Quindicinale de Il Sole 24Ore Business Media 4 aprile anno LX / 13 Aprile 2014 2014 www.agricoltura24.com n.7 n.7 n.7 GESTIONE REFLUI ZOOTECNICI Dai trattamenti agli spandimenti Un dossier sulle tecniche e sulle norme Quindicinale - Poste Italiane S.p.A. - sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1. c. 1; DCB Milano INALCA Parla Luigi Cremonini Più bovini nelle colline GRANAROLO Parla Gianpiero Calzolari Prezzi alti agli allevatori ALLUVIONI Se sui campi di medica c’è un deposito di limo L’EDITORIALE Ripopoliamo le nostre colline di bovini e di allevatori Nei prossimi mesi l’Italia dovrà attuare la nuova Pac. Converrà che faccia scelte coraggiose. Puntando decisamente, con la parte più significativa del proprio plafond, al rilancio della zootecnia. La Francia lo ha fatto di Luigi Cremonini ia quale fondatore e presidente di Inalca, società oggi leader in Europa nel settore delle carni bovine, sia quale presidente di Assocarni, l’associazione dell’industria italiana della carne bovina, ho sempre avuto, durante tutta la mia vita professionale, un’unica priorità: la difesa dell’allevamento bovino in Italia. Ho dedicato i miei oltre 50 anni ormai di attività a creare un’industria di trasformazione in grado di valorizzare al meglio il lavoro degli oltre 100mila allevatori italiani. Un’industria di cui vado particolarmente orgoglioso che, grazie a continui investimenti in tecnologia, automazione, know how e persone, è oggi in grado di valorizzare come nessun’altra al mondo ogni singola parte che deriva da un bovino. Nella nostra azienda, da un unico animale, otteniamo oltre 3mila articoli che siamo in grado singolarmente di valorizzare al S Luigi Cremonini, fondatore di Inalca. Questa industria, con sede centrale a Modena, trasforma e commercializza ogni anno 500mila tonnellate di carne bovina. Il suo fatturato si realizza per il 91% in questo settore e per il 9% in quello dei salumi. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 meglio collocandoli nel canale commerciale o nel mercato geografico mondiale in grado di conferirgli il massimo del valore. Per far ciò bisogna avere volumi adeguati, essere leader nei principali canali commerciali (dal retail ai fast food all’industria) ed avere un network distributivo internazionale come quello di cui oggi Inalca dispone. Solo in tal modo è possibile garantire la massima remunerazione possibile all’allevatore che ha bisogno di guadagnare per continuare a fare un lavoro non certo semplice. Mi sento un allevatore anch’io, oggi la nostra azienda alleva oltre 80mila capi all’anno, e so bene quanto questo lavoro sia complesso e necessiti di una dedizione totale. Un modello quindi, quello di Inalca, assolutamente unico che dipende però totalmente da un elemento essenziale: che in Italia si mantengano le condizioni per continuare ad allevare bovini con la giusta remunerazione. E che il nostro Paese, dal punto di vista naturale, le condizioni ideali per questo allevamento le abbia è noto. Le nostre colline sono sempre state fino a dopo la guerra ricoperte da allevamenti bovini e ciò ha anche con- sentito un presidio del territorio che, attraverso una costante manutenzione, ha prevenuto le gravi emergenze idrogeologiche che l’abbandono degli ultimi anni sta invece provocando. Eppure, nonostante tutto ciò, il patrimonio bovino italiano, sia da latte che da carne, si è quasi dimezzato nel corso degli ultimi 10 anni. L’ottusità di scelte politiche antistoriche nella riforma della Pac a Bruxelles, dove poco lungimiranti burocrati hanno pensato che il problema fosse quello del surplus e non quello del deficit come invece è poi successo, l’assoluta indifferenza e inerzia della politica italiana sempre prona ai desiderata di Bruxelles, le regole assurde e penalizzanti di una burocrazia preoccupata solo di responsabilizzarsi dicendo solo dei facili no, ha portato il patrimonio zootecnico italiano ai minimi storici cancellando in tal modo tutto un mondo. Perché quando chiude una stalla questa non riapre più e con essa scompare un mondo economico, sociale, culturale e di valori. Oggi però abbiamo un’occasione unica. Nei prossimi mesi il Governo italiano dovrà attuare a livello nazionale la nuova riforma Pac, che ha delegato ai singoli Stati membri una serie di scelte 3 L E DITORIALE SERVIZIO CLIENTI: abbonamenti@newbusinessmedia.it Tel: +39 02/3909.0440 – Fax +39 02/3909.0335 DIRETTORE DI REDAZIONE: Beatrice Toni REDAZIONE: Francesco Bartolozzi, Dulcinea Bignami, Gianni Gnudi (capo redattore), Alessandro Maresca, Giorgio Setti (capo redattore e coordinatore di Informatore Zootecnico), Lorenzo Tosi Abbonamento annuo cartaceo: Euro 79,00 Abbonamento annuo digitale: Euro 40,00 Estero: Abbonamento annuo prioritaria: Euro 210,00 DIRETTORE RESPONSABILE: Ivo A. 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Anche l’Italia dovrà avere il coraggio di fare scelte nette, di individuare pochi settori strategici veri su cui puntare rinunciando alla scontata scelta di dare poco a tutti e puntando decisamente, con la parte più significativa del proprio plafond, al rilancio della zootecnia italiana, sia 4 da carne che da latte. Dobbiamo tutti convergere sull’obiettivo strategico di ripopolare le nostre colline, dalla Sicilia alla Val d’Aosta, di bovini e di allevatori per tornare così a presidiare il territorio e produrre, con la Associato a: Aderente a: Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro traduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità nel caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Ai sensi del D.Lgs 196/03 garantiamo che i dati forniti saranno da noi custoditi e trattati con assoluta riservatezza e utilizzati esclusivamente ai fini commerciali e promozionali della nostra attività. I Suoi dati potranno essere altresì comunicati a soggetti terzi per i quali la conoscenza dei Suoi dati risulti necessaria o comunque funzionale allo svolgimento dell’attività della nostra Società. Il titolare del trattamento è: New Business Media Srl - Via Eritrea 21, 20157 Milano. Al titolare del trattamento Lei potrà rivolgersi mediante il numero 02/3909.0349 per far valere i Suoi diritti di rettificazione, cancellazione, opposizione a particolari trattamenti dei propri dati, esplicitati all’art. 7 D.Lgs 196/03. giusta remunerazione, il più nobile degli alimenti, la carne bovina appunto, la cui domanda a livello mondiale continua ad aumentare. Un alimento sempre più essenziale anche nella dieta di ogni giorno in cui, nono- Inalca alleva oltre 80mila capi all anno. stante le falsità diffuse da pseudoscienziati prezzolati, un consumo squilibrato ed esagerato di zuccheri e carboidrati sta facendo dell’obesità la vera epidemia dei nostri giorni. Quindi puntare sul bovino, sia da carne che da latte. Anche per offrire ai giovani una vera opportunità di realizzazione professionale in un lavoro che è fatto di passione, professionalità e, se ben organizzato, anche di giusta remunerazione. È mia profonda convinzione che la terra sarà il vero petrolio del futuro ed in tale contesto il bovino potrà svolgere un ruolo fondamentale anche per il futuro del nostro Paese. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 SOMMARIO n.7 Questo numero 7 / 2014 dell’Informatore Zootecnico è stato chiuso in tipografia il primo aprile 2014 e spedito agli abbonati il 4 aprile PRIMO PIANO 6 Gianpiero Calzolari: così Granarolo con il mercato e con i soci di Jessika Pini TECNICA 14 Azienda letizia, Caserta Reddito dall’allevamento di bufale di Carlo Borrelli 21 Non solo chimica in stalla contro le infestazioni di mosche di Andrea Scarabello DOSSIER - GESTIONE REFLUI LA NORMATIVA, LE TECNICHE 32 La Lombardia propone alla Ue una nuova mappa nitrati di Francesca Baccino 34 Stoccaggio e trattamenti di qui la sostenibilità di Stefano Guercini, Clelia Rumor 42 Spandimento, il know how dei contoterzisti lombardi di Ottavio Repetti 48 Trentino, una filiera del letame a vantaggio dei frutticoltori di Andrea Cristoforetti 55 Perchè van per la maggiore i piccoli impianti biogas di Ottavio Repetti 59 Progetto Aqua, per proteggere le falde dall’inquinamento di Giorgio Setti INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 26 Alluvione a Modena, sulla medica anche 30 centimetri di fango di Giorgio Setti RUBRICHE 3 10 64 67 69 L’editoriale - di Luigi Cremonini Sul territorio La parola all’industria Veterinaria Appuntamenti INALCA: PIÙ BOVINI NELLE COLLINE ITALIANE GRANAROLO: PREZZI ALTI AGLI ALLEVATORI È senza dubbio un piatto ricco il dossier di pagina 32, dedicato al problema cruciale della gestione e dello spandimento in campo delle deiezioni zootecniche: una trentina di pagine di informazioni tecniche originali e provenienti da fonti ben affidabili. Ma in questa edizione numero 7 dell’Informatore Zootecnico l’occhio finisce inevitabilmente per cadere altrove, sui primi due articoli della rivista. Dove si esprimono due pesi massimi della zootecnia italiana, il patron di Inalca Luigi Cremonini e il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari. Con il suo editoriale pubblicato a pagina 3, Cremonini sottolinea di non ritenersi soltanto un industriale ma di sentirsi anche un allevatore. E di conseguenza di aver titolo per proporre la sua opinione su cosa sia necessario oggi alla zootecnia italiana. Bene: oggi, dice, è necessario «ripopolare le colline italiane di bovini e di allevatori». La zootecnia francese lo ha fatto; ed è competitiva. E poi Granarolo. Quanto paga il latte agli allevatori il grande gruppo lattiero caseario bolognese? Calzolari, nell’intervista pubblicata a pagina 6, risponde così: «Diamo le liquidazioni più alte a livello nazionale. In alcune annate le liquidazioni per la linea Alta qualità sono state molto vicine alle remunerazioni alla stalla del grana padano. La chiusura 2013 è in linea con le quotazioni del grana e ad aprile 2014 paghiamo il primo trimestre dell’anno 45 cent/litro più i premi, quotazioni che al Sud vanno ritoccate di altri 0,5 cent». G.S. 5 PRIMO PIANO Le strategie industriali e di mercato del grande gruppo lattiero caseario bolognese. E l’entità della remunerazione del latte agli allevatori. Intervista al presidente Granarolo, Ca «All’estero vincia di Jessika Pini zioni di internazionalizzazione per costruirsi una solida rete commerciale nei mercati esteri; acquisizioni di segmenti produttivi in Italia per rafforzare l’offerta o differenziarla, sviluppando le potenzialità di produzioni locali che non hanno una capacità distributiva sufficiente per uscire dal territorio di origine. Sono queste le due linee strategiche su cui si muove Granarolo spa, gruppo bolognese tra i maggiori operatori agroindustriali italiani. Tra le ultime operazioni del Gruppo la fusione di Latterie Friulane in Granlatte, il consorzio di produttori di Granarolo spa che, stando agli accordi raggiunti tra le parti, dovrebbe completarsi in tutte le procedure previste dalla legge entro il 2014. Inoltre, il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ha dichiarato di voler realizzare un’altra acquisizione entro giugno di quest’anno: «Ci stiamo muovendo nel segmento dei formaggi duri, quindi Grana Padano o Parmigiano Reggiano; puntiamo a rafforzare la nostra capacità produttiva per questi prodotti dalla lunga conservabilità e quindi idonei al commercio estero, oltre che già apprezzati e conosciuti nel mondo». Da cosa nasce invece l interesse per Latterie Friulane? «L’interesse è partito dalla richiesta d’intervento da parte del sistema cooperativo A Gianpiero Calzolari, presidente del gruppo Granarolo. IL GRUPPO E LE ACQUISIZIONI NAZIONALI ED ESTERE I l gruppo Granarolo, uno dei principali player dell’agroalimentare italiano, comprende due realtà diverse e in sinergia: un consorzio di produttori di latte, Granlatte, che opera nel settore agricolo e raccoglie la materia prima, e una società per azioni, Granarolo spa, che trasforma e commercializza il prodotto finito e conta 8 siti produttivi dislocati su tutto il territorio nazionale. Il business del Gruppo è declinato su tre aree principali: “latte e panna”, “yogurt” e “caseari”, a cui si aggiungono altri prodotti (es: dessert, burro, uova, besciamella). Nonostante la 6 presenza crescente delle private label, Granarolo è il più importante produttore italiano di latte fresco ed è secondo solo a Parmalat nel latte uht. Il latte rappresenta dunque ancor oggi l’attività principale del Gruppo, anche se con l’acquisizione nel 2004 del gruppo Yomo (comprendente anche il marchio Pettinicchio) il portafoglio di business ha visto crescere significativamente il peso dell’area yogurt e e con l’acquisizione nel 2011 di Lat Bri è diventato il secondo operatore nazionale del comparto lattiero-caseario e il primo a capitale italiano. Di seguito le diverse partnership e acquisi- zioni del Gruppo in Italia e all’estero dal 2012 a oggi: febbraio 2012 - completata l’acquisizione di Lat Bri, produttore di formaggi freschi; giugno 2012 - partnership con l’azienda lattiero casearia Ferruccio Podda spa, operatore specializzato nella produzione di formaggi duri in Sardegna. L’operazione si è realizzata mediante il conferimento di rami aziendali in una newco, Casearia Podda srl, controllata da Granarolo spa; gennaio 2013 - annunciata l’acquisizione del gruppo caseario francese Cipf Codipal, INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 PRIMO PIANO lzolari mo con i duri» I NUMERI DEL GRUPPO 1.000 allevatori produttori di latte soci, di cui: 192 in Lombardia 123 in Emilia-Romagna 175 in Puglia 54 nel Lazio 44 in Basilicata. 70 mezzi per la raccolta alla stalla. 1.200 automezzi per la distribuzione. 7.500.000 q/anno di latte lavorato. 60mila punti vendita riforniti. 11 milioni di famiglie acquirenti. Il gruppo dispone di 70 mezzi per la raccolta della materia prima alla stalla e 1.200 automezzi per la distribuzione. facente capo alla holding Compagnie du Forumsas, consolidato operatore francese attivo nella produzione e distribuzione di formaggi freschi e stagionati con i marchi Casa Azzurra, Les Fromagers de Ste Colombe e Les Fromagers de St Omer. L’acquisizione verrà completata a giugno 2014. Annunciata inoltre la nascita di Granarolo International, società per la gestione delle attività estere del gruppo; febbraio 2013 - cessione di Csl srl, azienda totalmente controllata che sviluppa, produce e commercializza probiotici, fermenti lattici, muffe e lieviti, destinati ai settori farmaceutico, nu- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 traceutico, lattiero-caseario, alimentare e agrozootecnico; ottobre 2013 - partnership con Amalattea, tra i maggiori produttori italiani di latte di capra e derivati; dicembre 2013 - nasce Granarolo Uk, società controllata da Granarolo International, per l’esportazione di formaggi italiani nel Regno Unito e in Irlanda; gennaio 2013 - partnership con Vivartia Group, a cui fa capo il maggiore produttore greco di prodotti lattiero-caseari Delta Foods sa, per la distribuzione di yogurt greco in Italia. J.P. perché si evitasse di arrivare alla liquidazione di Latterie Friulane. Per quanto ci riguarda, il piano presentato punta al rafforzamento della filiera zootecnica regionale e alla valorizzazione del Montasio: il Friuli Venezia Giulia diventa così un’area di approvvigionamento importante con un significativo incremento della presenza in Granlatte di conferitori friulani di latte fresco e vogliamo sviluppare la commercializzazione del Montasio, formaggio semi duro che al momento ha una distribuzione pressoché locale, ma che crediamo possa trovare spazio sia nella grande distribuzione sia nei punti di vendita al dettaglio tradizionali in Italia e all’estero». Lo scorso dicembre avete annunciato la nascita di Granarolo Uk, società controllata da Granarolo International per l’esportazione di formaggi nel Regno Unito e Irlanda, entro giugno completerete l’acquisizione del restante 30% del gruppo caseario di produzione e distribuzione francese Cipf Codipal; anche Granarolo ha quindi bisogno di guardare ai mercati esteri per compensare la crisi dei consumi in Italia? «La crisi dei consumi è sicuramente una ragione, un’altra ragione è il cambio delle abitudini alimentari degli italiani a colazione. Poi c’è la forte concorrenza della grande distribuzione sulle marche. Sul mercato nazionale abbiamo risposto puntando sulla differenziazione, con l’offerta di formaggi freschi e duri, prodotti 7 PRIMO PIANO POSITIVO IL BILANCIO 2013, ACCELERAZIONE VERSO I MERCATI INTERNAZIONALI P ositivo il bilancio 2013 di Granarolo, approvato dal cda lo scorso 28 marzo. Il gruppo realizza un fatturato di 993 milioni di euro, in aumento del 7,6% (+70,3 milioni di euro rispetto al 2012), e un utile netto di 8,5 milioni di euro. Prosegue anche il piano d’internazionalizzazione dell’azienda: la quota di fatturato estero raggiunge il 14%, con un export nell’area Ue che cresce del +187%. Il fatturato del segmento caseario derivato dall’esportazione è pari al 31% contro il 18% del 2011. La business unit latte e bevande presenta un decremento del fatturato del 3,6%, per effetto di minori volumi conseguenti alla flessione dei consumi registrata in particolare nel mercato domestico. La business unit derivati del latte e altro registra un notevole incremento (+19,6% vs. a.p.) derivante dall’inclusione nel perimetro di consolidamento del Gruppo Codipal. «Siamo soddisfatti dei risultati 2013 - ha commentato il per target specifici (bambini, persone intolleranti al lattosio, …); l’innovazione di prodotto vale mediamente 40-50 milioni di euro all’anno, realizzati soprattutto in Italia, poi ci sono alcuni prodotti specificatamente studiati per l’estero. Granarolo è già oggi il primo esportatore italiano di mozzarella di bufala, fra i primi esportatori di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Abbiamo intenzione di mantenere i nostri marchi sui mercati internazionali, quando ciò è possibile, in Francia (e probabilmente in Uk) utilizzeremo il marchio Casa Azzurra perché già molto noto tra i consumatori francesi. Nel 2011 l’export rappresentava il 3% del fatturato di Granarolo Spa, oggi è il 16% e l’obiettivo è arrivare al 35% il più in fretta possibile, ma per affrontare i mercati esteri occorre una buona organizzazione della rete distributiva. Da qui le operazioni di internazionalizzazione intraprese. Continueranno perciò le acquisizioni di linee commerciali, mentre è nostro interesse mantenere la produzione in Italia. Guardiamo prima di tutto all’Europa (Francia, Spagna, Inghilterra, Germania), ma stiamo lavorando anche con la Cina, la Russia, l’Est Europa, la Turchia, gli Usa, il Sud America per mettere a punto part- 8 presidente Gianpiero Calzolari - testimoniano la validità delle scelte strategiche intraprese per acquisire le dimensioni di player globale con una forte vocazione internazionale. Abbiamo fatto importanti passi in Europa attraverso l’acquisizione di Codipal, leader in Francia nel segmento dei formaggi italiani e la costituzione di Granarolo Uk. Il 2013 rappresenta per noi il primo anno di piena attuazione del piano strategico 2012-2016 con importanti risultati sul piano internazionale e il raggiun-gimento di una quota di fatturato estero del 14% che ci consente di confermare l’obiettivo del 20% che ci siamo dati per il 2014. Anno in cui da una parte prevediamo di consolidare il mercato europeo con ulteriori accordi e partnership e dall’altra guardiamo con attenzione ai mercati extra Ue, in particolare quelli asiatici». Quest’anno infatti è prevista l’apertura di una sede commerciale in Cina. I.Z. nership con i distributori. Per la promozione il Gruppo partecipa a fiere internazionali, il prossimo appuntamento sarà ad aprile a Singapore, ne seguiranno sei solo quest’anno; c’è poi il grande appuntamento di Expo 2015». La crescita dei volumi esportati implica la necessità di maggiore materia prima. «Abbiamo soci produttori lungo tutta la Penisola e ci arrivano molte richieste di adesione. Siamo sempre aperti ad allargare il parco fornitori. Il Gruppo si muove dove si creano le condizioni per sviluppare l’indotto commerciale. Al momento, in Italia, abbiamo 8 stabilimenti, 700 soci diretti e complessivamente un migliaio di aziende conferenti, lavoriamo 7 milioni di quintali di latte all’anno, di cui 5 milioni conferiti dalla cooperativa e 2 milioni dobbiamo acquistarli sul mercato». Come gestite, da una parte, la richiesta del mercato di latte a prezzi bassi e la concorrenza delle private label e, dall’altra, quella dei produttori di mantenere una redditività? «Siamo consapevoli che in Italia produrre latte costa più che in altri paesi, il compito di Granarolo è proprio quello di valorizzare commercialmente la materia prima nel modo migliore possibile. I dividendi che derivano dalla gestione d’esercizio vengono redistribuiti ai soci e si vanno ad aggiungere alla liquidazione ordinaria del latte (più premi di qualità). Sommando queste due voci diamo le liquidazioni più alte a livello nazionale e, in alcune annate, le liquidazioni per la linea Alta Qualità sono state molto vicine alle remunerazioni alla stalla del Grana Padano. La chiusura 2013 è in linea con le quotazioni del Grana e ad aprile 2014 paghiamo il primo trimestre dell’anno 45 centesimi al litro più i premi, quotazioni che al Sud vanno ritoccate di altri 0,5 centesimi. Inoltre paghiamo un acconto significativo, il 92-93% della liquidazione finale, a 30 giorni dal conferimento, secondo i tempi stabiliti dall’articolo 62. Questa norma è un sostegno importante alla liquidità delle aziende socie in tempi in cui l’accesso al credito è praticamente bloccato». Lo scorso anno Granarolo ha acquisito una quota di Amalattea per il latte di capra e derivati e a inizio anno ha stretto una partnership con Vivartia per la distribuzione dello yogurt greco in Italia. Però con le nicchie di mercato non si fanno i grandi numeri. