caso, gli impianti devono assicurare tecnologie
semplici, affidabili, versatili e con bassi
costi di esercizio».
Viste le dimensioni medie delle aziende
lombarde, ha aggiunto il relatore, la taglia
probabilmente più redditizia è quella dei
100 kW: «Una dimensione che ha anche
il pregio di evitare l'obbligo di iscrizione al
registro del Gse. Si tratta di impianti semplici, per i quali è doveroso contenere al
minimo i costi di gestione, manodopera e
manutenzione».
Meglio la lettiera permanente
Si discute molto su quale sia la forma di
stabulazione migliore per un allevamento
che utilizza gli effluenti nell'impianto di
biogas. «La produzione di effluenti aziendali è influenzata da vari fattori: stadio di
accrescimento degli animali, tipo di lettiera utilizzato, diluizione da parte di acque meteoriche o lavaggi della sala di
mungitura, coefficiente di trasformazione dell'alimento e infine soluzione stabu-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TAB. 2 - POTENZIALE DI PRODUZIONE BIOGAS DEI REFLUI
ZOOTECNICI (FONTE: SATA)
Caratteristiche indicative
Liquame bovino
Valore medio
Intervallo
Letame bovino
Valore medio
Intervallo
Sostanza secca - ST (%)
8,2
5,7-10,2
210
130-290
Sostanza organica - SV (%)
73
64-82
79
70-87
Azoto totale - NTK (%ST)
4,7
2,8-6,6
2,7
2,1-3,3
Produzione di biogas
0,30-0,45
(di cui 55% metano)
lativa. La variabilità è alta sia tra aziende
– due stalle di dimensione simile possono avere potenzialità di biogas assai diverse – sia all'interno della stessa azienda, a seconda della stagione», ha spiegato il relatore.
Tra le varie soluzioni, ha aggiunto Garimberti, la lettiera permanente è quella che
assicura le maggiori rese in biogas. «Anche le performance di lattazione influen-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
0,35-0,50
(di cui 55% metano)
zano il quantitativo di reflui: le vacche più
produttive hanno una maggior ingestione e di conseguenza una più elevata produzione di deiezioni.
Importante, infine, il modo in cui le deiezioni sono gestite: lasciandole accumulare nelle vasche, si ha una perdita di potenziale energetico. «Il trasferimento per
tracimazione è il sistema più penalizzante, mentre il raschiatore è quello che con-
sente di sfruttare meglio il potenziale degli effluenti», è stato spiegato durante la
relazione.
Un caso concreto
Il Sata ha concluso il suo intervento con
la presentazione di un caso concreto.
«Per capire quale tipologia di impianto fa
al caso nostro dobbiamo compiere due
azioni: la prima è una stima attendibile
della quantità di liquami prodotti in azienda, tenendo conto delle variazioni tra la
stagione estiva e quella invernale. Secondariamente è utile un'analisi dei sottoprodotti aziendali per valutare la loro
resa in biogas. Ricordiamo – ha detto
Garimberti – che stimare i metri cubi di
effluenti non è importante soltanto per
stabilire le potenzialità energetiche, ma
anche per dimensionare correttamente il
digestore».
57
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Fig. 2 - Variazione della sostanza escreta in funzione della produzione di latte
A fronte di un'analisi di questo tipo, continua la relazione, si è visto che una stalla
con 300 capi su cuccette coperte di paglia e rimonta su lettiera può alimentare
senza problemi un impianto da 100 kW.
«La corretta progettazione di un impianto
di questo tipo prevede una prevasca non
riscaldata da 70 metri cubi dotata di miscelatore, un fermentatore riscaldato da
1.100 metri cubi con un tempo di permanenza di circa 38 giorni e una temperatura interna di 41°C. L’autoconsumo elettrico è del 10% circa». Un impianto di questo tipo, precisa il relatore, consente un
ricavo di circa 168mila euro, grazie a una
produzione di 712mila kW/h l'anno. I costi
di gestione ammontano a 42mila euro e
sono dovuti principalmente alle spese di
servizio e manutenzione, mentre il piano di
investimento prevede un ammortamento
annuo di circa 60mila euro. Fatti i conti, se
l'impianto funziona a dovere dovrebbe garantire un utile di circa 66mila euro annui.
Il digestato e la direttiva nitrati
Al di là della redditività reale o teorica, il
biodigestore attira l'interesse degli allevatori soprattutto perché potrebbe rappresentare una valida soluzione al problema dei nitrati. Di questo tema si occupa, da sempre, Flavio Sommariva, altro
specialista Sata, che ha citato il Decreto
sviluppo e l'emendamento, in esso contenuto, grazie al quale un digestato con
58
oltre il 70% di frazione ammoniacale e
con efficienza distributiva di almeno il
90% può essere equiparato a un fertilizzante minerale e non è pertanto più sottoposto al vincolo dei 170 kg/ha della
direttiva nitrati.
«La digestione anaerobica – ha precisato
il relatore – non riduce i nitrati totali, ma
ne trasforma profondamente la natura:
aumenta la componente ammoniacale,
quella di più facile assimilazion da parte
delle piante, e diminuisce quella organica, che si può considerare un humus precursore che migliora la struttura del terreno e rilascia azoto in tempi più lunghi.
Separando la frazione solida del digestato, nella componente liquida mi resta circa il 70% di azoto ammoniacale, sufficiente a soddisfare i requisiti del Decreto
sviluppo».
