La somministrazione di farmaci tritati e camuffati

La situazione
degli organici
ospedalieri
in Gran Bretagna
La qualità del triage
pag. 8
pag. 14
Come va effettuato
il prelievo con
catetere venoso
centrale?
La somministrazione di farmaci
tritati e camuffati nelle RSA
pag. 30
pag. 21
Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXV n. 1 - Giugno 2014
“Il consumismo sanitario e
la professione infermieristica”
www.ipasvife.it
Elezioni per il rinnovo
del CONSIGLIO DIRETTIVO
e del COLLEGIO REVISORI dei CONTI IPASVIFE
pag. 7
Al
l
BO ’int
e
20 LLI rno
N
14 O il
17-18-19 OTTOBRE 2014
Per contattarci
Sommario
Orari di apertura al pubblico:
EDITORIALE DEL PRESIDENTE
1
IN PRIMO PIANO…
2
Lunedì e Giovedì
Martedì
Venerdì
IN PRIMO PIANO COLLEGIO
7
Biblioteca:
Lunedì e Giovedì
Martedì
- Elezioni 2014 rinnovo organi IPASVIFE
ARTICOLI ORIGINALI
8
15.30 - 18.00
09.00 - 12.00
09.00 - 11.00
15.30 - 18.00
09.00 - 12.00
Tel. 0532-64302 Fax 0532-67140
- “La qualità del triage nell’Azienda Ospedaliero
Universitaria di Ferrara”.
E-mail: info@ipasvife.it
- L’infermiere forense verso il futuro.
Sito internet: www.ipasvife.it
APPROFONDIMENTI
14
- La situazione degli organici ospedalieri in Gran
Bretagna. Quali gli insegnamenti per il nostro Paese?
- Raffronto tra le principali polizze RC professionale infermieri.
- Cosa sappiamo sulla sigaretta elettronica?
EVIDENCE BASED PRACTICE
Il Collegio è disponibile per iscrizioni, trasferimenti ad
altro Collegio, cancellazioni, rilascio di Certificati
d’iscrizione e variazioni di residenza.
L’ISCRIZIONE ALL’ALBO È
“AUTOCERTIFICABILE”
- Come si sceglie una superficie antidecubito?
- Come va effettuato il prelievo con catetere
venoso centrale?
32
- Commento alla posizione del Consiglio di Stato
riguardante i volontari impegnati nei diversi mezzi di
soccorso.
- Doppio lavoro, infermiere condannate.
NORME PER GLI AUTORI
via del Naviglio 33/a - 44123 Ferrara
21
- La somministrazione di farmaci tritati e camuffati
nelle RSA: prevalenza e implicazioni pratiche.
NELLA NORMA
Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara
Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in tempo
reale dalla Segreteria del Collegio e quindi può essere
ritirato immediatamente dal richiedente, presentandosi presso la sede del Collegio; per ragioni burocratiche legate alla normativa sulla privacy, se il
34
richiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede,
deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richiedere l'invio presso il proprio domicilio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, rifondendo il Collegio
per il costo sostenuto.
È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesiti inerenti la professione.
INFERMIERE COLLEGIO
Periodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XXV n. 1
Direzione, Redazione, Amministrazione:
via del Naviglio 33/a - Ferrara
Tel. 0532 64302 - Fax 0532 67140 - E-mail: info@ipasvife.it
Direttore responsabile: Sandro Arnofi
Stampa: Cartografica Artigiana
via Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara
Rivista chiusa in tipografia il 12 giugno 2014
Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003
(conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara
Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione
Annamaria Ferraresi, Enrico Mazzoli, Andrea Menegatti, Cinzia Guidi,
Paolo Scalambra, Barbara Sofritti, Carolina Villani
GLI UFFICI DEL COLLEGIO IPASVI
RIMARRANNO CHIUSI DALL’11 AL 22 AGOSTO.
RIAPRIRANNO LUNEDÌ 25 AGOSTO 2014
ALLE ORE 15.30.
Per qualsiasi comunicazione URGENTE
lasciare un messaggio in segreteria telefonica
al numero 0532.64302.
EDITORIALE
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
1
Editoriale
del Presidente
La difesa della salute è uno dei maggiori investimenti che la nostra regione sostiene con ben l'80% del bilancio regionale. Da molto tempo l'Emilia Romagna si caratterizza per aver
sviluppato servizi sanitari pubblici in
grado di soddisfare le principali necessità sanitarie dei cittadini. Eppure
non è la sola sanità ad aver migliorato la salute dei cittadini: mi piace
spesso citare l'esempio della TBC o
della pellagra, che non sono state
sconfitte dalle scoperte farmaceutiche che pochi potevano permettersi,
ma bensì dalle migliorate condizioni
sociali e culturali delle persone.
Un lavoro più sicuro, cibo vario ed abbondante, migliori condizioni igieniche
e termiche delle abitazioni e così via.
La salute si ottiene con la sanità ed il
benessere. La sanità non vuol dire solo ospedali, tuttavia in questi decenni,
la ricerca scientifica ha costituito numerose specializzazioni mediche che
hanno prodotto una grande frammentazione organizzativa.
Reparti ultra specialistici ed anche
ospedali sempre più hub, dove concentrare tecnologia, professionisti e
capitali. Professionisti formati per conoscere e far funzionare una sola
parte del corpo umano. Queste industrie della salute devono produrre a
ritmi, appunto, industriali, e spesso a
scapito della relazione operatore-paziente/persona. Una modalità di approccio alla persona malata che prevede una serie di esami separati per
ogni organo, svolti da persone diverse che non si conoscono e non dialogano tra loro. Moltiplicazione delle richieste e consumismo sanitario.
La lunghezza delle cosiddette liste di
attesa per diagnostica e visite specialistiche sono una criticità che sta minando il servizio sanitario pubblico e
nessuno, di questi tempi, può permetterselo. È pur vero che nella nostra regione (e non solo) sono stati
creati percorsi diagnostico-terapeutici
che facilitano i pazienti con patologie
come il diabete o lo scompenso cardiaco, tanto per fare esempi, ma
dobbiamo fare di più.
Le previsioni demografiche e la crisi
economica che non si sta risolvendo,
ci consegnano un quadro per il futuro
a tinte fosche. Quindi è necessario
prepararsi a far fronte a prevedibili situazioni molto difficili. Popolazione
molto anziana affetta da patologie
per lo più croniche, pochi giovani e
Il Presidente del Collegio IPASVI
di Ferrara Sandro Arnofi
servizi orientati alla cura ospedaliera
di pazienti acuti. Se consideriamo che
l'anziano è, di per se, un soggetto fragile in quanto percettore di basso
reddito, residente da solo (60% degli
ultra 75 anni) ed abitante in centri
agricoli molto piccoli (le nostre frazioni), abbiamo completato il quadro.
Non ci si può meravigliare se molti
cittadini delle periferie o frazioni sono grandi utilizzatori di visite specialistiche, ogni tipo di bisogno sociale,
trova come unico soggetto disposto
ad ascoltare il Medico di Medicina
Generale, che naturalmente filtra i bisogni del proprio assistito con il proprio sapere, che è di tipo sanitario
anche se il problema è sociale.
Ad una persona denutrita un medico
potrà predisporre una trattamento
ipercalorico, non certo un lavoro.
Noi oggi dobbiamo tentare di riorganizzare la sanità ed il sociale che devono interagire, vedere e parlare per
fornire risposte giuste, altrimenti non
saremo capiti e saremo inutili per
una società che, nostro malgrado,
cambia. Alla cronicità non si può e
deve dare risposta con il trattamento
per l'acuzie, da molto tempo annunciamo il potenziamento della medicina del territorio, eppure nelle campagne esiste solo il medico di medicina
generale e qualche farmacia.
L'assistenza domiciliare nel territorio
deve essere più presente. Rarissimi
sono i casi di educazione agli stili di
vita e di welfare di iniziativa. Occorre
preventivamente individuare le persone più fragili e predisporre servizi
leggeri di assistenza, consulenza,
counseling o riabilitazione che devono avvenire al domicilio. Le risorse ci
sono ma non le utilizziamo. Un pò
per una comprensibile prudenza, ma
anche per una scarsa voglia di scommettere nella costruzione di nuove
organizzazione per il futuro.
Siamo nell'era dell'informatica ed abbiamo tutti un telefono in tasca, eppure non siamo ancora in grado di progettare cartelle cliniche che possano
contenere tutti i dati della persona a
prescindere dal luogo dove si trova
che potrebbe essere un ospedale pubblico, privato, una casa di residenza
per anziani, oppure cure domiciliari.
Tutto ciò viene registrato in documenti separati, che la persona non detiene se non ne fa richiesta, anche se ne
è titolare dei dati. Informazioni cliniche, viste parzialmente dal medico di
medicina generale, ma non da quello
di continuità assistenziale. Occorre
uniformare la documentazione e tutti
gli operatori devono riportare ciò che
riguarda il paziente, in modo da fornire a tutti un quadro d'insieme.
Se vogliamo fare qualcosa per il futuro dobbiamo progettare ora, il nuovo.
Medici ed infermieri, solo perchè sono i più numerosi, devono dialogare
e pensare ad un nuovo modello e
tentare nuovi esperimenti organizzativi, dove fornire migliori risposte. Se
la depressione degli anziani soli
prende il sopravvento, prima di richiedere maggiore psichiatria, occorre ripensare all'abitare ed alla socialità, non per risparmiare sulle benzodiazepine, ma per una migliore qualità della vita che comporta anche
una migliore appropriatezza e qualità
del lavoro sanitario.
Gli infermieri stanno per arrivare al
termine di un percorso normativo
che riconoscerà le specializzazioni e
questo sarà un grande risultato, ma
naturalmente non tutti gli infermieri
dovranno specializzarsi. In questa
crescita professionale, ci dovrà essere
anche un adeguamento delle organizzazioni delle aziende sanitarie, che
dovranno essere capaci di prevedere
il futuro ed utilizzare le professioni
che stanno crescendo al loro interno.
Solo in questo modo potremmo recuperare la fiducia di un cittadino,
vittima impotente di un consumismo
sanitario, che pur spendendo molto,
non riesce ad ottenere un giusto riconoscimento.
2
IN PRIMO PIANO…
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
Breve rassegna degli articoli di maggiore interesse infermieristico
delle news del sito della Federazione Nazionale www.ipasvi.it
!
FASCETTE ANTI-DISTRAZIONE E SPILLE PER
RICORDARSI DI LAVARE
LE MANI
26/05/2014 –
All'ospedale
Bambino Gesù,
operatori sanitari, baby pazienti e genitori combattono assieme gli eventi
avversi.
Per ridurre gli errori e le infezioni
ospedaliere, da anni, l'ospedale
Bambino Gesù ha adottato alcune
iniziative come la spilla azzurra da
fissare sul camice, con la frase:
“Chiedimi se mi sono lavato le mani”.
Il rischio zero, certo, è un obiettivo
difficile e ambizioso, ma, specie in
una struttura con 50 letti in terapia
intensiva e più di 100 in semi-intensiva (come, appunto, l'ospedale
pediatrico di Roma) bisogna puntare a fare del proprio meglio.
Il percorso anti-errori è nato nel
2006 con 4 tappe: identificazione
del rischio, valutazione, prevenzione e monitoraggio e, con l'impegno di tutti, i risultati sono arrivati:
la prevalenza delle infezioni ospedaliere è passata da 7,6 su 100 ricoverati nel 2007 a 2,5 nel 2013,
mentre per i pazienti ad alta complessità la percentuale è zero.
I rientri non programmati in sala
operatoria per trimestre sono scesi
da 8,73 a 2,63 per mille interventi
nello stesso periodo.
Per questo motivo, l'ospedale del
Gianicolo è stata la prima struttura
pediatrica italiana a ricevere l'accreditamento da parte della Joint
Commission International (Jci), il
principale ente di accreditamento a
livello internazionale in ambito sanitario.
Anche i piccoli pazienti e i genitori
hanno raccolto l'invito ed aiutato
dottori ed infermieri a migliorare il
lavaggio delle mani. Il sistema ha
funzionato anche grazie alla creazione di un Comitato integrato
(con medici, clinici, infermieri, ingegneri) sulla qualità dell'assistenza
erogata. Per tutelare il momento
della preparazione dei farmaci, invece, si è pensato ad una specie di
fascia da miss: una striscia gialla
con scritta blu “Non disturbare”, visto che, quando l'infermiere sta
preparando e somministrando un
farmaco non bisogna distrarlo per
nessun motivo. Malgrado la diffidenza iniziale, col tempo la fascia
di “Miss e mister farmaco” è diventata popolare nei reparti.
Intanto, nei corridoi sono stati affissi pure dei cartelli con il “Segnale
germi” rivolti ad operatori e familiari dei baby pazienti, e cartelli che
spiegano ai genitori e ai bambini
alcune regole per ridurre i rischi in
ospedale, dalle cadute alle infezioni.
!
SILVESTRO: "SULLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE CI STANNO FACENDO
UNA GUERRA BASATA SUL
NULLA"
08/05/2014 – La
presidente Ipasvi
ha ribadito durante
la conferenza stampa al ministero della Salute il valore
della bozza di accordo che apre la strada alla figura dell'infermiere specialista.
La conferenza stampa di presentazione del nuovo portale "Infermieri per la Salute" ha rappresentato l'occasione, per la presidente
della Federazione nazionale Ipasvi,
la senatrice Annalisa Silvestro, di
fare il punto sulla bozza di accordo
per le nuove competenze infermieristiche, già condivisa con il ministro Beatrice Lorenzin.
"Sulle competenze infermieristiche
– ha dichiarato Silvestro – si sta facendo una guerra punica basata sul
nulla. Si è favoleggiato di invasioni
di campo, non ho capito bene rispetto a cosa. In realtà non ci sono
elementi per una contrapposizione
reale".
Per la presidente Ipasvi, le polemiche sulla questione 'competenze', arrivate dal fronte medici proprio dopo
le notizie sulla chiusura della bozza,
non hanno alcun fondamento.
"C'è una legge del 2006 – ha spiegato – che prevede l'infermiere
specialista. Non stiamo chiedendo
niente di trascendentale, ma solo
quanto indica una legge dello Stato". Nella bozza sulle nuove competenze si prevede, tra l'altro, la
formazione di un infermiere specialista che andrà ad approfondire le
compotenze in 5 aree: pediatrica,
chirurgica, emergenza, area medica, salute mentale, territorio (con
l'infermiere di comunità).
Per la presidente Ipasvi, inoltre,
persiste un fraintendimento di base: "Noi infermieri parliamo di
competenze come insieme di capacità, valori e conoscenza che
consentono l'attività di assistenza,
mentre dall'altra parte si parla di
abilità e procedure tecniche". E tutto questo anche se, attualmente,
non sono previste indicazioni e paletti per le pratiche consentite agli
infermieri (il mansionario non esiste più dal 1999).
"Riconosciamo e valorizziamo le
competenze mediche che riguardano il processo diagnostico e quello
terapeutico: in questi percorsi noi
siamo i più qualificati collaboratori
perchè diamo concretezza alle prescrizioni – ha ribadito Silvestro –.
C'è poi tutto il processo di assistenza su cui noi riteniamo di essere
autonomi e capaci di impostare il
percorso e tutte le attività e le abilità che servono per fare assistenza
ai cittadini".
"Dobbiamo smetterla di stare nelle
trincee ideologiche – ha concluso
–: noi infermieri intendiamo rimanere nel nostro ambito, svolgendo
al meglio il nostro mandato professionale, ovvero stare vicini ai cittadini e risolvere i loro problemi di
assistenza. Il resto sono chiacchiere
e posizione retrograde e antiquate
che non tengono conto dell'evoluzione dei bisogni dei cittadini, dell'evoluzione del sistema sanitario
nazionale, dell'evoluzione necessaria per la sostenibilità e la conservazione di un'assistenza l'universalistica".
IN PRIMO PIANO…
!
SALUTE SUL WEB, GLI
INFERMIERI AL FIANCO
DEI CITTADINI GRAZIE A
UN NUOVO PORTALE
08/05/2014 – Si è
svolta al ministero
della Salute la conferenza stampa di
lancio del nuovo sito Ipasvi di servizi
per il cittadino.
Un italiano su tre si affida a internet su temi di salute: i cittadini
hanno bisogno di sapere di più, ma
è importante che le informazioni
siano sempre sicure e certificate.
Una sfida raccolta dai 400mila infermieri italiani che da oggi aprono
un filo diretto con i cittadini, lanciando Infermieriperlasalute.it, il
nuovo portale interamente dedicato all’utente/paziente e alle famiglie. Una grande risorsa web realizzata dalla Federazione Ipasvi, sulla
quale saranno disponibili indicazioni professionali di carattere pratico
per gestire tutti i principali aspetti
della salute familiare.
Obiettivo di questo servizio è consolidare il dialogo tra cittadini e infermieri, mettendo a disposizione delle
famiglie italiane il sapere infermieristico in fatto di assistenza, consolidato nella formazione universitaria e
nella pratica quotidiana di migliaia di
professionisti presenti sul territorio e
in tutte le strutture di assistenza.
«Ci siamo mossi in questa direzione per le numerose richieste arrivate proprio dai cittadini su come gestire i problemi di salute e di assistenza – dichiara Annalisa Silvestro, presidente Federazione Ipasvi
– è forte il bisogno di avere consigli
certificati, c’è molta confusione riguardo all’informazione che arriva
da ogni parte, le persone sono
spesso sole o in famiglie mononucleari, manca quella rete parentale
alla quale un tempo ci si affidava
per suggerimenti e sostegno. Gli infermieri sono i professionisti dell’assistenza: in tal senso offriamo
supporto e aiuto in questioni di nostra competenza».
Infermieriperlasalute.it è un portale
innovativo, facilmente accessibile e
consultabile. Un servizio ricco di
notizie sicure e pratiche continuamente aggiornate, presentate in un
linguaggio semplice da professionisti competenti ed esperti in fatto di
assistenza.
Il portale, unico nel suo genere, è
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
composto da quattro sezioni: Chi è
l’infermiere? Lo sai che, Guide
pratiche e Vademecum. Tanti consigli pratici, suggerimenti su come
affrontare quotidianamente svariate situazioni in caso di patologie
croniche e non solo, monografie di
approfondimento, gestione di problematiche riguardanti la terza età,
bambini e mamme, corretti stili di
vita, misure di igiene, orientamento
tra i diversi servizi offerti sul territorio, e tanto altro.
«Lo sviluppo di un’area web interamente dedicata al cittadino è un
progetto importante che si è finalmente concretizzato con questo
portale Infermieriperlasalute.it –
spiega Rita Maricchio, responsabile
comunicazione portale Ipasvi.it e
social network Ipasvi – già nel 2011
infatti nel portale Ipasvi.it era stato
inserito uno spazio informatico dedicato, ma il nuovo sito nasce con
l’intento di creare un rapporto ancora più stretto con il cittadino. Gli infermieri sono un punto di riferimento per gli utenti/pazienti per tutto
ciò che riguarda l’assistenza: con
questa iniziativa questi professionisti si impegnano ad esserlo sempre
di più anche attraverso la Rete».
Sul portale è già disponibile per il
download il primo Vademecum,
“Anni d’argento, anni di valore”, dedicato alla terza e quarta età, con
consigli su alimentazione e corretti
stili di vita per trascorrere serenamente questa fase della vita.
!
VACCINI E AUTISMO,
UNA RELAZIONE
MAI PROVATA
29/03/2014 – La
decisione
della
magistratura
di
Trani di aprire
un’indagine per
individuare
gli
eventuali responsabili della malattia in un bambino, ha riportato la
questione alle cronache dei media.
Ma la comunità scientifica insorge.
Come nel caso della direttrice del
Centro nazionale di epidemiologia,
sorveglianza e promozione della
salute dell'Iss.
«La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazioni e
autismo è stata estensivamente
studiata e non è stata evidenziata
alcuna correlazione». Interviene così Stefania Salmaso, direttore del
Centro nazionale di epidemiologia,
sorveglianza e promozione della
3
salute dell’Istituto superiore di sanità nel dibatto che in questi giorni
si è riaperto in seguito alla decisione di un magistrato di Trani di indagare sulla vicenda.
In un articolo pubblicato sul portale dell’Iss, Salmaso ricorda che anche l’ultima ricerca sull’argomento,
pubblicata nel marzo 2013 (Increasing Exposure to Antibody-Stimulating Proteins and Polysaccharides
in Vaccines Is Not Associated with
Risk of Autism), conferma questa
conclusione, peraltro «in linea con
le altre numerose evidenze scientifiche disponibili in materia».
Nella ricerca, condotta dai Centers
for disease control (Cdc) di Atlanta
(Usa), sono stati messi a confronto
256 bambini con disturbi dello
spettro autistico e 752 bambini non
autistici, quantificando la loro esposizione totale cumulativa, nei primi
due anni di vita, ad antigeni contenuti nei vaccini, come pure il numero massimo di antigeni a cui i bambini erano stati esposti nelle singole
sedute vaccinali. I risultati, spiega
l’esperta, hanno mostrato che il numero totale di antigeni ricevuti entro i due anni di età non differiva
nei due gruppi di bambini (con e
senza autismo); il numero massimo
di antigeni ricevuto dai bambini autistici nelle singole sedute vaccinali
era simile a quello ricevuto dai
bambini senza autismo; i bambini
affetti da autismo con regressione
non avevano ricevuto un numero
maggiore di vaccini rispetto ai bambini autistici senza regressione.
Inoltre, aggiunge Salmaso, anche
se l’attuale calendario prevede la
somministrazione di un numero
più elevato di vaccini rispetto al
passato, «grazie al miglioramento
delle tecniche di produzione, il numero totale di antigeni somministrati risulta diminuito».
Quest’ultima ricerca, perciò, confermerebbe le conclusioni del rapporto 2004 dell’Institute of Medicine
(Immunization Safety Review: Vaccines and Autism), basato su una
revisione degli studi clinici ed epidemiologici disponibili sul nesso
tra vaccini e autismo, effettuata da
un gruppo indipendente di esperti
negli Usa.
