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 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 IX Congresso Nazionale Uiltrasporti -­‐ Fiuggi, 22-­‐24 luglio 2014 PREMESSA Con l'aumentare della mobilità nella nostra società, la politica dei trasporti dell'UE si concentra su aspetti specifici che interessano tutti i paesi dell'Unione europea, fra cui la congestione del traffico (stradale e aereo), la dipendenza dal petrolio e le emissioni di gas serra. L'obiettivo che si pone l’UE è quella di elaborare una strategia (e fornire i finanziamenti necessari) per modernizzare l'infrastruttura dei trasporti in tutta l'UE, oltre che cercare modi per aiutare l'Europa a essere concorrenziale sul mercato mondiale dei trasporti in forte espansione. Dalla crisi economica si esce favorendo una politica di investimenti che sia imperniata su un efficace ruolo delle infrastrutture. I trasporti rappresentano un volano formidabile se orientati a risposte efficaci rispetto alla domanda. Occorre un progetto infrastrutturale nazionale maggiormente integrato rispetto allo sviluppo del paese, che non può prescindere dal necessario collegamento alle reti Ten–T e dallo sviluppo dei distretti industriali, da interfacciare con un piano generale della logistica e dei trasporti, ed in grado di realizzare un quadro di insieme omogeneo e funzionale alle finalità di sviluppo. Le politiche di trasporto debbono rispondere a criteri di integrazione che superino il vetusto schema della competizione. In tutti gli ambiti, merci e passeggeri, lunghe percorrenze e trasporto locale, lo schema dello sviluppo deve passare su una analisi dei flussi e sulla capacità di individuare la modalità più opportuna e meno dispendiosa in una visione ampia e sinergica. Carente è risultato il ruolo della politica, e non solo per la mancanza di programmazione. Nel momento in cui i Governi fin qui succedutisi hanno impostato le possibili soluzioni affidandole a tecnici e tecnicismi il risultato prodotto ha avuto il solo effetto di allontanare la visione programmatoria e di indirizzo per affermare il valore assoluto della spesa e dei parametri, che hanno depresso la capacità di crescita e di sviluppo delle attività economiche. Una vera e profonda revisione delle disposizioni del titolo V della Costituzione, aiuterebbe nel facilitare il processo infrastrutturale. Troppi gli impedimenti che ostacolano un reale sviluppo infrastrutturale. Gli investimenti sulle infrastrutture, a nostro avviso, non possono che riguardare un sistema pubblico in cui, per attrarre finanziatori privati, vengano date certezze di remunerazione per il capitale investito; è vero, infatti, che gli interventi dei privati in un complesso di partnership pubblico-­‐privata sono in grado di costituire un’opportunità da considerare con interesse, in un contesto però di regole chiare ed esigibili che, in primo luogo non penalizzino le tutele sociali, le prerogative delle amministrazioni locali e, in ogni caso, determinino un sistema qualitativo ed efficiente in grado di rispondere attraverso un significativo sviluppo del sistema produttivo. In tale contesto la contrapposizione pubblico/privato appare più una strumentalità per allontanare l’orizzonte degli interventi riformatori necessari che un’effettiva qualificazione delle attività. Pubblico deve rimanere l’ambito dei servizi indirizzati alla collettività, garantiti ed efficienti, prescindendo dal gestore che dovrà rispondere a rigidi parametri di regolazione e di clausole sociali sia in termini di qualità che di quantità dei servizi sia di ricadute sul fattore lavoro. Registriamo, in questa fase, l’assenza nei programmi di Governo di un piano dedicato ai trasporti e cresce la preoccupazione che tale ambito sia considerato residuale e solo un elemento di costo. La salvaguardia dell’ambiente è da considerare un ulteriore elemento di valutazione che, contrariamente alle affermazioni in sede europea, contraddistinguono una politica nazionale disattente o forse troppo attenta a pressioni di lobby. L’utilizzo di risorse incentivanti possono rilanciare esperienze come la cosiddetta “autostrada viaggiante” (camion sui treni) e l’implementazione del “ecobonus” per il trasporto via mare ed inoltre un piano per il potenziamento infrastrutturale e sistemico di una rete nazionale di piattaforme logistiche e dei relativi collegamenti ferroviari, portuali e stradali. Da non escludere l’assunzione nel nostro ordinamento con la relativa conseguente applicazione della direttiva Eurovignette 1 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 che ripartisce i costi delle infrastrutture sulle varie modalità evitando sperequazioni che incentivano trasporti inquinanti e dai rilevanti costi indotti. Occorrono altresì indirizzi e norme alle quali le grandi aree metropolitane e le città vengano incentivate per sviluppare un trasporto sostenibile, con forte disincentivazione all’uso dell’auto privata ed investimenti per la viabilità riservata al trasporto pubblico locale, per il potenziamento delle modalità di trasporto a minore impatto ambientale (filovie, tramvie, metropolitane, ecc.) e per lo sviluppo di un’adeguata rete di parcheggi di scambio. Infine uno sforzo nel riequilibrare quel divario tra Mezzogiorno e resto del paese, allargatosi ulteriormente nel corso di questo estenuante periodo di crisi economica, che vede fortemente penalizzato sia il trasporto delle merci che della mobilità delle persone. Le priorità nazionali sulle politiche per la mobilità Le aree tematiche rilevanti per il futuro dei trasporti in Italia da condividere, programmare e regolamentare sono: a. concorrenza, competitività e regolazione nei trasporti; b. programmazione, scelte e meccanismi di finanziamento degli investimenti; c. integrazione del sistema logistico e politiche per il trasporto merci; d. riorganizzazione del trasporto pubblico locale. Alcuni snodi prioritari che possono essere fattori di stimolo per una ripresa di centralità del settore della mobilità quale elemento di stimolo per superare alcuni dei deficit di competitività che frenano lo sviluppo economico del Paese possono essere rappresentate da: -­‐ il ruolo centrale delle aree metropolitane, quale punto di accumulazione degli elementi di costo sociale ed economico derivanti dalla inadeguatezza del sistema dei servizi di trasporto; nel corso degli anni si è accumulato un deficit di investimenti nella modernizzazione dei servizi urbani, che oggi hanno generato elevati squilibri di efficienza, che determinano congestione, inquinamento, bassa efficienza nel processo di erogazione dei servizi di mobilità collettiva; le scelte pubbliche di riorganizzazione strategica delle reti e dei servizi di trasporto debbono ripartire da una nuova centralità delle città; -­‐ le profonde modificazioni nella geografia internazionale del lavoro che hanno posto il nostro Paese ai margini di una rivoluzione logistica che sta cambiando profondamente la mappa dei flussi e degli scambi di merce; rischiamo di perpetuare una politica delle infrastrutture che continua a guardare ad una geografia industriale e logistica che intanto ha modificato profondamente i propri baricentri; -­‐ le politiche di regolazione del settore che registrano gli esiti di una produzione normativa degli ultimi decenni oscillante ed incerta, apparentemente ansiosa di intraprendere la strada delle liberalizzazioni e della modernizzazione, ma in realtà capace sinora di preservare gli assetti tradizionali dei principali comparti, più orientati alla tutela delle posizioni precedenti che non capaci di traguardare la modernizzazione necessaria. Ci si auspica che l'avvio della Autorità di regolazione dei trasporti possa coincidere con un riordino del metro regolatorio: VIABILITA’ Autostrade. Il settore autostradale è costituito da 25 società che gestiscono, al 30 giugno 2013, 6.734,2 km, attraverso un contratto di concessione, a tempo, con lo Stato per la gestione del servizio e la riscossione del pedaggio. Alcune di esse hanno la concessione scaduta o di prossima scadenza e al momento, nonostante siano state 2 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 esperite le gare per la nuova assegnazione, permangono problemi per proseguire e concludere la procedura perché in atto ricorsi a vario titolo. Nel complesso le società autostradali hanno registrato un calo del traffico nel periodo 2010-­‐2013 abbastanza consistente, con la punta massima nell’anno 2012, così come riportato nella tabella sottostante: 2010 rispetto al 2009 2011 rispetto al 2010 2012 rispetto al 2011 2013 rispetto al 2012 Leggero -­‐0,1 % -­‐1,4 % -­‐7,0 % -­‐1,7 % Pesante +2,2 % -­‐0,1 % -­‐ 7,5 % -­‐2,7 % Generale +0,4 % -­‐1,1 % -­‐7,1 % -­‐2,0 % Le ragioni di tale trend negativo sono principalmente dovute alla complessiva crisi economica di questi anni che ha ridotto sensibilmente i consumi complessivi degli italiani sia in termini di acquisti di beni, e quindi impattando sulla movimentazione delle merci (traffico pesante), sia nella riduzione degli spostamenti dei cittadini per ragioni turistiche nei week-­‐end o per periodi maggiori durante l’estate (traffico leggero). L’anno 2013 ha registrato una inversione di tendenza o meglio una stabilizzazione che fa prevedere che anche nel 2014 il calo del traffico si attesti intorno al -­‐2 %. Un ulteriore dato è il confronto dei km percorsi ogni anno sull’intera rete autostradale che vede proprio nel 2012 in calo forte rispetto al 2011 con quasi 6.000.000 km in meno percorsi. 2010 2011 2012 83.271.000.000 km 82.357.100.000 km 76.424.900.000 km Altro elemento che ha inciso sulle scelte degli italiani su come spostarsi in questi anni è stato il costante aumento dei costi dei carburanti e delle tariffe che ha determinato la scelta di altre modalità di trasporto. Il settore autostradale nonostante i dati negativi di questi ultimi anni e la situazione di crisi del paese risulta essere ancora un grado di mantenere valori economici e finanziari di tutto rispetto. I bilanci delle società concessionarie hanno registrato comunque utili e sono stati comunque erogati dividendi agli azionisti in un contesto di minor entrate. Il settore delle autostrade rimane un asse importante per il sistema produttivo come quello italiano caratterizzato da piccole e medie imprese e da distretti industriali che, per il loro collegamento, hanno esigenze di particolare flessibilità nel sistema di distribuzione delle merci, che altri tipi di trasporto, ad esempio ferroviario e marittimo, non posso offrire con gli stessi termini di tempo e di capillarità distributiva. Solo lo sviluppo della logistica e di un sistema infrastrutturale fortemente integrato potrebbe permettere di utilizzare e sviluppare le altre forme di trasporto alternative alle autostrade. Il traffico delle merci su gomma, principalmente in autostrada, ha avuto in questi anni una costante crescita. Basti pensare che nel 1996 era del 57, 8%, nel 2000 è salito al 70%, nel 2004 all’81, 2% e nel 2013 all’85,5%. Questo trend di crescita, la stabilizzazione dei volumi del “traffico pesante” e l’apertura e/o ampliamento di alcuni tratti autostradali, accompagnato dall’assenza di investimenti e interventi in altri sistemi di trasporto 3 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 (ferrovie e marittimi), hanno permesso al settore autostradale di consolidare il proprio ruolo nell’essere l’unico elemento strutturale per le esigenze di chi deve movimentare le merci. Il riequilibrio dell’articolazione dei traffici delle merci e delle persone, è quindi un fattore assolutamente indispensabile da perseguire, potenziando sia le autostrade del mare che le ferrovie, ma lo squilibrio tra le varie modalità era ed è ancora molto ampio. Per eliminare tale squilibrio l’unica strada è una forte politica di investimenti nel trasporto ferroviario e marittimo, con il potenziamento e la realizzazione di Interporti funzionali all’incontro tra i vari vettori di trasporto. Comunque le società autostradali continuano a realizzare opere infrastrutturali, obbligate anche dagli accordi di convenzione a cui sono strettamente legati gli adeguamenti tariffari. Qui di seguito sono riportate alcune nuove opere autostradali e gli ampliamenti degli attuali tratti sul territorio nazionale: NUOVI TRATTI AUTOSTRADA BRESCIA – PADOVA S.p.A. A31 Trento – Valdastico – Vicenza – Riviera Berica – Rovigo Vicenza – Rovigo (SS. 434 Transpolesana) 39,7 km SOCIETÀ DI PROGETTO BREBEMI S.p.A. Collegamento autostradale diretto Brescia–Milano : dallo svincolo con la Sp19 (prov. di BS) alla interconnessione con la TEM (prov. di Milano) 62,1 km AUTOSTRADA PEDEMONTANA LOMBARDA S.p.A. Dalmine–Como–Varese–Valico del Gaggiolo (con dir. per A8 e Tang.le est di Milano) Cassano Magnago – A8 – Turate – A9 15,0 Km Tangenziale di Como 1° lotto 5,0 km Tangenziale di Varese 1° lotto 4,8 km TANG.LE EST ESTERNA DI MILANO S.p.A. Tang.le Est Esterna di Milano Tang.le Est Esterna di Milano 32,0 km SOCIETÀ AUTOSTRADA TIRRENICA S.p.A. A12 Livorno – Civitavecchia Tarquinia–Civitavecchia 14,6 km AMPLIAMENTI AUTOSTRADE PER LʼITALIA S.p.A. A1 Milano – Napoli potenziamento fuori sede La Quercia – Firenze nord 42,7 Km A14 Bologna – Taranto 3a corsia Rimini Nord – P.to S. Elpidio 54,0 Km AUTOVIE VENETE S.p.A. A4 Venezia – Trieste 3a corsia Quarto dʼAltino – S. Donà di Piave 18,6 Km RA17 Villesse–Gorizia adeguamento a sezione autostradale Villesse–Gorizia 16,7 Km SATAP S.p.A. 4 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 A4 Torino – Milano 4a corsia Marcallo–Ghisolfa 15,5 Km STRADA DEI PARCHI S.p.A. A24 Roma – LʼAquila – Teramo potenziamento fuori sede Lunghezza – via P. Togliatti 12,0 Km AUTOSTRADE MERIDIONALI S.p.A. A3 Napoli – Salerno 3a corsia Napoli sud – Ercolano 5,0 Km Ercolano – Torre del Greco 2,6 Km Torre del Greco – Torre Annunziata sud 5,1 Km Torre Annunziata nord – Torre Annunziata sud 1,6 Km Importante, nel panorama delle società autostradali, la scelta del Gruppo Atlantia (Autostrade per l’Italia) che da qualche anno ha deciso di puntare a conquistare fette di mercato fuori dall’Italia partecipando e aggiudicandosi gare per la gestione di tratti autostradali (Cile, Brasile, Polonia..) e realizzare un sistema di riscossione del pedaggio tramite GPS (satellite) per conto del Governo francese. Anche il Gruppo Gavio, che possiede la quasi totalità delle società autostradali del Nord-­‐Ovest, è presente in molte altre attività produttive (vedi la Logistica). In sostanza le concessionarie o meglio le società che le controllano ormai sono uscite dallo stretto ambito della gestione della rete autostradale, spostando l’attenzione e gli investimenti su altri business. Come detto, le opere stradali sono strettamente legate al tema tariffario, infatti le concessionarie ricevono l’adeguamento tariffario dal 1 gennaio di ogni anno, costituito da un importo che rappresenta il 70% dell’inflazione dell’anno precedente e il 30% calcolato rispetto agli investimenti realizzati. Si è verificato nel 2013 che alcune società non hanno avuto gli adeguamenti in quanto carenti sul fronte degli investimenti. Il decreto sulle “liberalizzazioni” (voluto dal precedente Governo) inciderà parzialmente nel settore autostradale perché di fatto la “concorrenza”, tanto auspicata, sarà difficilmente realizzabile dal momento che tutte le società interessate lavorano in un regime di “monopolio temporale” stabilito dalla durata della concessione, attraverso un contratto con ANAS, che in alcuni casi può durare per decine di anni come ad esempio Autostrade per l’Italia la cui concessione scade nel 2038. Il Governo, con tale decreto, ha puntato a mettere in campo norme finalizzate al contenimento degli aumenti tariffari. Per tale ragione ha introdotto l’utilizzo del metodo “price cap”. Il provvedimento, in una prima lettura, interessava tutte le società autostradali, ma nella sua stesura definitiva, ha stabilito che la norma si applichi solo alle nuove concessioni, salvando tutte le esistenti. Dobbiamo porre alle istituzioni, agli organi di controllo e al Governo, una richiesta per verificare se ci sono le condizioni, salvaguardando la gestione operativa delle concessionarie e il mondo del lavoro ad esse legate, per poter individuare meccanismi che nel caso di mancati investimenti sulla rete, per nuove realizzazioni o manutenzioni, possano prevedere che le tariffe e i prezzi dei prodotti siano abbassati a beneficio delle tasche del cittadino e dell’economia delle imprese, in particolare degli autotrasportatori. E’ certo che l’economia si rilancia con gli investimenti e le società autostradali sono tra quei soggetti che possono certamente contribuire a tale rilancio realizzando infrastrutture e migliorando quelle attuali. Per questo settore non è stato risolto il tema del controllo in quanto, dopo l’annunciata riorganizzazione dell’ANAS e la nascita dell’Authority dei Trasporti, non si è passati concretamente alla realizzazione di un chiaro quadro normativo che metta lo Stato in condizione di vigilare e di controllare le società rispetto agli accordi sottoscritti. 