La situazione degli organici ospedalieri in Gran Bretagna La qualità del triage pag. 8 pag. 14 Come va effettuato il prelievo con catetere venoso centrale? La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA pag. 30 pag. 21 Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXV n. 1 - Giugno 2014 “Il consumismo sanitario e la professione infermieristica” www.ipasvife.it Elezioni per il rinnovo del CONSIGLIO DIRETTIVO e del COLLEGIO REVISORI dei CONTI IPASVIFE pag. 7 Al l BO ’int e 20 LLI rno N 14 O il 17-18-19 OTTOBRE 2014 Per contattarci Sommario Orari di apertura al pubblico: EDITORIALE DEL PRESIDENTE 1 IN PRIMO PIANO… 2 Lunedì e Giovedì Martedì Venerdì IN PRIMO PIANO COLLEGIO 7 Biblioteca: Lunedì e Giovedì Martedì - Elezioni 2014 rinnovo organi IPASVIFE ARTICOLI ORIGINALI 8 15.30 - 18.00 09.00 - 12.00 09.00 - 11.00 15.30 - 18.00 09.00 - 12.00 Tel. 0532-64302 Fax 0532-67140 - “La qualità del triage nell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara”. E-mail: info@ipasvife.it - L’infermiere forense verso il futuro. Sito internet: www.ipasvife.it APPROFONDIMENTI 14 - La situazione degli organici ospedalieri in Gran Bretagna. Quali gli insegnamenti per il nostro Paese? - Raffronto tra le principali polizze RC professionale infermieri. - Cosa sappiamo sulla sigaretta elettronica? EVIDENCE BASED PRACTICE Il Collegio è disponibile per iscrizioni, trasferimenti ad altro Collegio, cancellazioni, rilascio di Certificati d’iscrizione e variazioni di residenza. L’ISCRIZIONE ALL’ALBO È “AUTOCERTIFICABILE” - Come si sceglie una superficie antidecubito? - Come va effettuato il prelievo con catetere venoso centrale? 32 - Commento alla posizione del Consiglio di Stato riguardante i volontari impegnati nei diversi mezzi di soccorso. - Doppio lavoro, infermiere condannate. NORME PER GLI AUTORI via del Naviglio 33/a - 44123 Ferrara 21 - La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA: prevalenza e implicazioni pratiche. NELLA NORMA Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in tempo reale dalla Segreteria del Collegio e quindi può essere ritirato immediatamente dal richiedente, presentandosi presso la sede del Collegio; per ragioni burocratiche legate alla normativa sulla privacy, se il 34 richiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede, deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richiedere l'invio presso il proprio domicilio tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, rifondendo il Collegio per il costo sostenuto. È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesiti inerenti la professione. INFERMIERE COLLEGIO Periodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XXV n. 1 Direzione, Redazione, Amministrazione: via del Naviglio 33/a - Ferrara Tel. 0532 64302 - Fax 0532 67140 - E-mail: info@ipasvife.it Direttore responsabile: Sandro Arnofi Stampa: Cartografica Artigiana via Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara Rivista chiusa in tipografia il 12 giugno 2014 Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003 (conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione Annamaria Ferraresi, Enrico Mazzoli, Andrea Menegatti, Cinzia Guidi, Paolo Scalambra, Barbara Sofritti, Carolina Villani GLI UFFICI DEL COLLEGIO IPASVI RIMARRANNO CHIUSI DALL’11 AL 22 AGOSTO. RIAPRIRANNO LUNEDÌ 25 AGOSTO 2014 ALLE ORE 15.30. Per qualsiasi comunicazione URGENTE lasciare un messaggio in segreteria telefonica al numero 0532.64302. EDITORIALE anno XXV n. 1 - Giugno 2014 1 Editoriale del Presidente La difesa della salute è uno dei maggiori investimenti che la nostra regione sostiene con ben l'80% del bilancio regionale. Da molto tempo l'Emilia Romagna si caratterizza per aver sviluppato servizi sanitari pubblici in grado di soddisfare le principali necessità sanitarie dei cittadini. Eppure non è la sola sanità ad aver migliorato la salute dei cittadini: mi piace spesso citare l'esempio della TBC o della pellagra, che non sono state sconfitte dalle scoperte farmaceutiche che pochi potevano permettersi, ma bensì dalle migliorate condizioni sociali e culturali delle persone. Un lavoro più sicuro, cibo vario ed abbondante, migliori condizioni igieniche e termiche delle abitazioni e così via. La salute si ottiene con la sanità ed il benessere. La sanità non vuol dire solo ospedali, tuttavia in questi decenni, la ricerca scientifica ha costituito numerose specializzazioni mediche che hanno prodotto una grande frammentazione organizzativa. Reparti ultra specialistici ed anche ospedali sempre più hub, dove concentrare tecnologia, professionisti e capitali. Professionisti formati per conoscere e far funzionare una sola parte del corpo umano. Queste industrie della salute devono produrre a ritmi, appunto, industriali, e spesso a scapito della relazione operatore-paziente/persona. Una modalità di approccio alla persona malata che prevede una serie di esami separati per ogni organo, svolti da persone diverse che non si conoscono e non dialogano tra loro. Moltiplicazione delle richieste e consumismo sanitario. La lunghezza delle cosiddette liste di attesa per diagnostica e visite specialistiche sono una criticità che sta minando il servizio sanitario pubblico e nessuno, di questi tempi, può permetterselo. È pur vero che nella nostra regione (e non solo) sono stati creati percorsi diagnostico-terapeutici che facilitano i pazienti con patologie come il diabete o lo scompenso cardiaco, tanto per fare esempi, ma dobbiamo fare di più. Le previsioni demografiche e la crisi economica che non si sta risolvendo, ci consegnano un quadro per il futuro a tinte fosche. Quindi è necessario prepararsi a far fronte a prevedibili situazioni molto difficili. Popolazione molto anziana affetta da patologie per lo più croniche, pochi giovani e Il Presidente del Collegio IPASVI di Ferrara Sandro Arnofi servizi orientati alla cura ospedaliera di pazienti acuti. Se consideriamo che l'anziano è, di per se, un soggetto fragile in quanto percettore di basso reddito, residente da solo (60% degli ultra 75 anni) ed abitante in centri agricoli molto piccoli (le nostre frazioni), abbiamo completato il quadro. Non ci si può meravigliare se molti cittadini delle periferie o frazioni sono grandi utilizzatori di visite specialistiche, ogni tipo di bisogno sociale, trova come unico soggetto disposto ad ascoltare il Medico di Medicina Generale, che naturalmente filtra i bisogni del proprio assistito con il proprio sapere, che è di tipo sanitario anche se il problema è sociale. Ad una persona denutrita un medico potrà predisporre una trattamento ipercalorico, non certo un lavoro. Noi oggi dobbiamo tentare di riorganizzare la sanità ed il sociale che devono interagire, vedere e parlare per fornire risposte giuste, altrimenti non saremo capiti e saremo inutili per una società che, nostro malgrado, cambia. Alla cronicità non si può e deve dare risposta con il trattamento per l'acuzie, da molto tempo annunciamo il potenziamento della medicina del territorio, eppure nelle campagne esiste solo il medico di medicina generale e qualche farmacia. L'assistenza domiciliare nel territorio deve essere più presente. Rarissimi sono i casi di educazione agli stili di vita e di welfare di iniziativa. Occorre preventivamente individuare le persone più fragili e predisporre servizi leggeri di assistenza, consulenza, counseling o riabilitazione che devono avvenire al domicilio. Le risorse ci sono ma non le utilizziamo. Un pò per una comprensibile prudenza, ma anche per una scarsa voglia di scommettere nella costruzione di nuove organizzazione per il futuro. Siamo nell'era dell'informatica ed abbiamo tutti un telefono in tasca, eppure non siamo ancora in grado di progettare cartelle cliniche che possano contenere tutti i dati della persona a prescindere dal luogo dove si trova che potrebbe essere un ospedale pubblico, privato, una casa di residenza per anziani, oppure cure domiciliari. Tutto ciò viene registrato in documenti separati, che la persona non detiene se non ne fa richiesta, anche se ne è titolare dei dati. Informazioni cliniche, viste parzialmente dal medico di medicina generale, ma non da quello di continuità assistenziale. Occorre uniformare la documentazione e tutti gli operatori devono riportare ciò che riguarda il paziente, in modo da fornire a tutti un quadro d'insieme. Se vogliamo fare qualcosa per il futuro dobbiamo progettare ora, il nuovo. Medici ed infermieri, solo perchè sono i più numerosi, devono dialogare e pensare ad un nuovo modello e tentare nuovi esperimenti organizzativi, dove fornire migliori risposte. Se la depressione degli anziani soli prende il sopravvento, prima di richiedere maggiore psichiatria, occorre ripensare all'abitare ed alla socialità, non per risparmiare sulle benzodiazepine, ma per una migliore qualità della vita che comporta anche una migliore appropriatezza e qualità del lavoro sanitario. Gli infermieri stanno per arrivare al termine di un percorso normativo che riconoscerà le specializzazioni e questo sarà un grande risultato, ma naturalmente non tutti gli infermieri dovranno specializzarsi. In questa crescita professionale, ci dovrà essere anche un adeguamento delle organizzazioni delle aziende sanitarie, che dovranno essere capaci di prevedere il futuro ed utilizzare le professioni che stanno crescendo al loro interno. Solo in questo modo potremmo recuperare la fiducia di un cittadino, vittima impotente di un consumismo sanitario, che pur spendendo molto, non riesce ad ottenere un giusto riconoscimento. 2 IN PRIMO PIANO… anno XXV n. 1 - Giugno 2014 Breve rassegna degli articoli di maggiore interesse infermieristico delle news del sito della Federazione Nazionale www.ipasvi.it ! FASCETTE ANTI-DISTRAZIONE E SPILLE PER RICORDARSI DI LAVARE LE MANI 26/05/2014 – All'ospedale Bambino Gesù, operatori sanitari, baby pazienti e genitori combattono assieme gli eventi avversi. Per ridurre gli errori e le infezioni ospedaliere, da anni, l'ospedale Bambino Gesù ha adottato alcune iniziative come la spilla azzurra da fissare sul camice, con la frase: “Chiedimi se mi sono lavato le mani”. Il rischio zero, certo, è un obiettivo difficile e ambizioso, ma, specie in una struttura con 50 letti in terapia intensiva e più di 100 in semi-intensiva (come, appunto, l'ospedale pediatrico di Roma) bisogna puntare a fare del proprio meglio. Il percorso anti-errori è nato nel 2006 con 4 tappe: identificazione del rischio, valutazione, prevenzione e monitoraggio e, con l'impegno di tutti, i risultati sono arrivati: la prevalenza delle infezioni ospedaliere è passata da 7,6 su 100 ricoverati nel 2007 a 2,5 nel 2013, mentre per i pazienti ad alta complessità la percentuale è zero. I rientri non programmati in sala operatoria per trimestre sono scesi da 8,73 a 2,63 per mille interventi nello stesso periodo. Per questo motivo, l'ospedale del Gianicolo è stata la prima struttura pediatrica italiana a ricevere l'accreditamento da parte della Joint Commission International (Jci), il principale ente di accreditamento a livello internazionale in ambito sanitario. Anche i piccoli pazienti e i genitori hanno raccolto l'invito ed aiutato dottori ed infermieri a migliorare il lavaggio delle mani. Il sistema ha funzionato anche grazie alla creazione di un Comitato integrato (con medici, clinici, infermieri, ingegneri) sulla qualità dell'assistenza erogata. Per tutelare il momento della preparazione dei farmaci, invece, si è pensato ad una specie di fascia da miss: una striscia gialla con scritta blu “Non disturbare”, visto che, quando l'infermiere sta preparando e somministrando un farmaco non bisogna distrarlo per nessun motivo. Malgrado la diffidenza iniziale, col tempo la fascia di “Miss e mister farmaco” è diventata popolare nei reparti. Intanto, nei corridoi sono stati affissi pure dei cartelli con il “Segnale germi” rivolti ad operatori e familiari dei baby pazienti, e cartelli che spiegano ai genitori e ai bambini alcune regole per ridurre i rischi in ospedale, dalle cadute alle infezioni. ! SILVESTRO: "SULLE COMPETENZE INFERMIERISTICHE CI STANNO FACENDO UNA GUERRA BASATA SUL NULLA" 08/05/2014 – La presidente Ipasvi ha ribadito durante la conferenza stampa al ministero della Salute il valore della bozza di accordo che apre la strada alla figura dell'infermiere specialista. La conferenza stampa di presentazione del nuovo portale "Infermieri per la Salute" ha rappresentato l'occasione, per la presidente della Federazione nazionale Ipasvi, la senatrice Annalisa Silvestro, di fare il punto sulla bozza di accordo per le nuove competenze infermieristiche, già condivisa con il ministro Beatrice Lorenzin. "Sulle competenze infermieristiche – ha dichiarato Silvestro – si sta facendo una guerra punica basata sul nulla. Si è favoleggiato di invasioni di campo, non ho capito bene rispetto a cosa. In realtà non ci sono elementi per una contrapposizione reale". Per la presidente Ipasvi, le polemiche sulla questione 'competenze', arrivate dal fronte medici proprio dopo le notizie sulla chiusura della bozza, non hanno alcun fondamento. "C'è una legge del 2006 – ha spiegato – che prevede l'infermiere specialista. Non stiamo chiedendo niente di trascendentale, ma solo quanto indica una legge dello Stato". Nella bozza sulle nuove competenze si prevede, tra l'altro, la formazione di un infermiere specialista che andrà ad approfondire le compotenze in 5 aree: pediatrica, chirurgica, emergenza, area medica, salute mentale, territorio (con l'infermiere di comunità). Per la presidente Ipasvi, inoltre, persiste un fraintendimento di base: "Noi infermieri parliamo di competenze come insieme di capacità, valori e conoscenza che consentono l'attività di assistenza, mentre dall'altra parte si parla di abilità e procedure tecniche". E tutto questo anche se, attualmente, non sono previste indicazioni e paletti per le pratiche consentite agli infermieri (il mansionario non esiste più dal 1999). "Riconosciamo e valorizziamo le competenze mediche che riguardano il processo diagnostico e quello terapeutico: in questi percorsi noi siamo i più qualificati collaboratori perchè diamo concretezza alle prescrizioni – ha ribadito Silvestro –. C'è poi tutto il processo di assistenza su cui noi riteniamo di essere autonomi e capaci di impostare il percorso e tutte le attività e le abilità che servono per fare assistenza ai cittadini". "Dobbiamo smetterla di stare nelle trincee ideologiche – ha concluso –: noi infermieri intendiamo rimanere nel nostro ambito, svolgendo al meglio il nostro mandato professionale, ovvero stare vicini ai cittadini e risolvere i loro problemi di assistenza. Il resto sono chiacchiere e posizione retrograde e antiquate che non tengono conto dell'evoluzione dei bisogni dei cittadini, dell'evoluzione del sistema sanitario nazionale, dell'evoluzione necessaria per la sostenibilità e la conservazione di un'assistenza l'universalistica". IN PRIMO PIANO… ! SALUTE SUL WEB, GLI INFERMIERI AL FIANCO DEI CITTADINI GRAZIE A UN NUOVO PORTALE 08/05/2014 – Si è svolta al ministero della Salute la conferenza stampa di lancio del nuovo sito Ipasvi di servizi per il cittadino. Un italiano su tre si affida a internet su temi di salute: i cittadini hanno bisogno di sapere di più, ma è importante che le informazioni siano sempre sicure e certificate. Una sfida raccolta dai 400mila infermieri italiani che da oggi aprono un filo diretto con i cittadini, lanciando Infermieriperlasalute.it, il nuovo portale interamente dedicato all’utente/paziente e alle famiglie. Una grande risorsa web realizzata dalla Federazione Ipasvi, sulla quale saranno disponibili indicazioni professionali di carattere pratico per gestire tutti i principali aspetti della salute familiare. Obiettivo di questo servizio è consolidare il dialogo tra cittadini e infermieri, mettendo a disposizione delle famiglie italiane il sapere infermieristico in fatto di assistenza, consolidato nella formazione universitaria e nella pratica quotidiana di migliaia di professionisti presenti sul territorio e in tutte le strutture di assistenza. «Ci siamo mossi in questa direzione per le numerose richieste arrivate proprio dai cittadini su come gestire i problemi di salute e di assistenza – dichiara Annalisa Silvestro, presidente Federazione Ipasvi – è forte il bisogno di avere consigli certificati, c’è molta confusione riguardo all’informazione che arriva da ogni parte, le persone sono spesso sole o in famiglie mononucleari, manca quella rete parentale alla quale un tempo ci si affidava per suggerimenti e sostegno. Gli infermieri sono i professionisti dell’assistenza: in tal senso offriamo supporto e aiuto in questioni di nostra competenza». Infermieriperlasalute.it è un portale innovativo, facilmente accessibile e consultabile. Un servizio ricco di notizie sicure e pratiche continuamente aggiornate, presentate in un linguaggio semplice da professionisti competenti ed esperti in fatto di assistenza. Il portale, unico nel suo genere, è anno XXV n. 1 - Giugno 2014 composto da quattro sezioni: Chi è l’infermiere? Lo sai che, Guide pratiche e Vademecum. Tanti consigli pratici, suggerimenti su come affrontare quotidianamente svariate situazioni in caso di patologie croniche e non solo, monografie di approfondimento, gestione di problematiche riguardanti la terza età, bambini e mamme, corretti stili di vita, misure di igiene, orientamento tra i diversi servizi offerti sul territorio, e tanto altro. «Lo sviluppo di un’area web interamente dedicata al cittadino è un progetto importante che si è finalmente concretizzato con questo portale Infermieriperlasalute.it – spiega Rita Maricchio, responsabile comunicazione portale Ipasvi.it e social network Ipasvi – già nel 2011 infatti nel portale Ipasvi.it era stato inserito uno spazio informatico dedicato, ma il nuovo sito nasce con l’intento di creare un rapporto ancora più stretto con il cittadino. Gli infermieri sono un punto di riferimento per gli utenti/pazienti per tutto ciò che riguarda l’assistenza: con questa iniziativa questi professionisti si impegnano ad esserlo sempre di più anche attraverso la Rete». Sul portale è già disponibile per il download il primo Vademecum, “Anni d’argento, anni di valore”, dedicato alla terza e quarta età, con consigli su alimentazione e corretti stili di vita per trascorrere serenamente questa fase della vita. ! VACCINI E AUTISMO, UNA RELAZIONE MAI PROVATA 29/03/2014 – La decisione della magistratura di Trani di aprire un’indagine per individuare gli eventuali responsabili della malattia in un bambino, ha riportato la questione alle cronache dei media. Ma la comunità scientifica insorge. Come nel caso della direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Iss. «La presenza di una possibile associazione causale tra vaccinazioni e autismo è stata estensivamente studiata e non è stata evidenziata alcuna correlazione». Interviene così Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della 3 salute dell’Istituto superiore di sanità nel dibatto che in questi giorni si è riaperto in seguito alla decisione di un magistrato di Trani di indagare sulla vicenda. In un articolo pubblicato sul portale dell’Iss, Salmaso ricorda che anche l’ultima ricerca sull’argomento, pubblicata nel marzo 2013 (Increasing Exposure to Antibody-Stimulating Proteins and Polysaccharides in Vaccines Is Not Associated with Risk of Autism), conferma questa conclusione, peraltro «in linea con le altre numerose evidenze scientifiche disponibili in materia». Nella ricerca, condotta dai Centers for disease control (Cdc) di Atlanta (Usa), sono stati messi a confronto 256 bambini con disturbi dello spettro autistico e 752 bambini non autistici, quantificando la loro esposizione totale cumulativa, nei primi due anni di vita, ad antigeni contenuti nei vaccini, come pure il numero massimo di antigeni a cui i bambini erano stati esposti nelle singole sedute vaccinali. I risultati, spiega l’esperta, hanno mostrato che il numero totale di antigeni ricevuti entro i due anni di età non differiva nei due gruppi di bambini (con e senza autismo); il numero massimo di antigeni ricevuto dai bambini autistici nelle singole sedute vaccinali era simile a quello ricevuto dai bambini senza autismo; i bambini affetti da autismo con regressione non avevano ricevuto un numero maggiore di vaccini rispetto ai bambini autistici senza regressione. Inoltre, aggiunge Salmaso, anche se l’attuale calendario prevede la somministrazione di un numero più