Vaccino Mpr e autismo. L’ipotesi
che la vaccinazione antimorbilloparotite e rosolia (Mpr) possa essere associata ad autismo venne sollevata, ricorda ancora la ricercatrice,
da uno studio inglese pubblicato
nel 1998 da Lancet. L’ipotesi è stata
4
successivamente valutata da numerosi studi condotti sia in Europa sia
negli Stati Uniti, «ma nessuno di
questi ha confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo». Gli stessi autori dello studio inglese hanno successivamente ritirato le loro conclusioni e nel 2010 Lancet ha formalmente ritirato l’articolo. Oltretutto è
stato riportato che, oltre ai difetti
epidemiologici di questo studio,
numerosi fatti circa la storia anamnestica dei pazienti fossero stati falsificati dall’autore, Andrew Wakefield, per sostenere i risultati e che
l’intero studio fosse distorto da interessi economici. Wakefield fu radiato dall’Ordine dei medici per il
suo comportamento.
Successivamente la revisione dello
Iom, gli studi dei Cdc statunitensi e
di altre organizzazioni (inclusa l’American Academy of Pediatrics,
un’organizzazione professionale
con 60 mila membri), come pure
una revisione di numerosi studi
epidemiologici condotti in diversi
Paesi europei, hanno raggiunto le
medesime conclusioni, respingendo perciò l’ipotesi di una relazione
causale tra vaccino Mpr e autismo.
!
IN PRIMO PIANO…
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
"NON RINVIABILE IL
PROBLEMA DEI 70 MILA
INFERMIERI CHE
MANCANO IN ITALIA"
09/04/2014 – L'incertezza ha segnato anche gli Stati
generali della salute promossi dal
ministero. Dove si è sentita forte anche la voce della Federazione Ipasvi.
No, i tagli non ci sono, a meno che
non arrivi una sorpresa con un pacco regalo». A dirlo era stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin,
alla vigilia della “due giorni” degli
Stati generali che il ministro ha
«fortemente voluto» organizzare a
Roma. Un evento, aveva spiegato,
che «non sarà una fiera ma il momento per fare la pianificazione e il
punto della situazione nel settore
sanità. Si metteranno in risalto le
eccellenze ma ci confronteremo
anche sulle problematiche del nostro sistema».
Un evento che, almeno dal punto
di vista mediatico e della partecipazione, è stato un indubbio successo, tanto che, soprattutto nella prima giornata (alla quale ha presenziato il Capo dello Stato affiancato
dal presidente del Consiglio), ha
fatto registrare il “tutto esaurito”; al
punto che le sale dell'Auditorium
di Renzo Piano, che ospitavano i lavori, non riuscivano a contenere
tutti coloro che erano lì per entrare.
E però, la minaccia aleggiava. Sempre alla vigilia degli Stati generali,
Lorenzin aveva ricordato d'aver
spiegato la «necessità di fare tagli
che io chiamo risparmi per reinvestirli nel sistema salute. Questo
perché l'Italia ha bisogno di grandi
investimenti, non possiamo permetterci di chiedere miliardi allo
Stato e quindi vanno recuperati; e
le Regioni ci devono stare». Un
concetto, quest'ultimo, che il ministro ha ribadito proprio in apertura
dell'incontro romano: «Chiamo le
Regioni a un grande lavoro di rigore e serietà» perché «devono capire
che è il momento di dare una vera
scossa, con impegni chiari e quantificati». Per Lorenzin, d'altronde,
«non è vero che dal Servizio sanitario nazionale non si possono recuperare risorse; ci sono ancora margini di efficientamento e si può gestire meglio» e «c'è bisogno di un
sistema trasparente per coloro che
devono gestire 110 miliardi di euro
di fondo sanitario nazionale».
«Stiamo lavorando – ha quindi
spiegato il ministro – perché non ci
siano tagli lineari; questa è una
condizione essenziale poiché dobbiamo lavorare con una certezza di
budget. Però – ha proseguito – abbiamo sempre detto, come è previsto dalla legge, che il budget del
Fondo sanitario nazionale è legato
al Pil». Rispondendo quindi a una
domanda dei giornalisti su un ipotetico taglio di un miliardo alla sanità nel Documento di economia e
finanza in procinto d'essere varato
dal Cdm «stiamo facendo il totonumeri ormai da settimane – ha detto
– ma non mi risulta». Finché «non
ho i numeri del ministero dell'Economia – ha precisato Lorenzin –
faccio solo azione preventiva. Il
punto è che abbiamo un budget
sulla base del tendenziale del Pil,
ma cosa diversa sono i tagli lineari».
Nell'attesa che tutto ciò trovi conferma nei documenti che vedranno la
luce, la kermesse romana ha visto la
partecipazione di decine e decine di
relatori, italiani e stranieri, a diverso
titolo nell'orbita della sanità.
Sbloccare le assunzioni per rianimare la sanità. In questo affollatissimo parterre, anche gli infermieri
hanno fatto sentire la propria voce.
Con un monito, quello di Gennaro
Rocco, vicepresidente della Federazione Ipasvi: «Non può esserci salute senza infermieri. Perciò il Governo giochi subito tre carte: sblocco
del turn over, adeguamento degli
organici, sviluppo della sanità territoriale» ha detto Rocco nel suo intervento alla tavola rotonda sul
ruolo e il futuro delle professioni
sanitarie. Il presidente del Collegio
Ipasvi di Roma ha insistito molto
sull’evoluzione dei bisogni di cura
e di assistenza legata all’invecchiamento della popolazione, con un
numero crescente di pazienti affetti
da multipatologie che necessitano
di cure sempre più complesse.
Riaffermando il ruolo centrale ed
esclusivo dell’infermiere nella presa
in carico della persona malata, Rocco ha tra l'altro chiesto al ministro
Lorenzin di assumere impegni precisi per un deciso cambio di passo
del Governo sulla grave emergenza
degli organici infermieristici. «Non
è più rinviabile – ha sostenuto – il
problema dei 70 mila infermieri
che mancano nel nostro Paese rispetto alla media Ocse, mentre addirittura abbiamo 30 mila colleghi
disoccupati». Un paradosso, ha aggiunto, che si verifica «non perché
manchino le possibilità di lavoro
per questi professionisti, di cui anzi
ci sarebbe un gran bisogno, ma per
gli effetti di politiche miopi troppo
concentrate sul taglio dei costi. Serve invece un piano di riorganizzazione serio delle cure e dell’assistenza sul territorio capace di abbattere il ricorso improprio dei cittadini in ospedale che oggi aumenta enormemente i costi. E senza infermieri – ha concluso Rocco –
questo non si può fare».
!
LA PRESSIONE?
MEGLIO CHE LA
MISURI L'INFERMIERE
28/03/2014 – Uno
studio mostra che
quando viene misurata da un medico risulta alterata verso
l'alto rispetto a quella rilevata da
un infermiere. È il fenomeno chiamato “white coat syndrome”, la
“sindrome da camice bianco”. E
può avere conseguenze negative
importanti.
Per una misurazione della pressio-
IN PRIMO PIANO…
ne più accurata e più vicina alla
realtà è meglio che sia affidata a un
infermiere piuttosto che a un medico. A questo risultato è giunto un
ampio studio dell'Università di Exeter, condotto su oltre 10mila persone di dieci Paesi e pubblicato nel
British Journal of General Practice.
Il fenomeno, come si sa, è quello
che si verifica quando un paziente
viene preso dall'ansia quando a
misurargli la pressione è un medico, che così può trovarsi di fronte a
un valore superiore a quello che
sarebbe “normale”. E che magari,
proprio sulla base di questa misurazione che non sa essere alterata,
decide anche di somministrare al
paziente un farmaco del quale non
avrebbe bisogno.
Per giungere a queste conclusioni, i
ricercatori dell'Ateneo britannico
hanno “semplicemente” messo a
confronto le misurazioni su 1.019
persone rilevate nella stessa seduta
da medici e infermieri, scoprendo
che i valori pressori erano più alti
quando registrati dai primi rispetto
ai secondi.
Studi precedenti, osservano i ricercatori britannici, avevano già evidenziato che l'ansia determinata
dalla misurazione della pressione
da parte dei medici poteva a sua
volta provocare un innalzamento
dei valori. Questa però è la prima
volta che si dimostra che l'innalzamento della pressione è causato
dai medici ma non dagli infermieri.
E in misura anche piuttosto significativa. Tanto da indurre il medico a
sottoporre la persona a una terapia
farmacologica, magari per tutta la
vita, della quale non avrebbe invece alcun bisogno.
Ecco perché «i medici dovrebbero
continuare a misurare la pressione
come parte della valutazione di un
paziente o di una routine di checkup – ha detto il coordinatore dello
studio, Christopher Clark – ma non
quando la decisione clinica sul trattamento della pressione arteriosa
dipenderà dal risultato. La differenza che abbiamo notato – ha precisato – è sufficiente per far superare
in alcuni pazienti la soglia per il
trattamento dell'ipertensione.
E l'impiego di farmaci inutili può
portare a effetti collaterali indesiderati». Senza contare che ad alcuni
pazienti potrebbe essere chiesto di
continuare a misurare la propria
pressione a casa, senza che ce ne
sia reale necessità, ma alimentan-
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
done l'ansia. «Queste misure inappropriate – ha aggiunto Clark – potrebbero essere evitate semplicemente affidando la misurazione a
qualcuno che non sia un medico».
Si stima che nel Regno Unito 12
milioni di persone abbiano la pressione alta (5,7 milioni dei quali
non diagnosticata) e che il costo
dei soli farmaci a carico del sistema
sanitario pubblico britannico sia intorno al miliardo di sterline l'anno.
!
IL BUSINESS
DEI FARMACI RUBATI
21/03/2014 – Negli ultimi anni sono
aumentati i furti
negli ospedali e i
danni ammontano
a milioni di euro. Uno studio del
centro Transcrime della Cattolica di
Milano e dell’Università di Trento.
Negli ultimi sette anni, tra il 2006 e
il 2013, un ospedale italiano su
dieci è stato vittima di almeno un
furto di farmaci e, in media, ha subito danni per 330 mila euro.
Sono due dati tratti dallo studio
The theft of medicines from Italian
hospitals del centro Transcrime di
Università Cattolica di Milano e
Università di Trento (www.transcrime.it), pubblicato on line lunedì 17
marzo. Per realizzarlo gli autori (Michele Riccardi, Marco Dugato e
Marcello Polizzotti) hanno analizzato 68 casi di furto di medicinali riportati negli ultimi sette anni dai
giornali italiani.
Il picco è stato registrato proprio
nell’anno appena concluso (ben 51
casi), che ha portato a una perdita
totale valutata in almeno 18,7 milioni di euro. Sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma Campania e Puglia sono le Regioni più
colpite, con il 45% dei casi totali
(rispettivamente 17 e 14 furti). Al
Centro-Nord le Regioni più colpite
sono il Lazio (con 6 furti), Lombardia (5) e Friuli Venezia Giulia (3).
Ad analizzare nel dettaglio la media (un ospedale su dieci, appunto), si osserva però quanto significative siano le differenze regionali.
Per esempio, in Molise si registrano
addirittura sette furti ogni dieci
ospedali, in Puglia 3,8 e in Campania 3,1. Al Nord, invece, il tasso più
alto è appannaggio del Friuli Venezia Giulia (2 furti ogni 10 ospedali).
Più colpiti sono gli ospedali di dimensioni maggiori (soprattutto
5
quelli che hanno più di 800 posti
letto) e con un maggior numero di
discipline: il Federico ll di Napoli, in
cima alla “classifica” ha subito cinque furti subiti e tre il Cardarelli di
Campobasso. I farmaci preferiti dai
criminali sono quelli più costosi, a
cominciare dagli antitumorali (32
furti su 68), seguiti dagli immunosoppressori (13 casi) e dagli antireumatici (12).
Secondo i ricercatori, la destinazione di medicinali rubati sono i mercati illegali in Italia o all’estero, anche se non si può escludere che
vengano “ripuliti” attraverso società
registrate all'estero e poi rientrino
in Italia nel mercato legale parallelo per essere esportati in Paesi dove i margini di profitto sono più alti
(come nel Nord Europa) oppure rivenduti di nuovo a grossisti e
broker farmaceutici italiani.
Geografia, tipologia e modalità dei
furti e della ricettazione, secondo
lo studio, confermano l’ipotesi che
possa essere coinvolta la criminalità organizzata, sia italiana di stampo mafioso (in particolare la camorra) sia straniera (soprattutto
dell’Est Europa), capace anche «di
corrompere o intimidire il personale ospedaliero per accedere ai depositi farmaceutici».
Il fenomeno criminale appare «in
rapida espansione», sottolineano
gli autori dello studio, anche se è
spesso ignorata o sottovalutata. E
oltretutto, avvertono gli autori, l'alta
profittabilità e i rischi relativamente
bassi «potrebbero convincere alcuni gruppi criminali ad abbandonare
attività illecite più rischiose per dedicarsi a questo nuovo, e più lucroso, mercato illegale».
!
CAMBIA LA DISCIPLINA DI
STUPEFACENTI E SOSTANZE
PSICOTROPE
17/03/2014 – Un
decreto legge del
Governo modifica
inoltre la regolamentazione della
prevenzione, cura e
riabilitazione delle
relative dipendenze. Nel provvedimento anche un intervento sulle
procedure per l’impiego off label
dei farmaci.
La recente pronuncia della Corte
costituzionale che ha dichiarato illegittime le modifiche introdotte in
sede di conversione al decreto
6
IN PRIMO PIANO…
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
272/2005 (la cosiddetta Fini-Giovanardi sulle droghe) perchè trattano
«fattispecie diverse per materia e
per finalità», con una «evidente
estraneità» rispetto ai contenuti del
provvedimento originario, ha di fatto obbligato il Governo a intervenire urgentemente sulla materia.
Il Consiglio dei ministri di venerdì
14 marzo ha così approvato un decreto legge in materia di disciplina
degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
La declaratoria di illegittimità costituzionale del 12 febbraio scorso,
precisa una nota del Governo, ha
determinato l’effetto di escludere
dalla vigilanza del ministero della
Salute tutte le sostanze sottoposte
a controllo in attuazione di convenzioni internazionali e le sostanze
psicoattive introdotte sulla base
delle nuove acquisizioni scientifiche negli ultimi anni.
Di conseguenza si era creato un
vuoto normativo che il decreto (il
cui testo non è ancora disponibile,
ndr) intende colmare per assicurare la tutela della salute dei pazienti
e la certezza delle regole per tutti
gli operatori sanitari coinvolti, garantendo, inoltre, «la continuità e la
funzionalità dell’assetto autorizzativo, distributivo e di dispensazione
di medicinali consolidato sulla base
della disciplina dichiarata illegittima, in un quadro di certezza giuridica rinnovato».
Le disposizioni penali e la configurazione dei reati vengono tuttavia
rinviate a un approfondimento in
sede interministeriale e parlamentare.
Il decreto prevede inoltre un intervento sui farmaci da utilizzare off
label, con l’intenzione di semplificare le procedure per l’utilizzazione
a carico del Ssn di farmaci meno
costosi che però abbiano un’efficacia terapeutica equivalente a quella
di altri farmaci, più costosi, per cui
vi è l’autorizzazione dell’Aifa.
Con questa procedura potranno essere avviate anche d’ufficio le sperimentazioni su questi farmaci «ogni
qualvolta – spiega la nota di Palazzo Chigi – sussista un interesse
pubblico al loro utilizzo.
Ciò a tutela della salute dei pazienti e, nel contempo, della finanza
pubblica».
!
LO STETOSCOPIO
VEICOLO DI INFEZIONE?
06/03/2014 – Anche
lo strumento utile ad
auscultare cuore e
polmoni può diventare veicolo di infezione. Andrebbe infatti sterilizzato dopo ciascun utilizzo.
Uno studio, pubblicato sul numero
di marzo di Mayo Clinic Proceedings, guidato da Didier Pittet, direttore del Programma di controllo delle infezioni dell'Ospedale universitario di Ginevra, ha incriminato gli stetoscopi come importanti veicoli di
batteri. Ad allungare l'elenco degli
oggetti inaspettati portatori di germi
e batteri, quindi, arriva anche lo
strumento che serve per auscultare
cuore e polmoni e che viene utilizzato durante ogni visita medica.
In effetti, gli stetoscopi vengono
utilizzati ripetutamente ogni giorno
ed entrano a contatto diretto con la
pelle del malato che può essere sede di diverse migliaia di batteri: per
questo, vanno considerati vettori
potenzialmente significativi di trasmissione e vanno disinfettati dopo
il contatto con ciascun paziente.
Lo studio, condotto su 71 pazienti
sottoposti a visita da parte di medici che utilizzavano guanti e stetoscopi sterili: dopo ciascuna visita,
guanti e stetoscopi sono stati sottoposti ad analisi per rilevare il livello
dei batteri presenti.
Nello stetoscopio, le parti in cui
c'era maggiore presenza di germi
erano il diaframma (la membrana
che rende possibile l'auscultazione) e il tubo; il primo, in particolare, risultava contaminato quanto la
punta delle dita delle mani dei medici (generalmente, la parte più
densamente ricoperta di batteri).
Questo lavoro svizzero è il primo a
confrontare direttamente il livello
di contaminazione batterica presente sulle mani dei medici e sugli
stetoscopi, pertanto gli operatori
sanitari devono essere consapevoli
della necessità di disinfettare lo
stetoscopio dopo ogni utilizzo.
!
APPREZZABILE LA DICHIARAZIONE DEL MINISTRO
LORENZIN A UNOMATTINA:
"OCCORRONO PIÙ INFERMIERI SUL TERRITORIO"
12/02/2014 – Il commento della
presidente della Federazione Ipasvi, Annalisa Silvestro: "Evidentemente non è più eludibile la necessità di affrontare i nuovi nodi problematici rappresentati dall'evoluzione dei bisogni di salute che la
nostra popolazione evidenzia".
"Evidentemente non è più eludibile
la necessità di affrontare i nuovi
nodi problematici rappresentati
dall'evoluzione dei bisogni di salute
che la nostra popolazione evidenzia ed è altrettanto evidentente la
presa d'atto delle potenzialità che
gli infermieri esprimono rispetto a
queste problematiche e che ancora
di più potranno esprimere nel
prossimo futuro". Così la presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, la senatrice Annalisa
Silvestro, commenta le dichiarazioni rese stamattina alla trasmissione
Rai Unomattina dal ministro della
Salute, Beatrice Lorenzin, circa le
prospettive professionali degli infermieri italiani e degli studenti di
Infermieristica.
"Le figure professionali della sanità
– ha detto il Ministro – devono essere programmate secondo le necessità: penso al tasso demografico, che ci porterà ad avere ua popolazione più anziana e quindi la
necessità di più assistenza domiciliare, con un maggior numero di infermieri sul territorio".
"Una buona programmazione – ha
aggiunto Lorenzin – porterà anche
una riduzione di costi, dal momento che un posto letto in ospedale
costa dai 2.000 ai 6.000 euro,
mentre l'assistenza a casa, dai 200
agli 800 euro". Il ministro ha spiegato che i tagli devono essere concentrati su capitoli precisi: contratti
di appalto, rifiuti ospedalieri, costi
energetici.
Insomma, non sulle necessità del
paziente, nè tantomeno sulla pelle
dei professionsti sanitari.
La rubrica “IN PRIMO PIANO” è stata
curata per la Commissione Comunicazione da Andrea Menegatti - CPSE Infermiere - Oncoematologia Degenza,
Azienda Ospedaliero Universitaria
“Sant’Anna” di Cona.
IN PRIMO PIANO COLLEGIO
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
7
Elezioni 2014 rinnovo organi IPASVIFE
PRIMO ANNUNCIO
Il 17 - 18 e 19 ottobre si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Revisori
dei Conti dell’IPASVIFE presso Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna, Via Aldo Moro 8, Cona (nelle vicinanze dell’Aula Magna dell’ospedale).
In tale occasione stiamo organizzando alcuni eventi formativi dei quali Vi diamo anticipazione.
Malpractice e responsabilità
professionale: analisi della
casistica italiana
Ferrara
17 ottobre 2014
ore 8,30-13,00
AULA MAGNA
Azienda Ospedaliero Universitaria Sant’Anna
Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara)
CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti
Relatore: Luca Benci: Giurista, direttore della rivista
di diritto delle professioni sanitarie (lauri editore) dal
1998 al 2004.
PRIMARY NURSING
Le coordinate concettuali e
l’applicazione pratica
(ovvero il parere dei professionisti che lo hanno applicato)
La responsabilità giuridica
dell’infermiere nel dipartimento di emergenza e
nell’assistenza domiciliare
Ferrara
17 ottobre 2014
ore 14,00-18,30
AULA MAGNA
Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna
Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara)
CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti
Relatore: Luca Benci: Giurista, direttore della rivista
di diritto delle professioni sanitarie (lauri editore) dal
1998 al 2004.
Il viaggio della
professione infermieristica:
verso quali mete?
Ferrara
18 ottobre 2014
ore 8,30-13,15
AULA MAGNA
Incontro con la Presidente della
Federazione Nazionale IPASVI
Annalisa Silvestro
Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna
Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara)
Ferrara
18 ottobre 2014
ore 14,00-18,00
AULA MAGNA
CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti
Relatori e Moderatori: Loredana Gamberoni: Consigliere Collegio Ipasvi di Ferrara - Barbara Caselli: Direttore servizio professioni sanitarie ASL di Ferrara Antonella Croso: Direttore delle professioni sanitarie
ASL di Biella - Chiara Pignolo: Coordinatore infermieristico Ospedale degli Infermi di Biella
Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna
CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti
NOTA BENE: SI RICORDA CHE L’ISCRIZIONE AL SEMINARIO VIENE EFFETTUATA SOLO ON LINE
SUL SITO WWW.IPASVIFE.IT, SI PREGA DI SEGUIRE L’ISTRUZIONE OPERATIVA SPECIFICA.
LE ISCRIZIONI SONO APERTE DAL 1 settembre al 10 ottobre 2014.