5 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Il quadro economico del settore autostradale, che trae risorse principalmente dagli introiti da pedaggio, è rappresentato dalla tabella di seguito espressa in euro : 2010 2011 2012 6.258 milioni 6.747 milioni 6.533 milioni Per i dipendenti presenti nelle società autostradali, dopo un ridimensionamento dovuto principalmente all’introduzione dell’automazione nelle forme di riscossione del pedaggio, si registra un valore che si è, in questi anni, stabilizzato: 2010 2011 2012 13.611 13.575 13.484 Sulla ripartizione dei sistemi di pedaggio si evidenzia nel triennio 2010-­‐2012 una stabilizzazione tra le 3 forme di riscossione, in quanto il sistema Telepass ha praticamente raggiunto un livello di saturazione del mercato come descritto di seguito in percentuale: Tipologia di riscossione 2010 2011 2012 Telepass 54,2% 55,5% 57,1% 20% 23,2% 22,9% 23,8% 21,3% 20% Automatismi (Viacard,Bancomat, Casse) Manuale Sul tema Sicurezza Stradale nel settore autostradale si registra una diminuzione degli incidenti, in parte dovuta dalla complessiva diminuzione del traffico, ma anche dall’introduzione del sistema Tutor che attraverso il suo controllo da parte della Polizia Stradale permette di multare coloro che superano i limiti di velocità. E’ necessario precisare che nonostante persista un calo del traffico questo non vuol dire che i rischi, per i lavoratori che operano sulla strada e per gli utenti che percorrono le autostrade, siano ridimensionati. Il livello di sicurezza e la qualità del servizio si mantiene con una organizzazione aziendale che ha come primo obiettivo un livello adeguato di intervento verso coloro che richiedono o necessitano di assistenza sulla strada. E’ importante rilanciare l’istituzione di un Comitato di monitoraggio permanente tra Organizzazioni sindacali e Associazione dei concessionari autostradali, con il compito di verificare costantemente, giorno per giorno, lo stato di avanzamento di tutti i lavori rappresentando uno strumento di assoluta trasparenza e chiarezza rispetto ai programmi impostati e alla realizzazione degli stessi. Le tematiche dell’informazione al viaggiatore, dell’assistenza al traffico, del pronto intervento, dell’eliminazione di tutte le ripercussioni negative sulla viabilità, della manutenzione efficiente di tutti i gli automatismi, delle tecnologie necessarie alla sicurezza, nonché del nastro autostradale, devono divenire 6 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 prioritarie e costituire gli elementi fondanti di uno standard di qualità che va costantemente monitorato e controllato. In tale direzione è auspicabile che si realizzi una maggiore sinergia con le Associazioni dei Consumatori anche attraverso la realizzazione di incontri periodici. Per quanto riguarda la contrattazione, il settore ha avuto 2 rinnovi contrattuali (2011 e 2013) che sono stati caratterizzati soprattutto da adeguamenti economici che hanno portato e porteranno aumenti a regime di 300€ nei minimi. A questo si è aggiunto un valore economico per la realizzazione dell’Ente Bilaterale di settore, che gestisce più di 1 milione di euro l’anno, per incrementare il valore delle Polizze Sanitarie e una quota pari all’1% della retribuzione da destinare alla Previdenza Complementare. In futuro potrebbe essere ripreso il percorso dell’unificazione dei contratti delle società autostradali e quello dell’ANAS, percorso interrotto nel Luglio 2011, non per volontà delle parti sindacali e datoriali ma per il blocco da parte del Governo degli aumenti economici al Pubblico Impiego. Per favorire tale obiettivo sarebbe necessario e utile far coincidere le scadenze di eventuali intese in ANAS con la vigenza dell’attuale contratto delle autostrade (31 dicembre 2015) mettendo in condizione le parti sindacali di presentare entro il 30 giugno 2015 una piattaforma comune. Autonoleggio. In questo settore composto da attività e presenze Associative diverse, abbiamo dovuto, così come in tutti i settori, confrontarci con la crisi economica iniziata qui nel 2008. Il minor ricorso al noleggio auto effettuato sia in campo lavorativo che in quello turistico hanno determinato una minore richiesta ed un minore utilizzo, in giornate, del rent car. La contrazione determinata ha iniziato ad avere i suoi risvolti negativi nell’ultimo quadrimestre del 2008. La Uiltrasporti e le altre due OO.SS. hanno ribadito la centralità del CCNL quale primo ed indispensabile strumento di tutela e difesa del lavoro, rilanciando altresì, il riconoscimento e la esigibilità della contrattazione di secondo livello, la istituzione di una polizza sanitaria, la istituzione del Fondo di Previdenza e la costituzione dell’Ente Bilaterale, compresa una rivisitazione di tutto il testo contrattuale riferito e al mercato del lavoro alla tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, alla modernizzazione delle norme di legge intervenute, al riconoscimento delle RLS, alla tutela delle lavoratrici madri e dei lavoratori studenti. Tale ns. iniziativa, intrapresa dopo la scadenza del CCNL avvenuta il 31 luglio 2009, ha trovato un forte consenso nel settore di Aniasa, mentre abbiamo dovuto registrare una non disponibilità da parte di ANAV nel settore del noleggio pullmans. Infatti il CCNL rinnovato il 18 dicembre 2010 ha visto la sottoscrizione del CCNL soltanto di Aniasa, Uiltrasporti, Filt e Fit. Malgrado la crisi siamo riusciti a portare moneta fresca ai lavoratori, abbiamo iniziato e concluso accordi di secondo livello, ma soprattutto abbiamo raggiunto un accordo sulla polizza sanitaria, applicata in tutto il settore, la previdenza complementare e la costituzione dell’Ente Bilaterale. Il 20 giugno 2013, sempre con Aniasa, abbiamo sottoscritto il rinnovo del CCNL che vede la fuoriuscita di ANAV, anche se alcune Aziende a loro associate applicano comunque questo CCNL, portando benefici economici e normativi ai lavoratori. Nel frattempo la crisi si era accentuata e le Aziende hanno iniziato ad inviare aperture delle procedure previste dalla 223/91. In accordo con i lavoratori le OO.SS. hanno deciso una prima difesa dell’occupazione con il ricorso ai contratti di solidarietà difensivi, che scadranno alla fine del 2014 e del 2015, secondo le date di stipula, ed al ricorso alle terziarizzazioni, laddove non ancora intervenute, nel settore del car-­‐care (lavaggio, approntamento e trasporto vetture), con accordi blindati da qui ai prossimi sette anni come primo pacchetto ed alle stesse condizioni economiche e normative. 7 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Intanto, stiamo registrando un primo cambio di direzione, infatti i dati del 2013 sono abbastanza confortanti nella ripresa, a breve inizieremo anche gli incontri per i rinnovi delle contrattazioni di secondo livello, disponibilità già dichiarata da Associazione Datoriale e dalle imprese. Se è vero, come dimostrano i dati in ns. possesso, la ripresa dell’auto, (250.000 immatricolazioni anno, una presenza di 700.000 vetture in flotta un fatturato di Euro 5.200 m.di, oltre 5 m.ni di contratti di cui il 50% per turismo, con 65.000 aziende e con 2.500 PA servite) spingerà il settore verso una forte ripresa ed una buona incidenza sul PIL. Se sarà così vorrà dire che abbiamo fatto un grande lavoro attraverso comunque il sacrificio dei lavoratori sottoposti alla solidarietà ed al ricorso alle terziarizzazione del settore car –care. I lavoratori e le OO.SS. si avviano al 31 dicembre 2015 (scadenza del CCNL) con rinnovato spirito di fiducia verso un rinnovo contrattuale che porti miglioramenti economici e normativi su tutte le tematiche contrattuali, ma soprattutto tranquillità dal punto di vista occupazionale. LOGISTICA Portualità Nel nostro Paese i porti italiani dovrebbero rappresentare il cardine di un sistema di logistica integrata. Sono tante le zone grigie di questo anello fondamentale dell’economia del nostro Paese, con annessi risvolti sociali e imprenditoriali. I porti italiani, infatti, presentano numerose potenzialità inestricabilmente fuse con problemi irrisolti, gestioni modestamente efficienti, localismi penalizzanti. Ne emerge un dato sconsolante: un potenziale di attrattività economica e di flussi di traffico significativi viene disperso a favore di altri grandi scali del Mediterraneo o del Mare del Nord, proprio a causa della mancanza di un sistema portuale integrato, capace di potenziare “pochi” porti realmente strategici, concentrando su di essi risorse economiche e investimenti, senza che prevalgono micro interessi corporativi, conflitti tra autorità portuali, contrapposizioni tra regioni e politici. Il tutto con i governi che si sono succeduti distanti anni luce, da troppi anni, sul fronte della portualità italiana. Non possiamo permetterci di sopportare isterismi politici che fingono di non sapere e continuano a reclamare a fase alternata investimenti per potenziare scali “di modesta levatura” ma che non potranno mai crescere ulteriormente. Per rispondere alle esigenze del settore pena la sua definitiva marginalizzazione nel panorama europeo, sono necessarie scelte precise di politica infrastrutturale a livello nazionale inquadrate in un contesto europeo a cui corrispondano coerenti strumenti e modelli di gestione dei porti. In questa logica, di rilancio della portualità e della logistica, occorre quindi rivedere l’attuale “concezione” dei porti quali mero punto di transito o di trasbordo delle merci, ma pensare la portualità come una vera e propria industria, creatrice di valore aggiunto che permetterebbe di dare nuovo impulso all’economia nazionale. Occorre sostenere un intervento legislativo rivolto alla creazione di Autority di sistema più ampie con poteri che trascendono i confini geografici del singolo ambito portuale del singolo porto partecipate da più soggetti istituzionali che siano in grado da un lato di attivare le risorse finanziarie necessarie per lo sviluppo e aumentare il peso delle scelte di politica infrastrutturale in modo tale da trascendere le dimensioni locali. Questo “modello”, che non può prescindere da una vera autonomia finanziaria di suddette Autority, potrebbe in parte risolvere il problema della frammentazione delle decisioni e favorire le necessarie 8 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 concentrazioni su progetti di rilevanza internazionale. In questa modello i soggetti finanziatori e le imprese interessate potrebbero sicuramente entrare ma in una logica di “concertazione”. Questo approccio, che ridisegna la governance portuale estendendo i poteri delle A.P. e trasformando detti enti in veri e propri catalizzatori della pianificazione infrastrutturale e logistica, deve necessariamente confermare il ruolo pubblicistico delle A.P. e la qualificazione della presenza pubblica in ambito portuale. E’ inoltre improcrastinabile, vista la specialità di questi enti, un intervento volto a definire la non applicabilità delle norme concernenti il pubblico impiego ai dipendenti di suddette Autority. I provvedimenti sinora assunti dai Governi si sono rivelati insufficienti ed il mancato rilancio dell’economia portuale rischia di determinare un mercato dominato da una concorrenza basata sulla compressione dei diritti e delle tutele del lavoro. La grave crisi che investe anche alcuni porti e la mancanza di concreti interventi a sostegno del settore mettono a rischio l’occupazione, i diritti e le tutele dei lavoratori nonché l’esistenza stessa di molte imprese. Il lavoro nei porti, estremamente flessibile, non può trasformarsi in precarietà per questo è necessario ripensare alla regolamentazione del lavoro e del sistema di autorizzazioni che permettano alle imprese fornitrici di lavoro ed ai terminal di poter programmare investimenti nel lungo periodo. Serve consolidare e sostenere il modello organizzativo di gestione dei porti incentrato sulle imprese terminaliste e sull’impresa fornitrice di lavoro temporaneo. Serve inoltre sostenere il lavoro svolto al Senato (d.d.l. s120/370) in merito ai servizi tecnico nautici che essendo servizi di interesse generale ed estremamente specialistici non possono certamente risentire di un concorrenza selvaggia “nel mercato” o tanto peggio “per il mercato”. In questa direzione si orienta l’attuale d.d.l. di riforma della legislazione in materia portuale. Occorre inoltre attuare delle riforme a “costo zero” per rimuovere alcuni ostacoli allo sviluppo del settore legati al macchinoso sistema burocratico dei controlli della merce (ad es. dogane e ufficio fitosanitario). A questo proposito è improcrastinabile un intervento legislativo volto ad integrare l’azione di tutti gli attori pubblici del ciclo portuale compresi l’Agenzia delle Dogane e tutti i Presidi Pubblici che concorrono a definire il complessivo ciclo autorizzativo e di controllo delle merci. In questo senso va inoltre potenziato il lavoro, svolto oggi solo a livello sperimentale in alcuni porti, circa le procedure di preclearing. Agenzie marittime raccomandatarie e mediatori marittimi NEL MOMENTO IN CUI PARLIAMO DI TRASPORTO MERCI E CI RIFERIAMO A TUTTA LA FILIERA DELLA LOGISTICA INTEGRATA (DA LUOGO DI PRODUZIONE -­‐ TRASPORTO CAMIONISTICO E/O FERROVIARIO -­‐ EVENTUALE TRASPORTO MARITTIMO O AEREO -­‐ ANCORA TRASPORTO CAMIONISTICO E/O FERROVIARIO -­‐ A MAGAZZINO DI STOCKAGGIO PER ULTERIORE DISTRIBUZIONE O INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE) UNA PARTE FONDAMENTALE E PREPONDERANTE DI QUESTA CANALIZZAZIONE DEL PRODOTTO VIENE SVOLTA DA COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE, ATTRAVERSO AGENZIE MARITTIME CHE CURANO MOLTO SPESSO L’INTERO PROCESSO E DA MEDIATORI MARITTIMI CHE PROVVEDONO AL NOLEGGIO DI NAVI ATTE AL TRASPORTO DI BENI INDIVIDUATI (SECCHI, LIQUIDI O GASSOSI). LE COMPAGNIE HANNO PER LO PIÙ UNA CONSISTENZA INTERNAZIONALE CHE È SURROGATA DALL’ AGENZIALITÀ NAZIONALE, I MEDIATORI MARITTIMI (BROKERS) HANNO PER LA MAGGIOR PARTE PATRIA ITALIANA. 9 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 LA PESANTISSIMA CRISI ECONOMICO-­‐FINAZIARIA PRODOTTASI A PARTIRE DAL PRIMO SEMESTRE DEL 2009 HA VIA VIA PRESO SEMPRE MAGGIOR CONSISTENZA COLPENDO DAPPRIMA IL MONDO AGENZIALE CON UN DEPAUPERAMENTO DELLA FORZA LAVORO CHE IN ALCUNI CASI ECLATANTI (MAERSK, HAPAG LLOYD, CSAV ) HA RAGGIUNTO ANCHE IL 50 % DEI NUMERI INIZIALI ANTE CRISI. LO SFORZO DEL SINDACATO PER SALVARE POSTI DI LAVORO SI È SCONTRATO IN UN PRIMO TEMPO CON LA GESTIONE DI MOLTISSIME AGENZIE (O ADDIRITTURA LA LORO DIRETTA APPARTENENZA) DA PARTE DI GRUPPI MULTINAZIONALI, FORTI DI LOGICHE DI PROFITTO CHE HANNO TRAVALICATO (E TRAVALICANO ANCORA) GLI STESSI INTERESSI DEL SETTORE RIVOLGENDOSI PRINCIPALMENTE AL MERCATO BORSISTICO CON LE CONSEGUENZE CHE ABBIAMO APPREZZATO DALLA FINE DEL 2008. LA CONSEGUENZA È STATA CHE QUESTI GRUPPI HANNO MOLTO SPESSO, A SEGUITO DELLA RECESSIONE ECONOMICA, IN CUI CI DIBATTIAMO E ANCORA CI DIBATTEREMO, DATO MANO A RISTRUTTURAZIONI AZIENDALI CON LE QUALI SI LIBERANO DELLE FIGURE PIÙ DEBOLI (PERSONALE ANZIANO, DONNE, PRECARI O COMUNQUE ESTERNALIZZANDO O DELOCALIZZANDO SERVIZI LADDOVE MINORI SONO I COSTI ). TUTTAVIA ANCHE I MEDIATORI MARITTIMI, CHE HANNO PARZIALMENTE RESISTITO FINO AL SECONDO SEMESTRE DEL 2012 AL TORNADO DELLA CRISI MONDIALE, HANNO SUBITO UN DEPAUPERAMENTO DI UNO “STATUS” LAVORATIVO CHE ERA STATO FINO AD ALLORA DEI PIÙ FELICI. ESSENDO PERÒ QUESTI ULTIMI PIÙ LEGATI AD UNA MANAGERIALITÀ ITALIANA HANNO RETTO MEGLIO IL RICORSO AD ESUBERI DEFINITIVI CHE NON È STATO COSÌ ACCENTUATO. IL RICORSO ALTERNATIVO AD AMMORTIZZATORI SOCIALI HA PERMESSO, AD OGGI, DI CONSERVARE IL TESSUTO CONNETTIVO DEL SETTORE CON IL PROPRIO RETAGGIO DI PROFESSIONALITÀ E “KNOW-­‐HOW “. L’INCERTEZZA E L’ESIGUITÀ DEI FINANZIAMENTI, CHE POSSANO PERMETTERE LA SOPRAVVIVENZA, NON CI FANNO BEN SPERARE SUL MANTENIMENTO DI QUESTA POLITICA DI SALVAGUARDIA. D’ALTRA PARTE SI PUÒ BEN COMPRENDERE COME IL SOLO PARACADUTE DELL’ AMMORTIZZATORE SOCIALE NON RISOLVA IL PROBLEMA DI CHI STA SULL’ORLO DI USCITA DAL MONDO DEL LAVORO O SU CHI IN QUESTO MONDO NON VI È MAI ENTRATO. I GOVERNI CHE SI SONO SUCCEDUTI NEL NOSTRO PAESE NON HANNO INVESTITO SU INFRASTRUTTURE E DIVERSIFICAZIONE DEL SISTEMA TRASPORTI, SOLUZIONI CHE AVREBBERO PERMESSO LA COMPETITIVITÀ DEI NOSTRI PORTI NEI CONFRONTI DEL NORD EUROPA CON UN SENSIBILE BENEFICIO PER LE CATEGORIE INTERESSATE. LA CONSEGUENZA È STATA UNA PERDITA MEDIA DI TRAFFICO DEL 30%, BEN AL DI SOPRA DI QUANTO AVVIENE IN ATLANTICO, GIÀ DI PER SÉ AVVANTAGGIATO DALLA COLLOCAZIONE GEOGRAFICA. PER CONCLUDERE E’ DA SEGNALARE CHE CON IL 2014 SCADRA’ IL CCNL DEL SETTORE. PUR AVENDO NELL’ ULTIMO RINNOVO CONTRATTUALE MESSO IL PALETTO DI