A10 986 - Aracne editrice

A

Volume pubblicato con il supporto dell’Istituto Polacco di Roma.
Laura Quercioli Mincer
La prigione era la mia casa
Carcere e istituzioni totali nella letteratura polacca
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
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via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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I edizione: novembre 
Indice

Ringraziamenti

Introduzione

Capitolo I
Donne e uomini dietro le sbarre nelle cronache di
Maria Konopnicka
.. Il primo carcere: la Serbia,  – .. L’infanticida,  –
.. Altre trasformazioni,  – .. Ebree, criminali (quasi
una digressione),  – .. « Un uomo è un uomo: di lui puoi
fare quello che vuoi »,  – .. « Qui ovunque si respira
infelicità », .

Capitolo II
Zofia Nałkowska. Oltre le pareti del mondo

Capitolo III
Ebrei, ladri e comunisti. Percorsi dell’assimilazione
nelle memorie dal carcere di Urke–Nachalnik e Sara
Nomberg

Capitolo IV
Passioni e infingimenti. Aleksander Morgenbesser e
Julian Stryjkowski

Indice


Capitolo V
Da Leopoli al Kazakistan. Carcere e metafisica in Il
mio secolo di Aleksander Wat
.. Varsavia,  – .. Quando hanno aperto la cella...,  –
.. Le mie prigioni,  – .. Zamarstynov (Leopoli),  –
.. Kiev,  – .. Lubjanka (Mosca),  – .. La dolcezza
delle pene,  – .. Saratov,  – .. La malattia del
carcere, il carcere della malattia, .

Capitolo VI
Da una parte e dall’altra del muro. « Un manicomio o
un carcere? ». Il Diario del ghetto di Janusz Korczak
.. Il ghetto come istituzione totale,  – .. Il ghetto:
un manicomio o un carcere?,  – .. Un progetto di
rivolta,  – .. Miopia, empatia,  – .. I fiori del
ghetto, gli animali del ghetto,  – .. La libertà nel
Diario, .

Capitolo VII
Da una parte e dall’altra del muro. I Diari del tempo
di guerra di Zofia Nałkowska
.. Festung Warschau,  – .. Una persona diversa?, 
– .. Elogio del quotidiano,  – .. Un palcoscenico per
il tempo di guerra,  – .. La donna del cimitero (Una
persona diversa),  – .. « Varsavia è mia, e io sono
suo », .

Capitolo VIII
Nelle prigioni della Polonia popolare. Vescovi, eroi,
criminali (Stefan Wyszy´nski, Kazimierz Moczarski,
Karol Modzelewski, Andrzej Stasiuk)
.. Stefan Wyszy´nski: « Per me il posto più giusto è la
prigione »,  – .. « Il carcere lascia dei ricordi e unisce le persone »,  – .. « Vita religiosa in tre »,  –
Indice

.. Kazimierz Moczarski, ovvero dell’onore dei polacchi,  – .. Andrzej Stasiuk, ovvero della giustizia e del
crimine,  – .. La Maria Maddalena delle latrine,  –
.. Da una parete all’altra,  – .. A mo’ di conclusione.
Le città del rifugio, .

Bibliografia

Indice dei nomi
Ringraziamenti
Ringrazio l’Istituto Polacco di Roma per il supporto dato a
questa pubblicazione, il collega Dariusz Senduła che ne ha
pazientemente letto ogni pagina, e mio marito Olek, che
per lunghi mesi ha sopportato i miei racconti di prigionie
e sventure.

Introduzione
La prigione è uno scandalo
V B
L’idea di questo libro nasce da un incontro con gli studenti,
avvenuto molti anni fa all’Università “Sapienza” di Roma.
Ero stata invitata a prender parte a una lezione di Luigi
Marinelli su Aleksander Wat, il grande scrittore e pensatore ebreo–polacco che, grazie alle straordinarie riflessioni
ispirate dal suo lungo soggiorno in svariati carceri, polacchi e sovietici, raccolte nell’autobiografia Il mio secolo, è
uno degli eroi e ispiratori di queste pagine . Commentando la scrittura di Wat, era infatti venuto spontaneo chiedersi quanto essa fosse stata determinata dalla specificità
dell’esperienza carceraria, e se tale esperienza non possieda, in letteratura, dei tratti specifici tali da giustificare un
paragone diacronico fra testi diversi.
Da lì era stato poi semplice verificare sia l’effettivo sussistere, confortato da numerosi studi, delle premesse per
delineare un canone della letteratura carceraria, sia la sua
straordinariamente vasta estensione, che non accenna a
diminuire nel corso del tempo. Sebbene la tradizione europea di questa letteratura si rifaccia a Boezio e conti fra le
. Nel  Marinelli ha pubblicato l’edizione italiana dell’opus magnum
di Wat: A. Wat, Il mio secolo. Memorie e discorsi con Czesław Miłosz, a cura di
L. Marinelli, Palermo, Sellerio, ampiamente citata nel capitolo dedicato a
questo autore.