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 PRIMO PIANO «Crediamo di poter essere un “ombrello” per le produzioni di piccole dimensioni, e in Italia ce ne sono molte, supplendo a mancanze distributive e finanziarie. Nel caso di Amalattea, ritengo che in Italia il latte di capra abbia potenzialità di mercato ancora tutte da sviluppare. Per quanto riguarda Vivartia, lo yogurt greco verrà distribuito nella nostra rete commerciale mantenendo il brand Delta Food Vivartia a garanzia dell’origine del prodotto. Sarà segnalato solo: Selezionato da Yomo». Le analisi di Bruxelles stimano che dopo l’abolizione delle quote latte la capacità produttiva europea non consentirà di aumentare più di tanto i volumi, cosa ne pensa? «Credo invece che la produzione aumenterà molto. Paesi come Francia, Germania, tutto il Nord Europa si stanno già preparando ad aumentarla e produrran- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 Un momento di un’attività di promozione del gruppo a Bologna, in Piazza Maggiore. no molto di più di quanto riusciremo a fare noi. L’Italia perciò deve puntare sulle dop e sulle produzioni di alta qualità, ad alto valore aggiunto, più riconoscibili ad apprezzabili all’estero. In questo un ruolo importante dovrebbe esercitarlo anche la politica per esempio attraverso l’Ice. Tra le dop il Parmigiano Reggiano è riconosciuto in tutto il mondo come il re dei formag- gi, ma si fatica a trovarlo nella gdo estera o lo si trova a prezzi irragionevoli. Dobbiamo riuscire a riempire quegli scaffali sennò lo faranno i produttori di simil grana. Credo che il segmento dei duri rappresenti il futuro dell’export made in Italy. Dobbiamo quindi guardare nel lungo periodo conquistandoci i nostri spazi con i derivati e i formaggi duri» 9 SUL TERRITORIO Piacenza, bilancio positivo per la commissione insediata dalla Coldiretti Buoni risultati per la Ovicaprini l gruppo di lavoro voluto da Coldiretti Piacenza per sostenere e valorizzare il settore significativo degli ovicaprini si è riunito nei giorni scorsi per fare il punto sui risultati raggiunti in questi primi mesi e sui progetti futuri. Ottimi risultati per la rete organizzata della vendita della lana: «Questa operazione – spiega Antonio Nieddu, vice presidente della commissione – sarebbe risultata impossibile con i quantitativi delle singole aziende. Aggregandoci, abbiamo trovato uno sbocco interessante che ci permette anche di evitare l’esborso dello smaltimento». «È un primo passo – afferma il coordinatore della commissione, Fabio Perino – per trovare soluzioni concrete facendo sistema». Un’altra tematica affrontata è stata quella dei danni da fauna selvatica: «Sul fronte dei risarcimenti – ricorda Niccolò Lavezzi, presidente della commissione – sono stati fatti passi in avanti riuscendo a modificare le tariffe di risarcimento per i capi predati». Commento modo positivo anche per il piano della Regione Emilia-Romagna per prevenire gli attacchi di lupi e ibridi al bestiame. A Piacenza il progetto, portato avanti dalla Provincia e al quale Coldiretti aderirà, prevede l’analisi delle aziende agricole da parte di un espertoi che troverà soluzioni personalizzate sulla base delle caratteristiche aziendali. «Aderiremo a questo progetto – conclude Lavezzi – fornendo all’esperto che valuterà le esigenze di protezione delle nostre aziende la massima collaborazione per poter migliorare la situazione e trovare una soluzione che permetta questa convivenza forzata senza portare gli allevatori all’abbandono dell’attività. Far morire un allevamento vuol dire oggi far morire la nostra montagna, già martoriata dal dissesto idrogeologico. Ci auguriamo che con questo progetto di prevenzione si possa riuscire a migliorare la situazione, per il bene di tutti, non solo il nostro». • Bergamo Nove formaggi dop per l’Expo di Milano Bologna Confcooperative cresce +3,1% le coop casearie Bondeno di Gonzaga (Mn) Sisma, Gianni Fava in visita alle aziende Sono undici i prodotti agroalimentari dop di cui l’agricoltura bergamasca potrà fregiarsi in occasione dell’Esposizione Universale del 2015. Vantano il prezioso marchio comunitario i salamini italiani alla cacciatora, l’olio extravergine di oliva dei laghi lombardi e ben nove formaggi: il Formai de Mut dell’Alta Valle Brembana, il Bitto, il Provolone, il Taleggio, il Quartirolo, il Salva Cremasco, il Grana Padano, il Gorgonzola e, ultimo in ordine di tempo ad entrare nell’olimpo, lo Strachitunt. «Poter annoverare anche lo Strachitunt tra le dop - sottolinea Coldiretti Bergamo - è motivo di grande soddisfazione e conferma la nostra importante tradizione casearia». • «In un periodo estremamente difficile a causa della pesante recessione, che ha messo a dura prova la tenuta dell’intero sistema produttivo - dichiara il direttore, Pierlorenzo Rossi - la crescita di Confcooperative Emilia Romagna non si è arrestata nemmeno nel 2013, l’anno in cui la crisi ha fatto sentire i suoi effetti più duri: il volume d’affari delle imprese aderenti ha infatti registrato un incremento generale del 2,6% rispetto al 2012 con punte del 7,2% per le cooperative di consumo e del 3,1% per le cooperative agricole ed agroalimentari (+15% le vitivinicole, +3,9% le ortofrutticole e +3,1% quelle del settore lattiero caseario)». • L’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, è tornato a visitare le imprese mantovane della filiera agroalimentare colpite dal terremoto. Dapprima ha raggiunto a Bondeno di Gonzaga (Mn) l’azienda di Alberto e Gabriele Benatti, poi ha partecipato alla serata che la Latteria Venera Vecchia ha organizzato per ringraziare la Regione Lombardia del sostegno avuto in seguito al sisma del 20 e 29 maggio 2012. La Venera Vecchia, realtà storica presieduta da Sergio Frignani, conta 18 soci e produce quasi 33mila forme di Parmigiano-Reggiano; in seguito al sisma riportò danni per quasi 3 milioni di euro. • I 10 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 SUL TERRITORIO Toscana, bando per montagna e svantaggiate Incentivi dal Psr ostenere l’attività agrozootecnica nelle zone montane e svantaggiate attraverso incentivi agli allevatori che mantengono la loro attività sul territorio conservando i pascoli e le attività di coltivazione di foraggere. Resteranno aperti fino al 15 maggio i termini per presentare le domande per i nuovi bandi delle misure 211 e 212 del Piano di sviluppo rurale della Regione Toscana 2007-2013. Le misure prevedono l’erogazione di indennità compensative (100 euro/ha) per le aziende poste in zone montane (misura 211) o caratterizzate da altri svantaggi naturali (misura 212) e che conducono attività di allevamento estensivo. A ricordarlo è Coldiretti Toscana (info su www.toscana.coldiretti.it.). Rispetto al passato, i bandi 2014 presentano alcune importanti no- S vità. Per la prima volta le risorse saranno erogate sulla base di una graduatoria regionale e non più locale: tutti gli allevatori del territorio regionale, in possesso dei requisiti previsti dal bando, potranno presentare domanda sul sistema informativo Artea. Altra novità: l’adesione alle misure comporterà l’assunzione dell’impegno (mantenimento dell’attività agrozootecnica) per un solo anno e non più per cinque: questo consentirà agli agricoltori di presentare nuove domande nel 2015 con le regole del Psr 2014-2020. • Il Centro è gestito dall’Associazione allevatori friulana Razze Limousine e Blu Belga, il Cfa di Moruzzo distribuisce dosi di seme anche all’estero Da alcuni anni presso il Centro fecondazione artificiale (Cfa) di Moruzzo (Udine), gestito dall’Associazione allevatori del Friuli VG, oltre alla produzione di dosi di seme dei tori delle razze più diffuse in Italia (Frisona, Bruna Alpina, Pezzata Rossa Italiana), sono state prodotte dosi di seme di tori da carne delle razze Limousine e Blu Belga. Importante numericamente il quantitativo di dosi di seme prodotte e commercializzate per l’utilizzo (come razza da incrocio) su bovine da latte da parte dei tori Blu Belga. Attualmente, il Cfa di Moruzzo è il primo Centro in Italia con 12 tori in attività per questa razza e, nel solo 2013, sono state INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 prodotte 128.808 dosi, distribuite in Italia e all’estero (tramite Semenzoo). Tutti i tori del Cfa sono a mantello bianco (esiste anche il pezzato blu e il pezzato nero), come richiesto dal mercato del seme che fa riferimento ai Centri di fecondazione artificiale italiani. La presenza di un numero così consistente di riproduttori di razza Blu Belga presso il Cfa di Moruzzo, secondo l’Associazione, non è assolutamente rivolto a incentivare l’incrocio di questa razza con bovine da latte in Friuli Vg e in Italia. Fra i tori più produttivi e utilizzati, l’Associazione segnala: Udine, Montblanc, Inoui e Idice. A.D.F • Sì al progetto di fusione Consorzio agrario Fvg e Latteria di Venzone Dopo l’incorporazione di Aprolaca, avvenuta nel 2013, il Consorzio agrario del Fvg ha incassato il primo sì al progetto di fusione per incorporazione della Latteria di Venzone (Ud). Lo ha annunciato lo stesso presidente del Consorzio, Dario Ermacora, che ha aggiunto: «È un altro importante passo che compie il Consorzio agrario per la valorizzazione dei prodotti del Friuli Venezia Giulia. Dopo l’incorporazione di Aprolaca l’alleanza con la Latteria di Venzone va verso la realizzazione di una filiera friulana del latte». Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della Latteria, Aurelio Michelutti, che parla di una «fusione condivisa che rilancerà il caseificio di Venzone, stabilizzerà l’occupazione e darà il via a un nuovo processo di sviluppo». Si tratta di una realtà che occupa 10 dipendenti e conta su 13 soci, uno stabilimento caseario a Venzone, un deposito a Gemona del Friuli e 5 spacci, con un fatturato di circa 2 milioni di euro l’anno. Il progetto di fusione, dopo l’approvazione da parte di entrambi i Consigli di amministrazione, verrà votato dalle rispettive assemblee. Tre i progetti di sviluppo proposti a corredo della fusione delle due cooperative: il primo è quello di avviare la produzione di formaggio Montasio doc di solo latte di Pezzata Rossa; il secondo è la produzione di formaggio a latte crudo, in collaborazione con l’Istituto caseario di Thiene (Vicenza); il terzo la produzione di Montasio di Venzone. Progetti che permetteranno il mantenimento del numero dei lavoratori in forze alla Latteria di Venzone e anche una maggiore remunerazione dei suoi soci il cui latte, oggi, viene pagato a circa 35 centesimi il litro: se ne vedranno riconoscere 42, dal Consorzio. La collaborazione inizierà trasformando 120, 150 quintali di latte al giorno, rispetto agli attuali 40. A.D.F. • 11 SUL TERRITORIO Da Caserta un progetto per evitare il raddoppio dei caseifici Una proposta per la bufala dop er evitare l’obbligo di separazione degli impianti caseari che producono mozzarella di bufala campana dop da quelli che producono mozzarelle convenzionali di latte di bufala, che dovrebbe entrare in vigore nel mese di giugno, viene proposta la tracciabilità, gratuita e obbligatoria, dell’intera filiera. Il dato imprescindibile che sta alla base della proposta, elaborata con il contributo della Cciaa di Caserta, denominata “Fielera Bufalina Caserta”, è che nel caseificio entri solo latte dell’areale dop. I caseifici che si riforniscono esclusivamente di latte di bufala dell’areale dop possono produrre mozzarella dop e anche altri formaggi e preparati. In questa maniera anche la produzione di prodotti non dop viene qualificata meglio in quanto viene garantita la provenienza del latte di bufala e la sua qualità. La proposta è in linea anche con le norme del disciplinare di produzione della Mozzarella di bufala campana dop proprio perché il latte di bufala dell’areale dop, legittimamente detenuto, non più utilizzabile per la produzio- ne di mozzarella dop dopo le 60 ore dalla mungitura, potrà essere invece utilizzato nello stesso stabilimento per la produzione di qualsiasi altro preparato alimentare non dop a base esclusivo di latte di bufala dell’areale dop. Come hanno spiegato i vari rappresentati delle organizzazioni professionali, non tutti sono stati da subito d’accordo, per cui è stato necessario un enorme lavoro, ma alla fine è stato redatto un elaborato semplice che contiene anche un’ assunzione di responsabilità da parte delle Organizzazioni professionali. Con questo accordo volontario e di grande portata sostanziale si spera ora di spingere il Governo all’adozione di un’interpretazione autentica dell’articolo 4 quinquiesdecies della Legge numero 205 del 2008 che ha introdotto il principio della separazione delle lavorazioni. Giuseppe Fugaro Roma Latte di capra, intesa tra Almalattea e il Cra Bari Quote latte, le sanzioni saranno graduate Cagliari Assicurazioni scontate con fondi regionali Sviluppo della filiera caprina nazionale, ampliamento della gamma di prodotti funzionali a base di latte di capra garantiti al consumatore “100% da latte italiano”, di “alta qualità” e validazione delle proprietà medico nutrizionali del latte di capra, attraverso il contributo scientifico degli esperti del Cra. Questi sono in sintesi gli obiettivi del protocollo di collaborazione firmato a Roma tra la Amalattea SpA, primo player nazionale nel settore della trasformazione e commercializzazione di latte di capra e derivati, con una quota di mercato del 68%, e il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (Cra). Graduare le sanzioni in materia di quote latte per non penalizzare e, anzi, aiutare il comparto. «Consapevoli del grave momento congiunturale - ha dichiarato l’assessore alle Risorse agroalimentari della Puglia, Fabrizio Nardoni - siamo intervenuti graduando l’ammontare della multa in relazione alla gravità della violazione e alla recidività, per premiare l’impegno delle aziende più virtuose ». L’impegno della Regione verso la zootecnia, aggiunge Nardoni, «si è evidenziato anche con la concessione alle aziende allevatrici di bovini e bufalini di quantitativi di carburante ad accisa agevolata». Giuseppe Francesco Sportelli La Regione Sardegna ha istituito aiuti e incentivi al fine di incoraggiare e stimolare gli imprenditori agricoli alla sottoscrizione dei certificati di assicurazione agevolata contro le malattie del bestiame, i danni alle strutture aziendali e alle colture. Questa campagna assicurativa volontaria è possibile fino al 30 settembre del corrente anno. Il contributo è in funzione delle risorse disponibili, che andranno ripartite sulla base delle domande pervenute. Per avere chiarimenti e sottoscrivere le assicurazioni,, la Regione ha delegatoilcompito ai Consorzi di difesa delle produzioni Intensive istituiti nelle province di Cagliari, Oristano e Sassari. Maurizio Orrù P 12 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 STALLE IN PRIMO PIANO L’esperienza dell’azienda Letizia, della provincia di Caserta. La cura della gestione complessiva dell’allevamento e l’attenzione all’animale, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione: sono i due fattori che consentono di aumentare la resa teorica del latte Reddito dalle Con management • Davide Letizia, al centro, con i due tecnici Cargill Donato Chiumiento (a destra) e Stanislao Pellino (a sinistra). di Carlo Borrelli ell’allevamento della bufala l’alimentazione rappresenta senza dubbio il fattore che incide maggiormente sulle performance aziendali. Insieme all’azione di management è decisiva nel permettere o meno all’azienda di arrivare a spuntare un profitto positivo». Sono le parole di Davide Letizia, titolare dell’azienda agricola “Letizia” srl, ubicata a Pietramelara (Ce), dove sono allevate circa mille bufale, di cui quattrocento in lattazione, e dove la produzione è di circa novemila quintali di latte all’anno. Questo tipo di allevamento, spiega Letizia, «va considerato nel suo insieme; l’animale «N AZIENDA LETIZIA, I DATI PRODUTTIVI DELL’ANNO 2013 N. bufale controllate Gen 168 Feb 170 Mar 263 Apr 294 Mag 322 Giu 361 Lug 369 Ago - Set 322 Ott 303 Nov 254 Dic - Produzioni di latte controllate (q) 8.05 8,9 9,7 9,8 10,5 11,0 9,5 - 8,5 7,5 7,1 - Lunghezza lattazione (gg) 134 124 91 95 101 114 140 - 175 194 210 - Grasso (%) 0,36 8,3 8,02 8,05 8,1 7,95 8,69 - 7,92 8,76 8,59 - Proteine (%) 0,21 4,62 4,58 4,6 4,55 4,63 4,54 - 4,74 4,77 4,85 - Resa in mozzarella (%) 25,1 25,5 25 25,1 25 25,1 25,7 - 25,5 26,6 26,7 - 14 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 STALLE IN PRIMO PIANO bufale e alimentazione I NUMERI DELL’AZIENDA Denominazione: Azienda agricola “Letizia” srl. Località: Pietramelara (Ce). Numero capi: totale mandria 800, in mungitura 400 bufale. Il caseificio: lavora 200 q.li di latte, in parte acquistato all’esterno, producendo 50 q.li mozzarella al giorno. Lo staff: 6 persone. La commercializzazione: l’azienda distribuisce in Italia e negli Usa. rappresenta il punto centrale attorno al quale focalizzare gli obiettivi e preparare i programmi aziendali». I vitelli sono allevati inizialmente (fino a circa 90 giorni) in box singoli e poi, in gruppi omogenei, in box multipli di diversa dimensione. I vitelli Ogni settore dell’azienda, distinto in base all’età degli animali e alla fase di allevamento, deve essere organizzato e gestito avendo dei chiari obiettivi da perseguire. «La prima fase di allevamento, continua l’imprenditore, riguarda la cre- scita dei vitelli. Gli obiettivi sono quelli di ridurre la mortalità, grazie ad una gestione ottimale del “benessere” aziendale, e di ottenere un rapido accrescimento del- La ciambella , mozzarella dalla forma tipica prodotta esclusivamente dall azienda Letizia . INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 l’animale, conforme agli standard morfologici della razza». Per ottenere risultati positivi i vitelli sono allevati in box singoli per i primi 20-30 giorni di vita e, successivamente, sistemati in box multipli prima in gruppi omogenei di cinque e poi di 10-12. «Naturalmente - aggiunge il nostro interlocutore - va dosata con attenzione l’alimentazione per accompagnare il giovane animale nel passaggio da una 15 STALLE IN PRIMO PIANO AUTOPRODUZIONE DEGLI ALIMENTI, GESTIONE DEI REFLUI L ’azienda Letizia produce, sui 120 ettari aziendali, le materie prime utilizzate nell’alimentazione, (silomais, siloerba, fieno loietto ecc.) e le utilizza esclusivamente per l’ autoconsumo. In più usa i reflui aziendali per concimare e ammendare i terreni. «Dopo la rimozione meccanica della lettiera (ogni settimana si rigenera, mentre mensilmente si ripristina) i reflui sono trattati separando la parte solida da quella liquida, ci riferisce Letizia; la frazione palabile è destinata come ammendante nei 120 ettari annessi all’azienda, mentre quella liquida è stoccata in apposite vasche di omogeneizzazione per poi essere impiegata in fertirrigazione nei modi e nei tempi previsti dalla legge». «Nel prossimo futuro è prevista la produzione di biogas con l’allestimento di un apposito impianto. Il biogas, continua l’imprenditore, verrà impiegato per produrre energia elettrica che sarà venduta e immessa in rete». C.B. struttura ossea nel più breve tempo possibile; è evidente che portare una bufala al primo parto a 27-28 mesi, rispetto ai 30-31 soliti, rappresenta un vantaggio in termini economici di non poco rilievo». In produzione La fase di produzione, invece, deve tener conto di altri aspetti, che riguardano anche la qualità del latte. «Uno degli obiettivi è quello di mantenere la curva di lattazione il più possibile sui La sala di mungitura dell’azienda, dove si effettuano anche i prelievi di latte per le analisi di qualità. dieta a base di solo latte ad una dieta “solida”. Inoltre, non deve mai mancare l’acqua, che rappresenta un elemento fondamentale per una corretta nutrizione». scheletrico per portare gli animali quanto prima possibile al momento del primo parto. «In questo caso, osserva Letizia, l’alimentazione gioca un ruolo determinante per favorire la formazione dell’idonea Le manze Per quanto concerne la gestione delle manze l’obiettivo è quello di consentire una veloce formazione dell’apparato MANZE, LA RAZIONE ALIMENTARE Alimento Fieno Quantità 5 kg Girasole 1,3 kg Insilato di mais 10 kg Mangime 0,5 kg 16 La corretta alimentazione, associata ad un adeguato livello di benessere in stalla, consente di incrementare la resa teorica del latte prodotto. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 STALLE IN PRIMO PIANO Nell azienda Letizia si effettua un monitoraggio continuo delle bufale, che vengono pesate per tutto il ciclo riproduttivo, e della razione alimentare, nelle sue componenti. livelli massimi e perseguire produzioni costanti», ci riferisce Donato Chiumiento, tecnico Purina che collabora nella formulazione della razione alimentare con il titolare dell’azienda. «Oltre a ciò, va INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 tenuta presente la qualità del prodotto da trasformare puntando ad un buon tenore in grasso e proteine. Tutti i parametri summenzionati vanno perseguiti simultaneamente ricercando il giusto equilibrio tra quantità e qualità per sfruttare al meglio le potenzialità genetiche dell’animale». Le bufale sono pesate dal parto, per 17 STALLE IN PRIMO PIANO I reflui dell allevamento sono separati nelle due frazioni solida e liquida e poi impiegati sui terreni aziendali. Il caseificio adiacente all allevamento dove si produce la Mozzarella di Bufala dop. LA RAZIONE ALIMENTARE PER I VITELLI tutta la fase di lattazione, all asciutta e fino al parto successivo, per valutare eventuali correzioni da apportare alla ra- 18 Prima fase fino a 90 giorni Latte Acqua ad libitum mangime specifico Seconda fase da 90 giorni a 12 mesi fieno paglia mangime specifico zione alimentare. Il piatto unico (unifeed), ci dice Stanislao Pellino, venditore specializzato prodotti per bufale della Purina, «viene monitorato ogni settimana, e mensilmente si provvede ad analizzare le singole componenti della razione. In particolare, si agisce molto sull insilato di mais per rilevare la presenza di muffe e/o tossine e INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 STALLE IN PRIMO PIANO IL MIGLIORAMENTO GENETICO A nche la fase di selezione è particolarmente curata dal titolare dell’azienda, che ricorre, per gran parte, alla inseminazione strumentale e alla destagionalizzazione dei parti. «Acquistiamo il seme di tori selezionati, in parte anche “sessato” per particolari periodi dell’anno, per inseminare le femmine e solo quando non avviene l’ingravidamento provvediamo ad accoppiare le bufale con tori selezionati presenti in azienda». La selezione avviene fin dall’inizio, ovvero alla fine della prima lattazione. «Le femmine sono selezionate in base alla produzione ottenuta e a quella prevista; inoltre individuiamo dei “cross” da effettuare tra le diverse famiglie presenti in azienda in modo da perseguire obiettivi di quantità e qualità». Grazie al lavoro di selezione e miglioramento genetico l’azienda è stata più volte premiata. «Lo scorso anno, in occasione di Agrosud, l’azienda è stata premiata con il primo posto per la miglior manza italiana e per la categoria “Super bufala”». C.B. vengono analizzate all’infrarosso le varie componenti nutrizionali». In definitiva la corretta alimentazione, favorita dall’impiego di mangimi preparati INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 con procedimenti altamente tecnologici che esaltano l’azione delle altre componenti, e la razionale e puntuale gestione dell’allevamento, associata al continuo LA RAZIONE ALIMENTARE PER LE BUFALE IN LATTAZIONE Alimento Fieno di loietto Quantità 4,5 kg Girasole 0,5 kg Insilato di mais 24 kg Farina di mais 1,0 kg Mangime 7,5 kg monitoraggio degli animali e delle produzioni, permettono di ottenere un profitto positivo. «Si punta ad incrementare la resa teorica del latte di un 2-3% - precisa Letizia e ciò è possibile solo con una gestione imprenditoriale dell’allevamento che metta al centro la bufala consentendole di esprimere al massimo il potenziale 19 STALLE IN PRIMO PIANO Grazie a un attento lavoro di selezione l’azienda Letizia si è distinta in varie manifestazioni ed è stata premiata per i migliori soggetti in diverse categorie. La mozzarella genetico per un tempo ragionevolmente lungo». 