UN AUMENTO AUTOMATICO A FRONTE DELLA SOLITA E CLASSICA “MELINA” DELLE ASSOCIAZIONI DATORIALI, È AUSPICABILE UNA TRATTATIVA “RAZIONALE SERRATA “ CHE TENGA CONTO DELLA CONSERVAZIONE DI DIRITTI ACQUISITI A CARO PREZZO DAI LAVORATORI. Servizi Ambientali. Sembrava tutto risolto, quando nell’ormai lontano 2006 fu aggiornato il così detto decreto Ronchi , con una legge sul settore più completa, detta “TESTO UNICO AMBIENTALE” secondo quanto previsto dalla direttiva Europea 12 del 2006. Una legge che avrebbe dovuto adeguare il nostro Paese alle direttive europee sull’ambiente e dare risposte non solo sulle tipologie dei rifiuti ma anche sui nuovi assetti organizzativi delle aziende che operavano e 10 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 operano nei servizi ambientali, facendole uscire da un nanismo campanilistico comunale, per divenire aziende di territorio, territorio il più vasto possibile fin oltre i confini provinciali. Un cambiamento storico, se attuato, che avrebbe portato a vere economie di scala, a ridurre gli sprechi, a rendere il servizio sempre più efficiente ai cittadini, riducendone anche i costi. Ma da subito ci siamo accorti che la politica locale mal si adattava a tali cambiamenti, gli ATO non venivano attuati, se non in pochissime regioni, le leggi regionali non hanno recepito la nuova normativa, il servizio e le aziende continuavano con lo stesso regime di sempre. Gli anni successivi si sono caratterizzati in un susseguirsi di leggi, che un giorno indicavano un modello di gestione del settore e il giorno dopo ne entrava in vigore un'altro che ricambiava tutto, nonostante l’entrata in vigore della direttiva Europea, la 98 del 2008, che proponeva, al fine di dissociare la crescita dalla produzione dei rifiuti, un quadro giuridico di disciplina dell’intero ciclo dei rifiuti, ponendo l’accento sulla prevenzione, il recupero e il riciclaggio. Con una tale confusione normativa, solo poche regioni hanno intrapreso la strada della vera riforma, e solo alcune aziende si sono strutturate a livello industriale in bacini ottimali di utenza che superano il livello regionale. In un tale contesto di lacune legislative, si è assistito negli anni ad contestuale inserimento della malavita, specialmente nella gestione dello smaltimento dei rifiuti, che ha interessato più parti del territorio nazionale, con casi eclatanti come quello a cui si è assistito in Campania, per farne un esempio, oltre al malaffare, che sta “caratterizzando” alcune grosse aziende private. Va, inoltre, evidenziato che la mancata industrializzazione nel settore e la conseguente cattiva gestione, hanno determinato il fallimento di alcune grosse aziende pubbliche, e altre registrano deficit di milioni di euro, con inevitabili ripercussioni sui cittadini, sui lavoratori e sul servizio. Con la Legge di stabilità 2014 viene data una risposta positiva all’empasse che si era venuta a creare con il D.L. 138/2011, il D.L. 112/2008 e la legge 138/2008, in merito agli affidamenti diretti, alle applicazioni contrattuali e alle assunzione del personale, che equiparavano le aziende che gestiscono i servizi di pubblica utilità, alla mera pubblica amministrazione, non riconoscendo alle aziende un corretto turn over, e in alcuni casi bloccando l’erogazione dell’applicazione del CCNL. Si tratta di una legge che seppur chiarisce alcuni aspetti, non riesce a determinare un quadro di riforma completo per il rilancio di un settore di vitale importanza per un Paese che si vuol ritenere all’avanguardia sulla difesa dell’ambiente. Le raccolte differenziate stentano a decollare i parametri europei sono lontani (65%), il Paese è diviso in tre parti, con percentuali intorno al 52,6% al nord, 32,4% al centro e al sud 26,7%, con il dato nazionale che si attesta al 39,9%. In valore assoluto la raccolta differenziata delle regioni settentrionali si attesta nel 2012 (ultimo valore disponibile) a circa 7,2 milioni di tonnellate, quella del centro a 2,2 milioni di t. e quella del sud a oltre 2,5 milioni di t. con valore complessivo nazionale di 12 milioni di t.. L’impiantistica è concentrata al nord del Paese e il centro e il sud sono costretti ad esportare i propri rifiuti fuori regione o addirittura fuori dall’Italia, il progetto di ciclo integrato, in molte realtà non è mai iniziato, rimane ancora alto l’utilizzo delle discariche come impianto finale, che si attesta al 40% dei rifiuti smaltiti, auspichiamo che dopo la chiusura della più grande discarica d’Europa, situata nel Lazio, tale percentuale possa drasticamente scendere. 11 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 In uno studio della Commissione europea l’Italia è stata collocata tra gli Stati membri che presentano maggiori deficit, con carenze quali politiche deboli o inesistenti di prevenzione dei rifiuti, assenza di incentivi alle opzioni di gestione alternative al conferimento in discarica e inadeguatezza delle infrastrutture per il trattamento dei rifiuti. Tutto questo, inevitabilmente, si ripercuoterà nelle famiglie italiane che si vedranno aumentare le tasse sui rifiuti per il 2014 del 34% circa 80 euro per famiglia, con aumenti che in alcune città supereranno il 100%. Produciamo rifiuti urbani per 31,4 milioni di tonnellate (dato 2011), anche se il trend prevede un calo di circa il 4,5% per il 2014, dovuto anche alla crisi economica che sta’ attraversando il nostro Paese. Siamo il quarto produttore di rifiuti in Europa dopo Germania, Francia e Regno Unito. La domanda di materie prime aumenta, bisogna cominciare a considerare i rifiuti non solo come un problema da gestire, ma come una risorsa economica da riutilizzare, riducendo così l’impatto sulle risorse naturali. In questo contesto non solo il sistema rifiuti, ma tutto il sistema di tutela del territorio e dell’ambiente va visto come un occasione di sviluppo economico del Paese e non come un costo senza alcun ritorno. E’ il sistema a non funzionare nei servizi ambientali, serve una riforma che elimini gli sprechi e il malgoverno di queste aziende determinati anche dalle ingerenze politiche delle pubbliche amministrazioni. Le norme europee di settore, chiamano l’Italia a raggiungere importanti obiettivi di sostenibilità ambientale nella gestione dei rifiuti da oggi al 2020. L’attuale contesto economico, impone ancor di più al nostro Paese uno sforzo indispensabile verso la razionalizzazione nell’erogazione dei servizi, norme che non diano adito a scappatoie di ogni genere. Bisogna avviare al più presto un vero processo di industrializzazione, realizzare attraverso aggregazioni, o aziende maggiormente dimensionate che svolgano il ciclo completo dei servizi in bacini ottimali più larghi possibili, regionali o sovra regionali , con numero elevato di abitanti, al fine di realizzare un’adeguata economia di scala. Bisogna uscire al più presto dai vincoli imposti dal patto di stabilità, dobbiamo avere la capacità di investire in questo settore, con nuovi sistemi per svolgere i servizi di raccolta differenziata, più efficienti metodi di spazzamento, e che lo smaltimento si realizzi con le più moderne tecnologie compatibili con l’ambiente. Questo stato di cose si ripercuote anche sul fronte del rinnovo contrattuale , che vede il CCNL scaduto dal 31 dicembre 2013, con controparti latitanti sull’apertura della trattativa di rinnovo, addossando la responsabilità alla crisi del Paese, aggravata dalle regole imposte dal patto di stabilità e ai ritardi dei pagamenti. Riteniamo invece che il rinnovo del contratto debba essere una opportunità, una occasione di rilancio delle aziende e del servizio, sempre più improntato al raggiungimento dei parametri europei sul “sistema” rifiuti. Il tavolo di trattativa non può che essere unico e avviato in tempi brevi, l’esperienza degli ultimi due rinnovi contrattuali ci obbliga a pretenderlo, ci potranno essere due copertine alla conclusione, ma all’interno i contenuti devono essere identici, i lavoratori e il mercato lo chiedono. Per la prima volta, nella storia di questo settore, anche la parte che rappresenta le aziende pubbliche ha depositato in contemporanea con la parte privata al Ministero del Lavoro le tabelle relative al costo della manodopera, ed è risultato che i costi sono identici. 12 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Non possiamo uscire da questa logica, non possiamo permettere che nelle eventuali gare per l’assegnazione del servizio , si giochi con le tasche dei lavoratori. La qualità e le capacità di una azienda si devono misurare su altri parametri, non devono certamente gravare sul costo del lavoro e quindi sui lavoratori, ed è per questo che nella revisione del Codice dei Contratti pubblici (che deve passare attraverso un disegno di legge) bisogna invertire la tendenza di fenomeni degenerativi in atto nel sistema. I livelli di corruzione, di penetrazione delle mafie, di aggiramento della normativa hanno raggiunto un livello patologico, che non consente di raggiungere gli obiettivi di sana concorrenza, non discriminazione, esigibilità dei diritti dei lavoratori e il rispetto dei contratti di lavoro. E’ necessario un maggior richiamo nei bandi di gara al rispetto dei CCNL di settore, delle clausole sociali e delle tabelle di costo del lavoro settoriali, emanate e aggiornate da uno specifico decreto ministeriale anche al fine di evitare una concorrenza che possa ledere i diritti e le tutele dei lavoratori, rischiando un fenomeno di dumping sociale. Pertanto, sui criteri di aggiudicazione degli appalti deve essere applicata l’Offerta Economicamente più Vantaggiosa e non al massimo ribasso. Vanno perciò, vincolate le stazioni appaltanti ad una modalità di ponderazione delle diverse componenti delle offerte anche attraverso un minimo ed un massimo (la cosiddetta “forcella”) per evitare e limitare la mera indicazione per ordine di importanza. Infatti, in troppi casi, l’offerta economicamente più vantaggiosa nei fatti copre una gara al massimo ribasso. Ancor prima della stipula del nuovo accordo sul Testo Unico sulla Rappresentanza abbiamo scelto come modello organizzativo sindacale, all’interno delle aziende che gestiscono i Servizi Ambientali, le R.S.U. e per dare ancora più forza a questa scelta abbiamo svolto le elezioni in contemporanea in tutte le aziende d’Italia nelle giornate del 26 e 27 novembre 2013, assieme alle elezioni delle RLSSA. E’ stato un grandissimo momento di partecipazione in quanto il 90% degli aventi diritto ha voluto scegliere i propri rappresentanti. Il risultato raggiunto, conferma che la scelta fatta fosse giusta e i lavoratori (circa 72 mila) hanno riposto il loro consenso tra le Organizzazioni sindacali stipulanti i contratti collettivi del settore FP CGIL, FITCISL, UILTRASPORTI, FIADEL con il 90% dei voti. Merita di essere menzionato il buon risultato ottenuto dalla nostra Organizzazione, che ha raddoppiato il numero dei voti rispetto agli iscritti. Il merito va a tutti indistintamente, la sfida era innovativa e difficile, siamo riusciti ad ottenere un successo importante, che deve essere di insegnamento per i prossimi appuntamenti che ci aspetteranno. PULIZIE / MULTISERVIZI Il settore dei servizi, in particolare la realtà riferita ai servizi di pulizia ha vissuto in questi ultimi anni una profonda trasformazione. I mutamenti del tessuto produttivo del nostro Paese, il sistema degli appalti e anche i tagli alla spesa pubblica, hanno inciso pesantemente sul lavoro, sulle condizioni dei lavoratori determinando una profonda trasformazione delle stesse imprese del settore. In effetti, nell’ultimo decennio, si è passati dalla semplice presenza di imprese fornitrici di servizi semplici, che specializzano la loro offerta all’interno di una tipologia (pulizia) e di un’area di attività (tecnica, commerciale, infrastrutturale..), a società di multi-­‐servizi e servizi-­‐integrati che aggregano nella loro offerta più tipologie di servizi (disinfestazione, derattizzazione..,) nelle suddette aree fino a considerare società di Facility Management che sono in grado di utilizzare nei servizi e nelle aree, una più ampia possibilità di sinergie. 13 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Questa metamorfosi, che in una situazione normale evidenzierebbe anche aspetti positivi, si è tradotta invece in una realtà frammentata e colma di contraddizioni, infatti se il numero complessivo degli addetti appare stabile, per assicurare l’occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori si è dovuto far ricorso in molti casi al taglio delle ore contrattuali oppure all’utilizzo di ammortizzatori sociali soprattutto quelli in deroga determinando un impoverimento dei salari, già di per se esigui, nel settore. Nello stesso tempo, inoltre, continua a registrarsi una forte presenza di lavoro nero, di aziende inaffidabili e cooperative spurie oltre ad incrementarsi un uso spesso anomalo del subappalto. Bisogna dire che tale situazione si è andata ad intersecare, in particolare nell’ultimo quadriennio, con le difficoltà della crisi generale del Paese e, a nostro avviso, con le scelte sbagliate della gestione che ha prodotto tagli lineari ai servizi intervenuti, a seguito della spending review negli appalti pubblici (molto presenti nel comparto) e questi elementi hanno inciso, acuendo fortemente la già grave condizione del settore. In questo contesto si colloca il lavoro da noi svolto negli ultimi quattro anni, proprio con questo presupposto che, ad esempio, deve essere considerato come molto positivo il rinnovo contrattuale sottoscritto il 31 maggio 2011. Infatti il nuovo testo contrattuale è stato arricchito ed implementato con lo scopo di recepire i citati mutamenti ed assetti del settore ed ha rafforzato in alcuni aspetti le tutele per le lavoratrici ed i lavoratori, in particolar modo rispetto ai casi di cambio appalto. Oltre ai benefici derivanti dagli incrementi economici, anche nella tempistica del rinnovo si è registrata un’inversione di tendenza, in una realtà che negli anni ha registrato mediamente ritardi di 30 mesi, giungendo alla firma dopo 15 mesi dalla scadenza del precedente contratto. E’ necessario aggiungere che in questo, come in altri settori, dove è consistente l’uso dell’appalto e dunque di una forte concorrenza tra imprese, il CCNL deve essere sostenuto come una delle regole ed uno degli strumenti utili a qualificare il lavoro e le imprese del settore e a contrastare il proliferare di fenomeni di dumping. Questa considerazione è stata una delle basi dei comportamenti e delle azioni che hanno contraddistinto il lavoro della Uiltrasporti nei tavoli di confronto del settore. Infatti in una realtà labor-­‐intensive costituita da una forte concorrenzialità dovuta anche alla presenza di appalti in gran parte pubblici, come il settore delle pulizie/multiservizi, dove il fattore umano e dunque il costo del lavoro incide in modo determinante, il sistema di regole, compreso il CCNL, si pone quale elemento base per contrastare condizioni che determinano una concorrenza sleale e limitare fenomeni degenerativi che inevitabilmente ricadono sul lavoro, sui lavoratori, sulla qualità e sicurezza di servizi spesso molto sensibili e anche a discapito delle aziende virtuose presenti nel settore. Per questi aspetti, ad esempio, nel 2010, la Uitrasporti insieme alle altre OO.SS. stipulanti, è stata costretta a formalizzare la decadenza del CCNL sottoscritto per l’area del Pulimento degli Artigiani e già scaduto nel 2005. Infatti, le normative sul lavoro e le tipologie di contratti individuali intervenuti negli ultimi anni, la possibilità di operare in ATI, RTI e consorzi, l’utilizzo sempre più diffuso del subappalto, avevano sviluppato il mercato, soprattutto quello relativo agli appalti pubblici e a molte aziende artigiane. Posto ciò, durante il confronto per il rinnovo di detto CCNL le nostre richieste miravano esplicitamente a stabilire condizioni di garanzia e tutela per i lavoratori in particolare riferite al cambio di appalto, alla occupazione ed al reddito dei lavoratori ed alla certificazione di tabelle di costo del lavoro uniche per il settore. Una volta constatata l’impossibilità di giungere a detti obiettivi, per evitare i rischi sopra esposti, non è rimasta altra scelta che dichiarare la decadenza di detto CCNL. Abbiamo certamente un profondo rispetto per il mondo artigiano quale fonte produttiva, economica, sociale del Paese e dunque non ci siamo mai sottratti al confronto con questa realtà che nel pulimento 14 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 supera i 100.000 addetti. Oggi però, senza fare annunci avventati, possiamo dire che i nostri sforzi e le nostre argomentazioni forse possono trovare un felice esito con la stipula di un nuovo CCNL del settore pulimento artigiani poiché, da circa 5 mesi sono riprese le trattative e le controparti, almeno nelle loro dichiarazioni, manifestano