È anche importante, tuttavia, che il digestato sia distribuito bene: «Sistemi tradizionali, come i carri-botte con spandimento superficiale, arrivano a perdere il
35% dell'azoto. Al contrario una gestione oculata, con interramento del prodotto, ha una dispersione che non va oltre il
3%. Certamente – ha aggiunto Sommariva – sistemi ad alta tecnologia sono più
costosi, ma se consideriamo un uso intensivo, su grandi superfici, la differenza
non è poi così alta». In altre parole, un
semovente per liquami in mano a un contoterzista avrebbe un costo di esercizio
simile al carro-botte usato per poche decine di ore l'anno.
«Una botte normale, usata per 150 ore
l'anno, ha un costo di utilizzo di circa 3
euro, paragonabile a quello di uno Xerion
o di un Terragator impiegati in modo intensivo. A questo punto l'unico vero costo per l'allevatore è quello dello stoccaggio: perché la concimazione sia efficiente, è necessario distribuire il
digestato nel momento giusto e questo
implica uno stoccaggio più lungo. Occorre quindi aumentare il volume delle vasche. Parliamo, per un allevamento bovino, di circa 190 giorni. Se però serve a
evitare gli effetti della direttiva nitrati, è
un investimento accettabile».
La Lombardia
Le conclusioni del convegno sono state
lasciate a Gabriele Boccasile, Dg Agricoltura della Regione Lombardia. «Nella regione vi sono 324 impianti, alimentati quasi al 51% da reflui zootecnici. Questo valore – ha aggiunto Boccasile – manifesta
una chiara tendenza all'incremento, anche
perché la materia prima non manca: in
Lombardia si producono tre milioni di metri cubi di deiezioni e 12 milioni di metri
cubi di liquami. Tuttavia è positivo che in
Lombardia il 7% del patrimonio bovino sia
ormai servito da un impianto di biogas».
La biodigestione, ha concluso Boccasile,
serve anche a ridurre le emissioni di ammoniaca in atmosfera. «Emissioni per le
quali l'agricoltura è responsabile al 95%.
Anche per questo motivo, nei prossimi
anni tutte le vasche di stoccaggio dei
digestori dovranno essere coperte».
Il relatore ha concluso con una stoccata
ai costruttori di impianti: «Qualche anno
fa un biodigestore da 1 megawatt costava tre milioni di euro, oggi un impianto da
100 kW7h ne costa 700 mila. C'è qualcosa che non va: a parità di potenza installata, il costo dell'impianto è raddoppiato». E dunque – è l’ovvia conseguenza
– nel prossimo futuro il costo di realizzazione dovrà diminuire.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
Concluso il progetto
triennale Aqua,
coordinato dal Crpa
e finanziato dalla Ue.
Modifiche
nell alimentazione
di suini e bovini
sono utili contro
l inquinamento
delle acque
Progetto Aqua
Meno proteine
agli animali
meno nitrati
nelle falde
di Giorgio Setti
idurre l’inquinamento delle falde acquifere dovuto ai reflui zootecnici è possibile. Lo ha dimostrato il progetto Aqua, coordinato dal Crpa di Reggio Emilia e
giunto a conclusione dopo tre anni proprio nei giorni scorsi.
Al termine di una serie di sperimentazioni, condotte in dodici aziende di cinque regioni
R
CINQUE REGIONI FRA I PROTAGONISTI
I
l progetto comunitario Aqua, triennale,
è stato finanziato dall’Unione europea
nell’ambito del programma Life Plus Ambiente. Ma è stato cofinanziato dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed
Emilia-Romagna e dalle aziende Iren,
HerAmbiente e Agco Italia. Hanno collaborato alla sua realizzazione sei partner:
Fondazione Crpa Studi e ricerche, Cra,
Ipla Piemonte, Ersaf Lombardia, Veneto
Agricoltura ed Ersa Friuli Vg.
La sigla Aqua è l’acronimo di Achieving
good water quality status in intensive ani-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
mal production, cioè “raggiungere un
buon stato di qualità delle acque nelle
zone con zootecnia intensiva”.
Per valutare l’efficacia e la sostenibilità
economica delle soluzioni tecniche, il
progetto Aqua ha seguito per un triennio
11 allevamenti (4 suinicoli, 3 di bovini da
carne, 4 di bovini da latte) e un’azienda
agricola dimostrativa (l’azienda Diana di
Mogliano Veneto, in provincia di Treviso,
senza animali), aziende distribuite in cinque regioni del Nord Italia.
Inoltre il progetto ha realizzato, in tutte le
regioni coinvolte, una sessantina di iniziative di divulgazione per promuovere
l’adozione delle soluzioni proposte: 8 tra
corsi e seminari per tecnici, 11 giornate
dimostrative per circa 500 agricoltori, 25
info days nelle scuole, 7 convegni, 3 partecipazioni a fiere di settore, 6 conferenze stampa, 6 comunicati stampa, 10 articoli sulle principali riviste specializzate,
14 newsletter inviate a oltre 3.600 persone, 4 filmati.
Per saperne di più si può consultare il sito
internet http://aqua.crpa.it .
