MS 2014.03 MARZO 2014 - Missionari Saveriani

Notizie
testimonianze
proposte
per gli amici
dei missionari
BURUNDI
CAMERUN
CIAD
CONGO R. D. MOZAMBICO
SIERRA LEONE
BANGLADESH
FILIPPINE
GIAPPONE
INDONESIA
TAIWAN
THAILANDIA
AMAZZONIA
BRASILE
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2014 MARZO n. 3
Amore cristiano per i poveri
No alla cultura dello scarto e dell’esclusione
A
distanza di
qualche tempo dalla pubblicazione di Evangelii gaudium, è
possibile registrare le reazioni
che l’esortazione programmatica di papa Francesco ha suscitato.
Sono poche quelle dei giornali e
dei media, perché il documento,
lungo e complesso, è difficilmente
descrivibile in titoli
sensazionali.
Delusioni
ed entusiasmi
Scontate sono
anche le reazioni negative dei
cosiddetti tradizionalisti, rimasti
male per il tono dimesso e feriale del testo e per le sue affermazioni sulla gerarchia delle verità,
che riduce di molto le loro battaglie ideologiche, per una liturgia
tornata a essere celebrazione popolare, più che rito solenne, e soprattutto per la ripresa e il rilancio dei documenti e dello spirito
del concilio Vaticano II, tornato
di attualità.
Gioiose ed entusiastiche sono
le reazioni del popolo cristiano,
che sente di nuovo la freschezza
del vangelo e la prossimità della
chiesa, e si rallegra che la compassione e la misericordia riprendano il loro posto nella pastorale della chiesa. Già si parla di “effetto Bergoglio”, che ri-
p. GABRIELE FERRARI, sx
avvicina alla chiesa chi l’aveva
abbandonata: “Sentiamo, dicono, che la chiesa è tornata casa
nostra, nostra madre”.
La gioia del vangelo
e il mondo degli affari
Aspra è stata invece la risposta del mondo degli affari, irritato per l’accusa di complicità rivolta al suo sistema economico
e finanziario, responsabile della
persistente povertà e del degrado
sociale nel mondo attuale.
Tra le parole del papa che più
colpiscono il lettore di Evangelii gaudium, infatti, sono quelle che si riferiscono ai poveri e
che denunciano l’attuale sistema economico e politico: “Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e dell’ine-
VALORE DELLA DONNA E DELL’ UOMO
È possibile rimetterci sul binario giusto?
a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx
P
ensieri, sdegno, rammarico. E anche preghiera e
tanta voglia di fiducia e di speranza, perché non è possibile
arrendersi ai fatti della cronaca, che poi sono solo punte di
iceberg: un monito che avverte
di una desolazione molto più
estesa, incontrollabile. Penso
al valore della persona umana,
uomo e donna che sia, bambino e anziano, giovane e adulto
che sia. Siamo proprio allo scarto, alla pazzia?
Mentre ero dentro questi
pensieri, mi è giunta la lettera
dell’amico sardo Ignazio Fadda, un Parkinsoniano al IV stadio della malattia, debole nel
fisico ma forte nello spirito. È
intitolata, “Malefatte alle donne, nostre compagne di vita”.
Lascio a lui la parola.
“Ogni volta che accendo il
televisore per conoscere eventi che si verificano nel mondo,
sento notizie tristi, in particolare
violenze alle donne. E mi viene
in mente l’8 marzo, festa della
donna. Ma che festa è se le donne - nostre mogli, figlie, amiche
e compagne di vita - vengono
trattate così? A questo punto,
mi è sembrato corretto scrivere
due righe per ricordarle, nella
giornata a loro dedicata.
Pensando a come e cosa
scrivere, mi sono reso conto
di quanta ipocrisia si riscontra
in questo mondo, dove l’uomo non ci fa certamente bella figura. Giungono notizie di
donne picchiate o maltrattate
o violentate e abbandonate e
uccise dall’ex di turno.
L’uomo, che non ha saputo
essere uomo, non ammette
che lei possa rifarsi una vita
o comunque stia bene anche
senza di lui. E allora, giù botte
e soprusi, ferendole nella loro
dignità di donna, fino a eliminarle del tutto.
So bene che quello che sono
riuscito a descrivere è poca cosa.
Ma invito tutti gli uomini seri e
onesti, a recitare un mea culpa,
che serva a chiedere scusa alle
donne per tutto quello che subiscono da questi mostri di uomini crudeli e incoscienti, privi
di qualsiasi essenza della vita.
Chi scrive è uno che ama la
vita e la vuole vivere insieme a
una donna che ama e rispetta,
per tutti quei valori che essa sa
dare. L’amore per la donna deve
essere eterno, e la vita intera va
vissuta insieme, nel bene e nel
male, per costruire una famiglia
piena di valori e sentimenti la
cui credibilità deve essere pari
a quella vissuta da Maria e Giu-
seppe nella Sacra Famiglia.
Propongo agli uomini di festeggiare ogni giorno la donna
(e non solo l’8 di marzo). Dobbiamo essere fieri della donna,
servirla e riverirla con tutto l’amore, oggi più di ieri, e non molestarla neanche con un fiore.
Alle donne dico: Grazie di
esistere! Anche se a volte noi
uomini non meritiamo tanto,
dovreste ricevere da noi solo
baci e carezze, senza procurarvi
dolori e tristezze. Dobbiamo essere fieri e amarvi con il cuore,
più di ieri, e donarvi una gioia
infinita, finché ci rimane la vita.
Mentre finivo di scrivere
questa mia riflessione, un’altra triste storia si consumava
e chiedevo: le istituzioni cosa
stanno facendo? Perché non riescono a far rispettare le leggi?
Questi mostri chiudiamoli nelle
galere e buttiamo via la chiave.
La società, maltrattata com’è,
ha bisogno di pace e serenità”.
(Ignazio Fadda, Sardegna)
Aggiungo solo una parola a
quelle di Ignazio, nei tempi che
corrono. E cioè, la “regola d’oro” del mutuo rapporto: “Tutto quanto volete che gi uomini
facciano a voi, anche voi donne
fatelo a loro”. Lo scrive Matteo
■
nel vangelo (7,12).
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quità” (53) perché è “un’economia che uccide”. Il papa si meraviglia che la morte di un anziano ridotto a vivere per strada
non faccia colpo più degli alti e
bassi della borsa.
Ed è scandaloso, continua il
papa, che si getti il cibo, quando
c’è gente che soffre la fame; che
la società attuale pratichi la legge del più forte “dove il potente
mangia il più debole”; che condanni così grandi masse di gente
ad essere escluse ed emarginate
“senza lavoro, senza prospettive,
senza vie d’uscita”; che consideri l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si
può usare e poi gettare.
Un’indifferenza globalizzata
Francesco chiama la nostra la
“cultura dello scarto” (53). Questa è la ragione per cui il papa
deve denunciare le teorie liberistiche secondo cui “ogni crescita economica riesce a produrre
di per sé una maggiore equità e
inclusione sociale nel mondo…
Un’opinione mai confermata
dai fatti, che esprime una fiducia grossolana e ingenua nella
bontà di coloro che detengono
il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema
economico imperante” (54).
Di qui viene una “globalizzazione dell’indifferenza”, che
spegne la compassione per il grido di dolore degli altri, come se
fosse una responsabilità estranea
che non ci compete. “La cultura
del benessere” funziona da ane-
stetico e ci fa perdere la calma,
“se il mercato offre qualcosa che
non abbiamo ancora comprato,
mentre tutte queste vite stroncate ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun
modo” (54).
I poveri nel cuore di Dio
Il papa si scusa di dover fare denunce così gravi. La scelta dei poveri non è contro nessuno, perché il papa ama tutti (58),
poveri e ricchi. Ma vorrebbe che
tutti capissero che l’opzione preferenziale per i poveri non è una
scelta sociologica o politica, ma
un’esigenza teologica. Essa deriva dal fatto che “nel cuore di
Dio c’è un posto preferenziale per i poveri” e che Gesù si è
identificato con loro.
Per questo il papa desidera che la chiesa sia “una chiesa
povera per i poveri” (198), che
i poveri siano al centro della comunità cristiana, non come oggetti dell’assistenza e della promozione, ma come soggetti che
hanno qualcosa da insegnare alla chiesa e alla società. Si deve
guardare il mondo con gli occhi
dei poveri e fare le scelte a partire da loro. Bisogna amarli e apprezzarli (199), dice papa Francesco e “nessuno deve sentirsi
esonerato” (201) dal preoccuparsi per i poveri e i deboli, facendoci solidali con loro.
Non entra anche questo in
quella conversione pastorale e
missionaria alla quale il papa
c’invita e che viene a proposito in
questo tempo di quaresima? ■
Nella foto, la statuetta in terracotta di san Giuseppe, dono della famiglia Bevilacqua
a p. Pietro Uccelli, Vicenza.
2014 marzo n.
ANNO 67°
3
2
L’Africa ha i suoi santi martiri
3
Padre Uccelli e san Giuseppe
4/5
Il contributo di tutti
6
Nella tenda, il figlio del riso
L’amore è cammino paziente
Laicato: Carmine, diacono felice da 25 anni
Una devozione efficace per chi ha fede
Messaggio alle chiese: La povertà sia illegale
2014 MARZO
M IS SION E E SPIRITO
MISSIONE FAMIGLIA
Nella tenda, il figlio del riso
Come ogni padre e madre a ogni nascita
e Sara: cent’anni
A bramo
lui, novanta lei, dice il li-
chiede loro il dono di fermarsi.
Da seduto si alza; da padrone si
fa servo. Offre il meglio che ha,
bro della Genesi. Eppure ancora
ma chiede se possono accettarlo
in viaggio, sull’onda di una proe obbedisce alla loro parola di
messa sempre più impossibile: la
consenso.
terra, la discendenza… quando
Sara è nella tenda, dove la
sono ancora nomadi e senza fipone il costume; ma anche lei,
gli. Avessero costruito un palazdalla soglia, accoglie i forestieri
zo, non si sarebbero però accorti
e il suo silenzio completa il pardi quei tre forestieri, che neppure
lare del marito. Il quale la coinavevano cercato un contatto.
volge nella “fretta” del servizio
Dalla soglia della tenda sua e
e l’onore dell’accoglienza sarà
di Sara, Abramo vede gli inattesi
condiviso.
viaggiatori: tre, uno, chissà. Sa
“Dov’è tua moglie?”, è l’aubene che sono di passaggio, ma
dace domanda
dei tre. “Dove
sei?”, “dov’è
tuo fratello?”,
aveva già
chiesto il Dio
della Genesi.
È sempre un
mistero per
l’uomo sapere
dov’è davvero
la sua donna,
da quel primo
sonno che gli
fece sfuggire
la sua cifra seI tre forestieri, Abramo, e Sara che ascolta in disparte (miniatura) greta, e anche
FIORETTI DI P. UCCELLI
LA PREGHIERA OPERA MIRACOLI
p. GUGLIELMO CAMERA, sx
È
proprio nel contesto della preghiera che si può capire qualcosa circa le famose benedizioni ed eventi straordinari attribuiti a padre Uccelli quando era ancora in vita, ragione per cui egli
era molto ricercato. Solo Dio può operare cose meravigliose. L’unione con Dio in p. Uccelli era talmente profonda che Dio poteva agire
in lui liberamente. Non c’era gesto benedicente senza la preghiera.
“Sapevo che diverse persone andavano da p. Uccelli a domandare che pregasse per i malati, per questo, per quello e così via. Perciò il fatto che andavano, voleva dire che lui aveva già questa fama. Nello stesso tempo sembra che ottenesse dal Signore molte
grazie: una persona mi ha riferito che
lui ripeteva: «Non è merito mio: è il Signore!». Non si attribuiva mai dei meriti né si gloriava mai di niente. Riferiva
sempre al Signore”. (testimonianza di
mons. Domenico Passuello)
Un’altra testimonianza circa le benedizioni di p. Uccelli: “A quel punto, il
padre ci invitò a inginocchiarci. Noi ci
inginocchiammo tutti e quattro; il bambino, invece, era in piedi davanti a me.
Mise la mano sulla testa del bambino,
tacque un attimo, pregammo un po’ insieme: un’Ave Maria, un Padre nostro,
poi ci benedisse. Quindi, rivolgendosi a
Padre Pietro Uccelli nel suo came, disse: «Sta tranquilla, questo bamratteristico gesto benedicente
bino, da grande, non ti darà problemi».
Di fatto, da quando l’abbiamo portato a casa, il bambino ha cominciato a star bene, ed è sempre stato bene, e dell’ipertrofia del timo non se n’è più parlato. In seguito, crescendo, è entrato a far parte della Società di San Gaetano e
ora è missionario in Guatemala”. (testimonianza di Fanny Fossà)
2
In un’altra occasione, si parla di una grazia ottenuta e attribuita
alla preghiera del servo di Dio. Così racconta il teste Marchioro Benito Massimo: “Una volta tutti e due noi gemelli abbiamo avuto la
febbre molto alta per più di una settimana. La mamma non sapeva più che santo invocare. E papà, quando tornava a casa, la trovava che piangeva. Ma una sera, come rientrò dal lavoro, inaspettatamente sentì che la mamma cantava. Pensò: «È diventata matta».
In realtà scoprì che i bambini stavano bene, non avevano più la
febbre. Subito chiese a mia madre: «Cos’è successo?». Lei gli raccontò che al pomeriggio era partita con i due bambini in carrozzella ed era andata da p. Uccelli che, come al solito, le disse: «Io
miracoli non li faccio, però posso pregare con voi il Signore». E così è stato: padre Uccelli pregò con lei. Quindi lei si avviò verso casa.
Però, come giunse a casa, la febbre in noi non c’era più: era scomparsa del tutto”.
sr. TERESINA CAFFI, mM
lei ignora quella del compagno.
Il forestiero - uno, tre, chissà
- invita Sara, celata dalla tenda, a entrare apertamente nella
circolazione della parola. A lei
in particolare è rivolto l’annuncio: un figlio! Parola che tocca
la sua piaga segreta, l’indicibile
nostalgia. Da anni la speranza
umana è morta, e anche il piacere. Sara ride: può solo ridere, perché ha pianto già troppo. Abramo l’aveva preceduta
(Gen 17,17).
Persone della soglia, ove
si annodano passato e futuro;
Abramo e Sara persone del riso,
come ride ogni madre e padre
a ogni nascita. Riso d’estasi,
che annuncia al Creatore che
ha saputo ancora stupire le sue
creature.
Insegnateci a cercar di sapere
dov’è l’altro. A stare sulla soglia
della nostra storia, perché il futuro possa trovare spazio. Sara e
Abramo, fecondi nell’accoglien-
LA PAROLA
1
Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. 2 Egli alzò
gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena
li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a
terra, 3 dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non
passar oltre senza fermarti dal tuo servo. 4 Si vada a prendere un po’
di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. 5 Permettete
che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati
dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». 6 Allora
Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7 All’armento corse lui
stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo,
che si affrettò a prepararlo. 8 Prese panna e latte fresco insieme con il
vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentre egli stava
in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
9
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «E’ là nella tenda». 10 Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e
allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. 11 Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente
alle donne. 12 Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 13 Ma
il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? 14 C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e
Sara avrà un figlio». 15 Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva
paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso». Genesi 18,1-15
za, prima ancora che nel grembo, saremo capaci di rendere le
nostre case meno castelli e più
tende? Di piantare querce anziché muri?
■
Suor Teresina è a Bukavu, in
Congo RD, dal 22 febbraio e vi
rimarrà per sei mesi. Insieme a
questa bella riflessione, manda
un saluto a tutti.
MISSIONE GIOVANI
L’amore è cammino paziente
sole tiepido asciuga l’atU nmosfera
nel giorno di san
DIEGO PIOVANI - giornale@saveriani.bs.it
vedere un angolo di cielo, hai
mutato il mio dolore in gioia
immensa. Per incanto, Amore,
Valentino, dopo tanta pioggia e
vita e morte sono diventate per
cieli grigi, mentre nei mass meme la stessa grande meraviglia”.
dia è tutto un pullulare di cuoChissà cosa avranno provato i
ri, baci, canzoni e auguri agli
25mila fidanzati, provenienti da
“innamorati”. Se il mondo e la
oltre trenta nazioni nel mondo,
vita avessero tutto questo miele
accolti per una speciale udiene zucchero, forse saremmo miza in piazza San Pietro da papa
gliori: magari un po’ diabetici,
Francesco venerdì 14 febbraio.
ma più felici e positivi verso noi
Sono ancora le sue parole a instessi e gli altri.
segnare qualcosa a chi ha deciL’amore è, al di là delle occaso di intraprendere insieme un
sioni commerciali, un argomenviaggio unico e impegnativo.
to che fa discutere, riflettere e
“Molti hanno paura di scelte
dividere. L’amore è per sempre,
definitive; è una paura generale
l’amore è eterno finché dura,
propria della nostra cultura. Quel’amore non è l’innamoramento,
sta mentalità porta a dire che si
l’amore cambia, l’amore è dinasta insieme finché dura l’amore.
mico, l’amore ha mille ostacoli,
Ma l’amore, se ha basi solide,
l’amore non ha età, l’amore è un
cresce come una casa che si cofiume in piena che travolge tutstruisce assieme. ‘Per sempre’
to, l’amore è passione, l’amore è
non è solo una questione di duconsolazione, l’amore è sentirsi
rata, ma è importante la qualità;
a casa, l’amore è qualità ma non
un matrimonio non
quantità, l’amore è imPapa Francesco in un tweet ha invitato i fidanzati a non avere paura
riesce solo se dura.
prevedibile…
di sposarsi: “Uniti in un matrimonio fedele e fecondo, sarete felici”
L’amore è un cammiSi potrebbe contino paziente, che non
nuare così all’infinito
finisce quando vi siete
e riempire una pagina.
conquistati l’uno con
Sono tutte affermal’altro.
zioni vere e discutiQuesto cammino
bili allo stesso tempo.
ha delle regole che
Anche san Paolo ha
si possono riassumecomposto la sua lista
re in tre parole: perparlando dell’amore,
messo, grazie e scuche lui chiama “carisa. Non esiste una fatà” (cf. 1Cor 13, 4-8).
miglia perfetta (nemÈ bello pensare
meno la suocera!);
che l’amore ci camINTENZIONE MISSIONARIA
esistiamo
noi
peccatori. Vivere
bi in meglio, che con più amoE PREGHIERA DEL MESE
con cortesia e nel rispetto è il sere le persone che incontriamo,
Numerosi giovani accolgagreto per costruire la vita insiele relazioni che intraprendiamo
no
l’invito del Signore a conme; bisogna entrare con cortesiano un antidoto alla tristezza,
sacrare la loro vita all’annunsia nella vita degli altri. A volalla depressione, al buio intecio del vangelo.
te, invece, si usano maniere un
riore. L’amore per la missione,
In tutte le culture siano ripo’ pesanti, come certi scarponi
l’amore per Dio, l’amore per
spettati i diritti e la dignità
da montagna!”.
una persona, per un lavoro, per
■
un’attività dovrebbe essere il
motore delle nostre azioni.
Non si possono nascondere
difficoltà, delusioni, tradimenti;
non si può nemmeno ignorare che oggi la parola “amore”
è svilita, banalizzata, sprecata,
abusata… Perché l’amore spesso è una montagna da scalare
e non un oggetto da acquistare
al centro commerciale, perché
“amore e desiderio sono due cose distinte; non tutto ciò che si
ama si desidera, né tutto ciò che
si desidera si ama”, dice Miguel
de Cervantes y Saavedra.
L’amore è un dono da fare a
se stessi e da offrire agli altri. Il
poeta indiano Tagore scriveva:
“Hai colorato i miei pensieri e i
miei sogni con gli ultimi riflessi
della tua gloria, Amore, trasfigurando la mia vita per la prossima
bellezza della morte. Come il
sole al tramonto ci lascia intra-
delle donne.
Conforti: “La preghiera è la
nostra forza, la nostra
onnipotenza”.
2014 MARZO
V ITA SAV ERIA N A
L’Africa ha i suoi santi martiri
A Makobola, il sole sulla tomba di Ruphin Ndama
Padre Dovigo invia le sue
“lettere agli amici”, a scadenza
mensile, da Bukavu, capoluogo della regione congolese del
Kivu. Ci trasmette le emozioni
missionarie, utili a vivere bene
la “giornata dei martiri”.
viaggio da BukaN elvunostro
a Uvira non si prevede-
va una visita a Makobola, dove è
sepolto Ruphin Ndama, responsabile della comunità cristiana
ucciso nel 1998. Ma quando
suor Rosina ci parla della sua
“nuova tomba”, manifestiamo il
desiderio di farvi una visita veloce. Tutti d’accordo: suor Rosina
di Parma, Ernesto e Mariuccia,
amici brianzoli in visita, l’autista
della Toyota e io.
La strada, sassosa e a tratti polverosa, costeggia il lago
Tanganika. Per quasi due anni
io percorrevo questo tratto ogni
settimana: ho ricordi e mi emoziono al pensiero di rivedere
persone e luoghi. Intanto suor
Rosina ci informa sul recupero
del corpo del catechista Ndama
e sulla sua sepoltura nella nuova
tomba. Per lei è già “santo”.
Per salvare l’Eucaristia
Il 28 dicembre del 1998, la
popolazione di Makobola era
spaventata all’annuncio dell’arrivo dei soldati stranieri, con la
missione di massacrare gente
innocente, adirati per alcune decisioni del governo di Kinshasa.
Ruphin Ndama aveva già inviato
moglie e figli al sicuro, ma lui
era rimasto con gli altri della
comunità. All’ultimo momento,
anch’egli scappava sul monte, ai
piedi del quale si stende il paese.
A un tratto, Ruphin ricorda
l’Eucaristia, rimasta nel tabernacolo, che potrebbe essere
profanata. Si sente responsabile.
La deve salvare. Non ha dubbi.
Lascia i compagni, prende il
sentiero della discesa, allunga
il passo, corre. Respira aria di
bruciato, sente sparare colpi di
fucile, vede colonne di fumo. I
militari sono già arrivati e stanno violentemente distruggendo,
uccidendo, bruciando.
Ruphin arriva nello spazio
aperto delle scuole e di casa sua,
si dirige verso la chiesa e… incrocia i militari. È fermato e arrestato. Si dice che tra lui e gli
La nuova tomba del martire Ruphin Ndama,
a Makobola, 20 chilometri da Uvira, e il segno
del sole, nella foto del testimone p. G. Dovigo
p. GIUSEPPE DOVIGO, sx
uomini armati ci sia stata una
breve conversazione e una discussione tra gli assalitori. Prevale la violenza e lo uccidono.
Suor Rosina ci parla del desiderio del nuovo vescovo di Uvira di fare un’inchiesta sulle virtù
eroiche del catechista ammazzato. La popolazione ha voluto
onorare il suo martire costruendo una tomba accanto alla chiesa, che il vescovo ha benedetto.
La tomba
e il segno del cielo
Arriviamo al villaggio, che
occupa una piccola penisola di
verde intenso e che vive di pesca e agricoltura. Attraversiamo
il cortile della scuola e saliamo
su una piccola collina. La nuova
chiesa porta la scritta: “Diaconia
di Makobola, dedicata a Maria
Immacolata”. A fianco della chiesa, l’albero con il cerchione di un
camion, che serve da campana.
Non lontana, la tomba di
Ruphin, di un colore bianco-giallo che irradia sotto il sole di mezzogiorno. In una nicchia c’è la
sua foto e, sulla croce, il suo nome e la data di nascita e di morte
(1955-1998). La tomba è custodita da una ringhiera in ferro.
Dedichiamo qualche momento al silenzio e alla preghiera,
quando Mariuccia ci scuote
esclamando: “Guardate il sole!”. Guardiamo… Il sole è ornato da un grande cerchio, un
ampio anello colorito. Rimaniamo tutti incantati a osservare.
La coincidenza ci fa esclamare:
“È un segno del cielo! È il segno dell’accoglienza del nostro
martire!”. Mi affretto a scattare
qualche foto.
La bontà del grano
Il cristianesimo in Africa non
è un pallone gonfiato e non ba-
sta uno spillo per far perdere il
suo vigore, come affermano alcuni pessimisti. Papa Francesco
ci insegna la via della speranza: si aprono nuovi orizzonti, e
vediamo la realizzazione di un
popolo che si spalanca ai valori
e alla gioia del vangelo. Infatti,
“la bontà del grano si manifesta
a suo tempo”.
Attraverso vicende imprevedibili, lo Spirito fa germogliare nei
cristiani congolesi il seme del
vangelo, gettato nel loro buon
terreno, e lo fa crescere in un albero robusto, sul quale si poseranno gli uccelli dell’aria.
■
LAICATO SAVERIANO
Diacono felice da 25 anni
CARMINE PACIELLO
Carmine racconta alcuni “spezzoni” di vita che si intrecciano con
la missione del laico saveriano e
del servizio diaconale nella chiesa. Lo ringraziamo, augurandogli
ogni bene.
Ripercorrendo il film dei miei 25
anni, come diacono e laico saveriano, tanti sono i ricordi fissi nelNuccia e Carmine Paciello
la memoria. Ad esempio, il giorno
del primo incontro mio e di Nuccia con il laicato. Ricordo che,
mentre ci veniva spiegato il progetto e la spiritualità saveriana, il mio cuore si riscaldava, acquistando la consapevolezza
che lì volevo stare, che quello era il mio posto, che quella era
la spiritualità che io per anni avevo cercato.
Da allora è iniziata questa magnifica avventura che ci ha
portato varie volte in Africa, dove ho avuto modo di esercitare anche il ministero diaconale, anche celebrando i battesimi
in un villaggio, con la massima semplicità. Il battistero non era
altro che un catino con acqua benedetta, che ho versato con
le mani sulla testa dei bambini. Ripensando a quel momento,
mi vengono in mente le parole di san Pietro che papa Francesco ha ripetuto in occasione del suo viaggio in Brasile: “Non
ho né oro né argento, ma quello che ho ve lo do”. Io non avevo portato nulla che potesse sollevare quel popolo dalla sua
sofferenza; avevo solo le mani che - per il dono del ministero
ecclesiale - potevano far passare la grazia del Signore.
Grazie al laicato saveriano, ho imparato cosa significa lavorare nel regno di Dio, senza lamentarmi, cercando di farlo in
comunione, “come in una famiglia”. Questo, infatti, è l’altro
insegnamento ricevuto in questi anni. Dall’inizio ho percepito di trovarmi in una famiglia, dove tutti facciamo lo stesso
cammino e ci ritroviamo uniti nei momenti importanti, vivendo insieme le gioie e i dolori, che in questo cammino non sono mancati; da figli di Dio, li abbiamo vissuti nella preghiera.
Anche in occasione del 25° di servizio diaconale ho percepito con gioia la presenza della famiglia del laicato. Infatti, nel
salone offerto dalle benedettine per un momento di convivialità, con tavoli da 8 persone, gli amici venuti dai vari ambiti
che frequento erano a un unico tavolo, mentre per la famiglia
del laicato c’è stato bisogno di molto più spazio…
“Che bello”, ho pensato, e che gioia vedere che la mia famiglia del laicato si è arricchita di tanti altri membri, che sicuramente hanno fatto la stessa esperienza che io feci vent’anni fa
quando, entrandovi, mi sentii subito parte di un’unica famiglia!
Non sapevo, allora, che ciò che stavo sperimentando era “il sogno del Conforti”, quello di “fare del mondo una sola famiglia”.
Il sogno di Dio, infatti, è quello di vedere riuniti tutti i suoi
figli e figlie in una sola famiglia. E ognuno di noi può diventare “segno” di questo “sogno”, vivendo da figli del Padre e
fratelli di ogni uomo, come Cristo ci ha mostrato.
ZANCHI P. GIUSEPPE,
L’ATALANTINO FELICE
re: “basta saper fare il tifo per
l’Atalanta e tutto il resto fila a
meraviglia”; come dire, “se la
squadra vince, tutto va bene; se
perde… son problemi”.
■
GUERRA P. MARIO,
IN PACE CON IL DOLORE
Padre Giuseppe Zanchi: Ranica (BG)
26.4.1930 - Parma 15.2.2014
Bergamasco autentico, nato
a Ranica nel 1930, all’età di 83
anni, il 15 febbraio è spirato
nella casa madre dei saveriani
a Parma, dove era in cura da
un mese. Entrato nella scuola
apostolica a 13 anni, era sacerdote dal 1957. Dopo 21 anni di
esperienza missionaria in Brasile e in Amazzonia (dal 1961
al 1982), ha lavorato in Italia
in varie comunità e con varie
mansioni: Alzano Lombardo
(BG), Desio (MB), Tavernerio
(CO), Piacenza, dove per 12 anni si era dedicato alla pastorale
nella chiesetta di Santa Chiara.
Dal 2005 era tornato vicino
casa, nella comunità di Alzano, disponibile per le confessioni e per l’accoglienza in portineria: sempre, eccetto quando
era in campo l’Atalanta; allora
non esisteva più nessuno. Era
la squadra del cuore, fino a di-
Missionario simpatico e
guerriero, come fa presagire
il suo nome. Anche nella sua
lunga esperienza missionaria in
Sierra Leone (35 anni), è caduto nelle trame della catastrofica guerra civile e fatto prigioniero. Il suo vescovo mons. Biguzzi racconta: “Gridò ai suoi
assalitori: «Siete tutti assassini,
ladri, criminali!», e si prese un
sacco di botte. Ma non cedette
mai, neanche quando lo fecero
stare in ginocchio per ore sotto
il sole. Sopportò con forza privazioni, pericoli e sofferenze
della lunga prigionia”.
Tornato in Italia per problemi di salute, lavorò con entusiasmo a Reggio Calabria, nel
Padre Mario Guerra: Campagnola
Emilia (RE) 21.10.1934 - Parma 17.2.2014
santuario Madonna della Grazia e nel Parco della mondialità. L’ultima tappa del “guerriero” è stata Parma, per curarsi.
Scrive a un confratello: “Il Signore mi ha affidato un ruolo
nuovo, quello della sofferenza
e della preghiera. Ho accettato
questo ruolo come una richiesta del Signore, senza riserve, e
sono tanto sereno. Mi preparo
a tornare a casa”. È spirato il
17 febbraio, a Parma, all’età di
79 anni; è stato sepolto a Campagnola Emilia (RE), suo paese
■
natale.
DUE PUBBLICAZIONI POSTUME
In una sala gremita a Rivarolo
Mantovano, suo paese natale, è
stato presentato il romanzo postumo di p. Silvestro Volta, “La
famiglia di Kolè”, ambientato
in Sierra Leone. La pubblicazione (Ed. Gilgamesh – Asola MN,
pagine 256, € 15) è merito della Fondazione Sanguanini Rivarolo Onlus, che aveva già curato la stampa dell’altro volume
“Il forte di Mwakete” (2012).
È uscito postumo anche il volume “All’ombra del baobab”
di Eugenio Susani (Ed. Dalla
Costa - Bergamo; pagine 260,
€ 11,50). È una collezione di
racconti che il grande volontario ha scritto sulla base delle
sue esperienze di vita e di lavoro in vari paesi dell’Africa,
soprattutto in Sierra Leone.