la disponibilità di giungere ad una intesa rispetto ai presupposti da noi richiesti, dunque è ipotizzabile una positiva conclusione della vertenza. Merita un particolare riferimento ciò che è avvenuto a seguito degli interventi sulla rivisitazione della spesa in quella “cosa” denominata spending review e attraverso l’intervento negli appalti delle pubbliche amministrazioni delle gare gestite con la convenzione Consip. Mentre nelle gare relative ai beni la situazione appare gestibile, negli appalti relativi ai servizi si rischia veramente la degenerazione. Appare sempre più evidente, nel caso dei servizi, in particolare quelli riferiti ad attività di pulizia e accessori, come le gare appalto effettuate utilizzando le convenzioni non risultino allo stato attuale rispondenti ai requisiti indispensabili di efficienza e trasparenza e, di fatto, il citato risparmio di spesa, in tutti i casi, si scarichi quasi esclusivamente sui lavoratori, sul lavoro e sui servizi stessi. Recentemente il caso degli appalti nelle strutture ospedaliere, ove si è ridotta la spesa per i servizi, si tagliano le ore ai lavoratori e paradossalmente si richiede la stessa frequenza degli interventi e, soprattutto, quello degli appalti del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (Miur) ne sono esempi emblematici. Le gare inerenti i servizi di pulizia e accessori negli istituti scolastici infatti hanno visto ribassi anche del 50% i quali determineranno un taglio lineare che si scaricherà esclusivamente sulle condizioni occupazionali e di reddito dei lavoratori e sulla tenuta della sicurezza, della salubrità e igiene degli ambienti scolastici. È necessario rendere più idonee, rispondenti e cogenti alcune norme che regolano le gare di appalto, tenuto anche conto che la nostra Confederazione si sta già muovendo più in generale sulla normativa europea inerente il sistema degli appalti. In particolare negli appalti pubblici bisogna superare definitivamente il sistema delle gare al massimo ribasso ricorrendo esclusivamente all’utilizzo del parametro dell’offerta economicamente più vantaggiosa . Attualmente, però, i criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa sono ancora molto lacunosi. Infatti allo stato attuale l’impianto legislativo che sovraintende alle gare d’appalto prevede all’art. 284 c. 1 del DPR 207/2010 (Regolamento Attuativo del Codice degli Appalti) “1. In caso di aggiudicazione di servizi e forniture con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, i pesi o punteggi da assegnare ai criteri di valutazione, eventualmente articolati in sub-­‐pesi o sub-­‐punteggi, di cui all'articolo 83, commi 1 e 4, del codice, ed indicati nel bando di gara o nella lettera di invito, devono essere globalmente pari a cento. Al fine della determinazione dei criteri di valutazione, le stazioni appaltanti hanno la facoltà di concludere protocolli di intesa o protocolli di intenti con soggetti pubblici con competenze in materia di ambiente, salute, sicurezza, previdenza, ordine pubblico nonché con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, al fine di attuare nella loro concreta attività di committenza il principio di cui all'articolo 2, comma 2, del codice, nonché dell'articolo 69 del codice.” Come si può desumere dalla norma sopra citata, non vi è alcun obbligo da parte delle stazioni appaltanti pubbliche di dover concludere protocolli, ma vi è solo la facoltà, quindi, nonostante come OO.SS. chiediamo di predisporre tali protocolli, spesso ci viene rifiutata la richiesta. Considerato quanto su esposto, nel mondo dei servizi ed in particolare in quello dei servizi di pulizia/multiservizi, una tale situazione si presta dunque a condizioni in cui in una gara pur utilizzando il parametro dell’offerta economicamente più vantaggiosa, determini il risultato di una aggiudicazione ottenuta con un ribasso effettuato esclusivamente del costo del lavoro quindi, nei fatti, un massimo ribasso. 15 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Il costo del lavoro va invece assolutamente tutelato in modo più cogente da possibili ribassi d’asta attraverso anche il riferimento al CCNL e maggiori vincoli al rispetto delle tabelle di costo del lavoro del settore emanate dal Ministero del Lavoro. Per queste finalità è necessario e urgente, infine, rilanciare il ruolo e la centralità della contrattazione collettiva anche nel sistema delle gare, un passo in avanti in tale direzione è da considerarsi sicuramente il recente accordo sulla rappresentanza . LOGISTICA TRASPORTO MERCI E SPEDIZIONE Premesso che, dal quadro che emerge dalle indicazioni fornite dalle aziende sulla domanda è sempre negativo, nonostante qualche debole segnale positivo per il mercato internazionale +10,6%. In questo caso, in termini di consuntivo per la prima parte del 2013, la differenza fra i casi di crescita e quelli di diminuzione in termini di tonnellate è risultata nulla mentre era stata negativa ed elevata nello stesso periodo del 2012. Per quanto riguarda la domanda nazionale, invece, la situazione è sempre critica e nel I° semestre -­‐35,7% nel II° semestre -­‐29,7%. Anche l’analisi dell’andamento del traffico autostradale di veicoli pesanti descrive un comparto dove la tendenza decrescente rallenta nel 2013. Il numero di veicoli-­‐Km pesanti, costante nel 2011 ed in calo del 7,5% nel 2012, è risultato ancora in diminuzione del 2013 ma in misura più attenuata, -­‐4%. I dati disponibili ad oggi sono in linea con tale tendenza infatti il calo del traffico autostradale di veicoli pesanti in termini di veicoli-­‐Km si assottiglia ulteriormente e la variazione negativa si ferma al -­‐3%. Un’attenzione particolare va data alla problematica del distacco della somministrazione offerta da Agenzie e/o imprese di Paesi neocomunitari ed in particolar modo rumene polacche e la delocalizzazione delle imprese, è stata oggetto di ampio dibattito in seno alla trattativa per il rinnovo del CCNL di settore firmato il 01 agosto 2013. Il nuovo CCNL decorre dal 1 gennaio 2013 e scadrà il 31 dicembre 2015. L'intesa prevede da un lato un aumento economico delle retribuzioni, spalmato sul periodo 2013-­‐2015, più una “tantum” da versare a titolo di arretrati, dall’altro un aggiornamento normativo che prevede in particolare disposizioni orientate a rendere più “flessibile” le prestazioni e ad incrementare l’utilizzo dei contratti part time, a termine e di somministrazione. E’ stato inoltre previsto un sistema “premiale” per le imprese di autotrasporto che risultino “virtuose” Com’è noto, Agenzie propongono lavoro temporaneo alle imprese di autotrasporto nazionali ad un costo di gran lunga inferiore rispetto a quello sostenuto per un autista “italiano”, creando un dumping sociale all’interno dell’unione europea. Tale differenziale di costo, lo si è riscontrato nel corso delle riunioni tra le parti sociali, ed è dovuto principalmente dalla mancata applicazione del principio di parità di trattamento stabilito dalle norme comunitarie, in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Minore incidenza nel determinare tale differenza di costo è dovuta alla minore onerosità del regime previdenziale dei Paesi neocomunitari rispetto a quello italiano, in buona sostanza, il lavoratore rumeno, polacco ecc. in somministrato o distaccato percepisce una retribuzione di gran lunga inferiore rispetto a quella dell’omologo collega italiano Si tratta dunque di un abbattimento di costo attuato mediante la violazione di principi e norme comunitarie e nazionali . Parità retributiva significa che l’autista rumeno/polacco ecc. distaccato o somministrato presso una impresa di autotrasporto italiana ha diritto alla medesima retribuzione al lordo di qualsiasi contributo e trattenuta che spetta all’autista italiano. 16 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 La differenza di costo è dunque dovuta unicamente al differente regime previdenziale del Paese da cui proviene il lavoratore, ma la contribuzione “rumena/polacca” si calcola su una retribuzione “lorda italiana” e dunque l’abbattimento di costo del lavoro non può mai essere tale da giustificare offerte da parte di agenzie di somministrazione a costi inferiori del 30/40% in meno rispetto a quello nazionale. Applicando in modo rigoroso le norme già esistenti in ambito europeo e nazionale, dunque, il lavoratore distaccato o somministrato in Italia deve ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello dei dipendenti dell’impresa che utilizza le sue prestazioni in Italia, a parità ovviamente di livello e mansioni. Occorrono misure concrete, certe, efficaci ed immediate nella loro applicazione: 1. interventi per la riduzione della pressione fiscale e contributiva sul costo del lavoro, accompagnati da misure di sostegno all’occupazione; 2. misure per aumentare l’efficienza dell’industria logistica e la crescita strutturale delle imprese; 3. sviluppo dell’intermodalità; 4. ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture; 5. parità di condizioni con i lavoratori esteri, specialmente con quelli dei paesi dell’est; 6. lotta all’illegalità in tutte le sue forme; 7. controlli e sanzioni realmente efficaci, per la regolarità del mercato. Infine all’Europa perché è soprattutto lì che si gioca il futuro delle imprese di trasporto in Italia. COOPERAZIONE Nel settore della logistica, trasporto merci e spedizione, persiste una altissima precarietà dei rapporti di lavoro. Le cause vanno ricercate soprattutto in una struttura del settore fortemente penetrata dall’illegalità, che esprime anche livelli di pericolosità assolutamente preoccupanti: struttura che per sua natura è “volatile” e meno controllabile; inoltre si riscontrano nei continui cambi d’appalto, attivati da cooperative “spurie”, che agiscono anche nell’illegalità e che attraverso forme di evasione e/o elusione fiscale, retributiva e contributiva, alterano le normali condizioni di mercato. Sulla base di tali presupposti, il 13 febbraio 2014, presso il Ministero del Lavoro, alla presenza del Sottosegretario Carlo Dell’Aringa abbiamo siglato, insieme alle altre OO.SS. (Filt Cgil e Fit Cisl), un importante accordo con Fedit assistita da Confetra ove si stabiliscono le “Linee guida per la realizzazione di un nuovo modello per il lavoro delle ribalte”. Tale accordo nasce dalla necessità di intervenire nel settore degli appalti, per stabilizzare i lavoratori attraverso le opportunità che derivano dalla contrattazione di 2° livello, regolando e tutelando, altresì, i lavoratori sui quali ricadono gli effetti della rincorsa al minor costo. Era ed è fondamentale, intervenire in tal senso, abbiamo chiesto un impegno al Ministero affinché nell’ambito degli appalti nel segmento della Logistica vengano intraprese azioni efficaci per contrastare il fenomeno della illegalità. Pertanto, l’accordo sottoscritto rappresenta, per noi, un punto di partenza per un sistema condiviso ove le regole e la valorizzazione del lavoro diventino elementi centrali. Trattandosi di logistica, che, per sua missione, è trasversale al complesso delle attività del Paese, la gravità della situazione è destinata a toccare tutti i settori dalla produzione, al commercio e la distribuzione, ai servizi di varia natura, innestando e portando anche nelle situazioni tradizionalmente corrette, forme di illegalità. Nella situazione descritta insiste la crisi economica che, colpendo i vari soggetti che operano nel comparto, determina maggiore sofferenza economica e di rispetto delle regole proprio nei punti terminali della movimentazione e del trasporto delle merci. Al fine di contrastare tale fenomeno bisogna intervenire 17 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 urgentemente. In tal senso, riteniamo che la congruità degli appalti ed una corretta applicazione delle tariffe, sia alla base di un intervento istituzionale, in sede ministeriale, attraverso la definizione di tabelle del costo del lavoro definite fra le componenti sociali interessate. Inoltre la riduzione della filiera e della catena dei subappalti deve diventare elemento essenziale per un controllo reale della correttezza degli stessi appalti ed il conseguente rispetto degli obblighi contrattuali, sia contributivi che normativi. Per tali ragioni, contestualmente alla firma dell’accordo, si è istituito un tavolo permanente tra le parti ed il Governo, per meglio affrontare le problematiche del settore della logistica. Sulle filiere più importanti, tenuto conto che quella definita come “filiera logistica” rappresenta solo una parte della struttura cliente/fornitore di tale attività. Le responsabilità di un settore che paradossalmente ha pesanti problemi di precarietà del lavoro e nel contempo è anche ritenuto da tutti gli studi realizzati come inefficiente, è da condividere tra molti, così come anche la ricerca di percorsi positivi. TRASPORTO AEREO Vettori, società di handling, catering ed, in generale, tutto il mondo che ruota, direttamente o indirettamente, intorno al volo, è sprofondato in un circolo vizioso che, partito dal drastico calo del mercato domestico , sconta oggi, nei numeri già ridotti, anche uno spostamento verso il basso dello yeld, vero valore aggiunto per gli operatori. In pratica, volano meno passeggeri a causa della congiuntura macroeconomica negativa e della concorrenza del treno ad alta velocità, e quelli che scelgono il mezzo aereo, lo fanno cercando di ridurre il costo del loro viaggio rinunciando ai servizi premium, a più alta marginalità per le imprese, per indirizzarsi verso prodotti basici o addirittura low cost. La tendenza viene confermata anche dai dati IATA circa il numero di passeggeri transitati negli aeroporti italiani nel 2013 e dalle rilevazioni sulla spesa media in servizi ancillari a terra, calata anch’essa di percentuali a due cifre. Il quadro di crisi generalizzata si somma purtroppo alle croniche carenze strutturali del comparto, generate dall’assenza storica di una politica nazionale del trasporto aereo e dei trasporti in genere. L’effetto combinato dei fattori suddetti, insieme alla masochistica spinta localistica delle amministrazioni sul territorio, ha favorito le scorribande, spesso spintesi anche oltre i limiti della legalità, di spregiudicati vettori ed operatori low cost , che hanno scaltramente approfittato dei varchi normativi e della inadeguatezza delle strategie politiche, per spogliare il mercato italiano a danno delle altre imprese e del lavoro regolare e regolato, generando mala occupazione con assenza totale di tutele, anche le più elementari, in una corsa al ribasso e, spesso, al ricatto, pagata dai lavoratori, dai passeggeri ed, indirettamente, dalla collettività. L’effetto primario di questo trend è misurabile nel numero di aziende in crisi o, addirittura, già chiuse, e nel numero di lavoratori che usufruiscono di ammortizzatori sociali, oltre, ovviamente, al rapido deteriorarsi delle condizioni contrattuali e delle prospettive di crescita professionale per coloro i quali, fortunatamente, ancora sono a pieno titolo inseriti nel ciclo produttivo, ma che subiscono la corsa al ribasso di retribuzioni e tutele portata dalle imprese a caccia di tagli ai costi della produzione. Una delle concause della crisi del Settore, insieme alla inadeguatezza di errate politiche attuate dai Governi che si sono succeduti, ed alla scarsa lungimiranza della classe imprenditoriale, è costituita dalla frammentazione del sistema aeroportuale italiano e dalla enorme dispersione di risorse che questa comporta. Un primo passo, importante, sulla strada della correzione di questa enorme stortura è venuto dall’impegno del Ministro dei Trasporti, On. Maurizio Lupi nel condividere e realizzare un Piano Nazionale degli Aeroporti , che garantisca finalmente regole di competizione trasparenti ed investimenti mirati alla crescita di realtà competitive con i colossi stranieri. Si tratta quindi di convogliare le energie positive del Paese generando centri di eccellenza internazionali, in grado di competere con gli HUB europei e mediorientali, anziché microrealtà frammentate e deboli in perenne 18 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 competizione cannibalistica tra loro. Altro tassello importante nel percorso di recupero di redditività del sistema è costituito dalla creazione, abbozzata nel DL145/2013, di un sistema di regole trasparenti nella assegnazione di investimenti ai Vettori da parte delle società di gestione aeroportuale. Il lavoro è appena all’inizio ma deve essere proseguito con determinazione, esteso a tutti gli ambiti del Trasporto Aereo, e portato a termine in tempi brevi a garanzia di tutti gli operatori del sistema. Nell’ambito delle sinergie intermodali riveste una importanza strategica l’avvio di un progetto di sistema con l’alta velocità ferroviaria, la rete autostradale e la portualità, alla stregua di quanto in essere