Introduzione
sue fila innumerevoli martiri e pensatori cristiani, è proprio
nel Novecento che il carcere acquista il ruolo di elemento
fondamentale della struttura sociale; nessun altro periodo storico è stato altrettanto ricco di persone rinchiuse
in carcere, fra cui un numero quasi stupefacente di scrittori, e i primi anni del nuovo secolo non sembrano aver
invertito sostanzialmente la tendenza . Era poi seguita la
scoperta dell’importanza di questo tema per la letteratura
polacca e la mancata definizione di un canone, anzitutto,
forse, in ambito slavistico. Prendendo le mosse dai pochi
studi complessivi esistenti, di cui si dirà più avanti, mi
auguro dunque di contribuire, insieme ai loro autori, a
colmare una lacuna nella riflessione sulla letteratura di un
importante paese europeo. Prescindendo però dagli studi
polonistici e da qualsiasi frontiera nazionale o linguistica,
credo che gli autori presenti in queste pagine, sia che trattino di detenuti politici e di opinione, sia di criminali e di
ladri, illustrino in maniera palpabile l’esistenza di una ferita
e di uno « scandalo », come nelle parole di Victor Brombert citate in exergo. Sono voci di persone che, come Pia
de’ Tolomei ingiustamente incarcerata nel maremmano
Castel di Pietra, esigono almeno una cosa: che ci si ricordi
di loro.
***
« Per lungo tempo il carcere è stato parte della cultura
polacca » , affermava in un discorso del  il padre della
. Il numero di scrittori incarcerati è certamente diminuito nell’Unione
Europea, ma non così in altre parti del mondo; basti scorrere i rapporti
annuali di Amnesty International o del PEN Club.
. J. Piłsudski, Psychologia wi˛ez´ nia. Odczyt z dnia  maja , in: Id.,
Introduzione

patria, il Maresciallo Piłsudski. Per un tempo ancora assai
più lungo di quello da lui previsto gli intellettuali e la classe
dirigente di questo paese, i suoi pensatori ed artisti, si
sarebbero formati nelle prigioni, nei lager, nei ghetti, nei
campi di internamento — o avrebbero trovato qui la loro
fine.
La storia straordinariamente drammatica della Polonia in età moderna e contemporanea fa sì che in essa si
trovino condensate ed evidenziate, come al calor bianco,
caratteristiche comuni al destino europeo e dell’Occidente
in genere (qualsiasi cosa si intenda con questa definizione).
L’intuizione di scrittori polacchi di quanto gli istituti di
detenzione siano una parte integrante della società allargata e di come contribuiscano alla sua stabilità e al suo
controllo preannuncia, per alcuni aspetti, il fondamentale
volume del  di Michel Foucault, Sorvegliare e punire, dal
quale nessuno studio contemporaneo sul carcere può prescindere . L’esperienza polacca delle più svariate forme di
detenzione, isolamento e controllo, in particolare, ma non
solo, durante la Seconda guerra mondiale, rende chiara
ed esemplifica la fondamentale unità delle varie forme di
istituzione totale, così come definite all’inizio degli anni
Sessanta da Erving Goffman in Asylums ; il mito, infine,
del carcere romantico, studiato da Victor Brombert , trova
Wybór pism. Introduzione di W. Suleja, K. Polecho´nski, a cura di W. Suleja,
Wrocław, , p. . Ove non specificato altrimenti, tutte le traduzioni
sono mie.
. M. Foucault, Sorvegliare e punire, Nascita della prigione, trad. A.
Tarchetti, Torino, Einaudi, , .
. E. Goffman, Asylums — Le istituzioni totali e i meccanismi dell’esclusione
e della violenza, trad. F. Basaglia, introduzione F. e F. Basaglia, Torino, Einaudi,
.
. V. Brombert, La prigione romantica. Saggio sull’immaginario, trad. A.
Pasquali, Bologna, Il Mulino, .