Le due pubblicazioni risentono, in alcune parti, dell’epoca
in cui sono state vissute e quindi richiedono una lettura critica. Ordini alla nostra Libreria di
Brescia (030 3772780 int. 2). ■
3
2014 MARZO
IL MISSIONARIO
PADRE UCCELLI E SAN GIUSEPPE: UN AFFETTO RECIPROCO
DA SHANGHAI A VICENZA
San Giuseppe, il miglior economo!
a cura di p. GIANNI VIOLA, sx
D
opo 14 anni di apostolato intenso in Cina, p. Pietro Uccelli è richiamato in Italia da san Guido Conforti. Deve
occuparsi di formare altri giovani alla vita missionaria. Viene perciò mandato a dirigere la “casa apostolica” di Vicenza,
voluta e aperta dal santo fondatore dei saveriani il 1° ottobre 1919. Padre Uccelli è lì dal 1921, irradiando la sua santa
influenza e simpatia in tutto il Veneto. Con sé, dalla Cina,
porta la sua profonda devozione a san Giuseppe, il santo della
Provvidenza.
Alle preoccupazioni ci pensa san Giuseppe
A san Giuseppe egli affidava tutte le sue preoccupazioni.
Nelle sue lettere così scriveva: “San Giuseppe è l’economo
di questa casa, e se vedesse come provvede bene! Inculchi e
propaghi la devozione a questo caro santo, e ne vedrà effetti
sorprendenti…”. “Ho un po’ di grattacapi, ma san Giuseppe
ha l’incarico di pensarci lui”. “Ho molti pensieri, ma li addosso tutti a san Giuseppe e lui sa sbrigarmi ogni affaretto
per quanto difficile e intricato che sia”. “Mettiamo tutto nelle
mani di san Giuseppe perché ci pensi lui”. “Sono in mezzo a
mille pensieri per le scuole, ma anche qui san Giuseppe aiuta
in modo particolare”.
“La Provvidenza quest’anno non è così visibilmente generosa come negli anni precedenti. La ragione è chiara: la
campagna non ha dato quasi nulla ad eccezione del frumento.
I ragazzi sono 49, i formatori e le suore 12, e poi non passa
giorno senza che non ci sia qualche ospite. San Giuseppe,
pensateci voi! Ecco il mio sicuro rifugio”.
“San Giuseppe ne ha fatta una grossa…”
San Giuseppe rispondeva alle sue richieste con continui be-
nefici. Così si esprimeva il devoto p. Uccelli. “Per il cibo è san
Giuseppe che ci pensa”. “Godo dirle che san Giuseppe ne ha
fatto una grossa, come è solito lui”. “San Giuseppe è sempre
con noi generosissimo”. “Sono tornato qui ove tutto trovai
in buon ordine. San Giuseppe aveva già pagati i debiti”. “S.
Giuseppe ci aiuta sempre in modo quasi portentoso e ne sono
commosso. Viviamo in 62 persone, e non stentatamente, e
tutto per la validissima protezione del nostro amatissimo san
Giuseppe”. “Qui tutto benino. San Giuseppe mi ha pagato un
mese di pane. Che sia sempre benedetto!”.
“La metto a parte di una mia gioia, o meglio di una grande grazia di san Giuseppe. Oggi stesso ho potuto riscuotere
quelle 20.000 £ di cui le parlai l’altra volta e che quasi quasi
disperavo di poter avere. Quanto è buono il Signore e quanto
potente è il patrocinio di san Giuseppe, a cui avevo raccomandato e affidato l’affare. Mi aiuti a ringraziare il Signore e san Giuseppe…”. “La casa va bene, ma bene davvero,
materialmente parlando. E lei ne dubita? Creda pure che san
Giuseppe anche in mezzo a tante miserie ci manda avanti con
mano sicura. Quanto debbo a questo gran santo! Lo ringrazi
anche lei per me…”.
Insomma, per p. Uccelli, rettore della casa saveriana di Vicenza, oltre a essere il santo patrono della chiesa universale,
san Giuseppe era diventato “il nostro munifico economo, il
nostro patrono speciale, il nostro particolarissimo protettore”.
Dal diario della casa saveriana di Vicenza
Nel diario in cui venivano annotati fatti di cronaca quotidiana della casa di Vicenza, troviamo scritte cose davvero
inverosimili. Vi leggiamo esplicitamente che “San Giuseppe
ci manda…nove quintali di vino; sei quintali di granoturco; il
telefono, senza pagare neppure la tassa occorrente per l’uso;
settantasei quintali di lignite; un carro di carbone per la cucina; un intero servizio da cucina in rame; quattro belle lettiere
di rete metallica; due carri di legna da ardere; dolci, riso, marmellata e un grosso pacco di tessuti di varia specie; un po’ di
frumento; quattro forme di formaggio; generi alimentari
in natura...”.
San Giuseppe provvede anche ad altre cose, come: “lo
sfondo per il presepio; copiose offerte; oltre tutto il resto, anche i dolci; una bella pianeta nuova per la Messa;
l’aureola d’oro per il Bambino Gesù e per san Giuseppe:
tutto dono, sia l’oro sia il pagamento della manifattura…”. In una parola, c’è “ogni ben di Dio”.
Alcuni interventi sono registrati con particolare precisione: “Verso le 10, trovandoci senza pasta, p. rettore
manda il fratello Dall’Armi a portarne alcuni pezzetti
davanti a san Giuseppe. Dopo neppure 3/4 d’ora, san
Giuseppe ce ne manda alcune casse da Arzignano per
mezzo di una benefattrice dell’istituto”. E ancora: “Dopo
le funzioni del mattino, trovandoci ancora senza pasta,
il rettore ne fa porre qualche pezzetto davanti a san Giuseppe, e poco dopo ce ne arriva quasi mezzo quintale”.
“Sorella, lei ha sbagliato porta!”
Il superiore generale dei saveriani, p. Giovanni Gazza, partecipa alla festa
Racconta p. Ermanno Zulian nel suo libro: “La buona
dei 50 anni di sacerdozio di p. Pietro Uccelli (Vicenza, 1947)
suora cuciniera era molto preoccupata
quella mattina. Aveva visto p. Uccelli
passare sotto il portico dopo la colazione e glielo aveva detto: «Padre, cosa
mettiamo oggi al fuoco?». «Perché,
p. PIETRO UCCELLI, sx
sorella?». «Perché non abbiamo niente
in dispensa, proprio niente!». «Ah,
Padre Uccelli ci trovava gusto a raccontare ai ragazzi questa storia.
corbezzoli! Fino a mezzogiorno ce n’è
Un giorno il Padreterno passeggiando per il paradiso, arrivò fino alle mura, dove san
ancora del tempo! Si preoccupa tanto,
Giuseppe aveva impiantato una botteguccia da falegname, perché senza far niente non
lei? Abbia fiducia, vedrà!».
ci poteva stare. Il Padreterno fece quattro chiacchiere con lui, poi tornò indietro. Strada
Ma il tempo passava ed era giunta
facendo, incontrava gente beata e felice, incantata a guardarlo. Ma trovò anche facce
l’ora
di metter su qualcosa per il pranpoco rassicuranti che si voltavano dall’altra parte. Allora si recò in portineria da san Piezo. La suora si affacciava alla portinetro per domandargli che gente facesse entrare...
ria a ogni scampanellata sperando che
Pietro fu pronto a scusarsi: “Signore, domandalo a Giuseppe; è lui che li fa passare!
entrasse la befana. Ma… niente. Allora
Dietro la bottega, ha fatto un buco sulle mura e fa entrare bricconi, contadini, falegnaandò dal Rettore, disperata, bussò alla
mi, operai…; poi quelli che portano il suo nome, i suoi devoti… anche ubriaconi!”.
porta della sua stanza: «Padre, dunque
Il Padreterno tornò da Giuseppe che sudava a piallare un’asse lunga… “Senti un po’:
chi ti ha detto di far entrare tutte quelle facce da galera?”. “Signore, disse Giuseppe roscosa facciamo?». «Cioè? Dica, dica
so come un papavero, bisogna avere misericordia! Sono lavoratori, hanno faticato sulpure!». «Ormai arriva mezzogiorno e
la terra…”. “Ah, è cosi? Allora, visto che vuoi fare da padrone, fa’ i fagotti e fuori sule pentole sono ancora vuote». «Ah,
bito di qua”.
sorella, lei ha sbagliato porta! Ha
Giuseppe non si scompose. Mise giù la pialla e asciugandosi il sudore, rispose: “Va besbagliato porta, sa! Vada in saletta da
ne. Ma posso portar via ciò che è mio, vero?”. Il Padreterno, pensando si riferisse ai pansan Giuseppe a dirlo a lui!».
ni e ai quattro ferri, concesse: “Sì, sì, portati via ciò che è tuo, ma fuori subito!”. GiusepLa suora andò davanti alla famosa
pe ringraziò e fece il conto: “Dunque… vado a chiamare la Madonna e Gesù”. “Ma costatuetta, ma non arrivò al terzo Gloria
me? Che pretese sono queste?”. “E sì, Signore, Maria è mia sposa, Gesù è nostro figlio!”.
Patri che il campanello squillò. Si preIl Padreterno restò muto, ma san Giuseppe continuò senza paura, ringalluzzito: “La
cipitò lei stessa ad aprire ed entrarono
Madonna poi ha la sua dote, e quella non la possiamo lasciar qui”. “Di quale dote stai
cinque operaie della soffieria di S. Croparlando?”, domandò il Padreterno. E Giuseppe, a memoria: “Regina angelorum… Rece con una cesta piena di pasta, mezzo
gina apostolorum… Regina martyrum… Regina virginum…”.
sacco di riso, del pane, una grossa botIl Padreterno fu disarmato: gli andava via tutto il paradiso e restava solo. Gli disse:
tiglia d’olio e persino venti chili di sa“Ho capito! Sta’ pure dove sei, lavora e… fa’ quel che ti pare e piace!”. (Gioia di fare il
le” (Gioia di fare il bene, p. 89-90). ■
bene, p. 83-85).
C’È UN BUCO SUL MURO IN PARADISO
4
IL SANTO
“ITE AD IOSEPH - ANDATE DA GIUSEPPE!”
p. GIANNI VIOLA, sx
contesto del 60.mo anniversario della morte del
N elservo
di Dio p. Pietro Uccelli, avvenuta appunto il
Un cinese devoto di san Giuseppe
a cura di p. GIANNI VIOLA, sx
R
acconta p. Ermanno Zulian nel suo volume “Gioia di
fare il bene”: “Nel 1917 p. Pietro Uccelli ebbe occasione di recarsi a Shanghai e incontrarsi con il grande industriale cinese Lo Pa-Hong, tanto ricco quanto buon cristiano.
Costui era proprietario delle centrali elettriche della città e di
una compagnia di navigazione costiera. Ma i guadagni, le sue
grosse ricchezze, egli le usava bene”.
Una gran fiducia e tante opere di bene
Di questo signore cinese di Shanghai (1875 - 1937) il gesuita Joseph Masson ha scritto una biografia. Lo descrive così:
“Il suo primo campo d’azione riguardò le istituzioni caritatevoli: l’ospizio San Giuseppe per vecchi, fanciulli, feriti…, l’ospedale del Sacro Cuore come ambulatorio, l’ospedale della
Misericordia per i malati di mente, l’ospedale del Cuore Immacolato di Maria con un terzo di letti riservati ai poveri, un
ospedale di isolamento per gli inguaribili. La sua attività si
estese anche all’Azione cattolica con l’evangelizzazione, la
carità e l’educazione cristiana attraverso scuole e collegi affidati alla cura di vari istituti religiosi.
Di nome si chiamava Giuseppe, e il suo santo per eccellenza,
come per tutti i missionari a corto di quattrini, era naturalmente san Giuseppe. L’aveva assalito di novene per sette anni per
costruire il suo ospizio al quale, per riconoscenza, aveva dato
il suo nome. E si dichiarava il suo uomo di fatica, il suo boy, il
suo servo. A san Giuseppe egli andava e s’indirizzava quando
religiose, membri dell’Azione cattolica o amici in difficoltà gli
confidavano le loro noie finanziarie, aggiungendole alle proprie, che non mancavano. Egli
ripeteva con ragione: “Io posso
morire, poco importa. Ma san
Giuseppe non muore”.
Le circostanze dimostrarono
in seguito come questa fiducia
fosse giustificata e fondata. Un
giorno confidò alla superiora
delle Piccole suore dei poveri
un suo ostacolo finanziario, e
quella, che doveva essere mol-
Una devozione efficace, per chi ha fede
saveriano il mese di san Giuseppe - marzo
A ll’istituto
- era vissuto con solennità, come quello di maggio in
onore della Madonna: ogni sera lettura spirituale, canto delle litanie, benedizione Eucaristica. Così tutti gli anni durante
la permanenza di p. Uccelli a Vicenza. Il devoto missionario
ripeteva spesso: “Vedete la grande potenza di san Giuseppe?
Il Padre Eterno lo ascolta! Siate molto devoti a san Giuseppe,
per tutta la vita, e non ve ne pentirete, ve lo dico io!”.
Padre Pietro Uccelli e il suo santo, dalla Cina a Vicenza
“IL COTTOLENGO DI SHANGHAI”
LA POTENZA DI SAN GIUSEPPE
a cura di p. GIANNI VIOLA, sx
2 ottobre del 1954 nella casa saveriana di Vicenza, riproponiamo una particolare e importante caratteristica
della sua spiritualità missionaria: la devozione a san Giuseppe, il “santo della Provvidenza”. Una devozione che
tutti i cristiani hanno nel loro cuore, perché è la stessa
devozione che Gesù stesso, Figlio a lui affidato, ha avuto
verso colui che è stato il suo vigile custode, come un vero
genitore.
Come paterno custode di Gesù durante la sua vita
terrena, Giuseppe è anche custode del Corpo mistico di
Cristo, la chiesa. Così la chiesa lo ha inteso e dichiarato,
e come tale lo venera e lo presenta al culto e alla devozione dei fedeli: patrono della chiesa universale. È la
massima espressione di quella devozione che il popolo
cristiano ha sempre mantenuta viva nel corso della
storia.
Sulla scia della fede ecclesiale, l’invocazione devota e
fiduciosa di p. Pietro Uccelli è molto significativa: “San
Giuseppe, pensateci voi!”. “Ite ad Ioseph! - Andate da
Giuseppe!”, così era stato inciso sul primo sarcofago del
devoto missionario. Per ogni cosa, infatti, p. Uccelli attribuiva tutto il merito a san Giuseppe. Quando qualcuno
gli chiedeva una grazia, egli rispondeva: “Lei ha sbagliato persona. La chieda a lui!” (indicando san Giuseppe). E
quando qualcuno tornava a ringraziare per aver ottenuta la grazia desiderata, egli ancora rispondeva: “Lei ha
sbagliato persona. Vada a ringraziare lui!”.
Questa devozione, già ancorata nel suo cuore, si è sviluppata e potenziata sull’esempio di un ricco cristiano
cinese, incontrato a Shanghai. Così il missionario matura e cresce in esperienza, imparando da coloro ai quali
è inviato.
■
IL LAICO
2014 MARZO
to allenata a questo tipo di difficoltà, gli indicò con molta calma l’unico modo per uscire dalla crisi: mettere la medaglia di
san Giuseppe nel luogo stesso dei lavori.
Così egli fece, ma san Giuseppe sembrava non affrettarsi a
intervenire. Allora prese un’ulteriore risoluzione: con gli ultimi trenta dollari della cassa comprò una statua del santo, la
pose su un rialzo di terra, riunì i poveri e li fece pregare per
ottenere almeno il denaro dei salari. Alla vigilia della scadenza, un benefattore fece recapitare mille dollari: questo era il
segno che Dio voleva l’opera!” (J. Masson, Lo Pa-Hong, storia di un milionario, Ed. Isme 1953, pagine 133).
“Eccolo là, sopra l’altare!”
Continua p. Ermanno Zulian nel suo libro: “La conversione della sua famiglia risaliva alla storia del grande apostolo
Matteo Ricci. E la casa Lo era aperta a tutti i missionari che
arrivavano in Cina, da qualunque nazione venissero”. Anche
p. Uccelli fu ospite a casa sua, in seguito a una strana coincidenza.
Alle cure di p. Pietro Uccelli era stato affidato un confratello con patologie di crisi mentale. Gli era stato consigliato di portarlo a Shanghai per una visita specialistica, ma senza risultati. Tuttavia, in quella circostanza padre Uccelli ebbe modo di visitare il grandioso complesso delle opere di carità fondate da quell’insigne cristiano, e ne rimase profondamente colpito.
Così, davanti alla chiesa, eretta in mezzo a tanti edifici, gli
chiese: “Dica, dica: come fa lei a tirare avanti con tanta gente
qui dentro?”. L’altro sorrise, e aprendo la porta lo fece entrare
in chiesa e disse, additando la statua di san Giuseppe: “Padre,
ci pensa san Giuseppe! Eccolo là, sopra l’altare…”.
Padre Uccelli non disse altro. Ma conservò nel suo cuore
questa bella impressione della terra cinese; e la coltivò tutta
la vita come un’ammonizione che gli veniva dall’alto” (E. Zulian, Gioia di fare il bene, pp.
21-22).
“Tra p. Uccelli e la famiglia di Lo Pa-Hong si intrecciò un’intima relazione” - scrive p. Franco Teodori, che l’aveva conosciuto personalmente
in Cina. “P. Uccelli era convinto di trovarsi davanti a un modello di cristiano che viveva il
cristianesimo in modo inequivocabile. Per lui egli era come
il Cottolengo di Shanghai”. ■
Il laico cinese Lo Pa-Hong e il missionario p. Pietro Uccelli:
devoti a san Giuseppe
Quella statuetta vecchia e prodigiosa
Un giorno p. Uccelli rientrò a casa con una statua di san
Giuseppe sotto il braccio, avvolta in un foglio di giornale. Una
statuetta di terracotta, alta 35 centimetri: San Giuseppe guarda
il Bambino che ha in braccio con un’espressione così affettuosa che pare gli stia parlando. Dietro la nuca, la statua aveva un
bucherello: segno dell’aureola che era stata asportata.
Ma dove l’aveva pescata? Nel solaio della famiglia Bevilacqua, che abitava nel palazzo davanti alla cattedrale di Vicenza.
La serva di casa, Benedetta, aveva sentito che p. Uccelli era
tanto devoto di san Giuseppe, e gli aveva detto: “Padre, l’ho
io una statuetta del santo. I signori l’hanno messa in solaio tra
le robe vecchie…”. “Davvero? Di’ alla padrona di regalarla a
me. Le sarò tanto grato!”.
Così il nostro padre Pietro quel giorno venne a casa, contento più che se avesse vinto un miliardo alla lotteria! La mostrò
subito all’assistente dei suoi ragazzi, il quale vedendola esclamò: “Com’è vecchia!”. E lui: “Beh, e non era vecchio san
Giuseppe?”. “Che ne fa, padre?”. “Cosa ne faccio? La metto
in quella saletta vicino alla portineria a fare da procuratore
e s’arrangerà lui a trovare il pane per tanti figlioli, perché io
non ce la faccio proprio. Vedrai, d’ora in poi marcerà tutto a
gonfie vele!”.
Una patatina davanti al santo
Così tutti vennero a conoscere il profondo rapporto confidenziale tra il missionario e san Giuseppe. Mancavano le
patate? Padre Uccelli diceva a suor Marianna di mettere una
patatina davanti alla statuetta… e le patate non tardavano ad
arrivare. Mancava la pasta? Ecco, due tagliatelle o un maccherone davanti a san Giuseppe. Così per la legna, l’olio, e tutto
ciò di cui si aveva bisogno.
Tanta semplicità e fiducia del buon missionario verso il santo della Provvidenza non rimase mai delusa. Diceva: “Quando
avete bisogno di qualcosa, mettete un campione sul piattino,
davanti a lui o scrivetegli un biglietto. San Giuseppe non è
andato a scuola, ma sa leggere lo stesso, e meglio degli altri;
lui ha imparato da solo, corbezzoli!”.
Racconta la signora Carla: “Mancavano pochi minuti alle
16, orario della merenda, quando la superiora si avvicinò a
p. Uccelli e gli chiese: «Padre, che facciamo per la merenda?». E il padre, di risposta: «Non sono ancora le 16. Venga
alle 16!». Difatti, poco dopo, esattamente alle ore 16, suonò il
campanello e io, curiosa com’ero, corsi a vedere. Con grande
stupore vidi entrare all’istituto per il portone di viale Trento
una persona con un carretto trainato da due buoi, con sopra
due enormi pentole piene di patate americane appena cotte,
ancora fumanti, bollenti, pronte per la merenda”.
La devozione a san Giuseppe si estende
Ben presto crebbe la devozione alla statuetta che p. Uccelli
aveva in casa. Ad essa si rivolsero sempre più le attenzioni della comunità, preoccupata di assicurare a san Giuseppe
l’aureola, il tronetto, l’altare e la cappella. Nel diario della
casa saveriana si legge: “Sto preparando un’aureola d’oro a
san Giuseppe e al Bambin Gesù, e grazie al Signore ormai
ho raccolto l’oro sufficiente. Quanto è buono il Signore!”.
“Oggi san Giuseppe è ornato dell’aureola d’oro; così pure il
Bambino Gesù”. “San Giuseppe viene messo in un bellissimo
tronetto…”.
La devozione a san Giuseppe si sparge per tutta la città, fra i
benefattori che, nel mese di marzo soprattutto, affluiscono davanti al nuovo altare, fatto costruire da un benefattore. Con i lavori di restauro della casa saveriana, una sala viene destinata per
ricevere i visitatori; qui viene trasportata la statuetta prodigiosa
di san Giuseppe. Sotto la statuetta, viene collocato un album
che raccoglie le firme di coloro che si raccomandano al santo.
Dobbiamo imitare l’uomo giusto
La solennità di san Giuseppe era preceduta spesso dal ri-
La statuetta di san Giuseppe, tanto cara a p. Uccelli, custodita nella chiesetta san Pietro d’Alcantara, a Vicenza, accanto alla tomba
tiro spirituale con alcune esortazioni particolari: “Nutrire un
illimitato abbandono nella Divina Provvidenza”. “Compiere
santamente tutti i propri doveri, perché anche di noi si possa
dire, a imitazione di san Giuseppe, che siamo giusti”. “Corrispondere alla grazia di Dio”.
Padre Uccelli raccomandava di non dimenticare mai san
Giuseppe, “perché di un tale santo ne abbiamo sempre bisogno”. E con particolare efficacia spiegava la vita e le virtù del
santo, invitando tutti a imitarlo: “Ioseph vir iustus - Giuseppe uomo giusto”: essere sempre giusti con Dio, con noi, con
i fratelli in ogni circostanza”. Raccomandava soprattutto la
retta intenzione.
Dal libro di p. Ermanno Zulian raccogliamo un altro episodio singolare. “L’inverno del 1930 fu molto freddo. Di legna
ormai non ce n’era più in casa. San Giuseppe sembrava un
po’ sordo in quei giorni e p. Uccelli si lamentava. Tanto che
lo disse agli allievi e impressionò tutti quella mattina dopo
la meditazione: «In mezzo a voi temo ci sia qualcuno che
non fila dritto, qualcuno che è qui non per Jesum sed propter
esum - capite il latino? “Non per amor di Dio ma per mangiare
a ufo”. Non so spiegare diversamente come san Giuseppe, il
nostro procuratore, da un po’ di tempo non ci doni più niente
e le provviste siano finite, la dispensa sia vuota».
Pochi giorni dopo, da Arzignano il solito benefattore
mandò all’istituto due quintali di pasta; da Nogarole arrivò un bel carro di legna, così grosso che i due cavalli sudavano a tiralo; e da Compolongo una carrettata di patate
e una sporta piena di salami, lardo e luganeghe (salsicce)”
(Gioia di fare il bene, p. 64).
■
PADRE UCCELLI:
UNA VITA PER LA MISSIONE
1874, 10 marzo - nasce a Barco (Reggio Emilia); in tenera età perde la mamma.
1886 - Pietro entra nel seminario di Marola; i parrocchiani pagano la retta per i suoi studi.
1897, 18 settembre - viene ordinato sacerdote.
1898 - sei anni di vita pastorale in diocesi di Reggio:
a S. Terenziano di Cavriago, a Piolo, a Poviglio. Vuole
diventare missionario, ma il vescovo non è d’accordo.
1904, 30 novembre - don Piero inizia il noviziato saveriano a Parma con la guida di san Guido Conforti
come “maestro”; il 3 dicembre del 1905 si consacra alla
missione con i voti religiosi nella famiglia saveriana.
1906, 19 gennaio - p. Pietro parte in nave da Napoli
per la Cina, dove lavora per 14 anni. È missionario a
Pechwang e a Cheng-chow, nella regione Honan Occidentale, amato dai cinesi che egli ama.
1912 - p. Pietro è accanto a mons. Calza, ordinato vescovo da mons. Conforti, cura le missioni di Hsuchow
e Hsiang-shien e si dedica alla formazione delle suore
“Giuseppine”, fondate dal vescovo Calza. A Shanghai
conosce Lo Pa-Hong, il cristiano cinese grande devoto
di san Giuseppe.
1920, gennaio - p. Pietro arriva in Italia; nel 1921 è
nominato rettore nella casa saveriana di Vicenza, per
la formazione degli aspiranti alla vita missione, aiutato dal provvidente san Giuseppe; ma si occupa molto
anche dei poveri, dei malati e dei sacerdoti, come loro
guida spirituale.
1954, 29 ottobre - p. Pietro muore, dopo 33 anni intensi, lasciando a tutti un grande esempio di vita evangelica e di dedizione missionaria, per amore di Dio e
dell’umanità. Per desiderio popolare, la salma viene
tumulata nella chiesetta accanto alla casa saveriana di
viale Trento, a Vicenza.
5
2014 MARZO
IL M ON D O IN CA SA
SUD/NORD NOTIZIE
Non solo politica
● Tunisia: nuova Costituzione. Il Parlamento ha adottato
la nuova Costituzione, la prima
dalla caduta del presidente Zine el Abidine ben Ali nel 2011.
Il testo è stato approvato al termine di un lungo ma pacato dibattito, seguito dal voto articolo
per articolo. Uno dei punti cardine della nuova costituzione considerata tra le più innovative
nel mondo arabo - è la parità di
diritti garantita a uomini e donne. Il testo garantisce anche libertà di culto, pur ribadendo che
l’islam è “religione di Stato”.
● Dossier Caritas-Migrantes.
Il rapporto di quest’anno sottolinea che l’Italia cresce grazie agli stranieri. Tuttavia il rischio che gli stranieri vivano in
condizioni di povertà è più alto. Sono in aumento gli alunni
con cittadinanza straniera nati
in Italia.
“Abbiamo sottolineato cinque punti - ha spiegato mons.
Perego, direttore della fondazione Migrantes - 1. Non aumentano gli immigrati da fuori,
ma il loro numero cresce con i
nati da immigrati già in Italia.
2. Superare i Cie (Centri identificazione ed espulsione), pericolosi per la sicurezza delle persone. 3. Più investimenti contro la tratta di esseri uma-
Il contributo di tutti
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
ni. 4. Maggiore attenzione alle
discriminazioni. 5. Più ecumenismo e dialogo interreligioso”.
● Zimbabwe: rimosse sanzioni.
L’Unione europea ha revocato le
sanzioni nei confronti di otto alti dirigenti politici dello Zimbabwe, in vigore dal 2002, ma hanno deciso di mantenere quelle a
carico del presidente Robert Mugabe e della moglie Grace. Le
sanzioni consistono nel divieto
di viaggio in Europa e nel congelamento di fondi e beni delle
personalità colpite dal provvedimento, criticato dall’anziano capo di stato che non accetta concessioni a metà.
■
Ci danno coraggio!
Congo RD: festival “Amani”. Per tre giorni la popolazione martoriata di Goma ha partecipato in un insolito clima di festa a concerti, balli e spettacoli
che hanno coinvolto artisti congolesi, burundesi, ruandesi e internazionali.
“La nostra generazione non ha
conosciuto la pace; questa situazione deve cambiare. Cantiamo
la pace, perché è la nostra unica
speranza. Soltanto uniti potremo
ottenere il ritorno di una realtà
viva e dinamica, fonte di speranza e sviluppo. Ciascuno de-
●
ve dare il proprio contributo…”.
È l’appello internazionale per la
pace letto in francese e in swahili da due giovani al termine del
festival Amani (pace in swahili www.amanifestival.com/fr).
● Filippine: barche come cliniche. Per avere la possibilità di
distribuire aiuti medici e umanitari in cinque isole, colpite
dal tifone Haiyan, l’ong Medici Senza Frontiere ha organizzato cliniche mobili sulle imbarcazioni. Possono curare fino a 250
pazienti al giorno, eseguendo
interventi minori e trasferendo
i casi più complicati all’ospedale di Guiuan. Le isole sono ancora completamente distrutte e
ci vorrà molto tempo per una ripresa.
Nuove emergenze
● Libano: terre cristiane. Oggi i cristiani libanesi possiedono circa 4mila chilometri di terra (la metà rispetto al dopo indipendenza del 1943). La drastica diminuzione è legata alla
forte emigrazione dei cristiani
libanesi.
Molti di loro, prima di partire, vendono le terre ad acquirenti musulmani, con l’approvazione del governo che vuole agevolare gli investimenti dei Pae-
MISSIONI NOTIZIE
Non solo soprusi
● Indonesia: sharia per tutti!
L’amministrazione provinciale di Aceh, nel nord dell’isola
di Sumatra, ha approvato un decreto legge che impone ai musulmani e ai non musulmani di
osservare la legge islamica (sharia). Tutti coloro che violeranno i precetti della legge islamica, indipendentemente dalla loro religione, saranno processati
secondo la legge islamica.
Violazioni come bere liquori
o non indossare il velo islamico per le donne potrebbero essere puniti con la fustigazione. I
rappresentanti delle chiese e attivisti per i diritti umani hanno
definito il provvedimento “lesivo dei diritti umani e della libertà religiosa”.
Iraq: candidati cristiani. Saranno nove le principali liste politiche ispirate da attivisti cristiani - caldei, siri e assiri - che
prenderanno parte alle prossime
elezioni parlamentari irachene,
in programma il 30 aprile. Ancora una volta gli attivisti politici legati alle comunità cristiane
presenti in Iraq si presentano in
ordine sparso all’appuntamento
elettorale che dovrà selezionare i
325 membri del Parlamento (con
5 seggi riservati ai cristiani).
●
6
● Armeni santi. A quasi
cent’anni dal genocidio armeno
- perpetrato nei territori dell’attuale Turchia nel 1915 - la chiesa armena apostolica conferma
l’intenzione di procedere alla
canonizzazione per martirio delle vittime. I vescovi e i sacerdoti che compongono il comitato
hanno discusso le modalità da
seguire per la canonizzazione,
concordando che l’intero percorso sarà ultimato entro il 2015,
nel centenario del genocidio.
Intanto, il ministro degli esteri
turco Davutoglu ha prospettato
l’ipotesi di aprire le porte della
Turchia ai discendenti delle famiglie armene fuggite dal territorio turco dopo i pogrom antiarmeni.
■
C’è chiesa e chiesa...
Ciad: la cattedrale di Mongo. È stata consacrata a Mongo la cattedrale di Sant’Ignazio,
in una regione prevalentemente musulmana. L’edificio può
accogliere almeno 600 fedeli e
alcuni affreschi ricordano la vita
della chiesa locale, in particolare
la testimonianza dei cristiani
durante gli anni della guerra in
Ciad. L’edificio è stato costruito con le pietre provenienti dalle
montagne locali, ma mons. Coudrey ha ricordato che la cattedra●
Visitate il nostro sito www.saverianibrescia.com/new per leggere tutte
le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le
edizioni locali e la versione in formato pdf.
Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com
le è l’espressione della testimonianza di fede dei cristiani, che
costituiscono una casa di “pietre vive”.