da anni in tutti i Paesi Europei più competitivi, per garantire la circolazione di persone e merci con standard di rapidità ed economicità in grado di garantire al Paese l’uscita dalla fase di recessione nella quale si trova. Per sostenere e supportare fattivamente il rilancio del trasporto aereo italiano occorre anche che Enac , Enav ed ANSV vengano poste nelle condizioni di poter svolgere in modo efficace, rapido e competitivo il loro ruolo cruciale. Enac dovrà necessariamente svolgere il ruolo di Ente controllore e regolatore del sistema a tutto tondo. Per fare questo dovrà essere dotata degli strumenti normativi, finanziari e di know how indispensabili, compresi, soprattutto, efficaci poteri sanzionatori, e dovrà essere in grado di costituire il riferimento certo, rapido e competente per tutti gli attori della filiera produttiva, oltre a garantire, auspicabilmente, il rispetto, tra le altre, anche delle regole sulla organizzazione e gestione dei processi produttivi. Trasporto Marittimo Il settore marittimo è pesantemente interessato dalla crisi, tanto per il traffico internazionale quanto per quello di cabotaggio. La gravissima crisi economica-­‐finanziaria mondiale ha, infatti, ridotto drasticamente gli scambi commerciali e determinato un eccesso di offerta (di stiva) rispetto alla domanda di trasporto. Eccesso di offerta che ha, inevitabilmente, prodotto una pesante ricaduta sul costo dei noli e conseguentemente messo fuori mercato il costo del lavoro marittimo nazionale e determinato il disarmo di una parte significativa del nostro armamento. Con gravissimi impatti occupazionali. Mentre nel settore cabotiero l’aumento esponenziale del prezzo del carburante ha pesantemente contribuito sui costi di gestione aziendale, col conseguente aumento delle tariffe. Senza contare il diffuso senso di incertezza nell’area del trasporto passeggeri, per il collegamento con le isole maggiori e minori, al fine della continuità territoriale. Senso di incertezza dovuto alle procedure comunitarie di infrazione nei confronti delle società regionali, cosi come pure per la ex Siremar, Compagnia delle Isole, per una non corretta procedura della gara di aggiudicazione. Tutto questo, al punto da mettere rischio l’intera flotta italiana, e il lavoro marittimo. Il settore delle spedizioni internazionali oltremare via mare nel primo trimestre del 2013 ha subìto una riduzione media del 20%% rispetto allo stesso periodo del 2012. Tanto se si pensa che arrivi da un precedente segno meno ( -­‐8%% anno su anno ) che si è abbattuto dopo anni di crescita. La contrazione del primo trimestre 2013 su primo trimestre 2012 si attesta al 28,80%, dovuta al calo costante della circolazione di prodotti di consumo, per via della crisi. Nel 2010, infatti, si sono importati dall’Asia 1.081.000 teu, nel 2011 1.048.000, nel 2012 857200. Le compagnie di navigazione lamentano volumi in diminuzione a causa dell’eccesso di capacità di trasporto, eredità della fase precedente di crescita a doppia cifra delle importazioni dalla Cina e dall’estremo oriente. Nonostante i numeri negativi, la situazione è drammatica ma non ancora disperata. Il trasporto marittimo, infatti, nel primo trimestre del 2013 è calato del 3,7%% rispetto allo stesso periodo del 2012, e del 5,5%% rispetto agli ultimi tre mesi del 2012. Per il paese, occorre che il Governo investa nel settore attraverso una politica marinara concreta e sistematica che metta al centro il trasporto via mare e 19 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 recuperi al mercato internazionale il costo del lavoro marittimo nazionale. Il tutto finalizzato allo sviluppo dell’economia marittima del paese ed all’occupazione nazionale. Bisogna mettere le compagnie con bandiera italiana che svolgono traffico internazionale, in condizione di superare la lunga crisi economica, al fine di competere nel mercato del traffico mercantile globalizzato per contrastare, efficacemente, il rischio di un processo di delocalizzazione delle aziende armatoriali nazionali attraverso il ricorso alle bandiera di comodo. Operazione, questa, che nel settore del trasporto marittimo, non richiede particolari e complicate procedure. Mentre nel settore cabotiero nazionale e dello short sea shipping occorre promuovere e rilanciare lo sviluppo delle autostrade del Mare, nel rigoroso rispetto di tutte quelle norme previste dal Regolamento Comunitario CEE n. 3577/92, al fine di tutelare l’occupazione marittima nazionale, attraverso una politica integrata dei trasporti con un concreto coordinamento sinergico tra i vari segmenti. Occorre sostenere i giovani che intendono avvicinarsi a questa difficile attività, recuperando la tradizionale vocazione al lavoro marittimo che, in passato, ha caratterizzato l’occupazione in quelle regioni, meridionali, ad alta densità di occupazione marittima. Una politica marinara che comprenda altrettanto sistematiche iniziative nella direzione di una organica politica della formazione post-­‐
scolastica, con finanziamenti statali strutturali e con processi di formazione a regia centralizzata, diversamente da quanto previsto dalla l. 343/95. In considerazione di una professionalizzazione marittima soggetta a forte domanda formativa per il conseguimento delle abilitazioni professionali. Abilitazioni professionali che richiedono complesse e costose certificazioni internazionali, soggette a periodiche scadenze, a tutti i livelli di qualifica. Formazione post-­‐scolastica, infine, specialmente per gli allievi nautici, affinché possano maturare il titolo di ufficiale alla navigazione,attraverso un periodo di cosiddetta formazione continua, con imbarchi garantiti per maturare il requisito al titolo professionale. Queste le priorità, senza le quali si ingenerano gravissimi ed enormi danni all’intera economia del paese. Va inoltre recepita la Marittime Labour Convention 2006, anche attraverso la rivisitazione del d.lgs. 271/99 sulla sicurezza del lavoro marittimo per preservare la disciplina specifica del settore. Solo cosi è possibile realizzare le condizioni di una sistematica politica del personale nelle aziende che intendono investire, per le risorse umane, nella direzione di una concreta stabilità di occupazione in un settore pesantemente caratterizzato da un altissimo indice di precarizzazione. Indice di precarizzazione tanto più aggravato da una totale carenza di welfare completamente assente nel settore, senza una cassa integrazione, cosi come pure senza tutti quei provvedimenti legislativi che agiscono nella direzione del sostegno al reddito, attraverso norme di integrazione salariale, e in materia di mobilità. Va quindi perseguita, per il lavoratore marittimo, la finalità della istituzione di un Fondo Bilaterale di Solidarietà, come previsto dalla legge 92/12 sulla Riforma del mercato del lavoro, cosi come modificato dalla legge di Stabilità. Senza contare quei provvedimenti legislativi particolari di accompagnamento alla pensione per i benefici previdenziali derivanti dal rischio per l’esposizione all’amianto e quelli per i lavori usuranti, dai quali il lavoratore marittimo è stato, inspiegabilmente, escluso. Impedendo cosi l’agevolazione di un naturale turn-­‐over generazionale per il contenimento della disoccupazione Mobilità La Mobilità intesa come capacità ed esigenza di movimentazione di merci e persone per via terrestre con le modalità classiche del ferro e della gomma. 20 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Il sistema sempre più liberalizzato richiede una forte dose di regolazione e di assetti industriali capaci di sviluppare ed essere volano di sviluppo. Il tutto ruota sulla capacità di fare investimenti, di dotarsi di un pacchetto di regole in grado di garantire leale competizione fra aziende senza scaricare sul lavoro le contraddizioni di una possibile gara al ribasso. Riforma dei sistemi di trasporto locale. Invertire il meccanismo per passare da una pericolosa competizione ad una integrazione e complementarietà in grado di massimizzare le capacità dei diversi sistemi e di migliorare l’efficienza della mobilità anche in termini ambientali. Liberalizzazione. Competizione. Regole. La liberalizzazione del Trasporto ferroviario è stata avviata in Italia alla fine degli anni novanta, è stata presentata come il toccasana di tutti i mali! Ad oggi abbiamo 36 imprese ferroviarie titolari di licenza di cui 32 in possesso del certificato di sicurezza che le abilita all’effettivo esercizio. Ai fini dell’acquisto delle tracce utili ad effettuare trasporto, invece, è stata introdotta anche la figura del richiedente autorizzato che non necessariamente è titolare di licenza ma è più semplicemente un soggetto interessato ad acquisire un contratto di trasporto. Di fatto si è trattato di una liberalizzazione senza regole che ha generato confusione e precarietà. La liberalizzazione non può significare precariato; deve, al contrario, rappresentare l’occasione per maggiore e significativa efficacia e qualità del servizio. Come UILT abbiamo rivendicato regole per le imprese, per le istituzioni, per il mondo del lavoro, attraverso la stipula di contratti e di indirizzi normativi tali da salvaguardare la sicurezza dell’esercizio, la sicurezza del lavoro, la corretta competizione, l’assenza di dumping sociale. Per questo resta attuale l’applicazione dell’accordo del 18/7/2007, per evitare il dumping sulle forze lavoro, ma anche disparità di trattamento fra le stesse imprese; solo concretizzando il suddetto accordo si avrà una vera clausola sociale per il lavoro ma anche per le imprese. L’Europa: Il 4° Pacchetto Ferroviario La Commissione Europea e il Parlamento Europeo stanno procedendo nella definizione delle varie letture delle norme che porteranno a 6 nuove direttive che comporranno il 4° Pacchetto ferroviario. L’obiettivo è l’apertura completa al libero accesso a tutti i servizi ferroviari (compresi passeggeri lunga percorrenza e trasporto locale) a partire dal 2019 attraverso l’adozione di diversi strumenti quali l’obbligo di assegnare i servizi a mezzo gare pubbliche superando il criterio dell’affidamento diretto per facilitare la concorrenza attraverso la frammentazione degli ambiti territoriali da mettere a gara, l’utilizzo del materiale rotabile da parte dell’aggiudicatario della gara, la separazione dei gestori infrastruttura dalle imprese ferroviarie obbligando vincolando maggiormente le attuali holding ferroviarie, l’unbundling (una servitù onerosa che renderà accessibile a tutti l’infrastruttura a prescindere dalla proprietà) per abbattere le barriere competitive fra imprese, parametri di armonizzazione ed omogeneizzazione delle specifiche tecniche dell’infrastruttura e sistemi di interoperabilità tali da abbattere le barriere tecnologiche fra i diversi paesi della UE. L’estensione del mercato passeggeri nazionale e il frazionamento dei bacini del trasporto locale pongono seri interrogativi sul futuro delle attività lavorative che, a causa della corsa al taglio dei costi, registreranno conseguenze quali: riduzione del numero dei dipendenti; aumento dell’occupazione precaria e atipica; aumenti dei carichi e della pressione sul lavoro; aumenti delle flessibilità, spezzettamento dei turni. Tutto questo potrà compromettere la sicurezza e la qualità dei servizi. Una concorrenza senza regole vuol dire l'insediamento nelle linee più redditizie di nuovi operatori che spingeranno verso il basso i prezzi e metteranno a rischio le condizioni di lavoro dei lavoratori vecchi e nuovi. Situazione che si sta già realizzando nel segmento AV nazionale, nonostante la presenza di solo due imprese 21 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 ferroviarie. Gli utenti potranno avere vantaggi solo sulle linee più redditizie e nelle fasce orarie più ambite, mentre nelle tratte meno servite dovranno pagare di più. Le gare per assegnare dei servizi senza clausola sociale renderanno difficile la tutela dei lavoratori delle attività ferroviarie. Le richieste del Sindacato al Parlamento Europeo sono: respingere la separazione dei gestori delle reti dalle imprese di trasporto, mantenendo le società integrate; respingere la liberalizzazione dei trasporti passeggeri nazionale; consentire ai singoli Stati di organizzare il proprio trasporto pubblico considerando le specifiche esigenze nazionali; assicurare il mantenimento dei diritti e delle condizioni dei lavoratori come presupposto per servizi di qualità con elevate condizioni di sicurezza ferroviaria. Europa: Corridoi integrati. L’efficienza dei trasporti è una condizione cruciale per l'economia europea che non potrà consolidarsi e svilupparsi senza efficaci collegamenti intermodali. Quello che serve è una vera politica infrastrutturale dell'UE. Una massiccia rete europea dei trasporti capace di rilanciare e favorire la crescita economica e la competitività nei 28 Stati membri. Una rete che modernizzi l’attuale “groviglio” di strade, ferrovie, aeroporti e vie d’acqua europee per farne una rete transeuropea dei trasporti unificata. Non più singoli progetti, ma un sistema a rete con l’obiettivo di migliorare le connessioni attraverso la realizzazione di corridoi preferenziali e interoperabili. Previsto entro il 2030 dovrà eliminare le strozzature, permettere di adeguare le infrastrutture e snellire le operazioni transfrontaliere connesse ai trasporti in tutta l’UE a vantaggio sia dei passeggeri che delle imprese. Una capillare rete centrale europea, il cui costo di attuazione della prima fase di finanziamento ammonterà a 250 miliardi nel periodo 2014-­‐2020, dovrà essere completata entro il 2030 e dovrà collegare: 38 grandi aeroporti con linee ferroviarie che portano alle città principali; 94 grandi porti europei con linee ferroviarie e stradali; 15 000 km di linee ferroviarie convertite ad alta velocità; 35 progetti transfrontalieri destinati a ridurre le strozzature. Solo una reale circolazione di merci e persone in tutta Europa potrà consentirne lo sviluppo economico, che unitamente agli sforzi finanziari di realizzo delle infrastrutture si potranno garantire migliaia di nuovi posti di lavoro. Autorità di regolazione dei trasporti. L’Autorità di regolazione dei trasporti, insediatasi a Torino il 17 settembre 2013 ma diventata operativa a gennaio 2014, è competente per la regolazione nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture ed ai servizi accessori. Le principali funzioni sono: q Garantire condizioni di accesso non discriminatorie alle reti ed alle infrastrutture q Definire criteri per fissare tariffe, canoni e pedaggi q Condizioni minime di qualità del servizio q Definire servizio universale e relativa ripartizione dei costi q Condizioni minime diritti utenti q Definire schemi di bandi di gara (statuito che la disponibilità del materiale rotabile non è requisito di partecipazione alle gare né di discriminazione) In particolare per l’infrastruttura ferroviaria 1. Determinare i pedaggi 2. Criteri di assegnazione tracce e capacità 3. Ambiti del servizio pubblico sulle tratte 4. Modalità di finanziamento 5. Criteri per la ripartizione dei costi tra imprese ferroviarie 22 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 6. Propone al Governo ed al Parlamento un report sui processi di liberalizzazione e sull’efficienza della separazione tra Gestore Infrastruttura e Impresa Ferroviaria Abbiamo sempre sostenuto che l’Autorità sia un utile soggetto regolatore e vigilante, ma per come è stata configurata rischia di essere surrogato della politica e della gestione: programma e decide parametri e livello servizi. Il rischio è che sia un nuovo soggetto sostitutivo del potere politico e delle imprese. Andrebbe, pertanto, recuperato il ruolo della politica nella programmazione e nella individuazione dei servizi. Tra le prime interpretazioni del ruolo, il Presidente di ART ritiene che il compito dell’autorità sarà quello di garantire l’accesso equo e non discriminatorio alla rete da parte di tutti i concorrenti. Vale per le ferrovie come per i porti. Entro il primo semestre del 2014 presenterà una relazione sulla eventuale separazione societaria del Gruppo FS. Come Uiltrasporti riteniamo che vada salvaguardata l’unicità del Gruppo FS, così come realizzata dalle maggiori reti ferroviarie europee e in attuazione di regole comunitarie. L’Autorità di Regolazione Trasporti deve rimanere un’autorità indipendente, svincolata dal controllo della politica e dei grandi gruppi industriali. L’unbundling ferroviario, l’alta velocità, la definizione dei pedaggi per l’accesso e l’uso delle infrastrutture, il trasporto ferroviario regionale e il TPL sono temi oggetto di indagine da parte di ART. Sul Trasporto Pubblico Locale è da evitare l’istituzione di più bacini, preferendo un bacino ampio (regionale, in relazione ai flussi di traffico) in una logica di integrazione e complementarietà multimodale. Per quanto