Introduzione
forse la sua più perfetta realizzazione nelle opere di Adam
Mickiewicz. Mickiewicz, uno dei massimi poeti dell’Ottocento europeo, situa proprio in una cella di prigione,
nella trasposizione para–autobiografica di una trasformazione spirituale vissuta direttamente nel carcere di Vilna,
la metamorfosi del protagonista, da giovane individualista
tormentato da un amore infelice a portavoce della nazione
intera .
Benché gli studi sulla letteratura carceraria, a partire
dal pionieristico The Great Prisoners di Isidore Abramowitz
del  , si siano recentemente moltiplicati, soprattutto in
ambito americanistico e francesistico, uno spazio assai ridotto, come si è detto, è stato dedicato a questo tema nelle
letterature slave, e polacca in particolare. Fra i pochissimi
studiosi che se ne siano occupati tentandone una visione
complessiva, Marta Piwi´nska, con un saggio sulla prigione
romantica pubblicato nel  ma risalente a quattro anni
prima , e Jerzy Madejski, che dedica un’ampia parte del
. Nel poema Dziady, Gli Avi, scritto nel – e nel . De Gli Avi
in italiano esiste una traduzione datata  di Aglauro Ungherini, Torino,
Roux Fassat e C, ripubblicata poi con alcuni rimaneggiamenti dalle edizioni
La Fenice (Roma, ), a cura di E.L. Cirillo, introduzione M. Spadaro, e il
titolo Dziady. Corrado Wallenrod e brevi componimenti.
. I. Abramowitz, The Great Prisoners. The First Anthology of Literature
Written in Prison. With Analytical Introductions to the Time and Place and Circumstances of Each Prisoner and Imprisonment, A General Preface to the Whole,
And a Selected Bibliography, New York, E.P. Dutton & Company, . Abramowitz era nato in Romania nel , e si era trasferito giovanissimo negli
Stati Uniti. Collaboratore del « New York Times », editore, insegnante, era il
redattore capo della rivista sionista–socialista « Jewish Frontier ». Nella toccante introduzione al suo volume, redatta a New York nel , sottolineava
la parentela spirituale fra il dramma vissuto dai grandi reclusi protagonisti della sua antologia, da Socrate a Campanella a Rosa Luxemburg, e la
schiavitù in cui sembrava per sempre piombata l’Europa.
. M. Piwi´nska, Wi˛ezie´n. Sztuka i z˙ ycie praktyczne, in: M. Janion, M. Zieli´nska (red.), Style zachowa´n romantycznych. Propozycje i dyskusje sympozjum
Introduzione

volume Deformacje biografii del  alla letteratura carceraria in Polonia, con due lunghi capitoli dedicati a Zofia
Nałkowska e Andrzej Stasiuk, ma soffermandosi anche
su Leszek Prorok, Kazimierz Moczarski e il cardinale Stefan Wyszy´nski . L’antologia del  dello studioso della
Columbia University Harold B. Segel The Walls Behind the
Curtain: East European Prison Literature, –, dedicato esclusivamente ai testi di detenuti politici, riserva alla
Polonia solo poche pagine; gli autori citati sono Marek
Nowakowski, Adam Michnik e Tomasz Jastrun .
È lecito supporre che i motivi di questa assenza siano da
ricercare, anche, nell’enorme proliferazione di testi (saggi,
memorie, testimonianze, narrativa, e anche film, documentari, ecc) dedicati ai lager, ai Gulag e alle deportazioni,
che, pure in virtù del loro carattere più internazionale dovuto alla presenza di detenuti provenienti da tutti i paesi
europei, hanno forse oscurato la presenza di una vasta
Warszawa – grudnia , Warszawa, PIW, , dove — oltre trent’anni
fa! — la studiosa si stupisce del mancato interessamento degli studiosi alla
letteratura del carcere (almeno di epoca romantica) in quanto genere; tema
peraltro suggerito da Mickiewicz in persona (cfr. ivi, pp. – e n. ).
. J. Madejski, Deformacje biografii, Szczecin, Wyd. Nauk. Uniw.
Szczeci´nskiego, .
. È invece ricca la saggistica polacca dedicata alla subcultura e allo slang
carcerario. In particolare a quest’ultimo punto, a differenza che in Italia,
sono dedicate vaste trattazioni. Basti paragonare il volume di K. St˛epniak
e Z. Podgórzec, Słownik tajemnych gwar przest˛epczych, Londyn, Puls, ,
di  pagine, all’unico testo analogo esistente in italiano, AAVV, I pugni
nel muro. Linguaggio e frammenti di vita dei detenuti del carcere di San Vittore,
Milano, Berti–Terre di Mezzo, , di sole  pagine, e dove stranamente
non compaiono termini inerenti la sfera sessuale. Il linguaggio carcerario è
inoltre definito in Wikipedia.pl fra i vernacoli polacchi più ricchi dal punto di
vista lessicale. La differenza, che riguarda sia l’ampiezza del vocabolario che
l’interesse per il fenomeno e la sua diffusione, potrebbe forse essere spiegata
dal fatto che in Italia il posto dalla cosiddetta grypsera, lo slang carcerario
polacco, è occupato dalle parlate mafiose.