8
ARTICOLI ORIGINALI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
“La qualità del triage nell’Azienda
Ospedaliero Universitaria
di Ferrara”
di Michela Lonardi, CPSI, Infermiera Pronto Soccorso Generale di Ferrara
INTRODUZIONE
IL SISTEMA SANITARIO EMERGENZA-URGENZA IN ITALIA UNO
SGUARDO COMPLESSIVO
Il sistema di emergenza – urgenza
sanitaria costituisce un punto nodale del servizio Sanitario Nazionale (SSN) in quanto attraverso le sue
componenti si realizza quel rapporto tra l’ospedale e il territorio che
consente di affrontare gli eventi sanitari che necessitano di un ricorso
immediato alle cure mediche.
Esso svolge, pertanto un ruolo fondamentale nell’ambito del servizio
sanitario pubblico, rispondendo da
un lato all’immediato bisogno di
assistenza sanitaria della popolazione, dall’altro ponendosi come
un importante filtro ai ricoveri
ospedalieri si configura come una
delle più importanti variabili sulle
quali è misurata la qualità dell’intero servizio sanitario. È un sistema
che possiamo definire composito
per la complessità delle prestazioni
sanitarie e delle competenze specialistiche, per la molteplicità delle
figure professionali e tecnico – sanitarie che vi operano, per la varietà dei processi e dei risultati.
Il Pronto Soccorso (PS)/Dea opera
nella fase di “risposta” per garantire
l’assistenza necessaria attraverso
l’inquadramento diagnostico del
paziente, l’adozione di provvedimenti terapeutici adeguati, l’osservazione clinica, l’eventuale ricovero
del paziente.
Nella fase di risposta la rete dei
servizi e dei presidi ospedalieri,
funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati, è rappresentata da Ospedali sede del
PS, ospedali sede di Dea I livello,
strutture convenzionate.
Il sistema però, nonostante l’impor-
tanza del ruolo svolto e delle cospicue risorse utilizzate in termini di
uomini e mezzi, si presenta ancora
frazionato nei singoli ambienti regionali e spesso risulta utilizzato in
modo non appropriato come l’utilizzo improprio dei vari PS. Basti
pensare come, nel corso degli anni,
la numerosità degli accessi in Pronto Soccorso sia progressivamente
aumentata (380 accessi al PS per
1000 ab.) determinando spesso situazioni di sovraffollamento delle
strutture e disagi per gli utenti1.
Le cause di eccessivo ricorso del
cittadino in PS sono dovute:
· al crescente bisogno di ottenere
dal servizio pubblico una risposta
ad esigenze urgenti o comunque
percepite come tali;
· alla convinzione di ottenere un
inquadramento clinico terapeutico migliore in tempi brevi;
· al ruolo di rete di sicurezza rappresentato dal PS;
· alla non conoscenza del compito
affidato ai servizi di emergenzaurgenza.
· al modello organizzativo della
medicina territoriale non sempre
adeguato alle esigenze del cittadino.
Questo determina lunghe attese
per i cittadini, elevata pressione
sul personale sanitario, disagi e
difficoltà nello svolgimento di attività sui pazienti a maggiore criticità, incremento rilevante dei costi.
L’AUDIT CLINICO
“L’AUDIT CLINICO è un processo
di miglioramento della qualità, che
cerca di migliorare l’assistenza al
paziente e gli esiti, attraverso una
revisione sistematica dell’assistenza
rispetto a criteri precisi, e la realiz-
zazione del cambiamento.
L’obiettivo è di effettuare una misurazione della pratica assistenziale
in riferimento ad una serie di standard. A differenza dell’attività di ricerca in cui si pone la domanda,
“qual è la cosa giusta da fare?, in
un audit clinico ci si chiede: “stiamo facendo la cosa giusta nel modo giusto?
L’audit clinico è parte del governo
Clinico, il cui obiettivo è di assicurare che i pazienti ricevano la migliore qualità delle cure. Il Governo
clinico viene sovente definito in riferimento al concetto di accountability delle organizzazioni appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale rispetto al miglioramento continuo della qualità dei servizi che
erogano e al mantenimento di elevati standard di assistenza.
GLI AUDIT CLINICI DEL PRONTO
SOCCORSO GENERALE ARCISPEDALE OSPEDALIERO-UNIVERSITARIO SANT’ANNA di FERRARA
In quest’ottica sanitaria complessa,
dove i colleghi triagisti, ogni giorno
sono a fronteggiare lamentele continue nell’area triage, segnalazioni/minacce da parte del cittadino
aggressivo ed arrabbiato per tempi
di attesa sempre più lunghi, dove il
sovraffollamento aumenta la tensione del professionista mettendo
a rischio l’operato dello stesso, aumentando la pressione lavorativa; il
personale del Pronto Soccorso Generale dell’Azienda Ospedale Universitaria Sant’Anna di Ferrara si è
interrogato se il proprio operare
verso il cittadino rispetta le linee
guida del triage create dal Gruppo
Formazione Triage (GFT Linee Guida 2010) e se sta erogando prestazioni in modo coerente con la buo-
1 Angela Pannuccio, Direzione Generale Programmazione Sanitaria, Ministero della salute “Sistema di emergenza-urgenza: appropriatezza nell’utilizzo dei servizi sanitari di primo contatto” AGENAS.
ARTICOLI ORIGINALI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
na pratica, salvaguardando la qualità dell’assistenza attraverso la realizzazione di due audit clinici.
L’aumento degli accessi in PSG dell’azienda Ospedaliero-Universitaria
di Ferrara negli ultimi anni ha portato un gruppo di infermieri ad interrogarsi sull’operato che riguarda
la fase di valutazione del paziente
in area triage (codici colori), in
quanto i tempi di valutazione per
ogni paziente sono notevolmente
diminuiti e i servizi denominati “no
core” del triage aumentati.
1. AUDIT CLINICO ANNO 2010/11:
VALUTAZIONE DELL’APPLICAZIONE DEL CODICE COLORE
GIALLO; OMOGENEO E COERENTE CON LE LINEE GUIDA
GPG/2010/1297 APPROVATO
DALLA GIUNTA REGIONALE EMILIA ROMAGNA IL 26/07/2010
Il primo AUDIT CLINICO iniziato nel
2010 e concluso nel 2011 è stato
ideato da un gruppo di infermieri e
medici che lavorano in PSG, formato
da Michela Lonardi, Angelo Lenzi,
Elena Migliari, Beatrice Boschini e
Renzo Cattani con la supervisione
del Dott. Ulrich Wienand responsabile Accreditation Quality Research Innovation Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Dott. Roberto
Melandri Direttore Unità Operativa
semplice Pronto Soccorso Generale
e da Maria Flavia Colombi Posizione
Organizzativa Area di Emergenza.
Il tema professionale:
· riguarda l’ambito clinico/assistenziale.
L’obiettivo:
· è quello di valutare l’APPROPRIATEZZA del codice GIALLO attribuita dall’infermiere triagista.
I criteri di valutazione:
· tutti i pazienti a cui è stata attribuita una codifica “GIALLO” devono possedere uno dei parametri
definiti dalle Linee Guida GFT del
2009 riguardanti i segni e i sintomi evidenziati.
Gli strumenti:
· foglio Excel, analisi delle pratiche
cartacee archiviate, analisi dei dati attraverso database SAP.
9
al quale è stato attribuito il codice
colore GIALLO dal CPSI Triagista.
Tipo di studio: studio retrospettivo
Fonte dei dati, per il numeratore e
per il denominatore:
- Attraverso l’analisi della Banca
Dati 2010 forniti da SAP aventi
come criterio di inclusione i codici di colore GIALLO;
- Attraverso l’analisi cartacea di tutte le pratiche archiviate (previa
autorizzazione).
Il giudizio espresso sull’aderenza
dei risultati osservati sarà in percentuale.
Fonte Bibliografiche o documentale del criterio:
· Linea guida per la corretta effettuazione del triage nei Pronto
Soccorso dell’Emilia Romagna;
· codice documento GPG/2010/1297
approvato dalla Giunta Regionale
Emilia Romagna il 26/07/2010.
· Ministero Della Sanità; Linee Guida per il Sistema di Emergenza
Urgenza sanitaria In applicazione
del DPR 27/03/92.
· Atto di Intesa tra Stato e regione
(G.U. 17/05/96) Funzioni di Triage: all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di triage,
come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti
in base a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità di
intervento. Tale funzione è svolta
da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera
secondo protocolli prestabiliti dal
dirigente del servizio.
ESISTE APPROPRIATEZZA
ALL’ATTRIBUZIONE DEL CODICE
GIALLO AL TRIAGE
Indicatore:
· Numeratore: N di codici con colore GIALLO aventi i criteri definiti
dalla Linea Guida GPG/2010/1297
approvata dalla Giunta Regionale
Emilia Romagna il 26/07/2010.
· Denominatore: N di codici con
colore GIALLO negli ultimi 6 mesi
(aprile, maggio, giugno, luglio,
agosto e settembre anno 2010).
Per il 13,6% mancano caratteristiche per poter definire con parametri chiari se la codifica è adeguata.
Consigli per il miglioramento:
· Mettere a conoscenza i CPSI Triagisti, rispetto alle Linee Guida del
GFT 2010;
· Dare maggior valore alla terminologia utilizzata e ai parametri
da rilevare.
Standard (=”target” valore soglia)
in letteratura:
· Standard: 80% (standard concordato) inoltre valutazione di quanti sono gli overtriage e gli under
triage.
PUNTO B
Non perfetta sovrapposizione fra i
sintomi programma SAP utilizzato
dal PSG di Ferrara e i sintomi GFT:
· nella lista SAP un numero considerevole di sintomi non trovano
la corrispondenza fra le indicazioni del GFT;
· nella lista di sintomi usati nella li-
Popolazione dello studio:
Pazienti giunti in Pronto Soccorso
CONCLUSIONI
Su 252 schede valutate, la N° 69
non è da considerare perché codice verde mentre un’altra scheda
era doppia.
Perciò il totale è di 250.
PUNTO A
Dalla valutazione delle schede
campione è emerso che il target
dell’80% è raggiunto, la codifica
definibile con codice giallo in effetti raggiunge l’83,2%.
TABELLA 1
TOTALE
GIALLO
MANCANO
CARATTERISTICHE
250
100%
208
83,2%
34
13,6%
VERDE
ROSSO
7
2,8%
1
0,4%
10
ARTICOLI ORIGINALI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
del DPR 27/03/92.
· Atto di Intesa tra Stato e regione
(G.U. 17/05/96) Funzioni di Triage: all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di triage,
come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti
in base a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità di
intervento. Tale funzione è svolta
da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera
secondo protocolli prestabiliti dal
dirigente del servizio.
GRAFICO 3
sta GFT è presente la condizione
paziente anziano, in cui vengono descritti diversi sintomi, già
presenti singolarmente nella lista
GFT;
· il sintomo ALTRO (vie utilizzato
troppo spesso per la fretta).
PUNTO C
Non viene tenuto in considerazione
in questo studio l’orario di entrata
in ambulatorio molte volte la codifica avviene molto velocemente quasi un inserimento dati senza una
completa valutazione perché i pazienti vengono portati direttamente
in ambulatorio dal medico del 118
o perché in attesa non c’è nessuno
come in certi orari della notte.
2. AUDIT CLINICO ANNO 2012/13:
CONGRUENZA di ATTRIBUZIONE CODICE COLORE NELL’ATTIVITA’ di TRIAGE PER IL SINTOMO PRINCIPALE DOLORE TORACICO
Il secondo AUDIT CLINICO iniziato
nel 2012 e concluso nel dicembre
2013 è stato ideato da un gruppo
di infermieri e medici che lavorano
in PSG, formato da Michela Lonardi, Anna Ferrozzi, Elena Migliari e
Paolo Bertolazzi con la supervisione del Dott. Ulrich Wienand responsabile Accreditation Quality
Research Innovation Azienda
Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Dott. Roberto Melandri Direttore Unità Operativa semplice Pronto
Soccorso Generale e da Catia Crepaldi Posizione Organizzativa Area
di Emergenza.
Il tema professionale
· riguarda l’ambito clinico/assistenziale.
L’obiettivo
· Valutare l’applicazione del codice
colore attribuito al Triage, per il
sintomo principale DOLORE TORACICO, omogeneo e coerente
con le Linee Guida GPG/2010/1297
approvata dalla Giunta Regionale
Emilia Romagna il 26/07/2010 e
con le Linee Guida 2010 GFT;
· Attuare modifiche idonee all’attribuzione di codice colore in uscita
che attualmente è rappresentato
dagli stessi colori (rosso, giallo,
verde, bianco) analoghi a quelli
assegnati con TUTT’ALTRA FINALITÀ dall’infermiere triagista come del resto la Linea guida
GPG/2010/1297 propone.
I criteri di valutazione:
· tutti i pazienti che si sono presentati in Pronto soccorso con il
sintomo DOLORE TORACICO
Gli strumenti: foglio Excel, analisi
delle pratiche cartacee archiviate,
analisi dei dati attraverso database
SAP.
Fonte Bibliografiche o documentale del criterio:
· Linea guida per la corretta effettuazione del triage nei Pronto
Soccorso dell’Emilia Romagna;
codice
documento
GPG/2010/1297 approvato dalla
Giunta Regionale Emilia Romagna il 26/07/2010.
· Ministero Della Sanità; Linee Guida per il Sistema di Emergenza
Urgenza sanitaria In applicazione
Indicatore:
· Numeratore: N di codici con colore aventi i criteri definiti dalla
Linea Guida GFT 2010 sintomo
principale DOLORE TORACICO.
· Denominatore: N di codici con
colore con il sintomo DOLORE
TORACICO nel mese di MARZO
2012.
Standard (=”target” valore soglia)
in letteratura:
- Standard: 80% (standard concordato) inoltre valutazione di
quanti sono gli overtriage e gli
under triage.
Popolazione dello studio:
- Pazienti giunti in Pronto Soccorso
con il sintomo DOLORE TORACICO.
Tipo di studio: studio retrospettivo
Fonte dei dati, per il numeratore e
per il denominatore:
- Attraverso l’analisi della Banca Dati 2010 forniti da SAP aventi come
criterio di inclusione DOLORE TORACICO;
- Attraverso l’analisi cartacea di tutte le pratiche archiviate (previa
autorizzazione).
Il giudizio espresso sull’aderenza
dei risultati osservati sarà in percentuale.
CONCLUSIONI
Totale schede analizzate 213.
Schede escluse per inappropriatezza del contenuto sono 8.
Schede doppie (escluse) 5.
Schede valide per lo studio 200.
VALUTAZIONE
1. Dopo la verifica delle schede si
è evidenziato che la corrispondenza tra la valutazione in Triage e le linee guida Regionali più
ARTICOLI ORIGINALI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
11
TABELLA 2
Valutazione
iniziale
BIANCO TF
VERDE TF
GIALLO TF
ROSSO TF
TOTALE
BIANCO
GFT
0
0
0
0
0
VERDE
GFT
1
66
17
0
84
GIALLO
GFT
0
5
87
3
95
ROSSO
GFT
0
1
4
16
21
TOTALE
1
72
108
19
200
(GFT = Gruppo Formazione Triage) (TF = Triage Ferrara)
TOTALE SCHEDE APPROPRIATE
SCALA DEL DOLORE
APPROPRIATE
NON APPROPRIATE
85%
15%
OVER / UNDER TRIAGE
Scala del dolore non congrua
con il codice colore
79,8
Scala del dolore congrua
con il codice colore
29,3%
TEMPO MEDIO di ATTESA DEL CODICE GIALLO
IN SALA D’ATTESA
TEMPO MEDIO UGUALE O MAGGIORE
D’ATTESA
DI TRE ORE
19 minuti
2.
3.
4.
5.
6.
GFT è stato raggiunto con l’85%;
IL TRIAGE PER IL DOLORE TORACICO È APPROPRIATO.
Su tutti i pazienti valutati al triage è stato eseguito un ECG nei
tempi consigliati dalle suddette
Linee guida.
Percentuale di over triage corrisponde al 10% delle schede totali.
Percentuale di under triage corrisponde al 5% delle schede totali.
La corrispondenza tra codici gialli e un adeguata valutazione della scala del dolore è presente
solamente in un limitato numero di casi.
Rilevazione parametri dopo l’a-
5 casi
FINO A
DUE ORE
15 casi
nalisi delle schede si evince che
circa nel 50% dei casi erano incomplete.
7. Tempi di attesa dei codici gialli
equivalgono ad una media di 19
MINUTI.
Toracico” del GFT;
5. implementazione della rivalutazione della sala di attesa;
6. incontro con il personale medico
e non medico per analizzare i
casi rilevati pericolosi.
AZIONI di MIGLIORAMENTO
1. Introduzione di una scheda diversa formata da colori per l’identificazione del NHS;
2. introduzione della valutazione
del dolore toracico con il CPS
(Chest Pain Score);
3. introduzione della scheda del
dolore toracico del GFT plastificata;
4. confrontare il percorso “Dolore
toracico” con la scheda “Dolore
L’obiettivo: Attuare modifiche idonee all’attribuzione di codice colore
in uscita che attualmente è rappresentato dagli stessi colori (rosso,
giallo, verde, bianco) analoghi a
quelli assegnati con TUTT’ALTRA FINALITÀ dall’infermiere triagista come del resto la Linea guida
GPG/2010/1297 propone.
NON È STATO RAGGIUNTO
12
ARTICOLI ORIGINALI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
L’infermiere forense verso il futuro
Stefania Pecorelli, CPSI Dialisi, Ospedale Civile di Budrio AUSL BO, Master in Infermieristica ed Ostetricia legale e forense
Francesca Bonetti, CPSI Rianimazione Ospedale Maggiore AUSL BO, Master in Infermieristica ed Ostetricia legale e forense
Milena Scolavino, CPSI Rianimazione/118 Elisoccorso - AUSL BO - Master in Infermieristica legale e forense
L’infermiere legale e forense è un
professionista specializzato nella
valutazione degli aspetti giuridici
che riguardano l’esercizio dell’attività infermieristica. Egli studia ed
analizza gli aspetti sanitari, legali e
forensi della professione, rilevandone i confini, le competenze e profili
di responsabilità professionale;
promuove altresì lo sviluppo della
professione e dell’inserimento della figura dell’infermiere in ambito
giudiziario quale consulente tecnico specializzato.
1996 – L’American Forensic Nurse,
riconosciuta nel 1996 dall’American
Association of Nurses, definisce
“l’infermiere forense come un infermiere con formazione specializzata nella raccolta di prove forensi
ed esperto in procedure penali, un
collegamento quindi tra la professione medica e quella del sistema
di giustizia penale.”
L’infermieristica forense è una delle
più recenti forme di scienze forensi
riconosciute dall’American Nurses
Association. Il nuovo campo unisce
la professione sanitaria con il sistema giudiziario.
1998 – International Association of
Forensic Nurses (IAFN), definisce la
professione di infermiere legale e
forense come: “la professione di infermiere legale consiste nella’applicazione delle conoscenze infermieristiche alle procedure pubbliche o
giudiziarie: consiste inoltre nell’applicazione di procedimenti propri
della medicina legale, in combinazione con una preparazione biopsico-sociale dell’infermiere diplomato, nel campo dell’indagine
scientifica, del trattamento di casi
di lesione e/o decesso di vittime di
abusi, violenza, attività delinquenziale ed incidenti traumatici”.
2006 – La situazione si presenta
molto differente in Italia dove l’infermiere legale e forense vede la
sua prima comparsa molti anni più
tardi con la nascita dei Master in
Infermieristica e Ostetricia legale e
forense, presso le Università del
nostro paese. Il profilo che viene
delineato dal master riconosce l’infermiere forense un professionista
con competenze specialistiche nel
campo della responsabilità professionale, anche in funzione di consulente nei diversi ambiti del contenzioso in base alle funzioni specifiche dell’infermiere (prevenzionediagnosi precoce, educazione alla
salute, assistenza, educazione terapeutica, gestione, formazione, consulenza e ricerca) ed in riferimento
alla normativa vigente (Direttiva
CEE 453/77, D.Lgs. 353/94, D.M.
739/94, D.M. 740/94, D.M.70/97,
Lg42/99, Lg 251/2000).
È evidente che dall’abrogazione del
mansionario (L. 42/’99) che sanciva
i limiti della professione e la poneva come vicaria a quella medica, la
professione infermieristica ha assunto sempre più un carattere autonomo. Le Organizzazioni sanitarie,
le leggi ed i contratti sottolineano
sempre di più l’autonomia degli infermieri e chiedono maggiori responsabilità nell’agire quotidiano; si
assiste inoltre ad un notevole incremento dell’importanza delle pratiche assistenziali determinate da basi scientifiche (EBN = Evidence Based Nursing). Tale richiesta di maggior responsabilità e competenze
ha portato alla nascita di queste
nuove figure professionali sempre
più specializzate nei vari settori assistenziali: una di queste è relativa ad
una nuova branca della disciplina
infermieristica, ovvero quella dell'infermieristica forense intesa come
l'applicazione degli aspetti legali e
forensi all'assistenza sanitaria ai fini
dell'investigazione scientifica e del
trattamento dei traumi correlati alle
violenze ed agli abusi. Al termine
del percorso formativo post-base
l’infermiere ha conoscenze ap-
profondite inerenti il diritto, la medicina legale, la psichiatria forense,
la criminologia, le tematiche relative
alle violenze ed in particolare competenze in ambito di clinical risk
management, medicina sociale, etica, counselling, bioetica, biodiritto
ed emergenze in campo umanitario. Nella sfera della criminologia,
l’infermiere forense può intervenire
nell’ambito di alcuni reati particolari, quali ad esempio gli omicidi, le
violenze sessuali, le lesioni personali, i maltrattamenti ed i casi di morti
sospette. Può interagire e collaborare con l’Autorità giudiziaria e con altri esperti e/o periti.
L’approfondimento e lo studio di
queste materie permette di acquisire consapevolezza per poter gestire
quelle situazioni che, al momento,
sono gestite inconsapevolmente
nella quotidianità dell’attività professionale, ad esempio nelle realtà
del pronto soccorso, ove frequentemente pervengono vittime di trauma o di violenza da parte di terzi, o
ancora più semplicemente, in ogni
unità operativa nelle quali non vi è
un monitoraggio con valutazione
appropriata di quelli che sono i fattori di rischio per gli avventi avversi.