elevato di vaccini rispetto al passato, «grazie al miglioramento delle tecniche di produzione, il numero totale di antigeni somministrati risulta diminuito». Quest’ultima ricerca, perciò, confermerebbe le conclusioni del rapporto 2004 dell’Institute of Medicine (Immunization Safety Review: Vaccines and Autism), basato su una revisione degli studi clinici ed epidemiologici disponibili sul nesso tra vaccini e autismo, effettuata da un gruppo indipendente di esperti negli Usa. Vaccino Mpr e autismo. L’ipotesi che la vaccinazione antimorbilloparotite e rosolia (Mpr) possa essere associata ad autismo venne sollevata, ricorda ancora la ricercatrice, da uno studio inglese pubblicato nel 1998 da Lancet. L’ipotesi è stata 4 successivamente valutata da numerosi studi condotti sia in Europa sia negli Stati Uniti, «ma nessuno di questi ha confermato che possa esserci una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo». Gli stessi autori dello studio inglese hanno successivamente ritirato le loro conclusioni e nel 2010 Lancet ha formalmente ritirato l’articolo. Oltretutto è stato riportato che, oltre ai difetti epidemiologici di questo studio, numerosi fatti circa la storia anamnestica dei pazienti fossero stati falsificati dall’autore, Andrew Wakefield, per sostenere i risultati e che l’intero studio fosse distorto da interessi economici. Wakefield fu radiato dall’Ordine dei medici per il suo comportamento. Successivamente la revisione dello Iom, gli studi dei Cdc statunitensi e di altre organizzazioni (inclusa l’American Academy of Pediatrics, un’organizzazione professionale con 60 mila membri), come pure una revisione di numerosi studi epidemiologici condotti in diversi Paesi europei, hanno raggiunto le medesime conclusioni, respingendo perciò l’ipotesi di una relazione causale tra vaccino Mpr e autismo. ! IN PRIMO PIANO… anno XXV n. 1 - Giugno 2014 "NON RINVIABILE IL PROBLEMA DEI 70 MILA INFERMIERI CHE MANCANO IN ITALIA" 09/04/2014 – L'incertezza ha segnato anche gli Stati generali della salute promossi dal ministero. Dove si è sentita forte anche la voce della Federazione Ipasvi. No, i tagli non ci sono, a meno che non arrivi una sorpresa con un pacco regalo». A dirlo era stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, alla vigilia della “due giorni” degli Stati generali che il ministro ha «fortemente voluto» organizzare a Roma. Un evento, aveva spiegato, che «non sarà una fiera ma il momento per fare la pianificazione e il punto della situazione nel settore sanità. Si metteranno in risalto le eccellenze ma ci confronteremo anche sulle problematiche del nostro sistema». Un evento che, almeno dal punto di vista mediatico e della partecipazione, è stato un indubbio successo, tanto che, soprattutto nella prima giornata (alla quale ha presenziato il Capo dello Stato affiancato dal presidente del Consiglio), ha fatto registrare il “tutto esaurito”; al punto che le sale dell'Auditorium di Renzo Piano, che ospitavano i lavori, non riuscivano a contenere tutti coloro che erano lì per entrare. E però, la minaccia aleggiava. Sempre alla vigilia degli Stati generali, Lorenzin aveva ricordato d'aver spiegato la «necessità di fare tagli che io chiamo risparmi per reinvestirli nel sistema salute. Questo perché l'Italia ha bisogno di grandi investimenti, non possiamo permetterci di chiedere miliardi allo Stato e quindi vanno recuperati; e le Regioni ci devono stare». Un concetto, quest'ultimo, che il ministro ha ribadito proprio in apertura dell'incontro romano: «Chiamo le Regioni a un grande lavoro di rigore e serietà» perché «devono capire che è il momento di dare una vera scossa, con impegni chiari e quantificati». Per Lorenzin, d'altronde, «non è vero che dal Servizio sanitario nazionale non si possono recuperare risorse; ci sono ancora margini di efficientamento e si può gestire meglio» e «c'è bisogno di un sistema trasparente per coloro che devono gestire 110 miliardi di euro di fondo sanitario nazionale». «Stiamo lavorando – ha quindi spiegato il ministro – perché non ci siano tagli lineari; questa è una condizione essenziale poiché dobbiamo lavorare con una certezza di budget. Però – ha proseguito – abbiamo sempre detto, come è previsto dalla legge, che il budget del Fondo sanitario nazionale è legato al Pil». Rispondendo quindi a una domanda dei giornalisti su un ipotetico taglio di un miliardo alla sanità nel Documento di economia e finanza in procinto d'essere varato dal Cdm «stiamo facendo il totonumeri ormai da settimane – ha detto – ma non mi risulta». Finché «non ho i numeri del ministero dell'Economia – ha precisato Lorenzin – faccio solo azione preventiva. Il punto è che abbiamo un budget sulla base del tendenziale del Pil, ma cosa diversa sono i tagli lineari». Nell'attesa che tutto ciò trovi conferma nei documenti che vedranno la luce, la kermesse romana ha visto la partecipazione di decine e decine di relatori, italiani e stranieri, a diverso titolo nell'orbita della sanità. Sbloccare le assunzioni per rianimare la sanità. In questo affollatissimo parterre, anche gli infermieri hanno fatto sentire la propria voce. Con un monito, quello di Gennaro Rocco, vicepresidente della Federazione Ipasvi: «Non può esserci salute senza infermieri. Perciò il Governo giochi subito tre carte: sblocco del turn over, adeguamento degli organici, sviluppo della sanità territoriale» ha detto Rocco nel suo intervento alla tavola rotonda sul ruolo e il futuro delle professioni sanitarie. Il presidente del Collegio Ipasvi di Roma ha insistito molto sull’evoluzione dei bisogni di cura e di assistenza legata all’invecchiamento della popolazione, con un numero crescente di pazienti affetti da multipatologie che necessitano di cure sempre più complesse. Riaffermando il ruolo centrale ed esclusivo dell’infermiere nella presa in carico della persona malata, Rocco ha tra l'altro chiesto al ministro Lorenzin di assumere impegni precisi per un deciso cambio di passo del Governo sulla grave emergenza degli organici infermieristici. «Non è più rinviabile – ha sostenuto – il problema dei 70 mila infermieri che mancano nel nostro Paese rispetto alla media Ocse, mentre addirittura abbiamo 30 mila colleghi disoccupati». Un paradosso, ha aggiunto, che si verifica «non perché manchino le possibilità di lavoro per questi professionisti, di cui anzi ci sarebbe un gran bisogno, ma per gli effetti di politiche miopi troppo concentrate sul taglio dei costi. Serve invece un piano di riorganizzazione serio delle cure e dell’assistenza sul territorio capace di abbattere il ricorso improprio dei cittadini in ospedale che oggi aumenta enormemente i costi. E senza infermieri – ha concluso Rocco – questo non si può fare». ! LA PRESSIONE? MEGLIO CHE LA MISURI L'INFERMIERE 28/03/2014 – Uno studio mostra che quando viene misurata da un medico risulta alterata verso l'alto rispetto a quella rilevata da un infermiere. È il fenomeno chiamato “white coat syndrome”, la “sindrome da camice bianco”. E può avere conseguenze negative importanti. Per una misurazione della pressio- IN PRIMO PIANO… ne più accurata e più vicina alla realtà è meglio che sia affidata a un infermiere piuttosto che a un medico. A questo risultato è giunto un ampio studio dell'Università di Exeter, condotto su oltre 10mila persone di dieci Paesi e pubblicato nel British Journal of General Practice. Il fenomeno, come si sa, è quello che si verifica quando un paziente viene preso dall'ansia quando a misurargli la pressione è un medico, che così può trovarsi di fronte a un valore superiore a quello che sarebbe “normale”. E che magari, proprio sulla base di questa misurazione che non sa essere alterata, decide anche di somministrare al paziente un farmaco del quale non avrebbe bisogno. Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori dell'Ateneo britannico hanno “semplicemente” messo a confronto le misurazioni su 1.019 persone rilevate nella stessa seduta da medici e infermieri, scoprendo che i valori pressori erano più alti quando registrati dai primi rispetto ai secondi. Studi precedenti, osservano i ricercatori britannici, avevano già evidenziato che l'ansia determinata dalla misurazione della pressione da parte dei medici poteva a sua volta provocare un innalzamento dei valori. Questa però è la prima volta che si dimostra che l'innalzamento della pressione è causato dai medici ma non dagli infermieri. E in misura anche piuttosto significativa. Tanto da indurre il medico a sottoporre la persona a una terapia farmacologica, magari per tutta la vita, della quale non avrebbe invece alcun bisogno. Ecco perché «i medici dovrebbero continuare a misurare la pressione come parte della valutazione di un paziente o di una routine di checkup – ha detto il coordinatore dello studio, Christopher Clark – ma non quando la decisione clinica sul trattamento della pressione arteriosa dipenderà dal risultato. La differenza che abbiamo notato – ha precisato – è sufficiente per far superare in alcuni pazienti la soglia per il trattamento dell'ipertensione. E l'impiego di farmaci inutili può portare a effetti collaterali indesiderati». Senza contare che ad alcuni pazienti potrebbe essere chiesto di continuare a misurare la propria pressione a casa, senza che ce ne sia reale necessità, ma alimentan- anno XXV n. 1 - Giugno 2014 done l'ansia. «Queste misure inappropriate – ha aggiunto Clark – potrebbero essere evitate semplicemente affidando la misurazione a qualcuno che non sia un medico». Si stima che nel Regno Unito 12 milioni di persone abbiano la pressione alta (5,7 milioni dei quali non diagnosticata) e che il costo dei soli farmaci a carico del sistema sanitario pubblico britannico sia intorno al miliardo di sterline l'anno. ! IL BUSINESS DEI FARMACI RUBATI 21/03/2014 – Negli ultimi anni sono aumentati i furti negli ospedali e i danni ammontano a milioni di euro. Uno studio del centro Transcrime della Cattolica di Milano e dell’Università di Trento. Negli ultimi sette anni, tra il 2006 e il 2013, un ospedale italiano su dieci è stato vittima di almeno un furto di farmaci e, in media, ha subito danni per 330 mila euro. Sono due dati tratti dallo studio The theft of medicines from Italian hospitals del centro Transcrime di Università Cattolica di Milano e Università di Trento (www.transcrime.it), pubblicato on line lunedì 17 marzo. Per realizzarlo gli autori (Michele Riccardi, Marco Dugato e Marcello Polizzotti) hanno analizzato 68 casi di furto di medicinali riportati negli ultimi sette anni dai giornali italiani. Il picco è stato registrato proprio nell’anno appena concluso (ben 51 casi), che ha portato a una perdita totale valutata in almeno 18,7 milioni di euro. Sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma Campania e Puglia sono le Regioni più colpite, con il 45% dei casi totali (rispettivamente 17 e 14 furti). Al Centro-Nord le Regioni più colpite sono il Lazio (con 6 furti), Lombardia (5) e Friuli Venezia Giulia (3). Ad analizzare nel dettaglio la media (un ospedale su dieci, appunto), si osserva però quanto significative siano le differenze regionali. Per esempio, in Molise si registrano addirittura sette furti ogni dieci ospedali, in Puglia 3,8 e in Campania 3,1. Al Nord, invece, il tasso più alto è appannaggio del Friuli Venezia Giulia (2 furti ogni 10 ospedali). Più colpiti sono gli ospedali di dimensioni maggiori (soprattutto 5 quelli che hanno più di 800 posti letto) e con un maggior numero di discipline: il Federico ll di Napoli, in cima alla “classifica” ha subito cinque furti subiti e tre il Cardarelli di Campobasso. I farmaci preferiti dai criminali sono quelli più costosi, a cominciare dagli antitumorali (32 furti su 68), seguiti dagli immunosoppressori (13 casi) e dagli antireumatici (12). Secondo i ricercatori, la destinazione di medicinali rubati sono i mercati illegali in Italia o all’estero, anche se non si può escludere che vengano “ripuliti” attraverso società registrate all'estero e poi rientrino in Italia nel mercato legale parallelo per essere esportati in Paesi dove i margini di profitto sono più alti (come nel Nord Europa) oppure rivenduti di nuovo a grossisti e broker farmaceutici italiani. Geografia, tipologia e modalità dei furti e della ricettazione, secondo lo studio, confermano l’ipotesi che possa essere coinvolta la criminalità organizzata, sia italiana di stampo mafioso (in particolare la camorra) sia straniera (soprattutto dell’Est Europa), capace anche «di corrompere o intimidire il personale ospedaliero per accedere ai depositi farmaceutici». Il fenomeno criminale appare «in rapida espansione», sottolineano gli autori dello studio, anche se è spesso ignorata o sottovalutata. E oltretutto, avvertono gli autori, l'alta profittabilità e i rischi relativamente bassi «potrebbero convincere alcuni gruppi criminali ad abbandonare attività illecite più rischiose per dedicarsi a questo nuovo, e più lucroso, mercato illegale». ! CAMBIA LA DISCIPLINA DI STUPEFACENTI E SOSTANZE PSICOTROPE 17/03/2014 – Un decreto legge del Governo modifica inoltre la regolamentazione della prevenzione, cura e riabilitazione delle relative dipendenze. Nel provvedimento anche un intervento sulle procedure per l’impiego off label dei farmaci. La recente pronuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittime le modifiche introdotte in sede di conversione al decreto 6 IN PRIMO PIANO… anno XXV n. 1 - Giugno 2014 272/2005 (la cosiddetta Fini-Giovanardi sulle droghe) perchè trattano «fattispecie diverse per materia e per finalità», con una «evidente estraneità» rispetto ai contenuti del provvedimento originario, ha di fatto obbligato il Governo a intervenire urgentemente sulla materia. Il Consiglio dei ministri di venerdì 14 marzo ha così approvato un decreto legge in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. La declaratoria di illegittimità costituzionale del 12 febbraio scorso, precisa una nota del Governo, ha determinato l’effetto di escludere dalla vigilanza del ministero della Salute tutte le sostanze sottoposte a controllo in attuazione di convenzioni internazionali e le sostanze psicoattive introdotte sulla base delle nuove acquisizioni scientifiche negli ultimi anni. Di conseguenza si era creato un vuoto normativo che il decreto (il cui testo non è ancora disponibile, ndr) intende colmare per assicurare la tutela della salute dei pazienti e la certezza delle regole per tutti gli operatori sanitari coinvolti, garantendo, inoltre, «la continuità e la funzionalità dell’assetto autorizzativo, distributivo e di dispensazione di medicinali consolidato sulla base della disciplina dichiarata illegittima, in un quadro di certezza giuridica rinnovato». Le disposizioni penali e la configurazione dei reati vengono tuttavia rinviate a un approfondimento in sede interministeriale e parlamentare. Il decreto prevede inoltre un intervento sui farmaci da utilizzare off label, con l’intenzione di semplificare le procedure per l’utilizzazione a carico del Ssn di farmaci meno costosi che però abbiano un’efficacia terapeutica equivalente a quella di altri farmaci, più costosi, per cui vi è l’autorizzazione dell’Aifa. Con questa procedura potranno essere avviate anche d’ufficio le sperimentazioni su questi farmaci «ogni qualvolta – spiega la nota di Palazzo Chigi – sussista un interesse pubblico al loro utilizzo. Ciò a tutela della salute dei pazienti e, nel contempo, della finanza pubblica». ! LO STETOSCOPIO VEICOLO DI INFEZIONE? 06/03/2014 – Anche lo strumento utile ad auscultare cuore e polmoni può diventare veicolo di infezione. Andrebbe infatti sterilizzato dopo ciascun utilizzo. Uno studio, pubblicato sul numero di marzo di Mayo Clinic Proceedings, guidato da Didier Pittet, direttore del Programma di controllo delle infezioni dell'Ospedale universitario di Ginevra, ha incriminato gli stetoscopi come importanti veicoli di batteri. Ad allungare l'elenco degli oggetti inaspettati portatori di germi e batteri, quindi, arriva anche lo strumento che serve per auscultare cuore e polmoni e che viene utilizzato durante ogni visita medica. In effetti, gli stetoscopi vengono utilizzati ripetutamente ogni giorno ed entrano a contatto diretto con la pelle del malato che può essere sede di diverse migliaia di batteri: per questo, vanno considerati vettori potenzialmente significativi di trasmissione e vanno disinfettati dopo il contatto con ciascun paziente. Lo studio, condotto su 71 pazienti sottoposti a visita da parte di medici che utilizzavano guanti e stetoscopi sterili: dopo ciascuna visita, guanti e stetoscopi sono stati sottoposti ad analisi per rilevare il livello dei batteri presenti. Nello stetoscopio, le parti in cui c'era maggiore presenza di germi erano il diaframma (la membrana che rende possibile l'auscultazione) e il tubo; il primo, in particolare, risultava contaminato quanto la punta delle dita delle mani dei medici (generalmente, la parte più densamente ricoperta di batteri). Questo lavoro svizzero è il primo a confrontare direttamente il livello di contaminazione batterica presente sulle mani dei medici e sugli stetoscopi, pertanto gli operatori sanitari devono essere consapevoli della necessità di disinfettare lo stetoscopio dopo ogni utilizzo. ! APPREZZABILE LA DICHIARAZIONE DEL MINISTRO LORENZIN A UNOMATTINA: "OCCORRONO PIÙ INFERMIERI SUL TERRITORIO" 12/02/2014 – Il commento della presidente della Federazione Ipasvi, Annalisa Silvestro: "Evidentemente non è più eludibile la necessità di affrontare i nuovi nodi problematici rappresentati dall'evoluzione dei bisogni di salute che la nostra popolazione evidenzia". "Evidentemente non è più eludibile la necessità di affrontare i nuovi nodi problematici rappresentati dall'evoluzione dei bisogni di salute che la nostra popolazione evidenzia ed è altrettanto evidentente la presa d'atto delle potenzialità che gli infermieri esprimono rispetto a queste problematiche e che ancora di più potranno esprimere nel prossimo futuro". Così la presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, la senatrice Annalisa Silvestro, commenta le dichiarazioni rese stamattina alla trasmissione Rai Unomattina dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, circa le prospettive professionali degli infermieri italiani e degli studenti di Infermieristica. "Le figure professionali della sanità – ha detto il Ministro – devono essere programmate secondo le necessità: penso al tasso demografico, che ci porterà ad avere ua popolazione più anziana e quindi la necessità di più assistenza domiciliare, con un maggior numero di infermieri sul territorio". "Una buona programmazione – ha aggiunto Lorenzin – porterà anche una riduzione di costi, dal momento che un posto letto in ospedale costa dai 2.000 ai 6.000 euro, mentre l'assistenza a casa, dai 200 agli 800 euro". Il ministro ha spiegato che i tagli devono essere concentrati su capitoli precisi: contratti di appalto, rifiuti ospedalieri, costi energetici. Insomma, non sulle necessità del paziente, nè tantomeno sulla pelle dei professionsti sanitari. La rubrica “IN PRIMO PIANO” è stata curata per la Commissione Comunicazione da Andrea Menegatti - CPSE Infermiere - Oncoematologia Degenza, Azienda Ospedaliero Universitaria “Sant’Anna” di Cona. IN PRIMO PIANO COLLEGIO anno XXV n. 1 - Giugno 2014 7 Elezioni 2014 rinnovo organi IPASVIFE PRIMO ANNUNCIO Il 17 - 18 e 19 ottobre si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo e del Collegio dei Revisori dei Conti dell’IPASVIFE presso Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna, Via Aldo Moro 8, Cona (nelle vicinanze dell’Aula Magna dell’ospedale). In tale occasione stiamo organizzando alcuni eventi formativi dei quali Vi diamo anticipazione. Malpractice e responsabilità professionale: analisi della casistica italiana Ferrara 17 ottobre 2014 ore 8,30-13,00 AULA MAGNA Azienda Ospedaliero Universitaria Sant’Anna Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara) CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti Relatore: Luca Benci: Giurista, direttore della rivista di diritto delle professioni sanitarie (lauri editore) dal 1998 al 2004. PRIMARY NURSING Le coordinate concettuali e l’applicazione pratica (ovvero il parere dei professionisti che lo hanno applicato) La responsabilità giuridica dell’infermiere nel dipartimento di emergenza e nell’assistenza domiciliare Ferrara 17 ottobre 2014 ore 14,00-18,30 AULA MAGNA Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara) CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti Relatore: Luca Benci: Giurista, direttore della rivista di diritto delle professioni sanitarie (lauri editore) dal 1998 al 2004. Il viaggio della professione infermieristica: verso quali mete? Ferrara 18 ottobre 2014 ore 8,30-13,15 AULA MAGNA Incontro con la Presidente della Federazione Nazionale IPASVI Annalisa Silvestro Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna Via Aldo Moro 8, Cona (Ferrara) Ferrara 18 ottobre 2014 ore 14,00-18,00 AULA MAGNA CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti Relatori e Moderatori: Loredana Gamberoni: Consigliere Collegio Ipasvi di Ferrara - Barbara Caselli: Direttore servizio professioni sanitarie ASL di Ferrara Antonella Croso: Direttore delle professioni sanitarie ASL di Biella - Chiara Pignolo: Coordinatore infermieristico Ospedale degli Infermi di Biella Azienda Ospedaliero - Universitaria Sant’Anna CORSO ACCREDITATO ECM per 200 iscritti NOTA BENE: SI RICORDA CHE L’ISCRIZIONE AL SEMINARIO VIENE EFFETTUATA SOLO ON LINE SUL SITO WWW.IPASVIFE.IT, SI PREGA DI SEGUIRE L’ISTRUZIONE OPERATIVA SPECIFICA. LE ISCRIZIONI SONO APERTE DAL 1 settembre al 10 ottobre 2014. 