● Turchia: moschea “cristiana”. L’antico monastero di San
Giovanni in Studion sarà trasformato in moschea, terminati i lavori di restauro; sembra debba seguire il destino già
toccato dalle antiche chiese di
Haghia Sophia (Santa Sofia) a
Trabzon e a Iznik.
L’imprenditore cristiano greco-ortodosso Lakis Vingas ha
fatto notare che “l’eredità culturale è universale e non va trasformata in terreno di antagoni■
smi religiosi”.
Una storia speciale
Condanna e clamore. Negli Stati Uniti c’è una condanna che fa discutere. È quella a
●
Splende il sole su Kamenge, in Burundi, e i danni dell’alluvione
del 19 febbraio sono ancora più visibili (foto C. Marano)
si arabi del Golfo. Per tentare di
frenare l’erosione delle proprietà dei cristiani in Libano, sono
state presentate diverse proposte
di legge.
Burundi: alluvioni a Kamenge. “Il 9 febbraio, mentre la
pioggia continuava a cadere, acqua e fango sono scesi dai quartieri alti con rami e alberi e detriti di ogni genere. Siamo stati
letteralmente sommersi e il fan-
●
go è entrato nel Centro giovani,
ostruendo tutti i passaggi verso
il fiume Nyabagere, impedendo così, lo svuotamento dei liquami. Giovani e operai per ore
hanno impedito il peggio, ma è
un disastro. Non siamo gli unici: sono state spazzate via case
e ponti, le strade sono strapiene
di fango, la gente cerca nel fango e nelle discariche impreviste,
qualcosa da salvare” (p. Claudio
Marano, sx).
■
MESSAGGIO ALLE CHIESE
LA POVERTÀ SIA ILLEGALE
GRUPPO RIVISTE PROMOTORE
Mettere la povertà fuori legge è la sfida lanciata da numerose associazioni e riviste, tra cui Missione Oggi. La campagna “Dichiariamo
illegale la povertà - Banning Poverty 2018” ha l’ambizioso obiettivo di
far approvare dall’Onu nel 2018, 70° anniversario della Dichiarazione
universale dei diritti umani, una risoluzione che dichiari l’illegalità di
norme, istituzioni e pratiche all’origine della povertà. «Noi vogliamo
parlare di impoveriti anziché di poveri - ha detto Riccardo Petrella (Università del Bene Comune, Bruxelles) - vogliamo smitizzare l’idea che la
povertà sia “naturale”. Ci sono invece cause strutturali alla sua origine
e ciò significa che possono essere eliminate». Patrizia Sentinelli (AltraMente) ha spiegato che bisogna partire da noi stessi: siamo impoveriti
materialmente e anche di democrazia. È indispensabile per questo condurre un’azione di sensibilizzazione.
Per Bruno Amoroso (Università di Roskilde, Danimarca) gli impoveriti, gli esclusi, sono andati aumentando e oggi riguardano il 99% della
popolazione. Il potere finanziario, le grandi banche sono un obiettivo
della campagna. Per p. Alex Zanotelli va combattuta l’idea che i “poveri” siano fannulloni: «Come credente ritengo sia necessario tornare alla
tradizione biblica di coltivare il sogno della giustizia».
La campagna intende muoversi, a partire dall’Italia, da tre campi prioritari d’azione: la democrazia, la giustizia economica e sociale, la cittadinanza. Per ognuno di questi campi sono state individuate leggi, istituzioni e pratiche sociali e collettive da mettere fuori legge, attraverso
un coinvolgimento delle persone in un percorso da costruire insieme.
E la dimensione internazionale è assicurata dal coinvolgimento di realtà in diversi paesi come Argentina, Quebec, Marocco, Malesia, Filippine, Belgio.
quasi tre anni di carcere inflitta a una suora 84enne, Megan
Rice, che insieme ad altri due
pacifisti cattolici, Michael Walli e Greg Boertje-Obed, nel luglio 2012 fece irruzione in uno
stabilimento di armi nucleari a
Oak Ridge, in Tennessee. La
loro azione di protesta rappre-
Nella foto (ap) suor Megan Rice e i due pacifisti arrivano in tribunale per il processo
sentò uno smacco per la sicurezza dell’impianto e tutti e tre
furono accusati di sabotaggio.
Gli altri due attivisti sono stati
condannati a più di cinque anni
di carcere.
Suor Megan ha detto: “Stare in prigione per il resto della
mia vita è l’onore più grande
che possano farmi, ma dovevamo farlo, dovevamo rivelare la
verità della criminalità che vi
si compie; è un nostro obbligo.
Abbiamo il potere, l’amore, la
forza e il coraggio di farlo finire
e trasformare l’intero progetto, per cui si sono spesi più di
7mila miliardi di dollari. La verità ci guarirà e guarirà il nostro
pianeta, i nostri mali provocati
dalla disarmonia del pianeta
causata dalle peggiori armi della storia dell’umanità, che non
dovrebbero esistere. Per questo
doniamo la nostra vita, per la
verità sulla terribile esistenza di
queste armi”.
■
2014 MARZO
D IA L OG O E SOLID A RIETÀ
LETTERE AL DIRETTORE
p. Marcello Storgato
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: giornale@saveriani.bs.it
Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale
IL TEMPO DI... TOGLIERE LA PLASTICA
Caro direttore,
mondialità e familiarità è quello che si gusta leggendo le pagine di
“Missionari Saveriani”. Anche i miei 72 anni (sono del ’42) sono
pieni della Misericordia divina. Il mio “sport estremo” consiste nella
conduzione di una piccola azienda agricola nelle Langhe. È solo durante l’inverno che riesco a prendermi il tempo di leggere distesamente le riviste che mi arrivano tutto l’anno. Sono effettivamente molte,
ma il tempo per “togliere la plastica” lo trovo sempre.
La comunicazione di ciò che la famiglia dei missionari saveriani fa
in tante parti del mondo per testimoniare fede, speranza e carità vale
davvero più dell’oro. Grazie, grazie!
Beppe Marasso - Cascina Mattarello, Neive - CN
Caro direttore,
nella mia parrocchia arriva il vostro giornalino “Missionari Saveriani”, che a volte riesco a sfogliare, come è capitato in questi giorni. È
la prima volta che leggo le “lettere al direttore” e sono rimasto senza
parole leggendo le richieste dei sacerdoti don Piero e don Michele di
sospendere l’invio del vostro mensile (cf. gennaio 2014, pagina 7).
Mi domando: perché don Piero e don Michele non regalano la rivista a chi può avere il tempo per “togliere la plastica” e leggerla?
Suggerisco qualche anziano che vive solo, oppure qualcuno che ha
perso il lavoro, oppure... Credo che di possibilità ne esistano molte
per continuare a ricevere le vostre notizie!
Al più presto provvederò ad abbonarmi. È possibile effettuare il
pagamento dell’abbonamento con bonifico bancario? Se sì, mandami
il codice IBAN. Grazie e buon lavoro,
Gianfranco Paroli - Cividale Mantovano - MN
Cari amici lettori, vi ringrazio del vostro messaggio, così incoraggiante... per noi missionari. Davvero, qualche “collega” sacerdote riesce a svolgere un buon ruolo di “rottamatore”; ma laici come voi ci rifocillano di speranza. Anche perché, dopo tutte le occupazioni e preoccupazioni che avete già in proprio, sapete essere creativi e fantasiosi.
Così Beppe, dopo lo “sport estremo” nella sua interessante azienda
agricola (visitatela, magari navigando su internet!), trova il modo nella
stagione invernale di distendersi, allungare le gambe e allargare la mente al mondo intero. Ogni cosa ha il suo tempo. Del resto, se fede, speranza e carità sono considerate “oro”, il loro valore non deprezza mai.
E così Gianfranco, grazie alla strana richiesta di due sacerdoti, si
propone di sostituirsi a loro come “nuovo” fedele abbonato al nostro
modesto mensile. Credo sia anche pronto a passare un quarto d’ora
nell’ufficio parrocchiale, prima della Messa, per “togliere la plastica”
dalle riviste e disporle sulla bacheca in modo che tutti vedano e sappiano che c’è tanta “buona stampa”, a buon mercato. E qualcuno potrebbe
essere invogliato, come Gianfranco e tanti altri e altre, a inviare l’indirizzo per riceverci direttamente a domicilio. Entrare e sostare nelle vostre case è sempre per noi una grande soddisfazione, una bella grazia!
Fraterni affettuosi saluti,
p. Marcello, sx
P.S. - Per chi preferisce il bonifico, può trovare il n. IBAN
a pagina 8, in alto. È opportuno inviare una e-mail per specificare causale e mittente.
STRUMENTI D’ANIMAZIONE
HA FATTO IL BENE CON GIOIA
È già stato messo a disposizione degli abbonati di “Missionari Saveriani” della zona di Parma
e Reggio Emilia, ma pensiamo sia bene indicarlo a tutti i nostri amici lettori. È il volumetto di p.
Gianni Viola, vice postulatore per la canonizzazione del “servo di Dio” p. Pietro Uccelli, l’umile
prete di origini Reggiane, accolto da san Guido
Conforti tra i saveriani e da lui inviato missionario in Cina e poi richiamato in Italia per formare
nuovi giovani per la missione, a Vicenza.
P. Pietro Uccelli, testimone dell’amo-
re (pagine 105, € 5.00) descrive la vocazione,
il martirio della carità e la vita di preghiera del
nostro missionario.
Sono disponibili anche alcune copie
dell’affascinante biografia scritta da padre
Ettore Fasolini:
Una lampada accesa (pagine 205,
€ 9.30); descrive l’avventura umana di p. Pietro Uccelli, missionario in Cina e a Vicenza.
I MISSIONARI SCRIVONO
Anche i bambini di Taipei raccontano la Bibbia
Sabato 8 febbraio, nel salone vescovile di
Taipei, si è svolta la prima edizione del concorso per bambini e adolescenti, “Racconta una
storia della Bibbia”, patrocinato dalla commissione diocesana per l’apostolato biblico. In un
clima di festa si sono succeduti sul palco bambini della scuola materna, alunni delle elementari, studenti delle medie e superiori, portando
una folata di freschezza e novità alle belle storie della sacra Scrittura. Con grande impegno,
le hanno imparate a memoria e le hanno poi
presentate al pubblico con coraggio e fiducia.
Nella commissione diocesana io sono “assistente spirituale”. Anche se ho fatto poco, mi hanno dato uno
spazio molto grande; così ho colto l’opportunità per annunciare il vangelo di Gesù. L’arcivescovo è stato
visibilmente contento della manifestazione, e anche tutti noi. La foto del vescovo con i partecipanti al concorso è del fotografo Mr. Zhao DongPing, che ringrazio sentitamente per la sua disponibilità.
p. Fabrizio Tosolini, sx - Taipei, Taiwan
Per aiutare le donne impegnate con i bambini in Amazzonia
Qui nella parrocchia missionaria di Nostra Signora Aparecida a Tucumã, in Amazzonia, tutti i giorni alcune donne mettono a disposizione il loro tempo per visitare le gestanti e le mamme che hanno appena
partorito. Parlano con loro, portano una parola di conforto, pesano i loro bambini e insegnano come
prevenire malattie e danno ricostituenti ai bambini denutriti. Questa è la pastorale dell’infanzia, che
noi chiamiamo “pastoral da criança”.
Ho una proposta da fare agli amici e alle amiche di “Missionari Saveriani” come gesto concreto per la quaresima e la Pasqua che stiamo vivendo. La mia proposta è che uniamo le forze
perché questa importante attività pastorale possa avere un fondo economico per organizzare un
aiuto maggiore attraverso la campagna di coscientizzazione delle mamme e portare più alimenti nelle case dei denutriti. Buona quaresima e grazie a tutti voi.
p. Paolo Andreolli, sx - missionario in Amazzonia
Scrivo dalla missione congolese di Kindu, a un mese dall’arrivo
Dopo un mese dal mio arrivo a Kindu (RD Congo), è giusto che faccia
avere mie notizie. Kindu è una cittadina di circa 400mila abitanti, capoluogo della regione Maniema, sul grande fiume Congo (vedi foto aerea) che qui
si chiama Lualaba. Ma non fatevi impressionare dal nome “città” né dal numero di abitanti. Gli edifici a due piani sono pochissimi e pochi quelli a un
piano. Ci sono casette e capanne; i cinesi stanno aggiustando alcune strade
principali, ma ancora nessuna è asfaltata. Il resto sono strade di terra battuta
con buche e pozzanghere con le quali bisogna fare lo slalom.
La cosa più importante da dire è che è quasi impossibile arrivare a Kindu via terra. Il mio confratello che è venuto ad aprire questa nuova missione, per fare mille chilometri è rimasto per strada sette giorni, dormendo nei
villaggi lungo la strada. Ogni cosa deve essere portata via aereo o con un
lungo viaggio per strada e per fiume. C’è anche un treno dell’epoca coloniale, che arriva in città circa una volta al mese. La conseguenza è che qui
tutto costa molto caro.
Il vescovo di Kindu ci ha dato l’incarico di costruire un “centro per i giovani”, un luogo dove i giovani potranno formarsi. Ma qui costruire è
un’impresa difficile, e siamo un po’ preoccupati. Insomma, dobbiamo darci da fare… p. Rino Benzoni, sx - Kindu, Congo RD
SOLIDARIETÀ
AMAZZONIA:
CASSE DI AMPLIFICAZIONE A TUCUMÃ
La nostra parrocchia missionaria “Nostra Signora Aparecida”, a Tucumã nello Xingu, in Amazzonia, ha circa
90 comunità, molte delle quali non hanno né energia
elettrica né tanto meno un impianto di amplificazione.
Quando celebriamo la Messa o organizziamo incontri
all’aperto con la numerosa partecipazione della gente,
noi missionari dobbiamo… “sgolarci”.
Avere una cassa di amplificazione a batterie, con microfono e attacco per pendrive e per chitarra, aiuterebbe molto il nostro lavoro, specialmente quando arriviamo alla sera della terza comunità di fila che visitiamo.
Siamo quattro confratelli impegnati in questa vasta parrocchia: io, p. Luiz Amadeu che va sempre in luoghi molto lontani e difficili da raggiungere, il diacono brasiliano Evandro Pereira e p. Primo Battistini, che lavora nella pastorale sociale.
Il valore di un impianto è di 1.200 reais, pari a 500 euro. Per quattro impianti - uno per ogni missionario - il
preventivo ammonta a 2.000 euro. Chiediamo perciò ai
nostri generosi amici di facilitare il nostro lavoro di evangelizzazione e di darci una mano a non… sgolarci. Grazie e Dio vi benedica!
p. Paolo Andreolli, sx
PICCOLI PROGETTI
2/2014 - AMAZZONIA
Casse di amplificazione a Tucumã
A Tucumã, nelle comunità sparse nella foresta, dove manca l’elettricità, servono casse di
amplificazione a batteria con microfono per
agevolare il lavoro dei missionari. Euro 500
per quattro impianti, per un totale di € 2.000.
• Responsabili del progetto sono i saveria-
ni p. Paolo Andreolli e p. Primo Battistini.
1/2014 - CONGO RD
Sala polivalente a Goma
Nella periferia di Goma, i saveriani della
parrocchia di Ndosho, in forte espansione, desiderano costruire una sala polivalente, adeguata alle attività di formazione ed eventi. Si
prevede un investimento per 31mila euro.
• Responsabili del progetto sono i saveriani
p. Roby Salvadori e p. Pietro Mazzocchin.
Chi desidera contribuire, può utilizzare l’accluso
C/c.p., oppure può inviare l’offerta su C/c.p. o bonifico direttamente a:
“Associazione Missionari Saveriani Onlus”
Viale S. Martino 8 - 43123 PARMA
C/c 1004361281 (Cod. fiscale 92166010345)
IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281
Richiedere a:
• Libreria dei popoli, Brescia
tel. 030 3772780 int. 2; fax 030 3772781;
e-mail: libreria@saveriani.bs.it
Padre Paolo Andreolli, chitarra in mano, celebra la Messa in una
delle 90 comunità della parrocchia “Nostra Signora Aparecida”
È bene inviare copia dell’avvenuto bonifico
via fax al n. 0521 960645 oppure via e-mail a
missionarisaveriani.onlus@saveriani.it - indicando nome, cognome e indirizzo (per emettere documento valido ai fini della detrazione fiscale).
2014 MARZO
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: saveriani.bg@tin.it - C/c. postale 233247
IBAN - IT 82 K 05428 52520 000000000195 (UBI Banca Popolare Bergamo, Alzano L.)
La missione vissuta con passione
Un giovane p. Mario Giavarini nella
missione di Kamituga, nel Congo-Zaire:
la gioia del primo annuncio del vangelo
P. Giavarini missionario, formatore, animatore p. GIUSEPPE RINALDI, sx
ha deciso di pasD asarequando
dal seminario dioce-
sano di Reggio Emilia all’istituto dei saveriani di Parma, la vita
del giovane Mario Giavarini è
stata caratterizzata da una grande passione per la missione, che
trasudava anche dai pori della
sua pelle. Era missionario sempre e ovunque, anche nel suo
comportamento dignitoso, quasi
naturalmente nobile.
La stima e l’affetto di tanti
Nato a Cavriago di Reggio
Emilia il 24 novembre 1935,
Mario portava per la sua terra
d’origine quell’amore che distingue i reggiani, gente dalla fede
solida come una montagna. Do-
po una lunga camminata di 78
anni, il mattino del 14 gennaio,
il Signore è venuto a chiamarlo improvvisamente nella casa
dei saveriani di Alzano, che lui
guidava da quasi tre anni. La solenne funzione di commiato si è
celebrata nella basilica di Alzano Maggiore.
C’era tantissima gente, a dimostrazione della stima che,
in poco tempo, p. Mario aveva
saputo guadagnarsi. Circa 40
sacerdoti, tra confratelli saveriani e presbiteri diocesani, hanno
concelebrato la solenne Eucaristia di commiato. A rappresentare la direzione generale dei
saveriani, c’era il bergamasco p.
Eugenio Pulcini.
“Il padre del sorriso”
Ha presieduto l’Eucaristia p.
Rosario Giannattasio, superiore dei saveriani d’Italia, che ha
espresso le ultime affettuose
parole di addio. Di padre Mario
egli ha sottolineato soprattutto la
generosa disponibilità a tutti gli
impegni che la congregazione
gli ha affidato. Non sono stati
pochi e nemmeno facili, come
quello che lo ha visto incaricato
della formazione dei teologi saveriani in Spagna.
Nella grande basilica, nascosti
e quasi intimiditi tra tanta gente,
c’erano anche alcuni di quei poveri abituati a bussare alla porta
dei saveriani di Alzano, dove
erano accolti dall’abituale tene-
Giavarini, missionario cordiale
Quel sogno condiviso insieme
C
on p. Mario Giavarini - lui
reggiano e io vicentino - la
comunicazione era facile, perché
era un uomo cordiale. I ricordi
più spontanei hanno l’atmosfera
quasi notturna quando, andando
a letto, passava davanti alla mia
stanza e, trovando spesso la porta socchiusa, si fermava spontaneamente per una chiacchierata
sui… fatti del giorno.
Mi colpiva la sua spontaneità,
la prospettiva ottimista dei fatti,
la sua preferenza per il silenzio
quando mi capitava di esprimermi su un argomento in modo negativo. Credo che padre Mario
fosse allergico alla critica, anche se era capace di chiamare
le cose con il loro nome. Un tema che condividevamo, con comune senso di sofferenza, era la
nostra incapacità o impossibilità di estendere la nostra presenza
e azione missionaria in qualche
campo nuovo o diverso.
Una persona davvero speciale
Q
uando la vita decide di farti un regalo, ti fa incontrare persone speciali; quando Dio
si rende conto che quella è una
persona degna del paradiso, ecco che entra nel giardino, prende il fiore più bello per trapiantarlo tra le sue perle. Il 14 gennaio p. Mario Giavarini è entrato a
8
p. NELLO BERTON, sx
Nel nostro conversare spesso
affiorava un ricordo nostalgico
e riconoscente di p. Antonio Benetti, colto da infarto pochi mesi prima. Abbiamo sognato insieme che i superiori avrebbero
mandato qualcuno per rimpiazzarlo. Ora sono insieme nella casa del Padre, e spero che continuino a sognare, anche perché il
proverbio dice che “bisogna essere in due con lo stesso sogno
affinché possa avverarsi”.
■
HERNANDA NICOLIELLO
far parte di queste gemme. Lo ha
portato via nella notte, facendolo risvegliare nella Luce: la stessa Luce che lo ha accompagnato
nel corso della sua vita missionaria, trasmettendola a tante anime che vagavano nel buio!
Sono anch’io nipote di un saveriano, p. Domenico Nicoliel-
Padre Mario Giavarini accompagna la famiglia di Hernanda Nicoliello
in visita a Bergamo Alta
lo, tornato alla casa del Padre il
15 maggio 2005, dopo una lunga
esperienza missionaria in Sierra
Leone. Nel settembre 2004 lo
zio si trovava a Parma, in cura. Quando andai a visitarlo, ebbi l’occasione di conoscere una
persona speciale, signorile e fine: padre Mario Giavarini. Fu un
bell’incontro, da cui scaturì una
profonda amicizia.
Scese al sud, per il battesimo
di mio figlio. Lo portammo a visitare il Cilento, di cui s’innamorò. Lo scorso settembre decisi di
andarlo a trovare ad Alzano con
tutta la famiglia: tre giorni bellissimi. Ho notato che a tutti coloro che tendevano la mano, lui
era pronto a mettere la sua in tasca. Da allora se vedo qualcuno chiedere la carità, mi viene in
mente lui… e non passo indifferente: una lezione di vita che mi
porterò sempre dietro.
In dieci anni, p. Mario mi ha
trasmesso tanto. Ora mi mancano il suo conforto, la sua amici■
zia, le sue telefonate.
rezza di p. Mario, che sarà ricordato come “il padre del sorriso”.
Anche se quello che donava era
poco, era impreziosito dalla tenerezza dello sguardo e dalla
luminosità del sorriso.
Tre parole chiave
Padre Mario ha lavorato in tre
grandi nazioni: Italia, Spagna
e Congo. Tre parole importanti hanno definito il suo lavoro:
missione, formazione, animazione.
La missione in Zaire, nazione
centro occidentale dell’Africa,
dove egli è vissuto in due diversi periodi, per quasi vent’anni
(dal 1959 al 1970, e dal 1980
al 1987). Qui il missionario ha
svolto la missione di primo annuncio del vangelo: un lavoro
duro, che però lo rendeva felice.
La formazione di giovani
missionari saveriani in Italia e
in Spagna. Nelle “scuole apostoliche” di Cremona e Zelarino (Mestre) p. Mario è stato
direttore spirituale e rettore dei
ragazzi che si preparavano come
aspiranti alla vita missionaria.
In Spagna (dal 1976 al 1979)
gli viene affidato l’incarico di
formare i giovani saveriani della
teologia.
L’animazione missionaria in
Italia, svolta nelle varie comunità di cui è stato rettore (Desio,
Parma, Vicenza, Alzano). Padre
Mario era apprezzato da tutti,
perché era capace di stabilire
relazioni con le persone, che
sapeva far appassionare per la
missione. Quando il missionario
non è impegnato in missione, il
suo compito specifico è l’animazione missionaria per tener vivo
“il fuoco della missione” nelle
chiese locali. Infatti, c’è sempre
la tentazione di ripiegarsi sui
propri problemi, affievolendo lo
slancio per la grande missione.
Ora il suo corpo riposa nella terra di origine, a Cavriago di
Reggio Emilia, nella tomba di
famiglia, accanto a papà Olindo
e a mamma Angela, che un giorno l’avevano donato al Signore come sacerdote e missionario
■
saveriano.
Appuntamenti di marzo
Dai saveriani di Alzano, in via Ponchielli 4
Messa con il Gams
martedì 4 marzo ore 15
Veglia per i missionari martiri giovedì 27 marzo ore 20,45
Siete “benvenuti”, e tutti invitati a unirvi, almeno spiritualmente.
LA MISSIONE SECONDO PAPA FRANCESCO
a cura di p. G. RINALDI, sx
Nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium - La gioia del vangelo, papa Francesco ricorda come deve essere la missione della chiesa
oggi. Mi limito ad alcune citazioni essenziali.
• “Bisogna non perdere la tensione per l’annuncio a coloro che stanno lontani da Cristo, perché questo è il compito primo della chiesa.
L’attività missionaria rappresenta, ancora oggi, la massima sfida per
la chiesa e la causa missionaria deve essere la prima… È necessario
passare da una pastorale di conservazione a una pastorale decisamente missionaria” (n. 15).
• “È vitale che oggi la chiesa esca ad annunciare il vangelo a tutti, in
tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni
e senza paura. La gioia del vangelo è per tutto il popolo, non può
escludere nessuno” (n. 23).
• “Ogni rinnovamento della chiesa deve avere la missione come suo
scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale” (n. 27).
• “Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita
per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la
comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” (n. 49).
• “La gioia del vangelo giunga sino ai confini della terra, e nessuna
periferia sia priva della sua luce” (n. 228). “Invoco ancora una volta
lo Spirito Santo, lo prego che venga a rinnovare, a scuotere, a dare
impulso alla chiesa in un’audace uscita di sé per evangelizzare tutti i popoli” (n. 261).
2014 MARZO
BRESCIA
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Per non morire... sotto i libri
Intervista al “grande” p. Gianni Zampini
1990 direttore della
D al“Libreria
dei popoli”, p.
Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano
a Brescia e in tutta Italia. La
sua costante partecipazione ai
grandi eventi locali e nazionali
come “Fiera delle botteghe equo
solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di
Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari,
lo ha reso conosciuto e ricercato.
Prima di partire da Brescia e
raggiungere Cagliari, sua nuova
destinazione, padre Gianni ci
concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni.
Da marzo sarai in Sardegna!
Inizio una nuova esperienza di
animazione missionaria, per me
tutta da inventare. In Sardegna
i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A
me è stato proposto di lavorare
a Cagliari, dove si concentrano
metà della popolazione sarda e
molta gioventù che frequenta
l’università.
Hai già in mente cosa
farai?
È presto per dirlo. Ho tante idee, ma poi bisogna vedere
nella realtà e sul territorio. La
Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con
entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche
una bellissima rete di animatrici
missionarie in ogni parrocchia.
Sarà interessante lavorare con
loro per diffondere l’ideale missionario.
Cosa lasci a Brescia?
Lavorare così a lungo in un
posto porta ad affezionarsi ai
luoghi e alle persone. Vado
a cura di DIEGO PIOVANI
via quindi con nostalgia, ma
anche volentieri, perché dopo 23 anni credo di aver dato
tutto quello che avevo da dare.
Parto con entusiasmo, perché
mi sembra quasi di rinascere.
Non sarò più in mezzo ai libri,
ma tra la gente. Sono anche un
po’ preoccupato, perché in tutti
questi anni il mondo dei giovani non è stato il mio target;
mi occorrerà una buona dose di
umiltà per accostarmi a chi per
età potrebbe essere mio figlio
e nipote...
È vero, hai dato molto a
tutti
Giorno dopo giorno, ho capito
cosa doveva fare il responsabile
di un settore così importante per
la comunità saveriana di Brescia. Mi sembra di aver impostato il lavoro con entusiasmo,
tranquillità e serenità, secondo
Davo don Giuseppe, di Leno
E i ricordi della missione nel Kivu, in Congo
Don Giuseppe Davo, 63 anni
originario di Leno, era parroco
di Fiesse da tre mesi, quando è
morto per un infarto il 24 settembre 2013. Di lui ci racconta p. Fiorenzo che l’aveva conosciuto in missione.
don GiusepH opeconosciuto
in Congo, allora Zaire,
nella missione di Kamituga nel
1986. Kamituga si trova nella regione dei grandi laghi, il Kivu,
ed era un centro minerario a mille metri d’altitudine. Si scavava
oro e c’era una società mineraria
belga che gestiva una miniera.
La comunità missionaria di
Kamituga era formata da cinque
preti fidei donum. Due erano di
Ferrara: don Francesco Forini e
8
don Alberto Dioli; tre erano di
Brescia: don Bruno Moreschi,
don Paolo Gabusi e don Giuseppe Davo.
Un uomo di saggia bontà
Per noi saveriani di Kitutu, la
missione di Kamituga era una
tappa obbligata nei trasferimenti verso Bukavu. I viaggi erano
disagevoli. Per percorrere i 230
chilometri che separano Bukavu
da Kitutu, ci si impiegava una
giornata intera. Una volta impiegammo tre giorni, con soste a
Kasika e a Kamituga. Adesso a
Kitutu c’è internet, ma le strade
sono ancora peggiori.
Don Giuseppe ha vissuto tanti anni in quella regione, come
coadiutore a Kamituga e come
Don Giuseppe Davo, scomparso il 24 settembre 2013,
è stato missionario fidei donum in Congo dove ha conosciuto p. Fiorenzo Raffaini; nella foto a Kitutu,
con don Paolo Gabusi (anche lui recentemente scomparso) e le saveriane Giovanna Rocchi e Lina Perrini
p. FIORENZO RAFFAINI, sx
parroco a Mwenga, con una comunità di sacerdoti locali. Era
un uomo buono. Quando c’incontravamo, lasciava quel senso
di serenità che rinsaldava il cuore e metteva dentro speranza.
Speranza per un lavoro, quello
missionario, vissuto spesso sulla
linea della precarietà e del ricominciare, considerando le varie
vicissitudini spesso tragiche che
quella parte del mondo ha vissuto dal 1960 a oggi. Don Davo
era di una bontà saggia, ricca di
umanità e di ascolto.
La convinzione
di fare il bene
Era un uomo intraprendente:
tutti ricordano la turbina che,
con l’aiuto di amici bresciani, ha
installato a Mwenga. Poi i viaggi
faticosi di settimane e settimane,
a piedi, per raggiungere i cristiani che abitavano l’interno di
quella parrocchia di montagna,
con il fango argilloso a rallentare
il cammino.
Parlando con lui, capivi che la
sua convinzione di fare il bene
era profondamente radicata, quasi
scritta nel suo dna. Aveva una visione non ingenua ma misericordiosa della vita missionaria. Capiva le difficoltà della gente, gli
espedienti per la sopravvivenza,
che a volte avrebbero potuto anche irritare, ma lui sorrideva come chi ha una visone del mondo
■
che va al di là delle cose.
Padre Gianni Zampini, al centro, con la comunità saveriana di Brescia al completo, al
termine della programmazione annuale, Limone sul Garda (settembre 2013)
criteri che possono avere un
futuro. La soddisfazione della
gente mi ha confermato la bontà
delle scelte fatte.
La Libreria dei popoli ha
ancora senso oggi?
Sarebbe fondamentale che
ogni comunità saveriana abbia
una piccola libreria aperta al
pubblico. È importante conoscere gli altri popoli e le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze e testimonianze
che hanno inciso nella vita delle
persone. Lo scopo della nostra
libreria non è semplicemente
“fare soldi”, ma diffondere certe
tematiche importanti, che non si
trovano in altre librerie.
Padre Gianni e i saveriani
di Brescia…
Lascio una comunità entusiasta del faticoso lavoro che sta
facendo. Certo, negli anni ci
sono stati confronti e scambi di
idee, ma senza porre troppi paletti e limiti. Nel mio lavoro ho
cercato di guardare più al bene
che potevo fare che alle regole
da rispettare, come fanno anche
i miei confratelli nei loro impegni specifici. Certo, alcune mie
arrabbiature sono proverbiali,
ma poi ogni cosa si risolveva
nel migliore dei modi. Siamo
una buona comunità, e abbiamo
sempre cercato di aiutarci gli uni
con gli altri.