Tale specifica formazione diviene altresì importante nell’erogazione di
servizi di consulenza, ad esempio
nell’ambito della valutazione dei
profili di responsabilità professionale, a studi legali, associazioni sindacali o professionali infermieristiche,
oppure ancora quali periti/CTU
(Consulente Tecnico d’Ufficio) o
CTP (Consulente Tecnico di Parte)
in ambito giudiziario. A tal proposito si segnala che sono già stati istituiti albi specifici per infermiere legale e forense presso i Tribunali di
Genova,Teramo, Siracusa, Catania,
Padova, Messina, Rovereto.
L’infermiere legale e forense può
altresì fornire un contributo utile all’Autorità giudiziaria in merito alla
ARTICOLI ORIGINALI
rilevazione di elementi probatori
utili in occasione di alcuni eventi
traumatici, di situazioni di morte
sospetta o di altre fattispecie di
reato particolarmente violente, come ad esempio le ipotesi di abuso,
violenza, mobbing, stalking e nursing malpractice.
Considerando che il contenzioso
socio – sanitario è ad oggi decisamente in aumento, anche in Italia
si è cominciato a monitorare il fenomeno; paesi quali l’America e la
Gran Bretagna sono intervenuti da
anni sul problema di quella che
viene definita “malpractice”, creando una vera e propria rete di collegamento e comunicazione tra tutte
le persone coinvolte nel contenzioso ed una attenta valutazione e
studio dell‘ “errore“. I dati presenti
in letteratura evidenziano che l’errore si verifica per negligenza, imperizia, inosservanza delle leggi,
scarsa comunicazione ecc. e si verifica a causa di stress, eccessivo carico di lavoro, inadeguatezza tecnologica e strumentale, assenza di supervisione ecc.: essendo quindi anche l’infermiere ad oggi coinvolto
in questo processo, egli stesso diviene quindi parte integrante del
sistema che si occupa di Clinical Risk Management e, in funzione delle competenze specifiche acquisite,
soggetto capace di effettuare verifiche, esprimere pareri e valutazioni
in campo di responsabilità professionale, posto che alla competenza
pratica aggiunge la conoscenza di
norme che disciplinano, nel rispetto dell’ordinamento italiano, l’intera attività infermieristica.
In tal senso, per tornare all’aspetto
consulenziale dell’infermiere legale
e forense, si ricorda che la scelta
del perito/ CTU da parte del giudice
o del CTP da parte delle parti processuali, viene fatta ogni volta si
renda necessario risolvere determinate problematiche, ossia quando
occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono
specifiche competenze tecniche,
scientifiche o artistiche. Per fare ciò
il giudice nomina il perito/CTU, scegliendo tra gli iscritti negli appositi
albi o tra persone fornite di partico-
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
lare competenza nella specifica disciplina in questione; ad esso affida
il compito di espletare la perizia da
solo o con altre persone, a seconda
che le indagini e le valutazioni risultino di notevole complessità ovvero
richiedono distinte conoscenze in
differenti discipline.
Il giudice dispone anche di ufficio la
perizia con ordinanza motivata,
contenente la nomina del perito, la
sommaria enunciazione dell’oggetto delle indagini, l’indicazione del
giorno, dell’ora e del luogo fissati
per la comparizione del perito; inoltre dispone la citazione del perito è
dà gli opportuni provvedimenti per
la comparizione delle persone sottoposte all’esame del perito.
Disposta la perizia, nel processo
penale, il pubblico ministero e le
parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici (CTP)
in numero non superiore per ciascuna parte a quello dei periti.
Anche il Pubblico Ministero, qualora volesse procedere ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi
o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, ha facoltà di nominare ed avvalersi di
consulenti tecnici.
L’infermiere legale e forense è una
delle ultime “specialità” nel mondo
post-laurea della professione infermieristica, che grazie alle sue particolarità e campi d’azione ha riscontrato enorme successo.
I campi d’azione dell’ infermiere legale e forense sono molteplici:
- nell’ambito giudiziario, in caso di
procedimento penale e/o civile,
qualora sia necessario valutare, come consulente tecnico del giudice
o di parte, l’operato professionale
di un collega, la sua responsabilità
professionale e l’incidenza dell’errore; per fare ciò, è bene segnalar-
13
lo, è consigliabile aver frequentato
un corso di formazione specialistica
in ambito peritale, che consenta di
comprendere e acquisire i criteri e i
metodi per l’adeguata effettuazione
di valutazioni cliniche-forensi;
- in ambito professionale può fornire, sempre su tematiche d’ordine
professionale, consulenze a studi
legali, sindacati ed associazioni
professionali ed effettuare valutazioni in tema di documentazione
sanitaria;
- può dedicarsi alla formazione, allo studio e alla ricerca, e istituire
corsi di educazione sanitaria, in collaborazione con altri professionisti,
su argomenti a tutela della salute,
con particolare interesse al mondo
della scuola per prevenire il bullismo, gli abusi e le violenze sessuali
sui minorenni, prevenire l’uso di
droghe, farmaci e alcool.
Le competenze dell’infermiere legale e forense comprendono anche
l’assistenza delle vittime di molestie, violenze sessuali e mobbing;
assistenza e gestione delle dipendenze da alcool, farmaci e droghe;
assistenza, gestione e futuro delle
famiglie multiproblematiche con
proposte operative per la presa in
carico delle stesse.
Sicuramente gli obiettivi di tali infermieri sono molteplici, le strade
da intraprendere possono essere
tante ma con parecchi ostacoli,
rappresentati in particolare da una
“vecchia” concezione della professione e da un pensiero insano che
considera le autovalutazioni e la
gestione del rischio come un’accusa al lavoratore invece che una
possibile crescita professionale. “Errare humanun est, perseverare autem diabolicum” (cit. latina), impariamo da ciò per crescere, imparare
e migliorare il sistema per diminuire i margini di errore e far sì che
l’utenza delle nostre strutture acquisisca maggior fiducia nel nostro
sistema sanitario.
Sitografia:
www.ailf.eu
h t t p : / / w w w. i p a s v i a s t i . i t / m a g g i o % 20 2011 / S l i d e s % 20 I n f e r m i e re%20Forense%20Asti%2012%20Maggio.pdf
14
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
La situazione degli organici
ospedalieri in Gran Bretagna.
Quali gli insegnamenti per il nostro Paese?
di Carlo Orlandi,
Servizio infermieristico - Ospedale San Raffaele - Milano
Articolo tratto dalla rivista “L’Infermiere” N. 1/2014 edita dalla Federazione Nazionale dei Collegi
Negli ultimi mesi i colleghi inglesi
hanno condotto una campagna accanita per la difesa dei propri organici negli ospedali.
Com’è noto, in Gran Bretagna esiste da molti anni un sistema sanitario completamente pubblico (National health service - Nhs), che garantisce gli stessi servizi a tutti i cittadini inglesi. Negli anni Settanta
del secolo scorso la sua architettura fu presa a modello dai nostri legislatori per la realizzazione nel nostro Paese di un Servizio sanitario
nazionale (guarda caso, con la stessa denominazione), istituito nel
1978 ed ancora in vigore.
Purtroppo, anche in Inghilterra la
crisi economica mondiale ha eroso
le casse statali ed è in corso da
tempo una drastica riduzione del finanziamento del Nhs, forse di entità ancora maggiore rispetto all’Italia, per esempio con pressioni sugli
ospedali per la riduzione degli organici, perduranti ormai da anni.
Gli infermieri che tentano di levare
la voce contro questo stato di cose
sono stati intimiditi dalle direzioni
ospedaliere, come riporta un sondaggio svolto dal Royal college of
nursing (Rcn)1, i cui esiti sono stati
riportati persino dalla Bbc (notizia
del 23/4/2013). Dal sondaggio si
evince che il 24% degli intervistati
(1.266 persone su 5.277) ha ammesso di aver ricevuto pressioni
dai propri coordinatori e dirigenti
per non segnalare diminuzioni o
criticità nelle dotazioni organiche.
Purtroppo per i pazienti e per gli
operatori, com’è del tutto prevedibile, i tagli ai finanziamenti erogati
per le cure sanitarie provocano inevitabilmente degli effetti negativi
sulla qualità del servizio offerto. L’esempio più eclatante di ciò si è verificato in Inghilterra nel 2007: in
quell’anno è emerso lo scandalo
dell’ospedale di Stafford, una cittadina di circa 70.000 abitanti. Dalle
analisi periodiche compiute dagli
organismi di vigilanza si notò che
in quell’ospedale c’era un elevato e
abnorme tasso di mortalità fra i pazienti degenti in regime di urgenza.
La notizia si diffuse rapidamente e
fece molto scalpore, com’è facile
intuire. A partire dall’anno seguente fu istituita una Commissione
d’inchiesta, che ha concluso i suoi
lavori solo nel 2013. Dai dati pubblicati sono emerse situazioni molto gravi, che hanno destato molta
emozione nell’opinione pubblica
inglese, quali, oltre all’elevato tasso
di mortalità, casi di pazienti lasciati
nelle loro deiezioni per molte ore o
talmente assetati da essere costretti a bere l’acqua dei vasi di fiori
(http://en.wikipedia.org/wiki/Staff
ord_Hospital_scandal).
Il rapporto finale della commissione - Rapporto Francis - è stato
pubblicato nel febbraio di quest’anno ed è consultabile al sito:
(http://www.midstaffspublicinquiry.com/sites/default/files/report/Executive%20summary.pdf). Il
rapporto ha messo in evidenza le
principali carenze che si sono verificate in quell’ospedale, che qui di
seguito elenchiamo in sintesi:
1. una direzione preoccupata più
per i risultati economici che per
quelli clinici, incurante delle numerose segnalazioni di scadimento della qualità dei servizi
offerti dall’ospedale, incentrata
più sulla promozione dell’immagine dei propri componenti che
della sicurezza e dell’efficacia
delle cure offerte ai propri pazienti;
2. una costante indifferenza alle
lamentele dei pazienti;
3. una diminuzione costante del
personale infermieristico esperto, che non è stata presa in considerazione;
4. un’inadeguatezza dell’organico
infermieristico per numero e per
1. Il Royal college of nursing è un organismo inglese di tutela professionale e sindacale.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
formazione, con un livello insufficiente di leadership infermieristica e con modalità di reclutamento e di formazione degli infermieri anch’esse inadeguate;
una sottostima della qualità e
della sicurezza dei servizi offerti
rispetto alla sicurezza finanziaria
dell’ospedale, che è stata ritenuta più importante. Il paziente
non è stato messo al centro degli obiettivi dell’ospedale. I dirigenti hanno operato senza alcuna pressione o controllo da parte dei loro collaboratori;
una scarsa collaborazione con le
autorità locali e con le organizzazioni di cittadini;
una carenza di segnalazioni da
parte dei medici di Medicina generale, che hanno fatto sentire
le proprie lamentele solo dopo
che è stato annunciato l’avvio di
un’indagine pubblica e solo dopo che sono stati coinvolti direttamente;
una scarsa capacità di raccogliere segnali provenienti dai cittadini e dagli operatori sanitari sia
da parte dell’Ordine dei medici
(General medical council) che
dell’Ordine degli infermieri e
delle ostetriche (Nursing and
midwifery council). Nell’Ospedale di Stafford non vi era alcun
collegamento diretto con i due
Ordini;
un’incapacità di mantenere sotto controllo gli standard di organico da parte del Rcn, che si è
dimostrato non in grado di raccogliere le lamentele e le preoccupazioni degli infermieri. All’interno dell’Ospedale non era
presente alcun eletto nel Rcn.
Gli organismi provinciali e nazionali non hanno avuto alcun
ruolo nella vicenda;
un’inadeguatezza nel monitorare gli organismi della formazione dei medici e degli infermieri
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
rispetto all’andamento degli stage degli studenti, nonché nel tenere in considerazione gli episodi di bullismo che si sono verificati nei confronti degli studenti.
Non è stato preso in considerazione lo scadimento degli standard di sicurezza e di qualità
delle cure.
Come è facile dedurre, il rapporto
ha stilato un’analisi impietosa di difetti organizzativi e strutturali. La lettura lascia impietriti. Il Ministero
della salute britannico, dopo la
pubblicazione del Rapporto Francis,
ha commissionato, a sua volta, nel
marzo 2013, un lavoro di analisi a
un comitato di esperti, presieduto
dal professor Don Berwick, un’autorità mondiale in tema di sicurezza
dei pazienti, già consulente del Presidente Barack Obama per i problemi sanitari. L’obiettivo assegnato al
comitato è stato quello di individuare i possibili interventi correttivi
per risolvere la situazione. La relazione finale è stata appena pubblicata ed è consultabile al sito https://www.gov.uk/government/uplo
ads/system/uploads/attachment_d
ata/file/226703/Berwick_Report.pd
Anche la lettura del Rapporto
Berwick (che ha un titolo significativo: A promise to learn, a commitment to act), è molto interessante.
Qui di seguito si presenta una breve
sintesi delle raccomandazioni finali:
1. il Nhs dovrà continuamente, e
per sempre, cercare di ridurre i
danni al paziente, abbracciando
con tutto il cuore un’etica dell’apprendimento;
2. tutti i leader coinvolti nel Nhs - a
tutti i livelli: politico, normativo,
di governo, esecutivo, clinico e
di difesa dei pazienti - devono
porre la qualità delle cure in generale, e la sicurezza del paziente in particolare, al vertice delle
loro priorità per gli investimenti,
la ricerca e lo sviluppo;
3. i pazienti e i loro caregiver devono essere presenti, coinvolti e in
grado di influenzare tutti i livelli
delle organizzazioni sanitarie,
dai servizi di degenza ai Consigli
di amministrazione;
4. il Governo, le Autorità per l’istruzione e il Nhs devono assicurare
la presenza di personale sufficiente per soddisfare le esigenze
attuali e future del Nhs. Le orga-
5.
6.
7.
8.
9.
10.
nizzazioni sanitarie devono garantire che il personale sia presente in numero adeguato per
garantire cure sicure in ogni momento e che sia ben supportato
da tutta l’organizzazione. I dirigenti e gli amministratori devono
assumersi la responsabilità di fare in modo che le aree cliniche
abbiano personale adeguato ai
diversi livelli di gravità e di dipendenza del paziente, in accordo
con le evidenze scientifiche sulle
dotazioni sicure di personale;
le conoscenze (e le abilità connesse al loro utilizzo) inerenti la
qualità e la sicurezza del paziente devono far parte della preparazione iniziale e della formazione permanente di tutti gli operatori sanitari, compresi i dirigenti
e gli amministratori;
il Nhs deve diventare un’organizzazione che apprende2, quindi
modificare, a cascata, tutti i livelli del Nhs;
la trasparenza dev’essere completa, tempestiva ed inequivocabile. Tutti i dati sulla qualità e la
sicurezza, raccolti dal governo,
dalle organizzazioni o dalle associazioni professionali, devono
essere condivisi in modo tempestivo con tutti coloro che ne facciano richiesta, compresa l’utenza, nel modo più accessibile;
tutte le organizzazioni devono riconoscere nel parere del paziente e del caregiver un bene essenziale nel monitoraggio della sicurezza e della qualità delle cure;
i sistemi di vigilanza e di regolamentazione devono essere semplici e chiari. Devono evitare che
la responsabilità sia diffusa. Devono essere rispettosi della buona volontà e delle intenzioni della stragrande maggioranza del
personale. I sistemi di incentivazione devono puntare nella stessa direzione;
si suggerisce una regolamentazione delle sanzioni, con una gerarchia di risposte. Il ricorso alle
sanzioni dovrebbe essere estremamente raro e dovrebbe servire
soprattutto come deterrente per i
casi di abbandono o maltrattamento intenzionale o colposo.
In conclusione, il rapporto Berwick
afferma: “il Nhs può diventare il più
sicuro sistema di assistenza sanita-
15
ria in tutto il mondo. Ciò richiederà
volontà unitaria, ottimismo, capacità di investimento e di cambiamento. Ognuno può e deve aiutare.
Infine, il cambiamento richiederà
una cultura ben radicata nel miglioramento continuo. Regole, norme,
standard e loro applicazione hanno
un ruolo importante nella ricerca
della qualità, ma essi impallidiscono rispetto alla potenza di un apprendimento pervasivo e costante”.
Per ogni punto di quelli sopra citati,
il rapporto elenca le attività da
compiere per ogni attore (il Nice, il
governo, gli organismi professionali), raccomandando al Nice di elaborare nel più breve tempo possibile degli standard di riferimento per i
livelli di organico, basati su evidenze scientifiche.
Sul tema degli standard di sicurezza
degli organici, Nursing standard
(http://rcnpublishing.com/journal/ns), la rivista del Royal college
of nursing, sta pubblicando negli ultimi tempi molti materiali e documenti. Nella scorsa primavera ha
costituito, coinvolgendo anche le
organizzazioni per la difesa dei pazienti e la Florence Nightingale
foundation, un comitato di esperti
denominato Safe staffing alliance.
Nel maggio scorso questo comitato
ha prodotto un documento di consenso che elenca in sette punti le
caratteristiche di un organico sicuro,
che pubblichiamo tradotte qui di
seguito:
1. le presenze del personale infermieristico devono essere pianificate in ogni servizio in ogni
ospedale; devono essere supportate da evidenze scientifiche
e metodologiche perché siano
messi in atto dei rapporti infermieri/pazienti sicuri;
2. il Coordinatore infermieristico (o
figura analoga) è abilitato a
prendere decisioni quotidiane
sugli organici e sulle risorse disponibili con l’autorità di mettere in atto tali decisioni;
3. il Coordinatore infermieristico e
gli altri infermieri con responsabilità di coordinamento sono
supportati dall’infermiere dirigente e dalle altre direzioni. Tutte le direzioni sono responsabili
perché i livelli di organico siano
mantenuti e adeguati a livelli sicuri e appropriati;
4. in nessun caso è sicuro per l’as-
2. Learning organization è un termine che si riferisce alla teoria di Peter Senge, scienziato del Mit di Boston, che l’ha sviluppata alla fine degli
anni Ottanta del secolo scorso. La learning organization è un’organizzazione che facilita l’apprendimento dei suoi membri e si trasforma continuamente. Le organizzazioni che apprendono continuano a svilupparsi in risposta alle pressioni dell’ambiente e rimangono competitive nel
contesto economico (Peter Senge, La quinta disciplina: L’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo. Milano, Sperling & Kupfer, 1992).
16
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
sistenza dei pazienti che necessitano di cure ospedaliere un
rapporto superiore a 8 pazienti
per 1 infermiere durante il turno
mattutino in unità ospedaliere
per acuti, compresi quelli specializzati nella cura di persone anziane;
5. se il personale infermieristico
scende al di sotto del rapporto 1
infermiere per 8 pazienti (coordinatore escluso) l’episodio va
segnalato e registrato. Vi è evidenza scientifica che il rischio di
nuocere ai pazienti è sostanzialmente aumentato con questi livelli di organico;
6. le direzioni sono tenute a segnalare pubblicamente la frequenza
di tali episodi e a mettere in atto
interventi immediati. In caso di
violazioni regolari del rapporto
di 1:8, ciò deve essere corretto
con i sistemi di gestione delle
direzioni;
7. gli Infermieri devono essere
sempre adeguatamente supportati da personale esperto e da
altro personale di minor qualifica assegnato al servizio.
Ci sembra importante segnalare la
novità del rapporto 1:8 tra infermieri e pazienti nel turno mattutino
delle unità ospedaliere per acuti
(coordinatore escluso) e la presenza obbligatoria di personale esperto
e di supporto.
Anche nel nostro Paese si riflette da
molto tempo sulle dotazioni degli
organici infermieristici. Purtroppo
non si è ancora arrivati a delle indicazioni precise, valide su tutto il territorio nazionale. Ogni Regione italiana norma a suo modo le dotazioni minime infermieristiche, con numeri, a mio modesto avviso, ancora
ben lontani da dotazioni minime sicure. A questo proposito è doveroso citare un importante lavoro di
Saiani e collaboratori, che nel 2011
ha pubblicato i risultati di una conferenza di consenso sulle dotazioni
infermieristiche sicure. In questo lavoro, al punto 4 delle raccomandazioni per una dotazione assistenziale sicura, si riporta che “200 minuti
totali di assistenza per paziente al
giorno sia il limite al di sotto del
quale l’assistenza non è sicura e
potrebbe mettere a rischio il paziente; laddove si mantenga un’assistenza minima di 200 minuti totali, la proporzione di operatori di
supporto non deve superare il 30%,
garantendo in tal caso 140 minuti
di assistenza infermieristica e 60
minuti di assistenza erogata dal
personale di supporto. Questo parametro nelle 24 ore determina un
rapporto (arrotondato) di 10 pazienti per infermiere e di 24 pazienti per operatore di supporto”.
Questo lavoro costituisce sicuramente un passo in avanti verso la
determinazione di un numero minimo di presenza giornaliera di infermieri che possa garantire elevati
standard di sicurezza e di qualità
dell’assistenza per i pazienti e per
gli stessi infermieri. Da calcoli approssimativi si può evidenziare che
le indicazioni di Saiani e collaboratori si riferiscono a un rapporto infermieri/pazienti di 1:10 costante
per tutta la giornata, mentre le indicazioni della Safe staffing alliance riportano un rapporto di 1:8 solo per
il turno mattutino. È il caso di continuare a studiare l’articolazione di
queste presenze e quali siano, appunto, le dotazioni migliori e più sicure.
CONCLUSIONI
In tutti i Paesi industrializzati il controllo della spesa per la salute dei
propri cittadini è uno dei fattori di
risposta alla congiuntura economica mondiale. Di conseguenza, anche nel nostro Paese le riduzioni
del finanziamento del Servizio sanitario nazionale sono una realtà con
la quale fare duramente i conti. È
bene però che i decisori sappiano
che ridurre gli organici infermieristici porta inevitabilmente ad aumentare il rischio di danni, anche gravi,
ai pazienti. Le evidenze scientifiche
ormai non si contano più. In bibliografia si indica una selezione dei lavori più significativi al riguardo.