8 ARTICOLI ORIGINALI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 “La qualità del triage nell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara” di Michela Lonardi, CPSI, Infermiera Pronto Soccorso Generale di Ferrara INTRODUZIONE IL SISTEMA SANITARIO EMERGENZA-URGENZA IN ITALIA UNO SGUARDO COMPLESSIVO Il sistema di emergenza – urgenza sanitaria costituisce un punto nodale del servizio Sanitario Nazionale (SSN) in quanto attraverso le sue componenti si realizza quel rapporto tra l’ospedale e il territorio che consente di affrontare gli eventi sanitari che necessitano di un ricorso immediato alle cure mediche. Esso svolge, pertanto un ruolo fondamentale nell’ambito del servizio sanitario pubblico, rispondendo da un lato all’immediato bisogno di assistenza sanitaria della popolazione, dall’altro ponendosi come un importante filtro ai ricoveri ospedalieri si configura come una delle più importanti variabili sulle quali è misurata la qualità dell’intero servizio sanitario. È un sistema che possiamo definire composito per la complessità delle prestazioni sanitarie e delle competenze specialistiche, per la molteplicità delle figure professionali e tecnico – sanitarie che vi operano, per la varietà dei processi e dei risultati. Il Pronto Soccorso (PS)/Dea opera nella fase di “risposta” per garantire l’assistenza necessaria attraverso l’inquadramento diagnostico del paziente, l’adozione di provvedimenti terapeutici adeguati, l’osservazione clinica, l’eventuale ricovero del paziente. Nella fase di risposta la rete dei servizi e dei presidi ospedalieri, funzionalmente differenziati e gerarchicamente organizzati, è rappresentata da Ospedali sede del PS, ospedali sede di Dea I livello, strutture convenzionate. Il sistema però, nonostante l’impor- tanza del ruolo svolto e delle cospicue risorse utilizzate in termini di uomini e mezzi, si presenta ancora frazionato nei singoli ambienti regionali e spesso risulta utilizzato in modo non appropriato come l’utilizzo improprio dei vari PS. Basti pensare come, nel corso degli anni, la numerosità degli accessi in Pronto Soccorso sia progressivamente aumentata (380 accessi al PS per 1000 ab.) determinando spesso situazioni di sovraffollamento delle strutture e disagi per gli utenti1. Le cause di eccessivo ricorso del cittadino in PS sono dovute: · al crescente bisogno di ottenere dal servizio pubblico una risposta ad esigenze urgenti o comunque percepite come tali; · alla convinzione di ottenere un inquadramento clinico terapeutico migliore in tempi brevi; · al ruolo di rete di sicurezza rappresentato dal PS; · alla non conoscenza del compito affidato ai servizi di emergenzaurgenza. · al modello organizzativo della medicina territoriale non sempre adeguato alle esigenze del cittadino. Questo determina lunghe attese per i cittadini, elevata pressione sul personale sanitario, disagi e difficoltà nello svolgimento di attività sui pazienti a maggiore criticità, incremento rilevante dei costi. L’AUDIT CLINICO “L’AUDIT CLINICO è un processo di miglioramento della qualità, che cerca di migliorare l’assistenza al paziente e gli esiti, attraverso una revisione sistematica dell’assistenza rispetto a criteri precisi, e la realiz- zazione del cambiamento. L’obiettivo è di effettuare una misurazione della pratica assistenziale in riferimento ad una serie di standard. A differenza dell’attività di ricerca in cui si pone la domanda, “qual è la cosa giusta da fare?, in un audit clinico ci si chiede: “stiamo facendo la cosa giusta nel modo giusto? L’audit clinico è parte del governo Clinico, il cui obiettivo è di assicurare che i pazienti ricevano la migliore qualità delle cure. Il Governo clinico viene sovente definito in riferimento al concetto di accountability delle organizzazioni appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale rispetto al miglioramento continuo della qualità dei servizi che erogano e al mantenimento di elevati standard di assistenza. GLI AUDIT CLINICI DEL PRONTO SOCCORSO GENERALE ARCISPEDALE OSPEDALIERO-UNIVERSITARIO SANT’ANNA di FERRARA In quest’ottica sanitaria complessa, dove i colleghi triagisti, ogni giorno sono a fronteggiare lamentele continue nell’area triage, segnalazioni/minacce da parte del cittadino aggressivo ed arrabbiato per tempi di attesa sempre più lunghi, dove il sovraffollamento aumenta la tensione del professionista mettendo a rischio l’operato dello stesso, aumentando la pressione lavorativa; il personale del Pronto Soccorso Generale dell’Azienda Ospedale Universitaria Sant’Anna di Ferrara si è interrogato se il proprio operare verso il cittadino rispetta le linee guida del triage create dal Gruppo Formazione Triage (GFT Linee Guida 2010) e se sta erogando prestazioni in modo coerente con la buo- 1 Angela Pannuccio, Direzione Generale Programmazione Sanitaria, Ministero della salute “Sistema di emergenza-urgenza: appropriatezza nell’utilizzo dei servizi sanitari di primo contatto” AGENAS. ARTICOLI ORIGINALI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 na pratica, salvaguardando la qualità dell’assistenza attraverso la realizzazione di due audit clinici. L’aumento degli accessi in PSG dell’azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara negli ultimi anni ha portato un gruppo di infermieri ad interrogarsi sull’operato che riguarda la fase di valutazione del paziente in area triage (codici colori), in quanto i tempi di valutazione per ogni paziente sono notevolmente diminuiti e i servizi denominati “no core” del triage aumentati. 1. AUDIT CLINICO ANNO 2010/11: VALUTAZIONE DELL’APPLICAZIONE DEL CODICE COLORE GIALLO; OMOGENEO E COERENTE CON LE LINEE GUIDA GPG/2010/1297 APPROVATO DALLA GIUNTA REGIONALE EMILIA ROMAGNA IL 26/07/2010 Il primo AUDIT CLINICO iniziato nel 2010 e concluso nel 2011 è stato ideato da un gruppo di infermieri e medici che lavorano in PSG, formato da Michela Lonardi, Angelo Lenzi, Elena Migliari, Beatrice Boschini e Renzo Cattani con la supervisione del Dott. Ulrich Wienand responsabile Accreditation Quality Research Innovation Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Dott. Roberto Melandri Direttore Unità Operativa semplice Pronto Soccorso Generale e da Maria Flavia Colombi Posizione Organizzativa Area di Emergenza. Il tema professionale: · riguarda l’ambito clinico/assistenziale. L’obiettivo: · è quello di valutare l’APPROPRIATEZZA del codice GIALLO attribuita dall’infermiere triagista. I criteri di valutazione: · tutti i pazienti a cui è stata attribuita una codifica “GIALLO” devono possedere uno dei parametri definiti dalle Linee Guida GFT del 2009 riguardanti i segni e i sintomi evidenziati. Gli strumenti: · foglio Excel, analisi delle pratiche cartacee archiviate, analisi dei dati attraverso database SAP. 9 al quale è stato attribuito il codice colore GIALLO dal CPSI Triagista. Tipo di studio: studio retrospettivo Fonte dei dati, per il numeratore e per il denominatore: - Attraverso l’analisi della Banca Dati 2010 forniti da SAP aventi come criterio di inclusione i codici di colore GIALLO; - Attraverso l’analisi cartacea di tutte le pratiche archiviate (previa autorizzazione). Il giudizio espresso sull’aderenza dei risultati osservati sarà in percentuale. Fonte Bibliografiche o documentale del criterio: · Linea guida per la corretta effettuazione del triage nei Pronto Soccorso dell’Emilia Romagna; · codice documento GPG/2010/1297 approvato dalla Giunta Regionale Emilia Romagna il 26/07/2010. · Ministero Della Sanità; Linee Guida per il Sistema di Emergenza Urgenza sanitaria In applicazione del DPR 27/03/92. · Atto di Intesa tra Stato e regione (G.U. 17/05/96) Funzioni di Triage: all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di triage, come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità di intervento. Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio. ESISTE APPROPRIATEZZA ALL’ATTRIBUZIONE DEL CODICE GIALLO AL TRIAGE Indicatore: · Numeratore: N di codici con colore GIALLO aventi i criteri definiti dalla Linea Guida GPG/2010/1297 approvata dalla Giunta Regionale Emilia Romagna il 26/07/2010. · Denominatore: N di codici con colore GIALLO negli ultimi 6 mesi (aprile, maggio, giugno, luglio, agosto e settembre anno 2010). Per il 13,6% mancano caratteristiche per poter definire con parametri chiari se la codifica è adeguata. Consigli per il miglioramento: · Mettere a conoscenza i CPSI Triagisti, rispetto alle Linee Guida del GFT 2010; · Dare maggior valore alla terminologia utilizzata e ai parametri da rilevare. Standard (=”target” valore soglia) in letteratura: · Standard: 80% (standard concordato) inoltre valutazione di quanti sono gli overtriage e gli under triage. PUNTO B Non perfetta sovrapposizione fra i sintomi programma SAP utilizzato dal PSG di Ferrara e i sintomi GFT: · nella lista SAP un numero considerevole di sintomi non trovano la corrispondenza fra le indicazioni del GFT; · nella lista di sintomi usati nella li- Popolazione dello studio: Pazienti giunti in Pronto Soccorso CONCLUSIONI Su 252 schede valutate, la N° 69 non è da considerare perché codice verde mentre un’altra scheda era doppia. Perciò il totale è di 250. PUNTO A Dalla valutazione delle schede campione è emerso che il target dell’80% è raggiunto, la codifica definibile con codice giallo in effetti raggiunge l’83,2%. TABELLA 1 TOTALE GIALLO MANCANO CARATTERISTICHE 250 100% 208 83,2% 34 13,6% VERDE ROSSO 7 2,8% 1 0,4% 10 ARTICOLI ORIGINALI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 del DPR 27/03/92. · Atto di Intesa tra Stato e regione (G.U. 17/05/96) Funzioni di Triage: all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di triage, come primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti in base a criteri definiti che consentono di stabilire le priorità di intervento. Tale funzione è svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio. GRAFICO 3 sta GFT è presente la condizione paziente anziano, in cui vengono descritti diversi sintomi, già presenti singolarmente nella lista GFT; · il sintomo ALTRO (vie utilizzato troppo spesso per la fretta). PUNTO C Non viene tenuto in considerazione in questo studio l’orario di entrata in ambulatorio molte volte la codifica avviene molto velocemente quasi un inserimento dati senza una completa valutazione perché i pazienti vengono portati direttamente in ambulatorio dal medico del 118 o perché in attesa non c’è nessuno come in certi orari della notte. 2. AUDIT CLINICO ANNO 2012/13: CONGRUENZA di ATTRIBUZIONE CODICE COLORE NELL’ATTIVITA’ di TRIAGE PER IL SINTOMO PRINCIPALE DOLORE TORACICO Il secondo AUDIT CLINICO iniziato nel 2012 e concluso nel dicembre 2013 è stato ideato da un gruppo di infermieri e medici che lavorano in PSG, formato da Michela Lonardi, Anna Ferrozzi, Elena Migliari e Paolo Bertolazzi con la supervisione del Dott. Ulrich Wienand responsabile Accreditation Quality Research Innovation Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Dott. Roberto Melandri Direttore Unità Operativa semplice Pronto Soccorso Generale e da Catia Crepaldi Posizione Organizzativa Area di Emergenza. Il tema professionale · riguarda l’ambito clinico/assistenziale. L’obiettivo · Valutare l’applicazione del codice colore attribuito al Triage, per il sintomo principale DOLORE TORACICO, omogeneo e coerente con le Linee Guida GPG/2010/1297 approvata dalla Giunta Regionale Emilia Romagna il 26/07/2010 e con le Linee Guida 2010 GFT; · Attuare modifiche idonee all’attribuzione di codice colore in uscita che attualmente è rappresentato dagli stessi colori (rosso, giallo, verde, bianco) analoghi a quelli assegnati con TUTT’ALTRA FINALITÀ dall’infermiere triagista come del resto la Linea guida GPG/2010/1297 propone. I criteri di valutazione: · tutti i pazienti che si sono presentati in Pronto soccorso con il sintomo DOLORE TORACICO Gli strumenti: foglio Excel, analisi delle pratiche cartacee archiviate, analisi dei dati attraverso database SAP. Fonte Bibliografiche o documentale del criterio: · Linea guida per la corretta effettuazione del triage nei Pronto Soccorso dell’Emilia Romagna; codice documento GPG/2010/1297 approvato dalla Giunta Regionale Emilia Romagna il 26/07/2010. · Ministero Della Sanità; Linee Guida per il Sistema di Emergenza Urgenza sanitaria In applicazione Indicatore: · Numeratore: N di codici con colore aventi i criteri definiti dalla Linea Guida GFT 2010 sintomo principale DOLORE TORACICO. · Denominatore: N di codici con colore con il sintomo DOLORE TORACICO nel mese di MARZO 2012. Standard (=”target” valore soglia) in letteratura: - Standard: 80% (standard concordato) inoltre valutazione di quanti sono gli overtriage e gli under triage. Popolazione dello studio: - Pazienti giunti in Pronto Soccorso con il sintomo DOLORE TORACICO. Tipo di studio: studio retrospettivo Fonte dei dati, per il numeratore e per il denominatore: - Attraverso l’analisi della Banca Dati 2010 forniti da SAP aventi come criterio di inclusione DOLORE TORACICO; - Attraverso l’analisi cartacea di tutte le pratiche archiviate (previa autorizzazione). Il giudizio espresso sull’aderenza dei risultati osservati sarà in percentuale. CONCLUSIONI Totale schede analizzate 213. Schede escluse per inappropriatezza del contenuto sono 8. Schede doppie (escluse) 5. Schede valide per lo studio 200. VALUTAZIONE 1. Dopo la verifica delle schede si è evidenziato che la corrispondenza tra la valutazione in Triage e le linee guida Regionali più ARTICOLI ORIGINALI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 11 TABELLA 2 Valutazione iniziale BIANCO TF VERDE TF GIALLO TF ROSSO TF TOTALE BIANCO GFT 0 0 0 0 0 VERDE GFT 1 66 17 0 84 GIALLO GFT 0 5 87 3 95 ROSSO GFT 0 1 4 16 21 TOTALE 1 72 108 19 200 (GFT = Gruppo Formazione Triage) (TF = Triage Ferrara) TOTALE SCHEDE APPROPRIATE SCALA DEL DOLORE APPROPRIATE NON APPROPRIATE 85% 15% OVER / UNDER TRIAGE Scala del dolore non congrua con il codice colore 79,8 Scala del dolore congrua con il codice colore 29,3% TEMPO MEDIO di ATTESA DEL CODICE GIALLO IN SALA D’ATTESA TEMPO MEDIO UGUALE O MAGGIORE D’ATTESA DI TRE ORE 19 minuti 2. 3. 4. 5. 6. GFT è stato raggiunto con l’85%; IL TRIAGE PER IL DOLORE TORACICO È APPROPRIATO. Su tutti i pazienti valutati al triage è stato eseguito un ECG nei tempi consigliati dalle suddette Linee guida. Percentuale di over triage corrisponde al 10% delle schede totali. Percentuale di under triage corrisponde al 5% delle schede totali. La corrispondenza tra codici gialli e un adeguata valutazione della scala del dolore è presente solamente in un limitato numero di casi. Rilevazione parametri dopo l’a- 5 casi FINO A DUE ORE 15 casi nalisi delle schede si evince che circa nel 50% dei casi erano incomplete. 7. Tempi di attesa dei codici gialli equivalgono ad una media di 19 MINUTI. Toracico” del GFT; 5. implementazione della rivalutazione della sala di attesa; 6. incontro con il personale medico e non medico per analizzare i casi rilevati pericolosi. AZIONI di MIGLIORAMENTO 1. Introduzione di una scheda diversa formata da colori per l’identificazione del NHS; 2. introduzione della valutazione del dolore toracico con il CPS (Chest Pain Score); 3. introduzione della scheda del dolore toracico del GFT plastificata; 4. confrontare il percorso “Dolore toracico” con la scheda “Dolore L’obiettivo: Attuare modifiche idonee all’attribuzione di codice colore in uscita che attualmente è rappresentato dagli stessi colori (rosso, giallo, verde, bianco) analoghi a quelli assegnati con TUTT’ALTRA FINALITÀ dall’infermiere triagista come del resto la Linea guida GPG/2010/1297 propone. NON È STATO RAGGIUNTO 12 ARTICOLI ORIGINALI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 L’infermiere forense verso il futuro Stefania Pecorelli, CPSI Dialisi, Ospedale Civile di Budrio AUSL BO, Master in Infermieristica ed Ostetricia legale e forense Francesca Bonetti, CPSI Rianimazione Ospedale Maggiore AUSL BO, Master in Infermieristica ed Ostetricia legale e forense Milena Scolavino, CPSI Rianimazione/118 Elisoccorso - AUSL BO - Master in Infermieristica legale e forense L’infermiere legale e forense è un professionista specializzato nella valutazione degli aspetti giuridici che riguardano l’esercizio dell’attività infermieristica. Egli studia ed analizza gli aspetti sanitari, legali e forensi della professione, rilevandone i confini, le competenze e profili di responsabilità professionale; promuove altresì lo sviluppo della professione e dell’inserimento della figura dell’infermiere in ambito giudiziario quale consulente tecnico specializzato. 1996 – L’American Forensic Nurse, riconosciuta nel 1996 dall’American Association of Nurses, definisce “l’infermiere forense come un infermiere con formazione specializzata nella raccolta di prove forensi ed esperto in procedure penali, un collegamento quindi tra la professione medica e quella del sistema di giustizia penale.” L’infermieristica forense è una delle più recenti forme di scienze forensi riconosciute dall’American Nurses Association. Il nuovo campo unisce la professione sanitaria con il sistema giudiziario. 1998 – International Association of Forensic Nurses (IAFN), definisce la professione di infermiere legale e forense come: “la professione di infermiere legale consiste nella’applicazione delle conoscenze infermieristiche alle procedure pubbliche o giudiziarie: consiste inoltre nell’applicazione di procedimenti propri della medicina legale, in combinazione con una preparazione biopsico-sociale dell’infermiere diplomato, nel campo dell’indagine scientifica, del trattamento di casi di lesione e/o decesso di vittime di abusi, violenza, attività delinquenziale ed incidenti traumatici”. 