Brescia e i bresciani…
Brescia è una realtà ricca come clero e congregazioni religiose, come presenza di iniziative e di librerie. All’inizio, mi
chiedevano come mai i saveriani avessero deciso di aprire una
loro libreria a Brescia. A dire il
vero, in una realtà così consolidata e auto referenziale, non è
stato facile entrare, anche perché
il missionario rompe sempre un
po’ gli schemi e “dà fastidio”.
Ma una volta entrato nel cuore
dei bresciani sono stato ben voluto. Anzi, ora si meravigliano
perché vado via. E io rispondo
sempre che “non voglio morire
sotto i libri”. Mi sento ancora in
forze, e vorrei spenderle in mezzo ai giovani e alla gente.
Un saluto ai lettori…
Con un forte abbraccio e un
gran sorriso, saluto affettuosamente tutte le persone che in questi anni mi hanno reso migliore e
mi hanno accompagnato con la
■
loro preghiera.
IL CONVEGNO “PIÙ FORTI DELLE ARMI”
Sabato 22 marzo al Centro Paolo VI, Brescia
Il 13 marzo 2014 ricorre il 31° anniversario dell’assassinio di Marianella García Villas, presidente della commissione per i diritti umani di El Salvador, collaboratrice di mons. Romero. Definita “avvocata
dei poveri, sorella dei perseguitati, voce degli scomparsi”, Marianella venne più volte in Italia a chiedere solidarietà e sostegno. Proprio
per la sua opera di instancabile denuncia dei massacri e delle violenze perpetrate dalla giunta militare al potere in Salvador, venne messa a tacere per sempre.
Il 24 marzo si ricorda invece il 34° anniversario dell’assassinio di
Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, colpito a morte mentre
stava celebrando l’Eucaristia. Da una terra dove scorreva il sangue,
dove gli oppositori erano fatti scomparire, dove i diritti umani erano
calpestati, la voce dell’arcivescovo, libera e autorevole, ha oltrepassato le frontiere e si è diffusa in tutto il mondo.
Il 2 novembre 2013 si è commemorato il 20° anniversario della morte di Pierluigi Murgioni, sacerdote bresciano fidei donum, testimone
martire di fede, pace e giustizia, che pagò la propria fedeltà al vangelo con oltre cinque anni e mezzo di carcere duro e di torture in Uruguay al tempo della dittatura militare. Don Pierluigi, prima di morire a soli 51 anni, ci ha lasciato in regalo la traduzione in italiano del
Diario di Oscar Romero.
Il convegno “Più forti delle armi”, in programma sabato 22 marzo
dalle 9 del mattino al Centro pastorale Paolo VI, propone le figure di
questi tre testimoni-martiri, con gli interventi di mons. Monari, Rolando Anni, Alberto Vitali, Raniero La Valle e don Benedini. L’invito è
a tutti, per riflettere insieme sulla via della pace e della nonviolenza.
2014 MARZO
CAGLIARI
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Per non morire... sotto i libri
Intervista a padre Gianni Zampini
1990 direttore della
D al“Libreria
dei popoli”, p.
Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano
a Brescia e in tutta Italia. La
sua costante partecipazione ai
grandi eventi locali e nazionali
come “Fiera delle botteghe equo
solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di
Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari,
lo ha reso conosciuto e ricercato.
Prima di partire da Brescia e
raggiungere Cagliari, sua nuova
destinazione, padre Gianni ci
concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni.
Da marzo sarai in Sardegna!
Inizio una nuova esperienza di
animazione missionaria, per me
tutta da inventare. In Sardegna
i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A
me è stato proposto di lavorare
a Cagliari, dove si concentrano
metà della popolazione sarda e
molta gioventù che frequenta
l’università.
Hai già in mente cosa
farai?
È presto per dirlo. Ho tante
idee, ma poi bisogna vedere
nella realtà e sul territorio. La
Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con
entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche
a cura di DIEGO PIOVANI
una bellissima rete di animatrici
missionarie in ogni parrocchia.
Sarà interessante lavorare con
loro per diffondere l’ideale missionario.
Cosa lasci a Brescia?
Lavorare così a lungo in un
posto porta ad affezionarsi ai
luoghi e alle persone. Vado via
quindi con nostalgia, ma anche
volentieri, perché dopo 23 anni
credo di aver dato tutto quello
che avevo da dare. Parto con
entusiasmo, perché mi sembra
quasi di rinascere. Non sarò più
in mezzo ai libri, ma tra la gente. Sono anche un po’ preoccupato, perché in tutti questi anni
il mondo dei giovani non è stato
Un continuo ricominciare
Il traguardo dei 50 anni di sacerdozio
R
ipercorrere cinquant’anni
di vita sacerdotale missionaria è per me una gioia e, allo
stesso tempo, un grande motivo
per ringraziare Dio che mi ha riempito delle sue grazie.
Sono entrato tra i saveriani
nel 1948 nella casa di Tortolì e
qualche anno più tardi ci siamo
trasferiti a Macomer. La guerra
era finita da poco e naturalmente
anche noi “apostolini” ne subivamo le conseguenze.
Giorni di grazia e di gioia
Un po’ difficile è stato il salto in continente: dalla Sardegna
a Zelarino, vicino a Venezia.
L’ambiente, il clima e le differenze di vedute hanno messo a
dura prova il mio carattere e la
mia vocazione. Tuttavia la comprensione e l’affetto degli educatori hanno messo nel mio animo
una nuova forza e un più grande
entusiasmo nella vocazione missionaria.
Gli studi del liceo e della teologia hanno rafforzato in me il
desiderio di essere missionario.
8
Sono stato ordinato sacerdote il
13 ottobre 1963: giorni di grazia
e di gioia. Subito dopo, sono
stato inviato come insegnante
agli studenti saveriani del liceo
a Zelarino, avendo nel frattempo
conseguito il dottorato in pedagogia all’università di Padova.
Gli anni più belli in Burundi
Dopo alcuni anni, i superiori
mi davano finalmente il “via libera” per la missione: il Burundi. Qui ho trascorso gli anni più
belli della mia vita. Anche se
le difficoltà e le privazioni non
mancavano, mi sentivo felice e
pienamente realizzato. Purtroppo, per le note vicende politiche,
sono stato espulso assieme ad altri 500 missionari, tra sacerdoti,
suore e laici. Ma anche l’espulsione è stata per me un’esperienza che ha rinnovato e rafforzato
il mio rapporto con Gesù.
Dopo queste vicende, ho continuato nel mio lavoro di educatore e di insegnante. Ma sento
che il mio vero lavoro è soprattutto quello di far conoscere a
p. SERGIO CAMBIGANU, sx
tutti che il Signore ci vuole bene.
La vita con atti d’amore
Ora, mentre mi trovo a lavorare
ancora a Zelarino (Mestre), sento
che posso vivere la mia vocazione
missionaria alla maniera di santa
Teresa del Bambino Gesù, diventata patrona delle missioni perché
ha saputo cambiare le azioni della
sua vita in atti di amore.
Per capire che Dio amava e
voleva proprio me, ho passato
vari momenti di difficoltà e ripensamenti, ma sempre il Signore mi è stato vicino con il suo
aiuto. Essere consacrati a Dio
significa per me essere uomo tra
gli uomini, ma con uno sguardo
particolarmente pieno di amore
e di comprensione verso gli altri.
I miei cinquant’anni di sacerdozio sono stati un continuo ricominciare ad amare e a lasciarmi amare. La preghiera e la vita di comunità rinforzano continuamente questa sicurezza e ci
spingono a desiderare che altri
facciano la stessa esperienza di
■
gioia.
Padre Sergio Cambiganu con la famiglia al completo per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale,
dopo la Messa di ringraziamento nella chiesa di Sant’Orsola, a Sassari
il mio target; mi occorrerà
una buona dose di umiltà
per accostarmi a chi per età
potrebbe essere mio figlio e
nipote...
La Libreria dei popoli ha
ancora senso oggi?
Sarebbe fondamentale che
ogni comunità saveriana abbia una piccola libreria aperta al pubblico. È importante
conoscere gli altri popoli e
le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze
e testimonianze che hanno
inciso nella vita delle persone. Lo scopo della nostra
libreria non è semplicemente
“fare soldi”, ma diffondere
certe tematiche importanti,
che non si trovano in altre
librerie.
Come farai a stare senza
P. Gianni Zampini da marzo è il nuovo anilibri?
matore missionario nella comunità saveriana
Non sarà difficile. Per tanti
di Cagliari; arriva da una lunga esperienza a
Brescia e in Colombia
anni ho scelto e proposto libri, pensando all’utilità per
se un segnale della mia nuova
la crescita umana e missionaria
destinazione. Vado in Sardegna
delle persone e dei gruppi. Da
ben volentieri, perché è il posto
adesso non proporrò soltanto
per me in questo momento della
libri, ma la Parola di Dio, il vanmia vita. E sono convinto che il
gelo, la missione. Il mio lavoro
popolo sardo possa ancora dare
assiduo in libreria sarà sostituita
molto alla missione.
dal lavoro “gomito a gomito” in
mezzo alla gente a Cagliari.
Un saluto agli amici sardi…
Con un forte abbraccio e un
Ora devi scoprire il popolo
gran sorriso, saluto affettuosasardo…
mente già da ora tutte le persoSì… La mia unica esperienza
ne che incontrerò e con cui lacon la Sardegna risale a un camvorerò: i sacerdoti, le delegate
po di lavoro nel lontano 1973.
missionarie, i gruppi giovanili
Mi ero trovato bene. L’anno
impegnati nella vita ecclesiale
scorso, poi, sono stato a Medjue sociale, le comunità parrocgorje con un gruppo di giovani.
chiali. Manteniamoci uniti con
La prima persona che ho conla preghiera.
■
fessato era un sardo, quasi fos-
L’ ANIMATRICE DI PAULILATINO
“Sono la vostra amica più vecchia...”
Carissimi missionari, sono di Paulilatino, la più vecchia delle vostre
amiche, perché sono stata la prima a conoscervi quando, nel lontano
novembre 1949, vennero i primi missionari, arrivati da poco in Sardegna, con i calendari da vendere. Il parroco mi chiamò insieme a un’altra persona, e questo fu il mio primo impatto con i saveriani.
Ora sono passati tanti anni, ma nel mio cuore c’è sempre un posto
per voi. Conosco la vostra vita e tutto quello che fate, perché ho avuto sempre modo di avvicinarvi, quando negli anni passati i saveriani
erano di casa nella nostra parrocchia. Ora non è più così. Pazienza.
Viviamo sempre nel mistero di Dio: lui ci guida, ci protegge, ci ama.
Noi dobbiamo solo ricambiare; pur con i nostri limiti, dobbiamo amarlo! Soprattutto nella sofferenza, che è sempre un dono di Dio. Vi
chiedo un ricordo nella vostra Messa: ne ho tanto bisogno! Grazie.
Ho mandato un’offerta per due sante Messe in suffragio dei miei cari defunti.
Ora sono felice di augurarvi un anno pieno di ogni bene e di un lavoro fruttuoso. Il Signore vi benedica, benedica il vostro lavoro e vi
dia tutte le grazie che desiderate. Vi saluto e vi abbraccio in Cristo, la
vostra amica, Peppina Saba.
Ben ricordo, al ritorno dal convegno missionario sardo, sulla strada
che da Macomer porta a Oristano, don Mario Cuscusa volle farmi visitare l’antico Pozzo sacro con la luce penetrante dall’alto, la bella chiesa e l’interessante Novenario di Santa Cristina, nel mezzo del parco di
ulivi secolari. Era in aprile del 2008, e non ho dimenticato.
Ma non sapevo che, tra tante antichità, a Paulilatino vivesse anche
la più “anziana” delle nostre amiche missionarie sarde, la signora Peppina Saba! Grazie, cara amica fedele: ben volentieri la ricordiamo, insieme alla famiglia e a tutta la comunità di Paulilatino. Dio ci benedica! p. Marcello Storgato, sx
2014 MARZO
CREMONA
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Giorni, gli uni accanto agli altri
Racconti di vita lungo il fiume Zambesi
A
metà dicembre è arrivata
la prima pioggia. Desiderata, sperata, invocata, danzata,
pregata. A volte temuta e maledetta. La prima pioggia ha iniettato vita alla terra ormai moribonda della savana, convertitasi
nel verde, da un giorno all’altro
e senza resistenza. La seconda
pioggia ha fatto germinare la
semente di mais e di miglio, lanciata qualche settimana prima,
dopo la fatica di giorni a zappare
sotto un sole impietoso.
Pioggia e Dio: una parola
In lingua chisena - una delle varie lingue del Mozambico
- pioggia si dice mulungu. Ma
Mulungu è anche Dio. Non che
la pioggia sia dio. No. Solo che
pioggia e Dio si dicono con la
stessa parola: mulungu e Mulungu. Come si desidera, spera,
invoca, danza e prega la pioggia, allo stesso modo si desidera, spera, invoca, danza e prega
Dio. Qui, sulle rive dello Zambesi, Dio si è stancato di stare
nei cieli. Qui, Dio piove.
Giorni di pioggia battente a cui
seguono giorni di sole verticale;
giorni di cielo plumbeo si alternano a giorni di cielo terso. L’uno
accanto all’altro. La gente è felice, perché la fatica sarebbe vana
senza mulungu. Si augura l’acqua
abbondante dello scorso anno e
si scongiura la siccità dei cinque
anni precedenti, quando decine
di famiglie hanno abbandonato il
distretto a causa della fame.
Sono io l’analfabeta
Ho grande rispetto per questa
gente che saluta prima con il sorriso ampio della bocca e degli occhi, - l’uomo levando il cappello,
la donna piegando lievemente le
ginocchia - stringendo poi la mano ruvida e callosa, indurita dalla
fatica del lavoro di ogni giorno.
Gente che forse non sa leggere
libri, ma che sa leggere il mondo. Sa leggere i segni della terra,
del fiume, degli alberi, degli animali. Sa leggere il cielo, il vento,
la luna e le nuvole quando preannunciano la pioggia. In questo
universo di grandi saperi, sono
io l’analfabeta.
Il timore dei… coccodrilli
Il corso principale del fiume
p. ANDREA FACCHETTI, sx
Zambesi dista circa due chilometri. Ma a lambire il villaggio
di Chemba, dove vivo con gli
altri confratelli, c’è una lanca
collegata al fiume da un passaggio che nei tempi di secca si
attraversa a piedi. In questo angolo incantevole di mondo, dove
la corrente è lieve e il fondale è
basso, si va a prendere l’acqua e
a pescare. Lì sono attraccate le
canoe che accompagnano alle
isole, formate dai meandri del
fiume. Sulle isole in molti vanno
a coltivare i loro campi, essendo
lì la terra più fertile e produttiva.
La canoa non è in vetroresina
come quella lasciata sul Po, ma
è un tronco di albero scavato. Il
remo è corto e ha una sola pala. Chi conduce siede a poppa.
Su una canoa la prima volta ci
vado con Estácio, vent’anni, che
ogni tanto aiuta lo zio pescatore.
Il timore è per i coccodrilli che,
comunque, non attaccano le canoe. Ma Estácio ha una ragione
in più per tranquillizzarmi: “Se
una persona non ha problemi
con altre persone, non ha di che
preoccuparsi”. E aggiunge: “I
coccodrilli e i cobra, sono man-
“Oggi vengo a casa tua!”
Arriva la primavera, l’inverno se ne va
M
entre scrivo, la primavera
è ancora lontana e l’inverno pare più lungo che mai.
La nebbia domina sovrana e la
pioggia sembra senza fine. In
molte zone della nostra penisola
l’acqua ha riempito fiumi e canali, ha distrutto argini e strade,
ha inondato paesi e case fino al
primo piano.
Essere sempre pronti
Viene spontaneo farsi molte
domande per cercare di capire se
è tutta colpa del destino o anche
colpa di noi uomini che abbiamo costruito su colline franose
e su letti di torrenti, svuotati nella siccità ma pronti a riempirsi
d’acqua in stagioni piovose e a
esondare come cascate, causando distruzioni e sofferenze.
Domani è un altro giorno.
8
Forse tornerà il sole con la bella
stagione; e forse noi uomini impareremo a rispettare la natura e
a prepararci ai prossimi inverni.
Nessuno conosce il futuro, anche se tutti lo desideriamo. Solo
Dio lo conosce e anche Gesù,
suo Figlio. Ma ai suoi apostoli,
che desideravano sapere quando
sarebbe giunto l’ultimo giorno,
Gesù non lo ha detto. Li ha piuttosto esortati con queste parole:
“State pronti poiché non conoscete né il giorno né l’ora, quando il Figlio dell’uomo verrà”.
Essere sempre pronti: ecco ciò
che conta di più!
Non avremo più paura
“Oggi vengo a casa tua”. Queste sono le parole che Gesù ha
detto a Zaccheo, il pubblicano,
che era salito su un albero per
La modesta chiesetta di Chapo, uno dei settanta villaggi della vasta
missione saveriana “Santa Teresina del Bambin Gesù” a Chemba (Beira)
dati, hanno un padrone”.
Per non avere problemi
In caso di un problema qualsiasi - malattia, furto, controversia
o lite - per risolvere la difficoltà
e per dirimere la questione ci si
rivolge generalmente allo n’ganga, lo stregone. Avrebbe il potere di curare la malattia, di identificare la persona colpevole del
furto o che ha torto nel litigio.
Si ricorre a lui prima ancora che
all’infermiere o al capo villaggio, alla polizia o al prete.
Può succedere che, pagando una lauta somma di denaro
- o il corrispettivo in capre - lo
stregone eserciti il suo potere
di vendetta sulla persona che si
presume colpevole. Il castigo è
portato a termine da uno spirito malvagio. Così, chi compie
un delitto può giustificarsi che
uno spirito è entrato in lui, non
era cosciente e quindi non può
essere responsabile. Oppure il
castigo avviene attraverso uno
spirito che entra in un cobra o in
un coccodrillo per colpire il colpevole. In questo modo, il male
è esorcizzato e la colpa per la
vendetta compiuta è de-responsabilizzata.
Ma lasciamo ad altri queste considerazioni. A noi basta
quanto conclude il buon Estácio:
“Se una persona non ha problemi con altre persone, cobra e
coccodrilli non fanno nulla”. ■
ESERCIZIO: STO IMPARANDO A...
p. ANDREA FACCHETTI, sx
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
vederIo, circondato da una grande folla. Egli era molto ricco
- nota l’evangelista Luca - ma
quando il Signore lo chiamò e
gli disse, “Scendi in fretta; oggi
devo fermarmi in casa tua”, Zaccheo obbedì immediatamente e
accolse Gesù pieno di gioia.
La folla mormorava perché
il maestro era entrato in casa di
uno strozzino. Forse non aveva
sentito le parole di Zaccheo. “Do
la metà dei miei beni ai poveri,
e se ho frodato qualcuno gli
renderò il quadruplo”. Gesù gli
rispose: “Oggi la salvezza è entrata in casa tua, perché il figlio
dell’uomo è venuto a cercare e a
salvare chi era perduto”.
Queste parole del Signore sono certamente rivolte anche a
noi, quando lo accogliamo ogni
giorno nell’Eucarestia e decidiamo prontamente, come Zaccheo, di cambiare vita e di spogliarci del superfluo per aiutare
i più poveri. E non avremo più
nessuna paura, né della malattia
né della morte, e sapremo accogliere Gesù pieni di gioia, facendo nostre le sue parole: “Grazie,
Signore, di avermi cercato e salvato e portato a casa tua, in pa■
radiso!”.
Una notte che l’unica luce è quella di una lampada a pile e il silenzio è interrotto solo da mulungu-la pioggia che cade persistente e
potente, prima di dire grazie a Mulungu-Dio, di un altro giorno che
chiude la porta, mi metto davanti al diario, prendo la penna e scrivo
quanto segue.
Titolo - “Esercizio semi serio di memoria: sto imparando a...”.
Svolgimento - Sto imparando a balbettare una lingua bantu. A non
prendere il caffè a metà mattina. A fare due passi di danza tradizionale senza farmi prendere in giro. A far uscire la jeep impiantata nel
fango. A costruire una capanna. A seguire il ritmo del sole, andando
a letto presto la sera e svegliandomi all’alba. Ad arrabbiarmi solo per
le cose importanti, ad esempio, un esproprio. A difendere un pezzo
di terra. A salutare anche quelli della Frelimo.
Sto imparando quanto il denaro e il potere possano rendere disumani gli umani. Che i pantaloni lunghi e la camicia, possibilmente bianca,
sono imprescindibili davanti alla burocrazia mozambicana. Che l’unico posto per vedere come era la foresta prima che arrivassero i cinesi è il cimitero. Che la televisione mozambicana è più alienante di uno
n’ganga - stregone. Sto imparando a giocare a calcio senza scarpe. A
guidare una canoa che è un tronco di albero scavato. A non far preoccupare mia madre e mio padre quando mi chiamano. Che noi missionari siamo qui da quindici anni, ma Dio è qui da sempre. A dare il nome agli alberi, agli animali, ai pesci, agli insetti, oltre che alle persone.
A camminare accanto a un popolo. O meglio, assieme a un popolo.
Sì, credo sia proprio così. Sto imparando a camminare assieme a un
popolo. A farmi prendere per mano da un popolo.
La stupenda acqua nella lanca del grande
fiume Zambesi, all’altezza di Chemba,
la missione saveriana in Mozambico
2014 MARZO
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Storia del “servizio alla mensa”
Un’occasione per incontrare i veri poveri
attività promosse
U nadaidelle
saveriani di Desio che
suscita ancora interesse, anche al
di fuori delle iniziative organizzate e promosse dalla comunità,
è la “mensa dei poveri”, gestita
dalle missionarie della carità di
Milano, conosciuta come “Mensa di Madre Teresa”, nel quartiere Baggio.
Qui incontriamo la povertà,
per la quale ci rimbocchiamo le
maniche in senso reale, perché
preparare la cena non è solamente tagliare la frutta e pulire
il pesce, ma soprattutto l’incontro vero con i poveri, con i loro
volti e le loro storie. S’intrecciano relazioni e amicizie con gli
altri volontari e con gli ospiti
della mensa che diventano come
i tanti “Giuseppe” rifiutati all’albergo; diventano come i “pastori” della notte santa ai quali è
stata data la buona novella; sono come i “buoni ladroni” che,
sulla croce, chiedono a Gesù di
essere perdonati e accolti nel suo
regno.
Con le suore
di Madre Teresa
Il servizio alla mensa è nato
attorno al 2000 dall’intuizione di
p. Paolo Andreolli e p. Giovanni Gargano (“Giuà”), all’epoca
responsabili delle attività giovanili nella comunità saveriana
di Desio. Lo scopo era creare
un’attività integrativa, pratica e
concreta, da proporre ai giovani
che allora frequentavano i vari
gruppi di animazione nella nostra casa.
Questo “servizio della mensa” ha favorito l’apertura alle
altre realtà sul territorio, come
le parrocchie, e lentamente è andata oltre l’attività strettamente
formativa della casa: chiunque
poteva partecipare, anche una
sola volta, senza sentirsi obbligato a proseguire in un impegno
permanente.
Nel corso degli anni, il legame tra le suore di Madre Teresa
e i saveriani si è rafforzato e si è
allargato a collaborazioni per le
catechesi nei tempi di avvento e
quaresima, per la Messa di Natale e Pasqua… La presenza delle
ragazze madri e dei loro bambini hanno spronato a organizzare
anche momenti di intrattenimento e divertimento, come le feste
di capodanno o i pomeriggi di
p. DOMENICO MENEGUZZI, sx
gioco assieme.
Collaborazione
degli studenti
Non dimentichiamo che un
grande aiuto al “servizio” è stato offerto dagli studenti saveriani presenti a Desio, che hanno
costituito il collante tra i missionari, le suore e i giovani. Grazie
anche a loro, la collaborazione
tra missionari e suore ha portato all’organizzazione di una gita
con le famiglie del quartiere, che
si tiene ogni anno nel periodo
estivo e che negli anni ha visto
un sempre maggior numero di
presenze.
Il “servizio alla mensa” ha
sempre previsto un incontro formativo iniziale, per preparare i
giovani a ciò che avrebbero vissuto nel pomeriggio. Fare “servizio” non è solo dare un pasto
caldo, ma incontrare e accogliere persone come noi. Queste riflessioni sono divenute importanti soprattutto quando ci si è
aperti anche alle altre realtà territoriali. Non ci resta che augurarci che questo “servizio alla
mensa” continui nonostante le
■
difficoltà.
Il missionario, specialmente durante
la terza età, deve curare la salute. È
importante quindi mangiare sano. Qui
all’opera c’è il signor Angelo che prepara il terreno per i vari tipi di verdura
Ogni settimana le signore del guardaroba (ne manca una all’appello del fotografo) stirano i nostri vestiti. Il giovedì
tutto è ordinato e profuma di nuovo
La nostra mano destra
I preziosi volontari dei saveriani di Desio
O
ggi è di moda usare parole
con significati ambivalenti. Soffermiamoci su una di queste parole: volontariato. Questo
termine si presta a tanti significati. C’è chi va a fare il volontario in Afghanistan, in Siria, in
Africa eccetera. Questo capita
quando, in particolare, si parla
delle cosiddette “missioni di pace”. È fuori dubbio che questo
tipo di volontariato viene ricompensato generosamente, anche
per i rischi che comporta.
8
A tutti loro
un “grazie” mondiale
Anche noi saveriani abbiamo in casa un gruppo di
volontari straordinari, splendidi, seri e fedeli. Sono volontari nel pieno senso della
parola, perché tutto quello
che fanno lo realizzano per
amor di Dio e della missione. Sono donne e uomini
che frequentano la nostra
casa abitualmente per svolgere determinati lavori. Come contraccambio, si sentono dire da noi missionari
un “grazie” mondiale e una
gran… benedizione.
Quello che colpisce è che lo
fanno volentieri, con il cuore,
con gioia e regolarità. Si sentono responsabili della nostra casa
come se fosse un prolungamento
della loro. C’è chi si interessa di
coltivare l’orto con una produzione di verdure straordinarie e
di ottima qualità, a tal punto che
non raramente sono “perquisite” da ladri senza scrupoli. C’è
chi “acconcia” il nostro parco
Gian Carlo non è l’unico che fa
accoglienza nella nostra casa durante
la mattinata. Viene aiutato da altri
“volontari”. Fedelmente accolgono
i visitatori con tanta simpatia
p. D. MENEGUZZI, sx
in maniera superlativa, affinché faccia sempre bella figura
nell’accogliere i visitatori.
Trattati con i fiocchi
C’è poi chi non disdegna rimanere dentro una stanza, per mettere in assetto la nostra biancheria
così che, quando noi missionari
ci presentiamo agli altri, siamo
in ordine tanto da apparire più
giovani di quello che siamo. C’è
poi chi svolge il servizio dell’accoglienza, con un sorriso a
tutto campo, per coloro che
vengono a trovarci. Merita
una citazione anche il gruppo che si interessa del “mercatino”. È un gruppo unito e
fedele; un giorno lo presenteremo su questa pagina.
Insomma, a tutti coloro che sono legati a noi saveriani di Desio dobbiamo
manifestare la nostra riconoscenza e gratitudine, perché ci volete veramente bene e ci trattate con i fiocchi.
E i nomi? Loro non ci tengono, ma noi sì: e pian piano ve li presenteremo nei
■
prossimi numeri.
Oggi giorno dobbiamo aggiornarci. In biblioteca si consultano i libri e le riviste. La
signora Pinuccia la tiene aggiornata e rimette ogni libro al suo posto.
IMMAGINI DI CASA E FUORI...
Prima di partire
per la sua nuova
destinazione in
Mozambico,
p. Sante Gatto
ha voluto posare
per una foto con
p. Giuseppe Tavera e il rettore
dei saveriani
di Desio p. Carmelo Boesso.
Anche al tramonto, il cristiano
ha sempre
la certezza che
la vita rifiorirà
nella patria
definitiva…
2014 MARZO
FRIULI
33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70
Tel. 0432 471818 - E-mail: udine@saveriani.it
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IBAN - IT 40 S 06340 12301 07404043235H (CARIFVG, Udine)
Non lasciamoci rubare la gioia
Entusiasmo missionario a Udine e provincia
portare a conoD esidero
scenza dei nostri lettori
alcune iniziative di animazione
missionaria che vedono come
protagonisti i gruppi di ragazzi
e giovani nella diocesi di Udine.
Bambini e ragazzi di Fagagna
A Fagagna, in accordo con il
parroco don Adriano e in collaborazione con suor Antonia e le
catechiste, ho potuto incontrare
tutte le classi elementari, medie
e superiori durante l’ora di catechismo settimanale, per una
testimonianza missionaria con
filmati e foto su temi missionari.
Un’altra bella esperienza è
stata il ritiro tenuto alle catechiste in preparazione all’avvento.
Sempre a Fagagna sto incontrando ogni mese gli animatori
dei giovani della parrocchia per
la formazione spirituale. È un
gruppo ben collaudato nelle attività parrocchiali di animazione,
grazie alle loro responsabili Cri-
stina e Anna. Anche l’animazione liturgica della Messa del sabato sera è dedicata ai bambini,
con la presenza del diacono Luigino. Inoltre, molto partecipato
è stato l’incontro con il gruppo
missionario della parrocchia.
Cresimandi della
zona Palazzolo
Nella zona parrocchiale di Palazzolo, Muzzana, Precenicco,
Rivarotta e Piancada da settembre il parroco don Samuele mi
ha chiesto una collaborazione
maggiore per curare i cresimandi in vista della Cresima. Abbiamo avuto incontri settimanali
insieme ai catechisti, che ringrazio per la preziosa e instancabile
testimonianza nel preparare i
ragazzi in questi ultimi tre anni:
a Muzzana con Erica e Nicola;
a Palazzolo con Cinzia; a Precenicco con il diacono permanente
Ivan. Insieme abbiamo vissuto
tre incontri con tutti i cresiman-
p. DANIELE TARGA, sx
di per ascoltare alcune testimonianze di fede e di vita cristiana,
seguite dalla Messa e da un po’
di festa conviviale.
Giovani
e gruppi missionari
Al San Pio X di Udine e a
Racchiuso, ho incontrato i cresimandi e i loro genitori. Nella
parrocchia di Feletto Umberto
abbiamo tenuto una serata di
testimonianza missionaria con
i giovani, che hanno devoluto
una parte di quanto ricavato con
i mercatini missionari alla missione saveriana in Bangladesh.
A Staranzano, nella diocesi
di Gorizia, ho organizzato un
pomeriggio di spiritualità incontrando il gruppo missionario,
vivendo l’adorazione e concludendo con l’Eucarestia in vista
della celebrazione della giornata
missionaria. Ringrazio di cuore il
parroco per l’accoglienza, insieme alla responsabile del gruppo.
Il corpo nella monotona Jakarta...
... ma il cuore è alle pendici del vulacano Merapi
C
arissimi, qui a Jakarta, capitale dell’Indonesia, la vita è monotona e impersonale. Sinceramente, il mio cuore è ancora
là, alle pendici del Merapi, tra la
gente che affronta l’arroganza del
vulcano e l’incertezza del futuro.
Gli abitanti del luogo dicono che
se il vulcano si sfoga ogni tanto
non farà eruzioni pericolose, ma
se tace per lungo tempo vuol dire che prepara qualcosa di grosso.