G.S. 59
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
AZOTO, IL BILANCIO E LA RESA
A
Tra le aziende agricole che hanno collaborato al progetto Aqua c’è l’azienda
Sgambaro, di Villa Del Conte (Pd), che vanta un allevamento di bovine da latte
di più di 150 capi e una superficie agricola di più di 50 ettari. Fra l’altro ha
collaborato a sperimentare nuove tecniche di spandimento dei liquami sui
terreni. La foto mostra un momento delle sperimentazioni condotte in questa
azienda: spandimento e sarchiatura su mais (foto F. Gasparini).
del Nord Italia, il progetto ha stabilito che
allevatori e coltivatori possono opporsi
con efficacia all’inquinamento da azoto,
da nitrati, applicando opportune scelte
tecniche. In allevamento, nell’alimentazione degli animali. Ma anche in campo,
con precise scelte agronomiche.
E alla fine dei tre anni di prove si è concluso che l’adozione di diete modificate,
basate su un minore apporto di proteine,
assieme all’applicazione di tecniche innovative di spandimento dei reflui sui terreni, hanno permesso di incrementare
l’efficienza d’uso dell’azoto, quello utilizzato in input in azienda. Incrementarne
l’efficienza, come mostrano le due tabelle, fino al 65% nelle aziende con allevamenti suinicoli e fino al 44% in quelle con
allevamenti di bovine da latte.
In allevamento
Per ognuno degli allevamenti che hanno
collaborato al progetto è stato progettato
un piano di alimentazione degli animali
avente lo scopo di limitare l’escrezione di
azoto (N), piano alimentare basato sulla
riduzione del livello proteico delle diete e
su un migliore bilanciamento tra energia
e proteina della razione. Il vecchio e il
nuovo piano alimentare sono stati seguiti
per verificare l’effettivo miglioramento
60
lla base del progetto Aqua c’è il concetto di “bilancio
dell’azoto”, inteso in questo caso come una stima della
differenza tra le entrate e le uscite di N in stalla. In altre parole il
bilancio dell’azoto è stato interpretato come uno strumento che
permette: a) di calcolare l’azoto escreto dagli animali; b) di
calcolare la resa dell’azoto, resa di tutta la stalla o di un gruppo
di animali; c) di vedere come questi parametri cambiano sia con
l’alimentazione standard aziendale che con quella modificata.
Azoto escreto. Con l’espressione ”azoto escreto dagli
animali” il progetto Aqua intende una quantità di N calcolata
per differenza tra l’N in entrata (azoto presente negli animali
acquistati e negli alimenti) e l’N in uscita negli animali (peso
vivo di suini o bovini, kg di N nel latte).
Resa dell a zoto.Un altro parametro chiave nel progetto
Aqua è la “resa dell’azoto”, intesa come la percentuale dell’azoto introdotto in allevamento con gli alimenti che si è poi
trasformato in carne (accrescimento) o in latte. Le tabelle
calcolano così la resa dell’azoto: negli allevamenti suinicoli e
di bovini da carne era il rapporto tra i kg d’azoto nel peso vivo
venduto e i kg di azoto consumati dagli animali nella propria
alimentazione; negli allevamenti di bovini da latte invece la
resa dell’azoto era il rapporto tra i kg d’azoto nel latte e i kg di
azoto consumati dalle vacche nella propria alimentazione.
Il tool di calcolo. C’è una “applicazione” per il calcolo del
bilancio dell’azoto negli allevamenti di suini e di bovini: si
chiama “Calcola N” ed è disponibile sul sito internet http://
aqua.crpa.it . Questo tool, definito dal progetto Aqua “semplice e intuitivo”, prevede maschere per individuare e inserire
gli elementi del bilancio dell’azoto (input e output). Restituisce una schermata riassuntiva di bilancio e resa dell’azoto,
esportabile come documento pdf. E’ possibile archiviare e
consultare uno storico aziendale, così come analizzare più
allevamenti e più scenari di gestione della stalla.
G.S. della “resa dell’azoto” (vedi secondo box), il mantenimento dei livelli di produzione,
l’impatto economico e ambientale
delle scelte fatte.
L'obiettivo di una
riduzione dell'azoto escreto dagli
animali da reddito
può essere raggiunto aumentandone l'efficienza di
trasformazione, alzando cioè la percentuale di azoto
alimentare trattenuta dall'organismo. In pratica:
- per i suini questo significa diminuire la
quantità di proteina della razione, ma anche incrementarne il valore biologico, bilanciando la proteina degli alimenti per
quantità (in rapporto all'energia della dieta) e qualità (attraverso l'utilizzazione di
aminoacidi di sintesi);
- per i bovini (da latte e da carne), oltre ad
agire sulla proteina della dieta va anche
considerata la fisiologia ruminale, da favorire per avere la massima sintesi di
proteina batterica poi digerita e utilizzata
per le produzioni.
In suinicoltura. Per contenere l’escrezione di azoto da parte dei suini il progetto Aqua ha proposto una riduzione del
10% della proteina grezza nella dieta. In
più anche una integrazione con lisina,
per evitare perdite di produttività e peggioramenti della qualità delle carcasse al
macello.