2006 – La situazione si presenta molto differente in Italia dove l’infermiere legale e forense vede la sua prima comparsa molti anni più tardi con la nascita dei Master in Infermieristica e Ostetricia legale e forense, presso le Università del nostro paese. Il profilo che viene delineato dal master riconosce l’infermiere forense un professionista con competenze specialistiche nel campo della responsabilità professionale, anche in funzione di consulente nei diversi ambiti del contenzioso in base alle funzioni specifiche dell’infermiere (prevenzionediagnosi precoce, educazione alla salute, assistenza, educazione terapeutica, gestione, formazione, consulenza e ricerca) ed in riferimento alla normativa vigente (Direttiva CEE 453/77, D.Lgs. 353/94, D.M. 739/94, D.M. 740/94, D.M.70/97, Lg42/99, Lg 251/2000). È evidente che dall’abrogazione del mansionario (L. 42/’99) che sanciva i limiti della professione e la poneva come vicaria a quella medica, la professione infermieristica ha assunto sempre più un carattere autonomo. Le Organizzazioni sanitarie, le leggi ed i contratti sottolineano sempre di più l’autonomia degli infermieri e chiedono maggiori responsabilità nell’agire quotidiano; si assiste inoltre ad un notevole incremento dell’importanza delle pratiche assistenziali determinate da basi scientifiche (EBN = Evidence Based Nursing). Tale richiesta di maggior responsabilità e competenze ha portato alla nascita di queste nuove figure professionali sempre più specializzate nei vari settori assistenziali: una di queste è relativa ad una nuova branca della disciplina infermieristica, ovvero quella dell'infermieristica forense intesa come l'applicazione degli aspetti legali e forensi all'assistenza sanitaria ai fini dell'investigazione scientifica e del trattamento dei traumi correlati alle violenze ed agli abusi. Al termine del percorso formativo post-base l’infermiere ha conoscenze ap- profondite inerenti il diritto, la medicina legale, la psichiatria forense, la criminologia, le tematiche relative alle violenze ed in particolare competenze in ambito di clinical risk management, medicina sociale, etica, counselling, bioetica, biodiritto ed emergenze in campo umanitario. Nella sfera della criminologia, l’infermiere forense può intervenire nell’ambito di alcuni reati particolari, quali ad esempio gli omicidi, le violenze sessuali, le lesioni personali, i maltrattamenti ed i casi di morti sospette. Può interagire e collaborare con l’Autorità giudiziaria e con altri esperti e/o periti. L’approfondimento e lo studio di queste materie permette di acquisire consapevolezza per poter gestire quelle situazioni che, al momento, sono gestite inconsapevolmente nella quotidianità dell’attività professionale, ad esempio nelle realtà del pronto soccorso, ove frequentemente pervengono vittime di trauma o di violenza da parte di terzi, o ancora più semplicemente, in ogni unità operativa nelle quali non vi è un monitoraggio con valutazione appropriata di quelli che sono i fattori di rischio per gli avventi avversi. Tale specifica formazione diviene altresì importante nell’erogazione di servizi di consulenza, ad esempio nell’ambito della valutazione dei profili di responsabilità professionale, a studi legali, associazioni sindacali o professionali infermieristiche, oppure ancora quali periti/CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) o CTP (Consulente Tecnico di Parte) in ambito giudiziario. A tal proposito si segnala che sono già stati istituiti albi specifici per infermiere legale e forense presso i Tribunali di Genova,Teramo, Siracusa, Catania, Padova, Messina, Rovereto. L’infermiere legale e forense può altresì fornire un contributo utile all’Autorità giudiziaria in merito alla ARTICOLI ORIGINALI rilevazione di elementi probatori utili in occasione di alcuni eventi traumatici, di situazioni di morte sospetta o di altre fattispecie di reato particolarmente violente, come ad esempio le ipotesi di abuso, violenza, mobbing, stalking e nursing malpractice. Considerando che il contenzioso socio – sanitario è ad oggi decisamente in aumento, anche in Italia si è cominciato a monitorare il fenomeno; paesi quali l’America e la Gran Bretagna sono intervenuti da anni sul problema di quella che viene definita “malpractice”, creando una vera e propria rete di collegamento e comunicazione tra tutte le persone coinvolte nel contenzioso ed una attenta valutazione e studio dell‘ “errore“. I dati presenti in letteratura evidenziano che l’errore si verifica per negligenza, imperizia, inosservanza delle leggi, scarsa comunicazione ecc. e si verifica a causa di stress, eccessivo carico di lavoro, inadeguatezza tecnologica e strumentale, assenza di supervisione ecc.: essendo quindi anche l’infermiere ad oggi coinvolto in questo processo, egli stesso diviene quindi parte integrante del sistema che si occupa di Clinical Risk Management e, in funzione delle competenze specifiche acquisite, soggetto capace di effettuare verifiche, esprimere pareri e valutazioni in campo di responsabilità professionale, posto che alla competenza pratica aggiunge la conoscenza di norme che disciplinano, nel rispetto dell’ordinamento italiano, l’intera attività infermieristica. In tal senso, per tornare all’aspetto consulenziale dell’infermiere legale e forense, si ricorda che la scelta del perito/ CTU da parte del giudice o del CTP da parte delle parti processuali, viene fatta ogni volta si renda necessario risolvere determinate problematiche, ossia quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Per fare ciò il giudice nomina il perito/CTU, scegliendo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di partico- anno XXV n. 1 - Giugno 2014 lare competenza nella specifica disciplina in questione; ad esso affida il compito di espletare la perizia da solo o con altre persone, a seconda che le indagini e le valutazioni risultino di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline. Il giudice dispone anche di ufficio la perizia con ordinanza motivata, contenente la nomina del perito, la sommaria enunciazione dell’oggetto delle indagini, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo fissati per la comparizione del perito; inoltre dispone la citazione del perito è dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all’esame del perito. Disposta la perizia, nel processo penale, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici (CTP) in numero non superiore per ciascuna parte a quello dei periti. Anche il Pubblico Ministero, qualora volesse procedere ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, ha facoltà di nominare ed avvalersi di consulenti tecnici. L’infermiere legale e forense è una delle ultime “specialità” nel mondo post-laurea della professione infermieristica, che grazie alle sue particolarità e campi d’azione ha riscontrato enorme successo. I campi d’azione dell’ infermiere legale e forense sono molteplici: - nell’ambito giudiziario, in caso di procedimento penale e/o civile, qualora sia necessario valutare, come consulente tecnico del giudice o di parte, l’operato professionale di un collega, la sua responsabilità professionale e l’incidenza dell’errore; per fare ciò, è bene segnalar- 13 lo, è consigliabile aver frequentato un corso di formazione specialistica in ambito peritale, che consenta di comprendere e acquisire i criteri e i metodi per l’adeguata effettuazione di valutazioni cliniche-forensi; - in ambito professionale può fornire, sempre su tematiche d’ordine professionale, consulenze a studi legali, sindacati ed associazioni professionali ed effettuare valutazioni in tema di documentazione sanitaria; - può dedicarsi alla formazione, allo studio e alla ricerca, e istituire corsi di educazione sanitaria, in collaborazione con altri professionisti, su argomenti a tutela della salute, con particolare interesse al mondo della scuola per prevenire il bullismo, gli abusi e le violenze sessuali sui minorenni, prevenire l’uso di droghe, farmaci e alcool. Le competenze dell’infermiere legale e forense comprendono anche l’assistenza delle vittime di molestie, violenze sessuali e mobbing; assistenza e gestione delle dipendenze da alcool, farmaci e droghe; assistenza, gestione e futuro delle famiglie multiproblematiche con proposte operative per la presa in carico delle stesse. Sicuramente gli obiettivi di tali infermieri sono molteplici, le strade da intraprendere possono essere tante ma con parecchi ostacoli, rappresentati in particolare da una “vecchia” concezione della professione e da un pensiero insano che considera le autovalutazioni e la gestione del rischio come un’accusa al lavoratore invece che una possibile crescita professionale. “Errare humanun est, perseverare autem diabolicum” (cit. latina), impariamo da ciò per crescere, imparare e migliorare il sistema per diminuire i margini di errore e far sì che l’utenza delle nostre strutture acquisisca maggior fiducia nel nostro sistema sanitario. Sitografia: www.ailf.eu h t t p : / / w w w. i p a s v i a s t i . i t / m a g g i o % 20 2011 / S l i d e s % 20 I n f e r m i e re%20Forense%20Asti%2012%20Maggio.pdf 14 APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 La situazione degli organici ospedalieri in Gran Bretagna. Quali gli insegnamenti per il nostro Paese? di Carlo Orlandi, Servizio infermieristico - Ospedale San Raffaele - Milano Articolo tratto dalla rivista “L’Infermiere” N. 1/2014 edita dalla Federazione Nazionale dei Collegi Negli ultimi mesi i colleghi inglesi hanno condotto una campagna accanita per la difesa dei propri organici negli ospedali. Com’è noto, in Gran Bretagna esiste da molti anni un sistema sanitario completamente pubblico (National health service - Nhs), che garantisce gli stessi servizi a tutti i cittadini inglesi. Negli anni Settanta del secolo scorso la sua architettura fu presa a modello dai nostri legislatori per la realizzazione nel nostro Paese di un Servizio sanitario nazionale (guarda caso, con la stessa denominazione), istituito nel 1978 ed ancora in vigore. Purtroppo, anche in Inghilterra la crisi economica mondiale ha eroso le casse statali ed è in corso da tempo una drastica riduzione del finanziamento del Nhs, forse di entità ancora maggiore rispetto all’Italia, per esempio con pressioni sugli ospedali per la riduzione degli organici, perduranti ormai da anni. Gli infermieri che tentano di levare la voce contro questo stato di cose sono stati intimiditi dalle direzioni ospedaliere, come riporta un sondaggio svolto dal Royal college of nursing (Rcn)1, i cui esiti sono stati riportati persino dalla Bbc (notizia del 23/4/2013). Dal sondaggio si evince che il 24% degli intervistati (1.266 persone su 5.277) ha ammesso di aver ricevuto pressioni dai propri coordinatori e dirigenti per non segnalare diminuzioni o criticità nelle dotazioni organiche. Purtroppo per i pazienti e per gli operatori, com’è del tutto prevedibile, i tagli ai finanziamenti erogati per le cure sanitarie provocano inevitabilmente degli effetti negativi sulla qualità del servizio offerto. L’esempio più eclatante di ciò si è verificato in Inghilterra nel 2007: in quell’anno è emerso lo scandalo dell’ospedale di Stafford, una cittadina di circa 70.000 abitanti. Dalle analisi periodiche compiute dagli organismi di vigilanza si notò che in quell’ospedale c’era un elevato e abnorme tasso di mortalità fra i pazienti degenti in regime di urgenza. La notizia si diffuse rapidamente e fece molto scalpore, com’è facile intuire. A partire dall’anno seguente fu istituita una Commissione d’inchiesta, che ha concluso i suoi lavori solo nel 2013. Dai dati pubblicati sono emerse situazioni molto gravi, che hanno destato molta emozione nell’opinione pubblica inglese, quali, oltre all’elevato tasso di mortalità, casi di pazienti lasciati nelle loro deiezioni per molte ore o talmente assetati da essere costretti a bere l’acqua dei vasi di fiori (http://en.wikipedia.org/wiki/Staff ord_Hospital_scandal). Il rapporto finale della commissione - Rapporto Francis - è stato pubblicato nel febbraio di quest’anno ed è consultabile al sito: (http://www.midstaffspublicinquiry.com/sites/default/files/report/Executive%20summary.pdf). Il rapporto ha messo in evidenza le principali carenze che si sono verificate in quell’ospedale, che qui di seguito elenchiamo in sintesi: 1. una direzione preoccupata più per i risultati economici che per quelli clinici, incurante delle numerose segnalazioni di scadimento della qualità dei servizi offerti dall’ospedale, incentrata più sulla promozione dell’immagine dei propri componenti che della sicurezza e dell’efficacia delle cure offerte ai propri pazienti; 2. una costante indifferenza alle lamentele dei pazienti; 3. una diminuzione costante del personale infermieristico esperto, che non è stata presa in considerazione; 4. un’inadeguatezza dell’organico infermieristico per numero e per 1. Il Royal college of nursing è un organismo inglese di tutela professionale e sindacale. 5. 6. 7. 8. 9. 10. formazione, con un livello insufficiente di leadership infermieristica e con modalità di reclutamento e di formazione degli infermieri anch’esse inadeguate; una sottostima della qualità e della sicurezza dei servizi offerti rispetto alla sicurezza finanziaria dell’ospedale, che è stata ritenuta più importante. Il paziente non è stato messo al centro degli obiettivi dell’ospedale. I dirigenti hanno operato senza alcuna pressione o controllo da parte dei loro collaboratori; una scarsa collaborazione con le autorità locali e con le organizzazioni di cittadini; una carenza di segnalazioni da parte dei medici di Medicina generale, che hanno fatto sentire le proprie lamentele solo dopo che è stato annunciato l’avvio di un’indagine pubblica e solo dopo che sono stati coinvolti direttamente; una scarsa capacità di raccogliere segnali provenienti dai cittadini e dagli operatori sanitari sia da parte dell’Ordine dei medici (General medical council) che dell’Ordine degli infermieri e delle ostetriche (Nursing and midwifery council). Nell’Ospedale di Stafford non vi era alcun collegamento diretto con i due Ordini; un’incapacità di mantenere sotto controllo gli standard di organico da parte del Rcn, che si è dimostrato non in grado di raccogliere le lamentele e le preoccupazioni degli infermieri. All’interno dell’Ospedale non era presente alcun eletto nel Rcn. Gli organismi provinciali e nazionali non hanno avuto alcun ruolo nella vicenda; un’inadeguatezza nel monitorare gli organismi della formazione dei medici e degli infermieri APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 rispetto all’andamento degli stage degli studenti, nonché nel tenere in considerazione gli episodi di bullismo che si sono verificati nei confronti degli studenti. Non è stato preso in considerazione lo scadimento degli standard di sicurezza e di qualità delle cure. Come è facile dedurre, il rapporto ha stilato un’analisi impietosa di difetti organizzativi e strutturali. La lettura lascia impietriti. Il Ministero della salute britannico, dopo la pubblicazione del Rapporto Francis, ha commissionato, a sua volta, nel marzo 2013, un lavoro di analisi a un comitato di esperti, presieduto dal professor Don Berwick, un’autorità mondiale in tema di sicurezza dei pazienti, già consulente del Presidente Barack Obama per i problemi sanitari. L’obiettivo assegnato al comitato è stato quello di individuare i possibili interventi correttivi per risolvere la situazione. La relazione finale è stata appena pubblicata ed è consultabile al sito https://www.gov.uk/government/uplo ads/system/uploads/attachment_d ata/file/226703/Berwick_Report.pd Anche la lettura del Rapporto Berwick (che ha un titolo significativo: A promise to learn, a commitment to act), è molto interessante. Qui di seguito si presenta una breve sintesi delle raccomandazioni finali: 1. il Nhs dovrà continuamente, e per sempre, cercare di ridurre i danni al paziente, abbracciando con tutto il cuore un’etica dell’apprendimento; 2. tutti i leader coinvolti nel Nhs - a tutti i livelli: politico, normativo, di governo, esecutivo, clinico e di difesa dei pazienti - devono porre la qualità delle cure in generale, e la sicurezza del paziente in particolare, al vertice delle loro priorità per gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo; 3. i pazienti e i loro caregiver devono essere presenti, coinvolti e in grado di influenzare tutti i livelli delle organizzazioni sanitarie, dai servizi di degenza ai Consigli di amministrazione; 4. il Governo, le Autorità per l’istruzione e il Nhs devono assicurare la presenza di personale sufficiente per soddisfare le esigenze attuali e future del Nhs. Le orga- 5. 6. 7. 8. 9. 10. nizzazioni sanitarie devono garantire che il personale sia presente in numero adeguato per garantire cure sicure in ogni momento e che sia ben supportato da tutta l’organizzazione. I dirigenti e gli amministratori devono assumersi la responsabilità di fare in modo che le aree cliniche abbiano personale adeguato ai diversi livelli di gravità e di dipendenza del paziente, in accordo con le evidenze scientifiche sulle dotazioni sicure di personale; le conoscenze (e le abilità connesse al loro utilizzo) inerenti la qualità e la sicurezza del paziente devono far parte della preparazione iniziale e della formazione permanente di tutti gli operatori sanitari, compresi i dirigenti e gli amministratori; il Nhs deve diventare un’organizzazione che apprende2, quindi modificare, a cascata, tutti i livelli del Nhs; la trasparenza dev’essere completa, tempestiva ed inequivocabile. Tutti i dati sulla qualità e la sicurezza, raccolti dal governo, dalle organizzazioni o dalle associazioni professionali, devono essere condivisi in modo tempestivo con tutti coloro che ne facciano richiesta, compresa l’utenza, nel modo più accessibile; tutte le organizzazioni devono riconoscere nel parere del paziente e del caregiver un bene essenziale nel monitoraggio della sicurezza e della qualità delle cure; i sistemi di vigilanza e di regolamentazione devono essere semplici e chiari. Devono evitare che la responsabilità sia diffusa. Devono essere rispettosi della buona volontà e delle intenzioni della stragrande maggioranza del personale. I sistemi di incentivazione devono puntare nella stessa direzione; si suggerisce una regolamentazione delle sanzioni, con una gerarchia di risposte. Il ricorso alle sanzioni dovrebbe essere estremamente raro e dovrebbe servire soprattutto come deterrente per i casi di abbandono o maltrattamento intenzionale o colposo. In conclusione, il rapporto Berwick afferma: “il Nhs può diventare il più sicuro sistema di assistenza sanita- 15 ria in tutto il mondo. Ciò richiederà volontà unitaria, ottimismo, capacità di investimento e di cambiamento. Ognuno può e deve aiutare. Infine, il cambiamento richiederà una cultura ben radicata nel miglioramento continuo. Regole, norme, standard e loro applicazione hanno un ruolo importante nella ricerca della qualità, ma essi impallidiscono rispetto alla potenza di un apprendimento pervasivo e costante”. Per ogni punto di quelli sopra citati, il rapporto elenca le attività da compiere per ogni attore (il Nice, il governo, gli organismi professionali), raccomandando al Nice di elaborare nel più breve tempo possibile degli standard di riferimento per i livelli di organico, basati su evidenze scientifiche. Sul tema degli standard di sicurezza degli organici, Nursing standard (http://rcnpublishing.com/journal/ns), la rivista del Royal college of nursing, sta pubblicando negli ultimi tempi molti materiali e documenti. Nella scorsa primavera ha costituito, coinvolgendo anche le organizzazioni per la difesa dei pazienti e la Florence Nightingale foundation, un comitato di esperti denominato Safe staffing alliance. Nel maggio scorso questo comitato ha prodotto un documento di consenso che elenca in sette punti le caratteristiche di un organico sicuro, che pubblichiamo tradotte qui di seguito: 1. le presenze del personale infermieristico devono essere pianificate in ogni servizio in ogni ospedale; devono essere supportate da evidenze scientifiche e metodologiche perché siano messi in atto dei rapporti infermieri/pazienti sicuri; 2. il Coordinatore infermieristico (o figura analoga) è abilitato a prendere decisioni quotidiane sugli organici e sulle risorse disponibili con l’autorità di mettere in atto tali decisioni; 3. il Coordinatore infermieristico e gli altri infermieri con responsabilità di coordinamento sono supportati dall’infermiere dirigente e dalle altre direzioni. Tutte le direzioni sono responsabili perché i livelli di organico siano mantenuti e adeguati a livelli sicuri e appropriati; 4. in nessun caso è sicuro per l’as- 2. Learning organization è un termine che si riferisce alla teoria di Peter Senge, scienziato del Mit di Boston, che l’ha sviluppata alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. La learning organization è un’organizzazione che facilita l’apprendimento dei suoi membri e si trasforma continuamente. Le organizzazioni che apprendono continuano a svilupparsi in risposta alle pressioni dell’ambiente e rimangono competitive nel contesto economico (Peter Senge, La quinta disciplina: L’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo. Milano, Sperling & Kupfer, 1992). 