riguarda le modalità di affidamento del Trasporto Pubblico Locale, riteniamo eccessivamente surrogatorio il ruolo di ART nelle indicazioni e nelle qualità minime del trasporto, spettando alle Regioni e agli Enti Locali la definizione di livelli, flussi e quantità di servizio trattandosi di determinazioni programmatorie e di indirizzo che spettano alla politica e all’idea di sviluppo per le quali le Amministrazioni sono state elette. L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie “liberalizza” il mestiere del Ferroviere. L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF), la cui sede centrale è a Firenze, è l'organismo indipendente creato in Italia per disciplinare la sicurezza della circolazione ferroviaria sulla rete nazionale, vigilare sull'applicazione delle norme, rilasciare autorizzazioni, certificazioni e omologazioni alle imprese e ai gestori delle infrastrutture ferroviarie operanti nel nostro Paese. Sono funzioni hanno permesso di accorpare in un solo ente le competenze in materia di sicurezza che erano esercitate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e da Rete Ferroviaria Italiana. L’ANSF non ha competenze sugli altri sistemi di trasporto su ferro (metropolitane, tramvie, etc.) e sulle linee che sono prive di collegamento con il resto della rete ferroviaria nazionale, queste sono di competenza dell'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi. In sintesi, in pieno clima di liberalizzazione del trasporto ferroviario, l’Agenzia fornisce agli operatori ferroviari i principi delle disposizioni e prescrizioni di loro competenza e vigila affinché siano mantenuti gli attuali livelli di sicurezza inoltre, ne promuove il costante miglioramento in relazione alle innovazioni tecnico/scientifiche, garantisce un trattamento equo e non discriminatorio a tutti i soggetti interessati ai trasporti ferroviari, contribuisce all'armonizzazione delle norme di sicurezza nazionali e internazionali favorendo l'interoperabilità della rete ferroviaria Europea. Uno dei principali compiti operativi dell’AGENZIA è stato il riordino del quadro normativo in materia di sicurezza della circolazione ferroviaria con la finalità di redigere un testo unico includente principi e norme per la sicurezza. Semplificare il sistema, renderlo “esaustivo e coerente” demandando, sulla base del testo unico, ai gestori dell’infrastruttura e alle imprese ferroviarie l’emanazione di propri “Manuali di Mestiere”. Su questo punto nasce il primo interrogativo: non è eccessivamente sbilanciato a favore de che siano gli stessi operatori ferroviari a proporre e a rendere attuative norme del personale che svolge mansioni di sicurezza? 23 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Non a caso, scorrendo il Regolamento Circolazione Ferroviaria, ci si accorge che il ruolo del Capo Treno è privato delle competenze legate alla circolazione. La presenza del Capo Treno è prevista sui treni viaggiatori con le sole incombenze commerciali nonché attività connesse alla sicurezza dei passeggeri nelle fasi di salita e discesa. Competono al macchinista tutte le incombenze legate alla circolazione del treno, anche quelle oggi condivise con il Capo Treno. Un periodo denso di cambiamenti per il trasporto ferroviario, sia sul fronte delle semplificazioni che delle liberalizzazioni. L’importante è non semplificare troppo e che tale processo non faccia svanire rilevanti norme inerenti la sicurezza delegandole alle singole imprese ferroviarie. Sicurezza dei Trasporti. La sicurezza dovrebbe essere inquadrata all’interno di un sistema globale dei trasporti. Come per l’autorità dei Trasporti, l’istituzione di una Agenzia della sicurezza potrebbe essere un soggetto unico con competenze trasversali sui diversi modi di trasporto. Accorpare le competenze in materia di sicurezza oggi ripartite fra Agenzia per la sicurezza Ferroviaria, la sicurezza del Volo e alcune funzioni dell’Aviazione Civile produrrebbe una significativa sinergia, imponendo vincoli che partano da principi comuni, con efficaci strumenti di controllo e sanzionatori per comportamenti non sempre rispondenti. Oltretutto una sede istituzionale in cui far confluire tutte le competenze in materia di regolazione della sicurezza e i relativi controlli comporterebbe una semplificazione di attività trasversali per implementare specializzazioni e competenze tecniche. In tale ambito rilevante è la rivisitazione dell’ambito contrattuale delle Agenzie. Infatti sono inquadrate con specifiche articolazioni in un contenitore retaggio tipico della Pubblica Amministrazione. A nostro avviso andrebbe valorizzata la funzione specialistica che si acquisisce dall’esercizio di funzioni tecniche per cui il rapporto di lavoro deve rispondere ad un efficace inquadramento che valorizzi professionalità alternative al pubblico impiego e di maggiore approfondimento delle specifiche tecniche. Riforma del TPL e Trasporto Regionale Il Trasporto pubblico locale (TPL) ha vissuto negli ultimi anni una profonda e generalizzata crisi che ha portato oltre la metà delle aziende del settore a presentare i bilanci del 2013 in disavanzo. Tale stato ha spesso ulteriormente aggravato situazioni preesistenti di grave squilibrio e forte indebitamento che, in casi estremi, hanno portato o potrebbero portare a mettere in discussione la sopravvivenza delle aziende stesse e del servizio da esse erogato. In questo difficile contesto permane, inoltre, lo stallo relativo al rinnovo del CCNL di settore scaduto il 31 dicembre 2007, rinnovato solo per l’anno 2008 con una erogazione una tantum a titolo di acconto. L’indisponibilità delle controparti a proseguire il confronto, seppur nelle difficoltà economiche generali, impedisce di trovare una intesa che risponda alle esigenze di adeguamento delle retribuzioni ferme ormai da oltre 5 anni. Le ragioni alla base di questa complessa e difficile situazione vanno ricercate nella riduzione progressiva del finanziamento pubblico al settore, dovuta al taglio delle risorse disponibili, sia mediante la continua contrazione dei fondi destinati al trasporto da parte dello Stato centrale, sia attraverso il taglio e la 24 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 “distrazione” di risorse da parte delle Regioni che hanno preferito dirottare i flussi economici destinati al Trasporto pubblico locale ad altre poste di bilancio, come la Sanità. Questa condizione è stata ulteriormente appesantita della cattiva gestione delle aziende, in particolare di quelle pubbliche, in gran parte di proprietà di Comuni e Enti locali, e per le quali criteri clientelari sono prevalsi sulle esigenze di efficientamento e buona amministrazione. Lo dimostra, ad esempio, il disinteresse alla verifica e all’incremento dei ricavi derivanti dalla bigliettazione che, anche a causa degli scarsi controlli effettuati a bordo dei mezzi, consta di un elevatissimo tasso di evasione, che produce al settore un danno annuo quantificabile in circa 450-­‐500 milioni di euro di mancati introiti. La scarsa efficienza delle aziende del settore è poi ulteriormente aggravata dell’assetto industriale eccessivamente parcellizzato, composto da oltre mille e duecento imprese. Di queste solo duecento circa sono di una certa consistenza dimensionale, mentre la parte rimanente è costituita da piccole o piccolissime realtà, molte delle quali non superano i 5 dipendenti, in genere impegnate a svolgere per lo più servizi marginali ma di grande interesse sociale (servizi montani o periferici) e che assorbono quote di risorse pubbliche rilevanti. Si tratta, in ogni caso, di una situazione ben diversa da ciò che avviene nel resto d’Europa dove il mercato è diviso tra pochi grandi players internazionali. I percorsi di aggregazione e fusione, che pure iniziano a verificarsi nel nostro Paese, si sono dimostrati ancora marginali e inadeguati, così come ancora troppo poche sono le esperienze che prevedono una integrazione modale tra ferro e gomma, indispensabile per evitare inutili e costose sovrapposizioni. Infine le esigenze di ripianare i bilanci da parte degli Enti locali, o la volontà degli stessi di liberarsi di aziende che non riescono a garantire un adeguato equilibrio economico ha portato, nel corso degli ultimi mesi, alla moltiplicazione dei processi di cessione di rami di impresa e del relativo conferimento ad aziende che si pongono come catalizzatori industriali del settore. Si tratta di fenomeni che, se pur indirizzati verso percorsi aggregativi e di definizione dell’assetto industriale del settore, sono accompagnati da momenti di forte conflittualità con la forza lavoro, stante la messa in discussione della contrattazione di secondo livello in, tradizionalmente fortemente presente nel settore, in una mera ottica di compressione del costo del lavoro. Riforma. Il TPL è da molti anni oggetto di elevato numero di provvedimenti legislativi che hanno generato una stratificazione normativa spesso di difficile interpretazione, condizione che ha favorito gli atteggiamenti gattopardeschi di chi non ha voluto alcun tipo di modernizzazione del settore. Sulle modalità di affidamento del servizio, ad esempio, resta allo stato attuale vigente gran parte della normativa specifica di settore derivata dall’emanazione del D.lgs. 422/97, per quanto non in contrasto con la disciplina europea di settore individuata dal Regolamento 1370/07. Questa situazione scaturisce dagli effetti della sentenza della Corte Costituzionale che, ritenendo incostituzionale il tentativo di ripristino normativa sui servizi pubblici locali abrogata con il c.d. referendum sull’acqua, ha di fatto portato alla reviviscenza della disciplina di settore preesistente. A questo proposito è opportuno, anche in ottica futura, rimarcare il fatto che inserire il TPL in un sistema normativo di affidamento dei servizi pubblici industriali senza considerarne le specificità ha rappresentato più un problema che un’opportunità. Il TPL presenta, infatti, caratteristiche difficilmente assimilabili a quelle di altri servizi pubblici a rilevanza economica, in particolare per ciò che riguarda la rimuneratività del servizio stesso e la sussistenza di un mercato a monopolio naturale. Ancora più dubbia è l’idea emergente, in alcuni ambienti ministeriali e universitari, di sostituire la concorrenza per il mercato (ossia l’effettuazione di gare per l’affidamento del servizio) con forme di concorrenza nel mercato (caratterizzate invece dalla 25 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 contemporanea presenza di più operatori in concorrenza tra loro), senza agire parallelamente sul sistema tariffario e volendo mantenere la socialità del servizio offerto come elemento caratterizzante. Con l’eccezione di alcuni servizi specifici, economicamente appetibili per la loro remunerabilità (servizi di trasferimento verso gli aeroporti, servizi turistici, ecc.), infatti, il Trasporto pubblico locale non è compatibile con la presenza di più imprese operanti in regime di concorrenza sul medesimo servizio. Nelle problematiche relative all’affidamento del servizio restano poi aperti alcuni temi delicati. Il criterio di aggiudicazione del servizio tramite gara non può essere quello del massimo ribasso. Se la gara può rappresentare un elemento di trasparenza e di contenimento della spesa, l’affidamento sulla base della semplice compressione dei prezzi determina l’effetto di ridurre le risorse disponibili e conseguentemente la qualità e l’efficacia dei servizi offerti. Riteniamo inoltre che nella predisposizione dei capitolati di appalto vi siano il mantenimento dei livelli occupazionali, il mantenimento ed il riconoscimento della contrattazione di primo e secondo livello e della residenza al momento del passaggio. Inoltre risulta importante anche la natura societaria dei partecipanti alla gara che a nostro avviso deve prediligere la forma di S.p.A.. Allo stato attuale, prima dell’avvio di una fase di gare per l’affidamento del servizio, occorrerebbe porre le basi per l’industrializzazione del settore. Perché si raggiunga questo risultato, e si possa permettere a chi lo ritiene e ne abbia le potenzialità economiche di investire, è necessario innanzitutto fornire certezze e garanzie. Certezze economiche, con un flusso adeguato e costante nel tempo di risorse così da poter consentire di costruire piani industriali e di ammortamento degli investimenti che oggi, in una situazione di costante precarietà, nessuno è in grado di avviare. Riteniamo necessaria una definitiva e chiara normativa sull’affidamento dei servizi; una normativa che preveda l’individuazione di bacini ampi (gli unici peraltro compatibili con un sistema integrato ferro-­‐
gomma) e un sistema di affidamento limpido e basato sulla capacità dei gestori di offrire un servizio efficiente, qualitativamente superiore e in grado di rispondere alle nuove esigenze di mobilità del Paese. In questo senso merita attenzione anche il tema delle tariffe e del costo del servizio. In linea di massima si è affermato nei contratti di servizio il modello net-­‐cost, che investe l’affidatario del rischio commerciale e quindi lo responsabilizza rispetto il risultato della vendita dei titoli di viaggio. Se questo è un dato positivo certo l’eccessiva autonomia, che in molte realtà viene lasciata al singolo comune di determinare il costo del biglietto, provoca gravi ripercussioni sui bilanci delle aziende (vedi le notevoli differenziazioni di tariffa presenti sul territorio). Si dovrebbe individuare un sistema più coerente di aggiornamento delle tariffe che non penalizzi i gestori ma che consenta agli stessi di investire sull’ammodernamento del parco mezzi e delle infrastrutture. Non ultimo il tema delle ricadute sul fattore lavoro. I criteri di affidamento debbono prevedere forme di garanzia e/o di vantaggio per quelle aziende che si impegnano sul tema delle clausole sociali e contrattuali. Le prime per scongiurare che il sistema competitivo si scarichi sul sociale determinando precarietà ed esuberi, il secondo che rappresenti una forma di tutela rispetto a tentazioni di aggiramento contrattuale nei rapporti di lavoro. In quest’ottica particolare rilevanza dovrà assumere il Fondo bilaterale di sostegno costituito dalle Parti con l’Accordo sottoscritto l’8 luglio 2013. Esso rappresenta uno strumento di ammortizzazione imprescindibile e di fondamentale importanza per accompagnare il settore ad una vera industrializzazione attraverso una ristrutturazione complessiva e tutelando quei lavoratori che nei processi riorganizzativi dovessero risultare in esubero e quindi trovarsi in condizioni di drammatica emergenza. Risorse e prospettive. Le risorse che il Fondo Nazionale Trasporti assegna al TPL, pari a circa 4,9 miliardi di euro, per quanto vincolati al settore, rappresentano una cifra del tutto inadeguata a garantire l'attuale livello di servizio se non arricchita da un consistente intervento delle Regioni che, con finanze proprie, hanno sempre contribuito ad integrare le risorse provenienti dallo Stato (con circa 1,6 miliardi di euro). 26 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Il problema del TPL oltre a quello della quantità delle risorse è inoltre legato ad una drastica riduzione degli sprechi, allo stato sono ancora elevatissimi, a vantaggio di un miglioramento dell'efficienza generale del settore e quindi di un miglior servizio per la collettività. Il taglio degli investimenti relativi al rinnovo del parco mezzi con il conseguente aumento dell’età media del parco circolante, tra i più vecchi d’Europa (pari a 11,6 anni rispetto a un valore medio europeo di 7 anni), e i derivanti maggiori costi ambientali e di manutenzione rappresenta un ulteriore elemento di criticità legato alla riduzione del finanziamento al settore. In questa ottica sono da considerarsi positivi i processi aggregativi e di rafforzamento del sistema industriale del settore che in Italia, così come nel resto d'Europa, vedono nelle più grandi imprese europee, di proprietà pubblica o semi-­‐pubblica (Arriva, RATP, Veolia-­‐Transdev), la capacità di concentrare le attività anche di trasporto su gomma. Non è difficile ipotizzare quindi nel medio termine il superamento dell'attuale assetto "campanilistico" in direzione di un numero limitato di operatori di maggiore potenzialità industriale e finanziaria. Si tratta di un percorso che allo stato attuale coinvolge in particolare il centro-­‐nord, mentre nel meridione lo stato di difficoltà del settore vede il rafforzarsi di imprese "private" che, approfittando della crisi delle aziende pubbliche, acquisiscono servizi attraverso sistemi di affidamento diretto e su basi economiche non sempre intellegibili. Obiettivi. Allo stato dei fatti e sulla base delle sintetiche valutazioni espresse, la Uiltrasporti ritiene non rinviabile un pacchetto di interventi che segnino definitivamente una inversione di rotta. Fondamentale a tale scopo sarà il pieno coinvolgimento di tutti gli stakeholders ma in particolare di quattro interlocutori: la politica (Governo e Parlamento), gli Enti Locali (Regioni e Comuni in primis), le aziende, le organizzazioni sindacali. Gli interventi, a nostro avviso, dovranno essere indirizzati in particolare sui seguenti aspetti: •
