Segretario/a assessore (giurista)

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Ricerca e Innovazione
Probiotici specifici
in gravidanza
Per pilotare la colonizzazione intra-partum
del nascituro
Francesco Di Pierro
Dipartimento Scientifico e Ricerche Velleja Research, Milano; Italia
f.dipierro@vellejaresearch.com
Introduzione
Nonostante un indubbio successo
commerciale, l’uso dei probiotici ha
certamente deluso le aspettative di
chi vedeva nel loro ricorso la panacea
contro gran parte dei malanni. Il parziale insuccesso terapeutico dei probiotici ha diverse spiegazioni. Per molto
tempo si è forse pensato che bastasse
mettere i fermenti in una qualunque
forma farmaceutica (capsule, compresse, bustine, flaconcini con tappo
dosatore) e somministrarli per vedere
attenuati efficacemente i disturbi, soprattutto intestinali, di adulti e bambini.
Un risultato di questo tipo, perseguibile abbastanza bene solo per alcuni
disturbi specifici (diarrea, stipsi, colon
irritabile) e invece soltanto in parte per
altri (intolleranze alimentari, allergie), si
può ottenere solo tenendo in attenta
considerazione alcuni parametri specifici. Il ceppo che si intende somministrare deve essere ad esempio frutto
di una attenta selezione che conduca
al suo isolamento solo dopo averne
testato: 1) la capacità di sopravvivenza in ambiente acido e in presenza
di bile, 2) la potenzialità proliferativa,
3) la capacità di adesione all’epitelio intestinale e 4) la sua incapacità
a resistere all’azione dei più comuni
antibiotici. Ma gli aspetti di selezione
da soli non sono sufficienti a formulare
un probiotico efficace. La stabilità del
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ceppo nella forma farmaceutica scelta per l’immissione in
commercio è infatti fondamentale se non si vuole correre il
rischio di somministrare batteri morti o detriti di batteri (per i
quali non abbiamo evidenze concrete di efficacia). E come
la stabilità, grande rilevanza possiede anche il parametro
quantità. Somministrazioni inferiori al miliardo di ceppi vivi e
vitali per dose avranno infatti una scarsissima, se non nulla,
possibilità di esercitare effetti benefici sull’ospite. L’efficacia
dei probiotici è inoltre dose-dipendente; risulta quindi preferibile somministrare un ceppo a 10 o 20 miliardi piuttosto che
a 1 o 2 miliardi/dose. Non è detto invece che la somministrazione di tanti ceppi in miscela sia da considerarsi un optimum
formulativo. Per il raggiungimento, ad esempio, di una certa
regolarità intestinale, risulterebbe forse meglio somministrare
un ceppo, o pochi ceppi, ad alto dosaggio che non moltissimi ceppi al medesimo dosaggio complessivo. I ceppi infatti
‘interferiscono’ tra loro nella nicchia ecologica che si intende colonizzare e quindi ‘tanti’ ceppi può voler dire ‘tante’
interferenze. Potenzialmente anche negative.
Ma il parametro che certamente rischia di contribuire maggiormente all’insuccesso terapeutico dei probiotici è la colonizzazione. Somministrare batteri ad un soggetto, per quanto
poco eubiotico sia, vuol dire tentare una colonizzazione su
un tessuto comunque ricchissimo di batteri, e quindi già comunque colonizzato.
Il processo è davvero difficile. I batteri residenti non lasciano
spazio fisico ai nuovi arrivati e solo lunghe somministrazioni
con dosaggi elevati e con ceppi ad alta adesività ed indice
di proliferazione hanno qualche speranza di successo.
Nell’arco della sua vita l’uomo attraversa però un momento,
seppur brevissimo, nel quale questa situazione sembra essere ribaltata. Un momento cioè dove la colonizzazione non
sembra essere difficile ma, al contrario, avviene con estrema facilità. E’ il momento della nascita. Il neonato è infatti
sterile fino a qualche istante prima della nascita. Durante il
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parto, e nei momenti che da lì a poco seguiranno, il neonato viene però
efficacemente colonizzato dalla flora
materna, vaginale e rettale in primis.
Si ritiene che fino all’85% della flora microbica riscontrata già nei primi giorni
dalla nascita rifletta nel neonato l’esatta composizione della flora materna. La sterilità, e la conseguente facile
colonizzazione, che caratterizza il neonato al momento della nascita ha ovviamente i suoi pro e i suoi contro.
Questi ultimi sono legati al fatto che,
purtroppo, così come i commensali,
anche i ceppi patogeni possono colonizzare il neonato con comprensibile
facilità (1,2).