Finora si è dimostrata un’espressione popolare vera!
Gente brava,
ma le tubature…
Seguo continuamente le attività che si svolgono al centro
giovanile “Conforti”, alle pendici del Merapi, diretto dalle
Padre Rodolfo Ciroi,
saveriano di Palmanova
(Udine), da quasi 40 anni
missionario in Indonesia
8
suore locali. Ultimamente, hanno aperto un corso di cucina per
le giovani. È importante perché
così possono aprire piccoli ristoranti che attirano l’attenzione dei
turisti. La zona del Merapi è ancora considerata un’attrazione
turistica. E questo è un fattore
importante per la popolazione, è
una fonte di sostentamento non
indifferente. Pensate che hanno
inventato la specialità “riso fritto vulcanico”!
La gente ha anche ricostruito dei bungalow che possono essere presi in affitto per il pernottamento e godersi le notti fresche
del Merapi. Tutto questo è positivo, perché indice di ingegnosità e
buona volontà. La gente, insomma, si dà da fare.
Ultimamente,
per alcuni villaggi l’acqua è diventato un problema. Dopo l’eruzione più recente, c’era la
speranza che il
governo intervenisse nel rimettere a posto i punti
deboli... Purtroppo l’aiuto non è
arrivato. Speriamo che le nostre
tubature reggano
ancora un po’. La
pressione e il pe-
p. RODOLFO CIROI, sx
so dell’acqua le ha abbassate, il
pericolo è che nella stagione delle piogge vengano travolte dalle piene. Ora, stiamo pensando
a come fare per rialzarle. Certamente la Provvidenza penserà ad
aiutarci...
Sacrifici ripagati. Grazie!
Cosa raccontarvi dei nostri seminaristi? Durante questi mesi,
alcuni si sono ritirati... È normale, anche se per me sono sempre frecciate che pungono, dopo
i sacrifici fatti per andare a pescarli in tutta l’Indonesia. La vocazione è sempre un mistero. È
il Signore che lavora; al chiamato non resta che ascoltarlo con
generosità e apertura. Preghiamo perché siano perseveranti.
Comunque, a settembre abbiamo avuto una bella consolazione. A Padang sono stati ordinati tre saveriani: due dell’isola di
Flores e uno di Giava. Ho partecipato anch’io al rito e vi assicuro che ho provato una grande
gioia nel vedere coronate le fatiche di anni. È impossibile non
ringraziare il Signore per questo.
Vi ho raccontato le cose più
importanti e ora non mi resta che
dirvi “grazie” per il vostro incoraggiamento, attraverso la preghiera e l’aiuto materiale frutto
dei vostri sacrifici, in un momento economicamente così difficile
anche per voi. Grazie di cuore! ■
Padre Daniele Targa, della comunità saveriana di Udine, impegnato in città
e provincia per l’animazione missionaria; è il referente anche per il campo estivo
per i giovani dai 18 ai 30 anni
Formazione,
mostre e campi
Come saveriani siamo interessati alla collaborazione con l’ufficio Missio e Caritas di Udine,
per promuovere incontri di educazione alla mondialità tra i giovani e ragazzi nella nostra casa.
Il primo incontro è stato con don
Adriano Sella, missionario dei
nuovi stili di vita, della diocesi di
Padova, che ha incontrato alcuni
insegnanti di religione per un po’
di formazione. Sono in programma altri incontri di educazione
interreligiosa e interculturale
con l’aiuto della nostra équipe di
CEM Mondialità di Brescia.
Quest’anno stiamo preparando
una mostra sul “Coltan”, in col-
laborazione con la comunità parrocchiale San Marco, il parroco
don Carlo e il vicario congolese
don Michael. Lo scopo è far conoscere questo minerale, sconosciuto a tanti, causa di guerre e
scontri in Congo. La mostra sarà
allestita in parrocchia subito dopo Pasqua per una settimana e
poi, ai primi di maggio, presso la
casa dei saveriani di Udine, per
gli studenti della città.
Ai primi di agosto, presso la
casa di Udine è previsto un campo giovani saveriano, aperto ai
giovani dai 18 ai 30 anni di tutta
Italia. Chi fosse interessato, può
contattarmi al numero fisso della casa 0432 471818 o al cellulare 338 8726393.
■
27 marzo: Adorazione Eucaristica
La prossima Adorazione Eucaristica si terrà giovedì 27 marzo,
sempre presso la casa dei saveriani in via Monte San Michele, a
Udine, dalle 15,30 alle 16,30. Sarà l’occasione per ricordare i missionari martiri, in particolare p. Aldo Marchiol, ucciso in Burundi il 30 settembre 1995.
Davanti all’Eucarestia ci mettiamo in ascolto di Gesù che ci invita a fare della quaresima un tempo di maturazione della fede
per noi, le nostre famiglie e le comunità cristiane, per essere fermento di rinnovamento della società.
GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI
Cari lettori, care lettrici, a fine gennaio abbiamo presentato il nostro resoconto economico dell’anno 2013 al superiore dei saveriani
d’Italia, p. Rosario Giannattasio. Abbiamo avuto così l’opportunità di
renderci conto della vostra grande generosità per le attività missionarie svolte dai saveriani, tra cui i 24 friulani sparsi nel mondo.
Circa 110mila euro sono stati inviati nelle varie missioni saveriane;
inoltre, altre vostre offerte hanno sostenuto la comunità di Udine per
svolgere varie attività di sostegno ai missionari sul campo. Tutto questo
è frutto prima di tutto della Provvidenza di Dio, a cui va il nostro “grazie”, fatto di preghiera e di impegno rinnovato per la missione, e poi
della generosità di tanti di voi, che ci avete messo nelle mani questi aiuti.
Sappiamo anche che altri aiuti sono stati inviati da alcune parrocchie
e persone direttamente ai nostri missionari. Tutto ciò ha contribuito a
svolgere tante attività in aiuto ai nostri fratelli e sorelle più poveri ed
emarginati nelle “periferie esistenziali”.
A nome dei saveriani, e in particolare quelli della nostra terra friulana, esprimiamo a tutti voi un grazie sincero, unito a un ricordo frequente nella nostra preghiera per voi e le vostre famiglie. Continuate con la vostra generosità a sostenere il nostro lavoro di evangelizzazione per donare il prezioso dono della fede a tanti fratelli e sorelle, consapevoli che non potremmo fare un dono migliore di questo.
Saveriani di Udine
La celebrazione Eucaristica con famigliari e benefattori dei saveriani friulani
2014 MARZO
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
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Per non morire... sotto i libri
Intervista a padre Gianni Zampini
1990 direttore della
D al“Libreria
dei popoli”, p.
Gianni Zampini è una “istituzione” nel panorama saveriano
a Brescia e in tutta Italia. La
sua costante partecipazione ai
grandi eventi locali e nazionali
come “Fiera delle botteghe equo
solidali”, “Fa’ la cosa giusta” di
Milano, “Terra futura” di Firenze, ai vari convegni missionari,
lo ha reso conosciuto e ricercato.
Prima di partire da Brescia e
raggiungere Cagliari, sua nuova
destinazione, padre Gianni ci
concede un po’ delle sue emozioni e convinzioni.
Da marzo sarai in Sardegna!
Inizio una nuova esperienza di
animazione missionaria, per me
tutta da inventare. In Sardegna
i saveriani sono presenti e attivi dal 1950, in due sedi: a Macomer (Nuoro) e a Cagliari. A
me è stato proposto di lavorare
a Cagliari, dove si concentrano
metà della popolazione sarda e
molta gioventù che frequenta
l’università.
Hai già in mente cosa
farai?
È presto per dirlo. Ho tante
idee, ma poi bisogna vedere
nella realtà e sul territorio. La
Sardegna ha dato tante vocazioni saveriane, ora impegnate con
entusiasmo e dedizione in diverse nazioni del mondo. Ha anche
a cura di DIEGO PIOVANI
una bellissima rete di animatrici
missionarie in ogni parrocchia.
Sarà interessante lavorare con
loro per diffondere l’ideale missionario.
Cosa lasci a Brescia?
Lavorare così a lungo in un
posto porta ad affezionarsi ai
luoghi e alle persone. Vado via
quindi con nostalgia, ma anche
volentieri, perché dopo 23 anni
credo di aver dato tutto quello
che avevo da dare. Parto con
entusiasmo, perché mi sembra
quasi di rinascere. Non sarò più
in mezzo ai libri, ma tra la gente. Sono anche un po’ preoccupato, perché in tutti questi anni
il mondo dei giovani non è stato
Un continuo ricominciare
Il traguardo dei 50 anni di sacerdozio
R
ipercorrere cinquant’anni
di vita sacerdotale missionaria è per me una gioia e, allo
stesso tempo, un grande motivo
per ringraziare Dio che mi ha riempito delle sue grazie.
Sono entrato tra i saveriani
nel 1948 nella casa di Tortolì e
qualche anno più tardi ci siamo
trasferiti a Macomer. La guerra
era finita da poco e naturalmente
anche noi “apostolini” ne subivamo le conseguenze.
Giorni di grazia e di gioia
Un po’ difficile è stato il salto in continente: dalla Sardegna
a Zelarino, vicino a Venezia.
L’ambiente, il clima e le differenze di vedute hanno messo a
dura prova il mio carattere e la
mia vocazione. Tuttavia la comprensione e l’affetto degli educatori hanno messo nel mio animo
una nuova forza e un più grande
entusiasmo nella vocazione missionaria.
Gli studi del liceo e della teologia hanno rafforzato in me il
desiderio di essere missionario.
8
Sono stato ordinato sacerdote il
13 ottobre 1963: giorni di grazia
e di gioia. Subito dopo, sono
stato inviato come insegnante
agli studenti saveriani del liceo
a Zelarino, avendo nel frattempo
conseguito il dottorato in pedagogia all’università di Padova.
Gli anni più belli in Burundi
Dopo alcuni anni, i superiori
mi davano finalmente il “via libera” per la missione: il Burundi. Qui ho trascorso gli anni più
belli della mia vita. Anche se
le difficoltà e le privazioni non
mancavano, mi sentivo felice e
pienamente realizzato. Purtroppo, per le note vicende politiche,
sono stato espulso assieme ad altri 500 missionari, tra sacerdoti,
suore e laici. Ma anche l’espulsione è stata per me un’esperienza che ha rinnovato e rafforzato
il mio rapporto con Gesù.
Dopo queste vicende, ho continuato nel mio lavoro di educatore e di insegnante. Ma sento
che il mio vero lavoro è soprattutto quello di far conoscere a
p. SERGIO CAMBIGANU, sx
tutti che il Signore ci vuole bene.
La vita con atti d’amore
Ora, mentre mi trovo a lavorare
ancora a Zelarino (Mestre), sento
che posso vivere la mia vocazione
missionaria alla maniera di santa
Teresa del Bambino Gesù, diventata patrona delle missioni perché
ha saputo cambiare le azioni della
sua vita in atti di amore.
Per capire che Dio amava e
voleva proprio me, ho passato
vari momenti di difficoltà e ripensamenti, ma sempre il Signore mi è stato vicino con il suo
aiuto. Essere consacrati a Dio
significa per me essere uomo tra
gli uomini, ma con uno sguardo
particolarmente pieno di amore
e di comprensione verso gli altri.
I miei cinquant’anni di sacerdozio sono stati un continuo ricominciare ad amare e a lasciarmi amare. La preghiera e la vita di comunità rinforzano continuamente questa sicurezza e ci
spingono a desiderare che altri
facciano la stessa esperienza di
■
gioia.
Padre Sergio Cambiganu con la famiglia al completo per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale,
dopo la Messa di ringraziamento nella chiesa di Sant’Orsola, a Sassari
il mio target; mi occorrerà
una buona dose di umiltà
per accostarmi a chi per età
potrebbe essere mio figlio e
nipote...
La Libreria dei popoli ha
ancora senso oggi?
Sarebbe fondamentale che
ogni comunità saveriana abbia una piccola libreria aperta al pubblico. È importante
conoscere gli altri popoli e
le loro culture. Per conoscere è utile leggere esperienze
e testimonianze che hanno
inciso nella vita delle persone. Lo scopo della nostra
libreria non è semplicemente
“fare soldi”, ma diffondere
certe tematiche importanti,
che non si trovano in altre
librerie.
Come farai a stare senza
P. Gianni Zampini da marzo è il nuovo anilibri?
matore missionario nella comunità saveriana
Non sarà difficile. Per tanti
di Cagliari; arriva da una lunga esperienza a
Brescia e in Colombia
anni ho scelto e proposto libri, pensando all’utilità per
se un segnale della mia nuova
la crescita umana e missionaria
destinazione. Vado in Sardegna
delle persone e dei gruppi. Da
ben volentieri, perché è il posto
adesso non proporrò soltanto
per me in questo momento della
libri, ma la Parola di Dio, il vanmia vita. E sono convinto che il
gelo, la missione. Il mio lavoro
popolo sardo possa ancora dare
assiduo in libreria sarà sostituita
molto alla missione.
dal lavoro “gomito a gomito” in
mezzo alla gente a Cagliari.
Un saluto agli amici sardi…
Con un forte abbraccio e un
Ora devi scoprire il popolo
gran sorriso, saluto affettuosasardo…
mente già da ora tutte le persoSì… La mia unica esperienza
ne che incontrerò e con cui lacon la Sardegna risale a un camvorerò: i sacerdoti, le delegate
po di lavoro nel lontano 1973.
missionarie, i gruppi giovanili
Mi ero trovato bene. L’anno
impegnati nella vita ecclesiale
scorso, poi, sono stato a Medjue sociale, le comunità parrocgorje con un gruppo di giovani.
chiali. Manteniamoci uniti con
La prima persona che ho con■
la preghiera.
fessato era un sardo, quasi fos-
L’ ANIMATRICE DI PAULILATINO
“Sono la vostra amica più vecchia...”
Carissimi missionari, sono di Paulilatino, la più vecchia delle vostre
amiche, perché sono stata la prima a conoscervi quando, nel lontano
novembre 1949, vennero i primi missionari, arrivati da poco in Sardegna, con i calendari da vendere. Il parroco mi chiamò insieme a un’altra persona, e questo fu il mio primo impatto con i saveriani.
Ora sono passati tanti anni, ma nel mio cuore c’è sempre un posto
per voi. Conosco la vostra vita e tutto quello che fate, perché ho avuto sempre modo di avvicinarvi, quando negli anni passati i saveriani
erano di casa nella nostra parrocchia. Ora non è più così. Pazienza.
Viviamo sempre nel mistero di Dio: lui ci guida, ci protegge, ci ama.
Noi dobbiamo solo ricambiare; pur con i nostri limiti, dobbiamo amarlo! Soprattutto nella sofferenza, che è sempre un dono di Dio. Vi
chiedo un ricordo nella vostra Messa: ne ho tanto bisogno! Grazie.
Ho mandato un’offerta per due sante Messe in suffragio dei miei cari defunti.
Ora sono felice di augurarvi un anno pieno di ogni bene e di un lavoro fruttuoso. Il Signore vi benedica, benedica il vostro lavoro e vi
dia tutte le grazie che desiderate. Vi saluto e vi abbraccio in Cristo, la
vostra amica, Peppina Saba.
Ben ricordo, al ritorno dal convegno missionario sardo, sulla strada
che da Macomer porta a Oristano, don Mario Cuscusa volle farmi visitare l’antico Pozzo sacro con la luce penetrante dall’alto, la bella chiesa e l’interessante Novenario di Santa Cristina, nel mezzo del parco di
ulivi secolari. Era in aprile del 2008, e non ho dimenticato.
Ma non sapevo che, tra tante antichità, a Paulilatino vivesse anche
la più “anziana” delle nostre amiche missionarie sarde, la signora Peppina Saba! Grazie, cara amica fedele: ben volentieri la ricordiamo, insieme alla famiglia e a tutta la comunità di Paulilatino. Dio ci benedica! p. Marcello Storgato, sx
2014 MARZO
MARCHE
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DIARIO DELLA COMUNITÀ
Giornata dei migranti a Macerata
Una vera festa dei popoli, molto partecipata
19 gennaio, giorD omenica
nata dei profughi e mi-
granti, a Macerata c’è stata una
vera festa dei popoli. Ci eravamo preparati con l’ufficio “Migrantes” per tre mesi. L’evento
è avvenuto presso i salesiani che
hanno ottime strutture e saloni.
Non c’è voluta molta pubblicità; le varie comunità e famiglie
etniche sono apparse spontaneamente. Tra queste, soprattutto nigeriani, indiani, peruviani,
senegalesi, bengalesi, pakistani, brasiliani… C’erano anche
un buon numero di italiani (non
era scontato!), qualche francese
e altri provenienti da vari popoli
dell’Africa, specialmente dai paesi del golfo di Guinea: senegalesi, ivoriani, togolesi...
Una lettera aperta
È una tradizione più che ventennale ormai. La bellissima
giornata, a cui abbiamo partecipato io e il giovane Pietro, postulante saveriano, è iniziata con
l’accoglienza, la festosa presentazione e una bella condivisione
su come si trovano gli immigrati all’inizio del 2014, su cosa si
aspettano e rivendicano dalla società e dalla chiesa.
Questa parte è stata a carico
mio e di p. Virgilio, un frate minore del Togo. Sono emerse cose
importanti, come il diritto di cittadinanza ai bambini nati in Italia, la sconfitta del razzismo, la
fine dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), le Messe parrocchiali italiane più allegre e multietniche... Una lettera
aperta con queste richieste è stata letta dopo la comunione nella
Messa, per essere divulgata, come dimostrazione dei gesti concreti che Cristo chiede ai suoi fedeli.
La “casa de nialtri”
p. ALBERTO PANICHELLA, sx
Ogni popolo il suo cibo
Il pranzo è stato offerto da
ogni popolo, secondo la sua gastronomia, e condiviso tra tutti;
ogni popolo con il suo tavolo, le
sue pentole e vassoi, le bandiere e simboli. Tutti hanno gustato
i deliziosi cibi, gli uni quelli degli altri. Ci sentivamo una sola
grande famiglia, ben mescolati.
La sorpresa più bella sono stati gli spettacoli di danza e musica presentati da ogni popolo dopo il pranzo: si è respirata
un’aria di simbiosi con la natura
dell’Africa, con il ritmo e la bellezza del Brasile, con l’eleganza dell’India… Pasquella italiana, flauti andini e costumi peruviani... Incredibile forza di unità
e piacere intenso di tutti!
Messa nelle lingue originali
Un po’ scontenti che lo spettacolo si dovesse fermare, ci sia-
p. ALBERTO PANICHELLA, sx
L’ospitalità invernale dei ‘senza fissa dimora’
E
rano circa duecento le persone, tra sfollati e sfrattati,
senza fissa-dimora, immigrati
e profughi, che dormivano per
strada. Alcune organizzazioni,
che io accompagno, dopo lunghe
e inutili trattative con il comune
su possibili alloggi per l’emergenza invernale, hanno deciso di
entrare pacificamente in un grande asilo, ancora in ottimo stato,
ma chiuso da anni e inutilizzato.
Un blitz pacifico e solidale
Il 22 dicembre, a porte aperte, sono entrate circa 60 persone
che si erano preparate con noi
per fare qualcosa che scuotesse
l’amministrazione civica e la popolazione, dando un po’ di speranza alle tante famiglie esposte
a rimanere senza un nido. È stato
sorprendente l’impegno di tutti,
italiani e immigrati, oriundi da
circa venti nazioni, per ripulire
l’ambiente, suddividere gli spazi
senza accaparramenti, in collaborazione fraterna.
Subito la stampa ha divulgato
“la conquista” e il comune non
è intervenuto, permettendo così
di organizzarci meglio e creare
attività di fraternità. La gente di
Ancona e dintorni è stata solidale, con abbondanza di brandine,
materassi e coperte, con generi
alimentari, suppellettili e stufette… Abbiamo attaccato l’acqua
e la luce, ma i riscaldamenti, dipendenti dalla caldaia, non sono
ancora in funzione.
senza-tetto; e quindi, anche
l’occupazione dell’asilo “Regina Margherita”, diventato ora la
“casa de nialtri”.
Il sindaco Valeria Mancinelli
è venuta a farci visita. Abbiamo
avuto un primo incontro e c’è la
proposta del comune per trovare,
entro sei mesi, un’abitazione alle
sessanta famiglie senza casa. Per
questo inverno, sono disponibili
solo piccoli luoghi sparsi. Credo
che la maggioranza “de nialtri”
preferirà passare i sei mesi all’asilo. Abbiamo fatto presente al
sindaco che senza quella “conquista pacifica”, forse il comune
non si sarebbe mosso.
Con noi vescovo e sindaco
Il vescovo mons. Menichelli
è intervenuto con una dichiarazione difendendo i diritti dei
La missione è ovunque
Tutte le associazioni di Ancona per la casa - cattoliche e
non - si preoccupano di tutte le
famiglie senza casa e a rischio di
sfratto, a causa della crisi. Credo
che il Signore ci abbia proprio
aiutato e continui a benedirci.
Dopo un bel gioco a quiz, con
domande intelligenti sui personaggi-modello, un’organizzatrice mi ha chiesto a brucia pelo:
“Perché credi in Dio?”. Ho risposto: “È lui che ci ha fatto vincere; lui è sempre con ciascuno
di noi e ci ama tanto che si è fatto come noi in Gesù Cristo!”.
Così ho anche potuto annunciare
un po’ di vangelo: perché la missione è ovunque e sempre. ■
Un momento dell’occupazione pacifica
della “casa de nialtri”, dicembre 2013
8
Danza africana alla Giornata dei migranti, a Macerata, il 19 gennaio
mo preparati alla Messa, presieduta dal vescovo mons. Claudio
Giuliodori, che ha ripreso coraggiosamente il discorso del papa
per l’occasione. Ha sottolineato che gli immigrati sono un’opportunità, un arricchimento per
l’Italia; che meritano più spazio
e che non si giustificano atteggiamenti discriminatori.
I vari riti e i canti, le letture e
le preghiere sono stati fatti dagli
immigrati nelle lingue dei popoli, senza tradurre in italiano,
proprio per far sentire di più la
varietà dei doni culturali di Dio
all’umanità nella Pentecoste, che
continua anche oggi nel mondo.
Ci siamo lasciati contenti, con
il rimpianto di non poter rimanere sempre… “in cielo” e di doverci separare, per tornare alle
nostre case e al lavoro. Ma ci ri■
vedremo presto!
Due saveriani per le Marche
Nuovi arrivati nella comunità saveriana di Ancona: a novembre è arrivato p. Battista Maestrini, saveriano di origini bresciane
e missionario in Burundi; in gennaio è giunto fr. Giuseppe Scintu, saveriano sardo, già missionario in Zaire.
Diamo il benvenuto ai nuovi arrivati. Prossimamente si presenteranno, raccontando la loro esperienza e il loro ruolo nell’animazione missionaria.
La Pasqua per i giovani
Da giovedì 17 a sabato 19 aprile, nella casa saveriana di Ancona saranno ospiti i giovani marchigiani che desiderano vivere
intensamente la settimana santa. Ad animare la “Pasqua dei giovani” sono p. Enzo, p. Serge e p. Alberto. I posti sono limitati,
perciò consigliamo ai giovani di prenotarsi al più presto (071
895368).
GLI AMICI CI SCRIVONO...
Ci fa piacere pubblicare qualche stralcio delle tante lettere e biglietti che riceviamo dagli amici lettori e benefattori. Sono sempre
una gradita sorpresa di solidarietà missionaria. Grazie per scriverci ed
esprimere i vostri desideri e sogni, i disagi e le richieste di preghiera, le intenzioni per la santa Messa. Noi sempre ci ricordiamo di voi e
chiediamo al Signore, per intercessione di san Guido Conforti, di proteggere e benedire tutti: voi e noi, in un’unica famiglia missionaria.
Reverendi missionari,
in occasione del mio 80° compleanno, ho offerto un pranzo alla mia
famiglia e ad amici e parenti a me più vicini. Non ho voluto regali,
ma una piccola offerta da devolvere al vostro istituto, per le missioni.
Certo voi non sapete che in tempi ormai lontani i miei due figli maschi sono stati alcuni anni in collegio da voi e conservo di quegli anni
un ricordo bellissimo. Li aveva conosciuti padre Giuseppe Galli, giovanissimo, con il quale ho mantenuto una corrispondenza epistolare fino alla sua tragica morte.
I figli sono poi tornati entrambi a casa. Ora sono bravi padri di famiglia e di questo ringrazio il Signore e i missionari saveriani, perché
presso di voi hanno ricevuto una salda educazione religiosa che tuttora li guida.
Raccomando alle vostre preghiere la mia famiglia e i cari defunti. Con riconoscenza, Giuseppina Gaggiotti, vedova Roccetti - Treia
Gli auguri delle clarisse
Fraternamente vi ricordiamo al Signore Gesù, fatto per noi Bambino, con l’augurio di un buon Natale e un sereno anno nuovo! Le sorelle clarisse ringraziano e ricambiano santi auguri e preghiere, per essere missionarie con voi, per essere testimoni del vangelo.
Clarisse di Filottrano
2014 MARZO
PARMA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502
E-mail: renzo.larcher@email.it - C/c. postale 153437
“La famiglia di Kolè”
Il libro di p. Silvestro Volta, 50 anni dopo
La Fondazione Sanguanini di
Rivarolo Mantovano ha presentato al pubblico il romanzo postumo del saveriano p. Silvestro
Volta, “La famiglia di Kolè”,
con prefazione di p. Augusto Luca, Gilgamesh Edizioni.
Ambientato in Sierra Leone,
il romanzo è un’appassionata
ricostruzione del dramma di chi
vive tra una religione nuova e i
costumi ancestrali. Trovandosi
per la prima volta a contatto con
popolazioni africane, la prima
preoccupazione del missionario
fu di “capire gli africani”, più
ancora che farsi capire.
grande delusione.
Dopo più di 40 anni, al momento della pubblicazione de
“Il Forte di Mwakete”, venni a
sapere che il nostro archivista p.
Ermanno Ferro aveva ancora le
bozze del romanzo “La famiglia
di Kolè”. Ora, con grande gioia, vedo che anche questo libro
è pubblicato. Alla mia giovane
età (97 anni!) non ci speravo più.
“La famiglia di Kolè”, il romanzo
postumo del saveriano p. Silvestro
Volta, pubblicato dalla Fondazione
Sanguanini di Rivarolo Mantovano
E
ro a Bologna come direttore dell’EMI (Editrice Missionaria Italiana) e avevo con
me il manoscritto di p. Volta.
Pensavo di pubblicarlo, perché
come romanzo mi piaceva molto. Tutto era pronto, quando p.
Silvestro muore (1979). Con la
scomparsa dell’autore, anche il
libro diventò difficile da pubblicare, propagandare e distribuire.
E le bozze rimasero lì, con mia
p. AUGUSTO LUCA e ALTRI
Sierra Leone degli anni ‘60
Tutto inizia con p. Volta, chiamato a servire in Sierra Leone
negli anni ‘60, e la gestione di
un piccolo ospedale. Con tutte
le sue forze, com’era solito fare,
il missionario si guardò attorno,
con l’intenzione di “conoscere
gli africani”. Vide l’opportunità
di scrivere questo libro, che riflette la mentalità della popolazione locale.
Padre Volta si accorge, prima
di tutto, quanto l’islam penetri
nelle persone. Poi nota come
certe mentalità siano ben radicate e difficili da cambiare. L’uomo cerca la donna per la sua
soddisfazione personale, e la
donna è colei che lavora i campi, cura la famiglia, mantiene la
pace, fa da mangiare…
Mentre riflette su queste situazioni, p. Volta trova il giovane
Kolè, che promette bene e dona
speranza al missionario. Pur con
la promessa di non convertirlo al
cristianesimo, il missionario lo
manda in un collegio per l’educazione superiore con altri studenti
Pellegrinaggio a Bukavu
In memoria del martire mons. Munzihirwa
a Bukavu
U nè pellegrinaggio
un desiderio che portia-
mo nel cuore da tempo, per essere in comunione con la chiesa
del Kivu (Nord e Sud), in Congo RD, che da tanti anni vive il
calvario della guerra, legato allo sfruttamento delle ricchezze
minerarie. Vogliamo metterci in
ascolto dei suoi profeti e testimoni, alla luce del martire Christophe Munzihirwa, vescovo di
Bukavu.
Il progetto è stato proposto
alla chiesa di Bukavu e da essa
positivamente accolto, attraverso il suo vescovo mons. Maroy e
i nostri saveriani là presenti.
8
Un segno luminoso
nella notte congolese
La chiesa congolese ha vissuto nel suo popolo e con il suo
popolo il dramma della guerra,
annunciando e celebrando la
misericordia di Dio, denunciando spesso il dramma umanitario
della sua gente, promuovendo
raccolte in comunione con i più
bisognosi e l’invio di delegazioni presso le istituzioni internazionali e i Paesi coinvolti nel
conflitto, proponendo vie di giustizia e di pace.
Mons. Christophe Munzihirwa, vescovo di Bukavu,
ucciso il 29 ottobre 1996, è un
segno luminoso nella notte della tragedia congolese. Uomo
povero e di fede, ha vissuto e
condiviso tutto con la sua gente,
cercando giustizia e verità con
animo di dialogo e di vero amore. In lui vediamo vivo Cristo
Pastore che dona la sua vita per
la dignità del suo popolo.
Ai suoi fedeli, nella vigilia
della sua morte, ha scritto: “Ricordiamoci che siamo cristiani
in ogni momento della storia.
Conserviamo la dignità dei cristiani; non incoraggiamo mai la
discriminazione razziale, tribale, etnica. E chi tocca un essere
umano - e perché umano, creato
a immagine di Dio - tocca Dio
Il martire congolese
mons. Munzihirwa
p. SILVIO TURAZZI, sx
stesso. Coraggio, difendete la
vostra dignità”.
Percorso e iscrizioni
Andare pellegrini alla tomba
del martire mons. Munzihirwa,
significa conoscere meglio la
sua figura nel contesto in cui ha
vissuto; ascoltare e conoscere il
dramma di un popolo; valutare
con gli occhi della fede i fatti
avvenuti in questi anni; vivere
la comunione tra chiese, aperti
ad assumere le responsabilità e
gli impegni che ne derivano.
Il pellegrinaggio si terrà dal
26 giugno al 7 luglio. Prevede
l’arrivo a Bujumbura (Burundi),
una sosta di 5 giorni a Bukavu,
per visitare la tomba del martire
vescovo, incontrare il vescovo
mons. Maroy e la popolazione;
poi sosteremo due giorni a Goma,
città martire, e il rientro in Italia.
Possono partecipare tutte le
persone maggiorenni, che conoscono un po’ l’Africa o che collaborano con il mondo missionario. Il costo per persona è di circa mille euro. Le iscrizioni sono
possibili fino al 20 marzo; per
informazioni, rivolgersi a don
Tarcisio Nardelli (333 2769906;
tnardel@libero.it) o p. Silvio
Turazzi (335 7259454; fraternita.missio@gmail.com).
■
Padre Luca, Giovanni Borsella e Claudio Ardigò alla presentazione del romanzo
postumo di p. Silvestro Volta, ambientato in Sierra Leone
cristiani. Nella sua adolescenza,
s’innamora di una ragazza cristiana Cecilia, e il missionario,
testimone del loro amore, inizia a
sperare in qualcosa di nuovo per
la Sierra Leone. Il missionario
segue questa coppia, fino al loro
matrimonio... e oltre.