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Introduzione di regole nuove, chiare e esigibili che ridisegnino in profondità il settore superando l’attuale stratificazione normativa, dalle modalità di affidamento fino al trasferimento delle risorse, e che siano in grado di promuovere i processi di industrializzazione del comparto favorendo integrazioni modali e aggregazioni aziendali; Stabilizzazione delle risorse finanziarie e superamento graduale degli attuali meccanismi basati sulla spesa storica attraverso la progressiva introduzione del costo standard; Regolazione dei rapporti di lavoro, con particolare attenzione alla materia delle clausole sociali e contrattuali, al mantenimento della contrattazione vigente e ad un adeguato sistema di ammortizzazione sociale, per scongiurare che il sistema competitivo si scarichi esclusivamente sul lavoro determinando precarietà ed esuberi e per garantire adeguate tutele rispetto ad eventuali tentazioni di aggiramento contrattuale nei rapporti di lavoro; Ultima ma non ultima, la definizione della vertenza contrattuale per il giusto riconoscimento del valore del lavoro in questo settore e l’adeguamento delle relative retribuzioni ferme da oltre 5 anni. Assetti del sistema ferro. Il trasporto ferroviario in Italia si identifica prevalentemente con il Gruppo FS. Questo è vero in particolare per il trasporto passeggeri sulla media/lunga distanza; meno vero nel trasporto merci a causa del consolidamento di nuovi soggetti per effetto della liberalizzazione e per il ridimensionamento della Divisione Cargo di Trenitalia. 27 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 È del tutto evidente, pertanto, che l’assetto societario/organizzativo del Gruppo FS, abbia dei riflessi immediati sul trasporto ferroviario del paese. Il Gruppo FS è composto di due società (RFI e Trenitalia) che hanno anche una diversa missione oltre che un rapporto diverso con il mercato. Ciò porta a sostenere per interessi più vari la separazione di RFI da Trenitalia. Mentre in Europa, dove il tema era stato lanciato, c’è un raffreddamento delle teorie più oltranziste sulla separazione, in Italia il dibattito è sempre acceso e all’ordine del giorno. Su questo aspetto il movimento sindacale ha sempre manifestato la massima contrarietà; come del resto, con motivazioni diverse lo sostiene anche la dirigenza FS. Fra l’altro l’assetto attuale è uguale a quello che si sono date le maggiori reti europee applicando le direttive comunitarie sul superamento dei monopoli. Trasporto passeggeri a media lunga percorrenza Il mercato del trasporto ferroviario è una realtà molto più segmentata di quanto possa apparire. Alla classica distinzione fra merci e passeggeri, possiamo aggiungere una parcellizzazione in trasporto nazionale, internazionale e regionale. Nel passeggeri la nuova stella è data dal sistema Alta Velocità. Gli asset sono distribuiti sostanzialmente in due grandi contenitori: il servizio a mercato, totalmente a rischio di impresa, e il Servizio Universale e sussidiato, per cui la sostenibilità economica è garantita da contratti di servizio con le Istituzioni. Il nostro Paese ha smesso di investire sulle proprie infrastrutture con una visione strategica compromettendo il proprio futuro. L’unico vero investimento è stato realizzato nella rete AV/AC, soldi pubblici che hanno messo operatori privati in concorrenza con ex monopolisti oggi impresa in e sul mercato. Il risultato è che abbiamo seri e prolungati problemi sui nodi, il cui imbottigliamento interferisce con un sistema di trasporti regionali su ferro. L’upgrade delle linee fondamentali di direttrici Adriatica e Tirrenica necessita di interventi per velocizzare le linee e “accorciare” i tempi di attraversamento. Andrebbero curati i flussi Est/Ovest e viceversa essenziali in un paese che si sviluppa in lunghezza tra i mari. In tali ambiti, una attenzione particolare andrebbe riservata al Mezzogiorno d’Italia, sempre più isolato (basti guardare le tracce orarie dalla Calabria e dalla Sicilia). Da non sottovalutare l’assetto idrogeologico del territorio. Sempre più devastato da incuria e speculazione, presenta in molte parti seri problemi di tenuta che si ribaltano sulla sicurezza della vezione. Sono 45 milioni i viaggiatori trasportati, nell’anno 2013, sulle linee alta velocità, una media giornaliera di poco superiore ai 125.000; un’infrastruttura costata finora circa 80/90 miliardi di Euro. Di contro 3 milioni di viaggiatori al giorno, 800 milioni circa all’anno, si muovono sui treni locali; con una evidente sperequazione di investimenti infrastrutturali irrisori in confronto ai chilometri di rete e ai viaggiatori/popolazione interessati. Trasporto merci. Il riequilibrio modale, fra la gomma e la rotaia, è necessario per il paese non solo per rendere vivibili le grandi città, assicurando un impatto ambientale gestibile e per i tempi di resa più veloci, ma anche per le lunghe distanze sia nel trasporto merci che in quello dei passeggeri. L’Italia è invasa da autotreni che la attraversano in lungo ed in largo, anche quando sarebbe più conveniente trasportare le merci su ferro. Un trasporto merci efficiente serve al paese per accrescere la competitività dei vari prodotti; come Sindacato siamo disposti da sempre a fare la nostra parte per una modernizzazione del settore. È mancata una politica per il trasporto merci che, partendo da un programmato potenziamento delle infrastrutture e dei mezzi, sfruttasse le flessibilità offerte dalla forza lavoro in un sistema che si liberalizza. La liberalizzazione in questo settore, se accompagnate da un sistema di regole omogenee, potrebbe rivelarsi un utile viatico per far uscire il segmento dalla giungla attuale e scongiurare una crisi che sembra irreversibile. Le leve con cui agire sono quelle dello sviluppo di una migliore intermodalità nave/ferro/gomma, integrando un’efficace rete infrastrutturale di collegamento porti/ferrovie e retro porti, maggiormente agili 28 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 e appetibili per gli obiettivi di spedizione dei vettori; nonché politiche di incentivazione per quei vettori che scelgono il trasporto su ferro con addendum di livello regionale/territoriale. Una ipotesi di investimenti mirati in materiale rotabile potrebbe consentire l’utilizzo delle linee ad alta capacità nelle fasce notturne per effettuare il trasporto merci, ottimizzando i flussi di traffico e incrementando le velocità medie del trasporto. Da non sottovalutare, l’apporto di un assetto che metta fine alla cannibalizzazione tra le diverse Imprese Ferroviarie attraverso la obbligatorietà dell’applicazione del contratto di riferimento di settore “Mobilità/AAFF”; oltreché stimolare maggiormente l’ANSF ad espletare controlli capillari sulle attività svolte da tutte le Imprese Ferroviarie. In sintesi, un piano strategico generale che getti le basi per costruire quel tanto agognato riequilibrio modale, da decenni promesso ma mai veramente perseguito. Appalti a supporto della mobilità. Negli ultimi quattro anni il settore degli Appalti Ferroviari ha visto un radicale cambiamento dei soggetti imprenditoriali presenti quali società appaltatrici. Il gruppo dei consorzi e degli imprenditori che hanno gestito per molti anni queste realtà è uscito completamente dal settore con le gare del 2009. Risultano invece immutati e per molti versi aggravati i problemi che affliggono le lavoratrici ed i lavoratori del settore. Nel 2011 dopo una lunga vertenza i servizi del settore notte sono stati drasticamente tagliati da Trenitalia SpA, ( società del Gruppo FS ) e ciò ha determinato il licenziamento di centinaia di lavoratori. Medesima sorte è accaduta a molti lavoratori della manutenzione della società RSI. Il 20 luglio 2012 è stato rinnovato il CCNL “della Mobilità Area Contrattuale Attività Ferroviarie” ma, ancora oggi, nonostante l’adesione delle maggiori Associazioni Imprenditoriali, non risulta correttamente applicato da tutte le imprese appaltatrici del settore. La clausola sociale presente nell’impianto contrattuale risulta non adeguata a garantire una corretta gestione e, soprattutto ad assicurare sufficienti tutele alle lavoratrici ed ai lavoratori del settore. Alcune società del Gruppo FS, ad esempio Ferservizi SpA, Grandi Stazioni …., pur avendo sottoscritto il suddetto contratto, hanno affidato servizi prevedendo l’applicazione di CCNL diversi da quello del settore. Allo stesso tempo i medesimi committenti di cui sopra hanno ridotto le attività pregiudicando l’occupazione del personale impiegato nelle stesse. Nel settore vi è ancora una presenza massiccia di ammortizzatori sociali. Le imprese appaltatrici denunciano ormai con frequenza i ritardi dei pagamenti dei committenti e tutto ciò oltre ad aggravare le condizioni economiche delle stesse imprese appaltatrici, si sta scaricando soprattutto sulle lavoratrici e sui lavoratori del settore che registrano continui, ingiusti ed inaccettabili ritardi nella erogazione degli stipendi. Va dunque assicurata la congruità degli appalti ed il regolare pagamento degli stipendi. Vanno inoltre chiarite e migliorate le norme che regolano il cambio di appalto nel settore per fornire ai lavoratori adeguate tutele. È necessario che il CCNL sia applicato da tutte le aziende del settore al fine anche di rendere corretta ed omogenea l’applicazione delle regole e dei comportamenti nel settore. Altro elemento imprescindibile è la determinazione condivisa delle tabelle di costo orario, necessario per la trasparenza e la correttezza del confronto tra imprese utile altresì a rendere più stabile, efficiente e qualitativo il settore da parte di tutti i soggetti coinvolti (committente, imprese e Organizzazioni Sindacali ) 29 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Bisogna garantire la presenza dell’applicazione e del rispetto del CCNL “della Mobilità Area Contrattuale Attività Ferroviarie” nei bandi di gara di tutte le società del Gruppo FS committenti di detti servizi Dal 2009 il Gruppo FS, nonostante le continue, reiterate, denunce del Sindacato, rifiuta ogni confronto specifico sulle problematiche del settore. Riteniamo ora indispensabile ed improcrastinabile l’attivazione del tavolo di confronto con il Gruppo FS, poiché altrimenti le conseguenze sulle lavoratrici e sui lavoratori di molti appalti potrebbero risultare gravissime. Sistema contrattuale: il CCNL Mobilità. Il processo riorganizzativo del settore Mobilità richiede interventi traguardati in un’ottica di sistema coinvolgendo più soggetti ed intervenendo sui diversi ambiti su cui si articola. Gli elementi caratterizzanti questo processo riguardano l’assetto del trasporto che deve puntare ad una logica di integrazione e complementarietà, di un pacchetto di regole a garanzia degli effetti ricercati di qualità ed efficacia del servizio, alla semplificazione degli ambiti contrattuali nazionali per sviluppare le competenze in ambito aziendale/territoriale, l’introduzione di regole cogenti nella regolazione dei rapporti di lavoro che diano forza a parametri di clausole sociali e contrattuali. Il contratto della Mobilità è lo strumento che abbiamo proposto e sul quale debba ulteriormente concentrasi l’azione sindacale. La riforma del TPL, l’assetto del Gruppo ferroviario più strutturato nel nostro paese, la proliferazione di soggetti imprenditoriali sia nel ferro che nella gomma, le strategie di fusioni societarie, sono tutti elementi che convergono e rendono necessaria una adeguata strumentazione contrattuale in grado di fissare regole comuni per affrontare processi riorganizzativi profondi. Elemento da non sottovalutare è la regolamentazione del sistema liberalizzato che si presta efficacemente a forme di sfruttamento del lavoro in nome della presunta qualità e dei costi dei servizi. REGOLAMENTAZIONE E CONFLITTUALITA’ Nel settore dei trasporti come in tutti i servizi, lo sciopero è regolato dalla legge 146/90 e dalla 83/2000 . A 25 anni dalla introduzione del sistema di regolamentazione e dopo i numerosi accordi applicativi e di regolamentazioni provvisorie in bilancio dell’esperienza vissuta non è del tutto positivo. Il diritto di sciopero non viene regolato ma spesso è compresso quando non viene annullato. È indubbio che la stragrande maggioranza delle vertenze si acuisce non sul piano rivendicativo ma su quello del rispetto dei patti liberamente sottoscritti dalle aziende. Manca un momento di verifica e un sistema sanzionatorio che sia efficace anche nei confronti delle aziende inadempientii. Tra i temi scottanti vanno disegnati e definiti quelli relativi alla titolarità dei soggetti, alla capacità di indizione di azioni, all’analisi dei comportamenti scorretti da sanzionare, all’eventuale funzione interpretativa e/o arbitrale delle fasi acute delle vertenze. In sostanza il sistema è ancorato alle esclusive interpretazioni della Commissione di Garanzia, preoccupata di assicurare sempre e comunque il servizio, in questo mortificando l’esercizio del diritto di sciopero. Il recente accordo sulla rappresentanza e rappresentatività può essere lo strumento di chiarezza nel sistema. Sulla base di quei principi sarà coerente abbinare il diritto alla contrattazione sulla base della rappresentatività con l’esercizio del diritto di sciopero. Chi è legittimato a contrattare, stipulare, applicare accordi non può essere considerato alla strega di chi non ha gli stessi requisiti. Questo non per escludere, ma per ipotizzare diverse forme di rappresentazione dell’eventuale situazione di conflitto. 30 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Rappresentanza e rappresentatività Il tema sciopero si intreccia, pertanto, con quello della rappresentanza e rappresentatività. L’elevata conflittualità è favorita da un sistema di relazioni sindacali che si poggia su un falso assunto democratico che legge una elevata frantumazione sindacale in nome della rappresentanza di tutte le istanze possibili. In tale contesto non è chiaro chi rappresenta chi e in che misura, con quale grado di rappresentatività e con quali strumenti. La questione della rappresentatività sindacale è il tema che identifica il grado di libertà e di democrazia una società moderna. L’accordo interconfederale del 10 gennaio 2014 rende coerenti le scelte con i precedenti accordi interconfederali. Definire la rappresentanza, ha riflessi positivi per i contratti, sugli accordi applicativi per il diritto di sciopero, sulla conflittualità in genere, in un settore delicato dove il solo effetto annuncio è devastante, più di uno sciopero effettuato . La potenzialità del sindacato potrebbe quindi puntare a sviluppare ed affinare un sistema partecipativo fatto di concertazione e codeterminazione e che in un prossimo futuro traguardi ipotesi di indirizzo e sorveglianza sul modello tedesco, almeno nelle società di servizio pubblico. SICUREZZA DEL LAVORO Il tema della Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro, in generale e in particolare nel Settore Trasporti, è e deve essere un elemento di estrema importanza nelle tematiche sindacali, in particolare nel nostro settore che per le sue caratteristiche, non riesce a trovare elementi comuni che possono permettere di approfondire i temi e far crescere i nostri RLS. Grandi progressi e miglioramenti sono stati fatti in termini di Salute e Sicurezza, attraverso l’emanazione di leggi, norme attuative e sentenze giudiziarie che hanno permesso a tutti i soggetti coinvolti di avere tutta una serie di strumenti utili a prevenire e ad assicurare livelli adeguati di Salute e Sicurezza a tutti i lavoratori. Questo non è più sufficiente. E’ necessario compiere uno sforzo culturale complessivo che porti tutti i soggetti interessati, soprattutto gli RLS, a far crescere tra i lavoratori un “educazione alla salute e sicurezza ” considerando che essa rappresenta un bene comune irrinunciabile. La UILTRASPORTI vuole impegnarsi nella realizzazione un progetto che porti a un maggior coinvolgimento e collaborazione con gli RLS sui luoghi di lavoro, attraverso alcune iniziative informative e formative, anche in collaborazione con la UIL Confederale e l’ITAL. In tal senso si sta predisponendo una rete di collegamento, attraverso la realizzazione di un’ anagrafica degli RLS, ai quali far giungere ogni notizia significativa e ricevere a sua volta ogni richiesta di consulenza attraverso un apposita casella di posta (sicurezza@uiltrasporti.it) Sulle iniziative in atto, la UILTRASPORTI sta partecipando a un