20 L’azienda, inoltre, è socia del caseificio “San Salvatore”, che è attiguo all’alleva- mento. «La nostra produzione di Mozzarella di bufala dop è destinata alla gdo e al “normal trade” (banchi frigo e gastronomia). Abbiamo anche brevettato una forma particolare, a ciambella, che però non rientra nella dop perché non è riconosciuta dal Disciplinare. In futuro, se sarà svolta un’adeguata strategia di marketing da parte del Consorzio, saremmo interessati a immettere in commercio altre tipologie di prodotto ottenuto con il latte di bufala, soprattutto nel periodo invernale quando il consumo di mozzarella è più contenuto». INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA Non solo trattamenti chimici: utile anche la lotta biologica e l’utilizzo di oli essenziali L’autore fa parte di Unicarve, con sede a Legnaro (Pd.) Infestazioni Così il controllo delle mosche nelle stalle di Andrea Scarabello l controllo degli animali infestanti (topi e insetti) fa parte degli impegni che ogni operatore zootecnico deve adempiere così come previsto dalla normativa vigente. Spesso i controlli da parte dell’autorità sanitaria vengono svolti dopo la segnalazione dei cittadini che verificano anche le cause del proliferare degli insetti ma questi possono essere anche fatti a seguito delle visite ispettive nelle aziende di allevamento ordinate dal ministero della Sanità come previsto dal D.L 187/2009. E’ quindi necessario che gli operatori si organizzino per far fronte a questo impegno che, se non rispettato, potrebbe comportare della sanzioni e la riduzione dei premi Pac. Questo può accadere perché i controlli effettuati dagli uffici sanitari vengono presi come riferimento dagli enti pagatori (Agea) nel momento della liquidazione dei premi Pac spettanti agli imprenditori agricoli, al fine di verificare la presenza di eventuali non conformità rispetto alle norme previste dalla “Condizionalità”, con riduzione del contributo dovuto. Negli allevamenti zootecnici le mosche trovano un idoneo TAB. 1 – IL CICLO BIOLOGICO DI MUSCA DOMESTICA, ambiente di sviluppo e, oltre a creare disagio all’interno I GIORNI E LE TEMPERATURE dello stesso allevamento, disturbano animali e operatori e possono causare molestia negli ambienti urbani limitrofi. Stadi biologici 16°C 25 °C 35 °C La produttività degli animali allevati, infastiditi dalle moOvideposizione 9 gg 3 gg 1-8 gg sche, cala in termini di incremento peso o di produzione di Schiusura uova 1-7 gg 1 gg ½ gg latte e vi è il rischio di compromettere la qualità del latte Schiusa larvale 17-19 gg 5-6 gg 3-4 gg prodotto a causa delle contaminazioni batteriche. I Schiusura pupe 17-19 gg 6-7 gg 3-4 gg Ciclo completo 45-51 gg 14-16 gg 8-10 gg Fonte: Istituto di Entomologia agraria dell’Università di Milano. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 Il caldo è un problema Dotata di una grande capacità di riprodursi (ogni settimana depone circa 120 uova) utilizza per la deposizione 21 TECNICA delle uova i substrati caldi, ricchi di materia organica a cui seguono tre stadi larvali che sfruttano il substrato come nutrimento. Dalla deposizione delle uova alla schiusa delle pupe serve un tempo variabile che va dai 8 a 50 giorni, a seconda della temperatura (vedi tab.1). Da questo si intuisce che le mosche, sino a quando la temperatura ambientale non scende sotto i 20°C, diventano un problema tale da rendere necessaria un’attenta programmazione degli interventi al fine di contenerne la proliferazione. Le stalle e le concimaie, luoghi in cui la mosca trova le condizioni ottimali (ambientali e disponibilità di nutrimento) per svilupparsi diventano perciò il punto di partenza per definire la strategia di lotta contro le mosche. Cosa è necessario fare, allora?Per rispondere si può distinguere l’aspetto formale e l’aspetto pratico. Dal punto di vista formale è necessario che ogni operatore preveda una procedura scritta delle attività previste nella propria azienda al fine del controllo di tali infestanti. Questo piano di autocontrollo deve prevedere tempi e modalità degli interventi previsti: - Schede di registrazione dei trattamenti effettuati. - Prodotti utilizzati. - Schede dei prodotti utilizzati. Dal punto di vista pratico, invece, bisogna I DANNI IN ZOOTECNIA L e mosche trovano idoneo ambiente di sviluppo negli allevamenti zootecnici e, oltre a creare disagio all’interno dello stesso allevamento, disturbano gli animali allevati e gli operatori e possono causare molestia negli ambienti urbani limitrofi. La produttività degli animali allevati, infastiditi dalle mosche, cala in termini di incremento peso o di produzione di latte, e vi è il rischio di compromettere la qualità del latte prodotto a causa delle contaminazioni batteriche. Questo problema si aggrava in presenza di Stomoxys calcitrans (mosca cavallina, o mosca delle stalle) causa dell’attività ematofaga e delle conseguenti dolorose punture che infligge a uomini ed animali. Gli adulti, alla ricerca di cibo, si posano ovunque, rigurgitano saliva e defecano, veicolando numerosi patogeni. Sono un centinaio, fra virus, batteri, protozoi, elminti e funghi, i patogeni trasmissibili in questo modo dalle mosche. Va però precisato che sebbene siano stati isolati numerosi microrganismi patogeni sulle mosche e che sia stata dimostrata la loro capacità vettoriale, la presenza di mosche pur essendo indice di cattive condizioni igieniche dell’ambiente non è necessariamente da collegare a imminenti epidemie. La loro responsabilità come vettori acquista qualche significato solo in circostanze particolari quali periferie e nuclei urbanizzati degradati e in villaggi e comunità di paesi in via di sviluppo. A.S. intervenire con un preciso piano di lotta che tenga conto dell’andamento climatico, dei luoghi a maggior rischio, della scelta dei prodotti da utilizzare. Pulizia La gestione igienico-sanitaria del problema mosche inizia dalla accurata pulizia di tutti gli spazi aziendali. L’accidentale accumulo di sostanza organica in angoli più o meno nascosti, piccoli accumuli di deiezioni o mangime umido possono rappre- sentare siti di proliferazione muscidica difficilmente gestibili. L’azione diretta sulla lettiera deve essere mirata a mantenere il contenuto di umidità al di fuori dei valori necessari alla sopravvivenza di questo stadio (40-80%). L’obiettivo più ovvio è quello di cercare di mantenere asciutto il più possibile il letame attraverso diverse azioni: corretta manutenzione degli abbeveratoi, aereazione dei locali, aggiunta di materia cellulosica. La concimaia deve essere strutturata in Nelle due foto momenti del primo trattamento del 2014, effettuato il 14 marzo. 22 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA modo da favorire la separazione del percolato e stimolare una fermentazione aerobica che tende ad aumentare la temperatura e l’evaporazione. Trattamenti Quando le azioni “preventive” non sono sufficienti è necessario intervenire in modo più drastico, e per questo numerosi e assai noti sono i principi attivi di natura chimica proposti dall’industria. In un momento in cui l’espressione “benessere animale” riempie pagine e pagine di relazioni, oggi trova spazio una certa sensibilità anche per il “benessere dell’operatore”, che stretto in una morsa fatta di regole e di sana pragmaticità deve decidere in che modo intervenire e risolvere questo e tanti altri problemi. Senza quindi parlare di sistemi di lotta “tradizionali”, basati appunto sull’uso di prodotto chimici, vorrei comunque segnalare che attraverso un attento monitoraggio, una curata gestione igienico sanitaria, sono attuabili pratiche molto meno invasive (o per niente invasive) verso la salute degli operatori, altrettanto efficaci, che possono a ragion veduta diventare una valida alternativa, tecnico ed economica, alle normali pratiche più conosciute. Lotta biologica La lotta biologica prevede l’introduzione di “predatori” che depongono le uova all’interno delle uova della mosca, quali l’ Ophyra aenescens, la cui azione predatoria nei confronti di Musca domestica è nota, e di parassiti dei pupari come Spalangia, Muscidifurax e Nasonia. Si tratta di insetti già presenti naturalmente negli allevamenti, di cui bisogna aumentare la popolazione in rapporto all’entità del problema, in merito ai quali l’azione più importante da fare è la loro salvaguardia, evitando in particolare il trattamento diretto del letame e delle aree adiacenti con prodotti non selettivi. La lotta biologica deve essere una scelta fatta sin dall’inizio della stagione calda, quando il ciclo biologico della mosca è più lento e facilmente aggredibile dai parassiti introdotti artificiosamente nell’ambiente. In questi casi il controllo delle mosche negli allevamenti zootecnici può necessitare di strategie multiple (lotta integrata) che possano interagire ed avere effetto sinergico. La corretta gestione delle deiezioni, la pulizia e la ricerca dei siti di proliferazione delle larve sui quali intervenire in maniera adeguata sono le azioni che dovrebbero entrare a far parte del costante operato gestionale considerando che singolarmente nessuna azione descritta può ottenere efficacia duratura. Oli essenziali Il ricorso agli oli essenziali è un rimedio antico ma che oggi può trovare una nuova attenzione e diventare così soluzione di un problema, quello delle mosche, secondo una visione più attenta all’ambiente, agli animali e alla salute degli operatori. Si tratta di INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 23 TECNICA TAB. 2 RISULTATI DELLA PROVA DI UTILIZZO DELL OLIO DI NEEM Aziende Quantità p.a. Dose Volume di acqua Metri quadri (cc) (gr/1000 mq) (mc) trattati Effetto Macchina usata Costo per trattamento € Dan Diego, di Candian (Pd) 300 120 300 2.500 Discreto / ottimo alla fine Pompa pressione 4,5 Belluco Gabriele e Mauro, di Bovolenta (Pd) 1000 65/70 800 15.000 Sufficiente/sc arso Pompa pressione 15 Baldon B. e figli, di Candiana (Pd) 500 125 500 4.000 Ottimo atomizzatore 7,5 F.lli Guzzo, di Candiana (Pd) 1000 65/70 800 15.000 Sufficiente atomizzatore 15 L ESPERIENZA DI UNICARVE E SODIDEA I l test eseguito da Unicarve e Sodidea in alcune aziende del territorio veneto ha voluto verificare la veridicità di analoghi test svolti nel mondo i quali indicano l’ efficacia dell’ uso di estratti naturali per ridurre naturalmente la presenza di infestanti come le mosche negli allevamenti intensivi di animali. Per il 2014 si prevede di svolgere dei test comparativi con parametri di misurazione e analitici del sistema adottato. Il test di prova è stato eseguito nebulizzando sull’area aziendale l’estratto vegetale dei semi della pianta di Azadirachta indica prodotti estratti da piante o loro parti (semi, frutti, radici) che con il loro effetto contribuiscono al contenimento degli animali infestanti, che come nel nostro caso, le mosche, creano disagi a persone e animali. L’estratto della Azadirachta indicarisponde a tutto questo. Dal suo frutto, simile ad una noce, si estrae tramite spremitura a freddo l’ “olio di neem”, che possiede diverse proprietà che lo rendono un valido sistema nella lotta alla mosca se nebulizzato negli ambienti (in associazione, a seconda della necessità, con specifici inoculi microbici). L’insetticida derivato dal neem è particolarmente importante per gli agricoltori: è un inibitore di ovideposizione, insetticida, repellente, induce inappetenza, è un regolatore della crescita. Al fine di verificare l’efficacia di questo prodotto, nell’estate del 2013, grazie a una collaborazione tra l’associazione produttori Unicarve e Sodidea srl, azienda della provincia di Venezia produttrice di 24 ottenuto tramite spremitura a freddo. Le nebulizzazioni sono iniziate in primavera terminando in autunno. La frequenza delle nebulizzazioni è stata tra i 7 e 15 giorni a seconda delle temperature e umidità dell’ambiente. I migliori risultati si sono ottenuti utilizzando una tecnica di nebulizzazione che copre in modo capillare tutta l’area aziendale depositando l’estratto vegetale anche in luoghi difficilmente raggiungibili dove si insediano le mosche nel loro ciclo biologico. A.S. prodotti naturali e fertilizzanti, è stata condotta una prova in quattro diversi allevamenti zootecnici di bovini da carne della provincia di Padova (tab 2), con diversi risultati, utilizzando olio estratto di neem in trattamenti settimanali effettuati su tutta l’area aziendale. La prova ha permesso di mettere in evidenza punti di forza e debolezza del prodotto riscontrabili poi negli effetti del trattamento. Si è visto che affinché il trattamento abbia efficacia sul contenimento delle mosche la sua distribuzione deve iniziare precocemente con interventi nelle zone interessate (stalle , concimaie e aree limitrofe) con particolare attenzione ai luoghi dove quest'ultime si riproducono e realizzano l'evoluzione della loro vita. Atomizzatore Come già detto nei passaggi precedenti è indispensabile un’accurata gestione delle zone a rischio con adeguate pulizie e gestione dei reflui zootecnici. La programmazione degli interventi deve essere poi costante con periodicità settimanale, e non lasciata al caso o al tempo che si troverà. Si è notato infatti che i trattamenti hanno maggior effetto la dove si è proceduto con costanza, anticipando magari di un giorno nei periodi più caldi e umidi l’intervento che comunque deve essere fatto “coprendo” sempre tutta l’area aziendale. Sostanziale è l’uso di macchine e attrezzature idonee, in particolare dell’atomizzatore utilizzato, che deve essere in grado di garantire la nebulizzazione del prodotto su tutte le parti oggetto di trattamento e dove il getto non arriva è bene intervenire direttamente con la lancia in pressione che essendo dotata di una maggior portata è in grado di arrivare nei punti più lontani dove le mosche si possono rifugiare e continuare a riprodursi. Solo così la mosca non riesce a trovare l’ambiente adatto alla sua proliferazione diminuendo naturalmente l’infestazione. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA Gli effetti del disastro che nel gennaio scorso ha colpito l’agricoltura modenese. Focus su quanto è successo alla foraggera Alluvioni Se 30 cm di fango ricoprono la tua medica di Giorgio Setti uello che vediamo nella foto A è un campo di medica. E quelli che vediamo nella foto B sono balloni di fieno stoccati in un azienda zootecnica. Le immagini sono state riprese nelle campagne a nord di Modena dall’agronomo Pietro Natale Capitani un mese dopo il 19 gennaio 2014, quella brutta domenica in cui la rottura dell’argine del fiume Secchia provocò una delle più devastanti alluvioni italiane degli ultimi anni. Un disastro che, come comunica l’assessore provinciale agricoltura Luca Gozzoli, ha coinvolto ben 10mila ettari di terreno coltivato e almeno 400 aziende agricole. Mettendo in ginocchio uno dei comprensori agricoli più produttivi d’Italia, che fra l’altro solo 18 mesi prima era stato messo a dura prova dal terremoto. Lo stesso Gozzoli puntuaFoto A Depositi dovuti all alluvione in un campo di medica nelle campagne a Nord di Modena. Foto scattata un mese lizza che il dato delle 400 dopo l alluvione (foto P. N. Capitani). Q 26 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA COLDIRETTI: 4,3 MILIONI DI DANNI SOLO PER FIENILI, STALLE E PORCILAIE C oldiretti Modena propone stime dei danni dell’alluvione basati su comunicazioni della Provincia di Modena: «I danni per il settore ammontano ad almeno 54 milioni di euro. La somma comprende i danni ai fabbricati residenziali degli agricoltori (17,5 milioni di euro), alle strutture produttive agricole (fienili, magazzini, stalle, porcilaie, per un totale di 4,3 milioni), agli impianti fruttiviticoli (7,5 milioni), alle scorte vive e morte (un milione di euro), alle macchine e attrezzature (un milione), la spesa per il ripristino dei terreni inondati e della rete scolante primaria e secondaria (2,5 milioni di euro) e delle strade interpoderali (800 mila euro) e i danni alle cooperative per la lavorazione, trasformazione, commercializzazione dei prodotti agricoli (900 mila euro). Ci sono, infine, 18,5 milioni di euro di danni provocati dalla riduzione delle necessarie lavorazioni, dalla perdita di fertilità, dalla perdita dei prodotti, dai mancati redditi a causa della distruzione degli impianti fruttiviticoli». Francesco Vincenzi, presidente di Coldiretti Modena, ci permette di approfondire. «Da subito - ci dice - ci siamo resi conto che, per il nostro comparto, sarebbe stato impossibile fare una conta precisa dei danni: mentre sono stati immediatamente evidenti i danni dell’erosione dell’acqua nelle aree più vicine alla falla (con i campi di grano o foraggere completamente spazzati via o coperti di terra) o i detriti accumulati nei frutteti dal fluire dell’acqua, era più difficile capire cosa sarebbe successo agli apparati radicali dei pereti o dei vigneti che sono rimasti in condizioni di asfissia per parecchi giorni. Solo con il risveglio vegetativo primaverile, quest’anno peraltro anticipato causa un inverno che non si è mai fatto veramente sentire e le elevate temperature di questi giorni, si cominceranno a vedere i veri effetti dell’acqua sulle coltivazioni. Vedremo se le piante avranno una pronta ripresa o saranno in sofferenza, lo stesso si può dire per i seminativi ma anche per i terreni già pronti per le semine primaverili che, molto probabilmente, dovranno essere rilavorati». Si tratta in parte della stessa zona già colpita dal terremoto del 2012… «Questo fatto non ha certamente giovato: le imprese stavano cominciando a risollevarsi adesso, peraltro anticipando quasi totalmente le Foto B Balle di fieno in un azienda zootecnica modenese. Foto scattata un mese dopo l alluvione (foto P. N. Capitani). aziende agricole colpite non descrive in modo completo la situazione: quelle sono le imprese interessate «direttamente», ma altre aziende sono state danneggiate indirettamente, ad esempio i caseifici che si sono visti conferire meno latte. In ogni caso una prima provvisoria stima dei danni, dice l’assessore, si attesta sui 60 milioni di euro. Le segnalazioni del Parmigiano La specializzazione della nostra rivista ci 28 impone prima di tutto di approfondire il danno maggiore procurato dall’alluvione modenese alla filiera zootecnica. Che è quello subito dai campi coltivati a medica. L’erba medica, comunica all’Informatore Zootecnico Marco Nocetti, responsabile del servizio tecnico del consorzio del Parmigiano Reggiano, «certamente risulta essere la specie in maggiore difficoltà dato che a causa del suo apparato radicale profondo risente più di altre dello stato di saturazione del terreno dall'umi- dità, con conseguente asfissia che può arrivare a pregiudicare la funzionalità del sistema radici/azotofissatori». Il danno su questa specie presente nei prati, continua Nocetti, potrebbe non limitarsi solo al primo sfalcio (lo stato di stress contribuisce a indebolire le piante, che così non hanno la vitalità necessaria per poter ripartire) ma potrebbe estendersi a tutta la durata del prato. I prati che sono stati sommersi oltre che dall'acqua anche dal fango hanno anche il problema del fango rimasto in superficie. Questo fango si è seccato formando una crosta molto compatta che rende problematico il ricaccio anche sulla componente graminacea, normalmente presente nel primo sfalcio dei medicai dal secondo/terzo anno in poi; si possono notare i sintomi dell'asfissia che però vengono superati con maggiore facilità da queste foraggere grazie a un apparato radicale più superficiale. Il problema è che queste concentrano quasi totalmente la produzione nel primo taglio e la situazione attuale è che, sottoposte a forte stress, stanno spigando con forte anticipo rispetto alla normalità. Quindi INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA risorse economiche necessarie alla ricostruzione. E’ stata un nuovo colpo sulle persone e sulle aziende che ha reso la situazione ancora più pesante non solo dal punto di vista economico ma anche da quello psicologico e morale». Era possibile prevenire il disastro? Di chi sono le colpe? «Il problema non si risolve solo scaricando le colpe su qualcuno; è ora di cominciare a ragionare in termini diversi dal passato. Parlare di prevenzione non deve più essere più essere uno slogan ma deve diventare un impegno serio e concreto da realizzare immediatamente, con l’impegno di tutte le istituzioni, dal livello locale a quello governativo. Il territorio modenese, come tutto il territorio italiano, è un territorio molto fragile e per questo i temi del cambiamento climatico e della cementificazione debbono essere affrontati con lungimiranza per garantire sicurezza alle popolazioni ma anche alle attività produttive. Abbiamo calcolato che, nella sola provincia di Modena, sono stati sottratti all’agricoltura 41mila ettari negli ultimi 20 anni, in pratica il 20% di tutta la superficie agricola. E’ un dato che non possiamo anche in questo caso la produzione ne risentirà in modo significativo. «In sintesi - conclude il tecnico del consorzio del Parmigiano - mi pare che allo stato attuale certamente possiamo aspettarci forti riduzioni nella produzione di foraggio del primo taglio. Eventuali danni negli sfalci così come anche eventuali danni sulla longevità dei medicai successivi dipenderanno dall'andamento meteo delle prossime settimane. Sempre con tutti i se e i ma del caso e senza generalizzare situazioni spesso molto diverse tra loro, mi pare che i produttori di foraggio dovranno cercare di anticipare quanto più possibile il primo sfalcio in modo da favorire il ricaccio successivo in condizioni più favorevoli, arieggiando in questo modo il cotico e avendo cura di sfalciare ad una maggiore altezza da terra per limitare la contaminazione del fieno». Le segnalazioni del Crpa Queste le segnalazioni e l’analisi di Nocetti. Sempre a proposito dei danni subiti dalle coltivazioni a medica, il