La memoria della madre
Padre Domenico Costella, missionario e professore di filosofia
in Brasile, di p. Volta ha detto:
“Non era un intellettuale arrogante, ma lasciava aprire soprattutto
il suo cuore; era sempre pronto
ad aiutare gli altri. Lo conobbi
nel 1964, quando ero studente
di teologia a Roma, e fui subito
impressionato dalla sua genialità.
S’interessava di tutto, aveva grandi interessi e faceva comprendere
a noi studenti l’essenza dell’uomo
nella vita cristiana.
Padre Volta perse la madre a
quattro anni, e questo influì sulla
sua esistenza. Sviluppò così una
sensibilità unica per l’animo
femminile, come se ricercasse
dentro di lui la madre che aveva
perso, e le figure femminili predominano nei suoi romanzi, nei
suoi scritti, nelle sue riflessioni”.
Le parole dei critici letterari
Claudio Ardigò afferma che
l’autore, prendendoci per mano, ci fa vedere un mondo aldilà
delle sue convenzioni, e ci porta
a una fraterna uguaglianza fra
tutti i popoli della terra, oltre il
mistero e l’amore per la vita. Il
romanzo di p. Silvestro, attraverso l’avventura dello spirito, è un
viaggio dell’individuo con i suoi
dubbi e interrogativi.
Giovanni Borsella consiglia il
romanzo a chi ha il coraggio di
nutrirsi di un cibo solido. Padre
Volta - nel romanzo con il nome
di “padre Paolo - aveva una visione totale delle persone con le
quali era in rapporto. Kolè sente la totalità dello sguardo ricco
d’amore del missionario, perché
uno sguardo che parte dal cuore diventa uno sguardo d’amore,
e aiuta il protagonista a vedere
ed essere consapevole della sua
■
bellezza.
MARTEDÌ DELLA MISSIONE:
“AMATE LO STRANIERO”
p. RENZO LARCHER, sx
I “martedì della missione” arrivano quest’anno
alla 17.ma edizione. Furono avviati nel 1997 dal
rettore della casa madre, il compianto p. Mario
Giavarini. È un’iniziativa di animazione missionaria offerta alla chiesa e alla città, per focalizzare
l’attenzione su aspetti e problemi della missione
nel nostro tempo, e comprenderli alla luce della
Parola di Dio, secondo il metodo “vedere-giudicare-agire”.
L’edizione 2014 ha come filo conduttore il tema
dell’accoglienza dello straniero e come testo ispiratore il passo di Deuteronomio 9,10 “Amate il forestiero”. È una sfida che interpella la politica, ma
dalla quale non possiamo sottrarci come singoli e
comunità. Ecco perché abbiamo chiesto il contributo di diverse voci.
La serata di apertura è stata affidata al biblista
laico Luca Moscatelli. Al secondo incontro è intervenuto Giancarlo Perego, responsabile del settore Migrantes della Cei.
Il 18 marzo, alle ore 21, è in programma una tavola rotonda per dibattere il tema “Essere stranieri oggi a Parma, voci a confronto”. Ascolteremo alcune esperienze di immigrati sull’accoglienza ricevuta.
Infine, vedremo ciò che si fa e si potrebbe far
meglio, negli incontri, “La risposta della città, voci delle istituzioni” (8 aprile) e “La risposta della
chiesa” (martedì 6 maggio).
Gli incontri si tengono nel salone dei missionari
saveriani, in Viale S. Martino, 8 - Parma. Per informazioni, telefonare allo 0521 920511
2014 MARZO
PIACENZA
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Giorni, gli uni accanto agli altri
Racconti di vita lungo il fiume Zambesi
A
metà dicembre è arrivata
la prima pioggia. Desiderata, sperata, invocata, danzata,
pregata. A volte temuta e maledetta. La prima pioggia ha iniettato vita alla terra ormai moribonda della savana, convertitasi
nel verde, da un giorno all’altro
e senza resistenza. La seconda
pioggia ha fatto germinare la
semente di mais e di miglio, lanciata qualche settimana prima,
dopo la fatica di giorni a zappare
sotto un sole impietoso.
Pioggia e Dio: una parola
In lingua chisena - una delle varie lingue del Mozambico
- pioggia si dice mulungu. Ma
Mulungu è anche Dio. Non che
la pioggia sia dio. No. Solo che
pioggia e Dio si dicono con la
stessa parola: mulungu e Mulungu. Come si desidera, spera,
invoca, danza e prega la pioggia, allo stesso modo si desidera, spera, invoca, danza e prega
Dio. Qui, sulle rive dello Zambesi, Dio si è stancato di stare
nei cieli. Qui, Dio piove.
Giorni di pioggia battente a cui
seguono giorni di sole verticale;
giorni di cielo plumbeo si alternano a giorni di cielo terso. L’uno
accanto all’altro. La gente è felice, perché la fatica sarebbe vana
senza mulungu. Si augura l’acqua
abbondante dello scorso anno e
si scongiura la siccità dei cinque
anni precedenti, quando decine
di famiglie hanno abbandonato il
distretto a causa della fame.
Sono io l’analfabeta
Ho grande rispetto per questa
gente che saluta prima con il sorriso ampio della bocca e degli occhi, - l’uomo levando il cappello,
la donna piegando lievemente le
ginocchia - stringendo poi la mano ruvida e callosa, indurita dalla
fatica del lavoro di ogni giorno.
Gente che forse non sa leggere
libri, ma che sa leggere il mondo. Sa leggere i segni della terra,
del fiume, degli alberi, degli animali. Sa leggere il cielo, il vento,
la luna e le nuvole quando preannunciano la pioggia. In questo
universo di grandi saperi, sono
io l’analfabeta.
Il timore dei… coccodrilli
Il corso principale del fiume
p. ANDREA FACCHETTI, sx
Zambesi dista circa due chilometri. Ma a lambire il villaggio
di Chemba, dove vivo con gli
altri confratelli, c’è una lanca
collegata al fiume da un passaggio che nei tempi di secca si
attraversa a piedi. In questo angolo incantevole di mondo, dove
la corrente è lieve e il fondale è
basso, si va a prendere l’acqua e
a pescare. Lì sono attraccate le
canoe che accompagnano alle
isole, formate dai meandri del
fiume. Sulle isole in molti vanno
a coltivare i loro campi, essendo
lì la terra più fertile e produttiva.
La canoa non è in vetroresina
come quella lasciata sul Po, ma
è un tronco di albero scavato. Il
remo è corto e ha una sola pala. Chi conduce siede a poppa.
Su una canoa la prima volta ci
vado con Estácio, vent’anni, che
ogni tanto aiuta lo zio pescatore.
Il timore è per i coccodrilli che,
comunque, non attaccano le canoe. Ma Estácio ha una ragione
in più per tranquillizzarmi: “Se
una persona non ha problemi
con altre persone, non ha di che
preoccuparsi”. E aggiunge: “I
coccodrilli e i cobra, sono man-
“Oggi vengo a casa tua!”
Arriva la primavera, l’inverno se ne va
M
entre scrivo, la primavera
è ancora lontana e l’inverno pare più lungo che mai.
La nebbia domina sovrana e la
pioggia sembra senza fine. In
molte zone della nostra penisola
l’acqua ha riempito fiumi e canali, ha distrutto argini e strade,
ha inondato paesi e case fino al
primo piano.
Essere sempre pronti
Viene spontaneo farsi molte
domande per cercare di capire se
è tutta colpa del destino o anche
colpa di noi uomini che abbiamo costruito su colline franose
e su letti di torrenti, svuotati nella siccità ma pronti a riempirsi
d’acqua in stagioni piovose e a
esondare come cascate, causando distruzioni e sofferenze.
Domani è un altro giorno.
8
Forse tornerà il sole con la bella
stagione; e forse noi uomini impareremo a rispettare la natura e
a prepararci ai prossimi inverni.
Nessuno conosce il futuro, anche se tutti lo desideriamo. Solo
Dio lo conosce e anche Gesù,
suo Figlio. Ma ai suoi apostoli,
che desideravano sapere quando
sarebbe giunto l’ultimo giorno,
Gesù non lo ha detto. Li ha piuttosto esortati con queste parole:
“State pronti poiché non conoscete né il giorno né l’ora, quando il Figlio dell’uomo verrà”.
Essere sempre pronti: ecco ciò
che conta di più!
Non avremo più paura
“Oggi vengo a casa tua”. Queste sono le parole che Gesù ha
detto a Zaccheo, il pubblicano,
che era salito su un albero per
La modesta chiesetta di Chapo, uno dei settanta villaggi della vasta
missione saveriana “Santa Teresina del Bambin Gesù” a Chemba (Beira)
dati, hanno un padrone”.
Per non avere problemi
In caso di un problema qualsiasi - malattia, furto, controversia
o lite - per risolvere la difficoltà
e per dirimere la questione ci si
rivolge generalmente allo n’ganga, lo stregone. Avrebbe il potere di curare la malattia, di identificare la persona colpevole del
furto o che ha torto nel litigio.
Si ricorre a lui prima ancora che
all’infermiere o al capo villaggio, alla polizia o al prete.
Può succedere che, pagando una lauta somma di denaro
- o il corrispettivo in capre - lo
stregone eserciti il suo potere
di vendetta sulla persona che si
presume colpevole. Il castigo è
portato a termine da uno spirito malvagio. Così, chi compie
un delitto può giustificarsi che
uno spirito è entrato in lui, non
era cosciente e quindi non può
essere responsabile. Oppure il
castigo avviene attraverso uno
spirito che entra in un cobra o in
un coccodrillo per colpire il colpevole. In questo modo, il male
è esorcizzato e la colpa per la
vendetta compiuta è de-responsabilizzata.
Ma lasciamo ad altri queste considerazioni. A noi basta
quanto conclude il buon Estácio:
“Se una persona non ha problemi con altre persone, cobra e
coccodrilli non fanno nulla”. ■
ESERCIZIO: STO IMPARANDO A...
p. ANDREA FACCHETTI, sx
p. SANDRO PARMIGGIANI, sx
vederIo, circondato da una grande folla. Egli era molto ricco
- nota l’evangelista Luca - ma
quando il Signore lo chiamò e
gli disse, “Scendi in fretta; oggi
devo fermarmi in casa tua”, Zaccheo obbedì immediatamente e
accolse Gesù pieno di gioia.
La folla mormorava perché
il maestro era entrato in casa di
uno strozzino. Forse non aveva
sentito le parole di Zaccheo. “Do
la metà dei miei beni ai poveri,
e se ho frodato qualcuno gli
renderò il quadruplo”. Gesù gli
rispose: “Oggi la salvezza è entrata in casa tua, perché il figlio
dell’uomo è venuto a cercare e a
salvare chi era perduto”.
Queste parole del Signore sono certamente rivolte anche a
noi, quando lo accogliamo ogni
giorno nell’Eucarestia e decidiamo prontamente, come Zaccheo, di cambiare vita e di spogliarci del superfluo per aiutare
i più poveri. E non avremo più
nessuna paura, né della malattia
né della morte, e sapremo accogliere Gesù pieni di gioia, facendo nostre le sue parole: “Grazie,
Signore, di avermi cercato e salvato e portato a casa tua, in pa■
radiso!”.
Una notte che l’unica luce è quella di una lampada a pile e il silenzio è interrotto solo da mulungu-la pioggia che cade persistente e
potente, prima di dire grazie a Mulungu-Dio, di un altro giorno che
chiude la porta, mi metto davanti al diario, prendo la penna e scrivo
quanto segue.
Titolo - “Esercizio semi serio di memoria: sto imparando a...”.
Svolgimento - Sto imparando a balbettare una lingua bantu. A non
prendere il caffè a metà mattina. A fare due passi di danza tradizionale senza farmi prendere in giro. A far uscire la jeep impiantata nel
fango. A costruire una capanna. A seguire il ritmo del sole, andando
a letto presto la sera e svegliandomi all’alba. Ad arrabbiarmi solo per
le cose importanti, ad esempio, un esproprio. A difendere un pezzo
di terra. A salutare anche quelli della Frelimo.
Sto imparando quanto il denaro e il potere possano rendere disumani gli umani. Che i pantaloni lunghi e la camicia, possibilmente bianca,
sono imprescindibili davanti alla burocrazia mozambicana. Che l’unico posto per vedere come era la foresta prima che arrivassero i cinesi è il cimitero. Che la televisione mozambicana è più alienante di uno
n’ganga - stregone. Sto imparando a giocare a calcio senza scarpe. A
guidare una canoa che è un tronco di albero scavato. A non far preoccupare mia madre e mio padre quando mi chiamano. Che noi missionari siamo qui da quindici anni, ma Dio è qui da sempre. A dare il nome agli alberi, agli animali, ai pesci, agli insetti, oltre che alle persone.
A camminare accanto a un popolo. O meglio, assieme a un popolo.
Sì, credo sia proprio così. Sto imparando a camminare assieme a un
popolo. A farmi prendere per mano da un popolo.
La stupenda acqua nella lanca del grande
fiume Zambesi, all’altezza di Chemba,
la missione saveriana in Mozambico
2014 MARZO
PIEMONTE
e LIGURIA
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I primi frutti dopo vent’anni
Un seme di CEM Mondialità in Giappone
piccolo seme di CEM
U nMondialità
- il centro di
educazione alla mondialità dei
missionari saveriani, a Brescia è arrivato anche in Giappone. A
portarlo è stato un saveriano che
in Italia si è aggiornato sulle materie di studio della scuola italiana e sulle novità bibliche, teologiche e liturgiche della chiesa.
La licenza speciale
Il terreno in Giappone per
questo piccolo seme è stato offerto dalla preside di un istituto
femminile di scuola media e superiore nei pressi di Osaka. In
Giappone, come in Italia, non
c’è una materia specifica per
la mondialità. Ma nelle scuole
private cattoliche c’è un’ora settimanale di insegnamento della
religione, che si presta a un’apertura mondiale su ciò che Dio
ha creato e Gesù ha redento.
Per insegnare in Giappone occorre frequentare due o tre anni
un’università giapponese che abbia la facoltà di studi religiosi e
ottenere la licenza da parte della
prefettura. Per fortuna, di fianco
alla scuola, c’era un’università
cattolica che dava la possibilità
di fare gli studi richiesti. In questo modo provvidenziale il piccolo seme di mondialità ha potuto attecchire in terra giapponese.
Il seme spunta in due scuole
Dopo vent’anni il seme è
spuntato in due scuole medie,
una nei pressi di Osaka con il
nome “Yuri” (Giglio) e l’altra
a Kyoto con il nome “Seibo”
(Santa Madre). Perché così tanto
tempo? Perché in Giappone c’è
poco interesse per la religione, e
quindi scarsità di sussidi per il
suo insegnamento. Inoltre, l’insegnamento in generale nelle
scuole giapponesi si svolge in
modo tradizionale, memorizzando quanto è scritto sul testo
di studio e copiando ciò che l’insegnante scrive sulla lavagna.
Si è ancora molto lontani dalla
scuola attiva proposta da CEM
Mondialità. E poi, il contenuto
religioso proposto dal seme andava ben al di là delle devozioni
p. MARIO AUDISIO, sx
religiose. Nonostante le varie
difficoltà dovute alla trasmissione a un’altra cultura di una
proposta completamente nuova,
il seme ha attecchito.
Un percorso di tre anni
È partito un corso triennale
di 124 lezioni per studenti non
cristiani, che va dalla prima alla
terza media. Ogni lezione è di
50 minuti settimanali. Nel primo
anno si cerca di scoprire l’amore che Dio ci dimostra tramite
la creazione e l’incarnazione.
Nel secondo anno si fa il giro
del mondo per vedere come le
principali religioni rispondono
all’amore di Dio. Nel terzo anno, che corrisponde all’ultimo di
scuola obbligatoria in Giappone,
si decide quale risposta personale dare all’amore di Dio nella
propria vita.
Per facilitare questa scelta
decisiva, si propongono agli
studenti vari modelli di risposta:
la visione di audiovisivi, la corrispondenza internazionale tra
studenti giapponesi e coetanei
Padre Mario Audisio è l’autore di questo racconto sullo
sviluppo del concetto di “Educazione alla mondialità”
nelle scuole giapponesi
italiani,
il contatto con le
parrocchie vicine e la
partecipazione alla Messa domenicale
della comunità cristiana.
Gesù al centro della vita
Sarebbe auspicabile che questo
seme CEM possa svilupparsi e
diffondersi in tante altre scuole.
Per questo occorre formare personale locale e mettere su un centro
di produzione e distribuzione del
materiale didattico necessario.
Questo materiale consiste in
dispense da distribuire durante
le lezioni in modo che gli stu-
denti possano lavorarci sopra.
Le dispense sono poi raccolte in
due fascicoli rilegati, uno di lavori scritti, l’altro di fotografie,
illustrazioni e lettere scambiate
durante i tre anni del corso. Questo compendio, che documenta
la crescita fisica, culturale e religiosa degli adolescenti, viene
poi consegnato loro alla fine
della scuola media.
Attualmente, sono circa 2.500
le allieve delle scuole Yuri e Seibo che, terminato questo corso,
sono passate alla scuola superiore. Non so quante di loro sono diventate cristiane. Mi auguro però
che tutte abbiano posto a fondamento della loro vita il messaggio di amore proposto da Gesù.
■
(continua nel riquadro)
MISSIONE E PREGHIERA / 42
La nostra vera conversione
Da una “oscura mondanità spirituale”
sua esortazione apoN ella
stolica Evangelii gaudium
papa Francesco ha parlato con
estrema chiarezza di una «oscura mondanità spirituale» da cui
ci si deve liberare, per poter essere credibili testimoni del vangelo e portatori di vita nuova,
di comunione e di pace, in un
mondo sofferente e malato come
è il nostro, dove anche i giovani
spesso sembrano non avere più
la forza dei grandi ideali. È a
questo cammino di liberazione
che ci invita la chiesa, in particolare nel tempo di quaresima
che si apre con il pressante invito: Convertitevi e credete al
vangelo!
8
L’arma della preghiera
La fede, in effetti, è sempre
messa alla prova. Per essere custodita integra, richiede un continuo combattimento che consiste essenzialmente nel “rimanere
saldi”, nel “tener duro” in tutte
quelle circostanze o situazioni di
contrarietà, di prova, di tentazione in cui possiamo venirci a trovare e che potrebbero spingerci
lontano dal Signore, sopraffatti
da turbamenti interiori o da sentimenti di sfiducia o di dubbio,
da stanchezza spirituale.
Arma del combattimento spirituale è la preghiera: una preghiera incessante e umile. È la
preghiera, infatti, che, mettendoci in comunione con Dio, ci dà
la forza di superare le tentazioni
interiori e nel rapporto con gli
altri ci aiuta a sciogliere i nodi
dell’incomprensione, a vincere
i sentimenti di ostilità e a far
prevalere la benevolenza. Nel
combattimento spirituale, infatti, la vittoria deve essere sempre
della carità.
Il martirio della coscienza
Come Gesù, morendo sulla
croce, ha riportato la vittoria che
M. ANNA MARIA CÀNOPI, osb
benedettineisolasangiulio@ngi.it
dona a tutti la salvezza, così anche per noi il trionfo dell’amore
esige che sappiamo morire a noi
stessi per gli altri. Nelle situazioni difficili e dolorose, invece di
disperarci o addirittura di rinnegare il Signore, dobbiamo saper
guardare a lui e avere sempre
presente anche l’esempio dei
martiri e dei santi.
Ogni giorno siamo chiamati
a scegliere tra Gesù e noi stessi,
tra la fedeltà a Cristo o il rinnegamento (forse non dichiarato
espressamente, ma manifestato
nella pratica, con i fatti). La scelta radicale per Cristo comporta
un combattimento spirituale che
dobbiamo sostenere, rifiutando
di diventare disertori, di darci
alla fuga davanti a quanto ci è
richiesto di faticoso sacrificio.
Tale combattimento ci può costare caro, ci può costare sangue:
è il martirio della coscienza. Ma
l’esito non ci deluderà mai, perché, quanto più radicalmente sapremo distaccarci dal nostro “io”,
istintivo ed egoista, tanto più fortemente ci troveremo stretti a Gesù Cristo, che morendo sulla croce ha vinto e sempre vuole vincere in noi, per renderci parteci■
pi della sua vita gloriosa.
QUELLA FOTOGRAFIA, UNA SORPRESA !
Desidero ringraziare il direttore del nostro mensile “Missionari Saveriani” per la grande sorpresa, mettendo la mia foto sul calendario
del 2014, nella pagina di gennaio. Le mie sorelle dall’Italia mi hanno
subito telefonato per dirmi la loro gioia nel vedermi per tutto il mese, in classe con le mie allieve.
Queste allieve di prima media ora sono cresciute, ma mi fa piacere rivederle in questa bella fotografia. La foto è stata scattata da un
fotografo per un pieghevole di propaganda della scuola Yuri. E ora
è servito come… promozione del lavoro missionario. Spero che susciti un po’ di interesse per questo modo di fare missione in Giappone.
Nel frattempo mi è balenata un’idea: mettere a disposizione di tutti
gli insegnanti di religione del Giappone, tramite internet, i materiali
e suggerimenti didattici che ho preparato finora. Per questo sto consultando alcuni specialisti in materia, in modo da trovare la via giusta
per la sua realizzazione.
Per fare questo ci vuole molto tempo disponibile. Attualmente, insegnando in due scuole, ogni settimana devo correggere i compiti di 200
allieve e preparare le lezioni per le 10 classi dalla prima alla terza media. Il prossimo anno scolastico, quindi, lascerò una delle due scuole,
sperando così di avere più tempo per questo lavoro nella mondialità.
Congratulazioni per il bel mensile “Missionari Saveriani” e auguri
per un buon lavoro anche nei prossimi anni.
p. Mario Audisio, sx - Osaka, Giappone
2014 MARZO
PUGLIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558
E-mail: saveriani-ta@libero.it - C/c. postale 10423747
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Adozione... missione d’amore
Abbiamo imparato la semplicità del cuore
L
a nostra storia nasce circa
undici anni fa quando mia
moglie e io ci siamo conosciuti, amati e poi sposati. Da quel
momento, il desiderio di creare
una famiglia era sempre nei nostri pensieri, tanto che avevamo
scelto anticipatamente anche i
nomi dei nostri figli: Luca, Valentina, Emanuele.
Passavano giorni, mesi e anni,
ma il nostro sogno non si coronava. Poi, il verdetto: alcuni medici e specialisti ci hanno detto
che l’unica via per diventare genitori sarebbe stato l’aiuto di un
intervento artificiale.
Un sogno da vivere
Eravamo scossi e increduli,
ma entrambi convinti che quella suggerita non fosse la strada
giusta da intraprendere. Viaggi e
riconoscimenti lavorativi cominciavano a riempire le mie giornate. Ero convinto di dare a mia
moglie quello che desiderava, di
PASQUALE MONOPOLI
renderla felice. Ma la luce nei
suoi occhi era spenta: dov’era
finito il vero amore? E il desiderio dei bambini? Tutto rinchiuso
in soffitta?
Nel momento in cui tutto sembrava perso, solo la saggezza e
l’amore di Dio avrebbero potuto
recuperare un rapporto di coppia quasi logorato. Pian piano
la nostra famiglia ricominciava
ad avere basi solide: nel poco
eravamo felici, eravamo di nuovo capaci di sognare insieme,
anche se un sogno da vivere ci
mancava.
merose diversità tra loro (cultura, razza e tradizione) erano state
superate già nel primo incontro
da un legame esistente prima
della loro nascita, proprio come
avviene per un figlio biologico.
Nasceva in noi il desiderio di
approfondire la conoscenza di
questo mondo: internet, incontri informativi, esperienze di
coppie… Eravamo disorientati
e confusi, ma convinti che forse
la strada dell’adozione avrebbe
realizzato il sogno che da tempo
rincorrevamo. Ma come poteva
essere nostro figlio?
La strada da percorrere
Sulle strade della nostra vita il
Signore ci riserva sempre incontri inaspettati… Nella comunità
parrocchiale di Lama eravamo
attorniati da bambini adottati che
fino a quel momento non avevamo mai conosciuto. La cosa che
più ci sbalordiva era sapere dai
loro genitori adottivi che le nu-
Tappa dopo tappa…
La risposta era in un passo
del vangelo: “Io ti rendo lode,
Padre, Signore del cielo e della
terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. Era racchiusa
in un sorriso di un bambino del
Congo appena arrivato. Avevamo capito che lì c’era la parte di
Il centro missionario di Taranto
Per respirare la buona aria della mondialità
alla cattedrale di S.
V icino
Cataldo, c’è un palazzo
antico. Lì da tanti anni, persone con il cuore grande lavorano
per la missione, anzi diventano
sempre più missionarie. Il centro
missionario ci aiuta a vivere la
missione, per incoraggiare l’evangelizzazione e la promozione
umana nel mondo.
Coordinamento
e formazione
Il responsabile è don Ciro
Santopietro, coadiuvato dalla
delegata Lina Adinolfi e da tutta
una serie di persone. Basta partecipare a un incontro e non bastano le sedie, talmente si è tanti. Il mondo è grande e il nostro
cuore ancor di più.
8
Il centro missionario, prima
di tutto, cerca di coordinare le
varie realtà missionarie, presenti
in diocesi. Oltre ai missionari,
ci sono una miriade di gruppi
e associazioni che lavorano per
le missioni. Sarebbe bello conoscerli tutti, guardarci in faccia
per essere più efficaci e condividere le meraviglie dell’amore
di Dio.
Poi naturalmente, il centro
promuove la dimensione missionaria della pastorale diocesana. Significativa è stata la veglia
missionaria, organizzata insieme
all’ufficio della pastorale giovanile. Si lavora nella formazione
degli animatori adulti e giovani,
perché capiamo che è importante conoscere e sapere.
Alcuni collaboratori del centro missionario diocesano di Taranto
con la delegata Lina Adinolfi (seconda a sinistra)
p. OLIVIERO FERRO, sx
Insieme si fanno
tante belle cose
Non si può dimenticare il laboratorio missionario della “Carità operosa”, dove si fanno lavoretti (bomboniere, braccialetti,
ricami...) per recuperare qualche
euro da inviare in missione. Interessante è anche l’attività delle
pergamene (per nascite e battesimi). In diocesi, oltre al mese
missionario e alla veglia, ci si dà
da fare per la festa dell’infanzia
missionaria e per la via crucis
dei martiri. Anche la collaborazione con Migrantes, soprattutto
per la festa dei popoli, è un momento importante. E per finire,
è ottima la collaborazione con
i saveriani e i missionari della
Consolata.
Avremmo piacere di essere più presenti nelle parrocchie e nei gruppi. Per
questo siamo disponibili per fare insieme quello
che ci dice papa Francesco, cioè aprire sempre più
il nostro cuore al mondo
intero. Insieme, si possono
fare tante belle cose. Il nostro arcivescovo ci ricorda
che le vocazioni missionarie sono ancora importanti.
Allora, come diciamo noi,
diamoci da fare, con l’aiuto del Signore e con la testimonianza gioiosa di cia■
scuno di noi.
Justine, François e Marcelline i tre bambini adottati
da Pasquale e Rossella Monopoli, di Taranto
felicità che cercavamo, il nostro
sogno incompiuto, il figlio che
aspettavamo da anni…
Mia moglie presentò la domanda al tribunale di Taranto
il giorno dell’Annunciazione,
25 marzo 2011. Alla vigilia
dell’Immacolata, siamo stati
chiamati dal giudice per ricevere l’idoneità all’adozione. Il
2 febbraio (Candelora) 2012 ci
è stato recapitato il certificato a
casa… In aprile abbiamo dato il
mandato all’associazione “Figli
della luce” di Francavilla Fontana (Br), che opera in Congo.
Si tratta di un’associazione formata da famiglie volontarie che
a loro volta hanno esperienza di
adozione.
Non uno, ma tre!
I mesi passavano, la nostra
speranza di conoscere nostro figlio aumentava. Il 31 dicembre
2012, la responsabile delle Stimmatine suor Maria Rosaria, con
voce ferma e autorevole, ci chiese se le indicazioni date al tribunale di Taranto fossero esatte,
ovvero la possibilità di adottare
anche più bambini. Mia moglie
con voce flebile chiese il motivo della domanda; prontamente
le fu risposto che l’associazione
aveva pensato di affidarci tre
fratellini.
Erano loro i tre bambini che
avevamo sempre desiderato, anche se i loro nomi non corrispondono a quelli da noi immaginati. Justine, François e Marcelline non sono ancora con noi, ma
ogni volta che li sentiamo telefonicamente la nostra vita si aggiunge di quel tassello mancante sconosciuto. Justine, François
e Marcelline ci hanno già donato un grande valore: la semplici■
tà di cuore.
INCONTRI SUL MONDO A RADIO PUGLIA
p. OLIVIERO FERRO, sx
Un bel giovedì di ottobre 2013 sono iniziate le trasmissioni a Radio Puglia parrocchiale (101,7 Mhz) a San Giorgio Jonico. L’accoglienza di don Domenico e dello staff ha dato il via alla rubrica missionaria “Giramondo”. Volevamo andare in giro per il mondo, in particolare in Africa, e anche qui nei dintorni per conoscere le belle notizie
provenienti da persone e movimenti, impegnati nel rendere concreto l’amore di Dio.
Abbiamo cominciato con un po’ di comprensibile emozione, ma poi
le onde della radio ci hanno cullato e portato in mondi diversi. Chi ci
ascoltava, apprezzava quello che facevamo. Anche le telefonate in arrivo lo confermavano. Dato che la radio va in streaming, anche noi ci
sentivamo parte viva del mondo.
Dopo le prime trasmissioni in stile africano (ricordi di vita vissuta),
siamo riusciti a trovare persone che ci hanno donato la loro esperienza. Abbiamo cominciato giocando in casa, facendo conoscere chi sono i saveriani. Poi Ileana, a nome dei giovani che hanno partecipato al
cammino da Loyola a Xavier (Spagna), ci ha dato il gusto della ricerca
e la gioia dell’incontro con Ignazio e Francesco Saverio.
Cosimo, un nostro amico
Il giovedì alle
di Lama, ci ha raccontato la
8.30 p. Oliviero
sua esperienza in Albania.
Ferro è protagoE di seguito la galassia “Minista sulle onde
di Radio Puglia
grantes” con Marisa e i suoi
(101,7 Mhz) con
collaboratori. Speciale è stala trasmissione
ta la scoperta della “Stella
“Giramondo”
Maris”, con i lavoratori del
mare, soprattutto al porto di
Taranto. Infine, ma solo per
ora, perché le trasmissioni
continuano ogni giovedì alle
8.30, l’incontro con i volontari della sofferenza fondati da mons. Novarese. Insomma, tante storie, tanti volti,
tante vite condivise, perché
ci sono tante persone che
fanno tanto bene in silenzio.
2014 MARZO
REGGIO
CALABRIA
89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze
Santuario Madonna della Grazia
Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: saverianigallico@libero.it - C/c. postale 10444891
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Le nostre adozioni a distanza
La Provvidenza non finisce di stupire!
E
ra la vigilia di Natale e ci
si confrontava sull’iniziativa “sostegno a distanza 20132014”, con perplessità e dubbi, in considerazione soprattutto
dell’attuale crisi economica. C’era chi evidenziava che dobbiamo
fare i conti con una mentalità individualistica e consumistica, e
quindi con una realtà che ci sfida. I più ottimisti erano dell’avviso che avremmo faticato parecchio a confermare le otto adozioni dello scorso anno.
Ma queste valutazioni appartengono alle categorie umane,
rappresentano limiti troppo angusti per la Divina Provvidenza e
non tengono in considerazione la
potenza della sua azione… Esito finale: sono confermate le otto adozioni, e in più una nuova!