Lo scandalo dell’ospedale di
Stafford andrebbe studiato con attenzione; il peso della componente
infermieristica non è stato trascurabile; è evidente il fallimento di un
intero sistema sanitario (ospedale,
territorio, rappresentanze professionali, mondo della formazione) che
ha moltissime analogie con il nostro.
Infine, dalle conclusioni stilate dai
rapporti prodotti dopo lo scandalo
si possono trarre tre insegnamenti:
1. è necessario ritarare l’organizzazione dei nostri ospedali. Da
aziende attentissime all’equili-
brio e alla stabilità economica, si
deve progredire verso organizzazioni che abbiano come obiettivo prioritario il soddisfacimento
efficace delle domande dei pazienti, ovvero che siano in grado
di erogare la miglior risposta
possibile in termini clinici ad
ogni cittadino che ne abbia bisogno, ma al costo più sostenibile
per la collettività. Probabilmente
questo obiettivo, che può sembrare utopistico, diventa più percorribile se riusciremo a potenziare tutta la rete dei servizi extraospedalieri (la medicina di
base e quella preventiva, gli ambulatori di zona, i consultori) e,
soprattutto, a sviluppare molto il
ruolo degli infermieri che lavorano sul territorio;
2. se non siamo in grado di difendere i nostri interessi professionali e quelli dei pazienti che assistiamo non siamo dei buoni
professionisti e, peggio, finiamo
per cadere nello stesso calderone dei manager tagliatori di teste e di tutte quelle persone che
pensano che “tanto non cambierà mai niente”: in questo modo affondiamo tutti col Titanic!
Difendere gli organici significa
difendere anche una sanità migliore per i pazienti;
3. non è più procrastinabile la definizione, anche nel nostro Paese,
di uno standard di presenze minime per turno di infermieri di
ogni struttura, sia essa un ospedale per acuti o una lungodegenza. Uno standard che possa
rappresentare la sicurezza per i
pazienti che si affidano alle nostre cure, sperando sempre di
non subire danni peggiori di
quelli provocati dalle malattie
che li stanno già affliggendo.
BIBLIOGRAFIA
· Aiken L et al. Hospital nurse staffing and patient
mortality, nurse burnout, and job dissatisfaction, Journal of the American medical association, 2002, 288, 1987-93.
· Cho S. Nurse staffing and adverse patient outcomes: a systems approach. Nursing Outlook,
2001, 49, 78-85.
· Needleman J et al. Nurse staffing and inpatient
hospital amortality. New England journal of
medicine, 2011, 364, 11, 1037-1045.
· Rafferty A et al. Outcomes of variation in hospital nurse staffing in English hospitals: cross-sectional analysis of survey data and discharge
records. International journal of nursing studies,
2007, 44, 2, 175 182.
· Safe staffing alliance. Consensus Statement.
Nursing standard, 2013, 15 maggio, vol. 27, no
37.
· Saiani L et al. Raccomandazioni e standard italiani per dotazioni infermieristiche ospedaliere
sicure: esiti di una consensus conference. Igiene
e sanità pubblica, 2011; 67: 777-7920.
· Shekelle P. Nurse–patient ratios as a patient safety strategy”, Annals of internal medicine, 2013,
158, 404-409.
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
17
Raffronto tra le principali polizze RC
professionale infermieri
Per aiutare gli iscritti a raffrontare le principali polizze RC professionale infermieri, pubblichiamo una tabella riassuntiva sviluppata dal Collegio IPASVI di Torino che mette a confronto le principali caratteristiche dei contratti promossi dalle più conosciute compagnie di assicurazione. Tale tabella non vuole dare suggerimenti su quale polizza scegliere, ma vuole dare ulteriori spunti di valutazione agli iscritti.
Speriamo di farvi cosa gradita.
La Commissione Comunicazione del Collegio IPASVI Ferrara
CONVENZIONE - CONTRAENTE
WILLIS
AIRS
ASSINFERMIERI
E ASSOCIAZIONI ADERENTI “PROMESA”
COMPAGNIA
XL
AIG
AM TRUST
WILLIS
AON
ASSIMEDICI
https://infermieri.willis.it/
http://promesa.gefit.it/
http://www.assinfermieri.it/
MASSIMALE PER SINISTRO/ANNO
2.000.000 €
2.000.000 €
5.000.000 €
OGGETTO ASSICURAZIONE
Vedi nota 1
Vedi nota 2
Vedi nota 3
DIPENDENTI AZ. OSPEDALIERE SSN
SI
SI
SI
LIBERI PROFESSIONISTI
SI
SI
NO GARANZIA NON PREVISTA
DIP. AZ. SANITARIE PRIVATE
SI
SI
NO GARANZIA NON PREVISTA
BROKER INCARICATO
SITO INTERNET
RESPONSABILITÀ SOLIDALE
ESCLUSA
ESCLUSA
COMPRESA
L’Assicurazione vale per la sola quota di
responsabilità diretta dell’Assicurato con
esclusione di ogni responsabilità derivante
in via solidale.
L’assicurazione è valida soltanto per la
responsabilità civile dell’Assicurato.
In caso di responsabilità solidale
dell’Assicurato con altri soggetti, la Società
risponde soltanto per la quota di pertinenza
dell’Assicurato stesso, con espressa
esclusione della quota di pertinenza di terzi,
anche in via provvisoria.
E’ compresa la responsabilità solidale
dell’Assicurato con altri soggetti con un
massimo del doppio della quota di
pertinenza dell’Assicurato stesso ed
entro il limite del Massimale.
SI
SI
SI
EFFETTO CONVENZIONE
30/04/2014
30/04/2014
30/04/2014
SADENZA CONVENZIONE
30/04/2017
30/04/2017
30/04/2017
FACOLTÀ DI RECESSO ANNUALE
Compagnia/Contraente/Assicurato
SI CON PREAVVISO 60 GG
SI CON PREAVVISO 90 GG
SI CON PREAVVISO 60 GG
FACOLTÀ DI RECESSO DAL
SINGOLO ASSICURATO DA PARTE
DELLA COMPAGNIA PER SINISTRO
SI CON PREAVVISO 60 GG
DALLA SCADENZA
SI DALLA PRIMA SCADENZA
ANNUALE
SOLO CON GRADIMENTO AIRS*
SI CON PREAVVISO 90 GG
DALLA DATA DEL SINISTRO
3
5
10
SI 1 ANNO GRATUITA
4 A PAGAMENTO
SI 1 ANNO GRATUITA
4 A PAGAMENTO
SI 1 ANNO GRATUITA
2 A PAGAMENTO
9 GG
10 GG
10 GG
Responsabilità dell’Assicurato per
danni derivanti da interventi di
primo soccorso eseguiti per dovere
di solidarietà od emergenza
sanitaria anche al di fuori
dell’attività retribuita.
RETROATTIVITÀ
POSTUMA PER DECESSO
O CESSAZIONE ATTIVITÀ
TEMPI DENUNCIA SINISTRI
18
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
CONVENZIONE - CONTRAENTE
WILLIS
AIRS
ASSINFERMIERI
E ASSOCIAZIONI ADERENTI “PROMESA”
(Garanzie per i Liberi Professionisti)
RESPONSABILITA’ CONDUZIONE
LOCALI IN USO A INFERMIERI
LIBERI PROFESSIONISTI
SI CON LIMITAZIONI
MAX 500.000 €
e franchigia 2.500 €
SI CON LIMITAZIONI
MAX 500.000 €
e franchigia 2.500 €
NO GARANZIA NON PREVISTA
RESPONSABILITÀ PER DIPENDENTI
DI INFERMIERI LIBERI
PROFESSIONISTI
SI CON LIMITAZIONI
MAX 500.000 €
e franchigia 2.500 €
SI CON LIMITAZIONI
MAX 500.000 €
e franchigia 2.500 €
NO GARANZIA NON PREVISTA
(Garanzia Tutela Legale)
TUTELA LEGALE
SI
SI (non si dispone del testo di polizza)
OPZIONALE
ROLAND
AIG
UCA
5.000 € PER SINISTRO
ILLIMITATO PER ANNO
5.000 €
PER ASSICURATO/ANNO
30.000 € PER SINISTRO
limite di 12.000 € per il primo
grado e ILLIMITATO PER ANNO
Continuità rischio
convenzione precedente.
Per nuove adesioni non è stata
reperita una data retroattività
***
24 mesi per imputazioni penali
colpose e contravvenzionali
subordinatamente ad assoluzione
8 € compreso nell’adesione
alla convenzione
6 € compreso nell’adesione
30 € opzionali a libera adesione
IMPORTO ANNUO
38 €
33 €
60
TUTELA LEGALE
8€
6€
30 € opzionali
ONERI ADESIONE
2€
16 €
NESSUNO
IMPORTO COMPLESSIVO
48 €
55 €
60 €
ESCLUSA TUTELA LEGALE
(ADESIONE FACOLTATIVA)
COMPAGNIA TUTELA LEGALE
MAX TUTELA LEGALE
RETRO TUTELA LEGALE
IMPORTO TUTELA LEGALE
*** IL TESTO DI POLIZZA TUTELA LEGALE AIG DISPONIBILE È INCOMPLETO L’INFORMAZIONE NON E’ STATA POSSIBILE REPERIRLA.
NOTE PER SOLUZIONE COMPAGNIA AIG - BROKER AON - ASSOCIAZIONI AIRS e PROMESA.
La polizza considera in garanzia solo i soci pertanto prima di aderire alla polizza occorre aderire all’associazione.
* (AIRS) NON E’ NOTO IL CONSIGLIO E I SOCI DI QUESTA ASSOCIAZIONE CONTRAENTE DELLA CONVENZIONE NE QUALI SONO TUTTE LE ASSOCIAZIONI AFFILIATE.
AIRS AVRA’ IL POTERE DI OPPOSIZIONE E O GRADIMENTO ALLA DISDETTA DEL SINGOLO ASSICURATO.
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
19
Note oggetto assicurazioni dei contratti
NOTA (1)
POLIZZA XL - WILLIS
Art. 15 - Oggetto dell’Assicurazione
Assicurazione responsabilità civile verso terzi (R.C.T.)
La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di quanto questi
sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a
titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi, per morte,
per lesioni personali e per distruzione o deterioramento di cose, in relazione all’esercizio dell’attività professionale di infermiere professionale, assistente sanitario e vigilatrice d’infanzia, anche nell’ambito
dell’attività di Emergenza 118, svolta nel rispetto della relativa normativa vigente.
Nel caso in cui la Richiesta di Risarcimento sia connessa all’attività
professionale esercitata dall’Assicurato nel contesto di una struttura,
clinica o istituto facente capo al Sistema Sanitario Nazionale la Società si obbliga a tenere indenne
l’Assicurato di ogni somma che
questi sia tenuto a rimborsare all’Erario, alla struttura, clinica o istituto
a cui l’Assicurato presta la propria
opera, o al suo Assicuratore, nel caso in cui egli sia dichiarato responsabile o corresponsabile per colpa
grave con sentenza della Corte dei
Conti passata in giudicato.
N.B. In neretto è stata riportata la
precisazione relativa all’infermiere che opera in qualità di dipendente del Servizio Sanitario Nazionale.
NOTA (2)
POLIZZA AIG-AON
(AIRS-PROMESA)
Art. 1 - OGGETTO DELL’ASSICURAZIONE - RESPONSABILITÀ CIVILE
PROFESSIONALE
La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato in relazione ai Sinistri verificatisi nel periodo meglio
specificato all’art.2, relativi a Danni
Corporali e/o Danni Materiali cagionati a terzi in conseguenza di un
fatto colposo, di errore o di omissione, commessi nel lasso temporale indicato al predetto art. 2, unicamente nell’esercizio dell’attività
professionale.
Rimane inteso che nel caso in cui
l’Assicurato svolga l’attività professionale in qualità di dipendente o
convenzionato di struttura, clinica o
istituto facente capo al Sistema Sanitario Nazionale (inclusa l’attività
intramoenia) la Società terrà indenne l’Assicurato delle somme che
questi sia tenuto a rimborsare all’Erario, alla struttura, clinica o istituto
a favore del quale l’Assicurato presta la propria opera, o all’ Assicuratore della struttura, clinica o istituto,
unicamente qualora egli sia dichiarato responsabile o corresponsabile per colpa grave con
sentenza della Corte dei Conti
passata in giudicato.
N.B. In neretto è riportata la precisazione relativa all’infermiere
che opera in qualità di dipendente del Servizio Sanitario Nazionale.
NOTA (3)
POLIZZA AM TRUST-ASSIMEDICI
(ASSINFERMIERI CSMM)
Art. 3 - Oggetto dell’assicurazione
Verso pagamento del premio convenuto e alle condizioni tutte di
questa Polizza, la Società presta
l’assicurazione fino a concorrenza
del Massimale e nella forma
“claims made” obbligandosi a tenere indenne l’Assicurato di ogni somma che questi sia tenuto a pagare
in qualità di civilmente responsabile in conseguenza di Danni causati
a terzi, inclusi i pazienti, nello svolgimento della professione sanitaria
di Infermiere e/o Infermiere Pediatrico e/o Assistente Sanitario, nel
caso di:
· azione di surrogazione esperita
dalla società di assicurazioni dell’Azienda Sanitaria nei casi ed entro i limiti previsti dalla legge e/o
dal CCNL;
· azione di rivalsa esperita dall’Azienda Sanitaria in conseguenza
di Danni erariali nei casi previsti
dalla legge;
· ulteriori danni, inclusi nella rivalsa
esperita dall’Azienda Sanitaria di
cui l’Assicurato sia responsabile ai
sensi di legge, a condizione che
siano conseguenza diretta di un
danno indennizzabile ai sensi della presente assicurazione ed entro un limite del 10% del danno
indennizzato.
Tutto quanto sopra riportato a condizione che per tali Danni egli sia
stato dichiarato responsabile, totalmente o parzialmente, per colpa
grave con sentenza definitiva pronunciata dalla Corte dei Conti o comunque da parte dell’Autorità Giudiziaria competente a pronunciarsi
in ordine alle sopra indicate richieste di risarcimento. L’assicurazione
si intende estesa alla responsabilità
civile dell’Assicurato per Danni derivanti da interventi di primo soccorso eseguiti per dovere di solidarietà
od emergenza sanitaria anche al di
fuori dell’attività retribuita. In tale
ipotesi la copertura è altresì estesa
ai Danni cagionati con colpa lieve
con un sottolimite per ciascun Sinistro di un importo pari a €
1.000.000,00 (unmilione/00).
Resta esclusa dalla presente copertura
qualsiasi attività che l’Assicurato dovesse esercitare privatamente e che
non sia riconducibile ad un rapporto
diretto o per incarico dell’Azienda Sanitaria, ad esclusione di quanto previsto al capoverso che precede.
N.B La polizza opera esclusivamente per gli infermieri che operano in qualità di dipendenti del
Servizio Sanitario Nazionale.
COSA È LA RESPONSABILITÀ
SOLIDALE?
La responsabilità è definita solidale
quando più soggetti sono chiamati
a rispondere, per una violazione o
comunque per un’obbligazione, in
posizione di parità: in questo caso
colui che adempie acquisisce un diritto di regresso nei confronti degli
altri coobbligati. La responsabilità
solidale è ignorata nell’ambito del
diritto penale a ragione del principio di personalità della pena, mentre è frequente il suo impiego in
ambito civile o amministrativo: in
particolare per l’art. 2055 del Cod.
Civ, secondo cui se il fatto dannoso
è imputabile a più persone, tutte
sono obbligate in solido al risarcimento del danno; allo stesso modo
sono previste alcune ipotesi di responsabilità, a fronte di violazioni
amministrative, nei confronti di
soggetti diversi dall’autore dell’illecito, in considerazione del particolare rapporto intercorrente tra questi e l’agente o tra questi e l’oggetto
dell’azione, come ad esempio nel
caso della responsabilità della persona giuridica per la condotta antigiuridica del suo dipendente o rappresentante.
20
APPROFONDIMENTI
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
Cosa sappiamo sulla sigaretta elettronica?
Tratto dal sito della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI www.ipasvi.it
Esprimersi sulle nuove sigarette
elettroniche, dette anche e-cig, è
complesso, soprattutto in relazione
alle scarse evidenze scientifiche su
cui basarsi. Inoltre manca ancora
una chiara regolamentazione del
prodotto: si è in assenza di una
standardizzazione della produzione
e sono insufficienti i controlli di
qualità del prodotto.
Sono anche ormai molte le pubblicazioni sul tema per indirizzare i
consumatori: ecco un breve promemoria per orientarsi.
Cosa sono le e-cig?
Si tratta di sigarette elettroniche,
ovvero riconversioni delle tradizionali sigarette con una versione moderna, in cui è presente una ridotta
quantità di gas tossici derivanti dalla combustione. La pubblicità ce le
presenta sotto la foggia di sigarette
normali, restituendo fascino all’atto
di fumare: possono quindi attrarre
fortemente l’ex fumatore, aumentando la sua probabilità di ricaduta.
Possono altrettanto attrarre i giovani, che identificano in questa modalità un’alternativa al fumo fai da
te delle sigarette autopreparate. Su
tutti poi agisce l’idea, che questo
modo di fumare faccia meno male
alla salute.
È vero che fanno meno male delle sigarette tradizionali?
In realtà non è ancora provato. Anche per questo il Ministero della
Salute ha introdotto il divieto di
vendita di e-cig con presenza di nicotina ai minorenni e il divieto di
uso nelle scuole (Ordinanza
26/6/2013 in GU 29/7/2013, appro-
vata dal Consiglio dei Ministri che
ha validità un anno dalla pubblicazione in GU e che potrà diventare
Legge se approvata dal Parlamento).
Quanto possono essere tossiche?
Il rischio più importante è che le ecig diventino per i giovani una porta di accesso alla dipendenza dalla
nicotina, quindi alla sigaretta tradizionale. Sulla base delle conoscenze attuali non si può affermare che
la tossicità delle e-cig sia paragonabile a quella della sigaretta tradizionale: il numero e la quantità dei
composti tossici che si generano
durante l’uso della e-cig sono decisamente inferiori rispetto a quelli
che si formano dalla combustione
del tabacco di una sigaretta tradizionale.
I pochi studi a disposizione non sono sufficienti a dimostrare né la totale innocuità delle e-cig, né la loro
efficacia come mezzo per smettere
di fumare, a differenza del cerotto,
dell’inhaler o degli spray nasali o
orali, oppure dei chewing-gum alla
nicotina, cioè della terapia sostitutiva nicotinica.
Le e-cig producono fumo passivo,
anche se in quantità minore rispetto alla sigaretta tradizionale, e la nicotina assorbita dallo “svapatore”
passivo ha le stesse modalità e
quantità della sigaretta tradizionale.
Inoltre, le e-cig contribuiscono a
normalizzare la sigaretta tradizionale.
Il fumatore la usa nei luoghi in cui
vige il divieto di fumare, riducendo
sostanzialmente l’impatto di tale
normativa.
Cosa c’è da fare al più presto?
· deve essere incrementata la ricerca, soprattutto in riferimento alla
positività dell’e-cig nell’ambito di
strategie di riduzione del danno
nel fumatore tradizionale che non
vuole o non riesce a smettere;
· deve essere regolamentata la
produzione e commercializzazione delle e-cig;
· dovrebbe essere vietato l’uso delle e-cig in ambienti chiusi aperti
al pubblico, equiparandole alle
sigarette tradizionali nell’ambito
della normativa di protezione dal
fumo passivo;
· ne dovrebbe essere vietata la
pubblicità come per le sigarette
tradizionali;
· dovrebbero essere considerate
dai medici come un farmaco, il
cui uso deve essere subordinato
alla produzione di prove di efficacia, prima di essere considerato
un presidio da prescrivere.
Si spera che al più presto possa essere formalizzata una revisione della Direttiva europea sul tabacco, attualmente in predisposizione, che
regolamenti la libera vendita solo
per una minoranza di e-cig: quelle
con contenuto di nicotina inferiore
a 4mg/ml.
Realisticamente, però, sembra difficile che questa proposta possa essere effettivamente approvata,
considerato il giro d’affari che la libera vendita fornisce e il fatto che
le ben più pericolose sigarette tradizionali continuano ad essere vendute senza restrizioni effettive.
Per informazioni più dettagliate
sulla e-cig si consiglia di consultare:
- la valutazione del rischio di utilizzo della e-cig stilata dall’Istituto Superiore di Sanità (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1882_allegato.pdf)
- il portale della Società Italiana di
Tabaccologia: http://www.tabaccol o g i a . i t / P D F / Ta b a c c o l o g i a 3 4_12.pdf)
EVIDENCE BASED PRACTICE
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
21
La somministrazione di farmaci
tritati e camuffati nelle RSA:
prevalenza e implicazioni pratiche
Camilla Boeri, Infermiera, Ospedale San Giacomo Medicina Fisica e Riabilitativa, Ponte dell’Olio (PC)
Anna Castaldo, Infermiera, Ufficio Formazione e URP Provincia Religiosa S. Marziano di don Orione, Piccolo Cottolengo, Milano;
Consigliere Collegio IPASVI MI-LO-MB
Unità di Neuroepidemiologia Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano
Talia Melo, Infermiera, Ospedale San Raffaele, Milano
Renzo Bagarolo, Medico, Direzione sanitaria Fondazione IRCCS don Gnocchi, Istituto Palazzolo, Milano
Magri, Infermiera, Coordinamento didattico Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano;
Vicepresidente Collegio IPASVI MI-LO-MB
Andrea Giordano,
Miriam
Tratto dalla rivista “EVIDENCE” - giornale open-access pubblicato dalla Fondazione GIMBE
ABSTRACT
· Background. La difficoltà di deglutizione e il rifiuto
della terapia spesso impongono la necessità di somministrare negli anziani farmaci “alterati”: tritati, decapsulati, camuffati nel cibo. Questa pratica non è scevra di rischi, sia in termini di efficacia terapeutica, che
di eventi avversi per i pazienti e gli operatori sanitari.