La problematica ostetrica
costituita dallo
Streptococcus agalactiae
Lo Streptococcus agalactiae, detto
anche streptococco del gruppo B, è
la principale causa di infezione neonatale grave nei Paesi sviluppati.
Il neonato ne viene colonizzato durante il passaggio nel canale del parto
essendo lo streptococco presente nel
tratto gastrointestinale e/o genitale
della donna. Se da un lato l’infezione
vaginale nella donna in gravidanza è
solitamente asintomatica, al contrario
nel neonato lo streptococco può produrre quadri clinici di estrema gravità:
nelle forme ad esordio precoce si può
avere un quadro di sepsi, di polmonite
e, meno frequentemente, di meningite; nelle forme ad esordio tardivo le
principali manifestazioni cliniche sono
invece rappresentate dall’osteomielite, dall’artrite settica, dalla cellulite
o da altre infezioni localizzate. Un recente studio eseguito in una popolazione di donne gravide del nord-Italia
ha stimato una prevalenza di colonizzazione vaginale del 17,9%. Circa un
terzo dei neonati di donne portatrici è
colonizzato al momento del parto. Durante i primi 7 giorni di vita, circa il 3%
dei neonati colonizzati può sviluppare
un’infezione ad esordio precoce che
può essere fatale o può indurre gravi
conseguenze. Per inciso, l’infezione che si manifesta invece
in maniera tardiva (dopo 7 giorni di vita) non sembra essere
collegata alla colonizzazione intra-partum ma piuttosto ad
un’infezione nella fase post-partum. In Emilia-Romagna, uno
studio di popolazione ha rilevato, in neonati di età inferiore a
3 mesi, un’incidenza di malattia da streptococco pari a 0,5
per 1.000 nati vivi (3).
Le linee guida e le armi a disposizione
contro lo streptococco
Nel 1996 il Centers for Disease Control (CDC) di Atlanta pubblicò le prime linee guida per la prevenzione della malattia
da streptococco. Queste vennero poi aggiornate nel 2002 e
nel 2010. Il metodo adottato in Italia, in base alle Linee Guida sulla Gravidanza Fisiologica stilate nel 2011, si basa sullo
screening vagino-rettale eseguito tra le settimane 35 e 37 di
gestazione, con trattamento antibiotico intra-partum solo
delle donne risultate positive. Diversi studi clinici randomizzati hanno dimostrato che la profilassi antibiotica endovena
intra-partum nelle donne portatrici di streptococco eseguita
con penicillina G o penicillina A, da iniziare dall’inizio del travaglio e da proseguire fino al momento del parto, consente
la riduzione del rischio di infezione precoce che passa dal
4,7 allo 0,4%. Oltre alla profilassi antibiotica potrebbe rendersi
necessario il monitoraggio ospedaliero del neonato fino al
decimo giorno di vita. Solo dopo quella data mamma e figlio
potrebbero quindi fare rientro a casa. In parole povere la
positività allo streptococco impone terapia antibiotica endovenosa e possibile permanenza ospedaliera prolungata
oltre le tempistiche convenzionali (3).
Un nemico dello streptococco:
l’Enterococcus faecium L3
Positivo alla colorazione di Gram, non emolitico, commensale e normale abitatore dell’intestino umano, l’Enterococcus
faecium è stato, nell’ultima decade, oggetto di studi di un
gruppo di ricerca russo. Quest’ultimo è riuscito ad isolare un
particolare ceppo, identificato in seguito come L3. Caratterizzato dalla capacità di sintesi e rilascio di 2 particolari batteriocine (enterocina A ed enterocina B, entrambi termostabili
e a basso peso molecolare), il ceppo ha dimostrato di competere efficacemente, per la medesima nicchia ecologica,
con lo Streptococcus agalactiae. La co-coltura dei due ceppi su terreno favorente la crescita di entrambi mostra infatti come lo sviluppo dell’L3 vada di pari passo con la morte
dello streptococco (4).