Nelle due aziende in cui tutto l’allevamento è stato sottoposto a un cambio di
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TAB. 1 - SUINI, L’AZOTO DOPO L’APPLICAZIONE DELL’ALIMENTAZIONE AQUA
Azienda
Intervento sulla dieta
Zambelli (Re)
prima
dopo
Comazoo (Bs)
prima
dopo
Proteina grezza nella dieta (%)
14,34
13,29
14,27
11,58
13,44
12,69
16,67
14,21
Resa dell'azoto (%) (b)
28,00
33,00
28,00
35,00
30,00
31,00
23,00
28,00
(a)
Mana (Cn)
alto
basso
alto
Biagi (Mn)
basso
N escreto per suino venduto (kg)
7,97
7,36
7,66
6,09
7,04
6,37
9,41
7,10
N al campo per posto (kg/anno)
11,25
9,85
11,86
8,68
9,05
8,28
13,55
10,22
58
65
-
-
61
65
-
491
388
-
-
454
387
-
Efficienza d'uso dell'azoto (%) (c)
Surplus di azoto (kg N / ettaro)
-
a) Prima e dopo: attuazione di un'alimentazione a ridotto impiego di proteina per tutto l'allevamento. Alto e basso: diete a diverso titolo proteico in piccoli gruppi di animali.
b) Resa: kg N peso vivo venduto / kg N consumato dall'animale.
c) Efficienza dell'azoto a livello aziendale, output/input.
alimentazione i risultati sono stati evidenti, li riassumiamo nella tabella 1.
Nell'azienda Zambelli di Guastalla (Re),
con 4.200 posti ingrasso, un abbassamento medio di un punto percentuale
della proteina della dieta ha provocato
una riduzione di 1,5 kg/anno di azoto al
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
campo per posto. Nell'azienda suinicola
della cooperativa Comazoo di Montichiari
(Bs), con mille posti ingrasso, alla riduzione di 2,7 punti percentuali di proteina ha
corrisposto un calo di 3,2 kg/anno di
azoto al campo per posto.
Nell’allevamento di bovini da car-
ne. Per dimostrare come migliorare la
ritenzione azotata anche nella produzione di carne bovina, il progetto Aqua ha
seguito tre aziende estremamente diverse tra loro (troppo diverse perché i loro
dati potessero essere riassunti in una
tabella): Sevega, del Cuneese, un alleva-
61
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
TAB. 2 - VACCHE DA LATTE, L’AZOTO DOPO L’APPLICAZIONE DELL’ALIMENTAZIONE AQUA
Azienda
Intervento sulla dieta
(a)
Proteina grezza nella dieta (%)
Pinotti (Cr)
prima
dopo
16
15,2
Mori (Re)
prima
dopo
Sgambaro (Pd)
prima
dopo
Bolzon (Ud)
prima
dopo
14,8
14,6
15,5
14,2
14,3
14,8
Resa dell'azoto (%) (b)
24
25
23
23
20
22
19
20
N escreto per t di peso vivo
193
182
187
174
177
179
197
193
Efficienza d'uso dell'azoto (%) (c)
40
44
33
35
25
31
26
26
Surplus di azoto (kg N / ettaro)
256
215
206
194
239
247
286
286
a) Prima e dopo: adozione di livelli proteici diversi nell'alimentazione delle bovine.
b) Resa: kg N latte / kg N consumato dall'animale.
c) Efficienza dell'azoto a livello aziendale, output/input.
mento a ciclo chiuso di razza
Piemontese; Bagioni, del Forlivese, che ingrassa bovini Romagnola; Cagnin, del Padovano, che alleva maschi frisoni
provenienti dalla propria stalla
da latte.
All’allevamento Sevega i bovini a inizio ingrasso sono stati
sottoposti a due diverse dite:
ad “alto” (12,76%) e a “basso”
(11,75%) tenore proteico; e il
bilancio dell’azoto ha confermato che
anche tra i bovini da carne l’N escreto è
proporzionale al tenore proteico delle
diete.
Nell’azienda Bagioni la differenza di circa
un punto nel titolo proteico della dieta
(“alto” 14,3%, “basso” 13%) ha prodotto
un miglioramento di un punto della resa
dell'azoto alimentare in azoto fissato dagli animali: “alto” 17%, “basso” 18%; inoltre è diminuito l'azoto escreto al campo
per animale venduto.
All'azienda Cagnin i livelli proteici delle
diete dei bovini frisoni sono stati sempre
molto bassi (11,5% nei primi due anni,
12,1% nel 2013); il livello di escrezione e
conseguentemente l'azoto al campo dei
vitelloni è risultato molto ridotto; l’escrezione di azoto è stata inferiore al livello
indicato dalla normativa del 40% per i
primi due anni e del 35% nel 2013.
Nell’allevamento di bovine da latte.
Anche le quattro aziende citate dalla tabella 2 hanno ospitato le sperimentazioni
Aqua. Allevano tutte bovine da latte e in
62
•
Fra chi ha collaborato al progetto Aqua c’era
anche l’azienda Bagioni, del Forlivese. Qui sono
allevati bovini da carne di razze bianche italiane.
anni successivi (“prima” e “dopo” nella
tabella) hanno adottato differenti livelli
proteici nella razione.
Come mostra la tabella, tutti e quattro gli
allevamenti hanno ridotto l’impiego di
proteine nell’alimentazione delle proprie
bovine. E in tre casi su quattro (nel caso
dell’azienda Mori la resa dell’azoto è rimasta ferma) c’è stato un miglioramento
della trasformazione della proteina alimentare in latte.
Sempre in tre casi su quattro (fa eccezione Sgambaro) nonostante una resa dell’N migliorata o costante l’azoto escreto
si è ridotto.
In campo
Il progetto Aqua ha condotto sperimentazioni non solo nell’ambito zootecnico
ma anche nell’ambito agronomico e lo ha
fatto nei terreni delle stesse aziende che
hanno collaborato agli studi sull’alimentazione degli animali.