Abbiamo vinto la sfida
Da rimanere senza parole!
Ogni anno facciamo esperienza
che la Provvidenza e l’amore di
Dio hanno palpiti immensi: liberano la via, abbattono qualsiasi
ostacolo e oltrepassano qualsiasi
confine, scuotendo tutto e tutti.
Da parte nostra anche quest’anno abbiamo accettato la sfida e
siamo stati vinti!
Un altro aspetto da sottolineare è che da qualche anno in maniera del tutto naturale e spontanea ci sono state risposte anche
da altre realtà della nostra parrocchia, a dimostrazione che il
messaggio oltrepassa gli steccati.
Abbiamo compreso, inoltre,
l’importanza di non lasciarci
immiserire dal clima festaiolo,
infarcito di pranzi e cenoni, per
rispondere e sentirci mobilitati
dalla chiamata di Gesù, il quale ci ricorda che in un’altra parte del mondo ci sono altri fratelli e sorelle che aspettano un no-
MARIO PENSABENE
stro gesto di solidarietà. Ai suoi
occhi tutti siamo importanti, anche questi bambini meno fortunati dei nostri figli: tutti siamo
membri di una sola famiglia e
tutti siamo chiamati a dare compimento al motto dei missionari
saveriani: “fare del mondo una
sola famiglia”.
Vedere il mondo
in modo nuovo
Tutto ciò fa sì che la fiammella dell’amore non si spenga, nonostante i venti impetuosi che
soffiano in quelle terre producendo disastri, lutti, fame e sofferenza. Certo, non significa che
non ci sarà più gente povera, costretta a fuggire da villaggi dopo aver subito saccheggi tremendi. Però è bello pensare che
il nostro gesto permetterà a tanti bambini di ritrovarsi insieme,
di manifestare la loro fede, di ri-
Festa della candelora in santuario
Per essere sale della terra e luce del mondo
L
a presentazione di Gesù al
tempio è un momento significativo della vita della sacra
famiglia che, per osservare la
legge, si reca al tempio di Gerusalemme per offrire il figlio primogenito e compiere il rito della purificazione. Ma soprattutto
apre uno squarcio su quella che
sarà la missione del Cristo nelle parole del vecchio Simeone:
“I miei occhi hanno visto la tua
salvezza, preparata da te davanti
a tutti i popoli, luce per rivelarti
alle genti”.
Prendere in braccio Gesù
Anche quando “una spada
ci trafiggerà l’anima”, come a
Maria ai piedi della croce, certi
di aver visto in Cristo la nostra
salvezza, sotto il peso delle nostre croci, siamo chiamati a testimoniare la gioia della buona
notizia, a esercitare la missione
8
della pace, la passione per la
verità e la coerenza con il vangelo, ed essere sempre il sale
della terra e la luce del mondo.
Da queste parole deriva la festa
della Candelora con il rito della
benedizione delle candele, che
si celebra il 2 febbraio, quaranta
giorni dopo la nascita di Gesù,
per ricordare che Cristo è la luce
del mondo.
In un clima di festa, domenica
2 febbraio alle 18, nella bella cornice del santuario Madonna della
Grazia in Gallico Superiore, si è
celebrato il rito della Candelora.
È una celebrazione importante,
che va oltre la memoria, e insegna a noi cristiani come vivere
alla sequela del Signore.
La candela benedetta
in ogni nostra casa
Dopo il saluto all’assemblea
p. Pierluigi, insieme al diacono
CARMELO ZUCCARELLO
Mario Pensabene, hanno percorso con la “luce” la navata centrale, accendendo le candele dei
fedeli, che accolgono la “luce”
in un clima di silenzio e di raccoglimento. Il vecchio Simeone
ebbe la luce di Dio riflessa sul
suo volto, e trovò pace. Così
anche noi nel volto di Cristo
dobbiamo trovare pace e comprendere che rendere culto a Dio
significa aprirci al suo desiderio
di rendere felice ogni uomo.
Il coro dei giovani intona il
canto del Gloria a Dio, al quale
partecipa accorata tutta l’assemblea. Ogni famiglia porta a casa
la candela benedetta, simbolo
della luce di Dio per ogni momento di bisogno fisico e spirituale.
Il giorno dopo, memoria di
san Biagio, ci siamo ritrovati in
santuario per il tradizionale rito
della benedizione della gola. ■
Il 2 febbraio nel santuario Madonna della Grazia di Gallico, p. Pierluigi Felotti ha presieduto la celebrazione della Candelora; il
giorno dopo ha celebrato il rito della benedizione della gola, per intercessione di san Biagio
prendere coraggio e di ravvivare in loro la certezza che il
Signore non è secondo a nessuno in quanto a generosità.
Sono ormai trascorsi tanti anni e tutti abbiamo compreso che questa iniziativa
può essere un’occasione che
ci consente di verificare le parole del profeta: “Se offrirai il
tuo pane all’affamato, se consolerai l’anima afflitta, la tua
luce brillerà nelle tenebre”.
È da qui che comincia la nostra conversione, da un nuovo modo di guardare il mondo, dove tutti siamo figli dello
stesso Padre e fratelli tra noi.
Siamo dono
gli uni per gli altri
Papa Francesco, in una delle sue omelie, ha sottolineato
che Dio non è come noi: Lui,
che tutto ci dona, ci sa ricompensare con grandezza per
ogni piccolo gesto d’amore.
Per cui dobbiamo sentirci debitori verso il prossimo. Ogni
prossimo è la nostra via per
arrivare a Dio. Ha anche evidenziato che non si può vivere
felici da soli: siamo tutti interdipendenti in uno scambio d’amore, fatti gli uni per gli altri.
Queste parole del papa sembrano semplici, scontate. Ma
non è così! Rendersi conto che il
rapporto con Dio passa attraverso i fratelli a volte può risultare
una scoperta inaspettata, qualcosa perfino difficile da far entrare
Domenica 26 gennaio, come avviene
da oltre vent’anni, si è concluso il mese destinato alla raccolta di fondi per
le adozioni a distanza. Un momento
veramente forte che sigilla le festività
natalizie. Abbiamo raggiunto e superato l’obiettivo: 8 adozioni rinnovate più
una nuova; la raccolta è stata di 3.024
euro. Grazie al Signore e a tutti voi che
avete condiviso.
nella nostra vita, nel nostro quotidiano. Prenderci carico della sorte di questi bambini rappresenta
sicuramente per tutti noi la possibilità di fortificare e arricchire la
nostra comunione con Gesù.
Siamo riconoscenti e benediciamo Dio che ci ha chiamati a
essere testimoni della sua vicinanza a questi bambini, così lon■
tani dalla nostra realtà.
“IN QUESTO PICCOLO ASILO DI PACE”
p. MARIO GUERRA, sx
Padre Mario Guerra è salito al cielo lunedì 17 febbraio. Prima di
trasferirsi a Parma per cure era stato animatore missionario a Gallico
per vari anni. Ecco come descriveva quell’esperienza in una lettera del
2007 a mons. Giorgio Biguzzi, vescovo della diocesi di Makeni in Sierra
Leone, dove p. Mario era stato missionario e “prigioniero dei ribelli”.
Caro mons. Giorgio, sono nella comunità saveriana di Reggio Calabria. È un ambiente pastorale bellissimo. C’è il giusto necessario di avvenimenti stressanti per le mie forze: “Ti basta la mia grazia”. Il parco è molto frequentato e quanti problemi entrano per quel piccolo
cancello: anziani spesso soli, ragazzini scapestrati, giovani e ragazze
con le loro passioni...
Tutti entrano in questo piccolo asilo di pace in cerca di aiuto. C’è
tanto da fare. Faccio del mio meglio, ma qui ci vuole gente super. Per
fortuna abbiamo il buon Maestro, che ci ha assicurato: “Ciò che non
è possibile agli uomini, è possibile a Dio”. Questo mi basta per quietare le mie ansie.
Come vedi, la stagione è
cambiata: la primavera della
giovinezza è passata. Ora sono nell’autunno. I colori degli
eventi si sono attutiti, con i colori della riflessione, pace e serenità. Il Signore è stato buono
e paziente con me. Lo benedico.
Sono ormai vicino a consegnare il “testimone” ad altri giovani volonterosi. Ripeto
le parole di san Paolo: “Ho finito la corsa, ho conservato la
fede”. Ti ricordo sempre al Signore per quell’amicizia e fratellanza che va oltre ogni sentire umano. Il Signore sia con te
e ti accompagni. Ti chiedo una
Padre Mario Guerra nel parco
grande benedizione.
della mondialità a Gallico Superiore
p. Mario Guerra, sx
2014 MARZO
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
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Scossone per darsi una mossa
La gioia del vangelo fa la chiesa missionaria
T
anti documenti della chiesa rimangono chiusi nei
cassetti. Non sarà così per l’esortazione apostolica “Evangelii
Gaudium - La gioia del vangelo” di papa Francesco. Vi è
tratteggiato un “nuovo” volto di
chiesa che deve prendere corpo.
Già nel 1990 Giovanni Paolo II aveva invitato la chiesa a
rinnovarsi missionariamente e
a passare da una pastorale della
conservazione alla pastorale della missione. Tale invito, per vari
motivi, è rimasto praticamente
lettera morta. La paura del nuovo e una certa staticità hanno
prevalso sul rinnovamento.
le cose come stanno. Ora non ci
serve più una semplice amministrazione. Costituiamoci in tutte
le regioni della terra in uno stato
permanente di missione”, afferma papa Francesco (n. 25).
Ma ciò che più ci sorprende è
che il papa abbia scelto la gioia
come segno distintivo di chi ha
accolto il vangelo e lo comunica
agli altri. “La gioia del vangelo
Tutti si sveglino
L’esortazione di papa Francesco è come un salutare “scossone” che spinge la chiesa a diventare più attrattiva e a uscire
da se stessa. Vescovi e clero,
religiosi e religiose, laici e laiche, parrocchie e comunità, tutti
devono svegliarsi dal sonno,
“darsi una mossa” e mettere in
atto “una conversione pastorale
e missionaria che non lasci più
p. F. ROTA MARTIR, sx
riempie il cuore e la vita intera
di coloro che si incontrano con
Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto
interiore, dall’isolamento. Con
Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (n. 1).
La faccia da… quaresima
Qui si tocca un punto veramente cruciale della vita cristiana. Il filosofo Friedrich
Nietzsche rimproverava ai cristiani di avere il volto triste e di
rendere un pessimo servizio al
messaggio che essi pretendono
di annunciare.
Anche papa Francesco riconosce che “ci sono cristiani che
sembrano avere uno stile di quaresima senza Pasqua”, anche se
è vero che “la gioia non si vive
sempre allo stesso modo in tutte
le tappe e circostanze della vita,
a volte molto dure” (n. 6). Tale
gioia non è entusiasmo passeggero e neanche euforia; spesso
è più “uno spiraglio di luce che
nasce dalla certezza personale
di essere infinitamente amati, al
I
l giorno del funerale a Lenola, in provincia di Latina, una signora ha detto: “Ha
lasciato il fratello Nicola per
andare a trovare il fratello Angelo”. È proprio così. Dolores,
così si chiamava, era nata tra i
due. Riceveva baci dal più grande e ne dava al più piccolo. Poi
il più grande, Angelo, era andato in seminario. E anche il più
piccolo, Nicolino, era partito per
diventare missionario saveriano.
8
L’angelo custode in famiglia
Così lei era rimasta sola. Ci
soffriva. Ma quando tornavano
in vacanza, li riempiva di attenzioni e di carezze. Intanto, si
era buttata a capofitto su tutto:
aiutava in casa, animava i gruppi di Azione cattolica, andava in
bicicletta nei casolari più sperduti per curare gente afflitta da
malaria, cuciva e ricamava con
passione. Poi si ammalò il papà,
ed era lei che lo assisteva. Poi si
ammalò la mamma: morbo di
Parkinson, malattia lunga, estenuante. Ed era ancora lei l’angelo custode.
Il Signore le fece incontrare
uno sposo meraviglioso. Quattro figlie. Aveva molto da fare.
Ma tutto questo non le bastava.
Visitava i malati, aiutava i più
poveri e bisognosi. La sua casa
era sempre aperta. Accompagnava in tutto il fratello don Angelo,
sempre indaffarato come cancelliere vescovile e come parroco,
prima a San Giovanni e poi in
cattedrale.
Con gli occhi rivolti a Maria
Poi anche don Angelo si ammalò: malattia lunga e dolorosa.
E lei sempre accanto, sino alla
fine. Poi fu la volta di p. Nicolino, il fratello più piccolo, da 34
anni missionario in Amazzonia.
Tornato per un breve periodo di
Dolores Masi, sorella del saveriano p. Nicola, è salita al cielo
il 24 gennaio 2014
Uscire per fare missione
In ogni caso, continua papa
Francesco, fede e gioia devono
andare insieme e sgorgano entrambe dall’incontro con Colui
che ci rinnova dal di dentro e
apre i nostri orizzonti, facendoci
uscire da noi stessi. È un’uscita
missionaria! Per fare spazio agli
altri, ai poveri, a chi è escluso e
considerato un avanzo, uno scarto, un essere inutile (n. 53).
Si tratta di uscire da noi stessi
per raggiungere le periferie umane, sociali, esistenziali. E questo
invito lo vediamo messo in pratica da papa Francesco, un uomo
felice perché disinteressato a se
stesso, totalmente immerso nella
vita e nell’attenzione agli altri. ■
Sembrerebbe un’Ultima Cena ridimensionata (da tredici a cinque); invece no. È solo una riunione del “consiglio generale” dei
saveriani, in Viale Vaticano 40. Al centro, con le braccia allargate (a indicare le tante carte, invece del rituale “pane e vino”), il
superiore generale p. Luigi; alla sua destra, p. Mario e p. Eugenio; alla sinistra, p. Antonio e p. Javier. Dopo aver visitato molte comunità saveriane in varie nazioni del mondo, dall’Estremo
Oriente all’Estremo Occidente, i cinque sono riuniti per una valutazione e per un miglioramento… in vista.
UNA POESIA ROMANESCA
PAOLO ZEPPILLI
Dolores, una vita d’amore
Un fratello parroco e l’altro missionario
di là di tutto” (n. 6).
p. NICOLA MASI, sx
riposo, si era ammalato e non era
potuto ripartire. Di nuovo è lei
a fare da angelo custode. Infine
è stato il suo turno. Molti dolori, molta sofferenza. Ma sempre
con la corona in mano, sempre
affidandosi a Gesù, gli occhi
sempre rivolti a Maria.
Ora mi ha lasciato; ci ha lasciati. Forse aveva nostalgia
dell’altro fratello, del papà, della mamma, dello sposo. Io l’ho
lasciata partire, ma mi ha detto
che avrebbe pregato per le figlie
e per le loro famiglie, per i nipoti, per me e la mia cara Amazzonia, per tutti. Penso che Gesù
e Maria, che lei ha tanto amato,
l’abbiano già fatta entrare in
paradiso, nella casa della pace
eterna.
“Vi ringrazio di cuore”
Grazie di cuore a tutti per essere stati vicini a mia sorella e a
me. Le vostre preghiere ci hanno
dato forza e coraggio. Abbiamo
sentito la bellezza della fraternità e ancor più abbiamo sentito
quanto è bello sapere che abbiamo lassù un Padre che ci ama e
ci aspetta. Gesù e Maria ci prendano sempre per mano e ci ac■
compagnino sempre.
L’autore di questa poesia romanesca è medico “cardiopoeta”, come lui stesso si definisce, nella prefazione del libro “Li buffi de la Sanità” (CESI Edizioni, novembre 2013, pagine 70, 10 euro). Una situazione che tutti conosciamo bene, quella della Sanità. “Quantunque ce
sarebbe da piagne”, chissà come, c’è spazio anche per un missionario
del Bangladesh, che qui riportiamo, dietro segnalazione di un comune amico, p. Giuseppe Ibba, che ringraziamo.
Er “Catorcio”
Vojo sapé: perché questo malato
occupa un letto de Rianimazzione
si nu’ rientra ne l’indicazzione
der Protocollo che v’avemo dato?! 1
Vojo pe lunedì ‘na relazzione!
Sur pesmèchere 2 e quanto c’è costato
riesumà sto catorcio incerotato 3
co mezzo còre e un quarto de pormone!
È costato parecchio - M’arincresce 4
ma sto catorcio è Padre Provvidenza,
un prete missionario in Bangradèsce 5.
Cià detto: “Si me fate respirà,
ritorno giù pe faje ‘n’antramenza;
ce so’ parecchi pupi 6 da sfamà”. -----------Quer pupo, smunto, che je butterà
pe gratitudine le braccia ar collo
Vale da solo tutto er… Protocollo.
1 Il ricovero è “inappropriato” se non rientra nelle indicazioni del Protocollo (si chiamano Linee Guida). Il sonetto (con la coda) è dedicato ai colleghi (ce ne sono ancora)
che fanno spesso “uno strappo alla regola” per curare malati che… non dovrebbero
morire mai. 2 Il funzionario amministrativo contesta la spesa per un costoso pacemaker (romanizzato, pesmèchere), impiantato per far funzionare meglio il cuore di un
paziente con aspettativa di vita ridotta. 3 Macchina vecchia. In questo caso, un malato con molte patologie, pieno di… cerotti. 4 Mi dispiace… per voi, in senso ironico.
5 Bangladesh, una delle regioni più povere del mondo. 6 Bambini.
2014 MARZO
ROMAGNA
48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: saveriani.spv@libero.it - C/c. postale 13591482
Il cuore, il ponte, la stella
Nuovo vescovo di San Marino-Montefeltro
Sabato 25 gennaio a Ferrara
don Andrea Turazzi, fratello del
saveriano p. Silvio, è stato consacrato vescovo dal cardinale
Carlo Caffarra. Il nuovo pastore della diocesi di San MarinoMontefeltro esprime i sentimenti
e le convinzioni che lo animano
(da: La Voce di Ferrara e Comacchio).
sorpresa e smarrimenD opo
to, si alternano due sen-
timenti. Il primo è di nostalgia
per il distacco da Ferrara, dalla
comunità parrocchiale della Sacra Famiglia e dalle tante persone con cui ho vissuto e lavorato.
Il secondo è di trepidazione e insieme di istintiva simpatia e curiosità verso le persone che incontrerò.
Come al giovane ricco, anche
a me Gesù chiede di lasciare tutto. Sento cosa significa essere in
qualche modo espropriato. Penso ai tanti che per motivi di fa-
miglia o lavoro devono andare
lontano, cambiare casa, rimettersi in gioco, assumere responsabilità.
Azione cattolica e seminario
Guardo indietro e mi vedo
dopo il tirocinio nelle parrocchie della Madonnina e a Pontelagoscuro, quando ho lavorato
nell’Azione cattolica, prima tra
i ragazzi, ultimamente con gli
adulti. Si faceva molta strada incontrando, quasi ogni sera, parroci, educatori e gruppi. Formidabile è stato il periodo dell’insegnamento di religione nella
scuola statale, all’istituto “Vincenzo Monti”. Le prime giornate
furono campali; ero giovanissimo e inesperto. Tenni duro e furono dieci anni decisivi per l’incontro con il mondo giovanile,
occasione di studio e di ricerca,
di messa in discussione di tante
ingenue sicurezze.
Delicati e importanti sono sta-
mons. ANDREA TURAZZI
ti i diciannove anni nella direzione spirituale del seminario diocesano: esperienza di paternità
profonda; palestra per imparare
a cogliere il disegno di Dio sulle persone; incontro con la grande tradizione spirituale cristiana.
La parrocchia come un dono
Quando l’arcivescovo mi
mandò in parrocchia, pur avendolo sempre desiderato, mi sentii spiazzato. Dovevo lasciare un
nido rassicurante, una vita ordinata alla quale mi ero abituato.
La parrocchia è, prima di tutto,
avamposto nel quale ti incontri
direttamente con le persone, con
le famiglie e con tutto ciò che
vivono; scoperta ed esercizio di
relazioni ricche anche affettivamente. Un dono! Credi di dare
e invece ricevi! La parrocchia
ti “costringe” ad avere la porta
sempre aperta.
Ne hanno risentito i tempi e gli
spazi per la preghiera personale,
Undicesimo comandamento
Il ritiro spirituale dei laici di Faenza
di laici di FaenU nza,gruppo
guidati da due diaconi,
è stato ospite in casa saveriana
per fare un ritiro spirituale il
giorno della “candelora” sul tema “Spirito, legge e libertà”. È
stata creata anche una bella scenografia: le due tavole delle dieci
parole sono state dipinte e scritte
dai ragazzi di catechismo, con la
guida di una catechista che ha
partecipato al ritiro.
Dai fogli, che avevano lasciato o dimenticato vicino al
mio breviario, ho scoperto i tre
temi su cui avevano riflettuto
e cantato. Li ho letti e meditati
anche durante la nostra ora di
adorazione settimanale con i
miei confratelli.
8
Undicesimo:
il comandamento nuovo
1. Spirito. La vocazione di
Abramo e la promessa della
terra e della discendenza, che
lui ancora non ha. L’alleanza
di Mosè sul Sinai con il popolo che Dio aveva sollevato su
ali d’aquila per farlo arrivare
a lui. La storia della salvezza
non comincia con la vocazione di Abramo, ma con la creazione del mondo. Infatti, Dio
ci ha eletti prima ancora della
creazione del mondo.
Sant’Agostino in una sua
catechesi scrive: “Mediante
il simbolo del diluvio, al quale i
giusti sono sfuggiti grazie al legno
dell’arca, veniva preannunciata la
chiesa futura che Cristo, mediante
il mistero della croce, ha mantenuto al di sopra di questo mondo”
(De catechizandis rudibus).
Un ragazzo - dice la catechista - voleva aggiungere l’undicesimo comandamento. La
p. D. MARCONI, sx
nuova alleanza di Gesù secondo i profeti non è più scritta su
tavole di pietra, ma sul cuore
degli uomini. Gesù ha donato il
suo Spirito, che ci rende capaci
di amare come siamo amati da
Dio. Donatien Mollat afferma
che “il dono del comandamento
nuovo, che segue la lavanda dei
piedi, corrisponde all’istituzione
dell’Eucaristia, come sacramento della nuova alleanza”.
La “scenografia” allestita per il ritiro spirituale
dei laici di Faenza nella cappella saveriana di San
Pietro in Vincoli: sul monte della croce, le tavole dei
comandamenti e il libro della bibbia
L’amore vero
non cambia mai!
2. Legge. I comandamenti
sono la legge di Dio per i credenti. Per san Paolo la vera
legge è quella della carità, che
non è scritta su tavole di pietra, ma nella vita stessa di Cristo, che ci ha amato fino alla
fine. Non è buono il frutto che
non sorge dalla radice della
carità, spiegava sant’Agostino.
3. Libertà. La legge ci fa
conoscere il peccato, ma raggiunge il compimento nella
grazia. Noi siamo chiamati
alla libertà dei figli di Dio.
L’amore autentico non può essere sottoposto alla legge del
dovere che costringe, afferma
Kierkegaard.
L’amore vero non cambia
mai. L’uomo e la donna possono dire “ti voglio bene per sempre”, grazie alla fede, che nasce dall’amore di Dio, come ce
lo ha manifestato Gesù. ■
Mons. Andrea Turazzi con i parrocchiani della Sacra Famiglia a Ferrara; fratello del
saveriano p. Silvio, è il nuovo vescovo della diocesi di San Marino-Montefeltro
ma la vita di fede comunque è
stata nutrita dalla testimonianza
semplice di tanti e dalla preghiera condivisa con il popolo cristiano. Chi bussa alla porta, chi chiama sul telefono è un fratello, una
presenza di Gesù. Ultimamente
ho vissuto con i parrocchiani l’esperienza del terremoto: un anno
intero “di tenda”, di preoccupazioni condivise con le famiglie…
Nello stile di papa Francesco
“Cor ad cor loquitur – il cuore parla al cuore” è il motto che
ho scelto prendendolo dal cardinale Newman. Rispecchia anche
il testamento spirituale di Giovanni Paolo II, la lettera pastorale “Novo millennio ineunte”, con
la celebre pagina sulla spiritualità di comunione, che mi è stata guida ispiratrice. Dalla spiritualità di Chiara Lubich ho affinato la cura per la relazione, per
l’incontro e l’attenzione all’altro. Da cuore a cuore, nello stile di papa Francesco… Per completare lo stemma ho messo un
ponte. Inizialmente avevo pensato a una torre, per assonanza
con il mio cognome, ma ho preferito l’icona del ponte, pensando a quello inaugurato negli anni
’50 fra Stellata e Ficarolo. Nello
stemma c’è una stella a sei punte
che indica la Vergine Maria, alla quale affido il mio episcopato.
Vado a San Marino senza programmi. Vorrei incontrare subito
i preti, uno a uno. So come vive
e cosa prova un parroco: gioie,
delusioni, momenti difficili, intuizioni, cadute di interesse e luci. Vado con venerazione verso i
più anziani e con curiosità verso i più giovani. Vado con molta libertà, cercando di essere me
■
stesso, come sono.
(continua nel riquadro)
FRATELLI DI SANGUE E DI IDEALI
mons. ANDREA TURAZZI
Conservo ricordi stupendi della mia infanzia accanto a mio fratello
Silvio. Era adolescente quando facevamo la “guerra tra bande”, costruendo archi e frecce: Silvio ci proponeva di fumare il calumet della pace. Riusciva a dirci cose belle, di pace, entrando nel gioco fra i
due gruppi rivali.
Quando andò saveriano mi scriveva lettere bellissime, che ancora
conservo; un epistolario che si è arricchito nel lungo periodo vissuto
da missionario in Africa. Portò il mondo nella nostra famiglia; ci ha
contagiato con il suo amore ai poveri. Mi colpiva il suo modo di pregare; facevo finta di dormire e lo guardavo mentre si alzava pian piano e stava in ginocchio…
Poi ci fu l’incidente che lo rese paraplegico. Sussurrava: “facciamo festa alla volontà di Dio”. Gli accarezzavo i piedi ormai fermi
per sempre e pensavo a un versetto del profeta Isaia: “Beati i piedi
che evangelizzano”. I piedi di un paralizzato… Aveva solo 29 anni.
Ma quanta strada hanno percorso? Tante volte mi sono chiesto: cosa
direbbe Silvio o cosa farebbe?
Siamo fratelli non solo di sangue ma di ideali.
Quando ha saputo dell’ordinazione a vescovo, Silvio mi ha
detto: “Il mio fratellino diventa uno degli apostoli! Non avere paura, e pensa al «sì» di Maria; Gesù ti ha incrociato, ma
non temere”. Mi manda settimanalmente un messaggio che
io raccolgo. Ha scritto anche ai
parrocchiani della Sacra Famiglia; chiedendo che mi accompagnino nel passo che mi è stato chiesto e invitandoli a pensare al nuovo parroco, a cominciare a rimboccarsi le maniche,
a tenere il passo con Gesù. È lui
Mons. Andrea Turazzi
con il fratello p. Silvio
il Pastore, il Maestro.
2014 MARZO
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
E-mail: saverianisa@tiscalinet.it - C/c. postale 00205849
A chi è vissuto per la missione
Un piazzale al vescovo saveriano di Aversa
S
iamo entrati nella chiesa
di Santa Teresa del Bam-
Padre Francesco Cavallo ad
Aversa nella piazza dedicata
a mons. Giovanni Gazza
bin Gesù, poco distante dal largo
che, in virtù di una delibera della
giunta comunale di Aversa, è ora
intitolato “Piazzale Mons. Giovanni Gazza”. In quella chiesa
erano convenuti numerosi sacerdoti e fedeli, oltre ad alcune
personalità, come i vescovi di
Aversa e di Avellino, il sindaco
di Aversa e altri.
Avendo io dimorato per oltre
dieci anni in episcopio, accanto
a mons. Giovanni Gazza, sono
stato subito riconosciuto e fraternamente accolto da numerosi sacerdoti che erano stati suoi
amici durante gli anni in cui il
compianto vescovo era stato pastore di Aversa. Invitato a parlare, ho cercato di mettere in risalto l’ammirevole statura umana
e spirituale dell’indimenticabile
confratello e vescovo.
Uomo, missionario
e pastore ammirevole
Fin da giovane studente di
teologia - lo ricordo bene -
p. FRANCESCO CAVALLO, sx
Giovanni Gazza si distinse per
la fedeltà ai propri doveri di
aspirante alla vita sacerdotale e
missionaria, per il suo impegno
nello studio, per la sua pietà Eucaristica e Mariana.
In seguito, come vescovo missionario in Amazzonia, come
superiore generale dell’istituto
Saveriano e come vescovo della
diocesi di Aversa, mons. Gazza
profuse tutte le sue energie per il
bene del popolo di Dio.
E quando negli ultimi anni
della sua vita, minato dal male
che non perdona e che gli provocava ogni giorno la febbre, riducendogli progressivamente le
forze fisiche, ritenne di non essere più in grado di compiere in
pienezza il ministero episcopale,
umilmente rassegnò le dimissioni nelle mani del papa Giovanni
Paolo II. Trascorse i suoi ultimi
anni nel silenzio e nella preghiera con serenità di spirito, in preparazione al suo incontro con il
■
suo amato Signore.
È aperta la IX mostra interculturale
Sotto lo stesso cielo: dialogo con le altre fedi
R
8
iapre i battenti la mostra
interculturale, promossa
dai saveriani di Salerno: missionari, missionarie e laici insieme.
È alla sua IX edizione, con il
tema: “Sotto lo stesso cielo annuncio e dialogo con le altre
fedi”.
Il titolo racchiude l’idea di
un’umanità raccolta sotto una
stessa volta celeste, ma punteggiata da tante costellazioni
che simboleggiano le diverse religioni. Il tema è dunque molto attuale e si propone di aiutare la riflessione
circa il rispetto e il dialogo
tra le religioni, un’esigenza che soprattutto in questi ultimi anni si fa sentire
sempre più forte all’interno
della nostra società.
A partire dall’idea di un
cielo stellato - metafora
delle differenti fedi - il visitatore viene condotto per
mano lungo un percorso
che si snoda in più ambienti
e che illustra alcuni aspetti originali dei vari culti in
un vortice di colori, suoni e
profumi. Ovviamente non
mancherà una sala interamente dedicata all’impegno
per il dialogo interreligioso
da parte dei saveriani, nelle
nazioni dove essi lavorano.
Tanti appuntamenti
da non perdere!
La mostra interculturale è
aperta ai visitatori, e in primo
luogo alle scuole, dal 1° marzo
al 16 aprile 2014, presso l’istituto saveriano di Salerno. Inoltre,
invitiamo a segnare in agenda
alcune date importanti:
• 1° marzo, ore 20 - inaugurazione in casa saveriana con
MANUELA GALASSO
la presenza di Angela Gomes,
attivista bengalese per i diritti
delle donne e la loro emancipazione da ogni forma di
sfruttamento;
• 16 marzo, ore 16.30 - giochi
in famiglia;
• 28 marzo, ore 19.30 - tavola
rotonda con la presenza del
prof. Ambrogio Bongiovanni,
docente di dialogo interreligioso presso la pontificia università Urbaniana
(Roma);
• 1° aprile, ore 20.30 spettacolo “È tempo di
scegliere”, scritto e allestito da giovani e giovanissimi della casa saveriana di
Salerno;
• 3 maggio, ore 20 chiusura della mostra con
cena di beneficenza.