16 APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 sistenza dei pazienti che necessitano di cure ospedaliere un rapporto superiore a 8 pazienti per 1 infermiere durante il turno mattutino in unità ospedaliere per acuti, compresi quelli specializzati nella cura di persone anziane; 5. se il personale infermieristico scende al di sotto del rapporto 1 infermiere per 8 pazienti (coordinatore escluso) l’episodio va segnalato e registrato. Vi è evidenza scientifica che il rischio di nuocere ai pazienti è sostanzialmente aumentato con questi livelli di organico; 6. le direzioni sono tenute a segnalare pubblicamente la frequenza di tali episodi e a mettere in atto interventi immediati. In caso di violazioni regolari del rapporto di 1:8, ciò deve essere corretto con i sistemi di gestione delle direzioni; 7. gli Infermieri devono essere sempre adeguatamente supportati da personale esperto e da altro personale di minor qualifica assegnato al servizio. Ci sembra importante segnalare la novità del rapporto 1:8 tra infermieri e pazienti nel turno mattutino delle unità ospedaliere per acuti (coordinatore escluso) e la presenza obbligatoria di personale esperto e di supporto. Anche nel nostro Paese si riflette da molto tempo sulle dotazioni degli organici infermieristici. Purtroppo non si è ancora arrivati a delle indicazioni precise, valide su tutto il territorio nazionale. Ogni Regione italiana norma a suo modo le dotazioni minime infermieristiche, con numeri, a mio modesto avviso, ancora ben lontani da dotazioni minime sicure. A questo proposito è doveroso citare un importante lavoro di Saiani e collaboratori, che nel 2011 ha pubblicato i risultati di una conferenza di consenso sulle dotazioni infermieristiche sicure. In questo lavoro, al punto 4 delle raccomandazioni per una dotazione assistenziale sicura, si riporta che “200 minuti totali di assistenza per paziente al giorno sia il limite al di sotto del quale l’assistenza non è sicura e potrebbe mettere a rischio il paziente; laddove si mantenga un’assistenza minima di 200 minuti totali, la proporzione di operatori di supporto non deve superare il 30%, garantendo in tal caso 140 minuti di assistenza infermieristica e 60 minuti di assistenza erogata dal personale di supporto. Questo parametro nelle 24 ore determina un rapporto (arrotondato) di 10 pazienti per infermiere e di 24 pazienti per operatore di supporto”. Questo lavoro costituisce sicuramente un passo in avanti verso la determinazione di un numero minimo di presenza giornaliera di infermieri che possa garantire elevati standard di sicurezza e di qualità dell’assistenza per i pazienti e per gli stessi infermieri. Da calcoli approssimativi si può evidenziare che le indicazioni di Saiani e collaboratori si riferiscono a un rapporto infermieri/pazienti di 1:10 costante per tutta la giornata, mentre le indicazioni della Safe staffing alliance riportano un rapporto di 1:8 solo per il turno mattutino. È il caso di continuare a studiare l’articolazione di queste presenze e quali siano, appunto, le dotazioni migliori e più sicure. CONCLUSIONI In tutti i Paesi industrializzati il controllo della spesa per la salute dei propri cittadini è uno dei fattori di risposta alla congiuntura economica mondiale. Di conseguenza, anche nel nostro Paese le riduzioni del finanziamento del Servizio sanitario nazionale sono una realtà con la quale fare duramente i conti. È bene però che i decisori sappiano che ridurre gli organici infermieristici porta inevitabilmente ad aumentare il rischio di danni, anche gravi, ai pazienti. Le evidenze scientifiche ormai non si contano più. In bibliografia si indica una selezione dei lavori più significativi al riguardo. Lo scandalo dell’ospedale di Stafford andrebbe studiato con attenzione; il peso della componente infermieristica non è stato trascurabile; è evidente il fallimento di un intero sistema sanitario (ospedale, territorio, rappresentanze professionali, mondo della formazione) che ha moltissime analogie con il nostro. Infine, dalle conclusioni stilate dai rapporti prodotti dopo lo scandalo si possono trarre tre insegnamenti: 1. è necessario ritarare l’organizzazione dei nostri ospedali. Da aziende attentissime all’equili- brio e alla stabilità economica, si deve progredire verso organizzazioni che abbiano come obiettivo prioritario il soddisfacimento efficace delle domande dei pazienti, ovvero che siano in grado di erogare la miglior risposta possibile in termini clinici ad ogni cittadino che ne abbia bisogno, ma al costo più sostenibile per la collettività. Probabilmente questo obiettivo, che può sembrare utopistico, diventa più percorribile se riusciremo a potenziare tutta la rete dei servizi extraospedalieri (la medicina di base e quella preventiva, gli ambulatori di zona, i consultori) e, soprattutto, a sviluppare molto il ruolo degli infermieri che lavorano sul territorio; 2. se non siamo in grado di difendere i nostri interessi professionali e quelli dei pazienti che assistiamo non siamo dei buoni professionisti e, peggio, finiamo per cadere nello stesso calderone dei manager tagliatori di teste e di tutte quelle persone che pensano che “tanto non cambierà mai niente”: in questo modo affondiamo tutti col Titanic! Difendere gli organici significa difendere anche una sanità migliore per i pazienti; 3. non è più procrastinabile la definizione, anche nel nostro Paese, di uno standard di presenze minime per turno di infermieri di ogni struttura, sia essa un ospedale per acuti o una lungodegenza. Uno standard che possa rappresentare la sicurezza per i pazienti che si affidano alle nostre cure, sperando sempre di non subire danni peggiori di quelli provocati dalle malattie che li stanno già affliggendo. BIBLIOGRAFIA · Aiken L et al. Hospital nurse staffing and patient mortality, nurse burnout, and job dissatisfaction, Journal of the American medical association, 2002, 288, 1987-93. · Cho S. Nurse staffing and adverse patient outcomes: a systems approach. Nursing Outlook, 2001, 49, 78-85. · Needleman J et al. Nurse staffing and inpatient hospital amortality. New England journal of medicine, 2011, 364, 11, 1037-1045. · Rafferty A et al. Outcomes of variation in hospital nurse staffing in English hospitals: cross-sectional analysis of survey data and discharge records. International journal of nursing studies, 2007, 44, 2, 175 182. · Safe staffing alliance. Consensus Statement. Nursing standard, 2013, 15 maggio, vol. 27, no 37. · Saiani L et al. Raccomandazioni e standard italiani per dotazioni infermieristiche ospedaliere sicure: esiti di una consensus conference. Igiene e sanità pubblica, 2011; 67: 777-7920. · Shekelle P. Nurse–patient ratios as a patient safety strategy”, Annals of internal medicine, 2013, 158, 404-409. APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 17 Raffronto tra le principali polizze RC professionale infermieri Per aiutare gli iscritti a raffrontare le principali polizze RC professionale infermieri, pubblichiamo una tabella riassuntiva sviluppata dal Collegio IPASVI di Torino che mette a confronto le principali caratteristiche dei contratti promossi dalle più conosciute compagnie di assicurazione. Tale tabella non vuole dare suggerimenti su quale polizza scegliere, ma vuole dare ulteriori spunti di valutazione agli iscritti. Speriamo di farvi cosa gradita. La Commissione Comunicazione del Collegio IPASVI Ferrara CONVENZIONE - CONTRAENTE WILLIS AIRS ASSINFERMIERI E ASSOCIAZIONI ADERENTI “PROMESA” COMPAGNIA XL AIG AM TRUST WILLIS AON ASSIMEDICI https://infermieri.willis.it/ http://promesa.gefit.it/ http://www.assinfermieri.it/ MASSIMALE PER SINISTRO/ANNO 2.000.000 € 2.000.000 € 5.000.000 € OGGETTO ASSICURAZIONE Vedi nota 1 Vedi nota 2 Vedi nota 3 DIPENDENTI AZ. OSPEDALIERE SSN SI SI SI LIBERI PROFESSIONISTI SI SI NO GARANZIA NON PREVISTA DIP. AZ. SANITARIE PRIVATE SI SI NO GARANZIA NON PREVISTA BROKER INCARICATO SITO INTERNET RESPONSABILITÀ SOLIDALE ESCLUSA ESCLUSA COMPRESA L’Assicurazione vale per la sola quota di responsabilità diretta dell’Assicurato con esclusione di ogni responsabilità derivante in via solidale. L’assicurazione è valida soltanto per la responsabilità civile dell’Assicurato. In caso di responsabilità solidale dell’Assicurato con altri soggetti, la Società risponde soltanto per la quota di pertinenza dell’Assicurato stesso, con espressa esclusione della quota di pertinenza di terzi, anche in via provvisoria. E’ compresa la responsabilità solidale dell’Assicurato con altri soggetti con un massimo del doppio della quota di pertinenza dell’Assicurato stesso ed entro il limite del Massimale. SI SI SI EFFETTO CONVENZIONE 30/04/2014 30/04/2014 30/04/2014 SADENZA CONVENZIONE 30/04/2017 30/04/2017 30/04/2017 FACOLTÀ DI RECESSO ANNUALE Compagnia/Contraente/Assicurato SI CON PREAVVISO 60 GG SI CON PREAVVISO 90 GG SI CON PREAVVISO 60 GG FACOLTÀ DI RECESSO DAL SINGOLO ASSICURATO DA PARTE DELLA COMPAGNIA PER SINISTRO SI CON PREAVVISO 60 GG DALLA SCADENZA SI DALLA PRIMA SCADENZA ANNUALE SOLO CON GRADIMENTO AIRS* SI CON PREAVVISO 90 GG DALLA DATA DEL SINISTRO 3 5 10 SI 1 ANNO GRATUITA 4 A PAGAMENTO SI 1 ANNO GRATUITA 4 A PAGAMENTO SI 1 ANNO GRATUITA 2 A PAGAMENTO 9 GG 10 GG 10 GG Responsabilità dell’Assicurato per danni derivanti da interventi di primo soccorso eseguiti per dovere di solidarietà od emergenza sanitaria anche al di fuori dell’attività retribuita. RETROATTIVITÀ POSTUMA PER DECESSO O CESSAZIONE ATTIVITÀ TEMPI DENUNCIA SINISTRI 18 APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 CONVENZIONE - CONTRAENTE WILLIS AIRS ASSINFERMIERI E ASSOCIAZIONI ADERENTI “PROMESA” (Garanzie per i Liberi Professionisti) RESPONSABILITA’ CONDUZIONE LOCALI IN USO A INFERMIERI LIBERI PROFESSIONISTI SI CON LIMITAZIONI MAX 500.000 € e franchigia 2.500 € SI CON LIMITAZIONI MAX 500.000 € e franchigia 2.500 € NO GARANZIA NON PREVISTA RESPONSABILITÀ PER DIPENDENTI DI INFERMIERI LIBERI PROFESSIONISTI SI CON LIMITAZIONI MAX 500.000 € e franchigia 2.500 € SI CON LIMITAZIONI MAX 500.000 € e franchigia 2.500 € NO GARANZIA NON PREVISTA (Garanzia Tutela Legale) TUTELA LEGALE SI SI (non si dispone del testo di polizza) OPZIONALE ROLAND AIG UCA 5.000 € PER SINISTRO ILLIMITATO PER ANNO 5.000 € PER ASSICURATO/ANNO 30.000 € PER SINISTRO limite di 12.000 € per il primo grado e ILLIMITATO PER ANNO Continuità rischio convenzione precedente. Per nuove adesioni non è stata reperita una data retroattività *** 24 mesi per imputazioni penali colpose e contravvenzionali subordinatamente ad assoluzione 8 € compreso nell’adesione alla convenzione 6 € compreso nell’adesione 30 € opzionali a libera adesione IMPORTO ANNUO 38 € 33 € 60 TUTELA LEGALE 8€ 6€ 30 € opzionali ONERI ADESIONE 2€ 16 € NESSUNO IMPORTO COMPLESSIVO 48 € 55 € 60 € ESCLUSA TUTELA LEGALE (ADESIONE FACOLTATIVA) COMPAGNIA TUTELA LEGALE MAX TUTELA LEGALE RETRO TUTELA LEGALE IMPORTO TUTELA LEGALE *** IL TESTO DI POLIZZA TUTELA LEGALE AIG DISPONIBILE È INCOMPLETO L’INFORMAZIONE NON E’ STATA POSSIBILE REPERIRLA. NOTE PER SOLUZIONE COMPAGNIA AIG - BROKER AON - ASSOCIAZIONI AIRS e PROMESA. La polizza considera in garanzia solo i soci pertanto prima di aderire alla polizza occorre aderire all’associazione. * (AIRS) NON E’ NOTO IL CONSIGLIO E I SOCI DI QUESTA ASSOCIAZIONE CONTRAENTE DELLA CONVENZIONE NE QUALI SONO TUTTE LE ASSOCIAZIONI AFFILIATE. AIRS AVRA’ IL POTERE DI OPPOSIZIONE E O GRADIMENTO ALLA DISDETTA DEL SINGOLO ASSICURATO. APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 19 Note oggetto assicurazioni dei contratti NOTA (1) POLIZZA XL - WILLIS Art. 15 - Oggetto dell’Assicurazione Assicurazione responsabilità civile verso terzi (R.C.T.) La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi, per morte, per lesioni personali e per distruzione o deterioramento di cose, in relazione all’esercizio dell’attività professionale di infermiere professionale, assistente sanitario e vigilatrice d’infanzia, anche nell’ambito dell’attività di Emergenza 118, svolta nel rispetto della relativa normativa vigente. Nel caso in cui la Richiesta di Risarcimento sia connessa all’attività professionale esercitata dall’Assicurato nel contesto di una struttura, clinica o istituto facente capo al Sistema Sanitario Nazionale la Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di ogni somma che questi sia tenuto a rimborsare all’Erario, alla struttura, clinica o istituto a cui l’Assicurato presta la propria opera, o al suo Assicuratore, nel caso in cui egli sia dichiarato responsabile o corresponsabile per colpa grave con sentenza della Corte dei Conti passata in giudicato. N.B. In neretto è stata riportata la precisazione relativa all’infermiere che opera in qualità di dipendente del Servizio Sanitario Nazionale. NOTA (2) POLIZZA AIG-AON (AIRS-PROMESA) Art. 1 - OGGETTO DELL’ASSICURAZIONE - RESPONSABILITÀ CIVILE PROFESSIONALE La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato in relazione ai Sinistri verificatisi nel periodo meglio specificato all’art.2, relativi a Danni Corporali e/o Danni Materiali cagionati a terzi in conseguenza di un fatto colposo, di errore o di omissione, commessi nel lasso temporale indicato al predetto art. 2, unicamente nell’esercizio dell’attività professionale. Rimane inteso che nel caso in cui l’Assicurato svolga l’attività professionale in qualità di dipendente o convenzionato di struttura, clinica o istituto facente capo al Sistema Sanitario Nazionale (inclusa l’attività intramoenia) la Società terrà indenne l’Assicurato delle somme che questi sia tenuto a rimborsare all’Erario, alla struttura, clinica o istituto a favore del quale l’Assicurato presta la propria opera, o all’ Assicuratore della struttura, clinica o istituto, unicamente qualora egli sia dichiarato responsabile o corresponsabile per colpa grave con sentenza della Corte dei Conti passata in giudicato. N.B. In neretto è riportata la precisazione relativa all’infermiere che opera in qualità di dipendente del Servizio Sanitario Nazionale. NOTA (3) POLIZZA AM TRUST-ASSIMEDICI (ASSINFERMIERI CSMM) Art. 3 - Oggetto dell’assicurazione Verso pagamento del premio convenuto e alle condizioni tutte di questa Polizza, la Società presta l’assicurazione fino a concorrenza del Massimale e nella forma “claims made” obbligandosi a tenere indenne l’Assicurato di ogni somma che questi sia tenuto a pagare in qualità di civilmente responsabile in conseguenza di Danni causati a terzi, inclusi i pazienti, nello svolgimento della professione sanitaria di Infermiere e/o Infermiere Pediatrico e/o Assistente Sanitario, nel caso di: · azione di surrogazione esperita dalla società di assicurazioni dell’Azienda Sanitaria nei casi ed entro i limiti previsti dalla legge e/o dal CCNL; · azione di rivalsa esperita dall’Azienda Sanitaria in conseguenza di Danni erariali nei casi previsti dalla legge; · ulteriori danni, inclusi nella rivalsa esperita dall’Azienda Sanitaria di cui l’Assicurato sia responsabile ai sensi di legge, a condizione che siano conseguenza diretta di un danno indennizzabile ai sensi della presente assicurazione ed entro un limite del 10% del danno indennizzato. Tutto quanto sopra riportato a condizione che per tali Danni egli sia stato dichiarato responsabile, totalmente o parzialmente, per colpa grave con sentenza definitiva pronunciata dalla Corte dei Conti o comunque da parte dell’Autorità Giudiziaria competente a pronunciarsi in ordine alle sopra indicate richieste di risarcimento. L’assicurazione si intende estesa alla responsabilità civile dell’Assicurato per Danni derivanti da interventi di primo soccorso eseguiti per dovere di solidarietà od emergenza sanitaria anche al di fuori dell’attività retribuita. In tale ipotesi la copertura è altresì estesa ai Danni cagionati con colpa lieve con un sottolimite per ciascun Sinistro di un importo pari a € 1.000.000,00 (unmilione/00). Resta esclusa dalla presente copertura qualsiasi attività che l’Assicurato dovesse esercitare privatamente e che non sia riconducibile ad un rapporto diretto o per incarico dell’Azienda Sanitaria, ad esclusione di quanto previsto al capoverso che precede. N.B La polizza opera esclusivamente per gli infermieri che operano in qualità di dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale. COSA È LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE? La responsabilità è definita solidale quando più soggetti sono chiamati a rispondere, per una violazione o comunque per un’obbligazione, in posizione di parità: in questo caso colui che adempie acquisisce un diritto di regresso nei confronti degli altri coobbligati. La responsabilità solidale è ignorata nell’ambito del diritto penale a ragione del principio di personalità della pena, mentre è frequente il suo impiego in ambito civile o amministrativo: in particolare per l’art. 2055 del Cod. Civ, secondo cui se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno; allo stesso modo sono previste alcune ipotesi di responsabilità, a fronte di violazioni amministrative, nei confronti di soggetti diversi dall’autore dell’illecito, in considerazione del particolare rapporto intercorrente tra questi e l’agente o tra questi e l’oggetto dell’azione, come ad esempio nel caso della responsabilità della persona giuridica per la condotta antigiuridica del suo dipendente o rappresentante. 20 APPROFONDIMENTI anno XXV n. 1 - Giugno 2014 Cosa sappiamo sulla sigaretta elettronica? Tratto dal sito della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI www.ipasvi.it Esprimersi sulle nuove sigarette elettroniche, dette anche e-cig, è complesso, soprattutto in relazione alle scarse evidenze scientifiche su cui basarsi. Inoltre manca ancora una chiara regolamentazione del prodotto: si è in assenza di una standardizzazione della produzione e sono insufficienti i controlli di qualità del prodotto. Sono anche ormai molte le pubblicazioni sul tema per indirizzare i consumatori: ecco un breve promemoria per orientarsi. Cosa sono le e-cig? Si tratta di sigarette elettroniche, ovvero riconversioni delle tradizionali sigarette con una versione moderna, in cui è presente una ridotta quantità di gas tossici derivanti dalla combustione. La pubblicità ce le presenta sotto la foggia di sigarette normali, restituendo fascino all’atto di fumare: possono quindi attrarre fortemente l’ex fumatore, aumentando la sua probabilità di ricaduta. Possono altrettanto attrarre i giovani, che identificano in questa modalità un’alternativa al fumo fai da te delle sigarette autopreparate. Su tutti poi agisce l’idea, che questo modo di fumare faccia meno male alla salute. È vero che fanno meno male delle sigarette tradizionali? In realtà non è ancora provato. Anche per questo il Ministero della Salute ha introdotto il divieto di vendita di e-cig con presenza di nicotina ai minorenni e il divieto di uso nelle scuole (Ordinanza 26/6/2013 in GU 29/7/2013, appro- vata dal Consiglio dei Ministri che ha validità un anno dalla pubblicazione in GU e che potrà diventare Legge se approvata dal Parlamento). Quanto possono essere tossiche? Il rischio più importante è che le ecig diventino per i giovani una porta di accesso alla dipendenza dalla nicotina, quindi alla sigaretta tradizionale. Sulla base delle conoscenze attuali non si può affermare che la tossicità delle e-cig sia paragonabile a quella della sigaretta tradizionale: il numero e la quantità dei composti tossici che si generano durante l’uso della e-cig sono decisamente inferiori rispetto a quelli che si formano dalla combustione del tabacco di una sigaretta tradizionale. I pochi studi a disposizione non sono sufficienti a dimostrare né la totale innocuità delle e-cig, né la loro efficacia come mezzo per smettere di fumare, a differenza del cerotto, dell’inhaler o degli spray nasali o orali, oppure dei chewing-gum alla nicotina, cioè della terapia sostitutiva nicotinica. Le e-cig producono fumo passivo, anche se in quantità minore rispetto alla sigaretta tradizionale, e la nicotina assorbita dallo “svapatore” passivo ha le stesse modalità e quantità della sigaretta tradizionale. Inoltre, le e-cig contribuiscono a normalizzare la sigaretta tradizionale. Il fumatore la usa nei luoghi in cui vige il divieto di fumare, riducendo sostanzialmente l’impatto di tale normativa. Cosa c’è da fare al più presto? · deve essere incrementata la ricerca, soprattutto in riferimento alla positività dell’e-cig nell’ambito di strategie di riduzione del danno nel fumatore tradizionale che non vuole o non riesce a smettere; · deve essere regolamentata la produzione e commercializzazione delle e-cig; · dovrebbe essere vietato l’uso delle e-cig in ambienti chiusi aperti al pubblico, equiparandole alle sigarette tradizionali nell’ambito della normativa di protezione dal fumo passivo; · ne dovrebbe essere vietata la pubblicità come per le sigarette tradizionali; · dovrebbero essere considerate dai medici come un farmaco, il cui uso deve essere subordinato alla produzione di prove di efficacia, prima di essere considerato un presidio da prescrivere. Si spera che al più presto possa essere formalizzata una revisione della Direttiva europea sul tabacco, attualmente in predisposizione, che regolamenti la libera vendita solo per una minoranza di e-cig: quelle con contenuto di nicotina inferiore a 4mg/ml. Realisticamente, però, sembra