Qui, con l’obiettivo di trovare
metodi utili a limitare le perdite di nitrati dal suolo alle
acque, perdite conseguenti
alla fertilizzazione con liquami zootecnici, Aqua ha messo in pratica successioni
colturali a) con elevata
asportazione di azoto; b) caratterizzate da una lunga
stagione di crescita. Tra
queste successioni:
- le doppie colture con mais ed erbaio
autunno-vernino (loiessa o cereale da foraggio),
- le colture con cereale autunno-vernino
seguito da erbaio estivo (sorgo, panico),
- infine i prati permanenti.
Sono state messe a fuoco anche tecniche di spandimento dei reflui zootecnici
alternative alla tecnica standard, cioè all’uso della botte a scarico posteriore sopra terra seguito da interramento. Hanno
dimostrato di aumentare l’efficienza di
utilizzo dell’azoto dei liquami:
- l’interramento contestuale alla distribuzione (botte con ancore o sistema a tubo
flessibile “ombelicale”);
- la distribuzione rasoterra a bande;
- la distribuzione in sarchiatura tra le file;
- la fertirrigazione con miscela di liquami
e acque irrigue.
L’efficienza dell’azoto
Il surplus di azoto corrisponde all’azoto
che si perde nelle acque superficiali o
sotterranee, dunque il parametro è un
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI
«importante indicatore ambientale». La quantità di N
perduta corrisponde alla differenza tra N in ingresso e N
in uscita dall’azienda.
Ora, le ultime due righe delle
tabelle parlano di efficienza e
di surplus di azoto; anche in
questo caso “prima” indica la
situazione senza gli interventi Aqua e
“dopo” quella con gli interventi Aqua. E
mettono in evidenza, come sottolineano i
curatori del progetto, che «l’applicazione
delle buone pratiche agronomiche e l’associazione con una gestione ottimizzata
dell’azoto in stalla hanno permesso di
migliorare i bilanci dell’azoto a scala
aziendale». Ecco i dettagli.
In due allevamenti suinicoli (Mana
e Zambelli). Qui la riduzione della pro-
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
Le bovine dell azienda Mori di Gattatico (Re),
385 capi, di cui 180 in lattazione.
teina nelle diete ha portato a un incremento dell'efficienza d'uso dell'azoto in
stalla. E assieme all'applicazione di tecniche di spandimento migliorative si è potuto alla fine ottenere un miglioramento
dell’efficienza d’uso dell’azoto a livello
aziendale sino al 65%. Il surplus di azoto,
poi, è sceso al di sotto dei 400 kg N/ha/
anno: «Un ottimo risultato per le aziende
con suini, che consente di ridurre la quota di effluenti per
gli spandimenti ceduti a terzi
su terreni in concessione».
Nei quattro allevamenti di
bovini da latte. Qui i risultati
sono stati un po’ diversificati,
Aqua li riassume così. Efficienza d’uso più elevata: nell’azienda Pinotti, che oltre al latte cede granella di mais. Efficienza d’uso più
ridotta: Bolzon, che alleva bovine a duplice attitudine latte/carne (Pezzate rosse)
quindi meno efficienti come resa dell’azoto rispetto alle razze da latte. L’azienda più
estensiva: Mori, con surplus inferiore ai
200 k N/ha/anno, che sono «il limite tra i
sistemi da latte più intensivi del sud Europa e quelli meno dipendenti da apporti
esterni, più tipici ad esempio di Francia e
Scozia».
63
LA PAROLA ALL·I NDUSTRIA
Accordo tra Abp Ireland e Carrefour Italia per la distribuzione esclusiva di
questo prodotto. Annuncio a Paderno (Mi) con visita del ministro irlandese
Alla Carrefour la carne bovina
Irish Hereford Prime
ccordo fra Carrefour
Italia e la società Abp
Ireland, in collaborazione con Bord Bia, per la distribuzione della carne bovina
Irish Hereford Prime, gamma
premium della razza irlandese
Hereford. L'annuncio è stato
dato presso l’ipermercato Carrefour di Paderno, in provincia
di Milano, alla presenza di Richard Bruton, ministro irlandese del Lavoro impresa e innovazione, di Liam MacHale, manager Bord Bia, e di Finbarr
McDonnell, ceo di Abp Irlanda
e del management di Carrefour Italia.
Dopo una fase pilota che ha
coinvolto numerosi punti vendita, principalmente in Lombardia, questo prodotto di eccellenza vedrà il suo inserimento in ulteriori store
A
Carrefour. Il progetto sarà supportato da iniziative promozionali e degustazioni all’interno
dei punti vendita.
«Irish Hereford Prime - afferma Liam MacHale - è una vera
eccellenza della nostra terra,
già riconosciuta e apprezzata
dai grandi chef internazionali.
E’ stata selezionata quale ingrediente ufficiale al concorso
di alta cucina Bocuse d’Or nel
2013. Grazie a questo accordo, potremo far conoscere a
tutte le famiglie italiane le caratteristiche uniche di questa
carne e la grande attenzione
che riserviamo all’allevamento
del bestiame».
«Questa collaborazione è motivo di grande soddisfazione sottolinea Massimo Silvestrini,
direttore prodotti freschi Carrefour Italia - in quanto ancora
una volta possiamo dire di annoverare tra i nostri partner
un’eccellenza della produzione
alimentare. Siamo particolarmente onorati di avere avuto
con noi il ministro Bruton, la cui
presenza ha suggellato l’intento di collaborazione con Abp
Ireland».