Studi successivi hanno poi dimostrato come il ruolo ‘antibiotico’ dell’L3 non si esaurisca in un’azione anti-streptococco,
ma al contrario sia rilevante anche nei confronti di altri microrganismi coinvolti anch’essi in un contesto ‘intestino-vagina’,
quali batteri dei generi Listeria, Escherichia, Shigella, Salmonella, Proteus, Klebsiella e funghi del genere Candida. Per
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meglio raffigurare cosa significhi competizione ecologica per la medesima
nicchia abitativa in relazione al rilascio
di batteriocine, si osservi l’immagine di
Figura 1 dove appaiono chiaramente
visibili, in copro-coltura, tre ceppi di enterococco capaci di farsi ‘terra bruciata’ intorno, ad essi. Il ceppo L3 è in grado quindi di uccidere lo streptococco
(Fig 2) determinandone la lisi. E questa
sua capacità, oltre a tutte le altre sue
caratteristiche che ne hanno consentito la selezione (resistenza in ambiente
acido e nella bile, adesività, proliferaFigura 1 Batteri fecali contro batteri fecali
Colture su piastra di agar di un campione fecale di un
bimbo di 6 mesi allattato al seno e sano. Gli aloni di inibizione della crescita colturale dimostrano la presenza endogena di alcuni batteri fecali capaci di inibire
la crescita di altri. Questi fenomeni sono dovuti al rilascio di batteriocine. Da: Ingolf FN. Enterococcal Bacteriocins and Antimicrobial Proteins that Contribute to Niche Control. In: Gilmore MS, Clewell DB, Ike Y, Shankar
N, editors. Enterococci: From Commensals to Leading
Causes of Drug Resistant Infection. Boston: Massachusetts Eye and Ear Infirmary; 2014 Feb 16
Figura 2 Streptococchi e Enterococcus faecium L3 in coltura
Gli streptococchi (nell’immagine, in chiaro) a causa
del rilascio di enterocine A e B rilasciate dal ceppo L3
(nell’immagine, in scuro) vanno incontro a lisi e morte
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zione, colonizzazione e antibiotico-sensibilità) e il deposito il 25
marzo 2013 presso la BCCM/LMG Bacteria Collection di Gent
in Belgio, lo rende un candidato ideale a contrastare la presenza dello streptococco nella fase finale della gravidanza.
Effettivamente uno studio pilota, non ancora pubblicato, eseguito in Russia sotto l’egida dei Servizi Sanitari afferenti al
Ministero dei Trasporti (dipartimento Ginecologia ed Ostetricia; responsabile sanitario T.G. Kovaleva) ha dimostrato che
il trattamento di 112 donne in gravidanza con il ceppo L3
riduceva sensibilmente le infezioni da streptococco e da
candida (Tab 1).
Ma il ceppo L3 non è solo capace di determinare effetti antistreptococco e anti-candida nella donna in gravidanza. Altri studi hanno infatti dimostrato che la somministrazione del
ceppo L3 a neonati prematuri sottoposti a terapia antibiotica
era responsabile di una significativa riduzione della frequenza di complicazioni infettive (20.7% nei trattati verso 53.9 nei
controlli). Nei medesimi studi si dimostrava in particolare una
riduzione della persistenza di Clostridium difficile. Nei neonati
‘maturi’ la terapia con L3 riduceva invece il rischio di disturbi dispeptici. Questi fenomeni si accompagnavano inoltre,
sia nei maturi che nei pretermine, ad un incremento della
crescita di bifidobatteri e lattobacilli intestinali (5). Questi dati dimostrerebbero in parole povere che la somministrazione
dell’L3 durante la gravidanza potrebbe essere sia in grado
di ridurre la positività materna allo streptococco, limitando
quindi il ricorso alla terapia antibiotica endovenosa e alla
prolungata permanenza ospedaliera, che di determinare
diversi vantaggi nel nascituro qualora il ceppo riuscisse a trasferirsi, durante le fasi del parto, anche al neonato. La possibile trasmissione verticale madre-nascituro di L3 che potrebbe
verificarsi durante il passaggio nel canale del parto potrebbe
quindi ridurre le infezioni neonatali, la diarrea da Clostridium
difficile e le manifestazioni dispeptiche incrementando al
tempo stesso le colonie intestinali di bifidi e lattici con una
conseguente azione eubiotica.
Sfruttare il momento del parto per pilotare
la colonizzazione del nascituro
Il fatto che il momento del parto sia un momento di così stretto contatto tra una madre abbondantemente colonizzata
da microrganismi e un bimbo sterile ma pronto ad essere
colonizzato dai ceppi materni, potrebbe essere in qualche
modo ‘sfruttato’ per provare a colonizzare il nascituro con
ceppi opportunamente selezionati per una determinata caratteristica che in qualche modo potrebbe risultare utile al
neonato stesso. E’ noto ad esempio che per buona parte le
coliche neonatali sono determinate dalla sola presenza di
serotonina intestinale, presente fin dal giorno della nascita,
e dalla assenza di melatonina intestinale, che verrà invece
sintetizzata e rilasciata dalle cellule enterocromaffini solo a
partire dalla fine del 3° mese di vita (6).