difficile che questa proposta possa essere effettivamente approvata, considerato il giro d’affari che la libera vendita fornisce e il fatto che le ben più pericolose sigarette tradizionali continuano ad essere vendute senza restrizioni effettive. Per informazioni più dettagliate sulla e-cig si consiglia di consultare: - la valutazione del rischio di utilizzo della e-cig stilata dall’Istituto Superiore di Sanità (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1882_allegato.pdf) - il portale della Società Italiana di Tabaccologia: http://www.tabaccol o g i a . i t / P D F / Ta b a c c o l o g i a 3 4_12.pdf) EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXV n. 1 - Giugno 2014 21 La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA: prevalenza e implicazioni pratiche Camilla Boeri, Infermiera, Ospedale San Giacomo Medicina Fisica e Riabilitativa, Ponte dell’Olio (PC) Anna Castaldo, Infermiera, Ufficio Formazione e URP Provincia Religiosa S. Marziano di don Orione, Piccolo Cottolengo, Milano; Consigliere Collegio IPASVI MI-LO-MB Unità di Neuroepidemiologia Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano Talia Melo, Infermiera, Ospedale San Raffaele, Milano Renzo Bagarolo, Medico, Direzione sanitaria Fondazione IRCCS don Gnocchi, Istituto Palazzolo, Milano Magri, Infermiera, Coordinamento didattico Corso di Laurea in Infermieristica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano; Vicepresidente Collegio IPASVI MI-LO-MB Andrea Giordano, Miriam Tratto dalla rivista “EVIDENCE” - giornale open-access pubblicato dalla Fondazione GIMBE ABSTRACT · Background. La difficoltà di deglutizione e il rifiuto della terapia spesso impongono la necessità di somministrare negli anziani farmaci “alterati”: tritati, decapsulati, camuffati nel cibo. Questa pratica non è scevra di rischi, sia in termini di efficacia terapeutica, che di eventi avversi per i pazienti e gli operatori sanitari. · Obiettivi. Conoscere la prevalenza della somministrazione alterata di farmaci per via orale ed enterale negli ospiti di tre residenze sanitarie assistenziali (RSA) e valutare l’aderenza delle modalità di somministrazione alle indicazioni delle case farmaceutiche. · Metodi. A gennaio-febbraio 2012 è stato condotto uno studio trasversale impiegando diversi metodi: (a) osservazione sistematica della somministrazione della terapia orale/enterale; (b) analisi della documentazione clinica; (c) breve intervista all’infermiere che somministrava la terapia. Il campione era costituito da 697 ospiti residenti in nuclei di degenza ordinaria e nuclei Alzheimer di 3 RSA di Milano. · Risultati. Gli ospiti assumevano mediamente 7.5 principi attivi al giorno, di cui 6 per os. Il 40% assumeva la terapia orale in modo alterato. Su 2639 somministrazioni, 785 erano alterate e tra queste, il 43% dei principi attivi erano somministrati in modo non conforme alle indicazioni del produttore. Il 20% degli ospiti assumeva i farmaci camuffati nelle bevande e negli alimenti. Gli ospiti che assumevano farmaci alterati e/o camuffati avevano una maggiore compromssione delle capacità cognitive e funzionali, rispetto a quelli che li assumevano in forma integra · · Citazione. Boeri C, Castaldo A, Giordano A et al. La somministrazione di farmaci tritati e camuffati nelle RSA: prevalenza e implicazioni pratiche. Evidence 2013; 5(10): e1000060. Ricevuto 8 ottobre 2013 | Accettato 18 ottobre 2013 | Pubblicato 30 ottobre 2013. · (p<0.001). La difficoltà di deglutizione era la motivazione principale per la triturazione e il camuffamento dei farmaci. · Limiti. Oltre ai bias conseguenti alla presenza dell’osservatore, che potrebbe avere influenzato gli infermieri durante il processo di somministrazione, i limiti dello studio sono riconducibili alla limitata rappresentatività della popolazione anziana istituzionalizzata in RSA. · Conclusioni. La necessità di modificare la consistenza dei farmaci per migliorare la compliance terapeutica nei pazienti fragili rappresenta un’area da considerare attentamente, e sulla quale investire al fine di prevenire e ridurre le reazioni avverse da farmaci, oltre che le malattie professionali negli infermieri. È auspicabile che a vari livelli (istituzionale, aziendale e professionale) siano implementati programmi multidimensionali, che includano il monitoraggio degli eventi avversi, e tra questi, quelli correlati alla somministrazione della terapia farmacologica. BACKGROUND La somministrazione di farmaci per via orale o enterale ai pazienti anziani fragili comporta spesso la necessità di “alterarne” la struttura: la pratica di aprire o tritare le compresse e/o camuffarle nel cibo sembra essere infatti abbastanza comune nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) per facilitare agli ospiti, affetti da disfagia e/o con ridotta compliance conseguente a disturbi psicocomportamentali, l’assunzione della terapia prescritta. Il fenomeno è stato riscontrato nell’80% delle nursing Copyright. 2013 Boeri. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale. Fonti di finanziamento. Nessuna. Conflitti d’interesse. Nessuno dichiarato. Provenienza. Non commissionato; sottoposto a peer-review. * E-mail: camy_b87@hotmail.it · · · 22 anno XXV n. 1 - Giugno 2014 homes inglesi (corrispondenti alle nostre RSA) incluse nello studio di Wright1: secondo quanto dichiarato dagli infermieri coinvolti nell’indagine i farmaci venivano tritati o aperti prima della somministrazione per circa 2/3 dei residenti. In un altro studio condotto in 10 nursing homes nel sud dell’Australia, su 586 residenti è stato osservato che il 34% (408/1207) delle somministrazioni di farmaci avveniva in forma alterata2. Più recentemente, Kirkevold et Engedal hanno rilevato che la pratica di triturazione/ apertura dei farmaci avviene nel 23% dei residenti nelle nursing homes norvegesi3. La triturazione rientra tra gli errori più frequenti di somministrazione della terapia, come osservato da Van Den Bemt PM et coll. che la rilevano nel 73% (312/428) dei casi4. Anche Haw et al. hanno riscontrato che il 30% (111/369) degli errori sono associati alla triturazione/apertura di farmaci, sebbene consentita, per superare le difficoltà di assunzione per problemi di deglutizione5. D’altra parte, tale pratica può causare vari problemi: alterare la formulazione dei farmaci può aumentarne la tossicità, determinarne l’instabilità, diminuirne l’efficacia e renderli meno appetibili. Inoltre, i farmaci a rilascio prolungato o controllato mantengono un livello ematico costante di principio attivo per 8, 12, o 24 ore: tritare o aprire una di queste formulazioni prima della somministrazione può influenzare la velocità di assorbimento del farmaco e, di conseguenza, incrementare i livelli ematici del farmaco e i potenziali effetti tossici. Alterare compresse o capsule gastroresistenti comporta la distruzione/rimozione del rivestimento, progettato per mantenere il farmaco intatto, finché non passa attraverso lo stomaco e raggiunge l’intestino. Il rivestimento serve a proteggere lo stomaco da effetti lesivi (come l’acido acetilsalicilico rivestito e il solfato ferroso), oppure evitare una diminuzione dell’effetto o l’inattivazione da parte dei succhi gastrici. La triturazione e la somministrazione di uno di questi farmaci per via orale o attraverso sonda/stomia gastrica può aumentare il rischio di effetti avversi gastrointestinali o diminuire i benefici del farmaco6, 7. Una questione controversa riguarda la quantità di farmaco persa in seguito alla triturazione con i diversi ausili (mortaio o tritapastiglie): a tal proposito, in uno studio recente condotto in un ospedale italiano da Palese et al., non è stata rilevata nessuna differenza statisticamente significativa tra i due ausili8. Inoltre, la triturazione crea un potenziale pericolo per la salute degli infermieri, in quanto la frantumazione e la movimentazione delle polveri senza protezione di guanti o maschera, espone gli infermieri al rischio di allergie e intossicazioni da contatto ed inalazione, in particolare con farmaci citotossici6, 7. L’alterazione della forma farmaceutica non rappresenta la sola criticità legata alla somministrazione della terapia in ambito geriatrico. Molto diffusa è anche la pratica, spesso conseguente alla triturazione, di somministrare i farmaci camuffati nel cibo o nelle bevande. La prevalenza dei pazienti assistiti nelle nursing homes che assume una terapia camuffata negli alimenti o nelle bevande va dall’1,5% al 31%9. Gli anziani che assumono farmaci camuffati presentano deficit cognitivi, dipendenza nelle attività di vita quotidiana, agitazione e difficoltà di apprendimento10. Il camuffamento dei farmaci è più frequente nelle unità di cura specializzate EVIDENCE BASED PRACTICE (come i nuclei Alzheimer presenti in Italia) rispetto alle unità ordinarie delle RSA, sia per una scarsa compliance, che per le difficoltà di deglutizione, tipiche delle persone con demenza avanzata9, 10. OBIETTIVI Analizzare la pratica della somministrazione dei farmaci alterati (tritati o aperti), considerando qualsiasi farmaco, in forma di compressa o capsula, somministrato per via orale o attraverso sonde nutrizionali permanenti, quali il sondino naso gastrico (SNG) e la gastrostomia percutanea endoscopica (PEG). In particolare, lo studio intendeva conoscere: (a) la prevalenza della somministrazione farmaci tritati e camuffati; (b) le procedure di preparazione e di somministrazione della terapia; (c) la conformità dei farmaci tritati e camuffati alle indicazioni farmaceutiche; (d) le possibili interazioni farmaco-farmaco e farmaco-cibo tra i farmaci più frequentemente somministrati. Infine, si intendeva proporre strategie preventive, tra cui la verifica delle forme farmaceutiche alternative disponibili. METODI È stato effettuato uno studio trasversale in tre RSA milanesi, sedi di tirocinio convenzionate con il Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Milano: Provincia Religiosa di San Marziano di Don Orione-Piccolo Cottolengo (PRSM-DO), Polo Geriatrico Riabilitativo San Faustino (PGR-SF) e la Fondazione Don Gnocchi - Istituto Palazzolo (FDG-IP). Per la rilevazione e il trattamento dei dati è stata richiesta e ottenuta l’autorizzazione dai rappresentanti legali delle tre RSA. Nell’indagine sono stati inclusi tutti gli ospiti residenti, fatta eccezione per l’Istituto Palazzolo in cui, considerata la numerosità degli ospiti e la dimensione della struttura (n=619 posti letto accreditati), è stato selezionato un campione rappresentativo. In relazione al tipo di dati da rilevare, sono stati impiegati diversi metodi: osservazione sistematica, analisi documentale, intervista. Attraverso l’analisi della documentazione clinica, composta dal fascicolo socio-assistenziale e sanitario (FaSAS) e la scheda di osservazione intermedia dell’assistenza (SOSIA), sono state rilevate le caratteristiche demografiche e cliniche degli ospiti (box 1). La preparazione e la somministrazione della terapia orale ed enterale delle ore 8.00 (momento in cui il numero di farmaci somministrato è generalmente maggiore) è stata rilevata da un ricercatore addestrato, attraverso un’osservazione sistematica e puntuale (box 2). Le procedure di preparazione e somministrazione sono state rilevate attraverso osservazione e/o intervista all’infermiere in servizio nel nucleo in cui è stata effettuata l’indagine (box 3). Per facilitare le rilevazioni è stato predisposto un prontuario dei farmaci contenente la denominazione del principio attivo dei farmaci più frequentemente prescritti ai residenti di due RSA (PRSM-DO e PGR-SF). A tal fine, è stata utilizzata l’applicazione per iPhone/iPad, “Farmacia - Il Prontuario” ver. 2.8, sviluppata da Torrinomedica e da Logica Informatica. Prima di avviare la rilevazione sistematica è stato condotto un test pilota in un nucleo ordinario della RSA PRSM-DO, per valutare eventuali ostacoli e rilevare i tempi di osservazione. EVIDENCE BASED PRACTICE Box 1. Caratteristiche demografiche e cliniche rilevate negli ospiti • Genere e data di nascita • Stato cognitivo, attraverso Mini Mental State Examination (MMSE) • Grado di autonomia/dipendenza nelle attività di vita quotidiana (ADL) e in particolare nell’alimentazione, misurato attraverso l’Indice di Barthel • Indice di severità e comorbidità, valutato con il questionario Cumulative Illness Rating Scale (CIRS) Box 2. Dati relativi alla somministrazione dei farmaci • Numero complessivo di farmaci (forme farmaceutiche) somministrati nelle 24 ore o Modalità di somministrazione: orale, enterale • Farmaci somministrati alle ore 8.00: o Principio attivo o Forma farmaceutica o Via di somministrazione o Modalità di preparazione/somministrazione o Motivazione dell’alterata somministrazione o Modalità di assunzione o Camuffato nelle bevande/alimenti o Tempi di assunzione Box 3. Procedure di preparazione/somministrazione dei farmaci • Esistenza di una procedura aziendale per la gestione della somministrazione dei farmacia • Specialista che provvede alla prescrizionea • Tempi di preparazione della terapiab • Figura professionale che prepara la terapiab • Figura professionale che somministra la terapiab • Ausilio utilizzato per tritare i farmacib • Modalità di utilizzo dell’ausilio impiegato per tritare i farmacib • Tempi di triturazione dei farmacib • Tempi di detersione dell’ausilio per tritare i farmacic • Tempi di sostituzione dell’ausilio per tritare i farmacia a Intervista; b Osservazione; c Intervista e osservazione La rilevazione, previa autorizzazione delle direzioni delle strutture, è stata effettuata tra gennaio e febbraio 2012: sono stati impiegati 20 giorni di osservazione in 20 nuclei, alcuni dei quali accorpati in unità operative gestite da un unico infermiere. Il tempo medio impiegato per l’osservazione del processo di somministrazione della terapia, l’analisi documentale e l’intervista in ciascun nucleo è stato di 7 ore. Per l’analisi dei dati è stato utilizzato il software statistico SPSS ver. 19.0. Sono state calcolate la prevalen- anno XXV n. 1 - Giugno 2014 23 za, le frequenze assolute/relative e per le variabili continue, media, deviazione standard, mediana, range interquartile, minimo e massimo. La normalità delle distribuzioni dei punteggi delle scale di valutazione (Barthel Index, MMSE, CIRS) è stata valutata mediante lo Shapiro-Wilk W test. Sono state inoltre verificate eventuali differenze tra la somministrazione di farmaci alterati e le caratteristiche dei pazienti, utilizzando il Wilcoxon ranksum test per campioni indipendenti per le variabili continue e il Chi quadrato per le proporzioni. Le differenze sono state considerate statisticamente significative ad un livello di <0.05. Tutti i test sono a due code. Attraverso un’analisi secondaria, è stato possibile verificare se la somministrazione dei farmaci assunti per via orale in modo alterato era conforme alle indicazioni farmaceutiche. A tal fine, sono state consultate le schede tecniche dei farmaci del prontuario farmaceutico di Torrinomedica11 e il sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)12 per la verifica dei principi attivi autorizzati. RISULTATI Lo studio ha coinvolto 697 residenti, di cui 607 da nuclei ordinari e 90 da unità specializzate per la malattia di Alzheimer (tabella 1). Gli ospiti erano prevalentemente donne con un’età media di 86 anni e la maggior parte presentava pluripatologie di gravità moderata, dipendenza totale o grave nelle ADL e deficit cognitivi di grado medio-grave (tabella 2). Gli ospiti assumevano mediamente 7.5 farmaci al giorno (tabella 2): la via di somministrazione prevalente era quella orale (90% degli ospiti) e in misura minore PEG (5.5%) o SNG (1%). Il 40% degli ospiti (273/684) assumeva la terapia in modo alterato (compresse tritate e/o capsule aperte). Anche se i farmaci venivano somministrati in modo alterato nl 51% degli ospiti residenti nei nuclei Alzheimer e nel 38.2% di quelli residenti nei nuclei ordinari, tale differenza non risulta statisticamente significativa. Secondo le interviste somministrate agli infermieri, le motivazioni dell’alterazione erano principalmente le difficoltà di deglutizione (75%) e la presenza di disturbi psico-comportamentali (es. rifiuto ed espulsione della terapia). Dopo aver escluso dalle analisi gli ospiti che non assumevano la terapia alle ore 8.00 (n=13) e quelli che assumevano terapia per via enterale (n=32), si è osservato che la terapia orale era camuffata nel cibo o nelle bevande al 20% dei residenti. Tale pratica era più frequentemente adottata per gli ospiti residenti nei nuclei Alzheimer (9.5%), rispetto a quelli dei nuclei RSA ordinari (17%), p<0.001. Dall’analisi dei dati è emerso inoltre che circa il 30% delle somministrazioni erano alterate e che il 43% dei farmaci veniva alterato inappropriatamente. I farmaci più frequentemente alterati (non in conformità con le istruzioni farmaceutiche descritte nelle schede tecniche) erano gli inibitori della pompa protonica, come il pantoprazolo e l’omeprazolo (tabella 3). Gli ospiti che assumevano la terapia alterata, rispetto a quelli che la prendevano integra, assumevano meno farmaci (p<0.001), ma erano maggiormente dipendenti nelle ADL e nell’alimentazione, avevano ridotta capacità cognitiva (p<0.001), anche se si presentavano clinicamente stabili (valutato con CIRS-severità; p=0.004). Invece, l’età e la pluripatologia (valutata con CIRS-comorbidità) non erano fattori associati in manie- 24 EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXV n. 1 - Giugno 2014 Tabella 3. Tabella 1. N (%) RSA Milano NO-RSA * NA-RSA Totale Formulazione N (%) PRSM-DO 153 (25,2) 39 (43,3) 192 Pantoprazolo sodico sesquidrato 114/283 (40%) PGR-SF 165 (27,2) 21 (23,3) 186 Omeprazolo 46/118 (39%) FDG-IP 289 (47,6) 30 (33,4) 319 Totale 607 (100) 90 (100) 697 Levodopa + benzeraside cpr divisibili 19/32 (58%) Ramipril cpr 15/51 (29%) NO-RSA, Nucleo Ordinario-Residenza Sanitaria Assistenziale NA-RSA, Nucleo Alzheimer-Residenza Sanitaria Assistenziale 11/18 (61%) Potassio cloruro Tabella 2. cpr a rilascio controllato 10/18 (56%) 9/11 (82%) N (%) Donne Levodopa+ benzeraside cpr dispersibili 8/11 (73%) 578 (83%) Età 8/26 (31%) 86 (38-104) 1 30,06 (±30,04) Barthel Index 2 Barthel alimentazione 5,1 (±3,8) Isosorbide mononitrato MMSE2 11,7 (±9,9) Trazodone hcl 2 CIRS comorbilità2 6 (±2,2) Farmaci/die1 7,4 (5-9) Gliclazide Farmaci per os/die1 6,4 (4-8) Potassio cloruro cpr a rilascio controllato 7/14 (50%) cpr a rilascio controllato 7/16 (44%) cpr a rilascio controllato 6/8 (75%) cps 5/15 (34%) cpr a rilascio controllato 5/6 (83%) 5/8 (62%) cpr: compresse; cps: capsule 1. Media (range) 2. Media (±DS) Tabella 4. ra statisticamente significativa con la somministrazione di farmaci alterati. Inoltre, è stata osservata una differenza statisticamente significativa tra l’assunzione di farmaci camuffati e la capacità cognitiva e funzionale (p<0.001 per entrambi le variabili). In nessuna struttura esisteva una procedura aziendale per la somministrazione di farmaci alterati; in tutte le strutture la preparazione della terapia era eseguita dall’infermiere, per lo più al momento della somministrazione (>80%), oppure il giorno prima (15%) o un’ora prima della somministrazione (3%). Per la somministrazione della terapia, invece, considerato che alcuni ospiti necessitavano di aiuto nell’assumere la colazione (che per lo più coincide con l’assunzione della terapia delle ore 8.00), l’infermiere si avvaleva nel 47% dei casi del supporto di un operatore socio sanitario (OSS), o di un ausiliario socio assistenziale (ASA). In tutte le unità operative, i farmaci venivano tritati contemporaneamente e l’ausilio utilizzato era un tritapastiglie unico per tutti gli ospiti. La detersione con acqua e sapone era effettuata nel 62.5% dei nuclei al termine della somministrazione della terapia oraria, come rilevato durante le osservazioni. Nei restanti casi, in relazione alle risposte fornite dagli infermieri, la detersione avveniva alla fine del turno o a fine giornata. È emerso inoltre che la sostituzione del tritapastiglie è prevista generalmente nel 62.5% dei casi alla rottura, ogni 15 giorni circa (12.5%), una volta al mese (9.4%), ogni 2 mesi (6.3%), oppure ogni * Furosemide Enalapril maleato Formulazione N (%) cpr 65/192 (34%) cpr 44/93 (47%) cpr 34/84 (40%) 24/56 (43%) Carvedilolo cpr 16/48 (34%) Digossina cpr 14/31 (45%) Olanzapina 13/41 (32%) Perindopril 12/29 (41%) Ticlopidina hcl 12/32 (38%) Domperidone