Per informazioni e
prenotazioni, contattare una delle seguenti persone: Nuccia (380
4621560), padre Simone (349 1314499), padre
François (347 8596272).
Vi aspettiamo numerosi per condividere con
tutti voi la bellezza della scoperta e del confron■
to!
L’amico delle missioni, il caro Gigino
p. NAZZARENO CORRADINI, sx
C
i ha lasciato Gigino. Si è
spento in casa, curato affettuosamente dai suoi familiari e confortato dalle visite di don
Pasquale, nuovo parroco di San
Paolo, a Rione Petrosino. Sempre sereno e sorridente nonostante gli acciacchi, ha voluto
donare a don Pasquale un volume che documenta le varie iniziative a favore delle missioni,
soprattutto quella di suor Tarcisia, in Zambia.
Tanta generosità
e tante doti
È impossibile calcolare la
somma di denaro raccolta e inviata in missione; come pure i
container che sono stati spediti
sempre a favore delle opere portate avanti dalla suora. Lo ricordiamo con viva riconoscenza per
il suo altruismo, insieme ad altre
persone del gruppo missionario
della parrocchia, tra le quali Pasquale Mottola, Teresa Montuori e Maria Cuomo.
Amante del canto e della musica, ha fatto parte per vari anni della corale salernitana “San
Gregorio VII” che, in occasione
del 50° anniversario di sacerdozio di papa Giovanni Paolo II, si
è esibita con canti gregoriani in
San Pietro a Roma.
Mi è sembrato un dovere far
conoscere Gigino - Luigi Salvo, è il suo vero nome - anche
a coloro che non l’hanno potuto conoscere personalmente. Da
parte mia, conservo un vivo ricordo del suo amore al prossimo, all’arte e al canto. Voglio
ringraziarlo non solo per il bene
che ha fatto, ma anche per il suo
esempio di straordinaria serenità e gioia. Ha fatto del bene, vivendo da vero cristiano e amando sempre la vita.
■
Il signor Luigi Salvo (Gigino), di Rione
Petrosino, amico delle missioni, con i
pacchi pronti da spedire
BANGLADESH: TÈ DELL’ AMICIZIA
C’è un modo per continuare a vivere
p. GIOVANNI GARGANO, sx
Paese che vai usanze che trovi. L’ospitalità ha tanti volti e modi diversi. In Bangladesh, la cosa più ordinaria che ti possono offrire è una
tazza di tè, semmai con qualche biscotto. Quante volte per strada, incontro persone che mi conoscono e mi invitano per una tazza di tè…
Di solito accetto l’invito e da lì nasce la conversazione: una condivisione di vita. Una semplice tazza, due vite che si incontrano e si raccontano… Sembra strano, ma la distanza sparisce; regna solo il desiderio
di ascoltarsi reciprocamente.
Non immaginatevi i bar che abbiamo noi in Italia; in Bangladesh sono negozietti di strada: il più delle volte assomigliano a catapecchie,
ma tutti trovano un posto per sorseggiare un buon tè al latte e fumare una sigaretta.
A Dhaka, la capitale, questi negozietti sono anche piccole isole dove c’è la possibilità di riposare un po’, prima di inoltrarsi di nuovo nella grande giungla del traffico cittadino. La capitale presenta uno stile
di vita frenetica: tutti corrono per attraversare, salire su un autobus…
Fermarsi per un istante è una buona cosa per riprendere le forze.
Una volta ero su un risciò e ho visto un disabile che accanto alla sua
piccola carrozzina si era costruito un pianale su cui poggiare il termos del tè e i bicchieri. Il disabile girava la zona vendendo il tè, invece di chiedere l’elemosina ai passanti. Una lezione di vita che ci spinge a trovare sempre un’alternativa
nella propria vita per continuare
a stare in piedi da
soli. Buon cammino e pace e bene
a tutti!
P.S. Per altri racconti, puoi seguirmi su facebook
nel gruppo: Finestra dal Bangladesh
I giovani di p. Gargano
offrono il tè ai poveri
che vivono in strada
2014 MARZO
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
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TAVERNERIO
“Nati sotto lo stesso limone”
Testimonianze di due ignoti martiri africani a cura di p. LINO MAGGIONI, sx
L
a coscienza missionaria
della chiesa dedica il 24
marzo alla memoria dei cristiani martirizzati durante l’ultimo
anno. Quest’anno la memoria
dei martiri è turbata dal timore
che un altro genocidio, simile a
quelli già avvenuti in Ruanda e
Burundi, ferisca ancora la nostra
umanità, nella repubblica Centrafricana.
Noi missionari conserviamo
vivo il ricordo di quelle tragedie. Allo stesso tempo siamo custodi di storie e testimonianze
che ci fanno pensare come, insieme a quei martiri, escono dalla scena di questo mondo esempi di grande umanità. Voglio ricordare qui due testimonianze di
alto profilo umano, anche se poco conosciute.
Un esempio
di grande umanità
La prima testimonianza è
quella dell’abbé Michel Kayoya,
uno dei primi preti burundesi sepolti nelle fosse comuni. Prima
di essere ammazzato aveva chiesto ai suoi persecutori di consegnare a sua madre la stola sacerdotale che indossava.
Dell’abbé Michel conosco la
riflessione che egli stesso ha lasciato scritta sul padre, sulla madre e su noi europei. Pagine profonde e stupende. Quanto potrebbe aiutare la chiesa di papa
Francesco e di Lampedusa, la
frase in cui egli riconosce l’origine comune di africani ed europei. Una frase piena di colore:
“Tutti e due siamo nati sotto lo
stesso limone”.
Mio padre e mia madre
“Ho sempre amato l’uomo,
questo essere fragile e forte. La
fragilità suscita la pietà, la forza vera, l’ammirazione. L’ammirazione e la pietà sono degne
dell’uomo. Mai l’una con esclusione dell’altra. Come tanti altri,
io volevo diventare un uomo. Un
uomo del mio popolo. Un uomo
verso i miei fratelli. Un uomo
per l’umanità. Diventare un uomo deve essere difficile. Sempre teso verso il Bene, sempre
intento a fare il bene, senza arresti. Quando si comincia, non si
finisce più con il rischio di morire mentre vivi.
Mio padre è un uomo. Io volevo diventare come mio padre. Mio padre è l’uomo, l’uomo potente, l’uomo pensante. È
impressionante come mio padre
ami la solitudine. Non rifugge la
società, è comunicativo. È padre
e si dona. È dono, lui non distingue. Non distingue per separare,
ma per valutare la forza che gli è
necessaria per donarsi. Mio padre è un uomo. Mio padre incarna l’umanità, per me.
Mia madre corrispondeva a
Un otto marzo più speciale
Un po’ di storia della filosofa Simone Weil
L
a festa della donna è per
ricordare sia le conquiste
sociali delle donne sia le discriminazioni e le violenze di cui sono ancora fatte oggetto in molte
parti del mondo. Noi e voi, cari
amici, vorremmo dedicare la festa di quest’anno alla scoperta
della vera missione della donna:
albergare la vita dello Spirito,
nella carne dell’uomo.
8
Esploratrice
del cuore umano
A questo proposito rivolgo
un invito ideale a Simone Weil,
donna geniale del XX secolo,
perché ci dia la sua risposta.
Nata a Parigi nel 1909 e morta
a Londra nel 1943, a Simone
Weil sono bastati 34 anni per
aprire tutto il ventaglio dell’esperienza umana. Figlia di ebrei
non credenti, divenne filosofa di
fama europea. Prese parte alla
resistenza spagnola nel 1936 e
a quella francese nel 1943. Abbandonò l’insegnamento per
divenire anche operaia: lavorò
in fabbrica e partecipò alle lotte
sindacali, convinta che l’esperienza del lavoro potesse diventare umanamente costruttiva.
La sua vita svoltò ad Assisi
nel 1937. Curiosa di ogni religione, lettrice della Bibbia e di
testi buddhisti, giunta davanti alla cappella dove san Francesco
morì, cadde in un’estasi religiosa e per la prima volta nella sua
vita si trovò a pregare. Un’esperienza mistica ancora più forte
si ripeté nel 1938. Lo Spirito la
chiamava al battesimo. Una sua
amica, Simone Deiz, qualche
giorno prima che morisse, prese
l’acqua dal rubinetto e pronunciò la formula: “Io ti battezzo
nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo”.
Solo un’insuperabile esploratrice del cuore umano come
lei poteva interpretare il modo
con cui Eva, la prima donna
della storia umana, ha messo
in movimento la sua vocazione
più profonda. Ecco un testo di
Simone Weil nella sua prima vita,
durante la guerra civile in Spagna
p. L. MAGGIONI, sx
Simone Weil.
Eva, sentinella e custode
“Dio si preoccupa fino in fondo dell’uomo. Osserva Adamo:
quando è affaticato, diventa fragile. Quando prende sonno, perde il controllo di sé, al punto che
potrebbe essere assalito dalle
fiere, o morso dai serpenti… E
allora Dio trae una conclusione:
«Non è cosa buona che l’uomo
sia solo».
Ma in verità, per quanto tempo Eva è stata accanto ad Adamo, prima che il primo uomo si
svegliasse dal sonno? Mentre
Adamo dormiva, Eva cosa faceva? Forse Eva neppure si era
resa conto del luogo in cui stava;
eppure quel giardino era del tutto nuovo per lei. Eva stava piegata, con tutta la sua persona, su
questo uomo, steso per terra, che
continua a dormire totalmente
incosciente.
Negli occhi di Eva non c’è
paura, in quanto quella creatura
pare le assomigli tanto. Con la
sua sensibilità di donna va oltre
l’emozione. Si rende conto d’essere stata inviata in missione
presso una creatura che non è
in grado di badare a se stessa. E
così, accanto all’uomo, si scopre
sentinella dei segreti dell’amore;
custode del segreto della vita.
Sente dentro che il suo posto è
quello di rimanere per sempre
■
accanto a lui...”.
lui. È straordinario come
mia madre mi amava. Ho letto molti libri e dentro i brani
commoventi sulla tenerezza
delle madri, cercavo il ritratto della donna che mi ha portato in grembo. Di lei conservo un’immagine fresca che
non scompare neppure quando mi trovo in sua presenza. Mia madre era adorabile
quando parlava ai suoi figli.
Metteva a nudo il suo cuore,
cuore aperto, cuore materno.
I due rimangono importanti
per me”.
L’umano
dentro l’uomo bianco
“Ho viaggiato in Europa e
là ho imparato l’umano che è
dentro l’uomo bianco. Prima
Il diario dell’abbé Michel Kayoka, autore di
non l’avevo mai visto. Averiflessioni penetranti e attuali, pubblicato in
vo visto l’uomo bianco sen- lingua francese dall’EMI - Bologna (2007), su
za guardarlo. Lo trovavo un
richiesta del Centro Giovani Kamenge
di Bujumbura, e distribuito gratuitamente
essere superiore, lui si voleva
ai giovani burundesi
considerare tale. Ero piccolo
e mi volevo altro da lui. Fino
ti: loro e noi. L’uomo bianco si
ad allora lo avevo visto con la
lascia vedere uomo dentro camia immaginazione, con la mia
sa sua. Ma quando esce di capre-comprensione. Oppure nei
sa, diventa obbrobrioso. Analizpregiudizi di quelli che mi cirza, spia, osserva, classifica, decondavano. Improvvisamente si
finisce. Si appropria, conquista,
è come svelato davanti a me. In
domina. Che cosa? Tutto. L’erlui non ho colto umanità diversa
ba che appassisce e rinasce, l’osda quella vissuta in casa di mio
so, il legno secco, il legno verde,
padre. L’amore, la gioia, la paul’uccello che cinguetta, il fiore
ra, la speranza, l’orgoglio, la piedei campi, il bambino innocentà, la vanità, la donna, il denate, la donna, il sorriso, il gesto
ro, il rispetto, la dignità, la menappropriato, il gesto maldestro,
zogna, l’imprudenza, l’egoismo,
il corpo, il cuore, lo spirito, l’uol’avarizia, la testardaggine.
mo…”.
■
Ho sempre creduto che siamo
(continua nel riquadro)
nati sotto lo stesso limone, tut-
PHILBERT: TUTTI GIÙ DAL CAMION ...
p. L. MAGGIONI, sx
La seconda testimonianza è quella di Philbert, che è sopravvissuto
al genocidio e racconta come sia riuscito a trasformare dal di dentro
ciò che avrebbe dovuto essere il suo drammatico martirio. A me è capitata la buona sorte di conoscere personalmente Philbert e di ascoltare dalla sua viva voce come gli riuscì di salvare la vita a moltissimi
uomini e donne destinati alla fossa comune.
La sua vicenda rientra nella guerra civile in Burundi, che va dal 1994
al 2004. Io mi sono trovato ad assisterlo a morire per un tumore al
pancreas, nel 2006, e lui mi fece parte della sua dolorosa ed eroica esperienza. Ecco il suo racconto.
“Un presidio di soldati ruandesi era entrato nel villaggio. Sparavano sulle capanne. Fuori dalle capanne, qualcuno tentava di avventurarsi in una fuga impossibile. I soldati intimavano loro di fermarsi. Così, ci hanno ammassati sul ciglio della strada, sotto il sole. Intanto, al
centro della strada volavano sedie e banchi delle scuole e del centro
sanitario. Sul far della notte il colonnello aveva ordinato ai soldati di
caricare uomini, donne e bambini su un camion.
Lui stesso era montato sul camion a fare la conta quando, a sua sorpresa, tra i prigionieri ha scorto me, Philbert, suo amico d’infanzia.
Subito mi ha intimato: «Philbert! Fratello, scendi. Allontanati, perché
questo carico è diretto alla fossa comune». Rimasi fermo dove ero e
gli feci eco: «Scendo solo a una condizione: se con me fai scendere anche gli altri». Alla fine il colonnello ha liberato tutti quanti, me compreso…, grazie a Dio!”.
I volti dei giovani martiri burundesi
al Centro giovani Kamenge
2014 MARZO
VICENZA
36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119
Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376
E-mail: vicenza@saveriani.it - C/c. postale 13616362
IBAN - IT 71 V 02008 11897 000040071835 (Unicredit Banca, Vicenza)
Grazie agli amici collaboratori!
Festa di chiusura per la mostra dei presepi
I
l 19 gennaio nella casa saveriana di Vicenza i collaboratori e le collaboratrici che hanno
lavorato per l’ottima riuscita della
13ª mostra dei presepi missionari e
relativo mercatino, si sono ritrovati per ringraziare il Signore.
Erano presenti un centinaio di
persone tra cui: il Gams (Gruppo
amici missionari saveriani), i cui
componenti creativi ancora una
volta hanno dato prova di un’eccellente manualità, i gruppi degli
alpini di Malo e Valdagno che
hanno lavorato con disponibilità
e generosità nell’allestire tutta la
logistica della mostra, e anche
molte persone che hanno gratuitamente dato il loro contributo con
opere di falegnameria o di diffusione di materiale pubblicitario.
Padre Guiotto e Sierra Leone
Padre Antonio Guiotto, che
ha trascorso molti anni in Sierra
Leone e ora è superiore dei saveriani a Udine, ha trattato il tema,
“Come ho cercato di vivere la Parola di Dio in missione”. La sua
esperienza non è stata teorica, ma
testimonianza di vera vita cristiana. La guerra civile che si è combattuta in Sierra Leone dal 1991
al 2000 ha provocato molte sofferenze. Nonostante tutto, si era
sempre alla ricerca di nuove soluzioni. Dopo che i ribelli hanno
bruciato la missione - salvando
però la chiesa - rapito sette suore
e commesso numerose atrocità, si
è cercato di ricostruire il necessario per il lavoro dei missionari.
La pace raggiunta è durata
poco: di nuovo guerriglia e un
colpo di stato. I missionari erano
ormai senza speranza, ma leggendo e meditando la Parola di
Dio hanno trovato un aiuto. Hanno scoperto il valore della sofferenza e della morte. Hanno così
compreso la potenza di Dio, che
entra in noi e ci fa vivere qualunque esperienza per amore suo e
per servire i fratelli in difficoltà.
Bibbia, unica consolazione
La testimonianza di p. Guiotto
è proseguita con il racconto della fuga dalla missione assieme
ai suoi confratelli, perché la furia dei ribelli era diventata così
violenta da rendere necessario
nascondersi nella foresta. Le
parole della Bibbia erano la sola
I fioretti di padre Uccelli
Due racconti per conoscerlo meglio
R
icordo bene due episodi
raccontati da mia madre,
riguardanti le visite di p. Pietro
Uccelli in ospedale a Vicenza.
Desidero condividerli con tutti
i lettori del mensile “Missionari Saveriani”, perché anche da
questi episodi si comprende chi
veramente sia p. Uccelli.
8
ta. Lei si occupava della salute
dei degenti, ma anche della moralità di dipendenti, visitatori e
medici.
Un giorno, qualcuno rubò la
giacca del dottore dal suo armadietto. Subito suor Lucetta cercò
di indagare, fece qualche domanda mirata qua e là, ma nessuno
aveva visto nessuno. Il povero
La giacca del dottore
dottore, che non era certo il primario, e percepiva un piccolo
Nel reparto di medicina
stipendio iniziale, era disperato:
dell’ospedale di Vicenza c’era
non solo aveva perduto il denaro,
una brava caposala: suor Lucetma anche i suoi documenti personali e
il passepartout, una
chiave in dotazione
ai medici che apriva
tutte le porte. Non
gli restava che acquistare una giacca
nuova. Ma il resto?
A suor Lucetta rimase l’incarico morale di sorvegliare
quella giacca, così
pensò di inviare una
sua infermiera di nome Giulietta Morellato da padre Uccelli
con la giacca nuova
del dottore per farla
benedire… contro i
ladri. Il buon padre
I missionari saveriani ringraziano tutti gli offerenti per
accolse l’infermiera
la pittura della cappella del servo di Dio p. Pietro Uccelli,
con un sorriso, benel 60.mo della sua morte. I devoti del servo di Dio troveranno così un ambiente pulito e illuminato per sostare nedì la giacca e volin preghiera e venerazione. (p. Gianni Magnaguagno, sx) le anche benedire
CATERINA e PIETRO DAL SANTO
MARIA ROSA NICHELE
l’infermiera, dicendo: “Va bene
la giacca, ma lei è la messaggera!”.
Passò qualche giorno e il medico trovò nel suo armadietto il
portafoglio vuoto di denaro, ma
con tutti i suoi documenti; dopo
qualche settimana ritrovò anche
il passepartout in ambulatorio
con un biglietto: “Per la giacca
deve aspettare, ora è freddo”.
La pettegola
Durante una settimanale visita
ai malati presso l’ospedale di Vicenza, padre Uccelli ricevette una
segnalazione da suor Albertina,
caposala nel reparto di chirurgia.
C’era una ragazza che continuava a piangere; aveva purtroppo
subito una devastante operazione
all’addome e aveva ricevuto una
brutta notizia sull’esito.
La poveretta pensava che
quello fosse il castigo divino per
la sua vita un po’ disordinata.
Parlò a lungo con padre Uccelli il quale assentiva e non diceva niente. La benedì a lungo e
mormorò: “Dio ha pietà di chi si
pente, abbi fede”.
Una vicina di letto, nella stessa
corsia, arrabbiata perché non era
riuscita a sentire nulla della confessione, mormorò a denti stretti: “Andrai all’inferno!”. E rivolta al padre: “Sapesse, padre, che
mestiere fa!”. Lui fece un mesto
sorriso e aggiunse: “Non si giudichi nessuno, anche tu sarai giudicata. Non essere pettegola!”. ■
La festa di ringraziamento dei volontari della mostra dei presepi, domenica 19 gennaio con il Gams (a sinistra) e i gruppi alpini di Malo e Valdagno
consolazione, perché davano forza e speranza di agire in difesa
di se stessi e degli altri, per non
cadere in una facile disperazione.
Durante il periodo di “clandestinità”, una famiglia di musulmani ha ospitato due missionari
nella loro casa per circa un mese, poiché la missione era stata
nuovamente distrutta. Prima di
lasciare la casa, p. Guiotto, su
richiesta dei suoi ospitanti, ha
battezzato genitori e tre figli e
celebrato le nozze dei due coniugi che avevano capito la forza dell’amore di Dio ed erano
pronti a trasmetterla ai loro cari.
Il messaggio che ha lasciato p.
Antonio in ognuno dei presenti
è questo: “Ama per primo; non
aspettare che l’altro faccia il primo passo; ama il nemico. Questo atteggiamento ti rigenera e
ti aiuta a cambiare il cuore e a
vivere meglio le sofferenze”.
È giusto ringraziare
Nella Messa celebrata nella
casa saveriana di Vicenza, il
rettore p. Elio Cosma ha ringraziato tutti per il sostegno alla
comunità, perché l’animazione
e la sensibilizzazione alla missione parte proprio da lì e va
verso le parrocchie della diocesi. Dire grazie al Signore è
la preghiera più importante per
il cristiano. A Dio si chiedono
sempre favori e aiuto, ma poi ci
si dimentica di ringraziare. Un
grazie per tutto quello che avviene nella nostra vita è sempre
giusto e doveroso.
Durante la sobria cena, p. Luciano Bicego ha dato una breve
relazione, in cui ha messo in evidenza il buon risultato ottenuto e
ha impostato il programma per
il futuro. Una lotteria con alcuni
premi provenienti dalle missioni
ha concluso la bella serata. ■
DUE EVENTI PER IL 60°
DI P. PIETRO UCCELLI
15 marzo: pellegrinaggio dalle Maddalene
Sabato 15 marzo, la parrocchia delle Maddalene, molto legata alla
figura di p. Uccelli, organizza un pellegrinaggio alla tomba del servo
di Dio, nella chiesetta di San Pietro d’Alcantara, in viale Trento a Vicenza. La parrocchia ha come patrono san Giuseppe ed è per questo
che l’iniziativa è stata fissata nel mese di marzo.
È prevista la partecipazione attiva del postulatore e del vice postulatore della causa di beatificazione, p. Guglielmo Camera e p. Gianni Viola, che illustrano il rapporto di speciale devozione tra p. Uccelli e san Giuseppe.
11 maggio: pellegrinaggio a Monte Berico
Il secondo appuntamento è per domenica 11 maggio. Con tutti i
gruppi di laici amici dei saveriani, facciamo un pellegrinaggio, con
partenza alle ore 10.30, da viale Trento fino a Monte Berico. È nota
la grande devozione che p. Pietro Uccelli nutriva per la santa Vergine, che si esprimeva anche con frequenti visite al santuario Mariano.
L’invito è a tutti i fedeli che amano le missioni. La santa Messa sarà
celebrata alle ore 12, come conclusione del pellegrinaggio.
La commissione composta da laici e saveriani riunita per la programmazione per il 60°
di p. Uccelli; da sinistra: Attilia Lazzarini, Maria Rosa Nichele, p. Gianni Viola,
Giancarlo Corato, p. Guglielmo Camera, p. Elio Cosma
2014 MARZO
ZELARINO
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Ricordando un “uomo di Dio”
Padre Mario Giavarini, educatore dei giovani
S
e n’è andato senza alcun
preavviso, in punta di piedi, senza disturbare nessuno,
perché padre Mario era proprio
così. L’ho conosciuto agli inizi
degli anni ’90 a Zelarino. Eravamo un gruppo di giovani, allora, che lui era riuscito a mettere
insieme, provenienti da tutta la
diocesi di Venezia.
L’amore per la missione
Ci si trovava una volta al mese
per una fine settimana di convivenza, per pregare e confrontarci
sui temi della missione. Lui aveva
fortemente voluto questo momento d’incontro e ci teneva a costruirlo ogni volta insieme a noi, circa
una ventina di ragazzi e ragazze.
Che belle esperienze! Padre
Mario ci ha posto nel cuore l’amore alla missione! E come non
ricordare il primo convegno giovanile missionario dell’agosto
1990? Giovani provenienti da
tutta Italia insieme per una settimana, qui alla casa saveriana di
Zelarino, per incontri, esperienze e dibattiti. Ricordo ancora i
giorni della preparazione, le relazioni, gli ospiti invitati speciali: tutta la direzione generale dei
saveriani, mons. Bruno Forte,
mons. Tonino Bello... Che gioia conoscerli e ascoltarli, sentirli parlare della loro vita, del loro
personale incontro con Dio!
Non ci ha mai abbandonati
Padre Mario coordinava tutto
con quella discrezione che gli era
naturale e che lo ha sempre contraddistinto. Da quegli incontri e
dal confronto con lui, per me è
nato il desiderio di vivere un’esperienza in missione ed è stato
grazie a lui che sono partita per
il Messico con mio fratello. Siamo stati con la comunità saveriana di Santa Cruz in Hidalgo, dove era parroco il saveriano sardo
LUISA RAMPAZZO
p. Angelo Pisanu.
A p. Mario devo il mio primo
incontro con il Messico, dove
ho potuto assaporare la bellezza
della vita a servizio degli ultimi
della terra. Ventiquattro anni fa
Santa Cruz era una comunità povera, ai confini del mondo. Eppure, l’entusiasmo che ci aveva
messo in cuore p. Mario era tanto che siamo partiti senza paure
e senza remore. E lui, qui a Zelarino, pronto a tenere i contatti tra noi laggiù e la nostra famiglia: non ci ha mai abbandonati.
Mai tenuto nulla per sé
Da padre Mario, uomo di Dio,
noi facevamo la fila per andare a
confessarci… Aveva una parola
per ognuno - a volte dura, a volte di tenerezza -, ma sempre nella sincerità e guardando a Dio.
Il sabato sera ci incantava con la
sua spiegazione del vangelo domenicale. Sapeva leggere con
Alla Madonna per tutto il mondo
Dalla seconda guerra, la devozione continua
della seconda
A ll’inizio
guerra mondiale, le donne
della parrocchia di Carpenedo
(VE) trasformarono in cappella la piccola sacrestia a destra
dell’altare maggiore e collocarono una statua della Madonna
di Lourdes nella grotta fatta in
gesso, sacco e cartapesta. Qui
le madri e le spose venivano a
pregare per i loro cari al fronte.
Un quadro raccoglie le foto di
coloro che non sono più tornati.
L’Ave Maria in tante lingue
Oggi la gente viene a chiedere
la protezione della Madre di Dio
per la gioventù e per le famiglie,
e ogni coppia, dopo il matrimonio, vi lascia il suo bouquet. La
sera dell’11 febbraio la vasta
chiesa si riempie di fedeli che
partecipano alla recita del santo rosario in lingue diverse, alla
santa Messa e alla fiaccolata.
8
Quest’anno la prima parte
dell’Ave Maria è stata recitata:
in inglese da fratel Luigi Maule
dei Somaschi, missionario negli
Stati Uniti e Filippine, fratello
del saveriano p. Ottorino, ucciso
in Burundi nel 1995; in swahili
da p. Sisto, missionario saveriano in Congo; in temne da p.
Franco, missionario saveriano in
Sierra Leone; in cinese da Monica Hu, venuta in Italia con i genitori, e frequenta le superiori; in
brasiliano da Mariza De Moraes, nata in Brasile.
La fiaccolata alla grotta
Abbiamo presentato alla Vergine le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce di tutto
il mondo. In particolare, con la
preghiera in cinese, abbiamo
invocato maggiore libertà religiosa per i cattolici cinesi, dei
quali ammiriamo l’eroismo per
Hanno pregato in lingue diverse (da sinistra) Luigi Maule, p. Franco, Monica Hu,
p. Sisto, Mariza De Moraes
p. FRANCO LIZZIT, sx
rimanere uniti alla chiesa cattolica e al papa. Il padre di Monica
Hu è orgoglioso di appartenere
a una famiglia cattolica da varie
generazioni, che ora testimonia
la fede anche con la prigione.
La celebrazione è terminata
con la fiaccolata alla grotta. Nel
canto abbiamo chiesto l’aiuto della Madonna per i malati, i giovani, le famiglie e per tutto il mondo. La Madre santa offra a tutti il
dono che ci ha già fatto a Betlemme e sul Calvario - suo figlio Gesù - perché ci sia gloria nel cielo
■
e vera pace sulla terra.
“Se n’è andato improvvisamente padre Mario Giavarini, da
tre anni rettore della comunità dei missionari saveriani di Alzano Lombardo (BG). Si è spento martedì mattina nel suo letto,
stroncato da un malore. Padre Mario era stato missionario per
oltre vent’anni in Zaire-Congo, poi il ritorno in Italia per svolgere il servizio di animazione missionaria in varie comunità saveriane: ha vissuto a Zelarino (Venezia), Desio (MB), Parma, Vicenza e infine Alzano” (dall’articolo apparso sul quotidiano “L’Eco
di Bergamo”).
Padre Mario Giavarini, a sinistra, con i giovani del primo convegno
giovanile missionario nel 1990 a Zelarino, Venezia
sapienza la Parola e tradurla in
quello che Dio ti ha messo nel
gesti concreti, con una carattericuore. Non smetto mai di pregastica diversa per ognuno di noi.
re per tutti voi”.
Da quel gruppo sono sorte voEcco chi era padre Mario. Eccazioni alla vita reco perché amo deligiosa, al sacerdofinirlo “uomo di
zio, al matrimonio.
Dio”, perché non
Quando un giorno,
ha mai tenuto nulla
mentre lui era rettoper sé, ma ha semre a Parma, andai a
pre saputo donarsi
trovarlo con Davicompletamente ai
de (allora eravamo
fratelli, nel silenzio,
fidanzati), mi disse
nella riservateznella confessione:
za, nella discrezio“Sono felice Luisa
ne: di chi, con saper te, perché abbiapienza, segue il suo
mo finalmente capicammino, sapendo
P. Mario Giavarini
to la tua strada. Va’,
che è segnato dalla
in una foto recente
sii serena; questo è
mano di Dio.
■
LA NOSTRA DEVOZIONE A SAN GIUSEPPE
p. FRANCO LIZZIT, sx
A Mestre, in via Terraglio, c’è una comunità di suore di san Giuseppe, fondate dal venerabile don Luigi Caburlotto, con scuola materna
ed elementari. Ogni mattina un saveriano della nostra comunità va
a celebrare con loro la santa Messa. Di fianco all’altare, fa bella figura una statua di san Giuseppe: è il santo da cui la congregazione delle suore prende nome.
San Giuseppe è lo sposo di Maria e il custode, con amore di padre,
di Gesù Verbo di Dio fatto uomo. San Giuseppe ha provveduto a tutte
le necessità materiali di Gesù e di Maria; è lui che, con autorità paterna, ha introdotto Gesù fanciullo alla sinagoga e alle pratiche religiose insegnate nella sacra Scrittura. La devozione popolare dedica a san
Giuseppe un giorno della settimana, il mercoledì, e il mese di marzo.
Cari benefattori, siete voi che, con le vostre offerte e sacrifici, continuate l’opera di san Giuseppe verso di noi missionari sparsi per il
mondo. Assicuriamo la nostra preghiera per voi, non solo nel mese
di marzo, ma ogni giorno, perché san Giuseppe e la Madonna benedicano e proteggano le vostre famiglie, vi sostengano nelle difficoltà
materiali e fisiche. In particolare, vi aiuti a far crescere i figli e nipoti
in sapienza e grazia, come hanno fatto con Gesù. Anche voi unite la
vostra preghiera alla nostra, affinché le vostre famiglie possano assomigliare alla santa Famiglia di Nazareth. Grazie.
La Madonna di Lourdes nella cappella
della parrocchia di Carpenedo è meta
di fedeli d’ogni età durante
tutto l’anno
Le suore di San Giuseppe nella casa saveriana di Zelarino,
dopo un incontro con i gruppi missionari della zona