· Obiettivi. Conoscere la prevalenza della somministrazione alterata di farmaci per via orale ed enterale
negli ospiti di tre residenze sanitarie assistenziali
(RSA) e valutare l’aderenza delle modalità di somministrazione alle indicazioni delle case farmaceutiche.
· Metodi. A gennaio-febbraio 2012 è stato condotto
uno studio trasversale impiegando diversi metodi:
(a) osservazione sistematica della somministrazione
della terapia orale/enterale; (b) analisi della documentazione clinica; (c) breve intervista all’infermiere
che somministrava la terapia. Il campione era costituito da 697 ospiti residenti in nuclei di degenza ordinaria e nuclei Alzheimer di 3 RSA di Milano.
· Risultati. Gli ospiti assumevano mediamente 7.5
principi attivi al giorno, di cui 6 per os. Il 40% assumeva la terapia orale in modo alterato. Su 2639
somministrazioni, 785 erano alterate e tra queste, il
43% dei principi attivi erano somministrati in modo
non conforme alle indicazioni del produttore. Il 20%
degli ospiti assumeva i farmaci camuffati nelle bevande e negli alimenti. Gli ospiti che assumevano
farmaci alterati e/o camuffati avevano una maggiore
compromssione delle capacità cognitive e funzionali,
rispetto a quelli che li assumevano in forma integra
·
·
Citazione. Boeri C, Castaldo A, Giordano A et
al. La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA: prevalenza e implicazioni
pratiche. Evidence 2013; 5(10): e1000060.
Ricevuto 8 ottobre 2013 | Accettato 18 ottobre 2013 | Pubblicato 30 ottobre 2013.
·
(p<0.001). La difficoltà di deglutizione era la motivazione principale per la triturazione e il camuffamento
dei farmaci.
· Limiti. Oltre ai bias conseguenti alla presenza dell’osservatore, che potrebbe avere influenzato gli infermieri durante il processo di somministrazione, i limiti dello studio sono riconducibili alla limitata rappresentatività della popolazione anziana istituzionalizzata in RSA.
· Conclusioni. La necessità di modificare la consistenza dei farmaci per migliorare la compliance terapeutica nei pazienti fragili rappresenta un’area da considerare attentamente, e sulla quale investire al fine di
prevenire e ridurre le reazioni avverse da farmaci, oltre che le malattie professionali negli infermieri. È
auspicabile che a vari livelli (istituzionale, aziendale e
professionale) siano implementati programmi multidimensionali, che includano il monitoraggio degli
eventi avversi, e tra questi, quelli correlati alla somministrazione della terapia farmacologica.
BACKGROUND
La somministrazione di farmaci per via orale o enterale
ai pazienti anziani fragili comporta spesso la necessità
di “alterarne” la struttura: la pratica di aprire o tritare le
compresse e/o camuffarle nel cibo sembra essere infatti abbastanza comune nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per facilitare agli ospiti, affetti da disfagia e/o
con ridotta compliance conseguente a disturbi psicocomportamentali, l’assunzione della terapia prescritta.
Il fenomeno è stato riscontrato nell’80% delle nursing
Copyright. 2013 Boeri. Questo è un articolo
open-access, distribuito con licenza Creative
Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su
qualsiasi supporto esclusivamente per fini
non commerciali, a condizione di riportare
sempre autore e citazione originale.
Fonti di finanziamento. Nessuna.
Conflitti d’interesse. Nessuno dichiarato.
Provenienza. Non commissionato; sottoposto a peer-review.
* E-mail: camy_b87@hotmail.it
·
·
·
22
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
homes inglesi (corrispondenti alle nostre RSA) incluse
nello studio di Wright1: secondo quanto dichiarato dagli
infermieri coinvolti nell’indagine i farmaci venivano tritati o aperti prima della somministrazione per circa 2/3
dei residenti. In un altro studio condotto in 10 nursing
homes nel sud dell’Australia, su 586 residenti è stato osservato che il 34% (408/1207) delle somministrazioni
di farmaci avveniva in forma alterata2. Più recentemente,
Kirkevold et Engedal hanno rilevato che la pratica di triturazione/ apertura dei farmaci avviene nel 23% dei residenti nelle nursing homes norvegesi3. La triturazione
rientra tra gli errori più frequenti di somministrazione
della terapia, come osservato da Van Den Bemt PM et
coll. che la rilevano nel 73% (312/428) dei casi4. Anche
Haw et al. hanno riscontrato che il 30% (111/369) degli
errori sono associati alla triturazione/apertura di farmaci, sebbene consentita, per superare le difficoltà di assunzione per problemi di deglutizione5.
D’altra parte, tale pratica può causare vari problemi: alterare la formulazione dei farmaci può aumentarne la
tossicità, determinarne l’instabilità, diminuirne l’efficacia e renderli meno appetibili. Inoltre, i farmaci a rilascio prolungato o controllato mantengono un livello
ematico costante di principio attivo per 8, 12, o 24 ore:
tritare o aprire una di queste formulazioni prima della
somministrazione può influenzare la velocità di assorbimento del farmaco e, di conseguenza, incrementare i
livelli ematici del farmaco e i potenziali effetti tossici.
Alterare compresse o capsule gastroresistenti comporta la distruzione/rimozione del rivestimento, progettato per mantenere il farmaco intatto, finché non
passa attraverso lo stomaco e raggiunge l’intestino. Il
rivestimento serve a proteggere lo stomaco da effetti
lesivi (come l’acido acetilsalicilico rivestito e il solfato
ferroso), oppure evitare una diminuzione dell’effetto o
l’inattivazione da parte dei succhi gastrici. La triturazione e la somministrazione di uno di questi farmaci per
via orale o attraverso sonda/stomia gastrica può aumentare il rischio di effetti avversi gastrointestinali o diminuire i benefici del farmaco6, 7.
Una questione controversa riguarda la quantità di farmaco persa in seguito alla triturazione con i diversi ausili (mortaio o tritapastiglie): a tal proposito, in uno
studio recente condotto in un ospedale italiano da Palese et al., non è stata rilevata nessuna differenza statisticamente significativa tra i due ausili8. Inoltre, la triturazione crea un potenziale pericolo per la salute degli
infermieri, in quanto la frantumazione e la movimentazione delle polveri senza protezione di guanti o maschera, espone gli infermieri al rischio di allergie e intossicazioni da contatto ed inalazione, in particolare
con farmaci citotossici6, 7.
L’alterazione della forma farmaceutica non rappresenta
la sola criticità legata alla somministrazione della terapia in ambito geriatrico. Molto diffusa è anche la pratica, spesso conseguente alla triturazione, di somministrare i farmaci camuffati nel cibo o nelle bevande.
La prevalenza dei pazienti assistiti nelle nursing homes
che assume una terapia camuffata negli alimenti o nelle bevande va dall’1,5% al 31%9. Gli anziani che assumono farmaci camuffati presentano deficit cognitivi, dipendenza nelle attività di vita quotidiana, agitazione e
difficoltà di apprendimento10. Il camuffamento dei farmaci è più frequente nelle unità di cura specializzate
EVIDENCE BASED PRACTICE
(come i nuclei Alzheimer presenti in Italia) rispetto alle
unità ordinarie delle RSA, sia per una scarsa compliance, che per le difficoltà di deglutizione, tipiche delle
persone con demenza avanzata9, 10.
OBIETTIVI
Analizzare la pratica della somministrazione dei farmaci alterati (tritati o aperti), considerando qualsiasi farmaco, in forma di compressa o capsula, somministrato
per via orale o attraverso sonde nutrizionali permanenti, quali il sondino naso gastrico (SNG) e la gastrostomia percutanea endoscopica (PEG). In particolare, lo
studio intendeva conoscere: (a) la prevalenza della
somministrazione farmaci tritati e camuffati; (b) le procedure di preparazione e di somministrazione della terapia; (c) la conformità dei farmaci tritati e camuffati
alle indicazioni farmaceutiche; (d) le possibili interazioni farmaco-farmaco e farmaco-cibo tra i farmaci più
frequentemente somministrati. Infine, si intendeva proporre strategie preventive, tra cui la verifica delle forme
farmaceutiche alternative disponibili.
METODI
È stato effettuato uno studio trasversale in tre RSA milanesi, sedi di tirocinio convenzionate con il Corso di
Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di
Milano: Provincia Religiosa di San Marziano di Don
Orione-Piccolo Cottolengo (PRSM-DO), Polo Geriatrico
Riabilitativo San Faustino (PGR-SF) e la Fondazione Don
Gnocchi - Istituto Palazzolo (FDG-IP). Per la rilevazione
e il trattamento dei dati è stata richiesta e ottenuta l’autorizzazione dai rappresentanti legali delle tre RSA.
Nell’indagine sono stati inclusi tutti gli ospiti residenti,
fatta eccezione per l’Istituto Palazzolo in cui, considerata
la numerosità degli ospiti e la dimensione della struttura (n=619 posti letto accreditati), è stato selezionato un
campione rappresentativo. In relazione al tipo di dati da
rilevare, sono stati impiegati diversi metodi: osservazione sistematica, analisi documentale, intervista.
Attraverso l’analisi della documentazione clinica, composta dal fascicolo socio-assistenziale e sanitario (FaSAS) e la scheda di osservazione intermedia dell’assistenza (SOSIA), sono state rilevate le caratteristiche
demografiche e cliniche degli ospiti (box 1). La preparazione e la somministrazione della terapia orale ed
enterale delle ore 8.00 (momento in cui il numero di
farmaci somministrato è generalmente maggiore) è
stata rilevata da un ricercatore addestrato, attraverso
un’osservazione sistematica e puntuale (box 2). Le
procedure di preparazione e somministrazione sono
state rilevate attraverso osservazione e/o intervista all’infermiere in servizio nel nucleo in cui è stata effettuata l’indagine (box 3).
Per facilitare le rilevazioni è stato predisposto un prontuario dei farmaci contenente la denominazione del
principio attivo dei farmaci più frequentemente prescritti ai residenti di due RSA (PRSM-DO e PGR-SF). A tal fine, è stata utilizzata l’applicazione per iPhone/iPad,
“Farmacia - Il Prontuario” ver. 2.8, sviluppata da Torrinomedica e da Logica Informatica.
Prima di avviare la rilevazione sistematica è stato condotto un test pilota in un nucleo ordinario della RSA
PRSM-DO, per valutare eventuali ostacoli e rilevare i
tempi di osservazione.
EVIDENCE BASED PRACTICE
Box 1. Caratteristiche demografiche e cliniche rilevate negli ospiti
• Genere e data di nascita
• Stato cognitivo, attraverso Mini Mental State Examination (MMSE)
• Grado di autonomia/dipendenza nelle attività di
vita quotidiana (ADL) e in particolare nell’alimentazione, misurato attraverso l’Indice di
Barthel
• Indice di severità e comorbidità, valutato con il
questionario Cumulative Illness Rating Scale
(CIRS)
Box 2. Dati relativi alla somministrazione
dei farmaci
• Numero complessivo di farmaci (forme farmaceutiche) somministrati nelle 24 ore
o Modalità di somministrazione: orale, enterale
• Farmaci somministrati alle ore 8.00:
o Principio attivo
o Forma farmaceutica
o Via di somministrazione
o Modalità di preparazione/somministrazione
o Motivazione dell’alterata somministrazione
o Modalità di assunzione
o Camuffato nelle bevande/alimenti
o Tempi di assunzione
Box 3. Procedure di preparazione/somministrazione dei farmaci
• Esistenza di una procedura aziendale per la gestione della somministrazione dei farmacia
• Specialista che provvede alla prescrizionea
• Tempi di preparazione della terapiab
• Figura professionale che prepara la terapiab
• Figura professionale che somministra la terapiab
• Ausilio utilizzato per tritare i farmacib
• Modalità di utilizzo dell’ausilio impiegato per tritare i farmacib
• Tempi di triturazione dei farmacib
• Tempi di detersione dell’ausilio per tritare i farmacic
• Tempi di sostituzione dell’ausilio per tritare i farmacia
a
Intervista; b Osservazione; c Intervista e osservazione
La rilevazione, previa autorizzazione delle direzioni
delle strutture, è stata effettuata tra gennaio e febbraio
2012: sono stati impiegati 20 giorni di osservazione in
20 nuclei, alcuni dei quali accorpati in unità operative
gestite da un unico infermiere. Il tempo medio impiegato per l’osservazione del processo di somministrazione della terapia, l’analisi documentale e l’intervista
in ciascun nucleo è stato di 7 ore.
Per l’analisi dei dati è stato utilizzato il software statistico SPSS ver. 19.0. Sono state calcolate la prevalen-
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
23
za, le frequenze assolute/relative e per le variabili continue, media, deviazione standard, mediana, range interquartile, minimo e massimo. La normalità delle distribuzioni dei punteggi delle scale di valutazione (Barthel
Index, MMSE, CIRS) è stata valutata mediante lo Shapiro-Wilk W test. Sono state inoltre verificate eventuali differenze tra la somministrazione di farmaci alterati e le
caratteristiche dei pazienti, utilizzando il Wilcoxon ranksum test per campioni indipendenti per le variabili continue e il Chi quadrato per le proporzioni. Le differenze
sono state considerate statisticamente significative ad
un livello di <0.05. Tutti i test sono a due code.
Attraverso un’analisi secondaria, è stato possibile verificare se la somministrazione dei farmaci assunti per
via orale in modo alterato era conforme alle indicazioni
farmaceutiche. A tal fine, sono state consultate le schede tecniche dei farmaci del prontuario farmaceutico di
Torrinomedica11 e il sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)12 per la verifica dei principi attivi autorizzati.
RISULTATI
Lo studio ha coinvolto 697 residenti, di cui 607 da nuclei ordinari e 90 da unità specializzate per la malattia
di Alzheimer (tabella 1). Gli ospiti erano prevalentemente donne con un’età media di 86 anni e la maggior parte presentava pluripatologie di gravità moderata, dipendenza totale o grave nelle ADL e deficit cognitivi di grado medio-grave (tabella 2).
Gli ospiti assumevano mediamente 7.5 farmaci al giorno (tabella 2): la via di somministrazione prevalente
era quella orale (90% degli ospiti) e in misura minore
PEG (5.5%) o SNG (1%). Il 40% degli ospiti (273/684)
assumeva la terapia in modo alterato (compresse tritate e/o capsule aperte). Anche se i farmaci venivano
somministrati in modo alterato nl 51% degli ospiti residenti nei nuclei Alzheimer e nel 38.2% di quelli residenti nei nuclei ordinari, tale differenza non risulta statisticamente significativa. Secondo le interviste somministrate agli infermieri, le motivazioni dell’alterazione
erano principalmente le difficoltà di deglutizione
(75%) e la presenza di disturbi psico-comportamentali
(es. rifiuto ed espulsione della terapia).
Dopo aver escluso dalle analisi gli ospiti che non assumevano la terapia alle ore 8.00 (n=13) e quelli che
assumevano terapia per via enterale (n=32), si è osservato che la terapia orale era camuffata nel cibo o nelle
bevande al 20% dei residenti. Tale pratica era più frequentemente adottata per gli ospiti residenti nei nuclei
Alzheimer (9.5%), rispetto a quelli dei nuclei RSA ordinari (17%), p<0.001. Dall’analisi dei dati è emerso inoltre che circa il 30% delle somministrazioni erano alterate e che il 43% dei farmaci veniva alterato inappropriatamente. I farmaci più frequentemente alterati (non in
conformità con le istruzioni farmaceutiche descritte nelle schede tecniche) erano gli inibitori della pompa protonica, come il pantoprazolo e l’omeprazolo (tabella 3).
Gli ospiti che assumevano la terapia alterata, rispetto a
quelli che la prendevano integra, assumevano meno
farmaci (p<0.001), ma erano maggiormente dipendenti nelle ADL e nell’alimentazione, avevano ridotta
capacità cognitiva (p<0.001), anche se si presentavano
clinicamente stabili (valutato con CIRS-severità;
p=0.004). Invece, l’età e la pluripatologia (valutata con
CIRS-comorbidità) non erano fattori associati in manie-
24
EVIDENCE BASED PRACTICE
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
Tabella 3.
Tabella 1.
N (%)
RSA Milano
NO-RSA
*
NA-RSA Totale
Formulazione
N (%)
PRSM-DO
153 (25,2)
39 (43,3)
192
Pantoprazolo sodico
sesquidrato
114/283 (40%)
PGR-SF
165 (27,2)
21 (23,3)
186
Omeprazolo
46/118 (39%)
FDG-IP
289 (47,6)
30 (33,4)
319
Totale
607 (100)
90 (100)
697
Levodopa +
benzeraside
cpr divisibili
19/32 (58%)
Ramipril
cpr
15/51 (29%)
NO-RSA, Nucleo Ordinario-Residenza Sanitaria Assistenziale
NA-RSA, Nucleo Alzheimer-Residenza Sanitaria Assistenziale
11/18 (61%)
Potassio cloruro
Tabella 2.
cpr a rilascio controllato
10/18 (56%)
9/11 (82%)
N (%)
Donne
Levodopa+
benzeraside
cpr dispersibili
8/11 (73%)
578 (83%)
Età
8/26 (31%)
86 (38-104)
1
30,06 (±30,04)
Barthel Index
2
Barthel alimentazione
5,1 (±3,8)
Isosorbide
mononitrato
MMSE2
11,7 (±9,9)
Trazodone hcl
2
CIRS comorbilità2
6 (±2,2)
Farmaci/die1
7,4 (5-9)
Gliclazide
Farmaci per os/die1
6,4 (4-8)
Potassio cloruro
cpr a rilascio controllato
7/14 (50%)
cpr a rilascio controllato
7/16 (44%)
cpr a rilascio controllato
6/8 (75%)
cps
5/15 (34%)
cpr a rilascio controllato
5/6 (83%)
5/8 (62%)
cpr: compresse; cps: capsule
1. Media (range) 2. Media (±DS)
Tabella 4.
ra statisticamente significativa con la somministrazione
di farmaci alterati. Inoltre, è stata osservata una differenza statisticamente significativa tra l’assunzione di
farmaci camuffati e la capacità cognitiva e funzionale
(p<0.001 per entrambi le variabili). In nessuna struttura esisteva una procedura aziendale per la somministrazione di farmaci alterati; in tutte le strutture la preparazione della terapia era eseguita dall’infermiere, per
lo più al momento della somministrazione (>80%),
oppure il giorno prima (15%) o un’ora prima della
somministrazione (3%). Per la somministrazione della
terapia, invece, considerato che alcuni ospiti necessitavano di aiuto nell’assumere la colazione (che per lo più
coincide con l’assunzione della terapia delle ore 8.00),
l’infermiere si avvaleva nel 47% dei casi del supporto
di un operatore socio sanitario (OSS), o di un ausiliario
socio assistenziale (ASA). In tutte le unità operative, i
farmaci venivano tritati contemporaneamente e l’ausilio utilizzato era un tritapastiglie unico per tutti gli ospiti. La detersione con acqua e sapone era effettuata nel
62.5% dei nuclei al termine della somministrazione
della terapia oraria, come rilevato durante le osservazioni. Nei restanti casi, in relazione alle risposte fornite
dagli infermieri, la detersione avveniva alla fine del turno o a fine giornata. È emerso inoltre che la sostituzione del tritapastiglie è prevista generalmente nel 62.5%
dei casi alla rottura, ogni 15 giorni circa (12.5%), una
volta al mese (9.4%), ogni 2 mesi (6.3%), oppure ogni
*
Furosemide
Enalapril maleato
Formulazione
N (%)
cpr
65/192 (34%)
cpr
44/93 (47%)
cpr
34/84 (40%)
24/56 (43%)
Carvedilolo
cpr
16/48 (34%)
Digossina
cpr
14/31 (45%)
Olanzapina
13/41 (32%)
Perindopril
12/29 (41%)
Ticlopidina hcl
12/32 (38%)
Domperidone
cpr
11/25 (44%)
Prednisone
cpr
11/34 (38%)
Amlodipina
cpr divisibili
9/37 (24%)
Potassio cloruro
cps
8/13 (61%)
Amiodarone
cpr
7/22 (31%)
Baclofene
cpr
6/11 (54%)
cpr: compresse; cps: capsule
EVIDENCE BASED PRACTICE
settimana (6.3%), in base alla frequenza di utilizzo. In
merito alle interazioni farmacologiche, attraverso un’analisi esplorativa, è stata valutata l’associazione tra la
furosemide (uno dei principi attivi più frequentemente
assunto) con altri farmaci e alimenti somministrati contemporaneamente. Il prednisone (48%), l’acido acetilsalicilico (33%), l’enalapril maleato (31%) e il ramipril
(29%) sono risultati essere i principi attivi più frequentemente somministrati insieme alla furosemide, sia in
forma integra che tritata. La somministrazione di furosemide si è verificata nel 77% dei casi durante o subito
dopo la colazione. Inoltre, il 6% degli ospiti assumeva
la furosemide insieme alla marmellata o al budino prima della colazione, contrariamente alle indicazioni che
prevedono la somministrazione a digiuno.
DISCUSSIONE
Nel campione esaminato lo studio ha rilevato che la
somministrazione di farmaci alterati avviene nel 40%
degli ospiti delle RSA. Tale percentuale è superiore a
quella rilevata da Kirkevold3 nelle nursing homes
norvegesi (23%) e da Caussin13 nelle unità geriatriche
acute, riabilitative e assistenziali a lungo termine di un
ospedale francese (32.3%). Il numero di farmaci/die
assunti dagli ospiti sono simili a quelli riportati da Seifert & Johnston14. I motivi del ricorso alla triturazione
(difficoltà della deglutizione, rifiuto della terapia) sono
simili a quelli riportati da Kirkevold10. Per quanto riguarda la somministrazione di farmaci camuffati, è stata invece rilevata una prevalenza lievemente inferiore allo
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
25
studio di Kirkevold (20.2% vs 23.3%)10. Similmente ad
altri studi3, 10, la somministrazione di farmaci alterati e
camuffati risultava maggiore nei nuclei Alzheimer, rispetto alle unità ordinarie RSA e per gli ospiti particolarmente compromessi in termini di capacità cognitive
e funzionali. Il 43% dei farmaci veniva alterato inappropriatamente, contravvenendo alle indicazioni del produttore. Oltre ad alcuni farmaci come i gastroresistenti
e quelli a rilascio prolungato, molti altri non possono
essere tritati a causa della loro formulazione (es. compresse rivestite, compresse orosolubili) e delle indicazioni terapeutiche. Tuttavia, raramente nelle istruzioni
farmaceutiche vengono riportate informazioni chiare
sulla possibilità di triturare le compresse o di aprire le
capsule. Infatti, per alcuni farmaci coinvolti nel presente
studio non è noto se possono essere tritati (tabella 4).