tecnico Crpa Fabrizio Ruozzi aggiunge: «L’afferma- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 ignorare. Poi c’è il problema degli animali selvatici che provocano danni alle strutture idrauliche. La maggior parte di questi animali, privi di predatori, si sono moltiplicati a dismisura e stanno mettendo a rischio la tutela dell’ambiente e la sicurezza di tutti i cittadini, oltre alle attività agricole. Occorrono piani di contenimento concreti ed efficaci». Cosa chiedete alle istituzioni? «Alle istituzioni chiediamo un segnale forte per le popolazioni di questa provincia che vada dal risarcimento totale del danno ad una fiscalità di vantaggio che dia la possibilità alle aziende di essere competitive in un momento già così difficile per la crisi economica ma soprattutto un percorso burocratico semplificato che permetta di velocizzare al massimo l’erogazione degli aiuti. La fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni dipende anche da quanto la politica sarà in grado di essere vicino alla gente rispondendo ai suoi bisogni in modo concreto e rapido. Per questo auspichiamo che vengano elargiti quanto prima i finanziamenti necessari alla messa in sicurezza della nostra popolazione, delle nostre città, delle attività produttive e dell’intero territorio». G.S. Foto C Lo strato di limo depositato sui terreni agricoli modenesi dall alluvione del 19 gennaio 2014. Foto scattata un mese dopo l alluvione (foto P. N. Capitani). zione riguardante il perdurare dello stato di asfissia deriva dal fatto che la stagione primaverile è normalmente una stagione piovosa e se si dovesse presentare questo andamento si sommerebbe acqua su acqua prolungando quindi il periodo di carenza/assenza di ossigeno nel terreno». Quando ci si trova in queste condizioni, continua Ruozzi, l'andamento meteo ideale è quello che permette il più rapido allontanamento dell'acqua in eccesso 29 TECNICA nel terreno, sia per via atmosferica che per sgrondo attraverso la rete di scolo, che si spera sia stata mantenuta efficiente dagli agricoltori. In caso contrario questa va ripristinata al più presto. «L'essicazione dello strato superficiale di fango, con conseguente crepacciamento dovuto alla presenza della componente argillosa, tende a favorire l'evaporazione dell'acqua superficiale. Se poi in questa fase - conclude il tecnico Crpa - avessimo la fortuna di avere qualche piccolissima pioggia o rugiada (1-2 mm) in grado di ammorbidire la crosta superficiale senza andare in profondità sarebbe ancora meglio». Le segnalazioni di Capitani Fin qui il caso specifico dei danni da alluvione subiti dalla medica. Ma ovviamente non sarà inutile neppure per una rivista specializzata come l’Informatore Zootecnico ampliare lo sguardo all’intera filiera zootecnica e all’intero comparto agricolo (il motivo di questa scelta? i legami tra produzioni animali, produzioni vegetali e industrie agrarie sono solidi e reciproci, ma questo tipo di chiarimento è un’ovvietà). Ci aiuteranno nell’analisi dei danni subiti più in generale dall’agricoltura modenese Pietro Natale Capitani, presidente dell’ordine dei dottori agronomi di Modena, e (nel box pubblicato nella pagina precedente) il presidente di Coldiretti Modena Francesco Vincenzi. Tra le principali conseguenze dell’alluvione, ci dice dunque Capitani, c’è la necessità di far fronte allo strato di limo 30 Foto D Un immagine simbolo del disastro modenese: campi agricoli sommersi, pallet distrutti, letamaie disgregate (foto Coldiretti). depositato sui terreni destinati alle coltivazioni erbacee. Un deposito dallo spessore non omogeneo: oscilla dai 20-30 cm delle zone più vicine al punto di rottura dell’argine ai 5-10 cm di quelle più lontane. Ma in alcuni casi il sedimento raggiunge altezze anche di un metro e più; in altri casi la granulometria ricorda più la sabbia. «Qualche volta - aggiunge l’agronomo - troviamo addirittura delle dune di sabbia. Per permettere alle attività agricole di riprendersi, nelle prossime settimane si dovrà organizzare una bonifica radicale, con asportazione del materiale più grossolano o dei depositi più spessi e con un rifacimento delle sistemazioni idrauliche». Nel caso invece dei depositi di materiale più fine «si pensa a un loro interramento. Che però non può prescindere da una lavorazione mediamente profonda del terreno, che tuttavia comporta costi non indifferenti, e da un posticipo della semina, scelta che sconvolge gli indirizzi colturali e che può compromettere le produzioni anche nel medio periodo». La stima dei danni I dottori agronomi modenesi, aggiunge Capitani, «non si sono uniti ad altri nell’esprimere giudizi affrettati ma stanno dando il loro contributo professionale per cercare di effettuare una ricognizione puntuale del danni monitorando le varie situazioni aziendali, lo stato delle colture, le esigenze connesse al ripristino delle strutture fondiarie danneggiate. Senza entrare nel dettaglio delle varie situazioni che saranno oggetto anche nel breve periodo di indagini tecniche accurate e scrupolose dove i professionisti potranno dare un aiuto concreto nella stima effettiva dei danni, si desidera introdurre alcuni elementi di valutazione al fine di inquadrare correttamente la situazione». Innanzitutto, continua il presidente degli agronomi, va detto che i danni provocati da fenomeni come quello dell’alluvione modenese sono sempre rilevanti. E connessi non solo alla quantità ma anche al tipo di materiale solido che l’acqua lascia sul terreno coltivato quando si ritira; e al tempo di permanenza dell’acqua stessa sui terreni. «Chi ha avuto occasione di frequentare le zone in questione ha avuto modo di vedere l’esito (seppure provvisorio) di tali danneggiamenti. Non solo le colture in atto ma anche i terreni che erano stati parzialmente preparati per le semine primaverili registrano danni alla struttura fisica (oltre che limitazioni ala praticabilità) che, peraltro, è tuttora difficile quantificare in tutta la loro entità, diretta e indiretta. Infatti, gli effetti negativi dell’alluvione si manifestano in tre direzioni: sul INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 TECNICA terreno, sulle colture e sull’attività agricola». Gli effetti sul terreno Per quanto riguarda il terreno, continua Capitani, si ricorda che essendo la fase liquida complementare alla fase aeriforme (ambedue occupano la porosità del suolo) si può avere un’insufficiente areazione che provoca tutta una serie di inconvenienti fisici e chimici tra i quali l’arresto della nitrificazione, la diminuzione della concentrazione di ossigeno e quindi l’involuzione dell’attività microbica con ripercussioni negative sulla disponibilità degli elementi ed in definitiva della fertilità. In generale gli effetti della sommersione e del ristagno dell’acqua sulle colture in atto «sono in parte la conseguenza dei fenomeni sopra indicati sommariamente, seppure variabili nella loro entità a seconda delle coltivazioni (colture erbacee, vigneti ,frutteti) dello stadio vegetativo e della durata del fenomeno. L’asfissia radicale è sempre dannosa e per talune colture l’esito può essere letale. In altri casi si hanno gravi rallentamenti dello sviluppo, l’insorgenza di malattie nonché l’attacco di parassiti. Per le colture arboree in particolare i danneggiamenti possono risultare gravi ma anch’essi variabili con la stagione, la specie, l’età, il portainnesto, eccetera». Nel caso specifico dell’alluvione in questa parte della pianura modenese, dice ancora l’agronomo, «è tuttora prematuro esprimersi circa l’effettiva entità dei danneggiamenti sui terreni e le colture. Mentre si può senz’altro affermare che nelle zone più prossime all’argine il deposito di materiali anche grossolani richiede un’opera di riassetto dei terreni con asportazione quantomeno parziale dei depositi stessi e ripristino integrale delle sistemazioni idraulico-agrarie, valutazioni tecniche più circostanziate devono essere effettuate in merito al trattamento dello strato limoso (anche di diversi cm di spessore) depositato dalle INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 ANCHE IN SARDEGNA C’ERA STATA UN’ALLUVIONE E DAL VENETO 120 QUINTALI DI FIENO PER SOLIDARIETÀ G li agricoltori dell'altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza, in aiuto degli allevatori di Uras (Oristano) danneggiati dalla tragica alluvione del 18 novembre 2013. Proprio grazie alla raccolta effettuata dagli agricoltori di Asiago aderenti alla Coldiretti, gli allevatori di Uras hanno ricevuto nei giorni scorsi 120 quintali di fieno provenienti dal Veneto. Per le 61 aziende del territorio della provincia di Oristano, per i quali i danni subiti dall'alluvione oscillano tra i 10 e i 12 milioni di euro, è una bella boccata di ossigeno. Il carico proveniente da Asiago è giunto in provincia di Oristano grazie al trasporto garantito gratuitamente dalla Tirrenia e dalla Logistica Nieddu. Ad accogliere il carico e una delegazione di agricoltori provenienti dalla provincia di Vicenza, c'era il sindaco di Uras, Gerardo Casciu. Il primo cittadino di Uras ha ringraziato vivamente gli agricoltori del Veneto, affermando che «si tratta comunque di un aiuto ben gradito dai titolari delle aziende colpite dal tragico evento atmosferico del novembre scorso». La donazione è stata promossa dalla Fasi (Federazione delle associazioni sarde in Italia) ed è stata coordinata dalla Brigata Sassari e resa possibile dal lavoro dei volontari dell'Ordine di Malta, del Cisom e dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, ma anche dalla stessa Tirrenia e dalla Logistica Nieddu, una società di autotrasporti che garantisce i trasporti su gomma tra l'isola e la penisola. Paolo Caboni acque sul resto della superficie interessata. Tale coltre di materiale mediamente fine è particolarmente evidente e rappresenta un’incognita oltre che sulle coltivazioni in atto anche sui terreni che erano pronti per le semine delle colture primaverili». Al momento, continua Capitani, data l’impraticabilità dei terreni stessi, le scelte sono obbligatoriamente rinviate. «E’ evidente che la previsione di un interramento dei terreni non può prescindere da una lavorazione mediamente profonda del terreno stesso che comporta oneri non indifferenti ed il forzato posticipo della messa a coltura che sconvolge sicuramente gli indirizzi colturali e può compromettere le produzioni anche nel medio periodo. In ogni caso l’incorporazione al suolo di tali residui (la cui natura potrà peraltro essere accertata con opportune analisi fisico-chimiche) dovrà essere verosimilmente accompagnata da adeguata integrazione di fertilizzanti e lavorazioni secondarie tendenti a distri- buire in modo omogeneo il materiale nello strato di terreno agrario. Sulle colture erbacee in atto occorrerà rinviare tali considerazioni una volta valutati gli effettivi danneggiamenti o, addirittura, al termine del ciclo annuale». Gli effetti sulle attività agricole Capitani completa il suo contributo citando brevemente i danni alle attività agricole. Non si deve dimenticare, dice, «che i fenomeni alluvionali hanno sconvolto in molti casi le strutture dell’azienda agricola, gli indirizzi produttivi, l’efficienza dei parchi macchine, lo stoccaggio delle altre scorte (foraggi, paglia, sementi, concimi), la gestione degli allevamenti con aggravi insopportabili dei costi di produzione. Di tutte queste considerazioni e non solo, bisognerà tenere conto nella quantificazione dei danni, diretti e indiretti che devono essere valutati caso per caso, all’attualità e in prospettiva, nel contesto di una delle zone più vocate per l’agricoltura del nostro Paese». 31 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI L’assessore regionale Gianni Fava presenterà alla Ue una revisione della geografia delle zone vulnerabili ai nitrati Nitrati, Lomb Nuova mappa in di Francesca Baccino i sta per posare sui tavoli Ue una nuova mappa italiana sulle aree vulnerabili ai nitrati, elaborata dalla Regione Lombardia. «Sulla direttiva nitrati abbiamo gli elementi per rivedere le zone vulnerabili. E soprattutto, oggi, abbiamo gli strumenti scientifici per dire che quelle aree, identificate in passato solo sulla carta, sono sbagliate». Lo ha detto l’assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Gianni Fava, all'assemblea annuale di Fedagri Confcooperative Lombardia, annunciando anche che la prima settimana di aprile sarebbe stato a Bruxelles per presentare la nuova mappa delle aree vulnerabili. L’obiettivo è quello di aumentare il carico di azoto per ettaro che si può distribuire nei campi in un anno attraverso i reflui zootecnici e che nelle aree vulnerabili non può superare i 170 kg (mentre può arrivare a 340 kg nelle zone non vulnerabili). Secondo l’assessore lombardo in base alle evidenze scientifiche la superficie di queste aree a rischio risulterebbe inferiore di circa il 20-30% rispetto a quelle attuali. Ottenere dalla Ue una riduzione di questa misura è un traguardo fondamentale per garantire un futuro al milione e mezzo di bovini e ai 4 milioni e mezzo di suini che sono oggi allevati in Lombardia in oltre 17 mila fra stalle e porcilaie. «Vogliamo difendere la zootecnia e rivedere la geografia delle zone vulnerabili ai nitrati» ha spiegato ancora Fava, ricordando che la direttiva comunitaria prevede una revisione S LAVORI IN CORSO ALL I STITUTO ISPRA A definire una nuova mappa dei nitrati punta anche una ricerca su base scientifica che è stata avviata l’anno scorso dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e che era stata presentata come “una svolta” al problema dei nitrati. Lo studio, commissionato dal Mipaaf, si basa su un’analisi degli isotopi applicata alle rilevazioni e alle analisi dei terreni. C’è da dire tuttavia che questo studio avrebbe già dovuto esser pronto, come annunciato nel corso di presentazione di Regione Lombardia, per fine 2013; invece non sarà completato prima di giugno 2014. La Regione Lombardia si è infatti mossa in modo autonomo rivolgendosi all’Università di Milano e all’Arpa. F.B. 32 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI ardia arrivo? delle stesse aree e che il comparto allevatoriale deve essere «tutelato e sostenuto, non accusato ingiustamente». Balletto di competenze Tuttavia, ha rimarcato Fava, «serve compattezza nel mondo agricolo e nel sistema. Nei giorni scorsi il presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, ha dichiarato che la richiesta di deroga non può essere avanzata a Bruxelles dalla Regione Lombardia e si dice sicuro che il negoziato sarà condotto dallo Stato. Io non ne sono così sicuro, perché se lo Stato italiano avesse voluto salvaguardare la zootecnia, l'avrebbe fatto prima». Al di là delle polemiche che inevitabilmente ogni tanto affiorano la questione resta molto delicata per un Paese come l’Italia che già due volte è stato messo in mora dall’Ue e si è dovuto scagionare dall’accusa di violazione degli obblighi stabiliti dalla direttiva Ue sui nitrati. La procedura d’infrazione aperta nel 2006 aveva infatti obbligato la Lombardia e le altre regioni padane ad ampliare le aree vulnerabili e la seconda, del 2013, ha ugualmente costretto la Lombardia e le altre regioni del bacino padano a tornare sui loro passi. In particolare un obbligo di legge (il comma 7 quater) aveva stabilito di sospendere per un anno gli obblighi degli allevamenti che ricadono nelle aree vulnerabili nell’attesa di una nuova mappa delle stesse zone vulnerabili. Nell’attesa si sarebbero applicati i limiti di spandimento INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 PER IL TERZO ANNO C’È LA POSSIBILITÀ DI ANDARE IN DEROGA È scaduto il 15 febbraio scorso il termine per presentare la richiesta di deroga sulla direttiva nitrati per il 2014. Per il terzo anno, gli allevamenti delle regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto hanno avuto la possibilità di distribuire, attraverso i reflui zootecnici, fino a 250 kg di azoto per ettaro l’anno, superando così il limite dei 170 kgi imposto dalla direttiva Ue per le aree vulnerabili all’inquinamento da nitrati. Finora in Lombardia, la prima regione italiana per patrimonio zootecnico e quindi la più penalizzata dalla direttiva, ne ha usufruito solo il 10% circa delle aziende interessate, ma anche nelle altre Regioni che hanno ottenuto la deroga le adesioni sono state modeste. Nel 2015, comunque, l’Italia dovrà chiedere a Bruxelles una conferma della deroga per altri 4 anni. F.B. previsti per le aree non vulnerabili, i 340 kg di azoto per ettaro. Tempestiva e molto chiara la reazione di Bruxelles che aveva chiesto all’Italia un immediato dietrofront e poi aveva deferito il nostro Paese alla Corte di giustizia europea. Solo con l’abolizione del comma contestato Bruxelles ha ritirato formalmente la procedura. Studi di Università, Arpa ed Ersaf La possibilità di ridefinire la mappa italiana dei nitrati era stata al centro dell’incontro del 13 febbraio scorso organizzato da Regione Lombardia per presentare alle associazioni agricole i risultati degli studi commissionati all’Università di Milano, all’Arpa e anche all’Ersaf. «Siamo arrivati a un risultato che ridefinisce l’origine dell’azoto presente nelle acque, la capacità di assorbimento dei suoli e la gestione delle aziende». Per l’assessore si tratta di «un documento strategico per il confronto sia con il Governo di Roma che con l’Unione europea a Bruxelles». I risultati di uno studio dell’Università di Milano, come spiega un comunicato di Regione Lombardia, potrebbero portare a un alleggerimento delle zone vulnerabili ai nitrati anche del 30% circa. A beneficiarne, secondo il professor Marco Masetti, associato di Geologia applicata presso il dipartimento di Scienze della terra dell'Università degli Studi di Milano, «sarebbero, in modo particolare, tutta la provincia di Mantova, parte del cremonese e del bresciano, nell'area di pianura». Questo studio sulle acque sotterranee che si basa su valutazione statistiche avrebbe inoltre messo in luce la responsabilità degli scarichi civili individuando una marcata vulnerabilità nelle aree più densamente popolate. Sulla base dei commenti raccolti dall’Informatore Zootecnico presso alcune delle associazioni agricole presenti all’incontro, lo studio condotto dall’Arpa si sarebbe invece focalizzato sullo stato delle acque superficiali e sull’eutrofizzazione arrivando a conclusioni simili, anche se molto meno evidenti rispetto a quelle dell’Università di Milano. Restano comunque diverse, anche se sostanzialmente convergono, come hanno segnalato le rappresentanze di categoria, Confagricoltura Lombardia e Cia Lombardia, le modalità di analisi e i parametri utilizzati nei diversi studi. Molto più ottimistico è invece il commento di Ettore Prandini, presidente della Coldiretti Lombardia: «Non dimentichiamo - ha scritto in un editoriale uscito sul n. 5.2014 dell’Informatore Zootecnico - che le aree vulnerabili applicate fino a oggi fanno riferimento a una situazione di oltre 20 anni fa, scritta sulla carta da qualche burocrate senza approfondire se gli eventuali punti critici fossero dovuti agli scarichi industriali e civili, più che all’agricoltura». 33 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI La gestione delle deiezioni bovine: lo stoccaggio e i trattamenti di corredo Gli autori sono dell’Università di Padova. Stoccaggio Fattore che determina la sostenibilità di Stefano Guercini, Clelia Rumor U na corretta gestione degli effluenti negli allevamenti di bovini, quale che sia la categoria (latte, carne rossa, carne bianca), obbedisce ad una regola fondamentale e molto semplice: chi assicura al proprio allevamento BUON VISO A CATTIVO GIOCO È ormai da un po' di tempo che le tematiche afferenti la gestione degli effluenti zootecnici hanno assunto pari dignità, se così si può dire, rispetto a quelle relative all’alimentazione e alla cura degli animali e alla cura dei prodotti da essi ottenuti. E, parlando di un sistema produttivo molto spesso caratterizzato da produzioni di pregio, richieste, invidiate ed imitate in mezzo mondo, la cosa fa ben sperare sulla presa di coscienza dei nostri allevatori. Come mai tutta questa attenzione? Pensiamo di non sbagliare molto se ipotizziamo che questa virtuosità sia stata indotta anche da una vera e propria pioggia di prescrizioni che, da una ventina d’anni a questa parte, mittente l’Unione europea, ha interessato il settore. Tra tutte ne spiccano per importanza due: la “direttiva Nitrati” e la “direttiva sul Controllo e la riduzione integrate dell’inquinamento”, forse meglio nota con l’acronimo Ippc. La direttiva Nitrati, ormai ben rodata ma perfettibile per venire meglio incontro alle peculiarità dell’ambiente agronomico italiano. La direttiva Ippc, nata per gli allevamenti di suini e avicoli che superano determinate dimensioni e di recente estesa ad una 34 parte degli allevamenti bovini, la consideriamo importante in quanto propone un approccio ragionato, con il criterio della lista di controllo, alle azioni che ciascun allevatore può attuare nei confronti dell’ambiente. Chiamiamolo pure buon viso a cattivo gioco, fatto sta che molti dei nostri allevatori in questi ultimi quattro lustri hanno rivisto anche questa fase del processo produttivo con innegabili vantaggi dal punto di vista organizzativo e della salvaguardia ambientale. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, in questo caso identificabile con gli incentivi sulla produzione di energia da fonti rinnovabili che - con riferimento alla produzione del biogas - nell’edizione in corso sta privilegiando la realizzazione di impianti di medio-piccole dimensioni, alimentati in prevalenza con le deiezioni dell’allevamento. E speriamo che un aiuto per migliorare ulteriormente l’impronta ambientale dell’allevamento continuerà ad arrivare con le misure del nuovo Psr, che nella prossima edizione sembra puntare proprio sul tema della sostenibilità ambientale. S.G. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Figura 1 - Alcune delle più diffuse linee di trattamento di tipo conservativo, per quanto concerne l’azoto, degli effluenti di allevamenti bovini. un’adeguata capacità di stoccaggio delle deiezioni può dormire sonni abbastanza tranquilli. Lo stoccaggio è dunque lo strumento gestionale indispensabile e ordinario per garantire che gli interventi di distribuzione degli effluenti zootecnici possano avvenire nei tempi e nei modi più idonei dal punto di vista agronomico e ambientale. Nel caso dell’azoto ciò si traduce nel suo massimo utilizzo da parte delle colture, in un ridotto rilascio per dilavamento, scorrimento superficiale e volatilizzazione. Azioni tutte che, escludendo la volatilizzazione, si possono estendere anche al fosforo e al potassio contenuti negli effluenti. Lo stoccaggio rappresenta dunque il fulcro attorno al quale ruota l’organizzazione delle operazioni che lo precedono nella cosiddetta fase aziendale (dal trasferimento delle deiezioni fuori dalla stalla ad eventuali trattamenti prelimina- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 ri) e di quelle che lo seguono (trasporto e distribuzione sui terreni) nella cosiddetta fase di campo. Si veda anche la figura 1. Ed ora spieghiamo perché abbiamo usato il termine ”abbastanza”. Il problema del meteo È poco più che una sensazione, che an- drebbe meglio approfondita, ma questi ultimi anni sembrano essere caratterizzati da un aumento delle anomalie meteorologiche, soprattutto di quelle legate alle precipitazioni. La distribuzione delle piogge non sembra essere più quella statisticamente conosciuta, caratterizzata com’è da una maggiore frequenza di prolungati periodi piovosi che magari vanno ad interessare momenti dell’anno che le statistiche considerano relativamente secchi, con buona pace, purtroppo, dei momenti in cui, secondo la direttiva Nitrati, è possibile distribuire gli effluenti. La ripetitività di tali eventi è tale da far supporre come tali fenomeni, da “anomali”, stiano poco alla volta diventando “normali”, aprendo forse un nuovo capitolo sulle caratteristiche climatiche dei nostri territori. Chi vivrà vedrà. Quanto sopra menzionato sulle intemperanze meteorologiche coinvolge due aspetti essenziali dello stoccaggio delle diverse matrici (palabili e non palabili) che sarebbe auspicabile rivisitare in un prossimo futuro: 1. L’aumento della capacità di stoccaggio aziendale oltre i tempi minimi previsti dalla normativa. Una tale azione consentirebbe di scongiurare la malaugurata combinazione di una vasca/concimaia, al limite del riempimento all’inizio del periodo consentito per la distribuzione e l’impossibilità di Figura 2 – Vasca prefabbricata in ceneto armato a pianta circolare, a cielo aperto. 35 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Figura 3 Contenitore a sacco adibito allo stoccaggio dei liquami di un allevamento di bovini da latte. gio; relativamente ai materiali palabili, la copertura della concimaia permette di ridurre la produzione di percolati (che a loro volta vanno ad aumentare i volumi degli effluenti non palabili da stoccare), di migliorare il processo di maturazione del prodotto e di conservarne la palabilità, con indubbi vantaggi al momento del prelievo per la distribuzione. In secondo luogo la copertura dello stoccaggio riduce le emissioni di gas e odori da questa fase. Aspetto questo sempre più all’ordine del giorno sia per quanto riguarda le problematiche dovute alla vicinanza dei centri abitati con le zone agricole, sia per la necessità di adottare pratiche che riducano le emissioni di quei gas nocivi per l’atmosfera: in primis, ammoniaca e metano. La separazione solido-liquido Figura 4 Vasca di stoccaggio per liquami coperta da una struttura intelaiata in acciaio zincato. Figura 5 Concimaia scoperta, chiusa su tre lati. entrare in campo causa persistenti precipitazioni e/o impraticabilità dei terreni. Una rapida analisi dei dati sulle precipitazioni di questi ultimi anni in località della pianura veneta permette di quantificare in non meno di 30-45 giorni tale aumento dello stoccaggio. 2. La copertura delle strutture di 36 stoccaggio. Questa soluzione, finora poco praticata nel nostro Paese, svolge in realtà un ruolo chiave su più fronti. Anzitutto evita l’ingresso delle acque meteoriche, il che si traduce, nel caso dei materiali non palabili, nella possibilità di aumentare, a parità di capienza del manufatto, la sua capacità di stoccag- Il primo, il più semplice da adottare e forse anche il più conosciuto e diffuso tra i trattamenti che si possono applicare ai liquami prima del loro stoccaggio è la separazione di fase. Come dice il nome, la separazione solido-liquido permette di estrarre dal liquame tal quale una parte più o meno rilevante dei solidi sospesi, che vanno a costituire la frazione solida palabile, e da una frazione liquida chiarificata, alleggerita cioè dei solidi sospesi. Nella frazione solida si trasferisce inoltre una parte consistente dell’azoto organico e del fosforo; in quella chiarificata troviamo invece buona parte dell’azoto inorganico (sotto forma di ammonio) e del potassio. La capacità di una attrezzatura di trasferire quantitativi più o meno consistenti di solidi sospesi, azoto, fosforo e potassio dal liquame di partenza alla frazione solida ne esprime la cosiddetta “efficienza di separazione” e permette di suddividere le attrezzature di separazione comunemente utilizzate in zootecnia nei gruppi a bassa, media, e alta efficienza (tabella 1). INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TABELLA 1 - PRESTAZIONI CONSEGUIBILI CON LE DIVERSE CATEGORIE DI ATTREZZATURE DI SEPARAZIONE SOLIDO-LIQUIDO. Categoria Rimozione (% in peso che si Efficienza trasferisce nella frazione solida) di N tot P tot separazione Solidi totali Vagli statici e vibranti bassa < 25 5 ÷ 10 10 ÷ 20 Separatori a cilindro e rulli prementi e a vite senza fine media 25 ÷ 40 15 ÷ 25 10 ÷ 20 alta > 40 25 ÷ 30 60 ÷ 70 Decantatori centrifughi Nel primo ricadono i vagli statici, i vibrovagli e i tamburi rotanti; nel secondo i vagli a compressione elicoidale o a rulli prementi; nel terzo i separatori centrifughi. Le attrezzature più rappresentate negli allevamenti bovini appartengono al secondo gruppo, grazie al buon compromesso che tali macchine consentono di INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 esprimere tra prezzo di acquisto, costo di gestione, efficienza di separazione e robustezza costruttiva. Nel trattamento dei liquami bovini esse consentono di ridurre il volume della frazione liquida separata del 15-20%, rimuovendo dallo stesso il 10-15% dell’azoto totale e il 10-20% del fosforo inizialmente presenti nel liquame e producendo una frazione solida al 20-25% di sostanza secca. I vantaggi offerti dalla separazione solido-liquido sono diversi. 1) Si riduce il volume della frazione non palabile da stoccare e, successivamente, da distribuire, nonché il contenuto in azoto della stessa, fatto questo che consente di ridurre la superficie di terreno su cui distribuire detta frazione di una quota pari all’azoto trasferito nel solido (10-15%); quest’ultimo, in virtù del minore contenuto di acqua e della sua intrinseca maggiore qualità agronomica, potrà essere trasportato a maggiori distanze dal centro aziendale con costi contenuti rispetto al liquame di partenza e/o ceduto a terzi. 2) Si limitano le emissioni odorigene durante lo stoccaggio della frazione liquida, grazie al ridotto contenuto in sostan- 37 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI nenza in superficie, con conseguenze positive sulle emissioni di ammoniaca e odori. A fronte di questi numerosi e importanti vantaggi bisogna ricordare la necessità di accompagnare l’acquisto del separatore con la realizzazione di un’adeguata platea per lo stoccaggio del solido separato, possibilmente coperta per quanto prima esposto, e con l’adozione di appositi mezzi per la sua movimentazione e distribuzione agronomica. Figura 6 Concimaia coperta da una bella struttura in legno lamellare. La digestione anaerobica Figura 7 Concimaia coperta da una struttura leggera a tunnel. Figura 8 Un separatore a rulli prementi con sullo sfondo la concimaia per l accumulo del letame e della frazione solida separata. za organica rispetto al liquame tal quale. 3) Riducendo il contenuto in solidi del liquame, a) si limita la stratificazione dello stesso nella vasca di stoccaggio, quindi la formazione di deposito sul fon- 38 do o della crosta superficiale; b) se ne migliora la pompabilità nella fase di prelievo per la distribuzione; c) si favorisce la sua percolazione nel terreno una volta distribuito, limitando quindi la perma- Negli ultimi dieci anni la digestione anaerobica ha ri-trovato una “seconda giovinezza” presso i nostri allevamenti zootecnici grazie alla politica di incentivi legati alla vendita dell’energia elettrica che ha consentito agli imprenditori di conseguire un’integrazione al reddito aziendale assai appetita, considerato il periodo di crisi che la zootecnia italiana sta attraversando. Dopo l’overdose della tariffa omnicomprensiva di 280 €/MWh, che ha consentito la realizzazione di impianti alimentati anche esclusivamente con colture vegetali dedicate, dal 2013 la nuova tariffa, mediamente attestata su 230 €/MWh, ha fortunatamente ridimensionato la situazione rendendo possibile la costruzione di impianti che, per “stare in piedi” dal punto di vista economico, debbono utilizzare solo, o in buona parte prodotti di scarto o sottoprodotti, quali sono le deiezioni zootecniche. Ma non è di questo che vogliamo parlare in questa sede. La digestione anaerobica in un’azienda zootecnica offre infatti opportunità interessanti per migliorare la gestione degli effluenti dal punto di vista agronomico, con positivi riflessi anche sull’ambiente. La necessità di avere un materiale il più possibile fresco da utilizzare in digestione anaerobica impone di fatto un cambiamento nella gestione della stalla attraverso la rimozione frequente degli ef- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Figura 9 Le vasche di carico del liqiame tal quale e di scarico di quello separato relative al separatore di figura 8. Figura 10 Un digestore anaerobico alimentato con deiezioni bovine; in evidenza le vasche di stoccaggio coperte. fluenti dai ricoveri di allevamento: giornaliera nel caso dei liquami, per lo più settimanale nel caso dei letami. Con la positiva conseguenza di un miglioramento dell’ambiente di stalla grazie alla ridotta permanenza delle deiezioni nei locali di allevamento. Il digestato ottenuto da deiezioni bovine è un materiale che ha un contenuto di sostanza secca e sostanza organica inferiore a quello dei materiali di partenza - quello che manca se ne è andato come biogas - ma con lo stesso tenore in azoto totale, ed una percentuale di azoto ammoniacale superiore a quella del prodotto in ingresso; caratteristiche queste che accentuano le proprietà ammendanti del digestato, accentuate dalle seguenti caratteristiche: - stabilizzazione, ovvero ridotta fermentescibilità, quindi minore produzione di odori durante lo stoccaggio e assenza di fitotossicità, dato che le trasformazioni a carico della sostanza organica sono già occorse durante il processo anaerobico; - buona sanitizzazione, con risultati crescenti passando dal INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 39 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Figura 11 Una attrezzatura mobile di separazione in azione presso un allevamento di bovini da latte in Olanda. Il rimorchio comprende anche un generatore di corrente che rende il suo funzionamento autonomo dall allevamento ospite. processo mesofilo (35-40 °C) a quello termofilo (50-55 °C). Infine, la sua consistenza fluida ne consente una maggiore capacità di infiltrazione nel terreno all’atto della distribuzione, riducendo quindi il tempo di esposizione all’aria, e quindi l’emissione di ammoniaca. Anche per il digestato sarebbe buona norma operare la separazione solido-liquido prima della sua immissione nelle strutture di stoccaggio, per evitare gli inconvenienti citati in precedenza. Con riferimento alla direttiva Ippc (direttiva sul Controllo e la riduzione integrate dell’inquinamento) e alla necessità sempre più attuale di limitare le emissioni di gas serra e ammoniacale in atmosfera, la digestione anaerobica offre da un lato il vantaggio di ridurre le emissioni di metano dagli effluenti, ma dall’altro aumenta le emissioni di ammoniaca dallo stoccaggio, che quindi dovrebbe essere coperto. Il processo fermentativo continua infatti anche durante lo stoccaggio, con produzione sia di metano che emissione di ammoniaca, complice anche la temperatura del prodotto all’uscita del digesto- 40 re. Uno studio condotto dall’Università di Torino - Dipartimento Deiafa ha dimostrato come lo stoccaggio del digestato produce il 10-12% in più di emissioni di gas serra espressi in CO2 equivalente (principalmente metano) e di ammoniaca rispetto allo stoccaggio dell’effluente di non digerito. La copertura delle vasche di stoccaggio è quindi consigliata: sia per l’aspetto ambientale, sia per i vantaggi già citati in precedenza, e infine perché consente di recuperare e utilizzare anche la quota di biogas prodotta nella fase di stoccaggio, che altrimenti verrebbe persa in atmosfera; a tale proposito il sopra menzionato studio del Dipartimento Deiafa ha messo in evidenza come il biogas recuperato dallo stoccaggio consenta un aumento del 3% della produzione elettrica annuale. retta gestione delle deiezioni prodotte da un allevamento di bovini. Da solo esso permette di raggiungere gli obiettivi di carattere più squisitamente agronomici che ambientali. Non sottovalutiamo comunque gli altri due interventi (e altri, non trattati nel presente articolo) il cui inserimento, in scala aziendale o sovra-aziendale, potrebbe risultare decisivo per decretare la sostenibilità nel medio-lungo periodo di un sistema zootecnico. Il controllo e la valorizzazione dei prodotti ottenuti dalla digestione anaerobica, il controllo delle emissioni in atmosfera, il bilanciamento dei carichi di nutrienti ottenuti, eccetera, sono questioni molto importanti e delicate che prima o poi dovranno essere affrontate nei territori ad elevata densità di allevamento. Gli esempi li abbiamo sotto gli occhi da anni: sono, ad esempio, i sistemi organizzativi messi a punto in Olanda, che sembrano funzionare. Si tratta di ripensarli per una scala e per le condizioni, attuali e future, della nostra zootecnia. In conclusione Quanto esposto ci fa comprendere l’importanza dello stoccaggio per una cor- Figura 12 Particolare dei tre separatori presenti nell attrezzatura mobile. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI L’esperienza di campo di due contoterzisti, uno del Vicentino l’altro della Bergamasca Spandimento Con macchine moderne e ad alta tecnologia di Ottavio Repetti a distribuzione dei liquami è, nei paesi europei più evoluti, quasi una scienza. Da noi, ancora no. Lo diventerà, tuttavia, presto o tardi, dal momento che le normative europee – e di conseguenza quelle italiane – vanno in questa direzione. Ma anche dal momento che, soprattutto, lo impongono i bilanci aziendali: anche considerando i costi del contoterzista, necessario quando si ricorre a certi L • Con l’applicazione per interfila i Riva lavorano su mais alto fino a 20 cm. 42 • La localizzazione dei liquami fornisce a tutte le piante il giusto sostegno, senza che nessuna fila soffra per carenza di nutrienti. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI macchinari, una distribuzione razionale e ben fatta conviene rispetto a uno spandimento indiscriminato e, spesso, fuori dalle regole della direttiva nitrati. Nelle prossime pagine parleremo di macchine per una corretta distribuzione dei reflui, che siano liquami tal quali o frazione liquida del digestato. Vedremo al lavoro una delle soluzioni più performanti del mercato, che raggiunge un alto grado di specializzazione riuscendo però a mantenere anche un certo livello di versatilità. Per fare un buon lavoro, tuttavia, non è assolutamente d'obbligo rivolgersi una attrezzatura iper-professionale, ovviamente di competenza esclusiva del contoterzista. Anche con una botte per liquami si possono fare cose egregie, a patto di avere, dietro alla medesima, il giusto attrezzo. Per questo motivo prenderemo in considerazione anche l'esperienza di un contoterzista che pur essendosi dedicato a una gestione attenta e profittevole dei liquami zootecnici adotta macchine alla portata anche di un'azienda agricola di medie dimensioni. Nonostante le dimensioni imponenti, lo Xerion Saddle lavora nel mais provocando danni molto contenuti. La botte Ravizza fatta costruire dai Negroni si può muovere con avanzamento a granchio e permette quindi di lavorare su colture emerse con un ridotto compattamento. Ad hoc per i liquami Cominciamo dallo Xerion Saddle. Cosa sia lo Xerion è abbastanza noto a chi si interessi di meccanica: un porta-attrezzi creato da Claas per applicazioni particolari e altamente specifiche. La versione Saddle (sella, in inglese) differisce da quella comune per alcuni aspetti. Motore, trasmissione e sterzo sono identici allo Xerion tradizionale, mentre cambia la collocazione della cabina, che non è centrale ma spostata in avanti, sul motore. In questo modo resta, alle spalle dell'abitacolo, un grande spazio per ospitare carichi portati che, nel nostro caso, sono rappresentati dalla cisterna dei liquami. La quale, infatti, arriva a 16 metri cubi. La macchina è alimentata da un motore Caterpillar C9 a 6 cilindri, turbo interco- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 Con una barra da 15 metri i Negroni distribuiscono digestato e liquami riducendo le passate e lavorando su mais alto fino a 80 cm. oler, da 8,8 litri, con 364 cv (268 kW) di potenza nominale e 388 cavalli (285 kW) di potenza massima. Lo sterzo è attivo su entrambi gli assi, anteriore e posteriore, per per muoversi nei campi con modalità “granchio”, in modo che le ruote seguano quattro tracce diverse e riducano il compattamento. Una delle applicazioni più tipiche del Saddle, nonché quella che ci interessa in questa sede, è la botte per liquami della Sgt. Questa soluzione comporta modifiche strutturali nella macchina: per esempio un terzo circuito idraulico, alimentato da una pompa dedicata da di 235 litri al minuto, per una potenza mas- 43 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI INTERRAMENTO OMBELICALE MENO COMPATTAMENTO DEL SUOLO E siste una terza possibilità per interrare i liquami, accanto al semovente e alla botte trainata dal trattore. È un sistema che non prevede scorte di prodotto a bordo e che, dunque, ha il grosso vantaggio di ridurre ai minimi termini il compattamento del terreno. Ci riferiamo alla distribuzione ombelicale, ovvero effettuata collegando un lungo tubo flessibile alla pompa che aspira i reflui dalla vasca. Naturalmente, perché questa pratica sia possibile è necessario che i terreni da fertilizzare siano nei pressi della vasca di stoccaggio e pertanto dà il meglio di sé con aziende in corpo unico. Quando si verifica questo prerequisito, tuttavia, i vantaggi sono evidenti: con il sistema ombelicale, il prodotto non è trasportato ma pompato direttamente dalla vasca e dunque non si ha compattamento del terreno dovuto a decine di metri cubi di liquami trasportati in campo. In secondo luogo è possibile effettuare la concimazione con un trattore di potenza molto più piccola rispetto a quanto richiesto da un carro o più ancora da un semovente. Con il risultato che si riduce ulteriormente il compattamento e inoltre si risparmia parecchio su consumi di carburante. Dietro al trattore, in un sistema ombelicale, possono essere collocati diversi attrezzi. Uno è quello che vediamo in queste foto e che è stato realizzato dalla Doda, ditta mantovana specializzata in reflui. Si tratta di un interratore ad ancore con larghezza compresa tra 2,5 e 7 metri, capace di interrare fino a 5mila litri di reflui al minuto. In alternativa, Doda fornisce anche una barra con calate dotata di 40 tubi a interlinea variabile e in grado di distribuire superficialmente fino a 250 mc di prodotto. La soluzione con barre, naturalmente, richiede minor potenza rispetto all'interratore ad ancore, che a seconda della larghezza può necessitare anche di un trattore da 220 cv. O.R. sima di 90 kW (130 cv). Alimenta, attraverso due motori idraulici, la pompa a lobi del sistema di distribuzione dei liquami, con capacità di 9.200 litri al minuto. Pompa e trituratore, assieme al tubo di pescaggio dei liquami, sono montati sul sollevatore anteriore, mentre l'attacco a tre punti posteriore ospita l'attrezzo per la distribuzione dei liquami. Il quale può essere di varia natura: si va dalla barra con calate per la distribuzione superficiale all'interratore con sarchiatore oppure ancore che lavorano più in profondità. Grazie a queste applicazioni specifiche, lo Xerion può distribuire liquami anche su piante alte 20 cm, come dimostrano le foto che pubblichiamo. Concludiamo con la produttività, per la quale chiediamo aiuto al proprietario della macchina fotografata in queste pagine. Si tratta di Claudio Riva, vicentino, titolare della Linea Verde, una società di lavorazioni in conto terzi che ha fatto della distribuzione liquami il fulcro della propria attività. «Con il sarchiatore, dunque dovendo limitare un po' la velocità, siamo arrivati a distribuire 1.100 metri cubi in circa 14 ore di lavoro. Un risultato importante, che si ottiene, chiaramente, soltanto se la macchina è ben servita. In altre parole non vi devono essere dei tempi morti. Ci vuole un numero adeguato di cisterne, oppure una vasca che faccia da deposito temporaneo. Inoltre è importante che il mais sia ben seminato, perché in caso contrario si deve rallentare per seguire le file e in secondo luogo si rischia di danneggiarlo troppo. Se invece la semina è stata fatta bene – il massimo sarebbe con il Gps – i danni sono molto contenuti». Con il semovente Simile allo Xerion per impiego e caratteristiche, sebbene di concezione diversa, è il Terragator di Challenger. In questo caso si tratta di una macchina semovente, dotata di botte fissa e con possibilità di montare diversi attrezzi sull'attacco a tre punti posteriore. Grazie a queste macchine è possibile Le calate ravvicinate permettono di collocare i reflui in prossimità della pianta realizzando quindi una buona copertura dell’intera superficie. 