«Siamo lieti che Irish Hereford
Prime sia il primo prodotto di
carne bovina irlandese di marca presente sugli scaffali italiani. Questo progetto è il coronamento del crescente interesse
dimostrato per questo prodotto, dopo il suo ingresso nelle
case degli italiani come ingrediente ufficiale nella terza edizione di Masterchef Italia», dichiara Finbarr McDonnell, amministratore delegato di Abp
Ireland.
Bord Bia, Irish Food Board, è
un ente governativo dedicato
allo sviluppo dei mercati di
esportazione dei prodotti alimentari, delle bevande e della
produzione ortofrutticola di origine irlandese. Tra settori in
maggiore crescita nel 2013
quello della carne (+ 10% rispetto al 2012). Nel 2012 l’Irlanda ha esportato oltre
26mila tonnellate di carne bovina in Italia. Ulteriori informazioni sono reperibili accedendo ai siti www.bordbia.ie e
www.irishherefordprime.com
Il Gruppo Carrefour opera in
Italia con 1.123 esercizi, di cui
458 diretti e 665 in franchising, suddivisi in 58 ipermercati Carrefour, 403 supermercati
Carrefour Market, 643 punti
vendita di prossimità Carrefour
Express e 19 cash and carry
Docks market e Grossiper.
Tagliafieno InterPuls
l tagliafieno è la soluzione ideale per il taglio sia
di rotoballe che di insilato
in trincea. Ora, InterPuls è lieta di proporre il modello
LH22, attrezzo perfetto per i
piccoli allevamenti. Robusto e
maneggevole
garantisce
un’operatività silenziosa, senza polvere e senza vibrazioni.
Le lame sono studiate per ga-
I
64
rantire precisione di taglio,
unito a una perfetta penetrazione, anche in caso di foraggio pressato o di insilato in
trincea indurito dalle basse
temperature. È consigliabile
far oscillare le lame durante
l’utilizzo per sfruttare l’intera
larghezza di taglio e il pulsante
di sicurezza assicura lo spegnimento del tagliafieno in ca-
so di caduta o accidentale scivolamento.
Tagliafieno LH22 permette di tagliare il foraggio in modo da creare
bocconi uniformi. Inoltre
è una soluzione competitiva per quelle piccole realtà che necessitano di
uno strumento elettrico, esente da manu-
tenzione
e poco ingombrante.
Tagliafieno
LH22 by InterPuls è un’
attrezzatura
versatile;
adatta per la
zootecnia
a 360°.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
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LA PAROLA ALL·I NDUSTRIA
Da Interpuls Dvg-T
vacuometro portatile
nterPuls presenta l’ultimo
nato della gamma di strumenti per il controllo della
mungitrice: Dvg-T. Dvg-T è il
vacuometro digitale portatile
pensato per i professionisti
della mungitura.
Compatto e facile da utilizzare, permette la rilevazione
istantanea del livello di vuoto
I
in qualsiasi punto dell’impianto di mungitura. Dotato di una
skin protettiva in gomma il dispositivo è resistente agli urti
e l’affidabile tecnologia a micro-processore lo rende uno
strumento affidabile in qualsiasi condizione. Dvg-T è stato
studiato per ridurre al minimo
il consumo delle batterie - ga-
rantendo un elevato numero
di controlli tra una ricarica e
l’altra - memorizzando il valore
massimo e minimo rilevato.
Dvg-T rileva, grazie alla sonda
esterna, la temperatura ambientale, del latte o dell’acqua.
Il dispositivo gestisce una
doppia scala di misurazione
sia per il vuoto (kPa o pollici di
Hg) che per la temperatura
(°C o °F), rendendolo un prodotto interessante anche per
l’estero.
Durio (Zoetis) presidente Aisa
ackground in economia e commercio e
marketing, vent'anni
di esperienza come manager
nel settore farmaceutico sia in
ambito umano sia animale
(Abbott, Jansenn-Cilag, Pfizer
e Zoetis). E’ il curriculum di
Chiara Durio (Zoetis srl) nuovo presidente di Aisa, Associazione nazionale imprese
salute animale. Riceve il testimone da Giulio Predieri, che
rimane nell'associazione come past president, e del cui
mandato riprende continuità
attraverso progetti come tracciabilità, prontuario, antibiotico resistenza e medicazione
orale.
«Tra gli obiettivi da portare
avanti - spiega Chiara Durio c'è quello di elevare il peso
specifico di Aisa con gli interlocutori istituzionali per rendere l’associazione sempre più
driver nelle questioni che impattano il settore della salute
B
66
animale. Ma anche elevare il
livello della professionalità degli operatori sviluppando credibilità, etica e correttezza anche attraverso la consapevolezza dell’impatto sociale». Tra
i primi passi annunciati del
presidente, la costruzione di
una partnership reale con le
autorità ministeriali, il rafforzamento della collaborazione
con le associazioni Fnovi,
Anmvi, Assalzoo, Assalco, Aia,
Una,
Avitalia,
Coldiretti,
Confagricoltura, Fise, Enci.
«In Italia abbiamo molte eccellenze - continua Durio - molte
potenzialità inespresse. E se
quello degli animali da reddito
è un mercato sano e relativamente protetto, e quello degli
animali da compagnia mostra
cura e attenzione alla salute in
crescita, dobbiamo tenere
sotto controllo la concorrenza
estera e fare i conti con un
canale distributivo disomogeneo. Un passo importante è
passare da un mercato nel
quale ogni attore cura il proprio, a una azione integrata di
filiera che coinvolga farmacisti, veterinari, grossisti, industria, allevatori».