progetto con ITAL finalizzato all’individuazione, alla gestione e al riconoscimento delle malattie professionali legate a specifiche patologie. Tra queste, la UILTRASPORTI ha scelto di approfondire quelle di origine Muscoloscheletriche, attraverso l’assistenza della Consulta dei Medici Legali, ritenendo esse quelle più diffuse e riscontrabili in molte attività lavorative nei vari settori dei Trasporti. Il servizio offerto dall'ITAL consisterà, dopo una fase formativa e l’individuazione di alcuni soggetti di coordinamento dei vari settori a livello territoriale, nel mettere a disposizione due indirizzi di posta elettronica : uno specifico per le richieste sulle patologie muscolo-­‐scheletriche e un secondo dedicato a 31 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 offrire ai nostri RLS un servizio di consulenza da parte dei Medici Legali, al quale si possono rivolgere specifiche domande e richieste per quanto attiene le norme sulla Salute e Sicurezza. In merito alle malattie professionali sono riportati di seguito alcuni dati. Dalla relazione annuale INAIL 2012 risultano denunciate le seguenti malattie professionali con le relative percentuali di riconoscimento : Patologie Denunciate Riconosciute % Muscoloscheletriche e neurologiche 28.183 12.831 46 Udito 3.561 2.060 58 Respirazione 2.151 1.104 51 Tumorali 1.842 969 53 Dai dati sempre INAIL nel settore Trasporti gli infortuni dal 2008 al 2012 sono rappresentati dalla seguente tabella : Infortuni nei trasporti Denunciati Mortali 2008 2009 2010 2011 2012 63.424 57.890 56.809 50.605 42.987 144 113 133 78 71 Un tema importante, su cui è necessario investire, è sicuramente quello di un maggior coinvolgimento degli RLS finalizzato alla loro crescita. In tal senso si deve evidenziare il notevole sforzo della struttura della UIL confederale nel cercare di realizzare una “rete di collegamento” tra tutti gli RLS presenti nelle varie Categorie. Purtroppo dai dati, oggi in nostro possesso, si deve registrare che l’elenco dei nominativi conosciuti (circa 120) rappresenta un numero troppo piccolo rispetto alle dimensioni della nostra Categoria. Da qui la necessità di fare molto di più in termini di conoscenza e di coinvolgimento di coloro che esercitano un ruolo molto importante sui luoghi di lavoro. Lo scambio d’informazioni e soprattutto il condividere esperienze è fondamentale se si vuole crescere e migliorare il ruolo e la funzione di Rappresentanti alla Sicurezza dei Lavoratori. Troppe volte il lavoro e l’esperienza maturata dagli R.L.S. rimane circoscritta e limitata al proprio spazio di competenza (azienda) e, per una serie di fattori, non riesce, ad essere conosciuta nemmeno da altri RLS dello stesso settore.. Serve più condivisione. Un’esperienza positiva, iniziata da qualche anno, è stata la realizzazione di coordinamento degli RLS delle società autostradali, che attraverso anche la realizzazione di uno spazio web, esclusivamente riservato, permette di interagire tra di loro, mettendo a conoscenza di tutti la propria attività e esperienza sui rispettivi luoghi di lavoro. E’ impegno della struttura nazionale individuare, con l’aiuto delle strutture territoriali, tutti gli RLS espressione della nostra organizzazione di categoria, in modo da creare una rete sia per la UILTRASPORTI sia per la struttura Confederale. E’ forte la convinzione che l’R.L.S. debba essere più legato alle attività sindacali svolte dalle RSA/RSU, perché ormai le riorganizzazioni aziendali, caratterizzate da sensibili abbattimenti di costi dovuti alla crisi 32 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 economica in atto, determinano sempre di più effetti strettamente legati a problematiche su Salute e Sicurezza. Quindi l’RLS è sempre più un elemento fondamentale anche per l’attività strettamente sindacale, in quanto le sue analisi e le sue valutazioni possono influire e aiutare la RSA/RSU a fare le scelte più opportune. L’R.L.S. non deve essere più solo un soggetto “passivo” e quindi intervenire dopo un evento accaduto, ma deve possibilmente diventare sempre di più soggetto “attivo” , in grado di prevenire una problematica attraverso i sopraluoghi e l’analisi dei DVR. Da qui la proposta per i futuri rinnovi contrattuali nei vari settori di mettere nelle piattaforme rivendicative la richiesta di aumentare, oltre a quelle di legge, le ore di permesso degli RLS e di prevedere che periodicamente si debbano indire assemblee tra i lavoratori con all’ordine del giorno temi sulla Salute e Sicurezza indette e organizzate dagli RLS aziendali. Le Aziende, in generale pensano che spendere in Sicurezza, fatti salvi gli obblighi di legge, sia una scelta sbagliata, Questo può essere smentito da dati forniti, in occasione di un convegno internazionale "Investire in sicurezza nel settore dell'igiene ambientale" organizzato dalla Fondazione Rubes Triva a Roma, nel quale un relatore ha dimostrano, attraverso studi e analisi fatti da eminenti esperti in Salute e Sicurezza, su un campione di 101 grandi aziende internazionali, che se un azienda spende 1€ in Prevenzione realizza e determina un investimento di 2,19€. Un incidente in un’azienda è la dimostrazione di una mancanza di controllo e di professionalità. La prevenzione su Salute e Sicurezza passa per l’organizzazione, perché ogni azienda deve conoscere i suoi processi e solo così può valutare bene le proprie decisioni che, in molti casi, hanno uno stretto legame con la Sicurezza dei lavoratori. Quando emerso dal convegno mette in risalto quanto sia importante e sempre più prioritaria la scelta di prediligere politiche aziendali incentrate sulla Prevenzione e non limitarsi alla sola ricerca di applicare le leggi o le normative. Quando si denuncia o si fanno degli esposti agli organi competenti il fatto è già accaduto. Dobbiamo fare maggiori sforzi in questa direzione puntando sempre più a prevenire (forma attiva) invece che limitarsi a denunciare (forma passiva). Il convegno ha inoltre evidenziato che il miglioramento del livello di Sicurezza sui luoghi di lavoro passa anche attraverso il miglioramento del “clima aziendale” e quindi un rapporto tra lavoratore e responsabile più costruttivo. E’ statisticamente provato che un ambiente di lavoro “positivo” ha un basso livello d’incidenti e d’infortuni. In questa direzione le Aziende devono fare molto di più per creare un “ambiente migliore” soprattutto quando Salute e Sicurezza diventano elementi imprescindibili per i soggetti coinvolti. Per essere più efficaci, in termini di prevenzione e di sorveglianza, è necessario avere maggiori informazioni su quanto accade in un azienda in termini di “mancati infortuni”. La UILTRASPORTI ritiene importante promuovere una campagna di sensibilizzazione sui “mancati infortuni”, ritendo quest’aspetto molto importante, sia per la prevenzione di possibili rischi riscontrati per i lavoratori, sia perché ritiene che conoscere i “mancati infortuni” sia un utile strumento per far crescere culturalmente ogni lavoratore che svolge la sua attività, responsabilizzandolo per se stesso e nei confronti di coloro con cui collabora. In tema di amianto le norme pensionistiche introdotte dalla c.d. riforma Fornero sfavoriscono i lavoratori esposti a tale agente nocivo, che avrebbero raggiunto il requisito contributivo grazie alle succitate leggi in materia, applicando loro le penalizzazioni economiche previste per il mancato raggiungimento del parametro anagrafico. Occorre pertanto un intervento normativo che consenta di evitare dette penalizzazioni per tutti coloro che matureranno l’anzianità contributiva richiesta così come già previsto nel decreto c.d. Milleproroghe per i lavoratori precoci. 33 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Un’importante iniziativa è quella in atto presso l’ONBSI (Ente Bilaterale del Settore dei Servizi di Pulizia e dei Servizi Integrati/Multiservizi), che con il ”PROGETTO SVILUPPO DI UN DISCIPLINARE TECNICO ORGANIZZATIVO PER LA SICUREZZA”, presentato al Ministero del Lavoro e in fase di sperimentazione in alcune aziende, ha introdotto un disciplinare tecnico-­‐organizzativo finalizzato a standardizzare e migliorare con buone prassi i comportamenti aziendali sulla gestione della Salute e Sicurezza. Tale disciplinare sarà un importante e utile riferimento per la realizzazione del Documento di Valutazione dei Rischi per tutte le aziende iscritte all’ONBSI. Inoltre si rende necessario e non più rinviabile l’emanazione del disegno di legge delega, più volte rinviato, destinato a risolvere il problema della non attuazione dei provvedimenti di revisione dei decreti legislativi 271 (settore marittimo) e 272/1999 (settore portuale) e della L. 191/1974 (settore ferroviario), previsti dal disegno di legge 5368. Inevitabilmente in questa fase rimangono attivi i testi normativi oggi in vigore che, senza quest’atto, determinano per questi settori importanti la non equiparazione e integrazione alla normativa di salute e sicurezza prevista per il restante mondo del lavoro. Nell’ottica di effettuare tutti gli sforzi possibili per una maggior condivisione delle varie problematiche, l’ufficio Salute e Sicurezza della UILTRASPORTI ha iniziato ad organizzare incontri con i responsabili dei dipartimenti nazionali. Inoltre lo stesso è stato promotore di un’iniziativa finalizzata ad analizzare, con i rispettivi responsabili di Salute e Sicurezza di FILT-­‐CGIL e di FIT-­‐CISL, alcune problematiche e a condividere alcuni percorsi anche di tipo istituzionale. PARI OPPORTUNITÁ E POLITICHE DI GENERE Il mondo del trasporto è tipicamente maschile; lo è da sempre e lo è profondamente. Questo “essere maschile” lo permea dalla sua fondazione e si riflette in tanti aspetti della vita quotidiana delle colleghe e dei colleghi che lavorano nel settore. L’ organizzazione del lavoro, gli istituti contrattuali, le progressioni di carriera ed, in generale, le opportunità di lavoro sono tutte orientate ad un modello tipicamente maschile. Storicamente ed antropologicamente, il mondo dei trasporti, soprattutto nelle sue posizioni apicali, è stato tradizionalmente maschile: una donna capostazione, comandante di una nave, pilota od alto dirigente di una azienda di gestione, fino a qualche anno fa era, sostanzialmente, inconcepibile. Da qualche anno a questa parte, complici una forte tendenza delle donne all’autoaffermazione ed alla emancipazione da stereotipi lavorativi che le contraddistinguevano ed anche il perdurare della crisi economica, il panorama del settore trasporti sta cambiando drasticamente. Le donne sono sempre più presenti sia a livello occupazionale che associativo. È necessario che la nostra organizzazione assecondi questo processo sociale, offrendo alle proprie iscritte ma anche a tutte le lavoratrici del settore, indipendentemente dalla loro appartenenza sindacale, il massimo supporto. Il primo motore del cambiamento deve partire dal nostro interno. Infatti lo statuto è stato di recente aggiornato per riequilibrare la presenza di genere all’interno della nostra organizzazione a tutti i livelli e per raggiungere un processo di parità completa. È auspicabile che le rappresentanti sindacali della Uiltrasporti possano avere ampio ed incondizionato accesso alla rappresentanza generale, aspetto che l’ organizzazione deve porre come sua massima priorità; in un mondo del lavoro in cui la rappresentanza femminile sta crescendo anche dal punto di vista strategico, è opportuno che cresca il numero di dirigenti sindacali donne in ruoli operativi. 34 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Anche la contrattazione collettiva deve riflettere i cambiamenti sociali in atto. Il contratto collettivo, infatti, rimane il “luogo” dove è opportuno declinare le risposte alle aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori. La contrattazione collettiva è necessario che recepisca con chiarezza parità di retribuzioni, parità nell’ accesso alle carriere, massima inclusione, attenzione all’adeguamento agli ambienti di lavoro alla presenza di genere. I contratti collettivi italiani debbono, quindi, necessariamente adeguarsi alle “best practices” europee. Infatti, esistono diversità enormi tra i contratti collettivi italiani e quelli degli altri paesi europei. Una diversità inaccettabile soprattutto se si considera che ci si trova ad operare in uno spazio economico comune, addirittura con la stessa moneta. Replichiamo il paradosso che, in Europa, merci e capitali circolano liberamente mentre i diritti rimangono chiusi entro i rigidi confini nazionali. Sia la contrattazione collettiva che quella di secondo livello debbono prevedere istituti finalizzati a perseguire il difficile equilibrio tra vita privata e lavorativa che porta con sé forti considerazioni legate alla produttività e alla competitività aziendali. Queste politiche di genere, in ultima sintesi, non sono solamente politiche di conciliazione ma di condivisione in quanto da esse traggono benefici le lavoratrici, i lavoratori ed anche le aziende che vedono migliorata produttività e clima aziendale. L’ azione sindacale si deve orientare anch’ essa verso declinazioni nuove: in particolare orizzontalità e trasversalità. Orizzontalità significa armonizzare le risposte ai problemi delle pari opportunità in tutti i settori della nostra organizzazione e trasversalità significa fare di essi la vera architrave di tutto il nostro essere rappresentanti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore trasporti. Il futuro del mondo dei trasporti deve prevedere un deciso sviluppo dei temi legati alle pari opportunità e alle politiche di genere per compiere quel salto di qualità necessario per diventare un settore all’avanguardia e moderno. INTERNAZIONALE Il punto di riferimento delle politiche dei trasporti sono le istituzioni europee: in particolare la Commissione di Bruxelles ed il Parlamento Europeo. La nostra organizzazione tiene nella massima considerazione l’importanza delle politiche europee ed internazionali ed intende attivamente lavorare per essere maggiormente presente a livello internazionale; deve espandere il suo territorio di azione e deve diventare parte di uno spazio allargato che comprenda, in prima analisi, la dimensione europea ma anche quella extraeuropea. Lì si gioca il futuro del settore trasporti che, per la sua natura intrinseca, è da sempre proiettato all’ esterno dei confini nazionali. La Commissione Europea ha, da tempo, identificato la necessità della creazione di uno spazio europeo dei trasporti in cui far convivere aziende efficienti, in collegamento tra loro, con lo scopo finale di realizzare cambiamenti profondi per il cittadino utente e per il trasporto delle merci (libro bianco della Commissione del 28 Marzo 2011). Quanto sopra dovrebbe avvenire attraverso l’ eliminazione delle barriere e lo sviluppo di operatori multimodali e multinazionali. Questi orientamenti della Commissione, peraltro in linea con le recenti tendenze del mercato (ampliamento dei vettori, forte innovazione tecnologica, integrazione intermodale), rappresentano una sfida anche per le lavoratrici ed i lavoratori del settore. 35 TESI CONGRESSUALI 22 marzo 2014 Troppo spesso, infatti, alle dinamiche del mercato si è accompagnato il forte depauperamento delle piattaforme di contrattazione collettiva e di secondo livello e si è sviluppato un ricorso al precariato. La Uiltrasporti ha una posizione contraria al “precariato da esportazione” soprattutto in settori, come quello dei trasporti così come immaginato dalla Commissione Europea, in cui la componente tecnologica avrà sempre più un ruolo preponderante. Il futuro del settore trasporti richiederà sempre più lavoratrici e lavoratori stabili e competenti e non apprendisti alle prime armi. Questa battaglia non deve essere solitaria per la nostra organizzazione: dobbiamo porci come obiettivo primario e fondamentale il coordinamento con la CES e l’ ETF ed, attraverso queste organizzazioni sovranazionali, realizzare una efficace sincronia nelle azioni armonizzando le esigenze derivanti da diverse condizioni di sviluppo, diverse culture, diverse modalità di rappresentazione del mondo del lavoro. L’azione da intraprendere deve mirare ad assorbire, per osmosi, le best practices europee con l’obiettivo di coordinare un’ azione di influenza incisiva e determinante nei confronti delle istituzioni comunitarie dove poter proporre le istanze dei lavoratori dei trasporti. Per questo proponiamo di porre un grande accento sulle politiche internazionali della nostra organizzazione, facendo leva sui rapporti con le organizzazioni sindacali sovranazionali e con il nuovo Parlamento Europeo che scaturirà dalle prossime elezioni; per fare questo, ci poniamo come obiettivo l’incremento della rappresentanza della Uiltrasporti in tutte le istituzioni sopra menzionate; quanto sopra in costante sinergia con la nostra Confederazione UIL. 36