44 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Un altra soluzione per lo spandimento, questa volta su stoppie: l interramento con sistema ad ancore. effettuare distribuzione di liquami o digestato ad alte prestazioni e con un elevatissimo grado di precisione. Si può quindi impiegare razionalmente il liquame collocandolo in prossimità delle radici (con gli interratori a dischetti) o INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 Enrico Negroni con il figlio Roberto. comunque in zona raggiungibile dalle medesime e intervenendo anche quando le piante sono già allo stadio di quarta o quinta foglia. Questo allarga l'intervallo di lavoro e consente di suddividere la concimazione organica in più fasi, in modo che la pianta abbia a disposizione 45 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Con un interramento in pre-aratura e due interventi successivi, i Negroni somministrano fino a 150 metri cubi di liquami o digestato alle colture. Sono quindi in grado di coltivare mais senza ricorrere alla concimazione minerale. il nutrimento nel momento in cui le è necessario. Botte e barra Riva, con la sua Linea Verde, lavora su un raggio di oltre 200 km, arrivando fino ai confini con il Milanese. Nella stessa zona opera anche un'altra interessante azienda, la Agromeccanica Negroni di Stezzano (Bg), specializzata in trinciatura e spandimento reflui. Si dedica particolarmente a quest'ultimo settore Roberto Negroni, figlio del titolare Enrico. Nell’affrontare questo nuovo ramo di attività, il giovane agromeccanico ha voluto adottare un metodo scientifico: sia per differenziare la propria offerta dai concorrenti sia per dare ai clienti un servizio completo. «Puntiamo a un utilizzo del digestato piuttosto che al suo smaltimento indiscriminato. Con un impiego razionale e programmato, è possibile far crescere il mais soltanto con i reflui, che siano liquami o meglio ancora digestato. In quest'ultimo caso si crea un circolo virtuoso, perché con i sottoprodotti della digestione anaerobica si fa crescere ciò che alimenta il digestore». Parliamo però di macchine. Accanto ai carri-botte tradizionali, i Negroni ne usano uno realizzato su ordinazione da Ra- 46 vizza. «Ci siamo messi in due, Ravizza e io, dopo aver girato diverse fiere in Europa e visto decine di soluzioni, e abbiamo creato un mezzo unico nel suo genere nonché, a mio parere, molto funzionale». La caratteristica principale, ci spiega il giovane contoterzista, sono i tre assi sterzanti, calibrati in modo da seguire la carreggiata lasciata dal trattore. «La sovrapposizione non è perfetta, diciamo che arriva all’80%. Ttutavia con questa botte – prosegue Negroni – possiamo trattare su colture già emerse con danni minimi alle piante e questo apre un interessante ventaglio di possibilità». Secondo elemento che caratterizza la botte è il sistema di distribuzione. Come si vede dalle foto, i Negroni l’hanno attrezzata con una barra a calate da 15 metri che permette di distribuire liquami su colture già in avanzato stato di sviluppo. Per esempio, in interfila su mais. «Riusciamo a lavorare con piante alte anche 80 cm e quindi possiamo somministrare il digestato in periodi in cui con mezzi convenzionali non è possibile entrare in campo». Sfruttando la superficie di calpestamento ridotta e il sistema delle calate si può lavorare fino a giugno inoltrato, ci spiega. «Diciamo che il tempo limite è rappresentato dalla prima irrigazione. A quel punto tra il sovrapporsi delle irrigazioni e il tempo necessario per far asciugare il terreno, diventa impossibile trovare il momento giusto per trattare». Una seconda applicazione della botte è a fine inverno, su colture autunnali. «Operiamo su grano e triticale a fine febbraio, non appena si conclude il fermo invernale. In questo caso usiamo la botte in modalità granchio: le ruote poggiano su una superficie molto ampia ma grazie alla gommatura larga e ai tre assi il compattamento è quasi nullo». L’obiettivo di Negroni è fornire al cliente una fertilizzazione fatta interamente con reflui organici. «Sareb- Due immagini di un interratore Doda al lavoro. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI be sbagliato pensare che siano inferiori al concime minerale. L’errore comune – aggiunge Negroni – è cercare di liberarsi dei reflui il più in fretta possibile e in maniera irrazionale. Invece lo scopo deve essere di portare nutrimento alla pianta quando ne ha bisogno». Per completare la sua strategia, Negroni ha bisogno di altri due attrezzi. Il primo, che è anche il prossimo acquisto della ditta, è un coltivatore-interratore a bande della Vogelsang. «Si tratta di una macchina complessa, che combina la lavorazione del terreno a strisce, secondo il principio dello strip till, con l’interramento dei liquami. In pratica è formata da dischi e ancore che lavorano il terreno e da iniettori che distribuiscono il liquame secondo la quantità stabilita dall’operatore. Successivamente, con una seminatrice Kinze a controllo satel- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 litare andiamo a seminare sulle bande lavorate, proprio là dove abbiamo messo il digestato o il liquame. In questo modo poniamo le piante nelle migliori condizioni per crescere». Interramento su colture già emerse Ultimo tassello del sistema immaginato da Negroni è un attrezzo per l’interramento dei liquami su colture già emerse. «Dobbiamo ancora valutare un paio di soluzioni, quindi non so su cosa ci orienteremo. In ogni caso, sarà una barra in grado di interrare il liquame nell'interfila, senza danneggiare il mais ma facendo, anzi, anche la sarchiatura». Non appena completato il parco macchine, ecco quale sarà l’offerta: «Faremo un primo intervento in pre-semina, con l'interratore per strip tillage e 50 metri cubi di digestato per ettaro. A seguire, altri 50 metri cubi con la barra a distribuzione superficiale con mais alla terza foglia e infine gli ultimi 50 metri cubi contestuali alla sarchiatura o al rincalzo. Chiaramente, se qualche agricoltore preferisce fare da solo la sarchiatura, useremo la barra a calate, con l’avvertenza che nelle successive quattro ore il prodotto deve essere interrato, altrimenti il suo potere fertilizzante si riduce». In questo modo, conclude Negroni «daremo 150 metri cubi di reflui nel giro di poche settimane, localizzandoli nel modo migliore e interrandoli, così che non perdano in efficienza. Soprattutto nel caso del digestato, dovrebbero essere sufficienti per fare una produzione in linea con la media del territorio senza ricorrere ai concimi minerali». 47 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI I primi risultati della sperimentazione condotta dalla Fondazione Mach di San Michele. Dagli allevamenti locali un ammendante di qualità per frutticoltori e viticoltori *) Fondazione Edmund Mach – Istituto Agrario di San Michele all’Adige (Tn). Trentino Filiera letame il primo anno di prove di Andrea Cristoforetti (*) el corso del 2013 la Fondazione Edmund Mach, di San Michele all’Adige (Tn), ha avviato una sperimentazione per la messa a punto di una “filiera del letame di qualità”. L’iniziativa, descritta nei suoi aspetti progettuali sul numero 7/2013 dell’Informatore Zootecnico, nasce dalla constatazione che nella realtà trentina coesistono, spesso a breve distanza, zootecnia e frutticoltura: negli allevamenti si producono deiezioni che talvolta sono difficili da gestire, mentre i frutticoltori hanno bisogno di sostanza organica per mantenere una adeguata fertilità dei terreni. La filiera mira a “mettere in rete” allevatori e frutticoltori, impegnando i primi a produrre letame di elevata qualità con la tecnica della maturazione controllata e i secondi ad utilizzarlo. N Letame in cumulo all inizio delle prove. La fase progettuale In una prima fase è stato individuato un caso di studio con i requisiti necessari affinché il sistema di filiera sia praticabile: bacino territoriale con presenza di allevamenti bovini che producono letame palabile e, nel raggio di alcuni chilometri (tempo di viaggio con automezzo pesante pari a massimo un’ora) terreni coltivati con necessità di ripristino periodico di sostanza organica. L’attenzione è caduta sulla Val di Non, situata nel Trentino settentrionale, dove nella sua parte più montuosa sono concen- 48 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Copertura dei cumuli con teli in geotessile. Cumulo in maturazione. trati numerosi allevamenti di bovini da latte di razza bruno alpina, parte dei quali residuano letame con un buon contenuto di paglia. Nella parte collinare della valle è ampiamente diffusa la coltivazione intensiva del melo (circa 6.500 ettari) e qui, soMacchina rivoltatrice in azione. prattutto in occasione di rinnovi, si manifesta l’esigenza di in- nibilità ad ospitare le prove. Con queste premesse si è potuta avviare genti quantità di ammendanti organici. Partendo dal presupposto che le spese l’attività sperimentale in campo. sostenute dagli allevatori per la maturazione controllata devono essere coperte Conduzione dei processi dai ricavi della vendita del letame, attra- di maturazione controllata verso una stima dei costi della matura- Presso due aziende zootecniche il letazione e dei trasporti si è potuto stabilire il me è stato prelevato dalla concimaia con prezzo di vendita del letame maturo. caricatore telescopico e trasferito in Successivamente si è verificato che campo (tempo di viaggio con automezzo questo fosse considerato congruo da pesante pari a circa 15’), disponendolo parte dei potenziali acquirenti (i frutticol- in cumuli ad “andana” di larghezza 3 m, tori), riscontrando anche un buon inte- altezza 1.5 m e lunghezza 25 m. Le masresse nei confronti dell’iniziativa. La veri- se avevano una porosità sufficiente grafica di questi ultimi aspetti è stata agevo- zie al buon impiego di paglia effettuato lata dal fatto di avere come interlocutori in entrambi gli allevamenti come lettiera non i singoli frutticoltori ma le “coopera- (circa 4-5 kg per capo per giorno). tive di acquisto di mezzi tecnici per i soci”, I processi di maturazione hanno avuto strutture che provvedono agli acquisti un avvio piuttosto rapido, con temperacollettivi di fertilizzanti, fitofarmaci ecc.. ture dei cumuli superiori a 40°C dopo Infine sono state contattate alcune pochi giorni, sintomo di una buona attiviaziende zootecniche per avere la dispo- tà microbica. Per mantenere le condizio- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 ni ecologiche ottimali per i microrganismi responsabili della trasformazione, che essendo aerobi necessitano di essere riforniti di ossigeno, sono stati effettuati rivoltamenti dei cumuli mediante una macchina operatrice dedicata trainata da una trattrice agricola. Gli interventi sono stati in totale 7, più ravvicinati nel primo periodo (settimanali per circa quattro settimane) quando l’attività microbica, e di conseguenza il consumo di ossigeno, sono più intensi e via via meno frequenti (quindicinali per circa due mesi) con il procedere della maturazione, quando ai batteri si sostituiscono i funghi e gli attinomiceti e pertanto la necessità di ossigeno cala notevolmente. I cumuli sono stati coperti con appositi teli in geotessile, che consentono la circolazione dell’aria ma sono impermeabili all’acqua. In questo modo vengono consentite le perdite idriche per evaporazione senza reidratazioni dovute alle precipitazioni, con conseguente calo di umidità del letame, sensibile nella stagione calda e più ridotto nei periodi autunnoinvernali (1). Dopo tre mesi di maturazione i prodotti ottenuti sono stati caricati su automezzi mediante caricatore tele- 49 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TAB. 1 - CARATTERISTICHE ANALITICHE DEI MATERIALI IN TRASFORMAZIONE E DEL LETAME MATURO (85 GIORNI) Prova A Parametro Unità di misura Umidità % t.q. - pH Tempo 0 Prova B 42 giorni 85 giorni Tempo 0 42 giorni 85 giorni 77 75,2 73,35 81,9 80,8 78,61 8,3 8,58 8,99 8,43 8,76 9,06 Cond. elettrica spec. μS/cm 2640 1510 2040 2690 1670 2270 Azoto totale % s.s. 2,45 2,38 2,39 2,92 2,44 2,14 Azoto ammoniacale % s.s. 0,76 0,18 0,09 0,91 0,44 0,2 % su N totale 76,3 93 96,4 76,2 84,7 91,5 Carbonio organico % s.s. 44,8 38 37,5 42,9 39,9 38,4 Sostanza organica % s.s. 77,2 65,5 64,7 73,9 68,8 66,2 Acidi umici e fulvici % s.s. 9,8 10,9 11,2 10,8 9,3 8,7 Fosforo totale % s.s. 0,99 0,95 0,94 1,06 1,04 1,01 Potassio totale % s.s. 1,76 2,33 2,24 1,76 1,52 1,83 1668 1044 480 2439 999 683 Azoto organico Indice respirometrico mg O2 kg SV-1 h-1 Rivoltamento dei cumuli. scopico e consegnati ai frutticoltori. La qualità degli ammendanti ottenuti Il miglioramento della qualità agronomica del letame si ottiene intervenendo principalmente su tre aspetti: stabilizzazione e umificazione della sostanza organica, aumento dell’aliquota di azoto organico a scapito di quello minerale, riduzione dell’umidità. 50 Particolare della movimentazione. Gli ammendanti, come è noto, sono materiali da aggiungere al suolo principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e chimiche e l’attività biologica (2) ed è altrettanto noto che tali benefici sono garantiti dalla sostanza organica ed in particolare da quella più stabile, umificata (3). Un buon ammendante dovrà pertanto avere una buona dotazione di sostanza organica stabile, in parte costituita da humus. Gli effetti nutritivi degli ammendanti si esplicano attraverso il rilascio graduale di elementi, in particolare azoto. Basti pensare al concetto di “forza vecchia” applicato proprio al letame maturo ad indicare la propensione di quest’ultimo a mantenere nel tempo la capacità nutritiva, grazie alla dotazione di azoto in forma prevalentemente organica, a lenta mineralizzazione (3). Uno dei motivi che ha limitato le possibi- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Letame maturo in frutticoltura. 52 care una rapida stabilizzazione biologica della sostanza organica (grafico 1). - Il buon contenuto di acidi umici e fulvici in tutti i materiali, anche nel letame fresco, con buona probabilità dovuto alla elevata presenza di paglia; l’aumento di humus nel corso del processo è apprezzabile solo in una delle due prove. - La trasformazione dell’azoto in forma quasi totalmente organica (grafico 2). - Il calo di umidità apprezzabile, anche se riduzioni molto più sensibili (H2O finale 67%) sono state registrate in altre prove condotte nella stagione calda anziché in Costi e sostenibilità Come detto uno dei presupposti per la creazione della filiera era la copertura dei costi dovuti alla maturazione controllata con i proventi della vendita del letame maturo. Le cooperative frutticole hanno indicato come prezzo sostenibile 2500 2000 IR (mg 02 kg SV-1 h -1) lità di collocazione extra-aziendale del letame è l’elevata umidità, anche in conseguenza della riduzione dell’impiego di lettiera. E’ evidente che da parte di potenziali utilizzatori dover acquistare, trasportare e distribuire “100” per mettere a disposizione del suolo “15” (umidità del letame pari a 85%) è difficilmente sostenibile. La maturazione controllata consente di intervenire sugli aspetti sopra esposti grazie a: - buon contenuto di fibre vegetali nel letame dovute alla presenza di paglia e conseguente agevolazione della sintesi dell’humus (4); - ottimizzazione dell’attività dei microrganismi aerobi grazie alla porosità dei materiali ed ai rivoltamenti e conseguente accelerazione dei processi di stabilizzazione della sostanza organica; - trasformazione dell’azoto minerale in organico per immobilizzazione dovuta all’azione dei microrganismi (5); - riduzione dell’umidità per evaporazione dell’acqua e mancata reidratazione dei cumuli. In tab.1 sono riportate le caratteristiche analitiche dei letami in fase di maturazione e degli ammendanti ottenuti e delle quali si evidenziano i seguenti aspetti: - La riduzione dei valori di indice respirometrico nel corso del processo, ad indi- autunno come quelle qui descritte (1). Per quanto attiene gli altri parametri da notare una buona dotazione di sostanza organica in entrambi i prodotti maturi, così come la dotazione di fosforo e potassio. Piuttosto elevati sono i valori di pH, ma consoni con l’impiego degli ammendanti in pieno campo. Un aspetto rilevante, che gli utilizzatori non hanno mancato di apprezzare, è la possibilità di ridurre il quantitativo di ammendante distribuito per unità di superficie a parità di apporto di sostanza organica ed elementi nutritivi, impiegando il letame da maturazione controllata rispetto a quello tradizionale. Ad esempio per apportare ad un ettaro di frutteto 9 tonnellate di sostanza secca (contenenti circa 6 tonnellate di sostanza organica secca e 180 kg di N) sono sufficienti 37 t di prodotto maturato rispetto a 50 t di letame tradizionale. 1500 1000 500 0 0 42 85 Tempo (giorni) Prova a Prova b Grafico 1 - Andamento dell indice respirometrico INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI % N organico su N totale Distribuzione di ammendante su melo. Utilizzazione in viticoltura del letame ottenuto da maturazione controllata. 100 80 60 40 0 42 85 Tempo (giorni) Prova a Prova b Grafico 2 - Aumento dell aliquota di N organico minuti/t letame trattato 12 10 8 6 4 2 0 Maturazione tradizionale Carico fresco Trasferimento in campo Maturazione controllata Rivoltamenti Carico maturo Trasporto maturo Grafico 3 - Tempi di lavorazione meccanica per l’acquisto del materiale circa 2 euro/ ql, pertanto in sede sperimentale andava verificata la congruità di tali aspetti. Presso una delle aziende coinvolte sono INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 stati contabilizzati tutti i tempi di lavorazione, dal prelievo del letame fresco in concimaia alla sua disposizione in “andane” ed ai rivoltamenti, fino al carico del prodotto maturo ed alla consegna agli utilizzatori. Si è ritenuto utile anche effettuare un confronto dei costi con la maturazione tradizionale del letame in cumulo statico. Al fine di rappresentare la maggior parte dei casi concreti riscontrabili sul territorio sono state considerate due modalità, l’effettuazione della maturazione presso l’allevamento (azienda) oppure in campo (tempo di trasporto massimo pari a 15 minuti). Considerando infine che l’eventuale maggior impiego di paglia può rappresentare una voce di spesa notevole, sono state indicate due diverse opzioni: per aziende che non raggiungono i 4 kg per capo per giorno è stato imputato un costo dovuto alla maggiorazione di paglia di 2 kg per capo per giorno, per aziende dove già si utilizzano i quantitativi richiesti nessun costo aggiuntivo. In tabella 2 sono riportati i risultati dell’analisi economica relativa alla filiera. Si nota come il costo di trattamento al netto delle spese di trasporto (“franco partenza”) sia solo leggermente più elevato per la maturazione controllata rispetto a quella tradizionale nel caso non sia richiesta la maggiorazione di paglia, mentre è sensibilmente più alto nei casi in cui tale maggiorazione è necessaria. Analizzando invece i costi di trattamento comprensivi del trasporto del letame maturo agli utilizzatori (“franco destino”), si nota come la maturazione controllata 53 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TAB. 2 - ANALISI DEI COSTI Metodo Sito Maggiorazione paglia 2 kg per capo per giorno) Azienda Maturazione controllata Maturazione tradizionale Costo trattamento letame fresco (euro/ql) francopartenza franco destino ** Prezzo vendita letame maturo (euro/ql) No 0,36 0,72 1,35 Campo * No 0,62 0,97 1,82 Azienda Si 0,73 1,09 2,00 Campo * Si 0,99 1,34 2,50 No 0,28 0,94 1,04 No 0,48 1,07 1,18 Concimaia Campo * * Tempo di viaggio max 15 minuti. ** Tempo di viaggio max 60 minuti. senza maggiorazione di paglia sia più economica di quella tradizionale e solo di poco più costosa nel caso sia necessario un maggior utilizzo di lettiera. Ciò è dovuto ai diversi cali di peso del letame con le due differenti modalità di maturazione: circa il 10% nel caso di quella tradizionale e molto più elevata, circa il 50%, nel caso di quella controllata, a causa delle perdite di acqua per evaporazione e di sostanze volatili per la più intensa attività di degradazione della sostanza organica. La voce di maggior interesse è probabilmente quella relativa al prezzo di vendita del letame maturo necessario per la copertura delle spese: si può notare come i valori emersi siano congrui con quelli concordati con le cooperative frutticole, escluso solo il caso della maturazione controllata in campo con maggiorazione di paglia. In un’ottica di sostenibilità ambientale va evidenziato come la maturazione controllata sia non solo molto più rapida rispetto a quella tradizionale (tre mesi contro un anno o più) ma anche come implichi tempi di lavorazione con l’impiego di mezzi meccanici inferiori, se entrambe effettuate in campo e comprensive del trasporto del letame agli utilizzatori (grafico 3). Ne consegue che anche i consumi di carburante sono leggermente inferiori, 17 litri contro 18 litri di gaso- 54 lio per tonnellata di letame trattato, così come le emissioni di CO2 pari a 41 kg/t contro 45 kg/t di letame trattato (6). Conclusioni La sperimentazione condotta conferma la sostenibilità della filiera dal punto di vista tecnico, economico ed ambientale nel caso di studio in esame. Il miglioramento delle caratteristiche agronomiche del letame in soli tre mesi di maturazione controllata è evidente. E i costi di trattamento si dimostrano sostenibili. Da parte degli utilizzatori del letame maturo, i frutticoltori, è emerso un forte interesse nei confronti della filiera. Da parte dei produttori dell’ammendan- te, gli allevatori, accanto all’attenzione per un sistema che può agevolare notevolmente la gestione dei reflui di stalla vi è una valutazione di eventuali criticità del sistema, in primis la carenza di spazi per la conduzione dei processi. In tal senso sono da considerare le possibilità di realizzare platee pavimentate ove allestire i cumuli (e pertanto senza doverne variare annualmente l’ubicazione) o addirittura la realizzazione di strutture dove più allevatori possono gestire in comune i loro reflui. Entrambe le opzioni sono in linea con quanto previsto dalle leggi in materia di utilizzazione degli effluenti di allevamento (Decreto 7 aprile 2006) e dalla normativa ambientale (D.Lgs. 152/06). BIBLIOGRAFIA (1) Cristoforetti A. (2013): Nel Trentino una filiera per avere letame di qualità. Informatore zootecnico n.7/2013, 46-51. (2) Decreto Legislativo 29 aprile 2010 n.75. Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell’articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88. Art.2, definizioni. (3) Tabaglio V., Spallacci P. (2001): Liquami zootecnici. Manuale fertilizzazione agronomica. Collana Edizioni L’Informatore Agrario, 235-243. (4) Costantini E. (1995): Sostanza organica: conti e bilanci. Suppl. Notiziario Ersa Friuli Venezia Giulia n.5/1995. (5) Masoni A., Ercoli L. (2010): Riduzione dell’inquinamento delle acque dai nitrati provenienti dall’agricoltura. Università di Pisa, 211-241. (6) Contaldi M., Ilacqua M. (2003): Analisi dei fattori di emissione di CO2 dal settore dei trasporti. Rapporto Apat 28/2003, 8-22. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI In Lombardia il 7% del patrimonio bovino è ormai servito da un impianto di biodigestione. Cosa c’è dietro? Lo vediamo discutendo i contenuti di un convegno tenutosi recentemente a Brescia Biogas Perché i piccoli impianti di Ottavio Repetti na delle soluzioni per gestire razionalmente le deiezioni è trattarle in un biodigestore. Come è ormai più che assodato, questo processo non modifica la concentrazione dei nitrati, tuttavia ne altera la natura, riducendo la frazione organica e aumentando quella ammoniacale. Inoltre l’impiego dei reflui come “combustibile” per il biodigestore permette di trarre da essi un guadagno che può essere reinvestito in impianti per l’abbattimento – questo sì, decisivo – dei nitrati. Peraltro, l’impiego di letame e liquami nei biodigestori, marginale negli impianti da 1 Mw che hanno proliferato negli anni del primo boom, è diventato dal 2012 molto più concreto e, anzi, necessario. Da due anni a questa parte, infatti, il regime degli incentivi premia i piccoli impianti che utilizzano in prevalenza sottoprodotti aziendali. Dunque, le installazioni da 100 a 500 kW alimentate principalmente con reflui e altri prodotti secondari. Proprio di questa tipologia e di quali siano le sue prospettive si è parlato in un convegno organizzato di recente a Brescia da Energetica, il distretto agroenergetico del Nordovest, che da anni porta avanti una campagna di informazione sulle agro- U TAB. 1 - COMPARAZIONE COSTI TRA DIVERSI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE (FONTE: SATA) Capacità (m3) Carrobotte aziendale TrattriceCarrobotte 10-15 Capacità di lavoro (m3/h) Ore di lavoro Cantiere Terragator 1 + 2 carri Cantiere Terragator 2 + 3 carri Rifornimento Rifornimento 19 19 20-30 100 100 100-150 400-550 550-700 Distanza 1-2 km 3-4 km 6-7 km Costo (€/m3) 2,5-3,5 2,2-2,6 2,7-2,8 INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 55 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI UNA GESTIONE RAZIONALE DEL PROBLEMA AZOTO «L a questione dell'azoto deve essere gestita, se non vogliamo entrare in uno scontro senza soluzioni con l'Unione Europea». Lo ha detto Aldo Deias, presidente del distretto agroenergetico lombardo, nel suo intervento al convegno di Energetica. «L'Aral, che da sempre svolge un'importante funzione di assistenza tecnica, ha compreso la necessità di ampliare la sua azione comprendendo nell'assistenza le colture energetiche e soprattutto l'utilizzo dei sottoprodotti, presenti in gran quantità energie. Di seguito forniamo una sintesi delle relazioni più interessanti per il settore dei bovini. sul territorio ma spesso non impiegati. Dobbiamo capire – ha detto Deias – come far crescere la produzione complessiva di biogas utilizzando i sottoprodotti aziendali di origine animale, vegetale oppure agro-alimentare». Si deve inoltre creare un mercato controllato dei sottoprodotti, magari appoggiandosi alle camere di commercio. Il sistema del mercato libero, attualmente in vigore, non dà infatti garanzie a causa della scarsa trasparenza dei prezzi. O.R. 6 5 La fattibilità economica Impianti di piccola taglia e alimentati con sottoprodotti e reflui: è questa la ricetta perché il biogas abbia ancora una redditività secondo Stefano Garimberti, specialista per la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico del Sata, il servizio di assistenza tecnica per gli allevatori lombardi. Nella sua relazione, stesa in sinergia con Massimo Baronio, dell'Apa di Brescia, Garimberti si è soffermato sulla fattibilità tecnica ed economica degli impianti di piccola taglia. «La digestione anaerobica può rappresentare una risposta alla domanda di sostenibilità economica e conformità alla direttiva nitrati? Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale – ha spiegato lo specialista Sata – grazie ai biodigestori si ha una riduzione di emissione di gas a effetto serra, un calo dei cattivi odori e la possibilità di usare il digestato come fertilizzante ad alto valore economico. Per la sostenibilità economica va ricordata la possibilità di ottenere, con il biogas, un'importante integrazione del reddito aziendale sfruttando i sottoprodotti dell'allevamento. Il margine ottenuto dalla biodigestione, inoltre, può essere usato per ridurre il carico azotato dei reflui medesimi, risolvendo così il problema della direttiva nitrati». Il decreto del luglio 2012, tuttavia, ha portato a un radicale cambio di prospetti- 56 4 3 2 1 0 20 40 60 80 100 Utilizzo dell'azoto (fertilizzante=100) Fig. 1 - Efficienza di utilizzo dell azoto. Legenda: 1 Liquame suino interrato. 2 - Liquame bovino interrato. 3 - Digestato interrato. 4 - Liquame bovino, distr. superficiale. 5 - Liquame suino, distr. superficiale. 6 - Digestato, distr. Superficiale. Fonte: Pedersen, 2003. va: «Prima di quella data, la redditività dell'impianto era direttamente proporzionale alla sua potenza: maggiore era quest'ultima, più l'attività era redditizia. Ora, al contrario, l'impianto più redditizio è quello costruito su misura per le potenzialità dell'azienda». I biodigestori di piccola taglia, ha continuato Garimberti, devono essere dimensionati sull'allevamento e alimentati prevalentemente, se non esclusivamente, con gli effluenti aziendali, a meno che non si tratti di impianti inter-aziendali o consortili. «La convenienza economica si mantiene a patto che l'alimentazione sia a costo quasi zero. In ogni caso, gli impianti devono assicurare tecnologie semplici, affidabili, versatili e con bassi costi di esercizio». Viste le dimensioni medie delle aziende lombarde, ha aggiunto il relatore, la taglia probabilmente più redditizia è quella dei 100 kW: «Una dimensione che ha anche il pregio di evitare l'obbligo di iscrizione al registro del Gse. Si tratta di impianti semplici, per i quali è doveroso contenere al minimo i costi di gestione, manodopera e manutenzione». Meglio la lettiera permanente Si discute molto su quale sia la forma di stabulazione migliore per un allevamento che utilizza gli effluenti nell'impianto di biogas. «La produzione di effluenti aziendali è influenzata da vari fattori: stadio di accrescimento degli animali, tipo di lettiera utilizzato, diluizione da parte di acque meteoriche o lavaggi della sala di mungitura, coefficiente di trasformazione dell'alimento e infine soluzione stabu- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TAB. 2 - POTENZIALE DI PRODUZIONE BIOGAS DEI REFLUI ZOOTECNICI (FONTE: SATA) Caratteristiche indicative Liquame bovino Valore medio Intervallo Letame bovino Valore medio Intervallo Sostanza secca - ST (%) 8,2 5,7-10,2 210 130-290 Sostanza organica - SV (%) 73 64-82 79 70-87 Azoto totale - NTK (%ST) 4,7 2,8-6,6 2,7 2,1-3,3 Produzione di biogas 0,30-0,45 (di cui 55% metano) lativa. La variabilità è alta sia tra aziende – due stalle di dimensione simile possono avere potenzialità di biogas assai diverse – sia all'interno della stessa azienda, a seconda della stagione», ha spiegato il relatore. Tra le varie soluzioni, ha aggiunto Garimberti, la lettiera permanente è quella che assicura le maggiori rese in biogas. «Anche le performance di lattazione influen- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 0,35-0,50 (di cui 55% metano) zano il quantitativo di reflui: le vacche più produttive hanno una maggior ingestione e di conseguenza una più elevata produzione di deiezioni. Importante, infine, il modo in cui le deiezioni sono gestite: lasciandole accumulare nelle vasche, si ha una perdita di potenziale energetico. «Il trasferimento per tracimazione è il sistema più penalizzante, mentre il raschiatore è quello che con- sente di sfruttare meglio il potenziale degli effluenti», è stato spiegato durante la relazione. Un caso concreto Il Sata ha concluso il suo intervento con la presentazione di un caso concreto. «Per capire quale tipologia di impianto fa al caso nostro dobbiamo compiere due azioni: la prima è una stima attendibile della quantità di liquami prodotti in azienda, tenendo conto delle variazioni tra la stagione estiva e quella invernale. Secondariamente è utile un'analisi dei sottoprodotti aziendali per valutare la loro resa in biogas. Ricordiamo – ha detto Garimberti – che stimare i metri cubi di effluenti non è importante soltanto per stabilire le potenzialità energetiche, ma anche per dimensionare correttamente il digestore». 57 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Fig. 2 - Variazione della sostanza escreta in funzione della produzione di latte A fronte di un'analisi di questo tipo, continua la relazione, si è visto che una stalla con 300 capi su cuccette coperte di paglia e rimonta su lettiera può alimentare senza problemi un impianto da 100 kW. «La corretta progettazione di un impianto di questo tipo prevede una prevasca non riscaldata da 70 metri cubi dotata di miscelatore, un fermentatore riscaldato da 1.100 metri cubi con un tempo di permanenza di circa 38 giorni e una temperatura interna di 41°C. L’autoconsumo elettrico è del 10% circa». Un impianto di questo tipo, precisa il relatore, consente un ricavo di circa 168mila euro, grazie a una produzione di 712mila kW/h l'anno. I costi di gestione ammontano a 42mila euro e sono dovuti principalmente alle spese di servizio e manutenzione, mentre il piano di investimento prevede un ammortamento annuo di circa 60mila euro. Fatti i conti, se l'impianto funziona a dovere dovrebbe garantire un utile di circa 66mila euro annui. Il digestato e la direttiva nitrati Al di là della redditività reale o teorica, il biodigestore attira l'interesse degli allevatori soprattutto perché potrebbe rappresentare una valida soluzione al problema dei nitrati. Di questo tema si occupa, da sempre, Flavio Sommariva, altro specialista Sata, che ha citato il Decreto sviluppo e l'emendamento, in esso contenuto, grazie al quale un digestato con 58 oltre il 70% di frazione ammoniacale e con efficienza distributiva di almeno il 90% può essere equiparato a un fertilizzante minerale e non è pertanto più sottoposto al vincolo dei 170 kg/ha della direttiva nitrati. «La digestione anaerobica – ha precisato il relatore – non riduce i nitrati totali, ma ne trasforma profondamente la natura: aumenta la componente ammoniacale, quella di più facile assimilazion da parte delle piante, e diminuisce quella organica, che si può considerare un humus precursore che migliora la struttura del terreno e rilascia azoto in tempi più lunghi. Separando la frazione solida del digestato, nella componente liquida mi resta circa il 70% di azoto ammoniacale, sufficiente a soddisfare i requisiti del Decreto sviluppo». È anche importante, tuttavia, che il digestato sia distribuito bene: «Sistemi tradizionali, come i carri-botte con spandimento superficiale, arrivano a perdere il 35% dell'azoto. Al contrario una gestione oculata, con interramento del prodotto, ha una dispersione che non va oltre il 3%. Certamente – ha aggiunto Sommariva – sistemi ad alta tecnologia sono più costosi, ma se consideriamo un uso intensivo, su grandi superfici, la differenza non è poi così alta». In altre parole, un semovente per liquami in mano a un contoterzista avrebbe un costo di esercizio simile al carro-botte usato per poche decine di ore l'anno. «Una botte normale, usata per 150 ore l'anno, ha un costo di utilizzo di circa 3 euro, paragonabile a quello di uno Xerion o di un Terragator impiegati in modo intensivo. A questo punto l'unico vero costo per l'allevatore è quello dello stoccaggio: perché la concimazione sia efficiente, è necessario distribuire il digestato nel momento giusto e questo implica uno stoccaggio più lungo. Occorre quindi aumentare il volume delle vasche. Parliamo, per un allevamento bovino, di circa 190 giorni. Se però serve a evitare gli effetti della direttiva nitrati, è un investimento accettabile». La Lombardia Le conclusioni del convegno sono state lasciate a Gabriele Boccasile, Dg Agricoltura della Regione Lombardia. «Nella regione vi sono 324 impianti, alimentati quasi al 51% da reflui zootecnici. Questo valore – ha aggiunto Boccasile – manifesta una chiara tendenza all'incremento, anche perché la materia prima non manca: in Lombardia si producono tre milioni di metri cubi di deiezioni e 12 milioni di metri cubi di liquami. Tuttavia è positivo che in Lombardia il 7% del patrimonio bovino sia ormai servito da un impianto di biogas». La biodigestione, ha concluso Boccasile, serve anche a ridurre le emissioni di ammoniaca in atmosfera. «Emissioni per le quali l'agricoltura è responsabile al 95%. Anche per questo motivo, nei prossimi anni tutte le vasche di stoccaggio dei digestori dovranno essere coperte». Il relatore ha concluso con una stoccata ai costruttori di impianti: «Qualche anno fa un biodigestore da 1 megawatt costava tre milioni di euro, oggi un impianto da 100 kW7h ne costa 700 mila. C'è qualcosa che non va: a parità di potenza installata, il costo dell'impianto è raddoppiato». E dunque – è l’ovvia conseguenza – nel prossimo futuro il costo di realizzazione dovrà diminuire. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI Concluso il progetto triennale Aqua, coordinato dal Crpa e finanziato dalla Ue. Modifiche nell alimentazione di suini e bovini sono utili contro l inquinamento delle acque Progetto Aqua Meno proteine agli animali meno nitrati nelle falde di Giorgio Setti idurre l’inquinamento delle falde acquifere dovuto ai reflui zootecnici è possibile. Lo ha dimostrato il progetto Aqua, coordinato dal Crpa di Reggio Emilia e giunto a conclusione dopo tre anni proprio nei giorni scorsi. Al termine di una serie di sperimentazioni, condotte in dodici aziende di cinque regioni R CINQUE REGIONI FRA I PROTAGONISTI I l progetto comunitario Aqua, triennale, è stato finanziato dall’Unione europea nell’ambito del programma Life Plus Ambiente. Ma è stato cofinanziato dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e dalle aziende Iren, HerAmbiente e Agco Italia. Hanno collaborato alla sua realizzazione sei partner: Fondazione Crpa Studi e ricerche, Cra, Ipla Piemonte, Ersaf Lombardia, Veneto Agricoltura ed Ersa Friuli Vg. La sigla Aqua è l’acronimo di Achieving good water quality status in intensive ani- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 mal production, cioè “raggiungere un buon stato di qualità delle acque nelle zone con zootecnia intensiva”. Per valutare l’efficacia e la sostenibilità economica delle soluzioni tecniche, il progetto Aqua ha seguito per un triennio 11 allevamenti (4 suinicoli, 3 di bovini da carne, 4 di bovini da latte) e un’azienda agricola dimostrativa (l’azienda Diana di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, senza animali), aziende distribuite in cinque regioni del Nord Italia. Inoltre il progetto ha realizzato, in tutte le regioni coinvolte, una sessantina di iniziative di divulgazione per promuovere l’adozione delle soluzioni proposte: 8 tra corsi e seminari per tecnici, 11 giornate dimostrative per circa 500 agricoltori, 25 info days nelle scuole, 7 convegni, 3 partecipazioni a fiere di settore, 6 conferenze stampa, 6 comunicati stampa, 10 articoli sulle principali riviste specializzate, 14 newsletter inviate a oltre 3.600 persone, 4 filmati. Per saperne di più si può consultare il sito internet http://aqua.crpa.it . G.S. 59 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI AZOTO, IL BILANCIO E LA RESA A Tra le aziende agricole che hanno collaborato al progetto Aqua c’è l’azienda Sgambaro, di Villa Del Conte (Pd), che vanta un allevamento di bovine da latte di più di 150 capi e una superficie agricola di più di 50 ettari. Fra l’altro ha collaborato a sperimentare nuove tecniche di spandimento dei liquami sui terreni. La foto mostra un momento delle sperimentazioni condotte in questa azienda: spandimento e sarchiatura su mais (foto F. Gasparini). del Nord Italia, il progetto ha stabilito che allevatori e coltivatori possono opporsi con efficacia all’inquinamento da azoto, da nitrati, applicando opportune scelte tecniche. In allevamento, nell’alimentazione degli animali. Ma anche in campo, con precise scelte agronomiche. E alla fine dei tre anni di prove si è concluso che l’adozione di diete modificate, basate su un minore apporto di proteine, assieme all’applicazione di tecniche innovative di spandimento dei reflui sui terreni, hanno permesso di incrementare l’efficienza d’uso dell’azoto, quello utilizzato in input in azienda. Incrementarne l’efficienza, come mostrano le due tabelle, fino al 65% nelle aziende con allevamenti suinicoli e fino al 44% in quelle con allevamenti di bovine da latte. In allevamento Per ognuno degli allevamenti che hanno collaborato al progetto è stato progettato un piano di alimentazione degli animali avente lo scopo di limitare l’escrezione di azoto (N), piano alimentare basato sulla riduzione del livello proteico delle diete e su un migliore bilanciamento tra energia e proteina della razione. Il vecchio e il nuovo piano alimentare sono stati seguiti per verificare l’effettivo miglioramento 60 lla base del progetto Aqua c’è il concetto di “bilancio dell’azoto”, inteso in questo caso come una stima della differenza tra le entrate e le uscite di N in stalla. In altre parole il bilancio dell’azoto è stato interpretato come uno strumento che permette: a) di calcolare l’azoto escreto dagli animali; b) di calcolare la resa dell’azoto, resa di tutta la stalla o di un gruppo di animali; c) di vedere come questi parametri cambiano sia con l’alimentazione standard aziendale che con quella modificata. Azoto escreto. Con l’espressione ”azoto escreto dagli animali” il progetto Aqua intende una quantità di N calcolata per differenza tra l’N in entrata (azoto presente negli animali acquistati e negli alimenti) e l’N in uscita negli animali (peso vivo di suini o bovini, kg di N nel latte). Resa dell a zoto.Un altro parametro chiave nel progetto Aqua è la “resa dell’azoto”, intesa come la percentuale dell’azoto introdotto in allevamento con gli alimenti che si è poi trasformato in carne (accrescimento) o in latte. Le tabelle calcolano così la resa dell’azoto: negli allevamenti suinicoli e di bovini da carne era il rapporto tra i kg d’azoto nel peso vivo venduto e i kg di azoto consumati dagli animali nella propria alimentazione; negli allevamenti di bovini da latte invece la resa dell’azoto era il rapporto tra i kg d’azoto nel latte e i kg di azoto consumati dalle vacche nella propria alimentazione. Il tool di calcolo. C’è una “applicazione” per il calcolo del bilancio dell’azoto negli allevamenti di suini e di bovini: si chiama “Calcola N” ed è disponibile sul sito internet http:// aqua.crpa.it . Questo tool, definito dal progetto Aqua “semplice e intuitivo”, prevede maschere per individuare e inserire gli elementi del bilancio dell’azoto (input e output). Restituisce una schermata riassuntiva di bilancio e resa dell’azoto, esportabile come documento pdf. E’ possibile archiviare e consultare uno storico aziendale, così come analizzare più allevamenti e più scenari di gestione della stalla. G.S. della “resa dell’azoto” (vedi secondo box), il mantenimento dei livelli di produzione, l’impatto economico e ambientale delle scelte fatte. L'obiettivo di una riduzione dell'azoto escreto dagli animali da reddito può essere raggiunto aumentandone l'efficienza di trasformazione, alzando cioè la percentuale di azoto alimentare trattenuta dall'organismo. In pratica: - per i suini questo significa diminuire la quantità di proteina della razione, ma anche incrementarne il valore biologico, bilanciando la proteina degli alimenti per quantità (in rapporto all'energia della dieta) e qualità (attraverso l'utilizzazione di aminoacidi di sintesi); - per i bovini (da latte e da carne), oltre ad agire sulla proteina della dieta va anche considerata la fisiologia ruminale, da favorire per avere la massima sintesi di proteina batterica poi digerita e utilizzata per le produzioni. In suinicoltura. Per contenere l’escrezione di azoto da parte dei suini il progetto Aqua ha proposto una riduzione del 10% della proteina grezza nella dieta. In più anche una integrazione con lisina, per evitare perdite di produttività e peggioramenti della qualità delle carcasse al macello. Nelle due aziende in cui tutto l’allevamento è stato sottoposto a un cambio di INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TAB. 1 - SUINI, L’AZOTO DOPO L’APPLICAZIONE DELL’ALIMENTAZIONE AQUA Azienda Intervento sulla dieta Zambelli (Re) prima dopo Comazoo (Bs) prima dopo Proteina grezza nella dieta (%) 14,34 13,29 14,27 11,58 13,44 12,69 16,67 14,21 Resa dell'azoto (%) (b) 28,00 33,00 28,00 35,00 30,00 31,00 23,00 28,00 (a) Mana (Cn) alto basso alto Biagi (Mn) basso N escreto per suino venduto (kg) 7,97 7,36 7,66 6,09 7,04 6,37 9,41 7,10 N al campo per posto (kg/anno) 11,25 9,85 11,86 8,68 9,05 8,28 13,55 10,22 58 65 - - 61 65 - 491 388 - - 454 387 - Efficienza d'uso dell'azoto (%) (c) Surplus di azoto (kg N / ettaro) - a) Prima e dopo: attuazione di un'alimentazione a ridotto impiego di proteina per tutto l'allevamento. Alto e basso: diete a diverso titolo proteico in piccoli gruppi di animali. b) Resa: kg N peso vivo venduto / kg N consumato dall'animale. c) Efficienza dell'azoto a livello aziendale, output/input. alimentazione i risultati sono stati evidenti, li riassumiamo nella tabella 1. Nell'azienda Zambelli di Guastalla (Re), con 4.200 posti ingrasso, un abbassamento medio di un punto percentuale della proteina della dieta ha provocato una riduzione di 1,5 kg/anno di azoto al INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 campo per posto. Nell'azienda suinicola della cooperativa Comazoo di Montichiari (Bs), con mille posti ingrasso, alla riduzione di 2,7 punti percentuali di proteina ha corrisposto un calo di 3,2 kg/anno di azoto al campo per posto. Nell’allevamento di bovini da car- ne. Per dimostrare come migliorare la ritenzione azotata anche nella produzione di carne bovina, il progetto Aqua ha seguito tre aziende estremamente diverse tra loro (troppo diverse perché i loro dati potessero essere riassunti in una tabella): Sevega, del Cuneese, un alleva- 61 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI TAB. 2 - VACCHE DA LATTE, L’AZOTO DOPO L’APPLICAZIONE DELL’ALIMENTAZIONE AQUA Azienda Intervento sulla dieta (a) Proteina grezza nella dieta (%) Pinotti (Cr) prima dopo 16 15,2 Mori (Re) prima dopo Sgambaro (Pd) prima dopo Bolzon (Ud) prima dopo 14,8 14,6 15,5 14,2 14,3 14,8 Resa dell'azoto (%) (b) 24 25 23 23 20 22 19 20 N escreto per t di peso vivo 193 182 187 174 177 179 197 193 Efficienza d'uso dell'azoto (%) (c) 40 44 33 35 25 31 26 26 Surplus di azoto (kg N / ettaro) 256 215 206 194 239 247 286 286 a) Prima e dopo: adozione di livelli proteici diversi nell'alimentazione delle bovine. b) Resa: kg N latte / kg N consumato dall'animale. c) Efficienza dell'azoto a livello aziendale, output/input. mento a ciclo chiuso di razza Piemontese; Bagioni, del Forlivese, che ingrassa bovini Romagnola; Cagnin, del Padovano, che alleva maschi frisoni provenienti dalla propria stalla da latte. All’allevamento Sevega i