Il confronto tra i farmaci che non possono essere tritati,
riportati da numerosi prontuari di altri paesi europei e
americani6, 15, 16, con i farmaci rilevati è stato arduo, sia
perché talora il principio attivo assume un nome differente sia perché molte forme farmaceutiche non
vengono prodotte in Italia. Basandoci sui farmaci più
frequentemente tritati, si è provveduto a ricercare formulazioni alternative (es. soluzioni orali, compresse effervescenti, orosolubili, etc.) prodotte dalle case farmaceutiche italiane (tabella 5).
D’altra parte, in Italia per numerosi farmaci non esistono al momento forme alternative (tabella 6).
Dall’analisi emerge inoltre che nel processo di triturazione veniva utilizzato un unico tritapastiglie per tutti i
Tabella 5.
Nome commerciale
Formulazione
somministrata
Cardioaspirin
Allopurinolo
Allopurinolo Sandoz
gastroresistente
cpr
Complesso vitaminico B Benexol
Levodopa+ benzeraside Madopar
Mesalazina
Nifedipina
assumere senza
assumere intere
Zantac, Ranidil
Topiramato
rilascio controllato
Contramal
Tramadolo hcl +
paracetamolo
Kolibri
cps
Depakin
rilascio controllato
Venlafaxina
Efexor
gocce per os
gocce per os, sospensione orosolubile
orodispersibili, granulato
cps
orodispersibili, supposte
assumere intere*
cpr a rilascio
controllato,
rilascio controllato
rilascio controllato,
gastroresistente
*indicato nella scheda tecnica
cpr: compresse; cps: capsule
cpr dispersibili
assumere intere*
assumere intere*
cpr a rilascio
controllato
cpr a rilascio
controllato
Trazodone hcl
Valproato sodico
assumere intere*
Topamax
Tramadolo hcl
granulato
gastroresistente
cpr a rilascio
controllato
assumere senza
Exelon
per soluzione orale, supposte
gastroresistente
cpr divisibili
Asacol
Adalat
per la non tritatura
rilascio controllato
gocce per os
soluzione orosolubile, granulato, gocce per
os
soluzione orosolubile
26
EVIDENCE BASED PRACTICE
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
residenti, diversamente da quanto riportato da Paradiso,
che aveva riscontrato un utilizzo condiviso inferiore
(77% collettivo vs. 23% individuale)2 e da Coussin (individuale per circa il 60% dei pazienti)13. La condivisione
dello stesso dispositivo, correlata a una mancata detersione tra una triturazione e l’altra, è una pratica rischiosa: la triturazione contemporanea di diversi farmaci può
comportare infatti interazioni tra le molecole, con conseguenti reazioni avverse al momento della somministrazione. Inoltre, la mancata detersione tra le diverse triturazioni potrebbe comportare reazioni allergiche o ulteriori interazioni dovute ai residui di farmaco7, 17.
Lo studio mette in luce la necessità di presidiare e approfondire la problematica della somministrazione di
farmaci alterati, e di predisporre eventuali azioni preventive a vari livelli. Le raccomandazioni ministeriali18, in
merito alla prevenzione degli errori terapeutici, non contemplano la prassi della triturazione/apertura delle compresse.
La gestione dei processi terapeutici negli anziani, per la
complessità e l’elevato rischio clinico che comporta, richiede competenze avanzate, aggiornate e integrate.
La formazione continua sembra essere efficace nell’aumentare la consapevolezza e la competenza infermieristica nella gestione terapeutica17, 19, 20,21. L’utilizzo di programmi informatici può rappresentare un valido aiuto
per la gestione delle politerapie, sia per la prevenzione
delle interazioni farmacologiche, che in termini di alert
sulla modalità di preparazione e di somministrazione.
La predisposizione di set specifici per la somministra-
zione della terapia enterale, che includono anche tritapastiglie individuali, insieme ad interventi quali la gestione informatica dei farmaci e la consulenza del farmacista soprattutto per la verifica di forme farmaceutiche alternative si sono dimostrati efficaci nel ridurre gli
errori terapeutici20, 21. L’aggiornamento delle conoscenze, la gestione del rischio clinico, la multidisciplinarietà
e l’integrazione tra i principali professionisti sanitari
(medico, infermiere, farmacista, risk manager), costitu
scono le fondamenta per la corretta gestione della
somministrazione della terapia orale4,14,20,21.
Inoltre, nell’ambito della terapia enterale è risultato efficace identificare tramite etichette i pazienti portatori
di sonde gastroenteriche e utilizzare brevi istruzioni
operative, meglio se disponibili sul foglio di terapia4-22.
LIMITI
Oltre ai bias conseguenti alla presenza dell’osservatore,
che potrebbe avere influenzato gli infermieri durante il
processo di somministrazione, i limiti dello studio sono
riconducibili innanzitutto alla limitata rappresentatività
della popolazione anziana istituzionalizzata in RSA. Infatti, se ci si riferisce alla città di Milano (n= 9.097 ospiti) il campione incluso (n=697 partecipanti) rappresenta l’8% di tutti i residenti nelle RSA e solo l’1.2% degli
ospiti di tutte le RSA della Lombardia (circa 60.000 secondo i dati forniti dalla regione Lombardia al novembre 2011)23.
Pertanto i risultati hanno una limitata generalizzabilità.
In secondo luogo, le diverse unità di misura utilizzate
Tabella 6.
Nome commerciale
Formulazione
Acarbosio
Glucobay, Glicobase
cpr
*
Acido alendronico sale sodico
Adronat
cpr
rischio di ulcerazioni orofaringee
Acido ursodesossicolico
Deursil
Bisoprololo fumarato
Congescor, Sequacor
Calcio mefolinato
Prefolic
rilascio controllato
cpr a rilascio controllato
rilascio controllato
cpr a rilascio controllato
rilascio controllato
Cymbalta, Xeristar
Ferroso solfato
Ferrograd
Finasteride
teratogeno durante la manipolazione
Gliclazide
Diamicron
Glimepiride
Amaryl, Solosa
Isosorbide mononitrato
Monoket
Metoprololo tartrato
Lopresor, Seloken
Omeprazolo
Antra
cps
*
cpr a rilascio controllato
rilascio controllato
cpr
*
cpr, cpr a rilascio controllato,
Levoxacin, Tavanic
Oxicodone cloridrato
Pantoprazolo sodico sesquidrato
Pantorc
Potassio cloruro
Kcl-retard, Lentokalium
assumere intere*
cpr a rilascio controllato
rilascio controllato
cpr a rilascio controllato
rilascio controllato
cpr a rilascio controllato,
Propafenone hcl
Rytmonorm
Ramipril
Triatec
Aldactone
cps
Tamsulosina cloridrato
Omnic
cpr a rilascio controllato
*indicato nella scheda tecnica
cpr: compresse; cps: capsule
assumere intere*
cpr
rilascio controllato
EVIDENCE BASED PRACTICE
dagli altri autori (prevalenza riferita ai pazienti, frequenza riferita al totale delle somministrazioni, frequenza riferita dagli infermieri) hanno limitato il confronto dei risultati. I risultati del presente studio sono
stati confrontati principalmente con quello di Kirkevold3,10, che misura il fenomeno riferendosi al paziente.
Infine, l’analisi delle interazioni farmaco-farmaco, farmaco-alimenti si è rivelata molto complessa ed è stata
effettuata solo la verifica delle interazioni delle furosemide con altri farmaci (enalapril maleato, acido acetisalicilico, prednisone, ramipril) somministrati contemporaneamente.
CONCLUSIONI
La triturazione dei farmaci, se non conforme alle indicazioni farmacologiche, può essere considerata una
procedura inappropriata, da includere tra i potenziali
errori di terapia. Inoltre, la triturazione e l’apertura dei
farmaci pone gli infermieri che somministrano la terapia a rischio di eventi avversi (intolleranze, allergie, teratogenesi, problemi respiratori), dovuti alla manipolazione e all’inalazione delle polveri di farmaci quali antibiotici e citotossici. Di conseguenza, questa pratica rappresenta per la comunità infermieristica un’area da
considerare attentamente, al fine di prevenire sia reazioni avverse nei pazienti, sia malattie professionali.
È auspicabile che, per le compresse non triturabili (rivestite, gastroresistenti, a lento rilascio, etc.) e per le
capsule, l’industria renda disponibili altre formulazioni
di pari efficacia, ma più sicure. La farmaceutica geriatrica dovrà necessariamente evolvere al pari di quella
pediatrica, in considerazione dell’aumento della popo-
BIBLIOGRAFIA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Wright D. Medication administration in nursing homes. Nursing Standard 2002; 16:33-8.
Paradiso L, Roughead E, Gilbert A, Cosh D,
Nation R, Barnes L et al. Crushing or altering
medications: what’s happening in residential
aged-care facilities? Australasian Journal on
Ageing 2002; 21:123-7.
Kirkevold Ø, Engedal K. What is the matter
with crushing pills and opening capsules? International Journal of Nursing Practice 2010;
16:81-5.
Van Den Bemt PM, Cusell MB, Overbeeke PW,
Trommelen M, Van Dooren D, Ophorst WR et
al. Quality improvement of oral medication
administration in patients with enteral feeding tubes. Qual Saf Health Care Feb 2006;
15:44-7.
Haw C, Stubbs J, Dickens G. An observational
study of medication administration errors in
old-age psychiatric inpatients. International
Journal for Quality in Health Care 2007;
19:210-6.
Miller D, Miller H. To crush or not to crush?
Nursing 2000; 30:50-2.
Paparella S. Identyfied safety risks with splitting and crushing oral medications. Journal of
Emergency Nursing 2010; 36:156-8.
Palese A, Bello A, Magee J. Triturating drugs
for administration in patients with difficulties
in swallowing: evaluation of the drug lost.
Journal of Clinical Nursing 2011; 20:587-90.
Haw C. & Stubbs J. Covert administrationn of
medication to older adults: a review of the literature and published studies. Journal of
Psychiatric and Mental Health Nursing 2010;
17:761-8.
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
27
lazione anziana, caratterizzata da una maggiore aspettativa di vita, ma al tempo stesso da maggiori comorbidità, disabilità e necessità di poli-farmacoterapia.
Infine, a tutti i livelli dovrebbero essere implementati
programmi multidimensionali e multidisciplinari, che
tengano conto della verifica delle forme farmaceutiche
alternative attualmente disponibili, per diminuire i rischi di effetti avversi e gli errori terapeutici da somministrazione di farmaci alterati.
RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento per aver consentito la realizzazione
dello studio va a Don Dorino Zordan, Direttore Generale dell’Istituto Provincia Religiosa di San Marziano di
Don Orione -Piccolo Cottolengo, alla Dott.ssa Maria Rita Zani, responsabile del servizio infermieristico assistenziale dell’Istituto Palazzolo Fondazione Don Gnocchi, e alla Dott.ssa Rosa Viola, responsabile del servizio
assistenziale dell’Istituto Polo Geriatrico Riabilitativo
San Faustino.
CONTRIBUTO DEGLI AUTORI
Ideazione e disegno dello studio: Anna Castaldo, Camilla Boeri, Miriam Magri, Talia Melo Acquisizione dei
dati: Camilla Boeri Analisi e interpretazione dei dati:
Anna Castaldo, Camilla Boeri, Renzo Bagarolo, Andrea
Giordano Stesura dell’articolo: Camilla Boeri, Anna Castaldo, Andrea Giordano Revisione critica di importanti
contenuti intellettuali: Anna Castaldo, Andrea Giordano
Approvazione finale della versione da pubblicare: Camilla Boeri, Renzo Bagarolo, Anna Castaldo, Andrea
Giordano, Miriam Magri, Talia Melo.
10. Kirkevold Ø, Engedal K. Is covert medication
in Norwegian nursing homes still problem?
Drugs Aging 2009; 26:333-44.
11. Torrinomedica. Disponibile a: http://www.torrinomedica. it/farmaci/prontuario/indice_
prontuario.asp. Ultimo accesso: 30 ottobre
2013.
12. Agenzia Italiana del Farmaco. Banca Dati Farmaci. Disponibile a: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it Ultimo accesso: 30 ottobre
2013.
13. Caussin M, Mourier W, Philippe S, Capet C,
Adam M, Reynero N, et al. L’écrasement des
médicaments en gériatrie: une pratique « artisanale » avec de fréquentes erreurs qui nécessitait des recommandations. La Revue de
Médecine Interne 2012;33:546-551.
14. Seifert CF, Johnston BA. A nationwide survey
of long-term care facilities to determine the
characteristics of medication administration
through enteral feeding catheters. Nutrition in
Clinical Practice 2005;20:354-62.
15. Catalán E, Padilla F, Hervás F,. Pérez MA, Ruiz
F. Fármacos orales que no deben ser triturados, Enfermeria Intensiva 2001;12:146-150.
16. Institute for Safe Medication Practices. Oral
Dosage Forms That Should Not Be Crushed.
Disponibile
a:
http://www.ismp.
org/Tools/DoNotCrush.pdf. Ultimo accesso:
30 ottobre 2013.
17. Mota ML, Barbosa IV, Studart RM, Melo EM,
Lima FE, Mariano FA. Evaluation of intensivistnurses’ knowledge concerning medication
administration through nasogastric and enteral tubes. Rev Lat Am Enfermagem
2010;18:888-94.
18. Ministero della Salute. Dipartimento della
qualità direzione generale della programma-
19.
20.
21.
22.
23.
zione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei
principi etici di sistema ufficio III. Raccomandazione per la prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia
farmacologica.
Disponibile
a:
www.salute.gov.it/ qualita/archivioDocumentiQualita.jsp?lingua=italiano&id=675. Ultimo
accesso: 30 ottobre 2013.
Van Den Bemt P, Idzinga J, Robertz H, Groot
Kormelink D, Pels N. Medication administration errors in nursing homes using an automated medication dispensing system. Journal
of the American Medical Informatics Association 2009;16:486-92.
Idzinga JC, Jong AL, van den de Bemt PMLA.
The effect of an intervention aimed at reducing errors when administering medication
through enteral feeding tubes in an institution for individuals with intellectual disability.
Journal of Intellectual Disability Research November 2009;53:932-8.
Stuijt CCM, Klopotowska JE, Kluft-van Driel C,
Le N, Binnekade J, van der Kleij B et al. Improving medication administration in nursing
home residents with swallowing difficulties:
sustainability of the effect of a multifaceted
medication safety programme. Pharmacoepidemiology and drug safety 2013;22:423-9.
British Association for Parenteral and Enteral
Nutrition, British Pharmaceutical Nutrition
Group. Administering drugs via enteral feeding tubes a practical guide. Disponibile a:
www.bapen.org.uk/pdfs/d_and_e/de_pract_g
uide.pdf. Ultimo accesso: 30 ottobre 2013
Regione Lombardia. Elenco RSA accreditate.
Disponibile a: https://dati.lombardia.it/sanit/elenco-rsa-accreditate. Ultimo accesso: 30
ottobre 2013.
28
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
EVIDENCE BASED PRACTICE
Quesiti clinico-assistenziali
Come si sceglie una superficie antidecubito?
Tratto da “NURSING FAD NAZIONALE” - dossier “IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA DECUBITO”
PUNTI CHIAVE
· I criteri generali.
· Alcune indicazioni particolari.
IN SINTESI
La scelta di una superficie antidecubito deve rispondere a specifici obiettivi clinici (prevenzione
o trattamento), tenere conto del contesto assistenziale e aver presente le considerazioni economiche, ma è frutto in definitiva della valutazione dell’operatore sanitario nel singolo caso.
Alcune categorie di pazienti, come i grandi obesi
e i pazienti candidati all’intervento chirurgico
hanno esigenze particolari.
I criteri generali
Mentre è condivisa l’indicazione all’uso di una superficie antidecubito in pazienti a rischio di sviluppare ulcere, non ci sono precisi orientamenti sulle diverse tipologie di presidi a disposizione. Per la loro scelta, gli
operatori sanitari dovrebbero considerare alcuni aspetti:
· obiettivi clinici: l’infermiere dovrà tenere conto non
solo degli aspetti preventivi ma anche di quelli terapeutici, qualora il soggetto sia già portatore di una o
più ulcere (in questo caso, per esempio, è molto più
indicata una superficie alimentata fluidizzata, a pressione alternata o a lenta cessione d’aria). Inoltre, se
non è possibile riposizionare il paziente nel letto, si
dovrebbe utilizzare un presidio alimentato piuttosto
che uno non alimentato (a bassa tecnologia).1 In termini generali e in merito al risk management, va
considerato il pericolo di cadute in alcuni soggetti
(per esempio quelli in stato confusionale) favorito
dall’adozione di sovramaterassi, quando applicati a
strutture da letto obsolete (sponde applicate, posizionate distanti dalla struttura eccetera) o molto basse.2
Alcune domande possono orientare la scelta dell’infermiere:
→
“Ci sono condizioni cliniche che possono esacerbare il rischio di sviluppare ulcere (instabilità emodinamica, riposizionamento impossibile/inadeguato, problemi di gestione dell’umidità cutanea, necessità di tener sollevata la testata del letto eccetera?”
→
“La superficie antidecubito ha causato qualche
problema al paziente (riduzione della mobilità,
discomfort, dolore, bottoming out, eccessiva
secchezza cutanea, formazione di ulcere)”?
→
“L’ulcera preesistente è peggiorata, nonostante
le cure appropriate (impossibilità a ottenere
aiuto nella gestione del paziente da parte del
caregiver, posizionamento adeguato, gestione
dell’umiditàeccetera)”?
· contesto assistenziale: il paziente ricoverato in
ospedale ha necessità diverse da quelle che potrebbe avere in ambito domiciliare. Ciò che bisogna assicurare è la continuità dell’assistenza, sia all’interno
del contesto ospedaliero sia, alla dimissione, nel
contesto di vita del paziente (e, viceversa, in caso di
ricovero). Una trasmissione di informazioni accurata
e tempestiva serve per ridurre i tempi di valutazioni
del paziente, evitare il ripetersi di situazioni sfavorevoli, utilizzare al meglio risorse umane e materiali.
Particolarmente delicati sono i momenti del trasferimento dei pazienti tra contesti “di frontiera”, dal territorio al reparto di ricovero, passando per il Pronto
soccorso (si tenga presente che il paziente, può sostare parecchie ore su una barella prima di essere ricoverato ed essere posizionato su una superficie antidecubito) oppure dal reparto chirurgico alla sala
operatoria (in questo caso, a seconda del tipo di intervento, il paziente può sostare anche più di 4 ore
su un tavolo operatorio con presidi antidecubito inadeguati a far fronte alle sue esigenze). Inoltre, alla dimissione il paziente deve continuare il suo programma di prevenzione adottando presidi antidecubito da
letto e da carrozzina, considerando che, in posizione
seduta, circa il 70% del peso del corpo è distribuito
su una superficie molto ridotta e che circa il 50% delle ulcere da decubito che si formano sono rilevate sul
sacro, sul coccige e sulle due tuberosità ischiatiche.3
In questo caso la domanda da porsi è:
→
“Lo staff è competente per le procedure da
adottare, rispetto ai diversi contesti assistenziali
(conosce i percorsi per ottenere rapidamente
gli ausili antidecubito necessari, per richiedere
assistenza in caso di bisogno, conosce gli elementi del risk management non solo in termini
di prevenzione delle ulcere ma, più in generale,
di sicurezza del paziente)”?
· considerazioni economiche: negli ultimi anni, alcuni
strumenti amministrativi sono stati utilizzati per abbattere i costi di affitto/acquisto di alcuni beni e servizi da parte delle aziende sanitarie (e i presidi antidecubito non hanno fatto eccezione).
Gare di acquisto di Area vasta o Regionali, global
service, full service proposal, sono ormai termini utilizzati frequentemente dagli addetti ai lavori per assicurarsi tecnologie a un prezzo di mercato ragionevole.
Dall’altro versante esistono ancora strumenti normativi inadeguati a far fronte alle esigenze dei pazienti
EVIDENCE BASED PRACTICE
(come il DM n. 332 del 1999, meglio conosciuto come Nomenclatore tariffario delle protesi ed ausilii).
La sfida a cui oggi i professionisti sono chiamati sta
proprio nella capacità di far coincidere le indicazioni
derivanti dalla letteratura scientifica con i bisogni del
paziente e con le possibili risposte fornite dall’organizzazione e dal contesto (economico), rispettando il
principio della continuità di cura/assistenza.
Un algoritmo decisionale che mette in correlazione i
bisogni assistenziali con le possibili superfici antidecubito utilizzabili, è riportato in Tabella 2.4
Alcune indicazioni particolari
Alcune categorie di pazienti necessitano di superfici
antidecubito particolari, in quanto le loro condizioni
cliniche, o comunque legate a fattori intrinseci, li pongono in condizioni di rischio più elevate. È il caso dei
pazienti grandi obesi e di quelli sottoposti a chirurgia.
Grandi obesi
Le problematiche cutanee ricorrenti nei pazienti con
obesità grave sono dovute a deficit di perfusione cronica a livello sistemico per problemi cardiocircolatori.5
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
29
Oltre a questi problemi, la malnutrizione (intesa come
carenza di oligoelementi e vitamine) è da considerare
un fattore di rischio aggiuntivo. Inoltre, i problemi di
igiene personale predispongono la cute alla formazione di piccole ragadi, intertrigo, rash, candidosi cutanea.
