Perspectiva Artificialis PROSPETTOGRAFO DI WENTZEL JAMNITZER. (Fonte: J. Faulhaber, “Mathematici tractatus duo…”, Francoforte 1610). E’ noto che per rappresentare in prospettiva un oggetto utilizzando una delle regole geometriche classiche (per esempio la “costruzione legittima”) occorre conoscerne pianta e alzato: informazioni che è difficile procurarsi partendo da un oggetto reale. Proprio in questo risiede una delle ragioni che hanno favorito la diffusione degli strumenti meccanici per scorciare. Leggiamo ad esempio in Danti (“Le due regole della Prospettiva pratica…”, ed. Zannetti 1583, pag. 57-58): “Con quella poca pratica che ho di questa professione, ho conosciuto quanto sia grande l’utilità che ci apporta lo sportello di Alberto, perché se si vuol mettere correttamente in Prospettiva qualche corpo o edificio, per squisita che sia la diligenza impiegata nel rilevarne la pianta e digradarla con le regole ordinarie, per poi alzarvi sopra il corpo, l’esito non sarà mai così buono come con lo sportello…. E che ciò sia, che si imiti il vero in prospettiva più per l’appunto con questo strumento che con le regole, appare considerando che nell’operare con le regole bisogna primieramente levare la pianta della cosa che si ha da ridurre in Prospettiva, e di poi digradarla… Nel far questo, ci è tanta difficoltà che oso dire che per quanto diligente possa essere colui che leva una pianta, mai la farà così esatta come con lo strumento. Infatti, si levi la pianta di un sito, e lo si metta in disegno; poi si torni a levarla un’altra volta: non riusciranno mai uguali, ci sarà sempre qualche differenza, per quanta cura si metta nel farlo, poiché è molto difficile che la mano possa obbedire appieno a quello che l’intelletto le propone….” In relazione a questo discorso, appare tutta la singolarità della invenzione di Jamnitzer: che richiede invece, per costruire la prospettiva di un oggetto, la conoscenza preliminare della sua pianta e dell’alzato (proprio come avviene con le “regole”). Così è possibile scorciare un oggetto anche senza averlo a disposizione come corpo concreto. Si comprende quindi che l’area di impiego più adatta sarà la rappresentazione di corpi geometrici (per i quali pianta e prospetto possono essere “calcolati”, e non rilevati). Infatti Jamnitzer (in collaborazione con Amman) se ne servì per realizzare i disegni che illustrano la “Perspectiva corporum regularium” (Norimberga, 1568) dove fra l’altro sono ritratti (in varie posizioni e combinazioni) i cinque poliedri platonici, e numerosi altri poliedri stellati e “vacui”. Riportiamo, dal catalogo “Nel segno di Masaccio” (Giunti 2001, a cura di F. Camerota) parte della scheda IX.1.8 (pag. 199) che spiega l’uso dello strumento (sulla base dell’incisione di Amman – qui sopra riprodotta – che ritrae Jamnizter al lavoro). “Il punto di vista è rappresentato dalla sommità dello stativo alle spalle del pittore. Qui scorre un filo a piombo che si estende fino all’oggetto materializzando il raggio visivo, come nello sportello del Dürer. L’estremità del filo è legata a un cursore scorrevole su un’asta verticale la cui base è tenuta da un peso su un qualsiasi punto della pianta dell’oggetto. L’altezza di quel punto viene fissata portando il cursore alla quota indicata dal disegno in prospetto situato vicino alla finestra. Una volta fissato il cursore, è come se l’occhio artificiale alle spalle del pittore guardasse un punto sospeso nello spazio. L’immagine prospettica di quel punto viene fissata sulla seconda asta verticale per mezzo di un altro cursore che va a toccare il filo “visivo”. Per riportare questo punto sul foglio da disegno che sembra posto sotto la pianta dell’oggetto, è presumibile che la prima asta debba essere spostata, il disegno con la pianta rimosso, e la seconda asta ribaltata in avanti per tracciare sul foglio la posizione del cursore”.
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