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La serotonina intestinale proTabella 1 Somministrazione di Enterococcus faecium L3 nel terduce contrazioni; la melatozo trimestre di gravidanza in donne con positività al tampone per
nina rilassamento. Il fisiologico
streptococco e/o candida
antagonismo tra le due sopositività prima positività dopo
Ceppo
efficacia
stanze annulla la dolorabilità
del trattamento
il trattamento
intestinale a partire dal 4° meCandida (albicans)
44/112
7/112
84%
se, ma nel periodo precedente il rilascio di sola serotonina è
Streptococco (Gruppo B)
24/112
5/112
79.5%
responsabile delle sole contrazioni, soprattutto serali, causa
Streptococco (Gruppo D)
10/112
6/112
40%
di importanti dolori addominali per il neonato (Fig 3).
Streptococco + Candida
20/112
0/112
100%
Ceppi producenti melatonina
Gardnerella + Candida
14/112
0/112
100%
con cui colonizzare l’intestino
del neonato non sembrano
esistere, ad oggi. Ma ceppi
alto-producenti triptofano, precursore
Figura 3 Antagonismo ‘neonatale’ tra serotonina e meladella melatonina, sono invece seletonina intestinale
zionabili. Il Lactobacillus casei RO215
CNCM I-3429 ad esempio, in incubazione, arriva a produrre 30 mg/L di
triptofano. Similmente esistono ceppi,
ad esempio il Lactococcus lactis ssp.
lactis SP 38 DSM 26868, caratterizzati
da un’elevata capacità di produzione
Serotonina
Non vi è
Melatonina
di beta-galattosidasi, enzima che didetermina
rilascio di
determina
contrazioni
Serotonina
melatonina
rilassamento
gerisce il lattosio, e proteasi, capaci di
determina
contrazioni
demolire le proteine che si trovano nel
latte (7). Il pool enzimatico rilasciato
da tale ceppo potrebbe essere in grado, dopo colonizzazione del nascituro,
di favorire i processi di digestione del
Tra 0 e 3 mesi le cellule enterocromaffini del neonato rilasciano solo serotonina e questa è responsabile di gran parte delle contrazioni intestinali; dopo il 3° mese le medesilatte (sia materno che artificiale) ridume cellule iniziano a produrre melatonina ad azione antagonista
cendo il rischio di intolleranza al lattosio e di allergia alle proteine del latte.
Allo stesso modo la colonizzazione di
ceppi capaci di spostare la reattività
ganismi commensali per l’intestino e la vagina materna,
immunitaria da una risposta primariadobbiamo invece interrogarci su quale sia la possibilità di
mente Th2 (allergica) ad una risposta
trasmissione verticale di ceppi esogeni, cioè somministrati
Th1 (non allergica) potrebbe ridurre
volontariamente durante la gravidanza con il preciso scopo
l’incidenza di asma e allergie. Un cepdi pilotare la colonizzazione del nascituro, e non presenti alpo certamente capace di determinatrimenti nella flora materna. Per quanto possa apparire mirare il viraggio della risposta immunitaria
coloso, il fenomeno sembra avvenire.
in senso non allergico è il BifidobacteDa diversi anni sappiamo infatti che alcuni ceppi somminirium animalis subsp. Lactis BB12 DSM
strati alle madri fino al giorno del parto, e poi ma più impie15954 (8).
gati dalle stesse, sono stati ritrovati nelle feci dei loro bambini anche 24 mesi dopo l’ultima auto-somministrazione
Trasferimento verticale di
materna (9).
Ovviamente questo tipo di informazione non può essere alceppi somministrati alla malargata con certezza a qualunque ceppo, ma è pur vero che
dre durante la gravidanza
Se da un lato appare certa la trasmisi casi descritti in letteratura dimostrano che il fenomeno, per
sione verticale al nascituro di microrquanto appaia difficile, è comunque possibile.
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Conclusioni
La somministrazione di Enterococcus
faecium L3, selezionato e somministrato in base alle caratteristiche di
stabilità, vitalità, aderenza e proliferazione, e dotato di una evidente azione anti-Streptococco agalactiae
batteriocina-dipendente, ha dimostrato la possibilità di sfruttare la normale competizione tra ceppi batterici
occupanti le medesime nicchie ecologiche per eliminare
ceppi ‘minaccia’ caratteristici della fase finale della gravidanza e dotati di potenziale pericolosità per il nascituro.
La conoscenza dei possibili meccanismi di trasmissione verticale dei microrganismi vagino-rettali materni al nascituro
consente di ipotizzare terapie da eseguirsi con ceppi selezionati per caratteristiche utili al neonato che, somministrati
durante la gravidanza, colonizzino prima la madre e poi il
nascituro durante il passaggio nel canale del parto, nell’istante della natalità.
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