Per questi motivi nei pazienti obesi è bene utilizzare
letti adeguati con materassi di portata massima terape
tica dichiarata. Questi presidi avranno dei supporti separati per le gambe (molto pesanti), in alcuni casi sarà
possibile sollevare la testata, abbassando contemporaneamente la parte inferiore del letto, trasformando il
letto stesso in una poltrona, sulla quale il paziente già
si trova. Va tenuto conto della larghezza del letto rispetto alle dimensioni del paziente, oltre che dell’altezza (che non deve essere né eccessiva, per non aumentare il rischio di cadute e di fratture, né troppo bassa,
per evitare di sovraccaricare la zona lombare del paziente nel momento dell’alzata). Attualmente la tecnologia mette a disposizione letti con movimenti idraulici
o elettrici che facilitano le operazioni gli operatori sanitari. In alcuni casi, l’uso di presidi antidecubito a pressione alternata può limitare la mobilità di questi pazienti, più che i presidi non alimentati (come quelli in
30
EVIDENCE BASED PRACTICE
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
schiuma di poliuretano ad alta densità o in visco-elastico).6
vento richiede più di 3 ore, bisognerebbe utilizzare delle superfici antidecubito in visco-elastico o in gel.1
Pazienti operati
Le percentuali di pazienti che sviluppano ulcere da decubito a seguito di intervento chirurgico sono molto
alte (Tabella 3).7,8
Secondo alcuni autori, la chirurgia di per sé è un fattore di rischio, a prescindere dalle condizioni del pazien
te.9 Oggigiorno si tendono a considerare quali fattori di
rischio aggiuntivo, per i pazienti sottoposti a chirurgia:
· lunghezza dell’intervento (oltre 3 ore; vedi Tabella 3);
· episodi ipotensivi intraoperatori (dovuti a perdite
ematiche o altro);
· ipotermia intraoperatoria;
· riduzione della mobilità in prima giornata post operatoria.
Inoltre in questi pazienti bisogna considerare la posizione che sarà assunta durante l’intervento: in caso di
posizioni particolari (per esempio laterali) o se l’interBIBLIOGRAFIA
1.
2.
European Pressure Ulcer Advisory Panel and
National Pressure Ulcer Advisory Panel. Prevention and treatment of pressure ulcers:
quick reference guide. Washington DC: National Pressure Ulcer Advisory Panel (2009).
(http://www.epuap.org/guidelines/Final_
Quick_Treatment.pdf).
U.S. Food and Drug Administration (FDA),
Center for Devices and Radiological Health:
Hospital bed system dimensional and assessment guidance to reduce entrapment
(2006).
3.
4.
5.
(http://www.fda.gov/downloads/MedicalDevices/DeviceRegulationandGuidance/GuidanceDocuments/ucm072729.pdf).
Agris J, Spira M. Common sites for pressure
ulcers and frequency and ulceration per site.
Clin Symp 1979; 31:2-8.
Norton L, Coutts P, Sibbald RG. Beds: practical pressure management for surfaces/mattresses. Adv Skin Wound Care 2011; 24:32432.
Krasner DL, Kennedy-Evans KL, et al. (2006)
Bariatric wound care: common problems and
management strategies.
Bariatric Times 2006; 3:26-7.
6.
7.
8.
9.
Rusch A. Bariatric care: pressure ulcer prevention. Wound Essentials 2009; 4:68-74.
Aronovitch SA. Intraoperatively acquired pressure ulcer prevalence: A national study. J
Wound Ostomy Continence Nurs 1999;
26:130-6.
Price MC, Whitney JD, et al. Development of a
risk assessment tool for intraoperative pressure ulcers. J Wound Ost Cont Nurs 2005;
32:19-30.
Vermillion C. Operating room acquired pressure ulcers. Decubitus 1990; 3:26-30.
Quesiti clinico-assistenziali
Come va effettuato il prelievo con
catetere venoso centrale?
Tratto da “NURSING FAD NAZIONALE” - dossier “GESTIONE DEL CATETERE VENOSO CENTRALE”
PUNTI CHIAVE
· Quando eseguire un prelievo con catetere venoso
centrale.
· Procedura per il prelievo di sangue.
· Prelievo per emocoltura.
IN SINTESI
In genere il prelievo di sangue non dovrebbe essere effettuato da catetere venoso centrale, in situazioni di emergenza o nei casi in cui il paziente abbia uno scarso patrimonio venoso si può
optare per il prelievo a livello centrale. Prima di
effettuare il prelievo è necessario lavarsi le mani
e indossare i dispositivi di protezione individuale
(guanti e occhiali). Dopo il prelievo va eseguito
un lavaggio con 10 ml di soluzione fisiologica
iniettata con manovra pulsante e chiusura in
pressione positiva.
Il lavaggio non va mai eseguito prima del prelievo. Per eseguire l’emocoltura il prelievo va fatto
senza scartare nulla e dopo aver disinfettato il
needleless system con clorexidina al 2%.
EVIDENCE BASED PRACTICE
In oncologia e in pediatria i cateteri venosi centrali sono utilizzati di routine per i prelievi ematici ma in linea
generale è bene limitare i prelievi di sangue dal catetere venoso centrale ed eseguirli da una vena periferica.
Il passaggio di sangue nel catetere lascia residui all’interno del lume o nei raccordi che potrebbero non essere rimossi se il lavaggio non viene eseguito correttamente. Il passaggio di sangue nel catetere può favorire
la formazione di microcoaguli che potrebbero diventare veri e propri trombi adesi alla parete del catetere fino a causarne l’occlusione.
Anche gli aggregati di fibrina sono un terreno idoneo
allo sviluppo di germi patogeni e tale situazione può
favorire l’insorgenza di un’infezione, pertanto i prelievi
ematici vanno eseguiti in maniera corretta.
I prelievi per i controlli della coagulazione vanno sempre eseguiti da una vena periferica, in particolare nei
malati in terapia con anticoagulanti orali (TAO) o con
infusione continua di eparina o nei soggetti con accertata/sospetta alterazione della cascata coagulativa.1
È possibile effettuare un prelievo di sangue dal catetere venoso centrale nelle seguenti situazioni:
· situazioni di emergenza, perché il prelievo dal catetere centrale consente un accesso rapido e sicuro a
una vena di grosso calibro;
· scarso patrimonio venoso del malato;
· pazienti pediatrici, per evitare il trauma della puntura
della vena.
Si devono evitare i prelievi per il dosaggio della glicemia quando attraverso il catetere venoso centrale si
somministrano:
· soluzioni glucosate;
· sacche di nutrizione parenterale.2
Se il catetere venoso centrale ha un lume piccolo è
buona norma evitare il prelievo dal catetere per evitare
il rischio di emolisi e rendere così il risultato del prelievo non attendibile.2
Procedura per il prelievo di sangue
Quando si effettua un prelievo ematico da catetere venoso centrale è necessario lavarsi le mani e indossare i
dispositivi di protezione individuale, in particolare:
guanti e occhiali.1,3
Se il catetere centrale ha più lumi, si deve usare il lume con il calibro maggiore (solitamente è la via prossimale) per evitare l’emolisi e, naturalmente, va sospesa
l’infusione nel momento in cui si deve effettuare il prelievo.
Non è raccomandato lavare il catetere prima del prelievo in quanto, utilizzando siringhe di calibro non inferiore a 10 ml, si devono scartare 5 ml di sangue (prelievo di spurgo)1,3 prima di riempire le provette, perché
BIBLIOGRAFIA
1.
2.
Royal College of Nurses. Standards for infusion therapy, 2010.
http://www.ivteam.com/standards-for-infusion-therapy/
Registered Nurses Association Ontario. Care
3.
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
31
potrebbe contenere parte delle soluzioni infuse (viene
considerato contaminato).1,3
Al termine va eseguito un lavaggio con 10 ml di soluzione fisiologica iniettata con manovra pulsante e chiusura in pressione positiva.
Questa tecnica va eseguita sempre per mantenere la
via pulita e pervia, senza residui ematici che potrebbero portare all’occlusione del lume o all’infezione del
catetere venoso centrale.1,3
Nei cateteri con punta valvolata il prelievo ematico va
eseguito evitando di innestare direttamente il sistema
vacutainer al catetere, per evitare possibili rotture della
punta valvolata del catetere venoso centrale.
È quindi necessario collegare al catetere un raccordo a
due vie (rubinetto) a cui si collega una siringa da 10
ml e la provetta da riempire: ruotando la leva del raccordo si esclude la via collegata alla provetta riempendo così la siringa. Ruotando nuovamente la leva del
raccordo si esclude la via collegata con il catetere, mettendo in collegamento siringa e provetta che, grazie al
vuoto, si riempirà prendendo il sangue direttamente
dalla siringa ed evitando così la rottura della punta valvolata.
Prelievo per emocoltura4
In caso di sospetta infezione del catetere venoso centrale il prelievo per emocoltura va eseguito contemporaneamente da vena periferica e dal catetere venoso
centrale, in rapida successione. Se il catetere venoso
centrale è multi lume, il prelievo va fatto da ognuno
dei lumi, anche da quelli non utilizzati.4
Si disinfetta il needleless system con clorexidina al 2%,
in base alcolica, e si preleva (tramite vacutainer o siringa) il sangue senza scartare nulla, diversamente da
quanto previsto per gli altri esami ematici.
Si preleva prima il campione anaerobio e poi quello
aerobio, avendo l’accortezza di cambiare l’ago tra un
flacone e l’altro. Generalmente vengono eseguite 3
emocolture (aerobi e anaerobi) a distanza di circa 20
minuti una dall’altra.
Al termine del prelievo va eseguito il lavaggio di ciascun lume del catetere venoso centrale.
In alcuni ospedali italiani l’emocoltura viene effettuata
utilizzando la tecnica di coltura semi quantitativa (isolator). Anche in questo caso il prelievo può essere fatto
sia da vena centrale sia da vena periferica in rapida
successione e senza scartare nulla.
Si consiglia di seguire le indicazioni del laboratorio di
microbiologia dell’ospedale di riferimento.
Se la febbre persiste le emocolture vanno eseguite
ogni 72 ore, sia da accesso periferico sia da accesso
centrale, fino alla scomparsa della febbre.
and manteinance to reduce vascular access
complications. Nursing
Best Practice Guidelines 2005.
www.rnao.org/bestpractices
Ramritu P, Halton K, Collignon P, Cook D,
Fraenkel D, Battistutta D, Whitby M, Graves
N.A systematic review comparing the relative
4.
effectiveness of antimicrobial-coated catheters in intensive care units. Am J Infect Control. 2008;36(2):104-17.
Dolcetti L, Scoppettuolo G, De Pasquale G.
Tecnica corretta per l’esecuzione di emocolture. Roma 2007. www.gavecelt.
info/uploads/protocollo_emocolture.pdf
32
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
NELLA NORMA
Commento alla posizione del
Consiglio di Stato riguardante i volontari
impegnati nei diversi mezzi di soccorso
La posizione del Consiglio di stato n. 849 del 2014 ha provocato molte tensioni tra gli infermieri perché
intesa come un pronunciamento sfavorevole alla professione nelle sue specificità operative. Di seguito
la lettura ragionata della sentenza di Annalisa Silvestro - Presidente Nazionale Federazione IPASVI - e
Barbara Mangiacavalli - Segretaria Federazione IPASVI.
LA STORIA
Il collegio IPASVI della provincia di Bolzano è da anni
impegnato nella “querelle” infermieri vs volontari impegnati nei diversi mezzi di soccorso. Tutto nasce nel
1997 a seguito di un atto deliberativo provinciale (deliberazione n. 2739 del 17.06.1996) che non prevede la
presenza di infermieri nelle ambulanze di soccorso.
Dopo un ricco carteggio - che vede anche lo scambio
di numerosi pareri legali - che si sviluppa negli anni
con le Istituzioni provinciali, il Commissario di Governo
e l’Azienda sanitaria, oltre che l’attivazione di numerose iniziative di confronto e sensibilizzazione per l’inserimento della figura dell’infermiere nelle ambulanze
/mezzi di soccorso, si giunge nel 2003 ad un incontro
con l’Assessore alla sanità e i diversi Direttori della ripartizione Sanitá della Provincia.
Nell’incontro viene stabilito di inserire due componenti
del consiglio direttivo del Collegio Ipasvi di Bolzano in
un gruppo di lavoro provinciale denominato “medicina
d’urgenza”. Il gruppo di lavoro aveva l’obiettivo di elaborare e proporre alla Giunta Provinciale, i contenuti
per la formazione di tipo A e B dei soccorritori volontari da inserire nelle ambulanze. Nel 2004 con deliberazione n. 312, la Provincia di Bolzano, nonostante la ferma opposizione del Collegio Ipasvi, approva anche i
contenuti per la formazione di un livello “C”. I componenti infermieri del gruppo “medicina d’urgenza” nella
riunione del 21.02.2005 evidenziavano l’intenzione di
presentare un ricorso al TAR, se non si fossero portate
modifiche sul programma di formazione del livello “C”.
Dopo l’espressione del TAR a favore del Collegio IPASVI, la Provincia autonoma di Bolzano in data
28.07.2006, presenta ricorso in sede giurisdizionale
contro tale sentenza presso il Consiglio di Stato. Interviene nel procedimento l’associazione “Croce Bianca”
a sostegno delle ragioni della Provincia autonoma di
Bolzano. In data 06.06.2011 la Giunta Provinciale delibera con n. 922 l’impiego del personale infermieristico
sui mezzi di soccorso, stabilendo però che sull’auto
medica (nef) l’equipaggio deve essere composto, oltre
che dal medico, dall’autista soccorritore e/o infermiere.
In data 05.10.2011 il Collegio IPASVI di Bolzano ha fatto ricorso contro la Provincia Autonoma di Bolzano per
annullamento della deliberazione della Giunta Provinciale del 06.06.2011 n. 92, avente per oggetto l’impiego del personale infermieristico sui mezzi di soccorso
in Alto Adige.
L’ATTUALITÀ
La sentenza emessa dal Consiglio di Stato ha suscitato
tensioni tra gli infermieri bolzanini e non solo, perché
intesa come un pronunciamento sfavorevole alla professione infermieristica nelle sue specificità operative.
L’attenta lettura del disposto del Consiglio di Stato induce a ritenere, di contro, che il pronunciamento sia
coerente con le funzioni infermieristiche delineate dal
quadro giuridico e regolamentare in vigore. L’attività
del Volontario del soccorso viene, infatti, vincolata in
terreni puntualmente definiti e, marcatamente, non di
tipo professionale. Il Consiglio di Stato, sottolinea più
volte che le attività attribuite al Volontario del soccorso
sono di stampo mansionariale, prive di autonomia, e
prettamente ausiliarie al medico oltre che effettuate
sotto la sua diretta supervisione. Nella sentenza il volontario del soccorso non viene mai definito “operatore di interesse sanitario” (art. 1. c. 2, L. 43/2006).
ALCUNI STRALCI DELLA SENTENZA
Si riportano di seguito alcuni stralci della sentenza del
Consiglio di stato di particolare pregnanza per la questione di cui trattasi. La sentenza de qua è riportata
compiutamente in allegato. “… 7.2.3 … le singole descrizioni degli obiettivi formativi contenute nell’allegato
NELLA NORMA
A dell’impugnata deliberazione n. 3775 del 18 ottobre
2004 … non possono qualificarsi come attributive ai soccorritori di compiti ed attività riservate alla professione
infermieristica quali definite, in seguito alla legge di riforma delle professioni sanitarie (l. 26 febbraio 1999, n.
42), nelle tre fonti costituite dai decreti ministeriali istitutivi dei rispettivi profili professionali, dall’ordinamento
didattico universitario e dal codice deontologico della
professione di infermiere. Infatti, dall’esame degli elenchi degli argomenti formativi e degli obiettivi di apprendimento di cui agli allegati A e B dell’impugnata
deliberazione … emerge che l’attività del soccorritore si
risolve in attività materiali e meramente ausiliarie a supporto del medico d’urgenza, da eseguire in sua presenza
e senza la minima autonomia decisionale e, dunque, in
un’attività di assistenza materiale al medico d’urgenza,
mentre la figura professionale dell’infermiere è definita
come … [dm 739/94, nda] … le conoscenze oggetto del
programma di formazione dei soccorritori … attengono,
dunque ad attività a supporto materiale del medico
d’emergenza, di natura meramente esecutiva ed alle
strette ed immediate dipendenze di quest’ultimo che
giammai possono qualificarsi alla stregua della sopra delineata attività professionale infermieristica, di assistenza
clinica diretta ai pazienti; … la competenza dei soccorritori di livello C in ordine ai medicinali non riguarda ne la
anno XXV n. 1 - Giugno 2014
33
relativa prescrizione ai pazienti ne la relativa somministrazione diretta, ma si esaurisce nell’attività meramente
ausiliaria e materiale di ‘conoscere e preparare alla somministrazione di tutti i farmaci presenti nell’unità mobile
(flaconcini miscelanti, fiale perforabili e fiale a rottura)’,
su indicazione e sotto supervisione del medico di emergenza ferma restando la somministrazione al paziente
ad opera del medico stesso … ne la deliberazione impugnata può ritenersi introduttiva di una nuova figura di
professione sanitaria … e/o di attività riservate a quest’ultima ma di attività assistenziali organizzative a supporto ed ausilio al medico di emergenza (v. sopra sub
7.2.2), senza dunque invadere le competenze statali in
materia di professioni …”.
CONSIDERAZIONI
Ogni applicazione generalizzata delle attività (ausiliarie,
nda) citate nella sentenza del Consiglio di Stato per il
Volontario del soccorso in contesti diversi da quelli previsti e puntualmente delineati, è chiaramente esclusa.
Diviene pertanto obbligo deontologico, oltre che giuridico, denunciare ogni estensione di tali suddette attività,
in campi già definiti per le professioni infermieristiche.
Doppio lavoro, infermiere condannate
PAVIA. Infermiere del Policlinico che, durante le malattie
o perfino simulando la propria presenza in ospedale, lavoravano alla clinica Maugeri. Con l’accusa di truffa il giudice ha condannato ieri mattina B.B., a 8 mesi e 10
giorni di reclusione e 700 euro di multa. Sentenza di
condanna, a 5 mesi e 388 euro di multa, anche per E.C.
In entrambi i casi il giudice ha concesso la sospensione
della pena e disposto il risarcimento dei danni di immagine e patrimoniali al Policlinico San Matteo, parte civile
con l’avvocato Alessandra Stefano e la dottoressa Francesca Busalla. Il danno dovrà essere però quantificato in
sede civile.
Se il processo si è chiuso per due imputate, resta in sospeso la posizione di una terza infermiera, che ha scelto
il rito ordinario e si presenterà in tribunale a maggio. L'infermiera dovrà difendersi dall’accusa di avere lavorato
alla Maugeri durante il periodo di malattia al Policlinico.
La dipendente, per la precisione, pur lavorando nel reparto di Cardiochirurgia degenti del San Matteo avrebbe
prodotto un certificato medico in cui si parlava di uno
“stato morboso” che imponeva l’assenza dal lavoro per
due giorni. Assenza durante la quale l’infermiera avrebbe
invece lavorato all’Unità risveglio della Maugeri.
L’accusa di truffa, per le infermiere, si basava sul presupposto di avere percepito soldi pubblici, attraverso la retribuzione della malattia. Nei loro confronti l’ospedale
aveva aperto un procedimento disciplinare ed erano
state sospese in attesa della sentenza.
I fatti oggetto del processo risalgono agli anni dal 2006
al 2007.
La Finanza, che stava già indagando per evasione fiscale
su una società pavese, la Nursing Srl, che forniva infermieri agli ospedali (oggi la società è in liquidazione),
chiese al Policlinico i documenti sui nominativi di circa
200 dipendenti che risultavano nell’agenda della società
pavese. Dopo quei controlli per alcuni degli infermieri fu
avviato un procedimento penale, perché incrociando i
dati delle loro presenze al Policlinico e in altre cliniche
private emerse l’ipotesi che alcuni dipendenti del San
Matteo facessero il doppio lavoro.
NORME PER GLI AUTORI
La rivista Infermiere-Collegio pubblica articoli originali di natura scientifica, comunicazione di esperienze professionali,
comunicazione di eventi congressuali e scientifici, lettere e
richieste aventi carattere di interesse generale in campo Infermieristico, Medico e Sociale e comunque attinenti la Professione Infermieristica.
I lavori possono pervenire su supporto cartaceo ed eventualmente elettronico e dovranno avere queste caratteristiche:
• lettere, lettere aperte: devono essere dattiloscritte in singola copia e contenere generalità, titoli professionali e istituzione di appartenenza degli Autori, nonché recapito
telefonico e indirizzo completo dell’Autore referente.
• articoli scientifici, comunicazioni professionali: devono pervenire in copia dattiloscritta o su corrispondente dischetto
(in formato PDF o Word) etichettato con nome degli Autori
e titolo dell’opera; il testo degli articoli non dovrà superare
le 15 cartelle dattiloscritte di 30 righe, ognuna con 60 battute spazio 2, più un massimo di 5 tabelle numerate o fotografie, entrambe in originale.
Gli articoli dovranno essere corredati da un riassunto in italiano contenuto in 150 parole, nonché da: nome, cognome
dell’autore, qualifica professionale, nome dell’ente di appartenenza, recapito postale e telefonico.
La bibliografia deve essere limitata all’essenziale, i riferimenti
bibliografici vanno indicati con numeri progressivi posti tra
parentesi ed inseriti nel corpo del testo.
Illustrazioni, fotografie e tabelle devono essere allegate in
singoli fogli o in formato elettronico nel dischetto, ordinate
numericamente (Tab. 1; Fig. 1) ed avere qualità elevata di riproduzione grafica.
Gli Autori rimangono responsabili dell’autenticità e veridicità
del contenuto dei lavori inviati, dei riferimenti esposti, dell’originalità delle illustrazioni e tabelle, ecc…
Tutti i lavori devono essere inviati in busta chiusa con lettera
di accompagnamento che autorizza la pubblicazione.
I materiali inviati non verranno comunque restituiti salvo
espliciti accordi.