cpr 11/25 (44%) Prednisone cpr 11/34 (38%) Amlodipina cpr divisibili 9/37 (24%) Potassio cloruro cps 8/13 (61%) Amiodarone cpr 7/22 (31%) Baclofene cpr 6/11 (54%) cpr: compresse; cps: capsule EVIDENCE BASED PRACTICE settimana (6.3%), in base alla frequenza di utilizzo. In merito alle interazioni farmacologiche, attraverso un’analisi esplorativa, è stata valutata l’associazione tra la furosemide (uno dei principi attivi più frequentemente assunto) con altri farmaci e alimenti somministrati contemporaneamente. Il prednisone (48%), l’acido acetilsalicilico (33%), l’enalapril maleato (31%) e il ramipril (29%) sono risultati essere i principi attivi più frequentemente somministrati insieme alla furosemide, sia in forma integra che tritata. La somministrazione di furosemide si è verificata nel 77% dei casi durante o subito dopo la colazione. Inoltre, il 6% degli ospiti assumeva la furosemide insieme alla marmellata o al budino prima della colazione, contrariamente alle indicazioni che prevedono la somministrazione a digiuno. DISCUSSIONE Nel campione esaminato lo studio ha rilevato che la somministrazione di farmaci alterati avviene nel 40% degli ospiti delle RSA. Tale percentuale è superiore a quella rilevata da Kirkevold3 nelle nursing homes norvegesi (23%) e da Caussin13 nelle unità geriatriche acute, riabilitative e assistenziali a lungo termine di un ospedale francese (32.3%). Il numero di farmaci/die assunti dagli ospiti sono simili a quelli riportati da Seifert & Johnston14. I motivi del ricorso alla triturazione (difficoltà della deglutizione, rifiuto della terapia) sono simili a quelli riportati da Kirkevold10. Per quanto riguarda la somministrazione di farmaci camuffati, è stata invece rilevata una prevalenza lievemente inferiore allo anno XXV n. 1 - Giugno 2014 25 studio di Kirkevold (20.2% vs 23.3%)10. Similmente ad altri studi3, 10, la somministrazione di farmaci alterati e camuffati risultava maggiore nei nuclei Alzheimer, rispetto alle unità ordinarie RSA e per gli ospiti particolarmente compromessi in termini di capacità cognitive e funzionali. Il 43% dei farmaci veniva alterato inappropriatamente, contravvenendo alle indicazioni del produttore. Oltre ad alcuni farmaci come i gastroresistenti e quelli a rilascio prolungato, molti altri non possono essere tritati a causa della loro formulazione (es. compresse rivestite, compresse orosolubili) e delle indicazioni terapeutiche. Tuttavia, raramente nelle istruzioni farmaceutiche vengono riportate informazioni chiare sulla possibilità di triturare le compresse o di aprire le capsule. Infatti, per alcuni farmaci coinvolti nel presente studio non è noto se possono essere tritati (tabella 4). Il confronto tra i farmaci che non possono essere tritati, riportati da numerosi prontuari di altri paesi europei e americani6, 15, 16, con i farmaci rilevati è stato arduo, sia perché talora il principio attivo assume un nome differente sia perché molte forme farmaceutiche non vengono prodotte in Italia. Basandoci sui farmaci più frequentemente tritati, si è provveduto a ricercare formulazioni alternative (es. soluzioni orali, compresse effervescenti, orosolubili, etc.) prodotte dalle case farmaceutiche italiane (tabella 5). D’altra parte, in Italia per numerosi farmaci non esistono al momento forme alternative (tabella 6). Dall’analisi emerge inoltre che nel processo di triturazione veniva utilizzato un unico tritapastiglie per tutti i Tabella 5. Nome commerciale Formulazione somministrata Cardioaspirin Allopurinolo Allopurinolo Sandoz gastroresistente cpr Complesso vitaminico B Benexol Levodopa+ benzeraside Madopar Mesalazina Nifedipina assumere senza assumere intere Zantac, Ranidil Topiramato rilascio controllato Contramal Tramadolo hcl + paracetamolo Kolibri cps Depakin rilascio controllato Venlafaxina Efexor gocce per os gocce per os, sospensione orosolubile orodispersibili, granulato cps orodispersibili, supposte assumere intere* cpr a rilascio controllato, rilascio controllato rilascio controllato, gastroresistente *indicato nella scheda tecnica cpr: compresse; cps: capsule cpr dispersibili assumere intere* assumere intere* cpr a rilascio controllato cpr a rilascio controllato Trazodone hcl Valproato sodico assumere intere* Topamax Tramadolo hcl granulato gastroresistente cpr a rilascio controllato assumere senza Exelon per soluzione orale, supposte gastroresistente cpr divisibili Asacol Adalat per la non tritatura rilascio controllato gocce per os soluzione orosolubile, granulato, gocce per os soluzione orosolubile 26 EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXV n. 1 - Giugno 2014 residenti, diversamente da quanto riportato da Paradiso, che aveva riscontrato un utilizzo condiviso inferiore (77% collettivo vs. 23% individuale)2 e da Coussin (individuale per circa il 60% dei pazienti)13. La condivisione dello stesso dispositivo, correlata a una mancata detersione tra una triturazione e l’altra, è una pratica rischiosa: la triturazione contemporanea di diversi farmaci può comportare infatti interazioni tra le molecole, con conseguenti reazioni avverse al momento della somministrazione. Inoltre, la mancata detersione tra le diverse triturazioni potrebbe comportare reazioni allergiche o ulteriori interazioni dovute ai residui di farmaco7, 17. Lo studio mette in luce la necessità di presidiare e approfondire la problematica della somministrazione di farmaci alterati, e di predisporre eventuali azioni preventive a vari livelli. Le raccomandazioni ministeriali18, in merito alla prevenzione degli errori terapeutici, non contemplano la prassi della triturazione/apertura delle compresse. La gestione dei processi terapeutici negli anziani, per la complessità e l’elevato rischio clinico che comporta, richiede competenze avanzate, aggiornate e integrate. La formazione continua sembra essere efficace nell’aumentare la consapevolezza e la competenza infermieristica nella gestione terapeutica17, 19, 20,21. L’utilizzo di programmi informatici può rappresentare un valido aiuto per la gestione delle politerapie, sia per la prevenzione delle interazioni farmacologiche, che in termini di alert sulla modalità di preparazione e di somministrazione. La predisposizione di set specifici per la somministra- zione della terapia enterale, che includono anche tritapastiglie individuali, insieme ad interventi quali la gestione informatica dei farmaci e la consulenza del farmacista soprattutto per la verifica di forme farmaceutiche alternative si sono dimostrati efficaci nel ridurre gli errori terapeutici20, 21. L’aggiornamento delle conoscenze, la gestione del rischio clinico, la multidisciplinarietà e l’integrazione tra i principali professionisti sanitari (medico, infermiere, farmacista, risk manager), costitu scono le fondamenta per la corretta gestione della somministrazione della terapia orale4,14,20,21. Inoltre, nell’ambito della terapia enterale è risultato efficace identificare tramite etichette i pazienti portatori di sonde gastroenteriche e utilizzare brevi istruzioni operative, meglio se disponibili sul foglio di terapia4-22. LIMITI Oltre ai bias conseguenti alla presenza dell’osservatore, che potrebbe avere influenzato gli infermieri durante il processo di somministrazione, i limiti dello studio sono riconducibili innanzitutto alla limitata rappresentatività della popolazione anziana istituzionalizzata in RSA. Infatti, se ci si riferisce alla città di Milano (n= 9.097 ospiti) il campione incluso (n=697 partecipanti) rappresenta l’8% di tutti i residenti nelle RSA e solo l’1.2% degli ospiti di tutte le RSA della Lombardia (circa 60.000 secondo i dati forniti dalla regione Lombardia al novembre 2011)23. Pertanto i risultati hanno una limitata generalizzabilità. In secondo luogo, le diverse unità di misura utilizzate Tabella 6. Nome commerciale Formulazione Acarbosio Glucobay, Glicobase cpr * Acido alendronico sale sodico Adronat cpr rischio di ulcerazioni orofaringee Acido ursodesossicolico Deursil Bisoprololo fumarato Congescor, Sequacor Calcio mefolinato Prefolic rilascio controllato cpr a rilascio controllato rilascio controllato cpr a rilascio controllato rilascio controllato Cymbalta, Xeristar Ferroso solfato Ferrograd Finasteride teratogeno durante la manipolazione Gliclazide Diamicron Glimepiride Amaryl, Solosa Isosorbide mononitrato Monoket Metoprololo tartrato Lopresor, Seloken Omeprazolo Antra cps * cpr a rilascio controllato rilascio controllato cpr * cpr, cpr a rilascio controllato, Levoxacin, Tavanic Oxicodone cloridrato Pantoprazolo sodico sesquidrato Pantorc Potassio cloruro Kcl-retard, Lentokalium assumere intere* cpr a rilascio controllato rilascio controllato cpr a rilascio controllato rilascio controllato cpr a rilascio controllato, Propafenone hcl Rytmonorm Ramipril Triatec Aldactone cps Tamsulosina cloridrato Omnic cpr a rilascio controllato *indicato nella scheda tecnica cpr: compresse; cps: capsule assumere intere* cpr rilascio controllato EVIDENCE BASED PRACTICE dagli altri autori (prevalenza riferita ai pazienti, frequenza riferita al totale delle somministrazioni, frequenza riferita dagli infermieri) hanno limitato il confronto dei risultati. I risultati del presente studio sono stati confrontati principalmente con quello di Kirkevold3,10, che misura il fenomeno riferendosi al paziente. Infine, l’analisi delle interazioni farmaco-farmaco, farmaco-alimenti si è rivelata molto complessa ed è stata effettuata solo la verifica delle interazioni delle furosemide con altri farmaci (enalapril maleato, acido acetisalicilico, prednisone, ramipril) somministrati contemporaneamente. CONCLUSIONI La triturazione dei farmaci, se non conforme alle indicazioni farmacologiche, può essere considerata una procedura inappropriata, da includere tra i potenziali errori di terapia. Inoltre, la triturazione e l’apertura dei farmaci pone gli infermieri che somministrano la terapia a rischio di eventi avversi (intolleranze, allergie, teratogenesi, problemi respiratori), dovuti alla manipolazione e all’inalazione delle polveri di farmaci quali antibiotici e citotossici. Di conseguenza, questa pratica rappresenta per la comunità infermieristica un’area da considerare attentamente, al fine di prevenire sia reazioni avverse nei pazienti, sia malattie professionali. È auspicabile che, per le compresse non triturabili (rivestite, gastroresistenti, a lento rilascio, etc.) e per le capsule, l’industria renda disponibili altre formulazioni di pari efficacia, ma più sicure. La farmaceutica geriatrica dovrà necessariamente evolvere al pari di quella pediatrica, in considerazione dell’aumento della popo- BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Wright D. Medication administration in nursing homes. Nursing Standard 2002; 16:33-8. Paradiso L, Roughead E, Gilbert A, Cosh D, Nation R, Barnes L et al. Crushing or altering medications: what’s happening in residential aged-care facilities? Australasian Journal on Ageing 2002; 21:123-7. Kirkevold Ø, Engedal K. What is the matter with crushing pills and opening capsules? 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Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing 2010; 17:761-8. anno XXV n. 1 - Giugno 2014 27 lazione anziana, caratterizzata da una maggiore aspettativa di vita, ma al tempo stesso da maggiori comorbidità, disabilità e necessità di poli-farmacoterapia. Infine, a tutti i livelli dovrebbero essere implementati programmi multidimensionali e multidisciplinari, che tengano conto della verifica delle forme farmaceutiche alternative attualmente disponibili, per diminuire i rischi di effetti avversi e gli errori terapeutici da somministrazione di farmaci alterati. RINGRAZIAMENTI Un ringraziamento per aver consentito la realizzazione dello studio va a Don Dorino Zordan, Direttore Generale dell’Istituto Provincia Religiosa di San Marziano di Don Orione -Piccolo Cottolengo, alla Dott.ssa Maria Rita Zani, responsabile del servizio infermieristico assistenziale dell’Istituto Palazzolo Fondazione Don Gnocchi, e alla Dott.ssa Rosa Viola, responsabile del servizio assistenziale dell’Istituto Polo Geriatrico Riabilitativo San Faustino. CONTRIBUTO DEGLI AUTORI Ideazione e disegno dello studio: Anna Castaldo, Camilla Boeri, Miriam Magri, Talia Melo Acquisizione dei dati: Camilla Boeri Analisi e interpretazione dei dati: Anna Castaldo, Camilla Boeri, Renzo Bagarolo, Andrea Giordano Stesura dell’articolo: Camilla Boeri, Anna Castaldo, Andrea Giordano Revisione critica di importanti contenuti intellettuali: Anna Castaldo, Andrea Giordano Approvazione finale della versione da pubblicare: Camilla Boeri, Renzo Bagarolo, Anna Castaldo, Andrea Giordano, Miriam Magri, Talia Melo. 10. Kirkevold Ø, Engedal K. Is covert medication in Norwegian nursing homes still problem? Drugs Aging 2009; 26:333-44. 11. Torrinomedica. Disponibile a: http://www.torrinomedica. it/farmaci/prontuario/indice_ prontuario.asp. Ultimo accesso: 30 ottobre 2013. 12. Agenzia Italiana del Farmaco. Banca Dati Farmaci. Disponibile a: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it Ultimo accesso: 30 ottobre 2013. 13. 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Rev Lat Am Enfermagem 2010;18:888-94. 18. Ministero della Salute. Dipartimento della qualità direzione generale della programma- 19. 20. 21. 22. 23. zione sanitaria, dei livelli di assistenza e dei principi etici di sistema ufficio III. Raccomandazione per la prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica. Disponibile a: www.salute.gov.it/ qualita/archivioDocumentiQualita.jsp?lingua=italiano&id=675. Ultimo accesso: 30 ottobre 2013. Van Den Bemt P, Idzinga J, Robertz H, Groot Kormelink D, Pels N. Medication administration errors in nursing homes using an automated medication dispensing system. Journal of the American Medical Informatics Association 2009;16:486-92. Idzinga JC, Jong AL, van den de Bemt PMLA. The effect of an intervention aimed at reducing errors when administering medication through enteral feeding tubes in an institution for individuals with intellectual disability. 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Tratto da “NURSING FAD NAZIONALE” - dossier “IL TRATTAMENTO DELLE LESIONI DA DECUBITO” PUNTI CHIAVE · I criteri generali. · Alcune indicazioni particolari. IN SINTESI La scelta di una superficie antidecubito deve rispondere a specifici obiettivi clinici (prevenzione o trattamento), tenere conto del contesto assistenziale e aver presente le considerazioni economiche, ma è frutto in definitiva della valutazione dell’operatore sanitario nel singolo caso. Alcune categorie di pazienti, come i grandi obesi e i pazienti candidati all’intervento chirurgico hanno esigenze particolari. I criteri generali Mentre è condivisa l’indicazione all’uso di una superficie antidecubito in pazienti a rischio di sviluppare ulcere, non ci sono precisi orientamenti sulle diverse tipologie di presidi a disposizione. Per la loro scelta, gli operatori sanitari dovrebbero considerare alcuni aspetti: · obiettivi clinici: l’infermiere dovrà tenere conto non solo degli aspetti preventivi ma anche di quelli terapeutici, qualora il soggetto sia già portatore di una o più ulcere (in questo caso, per esempio, è molto più indicata una superficie alimentata fluidizzata, a pressione alternata o a lenta cessione d’aria). Inoltre, se non è possibile riposizionare il paziente nel letto, si dovrebbe utilizzare un presidio alimentato piuttosto che uno non alimentato (a bassa tecnologia).1 In termini generali e in merito al risk management, va considerato il pericolo di cadute in alcuni soggetti (per esempio quelli in stato confusionale) favorito dall’adozione di sovramaterassi, quando applicati a strutture da letto obsolete (sponde applicate, posizionate distanti dalla struttura eccetera) o molto basse.2 Alcune domande possono orientare la scelta dell’infermiere: → “Ci sono condizioni cliniche che possono esacerbare il rischio di sviluppare ulcere (instabilità emodinamica, riposizionamento impossibile/inadeguato, problemi di gestione dell’umidità cutanea, necessità di tener sollevata la testata del letto eccetera?” → “La superficie antidecubito ha causato qualche problema al paziente (riduzione della mobilità, discomfort, dolore, bottoming out, eccessiva secchezza cutanea, formazione di ulcere)”? → “L’ulcera preesistente è peggiorata, nonostante le cure appropriate (impossibilità a ottenere aiuto nella gestione del paziente da parte del caregiver, posizionamento adeguato, gestione dell’umiditàeccetera)”? · contesto assistenziale: il paziente ricoverato in ospedale ha necessità diverse da quelle che potrebbe avere in ambito domiciliare. Ciò che bisogna assicurare è la continuità dell’assistenza, sia all’interno del contesto ospedaliero sia, alla dimissione, nel contesto di vita del paziente (e, viceversa, in caso di ricovero). Una trasmissione di informazioni accurata e tempestiva serve per ridurre i tempi di valutazioni del paziente, evitare il ripetersi di situazioni sfavorevoli, utilizzare al meglio risorse umane e materiali. Particolarmente delicati sono i momenti del trasferimento dei pazienti tra contesti “di frontiera”, dal territorio al reparto di ricovero, passando per il Pronto soccorso (si tenga presente che il paziente, può sostare parecchie ore su una barella prima di essere ricoverato ed essere posizionato su una superficie antidecubito) oppure dal reparto chirurgico alla sala operatoria (in questo caso, a seconda del tipo di intervento, il paziente può sostare anche più di 4 ore su un tavolo operatorio con presidi antidecubito inadeguati a far fronte alle sue esigenze). Inoltre, alla dimissione il paziente deve continuare il suo programma di prevenzione adottando presidi antidecubito da letto e da carrozzina, considerando che, in posizione seduta, circa il 70% del peso del corpo è distribuito su una superficie molto ridotta e che circa il 50% delle ulcere da decubito che si formano sono rilevate sul sacro, sul coccige e sulle due tuberosità ischiatiche.3 In questo caso la domanda da porsi è: → “Lo staff è competente per le procedure da adottare, rispetto ai diversi contesti assistenziali (conosce i percorsi per ottenere rapidamente gli ausili antidecubito necessari, per richiedere assistenza in caso di bisogno, conosce gli elementi del risk management non solo in termini di prevenzione delle ulcere ma, più in generale, di sicurezza del paziente)”? · considerazioni economiche: negli ultimi anni, alcuni strumenti amministrativi sono stati utilizzati per abbattere i costi di affitto/acquisto di alcuni beni e servizi da parte delle aziende sanitarie (e i presidi antidecubito non hanno fatto eccezione). Gare di acquisto di Area vasta o Regionali, global service, full service proposal, sono ormai termini utilizzati frequentemente dagli addetti ai lavori per assicurarsi tecnologie a un prezzo di mercato ragionevole. Dall’altro versante esistono ancora strumenti normativi inadeguati a far fronte alle esigenze dei pazienti EVIDENCE BASED PRACTICE (come il DM n. 332 del 1999, meglio conosciuto come Nomenclatore tariffario delle protesi ed ausilii). La sfida a cui oggi i professionisti sono chiamati sta proprio nella capacità di far coincidere le indicazioni derivanti dalla letteratura scientifica con i bisogni del paziente e con le possibili risposte fornite dall’organizzazione e dal contesto (economico), rispettando il principio della continuità di cura/assistenza. Un algoritmo decisionale che mette in correlazione i bisogni assistenziali con le possibili superfici antidecubito utilizzabili, è riportato in Tabella 2.4 Alcune indicazioni particolari Alcune categorie di pazienti necessitano di superfici antidecubito particolari, in quanto le loro condizioni cliniche, o comunque legate a fattori intrinseci, li pongono in condizioni di rischio più elevate. È il caso dei pazienti grandi obesi e di quelli sottoposti a chirurgia. Grandi obesi Le problematiche cutanee ricorrenti nei pazienti con obesità grave sono dovute a deficit di perfusione cronica a livello sistemico per problemi cardiocircolatori.5 anno XXV n. 1 - Giugno 2014 29 Oltre a questi problemi, la malnutrizione (intesa come carenza di oligoelementi e vitamine) è da considerare un fattore di rischio aggiuntivo. Inoltre, i problemi di igiene personale predispongono la cute alla formazione di piccole ragadi, intertrigo, rash, candidosi cutanea. Per questi motivi nei pazienti obesi è bene utilizzare letti adeguati con materassi di portata massima terape tica dichiarata. Questi presidi avranno dei supporti separati per le gambe (molto pesanti), in alcuni casi sarà possibile sollevare la testata, abbassando contemporaneamente la parte inferiore del letto, trasformando il letto stesso in una poltrona, sulla quale il paziente già si trova. Va tenuto conto della larghezza del letto rispetto alle dimensioni del paziente, oltre che dell’altezza (che non deve essere né eccessiva, per non aumentare il rischio di cadute e di fratture, né troppo bassa, per evitare di sovraccaricare la zona lombare del paziente nel momento dell’alzata). Attualmente la tecnologia mette a disposizione letti con movimenti idraulici o elettrici che facilitano le operazioni gli operatori sanitari. In alcuni casi, l’uso di presidi antidecubito a pressione alternata può limitare la mobilità di questi pazienti, più che i presidi non alimentati (come quelli in 30 EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXV n. 1 - Giugno 2014 schiuma di poliuretano ad alta densità o in visco-elastico).6 vento richiede più di 3 ore, bisognerebbe utilizzare delle superfici antidecubito in visco-elastico o in gel.1 Pazienti operati Le percentuali di pazienti che sviluppano ulcere da decubito a seguito di intervento chirurgico sono molto alte (Tabella 3).7,8 Secondo alcuni autori, la chirurgia di per sé è un fattore di rischio, a prescindere dalle condizioni del pazien te.9 Oggigiorno si tendono a considerare quali fattori di rischio aggiuntivo, per i pazienti sottoposti a chirurgia: · lunghezza dell’intervento (oltre 3 ore; vedi Tabella 3); · episodi ipotensivi intraoperatori (dovuti a perdite ematiche o altro); · ipotermia intraoperatoria; · riduzione della mobilità in prima giornata post operatoria. Inoltre in questi pazienti bisogna considerare la posizione che sarà assunta durante l’intervento: in caso di posizioni particolari (per esempio laterali) o se l’interBIBLIOGRAFIA 1. 