bovini a inizio ingrasso sono stati sottoposti a due diverse dite: ad “alto” (12,76%) e a “basso” (11,75%) tenore proteico; e il bilancio dell’azoto ha confermato che anche tra i bovini da carne l’N escreto è proporzionale al tenore proteico delle diete. Nell’azienda Bagioni la differenza di circa un punto nel titolo proteico della dieta (“alto” 14,3%, “basso” 13%) ha prodotto un miglioramento di un punto della resa dell'azoto alimentare in azoto fissato dagli animali: “alto” 17%, “basso” 18%; inoltre è diminuito l'azoto escreto al campo per animale venduto. All'azienda Cagnin i livelli proteici delle diete dei bovini frisoni sono stati sempre molto bassi (11,5% nei primi due anni, 12,1% nel 2013); il livello di escrezione e conseguentemente l'azoto al campo dei vitelloni è risultato molto ridotto; l’escrezione di azoto è stata inferiore al livello indicato dalla normativa del 40% per i primi due anni e del 35% nel 2013. Nell’allevamento di bovine da latte. Anche le quattro aziende citate dalla tabella 2 hanno ospitato le sperimentazioni Aqua. Allevano tutte bovine da latte e in 62 • Fra chi ha collaborato al progetto Aqua c’era anche l’azienda Bagioni, del Forlivese. Qui sono allevati bovini da carne di razze bianche italiane. anni successivi (“prima” e “dopo” nella tabella) hanno adottato differenti livelli proteici nella razione. Come mostra la tabella, tutti e quattro gli allevamenti hanno ridotto l’impiego di proteine nell’alimentazione delle proprie bovine. E in tre casi su quattro (nel caso dell’azienda Mori la resa dell’azoto è rimasta ferma) c’è stato un miglioramento della trasformazione della proteina alimentare in latte. Sempre in tre casi su quattro (fa eccezione Sgambaro) nonostante una resa dell’N migliorata o costante l’azoto escreto si è ridotto. In campo Il progetto Aqua ha condotto sperimentazioni non solo nell’ambito zootecnico ma anche nell’ambito agronomico e lo ha fatto nei terreni delle stesse aziende che hanno collaborato agli studi sull’alimentazione degli animali. Qui, con l’obiettivo di trovare metodi utili a limitare le perdite di nitrati dal suolo alle acque, perdite conseguenti alla fertilizzazione con liquami zootecnici, Aqua ha messo in pratica successioni colturali a) con elevata asportazione di azoto; b) caratterizzate da una lunga stagione di crescita. Tra queste successioni: - le doppie colture con mais ed erbaio autunno-vernino (loiessa o cereale da foraggio), - le colture con cereale autunno-vernino seguito da erbaio estivo (sorgo, panico), - infine i prati permanenti. Sono state messe a fuoco anche tecniche di spandimento dei reflui zootecnici alternative alla tecnica standard, cioè all’uso della botte a scarico posteriore sopra terra seguito da interramento. Hanno dimostrato di aumentare l’efficienza di utilizzo dell’azoto dei liquami: - l’interramento contestuale alla distribuzione (botte con ancore o sistema a tubo flessibile “ombelicale”); - la distribuzione rasoterra a bande; - la distribuzione in sarchiatura tra le file; - la fertirrigazione con miscela di liquami e acque irrigue. L’efficienza dell’azoto Il surplus di azoto corrisponde all’azoto che si perde nelle acque superficiali o sotterranee, dunque il parametro è un INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 DOSSIER / GESTIONE DEIEZIONI «importante indicatore ambientale». La quantità di N perduta corrisponde alla differenza tra N in ingresso e N in uscita dall’azienda. Ora, le ultime due righe delle tabelle parlano di efficienza e di surplus di azoto; anche in questo caso “prima” indica la situazione senza gli interventi Aqua e “dopo” quella con gli interventi Aqua. E mettono in evidenza, come sottolineano i curatori del progetto, che «l’applicazione delle buone pratiche agronomiche e l’associazione con una gestione ottimizzata dell’azoto in stalla hanno permesso di migliorare i bilanci dell’azoto a scala aziendale». Ecco i dettagli. In due allevamenti suinicoli (Mana e Zambelli). Qui la riduzione della pro- INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 Le bovine dell azienda Mori di Gattatico (Re), 385 capi, di cui 180 in lattazione. teina nelle diete ha portato a un incremento dell'efficienza d'uso dell'azoto in stalla. E assieme all'applicazione di tecniche di spandimento migliorative si è potuto alla fine ottenere un miglioramento dell’efficienza d’uso dell’azoto a livello aziendale sino al 65%. Il surplus di azoto, poi, è sceso al di sotto dei 400 kg N/ha/ anno: «Un ottimo risultato per le aziende con suini, che consente di ridurre la quota di effluenti per gli spandimenti ceduti a terzi su terreni in concessione». Nei quattro allevamenti di bovini da latte. Qui i risultati sono stati un po’ diversificati, Aqua li riassume così. Efficienza d’uso più elevata: nell’azienda Pinotti, che oltre al latte cede granella di mais. Efficienza d’uso più ridotta: Bolzon, che alleva bovine a duplice attitudine latte/carne (Pezzate rosse) quindi meno efficienti come resa dell’azoto rispetto alle razze da latte. L’azienda più estensiva: Mori, con surplus inferiore ai 200 k N/ha/anno, che sono «il limite tra i sistemi da latte più intensivi del sud Europa e quelli meno dipendenti da apporti esterni, più tipici ad esempio di Francia e Scozia». 63 LA PAROLA ALL·I NDUSTRIA Accordo tra Abp Ireland e Carrefour Italia per la distribuzione esclusiva di questo prodotto. Annuncio a Paderno (Mi) con visita del ministro irlandese Alla Carrefour la carne bovina Irish Hereford Prime ccordo fra Carrefour Italia e la società Abp Ireland, in collaborazione con Bord Bia, per la distribuzione della carne bovina Irish Hereford Prime, gamma premium della razza irlandese Hereford. L'annuncio è stato dato presso l’ipermercato Carrefour di Paderno, in provincia di Milano, alla presenza di Richard Bruton, ministro irlandese del Lavoro impresa e innovazione, di Liam MacHale, manager Bord Bia, e di Finbarr McDonnell, ceo di Abp Irlanda e del management di Carrefour Italia. Dopo una fase pilota che ha coinvolto numerosi punti vendita, principalmente in Lombardia, questo prodotto di eccellenza vedrà il suo inserimento in ulteriori store A Carrefour. Il progetto sarà supportato da iniziative promozionali e degustazioni all’interno dei punti vendita. «Irish Hereford Prime - afferma Liam MacHale - è una vera eccellenza della nostra terra, già riconosciuta e apprezzata dai grandi chef internazionali. E’ stata selezionata quale ingrediente ufficiale al concorso di alta cucina Bocuse d’Or nel 2013. Grazie a questo accordo, potremo far conoscere a tutte le famiglie italiane le caratteristiche uniche di questa carne e la grande attenzione che riserviamo all’allevamento del bestiame». «Questa collaborazione è motivo di grande soddisfazione sottolinea Massimo Silvestrini, direttore prodotti freschi Carrefour Italia - in quanto ancora una volta possiamo dire di annoverare tra i nostri partner un’eccellenza della produzione alimentare. Siamo particolarmente onorati di avere avuto con noi il ministro Bruton, la cui presenza ha suggellato l’intento di collaborazione con Abp Ireland». «Siamo lieti che Irish Hereford Prime sia il primo prodotto di carne bovina irlandese di marca presente sugli scaffali italiani. Questo progetto è il coronamento del crescente interesse dimostrato per questo prodotto, dopo il suo ingresso nelle case degli italiani come ingrediente ufficiale nella terza edizione di Masterchef Italia», dichiara Finbarr McDonnell, amministratore delegato di Abp Ireland. Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, delle bevande e della produzione ortofrutticola di origine irlandese. Tra settori in maggiore crescita nel 2013 quello della carne (+ 10% rispetto al 2012). Nel 2012 l’Irlanda ha esportato oltre 26mila tonnellate di carne bovina in Italia. Ulteriori informazioni sono reperibili accedendo ai siti www.bordbia.ie e www.irishherefordprime.com Il Gruppo Carrefour opera in Italia con 1.123 esercizi, di cui 458 diretti e 665 in franchising, suddivisi in 58 ipermercati Carrefour, 403 supermercati Carrefour Market, 643 punti vendita di prossimità Carrefour Express e 19 cash and carry Docks market e Grossiper. Tagliafieno InterPuls l tagliafieno è la soluzione ideale per il taglio sia di rotoballe che di insilato in trincea. Ora, InterPuls è lieta di proporre il modello LH22, attrezzo perfetto per i piccoli allevamenti. Robusto e maneggevole garantisce un’operatività silenziosa, senza polvere e senza vibrazioni. Le lame sono studiate per ga- I 64 rantire precisione di taglio, unito a una perfetta penetrazione, anche in caso di foraggio pressato o di insilato in trincea indurito dalle basse temperature. È consigliabile far oscillare le lame durante l’utilizzo per sfruttare l’intera larghezza di taglio e il pulsante di sicurezza assicura lo spegnimento del tagliafieno in ca- so di caduta o accidentale scivolamento. Tagliafieno LH22 permette di tagliare il foraggio in modo da creare bocconi uniformi. Inoltre è una soluzione competitiva per quelle piccole realtà che necessitano di uno strumento elettrico, esente da manu- tenzione e poco ingombrante. Tagliafieno LH22 by InterPuls è un’ attrezzatura versatile; adatta per la zootecnia a 360°. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 &$+$1(" *$+1$0 +$ ) *(&)(,/$&$+$1(" $2/,-$ #(/$11 *$+1$# )) ))$3 1,/$ ))$3,01/$01 ))$ %RYLQHVHOH]LRQDWH GLWXWWHOHUD]]H JUDYLGHRLQODWWD]LRQH VDQLWDULDPHQWHFHUWLILFDWH 'LVSRQLELOLWjFRVWDQWHSUHVVR _ ODQRVWUDVHGHLQ,WDOLD RDOO¶HVWHUR 6HUYL]LRGLFRQVHJQDJUDWXLWR DOWDPHQWHTXDOLILFDWR FRQPH]]LSURSUL GH3RGD6S$9LD3URYLQFLDOHWHOID[&81(9271 ZZZGHSRGDLWHPDLOLQIR#GHSRGDLW LA PAROLA ALL·I NDUSTRIA Da Interpuls Dvg-T vacuometro portatile nterPuls presenta l’ultimo nato della gamma di strumenti per il controllo della mungitrice: Dvg-T. Dvg-T è il vacuometro digitale portatile pensato per i professionisti della mungitura. Compatto e facile da utilizzare, permette la rilevazione istantanea del livello di vuoto I in qualsiasi punto dell’impianto di mungitura. Dotato di una skin protettiva in gomma il dispositivo è resistente agli urti e l’affidabile tecnologia a micro-processore lo rende uno strumento affidabile in qualsiasi condizione. Dvg-T è stato studiato per ridurre al minimo il consumo delle batterie - ga- rantendo un elevato numero di controlli tra una ricarica e l’altra - memorizzando il valore massimo e minimo rilevato. Dvg-T rileva, grazie alla sonda esterna, la temperatura ambientale, del latte o dell’acqua. Il dispositivo gestisce una doppia scala di misurazione sia per il vuoto (kPa o pollici di Hg) che per la temperatura (°C o °F), rendendolo un prodotto interessante anche per l’estero. Durio (Zoetis) presidente Aisa ackground in economia e commercio e marketing, vent'anni di esperienza come manager nel settore farmaceutico sia in ambito umano sia animale (Abbott, Jansenn-Cilag, Pfizer e Zoetis). E’ il curriculum di Chiara Durio (Zoetis srl) nuovo presidente di Aisa, Associazione nazionale imprese salute animale. Riceve il testimone da Giulio Predieri, che rimane nell'associazione come past president, e del cui mandato riprende continuità attraverso progetti come tracciabilità, prontuario, antibiotico resistenza e medicazione orale. «Tra gli obiettivi da portare avanti - spiega Chiara Durio c'è quello di elevare il peso specifico di Aisa con gli interlocutori istituzionali per rendere l’associazione sempre più driver nelle questioni che impattano il settore della salute B 66 animale. Ma anche elevare il livello della professionalità degli operatori sviluppando credibilità, etica e correttezza anche attraverso la consapevolezza dell’impatto sociale». Tra i primi passi annunciati del presidente, la costruzione di una partnership reale con le autorità ministeriali, il rafforzamento della collaborazione con le associazioni Fnovi, Anmvi, Assalzoo, Assalco, Aia, Una, Avitalia, Coldiretti, Confagricoltura, Fise, Enci. «In Italia abbiamo molte eccellenze - continua Durio - molte potenzialità inespresse. E se quello degli animali da reddito è un mercato sano e relativamente protetto, e quello degli animali da compagnia mostra cura e attenzione alla salute in crescita, dobbiamo tenere sotto controllo la concorrenza estera e fare i conti con un canale distributivo disomogeneo. Un passo importante è passare da un mercato nel quale ogni attore cura il proprio, a una azione integrata di filiera che coinvolga farmacisti, veterinari, grossisti, industria, allevatori». Il rinnovo delle cariche Aisa è avvenuto il 12 marzo. Oltre al presidente Chiara Durio, per il triennio 2014-2016 sono stati nominati vice-presidenti Giampiero Vantellino (Bayer) e Renato della Valle (Innovet). La commissione direttiva è composta da Alberto Milani (Formevet), Carlo Gazza (Fatro), Arianna Bolla (Eli Lilly Italia), Cristina Cellini (Vetoquinol), Roberto Del Maso (Merial), Flavio Zanellato (Virbac), Luca Cravero Candioli (Ist. Farm. Candioli), Andrea Fiorentini (Ceva Salute Animale), Riccardo Romagnoli (Chemifarma), Christian Troetschel (Boehringer Ingelheim), Luciano Gobbi (Msd). Con le nuove cariche, Aisa conferma dunque il proprio impegno nello sviluppo del mercato dei beni per la salute animale. Come ricordato dalla Durio, tra i principali obiettivi futuri di Aisa ci sono la piena tracciabilità del farmaco veterinario, di cui il codice Datamatrix è stato il primo, consistente passo, ma anche il monitoraggio continuo del dibattito internazionale in tema di uso razionale dell’antibiotico, dell’evoluzione delle normative e della ricerca scientifica. Ma anche assicurare al mercato la trasparenza e la corretta informazione che garantisca la consapevole libertà di scelta nei propri consumi. L’Aisa, fondata nel 1986 all’interno di Federchimica, raggruppa 21 aziende nazionali e multinazionali operanti nel settore farmaceutico veterinario; Aisa opera dagli uffici Federchimica. INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 VETERINARIA Fondata a Reggio Emilia l’Associazione nazionale Veterinari aziendali Veterinari aziendali, nasce Anvaz l 7 marzo, in concomitanza del congresso del Mastitis Council Italia, è stata fondata presso l’Ordine dei veterinari di Reggio Emilia l’Associazione nazionale Veterinari aziendali (Anvaz). Promotore e cofondatore è Giovanni Turriziani, che ha sottolineato come sia importante adeguare la professione veterinaria alla sfida costituita dal mercato globale, su cui le filiere italiane sono sempre più impegnate. Per supportare gli allevamenti e i prodotti italiani in questo scenario è indispensabile migliorare le competenze dei medici veterinari, favorendo anche il dialogo con le altre professioni. Un’organizzazione che coordini le produzioni nei vari territori dovrà far sì che ogni filiera possa essere competitiva sul mercato con le sue peculiarità, utilizzando i controlli come valore aggiunto dei prodotti made in Italy. La figura del Veterinario aziendale è stata definita, per ruolo e competenze, nella Carta fondativa del Veterinario aziendale, approvata dalla Fnovi (Federazione nazionale ordini veterinari italiani) nel 2010 con lo scopo di un suo riconoscimento istituzionale. L’obiettivo era di rispondere alle richieste della Ue di completare la rete di sorveglianza epidemiologica del nostro Paese, inserendo il veterinario di fiducia, già presente nei nostri allevamenti, in un sistema efficiente di gestione sanitaria degli animali e delle produzioni. Questa nuova figura professionale diven- ta quindi il referente in allevamento per il Ssn e costituisce un elemento fondamentale per la riqualificazione della libera professione e per la modernizzazione della professione veterinaria. In occasione della fondazione dell’Anvaz è intervenuto anche Gaetano Penocchio, presidente della Fnovi, che citando l’impegno della Fnovi per la promozione del Veterinario aziendale ha ricordato come l’associazionismo sia una forza per tutta la categoria e ha ribadito che l’obiettivo comune è quello di migliorare la professione veterinaria. Tutte le informazioni riguardanti l’Associazione sono disponibili nella sezione dedicata sul sito www.mastitalia.org. Micaela Cipolla Dipartimento di Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica (Divet) - Università degli Studi di Milano. Nel Nord Europa Schmallenberg virus nel 2010 non c’era Sperimentazione animale Recepita direttiva Ue animali più protetti Ministero della Sanità Blue tongue, trasporti meno difficili Il virus Schmallenberg (SBV), associato a natimortalità e malformazioni nei ruminanti, è stato identificato in molti paesi europei dall’agosto 2011. Uno studio (Gerhauser e coll., 2014) condotto dall’università di Hannover in collaborazione con l’università di Glasgow, ha effettuato un indagine retrospettiva in campioni di tessuto cerebrale archiviati tra il 1961 e il 2010 in Germania (112 bovini, 57 pecore, 16 capre e 27 ruminanti selvatici). Dall’analisi è emersa l’assenza di proteine e di RNA di SBV, pertanto sembra che il virus possa essere stato introdotto recentemente nei paesi europei settentrionali dalle regioni tropicali o subtropicali. M.B. Finalmente pubblicato in Gazzetta ufficiale (GU n. 61 del 14 marzo 2014) il Dlgs 26 del 4 marzo 2014 di attuazione della direttiva 2010/63/Ue sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici dopo il ritardo accumulato nei confronti dell’Europa. Il provvedimento introduce disposizioni che mirano alla sostituzione e alla riduzione dell’uso di animali nelle diverse procedure e al miglioramento dei metodi di allevamento, sistemazione, cura ed uso, nonché norme relative alla loro origine, marcatura, cura, sistemazione e soppressione, all’attività degli allevatori, dei fornitori e degli utilizzatori. M.B. Il ministero della Sanità dispone ulteriori misure di controllo ed eradicazione per contenere l’eventuale diffusione del virus della Blue Tongue (BTV) sul territorio nazionale. Il provvedimento emanato il 14 marzo 2014 dal ministero modifica quanto disposto il 4 ottobre 2013 facilitando le movimentazioni in ambito nazionale dei capi sensibili alla malattia. Allegati al dispositivo ministeriale una mappa aggiornata delle zone di restrizione (allegato A) e una linea guida per le movimentazioni in ambito nazionale di animali da vita e animali destinati al macello (allegato B). M.B. I INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 67 APPUNTAMENTI Appuntamento con l’esposizione pugliese dal 30 aprile al 4 maggio 2014 Fieramente agricoli a Foggia na fiera nazionale delle razze ovine autoctone, il Cunavisud (la fiera nazionale delle attività cunicole, avicole e specie minori, in collaborazione con Anci - Associazione nazionale coniglicoltori), la vetrina Italialleva delle specie e razze allevate in Capitanata, un convegno tecnico sulle assicurazioni per le aziende zootecniche, un incontro internazionale sullo stato della zootecnia di alcuni Paesi africani emergenti, degustazioni guidate dei prodotti tipici foggiani. E forse pure una mostra interregionale della razza bovina Marchigiana. È ampio e variegato il programma di manifestazioni che l’Apa Foggia, di concerto con l’Ara Puglia, organizzerà alla 65ª edizione della Fiera internazionale dell’agricoltura e della zootecnia di Foggia (30 aprile-4 maggio). «Ci sforziamo di far sentire viva la voce della nostra zootecnia e di legarla sempre più strettamente a quella nazionale e internazionale - dichiara il presidente dell’Apa Foggia, Sergio Pompa - . Gli allevatori stanno vivendo una situazione economica moto difficile, sempre più stretti fra l’incudine di un calo dei consumi di latte, formaggi e carne e della stasi dei prezzi dei prodotti zootecnici e il martello del continuo aumento dei costi di produzione. La Fiera dauna potrà, così ci auguriamo, dare un richiamo di immagine e una boccata di ossigeno a una realtà produttiva in preda ad asfissia da crisi economica». All’impegno dell’Apa dauna si uniscono gli sforzi della Fiera di Foggia, «che rimane “Fieramente agricola” - afferma il presidente Fedele Cannerozzi - per offrire ai visitatori, con nuovi saloni espositivi, un quadro ampio e variegato della zootecnia dauna e nello stesso tempo l’immagine di un comparto che non vuole vivere di lamenti sulla crisi, ma propone modelli produttivi e commerciali per il suo ulteriore sviluppo». G.F.S. Per informazioni: 0881-632511 , info@fieradifoggia.it www.fierafoggia.it Lesignana (Mo), 12 aprile Il caseificio 4 Madonne inaugura il 12 aprile Rennes (Francia), 16 sett. Marcel Denieul presidente di Space Cremona, 22-25 ottobre Assalzoo, accordo per il mercato estero Verrà inaugurato il 12 aprile alle 10 il rinnovato Caseificio 4 Madonne situato in Strada Lesignana 130, a Lesignana, Modena. Interverranno Andrea Nascimbeni, presidente del Caseificio; Paolo De Castro, presidente Commissione agricoltura del Parlamento Ue; Tiberio Rabboni, assessore regionale Agricoltura; Gian Carlo Muzzarelli, assessore Attività produttive Emilia-Romagna; Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano-Reggiano; Maurizio Gardini, presidente Confcooperative; Gaetano De Vinco, presidente Confcooperative Modena. Per informazioni: 059 849 468 Marcel Denieul è stato nominato presidente di Space, il Salone internazionale della produzione anmale di Rennes, Francia, che quest’anno si terrà dal 16 al 19 settembre. Denieul, che succede a Jean-Michel Lemetayer, è stato presidente della Camera dell’agricoltura del dipartimento bretone di Ille et Vilaine ed è un imprenditore agricolo. Fa parte di un Gruppo con dieci associati che produce latte, maiali e il pollo di Janzé, dal nome della città di residenza. Ha incarichi in numerosi organismi rappresentativi del comparto agricolo. Per informazioni: info@space.fr; www.space.fr Il presidente di Assalzoo Alberto Allodi, insieme con il segretario generale Lea Pallaroni e il consigliere Gian Battista Mayer, ha incontrato il presidente di CremonaFiere Antonio Piva e il direttore generale Massimo Bianchedi per studiare iniziative comuni con l’obiettivo di portare alle Fiere zootecniche di Cremona (2225 ottobre 2014) un numero sempre maggiore di operatori dai mercati esteri. La Fiera Internazionale del Bovino da Latte, Italpig, Expocasearia e l’International Poultry Forum costituiscono alcune tra le principali realtà mondiali del settore. Per informazioni: •www.bovinodalatte.it; www.italpig.it U INFORMATORE ZOOTECNICO n.7 / 2014 69 TARIFFE: minima 9,00. Oltre 15 parole 0,70 a parola, in neretto L. 0,80 a parola. Modulo (cm 4 × 4) 126,00 per TERRA E VITA e INFORMATORE ZOOTECNICO Tutti i prezzi si intendono Iva inclusa. I testi degli annunci dovranno pervenire almeno 30 giorni prima della data di copertina. 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