Il rinnovo delle cariche Aisa è
avvenuto il 12 marzo. Oltre al
presidente Chiara Durio, per il
triennio 2014-2016 sono
stati nominati vice-presidenti
Giampiero Vantellino (Bayer)
e Renato della Valle (Innovet).
La commissione direttiva è
composta da Alberto Milani
(Formevet), Carlo Gazza (Fatro), Arianna Bolla (Eli Lilly Italia), Cristina Cellini (Vetoquinol), Roberto Del Maso (Merial), Flavio Zanellato (Virbac),
Luca Cravero Candioli (Ist.
Farm. Candioli), Andrea Fiorentini (Ceva Salute Animale),
Riccardo Romagnoli (Chemifarma), Christian Troetschel
(Boehringer Ingelheim), Luciano Gobbi (Msd).
Con le nuove cariche, Aisa
conferma dunque il proprio
impegno nello sviluppo del
mercato dei beni per la salute
animale. Come ricordato dalla
Durio, tra i principali obiettivi
futuri di Aisa ci sono la piena
tracciabilità del farmaco veterinario, di cui il codice Datamatrix è stato il primo, consistente passo, ma anche il monitoraggio
continuo
del
dibattito internazionale in tema di uso razionale dell’antibiotico, dell’evoluzione delle
normative e della ricerca
scientifica. Ma anche assicurare al mercato la trasparenza
e la corretta informazione che
garantisca la consapevole libertà di scelta nei propri consumi.
L’Aisa, fondata nel 1986 all’interno di Federchimica, raggruppa 21 aziende nazionali e
multinazionali operanti nel
settore farmaceutico veterinario; Aisa opera dagli uffici
Federchimica.
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
VETERINARIA
Fondata a Reggio Emilia l’Associazione nazionale Veterinari aziendali
Veterinari aziendali, nasce Anvaz
l 7 marzo, in concomitanza del congresso del Mastitis Council Italia, è
stata fondata presso l’Ordine dei veterinari di Reggio Emilia l’Associazione nazionale Veterinari aziendali (Anvaz). Promotore e cofondatore è Giovanni Turriziani, che
ha sottolineato come sia importante adeguare la professione veterinaria alla sfida
costituita dal mercato globale, su cui le
filiere italiane sono sempre più impegnate.
Per supportare gli allevamenti e i prodotti
italiani in questo scenario è indispensabile migliorare le competenze dei medici
veterinari, favorendo anche il dialogo con
le altre professioni. Un’organizzazione che
coordini le produzioni nei vari territori dovrà far sì che ogni filiera possa essere
competitiva sul mercato con le sue peculiarità, utilizzando i controlli come valore
aggiunto dei prodotti made in Italy.
La figura del Veterinario aziendale è stata
definita, per ruolo e competenze, nella
Carta fondativa del Veterinario aziendale,
approvata dalla Fnovi (Federazione nazionale ordini veterinari italiani) nel 2010
con lo scopo di un suo riconoscimento
istituzionale. L’obiettivo era di rispondere
alle richieste della Ue di completare la
rete di sorveglianza epidemiologica del
nostro Paese, inserendo il veterinario di
fiducia, già presente nei nostri allevamenti, in un sistema efficiente di gestione sanitaria degli animali e delle produzioni.
Questa nuova figura professionale diven-
ta quindi il referente in allevamento per il
Ssn e costituisce un elemento fondamentale per la riqualificazione della libera professione e per la modernizzazione della
professione veterinaria.
In occasione della fondazione dell’Anvaz è
intervenuto anche Gaetano Penocchio,
presidente della Fnovi, che citando l’impegno della Fnovi per la promozione del Veterinario aziendale ha ricordato come l’associazionismo sia una forza per tutta la
categoria e ha ribadito che l’obiettivo comune è quello di migliorare la professione
veterinaria.
Tutte le informazioni riguardanti l’Associazione sono disponibili nella sezione dedicata sul sito www.mastitalia.org.
Micaela Cipolla
Dipartimento di Scienze Veterinarie e
Sanità Pubblica (Divet) - Università degli Studi di Milano.
Nel Nord Europa
Schmallenberg virus
nel 2010 non c’era
Sperimentazione animale
Recepita direttiva Ue
animali più protetti
Ministero della Sanità
Blue tongue, trasporti
meno difficili
Il virus Schmallenberg (SBV), associato a
natimortalità e malformazioni nei ruminanti, è stato identificato in molti paesi
europei dall’agosto 2011. Uno studio
(Gerhauser e coll., 2014) condotto dall’università di Hannover in collaborazione
con l’università di Glasgow, ha effettuato
un indagine retrospettiva in campioni di
tessuto cerebrale archiviati tra il 1961 e il
2010 in Germania (112 bovini, 57 pecore,
16 capre e 27 ruminanti selvatici).
Dall’analisi è emersa l’assenza di proteine
e di RNA di SBV, pertanto sembra che il
virus possa essere stato introdotto recentemente nei paesi europei settentrionali
dalle regioni tropicali o subtropicali. M.B.
Finalmente pubblicato in Gazzetta ufficiale (GU n. 61 del 14 marzo 2014) il Dlgs
26 del 4 marzo 2014 di attuazione della
direttiva 2010/63/Ue sulla protezione
degli animali utilizzati a fini scientifici dopo
il ritardo accumulato nei confronti dell’Europa.