2. European Pressure Ulcer Advisory Panel and National Pressure Ulcer Advisory Panel. Prevention and treatment of pressure ulcers: quick reference guide. Washington DC: National Pressure Ulcer Advisory Panel (2009). (http://www.epuap.org/guidelines/Final_ Quick_Treatment.pdf). U.S. Food and Drug Administration (FDA), Center for Devices and Radiological Health: Hospital bed system dimensional and assessment guidance to reduce entrapment (2006). 3. 4. 5. (http://www.fda.gov/downloads/MedicalDevices/DeviceRegulationandGuidance/GuidanceDocuments/ucm072729.pdf). Agris J, Spira M. Common sites for pressure ulcers and frequency and ulceration per site. Clin Symp 1979; 31:2-8. Norton L, Coutts P, Sibbald RG. Beds: practical pressure management for surfaces/mattresses. Adv Skin Wound Care 2011; 24:32432. 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IN SINTESI In genere il prelievo di sangue non dovrebbe essere effettuato da catetere venoso centrale, in situazioni di emergenza o nei casi in cui il paziente abbia uno scarso patrimonio venoso si può optare per il prelievo a livello centrale. Prima di effettuare il prelievo è necessario lavarsi le mani e indossare i dispositivi di protezione individuale (guanti e occhiali). Dopo il prelievo va eseguito un lavaggio con 10 ml di soluzione fisiologica iniettata con manovra pulsante e chiusura in pressione positiva. Il lavaggio non va mai eseguito prima del prelievo. Per eseguire l’emocoltura il prelievo va fatto senza scartare nulla e dopo aver disinfettato il needleless system con clorexidina al 2%. EVIDENCE BASED PRACTICE In oncologia e in pediatria i cateteri venosi centrali sono utilizzati di routine per i prelievi ematici ma in linea generale è bene limitare i prelievi di sangue dal catetere venoso centrale ed eseguirli da una vena periferica. Il passaggio di sangue nel catetere lascia residui all’interno del lume o nei raccordi che potrebbero non essere rimossi se il lavaggio non viene eseguito correttamente. Il passaggio di sangue nel catetere può favorire la formazione di microcoaguli che potrebbero diventare veri e propri trombi adesi alla parete del catetere fino a causarne l’occlusione. Anche gli aggregati di fibrina sono un terreno idoneo allo sviluppo di germi patogeni e tale situazione può favorire l’insorgenza di un’infezione, pertanto i prelievi ematici vanno eseguiti in maniera corretta. I prelievi per i controlli della coagulazione vanno sempre eseguiti da una vena periferica, in particolare nei malati in terapia con anticoagulanti orali (TAO) o con infusione continua di eparina o nei soggetti con accertata/sospetta alterazione della cascata coagulativa.1 È possibile effettuare un prelievo di sangue dal catetere venoso centrale nelle seguenti situazioni: · situazioni di emergenza, perché il prelievo dal catetere centrale consente un accesso rapido e sicuro a una vena di grosso calibro; · scarso patrimonio venoso del malato; · pazienti pediatrici, per evitare il trauma della puntura della vena. Si devono evitare i prelievi per il dosaggio della glicemia quando attraverso il catetere venoso centrale si somministrano: · soluzioni glucosate; · sacche di nutrizione parenterale.2 Se il catetere venoso centrale ha un lume piccolo è buona norma evitare il prelievo dal catetere per evitare il rischio di emolisi e rendere così il risultato del prelievo non attendibile.2 Procedura per il prelievo di sangue Quando si effettua un prelievo ematico da catetere venoso centrale è necessario lavarsi le mani e indossare i dispositivi di protezione individuale, in particolare: guanti e occhiali.1,3 Se il catetere centrale ha più lumi, si deve usare il lume con il calibro maggiore (solitamente è la via prossimale) per evitare l’emolisi e, naturalmente, va sospesa l’infusione nel momento in cui si deve effettuare il prelievo. Non è raccomandato lavare il catetere prima del prelievo in quanto, utilizzando siringhe di calibro non inferiore a 10 ml, si devono scartare 5 ml di sangue (prelievo di spurgo)1,3 prima di riempire le provette, perché BIBLIOGRAFIA 1. 2. Royal College of Nurses. Standards for infusion therapy, 2010. http://www.ivteam.com/standards-for-infusion-therapy/ Registered Nurses Association Ontario. Care 3. anno XXV n. 1 - Giugno 2014 31 potrebbe contenere parte delle soluzioni infuse (viene considerato contaminato).1,3 Al termine va eseguito un lavaggio con 10 ml di soluzione fisiologica iniettata con manovra pulsante e chiusura in pressione positiva. Questa tecnica va eseguita sempre per mantenere la via pulita e pervia, senza residui ematici che potrebbero portare all’occlusione del lume o all’infezione del catetere venoso centrale.1,3 Nei cateteri con punta valvolata il prelievo ematico va eseguito evitando di innestare direttamente il sistema vacutainer al catetere, per evitare possibili rotture della punta valvolata del catetere venoso centrale. È quindi necessario collegare al catetere un raccordo a due vie (rubinetto) a cui si collega una siringa da 10 ml e la provetta da riempire: ruotando la leva del raccordo si esclude la via collegata alla provetta riempendo così la siringa. Ruotando nuovamente la leva del raccordo si esclude la via collegata con il catetere, mettendo in collegamento siringa e provetta che, grazie al vuoto, si riempirà prendendo il sangue direttamente dalla siringa ed evitando così la rottura della punta valvolata. Prelievo per emocoltura4 In caso di sospetta infezione del catetere venoso centrale il prelievo per emocoltura va eseguito contemporaneamente da vena periferica e dal catetere venoso centrale, in rapida successione. Se il catetere venoso centrale è multi lume, il prelievo va fatto da ognuno dei lumi, anche da quelli non utilizzati.4 Si disinfetta il needleless system con clorexidina al 2%, in base alcolica, e si preleva (tramite vacutainer o siringa) il sangue senza scartare nulla, diversamente da quanto previsto per gli altri esami ematici. Si preleva prima il campione anaerobio e poi quello aerobio, avendo l’accortezza di cambiare l’ago tra un flacone e l’altro. Generalmente vengono eseguite 3 emocolture (aerobi e anaerobi) a distanza di circa 20 minuti una dall’altra. Al termine del prelievo va eseguito il lavaggio di ciascun lume del catetere venoso centrale. In alcuni ospedali italiani l’emocoltura viene effettuata utilizzando la tecnica di coltura semi quantitativa (isolator). Anche in questo caso il prelievo può essere fatto sia da vena centrale sia da vena periferica in rapida successione e senza scartare nulla. Si consiglia di seguire le indicazioni del laboratorio di microbiologia dell’ospedale di riferimento. Se la febbre persiste le emocolture vanno eseguite ogni 72 ore, sia da accesso periferico sia da accesso centrale, fino alla scomparsa della febbre. and manteinance to reduce vascular access complications. Nursing Best Practice Guidelines 2005. www.rnao.org/bestpractices Ramritu P, Halton K, Collignon P, Cook D, Fraenkel D, Battistutta D, Whitby M, Graves N.A systematic review comparing the relative 4. effectiveness of antimicrobial-coated catheters in intensive care units. Am J Infect Control. 2008;36(2):104-17. Dolcetti L, Scoppettuolo G, De Pasquale G. Tecnica corretta per l’esecuzione di emocolture. Roma 2007. www.gavecelt. info/uploads/protocollo_emocolture.pdf 32 anno XXV n. 1 - Giugno 2014 NELLA NORMA Commento alla posizione del Consiglio di Stato riguardante i volontari impegnati nei diversi mezzi di soccorso La posizione del Consiglio di stato n. 849 del 2014 ha provocato molte tensioni tra gli infermieri perché intesa come un pronunciamento sfavorevole alla professione nelle sue specificità operative. Di seguito la lettura ragionata della sentenza di Annalisa Silvestro - Presidente Nazionale Federazione IPASVI - e Barbara Mangiacavalli - Segretaria Federazione IPASVI. LA STORIA Il collegio IPASVI della provincia di Bolzano è da anni impegnato nella “querelle” infermieri vs volontari impegnati nei diversi mezzi di soccorso. Tutto nasce nel 1997 a seguito di un atto deliberativo provinciale (deliberazione n. 2739 del 17.06.1996) che non prevede la presenza di infermieri nelle ambulanze di soccorso. Dopo un ricco carteggio - che vede anche lo scambio di numerosi pareri legali - che si sviluppa negli anni con le Istituzioni provinciali, il Commissario di Governo e l’Azienda sanitaria, oltre che l’attivazione di numerose iniziative di confronto e sensibilizzazione per l’inserimento della figura dell’infermiere nelle ambulanze /mezzi di soccorso, si giunge nel 2003 ad un incontro con l’Assessore alla sanità e i diversi Direttori della ripartizione Sanitá della Provincia. Nell’incontro viene stabilito di inserire due componenti del consiglio direttivo del Collegio Ipasvi di Bolzano in un gruppo di lavoro provinciale denominato “medicina d’urgenza”. Il gruppo di lavoro aveva l’obiettivo di elaborare e proporre alla Giunta Provinciale, i contenuti per la formazione di tipo A e B dei soccorritori volontari da inserire nelle ambulanze. Nel 2004 con deliberazione n. 312, la Provincia di Bolzano, nonostante la ferma opposizione del Collegio Ipasvi, approva anche i contenuti per la formazione di un livello “C”. I componenti infermieri del gruppo “medicina d’urgenza” nella riunione del 21.02.2005 evidenziavano l’intenzione di presentare un ricorso al TAR, se non si fossero portate modifiche sul programma di formazione del livello “C”. Dopo l’espressione del TAR a favore del Collegio IPASVI, la Provincia autonoma di Bolzano in data 28.07.2006, presenta ricorso in sede giurisdizionale contro tale sentenza presso il Consiglio di Stato. Interviene nel procedimento l’associazione “Croce Bianca” a sostegno delle ragioni della Provincia autonoma di Bolzano. In data 06.06.2011 la Giunta Provinciale delibera con n. 922 l’impiego del personale infermieristico sui mezzi di soccorso, stabilendo però che sull’auto medica (nef) l’equipaggio deve essere composto, oltre che dal medico, dall’autista soccorritore e/o infermiere. In data 05.10.2011 il Collegio IPASVI di Bolzano ha fatto ricorso contro la Provincia Autonoma di Bolzano per annullamento della deliberazione della Giunta Provinciale del 06.06.2011 n. 92, avente per oggetto l’impiego del personale infermieristico sui mezzi di soccorso in Alto Adige. L’ATTUALITÀ La sentenza emessa dal Consiglio di Stato ha suscitato tensioni tra gli infermieri bolzanini e non solo, perché intesa come un pronunciamento sfavorevole alla professione infermieristica nelle sue specificità operative. L’attenta lettura del disposto del Consiglio di Stato induce a ritenere, di contro, che il pronunciamento sia coerente con le funzioni infermieristiche delineate dal quadro giuridico e regolamentare in vigore. L’attività del Volontario del soccorso viene, infatti, vincolata in terreni puntualmente definiti e, marcatamente, non di tipo professionale. Il Consiglio di Stato, sottolinea più volte che le attività attribuite al Volontario del soccorso sono di stampo mansionariale, prive di autonomia, e prettamente ausiliarie al medico oltre che effettuate sotto la sua diretta supervisione. Nella sentenza il volontario del soccorso non viene mai definito “operatore di interesse sanitario” (art. 1. c. 2, L. 43/2006). ALCUNI STRALCI DELLA SENTENZA Si riportano di seguito alcuni stralci della sentenza del Consiglio di stato di particolare pregnanza per la questione di cui trattasi. La sentenza de qua è riportata compiutamente in allegato. “… 7.2.3 … le singole descrizioni degli obiettivi formativi contenute nell’allegato NELLA NORMA A dell’impugnata deliberazione n. 3775 del 18 ottobre 2004 … non possono qualificarsi come attributive ai soccorritori di compiti ed attività riservate alla professione infermieristica quali definite, in seguito alla legge di riforma delle professioni sanitarie (l. 26 febbraio 1999, n. 42), nelle tre fonti costituite dai decreti ministeriali istitutivi dei rispettivi profili professionali, dall’ordinamento didattico universitario e dal codice deontologico della professione di infermiere. Infatti, dall’esame degli elenchi degli argomenti formativi e degli obiettivi di apprendimento di cui agli allegati A e B dell’impugnata deliberazione … emerge che l’attività del soccorritore si risolve in attività materiali e meramente ausiliarie a supporto del medico d’urgenza, da eseguire in sua presenza e senza la minima autonomia decisionale e, dunque, in un’attività di assistenza materiale al medico d’urgenza, mentre la figura professionale dell’infermiere è definita come … [dm 739/94, nda] … le conoscenze oggetto del programma di formazione dei soccorritori … attengono, dunque ad attività a supporto materiale del medico d’emergenza, di natura meramente esecutiva ed alle strette ed immediate dipendenze di quest’ultimo che giammai possono qualificarsi alla stregua della sopra delineata attività professionale infermieristica, di assistenza clinica diretta ai pazienti; … la competenza dei soccorritori di livello C in ordine ai medicinali non riguarda ne la anno XXV n. 1 - Giugno 2014 33 relativa prescrizione ai pazienti ne la relativa somministrazione diretta, ma si esaurisce nell’attività meramente ausiliaria e materiale di ‘conoscere e preparare alla somministrazione di tutti i farmaci presenti nell’unità mobile (flaconcini miscelanti, fiale perforabili e fiale a rottura)’, su indicazione e sotto supervisione del medico di emergenza ferma restando la somministrazione al paziente ad opera del medico stesso … ne la deliberazione impugnata può ritenersi introduttiva di una nuova figura di professione sanitaria … e/o di attività riservate a quest’ultima ma di attività assistenziali organizzative a supporto ed ausilio al medico di emergenza (v. sopra sub 7.2.2), senza dunque invadere le competenze statali in materia di professioni …”. CONSIDERAZIONI Ogni applicazione generalizzata delle attività (ausiliarie, nda) citate nella sentenza del Consiglio di Stato per il Volontario del soccorso in contesti diversi da quelli previsti e puntualmente delineati, è chiaramente esclusa. Diviene pertanto obbligo deontologico, oltre che giuridico, denunciare ogni estensione di tali suddette attività, in campi già definiti per le professioni infermieristiche. Doppio lavoro, infermiere condannate PAVIA. Infermiere del Policlinico che, durante le malattie o perfino simulando la propria presenza in ospedale, lavoravano alla clinica Maugeri. Con l’accusa di truffa il giudice ha condannato ieri mattina B.B., a 8 mesi e 10 giorni di reclusione e 700 euro di multa. Sentenza di condanna, a 5 mesi e 388 euro di multa, anche per E.C. In entrambi i casi il giudice ha concesso la sospensione della pena e disposto il risarcimento dei danni di immagine e patrimoniali al Policlinico San Matteo, parte civile con l’avvocato Alessandra Stefano e la dottoressa Francesca Busalla. Il danno dovrà essere però quantificato in sede civile. Se il processo si è chiuso per due imputate, resta in sospeso la posizione di una terza infermiera, che ha scelto il rito ordinario e si presenterà in tribunale a maggio. L'infermiera dovrà difendersi dall’accusa di avere lavorato alla Maugeri durante il periodo di malattia al Policlinico. La dipendente, per la precisione, pur lavorando nel reparto di Cardiochirurgia degenti del San Matteo avrebbe prodotto un certificato medico in cui si parlava di uno “stato morboso” che imponeva l’assenza dal lavoro per due giorni. Assenza durante la quale l’infermiera avrebbe invece lavorato all’Unità risveglio della Maugeri. L’accusa di truffa, per le infermiere, si basava sul presupposto di avere percepito soldi pubblici, attraverso la retribuzione della malattia. Nei loro confronti l’ospedale aveva aperto un procedimento disciplinare ed erano state sospese in attesa della sentenza. I fatti oggetto del processo risalgono agli anni dal 2006 al 2007. La Finanza, che stava già indagando per evasione fiscale su una società pavese, la Nursing Srl, che forniva infermieri agli ospedali (oggi la società è in liquidazione), chiese al Policlinico i documenti sui nominativi di circa 200 dipendenti che risultavano nell’agenda della società pavese. Dopo quei controlli per alcuni degli infermieri fu avviato un procedimento penale, perché incrociando i dati delle loro presenze al Policlinico e in altre cliniche private emerse l’ipotesi che alcuni dipendenti del San Matteo facessero il doppio lavoro. NORME PER GLI AUTORI La rivista Infermiere-Collegio pubblica articoli originali di natura scientifica, comunicazione di esperienze professionali, comunicazione di eventi congressuali e scientifici, lettere e richieste aventi carattere di interesse generale in campo Infermieristico, Medico e Sociale e comunque attinenti la Professione Infermieristica. I lavori possono pervenire su supporto cartaceo ed eventualmente elettronico e dovranno avere queste caratteristiche: • lettere, lettere aperte: devono essere dattiloscritte in singola copia e contenere generalità, titoli professionali e istituzione di appartenenza degli Autori, nonché recapito telefonico e indirizzo completo dell’Autore referente. • articoli scientifici, comunicazioni professionali: devono pervenire in copia dattiloscritta o su corrispondente dischetto (in formato PDF o Word) etichettato con nome degli Autori e titolo dell’opera; il testo degli articoli non dovrà superare le 15 cartelle dattiloscritte di 30 righe, ognuna con 60 battute spazio 2, più un massimo di 5 tabelle numerate o fotografie, entrambe in originale. Gli articoli dovranno essere corredati da un riassunto in italiano contenuto in 150 parole, nonché da: nome, cognome dell’autore, qualifica professionale, nome dell’ente di appartenenza, recapito postale e telefonico. La bibliografia deve essere limitata all’essenziale, i riferimenti bibliografici vanno indicati con numeri progressivi posti tra parentesi ed inseriti nel corpo del testo. Illustrazioni, fotografie e tabelle devono essere allegate in singoli fogli o in formato elettronico nel dischetto, ordinate numericamente (Tab. 1; Fig. 1) ed avere qualità elevata di riproduzione grafica. Gli Autori rimangono responsabili dell’autenticità e veridicità del contenuto dei lavori inviati, dei riferimenti esposti, dell’originalità delle illustrazioni e tabelle, ecc… Tutti i lavori devono essere inviati in busta chiusa con lettera di accompagnamento che autorizza la pubblicazione. I materiali inviati non verranno comunque restituiti salvo espliciti accordi.
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