Il provvedimento introduce disposizioni
che mirano alla sostituzione e alla riduzione dell’uso di animali nelle diverse procedure e al miglioramento dei metodi di allevamento, sistemazione, cura ed uso, nonché norme relative alla loro origine,
marcatura, cura, sistemazione e soppressione, all’attività degli allevatori, dei fornitori e degli utilizzatori.
M.B.
Il ministero della Sanità dispone ulteriori
misure di controllo ed eradicazione per
contenere l’eventuale diffusione del virus
della Blue Tongue (BTV) sul territorio nazionale.
Il provvedimento emanato il 14 marzo
2014 dal ministero modifica quanto disposto il 4 ottobre 2013 facilitando le
movimentazioni in ambito nazionale dei
capi sensibili alla malattia.
Allegati al dispositivo ministeriale una
mappa aggiornata delle zone di restrizione (allegato A) e una linea guida per le
movimentazioni in ambito nazionale di
animali da vita e animali destinati al macello (allegato B).
M.B.
I
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
67
APPUNTAMENTI
Appuntamento con l’esposizione pugliese dal 30 aprile al 4 maggio 2014
Fieramente agricoli a Foggia
na fiera nazionale delle razze
ovine autoctone, il Cunavisud (la
fiera nazionale delle attività cunicole, avicole e specie minori, in collaborazione con Anci - Associazione nazionale
coniglicoltori), la vetrina Italialleva delle
specie e razze allevate in Capitanata, un
convegno tecnico sulle assicurazioni per
le aziende zootecniche, un incontro internazionale sullo stato della zootecnia di alcuni Paesi africani emergenti, degustazioni guidate dei prodotti tipici foggiani. E
forse pure una mostra interregionale della
razza bovina Marchigiana. È ampio e variegato il programma di manifestazioni che
l’Apa Foggia, di concerto con l’Ara Puglia,
organizzerà alla 65ª edizione della Fiera
internazionale dell’agricoltura e della zootecnia di Foggia (30 aprile-4 maggio).
«Ci sforziamo di far sentire viva la voce
della nostra zootecnia e di legarla sempre
più strettamente a quella nazionale e internazionale - dichiara il presidente dell’Apa Foggia, Sergio Pompa - . Gli allevatori stanno vivendo una situazione economica moto difficile, sempre più stretti fra
l’incudine di un calo dei consumi di latte,
formaggi e carne e della stasi dei prezzi
dei prodotti zootecnici e il martello del
continuo aumento dei costi di produzione.
La Fiera dauna potrà, così ci auguriamo,
dare un richiamo di immagine e una boccata di ossigeno a una realtà produttiva in
preda ad asfissia da crisi economica».
All’impegno dell’Apa dauna si uniscono gli
sforzi della Fiera di Foggia, «che rimane
“Fieramente agricola” - afferma il presidente Fedele Cannerozzi - per offrire ai
visitatori, con nuovi saloni espositivi, un
quadro ampio e variegato della zootecnia
dauna e nello stesso tempo l’immagine di
un comparto che non vuole vivere di lamenti sulla crisi, ma propone modelli produttivi e commerciali per il suo ulteriore
sviluppo».
G.F.S.
Per informazioni:
0881-632511 , info@fieradifoggia.it
www.fierafoggia.it
Lesignana (Mo), 12 aprile
Il caseificio 4 Madonne
inaugura il 12 aprile
Rennes (Francia), 16 sett.
Marcel Denieul
presidente di Space
Cremona, 22-25 ottobre
Assalzoo, accordo
per il mercato estero
Verrà inaugurato il 12 aprile alle 10 il
rinnovato Caseificio 4 Madonne situato in
Strada Lesignana 130, a Lesignana, Modena. Interverranno Andrea Nascimbeni,
presidente del Caseificio; Paolo De Castro, presidente Commissione agricoltura
del Parlamento Ue; Tiberio Rabboni, assessore regionale Agricoltura; Gian Carlo
Muzzarelli, assessore Attività produttive
Emilia-Romagna; Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano-Reggiano; Maurizio Gardini, presidente Confcooperative; Gaetano De Vinco, presidente
Confcooperative Modena.
Per informazioni:
059 849 468
Marcel Denieul è stato nominato presidente di Space, il Salone internazionale
della produzione anmale di Rennes, Francia, che quest’anno si terrà dal 16 al 19
settembre.
Denieul, che succede a Jean-Michel Lemetayer, è stato presidente della Camera
dell’agricoltura del dipartimento bretone
di Ille et Vilaine ed è un imprenditore agricolo. Fa parte di un Gruppo con dieci
associati che produce latte, maiali e il pollo di Janzé, dal nome della città di residenza. Ha incarichi in numerosi organismi
rappresentativi del comparto agricolo.
Per informazioni:
info@space.fr; www.space.fr
Il presidente di Assalzoo Alberto Allodi,
insieme con il segretario generale Lea
Pallaroni e il consigliere Gian Battista
Mayer, ha incontrato il presidente di CremonaFiere Antonio Piva e il direttore generale Massimo Bianchedi per studiare
iniziative comuni con l’obiettivo di portare
alle Fiere zootecniche di Cremona (2225 ottobre 2014) un numero sempre
maggiore di operatori dai mercati esteri.
La Fiera Internazionale del Bovino da Latte, Italpig, Expocasearia e l’International
Poultry Forum costituiscono alcune tra le
principali realtà mondiali del settore.
Per informazioni:
•www.bovinodalatte.it; www.italpig.it
U
INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014
69
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